adriano olivetti - Nonsolobanca
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ADRIANO OLIVETTI P R E FA Z I O N E D E L P R E S I D E N T E P I E R O M E L A Z Z I N I Come di consuetudine, consuetudine si riporta uno stralcio della Relazione d’esercizio 2010 della controllata Banca Popolare di Sondrio (SUISSE) SA di Lugano. In particolare, vengono trascritti i contributi relativi alla figura dell’illuminato industriale, ingegnere ed editore Adriano Olivetti, personalità di singolare rilievo nella storia italiana del secondo dopoguerra. Già pubblicati nella sezione del predetto fascicolo riservata alla cultura, i saggi proposti recano la firma di Carlo De Benedetti, Fabrizio Fazioli, Valerio Castronovo, Mauro Leo Baranzini, Davide Cadeddu e Laura Olivetti. Introduce la monografia la prefazione del Presidente, cavaliere del lavoro Piero Melazzini. NOTIZIARIO Dalla “Suisse” 180 DALLA “SUISSE” L’ispirazione dell’iniziativa culturale, che da quando esiste la BPS SUISSE è parte della Relazione di bilancio, la devo al grande critico e prosatore perugino Giuseppe Prezzolini. Ebbi la fortuna di conoscerlo a Lugano, città dove il personaggio visse dal 1968 fino al decesso, avvenuto nel 1982. Lo frequentai, affascinato dal suo sapere, con cui manifestava la sua personalità curiosa e inquieta: uomo ricco di cultura e divulgatore di idee. La monografia che accompagna la Relazione dell’esercizio 2010 porta il nome illustre di un industriale italiano geniale, intellettuale e pure politico: Adriano Olivetti, ingegnere, figlio di Camillo, il fondatore della “Prima Fabbrica Italiana Macchine per Scrivere - Ing. C. Olivetti e C.” di Ivrea; così era scritto sull’insegna quando, nell’ottobre 1908, fu costituita questa azienda. Adriano Olivetti, nato a Ivrea l’11 aprile 1901, si laureò in ingegneria chimica nel 1924 e due anni dopo entrò nell’impresa di famiglia dove, per volontà del padre, inizialmente svolse la mansione di operaio; ne divenne direttore nel 1933 e presidente cinque anni dopo. Antifascista, e proprio per questa posizione politica ricercato dal regime, a guisa di diversi dissidenti italiani si rifugiò in Svizzera e vi rimase fino alla fine del secondo conflitto mondiale. La Svizzera entrerà ancora a far parte della persona “Adriano Olivetti” quando questi, il 27 febbraio 1960, durante un viaggio in treno da Milano a Losanna, muore a Aigle, nel Canton Vaud. Nell’immediato periodo post-bellico, Adriano Olivetti, rientrato in patria, riprende le redini dell’azienda, che in poco tempo porta a essere florida, e mette in pratica l’esperienza e i suoi convincimenti, in base ai quali occorre dar spazio alla ricerca e alla sperimentazione, tenendo sempre conto dei diritti della persona e della democrazia partecipativa, sia sul lavoro e sia al di fuori di esso. Un famoso ingegnere, appartenuto a una équipe di ricercatori promossa da Adriano Olivetti, realizzò, sia pure dopo la morte di quest’ultimo, la P101 – detta anche “Perottina” dal nome dell’inventore Pier Giorgio Perotto –, prima macchina elettronica programmabile, una specie di personal computer ante litteram, un vero e proprio gioiello tutto italiano. Tra i prodotti di maggior successo dell’epoca in cui il personaggio in discorso era al vertice della Olivetti, non si può non menzionare la “Lettera 22”, famosissima macchina per scrivere portatile, dalla quale Indro Montanelli non si separò mai. Adriano Olivetti fu uomo di vasta cultura umanistica, politica e filosofica. Contribuì al dibattito intellettuale con articoli, pubblicazioni e libri, che fanno di lui un imprenditore atipico. Fu contro il liberismo economico sfrenato e il socialismo soffocante di Stato, proponendo una terza via, volta alle esigenze materiali e morali. Merita di essere ricordato anche il suo impegno di editore. Ringrazio, per il suo autorevole contributo su Adriano Olivetti, il cavaliere del lavoro ingegner Carlo De Benedetti, che ha speso parte della sua vita operativa al vertice dell’azienda eporediese. Lo ringrazio altresì per la segnalazione del professor Valerio Castronovo, grande storico dell’economia. A questi va la mia viva gratitudine per il pezzo di valore approntato sul personaggio della monografia. Sono poi riconoscente, per i loro interessanti saggi, ai professori Fabrizio Fazioli, Mauro Leo Baranzini, Davide Cadeddu e la dottoressa Laura Olivetti. Il pensiero torna al caro Prezzolini, indimenticato Maestro di vita, del quale conservo, sulla scrivania del mio ufficio di Sondrio della Banca Popolare, una cartolina scrittami da Lugano il 3 febbraio 1982. Un costruttore di futuro CARLO DE BENEDETTI Associazione Archivio Storico Olivetti di Ivrea Cavaliere del lavoro, presidente onorario di CIR Spa e presidente dell’Editoriale L’Espresso Non ho conosciuto Adriano Olivetti ma, quando nella primavera del 1978 ho assunto la posizione di azionista di riferimento, Vice Presidente e Amministratore Delegato di Olivetti, l’ho “respirato” nel mio ufficio, nelle fabbriche e nei dirigenti che all’epoca lavoravano in Olivetti e lo avevano conosciuto. Adriano era una presenza, più che un ricordo o una nostalgia. Certamente ha vissuto in un’epoca felice che ha accompagnato la grande ripresa delle economie occidentali e giapponese negli anni ’60, producendo e promuovendo macchine da scrivere e macchine da calcolo elettromeccaniche praticamente senza concorrenza a causa della straordinaria capacità inventiva ed esecutiva che caratterizzava quelle produzioni in quegli anni ad Ivrea, godendo tra l’altro di margini impensabili ai tempi dell’elettronica: per dare un’idea, una “Divisumma” aveva un margine lordo vicino al 50%. La grande capacità di Adriano come industriale è stata quella di utilizzare questi enormi utili per espandersi nel mondo diventando a quei tempi l’unica vera multinazionale italiana con fabbriche in Spagna, Messico, Brasile, Argentina e con organizzazioni di vendita molto efficienti, praticamente in ogni area della geografia economica mondiale di allora, dal Giappone agli Stati Uniti, da Singapore alla Malesia. Questo fu possibile per la grande, personale attenzione con cui Adriano Olivetti selezionava e sceglieva i suoi uomini. E così, oltre a creare l’unica vera multinazionale italiana, disseminò cultura manageriale olivettiana in tante grandi imprese italiane, dalla Fiat, all’Ifi, all’Alitalia e a tante altre. E poi aveva un elevato senso di utopia sociale, che lo portò a incoraggiare architetti italiani a costruire “spazi di vita” luminosi e gradevoli per i lavoratori Olivetti. Fu un grande “padrone”, ma anche eccezionale nella sua “solitudine”, nel suo gusto del bello e del grande. Giustamente ancora oggi lo si ricorda come tale. DALLA “SUISSE” 181 Q Adriano Olivetti e il “secolo breve” FABRIZIO FAZIOLI Fondazione Adriano Olivetti di Roma Laureato in scienze economiche e sociali all’Università di Neuchâtel, giornalista e autore Adriano Olivetti (1901-60). Adriano Olivetti and the “brief century” Hobsbawm defined the first half of the 20th century as the “brief century” for the intensity of the changes that took place, but also for the progress made in the world historical panorama. It was also the same period in which Adriano Olivetti launched his “utopia”. He began with political journalism, aimed at a federal concept inspired by Cattaneo. He considered American a model of organisational and productive efficiency, but not as a social system. He looked favourably on Carlo Rosselli’s liberal socialism, which sought to overcome utilitarian individualism. To reach his objectives, he created the “Community Political Movement”, supported by a publishing activity that gave ample space to top level scholars: Jung, Piaget, Kierkegaard, Bergson, Bettelheim. A landmark work for transporting the idea of a business from the industrial to the post-industrial world. 182 DALLA “SUISSE” uando Adriano Olivetti nacque, nel 1901, l’Europa era in piena effervescenza, nel vivo di un euforico clima di belle époque, alimentato da costumi innovatori e da una spensierata fede nel progresso. Quando egli morì, nel 1960, l’Europa, pur ancora divisa da una cortina di ferro, era sulla soglia della più folgorante crescita del benessere mai registrata dalla storia. Nel mezzo ci sono state due devastanti guerre mondiali, una grande depressione economica e mettiamoci anche la rivoluzione sovietica, il nazismo in Germania e più di vent’anni di fascismo in Italia. Non si può certo dire che Adriano Olivetti abbia vissuto in un periodo particolarmente fortunato. Il grande storico Eric J. Hobsbawm definì questo intervallo violento e sconvolgente della storia dell’umanità, che va dalla Prima Guerra mondiale alla caduta del muro di Berlino, “il secolo breve”. Un secolo di progresso scientifico straordinario e di guerre totali, di crisi economiche e di prosperità diseguale, di rivoluzioni nella società e nella cultura. Un secolo breve per l’accelerazione che gli eventi della storia e le trasformazioni nella vita degli uomini hanno assunto a un ritmo sempre più vorticoso. Adriano Olivetti, suo malgrado, fu dunque testimone e protagonista di questa travagliata epoca, breve come la sua vita, attraverso un itinerario intellettuale e imprenditoriale del tutto singolare che si snoda lungo molteplici percorsi. Intellettuale, politico o imprenditore? Quando il padre Camillo Olivetti fondò la fabbrica a Ivrea era il 1908 e tutti erano ancora totalmente ignari dei tragici eventi che sarebbero seguiti. Era una piccola costruzione di mattoni rossi con pochi operai. Adriano aveva appena sette anni. Dalla ricostruzione biografica del giornalista storico Valerio Ochetto (già responsabile del servizio storia dei programmi della Rai) sappiamo che, dopo gli orrori della Grande Guerra, le tensioni sociali e politiche dell’epoca, nonché il clima di speranza e di riscatto, spinsero il giovane Adriano piuttosto verso l’impegno politico. Egli visse anche con un certo distacco la sua esperienza universitaria, frequentando molto poco i corsi della sezione di chimica industriale al Politecnico di Torino. Né la successione nell’azienda del padre era già predestinata. Al contrario, dopo un’esperienza nel 1914 come manovale nelle officine di Ivrea, lo stesso Adriano stabilì che non avrebbe mai partecipato attivamente ai destini della fabbrica. Si avvicinò invece ai circoli politici e intellettuali della Torino degli anni Venti. Con il padre cominciò a collaborare al settimanale L’Azione Riformista che Camillo aveva fondato nel 1919. E poi ancora a un altro settimanale, Tempi Nuovi, pure fondato a Torino dal padre nel 1922. Gli anni del primo dopoguerra per Adriano non furono insomma soltanto gli anni dei sogni e delle letture; egli scriveva e pianificava un futuro che non vedeva però in fabbrica, ma nel giornalismo politico. Le sue proposte erano quelle un po’ acerbe della giovinezza ma colpivano direttamente nel segno e anticipavano notevolmente i tempi. Egli si immaginava per esempio una forte autonomia per le Regioni italiane sul modello federalista. Un federalismo che si ispirava chiaramente al filone di Carlo Cattaneo, a sua volta attratto dal modello elvetico che aveva peraltro aiutato a costruire (visse in Svizzera dal 1848 fino alla morte nel 1869). Non era in ogni caso un federalismo di stampo cattolico come si immaginava Vincenzo Gioberti, fondato sull’egemonia del Papato, e ancor meno un federalismo a deriva secessionista come è piuttosto rivendicato oggi in Italia. Anche per Adriano Olivetti, come per Carlo Cattaneo, doveva essere invece «una federazione di popoli, non uno Stato Fondazione Adriano Olivetti di Roma Camillo Olivetti con le maestranze Olivetti. Camillo Olivetti with Olivetti workers. accentratore dove la libertà non potrebbe crescere, pur nel rispetto e nella forza dell’unione della Nazione». Un altro tema ricorrente era la burocrazia statale che doveva essere assolutamente “depoliticizzata” e affidata semmai a persone “valide e competenti”. Sono embrioni di pensiero che ritroveremo in età più matura nel progetto di riforma dello Stato che Adriano Olivetti affinerà nel movimento politico e nelle edizioni di Comunità. Fondazione Adriano Olivetti di Roma Da una parte Adriano acquisisce grandissima dimestichezza con i metodi d’organizzazione del lavoro. Egli visita gli stabilimenti delle più importanti società statunitensi… L’altro aspetto è il giudizio critico che il giovane Olivetti comincia a nutrire nei confronti della società americana in cui il consumo di massa e il sistema capitalista sono a uno stadio di sviluppo che in Europa non è ancora possibile osservare. Non appare allora insensato ritenere che egli possa avere intuito e presagito le contraddizioni dell’assetto L’America, ma non come modello sociale ed economico americano. In una lettera inviata ai familiari Nel frattempo il rifiuto di entrare nella fabbrica paterna a si legge che «qui il dollaro è veramente il dio e che in tutta la vita poco a poco si attenuò e la vena giornalistica di Adriano, come americana vi è uno strapotere del dollaro». lui stesso ammetterà più tardi, si fece irta di ostacoli, a causa Non v’è dubbio che al suo rientro il bagaglio intellettuale e anche delle più marcate avversioni al fascismo. Da quel momen- di esperienze che egli portava con sé non era il frutto di un asto, all’impegno intellettuale e politico si agservimento piatto e acritico al sogno americaRitratto di Adriano Olivetti nel 1927. giunse lo studio dell’organizzazione del lavoro no, quanto piuttosto un insieme di ingredienti e progressivamente anche la preoccupazione tecnici, sociali e organizzativi che si tradusseper la fabbrica. I due filoni continueranno ro in seguito in un progetto di società certad’ora in poi in costante confronto, a volte apmente distante dal modello americano. paiati e convergenti, altre in modo completaNel frattempo Adriano maturò la sua mente autonomo, quando non addirittura diopposizione al fascismo e si assestò su povergenti tra di loro. Bruno Caizzi, contemporasizioni molto vicine a quelle del socialismo neo di Adriano e esule in Svizzera, fa notare liberale di Carlo Rosselli. Poco alla volta svicome egli avvertì improvvisamente tutta la luppò una sua visione incentrata sul concetportata delle grandi possibilità che gli si sato di persona preso a prestito dal filosofo rebbero presentate attraverso l’impegno diretfrancese Emmanuel Mounier. Secondo queto nell’industria di famiglia, senza con questo sta concezione era assolutamente necessadover abbandonare i suoi forti slanci ideali. rio superare l’individualismo utilitaristico. Il Nel 1925 Adriano partì per gli Stati Uniti per singolo avrebbe dovuto sviluppare le sue studiare i metodi organizzativi delle grandi inpotenzialità all’interno di una rete di solidadustrie d’Oltreoceano. Il risultato dell’esperietà rappresentata dalla comunità stessa in rienza americana, come scrive Beniamino de’ cui vive. Si fece dunque strada l’idea di coLiguori Carino in un lungo trattato dedicato munità come unità politica, sociale ed ecoalle maturazioni intellettuali di Adriano Olivetti, nomica che avrebbe dovuto fondarsi sulla fu duplice: partecipazione democratica dal basso, sen- DALLA “SUISSE” 183 za la forza impositiva e arbitraria dello Stato, che semmai avrebbe dovuto avere appunto un’impronta federalistica, nel rispetto delle particolarità territoriali. Prese allora corpo a poco a poco una visione che definiremmo oggi “globale” della società, che si manifestò progressivamente a tutto campo nella fabbrica di famiglia, nell’ambiente urbano circostante, in un progetto editoriale e persino in un disegno politico. Nel 1945, dopo un periodo trascorso precauzionalmente in Svizzera, Adriano Olivetti scrisse L’ordine politico della Comunità, un manifesto in cui esprime le sue idee. Nel 1946 fondò invece la rivista Comunità, a cui affiancò immediatamente dopo la casa editrice “Edizioni di Comunità”, che si sarebbe distinta per la pubblicazione in vari campi delle scienze umane di autori non ancora conosciuti in Italia. E due anni dopo, nel 1948, creò un vero e proprio “Movimento politico di Comunità”. L’impegno editoriale Difatti tutto ciò che interessava ad Adriano Olivetti sembrava non essere assolutamente conosciuto in Italia. Sul piano teorico, come rileva il sociologo Domenico De Masi, «egli leggeva e pubblicava la sociologia, la filosofia sociale, l’etica, l’estetica; sul piano pratico la produzione moderna, il riformismo, la partecipa- Fondazione Adriano Olivetti di Roma La prima lettera scritta da Camillo alla moglie con la macchina per scrivere. The first letter written by Camillo to his wife using a typewriter. 184 DALLA “SUISSE” zione dei lavoratori, la pianificazione territoriale, l’architettura contemporanea, il design». Tutto insomma rompeva con la cultura vigente, aprendo nuove strade che da un lato diffondevano visioni innovatrici, ma dall’altro apparivano sospette e divergenti, a fronte di un panorama editoriale che il Fascismo aveva separato per venti anni dal progresso. Non è facile rimettere il lettore di oggi nel clima culturale di allora, né la critica di Adriano all’immobilismo culturale italiano si esauriva nella protesta, ma puntava decisamente al riformismo e al rigore dei valori scientifici da applicare direttamente nella pratica. Dai cataloghi della Fondazione Olivetti si possono dedurre sterminati apporti alle Edizioni di Comunità di penne prestigiose, soprattutto straniere, nei più svariati campi delle scienze umane. Spiccano i nomi di Jung, Piaget, Kierkegaard, Bergson, Claudel, i sociologi della scuola francese quali Gurvitch, Bettelheim e Mounier, lo scrittore svizzero Ramuz, Denis de Rougemont con Vita e morte dell’Europa e una interminabile schiera di altri autori. Domenico De Masi cita i testi di Simone Weil sulla vita operaia, di Raymond Aron sul rapporto tra Occidente e Unione Sovietica, di Roethlisberger sulla coesione di gruppo nelle fabbriche, classici come Weber e Durkheim che «introducevano luminose visioni nella scialba palude editoriale italiana». Forse nessun libro, nota ancora De Masi, tra tutti quelli pubblicati dalle Edizioni volute da Adriano Olivetti, è altrettanto paradigmatico quanto Gemeischaft und Gesellschaft del sociologo tedesco Ferdinand Tönnies. «Qui la Comunità calda, protettiva, sanguigna, confortante, ma anche lenta, bigotta sospettosa, oppressiva, tradizionalista, era contrapposta alla società fredda, impersonale, alienante, ma anche dinamica, tecnologica, pratica, innovativa». Le “Edizioni di Comunità” erano in fondo la sintesi quasi perfetta di tutto questo a coronamento del sogno (o dell’utopia) di Adriano: quello di «conciliare comunità e società, rendendo dinamica la vita quotidiana e affettiva la vita operaia». Le peregrinazioni intellettuali di Adriano Olivetti erano quasi sempre dettate anche dalla necessità e dall’urgenza di trasferire le proprie idee e la passione sociale nel progetto industriale che stava costruendo, ma che teneva ben distinto dal progetto di Comunità, anche se ovviamente i due interagivano, spesso si intersecavano. La casa editrice rappresentava un luogo di formazione intellettuale e professionale, come d’altra parte l’universo industriale di Ivrea. Entrambi erano punti di incontro e fucine d’idee, dove chi vi lavorava acquisiva un’esperienza che poteva poi liberamente far germogliare altrove, in altre affermazioni professionali. Alle “Edizioni di Comunità” si affiancarono poi nuove case editrici di carattere perlopiù saggistico, sempre sotto la spinta di Adriano, che si collocavano spesso al di fuori dei due rigidi e tutto sommato limitati blocchi di pensiero sviluppatisi con la Guerra Fredda, nel tentativo anche di indicare una Terza Via di fronte alle contrapposizioni intellettuali dell’epoca, condizionate da una marcata dicotomia tra interclassismo cattolico e lotta di classe comunista. L’impresa editoriale di Adriano Olivetti ha insomma esercitato negli anni Cinquanta una spinta decisamente straordinaria a favore del rinnovamento culturale italiano e come de’ Liguori Carino accenna nel suo trattato, «le Edizioni di Comunità hanno garantito alle voci dissonanti più vive e profonde del loro tempo uno spazio d’indagine e di divulgazione libero e dinamico, nel simultaneo tentativo di dotare la società civile e l’azione politica di una nuova coscienza del suo agire e di una nuova tecnica per la costruzione di una società ordinata secondo i Un uomo che ha fatto il Novecento Così come risulta difficile riproporre il clima intellettuale nella complessità culturale dell’epoca, il pensiero di Adriano Olivetti non è immediatamente configurabile o riducibile a qualche enunciazione di principio. Si tratta perlopiù di una dimensione civile, dove la cultura si frappone al semplice meccanicismo economico. Una cultura libera che voleva però anche veicolare una funzione economica e politica alla ricerca di una società migliore. È indubbio che questo modo innovativo, a volte dirompente, di vedere le cose ha lasciato un segno indelebile in un Paese che usciva particolarmente smarrito dagli effetti congiunti del regime e della guerra. È però difficile capire con lo sguardo di oggi se la visione olivettiana di allora non sia stata in qualche modo anche un Veduta dello stabilimento Olivetti a Pozzuoli costruito nella prima parte degli anni ’50 su progetto di Luigi Cosenza. po’ visionaria, se non si sia insom- A view of the Olivetti plant in Pozzuoli built in the first part of the 1950s according to Luigi Cosenza’s design. ma macchiata di qualche contraddiVorrei terminare con un ultimo giudizio del sociologo Domezione o di qualche scorciatoia intellettuale troppo sbrigativa. La morte prematura di Adriano Olivetti ha semmai lasciato che nico De Masi, certamente forte, che abbraccia interamente il diquesti interrogativi si cristallizzassero un po’ acriticamente sotto segno culturale e sociale di Adriano, tanto da inserirlo in modo forma di spinte ideali, spesso incomprese e che pertanto non certamente meritato fra le persone che hanno determinato il hanno potuto realizzarsi nella loro pienezza e reggere alla prova Novecento: Lontano mille miglia dalla febbrile voracità dell’accumulaziodel tempo. Sarebbe in ogni caso sbagliato credere che il disegno di ne, dall’ignorante avventurismo dell’azzardo… che tuttora contaAdriano Olivetti si sia limitato al microcosmo di Ivrea e che da giano tanti imprenditori, possiamo dire che Adriano Olivetti è riuquel progetto di fabbrica sia partita anche qualche ambizione scito a traghettare l’impresa e il management dal mondo induintellettuale o politica di troppo. Gli anni Cinquanta furono mar- striale al mondo post-industriale. Così come, negli stessi anni, cati da un forte interesse per il Mezzogiorno, ispirato questa Freud e Jung hanno traghettato la psicologia tradizionale verso la volta dai libri di Carlo Levi e dall’impegno sociale di intellettuali psicanalisi, Picasso ha traghettato la pittura di Piero della Francome Danilo Dolci, che Adriano Olivetti con il suo pragmatismo cesca verso il cubismo, Einstein ha traghettato la fisica di Newton tradusse in possenti iniziative: interventi straordinari nella Rifor- verso la relatività, Stravinskij ha traghettato la musica romantica ma agraria, nella Cassa del Mezzogiorno, il progetto urbanistico verso l’atonalità, Joyce ha traghettato il romanzo ottocentesco verso l’opera aperta. di Matera, i nuovi stabilimenti Olivetti di Pozzuoli. Quando Adriano ereditò l’impresa fondata dal padre, negli anni Quaranta, essa contava appena qualche centinaio di dipendenti. Quando morì improvvisamente nel 1960, su un treno diretto a Losanna, la Olivetti aveva superato i 45.000 dipendenti, 27.000 dei quali all’estero. La sua grandezza era legata alla Riferimenti bibliografici concezione dell’impresa: Bruno CAIZZI, Camillo e Adriano Olivetti, Utet, Torino 1962. come sintesi di cultura internazionale, tecnologia all’avanguar- Domenico DE MASI, Prefazione a Adriano Olivetti e le Edizioni di Comunità, dia, organizzazione efficiente, cooperazione partecipante, il tutto al Quaderni della Fondazione Olivetti, Roma 2008. servizio della comunità. È legata alla concezione dell’uomo come Beniamino DE’ LIGUORI CARINO, Adriano Olivetti e le Edizioni di Comunità (1946-1960), Quaderni della Fondazione Olivetti, Roma 2008. sintesi di produttore, consumatore e cittadino. È legata alla conceValerio OCHETTO, Adriano Olivetti. Industriale e utopista, Cossavella Editore, zione dello Stato come sistema integrato di molteplici comunità, … Ivrea 2000. È legata alla concezione dell’estetica come valore aggiunto alla Adriano OLIVETTI, Città dell’uomo, Edizioni di Comunità, Milano 1959. perfezione delle macchine… È legata alla concezione della cultura, Robi RONZA, Tradizione e attualità del pensiero federalista italiano, in Fedeintesa come sintesi di scienza e tecnica, umanità e arte (Adriano ralismo in cammino, Coscienza Svizzera e Armando Dadò, Locarno Olivetti e le Edizioni di Comunità 1946-1960). 