Il nuovo che verrà - Fondazione Museo Storico del Trentino

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Il nuovo che verrà - Fondazione Museo Storico del Trentino
anno quattordicesimo numero trentanove sett./dic. 2012
Il nuovo che verrà
PosteItalianeS.p.A.-Spedizioneinabbonamentopostale-D.L.353/2003(conv.inL.27/02/2004n.46) -art.1,comma1,D.C.B.Trento-Periodicoquadrimestrale registrato dal Tribunale di Trento il 9.5.2002, n. 1132. Direttore responsabile: Sergio Benvenuti - Distribuzione gratuita - Taxe perçue - ISSN 1720 - 6812
Nella Grecia della crisi si distribuisce cibo nelle strade
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ALTRESTORIE – Periodico quadrimestrale di informazione
Periodico registrato dal Tribunale di Trento il 9.5.2002, n. 1.132 ISSN 1720-6812
Comitato di redazione: Paola Bertoldi, Giuseppe Ferrandi, Patrizia Marchesoni, Rodolfo Taiani (segretario)
Direttore responsabile: Sergio Benvenuti
Hanno collaborato a questo numero: Bruno Amoroso, Tommaso Baldo, Micaela Bertoldi, Silvia Bertolotti,
Vincenzo Besozzi, Stefano Chemelli, Giovanna Fambri, Alberto Ianes, Paolo Malanima, Alice Manfredi, Ilaria
Pagano, Francesca Rocchetti, Maurizio Scudiero, Francesca Zeni.
Progetto grafico e impaginazione: Graficomp – Pergine (TN). Stampa: Publistampa – Pergine (TN)
In copertina: Il monumento del toro realizzata dall’artista siciliano Arturo Di Modica e collocata presso il Bowling
Green Park, nel quartiere della borsa di New York (la New York Stock Exchange) a Wall Street.
La rivista, o gli arretrati, possono essere richiesti, fino a esaurimento delle copie, presso i recapiti della
Fondazione Museo storico del Trentino. I lettori interessati ad acquistare o a informarsi sull’insieme
della pubblicazioni della Fondazione Museo storico del Trentino possono collegarsi all’indirizzo internet
http://edizionimuseostorico.it o scrivere all’indirizzo di posta elettronica [email protected]
anno quattordicesimo numero trentanove sett./dic. 2012
Il nuovo che verrà
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La “Grande depressione”: il Trentino nella prima crisi dell’economia globale degli anni 1873-1895
di Tommaso Baldo
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I futuristi, la guerra e le lobby economiche
di Maurizio Scudiero
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Dea Prosperity: Giuseppe Antonio Borgese e la crisi del 1929
di Silvia Bertolotti
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Letterati in tempo di crisi: il caso di Hermann Broch
di Stefano Chemelli
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Le misure della crisi in Trentino
a cura di Giovanna Fambri e Vincenzo Besozzi
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Cronaca di una crisi annunciata: interviste con Bruno Amoroso e Paolo Malanima
a cura di Paola Bertoldi
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Quando la mala finanza intacca l’economia reale: ovvero, alle origini dell’ultima crisi
di Alberto Ianes
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La cultura al tempo della crisi
di Micaela Bertoldi
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Visitando i luoghi di internet: dove la crisi economica si legge
di Alice Manfredi
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Non crisi ma crescita per BRICS e paesi emergenti
di Francesca Zeni
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Infomuseo
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Edizioni Fondazione Museo storico del Trentino
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Il nuovo che verrà
“C’è crisi”. Chi non ha utilizzato
ultimamente nei propri discorsi
– o sentito in quelli degli altri –
questa lapidaria espressione? Probabilmente nessuno. È diventata
una sorta di refrain, un intercalare
ricorrente per cui qualsiasi battito
di ciglia o fenomeno di ogni natura viene ricondotto
inevitabilmente a questa categoria superiore, che inciderebbe su ogni cosa senza lasciare alcuna via di
scampo, colpendo indiscriminatamente ogni singolo
individuo.
Ma è proprio così? A quale crisi ci si vuol riferire? Come, quanto e da chi è percepita? Quali componenti e/o comportamenti vi contribuiscono?
E come incidono sulle diverse situazioni economiche,
sociali, culturali, politiche e, perché no, anche religiose? Sono domande evidentemente cui non è facile
rispondere e alle quali questo numero di Altrestorie
si vuole solo timidamente avvicinare. Un numero per
tante ragioni complicato, che, va subito detto, è stato
più difficile di altri da progettare. È presto emerso, in-
fatti, come ogni discorso sulla crisi,
pur evocando scenari perlopiù economici, di fatto coinvolge una molteplicità di aspetti, che solo nella
percezione del loro insieme potrebbe dare il senso reale di una difficoltà diffusa, profondamente radicata
nell’ordine delle cose e fonte di continue apprensioni.
Sulla base di queste scarne considerazioni si è così
pensato di affrontare il tema della crisi chiedendo a
quanti hanno accettato di collaborare di spiegare i
meccanismi economico-finanziari che hanno condotto alla situazione attuale, di esporne i dati statistici,
ma anche di attingere dal passato, o talvolta dall’esperienza personale, quelle suggestioni in grado di
raccontare la crisi non solo come un periodo delimitato dal punto di vista spaziale e temporale, non solo
come effetto meccanico di un processo economico,
ma come una fase transitoria e complessa nella quale
agisce, più chiaramente che in altre, quella naturale
dialettica che guida il costante passaggio dal vecchio
al nuovo (rt).
Fotogramma dal film La febbre dell’oro (The Gold Rush) diretto e interpretato da Charlie Chaplin (1925)
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La “Grande depressione”
grano ammontava a poco
È possibile che vi sia stata
più di un terzo rispetto alle
una crisi economica menil Trentino nella prima crisi
quotazioni del 1867; ciò
tre popolazione, produebbe inevitabilmente pezione agricola e industriadell’economia globale
santissime ricadute sulla
le, nonché volume degli
degli anni 1873-1895
vita di quel 40-50% della
scambi internazionali conpopolazione che anche nei
tinuavano ad aumentare?
di Tommaso Baldo
paesi più industrializzati,
È possibile che nel corso di
per non parlare di quella
questa crisi, durata più di
stragrande
maggioranza
vent’anni, due potenti nazioni (Stati Uniti e Germania) si siano affermate tra di paesi non industrializzati, traeva il proprio reddile massime economie mondiali e che una terza (la to direttamente dal lavoro dei campi. L’effetto della
“Grande depressione” in Trentino è ben sintetizzato
Russia) abbia iniziato la propria industrializzazione?
È possibile perché è quanto accaduto tra il 1873 e il dal grafico sull’andamento produttivo della cereali1895, nel corso di quella che venne chiamata “Gran- coltura che troviamo all’interno di un saggio di Giode depressione” e che oggi possiamo considerare la vanni Gregorini (“L’agricoltura trentina”. In: Storia
prima crisi globale dell’economia, cioè la prima crisi del Trentino: 5: L’età contemporanea 1803-1918. A
di un sistema di scambi integrato a livello mondiale cura di Andrea Leonardi e Maria Garbari. Bologna:
in cui il prezzo del grano argentino si rifletteva sulla Il mulino, 2003: 531-596). Se osserviamo i dati inevita del contadino siciliano e un operaio inglese con- renti agli anni 1884-1889 notiamo diminuzioni nella
produzione di frumento (da quasi 70.000 a poco più
sumava té prodotto in India.
Fu proprio l’interconnessione economica tra diverse di 50.000 quintali), di segale (la cui produzione crolla
nazioni e continenti a provocare l’aspetto più visibi- da quasi 50.000 quintali del 1884 ai 25.000 del 1888),
le e destabilizzante della crisi da un punto di vista di orzo (sempre intorno ai 25.000 quintali). In aumensociale: il crollo dei prezzi dei prodotti agricoli. La to, seppur altalenante, solo la produzione di mais (da
produzione agricola era enormemente cresciuta nel circa 115.000 quintali a quasi 140.000). La produziocorso dell’Ottocento, ma i costi di trasporto aveva- ne di vino sfiorò i 250.000 ettolitri nel 1875, ma già
no continuato a proteggere i produttori locali dalla dall’anno successivo ebbe una notevole diminuzioconcorrenza straniera. La situazione cambiò radi- ne, rimanendo sostanzialmente stazionaria sino al
calmente con l’espansione della rete ferroviaria e 1890, quando iniziò una crescita intermittente. In
il miglioramento dei collegamenti intercontinentali questo caso non era solo la crisi a pesare, ma anche
grazie all’introduzione di navi a vapore: in tal modo la diffusione di una malattia della vite, la fillossera,
il mercato europeo divenne sbocco delle esportazio- che in Francia tra 1875 e 1889 ridusse di due terzi la
ni provenienti da altre parti del mondo provocando produzione vinicola.
una caduta verticale dei prezzi. Nel 1894 il prezzo del Come se tutto ciò non bastasse, alla crisi si aggiunse
Istituto bacologico di Trento, primi anni del Novecento
5
una catastrofe naturale di proporzioni inaudite: l’alluvione che tra il 16 e il 26 settembre 1882 sconvolse
il Trentino e l’intero arco alpino orientale. I danni nel
“Tirolo meridionale” (l’odierna provincia di Trento)
ammontarono a 21.000.000 di fiorini austriaci; le
case distrutte o danneggiate furono 300, i morti 51.
La crisi globale non riguardò solo i prezzi dei prodotti agricoli. Anche la produzione industriale risentì
dello squilibrio tra l’aumentata capacità produttiva e
la mancanza di un mercato di massa dei beni di consumo in grado di assorbirla. Gli anni dal 1873 al 1896
furono anni di deflazione in cui il generale ribasso
dei prezzi (sino al 40% in Inghilterra) provocò una
riduzione del tasso di profitto.
In Trentino la crisi colpì duramente l’industria serica, già segnata a metà secolo dalla diffusione della
pebrina, che ne decretò l’irreversibile declino. In tal
modo i filatoi attivi nel Distretto Camerale di Rovereto passarono dai 43 del 1875 ai 4 del 1893 e gli operai impiegati da 1.600 a 200. Le “gravi difficoltà” che
si sommavano alla generale crisi dei prezzi consistevano, secondo l’Unione dei filatori, nella concorrenza di quei paesi privi di una legislazione che limitasse
il numero giornaliero di ore lavorative e l’impiego di
manodopera minorile; inoltre l’industria della seta
austroungarica “non era protetta da nessun dazio
contro la concorrenza forestiera e, per di più, aveva
da subire questa concorrenza da parte di paesi che
non avevano queste provvidenze sociali ed avevano
mercedi operaie bassissime come l’Italia, la China ed
il Giappone”.
La salvaguardia delle produzioni agricola e industriale europea si affidò, pertanto, all’introduzione di tariffe doganali nell’ambito di una nuova divisione del
lavoro a livello mondiale. Il protezionismo non toccò,
invece, le transazioni finanziarie internazionali (che
anzi s’intensificarono). Il mondo iniziò a dividersi nettamente tra paesi industrializzati, abbastanza potenti
da proteggere tramite i dazi la propria produzione, e
paesi non industrializzati, fornitori di materie prime. I
primi divennero potenze egemoni su vaste aree del
globo tramite una combinazione di esportazione di
capitali e forza militare, i secondi, anche quando non
erano esplicitamente colonie, erano condannati a un
ruolo subalterno sia in economia che in politica.
Ma non erano solo merci e capitali a varcare gli oceani. Le migrazioni assunsero in questa fase proporzioni sino a quel momento inedite. Tra il 1870 e il
1890 più di 10.000.000 di europei abbandonarono il
vecchio continente per cercare fortuna altrove. Don
Lorenzo Guetti calcolò che dal 1870 al 1888 partirono dal Trentino alla volta del continente americano quasi 24.000 trentini, 1.000 dei quali morirono
e poco meno di 2.000 rimpatriarono. Tra la fine del
XIX secolo e la prima guerra mondiale si è stimato
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un flusso di circa 20.000-30.000 emigranti l’anno, tra
permanenti e temporanei.
L’emigrazione non era, però, l’unica risposta alla miseria. La “Grande depressione” segnò anche una radicale trasformazione della politica, avviandola a diventare un fenomeno di massa. I progetti di trasformazione della società nelle sue diverse espressioni
iniziarono a non riguardare più ristrette minoranze di
cospiratori o di intellettuali, bensì milioni di persone
organizzate in partiti e sindacati. Ne è un esempio
lo sviluppo dei partiti socialisti: la prima associazione internazionale dei lavoratori fu fondata nel 1864
e la sua esistenza fu travagliata dallo scontro tra ristretti gruppi afferenti a diverse correnti di pensiero.
Ognuna di esse faceva capo a uomini che avevano
partecipato ai tentativi rivoluzionari del 1848, spesso operanti nella clandestinità o in esilio, quali Karl
Marx, Pierre-Joseph Proudhon, Mikhail Bakunin e
Giuseppe Mazzini.
Disciolta nel 1876, l’Internazionale risorse nel 1889
(seconda Internazionale). Questa volta essa riuniva
partiti (primo fra tutti il Partito socialdemocratico
tedesco), che presentavano un’impostazione ideologica netta (il marxismo, o meglio una sua riduzione deterministica) e un crescente radicamento nelle
classi lavoratrici dei rispettivi paesi. Nel corso della
“Grande depressione” sorsero pratiche politiche ben
diverse da quelle precedenti, adeguate alle trasformazioni sopravvenute nei processi di produzione.
In sostanza i socialisti, anche quelli con un passato
da cospiratori quali Friedrich Engels, Andrea Costa
e Wilhelm Liebknecht, abbandonarono le ormai desuete barricate per volgersi ad altre forme d’azione,
politica, quali le competizioni elettorali, l’attività sindacale, cooperativa e giornalistica, le dimostrazioni
di massa e i comizi. Nacquero in tal modo strategie
e organizzazioni, che non riguardavano più ristrette
“avanguardie”, ma decine e centinaia di migliaia di
persone. Il cambiamento di paradigma ideologico e
organizzativo può essere ben rappresentato dalla figura di Andrea Costa, già cospiratore anarchico, che
abbandonò i propositi di insurrezione armata per
divenire il primo deputato socialista del Parlamento
italiano. La creazione di strutture politiche ed economiche di massa non era, però, monopolio dei soli
socialisti. Sulla spinta della crisi economica anche
i piccoli proprietari cominciarono ad organizzarsi,
ad esempio attraverso la creazione di Casse rurali e
cooperative di consumo e produzione. In Trentino il
movimento cooperativo si sviluppò nel corso dell’ultimo decennio del secolo e assunse ben presto una
chiara connotazione cattolica, entrando a far parte di
quel complesso di organizzazioni politiche, associazionistiche ed economiche tramite cui la Chiesa tentava di mantenere ed estendere la propria influen-
za su una società in trasformazione. Nella seconda
metà del XIX secolo, infatti, una serie di eventi politici e sociali, oltre che un generale clima culturale,
avevano intaccato il peso e il ruolo della Chiesa cattolica in molti paesi europei. In Germania e Francia
venne varata una serie di leggi volte a limitare il ruolo
del clero nell’istruzione e nella vita pubblica, mentre
l’unificazione italiana comportò l’assorbimento dello
Stato Pontificio attraverso un’azione militare (Breccia
di Porta Pia, 20 settembre 1870). Entrata in conflitto con forme statuali che rivendicavano la propria
“laicità”, vale a dire la propria assoluta sovranità in
tutti i campi, la Chiesa comprese che altre possibilità
di azione le erano offerte proprio dalle nuove forme
di partecipazione e organizzazione delle masse, soprattutto quelle rurali. Di qui l’adozione di pratiche
quali l’attività politica, giornalistica, sindacale e cooperativistica. La partecipazione di massa alla vita
pubblica significò anche l’insorgere e il diffondersi
d’intolleranze che assumevano una nuova virulenza.
Le migrazioni e l’espansionismo coloniale incoraggiarono xenofobia, nazionalismo e razzismo; contemporaneamente l’antisemitismo trovava un vasto
sostegno e forti appoggi istituzionali anche nella laica e progressista Francia (come avrebbe dimostrato
il caso Alfred Dreyfus, un capitano dell’esercito francese di discendenza ebrea accusato ingiustamente
nel 1894 di tradimento per attività di spionaggio in
favore dei tedeschi). Persino i socialisti, che combattevano l’antisemitismo e propugnavano l’unione dei
lavoratori al di sopra di tutte le frontiere, rifiutarono
di condannare il colonialismo in quanto tale: ai “barbari” bisognava pur portare la “civiltà”. Essi inoltre
assorbirono, soprattutto nei paesi cattolici, l’anticlericalismo che aveva connotato anche i precedenti
movimenti democratici. Ne è un esempio il romanzo Catoni il volontario, scritto da Giuseppe Garibaldi
nel 1870 e pubblicato a puntate nel 1909 da Cesare
Battisti sul quotidiano socialista di Trento Il popolo.
In questo scritto, che narra le imprese di un giovane partecipante alle campagne garibaldine, i preti
sono definiti “buffoni negromanti”, “maestri d’ogni
inganno e d’ogni impostura” e ad essi sono attribuiti
tutti i mali d’Italia. Nel mondo cattolico si diffuse di
riflesso la convinzione che forze misteriose e ostili
insidiassero l’esistenza della Chiesa stessa. Dietro ai
rivolgimenti politici, alle miserie prodotte dalla modernità industriale e all’insorgere di nuove concezioni scientifiche (ad esempio l’evoluzionismo), si vide
un complotto ordito da massoni, ebrei e socialisti. La
paura di un complotto anticristiano (già presente nella propaganda antirisorgimentale, si pensi ai romanzi
del gesuita di Ala Antonio Bresciani) spinse la Chiesa
a supportare eventi quali il Congresso antimassonico
internazionale, svoltosi a Trento nel settembre 1896.
Per l’occasione venne edito l’opuscolo La nuova crociata, in cui possiamo trovare espressi pregiudizi e
luoghi comuni destinati a una fortuna duratura:
”La Massoneria in ogni paese si è identificata coll’ebraismo. E se vi è gente senza patria è appunto la dispersa e maledetta discendenza del popolo deicida.
Il coronamento dei senza patria framassoni l’han fatto in questi giorni i socialisti tedeschi e francesi […],
dichiarandosi superiori ai ‘pregiudizi della patria’”.
Gli anni della “Grande depressione” e i meccanismi
di difesa posti in atto per affrontare e risolvere la grave crisi economica e politica indotta finirono per prefigurare così quelle scelte, ben più tragiche e dense
di conseguenze, che investirono il nuovo secolo oramai alle porte.
Famiglia contadina fotografata a Povo, frazione di Trento, nel 1901 (proprietà Antonio Bernabè, provenienza famiglia Larcher Santoni)
7
I futuristi, la guerra
e le lobby
economiche
Se mai si dovesse identificaro colmato il gap industriale,
re un movimento artistico da
ma anche sociale, dell’Italia
associare più di altri al ruolo
rispetto alle grandi potenze
d’interprete di un periodo di
europee.
trasformazione particolarmenOra, facendo un passo indiete dilaniante, come quello di
tro, andiamo a leggere tra le
di Maurizio Scudiero
una guerra mondiale, ebbene
righe di quel primo manifesto
quello è il Futurismo.
parigino che tanto scandalizzò
Come è noto il Futurismo fu
i “benpensanti”, les bourgeois.
fondato il 20 febbraio del 1909,
Si legge, ad esempio, al punto
quando a Parigi sulla prima pagina de Le Figaro fu 7 che “Non vi è bellezza, se non nella lotta” e quindi,
pubblicato il “Manifesto di fondazione del Futuri- al punto 9, una delle frasi più incriminate: “Noi vosmo”, una sequenza di enunciati, una sorta di mani- gliamo glorificare la guerra – sola igiene del mondo
festo programmatico, di Filippo Tommaso Marinetti, – il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei
figlio di un facoltoso avvocato italiano, e di vocazio- libertari, le belle idee per cui si muore…”. Non vi è
ne poeta ed editore della rivista Poesia. Ma perché la dubbio che fossero parole forti, specie per il 1909,
formula del manifesto e perché a Parigi?
dal momento che in parte lo sono ancor oggi: tutIl manifesto programmatico fu un mezzo nuovo e tavia, in quello specifico momento e in quella situaaccattivante per far conoscere anche fuori dai ca- zione, si trattava soprattutto di una provocazione,
nali culturali le idee del Futurismo. Programmatico da non prendere in “senso letterale”, ma piuttosto
in quanto dichiarava “prima” quello che si sarebbe “letterario”.
fatto “dopo”. Per il panorama artistico si trattò di L’idea della guerra aveva in sé una sorta di fascino
un evento del tutto nuovo e rivoluzionario, proprio partenogenico: essa era, infatti, intesa come un’anaperché sottraeva la “creatività” artistica a quell’aura logia dell’azzeramento dei valori del Passato su cui si
ancora bohémien dell’artista inteso come colui che sarebbe potuto in seguito costrui­re un Futuro libero
coglie la sua “ispirazione” nell’atelier, opponendovi da vincoli.
invece l’attitudine del tutto moderna della “proget- Insomma in poco tempo fu ben chiaro a tutti che il
tualità”, cioè del concepire la creazione di un’ope- Futurismo non era solo un movimento di rinnovara d’arte non più come un evento quasi medianico mento artistico, ma piuttosto un nuovo elemento,
(l’ispirazione, intesa come una “visione psichica”, attivo e propositivo, che voleva inserirsi a più titoma piuttosto come il risultato di una speculazione li nella società, per rinnovarla, svecchiandola, dal
intellettuale. Questi manisuo interno. Di fatto il Fufesti (che di fatto erano dei
turismo in questa sua azio“volantini”) furono consine a tutto campo divenne
derati innovativi perché,
anche un soggetto politimutuando la prassi della
co. Una prima conferma si
pubblicità, erano distribuiti
può avere leggendo alcuni
capillarmente a tutti, non
passi dal “Primo Manifesolo agli appassionati d’arsto politico del Movimento
te, ma anche per la strada,
futurista”, uscito in quello
ai passanti, oppure porta a
stesso 1909 in vista delle
porta, o ancora lanciati dal
elezioni generali: “Noi fututram, dal loggione dei tearisti, avendo per unico protri, e così via.
gramma politico l’orgoglio,
Futurismo, dunque, come
l’energia e l’espansione
slancio in avanti, verso le
nazionale, denunciamo al
innovazioni della tecnica,
paese l’incancellabile ververso una nuova era dinagogna di una possibile vitmica che tagliasse i ponti
toria clericale”. “Orgoglio”
con tutti i “pesi” del Passato
ed “espansione nazionale”
– i quali, secondo Marinetti,
sono, qui, due punti che
rallentavano lo sviluppo del
vaticinano un’idea ben più
paese – e lanciarsi in avanvasta: quella di “unità nazioti, nelle nuove scoperte
nale”. Di lì a poco, Marinettecnologiche che avrebbeti tenne un epico discorso
Tommaso Marinetti, “Parole in libertà” (manifesto), 1915.
