Studio sulla vendita diretta con il coinvolgimento delle imprese

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Studio sulla vendita diretta con il coinvolgimento delle imprese
REGIONE MARCHE
GIUNTA REGIONALE
Studio sulla vendita diretta con il
coinvolgimento delle imprese agricole
delle Marche ed attraverso il
monitoraggio del progetto pilota VDO
Lo stato dell’arte della filiera corta
Summary
Roma, luglio 2011
Introduzione
Il rinnovato interesse verso le diverse forme di commercializzazione diretta dei prodotti
agricoli da parte delle stesse aziende produttrici, si colloca in un contesto di crescente
attenzione alle dinamiche di sviluppo del mondo rurale. Il dibattito, come anche gli
interventi in favore dell’agricoltura, nell’ultimo decennio sono stati caratterizzati ai vari
livelli, comunitario e nazionale, dall’affermarsi di due temi: la multifunzionalità e la
diversificazione. La prima è legata alla necessità dell’agricoltura di riscoprire altre
funzioni, oltre a quella propriamente produttiva, la seconda è dovuta all’esigenza da parte
delle aziende di cercare altre fonti di reddito.
In questo contesto si inserisce la filiera corta, intesa come canale di commercializzazione
dei prodotti agricoli fondato sul contatto diretto fra produttori e consumatori, in una logica
di maggiore redditività per i primi e di trasparenza e convenienza per i secondi, di
promozione delle economie locali e, grazie alla distribuzione di prodotti stagionali e che
effettuano brevi tragitti, di sostenibilità ambientale. Al rafforzamento del valore della filiera
corta, ha contribuito la recente relazione della Commissione Agricoltura del Parlamento
europeo, il cosiddetto “rapporto Dess”, approvato il 25 maggio 2011, in cui, tra i punti
cardini della nuova PAC 2014-2020, accanto al sostegno in favore dei giovani agricoltori e
all'agricoltura sostenibile sotto il profilo sociale e ambientale, figura il sostegno alla
gestione da parte degli agricoltori di filiere corte e alla promozione della vendita diretta e
dei mercati locali.
Le varie forme della vendita diretta
Le forme e i luoghi in cui si realizza la vendita diretta dai produttori ai consumatori sono
molteplici: dalle fiere e sagre ai mercati rionali, dalla consegna a domicilio alla vendita per
corrispondenza o via internet, dalla raccolta libera sul fondo da parte dei consumatori alla
vendita in azienda con o senza punto vendita organizzato, dal punto vendita in città al
farmers’ market fino alla vendita diretta organizzata. Tali modalità di vendita,
presupponendo un livello organizzativo via via più complesso e, quindi, un impegno
differenziato da parte delle imprese in esse coinvolte, presentano un livello di diffusione
diversificato nei vari paesi in base ai contesti territoriali, alle caratteristiche dei comparti
agricoli e alla tipologia dei prodotti.
Un’esperienza di filiera corta molto diffusa, soprattutto, nel Regno Unito è quella del
cosiddetto box-scheme, che consiste nella distribuzione, a intervalli concordati, di prodotti
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freschi di stagione, da parte degli imprenditori agricoli al domicilio dei consumatori con essi
convenzionati. Tale canale di vendita è rintracciabile anche in Francia e, recentemente, in
Italia dove è indirizzato principalmente verso i Gruppi di Acquisto Solidale (GAS) circa 428
sul territorio nazionale, di cui il 64% localizzato al nord, il 30% al centro e il 6% al sud.
Opposta alla consegna a domicilio è la raccolta libera sul fondo da parte dei cittadini,
meglio nota come il pick-your-own, facilmente rintracciabile negli USA e nel Regno Unito,
ma meno diffusa in Italia. In questo senso spicca l’iniziativa promossa nel 2008 dalla
Coldiretti, nell’ambito della quale era possibile fare la spesa direttamente nell’orto delle
aziende agricole raccogliendo personalmente le ciliegie o il cespo di insalata, il finocchio e
le zucchine che si intendevano acquistare. In Italia, secondo Coldiretti, nel 2009 la raccolta
diretta da parte del consumatore coinvolgeva 110 aziende contro le 80 del 2008.