1995. DALLA “SUISSE” 185 Associazione Archivio Storico Olivetti di Ivrea principi guida di cui Adriano Olivetti parla nel suo celebre saggio Città dell’uomo». Adriano Olivetti, ritratto di un imprenditore illuminato VALERIO CASTRONOVO Presidente Centro Studi di Roma; storico dell’economia e dell’industria italiana Adriano Olivetti, portrait of an illuminated businessman He was a “positive utopian”, but in reality, his dream was firmly rooted in the industrial and territorial reality in which he asserted himself with intelligence and determination. The “ factory with a human face” was well integrated into the productive dynamism of the Canavese region, which responded at the end of the 1950s to the extraordinary increase in the demand for durable consumer goods, such as typewriters. His winning card was not only enthusiasm. He surrounded himself with technicians and engineers with keen professional skills; he was meticulous with regard to the interaction between practicality and aesthetics, relying on the contribution of ingenious architects. All of this gave him the possibility of realizing a business that united profit with social commitment, with the prospect of promoting a people-friendly work ethic on all levels. 186 DALLA “SUISSE” Fondazione Adriano Olivetti di Roma F ra le tante definizioni che si sono date di Adriano Olivetti, una mi sembra più appropriata e congeniale alla figura di un imprenditore così atipico. Quella di “utopista positivo” cconiata a suo tempo da Ferruccio Parri, il leader della Resistenza e primo capo del governo dell’Italia democratica. Quel che contrassegnò l’opera di Adriano fu infatti un utopismo pragmatico. Sia perché egli svolse un’azione concreta volta ad abbinare cultura e industria; sia perché era animato dall’intento di coniugare le regole economiche con la responsabilizzazione sociale dell’impresa. Quella che Adriano si proponeva di realizzare era una “fabbrica dal volto umano”: ossia, una comunità di lavoro al passo con le tecnologie più aggiornate, ma senza che il macchinismo avesse il sopravvento sul fattore umano; con i conti dell’azienda in attivo, ma senza che la logica del profitto fosse l’unico metro di giudizio e di condotta. D’altra parte, a orientare fin dai primi anni della sua formazione il giovane Adriano (di madre valdese e di padre appartenente a una famiglia ebrea) verso l’obiettivo di conciliare umanesimo e industrialismo, era stato un duplice ordine di suggestioni e di esperienze. Da un lato, sul piano intellettuale, il personalismo cristiano di Maritain e di Mounier e gli ideali del riformismo socialista. Dall’altro, quale moderno imprenditore, la conoscenza diret- Ritratto di Adriano Olivetti, 1959. ta, acquisita durante varie sue visite negli Stati Uniti, tanto dei risultati pratici quanto dei problemi sociali posti dagli sviluppi del taylorismo e del fordismo. Inoltre, in quegli stessi anni in cui egli figurava schedato nei rapporti della polizia fascista con l’etichetta di “sovversivo”, aveva cominciato a tracciare il progetto di un’organizzazione statuale su basi federaliste. Una nuova compagine, nella quale le rappresentanze dell’industria, del lavoro e della cultura avrebbero dovuto divenire altrettante componenti costitutive di un ordinamento istituzionale articolato sulla triade di comunità, regione e federazione. Questo disegno che Adriano mise poi a punto durante l’esilio in Svizzera, dove era riparato nell’ottobre 1943, dopo l’avvento della Repubblica di Salò, e che pubblicò ne L’ordine politico delle comunità, era parso a molti osservatori, all’indomani della Liberazione, il frutto di congetture del tutto astratte. Non così l’aveva giudicato Luigi Einaudi che, pur dissentendo da alcune argomentazioni dell’autore, condivideva tuttavia una prospettiva come quella olivettiana che mirava a una sorta di self government e s’ispirava ai principi del pluralismo politico: quegli stessi che il futuro presidente della Repubblica riteneva essenziali sia per evitare che si riproducessero le strutture verticistiche e burocratiche del vecchio Stato centralistico, sia per scongiurare il sopravvento sulla società civile di partiti ideologici di massa e dei loro apparati. Fondazione Adriano Olivetti di Roma Adriano Olivetti era dunque giunto fin dall’immediato dopoguerra ad auspicare, insieme alla realizzazione di una “comunità di fabbrica a misura d’uomo”, che fosse pure una fucina di evoluzione culturale e sociale, e non solo una macchina di produzione, anche l’avvento di un sistema democratico che avesse per suoi cardini lo sviluppo delle autonomie locali e nuove forme di rappresentanza e di autogoverno. Nella maturazione di questi suoi propositi ebbero parte rilevante non soltanto le sue matrici culturali e quell’intelligenza intuitiva e contagiosa, quasi profetica, che pur in seguito rimarrà uno dei suoi tratti distintivi inconfondibili. Importanti furono anche certe caratteristiche specifiche dell’impresa di cui era titolare e le connotazioni altrettanto peculiari dell’ambiente dove si trovava a operare. Tanto l’azienda ereditata dal padre, che nell’immediato dopoguerra era poco più che uno stabilimento di medie dimensioni, ancorché rinomato, quanto la sua piccola patria d’origine, una marca di confine come il Canavese, si prestavano infatti sia all’intento perseguito da Adriano di creare un’impresa che abbinasse a capacità progettuali innovative un sistema di relazioni industriali aperto alla partecipazione dei lavoratori; sia al suo obiettivo di dar vita a un esperimento di democrazia dal basso, ossia a quella che egli chiamava una “comunità concreta”, protagonista di nuove forme di organizzazione sociale a livello territoriale. Quanto abbiano contato questi due elementi, la configurazione intrinseca di un’azienda le cui possibilità di successo erano legate a una forte dose di creatività e di eccellenza tecnica, e la fisionomia dell’Eporediese ancora in gran parte piccolo-contadina ed estranea a un urbanesimo spinto, lo si può riscontrare dalla tipologia e dalle direttrici di marcia della Olivetti nel corso degli anni Cinquanta. Camillo Olivetti e la sua famiglia. In alto a destra Adriano Olivetti. Camillo Olivetti and his family. Top right Adriano Olivetti. Associazione Archivio Storico Olivetti di Ivrea Veduta aerea degli stabilimenti Olivetti di Ivrea, anni ’60. Aerial view of the Olivetti plants in Ivrea, 1960s. È pur vero che anche per l’impresa canavesana (non diversamente che per la Fiat e le altre aziende del settore meccanico), la leva fondamentale che innescò uno sviluppo della produzione senza precedenti e a costi decrescenti, fu la domanda sempre più ingente di nuovi beni di consumo durevoli. Tant’è che nel 1958, rispetto all’inizio di quel decennio, il numero delle macchine da scrivere collocate sul mercato s’era moltiplicato per più di quattro volte e mezzo, quello delle portatili di quasi nove e quello delle macchine contabili per più di sessantasei volte. E ciò non solo per la familiarizzazione degli italiani con i nuovi strumenti della scrittura e del calcolo meccanico, ma anche per l’allargamento degli sbocchi commerciali sui mercati esteri. Tuttavia se l’Olivetti conobbe un’ascesa travolgente, lo dovette per tanti versi a un insieme di retaggi e di fattori che avevano a che vedere tanto con la particolare strategia aziendale adottata da Adriano quanto con lo scenario economico e sociale del Canavese. Dalla sua fondazione nel 1908 per iniziativa di Camillo Olivetti, l’impresa canavesana non solo aveva conservato un sistema di gestione fortemente personalizzato (al punto che il fondatore e suo figlio si occupavano anche della formazione dei capi operai). Essa era rimasta altresì fedele alla propria vocazione originaria, incentrata soprattutto sul perfezionamento dei procedimenti operativi, sulla ricerca e sulla sperimentazione, dall’attrezzaggio alle linee del prodotto. Si trattava in sostanza di un’impresa di tecnici e di ingegneri con robuste capacità professionali. Se nel campo della produzione determinate attitudini e capacità progettuali furono l’arma vincente dell’Olivetti, un design e una grafica particolarmente originale svolsero, a loro volta, un ruolo importante nel conferire alla Olivetti dei propri specifici tratti distintivi e nell’assecondare, di conseguenza, le sue politiche promozionali. Di questo intreccio tra funzionalità ed estetica furono artefici alcuni geniali architetti (da Belgioioso a Perasutti, a Rogers, da Carlo Scarpa a Nizzoli, ad altri ancora). La loro opera contribuì anche all’allestimento di alcune sedi dell’Olivetti, in Italia e all’estero, che rafforzarono l’immagine e il prestigio dell’azienda di Ivrea. Quanto al secondo elemento che concorse a fare dell’Olivetti un’azienda sui generis, con un timbro del tutto particolare, va detto che un territorio come il Canavese, ancora esente dall’af- DALLA “SUISSE” 187 Associazione Archivio Storico Olivetti di Ivrea 188 DALLA “SUISSE” Associazione Archivio Storico Olivetti di Ivrea flusso di forti correnti immigratorie e da una proliferazione di attività industriali, ben si prestava a fare da modello per un disegno di programmazione che saldasse armonicamente l’espansione di una grande impresa con l’economia agricola del contado, il capoluogo alle borgate dell’entroterra: ossia, alla convinzione di Adriano che si dovesse puntare sull’impianto di alcune aziende di lavorazione dei prodotti della terra nel circondario e nelle vallate prealpine, piuttosto che incentivare l’immigrazione di contadini e valligiani ad affollare, in cerca di lavoro, le aree urbane. Anche la figura dell’operaio allora prevalente negli stabilimenti della Olivetti, che non aveva interrotto del tutto i rapporti con la campagna intorno a Ivrea sia per la loro residenza nelle località d’origine sia in virtù del fatto che le loro famiglie possedevano per lo più dei piccoli fondi, offriva molti punti d’appoggio per una filosofia come quella del movimento di Comunità e del sindacato di “Autonomia aziendale”. Sia l’uno sia l’altro intendevano infatti affrancare la Adriano Olivetti accanto ad alcuni giovani operai nella fabbrica di Ivrea verso la classe lavoratrice dalla servitù psicologica e dalle alienazioni del fine degli anni Cinquanta (Publifoto). lavoro alla catena di montaggio e dall’anonimato della grande Adriano Olivetti next to several young workers in the Ivrea factory toward the end fabbrica. of the 1950s (Publifoto). Dunque, da un lato, un’impresa contrassegnata da un’alta qualità e da un’eccellente concezione stilistica dei suoi prodotti; Quella che Adriano realizzò nel corso degli anni Cinquanta dall’altro, un comprensorio immune dai traumi del gigantismo fu, dunque, un’avventura imprenditoriale pressoché unica, fuori industriale e da un’eccessiva congestione urbana. Furono queste dall’ordinario per quei tempi, e tale da costituire un modello mai le fondamenta su cui Adriano Olivetti fece assegnamento per più eguagliato in seguito. Un’impresa che, insieme a brillanti rirealizzare un complesso industriale d’avanguardia per la sua sultati economici, conseguì anche singolari obiettivi di carattere cultura d’impresa e le sue specifiche politiche sociali. sociale; che dava modo ai suoi dirigenti di ampliare le loro visuaA tal fine si rivelò comunque essenziale l’apporto delle idee li oltre l’orizzonte delle proprie particolari competenze e di fare e delle intuizioni del tutto personali di Adriano, che non avevano cose nuove; che corrispondeva agli operai che vi lavoravano saper riferimento né i retaggi del positivismo né i canoni dell’ideali- lari più elevati di un terzo rispetto a quelli vigenti nei contratti smo e del marxismo. Risultarono invece preziose per la sua for- nazionali di categoria. Inoltre, Adriano aveva promosso un ventamazione culturale le riflessioni di pensatori e intellettuali come glio di servizi sociali riconosciuti come altrettanti diritti delle maeSchumpeter, Kelsen, Friedmann, Mounier, Simone Weil, Mum- stranze (case, asili, colonie, trasporti, scuole professionali e ford. Esse erano infatti importanti non solo per comprendere svariate forme di assistenza). Ma aveva anche disposto che la meglio i problemi di fondo del capitalismo e del socialismo, ma biblioteca aziendale annoverasse opere delle più diverse tendenanche per capire in pieno quale rilevanza ze, anche quelle più radicali ed eterodosse; Manifesto per la convocazione della Consulta del avessero nella società contemporanea le e che alle conferenze che si tenevano ogni Consiglio di Gestione. conoscenze scientifiche, le trasformazioni lunedì nei suoi centri culturali, per gli operai The notice for summoning the Management del lavoro, il diritto come tecnica di organize gli impiegati, venissero invitati relatori di Board Council. zazione sociale, l’urbanistica per la qualità differenti orientamenti – marxisti, liberali, della vita e i rapporti con l’ambiente. cattolici. E questo in un Paese diviso a quel D’altra parte, Adriano Olivetti si avvaltempo da forti contrapposizioni politiche e se, tanto nella conduzione della sua impreideologiche. sa quanto nelle relazioni culturali che feceSe queste e altre ancora furono le ro da collante ai suoi progetti, del contribuiniziative di carattere innovativo che Adriato di un folto staff di intellettuali-manager no Olivetti realizzò nell’ambito della sua e di consulenti provenienti dai più diversi fabbrica, in conformità ai suoi propositi di campi delle scienze sociali e umane, ma natura sociale, ugualmente lungimiranti accomunati da una visione che infrangeva appaiono, ancor oggi, le sue concezioni in il muro degli specialismi. Sociologi, economateria di politica del territorio. A questo misti, psicologi, politologi, architetti e desiriguardo aveva certamente appreso alcuni gner, ma anche scrittori e letterati. Non è elementi di giudizio dalla sua conoscenza qui il caso di citare dei nomi; basterà dire, diretta di una realtà come quella elvetica. per rendersi conto dei loro orientamenti, Di fatto, Adriano muoveva dall’ideale di una che essi, per lo più, appartenevano idealfederazione di piccole-medie comunità mente a quella che allora veniva definita territoriali, quali cellule primarie dell’orgacome la “terza forza”, ossia una sinistra nizzazione statuale, che consentissero sia laica e di formazione neo illuminista, tenun rapporto diretto fra eletti ed elettori sia dente a mutuare criteri e modelli d’azione lo sviluppo di particolari forme di autogoverdalla cultura progressista nord europea e no. In tal modo intendeva contrastare americana. l’esautoramento della società civile da DALLA “SUISSE” 189 Associazione Archivio Storico Olivetti di Ivrea Associazione Archivio Storico Olivetti di Ivrea Associazione Archivio Storico Olivetti di Ivrea parte di uno Stato burocratizzato e dalle dell’imprenditoria americana, quello stesoligarchie dei principali partiti. so che aveva tenuto a battesimo a fine A questo suo progetto egli cercò di Ottocento il prototipo della macchina da dare consistenza concreta a Ivrea e in scrivere e monopolizzato, per tanti decenalcuni centri del Canavese amministrati ni, uno dei campi più esclusivi della mecdal Movimento di Comunità, da lui creacanica di precisione con una produzione to nel 1950. E contestualmente provviin serie dalle cadenze di centinaia di mide sia a decentrare alcune aziende gliaia di pezzi l’anno. Qualcosa come la dell’indotto dell’Olivetti nelle località limiSinger fra le macchine da cucire o come trofe sia a creare un Istituto (l’Irur) che la Ford fra le automobili, un traguardo che aveva lo scopo di assecondare la formasia Camillo sia Adriano Olivetti (andati zione nelle campagne circostanti di picvarie volte in pellegrinaggio a Hartford per cole imprese e cooperative agricole Sopra: cerimonia di inaugurazione del primo nucleo di guardare e imparare) non avevano nemcase per i dipendenti dello stabilimento Olivetti di Pozzuoli meno lontanamente immaginato di poter tecnicamente attrezzate. Di fatto, il Piano regolatore del (Napoli) il 23 aprile 1955. Sotto: Roberto Olivetti nel mettere in conto fra i loro più arditi piani Canavese da lui promosso nel 1951, maggio 1960 riceve a Firenze la laurea ad honorem per l’avvenire. assegnata dalla Facoltà di Scienze Politiche “C. Alfieri” l’opera culturale ed educativa svolta dal alla memoria dell’ing. Adriano Olivetti, scomparso il 27 Ma non si trattò dell’unica impresa Movimento di Comunità in vari piccoli febbraio di quello stesso anno (Foto Locchi-Firenze). che Adriano realizzò in quel tornante. centri e i programmi di investimento Above: the inauguration ceremony of the first group of L’altra fu quella di allineare la Olivetti agli dell’Irur in impianti irrigui, rimboschimen- houses for employees of the Olivetti plant in Pozzuoli stessi nastri di partenza della Ibm, e in ti e infrastrutture, per uno “sviluppo in- (Naples) on April 23, 1955. Below: Roberto Olivetti in May anticipo sui giapponesi, in un settore tegrato” fra agricoltura e industria, con- 1960 as he receives an honorary degree in Florence from strategico come quello dell’elettronica. tribuirono a imprimere tratti del tutto the “C. Alfieri” Political Science Faculty in memory of Lui e il figlio Roberto avevano infatti intuipeculiari all’ambiente e alla vita colletti- Engineer Adriano Olivetti, who passed away February 27 to in tutta la loro portata le potenzialità of the same year (Photo Locchi Florence). va locale, nonché ad assicurare una diche sarebbero derivate col passaggio dei mensione socialmente accettabile agli transistor ai circuiti integrati e ai semiconimpetuosi ritmi di sviluppo dell’Olivetti, duttori. Tant’è che s’erano assicurati l’apassurta nel volgere di pochi anni ai fasti poggio di Enrico Fermi e avevano dato vita di una grande impresa. a un’équipe di scienziati e specialisti, di Quello di Adriano non fu tuttavia un concerto con l’Università di Pisa, la cui itinerario scevro di remore e intralci, in opera s’era tradotta nella realizzazione quanto egli si scontrò, sul versante delle nel 1959 dei primi grandi calcolatori politiche sociali, sia con l’avversione e “Elea”. Dopo la scomparsa di Adriano nel lo scetticismo di gran parte dell’estafebbraio 1960, fu perciò un grave errore blishment industriale, sia con la contradi fatto e di valutazione quello poi comrietà dei principali sindacati che, per messo da un gruppo d’intervento finanziamiopia o per pregiudizi ideologici, consirio per il risanamento dell’Olivetti (ancorderavano l’indirizzo inaugurato dalla Olivetti nei rapporti con le ché fosse composto dai maggiori nomi dell’industria e della finanproprie maestranze una sorta più aggiornata di paternalismo za italiana) che giudicò i computer