8
al Politea­
ma Rossetti di
fornì all’Austria il preteTrieste dove, tra le tante
sto per la dichiarazione
cose, affermò: “Noi nudi guerra consegnata
triamo nel nostro sangue
giusto un mese dopo,
il nostro principale odio
il 28 luglio, alla Serbia,
d’Italiani del ventesimo
ma fu anche l’inizio di
secolo: l’odio per l’Auquella che, coinvolgendo
stria!”. Quanto affermato
nazione dopo nazione,
da Marinetti era del tutto
fu poi definita la “prima
vero, come ha scritto e
grande guerra”. Per l’Itaribadito qualche decenlia fu in un certo senso
nio fa un attento studioso
una “fortuna” che fosse
di “problemi di confine”,
stata l’Austria a dichiacome Claus Gatterer: l’irare guerra alla Serbia,
dea d’Italia come stato
perché in caso contrario
unitario, come sovranità
i trattati di alle­a­­­n­­za stretnazionale, è nata, infatti,
ti con Austria e Germasin dal principio in quannia (la Triplice alleanza)
to lotta “contro” l’Austria.
l’avrebbero costretta ad
Se questo era l’obiettivo
entrare nel conflitto. Quinfinale, nel 1911 Marinetdi, per il momento, decise
ti si “fece le ossa” con la
di mantenersi neutrale,
guerra italo-turca (nota
e fu subito chiaro che la
anche come “guerra di
questione “in divenire”
Libia”) che deflagrò per
era se essere neutrali o
via delle ambizioni coloentrare in guerra, ma a
niali che spinsero l’Italia
fianco della Francia. I fuad attaccare le province
turisti ritenevano questa
Filippo Tommaso Marinetti (1876-1944)
ottomane del Nord-Afrineutralità una “vergogna
ca. Sebbene poco rilevante, sul più vasto panorama nazionale”. S’intravvedeva, infatti, la possibilità di
dello scacchiere europeo, la guerra italo-turca fu si- dare corpo a una delle prime idee di Marinetti, che
gnificativa per i tanti progressi tecnologici introdotti già nel 1910, a Trento, aveva eseguito un lancio di
dagli italiani. Innanzitutto il primo impiego in assolu- manifesti che incitavano all’irredentismo, e che
to nella storia non solo di automobili e motociclette erano stati sequestrati, ma subito ristampati a Milama anche di aerei (in totale furono impiegati 9 veli- no con il titolo di Una prefazione irredentista di F. T.
voli), usati all’inizio per scopi di ricognizione oltre le Marinetti sequestrata a Trento. La questione dei conlinee, e di lì a poco anche di vera azione di guerra. fini nazionali e della chiusura definitiva del progetto
Non meno interessante, poi, sapere che per la prima risorgimentale con la “liberazione” di Trento e Trieste
volta in azioni belliche fu anche usato un sistema era dunque molto sentita.
di “radiotelegrafia campale militare” su larga scala, Per questo motivo, si promossero da subito una
spesso con la collaborazione in loco di Guglielmo serie di manifestazioni e attacchi al governo via via
Marconi. Marinetti (inviato di un giornale francese) sempre più duri. Si organizzarono continue manicolse subito le potenzialità tecnologiche di questa festazioni di piazza, definite “interventiste”, perché,
guerra, cioè i contributi innovativi che grazie alla tec- appunto, chiedevano l’intervento dell’Italia contro
nologia stavano cambiando profondamente le “re- l’Austria. Quasi sempre si trasformarono in autentici
gole del gioco” e così intitolò la serie delle sue cor- disordini con tafferugli e arresti, e tra questi i futurispondenze “dal fronte” con Une Bataille moderne. risti in prima linea, spesso “ispirati” dagli editoriali
Come è noto a Sarajevo, il 28 giugno 1914, nel di fuoco di Lacerba, il giornale dei futuristi fiorenticorso di una visita ufficiale in Bosnia, l’erede al trono ni, che da quel momento ebbe una diffusione ben
d’Austria-Ungheria, arciduca Ferdinando e la moglie oltre l’ambito puramente artistico. Marinetti e i fuSofia furono uccisi da uno studente serbo, Gavrilo turisti, inoltre, colgono immediatamente, in quanto
Princip. Costui era membro dell’organizzazione ul- movimento “totale” e non “chiuso” nel loro guscio
tranazionalista Mlada Bosna (Giovane Bosnia), che di “faccende artistiche”, come la realtà, lo stato delle
mirava all’unificazione di tutti gli “Slavi del sud” (di cose così come fino a quel momento erano state inqui il termine di jugoslavi). Questo fatto di sangue tese con lo scatenarsi della guerra fossero già entra-
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te in una profonda crisi identitaria. Lo stravolgersi di
equilibri geopolitici consolidati aveva già innescato
una crisi della società, anche in conseguenza degli
effetti economici che lo “stato di guerra” stava introducendo anche in Italia, sebbene essa fosse ancora
“alla finestra” degli eventi.
Non certo alla finestra, però, stavano i futuristi, che
su un numero speciale del 15 agosto del 1914 del
loro giornale Lacerba uscirono con un editoriale
che può essere definito un vero e proprio manifesto dell’interventismo militante: “Se la guerra presente fosse soltanto politica ed economica, noi, pur
non restando indifferenti, ce ne saremmo occupati
piuttosto alla lontana. Ma siccome questa è guerra
non soltanto di fucili e di navi, ma anche di cultura
e di civiltà, ci teniamo a prender subito posizione e
a seguire gli avvenimenti con tutta l’anima. Si tratta
di salvaguardare e difendere tutto quello che c’è di
più italiano nel mondo, anche se non tutto cresciuto
in terra nostra. Non possiamo stare zitti. Forse questa è l’ora più decisiva della storia europea dopo la
fine dell’impero romano…”. Insomma una posizione
netta, forte, chiara, che annuncia una lunga campagna a stampa, che vedrà crescere via via il tono della
polemica contro il governo neutralista.
All’attività polemica di Lacerba fa da contraltare
quella “fisica” dei futuristi che prima a Milano e poi a
Roma, e in seguito in altre città, avviano anche una
serie di “dimostrazioni futuriste” che spesso degenerano in veri e propri disordini di piazza, ma che
comunque riescono a trasmettere al pubblico dei curiosi (che via via s’ingrosserà, manifestazione dopo
manifestazione) le tante motivazioni per non rimanere neutrali.
Poi, accade un fatto importante. A Milano, Benito Mussolini, già redattore del giornale socialista
l’Avanti!, lascia il giornale e, il 15 novembre 1914,
fonda Il popolo d’Italia per dare voce all’area “interventista” del Partito socialista italiano d’ispirazione
repubblicana. Fatto importante perché Mussolini
sino a quel momento era stato un convinto neutralista, cioè portavoce di quell’area contadina del partito che vedeva la guerra come un’inutile strage e
che al tempo stesso voleva conformarsi alle direttive
(e agli interessi) sovranazionali della Seconda internazionale socialista. E queste idee, appunto, aveva
promosso dalle colonne de l’Avanti! sin dai primi
segnali di guerra, dopo l’attentato di Sarajevo. Cosa
gli fece cambiare idea? Lo stesso motivo che convinse molti altri, in Italia e in Europa, a passare nelle
file della causa “interventista”, e cioè l’invasione del
Belgio da parte della Germania, ovvero di uno stato
con il quale quest’ultima aveva sottoscritto una dichiarazione di neutralità assoluta, in modo tale che
nessuno potesse attaccarlo. Fu un’invasione immoti-
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vata, anche da un punto di vista strategico e senza la
minima provocazione. Per questo la sua eco fu tale
da convincere anche i più accesi neutralisti, come
appunto Mussolini, che da quel momento dalle pagine del suo nuovo giornale, ma anche fisicamente, divenne il principale alleato di Marinetti, spesso
fianco a fianco alle manifestazioni di piazza, o dopo
l’arresto. Alla fine, i futuristi, dopo quasi dieci mesi
di polemiche e manifestazioni, riuscirono a coagulare gran parte degli ambiti culturali e dell’opinione
pubblica italiana: si entrò, quindi, in guerra contro
l’Austria, nel bene e nel male.
Alla base agivano mobilitazioni ideali, ma anche
di ordine economico, ovvero della cosidetta “economia di guerra”. Ciò emerge chiaramente da una
semplice panoramica sulla situazione tra neutralisti
e interventisti.
Tra i primi stavano come detto i socialisti aderenti alla Seconda internazionale; quindi i “giolittiani”,
cioè i sostenitori dell’idea, supportata da Giolitti, che
si sarebbero potute ottenere dall’Austria le terre irredente a fronte della prolungata neutralità dell’Italia; vi era poi il “mondo cattolico” che considerava
la guerra come una forma di ateismo e inoltre non
voleva scontrarsi con la “cattolicissima Austria”; infine vi erano gli industriali italiani che vedevano la
possibilità, rimanendo neutrali, di sostituirsi sui mercati alla Germania, troppo impegnata con la guerra
(eccola l’economia di guerra!). Sull’altro fronte, quello degli “interventisti”, oltre ai futuristi era schierato
gran parte dell’ambiente culturale, da D’Annunzio a
Ungaretti a Tommei e così via.
Vi erano poi gli “irredentisti”, che vedevano la guerra come la possibilità di chiudere il progetto risorgimentale dei Savoia; i “socialisti rivoluzionari”, capeggiati da Mussolini, che con la guerra speravano fosse
possibile spazzare via tutti i privilegi e attuare la rivoluzione socialista; i “nazionalisti” veri e propri, che, a
loro volta, nella guerra vedevano uno strumento per
dare prestigio alla Nazione; i “liberal-conservatori”,
che invece, grazie alla guerra, auspicavano una svolta autoritaria nelle istituzioni; e, infine, gli industriali
dell’industria pesante che, ovviamente, avrebbero
fatto ottimi affari con la produzione bellica (e rieccola l’economia di guerra che tiene il piede in due
scarpe!). Non ultima vi era anche la massoneria, che
dalla Rivoluzione francese in poi, vedeva sempre di
buon occhio i potenziali rovesciamenti di dinastie secolari, come quella Asburgica.
Quello che emerge chiaramente è che “l’economia
di guerra”, ovvero gli interessi dell’industria pesante,
secondo una logica trans-nazionale, sarebbe stata,
comunque fosse andata a finire, la vera vincitrice.
Come dire che le lobby economiche sono, da sempre, le vere governanti del mondo.
Dea Prosperity
La citazione di Giuseppe Ancientemente incisiva o chiaratonio Borgese, riportata a lato,
mente esplicita: può cogliere
Giuseppe Antonio Borgese
è contenuta nelle ultime pagisolo, nelle ampie osservazioni
ne di Atlante americano, libro
di contesto, gli effetti psicologie la crisi del 1929
dalla tormentata vicenda editoco-culturali e l’impatto che tale
riale, che raccoglie una scelta
crisi ebbe sulle coscienze della
di Silvia Bertolotti
delle sue corrispondenze inviagente con la quale lo scrittore
te al Corriere della Sera dagli
italiano entrò in relazione.
Stati Uniti. Il volume, edito senA Borgese interessa una lettura
za l’autorizzazione dell’autore
del tessuto sociale, la messa in
dalla casa editrice Guanda nel “E poiché è sempre ottima cosa sperare, luce dei rapporti di similitudine
1936, fu immediatamente riti- è lecito esprimere la speranza che un o opposizione tra la vecchia Eurato dal commercio (circostan- giorno la violenta crisi economica scop- ropa, che gli statunitensi scrutaza che peraltro non dispiacque piata nell’autunno del 29 a Wall Street, e no come “la luna nel campo di
affatto alle autorità fasciste) che ancora oggi prosegue, possa essere un telescopio, molto pittoresca
e ricomparve solamente nel considerata come l’avvenimento più e incantatrice, ma piena di tratti
2007 nella collana Off The Road salutare di questi tempi: una febbre che indecifrabili”, e la civiltà ameridi Vallecchi. Alcuni degli elzevi- denunzia le tossine e che prima o poi, cana timida e forte nel medesiri erano stati precedentemen- se non ha aggredito un organismo inca- mo tempo. Lo sguardo curioso
te pubblicati dall’allievo Mario pace di difesa, apre la via alle reazioni e indagatore del giornalista itaRobertazzi in La Città Assoluta guaritrici”.
liano affonda tra le pieghe della
e altri scritti nel 1962.
fenomenologia psicologica e
Borgese lasciò l’Italia nel 1931,
della socio-linguistica per recue quella che doveva essere una missione straordina- perare l’ethos del cittadino americano, il suo senso
ria si trasformò in un esilio volontario fino al 1947.
di appartenenza alla categoria primigenia di europeo
Inizialmente, l’impatto di Borgese con la società ame- e pioniere, rappresentante ora di un popolo giovane
ricana non fu dei più semplici, e le “lettere dall’Ame- e in pieno cammino d’evoluzione. Nell’osservazione
rica” ne sono una viva e sincera testimonianza. In At- socio-linguistica di Borgese una selezione di vocalante americano sono raccolte le prime impressioni boli ricorrenti, come formule rituali, tratteggia lo stile
dello scrittore sul nuovo continente, quando ancora di vita dell’America, così come una ristretta cerchia
la terra americana gli è estranea, non è entrata a far di tendenze comportamentali, di paure e ossessioni
parte del suo sistema di valori, né del suo panora- ne determina lo spirito più profondo.
ma estetico o affettivo. Si tratta di una sorta di diario Borgese si scontra con un contesto sociale dominasentimentale, il resoconto personale di un distacco. to dai contrasti. Esiste in America, accanto all’esaltaL’esule racconta il suo graduale adattamento, il suo zione e al culto della personalità individuale, una rete
stupore, a tratti un po’ naïf, per
fittissima di prescrizioni, atte a
la novità di un mondo che gli
provocare una condizione esisembra già totalmente proietstenziale fortemente inibita e
tato in una dimensione futura.
bloccata; la legge è debole in
È la registrazione di un penAmerica, perché “è ancora in
siero e di una sensibilità, che
gran parte caotica e incandehanno come costante pietra di
scente”, ma la fragilità, l’evaneparagone l’Europa.
scenza legislativa è controbilanL’America che accoglie l’esule
ciata dalla prescrizione di una
Borgese è l’America della Granserie di leggi universali e non
de depressione, del proibizioscritte e lo slancio individuale
nismo e del caso Lindbergh:
o l’impeto dell’autoaffermaziotuttavia, nelle corrispondenze
ne sono arginati da una serie
dello scrittore, la gravissima
di “invisibili dighe”. La libertà è
crisi economico-finanziaria che
una realtà illusoria e “non esiste
dal crollo della borsa di Wall
sulla terra una società più conStreet sarebbe perdurata per
servatrice di questa”. Lo stesso
quasi un decennio, è presente
proibizionismo è una perversiosolo in filigrana. Il lettore non
ne interpretativa della morale, e
vi trova una disamina suffinasce per Borgese da un dop-
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pio errore, in quanto è allo stesso tempo lex servile,
legge di casta, e un erroneo atteggiamento generale
della nazione americana nei confronti della vita e del
piacere.
Il paesaggio metropolitano e la lingua inglese, vale
a dire l’organizzazione degli spazi e del pensiero, si
concretizzano immediatamente per lo scrittore nelle
più evidenti chiavi interpretative della vita dell’uomo
americano. Borgese viaggia molto durante i primi
anni, spinto da una curiosità che si trasforma progressivamente in ammirazione. Lo scrittore abita o
soggiorna brevemente a New York, Amenia, Chicago, San Francisco, Washington e in altre località della
California e del Massachusetts. Tra le sue personali
esplorazioni geografiche e antropologiche campeggia protagonista, senza dubbio, la città di New York.
L’urbanistica americana lo affascina in modo violento e in particolare la città di New York, uno dei suoi
simboli estremi, è la “città supremamente”, la “città
assoluta”. La forte spinta verticale dell’architettura
delle metropoli è, agli occhi dello scrittore, non solo
una necessità pratica, ma è anche “eloquenza lirica”, “espressionismo sublime”. La prima spiritualità
dell’America che egli coglie è proprio il travaglio di
queste enormi masse di materia che cercano un proprio senso e un proprio spazio. Il termine skyscrapers è un misto di ironia e orgoglio prometeico, e, a
un primo sguardo d’insieme, queste torri moderne
sono come “tanti io maiuscoli alzati sopra il caos”.
La metropoli americana è piena di paradossi e peculiarità che la allontanano per spirito e conformazione
stessa dalle capitali europee. Così New York, apoteo­
si dell’urbanistica occidentale, con la sua organizzazione, il suo profilo, la sua severa distribuzione delle
masse, può ricordare le terre e i palazzi d’Oriente e
del mondo antico, l’Egitto, la Mesopotamia, Babilonia.
Anche l’alternarsi di spazio e materia generato
dall’architettura, intessendo un proprio dialogo, diviene linguaggio, e concorre a creare contesti psicologico-emotivi peculiari di quell’inclinazione dell’animo e della cultura estetica ed etica che Borgese
definisce americanismo; un aggettivo che certamente racchiude in sé una sottile accezione negativa, un
misterioso veleno, ma che per Borgese, uomo europeo e cosmopolita, non potrebbe essere altrimenti.
Una tra le pagine più intense di Atlante americano
senza dubbio la incontriamo in Parallele umane. In
una società che si vorrebbe edificata su di un rapporto di fiducia con il mondo esterno, il melting-pot,
pare rimanere un inganno e un’illusione; il crogiolo
dei popoli in America rimane un sogno ingenuo, perché le “razze si sfiorano, ma non si toccano”. New
York stessa è costruita su di un sistema di rette che
porta ad estrema semplificazione la pianta della città
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romana: “così come sugli interminabili marciapiedi
ognuno non è che passante e le vicinanze non sono
che casi. In questo passarsi accanto, in questo vivere
su parallele, è tanta parte dell’anima di questa città,
in cui generazioni più fiduciose sognarono di fondare una comunità perfetta”. E lo scrittore non può
in proposito non ricordare il triste destino di molti
immigrati italiani (notevoli le pagine dedicate a Ellis
Island), e il problema della discriminazione, del caos
e del vuoto legislativo che riguarda i cittadini di colore: “vige su di essi un regime oppressivo che è in
contrasto con la Costituzione e coi risultati scritti della guerra civile”. Borgese non vive solo la realtà della
metropoli, ma in varie occasioni viaggia in provincia.
Qui gli pare di poter mettere a fuoco l’immagine, il
volto dell’uomo americano.
In una fase storica di depressione economica e di travaglio sociale, la più caratteristica sfumatura emotiva
del cittadino di New York o dell’abitante di un villaggio californiano è data dalla costanza e dal coraggio
per cui l’uomo americano, al momento opportuno,
sa vestire i panni del pioniere o dell’avventuriero: ma
in provincia tutto è attenuato e blando. Essa è come
una “ninfa gentile”, dove regna la malinconia, l’attenzione per le piccole cose, e il senso di una vita precaria e più umile. In questi angoli appartati, lontani
dai centri fragorosi e impulsivi, lo scrittore avverte in
misura maggiore la nostalgia dell’Europa, la distanza
che ormai lo separa geograficamente e sentimentalmente dal Vecchio mondo. Come ogni crisi epocale,
anche questa riversa i suoi effetti sulle masse, e dalla
nebulosa informe della disoccupazione, della miseria e della sfiducia nel sistema capitalistico, nasce
il Common man, l’antagonista simbolico del super
uomo di Nietzsche. Perciò l’originale e determinante
incontro di Borgese con l’essenza dell’America e della sua crisi s’identifica con la sua scoperta dell’Uomo comune, l’Uomo qualunque, cellula fondante
della società. Lo scrittore chiarisce quale sia questa
particolare tipologia d’individuo, così lontano dagli
entusiasmi e dalle esaltazioni europee, nel capitolo
“Strano interludio”. La democrazia statunitense non
ha un’identità compatta, e non è “una gerarchia di tre
classi all’antica”. Esistono quattro principali ceti sociali: “Il forestiero all’arrivo vede prima di tutto questi edifizi giganti. Essi sono i castelli dell’alta finanza
e del Business. Pure le classi finanziaria e politica,
nonostante ogni debilitazione, sono forme sociali
maestose. Minuscola all’estremo, in loro confronto è
la terza classe, l’Intelligenza: alcune decine di migliaia, accentrate specialmente nell’East, fra cui qualche
migliaio è di scrittori che si leggono fra loro.[…] La
sua influenza sulla cosa pubblica è presso che nulla”.
La quarta classe? Chi sono, si chiede Borgese, gli altri, i cento e più milioni di individui? “Sono gli uomini
comuni, la massa opaca, potente, e ancora inconsapevole della sua potenza […]. L’uomo comune Egli è
la vera sostanza dell’America, il suo senso, il suo futuro”. Mentre Borgese precorrendo utopisticamente
il suo tempo teorizza la salvezza dell’Uomo comune
nella Città dell’Uomo, vale a dire in una democrazia
mondiale, la crisi americana troverà la sua guarigione con una seconda guerra planetaria.