Immediatamente all’esterno dell’azienda o anche lontano da essa, generalmente in punti
ben accessibili all’interno o molti vicini ai centri abitati, si possono trovare i distributori
automatici in sede fissa, di cui l’esempio più diffuso è costituito in Italia dai distributori di
latte crudo. Dagli iniziali banchi ai margini della strada, dal suolo e locali aziendali al punto
vendita in azienda o in città, la vendita da parte dei produttori si va dunque articolando in
forme sempre più complesse: la scelta ricade su modalità via via più impegnative, man
mano che si passa da aziende di piccole dimensioni e con pochi prodotti ad aziende più
grandi, con un’offerta più ampia e varia di prodotti, anche trasformati. L’opportunità per le
aziende di piccola e media dimensione di superare l’ostacolo rappresentato dai costi di
organizzazione della commercializzazione, è offerta dagli spazi di vendita collettivi, in cui
più aziende possono esporre e vendere i loro rispettivi prodotti. È in questa tendenza ad
associarsi che va ricercata l’origine del Farmers’ market, ossia del mercato riservato agli
agricoltori
che
rappresenta
un
modello
in
ascesa
per
l’accorciamento
e
la
razionalizzazione della filiera e, ancor più complessi, dei sistemi di Vendita Diretta
Organizzata (VDO) che riuniscono i produttori agricoli all'interno di una struttura simile a
quella di un supermercato di media grandezza. La VDO differisce dal farmers’ market
principalmente per la presenza di una cassa unica, per la procedura di etichettatura
elettronica dei prodotti tutti rigorosamente agricoli e l’utilizzo dei totem touch screen. A
differenza del mercato contadino, inoltre, i produttori non sono necessariamente presenti
nel punto vendita, la cui gestione e funzionamento sono regolati da specifici regolamenti.
In Italia un'iniziativa di VDO, intesa come catena di punti vendita diretta (le Botteghe) degli
agricoltori, è quella promossa e attualmente in corso di realizzazione da parte della
Coldiretti nell’ambito della “filiera agricola italiana” firmata dagli agricoltori.
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Tale iniziativa si basa sull’istituzione e l’operatività di un Consorzio di produttori.
L’imprenditore agricolo che intende aderire all’iniziativa e diventare fornitore delle Botteghe
deve accreditarsi presso la Fondazione Campagna Amica, la Fondazione di Coldiretti che
sostiene l’agricoltura tutta italiana, l’ambiente e il turismo in campagna e che detiene il
marchio CAMPAGNA AMICA. Successivamente deve
associarsi al Consorzio di
produttori Campagna Amica.
Lo strumento operativo per la gestione della domanda e dell’offerta è un portale web, il cui
accesso è riservato alle aziende accreditate alla Fondazione Campagna Amica e
associate al Consorzio che, attraverso di esso, mettono in vetrina il loro prodotto,
indicandone il prezzo. Una volta ricevuto l’ordine da parte di una Bottega per il tramite del
portale, il produttore predispone la consegna, ricevendo dal Consorzio il pagamento della
merce a scadenza prefissata.
Le Botteghe, nel rispetto delle regole condivise tra i produttori consorziati, sono affidate al
Gestore
(imprenditore
agricolo
singolo
o
associato,
una
società
agricola,
un
“commerciante”, ossia un soggetto non agricolo) che:

sulla base dei fabbisogni della propria Bottega, decide l’assortimento della stessa,
attingendo alla vetrina presente sul portale, scegliendo il prodotto e il produttore che
ritiene più adeguati;

riceve i prodotti, cura i rapporti con la clientela della Bottega, effettua la vendita
fornendo spiegazioni sull’origine e la coltivazione dei prodotti e trattiene per sé
l’utile di gestione.