un sogno avveniristico, se non padronale, se non come una vera e propria mistificazione. un giocattolo. Fu così che, qualche anno dopo, la Divisione eletIn realtà, Adriano non voleva essere definito, dai suoi esti- tronica dell’Olivetti venne purtroppo ceduta alla General Electric. matori, come un “patron” illuminato. Egli si sentiva e intendeva essere un “riformatore”. In effetti, le sue iniziative pratiche come Roberto Olivetti in visita alla Olivetti Underwood, a Toronto, in Canada, nel 1969. le sue proiezioni avveniristiche avevano per denominatore comu- Roberto Olivetti during a visit to the Olivetti Underwood in Toronto, Canada in 1969. ne un’ispirazione che traeva origine e fondamento da un progetto politico-culturale. Al punto che egli giunse a concepire l’idea di convertire un giorno la sua azienda in una fondazione sulla base di un nuovo assetto proprietario che rappresentasse le varie componenti del mondo della produzione, della cultura e del lavoro. Un personaggio, dunque, controcorrente sotto ogni aspetto, tanto da essere additato di volta in volta come un temerario, un visionario, quando non come un uomo perso dietro il suo sogno di coniugare progresso industriale e democrazia economica, efficientismo tecnologico ed equità sociale. Eppure Adriano era riuscito a portare a compimento nel 1959, un anno prima della sua prematura scomparsa, un’impresa come l’acquisizione della Underwood. Mai l’industria italiana era stata in grado di realizzare un’iniziativa così rilevante a livello internazionale, ossia la scalata a uno dei massimi “santuari” Adriano Olivetti: tra sogno e realtà MAURO LEO BARANZINI Professore ordinario, Università della Svizzera italiana; Membro Istituto Lombardo, Accademia Scienze e Lettere, Milano FABRIZIO FAZIOLI Laureato in scienze economiche e sociali all’Università di Neuchâtel, giornalista e autore La scienza economica e le teorie dell’impresa Gli studiosi di economia arrancano sempre quando si tratta di offrire un quadro analitico dei comportamenti degli attori economici. Lo scozzese Adam Smith (1723-90) nella seconda metà del Settecento descriveva con attenzione i vantaggi della divisione del lavoro all’interno delle fabbriche, e la mano invisibile che guida gli imprenditori e che nel contempo fa l’interesse supremo sia degli stessi sia della società tutta intera. I marginalisti (dal 1870 al 1936 circa) si sono occupati della combinazione dei fattori produttivi delle aziende così da minimizzare i costi o da massimizzare l’utile di breve periodo. Fu Alfred Marshall (1842-1924), dell’Università di Cambridge, che definì le condizioni con le quali l’impresa in concorrenza perfetta massimizza il super-profitto di breve periodo. Tuttavia Marshall si limitò alle tecniche produttive, piuttosto che rivolgere la sua attenzione alle strategie aziendali. Poi la teoria dell’impresa registrò un’improvvisa accelerazione a partire dalla fine degli anni Venti del secolo scorso, sempre a Cambridge in Inghilterra. Dapprima con le sorprendenti analisi di Piero Sraffa (1898-1983), Richard Kahn (1905-89) e Joan Robinson (1903-83) che elaborarono i modelli dei mercati imperfetti, come monopolio, oligopolio e concorrenza monopolistica. Questi contributi sono stati importanti per meglio capire i meccanismi della micro-economia e delle varie forme di mercato. Ma bisognerà aspettare fino al secondo dopoguerra per le moderne teorie manageriali dell’impresa. Serigio Libis I diversi obiettivi dell’impresa Le strategie e gli obiettivi dell’impresa privata sono determinati: a) dalla sua proprietà giuridica (se posseduta direttamente da una persona o attraverso una società); b) dal tipo di mercato sul quale opera (concorrenza perfetta, concorrenza monopolistica, monopolio, oligopolio); e c) dai rapporti di forza fra gruppi con interessi differenti (azionisti, dirigenti, sindacati e creditori). Va notato che l’organizzazione delle medie e grandi aziende moderne differisce da quella dell’impresa classica di tipo familiare di un tempo, sia per dimensione, sia per organizzazione e quota di mercato. Pubblicità Olivetti anni Settanta. Olivetti advertising from the 1970s Adriano Olivetti: between dream and reality In the spectrum of managerial theories of different businesses, trends in the prospect of progress include: maximizing super-profits, maximizing sales and maximizing growth rates. The Olivetti experience was a breakthrough initiative in many senses. These uncommon entrepreneurial skills led the company to have 16,000 employees in 1960 in Italy alone. Abroad, international prestige was ensured by the takeover of Underwood, a leader in the field. Today, perhaps we should reconsider those illuminated choices, going beyond a “short-sighted” free market and the greed of Raiders with Fast Buck mentality. With regard to the recent financial crisis, it has nothing to do with a utopia but rather, a more open-minded view of the concept of development. 190 DALLA “SUISSE” La massimizzazione del super-profitto Il super-profitto di un’impresa è eguale alla differenza fra i suoi ricavi e i costi totali; si fa l’ipotesi della sua massimizzazione in base alle funzioni di costo (offerta) e di ricavo (domanda) dell’impresa. Tale ipotesi è basata: 1) sulla convinzione che i super-profitti possano essere contabilizzati in modo preciso. Questo richiede la conoscenza del valore dei ricavi totali e dei costi totali per un ampio intervallo di produzione; 2) sul concetto di impresa olistica, con un’unica e inscindibile unità decisionale, che agisce con i medesimi criteri dell’imprenditore-padrone-dirigente di una volta. Il concetto di massimizzazione dei super-profitti ha dominato l’analisi micro-economica dal 1870 al 1950 circa; in seguito vennero formulati nuovi modelli. La teoria di Baumol della massimizzazione delle vendite (o dei ricavi totali) William Baumol ha proposto la prima teoria manageriale in alternativa alla massimizzazione del super-profitto, e cioè quella della massimizzazione del ricavo dalle vendite, con i seguenti argomenti: Alcuni operai nella fabbrica Olivetti di Pozzuoli nel 1958. Several workers in the Olivetti factory in Pozzuoli in 1958. Fondazione Adriano Olivetti di Roma Adriano Olivetti tra la folla. Adriano Olivetti in a crowd. Riassumendo, per Baumol i manager mirano alla massimizzazione delle vendite per accrescere il loro statuto associato con la conduzione di grandi aziende, e il proprio potere strettamente collegato ai fattori produttivi, quali il capitale umano, macchinario, tecnologia e capitale finanziario. Il potere è inoltre associato alla quota di mercato. Il modello di crescita dell’impresa manageriale di Robin Marris Per l’economista di Cambridge Robin Marris, l’impresa tende a massimizzare il “saggio di crescita equilibrata”, espresso dal saggio di crescita della domanda per i propri prodotti e del suo capitale sociale. Massimizzando congiuntamente il saggio di crescita della domanda e del capitale sociale, i manager perseguono un duplice obiettivo: massimizzare la loro utilità (o sicurezza) e allo stesso tempo le aspettative dei proprietari-azionisti. Ricordiamo che i modelli manageriali si fondano su una netta separazione tra la proprietà e il controllo dell’impresa. La funzione di utilità dei manager ha come oggetto gli stipendi, il potere, la sicurezza del lavoro e il loro status sociale; gli azionisti-proprietari hanno una funzione di utilità che comprende anzitutto i profitti e l’entità del capitale. Per Marris la classe manageriale non ambisce a massimizzare la dimensione assoluta dell’impresa, bensì il suo saggio di crescita. La Koutsoyiannis sottolinea che «i manager preferiscono essere promossi nell’ambito della medesima organizzazione in espansione, piuttosto che doversi spostare in una organizzazione più grande, dove l’ambiente potrebbe dimostrarsi ostile nei confronti del nuovo arrivato». I dirigenti punterebbero quindi alla massimizzazione del saggio di crescita dell’impresa piuttosto che alla sua dimensione. Cartier-Bresson - Associazione Archivio Storico Olivetti di Ivrea 1) la separazione della proprietà dell’azienda dall’effettiva conduzione, tipica dell’impresa moderna. Ciò dà ai direttori-dirigenti un certo grado di libertà nel management dell’azienda, così da poter mirare alla massimizzazione delle vendite, piuttosto che a quella del super-profitto; 2) sovente le retribuzioni dei manager, inclusi bonus e fringe benefits, sono più in relazione con il livello delle vendite che con quello dei profitti; 3) gli istituti finanziari tendono a dare maggiore importanza al volume delle vendite o dei ricavi totali in occasione di richieste di finanziamento per nuovi investimenti; 4) nel contesto di mercati non concorrenziali una maggior quota di mercato permette di: a) controllare e scoraggiare l’entrata di nuovi concorrenti; b) controllare l’operato dei concorrenti già esistenti, limitandone eventuali ambizioni espansive; c) esercitare un maggior potere sui prezzi; d) esercitare un certo controllo sui fornitori di materie prime; e) meglio controllare i canali distributivi; 5) la politica del personale risulta più facile quando le vendite sono in espansione, in quanto ciò comporta una diminuzione del rapporto costi fissi/costi totali; 6) rilevanti vendite, crescenti nel tempo, danno prestigio ai direttori-dirigenti, mentre rilevanti profitti vanno soprattutto a vantaggio degli azionisti-comproprietari; 7) la correlazione fra livello delle vendite e retribuzioni dei manager è la risultante a) della necessità di offrire salari competitivi per assumere i quadri manageriali inferiori o medi; b) della struttura della gerarchia manageriale, più ridotta per le piccole aziende e più articolata per le grandi; c) del principio secondo il quale a responsabilità maggiori corrisponde una retribuzione superiore. DALLA “SUISSE” 191 Associazione Archivio Storico Olivetti di Ivrea Associazione Archivio Storico Olivetti di Ivrea A sinistra: veduta dell’edificio destinato alla presidenza della fabbrica Olivetti di Pozzuoli costruita nella prima parte degli anni ’50 su progetto di Luigi Cosenza. A destra: alcuni allievi del corso biennale di qualificazione per elettromeccanici durante un’esperienza di laboratorio. Left: a view of the building designated for the presidency at the Olivetti plant in Pozzuoli built in the first part of the 1950s according to Luigi Cosenza’s design. Right: several students in the biennial qualification course for electromechanical fitters during a laboratory experience. La tecnostruttura di John Kenneth Galbraith La teoria della tecnostruttura di John Kenneth Galbraith è basata sulla convinzione che le grosse imprese hanno la possibilità di creare la loro propria domanda, attraverso la pubblicità, la ricerca e lo sviluppo. Galbraith è convinto che la figura dell’imprenditore-proprietario stia scomparendo. Alla direzione dell’impresa l’imprenditore è stato sostituito da un consiglio d’amministrazione, che è un organo collettivo, imperfettamente definito; nella grande società comprende il presidente del consiglio, il presidente della società, alcuni vicepresidenti con importanti responsabilità settoriali o relative al personale, i titolari di altre importanti posizioni dirigenti ed eventualmente i capidivisione ed i capireparto [...]. Questo gruppo è molto vasto: va dai più alti funzionari della società fino a toccare, al limite, i dipendenti dal colletto bianco e blu la cui funzione consiste nell’uniformarsi alle disposizioni o alla routine. Ne fanno parte tutti coloro che contribuiscono con cognizioni specialistiche, talento o esperienza alle decisioni di gruppo. Questo, non il consiglio d’amministrazione, è l’intelligenza direttiva – il cervello – dell’impresa. Propongo di chiamare questa organizzazione tecnostruttura (JKG). La ditta di Ivrea era diventata un solido e rispettato organismo. Gli esperti stranieri affermavano che la Olivetti era un’industria eccellente, con un capo pieno di idee geniali, ottimi tecnici e ottime maestranze, che offriva prodotti robusti ed eleganti, creava una pubblicità efficace e aveva tradizione di correttissima moralità commerciale (Caizzi, 1962, p. 231). Adriano Olivetti era fortemente impegnato sul fronte della “responsabilità sociale”, rompendo con gli schemi della teoria tradizionale dell’impresa: Le fabbriche, gli uffici amministrativi, e i centri di ricerca furono concepiti a misura d’uomo «perché questi trovasse nel suo ordinato posto di lavoro uno strumento di riscatto e non un congegno di sofferenza. Per questo abbiamo voluto le finestre basse e i cortili aperti, e gli alberi nel giardino ad escludere definitivamente l’idea di una costrizione e di una chiusura ostile» (Caizzi, 1962, p. 223). Sarebbe riduttivo asserire che questa preoccupazione di Adriano Olivetti possa essere spiegata con questo suo ricordo personale: Nel lontano agosto 1914, avevo allora 13 anni, mio padre mi mandò a lavorare in fabbrica. Imparai così ben presto a conoscere e odiare il lavoro in serie; una tortura per lo spirito che stava imprigionato per delle ore che non finivano mai, nel nero e nel buio di una vecchia officina. Per molti anni non rimisi piede nella fabbrica, ben deciso che nella vita non avrei atteso all’industria paterna. Passavo davanti al muro di mattoni rossi della fabrica, vergognandomi della mia libertà di studente, per simpatia e timore di quelli che ogni giorno, senza stancarsi, vi lavoravano (Adriano Olivetti, citato in Caizzi, 1962, p. 132). Adriano Olivetti sostituirà, per le proprie maestranze, la “vecchia fumosa officina” con un ambiente luminoso, rassicurante, riducendo la fatica e la durata del lavoro, assicurando ai collaboratori di ogni livello le migliori previdenze assistenziali e il migliore alloggio possibile. Poco prima di morire avrà a dire ai collaboratori: Ora che ho lavorato anch’io con voi tanti anni, non posso io stesso dimenticare e accettare le differenze sociali che come una situazione da riscattare, una pesante responsabilità densa di doveri. Talvolta, quando sosto brevemente la sera e dai miei uffici vedo le finestre illuminate degli operai che fanno il doppio turno alle tornerie automatiche, mi vien voglia [...] di andare a porgere un saluto pieno di riconoscenza a quei lavoratori attaccati a quelle macchine che io conosco da tanti anni (Adriano Olivetti, citato in Caizzi, 1962, pp. 133-4). L’impresa privata tra profitto massimo e responsabilità sociale L’industria creata dagli Olivetti incorpora diversi degli elementi menzionati sopra, e rappresenta un apripista per diverse sue innovazioni. Notiamo che quando si parla di impresa con un forte senso di “responsabilità sociale”, si immagina una figura di imprenditore di terza o quarta generazione che parte con enormi mezzi finanziari, indipendentemente dalle sue qualità imprenditoriali. Invece, almeno nel caso di Camillo (padre) e di Adriano (figlio) Olivetti si tratta anzitutto di persone con doti manageriali ed imprenditoriali fuori dal comune. Ben dice Bruno Caizzi (1962, p. 233): La fortuna della società di Ivrea fu che all’appuntamento col destino si presentasse un uomo della tempra di Adriano che non aveva bisogno di essere incoraggiato ad osare. Adriano sapeva fiutare le circostanze e come nessun altro era in grado di trarne partito. Il suo temperamento lo portava a prendere risolutamente l’iniziativa e ve lo portava la sua esperienza [...]. Vi era dunque dietro tutto questo un disegno imprenditoriale di risonanza mondiale, che nel 1960, anno della prematura scomparsa di Adriano Olivetti, portò il numero dei dipendenti a 16.000 in Italia, senza contare le migliaia all’estero, e la partecipazione al 69% dell’americana Underwood (che fu leader mondiale per decenni). Il riconoscimento delle qualità manageriali di Adriano Olivetti era anche internazionale. 192 DALLA “SUISSE” Associazione Archivio Storico Olivetti di Ivrea La priorità dell’occupazione sul profitto di breve periodo colo. Fast buck, soldi in fretta, il motto degli speculatori, libero l’abbiamo trovata nella reazione di Adriano Olivetti alla mini-reces- mercato, competitività a qualsiasi prezzo e poca etica sono divesione del 1952, quando un rallentamento dell’economia mondia- nute costanti in diversi settori della nostra economia. Il problema le portò ad una forte contrazione delle vendite di macchine per è che il libero mercato “vede corto”. Lo storico lombardo Raul scrivere e di calcolatrici. Secondo la teoria economica di allora, i Merzario, introducendo il volume di Stefania Bianchi Le terre dei dirigenti della Olivetti avrebbero dovuto tagliare la produzione e Turconi, discute della nozione di prezzo nel Settecento e nell’Otmantenere i prezzi stabili per minimizzare le perdite. La reazione tocento nell’alta Lombardia. Il prezzo è sì collegato a quello del di Adriano Olivetti fu però diversa: lanciò subito una strategia di grano e alle strategie imprenditoriali dei proprietari terrieri, ma espansione più dinamica e più audace. In Italia in quell’anno fu- l’autrice «ci ha dimostrato, con dati alla mano, che il prezzo nei rono assunti 700 nuovi venditori, fu ribassato il prezzo delle secoli dell’età moderna è determinato sì da fattori economici, ma macchine, furono create numerose nuove filiali. Questa politica ancora di più da valori sociali come i rapporti di forza tra le clasebbe pieno successo. Una reazione che in un certo senso antici- si, la rilevanza dell’autoconsumo contadino, i rapporti di parentepava le teorie manageriali dell’impresa, della massimizzazione la, amicizia, vicinato tra compratori e venditori ed altro ancora». della crescita di lungo periodo. Le maestranze hanno sovente ri- Questi sono principi che hanno caratterizzato la nostra società compensato l’Olivetti per questa politica a loro favore. Basti ricor- prima del XX secolo. Con importanti eccezioni. Come quella della dare che quando gli occupanti nazisti avevano più di una volta dinastia degli Olivetti, per la quale prima sta l’uomo e poi il fast pensato di far saltare la fabbrica durante la Seconda Guerra buck. mondiale, gli operai trafugarono parte dei macchinari a casa loro, in attesa di tempi migliori. Macchinari che subito dopo l’armistizio Lo spirito dell’epoca tornarono in fabbrica, per la ripresa della produzione. Vale la pena a questo punto di immergerci nell’ambiente Anche nella strategia di assunzione e di formazione delle sociale e storico in cui è cresciuto e ha operato il progetto di maestranze Adriano Olivetti fu un precursore. Mentre nell’indu- Adriano Olivetti: un periodo unico e glorioso per i successi in stria automobilistica fino al 1970 circa dominava ancora la cate- generale dell’economia, per la conquista del benessere e per le na di montaggio alla quale lavoravano operai poco qualificati, con aspettative democratiche della gente. Le rivendicazioni sociali per conseguente assenteismo e demotivazione, alla Olivetti già negli la verità erano già state abbozzate dopo la prima Grande Guerra, anni Cinquanta si assumevano il fior fiore dei tecnici sfornati dai ma furono frenate dalla crisi degli anni Trenta e poi ancora dal politecnici, università ed istituti tecnici. secondo conflitto mondiale. Riemersero e presero grande vigore La trasformazione strutturale della Società ha visto crescere solo negli anni Cinquanta, nella piena convinzione che il concorso [...] il numero degli ingegneri e dei tecnici rispetto agli impiegati al benessere fosse un diritto e che anche il lavoro potesse pargenerici, il numero degli operai qualificati rispetto ai semplici ma- tecipare degnamente al processo distributivo della ricchezza novali. La fabbrica impiega sempre più laureati, diplomati e specia- prodotta. Si cullava pure l’illusione che alla democrazia politica listi, chiede al Paese maestranze aventi una certa preparazione del suffragio universale potesse finalmente succedere anche una professionale, anche al basso della piramide sollecita una migliore effettiva democrazia economica, più compartecipe e attenta ai educazione scolastica e se ne fa essa stessa promotrice (Caizzi, bisogni sociali della gente. Tutto insomma era in crescita e non 1962, p. 241). solo all’Olivetti: la produzione, la produttività, l’occupazione, i Anche qui Adriano Olivetti anticipa l’introduzione del “model- salari, i prezzi, i consumi, i risparmi, gli investimenti, la spesa lo giapponese”, iniziata negli anni 1970, pubblica, in un clima generale e irripetibile come superamento “della catena di mon- La palazzina che ospita le attività di ricerca e di vero miracolo economico. taggio”, di fordiana memoria. Qui è la sperimentazione della Olivetti a Ivrea, costruita nel Il profilo filosofico di Adriano Olivetti 1954-55 su progetto di Eduardo Vittoria. squadra di specialisti che compone tutta si innesta perfettamente in questo vento la macchina, eliminando il lavoro ripetitivo, The small building where research and experimenting portante e positivista dell’epoca, ma vi was carried out by Olivetti in Ivrea, building in 1954con l’ausilio di macchinari moderni e alta- 1955 according to Eduardo Vittoria’s design. aggiunge una concezione del tutto originamente efficienti come i robot. E già negli le, alimentata certamente dalla sua cultuanni Cinquanta l’Olivetti investiva la magra e dalle sue frequentazioni di gioventù. gior parte dei propri profitti in macchinari Qualcuno l’ha chiamata utopia, altri visiotecnologicamente avanzati e nella ricerca, ne, per dire in ogni caso di una spinta ben reclutando i migliori fisici e ricercatori. Il precisa verso un progetto d’azienda che è sempre maggiore investimento in capitale ben più di un risultato economico. Nella fisico è alla base del modello giapponese, storia industriale torinese, pur in questo che è stato recentemente adottato e supeclima economico comune ed euforico, si rato dal modello della Fiat italiana a