Il discorso sulle conseguenze della crisi di Wall Street
costituisce una tessera essenziale di quell’approccio
peculiare, se pure parziale, alla civiltà americana,
che s’inserisce entro la cornice critica, controversa
e decisiva, rappresentata dall’antiamericanismo; un
atteggiamento dalla forte connotazione ideologica,
che mescola l’ingrediente del mito europeo a quello
del nazionalismo più spinto; è chiaro come Borgese,
che rimane lontano dalla prospettiva fascista, colga
solo il primo dei due, leggendo al contrario gli States
come messaggio universalista.
Borgese non è un americanista. Giunge negli Stati Uniti grazie a un’opportunità accademica, più o
meno fortuita, alla quale si aggiunge solo in un secondo momento una difficile situazione politica e
diplomatica che rende impossibile il suo rientro in
patria. Lo scrittore scoprendo l’America fa i conti con
quella che era stata la sua forma mentis, la sua opera
13
precedente, i suoi ideali, i suoi capisaldi, ma anche il dualista e della ancor più folle democrazia materiasuo provincialismo e i suoi pregiudizi.
lista”.
Ne La Vita e il libro aveva riservato agli americani l’e- Nella profonda ferita sofferta dall’economia statupiteto di “barbari materialisti”. In più di un’occasione, nitense, nel clima di incertezza generale e nella nee alla vigilia stessa del suo viaggio oltre Atlantico, cessità di rinascita e ricostruzione, forse Borgese, in
aveva ironizzato sui miliardari di New York e le dive parte anche inconsapevolmente, scorge la metafora
di Hollywood. Ora riesce a guardare alla civiltà ame- della propria condizione esistenziale e all’orizzonte
ricana da vicino controllando il filtro degli stereotipi, la prospettiva di eventi che coinvolgeranno l’Europa
tralasciando il timore del confronto, senza l’appiatti- e il mondo intero. L’America colpita “da una febbre”
mento critico del “sentito dire” e dei luoghi comuni. che denuncia le sue tossine, rappresenta lo stadio
Dietro alla cortina spessa del reale, e dietro al dato culminante, la crisi, di una malattia trascurata e cooggettivo del progresso e del primato tecnologico, vata da tempo. La Nuova Atlantide è ora di fronte al
Borgese, romantico viaggiatore europeo, cerca i bivio delle scelte, e coglie l’opportunità di ripensare
miti, ma forse non li trova, o trova, semmai, una loro al modello di società alla quale intende aspirare. Le
proiezione ideale. Il pantheon americano è dominato pagine di Borgese lasciano intravedere i segni di una
da Prosperity, Opportunity e Chance, e se l’Europa ripresa, un certo ottimismo nei riguardi della presiè torbida, l’America di questi anni è povera. Pren- denza Roosevelt, la capacità di un popolo pratico,
dendo le mosse da tale constatazione Borgese nella dinamico, portato a raccogliere le sfide con lo slansezione Nozze dell’America con la Povertà, tenta di cio del pioniere e la dedizione del pellegrino, di risolriflettere sui risvolti sociali della crisi attraverso l’os- levarsi. Ancora più incisivi appaiono i cambiamenti
servazione di un linguaggio che si manifesta come e l’effervescenza in campo culturale. Se in Europa
specchio della società. “Gli americani, se il loro cor- l’arte è un accadimento quotidiano, in America diso storico finisse oggi, se prima di sparire dovessero viene evento e il cinema, che è la più nazionale deladottare una sigla, dovrebbero adottar questa: Pro- le arti americane, ha contribuito alla formazione di
sperity”. Il termine Prosperity era divenuto l’insegna, una nuova civiltà estetica, ma, al tempo stesso, selo slogan della campagna presidenziale e Roosevelt condo l’ottica di Borgese, al formarsi di un pubblico
ne intendeva garantire la rinascita.
che non riesce ancora a divenire società, apparenIn cosa consiste, in tale contesto, il concetto di pro- do come “una massa globale senza conversazione
sperità? Chi è la dea Prosperity? Non è in realtà e senza critica”. Dall’altra si registra il dilagante sucl’italiana dea abbondanza, ma è più sobria e parsi- cesso della musica Jazz, ricercata quasi fosse una
moniosa. Possiede, inoltre, due divinità sussidiarie: terapia, un’innocua valvola di sfogo alle carenze maOpportunity e Chance; Opportunità e Occasione. teriali o alla discriminazione razziale. Le impressioni
Prosperity è uno stato di benessere in cui si mesco- americane di Borgese sono decisamente molto più
lano autonomia e coraggio: la prosperità americana, liriche e sentimentali rispetto all’America amara di
tuttavia, sembra aver perso negli ultimi decenni, se- Emilio Cecchi, e non raggiungono l’intensità e la dicondo Borgese, “la coscienza delle sue radici etiche, mensione intima di America primo amore di Mario
anzi religiose” e, forse, è questo uno dei motivi della Soldati, ma paiono anticipare le sensazioni di cui
sua crisi e decadenza.
racconterà negli anni cinquanta Guido Piovene nel
In Goliath, The march of Fascism Borgese non man- suo reportage De America. L’America è per Borgese
ca di sottolineare come il disastro finanziario di Wall un eccezionale campo d’azione e un laboratorio per
Street abbia favorito il sorgere dei nuovi nazionali- esperimenti culturali e politici, ma dalla raccolta di elsmi e il declino della democrazia. Per cui “col crac zeviri si coglie come lo scrittore, tentando una radiodel mercato di New York, come se una diga avesse grafia oggettiva della realtà statunitense degli anni
improvvisamente ceduto, nazioni fino ad allora inac- trenta, sia sospinto da una forza poetica trasfiguratricessibili aprirono le porte al fascismo, e l’idea fasci- ce, da una nostalgia creatrice che non si arrende alla
sta, se non proprio l’esercito fascista dilagò nel mon- lontananza dal Vecchio continente e traccia con la
do”. Lo scrittore osserva che l’Italia, ricevuto l’ordine pazienza dello scriba la mappa di un nuovo atlante,
di avere una crisi di amnesia,
lasciando ai lettori il desiderio
una specie di sospensione Alla figura di Giovanni Antonio Borgese e al e la curiosità di mettersi in
dal giudizio razionale, finiva suo profilo intellettuale è dedicato il volume viaggio, ma soprattutto di riper credere che la sua mise- di Silvia Bertolotti, I petali dell’esilio: Giu- flettere sul fatto che “ritornata
ria non fosse altro che “una seppe Antonio Borgese dal mito europeo sui suoi passi, come un sole
conseguenza della catastrofe all’utopia americana 1931-1949 di prossima boreale, l’America ritroverà la
americana e un castigo […] uscita nella collana di pubblicazioni della frontiera; e questa frontiera
della folle economia indivi- Fondazione Museo storico del Trentino.
sarà l’Europa”.
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Letterati in tempo di crisi
La prima metà del NovePolifonie conoscitive consencento, caratterizzata da due
tono di cogliere una totalità,
il caso di Hermann Broch
conflitti mondiali, ha portato
che con linguaggio contemmolti scrittori verso l’esilio:
poraneo definiremmo come
una lontananza non solo fiuna specie di globalizzazione
di Stefano Chemelli
sica, ma di fatto una sorta di
della parola attraverso il rooccultamento forzato dell’omanzo, luogo simbolico nel
pera, destinata, nella migliore
quale s’incontrano scienza
delle ipotesi, a prendere luce
e letteratura. Quella parola,
in un tempo distante dalla
però, dirà Broch “è determiloro esistenza.
nata dalla convinzione che la
È il caso del viennese Herriserva autonoma e intangimann Broch. Costui, nato nel
bile della creazione poetica
1886, conoscerà da vicino
risiede nello stato irrazionale
l’avvento del nazismo aupiù profondo, in quella regiostriaco che lo imprigionò per
ne davvero panica dell’espeun breve periodo, costrinrienza vissuta, degli accadigendolo nel 1938 a emigrare
menti oscuri e onirici, dove
dapprima in Inghilterra e sucl’uomo, orientato solo dai
cessivamente negli Stati Unisuoi stati affettivi primari, dalti, dove morirà nel 1951.
le sue attitudini infantili, dai
Hermann Broch si laurea nel
suoi ricordi, dai suoi deside1907 in ingegneria tessile e
ri erotici, subisce una deriva
lavora nell’industria del padre
animale e fuori dal tempo”.
a Teesdorf. I suoi interessi lo
In un’epoca di decadenza e
porteranno, però, nel 1927
di “disgregazione”, di “vuoto
a dedicarsi a tempo pieno a
di valori”, di crisi economica
una singolare attività di roe sociale, e soprattutto spirimanziere, poeta e saggista,
tuale, come può crescere un
con profondo interesse per
nuovo ethos?
la filosofia e la matematica.
Lo sguardo di Broch ha una
Broch è l’esempio emblemavisione esistenziale capace
tico dello scrittore novecendi abbracciare per intero il
tesco portatore di un’ossestempo di un’Europa, che ha
siva autoriflessione sul prodisgregato inesorabilmente
prio pensiero e sulla propria
il patrimonio della tradizioesistenza: ne fa fede, solo per
ne, ciò che viene e rimane
citare un esempio, la pubblinel tramando del passato,
cazione di una peculiare Autobiografia psichica (Bo- il “valore” come argine all’”orrore”, mentre resta il
logna, Il capitello del sole, 2002), che ce lo restituisce quotidiano realismo pragmatico a dare un significon una straordinaria capacità d’introspezione. Tra il cato alla vita nel superamento dell’utopia. Il “secolo
1928 e il 1931 si colloca la scrittura del suo capola- breve” non è che la conclusione di un ciclo secolare
voro: Die Schlafwandler (I sonnambuli), una trilogia distruttivo, avviatosi con i valori dell’universalità mesu tre tempi: Pasenow o il romanticismo, Esch o l’a- dievale, per giungere sino ai decenni novecenteschi
narchia, Huguenau o il realismo: 1888, 1903, 1918, della guerra all’umanità, dove decadenza e dittatura
come epoche che indicano “gli stadi terminali dei prendono il sopravvento.
vecchi valori europei” attraverso il dispiegamento La fine del secolo XIX rappresenta per Broch “l’epo“degli elementi onirici”.
ca disperatamente priva di stile” e Vienna è centro di
Il racconto, costellato da saggi di riflessione, costitui- un vuoto che è europeo: “L’atmosfera apocalittica insce una forma nuova del romanzo, un modo diverso combeva su tutto il mondo, con più frenesia in Gerdi praticare la letteratura: il romanzo ‘gnoseologico’ mania, mentre quasi impalpabile era nell’epicentro
(Broch scrive che l’opera letteraria è un atto di “im- del tramonto, ovvero in Austria, giacché a regnare
pazienza gnoseo­logica”) affianca il romanzo psico- nell’occhio del tifone è sempre il vuoto, e il silenlogico, così come Broch lo intende, affermando la zio che lo accompagna: se altrove c’era ovunque
nascita del romanzo ‘polistorico’.
tensione e inquietudine, lì non si perdeva certo la
15
Otto Dix, Pragerstrasse, 1920
quiete perché già da
cent’anni dominava
comunque un’atmosfera di congedo, e
se altrove si cercavano nuovi mezzi
per sventare la sciagura
incombente,
l’Austria invece si
accontentava
dei
mezzi offerti dal
conservatorismo e
dalla conservazione perché non valeva più la pena di
tentare esperimenti
nuovi: si trattava
soltanto di procrastinare la fine inevitabile… E a Vienna,
al tempo della sua
ultima e fantomatica
fioritura, risultò più
chiaro che in qualsiasi altro luogo, e in
qualsiasi altra epoca, che cosa significhi celare la miseria sotto una patina
di ricchezza… E in
quanto capitale del
Kitsch, Vienna divenne anche la capitale del vuoto di valori della propria epoca”.
John W. Boyer e Carl E. Schorske (due autori di eccezione) offrono altri studi rilevanti sull’epoca che
Broch affronta nel grande saggio intitolato Hofmannsthal und seine Zeit (Hofmannsthal e il suo tempo),
mirabile sintesi della temperie tra il 1860 e il 1930 in
un’esperienza di scrittura che è anche autobiografica e capace di acuta autoanalisi.
L’evocazione dei grandi spiriti (Broch è sicuramente uno di essi) può servire a parare una minaccia
incombente, un pericolo. Broch vi ricorre con la figura di Virgilio per mitigare la bestiale concretezza
del nazismo, ormai prossimo a coinvolgerlo in prima persona, tra Hitler e l’Anschluss, trasfigurando
la morte di Virgilio nella propria, mentre l’immaginazione preparatoria di un congedo diventa motore
di un’opera Der Tod des Virgil (La morte di Virgilio,
1945), originalissima quanto impervia.
La morte di Virgilio racconta le ultime diciotto ore
di vita del poeta romano, dal suo arrivo nel porto di
Brindisi fino alla morte. La notte incipiente fa da sfondo a questa esperienza cruciale della vita che incon-
16
tra la morte. Broch
introduce la tecnica
della
simultaneità
delle rappresentazioni, porta il presente
a irradiarsi in più direzioni, opponendo
una resistenza a ogni
formula
riduzionistica, combattendo
quella che lui chiama
la disgregazione dei
valori di un tempo
vuoto.
Egli ha percorso con
sagacia ogni sentiero
volto a contrastare lo
“sfacelo dei valori”,
ha creato una forma
strutturale e stilistica
che ha saputo mutare a tal punto – come
ha affermato Mittner
– da riconoscere a fatica un vero e saldo
centro psichico, e le
pagine autobiografiche, solo di recente
accesso, confermano la profezia del
germanista, tra le
pieghe intime della
complessa
personalità di Broch. La tensione che crea tra realismo e
simbolismo, nella varietà dei toni con una incredibile
varietà rinnovata di situazioni e allusioni intrecciate,
contraddistinguono la diversità dei temi dei quattro
grandi romanzi (Die Schlafwandler, Die Schuldlosen,
Der Versucher, Der Tod des Vergil) e sono davvero,
come sosteneva Hannah Arendt, riferendosi in particolar modo alla Morte di Virgilio, opere che gettano
un ponte sull’abisso di spazio vuoto tra il “non più” e
il “non ancora”; il tramite eletto tra Proust e Kafka per
lei è proprio Broch. Se si pensa a Gli incolpevoli ci
insinuiamo nell’interstizio sottile dell’indifferenza paralizzante, di personaggi inabili a prendere posizione,
amorfi a un contesto che prepara il terreno alla tragedia nazista e alla sua catastrofe: l’indifferenza politica
– dirà Broch – prepara all’indifferenza etica e alla perversione etica. La colpa ha quasi una connotazione
metafisica, si edifica dall’indifferenza. Sortilegio, lo
straordinario affresco del romanzo della montagna,
con pagine ineguagliate dedicate alla natura, nella
quale si manifesta minacciosa la corrotta presenza
dell’uomo, avranno ben tre versioni diverse, lavoro
delle conoscenze. Conseguire la simultaneità significa porsi nella posizione di ascolto dei diversi fenomeni, con un senso musicale che Broch nel Virgilio
porta verso una concezione spaziale del linguaggio,
della memoria, del ricordo, con respiro amplissimo,
polifonico.
Nella polifonia c’è anche il tema della selva, della
materia multiforme e simultanea, delle voci della
gente e dei singoli, dei suoni. È una scrittura che si
alimenta di elementi mistici, con una propria spazialità, con un linguaggio che investe la memoria e il suo
mistero, il desiderio di esprimere valori universali in
direzione di una comunità parlante nella sua molteplice conoscenza possibile. La parola poetica porta
alla coscienza della parola, alla sua conoscenza, a
una memoria profetica. La molteplicità delle voci, la
grande memoria collettiva, con una lingua che
dice più di quello che leggiamo, soprattutto
nei momenti di crisi, dove la transizione
apre le porte al nuovo, trasferendo con
energia e potenza creativa ciò che è
stato già pronunciato, corroborano l’etica e l’esperienza della parola letteraria, conducono Hermann
Broch, nel respiro sinfonico dialogante di
una comunità, verso la costellazione
del divino.
George Grosz
panico dell’autore sino agli ultimi giorni della sua
vita, rimasto incompiuto ma egualmente monumentale. È come se la crisi personale e di un’epoca sia
ricaduta anche sul romanzo, trasformandolo e disgregandolo nello specchio delle allusioni (la terza
parte dei Sonnambuli è eloquente al proposito e
nelle stesse opere teatrali di Broch la scienza economica diviene l’assoluta protagonista di un realismo esasperato che porta alla frantumazione e alla
ricomposizione degli elementi e delle funzioni in una
prospettiva sempre parziale, sospesa).
Nelle età di transizione sorge uno “spazio vuoto”,
una sorta di “terra di nessuno”, la disgregazione
dei valori nasce in un processo di allontanamento
dall’unitarietà della realtà rappresentata anche dal
romanzo, nell’affermazione del frammento che si fa
opera lirica, poetica e speculativa, con la poesia
e la scienza chiamate a ridisegnare una nuova totalità, una nuova conoscenza.
È l’affermazione e la ricerca di una inedita unità di misura del mondo che ridà
significato ai valori, che contrasta il
poderoso processo di secolarizzazione di un’umanità svilita, nel
tentativo di superare la morte
attraverso la
simultaneità
17
Le misure della crisi
in Trentino
Dall’autunno del 2008, con lo
Nell’area dell’euro l’Italia è fra
scoppio della grave crisi finani Paesi con seri problemi di soziaria negli Stati Uniti, il mondo
stenibilità del debito sovrano
è entrato in un periodo difficile
e con la necessità di adottare
che si è caratterizzato per un
politiche di bilancio finalizzate
a cura di Giovanna Fambri
impoverimento generalizzato.
ad assicurare la solvibilità e la
e Vincenzo Besozzi
La crisi finanziaria è diventata
riduzione del debito, nonchè rinel 2009 crisi economica, con i
forme strutturali per aumentare
relativi riflessi anche sull’occula competitività del Paese.
pazione e sul benessere delle
L’Italia è in chiara recessione,
famiglie; successivamente si è
per la seconda volta dal 2007,
registrata una breve ripresa con un nuovo rallenta- con una caduta del PIL stimata al 2,1% nel 2012 (la
mento nel 2011.
stima preliminare dell’ISTAT, diffusa il 14 gennaio
Attualmente il contesto dell’economia mondiale è in 2013, indica una riduzione pari al 2,2% del PIL itacrescita, dopo una fase di indebolimento nel 2012, liano nel 2012), in arretramento anche nel 2013 e in
e dovrebbe tornare a ritmi di incremento sostenuti, lieve ripresa solo nel 2014. L’Italia ha visto il proprio
soprattutto nell’area del Sud-est asiatico, in primis la PIL ridursi di circa il 7% rispetto al 2007. Le caratCina. Le economie emergenti guidano questa nuo- teristiche della crisi italiana sono simili a quelle che
va ripresa che stenta a rafforzarsi, per motivi diversi, si riscontrano in diversi paesi europei. La domanda
nell’area americana e in quella dell’euro.
interna è fragile e in contrazione; la domanda estera
L’America è in ripresa, sostenuta da politiche espan- fornisce l’apporto positivo al PIL.
sive, ma con l’incognita nell’evoluzione dovuta ai Il Trentino risente pesantemente del contesto italiano
problemi del debito sovrano. L’Europa, soprattutto e internazionale e l’uscita dalla crisi è vincolata alla
l’area dell’euro, è tornata in recessione per gli squili- sua evoluzione. Nel 2012 il PIL trentino è stimato in
bri fra gli Stati e per le conseguenti politiche restrit- arretramento, anche se con un’intensità meno martive che hanno come priorità la riduzione dei debiti cata di quella dell’Italia; nel 2013 si stima una crescisovrani. Nel 2013 la ripresa rimane fragile e caratte- ta del PIL molto contenuta (inferiore al mezzo punto
rizzata da ampia eterogeneità fra aree e paesi. L’eco- percentuale) che dovrebbe consolidarsi nel 2014.
nomia dovrebbe rafforzarsi nel 2014.
Nel 2014 si prevede che il PIL torni a una crescita
La prima crisi economica (2009) ha comportato un
brusco crollo degli scambi commerciali internazionali che hanno determinato un arretramento del PIL
mondiale; la seconda crisi economica (2011/2012)
è stata causata dall’instabilità nei mercati finanziari,
nata dall’importanza dei debiti sovrani soprattutto
nell’area dell’euro, che hanno causato una caduta della domanda interna (consumi e investimenti)
come conseguenza delle politiche di bilancio restrittive. In questa seconda crisi è la domanda estera che
fornisce il contributo positivo al PIL.
PIL per alcuni Paesi e aree di interesse per il Trentino
(variazioni percentuali rispetto all’anno precedente)
Mondo
2007
5,4
2009
-0,6
2011
3,9
2012
3,2
2013
3,5
Cina
14,2
9,2
9,3
7,8
8,2
Stati Uniti
1,9
-3,0
1,8
2,3
2,0
Area Euro
3,0
-4,4
1,4
-0,4
-0,2
Germania
3,4
-5,1
3,1
0,9
0,6
Francia
2,3
-3,2
1,7
0,2
0,3
Italia
1,7
-5,5
0,4
-2,1
-1,0
Elaborazione Servizio statistica della Provincia autonoma di Trento
su dati FMI, World Economic Outlook Update, gennaio 2013
18
(1) Fatturato delle imprese trentine per mercato di vendita del prodotto
(variazioni percentuali rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente)
30
20
10
0
1 tr
2006
1 tr
2007
1tr
2008
1tr
2009
1tr
2010
1tr
2011
1tr
2012
-10
-20
-30
Totale
estero
nazionale
provinciale
Elaborazione Servizio statistica della Provincia autonoma di Trento su dati della Camera di commercio, industria,
artigianato e agricoltura di Trento, Indagine sulla congiuntura in provincia di Trento
tra l’1,5% e l’1,8%. L’economia provinciale dalla fine
del 2011 sta vivendo un nuovo periodo di difficoltà
che questa volta colpisce soprattutto le imprese che
producono e operano sul mercato locale e nazionale.
Fino all’estate del 2011 l’economia trentina, dopo il
significativo arretramento del 2009, sembrava aver
trovato una ripresa, sostenuta dalla domanda estera
che andava irrobustendosi. Dall’autunno in poi si è
interrotto il trend positivo e dal quarto trimestre 2011
si è avuto un andamento chiaramente rallentato. In
Trentino, in modo simile all’Italia, la domanda interna
risulta molto fragile e la domanda estera rimane il
principale sostegno per l’economia provinciale.