La vendita diretta in Italia
Secondo i dati ISTAT, nel 2007, le imprese agricole in vendita diretta sono 370.782, di cui
310.421 imprese con attività connesse e le restanti 60.361 senza attività connesse. Il 66%
delle aziende che praticano la vendita diretta si trova nell’Italia meridionale ed insulare, in
Sicilia (13,1%), in Campania (12,6%) e in Calabria (12,4%).
In Italia, la vendita diretta da parte delle imprese agricole è stata istituzionalizzata dal D.
Lgs. 228/01 “Legge di orientamento e modernizzazione del settore agricolo”, secondo cui
gli imprenditori agricoli iscritti nel registro delle imprese possono vendere direttamente al
dettaglio i prodotti provenienti in misura prevalente, ma non esclusivamente, dalle
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rispettive aziende. Dal punto di vista procedurale, il Decreto ha disposto che la vendita può
essere effettuata decorsi trenta giorni da una semplice comunicazione che, in caso di
vendita diretta “itinerante”, deve essere fatta al Comune ove ha sede l’azienda di
produzione, nell’ipotesi di vendita “non in forma itinerante su aree pubbliche o in locali
aperti al pubblico” deve essere indirizzata al Comune in cui si intende esercitare la
vendita, così come nell’ipotesi di vendita diretta su “aree pubbliche mediante l’utilizzo di un
posteggio”. Sono ammessi alla vendita diretta anche i prodotti trasformati. I prodotti
devono essere etichettati con l’indicazione del luogo di origine territoriale e il nominativo
dell’impresa produttrice. Successivamente, la L. n. 81 del 2006 ha stabilito che per la
vendita al dettaglio esercitata dall'azienda agricola su superfici all’aperto nell’ambito
dell’azienda agricola o di altre aree private di cui gli imprenditori agricoli abbiano la
disponibilità non è richiesta la comunicazione d’inizio attività. Il Decreto 20 novembre 2007
del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali ha stabilito che spetta ai
Comuni autorizzare l’istituzione dei mercati riservati alla vendita diretta dei prodotti agricoli.
Da ultimo il Disegno di legge “Norme per la valorizzazione dei prodotti agricoli provenienti
da filiera corta e di qualità”, approvato dal Consiglio dei Ministri il 1° marzo 2010,
nell’intento di incentivare la diffusione dei mercati agricoli, ha definito i “prodotti agricoli a
km zero” i “prodotti agricoli provenienti da aree di produzione appartenenti all’ambito
regionale in cui è ubicato il mercato agricolo, situati ad una distanza non superiore ai 50
km dal luogo in cui è effettuata la vendita”.
La L. n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004) ha aggiornato le disposizioni di
carattere fiscale relative alla vendita diretta. In particolare, l’articolo 2 di tale legge ha
modificato l’articolo 29, comma 2, lettera c), del Testo unico in materia di imposte sui
redditi (D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917), sostituendo il criterio della “normalità” con
quello della “prevalenza”, introdotto dalla Legge di Orientamento, in base al quale sono
considerate agricole per connessione le attività dirette alla manipolazione, conservazione,
trasformazione, valorizzazione e commercializzazione che abbiano ad oggetto prodotti
ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo e dalle altre attività principali.
I produttori che vogliono prendere parte a iniziative di filiera corta, inoltre, devono
rispondere ad alcuni requisiti fondamentali in materia igienico sanitaria: nello specifico la
vendita diretta di prodotti agricoli è soggetta alla disciplina delle norme nel Pacchetto
Igiene, in vigore dal 1° gennaio 2006.
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Alcune esperienze di vendita diretta in Italia
Una forma di vendita diretta che in Italia sta riscuotendo particolare successo è
rappresentata dai mercati contadini che, generalmente, vengono praticati su suolo
pubblico, sono riservati esclusivamente o prevalentemente alle aziende agricole che ne
sono i promotori e li gestiscono generalmente in forma riunita o tramite le loro associazioni
di rappresentanza (talvolta, come ad esempio nel Veneto, è possibile imbattersi in mercati
gestiti dal personale dei Comuni che li promuovono e li ospitano). Il farmer’s market ha
luogo solitamente una volta a settimana (nella maggior parte dei casi il sabato), nelle ore
mattutine, nei centri urbani o immediatamente a ridosso di essi.