Melfi, venne insomma a creare una contrapposicon la stessa tecnica giapponese e l’apzione fra due modelli imprenditoriali ben provvigionamento di parte delle componendistinti, quello degli Agnelli e quello degli ti just-on-time e on-line da parte di ditte Olivetti, che non mancarono del resto di esterne. affrontarsi in schermaglie nemmeno tropLa filosofia di Adriano Olivetti, come po velate. Adriano Olivetti, considerato vedremo sotto, carica com’è di valori etici l’imprenditore rosso, non aderì per esempio e umani, si trova agli antipodi della mentaalla Confindustria, manifestando così un lità di raider (predatori) che si è diffusa a suo disaccordo nei confronti della dottrina partire dagli ultimi due decenni del XX seaziendale dell’epoca. DALLA “SUISSE” 193 Un allievo del Centro Formazione Meccanici, 1962. A student from the Mechanics Training Centre, 1962. L’utopia di Adriano Nel profilo formativo e filosofico di Adriano Olivetti c’erano dunque cultura positivista e illuminista, l’industrialismo di stampo fordista con sottofondo socialista e tanta America. Tutta roba del Novecento, anche se alla fine della Seconda Guerra mondiale egli si scarta all’improvviso. Non bastano più per lui né il socialismo né il pensiero liberale. Inizia infatti a elaborare un suo concetto originale di azienda e di società che condensa nell’idea di Comunità: una miscela di utopia e di federalismo, di autonomie locali e di democrazia diretta (il soggiorno di Adriano Olivetti in Svizzera durante il periodo di guerra deve averlo influenzato in tutto questo). Questa idea di Comunità diventerà anche movimento politico e persino progetto editoriale, con le Edizioni di Comunità appunto. E proprio nell’anno della sua morte, Adriano Olivetti darà alle stampe Città dell’uomo, un libro che raccoglie scritti e discorsi sul suo Movimento, sul mondo della fabbrica, su urbanistica e territorio, sui problemi del Mezzogiorno, con un’idea di società integrata, compartecipe e responsabile. Il suo agire era tra l’altro coerente con il suo pensiero. La fabbrica di Ivrea era un tutt’uno con la città, in un rapporto quasi biunivoco con il territorio. A differenza però delle cittadine operaie di Crespi d’Adda o delle acciaierie Falck a Sesto San Giovanni, non c’era più quel paternalismo di stampo ottocentesco che teneva stretto e indissolubile il legame con le famiglie operaie, alloggiate nelle case e nelle scuole della fabbrica. Dall’epoca delle macchine per scrivere d’inizio Novecento, passando per le macchine calcolatrici fino al personal computer, le strutture e i servizi per le famiglie dei dipendenti costituivano alla Olivetti un autentico welfare modello impresa. A costruire la leggenda olivettiana contribuì certamente la presenza in fabbrica, del tutto inusuale, di uno stuolo d’intellettuali, stretti collaboratori di Adriano: urbanisti e designer, come Zevi o Sottsass, poeti come Giudici, scrittori come Volponi (immaginate oggi uno scrittore direttore del personale di una fabbrica?), sociologi come Ferrarotti, letterati come Pampaloni. Luciano Gallino, sociologo del lavoro di grande fama, anche lui presente a Ivrea, è autore nel 2001 di una intervista ipotetica ad Adriano Olivetti: «Io c’ero, fui parte della creazione del Movimento di Comunità sorto in seno alla Olivetti nel 1948. Amava la gente, ecco perché Adriano coniugò fordismo e socialismo». Nel 2005 Luciano Gallino pubblica L’impresa irresponsabile, pensando probabilmente per converso proprio a Olivetti: Si definisce irresponsabile un’impresa che al di là degli elementari obblighi di legge suppone di non dover rispondere ad alcuna autorità pubblica o privata, né all’opinione pubblica, in merito alle conseguenze in campo economico, sociale e ambientale delle sue attività [...]. Condizioni di lavoro, prezzi, trasporti, ambiente, tempo libero, alimentazione, organizzazione della famiglia, la possibilità stessa di progettarsi un’esistenza: piaccia o no dipendono tutte da decisioni che provengono, più che dal governo della nazione, dal governo delle imprese [...]. Purtroppo questa responsabilità sociale delle imprese è spesso del tutto subordinata ad altre priorità. Nulla di tutto questo nel disegno responsabile e innovativo di Adriano Olivetti che nel 1955, in un discorso ai lavoratori, si poneva alcune domande, rimaste ovviamente inevase, soprattutto agli occhi di chi guarda all’impresa di oggi: Può l’industria darsi dei fini? Si trovano questi semplicemente nell’indice dei profitti? Non vi è al di là del ritmo apparente qualcosa di più affascinante, una destinazione, una vocazione anche nella vita di una fabbrica? Ecco invece cosa dice il filosofo Umberto Galimberti in un’intervista alla Televisione Svizzera nel febbraio del 2010: Oggi Olivetti non sopravviverebbe, come peraltro non è sopravvissuto. Perché se uno punta sull’uomo viene soppresso da quelli che puntano sul denaro. Olivetti ha fatto un sogno, un’utopia molto importante, ha costruito una cultura che aveva però l’uomo e la sua realizzazione come centro della produzione. L’invito era che l’industria guardi alla società. L’obiezione che farei io a Olivetti, non perché sono contrario a quella sua intenzione, ma semplicemente perché assisto a come funziona oggi la società. Essa funziona esattamente come gli apparati tecnici, all’interno dei quali gli uomini vengono inseriti come funzionari di apparato e non come soggetti che hanno desideri, aspirazioni e volontà. In questo sta l’utopia di Adriano Olivetti. 194 DALLA “SUISSE” Associazione Archivio Storico Olivetti di Ivrea A venticinque anni Adriano si era recato negli Stati Uniti dove restò inizialmente affascinato dal fordismo, tanto da convincere il padre a riorganizzare l’impresa di Ivrea in tutt’altro modo, ma cercò al tempo stesso di superare le tecniche puramente tayloristiche del lavoro, applicandole in modo meno degradante per il dipendente a una realtà di prossimità più coinvolgente. In Lessico famigliare Natalia Ginzburg fa frequenti riferimenti ad Adriano Olivetti, il quale aveva sposato la sorella Paola. In un ritratto caldo, quasi psicologico del personaggio lo descrive «affettuoso, goffo e timido. Amava mangiare dolci...». Traccia di lui anche un bel ricordo quando aiutò il padre della stessa Ginzburg a fuggire dai tedeschi, oppure di quella volta che «era venuto da noi, quando scappammo da quella casa, a prendere Turati, il viso trafelato, spaventoso e felice di quando portava in salvo qualcuno». La sua formazione imprenditoriale è stata un caso quasi unico in Italia. I genitori venivano da ambienti molto colti. Il padre Camillo, il fondatore della Olivetti, aveva insegnato a Stanford in California, era un ebreo non praticante e di idee socialiste. Un’influenza decisiva venne esercitata anche dalla madre, figlia di un pastore valdese e apprezzato biblista. Una doppia matrice che si tradusse in famiglia in un rigore morale e in una spinta ideale a operare per il prossimo. L’uomo al centro della fabbrica L’uomo, appunto. Non un pezzo di una macchina, da rendere sempre più docile e produttivo, connesso agli altri pezzi dell’ingranaggio, ma una persona da considerare come tale, coi suoi pensieri, i suoi problemi, le sue aspettative, i suoi sogni. Da mettere al lavoro, certo, ma non in una fabbrica-prigione, piuttosto in una fabbrica-comunità. Con risultati straordinari e soluzioni tecnologiche in anticipo sui tempi. Sull’altro fronte, quello degli Agnelli, il sogno italiano si materializzava in un’auto tutta nuova e nel lavoro alla catena di montaggio. Duro, contestato, ma stabile. Poca conoscenza, molta fatica e soprattutto pensare poco, in perfetto stile fordista. Esiste un bel libro, apparso nel 2005 a esperienza oramai definitivamente decaduta del sogno di Adriano, dal titolo rivelatore Uomini e lavoro alla Olivetti, curato da Francesco Novara con Renato Rozzi e Roberta Garruccio. Si tratta di una serie di testimonianze di personaggi di ogni categoria: operai, ingegneri, architetti, consulenti, tutti protagonisti del progetto Olivetti, del prima e dopo Adriano, con l’intento di fermare una memoria umana, di riscattarla dal silenzio e di contribuire in un certo qual modo ad alimentare quella che è oramai diventata una vera e propria mitologia olivettiana. Una memoria sociale. Decine di voci: vi si legge anche una critica pungente più o meno diretta ai successori di Adriano che a poco a poco hanno smantellato il suo gioiello industriale per ridurlo a sogno e utopia. Il che suona oggi perlomeno bizzarro, quando tutti si definiscono ancora olivettiani senza esserlo, senza nulla condividere dei valori che Adriano Olivetti ci ha trasmesso. Fra le molte voci, una sola, che spicca nell’introduzione al libro e che suona come un epitaffio: Se in altre aziende il lavoratore si confondeva in una massa indifferenziata, in Olivetti egli era una persona ben individuata e riconosciuta, con la sua storia e la sua vita lavorativa. Francesco Novara, oggi scomparso, è stato strettissimo collaboratore di Adriano e responsabile del Centro di psicologia industriale della Olivetti, dagli anni Cinquanta al 1992. Curatore del volume, dedica all’azienda e al suo ideatore una sorta di Day After che conclude in questo modo: Agli imprenditori costruttori di futuro sono andati subentrando cacciatori di valori azionari, speculatori del mercato borsistico, arraffatori di monopoli, artefici di partecipazioni incrociate e di piramidi societarie. A un mondo del lavoro umiliato, in una società lacerata e disorientata, succube delle vicende aleatorie di un’economia finanziarizzata, si rivolge il coro di queste testimonianze. Esse ricordano il valore permanente delle ragioni di quel successo d’impresa: la responsabilità e capacità di costante innovazione, realistica e audace, razionale e immaginativa, votata all’eccellenza dei prodotti, alla qualità della vita lavorativa, all’elevazione della vita sociale. Si è forse sprecato qualche appellativo in questi cinquant’anni dalla morte di Adriano Olivetti? Imprenditore rosso, pioniere dell’innovazione, icona del capitalismo diverso, padrone illuminato e molti altri ancora? Sono definizioni che nemmeno lui avrebbe probabilmente gradito, che richiamano senz’altro l’enfasi della distanza del tempo, tipica di un personaggio scomparso nel vivo di un’attività intensa, a capo di un universo industriale di decine di migliaia di dipendenti. Bisogna pure ammettere che non vi è stata probabilmente altra realtà storica industriale e insieme culturale, perlomeno in Italia, in grado di produrre tanta mitologia come Adriano e l’Olivetti. La sua figura riappare oggi, quasi per contrasto, in tutta la sua attualità, riaffermando i suoi valori profondi in un panorama economico e produttivo più che mai controverso, non sempre decifrabile, spesso confuso e senza meta. Indro Montanelli, rispondendo a un lettore che gli chiedeva in cosa veramente consistesse la singolarità di Adriano Olivetti, scrive: [...] voleva inventare un modello del tutto nuovo d’impresa in cui capitale e lavoro fossero associati. Questo era l’ideale o il miraggio della famosa Comunità olivettiana, senza che il suo ispiratore si rendesse probabilmente conto di quanto esso urtasse gli interessi sia del padronato sia del sindacato, i quali vivono sulla contrapposizione dei loro interessi. [...] Olivetti era perfettamente conscio di questa contrapposizione, ma era convinto di superarla. E questa era la sua vera Utopia. Ma forse il ritratto che Adriano avrebbe apprezzato più di ogni altro, un po’ nostalgico ed enigmatico, è tracciato ancora da Natalia Ginzburg in Lessico famigliare: Lo incontrai a Roma per la strada, un giorno durante l’occupazione tedesca. Era in piedi; andava solo, con il suo passo randagio; gli occhi perduti nei suoi sogni perenni, che li velavano di nebbie azzurre. Era vestito come tutti gli altri, ma sembrava, nella folla, un mendicante; e sembrava, nel tempo stesso, anche un re. Un re in esilio, sembrava. Visita agli stabilimenti Olivetti di Ivrea del sociologo Lewis Mumford nel 1957. Sociologist Lewis Mumford during a visit to the Olivetti plants in Ivrea in 1957. Associazione Archivio Storico Olivetti di Ivrea Riferimenti bibliografici Mauro L. BARANZINI, Giandemetrio MARANGONI e Sergio ROSSI, Micro e MacroEconomia, Cedam, Padova 2001. Bruno CAIZZI, Gli Olivetti, UTET, Torino 1962. Luciano GALLINO, L’impresa responsabile. Un’intervista su Adriano Olivetti, Einaudi, Torino 2001. Luciano GALLINO, L’impresa irresponsabile, Einaudi, Torino 2005. Natalia GINZBURG, Lessico famigliare, Einaudi, Torino 1963. Raul MERZARIO, Prefazione a Stefania BIANCHI, Le terre dei Turconi, Dadò, Locarno 1999. Francesco NOVARA, Renato ROZZI e Roberta GARRUCCIO (a cura di) Uomini e lavoro alla Olivetti, Mondadori, Milano 2005. Adriano OLIVETTI, Città dell’uomo, Edizioni di Comunità, Milano 1960. DALLA “SUISSE” 195 Comunità e Cantoni: alla ricerca di libertà politica DAVIDE CADEDDU Ricercatore di Storia delle dottrine politiche dell’Università degli Studi di Milano; Consigliere della Société Européenne de Culture D a una tipografia di Samedan, in Alta Engadina, nel settembre del 1945 gli era giunta a Ivrea l’edizione definitiva del suo libro L’ordine politico delle Comunità, frutto di una lunga riflessione, avviata in Italia nel 1942 e conclusa durante l’esilio elvetico. Adriano Olivetti, uomo del dialogo, prima di pubblicare quest’opera – che avrebbe orientato idealmente tutta la sua attività successiva – aveva interloquito con un numero di persone davvero rilevante. Ne rimane traccia nelle memorie scritte, nella corrispondenza privata e nella documentazione che da poco tempo gli archivi di Stato italiani e stranieri lasciano libera alla consultazione. Attraverso lo studio, l’osservazione e il dialogo, in effetti, egli cercava di capire quali forme istituzionali avrebbero potuto garantire la libertà in uno Stato fondato su un sistema economico socialista.1 La Svizzera si rivelò luogo di incontri e fonte di ispirazione, ma già in passato si era mostrata terra amica. Negli anni Trenta, Olivetti aveva frequentato di tanto in tanto il salotto ginevrino dell’antifascista Guglielmo Ferrero e incontrato probabilmente anche Ignazio Silone a Zurigo. Se il primo gli permise di conoscere il filosofo della politica Umberto Campagnolo, che ebbe un ruolo fondamentale nella nascita della biblioteca di fabbrica della Ing. C. Olivetti & C. e della olivettiana casa editrice Nuove Edizioni Ivrea (antesignana delle più note Edizioni di Comunità), il secondo quasi certamente lo mise in contatto con i servizi segreti statunitensi nel gennaio del 1943. Furono mesi frenetici quelli tra l’autunno del ’42 e il febbraio del ’44, quando espatriò in Svizzera in compagnia della segretaria Wanda Soavi, entrambi inseguiti dall’Arma dei carabinieri e dal Servizio informazioni militari. Dopo essere stati detenuti qualche The Cantons Community: searching for political freedom Switzerland was also fundamental for Adriano Olivetti’s dream of a State where freedom was a concrete value. In this ally of a country, he developed a solid network of fruitful political relations and found a useful model in the Swiss system on which to base his “Community” project. He believed it should have been a rationalization of the Swiss Canton and its adaptation to the Italian tradition. The Federal Communities could become Regions and Regions would make up the Italian Federal State. Luigi Einaudi also found this proposal interesting in developing his separatist thesis. Aside from the project, his constructive spirit led Olivetti to dedicate himself to direct political action: In fact, he founded the Community Movement. 196 DALLA “SUISSE” mese a Roma nel carcere di Regina Coeli ed essere usciti in modo rocambolesco, risultavano infatti ancora ricercati a causa del tentativo di costituire un trait d’union tra Alleati, antifascisti, forze armate, diplomazia vaticana e casa reale. Divenuto agente numero 660 dell’Office of Strategic Services nel giugno del ’43 grazie alle referenze soprattutto di Egidio Reale, fu facile per Olivetti essere ascoltato anche dallo Special Operations Executive con il nome in codice Brown, ma, per quanto ritenuto una fonte preziosa e affidabile, i progetti strategici degli Alleati non erano compatibili con le proposte che egli sosteneva una volta varcata la frontiera.2 Più in generale, infatti, «tenendo conto sia dell’atteggiamento dominante inglese sia della mancanza di determinazione da parte italiana», occorre ricordare che «dalla metà del 1942 alla caduta di Mussolini nel luglio del 1943 non vi fu alcuna possibilità concreta di arrivare a una pace separata tra le potenze alleate e l’Italia».3 Durante questi mesi, oltre a intensificare la propria azione antifascista, Olivetti iniziò a elaborare un progetto di riforma istituzionale e sociale – il cui fuoco era l’ente politico territoriale locale denominato “Comunità” – che sottopose all’attenzione di interlocutori italiani e stranieri.4 Espatriato in Svizzera, passando per San Pietro, vicino a Stabio, dopo essere stato accolto presso l’Ospedale italiano di Lugano, soggiornò soprattutto a Champfèr, a pochi chilometri da St. Moritz, nell’albergo Chesa Guardalej, fino al maggio del 1945. Questo divenne il luogo in cui le proprie idee, espresse nel Memorandum sullo Stato Federale delle Comunità in Italia già nel maggio del ’43, continuarono a maturare attraverso la riflessione individuale e il confronto con l’opinione di molti altri esuli antifascisti. A Champfèr le relazioni personali erano però abbastanza limitate. Grazie a vari permessi ottenuti dalle autorità elvetiche, Olivetti cercò quindi di recarsi a Zurigo, Lugano, Basilea, Berna, Losanna e soprattutto a Ginevra, allo scopo di incontrare amici o persone appena conosciute. Proprio a Ginevra rivide alcuni dei giovani collaboratori della sua casa editrice: Luciano Foà, che avrebbe contribuito a creare negli anni Sessanta le edizioni Adelphi, e Giorgio Fuà, che sarebbe divenuto uno dei più grandi economisti italiani della seconda metà del Novecento. L’esilio forzato gli permise di confrontare le proprie convinzioni – tra tanti altri – con i federalisti Ernesto Rossi, Egidio Reale, Luigi Einaudi e Altiero Spinelli, e con i socialisti Ignazio Silone, Guglielmo Usellini, Alessandro Levi, Edgardo Lami Starnuti e Ugo Guido Mondolfo: declinare istituzionalmente federalismo e socialismo era, in effetti, il suo scopo principale.5 L’idea di Comunità – una sorta di piccola Provincia – fu enucleata da Olivetti in Italia riflettendo sia sulla realtà del Canavese, sia su altre esperienze politiche straniere. Al centro della sua attenzione vi erano segnatamente gli Stati federali e quelli Associazione Archivio Storico Olivetti di Ivrea Associazione Archivio Storico Olivetti di Ivrea prattutto con unità italiane tradizionali come la diocesi, il collegio elettorale, la circoscrizione distrettuale o il circondario.6 La vitalità e l’efficienza dei Cantoni in Svizzera erano una garanzia per il futuro delle Comunità in Italia, che sarebbero state costituite su «analoghi principi amministrativi».7 Le Comunità federate avrebbero dato origine alle Regioni, sulla base di identici criteri, improntati alla dimensione demografica, al dato storico-geografico, alle risorse economiche presenti sul territorio e all’efficienza amministrativa. Le Regioni federate avrebbero costituito, infine, lo Stato federale italiano.8 Contrario all’idea di piano – fosse politico o economico –, Luigi Einaudi trovò nell’olivettiana Comunità lo strumento amministrativo più idoneo per risolvere molti dei problemi della politica italiana. Grazie al suo apporto critico, in un confronto franco e a tratti acceso, Olivetti stemperò alcune derive corporative del proprio progetto originario, anche se si trattava di un corporativismo dinamico e intrinsecamente democratico. Entrambi erano persuasi, però, che l’orgoglio di appartenere a un corpo politico, individuato territorialmente o funzionalmente sulla base di caratteristiche precise, all’interno di un gruppo ristretto di persone, non avrebbe potuto che alimentare quel senso di responsabilità individuale ormai annacquato o annichilito dai partiti di massa e dai regimi totalitari.9 Nel novembre del ’44, il colloquio tra Einaudi e Olivetti sembrò potersi intrecciare con le concrete vicende politiche dell’Italia del Nord. Contestualmente alla stesura della celeberrima Lettera aperta del Partito d’Azione a tutti i partiti aderenti al Comitato di Liberazione Nazionale, Altiero Spinelli chiese a entrambi, da Milano, a nome dell’esecutivo Alta Italia del Partito d’Azione, un progetto per la ricostruzione dello Stato italiano in cui fosse sviluppata la tesi autonomista sostenuta da Einaudi nell’articolo Via il prefetto!, che faceva cenno all’idea di ”Comunità”. Le due risposte rimasero però senza seguito, a causa dell’evolversi della situazioAdriano Olivetti al suo tavolo da lavoro nel 1958. ne politica italiana, e solo nel dopoguerra, durante le riunioni Adriano Olivetti at his work table in 1958. della Commissione per la Costituzione, ritrovarono una felice per contraddistinti da enti locali dotati di autonomia politica. Oltre agli quanto inascoltata attualità.10 Completata la propria riflessione, Adriano Olivetti aveva inStati Uniti d’America e al Regno Unito, la Svizzera costituiva senz’altro uno dei principali motivi di riflessione. A proposito tenzione di pubblicare il Memorandum sullo Stato Federale delle della funzione che la Comunità avrebbe dovuto svolgere in Italia, Comunità sotto pseudonimo con le Nuove edizioni di Capolago tra la fine del ’44 e i primi del ’45. Il connubio egli scrisse che essa rappresentava una sorta di «razionalizzazione del Cantone svizzero» o, Adriano Olivetti, nel periodo fascista con- con la prestigiosa casa editrice – nata nel ’36 meglio, «il