Il grafico (1) evidenzia l’andamento del fatturato del
sistema produttivo per mercati di vendita del prodotto, dal quale si rileva la pesante crisi del 2009 e la
ripresa del 2010/2011, guidata dalla domanda estera
che controbilancia la debolezza della domanda interna, soprattutto locale. Nel 2012 la domanda estera
perde la sua forza trainante e l’impresa trentina torna
in recessione.
Le due crisi economiche, entrambe importate in
Trentino, sono il risultato di cause diverse. La prima,
quella del 2009, è scaturita dal grave problema finanziario degli Stati Uniti, dai cosiddetti “titoli tossici”; la
seconda nel 2011/2012, invece, è stata la conseguenza delle turbolenze sui mercati finanziari, soprattutto
nell’area dell’euro. Il problema della sostenibilità del
debito sovrano in alcuni Paesi dell’area dell’euro, tra
i quali l’Italia, ha portato alla necessità di adottare
politiche di bilancio restrittive ma anche depressive
dell’economia reale.
Il Trentino ha subito entrambe le crisi. Nella prima
crisi del 2009, l’economia provinciale ha sopportato meglio di altri territori gli effetti della recessione
mondiale, grazie sia alla particolare composizione
del sistema produttivo, caratterizzato da una minore
incidenza delle grandi imprese manifatturiere rispetto ad altre realtà nazionali ed europee e da un minor
grado di apertura verso il mercato estero, sia alla
manovra anticrisi straordinaria adottata dalla Provincia autonoma.
Tale manovra ha introdotto misure a favore delle famiglie, quali interventi di sostegno al reddito e all’occupazione e di contrasto alla povertà. Per il sistema
produttivo, invece, si è realizzata una manovra straordinaria per i lavori pubblici e l’edilizia residenziale
privata, nello specifico per le ristrutturazioni. Inoltre,
sono state predisposte azioni per facilitare l’accesso
al credito e il finanziamento alle imprese nonché per
la competitività del sistema produttivo.
Con il ritorno in recessione la manovra provinciale si
è trasformata da misure straordinarie congiunturali
in misure strutturali, ripensando e aggiornando un
insieme di politiche, tra le quali anche una revisione
profonda dell’organizzazione e delle modalità di offerta dei servizi pubblici, processo peraltro ancora in
corso di realizzazione.
19
(2) Fatturato, produzione e ordinativi delle imprese trentine
(variazioni percentuali rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente)
15,0
10,0
5,0
0,0
1tr 2011
3tr 2011
1tr 2012
3tr 2012
-5,0
-10,0
-15,0
fatturato
produzione
ordinativi
Elaborazione Servizio statistica della Provincia autonoma di Trento su dati della Camera di commercio, industria,
artigianato e agricoltura di Trento, Indagine sulla congiuntura in provincia di Trento
Nell’ultimo anno l’economia trentina è in contrazione, con valori negativi nel fatturato, produzione e ordinativi, dopo la ripresa del 2010/2011 (2).
Conferme di questa difficile situazione si hanno anche dall’andamento dei consumi energetici.
Il settore manifatturiero presenta, pur nel peggioramento del 2012, l’andamento migliore perché sostenuto dalla domanda estera; gli altri settori, invece,
soffrono in maniera diversa la crisi.
Le esportazioni delle imprese trentine sono quasi
esclusivamente effettuate dal settore manifatturiero, in media circa il 95%. Il Trentino ha recuperato
le pesanti perdite subite nel 2009 (-19,1% rispetto al
2008) già all’inizio del 2011. Nel 2011 le esportazioni
trentine rilevano un incremento pari all’11% rispetto
al 2010 e al 6,5% rispetto al 2007.
Il 2012 è iniziato positivamente ma, in seguito a un
rallentamento degli scambi internazionali, le esportazioni del Trentino hanno chiaramente ridotto la
propria dinamica (3).
Nel primi nove mesi del 2012 le esportazioni sono,
20
infatti, cresciute del 3%, fermandosi nel terzo trimestre del 2012 (0,3% rispetto al terzo trimestre del
2011).
Esportazioni delle imprese trentine per i principali mercati
(variazioni percentuali rispetto allo stesso periodo
dell’anno precedente)
2011
Totale esportazioni
di cui: Germania
di cui: Stati Uniti
di cui: Francia
11,1
16,7
12,7
17,5
gennaioterzo
settembre trimestre
2012
2012
3,0
0,3
-5,7
-12,6
5,4
7,8
-1,1
-2,8
Elaborazione Servizio Statistica della
Provincia autonoma di Trento su dati ISTAT
Le esportazioni delle imprese trentine si rivolgono
prioritariamente ancora ai paesi dell’Unione europea. Le esportazioni comunitarie sono, infatti, pari
al 65%; di particolare importanza sono la Germania
e la Francia. Questi due Paesi rappresentano circa il
(3) Esportazioni ed importazioni delle imprese trentine
(variazioni percentuali rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente)
40
30
20
10
0
1tr
2006
1tr
2007
1tr
2008
1tr
2009
1tr
2010
1tr
2011
1tr
2012
-10
-20
-30
-40
-50
esportazioni
importazioni
Elaborazione Servizio Statistica della Provincia autonoma di Trento su dati ISTAT
30% delle esportazioni annuali del Trentino, con la
Germania che incide per circa il 20%. Il terzo partner
per le esportazioni trentine sono gli Stati Uniti.
Le imprese trentine iniziano a diversificare i mercati
di esportazione e di conseguenza assumono consistenza anche le economie emergenti. Brasile, Russia, India e Cina (i cosiddetti BRIC) hanno triplicato,
nel giro di pochi anni, la loro importanza, rappresentando nel 2011 il 6,3% delle esportazioni trentine. Il
settore delle costruzioni permane in profonda difficoltà, che le crisi del 2009 e del 2011/2012 hanno solo
acuito. Il settore è da diversi anni in una crisi strutturale che necessita di un ripensamento del modo di
costruire. In questo contesto le misure anticongiun-
turali dell’Amministrazione provinciale hanno ridato
ossigeno solo momentaneamente al settore.
Le misure adottate dalla Provincia nel 2009 hanno,
infatti, portato a variazioni in aumento prima nella
produzione e poi nel fatturato e medesimo comportamento si è rilevato anche nel 2012, seppur con minor intensità e senza riuscire a riportare in positivo il
settore. In mancanza di misure pubbliche il comparto
sarebbe in costante contrazione. Anche le ore lavorate in edilizia, la cassa integrazione e le compravendite immobiliari confermano l’andamento negativo.
Il commercio al dettaglio subisce la debolezza della
domanda delle famiglie che, di fronte all’incertezza
e alle prospettive negative del mercato del lavoro,
Proposte di lettura a cura della Biblioteca della Fondazione Museo storico del Trentino
Aldo Giannulli, 2012: la grande crisi, Ponte delle Grazie, Firenze, 2012.
Il triennio 2012-2014 si prospetta come un crocevia di eventi epocali. Non solo siamo
ancora dentro la crisi, ma essa potrebbe intensificarsi gravemente. Fra le cause, la fragilità economica legata al debito USA ma anche di alcuni paesi europei, con la scadenza di
titoli di Stato e obbligazioni per un totale di circa ventimila miliardi; la guerra valutaria e
commerciale fra Occidente e Cina; la crisi dell’Unione Europea con il rischio di una sua
scissione, ed eventi politici di grande portata: le elezioni presidenziali in USA, Francia e
Russia, il cambio della dirigenza cinese, la nomina del nuovo governatore della BCE e,
nella nostra piccola Italia, la possibilità strisciante di varie forme di secessione. Grazie al
rigoroso supporto di dati per lo più ignoti al pubblico, Aldo Giannuli ricostruisce gli scenari
che da questo complesso puzzle di avvenimenti potrebbero sorgere negli anni a venire.
21
rinviano le decisioni di spesa. Ritornano a crescere i
depositi delle famiglie nelle modalità più facilmente
spendibili in previsione di possibili urgenze non programmabili. In questo periodo il turismo ha confermato la sua importanza per l’economia trentina ed è
stato fonte di soddisfazione. Il 2012 è stato positivo
con un incremento delle presenze rispetto al 2011
pari all’1,3%. Questa performance è il risultato di ottimi andamenti delle presenze straniere e del rallentamento delle presenze italiane. L’anno 2012 si è caratterizzato per la scelta di vacanze in esercizi meno
strutturati. Gli esercizi turistici complementari, quali
ad esempio agritur, bed&breakfast, campeggi e rifugi, hanno registrato ottimi risultati. La stagione estiva
appena conclusa è stata positiva, con un incremento
delle presenze nel complesso degli esercizi turistici
pari a circa il 2%.
Il turismo nella stagione estiva 2012 e nell’anno 2012
(variazioni percentuali rispetto allo stesso periodo
dell’anno precedente)
Presenze negli esercizi
turistici (*)
di cui: presenze
straniere
Presenze negli esercizi
alberghieri
di cui: presenze
straniere
stagione
estiva 2012
2012
1,9
1,3
3,2
5,8
1,2
0,4
3,8
6,8
(*) Si considerano gli esercizi alberghieri e gli esercizi complementari
(ostelli per la gioventù, campeggi, colonie, campeggi mobili, alloggi
agrituristici, rifugi alpini, foresterie, case per ferie, alloggi gestiti in forma
imprenditoriale, affittacamere e bed&breakfast). Elaborazione Servizio statistica della Provincia autonoma di Trento su dati ISTAT/Servizio statistica
I servizi alle imprese hanno reagito alle crisi in maniera migliore rispetto agli altri comparti del sistema
produttivo trentino e nel periodo gennaio-settembre
2012 si attestano su valori simili a quelli del 2011.
Solo nel terzo trimestre 2012 si registrano andamenti negativi più contenuti rispetto al complesso dell’economia. Il mercato provinciale rimane in crescita
anche nel terzo trimestre, seppur con variazioni positive prossime allo zero. A rendere più complicato
questo periodo vi è anche il problema della disponibilità e dell’accesso al credito. Nella prima crisi le imprese si sono ritrovate con una riduzione repentina
di finanziamento e a costi crescenti, a volte non sostenibili. Nella seconda crisi, invece, le imprese hanno condizioni sulla concessione di finanziamenti più
restrittive e con la richiesta di maggiori garanzie dovute ai bilanci in perdita o per la presenza di evidenti
difficoltà. Le banche rilevano un aumento significativo dei crediti in sofferenza e un deterioramento nella
qualità del credito, con prospettive estremamente
incerte. In questa situazione le banche irrigidiscono
le condizioni per l’accesso al credito e le imprese si
trovano a non avere sufficienti finanziamenti per sostenere la propria attività. Le crisi nell’economia si
riflettono con ritardo anche nel mercato del lavoro.
Nel 2013, pertanto, si prevede un peggioramento.
Fino ad ora il mercato del lavoro trentino ha mostrato una buona tenuta complessiva però con segnali di
difficoltà sempre più evidenti.
In questo periodo, comunque, il Trentino ha aumentato i propri occupati. Dal 2007 al 2011 gli occupati sono aumentati del 3,4%, raggiungendo oltre
231.000 unità. Nel periodo l’occupazione maschile è
cresciuta meno dell’1% mentre quella femminile è
aumenta di oltre il 7%. Il 57% degli occupati sono
uomini.
I negozi “Compro oro” si moltiplicano nelle città impoverite dalla crisi economica
22
Nello stesso periodo aumenta anche la disoccupazione. Il tasso di disoccupazione nel 2011 è pari al
4,5%, in crescita dal 2007 (2,9%). A conferma dell’incremento dell’occupazione femminile in maniera più
marcata rispetto a quella maschile si ha una crescita diversa dei tassi di disoccupazione per genere. Il
tasso di disoccupazione maschile era pari nel 2007
all’1,8%, nel 2011 al 4,0%; quello femminile era pari
nel 2007 al 4,4%, nel 2011 al 5,1%. Nel 2012 il tasso
di disoccupazione è peggiorato e nel terzo trimestre
2012 ha raggiunto il 5,8% (4,7% quello maschile e
7,2% quello femminile).
La situazione più preoccupante è quella dei giovani:
il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) è,
infatti, più del triplo di quello complessivo. Nel 2011
era pari al 14,7%. Dal 2007 è cresciuto di poco più di
cinque punti percentuali.
Le difficoltà per i giovani sono simili a quelle degli occupati nel complesso, con condizioni relative
peggiori per gli uomini. Mentre nel 2007 il tasso di
disoccupazione maschile era pari al 7,9% e quello
femminile era pari all’11,5%, nel 2011 tali tassi per
genere sono pressoché uguali (14,3% per gli uomini,
14,5% per le donne). Anche questo tasso nel 2012 è
peggiorato e nel terzo trimestre 2012 ha raggiunto il
16,5%.
Il mercato del lavoro: occupazione e disoccupazione
Tasso di
occupazione
(15-64 anni)
Tasso di
disoccupazione
(15 anni e più)
Tasso di
disoccupazione
giovanile
(15-24 anni)
2007
2011
terzo trimestre
2012
66,3
66,1
66,6
2,9
4,5
5,8
8,9
14,5
16,5
La qualità della vita delle famiglie
2007
2012
Persone di 14 anni e più che
giudicano molto o abbastanza
soddisfacente la propria
situazione economica
64,2
63,8
Famiglie che giudicano
assolutamente insufficienti le
risorse economiche complessive
negli ultimi 12 mesi
2,4
2,8
Famiglie che giudicano molto
peggiorata la loro situazione
economica rispetto all’anno
precedente
5,3
8,4
Persone di 14 anni e più che
hanno svolto attività gratuita per
associazioni di volontariato negli
ultimi 12 mesi
20,8
22,5
Persone di 14 anni e più che
hanno donato fondi ad una
associazione negli ultimi 12 mesi
30,7
29,5
Elaborazione Servizio statistica della Provincia autonoma di
Trento su dati ISTAT/Servizio statistica
Elaborazione Servizio statistica della
Provincia autonoma di Trento su dati ISTAT/Servizio statistica
Le famiglie, in questo complesso ed incerto contesto,
pur rilevando condizioni economiche di tranquillità
iniziano a mostrare segnali di sofferenza e si attengono a comportamenti di consumo molto prudenti,
posticipando le decisioni di spesa non necessarie.
Le persone giudicano la propria situazione economica in modo positivo.
La percezione di peggioramento nella propria situazione economica è rimasta più o meno stabile rispetto al 2007 (4 decimi di punto). In Trentino la maggioranza della popolazione con più di 14 anni giudica
la propria situazione economica abbastanza o molto
soddisfacente (63,8%).
I dati rilevano una situazione soddisfacente, anche
se nell’ultimo anno s’iniziano a intravedere dei segnali di difficoltà, con una percentuale di oltre l’8%
di famiglie che percepiscono la propria condizione
economica in peggioramento, in aumento rispetto al
2007 di circa 3 punti percentuali.
Le persone in Trentino, comunque, continuano con
la stessa costanza a dedicare parte del proprio tempo libero ad attività di volontariato e risultano in aumento rispetto al 2007 di circa 2 punti percentuali.
Anche le persone che fanno una donazione in denaro sono circa il 30% e nel periodo si confermano
sostanzialmente stabili.
23
Cronaca di una crisi
annunciata
Bruno Amoroso si è laureato in
Paolo Malanima è professore
economia all’Università La Saordinario di storia economica
pienza di Roma, sotto la guida
presso l’Università Magna Gradi Federico Caffè. Negli anni dal interviste con Bruno Amoroso ecia di Catanzaro e dal 2002 di1970 al 1972 è stato ricercatorige l’Istituto di Studi sulle Soe Paolo Malanima
re e docente all’Università di
cietà del Mediterraneo ISSM
Copenhagen. Dal 1972 al 2007
del Consiglio Nazionale delle
a cura di Paola Bertoldi
ha insegnato all’Università di
Ricerche. Dopo gli studi presso
Roskilde, in Danimarca, dove
la Scuola Normale Superiore
ha ricoperto la cattedra Jean
di Pisa e presso l’Università di
Monnet, presso la quale è proPisa, dove si è laureato in stofessore emeriria moderna, ha
to. È docente
insegnato nella
all’International
stessa universiUniversity
di
tà e, negli anni
Hanoi, nel Vietsuccessivi, ha
nam, ed è stato
tenuto lezioni in
visiting profesnumerosi altri
sor in vari ateatenei fra cui
nei, tra cui l’UBari,
Firenze,
niversità della
Pavia, AmsterCalabria, la Sadam, Venezia,
pienza di Roma,
Napoli, Girona,
l’Atılım ÜniverLUISS di Roma,
sitesi di AnkaCollège
de
ra e l’Università
France e altri.
di Bari. È presiFra i suoi attuali
dente del Cencampi di ricerca
tro studi Federico Caffè dell’Università di Roskilde ed ci sono la storia dell’economia italiana nel lungo peè condirettore della rivista italo-canadese Intercultu- riodo dal X secolo all’avvio dell’industrializzazione e
re. È membro del consiglio di amministrazione del la storia dei consumi di energia nelle economie preForum Euroméditerranéen des Instituts de Sciences industriali e contemporanee. È membro dei comitati
Économiques (FEMISE) e coordinatore del comita- di direzione di riviste come Società e storia, Rivista
to scientifico della Fondazione per l’internazionaliz- di storia economica, Investigaciones de Historia Ecozazione dell’impresa sociale. Fa parte, inoltre, del nomica. Dal 2001, inoltre, è anche presidente della
comitato scientifico Freedom, Legality and Rights in European Graduate School for Training in Economic
Europe Network (FLARE), la rete internazionale per and Social historical Research (ESTER) con sede a
la lotta alla criminalità e alla corruzione; è membro Nimega, poi a Rotterdam (dal 2004), poi Groningen
ed esperto di DIESIS (Bruxelles) organizzazione no (dal 2005), infine Utrecht (dal 2010).
profit dedicata allo sviluppo dell’economia sociale, È fra i componenti dell’Advisory Board del Posthunelle forme cooperative, di impresa sociale, e di im- mus Centre (di cui fanno parte tutti i professori di
presa autogestita dai lavoratori, attraverso attività di storia economica e sociale dei Paesi Bassi). Ha infine
supporto, consulenza e valutazione dei progetti. È vinto il “Premio Capalbio” per la Storia Economica
decano della Facoltà di Mondiality, all’Università del nel 2005. È autore di numerosissime pubblicazioni,
Bene comune (Bruxelles-Roskilde-Roma), fondata solo per ricordare le ultime possiamo citare: L’ecoda Riccardo Petrella; è membro del comitato scien- nomia italiana. Dalla crescita medievale alla crescitifico del progetto WISE dell’Unione europea ed è ta contemporanea, Il Mulino, 2002; Uomini, risorse,
stato direttore del Progetto Mediterraneo promosso tecniche nell’economia europea dal X al XIX secodal CNEL (1991-2001). Tra i suoi ultimi libri possiamo lo, Mondadori, 2003; Energy Consumption in Italy in
citare Per il bene comune: dallo stato del benesse- the 19th and 20th Centuries, Issm-Cnr, 2006; Rapre alla società del benessere (2010); Euro in bilico porto sulle economie del Mediterraneo 2009 (a cura
(2011); Il “mezzogiorno” d’Europa: il Sud Italia, la di), Il Mulino, 2009; Rapporto sulle economie del
Germania dell’Est e la Polonia Orientale nel conte- Mediterraneo 2010 (a cura di) Il Mulino, 2010; Eusto europeo (2011); L’Europa oltre l’Euro (2012, con ropäische Wirtschaftsgeschichte 10.-19. Jarhundert,
Jesper Jespersen).
Böhlau, 2010.
24
Bruno Amoroso: “Raramente l’equità e la giustizia
prevalgono sugli interessi costituiti”
L’attuale crisi è qualcosa che si poteva prevedere,
oppure si è trattato di un evento i cui fattori molteplici globali lo hanno reso in qualche modo imprevedibile e conseguentemente incontrastabile? Quanto
è fondata l’accusa rivolta agli economisti in genere
di non aver lanciato l’allarme tempestivamente su
quanto si stava preparando?
La crisi finanziaria – “la più grande ondata di crimine
finanziario organizzato della storia umana”, secondo
le parole di James K. Galbraith – è stata preparata
nel corso di tre decenni durante i quali la Globalizzazione ha avuto il tempo di organizzarsi dispiegando
tutti i suoi effetti con l’imposizione del “pensiero
unico” fino al “potere unico” dell’ultimo decennio.
Tra gli economisti, e non solo, è prevalsa la corsa
a farsi “consiglieri del principe” sostituendo e riscrivendo i libri di testo sotto dettatura del pensiero
neoliberista. Tuttavia, le analisi critiche per comprendere quanto è accaduto non sono mancate: dai contributi premonitori di James K. Galbraith (Lo Stato
Predatore) a quelli di Paul Krugman e Joseph E. Stiglitz. In Italia le persone e i movimenti che potevano
denunciare e interpretare queste tendenze hanno
scelto la via opportunistica dell’”inserimento” e dell’”integrazione”, trasformando il piano di apartheid
globale della Globalizzazione in un’opportunità per
arricchirsi nel “villaggio globale”, e interpretando i
fenomeni reali della “destabilizzazione politica” e
“marginalizzazione economica” come “globalizzazione dal basso” e “globalizzazione del welfare”. Si
è cioè pensato di poter predicare il pacifismo portando la guerra altrove, di combattere la speculazione e il crimine “tassandoli” per ricavarne parte del
dividendo, di poter costruire la “città ideale” dentro
le nicchie di un contesto in sfacelo.
Si sente spesso sostenere che quella che stiamo
vivendo rappresenti non una delle tante crisi cicliche
vissute in passato, ma una crisi “sistemica o strutturale”, che può essere superata solo adottando soluzioni estranee al contesto al cui interno è maturata.
È d’accordo con questa interpretazione e se sì quali
azioni si sentirebbe di proporre?