Con l’intervento del legislatore (a partire dal decreto legislativo n. 228/2001) e anche
grazie all’intervento delle amministrazioni pubbliche in veste di promotori e finanziatori
delle iniziative di vendita diretta, si è assistito in Italia a una progressiva formalizzazione
delle relazioni all’interno del farmers’ market (ad esempio attraverso regolamenti di
adesione e funzionamento), com’è avvenuto, ad esempio, in Toscana dove a partire dal
2007 l’Amministrazione regionale è intervenuta con un bando a sostegno dei mercati
contadini, già ampiamenti diffusi. Così in Piemonte, uno studio dell’IMA (Istituto del
Marketing Agroalimentare) rilevava, nel 2006, che le iniziative di vendita dirette erano
prevalentemente autonome e poco correlate tra loro. Le principali difficoltà, correlate
all’avvio delle iniziative di vendita diretta erano la localizzazione (scegliere il punto giusto
rispetto al bacino d’utenza), l’assortimento (le specializzazioni, escluso il vino, sono
tendenzialmente deboli, ma un assortimento ampio è complesso da ottenere e gestire),
l’immagine (differenziarsi dalla distribuzione commerciale e comunicare con il cliente cono
fondamentali, ma richiedono investimenti ad hoc), la gestione (economica, del personale,
ma anche logistica, ad esempio la movimentazione delle vendite e dei prodotti). Nel 2008
la Regione Piemonte ha approvato la legge sugli aiuti alla filiera corta, conferendo
uniformità alla disciplina dei mercati dei contadini. In entrambe le Regioni, i bandi
consentivano l’accesso anche a operatori diversi dai produttori agricoli purché, in Toscana,
fosse garantita la prevalenza degli agricoltori e, in Piemonte, fossero garantiti i requisiti
della territorialità, tipicità ed utilizzo delle materie prime locali.
Tralasciando i prodotti specifici delle regioni, quale ad esempio il vino nel Veneto, gli
orticoli e i frutticoli si confermano i prodotti più venduti anche nelle esperienze di vendita
diretta esaminate (Toscana, Piemonte e Veneto), seguiti dai prodotti dell’allevamento,
carni e loro trasformati.
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Alcune esperienze di vendita diretta all’estero
Anche negli Stati Uniti e in Europa le esperienze più diffuse di vendita diretta da parte dei
produttori agricoli sono rappresentate dai mercati degli agricoltori. In particolare negli USA,
i farmers’ markets, in base ai dati del Dipartimento per l’agricoltura (U.S.D.A.), sono
aumentati fra il 1994 e il 2010 del 250%, passando da 1.755 a 4.377. Molti tra questi
mercati operano e si sviluppano grazie all’impegno gestionale ed economico di
organizzazioni non governative e a finanziamenti pubblici provenienti dai singoli Stati o da
agenzie federali; i prodotti venduti non sono contraddistinti da particolari caratteristiche
qualitative (specialità tradizionali, prodotti tipici), sebbene si vadano diffondendo i mercati
biologici; la maggior parte delle imprese agricole coinvolte nei mercati dei contadini
statunitensi utilizza anche altre forme innovative di vendita diretta come, ad esempio, la
raccolta libera sul fondo agricolo (Pick Your Own).
Nel Regno Unito, in base ai dati dell’Associazione Nazionale Vendita Diretta e Mercati dei
Produttori (FARMA) i farmers’ markets ammontano a oltre 500. FARMA, dal 2002, ha
lanciato uno specifico schema di controllo e certificazione dei mercati che fornisce ulteriori
garanzie di qualità ai consumatori. Attualmente sono circa 200 i mercati contadini che
hanno ottenuto la certificazione. Da qualche anno l’adesione al marchio e, quindi, il
rispetto dei criteri ad esso sottesi costituisce il requisito per rimanere a far parte
dell’Associazione, ragion per cui nel Regno Unito i mercati “certificati” sono destinati a
crescere.