suo adattamento alla tradizione ita- siderato un “sovversivo” (tratto da Storia dall’iniziativa di Gina Ferrero Lombroso, Egidio Reale e Ignazio Silone11 – tuttavia svanì, per liana»: perfezionato, avrebbe potuto «affrontare Illustrata A. Mondadori Editore). Adriano Olivetti, considered a subversive problemi di accordo e per le continue riformui complessi compiti di una società moderna». Se, infatti, il Cantone svizzero aveva origini during the Fascist period (taken from Storia lazioni del contenuto dell’opera, che sarebbe stata stampata completamente a spese «esclusivamente storiche», che non tenevano Illustrata A. Mondadori Editore). dell’autore.12 Da quanto è possibile inferire conto «delle esigenze dell’economia e neppure dalla corrispondenza con Odoardo Masini, di una logica divisione amministrativa», le CoGugliemo Usellini, Paola Carrara Lombroso e munità da lui individuate erano concepite ralo stesso Reale, sembra probabile che fossero zionalmente, considerando sia gli aspetti stosorti degli attriti tra Olivetti e i Ferrero, ai quali rico-geografici, sia quelli economici e politici. nel ’43 aveva promesso di rilevare l’attività In particolare, rappresentanza degli interessi e della casa editrice.13 Forse anche per questo rappresentanza democratica venivano coniumotivo, tra i primi libri a essere pubblicati dalle gate grazie alla coincidenza del distretto ecoEdizioni di Comunità nel dopoguerra ci fu Potenomico con la circoscrizione amministrativa e re di Guglielmo Ferrero, con un’introduzione di con quella del collegio uninominale atto a Umberto Campagnolo. eleggere il presidente della Comunità e, quindi, Quando la stampa del lavoro di Adriano il futuro deputato in Parlamento. L’ente locale Olivetti sembrava ormai prossima, Ernesto “Comunità” avrebbe dovuto avere «l’ampiezza Rossi decise di esprimere all’autore tutte le rimedia di un Cantone», coincidendo però so- DALLA “SUISSE” 197 198 DALLA “SUISSE” Fondazione Adriano Olivetti di Roma serve che esso gli suscitava. Oltre A. Olivetti, a restituirgli le bozze del libro glos- Città dell’uomo. sate a margine, gli scrisse due let- 1960. tere che rimangono una testimo- AA. VV., nianza rara della lealtà e del rispetto Il Dio che è fallito. intellettuale che si può nutrire per 1950. una persona. Con la consueta A. Olivetti, schiettezza, il polemico economista Fini e fine della affermava, tra l’altro, che «il libro è politica. ancora troppo faticoso da leggere» 1949. e «pochissimi saranno coloro che riusciranno a leggerlo, anche se molti diranno che è “interessante”, senza averlo letto». Si prevedeva, in altri termini, ciò che i fatti successivi Schumpeter, Capitalismo, avrebbero confermato. Rossi, inol- socialismo tre, intuì una questione che avrebbe e democrazia. contribuito alla taccia di utopismo 1955. spesso rivolta – dal dopoguerra fino L. Mumford, a oggi – al pensiero politico olivettia- La condizione no: «Quello che lei scrive sulla mora- dell’uomo. le cristiana che dovrebbe informare 1957. tutta l’attività degli organi ammini- Kierkegaard, strativi apparirà al comune lettore Scuola di eccessivamente ingenuo». In effetti, cristianesimo. «i motivi morali all’azione non cam- 1960. biano, o cambiano ben poco, per il fatto che viene mutato l’ordinamento politico amministrativo». E concludeva: «Affermare che senza un completo rivolgimento morale – per cui lo spirito di carità completi la giustizia sociale – l’organizzazione delle Comunità vivrebbe senza anima, significa – secondo me – diminuire il valore delle sue proposte, perché molti penseranno che un tale rivolgimento non si verificherà».14 Ormai, però, non era possibile reimpostare il lavoro. Il Memorandum sullo Stato Federale delle Comunità era pronto per la pubblicazione definitiva con il titolo L’ordine politico delle Comunità; costituiva, secondo l’autore, «un lavoro personale e non il Credo di un partito».15 Era la conclusione pregnante di un periodo trascorso in esilio proprio per motivi politici.16 Alle autorità fasciste, infatti, Olivetti risultava essere ”ariano”. L’appartenenza alla razza ebraica veniva invece singolarmente imputata dal regime a tutti gli altri membri della sua famiglia, a eccezione della sorella Elena e ovviamente della madre.17 Per quanto possibile, si impegnò così al fine di far accogliere in Svizzera sia l’ex moglie Paola Levi con i figli, sia il fratello Massimo con la sua famiglia. Contattò anche per questa ragione, a partire dal marzo del ’44,18 il Comitato svizzero di soccorso operaio di Lugano, interloquendo in particolare con Ferdinando Santi e Guglielmo Canevascini.19 Nel maggio del ’44, scrisse a Santi che tutta la propria famiglia, «in seguito a un annunciato peggioramento delle leggi razziali», poteva all’improvviso prendere la decisione di entrare in Svizzera: si trattava, in particolare, della sorella Elena, della moglie dell’appena espatriato Arrigo, e dei loro figli Vittorio, Luisa e Camillo.20 Da Champfèr, Olivetti riusciva a dirigere, almeno in parte, il movimento di resistenza antifascista attivo nella fabbrica di Ivrea e, in taluni casi, dava al Comitato svizzero di soccorso operaio assicurazioni sui sentimenti antifascisti di giovani che stavano per espatriare, al fine di facilitarne l’accoglienza.21 Ricambiò le attenzioni che il Comitato aveva rivolto a lui e ai suoi familiari, inviando soldi allo scopo di finanziare l’aiuto che, intorno a settembre, esso stava portando ai bambini italiani delle terre da poco liberate, segnatamente della Val d’Ossola, acquistando generi alimentari e beni di prima necessità.22 Il sentimento che animava i responsabili del Comitato svizzero di soccorso operaio, anche prima di questo impegno, può forse essere ben sintetizzato da quanto Ferdinando Santi scrisse a Olivetti nel luglio del ’44: «Volevo pregarla di non parlare di cortesie usate a Lei ed ai Suoi. In realtà quel poco che è stato fatto era più che doveroso per le sue note e tante benemerenze. Personalmente non ho poi meriti particolari: è il Comitato che si è occupato di Lei come di tanti altri assai meno meritevoli».23 Dato ormai alle stampe L’ordine politico delle Comunità, Olivetti pensava fosse giunto il momento di dedicarsi a un’azione politica «di natura diretta». Aveva confidato perciò a Guglielmo Usellini che, «nelle circostanze politiche attuali, nell’imminenza della lotta», l’unica «conclusione logica e coerente» era chiedere di «partecipare al partito socialista, come il solo che, per l’orientamento spirituale dei suoi uomini migliori e per il suo atteggiamento pratico», collimava con le proprie aspirazioni: «un rinnovamento spirituale e organizzativo dei movimenti socialisti».24 Un mese dopo aver aderito al Movimento federalista europeo tramite Ernesto Rossi,25 sempre in Svizzera s’iscrisse dunque al Partito socialista italiano di unità proletaria, ma le proprie idee politiche, maturate durante il crogiolo della guerra, lo avrebbero presto indotto, una volta tornato in Italia, a fondare e dirigere un gruppo politico autonomo: il Movimento Comunità.26 L’organizzazione sociale esperita e osservata personalmente in Svizzera costituiva l’esemplificazione di molti degli ideali di riforma che lo animavano e per i quali profuse il proprio impegno durante tutti gli anni Cinquanta. La conclusione improvvisa della sua esistenza rappresenta così, come nei racconti leggendari, qualcosa che può riassumere in sé il senso di tutta una storia. Fondazione Adriano Olivetti di Roma N. Berdiaev, Spirito e libertà. 1947. Proteso sempre verso il futuro, attraverso il continuo movimento dialettico delle idee e la ricerca di esperienze paradigmatiche,27 Adriano Olivetti morì nel febbraio del 1960 su un treno in corsa verso Losanna, all’interno di quel territorio che, in anni difficili, aveva garantito a lui, come a tanti altri grandi spiriti, di manifestare liberamente il pensiero. 1) Si veda D. CADEDDU, Adriano Olivetti politico, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 2009. 2) Sull’attività d’intelligence condotta da Olivetti, si consulti D. CADEDDU, Introduzione, in A. OLIVETTI, Stato Federale delle Comunità. La riforma politica e sociale negli scritti inediti (1942-1945), edizione critica a cura di D. CADEDDU, Franco Angeli, Milano 2004; e M. BERETTINI, La Gran Bretagna e l’antifascismo italiano. Diplomazia clandestina, Intelligence, Operazioni speciali (1940-1943), prefazione di M. de Leonardis, Le Lettere, Firenze 2010, pp. 122-129. 3) E. AGA ROSSI, Una nazione allo sbando. L’armistizio italiano del settembre 1943 e le sue conseguenze, Il Mulino, Bologna 2003, pp. 59-60. 4) Si vedano in merito le considerazioni espresse in La riforma politica e sociale di Adriano Olivetti (1942-1945), a cura di D. CADEDDU, Fondazione Adriano Olivetti, Roma 2005. 5) Sull’emigrazione antifascista, si veda A. GAROSCI, Storia dei fuorusciti, Laterza, Bari 1953; E. SIGNORI, La Svizzera e i fuorusciti italiani. Aspetti e problemi dell’emigrazione politica 1943-1945, prefazione di G. Spadolini, Franco Angeli, Milano 1983; R. BROGGINI, Terra d’asilo. I rifugiati italiani in Svizzera. 1943-1945, il Mulino, Bologna 1993; Id., La frontiera della speranza. Gli ebrei dall’Italia verso la Svizzera 1943-1945, Mondadori, Milano 1998. 6) A. Olivetti, L’ordine politico delle Comunità, V, 3, (c). 7) Ibid., II, 1. 8) Sulla filosofia politica di Olivetti, si consulti D. CADEDDU, Il valore della politica in Adriano Olivetti, Fondazione Adriano Olivetti, Roma 2007. 9) Cfr. D. CADEDDU, Del liberalismo di Luigi Einaudi. Tre esercizi di lettura, Cuem, Milano 2007, pp. 65-94. 10) Cfr. ibidem. 11) Si veda R. CASTAGNOLA ROSSINI, Incontri di spiriti liberi. Amicizie, relazioni professionali e iniziative editoriali di Silone in Svizzera, Lacaita, Manduria-BariBarsotti, Roma 2004. La fuga immobile. 12) Cfr. la copia della lettera di Olivet1957. ti a Odoardo Masini, Champfèr 13 dicembre 1944, in Archivio del Centro L. Beveridge, L’azione volontaria. interdipartimentale di ricerca e documentazione sulla storia del ’900, Uni1954. versità degli Studi di Pavia, fondo Guglielmo Usellini, Fal. G, doc. 111 (ulteriore copia in Archivio centrale dello Stato, Roma, fondo Egidio Reale, b. 4, fasc. «118 Adriano Olivetti»). 13) Cfr. CASTAGNOLA ROSSINI, Incontri di spiriti liberi, cit., p. 115, e la lettera di Kierkegaard, Olivetti a Reale del 16 febbraio 1945, Timore e tremore. in Archivio centrale dello Stato, Roma, 1948. fondo Egidio Reale, b. 4, fasc. «118 Adriano Olivetti». S. Weil, 14) Lettera di Rossi a Olivetti, 31 La condizione marzo 1945, in Historical Archives of operaia. European Union, Firenze, fondo Ernesto 1952. Rossi, vol. 22, fasc. «Adriano Olivetti». E. Mounier, 15) Lettera di Olivetti a Rossi, 9 apriRivoluzione le 1945, in Historical Archives of Europersonalista pean Union, Firenze, fondo Ernesto e comunitaria. Rossi, vol. 22, fasc. «Adriano Olivetti». 1949. 16) Cfr. il «Questionario» della Divisione della polizia del Dipartimento federale di giustizia e polizia, p. 11, nell’Archivio Federale Svizzero, Berna, E 4264 1985/196, vol. 1763, dossier «N 20629 Olivetti Adriano 11.4.01 Italien». 17) Cfr. V. OCHETTO, Adriano Olivetti, Mondadori, Milano 1985, p. 103. 18) Cfr. la lettera di Olivetti a Santi del 12 marzo 1944, in D. CADED DU, Adriano Olivetti e la Svizzera (gennaio 1943 – settembre 1945), in Spiriti liberi in Svizzera. La presenza di fuorusciti italiani nella Confederazione negli anni del fascismo e del nazismo (1922-1945). Atti del convegno internazionale di studi. Ascona, Centro Monte Verità. Milano, Università degli Studi. 8-9 novembre 2004, a cura di R. CASTAGNOLA, F. PANZERA e M. SPIGA, Franco CESATI, Firenze 2006, p. 227. 19) Per un quadro generale, si veda N. VALSANGIACOMO COMOLLI, Storia di un leader. Vita di Guglielmo Canevascini 1886-1965, Fondazione Pellegrini-Canevascini – Fondazione Miranda e Guglielmo Canevascini, s.l. [Lugano] 2001. 20) Cfr. la lettera di Olivetti a Santi del 25 maggio 1944, in D. CADED DU, Adriano Olivetti e la Svizzera, cit., pp. 231-232. 21) Cfr. la lettera di Olivetti al Comitato svizzero di soccorso operaio del 22 aprile 1944, in D. CADEDDU, Adriano Olivetti e la Svizzera, cit., p. 230. 22) Cfr. le lettere a Olivetti del 26 settembre e del 13 ottobre [1944], e quella di Olivetti al Comitato svizzero di soccorso operaio del 4 ottobre 1944, in D. CADEDDU, Adriano Olivetti e la Svizzera, cit., pp. 236-238. 23) Lettera di Santi a Olivetti del 1° luglio 1944, in D. CADEDDU, Adriano Olivetti e la Svizzera, cit., p. 233. 24) Lettera di Olivetti a Usellini del 23 marzo 1945, in Archivio del Centro interdipartimentale di ricerca e documentazione sulla storia del ’900, Università degli Studi di Pavia, fondo Guglielmo Usellini, Fal. B, fasc. 1, doc. 4. 25) Cfr. la lettera di Olivetti a Rossi del 5 marzo 1945, in Historical Archives of the European Union, Firenze, fondo Ernesto Rossi, vol. 22, fasc. «Adriano Olivetti». 26) Si veda in merito A. OLIVETTI, Fini e fine della politica. Democracy without political parties. Con un discorso inedito, introduzione e cura di D. CADEDDU, Rubbettino, Soveria Mannelli 2009. 27) Per un sintetico quadro biografico, D. CADEDDU, «Humana civilitas». Profilo intellettuale di Adriano Olivetti, in G. SAPELLI - D. CADEDDU, Adriano Olivetti. Lo Spirito nell’impresa, Il Margine, Trento 2007. DALLA “SUISSE” 199 La Fondazione Adriano Olivetti LAURA OLIVETTI Non solum in memoriam, sed in intentionem Presidente Fondazione Adriano Olivetti L’ Fondazione Adriano Olivetti di Roma improvvisa scomparsa di Adriano Olivetti all’inizio del 1960 lasciò orfani non solo gli affetti, ma un’intera comunità e un progetto culturale, sociale e politico di grandissima complessità. All’indomani della sua morte, i familiari, gli amici e i suoi collaboratori più stretti decisero di dare vita a uno strumento che potesse garantire continuità a quell’azione di riforma e, sebbene in forme diverse, portare nel futuro l’opera di Adriano Olivetti. Fu così costituita nel 1962 la “Fondazione Adriano Olivetti”, con l’obiettivo di custodire e tutelare la memoria di Adriano Olivetti, di raccogliere e sviluppare l’impegno civile, sociale e politico che ha distinto la sua opera e di promuovere e incoraggiare gli studi diretti ad approfondire la conoscenza delle condizioni da cui dipende il progresso sociale, come i primi articoli del suo statuto impongono. Coerentemente a questo mandato, la Fondazione svolge attività di ricerca e promozione culturale e scientifica in quattro principali aree d’intervento: Istituzioni e società; Economia e società; Comunità e società; Arte, architettura e urbanistica. Sin dalla sua costituzione, la strada che la Fondazione percorre è diretta verso l’impiego di un patrimonio culturale complesso e di enorme valore civile e scientifico come uno strumento creativo, e non solo commemorativo, per interpretare le sfide della società contemporanea. Un’azione che la Fondazione porta avanti con il rigore e la passione riformatrice che hanno contraddistinto l’esperienza olivettiana, e con lo sguardo rivolto alle sperimentazioni più vive e indipendenti della cultura mondiale. Abbiamo sempre preferito che fossero i momenti vivi dell’opera di Adriano Olivetti a costituire la suggestione per iniziative che celebrassero quell’esperienza riformulandone in contesti attuali i tratti più significativi. Una scelta coerente con la natura riformatrice del progetto comunitario che ci obbliga, per vocazione Adriano Olivetti con la figlia Laura nel 1955. Adriano Olivetti with his daughter Laura in 1955. 200 DALLA “SUISSE” Adriano Olivetti Foundation Adriano Olivetti’s intriguing idea of State did not die with him. Since 1962, the foundation bearing his name has aimed at protecting the memory and developing his social, political and civil commitment in the direction he desired. This activity of cultural and scientific promotion offers different areas of intervention: institutions, economy, art, architecture, city planning. The hands-on work includes organizing conventions, seminars, and exhibitions but also stimulating academic and scientific research which has an extensive archive at its disposal in the two offices in Rome and Ivrea. Fondazione Adriano Olivetti di Roma Associazione Archivio Storico Olivetti di Ivrea Left: Adriano Olivetti’s rally at the Adriano Theatre in Rome on March 27, 1958 prior to the political elections in May 1958. Right: outside the Ivrea premises of the Adriano Olivetti Foundation. Below: Adriano Olivetti engrossed in reading in front of the vast library in his Ivrea house in Villa Belliboschi. e per mandato statutario, a interpretare con dedizione e operosità la memoria di una storia ricca di cultura e, soprattutto, ricca di risorse e competenze per la società italiana attuale e non solo. In ragione di ciò, e all’interno degli ambiti d’intervento che connotano la sua azione, la Fondazione organizza e sostiene studi e ricerche, incoraggia e coordina convegni e seminari, cura e allestisce mostre, in collaborazione con altre istituzioni filantropiche o con enti pubblici e privati, in Italia e all’estero. Tra le prerogative principali che contraddistinguono la Fondazione c’è anche la promozione di attività di ricerca accademica e scientifica, in particolare di quegli studi che hanno per oggetto, come è ovvio, la vicenda imprenditoriale, culturale e politica di Adriano Olivetti. Tra la sede di Roma e quella di Ivrea, aperta nel 2008 e ospitata nell’ultima casa di Adriano Olivetti, sono a disposizione di ricercatori italiani e stranieri apparati documentari organizzati tra un grande archivio, cartaceo e multimediale, e una ricca biblioteca di oltre 10.000 volumi, entrambi dichiarati di rilevante interesse storico dal Ministero per i Beni e le Attività culturali italiano. L’archivio, suddiviso in diversi fondi, raccoglie, tra le altre cose: la corrispondenza aziendale e privata di Camillo Olivetti, quella particolarmente ricca di Adriano e quella di altri membri della famiglia Olivetti; l’archivio del Movimento Comunità e delle Edizioni di Comunità, il movimento politico e la casa editrice che Adriano Olivetti costituì tra il 1946 e il 1947; gli archivi personali di Ludovico Quaroni e Georges Friedrich Friedmann; infine l’archivio che testimonia i cinquant’anni di attività della stessa Fondazione. Nella sede di Roma sono ospitate: le biblioteche personali di Camillo e Adriano Olivetti, di grande rilevanza culturale tanto per la qualità delle pubblicazioni che per l’ampiezza di interessi scientifici e culturali che esprimono; la raccolta completa delle “Edizioni di Comunità” e della rivista “Comunità”; la collezione completa di tutte le pubblicazioni della Fondazione dal 1962 a oggi e dei Quaderni della Fondazione. La biblioteca della Fondazione raccoglie, inoltre, tutte le pubblicazioni e i lavo- ri accademici che hanno come oggetto la figura di Adriano Olivetti e la storia della Società Olivetti, costituendo, di fatto, un centro di documentazione unico. La Fondazione si avvale di un’attività editoriale che si realizza attraverso le “Edizioni di Comunità”, con la tradizionale serie dei Quaderni della Fondazione e in collaborazione con altre case editrici. Dal 2008 è stato inoltre lanciato il progetto della Collana Intangibili, un impegno editoriale di diffusione prevalentemente digitale. La Fondazione è tra i primi membri dell’European Foundation Center e durante i cinquanta anni della sua storia, che la rendono uno tra i più longevi istituti di questo tipo in Italia, ha promosso e collaborato a progetti e campagne di studio e di ricerca insieme con le principali Fondazioni europee e americane, nel solco di una tradizione di collaborazione e identità che ha fatto della vicenda di Adriano Olivetti un esempio di impegno autentico e rigoroso per la promozione della filantropia non solo in Italia ma anche all’estero. Associazione Archivio Storico Olivetti di Ivrea A sinistra: comizio di Adriano Olivetti al Teatro Adriano a Roma il 27 marzo 1958 in vista delle elezioni politiche del maggio 1958. A destra: esterno della sede di Ivrea della Fondazione Adriano Olivetti. In basso: Adriano Olivetti immerso nella lettura davanti alla ricca libreria nella sua casa di Ivrea a Villa Belliboschi. Fondazione Adriano Olivetti Via Giuseppe Zanardelli, 34 00186 Roma Tel. +39.06.6834016 www.fondazioneadrianolivetti.it Club Amici della Fondazione Adriano Olivetti [email protected] DALLA “SUISSE” 201 Acqua del Burkina Testo e foto di WAIDER VOLTA Vicedirettore Co.Ba.Po. Consorzio Banche Popolari 29 dicembre 2010. Inaugurazione e benedizione del pozzo di acqua potabile di Sourgubilà, donato dalle banche Co.Ba.Po. e clienti. U na mamma che non fa piangere troppo a lungo il proprio figlio è una donna molto apprezzata nella tribù burkina dei “Peul”. L’avevo già percepito in un precedente viaggio ma non ci avevo fatto caso; ora che ho l’occasione di un viag29th December 2010. gio diverso, noto che raramente i Inauguration and bambini burkina piangono, pur tra blessing of the well grandi difficoltà oggettive: malatfor drinking water tie, fame, malnutrizione, mancanin Sourgubilà, za di alcune cose in una pur semdonated by the Co.Ba.Po. banks and plice e povera vita quotidiana. Incontro, nell’ambito di un clients. piccolo progetto di cooperazione umanitaria, alcune situazioni difficili, altre invece che lasciano un po’ di speranza per un futuro migliore alla gente più povera. Un orfanotrofio che accoglie sedici bambini da zero a quattro anni ci invita a fare un piccolo intervento; NOTIZIARIO le condizioni igieniche appaiono al limite. Alcuni piccoli “gattonano” Cronache tra sporco ambientale e “proprio” ma le educatrici sono ben curate. aziendali Water in Burkina In this part of the world, water is definitely the greatest asset; when a new well arrives in the area of Boussé, it is literally a gift from