La crisi attuale è una crisi economica e sociale provocata dal successo della nuova struttura del processo
di accumulazione capitalistico, che si è dato a partire
dagli anni settanta con la Globalizzazione. Il cuore
del processo è la finanza, cioè la trasfigurazione da
un sistema basato sul profitto capitalistico a quello
basato sull’esproprio dei redditi e la rapina delle ricchezze materiali e intellettuali. La crisi in corso non
ha nulla di ciclico, diversamente dalle crisi econo-
miche del capitalismo industriale, e troverà il suo
punto di approdo in un potere assoluto coincidente
con l’impoverimento di gran parte dei cittadini. Per
questo l’uscita dagli effetti della crisi può avvenire
solo con l’uscita dal capitalismo che oggi è quello
della speculazione finanziaria e della rapina di Stato.
Quale ruolo hanno giocato i mercati finanziari nella
costruzione dell’attuale situazione economica? In
che misura sono stati causa della crisi e potrebbero
contribuire a sanarla?
I mercati finanziari sono le “fabbriche” che hanno
sostituito quelle del fordismo industriale, la culla
della rapina e dell’esproprio. Questo percorso di
“finanziarizzazione” delle economie capitalistiche
inizia negli anni ottanta con la modifica della legge
bancaria negli Stati Uniti (Reagan), poi negli anni
novanta con l’introduzione di nuove regole per la
finanza che hanno consentito la produzione dei
derivati e titoli tossici (Clinton), il tutto con il consolidarsi di un potere unico finanziario-militare illustrato ampiamente da James K. Galbraith. L’Europa
ha seguito per imitazione le stesse politiche con le
“direttive europee”, passivamente recepite anche in
George Grosz, Il capitalista
25
Otto Dix, La grande ville, 1927-1928
Italia, che hanno introdotto la banca “universale” e la
liberalizzazione dei mercati finanziari. In Italia questo
percorso è stato segnato dalla biografia di Mario
Draghi, che bene illustra i conflitti d’interessi e le collusioni tra mondo politico e poteri finanziari. Negli
anni ottanta è direttore per l’Italia della Banca Mondiale, negli anni novanta diventa direttore generale
al Tesoro e privatizza il sistema bancario, introduce
il Testo Unico del 1993 sulle banche che recepisce
tutte le direttive europee, comprese quelle ben note
sui derivati speculativi.
Poi lascia la mano per andare a dirigere la Goldman
Sachs e contribuire così a mettere a punto la “grande
truffa” che esplode nel 2008, di cui non era a conoscenza come responsabile della sorveglianza in
quanto Governatore della Banca d’Italia. Nel mentre
la “sinistra” è distratta dalla difesa dell’”autonomia”
26
della Banca d’Italia, dalla denuncia sul conflitto d’interessi di Berlusconi contro il quale, in ogni caso,
non fa nulla.
Che ruolo potrebbe rivestire l’Unione europea in
questo particolare passaggio storico-economico?
L’euro può offrire uno scudo contro la crisi?
L’euro doveva essere lo scudo, ma la sua gestione
è stata affidata a chi ha messo in moto la crisi (inutile ripetere i nomi delle persone e organizzazioni) ed
è quindi divenuto la camicia di forza che impedisce
agli Stati e alla stessa UE di reagire e di difendersi. Il
ruolo dell’Europa è possibile se negli Stati nazionali
si manifestano forze popolari che si facciano carico
di riprendere il percorso di “pace” e “cooperazione”
che fu alla base dell’idea di Europa nel primo dopoguerra, e poi fatto deragliare prima dalla “guerra
fredda” e successivamente, negli anni novanta, dalla
scelta di fare del progetto europeo un piano di “competitività” e di “guerra”. Una ricostruzione dell’Europa a partire dai popoli e dagli Stati deve assumere
una forma confederale tra le quattro grandi mesoregioni europee (Paesi nordici, Europea centrale,
Europa mediterranea, e Europa occidentale). Uscire
dal guscio asfissiante del dominio dell’Europa occidentale e dell’alleanza atlantica è la premessa per
queste nuove politiche.
Una delle affermazioni ricorrenti è che bisogna
tagliare la spesa pubblica per creare le condizioni di
base utili a contrastare e superare la crisi. Quanto
è condivisibile una simile posizione? L’attuale crisi
economica costringerà a sacrificare l’attuale modello
di stato sociale?
La spesa pubblica non c’entra con la crisi e invece
di guardare al deficit dello Stato e al debito estero
si dovrebbe guardare all’occupazione e al deficit
della bilancia dei pagamenti come ho spiegato nel
mio libro L’Europa oltre l’euro. La spesa pubblica
aumenta in situazioni di crisi in ragione degli stabilizzatori automatici che hanno il compito di evitare forti
conseguenze sociali, ed è per questo che Keynes
raccomandava al governo: “Occupatevi dell’occupazione e questa si prenderà cura del bilancio dello
Stato”. Chi vuole gli stabilizzatori sociali – cioè il welfare – non intende risolvere la crisi ma scaricarne i
costi in modo irresponsabile sui cittadini più deboli e
i lavoratori, cioè sul 99% delle persone.
Cosa ha comportato e cosa comporterà per l’Europa lo spostamento del baricentro mondiale fuori
dall’Occidente industrializzato?
Significa che l’Europa deve ripensarsi e ritrovare il
suo spirito di pace e di cooperazione con le nuove
aree mondiali emergenti, lasciandosi alle spalle i
vecchi mercati ricchi dell’Occidente. Insistere sul
modello della guerra e della competitività significa
condannarsi al suicidio e alla marginalità sia verso
l’Occidente che verso l’Oriente. La cooperazione con
le nuove aree in crescita non si ottiene con la competitività ma con rapporti diretti e di cooperazione tra
Stati, cioè sullo scambio reale di capacità e di beni
e con la messa in comune delle risorse disponibili.
Nel dibattito pubblico spesso si attribuisce la colpa
dell’attuale stato di cose, almeno in Italia, a una
classe dirigente incolta, poco lungimirante e fautrice
di ripetute scelte sbagliate. Condivide questa posizione e se sì come ritiene si possano conciliare fra
loro due ambiti apparentemente così distanti quali
istanza politica e azione tecnico-scientifica?
La classe dirigente (politica e imprenditoriale) che
abbiamo è quella che è sopravvissuta alla guerra
condotta contro il sistema italiano dagli anni cinquanta in poi dagli Stati Uniti, Francia e Germania, e
che continua oggi. Questa guerra è stata vinta finora
prima con l’eliminazione fisica dei personaggi scomodi (Mattei, Olivetti ecc.), poi con la distruzione del
sistema politico italiano negli anni novanta e ancora
oggi. La corruzione, esistente è la causa di questi
sviluppi e di come, attraverso i fiumi di denaro riversati sui politici e sulle istituzioni, se ne è ottenuto il
silenzio e la collusione alla realizzazione dei piani di
costruzione del consenso su un progetto italiano
ed europeo squilibrato. La reazione popolare degli
ultimi anni, e espressa dalle ultime elezioni, dimostra
che il limite della sopportazione è stato raggiunto,
ma anche il fallimento di questi piani di destabilizzazione politica e di marginalizzazione economica del
paese.
Fra gli effetti della lunga crisi che stiamo vivendo vi
è anche l’aumento considerevole di giovani senza
lavoro, costretti a vivere in condizioni di precarietà e
a fare i conti con un futuro dai contorni molto incerti.
In che modo tutto ciò potrà influire sulla nostra futura
società?
A chi avanzava riserve critiche sulle forme dell’integrazione europea si rispondeva che queste volevano
far “sprofondare” l’Italia nel Mediterraneo. Ebbene,
è proprio l’adesione acritica alle strategie della Globalizzazione e dell’UE che sta facendo sprofondare
l’Italia nel “sottosviluppo”. Ma l’Italia è un paese forte
e le reazioni sociali e politiche che si annunciano lo
dimostrano. Il successo di queste tendenza è anche
la sola speranza offerta ai nostri giovani.
Dal suo punto di vista quando ritiene si possa immaginare un’inversione di tendenza dell’attuale dinamica recessiva? E quando ciò dovesse accadere,
passato il peggio, che insegnamenti potremmo e
dovremmo trarne da quanto accaduto?
Questa crisi si fermerà quando i 4/5 della popolazione saranno ridotti in condizioni di povertà e marginalizzazione. Un percorso avviato ma che richiede
tempo. La “ripresa” sarà una stabilizzazione e istituzionalizzazione della povertà e della dipendenza politica del paese dai centri finanziari.
Che questo possa avvenire in forma “pacifica” è da
dimostrare. La vera ripresa ci può essere solo se il
99% degli esclusi riprende il controllo sulla macchina del potere politico ed economico. Le forme in
cui questo avverrà, se avverrà, non saranno indolori
per le vecchie classi dirigenti e per questo si oppongono con tutti gli strumenti a disposizione. La forza
obiettiva di questo cambiamento dipende dal fatto
che l’alternativa a una vera ripresa è lo scenario
dell’implosione dell’Europa sul modello iugoslavo,
a noi ben noto. La preferenza per una soluzione,
anche europea, negoziata e con un cambio di indirizzo dovrebbe apparire ovvia e di buon senso, oltre
che più giusta. Ma raramente l’equità e la giustizia
prevalgono sugli interessi costituiti.
27
Paolo Malanima: “Il termine ‘crisi’ viene spesso
utilizzato in maniera impropria”
La crisi odierna viene spesso indicata come “sistemica o strutturale”. Che valore ha da un punto di
vista storico questa definizione?
Va fatta una premessa. Io cercherei anzitutto di chiarire che cosa intendiamo quando si parla di crisi. Il
termine “crisi” viene spesso utilizzato in maniera
impropria. È bene specificare che in economia si
parla di crisi quando il prodotto interno lordo di un
paese (cioè l’indicatore fondamentale della capacità
produttiva) diminuisce, con conseguente aumento
della disoccupazione e chiusura di numerose
imprese. In qualche caso si usa il concetto di crisi
anche quando il tasso di crescita del PIL cala. Quindi
non abbiamo, in questo caso, una diminuzione del
PIL, ma del tasso di crescita. Se si guarda al mondo
attuale (dati Eurostat) si può dire che molti paesi
europei vivono un momento di crisi perché il PIL si
è ridotto: l’Italia nel 2012 ha avuto una diminuzione
del PIL del 2,2%.
Oggi si parla di una crisi sistemica o strutturale, ma
se noi adottiamo una prospettiva più ampia e guardiamo gli ultimi anni, a livello globale non c’è stata
crisi perché il PIL è cresciuto al tasso del 4%. La
crisi ha, in realtà, interessato alcuni paesi, quelli che
chiamiamo avanzati. Ci sono, tuttavia, altri stati che
si trovano ad un grado di sviluppo inferiore, come
la Cina, l’India e il Brasile, che sono cresciuti a tassi
molto elevati. Ciò ha comportato, nel 2012, una crescita del PIL mondiale del 4%. Si tratta di un tasso
di crescita elevato, appena inferiore a quello degli
anni cinquanta e sessanta (era il 5%). A quell’epoca i
paesi avanzati crescevano molto, mentre tanti paesi
poveri non crescevano. Adesso, viceversa, la situazione è quella di paesi un tempo arretrati che stanno
crescendo con tassi molto elevati, mentre invece
i paesi che un tempo erano avanzati stanno risentendo di una crisi forte; il caso dell’Italia è uno degli
esempi più chiari di crisi economica.
In base alla sua attività di ricerca e studio che opinione si è costruito dell’attuale crisi? E soprattutto
quali potranno essere i suoi effetti più duraturi sulla
società italiana futura?
Molti paesi del mondo, il cui livello di sviluppo è
assai inferiore a quello dell’Europa occidentale e
degli USA, si stanno rapidamente industrializzando:
la Cina è un caso particolarmente evidente. Ha,
infatti, un tasso di crescita molto forte, che, negli
ultimi anni, è stato di poco inferiore al 10% all’anno.
I paesi avanzati fanno fatica a competere con queste
realtà emergenti che si stanno arricchendo. Questa
situazione è destinata a durare. Anche queste nazioni
28
meno sviluppate col tempo avranno tassi di crescita
più bassi di quello che registrano attualmente. Il
processo di convergenza durerà comunque ancora
a lungo. Non dobbiamo dimenticare che mentre in
Italia il PIL pro capite è oggi di circa 23.000 euro, in
Cina è di 6.000. Prima che paesi come la Cina o l’India arrivino ai livelli dell’Italia passeranno degli anni;
probabilmente qualche decennio.
Secondo lei, nei periodi di crisi economica, si possono riconoscere delle reazioni “tipiche” in grado di
influire sull’assetto socio-economico e socio-politico
di un territorio, oppure ogni crisi ha registrato risposte diverse?
Una tipica costante è questa: i paesi in difficoltà cercano anzitutto di aumentare l’efficienza del proprio
sistema economico (alcuni lo hanno fatto e ci sono
riusciti, come è il caso della Germania) e questo fa sì
che resistano meglio ai cambiamenti internazionali di
cui abbiamo parlato. In secondo luogo, in momenti
di crisi ci sono dei comportamenti di politica economica che possono stimolare l’economia o sostenere
la domanda interna e favorire l’espansione; è il caso
degli investimenti pubblici per esempio. Questo
è però difficile in questo momento perché investimenti di questo tipo hanno riflessi sui conti pubblici e
quindi possono aumentare il deficit . Probabilmente
adesso bisognerebbe adottare delle politiche economiche espansive a livello europeo piuttosto che
all’interno dei singoli stati, che sono già fortemente
indebitati e quindi difficilmente possono permettersi
di stimolare la domanda con investimenti nei settori pubblici, come è spesso consuetudine. Quindi,
aumento dell’efficienza e interventi di politica economica volti a sostenere la domanda sono risposte
tipiche nei momenti di crisi. Un sistema politico più
coeso riesce meglio a compiere queste trasformazioni rispetto a una realtà dove i conflitti sono forti e
prendere decisioni nel campo della politica economica diventa difficile.
Io penso che in questo momento, caratterizzato da
situazioni di crisi comuni a tutta Europa (pur con
differenze nei vari paesi), dovrebbe essere l’Unione
europea ad adottare delle politiche di tipo espansivo
per rilanciare le economie dei vari paesi. L’UE fino
ad oggi ha insistito sul riequilibrio dei conti pubblici
e sulla diminuzione dell’indebitamento, ma questo
in molti paesi, e in Italia in particolare, ha significato
una riduzione della domanda interna e ha avuto
quindi effetti negativi.
Quanto è importante e come va considerato il fattore
“psicologico” nella percezione della crisi? E quale
ruolo possono giocare in questo i mezzi di comunicazione di massa e soprattutto internet?
Hanno certamente un peso notevole perché la psicologia in economia è una variabile importante. La
diffusione di un clima di allarme può essere ingigantita dai mezzi di comunicazione di massa e avere dei
riflessi negativi sull’economia e sul contesto sociale.
Detto in altre parole, l’impressione che viene suggerita e alimentata è quella di una crisi drammatica. Si
tratta di un quadro probabilmente più pessimista di
quello che è in realtà. Quindi l’elemento psicologico
nell’attuale situazione svolge in effetti un ruolo di
primo piano nella percezione della situazione economica da parte dei cittadini.
Secondo alcune teorie la crisi va letta in chiave positiva. In questo periodo viene spesso citata un’affermazione attribuita ad Albert Einstein: “La crisi è la
più grande benedizione per le persone e le nazioni,
perché la crisi porta progressi. La creatività nasce
dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte
oscura. È nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte
e le grandi strategie”. Lei cosa ne pensa?
Io penso che questo sia vero. Un economista come
Schumpeter ha ripetuto tante volte un concetto
simile e cioè che nei momenti di crisi si elimina il
vecchio per fare posto al nuovo. In questa sorta di
competizione riescono a resistere gli organismi che
sono più attivi e che sono capaci di aumentare la
propria efficienza. La crisi comporta una specie di
selezione naturale nella vita economica. Le innovazioni spesso vengono introdotte nei momenti di crisi
per cercare di superarla. Quindi mi sento d’accordo
con questa frase, che anche gli economisti hanno
spesso espresso con parole simili a quelle attribuite
ad Albert Einstein.
Nel suo volume L’economia italiana: dalla crescita
medioevale alla crescita contemporanea, edito
ormai da più di dieci anni, lei ha analizzato e presentato le basi concrete dello sviluppo economico
italiano nell’arco di un millennio, parlando di risorse
naturali, popolazione, produzione agricole e industriali. In questo lungo percorso ha incrociato altre
crisi o momenti di passaggio che hanno saputo più
di altri incidere sulla crescita del paese?
Prima della Rivoluzione Industriale il problema era
quello di un basso sviluppo tecnologico, in presenza
di elevati tassi di crescita della popolazione. Si verificavano, di conseguenza, quelli che si chiamano “rendimenti decrescenti”: un incremento della popolazione cui non corrispondeva un miglioramento delle
risorse naturali. Ciò provocava un peggioramento
delle condizioni di vita. Una situazione simile si è
verificata anche in Italia: abbiamo avuto per molti
secoli una popolazione intorno ai dieci milioni di
abitanti. Nel Settecento la popolazione ha iniziato
ad aumentare considerevolmente. La conseguenza
è stata un abbassamento del tenore di vita e del reddito procapite per un lungo periodo. In Italia un’epoca di crisi si verificò in conseguenza dell’aumento
della popolazione, che passò dai tredici milioni del
1700 ai ventisei milioni del 1861. La penisola raddoppiò i suoi abitanti nel giro di poco più di un secolo.
Al tempo stesso, però, le tecniche non permisero di
raddoppiare la capacità produttiva; certo, ci furono
alcuni miglioramenti, ma la crescita moderna dell’economia italiana è iniziata di fatto negli ultimi decenni
dell’Ottocento; in particolare dopo il 1880, quando
furono introdotte innovazioni tecniche e risorse
energetiche nuove (carbone, petrolio, elettricità).
Nel suo ruolo di direttore dell’Istituto di studi sulle
società del Mediterraneo come interpreta, nell’attuale crisi, la funzione presente e futura dei paesi che
si affacciano su questa importante area di transito e
comunicazione fra culture e religioni diverse?
Il Mediterraneo è un’area interessante del mondo,
abitata da circa mezzo miliardo di persone, che ha
avuto una caratteristica particolare, ovvero quella
di avere molto vicini l’uno all’altro sviluppo e sottosviluppo. C’erano alcuni paesi, quelli della sponda
nord del Mediterraneo (Italia, Francia, Portogallo)
che crescevano a ritmi intensi e altri, della riva sud o
est che crescevano meno o rimanevano fermi. Avevamo perciò una grande divergenza economica fra
nord da una parte e sud, est e ovest del Mediterraneo, dall’altra. In questi ultimi anni le cose sono un
po’ cambiate perché la crisi che ha investito i paesi
del nord non ha interessato nella stessa maniera i
paesi del sud o dell’est, che invece hanno continuato
a crescere. Si sta verificando una vera e propria
convergenza economica, ovvero una diminuzione
dei divari di sviluppo all’interno di quest’area del
mondo. In pratica, accade nel Mediterraneo quello
che abbiamo visto prima a livello mondiale su più
ampia scala. Ci sono paesi arretrati che stanno ora
crescendo e, viceversa, ci sono paesi ricchi che sono
rimasti fermi nell’ultimo decennio.
Proposte di lettura a cura della Biblioteca della Fondazione Museo storico del Trentino
John Kennet Galbraith, Il grande crollo, Rizzoli, Milano, 2009.
Il pericolo che un crollo delle borse trascini il pianeta in una crisi senza precedenti è purtroppo costantemente presente in un’economia sempre più globale. Per tali motivi il libro
di Galbraith, scritto nel 1954 e riguardante i fatti del crollo della borsa negli Stati Uniti nel
1929, si rivela un testo drammaticamente profetico.
29
Quando la mala finanza
intacca l’economia reale
La crisi attuale, nata come fidi migliaia di miliardi di dollari,
nanziaria, ma che ha finito per
finendo per contagiare, come
intaccare l’economia reale, sarà
accennato, l’economia reale. La
ricordata come quella dei mutui
ragione sta nella natura di questi
ovvero: alle origini
subprime statunitensi. Si tratta
mutui. Essi vengono accordati
dell’ultima crisi
di una crisi di fiducia, anche se
a chi non ha accesso al circuito
sembra strano che la scienza tribancario tradizionale, a soggetdi Alberto Ianes
ste, cioè l’economia, possa esti considerati “non bancabili”,
sere permeata, e influenzata, da
poiché già in passato non hanquesto sentimento molto umano restituito il dovuto, o perché
no, poco calcolato e poco fredmancano del patrimonio capace
do. È bastata una percezione didi supportarli. Le condizioni praversa dei creditori nei confronti dei debitori perché il ticate ai destinatari dei subprime sono più gravose
meccanismo si inceppasse: si è passati da una tota- di quelle applicate normalmente. Qui si sarebbe dole, euforica fiducia verso chi chiedeva credito a una vuto insinuare un primo, legittimo dubbio, ma non
completa, generalizzata sfiducia su tutto e su tutti.