In Francia, l’organizzazione del mercato contadino solitamente è in capo a una collettività
locale o a un’associazione, mentre il ruolo di promozione e di coordinamento viene svolto,
spesso, dalle Chambres d’agriculture che espletano il proprio ruolo attraverso l’adozione di
una carta degli impegni (che elenca i requisiti dei partecipanti, dell’area del mercato, dei
prodotti autorizzati alla vendita), di un regolamento e di un logo e mediante l’ideazione e la
realizzazione di campagne promozionali.
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Singolare l’esperienza in Svizzera dove la dicitura “Marché paysan” identifica tutte le varie
modalità di vendita diretta e corrisponde a un logo, garanzia per i consumatori di genuinità
e qualità dei prodotti. L’Associazione “Marchès Paysan”, ad esempio, ha previsto una
“Carta degli impegni” in base alla quale ciascun produttore al momento della sua
adesione, s’impegna a praticare prezzi equi che remunerino i costi di produzione,
vendendo direttamente al consumatore secondo il canale di vendita diretta che più
ritengono idoneo.
I consumatori
È ormai appurato l’interesse diffuso verso i prodotti agroalimentari venduti in “filiera corta”,
dal momento che tali prodotti hanno il pregio di rispondere puntualmente a una serie di
requisiti sempre più apprezzati dai consumatori, tra cui freschezza, migliori qualità
organolettiche, tracciabilità e migliore sostenibilità ambientale dovuta alla logica del
“prodotto a Km 0”. Dal sondaggio sui consumatori condotto in Italia da Coldiretti-Swg a
gennaio 2011, su un campione di mercati di grandi, medie e piccole dimensioni
appartenenti alla rete Campagna Amica, circa 705 mercati contadini diffusi sul territorio
nazionale, il 62% dei visitatori dei mercati degli agricoltori è rappresentato da donne, il
48% ha un’età compresa tra i 35 e i 54 anni e ben il 68% ha una scolarità medio alta. La
spesa media dei visitatori ammonta a 26€ a visita con un tempo medio di permanenza al
mercato di 32 minuti. La scelta dei prodotti da acquistare è fortemente condizionata dalla
ricerca di cibi sani, di informazioni sui prodotti e dal bisogno di essere rassicurati su quello
che si mangia. Sei su dieci consumatori si dicono disposti a non badare a spese, mentre
uno su due è pronto a spendere anche molto pur di acquistare prodotti genuini e di qualità.
I prodotti più acquistati sono la verdura, la frutta, i formaggi, i salumi, il vino e il latte.
I risultati della rilevazione Coldiretti-SWG hanno trovato conferma nell'indagine sul profilo
dei clienti realizzata nell’ambito del progetto “Filiere Corte”, promosso dal Mipaaf nel 2010.
In particolare, in base ai primi dati presentati nell’aprile 2011, i consumatori intervistati,
principalmente donne di età matura, con un livello d’istruzione superiore e una famiglia
composta in media da 2,7 componenti, hanno dichiarato di spendere nel farmer’s market,
per ogni visita, in media dai 13€ ai 25€, variabili in base alla grandezza del mercato. Una
delle motivazioni che spinge all’acquisto direttamente dal produttore è la ricerca di prodotti
freschi, di qualità e del territorio, oltre alla convenienza e alla vicinanza del punto vendita.
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In sintesi, confrontando i risultati di diverse indagini svolte sia durante eventi di vendita
diretta (regioni Piemonte, Lombardia, Veneto e Sardegna) sia propedeuticamente a essi,
per verificare le condizioni di fattibilità per l’avvio di farmer’s market (regioni Molise e
Toscana), l’identikit del consumatore che se ne ricava è così costituita: donne di età
matura, con scolarità medio alta, con un budget settimanale per la spesa alimentare non
superiore a 100€, alla ricerca di prodotti freschi, di qualità e provenienti dal territorio,
soprattutto ortofrutticoli, carne e latte. La vicinanza del punto vendita, di cui si viene a
conoscenza prevalentemente attraverso il passaparola, è un fattore determinante
nell’indirizzare il consumatore dal produttore.