the heavens and solidarity. Many other evils threaten this frontier land: malaria, tuberculosis and AIDS. The members of the association APDPK do what they can, having to offer help an area with 60,000 inhabitants. Films are shown to raise awareness on sexually transmittable diseases. The other “evils” include the condition of the Burkinabé, the mole-like men who work in the goldmines: narrow shafts, up to 50 metres deep, without ventilation and which risk suddenly collapsing. But this does not dampen the enthusiasm that they show with singing and dancing during the celebration of the Mass. 202 CRONACHE AZIENDALI Al suono di una nostra fisarmonica, come d’incanto i piccoli si risvegliano dalla atonicità nella quale li avevamo trovati. Stiamo con loro. Rientrando in jeep all’albergo mi riprendo un po’ pensando alla visita di ieri, all’anziano di molti villaggi, il saggio che dirime per migliaia di persone le questioni più ingarbugliate: matrimoni difficili, bestiame malvenduto, situazioni educative contrastanti. Naaba Bulga, così si chiama il capo, mi ha voluto incontrare subito dopo aver inaugurato il pozzo di acqua potabile che i giovani clienti delle banche popolari CoBaPo hanno reso possibile inviando quote di loro risparmio. Il pozzo di Sourgubilà ora pompa fuori da molte decine di metri sotto terra una fresca e limpida acqua che molti di noi bevono dalle mani “a coppa”. «Quella parte di territorio – dice Naaba – ne aveva davvero bisogno e io vi ringrazio a nome della mia gente!». Detto fatto ed ecco che spunta un aiutante con una bella e giovane capra, dono di gran pregio, quale ringraziamento! (la capra la aggiungerò, quale settimo ospite, al piccolo gregge dei monaci di Bissighin). Il due di gennaio lo passo con alcuni membri dell’associazione burkina APDPK che portano avanti i progetti di educazione sanitaria nella zona di Boussé a occidente di Uagà. Incontro gruppi di lavoro preparati sui tre grandi mali che affliggono il Burkina: la malaria, la Tbc, l’Aids. Gli operatori burkina servono un territorio di 60.000 persone su 84 villaggi, molti dei quali difficili da raggiungere sia fisicamente sia culturalmente; in ogni villaggio cercano prima il contatto con i maggiori referenti, e una volta informati e formati questi, allora per imitazione ed “accettazione” è possibile allargare alla popolazione. Una veduta della struttura del pozzo la cui pompa a mano “India Mark II” pesca a circa 50 metri sotto il suolo. La sera siamo invitati in un villaggio rurale sparso a 15 km da Boussé ove vicino ad una casa di agricoltori, di fango e paglia ma ampia, sono state portate in un largo spazio, sotto un albero di karité, una ventina di panchine, un piccolo generatore di corrente, un proiettore e, trovati due alti bastoni, tra essi viene teso un telo bianco, dove verso le 19,30 tra il buio più pesto (qui il sole scende di colpo), l’APDPK proietta due cortometraggi: l’uno su come cercare di prevenire le malattie sessuali, l’altro su come portare assistenza emozionale e sociale ai malati di Aids, altrimenti emarginati. Poi, sempre al buio, per noi squarciato dalla debole luce di una lampada a petrolio, la maggiore delle quattro figlie del contadino passa con un secchio d’acqua per le mani; quindi ci viene offerta su un piatto di lamiera battuta la cena con spaghetti e pezzetti di pollo e semi di arachidi e un po’ di brakina, una birra locale. Nelle miniere “di oro” di Kòva a 280 km a nord di Uagà al confine con Mali e Niger, trecento “uomini talpa”, burkinabé, nigeriani e del Mali, scavano buchi sotto terra profondi fino a 50 m e larghi 1 per 1,50 m! Un tizio ha affittato il terreno, e a chiunque scava qui garantisce da mangiare ogni giorno e, se trovano oro, due terzi vanno a lui e un terzo agli operai. Lavorano ad ogni scavo in gruppi di cinque persone. Credo che nemmeno mille anni fa si facessero buchi in tal maniera e così pericolosi. Provano a ventilare il pozzo con vecchi sacchi di plastica nera cuciti come tubi. L’uomo che è giù scava, alla luce di una torcia legata alla tempia, e ogni tanto manda su due o tre sacchi di terriccio e roccia, agganciati ad una corda e carrucolati in superficie. Poi, sopra, un ragazzino seduto per terra, pesta in un mortaio tutto il mateA view of the structure of the well, riale che, fine fine, sarà setacciato with a “India Mark II” con l’acqua. hand pump that Tra le buche passano due draws water from persone su una moto gialla. «Quelabout 50 metres below ground level. li – dice una talpa – hanno trovato una buona vena alcuni mesi fa». Il resto è girone dantesco. È domenica tre gennaio e in Burkina viene celebrata la messa in moré alle sette e in francese alle nove: sono 120 minuti (o anche 180) di energia pura e canti e ritmi e momenti di danza! La carica dei tamburi (unici A sinistra: una famiglia locale posa strumenti della messa moré) e davanti al pozzo. delle trombe è quasi coperta dai Anche la Bps ha vari cori quando tutti assieme si contribuito alla sua fondono; poi la gente si prende per costruzione. mano e si muove con lento ritmo A destra: l’autore dell’articolo con don con le braccia che a volte si alzano al cielo diritte e altre in modo onJoseph Sambieni, responsabile della dulatorio di lato. Per alcune volte Zona di S. Augustin sono costretto a deglutire per de Bissighin. “chiudere” un po’ le orecchie, tanto è forte il timbro, bellissimo, On the left: a local family poses in front delle voci dietro di me. Poi, non un fiato quando, duof the well. The Bps also contributed to rante la predica, il prete burkinabé building it. chiede ai fedeli, duemila persone, On the right: the se la loro vita è significante, se la author of the article loro vita ha uno scopo! «Che senwith Don Joseph so gli state dando?». Resto colpito Sambieni, responsible dalla dimensione di tale domanda, for the area of in pieno e arido Sahel. Buongiorno St. Augustin de Africa! Bissighin. CRONACHE AZIENDALI 203 FAT T I D I CASA NOSTRA di ITALO SPINI con la collaborazione di APERTURE DI FILIALI Opening of branches AGENZIA DI CHIAVARI Il 3 dicembre 2010 ha preso avvio l’agenzia di Chiavari, provincia di Genova, piazza Nostra Signora dell’Orto n. 42/B, angolo via Doria. È la seconda unità della banca in Liguria (l’altra è l’agenzia di Genova aperta tre anni or sono), regione che si affaccia sul mare ed è vicina alla Lombardia, dov’è insediata la maggior parte delle nostre dipendenze. Chiavari conta quasi 28 mila abitanti e si trova nel cuore del Golfo del Tigullio, a poco più di quaranta chilometri di distanza dal capoluogo regionale. È un importante centro balneare, ricco di storia, con uffici privati e pubblici, tra cui il tribunale, e con sede vescovile. Alle straordinarie bellezze naturali si aggiungono un rinomato porto turistico e, in numero copioso, chiese, monumenti e antichi palazzi di pregio. L’economia di Chiavari si basa sui commerci e soprattutto, data la posizione e la conformazione del territorio, sul turismo, per cui numerosi sono gli alberghi, le seconde case, i ristoranti, i negozi e le trattorie presenti. AGENZIA DI CIAMPINO Il 6 dicembre 2010 è stata la volta dell’agenzia di Ciampino, con ubicazione nel centrale viale del Lavoro n. 56. La banca, con questa unità, è presente nella zona sud-est della capitale con quattro dipendenze (le altre sono Grottaferrata, Frascati e Genzano), il che dimostra il nostro crescente interesse non solo per Roma, ma anche per i centri a essa vicini. Ciampino è un centro del Lazio con 38.500 abitanti ed è situato nell’area metropolitana capitolina oltre il grande raccord o anulare, in 204 CRONACHE AZIENDALI MAURA POLONI direzione dei Colli Romani. La cittadina è dotata di aeroporto, che dà lavoro e favorisce movimento di persone e di denaro, ed è servita da diverse linee ferroviarie e da un sistema viario soddisfacente. Vi sono monumenti, palazzi e ville d’epoca, castelli, fortificazioni e numerosi resti archeologici, che attirano visitatori in gran numero. Imprese artigianali e commerciali, perlopiù di dimensioni piccole e medie, danno vita a un sistema di produzione e commercio di buon livello. AGENZIA N. 1 DI SEREGNO E CONTESTUALE TRASFERIMENTO DELLA SUCCURSALE Con decorrenza 6 dicembre 2010 la succursale di Seregno è stata trasferita da via Formenti n. 5 a via Cavour n. 84; e gli uffici lasciati liberi sono stati occupati dall’agenzia n. 1 di Seregno, aperta nello stesso giorno. Il rafforzamento, dopo 23 anni dal primo insediamento, è stato voluto per meglio presidiare la piazza, una piazza notoriamente vivace e dinamica. Seregno, 23 mila abitanti, vanta monumenti ed edifici storici, come Villa Odescalchi, Palazzo Landriani Caponaghi, Torre Barbarossa, a cui si aggiungono diverse chiese di interesse artistico. Quanto alla viabilità, la cittadina è sfiorata dall’importante superstrada statale n. 36 Lecco-Milano e comprende uno snodo ferroviario con le tratte MilanoComo-Chiasso, Seregno-Carnate-Bergamo e NovaraSaronno-Seregno. Ci troviamo nella parte meridionale della laboriosa Brianza, centro per antonomasia del mobile, dell’artigianato, del lavoro, del progresso. AGENZIA DI ROVERETO Dicembre è notoriamente il mese di aperture. Il giorno 13 è stata la volta dell’agenzia di Rovereto, ubicata in corso Antonio Rosmini n. 68, angolo via Fontana. Rovereto, oltre 37 mila abitanti, è un rinomato centro culturale del Trentino, che vanta un grande museo di arte contemporanea, denominato MART, e altri musei minori. Un’imponente campana, detta Campana dei Caduti o “Maria Dolens”, realizzata con la fusione del bronzo di cannoni usati nella Prima Guerra mondiale, è presente sul Colle di Miravalle e i suoi cento rintocchi quotidiani ricordano i Caduti di tutte le guerre, invitando alla pace. Vari monumenti, palazzi di pregio, numerose chiese e santuari abbelliscono la cittadina. Il tutto contribuisce a richiamare turisti in gran numero. Di un certo rilievo sono le attività industriali, che ineriscono ai settori metalmeccanico, chimico, tessile, alimentare, elettronico e della lavorazione del legno. La viticoltura è praticata con soddisfazione e l’artigianato e il commercio sono ben sviluppati. Rovereto è ricca di storia e, tra le tante personalità legate alla stessa, piace ricordare due patrioti, i cui nomi ricorrono spesso nella denominazione di vie e piazze di città italiane: Damiano Chiesa e Fabio Filzi. AGENZIA DI CORTE FRANCA Il 27 dicembre ha aperto al pubblico l’agenzia di Corte Franca, provincia di Brescia, via Seradina n. 7. Il paese, fondato nel 1928 per fusione dei piccoli centri di Borgonato, Colombaro, Nigoline e Timoline, conta circa settemila abitanti ed è situato in collina, a sud del lago d’Iseo. Il territorio è ben conservato e alla coltura dei prati, che tra l’altro valorizzano il paesaggio già ridente di per sé, si affianca quella di viti di pregio, dalle cui uve si producono vini, rinomati pure a livello internazionale. Teniamo presente che ci troviamo nella zona della Franciacorta, famosa per la vitivinicoltura. L’economia locale, oltre alla commercializzazione di vino, può contare su un turismo abbastanza sviluppato, su alcune attività industriali e sul terziario. AGENZIA DI LEGNANO L’apertura dell’agenzia di Legnano, provincia di Milano, è avvenuta il 28 dicembre, con ubicazione nel centrale corso Garibaldi n. 71. Siamo in un comune dell’Alto Milanese di 58 mila abitanti, a circa 20 chilometri dal capoluogo di provincia, attraversato dal fiume Olona, tristemente noto per l’inquinamento. Il nome di “Legnano” ricorre, tra l’altro, nell’inno nazionale, quale elemento di unità e di forza. E questo, nel ricordo dell’omonima nota battaglia, combattuta eroicamente nel 1176 – e con successo – dai Comuni dell’Italia settentrionale, unitisi per la circostanza nella storica Lega Lombarda sotto il simbolo del “Carroccio”, contro l’imperatore Federico Barbarossa del Sacro Romano Impero. Diverse le edificazioni di interesse: chiese, palazzi d’epoca, monumenti, a cui si aggiungono parchi naturali. L’imprenditoria è ben sviluppata ed è appannaggio di molteplici piccole e medie aziende. I servizi sono di qualità e in continuo sviluppo. Un buon numero di legnanesi, non trovando occupazione in loco, è soggetto al cosiddetto pendolarismo quotidiano, soprattutto verso la metropoli milanese. SUCCURSALE DI VERONA L’ultimo giorno del 2010 è stata avviata la succursale di Verona, corso Cavour n. 45, nostra seconda dipendenza veneta (la prima è Peschiera del Garda). Il Veneto è una laboriosissima regione contigua alla Lombardia e pertanto, per la banca, è un territorio di naturale espansione, di sicuro interesse. Verona è situata allo sbocco della valle dell’Adige e conta 270 mila abitanti. È nota in tutto il mondo per le fiere e le manifestazioni culturali, a iniziare da quelle che si svolgono all’aperto nell’Arena, ma non solo. È una città d’arte con monumenti romani, medievali, gotici e rinascimentali. Il centro storico è stato dichiarato CRONACHE AZIENDALI 205 dall’Unesco “Patrimonio mondiale dell’umanità”. Il tutto richiama flussi turistici per circa tre milioni di persone ogni anno. Le vie di comunicazione abbracciano due grandi direttrici: una, padana, trasversale – Torino-Milano-Venezia-Trieste – e l’altra, transalpina, longitudinale – Roma-Bologna-Brennero-Monaco di Baviera. Merita di essere ricordato il prestigioso interporto, che è il più grande d’Italia. Floridissimo il commercio di prodotti vitivinicoli e agroalimentari in genere, anche verso l’estero. Molte le imprese industriali in vari settori: della carta, dell’editoria, meccaniche, chimiche, alimentari, manifatturiere... Ben sviluppati i comparti dell’informatica e delle telecomunicazioni. FILIALE DI SAMEDAN DELLA CONTROLLATA BANCA POPOLARE DI SONDRIO (SUISSE) SA Il 21 febbraio 2011 la controllata svizzera ha aperto la filiale di Samedan, Piazzet n. 21. Con questa unità la BPS (SUISSE), che è la banca svizzera di matrice italiana con la maggiore diffusione territoriale, conta 23 dipendenze: 22 dislocate in 6 Cantoni (Grigioni, Ticino, Basilea, Zurigo, Berna e San Gallo) e una nel Principato di Monaco. Samedan ha quasi tremila abitanti e si trova nel Cantone dei Grigioni, in Alta Engadina, sulla sponda sinistra dell’Inn. Ci troviamo in una località rinomata per le bellezze naturali e conseguentemente per il buon flusso turistico. Nell’economia locale rivestono un ruolo di rilievo i molteplici insediamenti produttivi, costituiti da aziende di piccola dimensione, soprattutto a carattere artigianale. Valorizzano Samedan la presenza di un aeroporto, che serve anche i paesi circonvicini, e una qualificata struttura ospedaliera di considerevoli dimensioni. AGENZIA DI AOSTA L’ultimo giorno di febbraio 2011 è stata avviata l’agenzia di Aosta, con ubicazione nel centrale corso Battaglione Aosta n. 79. È il primo insediamento della banca nella regione autonoma valdostana ed è stato scelto il capoluogo, essendo il centro più significativo della regione. Aosta conta 35 mila abitanti, cui si aggiungono oltre 20 mila residenti nei comuni vicini, costituendo, il tutto, un unico agglomerato che comprende la metà della popolazione dell’intera Valle. Di Aosta numerose sono le testimonianze, giunte fino a noi, degli antichi Romani transitati di lì durante la conquista e la dominazione delle Gallie, a iniziare dal nome ancor oggi talvolta usato di Augusta Praetoria Salassorum, e anche per dei tratti di strade di loro realizzazione, per dei monumenti dell’epoca ben conservati nel tempo e così via. Di queste vestigia parla pure Giosuè Carducci nell’autorevole ode patriottica Piemonte, con poche, appropriate parole: «...la vecchia Aosta di cesaree mura ammantellata, che nel varco alpino eleva sopra i barbari manieri l’arco d’Augusto...». Nella città sono concentrate le attività amministrative regionali, il che, trovandoci in una regione a statuto speciale, riveste non poca importanza, tanto dal punto di vista economico quanto da quello politico. Dodicimila piccole e piccolissime imprese sono attive nell’artigianato, nell’agricoltura, nel commercio e nel turismo, settore quest’ultimo in costante crescita. È MORTO IL PROFESSOR TOMMASO PADOA SCHIOPPA Professor Tommaso Padoa Schioppa has passed away Il 18 dicembre 2010 è morto a Roma il professor Tommaso Padoa Schioppa, economista di fama, fervente europeista e uno dei padri della moneta unica. Nato nel luglio 1940 a Belluno, si era laureato presso 206 CRONACHE AZIENDALI Il professor Tommaso Padoa Schioppa CONFERENZA DI SUA EMINENZA IL CARDINALE GIANFRANCO RAVASI l’Università Luigi Bocconi di Milano in economia e commercio. Il suo curriculum vitae è vasto e coronato di successi di spessore. Tra i tanti incarichi ricoperti, vi sono quello dal ’79 all’83 di direttore generale per l’Economia e la Finanza dell’Unione Europea e quello immediatamente successivo (dal 1984 al 1997) di vice direttore generale della Banca d’Italia. Dal ’97 al ’98 era stato presidente della Consob e successivamente, fino al 2006, aveva fatto parte del Comitato Esecutivo della Banca Centrale Europea. Nel 2006 era divenuto ministro dell’Economia e delle Finanze come tecnico indipendente e nel 2007 era stato nominato presidente del Comitato Monetario e Finanziario Internazionale del FMI (Fondo Monetario Internazionale). Il professor Tommaso Padoa Schioppa ha pure scritto vari libri di economia. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ricordando Padoa Schioppa, ha affermato che è stato «...un grande servitore dello Stato e dell’interesse pubblico. In tutte le alte funzioni dove è stato chiamato in Italia e in Europa ha lasciato l’impronta del suo eccezionale talento, della sua preziosa professionalità e della sua integrità». Sono espressioni che fotografano il rigore morale, la preparazione e le capacità non comuni del personaggio. Piace ricordare la sua attenzione e vicinanza a questa Popolare, concretatasi con la sua venuta nella nostra banca a Sondrio del 21 aprile 1995, quand’era vice direttore generale della Banca Centrale. Egli, nella circostanza, aveva tenuto un’indimenticabile conferenza sul tema “Mercati finanziari tra pubblico e privato”. Il testo fu integralmente pubblicato sul nostro Notiziario di dicembre di quell’anno. Il ciclo delle nostre conferenze del 2010 si è chiuso con il cardinale Gianfranco Ravasi, il quale mercoledì 22 dicembre ha intrattenuto un foltissimo pubblico nella nostra Sala Besta sul tema “Fede e scienza”. È stata la sua nona conferenza presso di noi, la prima nella sua eminente veste di porporato. Fede e scienza sono sentimenti e idee forti che si possono prestare a contrapposizioni e scontri tra credenti e non credenti. Al fine di facilitare il dialogo fra i diversi pensatori, Il cardinale Gianfranco Ravasi, per volere del Santo Padre, in Vaticano si è recentemenpure a nome del te costituito Il Cortile dei Gentili, struttura appartenente Papa, consegna al al Pontificio Consiglio della Cultura. Trattasi di uno signor Presidente, «...spazio di incontro e confronto attorno al tema della per il suo 80° fede, quindi come possibilità di dialogo e reciproca cocompleanno, una medaglia particolare noscenza fra il mondo dei credenti e quello dei non credenti di oggi». coniata dalla Santa Sede In passato vi era una particolare rigidità di pensiero, per cui, ad esempio, il cristiano interpretava i testi His Eminence, also biblici in senso stretto, cioè non solo quale fonte di vein the name of the rità e di insegnamenti della religione, ma anche dal Pope, gave the punto di vista scientifico; ragione per la quale il geocenChairman, for his trismo (ma non solo) non poteva essere messo in di80th birthday, a special medal minted scussione. La posizione copernicana in contrapposizione con quella tolemaica non fu indolore: Galileo Galilei by the Holy See Foto Sgualdino Olycom Lecture by His Eminence Cardinal Gianfranco Ravasi CRONACHE AZIENDALI 207 Foto Sgualdino è l’emblema della persecuzione, conseguente alla rigidità delle posizioni antitetiche e all’intolleranza. Anche oggi, sia pure sotto altre forme, ci può essere intolleranza e intransigenza fra scienziati e teologi. Ad esempio, si può verificare il caso in cui lo scienziato pretende di essere il depositario della conoscenza e della verità. Vi è poi la teoria dei due livelli, dei due magisteri: quello scientifico e quello teologico. Il primo fornisce dati, dimostrazioni, mette a punto le tecniche; il secondo offre valori, dà risposte alle problematiche dello spirito, al senso della vita, del creato, esalta il sentimento. La ricerca della verità, nata da quando esiste l’uomo, non ha scadenze, non ha fine. Gli uomini di tutti i tempi hanno speso fior di energie alla ricerca della verità, che è complessa e anche misteriosa. Lo scienziato autentico è diverso dal tecnico bieco ed è quello che, come i bambini, pone in continuazione domande. Analogamente è per il teologo vero. La vita è cercare, interrogarsi, osservare, scoprire. Scienziati e teologi devono collaborare, parlarsi, riflettere e rispettare le posizioni di ciascuno. È bene che teologi e scienziati si impongano dei limiti dettati dalla coscienza, operino in piena libertà e senza condizionamenti, e, pur rimanendo sulle rispettive posizioni, non si pongano in conflitto fra di loro. La fede, la filosofia, la poesia danno un apporto, più o meno marcato, anche alla scienza; e viceversa. Nel confronto costruttivo si avvantaggiano la conoscenza, la verità. Al termine della straordinaria elocuzione, Sua Eminenza, pure a nome del Papa, ha donato al presidente cavaliere del lavoro Piero Melazzini, per il suo ottantesimo compleanno e in segno di ammirazione per il suo impegno anche nel settore culturale, una medaglia particolare, coniata dalla Santa Sede in occasione di un incontro nella Cappella Sistina fra il Sommo Pontefice e trecento artisti. 