è accaduto: difficile pensare che un debitore magNegli anni novanta e fino allo scoppio della cosiddet- giormente a rischio possa restituire più di quanto
ta bolla, nel 2008, chi aveva soldi nutriva un diffuso ragionevolmente possa fare un contraente normale.
senso di ottimismo nei confronti del prossimo: con- Perciò, si potrebbe obiettare a posteriori, gli elemencedeva prestiti a chiunque, a prescindere dal livello ti che prefiguravano una crisi c’erano tutti, e pure i
di rischio. A un certo punto c’è stata un’inversione di presupposti che annunciavano il default e lo scoppio
tendenza e l’ottimismo più sfrenato ha ceduto il pas- della bolla. Cos’è, allora, che ha permesso una così
so a un improvviso, nervosissimo pessimismo: gli elettrizzante effervescenza nell’uso, e nell’abuso, di
investitori hanno chiuso i rubinetti del credito, nuovi questi strumenti finanziari, al punto da ipotizzarne la
prestiti sono stati concessi solo a debitori giudicati loro sostenibilità? La parola chiave è cartolarizzazioaffidabili, e in ogni caso a un tasso d’interesse molto ne, ovvero una pratica che trasforma i crediti erogati
elevato. In alcuni casi si è preferito tenere i contanti in titoli liberamente negoziabili sul mercato. I prestiti
sotto il materasso, rinunciando a far girare il denaro, concessi non vengono così iscritti a bilancio dell’istiprivando cioè l’economia di qualsiasi possibilità di tuto creditizio o della banca che li ha accordati, sino
crescita. La stretta sul credito ha innescato un circo- al loro completo ammortamento, bensì prendono la
lo vizioso, che ha significato meno investimenti, falli- forma di prodotti derivati perfettamente contendibili,
menti, perdita di posti di lavoro, più disoccupazione, cioè vendibili e acquistabili da altri investitori che se
contrazione della domanda, prospettive di crescita li scambiano come si scambiano altri titoli. A queste
ridotte al lumicino, che si sono tramutate, ben pre- condizioni, la banca erogante agisce apparentemensto, in vera e propria recessione.
te in sicurezza: incassa subito il valore del credito
Ma andiamo con ordine: guardiamo alla genesi e erogato, più una commissione per l’operazione, da
allo svolgersi della crisi del 2008. Essa è scaturita parte dell’investitore che ne ha acquistato il titolo.
dagli Stati Uniti e ha il suo focolaio di partenza in Su quest’ultimo ricade anche il rischio dell’eventuale
uno specifico mercato finanziario, quello dei mutui mancato pagamento del prestito da parte del debisubprime, che riguardava solo il 15% del mercato tore, mentre la banca da cui esso è scaturito ne esce
dei mutui americani, ma che ha trascinato nel vorsgravata. Neanche in quetice negativo numerosi intermediari fisto caso, però, si
nanziari di tutto il mondo, cochiude il cerstringendoli a perdite
chio: l’investitore, a
sua volta,
30
può ricollocare il titolo sul mercato e cederlo a un
terzo e questi, nuovamente, può disporne come crede: può conservarlo ricavandone un interesse o cederlo, realizzando il valore corrispettivo.
Ha così avvio una sorta di catena di sant’Antonio
dove si fa fatica a intravvedere la fine: il titolo passa di mano in mano svariate volte, facendo saltare il
rapporto diretto e personale che normalmente intercorre fra creditore e debitore. La decisione da parte
di un acquirente di rendere negoziabile o meno un titolo dipende dall’aspettativa di guadagno influenzata
da due parametri: il beneficio derivante dall’interesse corrisposto sul credito trasformato in titolo, o per
contro la convenienza a cederlo quando il prezzo di
vendita è superiore a quello sostenuto per l’acquisto. In questo caso, l’aspettativa è che il suo valore
non cresca ulteriormente e che anzi la sua quotazione sia prossima al ribasso.
Un mix di condizioni favorevoli, come l’esplosione
del mercato immobiliare, letteralmente pompato da
una certa facilità nell’accesso al credito in seguito
alla cartolarizzazione, la conseguente lievitazione
dei prezzi delle abitazioni, la prospettiva del facile
guadagno, hanno innescato un meccanismo di proliferazione dei titoli, buoni per tutti i palati: vari per
composizione di rendimento e per livello di rischio.
Sotteso a questo marchingegno finanziario c’è stato
infine il miraggio di un sogno irresistibile per un numero crescente di persone a basso reddito.
Con la cartolarizzazione, chiunque avrebbe potuto
aprire un mutuo e realizzare finalmente il sogno di
una vita: possedere una casa di proprietà, specie
coloro che non avrebbero mai ottenuto credito dal
circuito bancario tradizionale. Accanto all’acquisto
della prima casa, si sono comperati a credito pure i
mobili, gli elettrodomestici e l’auto. Anche l’istruzione è stata finanziata in questo modo. A un certo punto è sembrato che tutti avessero di che avvantaggiarsi: le imprese edili che vendevano più case, la banca
erogatrice del mutuo che realizzava un introito certo
e trasferiva il rischio sugli operatori finanziari, questi
che vi realizzavano un guadagno o incassando un interesse o il valore del titolo venduto, gli stessi poveri
cristi che inseguivano il desiderio di una vita.
I mutui subprime hanno marciato allegri e spediti:
a beneficarne, apparentemente, poveri, immigrati,
lavoratori precari, persone in difficoltà, che si sono
indebitati perché spinti, perché convinti, perché è
sembrato possibile e bello. Perché le partite di credito che si aprivano sembrava potessero non chiudersi mai. Perché il debitore, a un certo punto, non
ha più saputo chi fosse il suo creditore: si è sentito
sollevato dalla responsabilità personale in ordine al
pagamento del proprio debito.
Tra la fine degli anni novanta e la vigilia dello scoppio della bolla immobiliare, quasi un milione e mezzo di americani si sono fatti casa. La pratica è stata
fatta passare come democratizzazione della finanza,
come avviene con il microcredito, si è dimostrata invece molto pericolosa e dannosa.
A un certo punto, qualcosa è andato storto. Le
aspettative, gli umori degli investitori sono cambiati improvvisamente. La fiducia è saltata e l’inguaribile ottimismo si è rovesciato nel suo contrario. La
percezione che qualche debitore non fosse in grado
di onorare le rate del mutuo – e qualcuno non riuscì a pagarle per davvero – è bastata per indurre un
numero nutrito di creditori a disfarsi (o a cercare di
farlo) dei propri titoli di credito. Inevitabile l’effetto
contagio e la corsa di molti speculatori a chiudere
simultaneamente le proprie posizioni creditorie in
cambio di moneta, aspettando tempi migliori. Il risultato è stata la presenza di titoli che hanno perso
liquidità, titoli dei quali tutti si sono voluti liberare e
che nessuno ha più voluto acquistare. Si è trattato,
in altri termini, di titoli che non avevano più mercato.
Il mercato finanziario, e quello reale, si sono così
inceppati. Il blocco della compravendita di titoli di
credito non ha più soddisfatto le preferenze degli investitori. Questi hanno tenuto per sé la moneta, non
Proposte di lettura a cura della Biblioteca della Fondazione Museo storico del Trentino
Giulio Sapelli, La crisi economica mondiale, Bollati Boringhieri, Torino, 2008.
Perché l’attuale crisi economica? Da dove inizia: dall’industria o dalla finanza? Il passaggio
dal profitto alla rendita finanziaria ha provocato la caduta degli investimenti industriali e la
conseguente ascesa dei prezzi delle materie prime, a fronte della crescita dei paesi emergenti. Un ruolo assai negativo lo hanno svolto le cosiddette stock options, ossia quelle
quote elevatissime degli stipendi dei top manager collegate al valore delle azioni. Ciò ha
provocato un incentivo a far crescere con spericolate manovre finanziarie il valore di tali
azioni con irrazionali rialzi borsistici e con rischiosissime vendite degli stessi debiti attraverso veicoli finanziari senza trasparenza. Questo libro, mentre spiega in modo chiaro che
cosa è accaduto e sta accadendo, è una meditazione morale sull’economia, che rifugge da
ogni intonazione populistica, valorizzando l’analisi e la riflessione scientifiche.
31
l’hanno investita né fatta girare, facendo crollare il
credito a favore di imprese, governi, famiglie, con
ricadute negative sull’economia reale. Oltre due milioni di statunitensi sono stati espropriati della loro
casa, incapaci di rispettare gli impegni presi.
La globalizzazione ha fatto il resto, la crisi dei mutui
subprime si è abbattuta come una slavina sulla finanza e sull’economia di tutto il mondo.
Ha colpito investitori e speculatori che alla cieca hanno acquistato,
assumendosene il rischio, titoli di
credito, dietro i quali – spacchettati – si celavano i mutui degli “inadempienti per definizione”, di coloro
ai quali era stato concesso un
mutuo pur non avendone possibilità, perché non prime ma
subprime borrowers, cioè debitori meno sicuri.
Da finanziaria la crisi è diventata drammaticamente
reale, ha mietuto le sue vittime, assunto il volto tragico della riduzione della
domanda, della chiusura
di fabbriche, di fallimenti
di aziende, della disoccupazione infinita, del crescente numero di disperati. In tutto il mondo.
In questa vicenda i colpevoli sono più di uno,
ma c’è chi ha nome e
cognome. Si chiama
genericamente banca,
alla quale ciascuno accosterà la specificazione che più gli
aggrada, quella di Lehman Brothers
o altra. Si tratta, a ben vedere, di
un particolare tipo di banca. Quella che ha smesso di fare il mestiere
dell’intermediario e si è data alla speculazione finanziaria. Il male va dunque ricercato nella finanziarizzazione
dell’economia, cioè nella finanza per la
finanza. Nella finanza che si struttura in
mercato finanziario.
Bisogna tornare all’epistemologia di
questa funzione, alla sua natura più
autentica. È necessario, in altri termini,
rivedere il rapporto che intercorre tra finanza ed economia reale, tra creditore e
debitore, tra chi anticipa denaro e chi ne
promette la restituzione, dopo averlo spe-
32
so, investito e possibilmente fatto fruttare.
La cartolarizzazione ha rescisso questo rapporto, lo
ha reso liquido: ha reso più difficile capire chi ha
prestato denaro e a chi. Nel normale svolgersi della relazione economica il rapporto che intercorre fra
creditore e debitore deve essere personale e diretto: inizia con un’anticipazione e si conclude con la
completa restituzione del dovuto, con un’apertura
e una chiusura, con un inizio e una fine. Ciò che
intercorre tra i due non è una “cosa” ma una “relazione”, che consiste in un’apertura di credito in
favore di una sua chiusura. Su questo è necessario fare chiarezza, il fine della finanza
deve coincidere con la fine: non è
ammissibile vivere nell’illusione
suscitata dalla cartolarizzazione
che i debiti si possano anche
non pagare e che i conti non
si chiudano mai. Come direbbe Keynes, la solvibilità tra
debitore e creditore diventa allora una responsabilità condivisa, come lo è il
matrimonio, nel bene e
nel male.
Altrimenti è il caos,
come hanno dimostrato la cartolarizzazione e questa
crisi, dove a rispondere, alla fine, sono
tutti ma anche nessuno. Ecco allora che
cosa bisogna fare:
ripristinare il legame
diretto fra debitore e creditore. Favorire, sempre, una
linea di finanziamento in vista di un suo pagamento certo: questo il modo normale,
e sano, di concedere credito.
E questo l’unico modo affinché la finanza torni ad essere
quello che dovrebbe essere,
un servizio all’economia e allo
sviluppo.
Come è accaduto con le precedenti, anche questa crisi
verrà superata; naturalmente
non è dato di sapere quando,
né come e nemmeno a che
prezzo. Intanto limitiamoci a
fare tesoro degli errori e degli
orrori, per capirli e non ripeterli.
La cultura al tempo
della crisi
Ragionare sul senso della
innovazione, di applicazione
Cultura, in tempo di crisi ecodelle conoscenze e delle nuove
nomica, costringe a riflettere
scoperte sul piano tecnologico
innanzitutto sul significato di
e, di conseguenza, nell’attività
di Micaela Bertoldi
crisi dell’economia e successiindustriale e dell’impresa in gevamente obbliga a interrogarsi
nere. Tali studi, tuttavia, sono
su che cosa significhi la parola
stati sostanzialmente ignorati
Cultura, per lo meno su quali
dalle politiche di governo degli
siano gli aspetti di rilievo che
ultimi venti anni, oppure stradel termine cultura si vogliavolti e usati per la promozione
no indagare. Crisi economica
di iniziative di aggressione al
Senza presumere di entrare approfonditamente nella territorio e all’ambiente, mettendo in risalto ciò che
disciplina definita come “Economia”, la prima con- ci sarebbe da guadagnare se…, sempre in senso del
siderazione che mi viene da fare è che oggi tutti ne tutto venale. Non importava cioè il risvolto di vero
parlano come se ne fossero esperti, che tutti ne per- investimento in risorsa umana: parola, questa, spescepiscono il peso trasmesso mediaticamente nella so utilizzata perché di moda, subito piegata alla ridumiriade di parole spese sull’argomento, tutti subisco- zione dell’uomo in potenziale procacciatore di guano effettivamente i contraccolpi negativi della crisi di dagno. Gli eventi, specie se mega, costosissimi e
liquidità e di sbocchi che sono il risultato della cosid- bruciati in poche ore, hanno fatto la parte del leone;
detta Economia del Paese e della crisi globale.
a essi nelle politiche del Governo, ma anche di molti
In realtà, delle questioni economiche vengono trat- Enti locali, ha fatto da contraltare il costante attacco
tati solo gli aspetti connessi con la finanza, con lo all’istruzione diffusa, la riduzione di risorse per la forspread, con le grandi speculazioni dei bond e dei mazione, il taglio dei fondi pubblici ai Teatri, agli enti
titoli spazzatura, con le Banche e il loro ruolo non lirici, la chiusura di musei, l’abbandono di bibliotecerto neutro. In realtà non viene preso in carico l’e- che, l’assenza di protezione e cura dei beni monulemento centrale che costituisce l’ossatura dell’eco- mentali e archeologici, le distruzioni di reperti abnomia di un Paese: l’attività produttiva, manifatturie- bandonati all’offesa del tempo come a Pompei e in
ra, riproduttiva, l’occupazione (cioè la possibilità di mille altri siti, l’insulto al territorio e alla natura dei
lavoro per giovani, uomini e donne che permetta a paesaggi, con costruzioni di new town anziché ricotutti rispetto e dignità) attraverso le quali si forma la struzione dei centri storici dopo i terremoti, nuova
ricchezza di un territorio. Che è ricchezza umana, di cementificazione anziché ristrutturazione di abitati…
merci, di qualità di vita.
e via dicendo. Mala tempora currunt! La questione
Tutto è invece ricondotto alla disponibilità di denaro, dei mancati investimenti finanziari in ricerca, univerall’indebitamento dello Stato, alle manovre di Borsa, sità e cultura non può e non deve essere contrastata
ai differenziali tra la realtà dell’Italia e quella di altri solo sul versante finanziario; va invece capita in tutto
Paesi, ma anche alla corruzione, agli interessi di spe- il portato di conseguenze nel tempo, analizzando il
culatori e dei diversi manovratori. In questo quadro, retroterra ideologico da cui deriva e comprendendoparlare di Cultura non può che significare porsi la do- ne la pericolosità. L’economicismo, comunque premanda: quanto c’entra la cultura con il contesto ge- sente nella rivendicazione di maggiori soldi da destinerale? C’è domanda di cultura? A chi interessa pro- nare alla cultura, non porta a niente se non si riesce
muovere cultura? Che cosa s’intende? Quale la sua a fare emergere la denuncia dell’impostazione sbanatura: grandi eventi da promuovere per “giocare” e gliata da cui deriva la condizione attuale, nella quale
assicurare guadagni attraverso la pubblicità e ricadu- chi governa, di fronte alla crisi internazionale, subito
te di tipo turistico-alberghiero-commerciale, oppure si affretta a tagliare proprio in questi settori e chi ne
promozione diffusa di spunti di creatività che svilup- subisce i contraccolpi pratici (perdita di lavoro, aspino curiosità, competenze e innovazione? È diven- senza di contributi per i progetti sia prodotti dagli
tato di moda il parlare di Cultura come fattore econo- Enti locali, sia da mondi associativi e professionali)
mico. Molti studi e ricerche assai seri hanno messo denuncia i tagli e rivendica sostegni economici. Tale
in luce il potenziale anche economico di un investi- rivendicazione, pur necessaria, non basta a invertire
mento in Cultura, per le ricadute in termini di forma- la tendenza e a diffondere la percezione della gravità
zione generalizzata e di crescita delle conoscenze di delle conseguenze che in prospettiva segneranno
un popolo, basi indispensabili per educare i ragazzi l’intera società. Dal canto suo ogni Ente pubblico doal valore dello studio, delle competenze artistiche, vrebbe invece fare un grande sforzo per proporre
della ricerca scientifica, nella consapevolezza che iniziative culturali distribuite sui territori, con accesquesti sono elementi da cui scaturisce la capacità di so libero o poco costoso, rinunciando a effetti spe-
33
George Grosz, Scena di strada a Berlino,1930
ciali, risparmiando sulla carta patinata e sugli aspetti di corollario
non indispensabili. Nel contempo
sarebbe necessaria un’opera di informazione (comunicazione che
forma) rivolta a tutti per mantenere viva l’attenzione e la partecipazione all’offerta culturale, poiché
la prima vittima di una stagione di
crisi economica è data dalla rinuncia a fruire di offerte culturali da
parte degli spettatori stessi, che
sono stati educati a percepire i
fatti culturali come un lusso che
certifica l’appartenenza ad un ceto
sociale (status symbol) e non una
necessità. Per cui, di fronte alle
difficoltà connesse con il bilancio
familiare, tendono a sacrificare proprio questi aspetti, magari per non rinunciare alla passione dei cellulari o anche alla tentazione dei gratta e vinci. Ciò che
serve, a mio avviso, è una riflessione generale sui
presupposti stessi che devono fare da fondamento a
una politica culturale. Sull’onda delle suggestioni
mediatiche, per via delle strizzatine d’occhio nei confronti di una facile (apparente) redditività di programmi turistico-culturali, fatti per richiamare pubblico da ogni dove, anche tra i promotori culturali si
sono andate smarrendo le coordinate di base. Per
cui la principale risorsa (e vanto) dell’Italia – la sua
storia, le produzioni d’arte, la letteratura, il paesaggio e la natura dei luoghi – sono passate in secondo
piano. Si è imposta una certa esterofilia, si è rimasti
imprigionati in un falso dibattito, divisi tra due antinomie sempre ricorrenti: popolare o classico, tradizionale o innovativo, spettacolare o formativo, come
se fossero elementi destinati ad essere sempre contrapposti e senza sintesi. Personalmente ritengo che
l’impegno culturale degli operatori e dei fruitori di
cultura debba svolgersi proprio su questo piano, riflettendo sulla conciliabilità o meno (e fino a dove) di
tali presunte antinomie, per rispondere a una domanda generale di senso: a che cosa serve la Cultura? Preso atto del necessario contenimento delle
spese e della riduzione delle risorse a bilancio (anche
nella nostra realtà) ci si dovrebbe concentrare su
una sfida metodologica incentrata sulla volontà/capacità di modificare i rapporti intercorrenti tra istituzioni e realtà private, volontarie, associazionistiche.
E ciò a partire dal pieno coinvolgimento di istituti,
agenzie, enti esistenti sul territorio, di natura pubblica o sociale a partecipazione pubblica. Si tratta cioè
di passare dall’assegnazione di risorse statali o degli
Enti Locali ai soggetti culturali e ai privati tese a valorizzare tutti i soggetti operanti in ambito culturale,
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alla effettiva capacità di organizzazione di una rete di collaborazioni,
partendo dal piano della programmazione comune di almeno un
evento (fin dall’ideazione dello
stesso), con definizione partecipata dei contenuti, dei percorsi di
coinvolgimento della popolazione
dei territori cittadini e provinciali,
creando osmosi tra una realtà e
l’altra, tra un quartiere e l’altro, tra
le associazioni, tra gli enti. In definitiva: sperimentando nella pratica un percorso innovativo di ricerca-azione in cui ogni soggetto apporti un suo contributo, con idee e
tipologie di lavoro corrispondenti
all’ambito in cui opera – teatrale,
musicale, artistico, classico, contemporaneo ecc. – e
con i mezzi che gli sono propri. Gli apporti della società dovrebbero così animare i territori, portando
alla effettiva auto-formazione culturale dei cittadini
residenti, mettendo anche in dialogo culture di diversa origine, tradizione e provenienza, facendo emergere e magari sostenendo il nascere di nuove professionalità. Le realtà culturali e le persone di buona
volontà sarebbero chiamate a esercitarsi in un agone
civico dentro il quale fare confluire sia la critica all’inadeguatezza dell’attuale contesto cultural-mediatico, ma anche la forza propositiva della loro creatività
Si potrebbero proporre iniziative itineranti nei vari
quartieri, nei paesi delle valli, finalizzate a interpellare
luoghi storici e non-luoghi, ovvero parti marginali
delle periferie, in modo da richiamarli a nuova funzione e nuova vita. La sfida giocosa dovrebbe puntare a reinventare i luoghi, rivestendoli con opere d’arte, con proposte di letture, con incontri con esperti
culturali, con studiosi e artisti, con spunti poetici,
musicali, teatrali: tutti di passaggio, non definitivi o
permanenti, ma capaci di fare intravedere ovunque
le diverse possibilità normalmente oscurate alla vista
dall’assuefazione dominante ai centri commerciali, al
consumismo diffuso. Per recuperare il primato
dell’incontro tra persone e del dialogo tra idee e culture. In questa logica risulterebbe molto facile rispondere alla domanda di fondo: a che serve la cultura? A che serve, se non a elevare il livello generale
dell’opinione pubblica, a rendere più consapevoli, e
quindi responsabili, della realtà che ci circonda e del
futuro che vogliamo costruire? Una cultura che sia
diffusa, in tutti gli ambiti e a tutte le età, non basata
su momenti episodici, su eventi spettacolari, bensì
nutrimento costante, fatto di libri, di poesia, di musica e di teatro, in cui immedesimarsi per uscire poi
rigenerati.