Lo stato della filiera corta nelle Marche
Con legge n. 16 del 7 luglio 2009 "Norme a sostegno del consumo dei prodotti di origine
regionale" la Regione Marche ha promosso la valorizzazione della filiera corta nel proprio
territorio. A tal fine, la legge prevede a) contributi per soggetti pubblici che garantiscono
l’utilizzo di almeno il 50% di prodotti agricoli regionali nei servizi di ristorazione collettiva; b)
premialità nei bandi pubblici per chi garantisce percentuali superiori; c) obbligo per i
beneficiari di diffondere informazioni sulla provenienza regionale dei prodotti agricoli
utilizzati (art. 2). La stessa legge, all’art. 3, prevede un logo regionale per imprese che si
approvvigionano per almeno il 50% da aziende agricole regionali, la creazione di un
circuito promozionale ad hoc e la realizzazione di un sito internet per la promozione dei
prodotti agricoli regionali (art. 4). La stessa legge, all’art. 5 prevede per i Comuni, la
possibilità di istituire o autorizzare, i mercati riservati alla vendita diretta, gestiti da imprese
agricole singole o associate, le cui produzioni alimentari provengano, per almeno il 70 per
cento, dalle aziende stesse e, per la restante quota, dalla produzione agricola regionale.
Secondo l’Osservatorio internazionale sulla vendita diretta promosso da Coldiretti e
realizzato da Agri 2000, nel 2009, la vendita diretta nella regione Marche rappresenta
meno del 4% del valore economico complessivamente espresso a livello nazionale dal
fenomeno. Il numero di agricoltori marchigiani coinvolti supera di poco il 3% (circa 2.000
produttori) del totale nazionale. Nelle Marche il vino, come nella graduatoria nazionale,
rappresenta con il 40% il prodotto più acquistato direttamente dal produttore, seguito
dall’ortofrutta (25%) e dall’olio (30%). Dal medesimo Osservatorio si apprende che nelle
Marche, i canali di vendita diretta più diffusi sono il suolo o locale aziendale (50%), le
sagre e le manifestazioni (41,5%), il negozio aziendale (24%), le consegne a domicilio
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(11.4%), il farmers’ market (7,2%). Prevale, quindi, nella Regione, la forma elementare di
vendita diretta rappresentata dalla commercializzazione dei prodotti direttamente nelle
aziende senza, peraltro, l’esistenza al loro interno di un vero e proprio punto vendita. Tale
orientamento è confermato anche dallo studio elaborato dall’ASSAM e dall’Università
Politecnica delle Marche nell’ambito del progetto finanziato dalla Regione Marche “Filiera
Corta”: l’86% dei produttori intervistati ha dichiarato di vendere direttamente i propri
prodotti in azienda. Lo studio ha, inoltre, evidenziato: la difficoltà dei produttori a
organizzare contemporaneamente l’apparato produttivo e commerciale; le forti lacune
formative in tema di valorizzazione commerciale dei prodotti da parte dei produttori; la
scarsità di tempo da dedicare alla promozione e alla vendita dei prodotti aziendali.
Nell’ambito del medesimo progetto finanziato dalla Regione Marche “Filiera Corta”, si è
riscontrato che il 57% dei consumatori intervistati nella regione acquista, specialmente
prodotti ortofrutticoli, direttamente in azienda: di essi, il 40% adduce come motivazione la
conoscenza del produttore, il 18% la fiducia nei metodi di produzione, il 17% la qualità
organolettica dei prodotti. Coloro che non acquistano direttamente dal produttore
lamentano per il 41% l’eccessiva distanza del luogo di vendita, per il 28% la scarsa
conoscenza del produttore, per il 22% i prezzi troppo elevati. I consumatori intervistati
ritengono importanti per i prodotti della filiera corta nell’ordine, i seguenti fattori: la
trasparenza dei prezzi, il metodo di coltivazione e l’origine della materia prima.
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