208 CRONACHE AZIENDALI Un foltissimo pubblico segue con particolare attenzione la dotta conferenza del cardinale di recente nomina Gianfranco Ravasi A large audience follows very attentively the erudite lecture by the recently appointed Cardinal, Gianfranco Ravasi Il dottor Giovanni Carlo Massera È MORTO IL DOTTOR GIOVANNI CARLO MASSERA Dr. Giovanni Carlo Massera has passed away Il 22 gennaio 2011, poco dopo mezzanotte, è improvvisamente venuto a mancare il dottor Giovanni Carlo Massera, maestro del lavoro, dipendente in quiescenza della banca. Nato il 27 novembre 1943, laureato in economia e commercio presso l’Università Commerciale Luigi Bocconi di Milano, era stato assunto in “Popolare” nel dicembre del 1970 e assegnato al Servizio crediti. Ha percorso i vari gradini della carriera fino a divenire responsabile dello stesso Servizio e a ricoprire, dal gennaio 1998 al 31 dicembre 2007, data di cessazione dal CONFERENZA DEL PROFESSOR GUIDO TABELLINI Lecture by Professor Guido Tabellini Ha aperto il ciclo delle nostre conferenze del 2011 il professor Guido Tabellini, magnifico rettore dell’Università Commerciale Luigi Bocconi di Milano, alla presenza di un folto uditorio. Tema dell’incontro: “Quale futuro per l’economia in Europa”. La grave crisi in atto da qualche anno durerà ancora parecchio e la normalità arriverà non prima di ottodieci anni o più. Siamo comunque entrati in una fase di ripresa, più marcata (circa il 4%) nei Paesi emergenti, Foto Sgualdino Il professor Guido Tabellini cioè Cina, India e altri, a seguire gli Stati Uniti, gli Stati dell’area euro, tra cui, fanalino di coda, l’Italia con circa l’1%. Le nazioni con economie avanzate fanno più fatica delle altre a rimettersi in cammino, in quanto hanno sulle spalle debiti sovrani in eccesso. Le economie emergenti sono un fenomeno epocale, dovuto a repentina trasformazione storica e destinato a continuare per qualche decennio, magari (ma non è detto) con minori performance. La ripresa potrebbe essere più veloce del previsto. La Germania è riuscita ad agganciare le recenti opportunità di crescita; non altrettanto – sia pure con delle eccezioni riconducibili a talune regioni e a qualche impresa – l’Italia, gravata com’è da un debito sovrano Foto Sgualdino rapporto di lavoro dipendente, la prestigiosa carica di vice direttore generale. Il dottor Massera ha dato il suo prezioso apporto all’azienda, in qualità di consulente, anche dopo il pensionamento e fino al decesso. È venuto al lavoro per l’ultima volta il 20 gennaio. Persona riservata, preparata e scrupolosa, ha svolto le incombenze – e le sue erano delicate e di peso – sempre con correttezza e diligenza. Era un uomo di stile, fine nel porsi, gentile con l’interlocutore, fosse questi collaboratore, cliente e no. Mai scontroso, mai una parola sopra le righe, mai infastidito da situazioni, quand’anche spiacevoli, difficili: una persona equilibrata, dabbene. Il dottor Massera ha lasciato negli stretti familiari e altri parenti, nel vertice aziendale, nei dipendenti della “Sondrio” – e altresì in tutti quelli che lo hanno conosciuto a vario titolo – un vuoto, uno smarrimento, un caro ricordo di bontà e serietà. CRONACHE AZIENDALI 209 elevatissimo, una vera e propria zavorra, i cui effetti negativi sono tuttavia mitigati dal risparmio elevato delle famiglie, fenomeno non riscontrabile altrove, molto salutare per l’economia nazionale e il sistema-Paese. Negli Usa il settore delle imprese è in buona forma, con bilanci sani, idonei per investire e accrescere il lavoro in un momento di ripresa, com’è l’attuale e di cui si è fatto cenno, una ripresa che però lascerà il tasso di disoccupazione invariato. Le Borse tendono a salire e gli investitori ne sono attratti e sono invogliati a spostare l’attenzione verso impieghi con più opportunità, anche se maggiormente rischiosi. I rischi attuali, come la deflazione, sono diminuiti rispetto a un anno fa. Ci sarà, per contro, maggiore inflazione, soprattutto nei Paesi emergenti, che, se mantenuta entro limiti congrui, non sarà dannosa, perché faciliterà le esportazioni. Tra i rischi per l’area euro, il più rilevante e che fa perdere fiducia, è riferito alla presenza del debito sovrano, la cui entità varia da nazione a nazione; e tra di esse, oltre all’Italia, bisogna ricordare il Belgio, la Spagna, ma ancor prima la Grecia e l’Irlanda, Paesi, questi ultimi due, che, a causa di una forte crisi interna, hanno avuto necessità di interventi comunitari sostanziosi. L’Europa non era preparata e ha tentennato nel prendere le opportune misure, con rischi per questa intempestività che avrebbero potuto portare danni incalcolabili a tutte le nazioni dell’area euro. Ora, con l’esperienza acquisita, si fa l’ipotesi di irrobustire l’apposito Fondo, a disposizione delle nazioni che si venissero a trovare in momentanea difficoltà. Si pensa altresì, per tali casi, di applicare tassi d’interesse particolarmente favorevoli. BILANCIO DELL’ESERCIZIO 2010 DELLA BANCA POPOLARE DI SONDRIO (SUISSE) SA Annual report 2010 of the Banca Popolare di Sondrio (Suisse) SA Il 14 febbraio 2011 ha avuto luogo l’assemblea annuale della partecipata Banca Popolare di Sondrio (SUISSE) SA, che ha approvato il bilancio dell’esercizio 2010, quindicesimo dalla fondazione. 210 CRONACHE AZIENDALI La controllata elvetica si è trovata a lavorare in un contesto nazionale particolare, con un franco forte e i conti in ordine, e con una curva dei tassi d’interesse prossimi allo zero. La perdurante crisi internazionale, per effetto della globalizzazione, ha influito negativamente anche per la Svizzera, a riguardo del lavoro e dello sviluppo. L’utile netto è ammontato a CHF 4.700.780, in contrazione sull’anno prima del 51,02%, risultato che non è da ritenersi insoddisfacente, in relazione alle criticità internazionali economico-finanziarie, di cui si è fatto cenno, e al perdurare, nella Confederazione, dell’appiattimento dei tassi. L’utile è stato destinato, come nei precedenti esercizi, a riserva legale generale, per cui il patrimonio si è attestato a CHF 227 milioni. La raccolta diretta è ammontata a 2.130 milioni di franchi, più 0,41% sull’anno precedente. Quella complessiva da clientela ha segnato 4.777 milioni, con un calo del 5,35%. I crediti a clientela sono stati di CHF 2.513 milioni, più 16,53%, dato importante che dimostra nei fatti la volontà della controllata di sostenere le economie locali. Il totale di bilancio si è assestato a 3.414 milioni di franchi svizzeri, più 18,83%. La parte culturale della Relazione dell’esercizio 2010 è stata dedicata a uno straordinario personaggio del secolo scorso, un industriale italiano di valore che amava la propria azienda e le persone che vi operavano, per le quali nutriva particolare attenzione, anche a scapito del profitto. Era sostenitore della cultura e della ricerca, a cui dedicava spazio e denaro. Si tratta dell’ingegner Adriano Olivetti, figlio di Camillo, fondatore dell’omonima azienda eporediese, produttrice di macchine per scrivere e da calcolo. Adriano Olivetti, rifugiatosi in Svizzera durante il secondo conflitto mondiale, al rientro in patria prende in mano le redini dell’azienda di famiglia e la porta a essere floridissima e famosa in tutto il mondo. Non si può non menzionare la realizzazione, avvenuta in quell’epoca, della celeberrima “Lettera 22”, macchina per scrivere portatile di grande successo, divenuta il simbolo per antonomasia della Olivetti. Fu, tra l’altro, la “tastiera” del giornalista Indro Montanelli, dalla quale non si separò mai. Lecture by Dr. Michele Fazioli Il dottor Michele Fazioli, giornalista della Radiotelevisione Svizzera di lingua italiana Foto Sgualdino La sera del 18 febbraio 2011 ha avuto luogo nella nostra Sala Besta a Sondrio la conferenza del dottor Michele Fazioli, giornalista della RSI – Radiotele- Dr. Michele Fazioli, visione Svizzera di lingua Italiana, sul tema “Informazio- journalist with the italian-language ne in controluce. Bellezze e insidie della rivoluzione Swiss radio and mediatica”. television Negli ultimi tempi si è vissuta una rivoluzione dell’informazione che ha mutato l’uomo, le sue abitudini. Nell’antichità il mondo era semplice, non c’era nulla, le notizie si diffondevano con il passaparola. Poi è arrivata l’epoca del cinema, degli aerei, della radio, della televisione, mezzi particolarmente veloci ed efficaci per divulgare gli accadimenti. Ultimamente si sono aggiunti i telefoni cellulari e internet, che hanno ancor più velocizzato il tutto. In cent’anni è avvenuto ciò che non si è verificato in millenni: una rivoluzione mediatica straordinaria, che i nostri antenati mai avrebbero potuto immaginare. Il tema A titolo di esempio, nei tempi andati, quando “Informazione in capitava che morisse o fosse eletto un Papa, ci vole- controluce. Bellezze gue, e – altra faccia della medaglia – fa sì che il giornae insidie della vano giorni, mesi, affinché se ne venisse a conoscenle quotidiano, un tempo mezzo principe per la diffusione rivoluzione za. Oggi si è informati ovunque e subito, e, con altretdegli accadimenti, sia superato (vecchio) già in prima mediatica” è stato tanta velocità, si può assistere a fatti lontani quel che mattinata. particolarmente si vuole, anche all’altro capo del mondo: senza essere gradito dal pubblico Siamo in presenza di una concorrenza fors’anche in piazza San Pietro, si può assistere in diretta alla esagerata da parte dei mezzi di comunicazione di masintervenuto famosa fumata bianca, inequivocabile segnale della sa. Per stare al passo con i tempi e vendere, è necesThe subject nomina di un nuovo Pontefice. Altro esempio. La scena sario essere veloci nell’acquisire le notizie e nel pubblidell’abbattimento delle Torri Gemelle newyorkesi “Information between carle. Si sa che la fretta è nemica della ponderazione, dell’11 settembre 2001 fu ripresa da telefoni cellulari the lines. The beauty della precisione, della completezza. Bisognerebbe inveand dangers of the e le tragiche immagini si diffusero nel mondo intero in ce pesare quanto si va a scrivere e non dare nulla per media revolution” pochissimi secondi. scontato, ma spiegare i fatti dall’inizio, evidenziandone was particularly Tutto questo è positivo, anche se la velocizzazione appreciated by the le cause, l’evoluzione... porta all’assuefazione, con quanto di negativo conseAltra considerazione. La gente vuole il pettegolezaudience zo, i processi in diretta TV, ama il macabro; e i giornalisti, consapevoli di questo, danno in pasto ai telespettatori, ai lettori, immagini raccapriccianti e descrizioni crude, che possono sconvolgere chi è sensibile, chi è debole. Ma, come si sente dire, non bisogna perdere telespettatori, il giornale va venduto in tante copie. E allora ci si dilunga sul male, sul trasgressivo, sui particolari scabrosi. Le notizie positive e quelle riguardanti il bene in genere, che notoriamente e per fortuna sovrasta di gran lunga il male, di solito non incrementano l’audience e non fanno piazzare più copie di giornali. Quindi se ne parla, quando lo si fa, con dei brevi cenni, con dei trafiletti collocati all’interno del giornale, in posizione defilata. Che tutto ruoti attorno al dio denaro è moralmente inaccettabile, riprovevole. CRONACHE AZIENDALI 211 Foto Sgualdino CONFERENZA DEL DOTTOR MICHELE FAZIOLI Photo Oilime ASSEGNATO ALLA BANCA IL PRESTIGIOSO PREMIO “CREATORI DI VALORE” The prestigious “Creators of Value” prize awarded to the bank La banca è rimasta aggiudicataria del premio “Creatori di Valore” come “Miglior Banca Popolare”, nell’ambito di “Milano Finanza Global Awards 2011”. È un’attestazione di rilievo, riservata alle aziende creditizie che abbiano realizzato, nell’anno di riferimento, le migliori performance patrimoniali e di efficienza. Il soggetto da premiare viene selezionato con un criterio di valutazione MF Index, indicatore che – così si legge – «...coniuga dimensioni e risultati, con l’obiettivo di individuare gli istituti che hanno saputo abbinare allo sviluppo della massa amministrata la capacità di fare cassa e generare profitti». Il prestigioso riconoscimento è la dimostrazione delle scelte oculate, operate dalla Popolare di Sondrio anno dopo anno, per effetto delle quali siamo un’azienda solida e in espansione, e i soci sono in costante crescita. È pure la comprova che il modo di operare dei dipendenti, notoriamente improntato a professionalità, impegno ed entusiasmo, è efficace e ripaga. UNITÀ D’ITALIA. INIZIATIVE ATTUATE DALLA BANCA Unity of Italy. The initiatives by the bank Olycom La banca, sensibile agli accadimenti che riguardano l’Italia, compresi quelli storici, per ricordare i 150 anni dell’Unità nazionale ha ritenuto di attuare due iniziative. La prima ha riguardato l’organizzazione, attraverso la propria biblioteca Luigi Credaro, di una mostra intitolata “Le monete e le medaglie raccontano l’Unità d’Italia”, con la collaborazione del Circolo Culturale Filatelico Numismatico Morbegnese. L’inaugurazione è avvenuta l’11 marzo 2011 a Sondrio, Lungo Mallero Armando Diaz n. 18, nei locali della biblioteca stessa, con entrata libera, e le Sulla pubblicazione visite son potute avvenire dal martedì al sabato, fino al figura l’autorevole messaggio del 30 marzo 2011, data di chiusura della mostra. presidente della L’esposizione ha riscosso notevole successo, sia Repubblica Giorgio per l’interesse suscitato dalle monete e dalle medaglie Napolitano d’epoca, sia soprattutto per lo spirito di “popolo” con il quale è stata attuata la manifestazione in un periodo di The authoritative fervore per le celebrazioni dei 150 anni dell’Unità naziomessage of Giorgio nale. Napolitano, president La seconda iniziativa ha riguardato la realizzazioof the Republic, ne di un elegante cofanetto, donato ai soci intervenuti appears on the publication in assemblea, contenente tre libri di autori della provin- 212 CRONACHE AZIENDALI cia di Sondrio, libri incentrati sugli accadimenti dell’epoca risorgimentale in Valtellina. L’uno, Sommario delle vicende politiche della Valtellina dal marzo 1848 a tutto il 1859, è di Antonio Maffei, che fu arciprete di Sondrio, storico e intellettuale vissuto nel XIX secolo. L’altro volume, intitolato Osservazioni sulla condizione presente della Valtellina, è stato scritto da Luigi Torelli (nato a Villa di Tirano nel 1810, morto a Sondrio nel 1887), patriota, politico, ministro e senatore del Regno. Il terzo libro è Il Risorgimento e la Valtellina, a cura di Franco Monteforte, giornalista, storico e intellettuale contemporaneo. A completamento dell’opera, sono pubblicati un autorevole, significativo messaggio del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e un contributo del professor Arturo Colombo, saggista delle dottrine politiche. Con quanto attuato, la Banca Popolare di Sondrio ha inteso onorare la Patria, esaltandone i vantaggi che lo stare sotto una medesima bandiera comporta nel cammino, talvolta tortuoso, della storia e nella difesa della libertà. Paolo Rossi ASSEMBLEA ORDINARIA. 5.200 SOCI (FISICAMENTE PRESENTI 3.300) IL 9 APRILE 2011 HANNO APPROVATO IL BILANCIO DELL’ESERCIZIO 2010 (140°) A LARGHISSIMA MAGGIORANZA General Shareholders Meeting 5,200 shareholders (3,300 physically present) on April 9, 2011 approved the 2010 Financial Statement (the 140th) by a wide majority Qualche dato riferito all’esercizio 2010 – Raccolta complessiva da clientela € 42.649 milioni, con un incremento del 10,24% – Raccolta diretta da clientela € 18.967 milioni, con un aumento dell’8,26% – Utile netto € 133,3 milioni, meno 30,08% – Dipendenze n. 290, più 12 rispetto al 2009 lungo per il raggiungimento della località, è stato tra l’altro compensato dalla notevole riduzione dei tempi di iscrizione ai lavori e dall’adeguata e ordinata sistemazione di tutti i soci in sala. È stato previsto – il che avviene da qualche anno a questa parte – un efficiente servizio di pullman, risultato peraltro molto gradito, tant’è che non pochi partecipanti ne hanno usufruito. Sono giunti in loco 3.300 soci – la maggior parte dei quali residenti in zone dove abbiamo sportelli e nella confinante Confederazione svizzera –, che hanno complessivamente espresso, in proprio e per rappresentanza, 5.200 voti. Alle 10.30 il presidente della banca ha aperto i I consiglieri lavori, invitando la platea ad alzarsi in piedi per la comdella banca memorazione dei soci e amici della banca venuti a The bank’s members mancare dopo l’assemblea dell’anno scorso. È una of the board sezione, quella dedicata a chi non è più, che invita a Paolo Rossi Sabato 9 aprile 2011 si è svolta l’assemblea annuale della banca a Bormio, presso il centro polifunzionale Pentagono, con inizio dei lavori alle ore 10.30. È stata prescelta, come avviene da diversi anni, la cittadina di Bormio, sia perché ci si trova in un suggestivo centro montano di villeggiatura estiva e invernale particolarmente rinomato per gli sport della neve, ma non solo, sia perché la struttura del Pentagono si caratterizza per essere un ambiente accogliente e funzionale, molto adatto per adunanze con numerosi partecipanti. Il disagio – soprattutto da parte dei provenienti da fuori della provincia di Sondrio –, dovuto al viaggio un po’ CRONACHE AZIENDALI 213 Foto Sgualdino riflettere e, in questo, vengono in soccorso intellettuali di ogni epoca, come per esempio William Shakespeare che nell’Amleto tra l’altro dice: «Morire per dormire. Nient’altro. E con quel sonno poter calmare i dolorosi battiti del cuore, e le mille offese naturali di cui è erede la carne! Quest’è una conclusione da desiderarsi devotamente. Morire per dormire. Dormire, forse sognare». Il presidente ha proseguito nella lettura della corposa relazione, omettendo – con l’unanime consenso dei soci – taluni pezzi non essenziali, al fine di velocizzare il tutto e riservare maggiore spazio agli interventi finali. È stato sottolineato come il tanto e profittevole lavoro svolto nel 2010 abbia confermato la capacità della banca di avere ritorni soddisfacenti, nonostante la crisi in atto da tempo a livello internazionale e, giocoforza, nazionale. Vi sono stati alcuni fattori che hanno però influito negativamente sul risultato dell’utile, a iniziare dalle minusvalenze dei CCT in portafoglio (in attesa che giungano a scadenza), in buona parte funzionali alle operazioni di pronti contro termine con la clientela; dallo sfavorevole andamento dei tassi di interesse, con il costo elevato della provvista per carenza di liquidità nel sistema; e da altri fattori collegati direttamente o indirettamente alla congiuntura in atto. Qualche cifra fotografa la situazione aziendale, riferita all’esercizio in esame. L’utile netto di esercizio è stato di € 133,3 milioni, meno 30,08% sull’anno prima (va considerato che quello dell’esercizio precedente fu un utile straordinariamente elevato, eccezionale, anche per motivi contingenti e irripetibili), importo che ha consentito di sottoporre all’approvazione dei soci un dividendo unitario di 0,21 euro. L’utile netto del bilancio consolidato è ammontato a 135,1 milioni, meno 32,78%. Il numero dei soci è aumentato nel 2010 di circa 5.300 unità, portandosi a oltre 168.000 (nel primo scorcio del 2011 la compagine si è ulteriormente elevata). Il significativo incremento è la dimostrazione della fiducia accordata alla Popolare di Sondrio, nonostante la disaffezione del pubblico per le borse valori e, in ge- 214 CRONACHE AZIENDALI nerale, per l’investimento in titoli, causata dalla crisi finanziaria che è divenuta un ritornello e non può non essere evocata nelle considerazioni. Oggi, ancor più che in passato, chi investe in titoli lo fa se la società a cui essi sottostanno dà garanzie in termini di solidità e di buona conduzione. Evidentemente le numerose nuove sottoscrizioni di azioni BPS provano che la Popolare di Sondrio rientra in questo paradigma e quindi rappresentano un giudizio largamente positivo. La stima per la “Sondrio” è tra l’altro riscontrabile nell’aggiudicazione alla stessa, da parte di MF - Milano Finanza, del prestigioso premio “Creatori di valore” come “Miglior Banca Popolare” per le ottime performance patrimoniali riconosciute e per la massima efficienza. L’apprezzamento è arrivato anche dal “World Payments - Report 2010”, dove si rammenta che la nostra istituzione ha saputo operare con particolare successo, ragione per la quale, nonostante le contenute dimensioni, è entrata a pieno titolo nel ristretto novero delle banche (perlopiù di caratura internazionale) di cui si avvale la Commissione Europea. La raccolta diretta da clientela ha segnato 18.967 milioni, più 8,26%; quella indiretta da clientela si è posizionata a 23.072 milioni, più 11,76%; e l’assicurativa è stata di 610 milioni, più 16,39%. La raccolta complessiva da clientela è risultata quindi di 42.649 milioni, pari a un aumento percentuale del 10,24. I crediti verso clientela si sono attestati a 18.248 milioni, corrispondenti a un incremento sull’anno precedente del 9,20%, e quelli di firma hanno sommato 3.421 milioni, più 17,99%. Le attività finanziarie, rappresentate da titoli di proprietà e derivati, sono ammontate a 3.249 milioni, meno 3,13%. Le partecipazioni sono state di 349 milioni, più 138,30% rispetto all’esercizio 2009. La buona salute della banca si è rivelata anche nell’espansione territoriale, con l’attivazione di ben 12 nuove filiali. Le località prescelte sono state: Riva del Garda, Cremona (agenzia n. 1), Erba, Brescia (agenzia n. 4), Darfo Boario Terme (agenzia n. 2), Chiavari, Seregno (agenzia n. 1), Ciampino, Rovereto, Corte Franca, Legnano e Verona. Come si può vedere, nelle aperture si è seguita la logica di rafforzamento delle località già presidiate e di prosecuzione in quelle contigue. La partecipata più importante è la Banca Popolare di Sondrio (SUISSE) SA di Lugano, istituita nel maggio 1995, che, nell’esercizio 2010, ha conseguito un utile netto di CHF 4.700.780, in contrazione sull’anno precedente del 51,02%. Il dato, a prima vista, si direbbe negativo, ma, come già detto, così non è: una delle cause del forte calo è la curva dei tassi d’interesse elvetici prossimi allo zero. Le altre “poste” sono risultate buone, secondo le aspettative. Il totale di bilancio ha cifrato 3.414 milioni di franchi svizzeri, con un incremento sull’esercizio 2009 pari al 18,83%. Giova ricordare, tra le partecipate, anche Factorit Spa, il cui controllo è stato assunto dalla banca il 29 luglio 2010. Questa società ha una posizione di spicco nel mercato nazionale della cosiddetta “fattorizzazione” ed è uno strumento molto valido per il conseguimento Foto Sgualdino The Chairman Piero Melazzini and General Manager Mario Alberto Pedranzini di sinergie. L’esercizio 2010 si è chiuso con un utile di dieci milioni di euro. Letta la corposa relazione, che è stata seguita con generale attenzione dalla vasta platea, si è aperto un ampio dibattito sul bilancio, sulle cifre, sulla situazione in genere. Sono state avanzate idee e proposte, sono stati posti diversi quesiti. Al tutto è stato risposto puntualmente ed esaurientemente. Giunti al momento delle votazioni, il bilancio è stato approvato a larghissima maggioranza. 