Visitando i luoghi
di internet
Se si cerca la parola crisi con
vento online è un’altra categoGoogle si trovano quasi 59 miria che può servire per orientarlioni di risultati; se si cerca crisi. Per esempio, si può parlare
sis cambiando le impostazioni
di crisi sul web per informare:
dove la crisi economica
della lingua, il totale sale ragè questo il caso della maggior
si legge
giungendo i 521 milioni. Ma,
parte degli articoli. Oppure per
si dirà, una crisi può riguardadenunciare una certa situadi Alice Manfredi
re più o meno qualsiasi cosa
zione: la maggior parte delle
e non solo l’economia. Vero.
vignette derivano da questa inPerò crisi economica raggiuntenzione, anche se non va certo
ge gli 8 milioni e mezzo di risulescluso il desiderio di divertire.
tati, mentre con economic crisis si arriva a 298 milio- Si può scrivere un tweet o un commento anche per
ni. Un altro dato. In un articolo pubblicato nell’agosto lasciare una testimonianza personale, per dare o cerscorso su Al Jazeera online, gli autori si cimentano care consolazione.
con una ricerca dedicata a come gli utenti abbiano Azioni diverse avvengono di solito in “luoghi” diversi
reagito alla crisi su internet e di come e dove ne ab- di internet. È evidente che parlare di “luoghi” qui è
biano parlato. Ebbene, per farlo sono stati conside- del tutto improprio. Ma si tratta di una metafora per
rati 25 milioni di riferimenti rilevanti a parole come le diverse aree di interazione presenti online; aree
salvataggio, recessione, crisi finanziaria, stimolo, che se fossero offline, verrebbero percepite come
debito (Mohammed Haddad, Aamir Masood, Online media differenti. Quali sono dunque questi luoghi?
community reacts to financial crisis, www.aljazee- Per comodità e necessità di sintesi se ne possono
ra.com). Addentrarsi in questo sistema per capire considerare cinque, che però non sono esaustivi:
come sia stata e sia tuttora narrata la crisi è faccen- siti d’informazione, forum, blog, Facebook e Twitter.
da complessa. Non aiuta l’idea diffusa e intuitiva che Chiaramente i confini non sono netti – come semla comunicazione sia la semplice trasmissione di un pre quando si parla di internet – anzi la caratteristica
messaggio da un mittente a un destinatario. Non propria del mezzo è che gli stessi contenuti possoaiutano i modelli tradizionali avanzati dalle scienze no essere presenti in più aree con rimandi continui
della comunicazione, a partire da quello matematico dall’una all’altra. Nonostante queste precisazioni, la
di Shannon e Weaver. Per capirci qualcosa bisogna distinzione tra luoghi è forse la più utile per fare chiaprocedere con pazienza e con un po’ di spirito di rezza. Del resto, è lo stesso parametro che gli autori
esplorazione.
dell’articolo Online community reacts to financial criSi può iniziare osservando che i messaggi sulla crisi sis utilizzano per analizzare, attraverso la piattaforma
in internet sono veicolati attraverso diversi linguaggi. Crimson Hexagon’s Foresight, i 25 milioni di riferiTre sono i principali: video, immagine e testo scritto. menti alla crisi che costituiscono il loro campione.
La presenza di video sul tema “crisi economica” è I risultati sono a dir poco interessanti. Sarebbe afpiuttosto ridotta e quel che si trova è, spesso, una frettato credere che il punto nodale di questi discorsi
copia di contenuti nati per altri media, non conce- siano i siti di news. Niente di più sbagliato. È invece
piti per il web. Di più sono le immagini. Ci sono le Twitter il luogo privilegiato: ben il 66% dei riferimenti
vignette con il loro intento di alleggerire i toni o di viene, infatti, da qui; il 2% da Facebook, l’11% dai
stigmatizzare determinati comportamenti. E ci sono forum, il 10% dai blog e solo un ulteriore 10% dai
le immagini-simbolo, del tutto simili a quelle che po- siti di informazione. Questi dati, inoltre, smentiscono
polano la carta stampata: ad esempio, il broker in l’idea che social network diversi siano in realtà simili
maniche di camicia con le mani nei capelli, oppure il e utilizzati allo stesso modo.
grafico con linee spezzate e tendenti verso il basso. Una nota interessante, menzionata dagli autori, riMa il linguaggio più diffuso su internet, per dare in- guarda la composizione di genere di quel 66% che
formazioni sulla crisi o per chiederne, è, senza dub- utilizza Twitter per parlare di crisi: il 72% sono uobio, il testo scritto. Si conferma insomma una ten- mini, mentre solo il restante 28% donne. E questo
denza trasversale nel web. Qualunque valutazione si nonostante, secondo Ignite Social Media, il 60%
dia del mezzo, è indubbio che internet ha riportato in degli utenti di Twitter siano donne. Insomma pare
primo piano il testo scritto come strumento di comu- che a parlare di crisi online siano soprattutto uomini,
nicazione, al pari o più dell’audiovisivo. In linea con rispecchiando forse in questo una minor presenza
questa tendenza, il testo – sotto forma di articolo, femminile negli incarichi e negli ambiti professionali
post, commento o tweet – è la modalità più utilizzata legati direttamente all’economia e alla finanza.
per parlare di crisi in quest’ambito.
Tornando ai diversi luoghi in cui si dibatte di crisi su
Il tipo di azione che emerge da un determinato inter- internet, è evidente che la narrazione che un uten-
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te generico ne può cogliere dipende proprio
dalle aree di interazione
che frequenta. Alcuni
utilizzatori tendono, per
esempio, a farne un uso
per così dire “tradizionale”, applicando in questo
nuovo spazio abitudini
formatesi maneggiando altri media. Queste
persone tenderanno a
leggere le notizie sui siti
di informazione online,
seguendo al massimo
qualche link a una pagina esterna. Difficilmente
leggeranno o scriveranno tweet sull’argomento. È anche vero però che l’utente medio di internet sta diventando sempre più
eclettico e disponibile a rimodulare i propri schemi
di apprendimento e partecipazione. Seguiamo dunque un ipotetico utente medio alle prese con la narrazione della crisi su internet.
Siti di informazione
Il nostro utente probabilmente consulterà le versioni
online di alcune testate giornalistiche. Mezzi di informazione che ricalcano in gran parte il modello di
comunicazione della versione offline, televisiva o
cartacea che sia. Rispetto a quest’ultima, l’edizione
internet “libera” – cioè non a pagamento – in genere
perde in termini di approfondimento, guadagnando
invece in multimedialità: è arricchita, infatti, da collegamenti a video, fotografie, altri siti.
In questo luogo si parla di solito di crisi economica in un’ottica di informazione giornalistica. Questa
intenzione non è però l’unica nell’eventualità in cui
sia prevista la possibilità di commentare le notizie. In
questo caso si trovano anche testimonianze personali e il sito d’informazione assume anche le caratteristiche del forum.
Blog
I blog non sono in cima alla lista degli spazi più segnati dalla presenza di narrazioni sulla crisi, ma sono
comunque molto utilizzati e hanno caratteri peculiari che li rendono un caso interessante. Due esempi. Il blog <http://www.isoladeicassintegrati.com>
ha una storia degna di un romanzo, che, peraltro,
è stato scritto. Nel 2010 un gruppo di operai dell’azienda chimica “Vinyls” di Porto Torres, in cassa integrazione dall’agosto 2009, occupano l’ex carcere
sull’isola dell’Asinara, dando vita per protesta ad
una sorta di reality show: “L’isola dei Cassintegrati”,
appunto, ed è evidente a quale modello fanno riferimento. In un primo periodo i media nazionali se ne
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disinteressano. Poi però
due giovani – di cui uno
figlio di uno degli operai
coinvolti – aprono una
pagina Facebook dedicata a questo tragico reality e il gruppo, in breve,
raccoglie 50.000 iscritti
in continua crescita. A
questo punto gli operai e
i due giovani autori della
pagina – Marco Nurru e
Michele Azzu – hanno
l’attenzione dei media
nazionali. Fondano quindi un blog, promosso
anche attraverso altre
iniziative di comunicazione come il mail bombing. Da collettore di articoli
altrui, diventa in breve fonte di informazione e dopo
la vicenda “Vinyls” si occupa di altre aziende in crisi
e altre proteste. Il blog “L’isola dei Cassintegrati” caratterizzato anche da una buona struttura ed estetica
accattivante, diventa in breve una voce di riferimento
nella narrazione di questa faccia della crisi in Italia.
Diverso per contenuti e per punto di vista, ma ugualmente autorevole, è un altro blog considerato punto
di riferimento per questo tema. È il blog di Bimbo
Alieno (<http://bimboalieno.altervista.org>). Bimbo
Alieno è una sorta di avatar di un operatore dei mercati finanziari che l’ha creato con l’intento, come lui
stesso scrive, di offrire uno sguardo “privo di sovrastrutture e condizionamenti, come farebbe un bambino. Di più: un bambino che non é italiano, né anglosassone o latino, né caucasico, né afro-americano
o caraibico. È talmente al di fuori di qualsiasi forma
di schieramento da essere alieno”. Bimbo Alieno non
solo scrive sul blog, ma anche su Twitter, su Facebook e recentemente ha concesso anche qualche
intervista. L’intento dell’Alieno era insomma quello
di apparire come una voce fuori dagli schemi, ma in
realtà è stato ben presto percepito sul web come un
punto di vista ben posizionato. Brillante e acuto ma,
in qualche modo, anche lui “di parte”. E “la parte” in
questione è il mondo della finanza, degli investitori e
degli operatori. Se ne sono accorti gli organizzatori
del “Blogfest”, il festival di Riva del Garda dedicato
a internet e ai social network. Nel 2012 il fondatore
di Bimbo Alieno è stato chiamato a confrontarsi in
un vivace dibattito sulla crisi economica proprio con
Marco Nurru e Michele Azzu, i due gestori dell’Isola
dei Cassintegrati – blog. In generale i blog in cui si
parla di crisi sono luoghi in cui si tende a fare informazione, e, infatti, è ancora in corso il dibattito sulla
necessità o meno che siano registrati come testate
giornalistiche, con tutti i vincoli che ne seguono. Ma
lo si fa a partire da un punto di vista particolare e
spesso dichiarato, tanto è vero che sovente è costituito dalla voce stessa dei blogger, i nuovi eroi del
mondo del web.
I forum
Come è facile immaginare sono uno dei luoghi in
cui si parla di più di crisi. E questo avviene sia nei
forum generici che in quelli appositamente creati per
questo tema. Ciò che li accomuna, oltre alle modalità
di aggiornamento, è il tono. In quest’ambito non si
punta all’informazione ma è comune piuttosto la testimonianza personale, e, spesso, purtroppo quella
che potremmo definire richiesta o offerta di consolazione. Si parla molto, infatti, di disoccupazione, fallimenti di aziende, ricerca di lavoro e delle difficoltà
legate a questi fenomeni.
Facebook e – soprattutto – Twitter
Come si è già ricordato i social network sono il luogo
dove più si parla di crisi, con un indiscutibile primato, in questa speciale classifica, di Twitter – che si
accaparra il 66% dei riferimenti secondo l’articolo di
Al Jazeera. Con post molto brevi, di centoquaranta
caratteri al massimo, tutti parlano di crisi e gli opinion leaders mettono in rete notizie, i loro commenti
e le valutazioni. Twitter è il luogo dove coesistono e
sono molto presenti tutte le azioni fin qui individuate: informare, denunciare, lasciare una testimonianza. Non è però, per definizione, il luogo dell’approfondimento, ma quello che lancia spunti di riflessione, temi di analisi, provocazioni. È evidente che qui
diventa fondamentale per ogni utente costruire un
proprio affidabile elenco di voci da seguire, e in diversi articoli online e offline si trovano suggerimenti
e inviti in questo senso.
Piccola storia della crisi su internet
È praticamente impossibile seguire l’evoluzione cronologica dei riferimenti alla crisi su internet. E questo
non solo per la quantità di materiali e per la complessità della struttura nel suo insieme, ma anche perché, in internet, tutti i documenti rimangono raggiungibili, presenti, collegati gli uni agli altri da riferimenti
e legami di ogni tipo. Il rischio è quello di non riuscire più a percepire l’evoluzione degli eventi; quando
un certo argomento veniva trattato da più persone e
quando un altro; quale sia la causa e quale l’effetto.
Detto questo, alcune cose si possono dedurre.
Anzitutto, l’evoluzione della crisi sembra influenzare
la quantità e il tipo di ricerche realizzate dagli utenti.
È ciò che si evidenzia ancora una volta in un passaggio dell’articolo di Al Jazeera. Gli autori fanno riferimento al settembre del 2008 quando Bank of America acquistò Marrill Linch: in quei giorni la ricerca su
internet della parola bailout (salvataggio) aumentò in
modo vertiginoso. Ma è cambiata sicuramente nel
tempo anche l’immissione di contenuti – post, articoli, fotografie, video, tweet – che fanno riferimento
alla crisi. Per capirlo basta un piccolo esperimento,
che non ha certo carattere di scientificità ma è in
grado di restituire una tendenza. Con Google è possibile impostare la ricerca definendo un intervallo di
tempo, cioè indicando in che periodo devono essere
stati inseriti i risultati che appaiono. Con sei intervalli
corrispondenti agli anni dal 2007 al 2012 e cercando
prima “crisi economica” e poi “economic crisis”, si
ottengono risultati interessanti. Dal 2007 al 2010 l’immissione di contenuti attinenti ai termini “crisi economica” è aumentata, passando dai 48.000 del 2007
ai 337.000 del 2010, con livelli intermedi nel 2008 e
nel 2009. Nel 2011 cala andando a 215.000 per balzare a 419.000 nel 2012.
Ciò significa che gli utenti scriventi su internet in italiano hanno continuato a incrementare in questo periodo temporale i loro riferimenti alla crisi economica,
con però un evidente calo d’interesse nel 2011. Se si
fa riferimento invece ai risultati in inglese – cercando
dunque economic crisis – la tendenza non è la stessa. In continuo aumento dal 2007 al 2012 (passiamo
da 2,1 milioni a 63 milioni), non conosce però una
perdita d’interesse nel 2011, tutt’altro: se per il 2010
ci sono 9 milioni di riferimenti, per il 2011 si passa
a 22 milioni. Naturalmente questi dati vanno presi
con le pinze e andrebbero attentamente analizzati
per sottrarre i riferimenti non rilevanti e considerare
un “fisiologico” aumento degli utilizzatori della rete.
Anche così ridimensionati, restano però indicativi.
Se non altro se ne può dedurre che lo scorso anno è
stato un anno di crisi su internet, nel senso che molto
se ne è parlato. Inoltre gli scriventi in italiano sembrano essersene interessati meno nel 2011 rispetto
alle tendenze precedenti; così non è per gli interventi
in lingua inglese in netta crescita in quell’anno. Staremo a vedere cosa accadrà nel 2013.
Numero di risultati per anno
La ricerca è stata condotta utilizzando il motore di
ricerca Google;
Gli anni di riferimento sono stati impostati come
intervalli dal 1 gennaio al 31 dicembre;
i risultati sono il numero di riferimenti immessi su
internet nell’intervallo considerato
Anno di
Risultati per
Risultati per
riferimento “crisi economica” “economic crisis”
2007
48 mila
2,1 milioni
2008
115 mila
5,2 milioni
2009
235 mila
6,7 milioni
2010
337 mila
9,0 milioni
2011
215 mila
22,0 milioni
2012
419 mila
63,0 milioni
le cifre sono approssimate.
37
Non crisi ma crescita
per BRICS e paesi
emergenti
Negli ultimi anni titoli di libri, riviVietnam – costringe a ridefiniste e giornali richiamano sempre
re gli immaginari che da decenni
più di frequente la presenza di una
guidano la nostra interpretazione
pervasiva e duratura crisi econodel mondo, intrisa del concetto
mica, che rende difficile immagidi “Terzo Mondo” identificato dunare il futuro e costringe a vivere
rante la Guerra Fredda. Negli anni
di Francesca Zeni
un presente privo di prospettive.
cinquanta al “Primo” e al “SeconL’economia stagnante si accompado” Mondo si aggiunse un “Terzo”
gna in Europa a un clima di “milleMondo, costituito da paesi di nuonarismo”, che descrive il
va indipendenza che avefallimento di un modello
vano tra loro in comune
sociale ed economico:
i problemi dello sviluppo
la fine del capitalismo e
economico e della poverdell’economia di mercatà. Alla lettura in chiave
to. Ma se le economie dei
Est-Ovest proposta dalle
paesi europei non cresuperpotenze dell’epoca,
scono o crescono molto
si affiancò la linea di inlentamente, la ricchezterpretazione attraverso
za complessiva prodotta
un asse Nord-Sud, che
sul pianeta continua ad
plasmò immaginari e dieaumentare. Negli ultimi
de vita a un modo di osdieci anni la produzione
servare il mondo ancora
foto di Francesca Bottari
mondiale ha raddoppiato
utilizzato, ma che deve
i suoi volumi, 250 milioni di persone sono uscite dal- cedere il passo a una nuova realtà fatta di potenze
la povertà, il capitalismo – dato per sconfitto nel Vec- economiche che stanno superando la ricchezza prochio continente – ha vissuto un’enorme espansio- dotta dagli attori che si erano imposti del corso del
ne, conquistando i mercati immensi dei cosiddetti XX secolo.
BRICS, Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, e ini- La rapida crescita economica delle nuove potenze –
ziando a entrare nei mercati degli N11, i Next Eleven. si prevede che nel 2029 l’economia cinese supererà
Se osserviamo le trasformazioni mondiali evitando il quella americana – determina un incremento della
filtro eurocentrico risulta evidente che il pianeta sta ricchezza complessiva dei diversi paesi, che non corvivendo una fase di passaggio, una ridefinizione de- risponde, però, a una modifica efficace del reddito
gli equilibri politici ed economici che pone al centro pro capite, a un’equa redistribuzione delle risorse e
dello sviluppo alcuni paesi in rapida ascesa, paesi all’aumento esponenziale dei diritti degli abitanti di
che non si riconoscono nell’idea “occidentale” di cri- BRICS e N11. I paesi “emergenti” sono tra loro estresi globale.
mamente eterogenei, dal punto di vista politico, soL’acronimo BRIC, senza la S di Sudafrica aggiunta ciale, demografico, ambientale. Alcuni sono ricchi di
più tardi per contenere un attore del continente afri- materie prime, altri esportano manufatti; alcuni concano ed essere più rappresentativi a livello mondia- tinuano a conoscere un forte aumento della popolale, è stato coniato nel 2001 da Jim O’Neill, economi- zione, altri hanno crescite demografiche contenute;
sta di Goldman Sachs, che ha descritto i “mattoni” alcuni si stanno aprendo alla tutela dei diritti dei lavodi un nuovo ordine internazionale, identificati attra- ratori, altri utilizzano lo sfruttamento della forza lavoverso l’analisi di indicatori micro e macroeconomici. ro per avere prezzi più competitivi sui mercati interI BRICS, che rappresentano il 40% della popolazio- nazionali; in alcuni paesi ci sono governi democratine mondiale e producono attualmente il 20% del- ci, in altri le decisioni vengono prese da una classe
la ricchezza complessiva del pianeta, in pochi anni dirigente non eletta; alcuni hanno libertà di stampa e
sono diventati un soggetto politico, e dal 2009 orga- di espressione, altri hanno un accesso limitato all’innizzano vertici attraverso cui porre le basi per riven- formazione.
dicazioni comuni, prima tra tutte essere riconosciuti La velocità con cui questi paesi stanno crescendo e
all’interno delle organizzazioni internazionali come stanno conquistando peso in ambito internazionale
Fondo monetario internazionale, Banca mondiale e rischia di portare all’estremo alcune contraddizioni
Organizzazione delle Nazioni Unite.
interne. Le sfide sociali e ambientali che si presenLa crescita dei BRICS e l’ascesa dei Next Eleven – tano sulle diverse agende sono impegnative, ma al
Bangladesh, Egitto, Indonesia, Iran, Messico, Ni- contempo la crescita economica, se ben guidata,
geria, Pakistan, Filippine, Turchia, Corea del Sud e può contribuire al miglioramento degli standard di
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vita delle popolazioni che vi abitano. Alcuni paesi tra
i BRICS hanno, ad esempio, iniziato a riflettere sui
rischi ambientali di uno sviluppo non controllato, e
hanno iniziato a investire sulle risorse rinnovabili.
La crescita economica può corrispondere ad una
crescita sociale: la classe media dei paesi “emergenti” sta divenendo sempre più ampia, inizia in alcuni
casi a far nascere mercati interni interessanti quanto
quelli esteri, ma la popolazione può iniziare a essere
composta non solo da consumatori potenziali, ma da
cittadini che pongono istanze di crescita sociale e di
riconoscimento dei diritti ai propri governi. In questo
senso vanno i tentativi di alcune organizzazioni locali – che trovano spesso come partner internazionali
ONG, associazioni ma anche imprenditori e attori del
mondo profit – che stanno costruendo progetti per
sopperire alla mancanza di un welfare state sviluppato, per contribuire a garantire la tutela dei diritti
fondamentali, quali l’accesso all’acqua, al sistema
sanitario, all’istruzione scolastica. Tali progetti, detti
di “impact investing”, possono essere uno dei settori in cui si incontrano le istanze delle popolazioni dei
paesi “emergenti” e quelle di attori dei paesi “occidentali” in crisi economica, ma con stati sociali più
sviluppati e ricchezze più equamente distribuite. Se i
protagonisti della scena economica sono ormai altri,
i paesi della vecchia Europa possono cercare di porsi
come interlocutori sul tema dei diritti e dello sviluppo
della società civile, temi che necessitano di rimanere al centro di tutte le agende internazionali, anche
se ogni paese dovrà immaginare nuove modalità per
garantirne efficacemente la tutela.
La riflessione sui BRICS e sui paesi emergenti ha permesso al Centro per la Formazione alla Solidarietà Internazionale di stimolare il dibattito sulla necessità di
superare una visione del mondo anacronistica e spesso ancora eurocentrica, aprendosi invece alla lettura
del ruolo rivestito dalle nuove potenze per delineare
possibili modalità con cui il Vecchio continente può
relazionarsi ad esse. In molti si chiedono se ha ancora
senso cooperare con paesi a forte crescita, come Brasile, Cina o India. Nell’interazione con i BRICS possono diventare protagonisti attori nuovi, legati a mondi
non tradizionalmente connessi con la cooperazione
internazionale, e gli attori tradizionali possono unirsi
ad essi per disegnare nuovi scenari di progettazione
e di intervento. Il futuro è ancora da scrivere, ed avere
chiavi di lettura per comprendere la complessità del
presente è il primo passo per affrontare i cambiamenti in atto con creatività ed impegno.
Terzo mondo: genesi di una definizione
La definizione di “terzo mondo” fu coniata nel 1952 da Alfred Sauvy, che si ispirò al “terzo Stato” della rivoluzione francese per identificare i paesi non allineati ai due blocchi. Nella conferenza di Bandung del 1955
venne rafforzata la volontà dei paesi di recente indipendenza di poter scegliere nuovi modelli di sviluppo.