3.300 soci al “Pentagono” 3,300 shareholders at the “Pentagono” Cariche sociali Sono risultati rieletti, per il triennio 2011-2013, i consiglieri in scadenza di mandato signori cavaliere del lavoro ragionier Piero Melazzini, cavaliere ragionier Gianluigi Bonisolo, dottor professor Miles Emilio Negri, dottor Lino Enrico Stoppani e dottor professor Paolo Biglioli. Al termine dell’assemblea, si è tenuto un Consiglio di amministrazione il quale, tra l’altro, ha confermato nella carica, per il triennio 2011-2013, il presidente e il vicepresidente in scadenza di mandato, cioè, rispettivamente, il cavaliere del lavoro ragionier Piero Melazzini e il dottor professor Miles Emilio Negri. Donato ai soci l’elegante cofanetto “Il Risorgimento e la Valtellina” È consuetudine della banca, al termine dei lavori assembleari, fare un presente a tutti i soci convenuti, in segno di riconoscenza per la vicinanza, l’attenzione e l’amicizia. Quest’anno il dono è consistito in un elegante cofanetto dal titolo “Il Risorgimento e la Valtellina”, includente tre libri che richiamano il periodo risorgimentale in provincia di Sondrio. L’opera è autorevolmente impreziosita da un elevato messaggio del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Della singolare realizzazione si dice più compiutamente in altro punto della presente rubrica, dedicato specificamente alle iniziative della banca per ricordare i 150 anni dell’Unità nazionale. Paolo Rossi Il presidente Piero Melazzini e il direttore generale Mario Alberto Pedranzini CRONACHE AZIENDALI 215 O R G A N I Z Z A Z I O N E T E R R I TO R I A L E BANCA POPOLARE DI SONDRIO PROVINCIA DI BERGAMO Società cooperativa per azioni - Fondata nel 1871 Iscritta al Registro delle Imprese di Sondrio al n. 00053810149 Iscritta all’Albo delle Banche al n. 842 Iscritta all’Albo delle Società Cooperative al n. A160536 Capogruppo del Gruppo bancario Banca Popolare di Sondrio, iscritto all’Albo dei Gruppi bancari al n. 5696.0 Aderente al Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi Codice Fiscale e Partita IVA: 00053810149 Al 31 dicembre 2010 Capitale sociale: € 924.443.955 Riserve: € 733.175.003 ALBANO SANT’ALESSANDRO via Vittorio Emanuele II 6 BERGAMO Sede, via Broseta 64/B Agenzia n. 1, via Vittore Ghislandi 4 BONATE SOTTO via Vittorio Veneto - ang. via Antonio Locatelli CARVICO via Giuseppe Verdi 1 CISANO BERGAMASCO via Giuseppe Mazzini 25 GAZZANIGA via IV Novembre 3 GRUMELLO DEL MONTE via Roma 133 OSIO SOTTO via Monte Grappa 12 ROMANO DI LOMBARDIA via Balilla 20 SARNICO via Giuseppe Garibaldi 1/C TREVIGLIO via Cesare Battisti 8/B DIREZIONE GENERALE E SEDE CENTRALE Sondrio, piazza Giuseppe Garibaldi 16 tel. 0342 528111 - fax 0342 528204 www.popso.it - [email protected] SERVIZI DISTACCATI ORGANIZZAZIONE E SISTEMI INFORMATIVI: Centro Servizi “F. Morani” - via Ranée 511/1 Berbenno di Valtellina (So) - fraz. San Pietro INTERNAZIONALE: lungo Mallero Luigi Cadorna 24, Sondrio COMMERCIALE, ENTI E TESORERIE, ECONOMATO, TECNICO, PREVENZIONE E SICUREZZA: corso Vittorio Veneto 7, Sondrio SPORTELLI PROVINCIA DI SONDRIO ALBOSAGGIA via al Porto 11 tel. 0342 APRICA corso Roma 140 tel. 0342 ARDENNO via Libertà tel. 0342 BERBENNO DI VALTELLINA - fraz. San Pietro via Nazionale Ovest 84 tel. 0342 BORMIO via Roma 131 - ang. via don Evaristo Peccedi tel. 0342 BORMIO: Agenzia n. 1, Via Roma 64 tel. 0342 CAMPODOLCINO via Corti 67 tel. 0343 CEPINA VALDISOTTO via Roma 13/E tel. 0342 CHIAVENNA via Francesco e Giovanni Dolzino 67 tel. 0343 CHIESA IN VALMALENCO via Roma 138 tel. 0342 CHIURO via Stelvio 8 tel. 0342 COLORINA via Roma 84 tel. 0342 COSIO VALTELLINO - fraz Regoledo via Roma 7 tel. 0342 DELEBIO piazza San Carpoforo 7/9 tel. 0342 DUBINO via Spluga 83 tel. 0342 GORDONA via Scogli 9 tel. 0343 GROSIO via Roma 67 tel. 0342 GROSOTTO via Statale 73 tel. 0342 ISOLACCIA VALDIDENTRO via Nazionale 31 tel. 0342 LANZADA via Palù 388 tel. 0342 LIVIGNO via Sant’Antoni 135 tel. 0342 LIVIGNO: Agenzia n. 1, via Saroch 160 tel. 0342 MADESIMO via Giosuè Carducci 3 tel. 0343 MADONNA DI TIRANO piazza Basilica 55 tel. 0342 MAZZO DI VALTELLINA via Santo Stefano 18 tel. 0342 MONTAGNA IN VALTELLINA via Stelvio 336 tel. 0342 MORBEGNO piazza Caduti per la Libertà 7 tel. 0342 MORBEGNO: Agenzia n. 1, via V Alpini 172 tel. 0342 NOVATE MEZZOLA via Roma 13 tel. 0343 PASSO DELLO STELVIO tel. 0342 PIANTEDO via Colico 43 tel. 0342 PONTE IN VALTELLINA piazza della Vittoria 1 tel. 0342 SAMOLACO - fraz. Era, via Trivulzia 28 tel. 0343 SAN CASSIANO VALCHIAVENNA via Spluga 108 tel. 0343 SAN NICOLÒ VALFURVA via San Nicolò 96 tel. 0342 SEMOGO VALDIDENTRO via Cima Piazzi 28 tel. 0342 SONDALO via Dr. Ausonio Zubiani 2 tel. 0342 SONDRIO Sede, piazza Giuseppe Garibaldi 16 tel. 0342 Agenzia n. 1, via Bernina 1 tel. 0342 Agenzia n. 2, via Tomaso Nani 32 tel. 0342 Agenzia n. 3, Ingresso Ospedale Civile - via Stelvio 25 tel. 0342 Agenzia n. 4, piazzale Giovanni Bertacchi 57 tel. 0342 Agenzia n. 5, Galleria Campello 2 tel. 0342 Agenzia n. 6, via Giacinto Sertorelli 2 tel. 0342 TALAMONA via Don Giuseppe Cusini 83/A tel. 0342 TEGLIO piazza Santa Eufemia 2 tel. 0342 TIRANO piazza Cavour 20 tel. 0342 TRAONA via Valeriana 88/A tel. 0342 TRESENDA DI TEGLIO via Nazionale 57 tel. 0342 VILLA DI CHIAVENNA via Roma 38 tel. 0343 VILLA DI TIRANO traversa Foppa 25 tel. 0342 512178 746098 660440 492115 910019 913071 50544 951103 32202 451141 483957 598074 638053 696032 687440 42389 848063 887001 921303 454021 996192 997656 56019 702552 860090 210345 613257 615040 63001 904534 683140 482201 38165 20252 946001 921233 801150 528111 210949 210152 216071 567256 212517 510191 670722 781301 702533 653171 735300 40490 701145 tel. 035 4521158 tel. tel. 035 4370111 035 234075 tel. tel. 035 035 995989 790952 tel. 035 tel. 035 tel. 035 tel. 035 tel. 0363 tel. 035 tel. 0363 787615 712034 833583 881844 903658 912638 309468 PROVINCIA DI BOLZANO BOLZANO viale Amedeo Duca d’Aosta 88 Amedeo Duca D’Aosta Allee 88 tel. 0471 MERANO corso della Libertà 16 Freiheitsstrasse 16 tel. 0473 402400 239895 PROVINCIA DI BRESCIA BERZO DEMO via Nazionale 14 BIENNO via Giuseppe Fantoni 36 BRENO piazza Generale Pietro Ronchi 4 BRESCIA Sede, via Benedetto Croce 22 Agenzia n. 1, via Crocifissa di Rosa 59 Agenzia n. 2, via Solferino 61 Agenzia n. 3, viale Piave 61/A Agenzia n. 4, via Fratelli Ugoni 2 COCCAGLIO via Adelchi Negri 12 COLLEBEATO via San Francesco d’Assisi 12 CORTE FRANCA via Seradina 7 DARFO BOARIO TERME Agenzia n. 1, corso Italia 10/12 Agenzia n. 2, piazza Patrioti 2 DESENZANO DEL GARDA via Guglielmo Marconi 1/A EDOLO piazza Martiri della Libertà 16 GARDONE VAL TROMPIA via Giacomo Matteotti 300 ISEO via Roma 12/E LONATO DEL GARDA corso Giuseppe Garibaldi 59 LUMEZZANE - fraz. Sant’Apollonio via Massimo D’Azeglio 108 MANERBIO via Dante Alighieri 8 MONTICHIARI via Mantova - ang. via 3 Innocenti 74 ORZINUOVI piazza Giuseppe Garibaldi 19 OSPITALETTO via Brescia 107/109 PALAZZOLO SULL’OGLIO via Brescia 23 PISOGNE via Trento 1 PONTE DI LEGNO piazzale Europa 8 SALE MARASINO via Roma 33/35 SALÒ viale Alcide De Gasperi 13 TOSCOLANO MADERNO piazza San Marco 51 tel. 0364 tel. 0364 tel. 0364 tel. tel. tel. tel. tel. tel. tel. tel. 630328 300558 320892 030 030 030 030 030 030 030 030 29114111 3700976 3775500 364779 2807178 7703857 2511988 9884307 tel. 0364 tel. 0364 536315 799810 tel. 030 9158556 tel. 0364 770088 tel. tel. 030 8913039 030 980585 tel. 030 9131040 tel. tel. 030 8925236 030 9381117 tel. 030 9650703 tel. 030 9941518 tel. 030 643205 tel. 030 7400777 tel. 0364 880290 tel. 0364 900714 tel. 030 9820868 tel. 0365 522974 tel. 0365 548426 PROVINCIA DI COMO APPIANO GENTILE piazza della Libertà 9 AROSIO piazza Montello 1 BELLAGIO via Valassina 58 BREGNANO via Giuseppe Mazzini 22/A BULGAROGRASSO via Pietro Ferloni 2 CAMPIONE D’ITALIA piazza Roma 1/G CANTÙ via Milano 47 CANZO via Alessandro Verza 39 CARIMATE - fraz. Montesolaro piazza Lorenzo Spallino CARLAZZO via Regina 125 COMO Sede, viale Innocenzo XI 71 Agenzia n. 1, via Giorgio Giulini 12 Agenzia n. 2, via Statale per Lecco 70 - fraz. Lora Agenzia n. 3, via Asiago 25 - fraz. Tavernola Agenzia n. 4, c/o ACSM - via Vittorio Emanuele II 93 DOMASO via Statale Regina 77 DONGO piazza Virgilio Matteri 14 ERBA via Alessandro Volta 3 FINO MORNASCO via Giuseppe Garibaldi - ang. piazza Odescalchi 5 GARZENO via Roma 32 GERA LARIO via Statale Regina 14 GRAVEDONA via Dante Alighieri 20 GUANZATE via Giuseppe Garibaldi 1 tel. 031 934571 tel. 031 763730 tel. 031 952177 tel. 031 774163 tel. 031 891834 tel. 0041 91 6401020 tel. 031 3517049 tel. 031 681252 tel. 031 726061 tel. 0344 74996/89 tel. tel. 031 2769111 031 260211 tel. 031 555061 tel. 031 513930 tel. 031 242542 tel. 0344 85170 tel. 0344 81206 tel. 031 4472070 tel. 031 880795 tel. 0344 88646 tel. 0344 84380 tel. 0344 499000 tel. 031 3529036 LURAGO D’ERBA via Roma 58 MENAGGIO via Annetta e Celestino Lusardi 62 MERONE via San Girolamo Emiliani 5/C MONTORFANO via Brianza 6/B SALA COMACINA via Statale 14/A SAN FEDELE INTELVI via Provinciale 79 SAN SIRO loc. Santa Maria - via Statale Regina VILLA GUARDIA via Varesina - ang. via Monte Rosa tel. 031 698367 tel. 0344 tel. 031 tel. 031 tel. 0344 tel. 031 34128 650817 200859 57056 831944 tel. 0344 50425 tel. 031 483200 tel. 0373 80882 PROVINCIA DI CREMONA CREMA via Giuseppe Mazzini 109 CREMONA Sede, via Dante Alighieri 149/A Agenzia n. 1, piazza Antonio Stradivari 9 PANDINO via Umberto I 1/3 RIVOLTA D’ADDA via Cesare Battisti 8 tel. tel. tel. tel. 0372 416030 0372 1809100 0373 91016 0363 370661 PROVINCIA DI GENOVA CHIAVARI piazza Nostra Signora dell’Orto 42/B - ang. via Doria GENOVA via XXV Aprile 7 tel. 0185 1878300 tel. 010 5535127 PROVINCIA DI LECCO ABBADIA LARIANA via Nazionale 140/A BOSISIO PARINI via San Gaetano 4 CALOLZIOCORTE corso Europa 71/A CASATENOVO via Roma 23 COLICO via Nazionale - ang. via Sacco DERVIO via Don Ambrogio Invernizzi 2 LECCO Sede, corso Martiri della Liberazione 65 Agenzia n. 1, viale Filippo Turati 59 Agenzia n. 2, piazza XX Settembre 11 Agenzia n. 3, corso Emanuele Filiberto 104 Agenzia n. 4, viale Montegrappa 18 LOMAGNA via Milano 24 MANDELLO DEL LARIO piazza Sacro Cuore 8 MERATE via Don Cesare Cazzaniga 5 NIBIONNO - fraz. Cibrone,via Montello 1 OGGIONO via Papa Giovanni XXIII 45 PESCATE via Roma 98/E PRIMALUNA via Provinciale 66 VALMADRERA via San Rocco 31/33 VARENNA via Corrado Venini 53 tel. tel. tel. tel. tel. tel. 0341 701402 031 866865 0341 643184 039 9207454 0341 941260 0341 804447 tel. 0341 tel. 0341 tel. 0341 471111 361919 282520 tel. 0341 422748 tel. 0341 495608 tel. 039 9278080 tel. tel. tel. tel. tel. tel. tel. tel. 0341 732878 039 5983013 031 692045 0341 263061 0341 283964 0341 981151 0341 582972 0341 815239 PROVINCIA DI LODI CODOGNO via Giuseppe Verdi 18/C LODI via Francesco Gabba 5 tel. 0377 tel. 0371 436381 421436 tel. 0376 672306 tel. tel. tel. tel. 326095 288139 508465 780877 PROVINCIA DI MANTOVA CASTIGLIONE DELLE STIVIERE piazza Ugo Dallò 25 MANTOVA Sede, corso Vittorio Emanuele II 154 Agenzia n. 1, piazza Broletto 7 SUZZARA piazza Giuseppe Garibaldi 4 VIADANA piazza Giacomo Matteotti 4/A 0376 0376 0376 0375 PROVINCIA DI MILANO BUCCINASCO via Aldo Moro 9 tel. 02 45716239 CINISELLO BALSAMO via Giuseppe Garibaldi 86 tel. 02 66047602 LEGNANO corso Giuseppe Garibaldi 71 tel. 0331 470255 MILANO Sede, via Santa Maria Fulcorina 1 tel. 02 85541 Agenzia n. 1, Porpora, via Nicola Antonio Porpora 104 tel. 02 70630941 Agenzia n. 2, Barona, viale Faenza 22 tel. 02 8911115 Agenzia n. 3, a2a, corso di Porta Vittoria 4 tel. 02 76005333 Agenzia n. 4, Regione Lombardia, via Torquato Taramelli 20 tel. 02 603238 Agenzia n. 5, Bovisa, via degli Imbriani 54 tel. 02 39311498 Agenzia n. 6, Corvetto, via Marco d’Agrate 11 tel. 02 55212294 Agenzia n. 7, Caneva, via Monte Cenisio 50 tel. 02 33606260 Agenzia n. 8, Quarto Oggiaro, via Michele Lessona - ang. via Trilussa 2 tel. 02 39001760 Agenzia n. 9, c/o A.L.E.R., viale Romagna 24 tel. 02 70128148 Agenzia n. 10, Solari, via Andrea Solari 15 tel. 02 89404235 Agenzia n. 11, Università Bocconi, via Ferdinando Bocconi 8 tel. 02 58301984 Agenzia n. 12, Baggio, via delle Forze Armate 260 tel. 02 48915910 Agenzia n. 13, Repubblica, viale Monte Santo 8 tel. 02 29003075 Agenzia n. 14, Palazzo di Giustizia, via Cesare Battisti 1 tel. 02 76390159 Banca Popolare di Sondrio 02 6682823 02 5453131 02 6438400 02 43995155 02 428047 02 33614132 02 23993307 02 02 02 02 58307969 3925445 76028194 66823609 02 55019186 02 48714408 02 70006638 02 66107314 02 02 02 02 48029994 66809662 33912478 26921747 02 24417034 02 24839443 PROVINCIA DI MONZA E BRIANZA ALBIATE via Trento 35 tel. BERNAREGGIO via Michelangelo Buonarroti 6 tel. BOVISIO MASCIAGO via Guglielmo Marconi 7/A tel. CARATE BRIANZA via Francesco Cusani 10 tel. DESIO via Portichetto - ang. via Pio XI tel. GIUSSANO via Cavour 19 tel. LISSONE via Trieste 33 tel. MEDA via Yuri Gagarin - ang. corso della Resistenza tel. MONZA Sede, via Galileo Galilei 1 tel. Agenzia n. 1, via Alessandro Manzoni 33/A tel. NOVA MILANESE via Antonio Locatelli tel. SEREGNO Sede, via Cavour 84 tel. Agenzia n. 1, via Cesare Formenti 5 tel. SEVESO via San Martino 22 tel. VAREDO corso Vittorio Emanuele II 53 tel. VILLASANTA - fraz. San Fiorano via Amatore Antonio Sciesa 7/9 tel. VIMERCATE piazza Papa Giovanni Paolo II 9 tel. 0362 930277 039 6093934 0362 559006 0362 901072 0362 301573 0362 852171 039 2456568 0362 347832 039 28285111 039 3902553 0362 451559 0362 0362 0362 0362 26521 26521 640129 544035 039 2051581 039 6084991 PROVINCIA DI NOVARA ARONA via Antonio Gramsci 19 NOVARA via Andrea Costa 7 tel. 0322 231958 tel. 0321 442113 ROMA tel. 06 5099731 Sede, Eur, viale Cesare Pavese 336 Agenzia n. 1, Monte Sacro, viale Val Padana 2 tel. 06 8863213 Agenzia n. 2, Ponte Marconi, via Silvestro Gherardi 45 tel. 06 5573685 Agenzia n. 3, Prati Trionfale, via Trionfale 22 tel. 06 39742382 Agenzia n. 4, Bravetta, piazza Biagio Pace 1 tel. 06 66165408 Agenzia n. 5, Portonaccio, piazza S. Maria Consolatrice 16/B tel. 06 4394001 Agenzia n. 6, Appio Latino, via Cesare Baronio 12 tel. 06 78347500 Agenzia n. 7, Aurelio, viale di Valle Aurelia 59 tel. 06 39749875 Agenzia n. 8, Africano Vescovio, viale Somalia 255 tel. 06 86207268 Agenzia n. 9, Casal Palocco, piazzale Filippo il Macedone 70/75 tel. 06 50930508 Agenzia n. 10, Laurentina, via Laurentina 617/619 tel. 06 5921466 Agenzia n. 11, Esquilino, via Carlo Alberto 6/A tel. 06 444801 Agenzia n. 12, Boccea, circonvallazione Cornelia 295 tel. 06 66017239 Agenzia n. 13, Tuscolano, via Foligno 51/A tel. 06 70305677 Agenzia n. 14, Garbatella, largo delle Sette Chiese 6 tel. 06 5136727 Agenzia n. 15, Farnesina, via della Farnesina 154 tel. 06 36301544 Agenzia n. 16, Nomentana/Monte Sacro Alto, via Nomentana 925/A tel. 06 8277629 Agenzia n. 17, San Lorenzo, piazza dei Sanniti 10/11 tel. 06 4465490 Agenzia n. 18, Infernetto, via Ermanno Wolf Ferrari 348 tel. 06 50918143 Agenzia n. 19, Nuovo Salario, piazza Filattiera 24 tel. 06 88643496 Agenzia n. 20, Tuscolano/Appio Claudio, via Caio Canuleio 29 tel. 06 71077105 Agenzia n. 21, Piazza Bologna, via Famiano Nardini 25 tel. 06 86202734 Agenzia n. 22, c/o World Food Programme - Sportello Interno -, via Cesare Giulio Viola 31 tel. 06 65192014 Agenzia n. 23, Lido di Ostia, via Carlo Del Greco 1 tel. 06 56368510 Agenzia n. 24, San Giovanni/Colosseo, via di S. Giovanni in Laterano 51/A tel. 06 70495943 Agenzia n. 25, Parioli, viale dei Parioli 39/B tel. 06 8088899 Agenzia n. 26, Tritone, via del Tritone 207 tel. 06 69797092 Agenzia n. 27, Prati, piazza Cavour 7 tel. 06 6878020 Agenzia n. 28, Casilino, piazza della Marranella 9 tel. 06 24400032 Agenzia n. 29, c/o FAO - Sportello Interno -, viale delle Terme di Caracalla 1 tel. 06 5741006 Agenzia n. 30, c/o IFAD - Sportello Interno -, via Paolo Di Dono 44 tel. 06 51530238 Agenzia n. 31, c/o Campus Bio-Medico di Roma - Policlinico, via Alvaro Del Portillo 200 tel. 06 5061954 Agenzia n. 32, Monteverde Vecchio, via Anton Giulio Barrili 50/H tel. 06 58303646 PROVINCIA DI TORINO TORINO via XX Settembre 5 PROVINCIA DI PARMA tel. tel. 0521 386695 PROVINCIA DI TRENTO tel. 0385 tel. 0383 tel. 0384 250654 892968 295744 CLES piazza Navarrino 5 RIVA DEL GARDA viale Dante Alighieri 11 ROVERETO corso Antonio Rosmini 68 - ang. via Fontana TRENTO piazza di Centa 14 tel. tel. tel. tel. 0382 0382 0381 0383 301759 539815 692684 369046 PIACENZA Sede, via Raimondo Palmerio 11 tel. 0523 Agenzia n. 1, via Cristoforo Colombo 18 tel. 0523 320179 616601 PARMA viale Mentana 91/A PROVINCIA DI PAVIA BRONI via Giuseppe Mazzini 1 CASTEGGIO piazza Cavour 4 MORTARA via Roma 23 PAVIA Sede, piazzale Ponte Coperto Ticino 11 Agenzia n. 1, corso Strada Nuova 75 VIGEVANO piazza IV Novembre 8 VOGHERA via Emilia 70 PROVINCIA DI PIACENZA PROVINCIA DI ROMA CIAMPINO viale del Lavoro 56 FRASCATI via Benedetto Cairoli 1 GENZANO DI ROMA via Giacomo Matteotti 14 GROTTAFERRATA via XXV Luglio I L tel. tel. tel. tel. G R U P P O 06 7919035 06 9417071 06 93953195 06 9412168 011 5178754 tel. 0463 tel. 0464 420301 567425 tel. 0464 tel. 0461 900000 421645 PROVINCIA DI VARESE B a n c a Po p o l a r e d i S o n d r i o tel. 0332 tel. 0332 336022 242103 tel. 0332 238149 PROVINCIA DEL VERBANO-CUSIO-OSSOLA CANNOBIO viale Vittorio Veneto 2/bis GRAVELLONA TOCE corso Guglielmo Marconi 95 VERBANIA - Intra piazza Daniele Ranzoni 27 VERBANIA - Pallanza largo Vittorio Tonolli 34 tel. 0323 739787 tel. 0323 840673 tel. 0323 408064 tel. 0323 502198 PROVINCIA DI VERONA PESCHIERA DEL GARDA via Venezia 40/A tel. VERONA corso Cavour 45 tel. 045 7552711 045 8036436 REGIONE AUTONOMA VALLE D’AOSTA AOSTA corso Battaglione Aosta 79 tel. 0165 065150 SPORTELLO TEMPORANEO NUOVO POLO FIERISTICO - Corso Italia Est Strada Statale del Sempione 38 - Rho/Pero tel. 02 4812910/815 SPORTELLO MOBILE Autobanca UFFICI DI RAPPRESENTANZA ALL’ESTERO HONG KONG* - SHANGHAI* (*in comune con altri partner bancari) DESK ALL’ESTERO ABU DHABI - ATENE - BRUXELLES - BUENOS AIRES - CASABLANCA - CHICAGO - CHISINAU - CITTÀ DEL MESSICO - IL CAIRO - ISTANBUL - LIMA - LIONE - LISBONA - MONTEVIDEO - MONTREAL - MOSCA - MUMBAI - PARIGI - SAN PAOLO - SEOUL - SHANGHAI - TEL AVIV - TOKYO - TUNISI - VARSAVIA - VIENNA (presso partner diversi) BANCA POPOLARE DI SONDRIO (SUISSE) SA CONFEDERAZIONE ELVETICA www.bps-suisse.ch - [email protected] SEDE SOCIALE E DIREZIONE GENERALE: LUGANO, via Giacomo Luvini 2a tel. 0041 58 8553000 fax 0041 58 8553015 SEDE OPERATIVA LUGANO via Maggio 1 tel. 0041 58 8553100 SUCCURSALI E AGENZIE LUGANO via Giacomo Luvini 2a LUGANO Cassarate, piazza E. Bossi 2 LUGANO Paradiso, Riva Paradiso 2 - Palazzo Mantegazza BASILEA Greifengasse 18 BASILEA Münsterberg 2 BELLINZONA viale Stazione 26 BERNA 7 Casinoplatz 2 BIASCA piazza Centrale 1 CASTASEGNA località Farzett CELERINA via Maistra 104 CHIASSO piazza Indipendenza 2 COIRA Bahnhofstrasse 9 DAVOS DORF Promenade 154 LOCARNO piazza Muraccio MENDRISIO piazzetta Borella 1 PONTRESINA via Maistra 184 POSCHIAVO strada San Bartolomeo SAMEDAN Plazzet 21 SAN GALLO Schmiedgasse 2 - Haus zum Rosenstock ST. MORITZ via dal Bagn 9 ZURIGO Uraniastrasse 14 tel. 0041 58 8553200 tel. 0041 58 8553250 tel. 0041 tel. 0041 tel. 0041 tel. 0041 tel. 0041 tel. 0041 tel. 0041 tel. 0041 tel. 0041 tel. 0041 tel. 0041 tel. 0041 tel. 0041 tel. 0041 tel. 0041 tel. 0041 58 58 58 58 58 58 58 58 58 58 58 58 58 58 58 58 8554500 8553900 8554400 8553500 8554450 8554250 8553750 8553700 8554000 8553850 8554350 8553550 8554200 8554300 8553650 8554550 tel. 0041 58 8553800 tel. 0041 58 8553600 tel. 0041 58 8553950 Principato di Monaco MONACO 3 rue Princesse Florestine tel. 00377 99996464 FACTORIT SPA - Gestione Crediti Commerciali delle Imprese AEROPORTO DI MALPENSA 2000 Terminal 1 - FERNO BISUSCHIO via Giuseppe Mazzini 80 BUSTO ARSIZIO piazza Trento e Trieste 10 CARNAGO via Guglielmo Marconi 2 CASTELLANZA corso Giacomo Matteotti 2 GALLARATE via Torino 15 GAVIRATE via Guglielmo Marconi 13/A LAVENA PONTE TRESA via Luigi Colombo 19 LUINO via XXV Aprile 31 MARCHIROLO via Cavalier Emilio Busetti 7/A SOLBIATE OLONA via Vittorio Veneto 5 SOMMA LOMBARDO via Milano 13 B A N C A R I O VARESE Sede, viale Belforte 151 Agenzia n. 1, piazza Monte Grappa 6 Agenzia n. 2, via San Giusto - ang. via Malta tel. tel. tel. tel. tel. tel. tel. 02 58580083 0332 474991 0331 632394 0331 993137 0331 502934 0331 784793 0332 732429 tel. 0332 tel. 0332 523378 511963 tel. 0332 tel. 0331 tel. 0331 997395 376736 254973 A L B P S (S U I SS E) Filiali a Milano, Torino, Padova, Bologna, Roma e Napoli, oltre a 250 corrispondenti esteri presenti in 65 paesi. 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