Ma nel tempo il concetto di “terzo mondo” è diventato sinonimo di paesi meno sviluppati, anche perché in
epoca post-coloniale la speranza di poter scegliere autonomamente la propria via verso lo sviluppo è stata
fortemente disillusa. Il riferimento a “terzo mondo”, cui si fa riferimento nell’articolo, riguarda quest’ultima
accezione, pur nella consapevolezza della molteplicità di significati attribuiti al termine in questione.
Il Centro per la formazione alla solidarietà internazionale
Il Centro per la formazione alla solidarietà internazionale si occupa dal 2008 di formazione, ricerca ed educazione. Attraverso corsi, seminari e pubblicazioni il
CFSI cerca di essere un laboratorio permanente di sviluppo della coscienza critica per i soggetti impegnati
nella cooperazione e nella solidarietà internazionale. Il percorso su “BRICS e
paesi emergenti”, inserito
nella linea di lavoro “Testi
e ConTesti in evoluzione”,
ha l’obiettivo di indagare,
tra il 2013 e il 2014, un contesto non tradizionale per il
mondo della solidarietà internazionale ma di importanza crescente nel panorama internazionale, con
paesi estremamente disomogenei tra loro, impegnati in
un’accelerata crescita economica, attraversati da profonde tensioni sociali, sollecitati sul fronte del rispetto
dei diritti umani. Il 2013 è dedicato all’approfondimento
dei contesti di Sudafrica, India e Turchia. Per informazioni sui corsi e iscrizioni:
www.tcic.eu, [email protected].
Il CFSI è nato dall’impegno
di Provincia autonoma di
Trento, Federazione trentina della cooperazione,
Fondazione Opera Campana dei Caduti e Università
degli studi di Trento. Partner del CFSI sono Centro
OCSE-LEED per lo sviluppo locale e Forum trentino
per la pace e i diritti umani.
foto di Francesca Bottari
39
Trentino Italia storie pop a Lavarone
Ultimo appuntamento a Lavarone
con la rassegna cinematografica,
organizzata nell’ambito del progetto “Trentino Italia storie pop”:
venerdì 7 settembre è stato proposto il film di Daniele Vicari “Il
mio paese” (113’, 2006).
INFO
M USE
INFOM
USE O
O
Un convegno in ricordo dell’8 settembre 1943
Sabato 8 settembre l’ANPI del
Trentino, in collaborazione con
la Fondazione Museo storico del
Una mostra su donne e coopera- Trentino, l’Associazione ANED e
l’Associazione Divisione Acqui,
zione
hanno organizzato il convegno
“8 settembre 1943: i primi caduti
della Resistenza”, che si è tenuto
presso la Caserma Pizzolato di
Trento.
Per la Fondazione Museo storico
del Trentino sono intervenuti il
direttore Giuseppe Ferrandi, con
la relazione dal titolo “La nascita
del CLN di Trento e l’inizio della
resistenza partigiana” e Lorenzo
Gardumi, che ha parlato de “La
resistenza dei militari all’estero
Il 7 settembre, presso l’ex Caseifi- e dei militari italiani internati nei
cio sociale di Caldonazzo, è stata lager tedeschi”.
inaugurata la mostra “Storie di
genere: l’altra metà della CooperaI trekking di Forte Cadine
zione”, ideata dal Centro sulla storia
dell’economia cooperativa, Fonda- Domenica 9 settembre si è tenuto
zione Museo storico del Trentino e il secondo appuntamento con i
dall’Associazione Donne in coope- “Trekking di Forte Cadine”, prorazione e curata da Paola Antolini e posti dall’APT Trento, Monte BonAlberto Ianes. Un lungo percorso done e Valle dei Laghi e dalla Fondocumentario e fotografico alla dazione Museo storico del Trenscoperta della presenza femminile tino per tutti i fine settimana di
nella
cooperazione
trentina. settembre. L’escursione ha riguarNell’ambito della mostra, il 18 set- dato la Fortezza militare Casteler
tembre all’Auditorium dell’Istituto de la Groa.
comprensivo di Vigolo Vattaro, è La domenica successiva è stata
stato proiettato un documentario percorsa una parte del Sentiero
con le testimonianze di presidenti, di San Vili, che da Trento porta a
lavoratrici e socie che hanno rac- Madonna di Campiglio. Domenica
contano la loro esperienza di donne 23 settembre, infine, è stata la
nella cooperazione. Ha partecipato volta del Giro del Sorasas, sopra
il gruppo vocale Just Melody diretto l’abitato di Cadine.
dalla maestra Rosella Martinelli.
Ogni trekking si è concluso con
SETTEMBRE
40
una visita guidata al Forte di
Cadine e una degustazione di prodotti tipici locali.
Una mostra sull’emigrazione e tre
incontri di approfondimento
La mostra “Storie di emigrazione”,
curata da Valentina Galasso e
Patrizia Marchesoni, è stata aperta
nelle Sale di Palazzo Thun a Trento
il 14 settembre. Il percorso espositivo, disponibile fino al 4 ottobre,
ha documentato i risultati di alcuni
dei principali progetti di ricerca
svolti negli ultimi anni all’interno
del Centro di documentazione
sulla storia dell’emigrazione trentina, nato nel 2004 come settore
tematico della Fondazione Museo
storico del Trentino. All’interno
della mostra sono stati organizzati
dei momenti di approfondimento
con alcuni ricercatori che hanno
presentano i percorsi e gli esiti dei
propri studi. Il 14 settembre Mattia
Pelli ha parlato di “Partenze, arrivi
e ritorni: 30 anni di emigrazione
trentina in Svizzera (1946-1975)”;
il 21 settembre Renzo Tommasi
ha affrontato il tema de “L’emigrazione trentina in Australia”; il 25
settembre, infine, si è parlato de
“Le fonti locali per lo studio dell’emigrazione trentina: gli archivi dei
comuni di Ala e Avio” assieme a
Fabio Bertolissi.
Una mostra fotografica sul quartiere di San Giuseppe a Trento
In occasione della tradizionale
Festa di Via Veneto a Trento, che
sabato 15 settembre ha animato la
via cittadina con mercatini, scam-
bio di libri usati, laboratori e prove
sportive, la Fondazione Museo
storico del Trentino ha proposto
una mostra fotografica sui Casoni
e il quartiere di San Giuseppe,
curata da Elena Tonezzer.
L’officina dell’autonomia
È iniziato lunedì 17 settembre il
ricco programma della seconda
edizione de “L’officina dell’autonomia”, iniziativa promossa dalla
Fondazione Museo storico del
Trentino per stimolare il dibattito sull’autonomia e per dare la
possibilità ai partecipanti di poter
esprimere la propria opinione sul
tema. Il primo forum si è tenuto,
appunto, il 17 settembre presso il
Palazzo della Magnifica Comunità
di Fiemme a Cavalese e il tema
affrontato è stato “Giovani/Territorio: l’esperienza di ‘Fiemme
piace’”. L’incontro è stato condotto
da Francesca Re. Il 19 settembre,
invece, presso lo Spazio History
Lab della Fondazione Museo storico del Trentino, Francesca Merz
ha moderato i vari relatori sul
tema
“Autonomia/Autonomie:
discipline e studiosi a confronto”.
Il giorno successivo, il 20 settembre, nuovamente a Cavalese, si
è svolta la discussione attorno a
“Alpi/Scenari: la regione alpina
come laboratorio di idee e di
governo”; Valentina Bergonzi ha
svolto il ruolo di moderatrice dei
diversi interventi. Ad Alice Manfredi invece, è spettato il compito
di condurre la discussione attorno
al tema “Rappresentanza/partecipazione: rappresentare l’autonomia: comunità e istituzioni locali”,
tenutasi il 24 settembre a Trento
presso gli spazi della Fondazione.
Il forum conclusivo si è svolto il 26
settembre a Cavalese e, oltre alle
conduttrici dei 4 incontri precedenti, sono intervenuti Giuseppe
Zorzi, scario della Magnifica
Comunità di Fiemme e Lorenzo
Dellai, presidente della Provincia
autonoma di Trento. All’interno de
“L’officina dell’autonomia” sono
state presentate anche alcune
recenti novità editoriali prodotte
dalla Fondazione: “Il Pacchetto:
dalla commissione dei 19 alla
seconda autonomia del TrentinoAlto Adige” di Mauro Marcantoni
e Giorgio Postal (19 settembre);
“Bruno Kessler” di Gianni Faustini
(24 settembre); “Renato Ballardini”
di Mauro Marcantoni (25 settembre); “Giorgio Grigolli: autobiografia a più voci” a cura di Giuseppe
Ferrandi e Marco Giovannella (25
settembre). Infine, tutti gli interessati hanno potuto partecipare a
“L’officina dell’autonomia” tramite
l’installazione multimediale “Specchio/rifletto” che ha permesso di
misurare le proprie conoscenze
sulla storia dell’autonomia rispondendo a un divertente test. L’installazione è stata disponibile sia a
Cavalese (Palazzo della Magnifica
Comunità di Fiemme) che a Trento
(Le Gallerie).
Reading contro la guerra
Don Bosco di Pergine è stato proposto il documentario di Rocco
Serafini “Oltre le mura”.
A tu per tu con il farmacista
Sabato 22 settembre a Brentonico
si è tenuto l’ultimo appuntamento
nell’ambito dell’iniziativa “A tu
per tu con il farmacista: laboratori aperti per apprendere come
preparare creme, pomate e sciroppi”, organizzata dall’Associazione giovani farmacisti Trentino
Alto Adige/Südtirol con il sostegno del Comune di Brentonico
e la collaborazione della Fondazione Museo storico del Trentino.
Nel corso dell’incontro sono state
presentate e realizzate insieme ai
partecipanti alcune semplici preparazioni.
Monologo sulla ritirata di Russia
Sabato 29 settembre le Gallerie
di Piedicastello hanno ospitato il
monologo scritto e interpretato
da Alfonso Masi “Non tutti tornarono”. Tratto dalla sterminata
memorialistica dei superstiti, il
testo ha ripercorso la vicenda
esemplare di un alpino che ha
partecipato alla ritirata di Russia,
arrivando gradualmente a rifiutare gli ideali fascisti e a ripudiare
la guerra. Lo spettacolo è stato
accompagnato dalla musica del
coro ANA di Trento.
Il 18 settembre, in occasione degli
ultimi giorni di apertura della
mostra “Ritorno sul Don (19411943): la guerra degli italiani in
Unione Sovietica” presso Le Gallerie di Piedicastello, la Fondazione Museo storico del Trentino
ha proposto il reading/spettacolo
“Ogni volta: ombre nere in tempo
di pace”. Otto lettori, diretti da
Maura Pettorruso, si sono cimenOTTOBRE
tati nella lettura di alcuni brani
tratti da testi di Simone Cristicchi,
Ryszard Kapuscinski, William Langewiesche, Erich Maria RemarTrentino Italia storie pop a Brenque, Mario Rigoni Stern, Helga
tonico
Schneider, Gino Strada.
La rassegna di proiezioni cinematografiche – organizzata all’interno
Un documentario sull’ex manicodel progetto biennale “Trentino
mio di Pergine Valsugana
Italia storie pop”, che nei mesi
Nell’ambito degli appuntamenti scorsi ha già riguardato le bibliorealizzati dal Tavolo di lavoro sulla teche di Ala e di Lavarone, il 4
storia e le sorti dell’ex Ospedale ottobre ha iniziato il suo terzo ciclo
psichiatrico di Pergine Valsugana, di programmazione a Brentonico.
mercoledì 19 settembre al Teatro Ogni giovedì alle ore 17.00 sono
41
stati proiettati documentari e fiction incentrati su quattro temi principali: “Il Risorgimento”, “Storie di
emigrazione”, “La Grande Guerra”,
“Dalla Resistenza alla Repubblica
Italiana”, “Uomini e territorio”,
“Uomini e industria”. Il ciclo è
stato curato da Daniela Cecchin
della Fondazione Museo storico
del Trentino e si è concluso il 17
gennaio 2013.
Libri in cantina
La Fondazione Museo storico del
Trentino è stata presente con le
proprie pubblicazioni alla decima
edizione di “Libri in cantina”,
mostra nazionale della piccola e
media editoria che si è tenuta il 6
e 7 ottobre nelle sale del Castello
di San Salvatore a Susegana (Treviso).
zato la tavola rotonda “Il Trentino
e le sue streghe: ricostruire la storia e confrontarsi con il presente”.
Sono intervenuti Fernanda Alfieri
(FBK Trento), Tommaso Dossi,
Elisa Bellè e Annalisa Murgia (Università di Trento).
COMUNE DI
BRENTONICO
Tavola rotonda
Il Trentino e le sue streghe:
ricostruire la storia
e confrontarsi con il presente
Fondazione Museo storico del
Trentino insieme al Comitato organizzatore Mondiali Fiemme 2013.
La storia di una valle e della
Magnifica comunità di Fiemme,
le origini nordiche dello sci, l’età
delle esplorazioni, l’uso dello sci
durante il primo conflitto mondiale e poi, ancora, la storia delle
competizioni e l’attenzione all’evoluzione tecnica delle specialità nordiche sono l’oggetto di
un’esposizione che si sviluppa in
modo innovativo e coinvolgente
tra la Galleria bianca, il piazzale
nord e la Galleria nera in tutti i suoi
300 metri di lunghezza. La mostra
rimarrà aperta fino al 30 giugno
2013.
Il muro di Nannetti
Sempre nell’ambito del secondo
ciclo di appuntamenti organizzati
dal Tavolo di lavoro sull’ex Ospedale psichiatrico di Pergine Valsugana, mercoledì 10 ottobre, in
occasione della giornata mondiale
della salute mentale, è stato presentato il libro di Paolo Miorandi
“Il muro di Nannetti”: la storia di
un internato nel manicomio di Volterra, dimenticato dal mondo, che
ha trasformato in un libro il muro
della propria prigione. La serata
è stata presentata da Valerio Fontanari, referente per il “Tavolo ex
OP”.
Il Trentino e le sue streghe
Il 12 ottobre a Brentonico si è
tenuta un’altra iniziativa nell’ambito del progetto “Trentino Italia
storie pop”: la Fondazione Museo
storico del Trentino, la Fondazione
Cassa di Risparmio di Trento e
Rovereto, il Comune e la Biblioteca di Brentonico hanno organiz-
42
Giornata dei musei del Tirolo stoRassegna di film d’animazione
rico
Fra le iniziative del progetto “TrenL’edizione 2012 della Giornata dei
tino Italia storie pop” è inclusa
musei del Tirolo storico si è svolta
anche una rassegna di otto serate
il 17 ottobre 2012 a Hall in Tirol:
di proiezioni d’animazione che nel
quest’anno il confronto si è tenuto
corso del biennio 2012-2013 viene
sul difficile tema della psichiatria
proposta nelle quattro biblioteche
e dei crimini dell’eutanasia comche partecipano al progetto: quelle
messi durante il nazismo. Per la
di Ala, di Brentonico, di Lavarone
Fondazione Museo storico del
e della Fondazione Museo storico
Trentino ha partecipato Rodolfo
del Trentino (Trento). Sono state
Taiani con la relazione “Storia e
previste otto sezioni, tutte aperte
storie della psichiatria ed eutanada omaggi agli autori Bruno Bozsia nell’area del Tirolo storico dal
zetto, Cristina Lastrego e Fran1830 ai giorni nostri”.
cesco Testa: “Risorgimento”,
“Seconda
guerra
mondiale”,
Ski past
“Ritratto satirico dell’Italia del conGiovedì 18 ottobre, presso le Gal- sumismo”, “Politica e società conlerie di Piedicastello a Trento, è temporanea”, “Il Trentino nell’anistata inaugurata la mostra “Ski mazione”, “Marco Pavone”, “Poepast: storie nordiche in Fiemme sia della cultura italiana dell’anie nel mondo”, organizzata dalla mazione”, “Miscellanea”. La rasse-
gna è iniziata giovedì 18 ottobre ed
è proseguita settimanalmente fino
al 13 dicembre presso il Caffè letterario “Bookique” a Trento. Il ciclo
è stato curato da Marco Pellitteri.
Milano Book Fair
mente si svolge nella cittadina di
Chiari, ha visto la presenza della
Fondazione Museo storico del
Trentino con le proprie pubblicazioni. Tre giorni di dibattiti, presentazioni di libri, appuntamenti artistici e musicali, assieme ai grandi
nomi della cultura nazionale.
visione quale veicolo di storia e
formazione. All’incontro è intervenuto anche Franco Panizza, assessore alla cultura, rapporti europei
e cooperazione della Provincia
autonoma di Trento.
L’Archivio della scrittura popolare
fra parole e musica
Dal 26 al 29 ottobre 2012 la Fondazione Museo storico del Trentino
ha presentato le proprie pubblicazioni alla fiera internazionale del
libro “Milano Book Fair”.
Memoria digitale e ricerca storica
NOVEMBRE
Conferenza su Cesare Lombroso
L’8 novembre presso l’Istituto
“Marie Curie” di Pergine Valsugana, Casimira Grandi (Università
di Trento) ha presentato la serata
dal titolo “Cesare Lombroso e l’omosessualità”. Sono intervenuti
Lucia Rodler (Libera Università di
lingue e comunicazione di Milano)
ed Enrico Oliari (infermiere e giornalista). Lo stesso Istituto, il 27
novembre, ha ospitato l’incontro informativo “Il parco ex O.P.:
stato attuale e prospettive: alberi
ed edifici storici del manicomio di
Pergine”, a cui hanno partecipato
Marina Taffara, vicesindaco di Pergine e assessore all’ambiente e
parchi urbani, Carmelo Anderle,
dottore forestale, Fabrizio Fronza
del Servizio della natura e valorizzazione ambientale della Provincia
autonoma di Trento. Entrambi gli
appuntamenti rientravano nelle
iniziative organizzate dal Tavolo
di lavoro sull’ex ospedale psichiatrico di Pergine Valsugana.
Sabato 10 novembre si è tenuta
la versione autunnale de “Il fiume
che non c’è”, la tradizionale festa
del borgo di San Martino a Trento.
Per l’occasione anche la Biblioteca della Fondazione Museo storico del Trentino ha aperto le sue
porte per presentare l’Archivio
della scrittura popolare, formato
da centinaia di diari, memorie e
lettere di trentini. L’incontro ha
previsto letture e riflessioni del
curatore dell’archivio, lo storico
Quinto Antonelli, accompagnato
dal violoncellista Francesco Ciech.
All’interno del progetto “Trentino
Italia storie pop”, il 15 novembre
la Fondazione Museo storico del
Trentino ha proposto la tavola
rotonda sul tema “Memoria digitale e ricerca storica: esperienze
e prospettive”. Per discutere sul
ruolo delle tecnologie digitali
come strumento di informazione
e archiviazione storica sono state
coinvolte alcune persone che da
tempo si dedicano al rapporto tra
tecnologia e ricerca, sia a livello
nazionale che locale: Giulio De
Petra, Serge Noiret, Michael Rech.
L’incontro è stato moderato da
Maurizio Teli della Fondazione
<ahref.
Un confronto tra Rai Storia e History Lab
La Fondazione Museo storico del
Trentino, il 14 novembre presso le
Gallerie di Piedicastello, ha organizzato l’incontro “Storie in tv: i
percorsi di Rai Storia e di History
Lab” a cui, oltre al direttore della
Fondazione Giuseppe Ferrandi,
hanno partecipato Silvia CalanLa rassegna della microeditoria a
drelli (direttrice di Rai Educational)
Chiari
e Giuseppe Giannotti, (responsaDal 9 all’11 novembre la Rassegna bile del Canale Rai Storia), condella microeditoria, che annual- frontandosi sul ruolo della tele-
Convegno sulle comunità di Fassa, Fiemme e Primiero
Il 16 novembre si è tenuto a Tesero
il convegno “Communitas vallis:
origini e fondamenti giuridici delle
istituzioni comunitarie in Fassa,
Fiemme e Primiero”, organizzato
43
dalla Fondazione Museo storico
del Trentino, dal Comun general
de Fascia, dalla Comunità territoriale della Val di Fiemme e dalla
Comunità di Primiero. Moderatore
dell’incontro è stato Rodolfo Taiani
della Fondazione Museo storico
del Trentino.
Mostra sulla storia nei fumetti
rico del Trentino. Erano presenti
Lorenzo Dellai, presidente della
Provincia autonoma di Trento,
Birgit Oberkofler, segretario generale del GECT “Euregio TiroloAlto Adige-Trentino”, Luigi Blanco
dell’Università di Trento, Rolf Steiniger dell’Universitá di Innsbruck,
Francesco Palermo dell’Università di Verona, Andrea Di Michele
dell’Archivio provinciale di Bolzano, lo storico Carlo Romeo e
Giuseppe Ferrandi, direttore della
Fondazione Museo storico del
Trentino.
Due giornate di studio sull’insegnamento della storia
Il 19 novembre, nella Biblioteca
della Fondazione Museo storico
del Trentino, è stata inaugurata
la mostra “La storia disegnata:
vicende italiane e trentine nei
fumetti dal 1945 a oggi”, organizzata nell’ambito del progetto “Trentino Italia storie pop” e curata da
Nicola Spagnolli. L’intento dell’esposizione, non è ricostruire la storia d’Italia attraverso il fumetto ma
dare un quadro di come il fumetto
italiano, soprattutto il cosiddetto
“fumetto di realtà”, si è confrontato con la storia, la cronaca e la
ricostruzione storica dell’Italia
dall’Unità ad oggi.
Convegno sull’autonomia
Le Gallerie di Piedicastello, il 21
novembre, hanno ospitato il convegno “40 anni di autonomia: dal
pacchetto all’Euregio”, organizzato da Euregio Tirolo-Alto AdigeTrentino e Fondazione Museo sto-
44
DICEMBRE
Convegno sull’emigrazione italiana
Il Centro di documentazione sulla
storia dell’emigrazione trentina
della Fondazione Museo storico
del Trentino, con il sostegno del
Servizio emigrazione della Provincia autonoma di Trento, ha
promosso il convegno “Paesani:
microcosmi dell’emigrazione italiana”, svoltosi il 6 dicembre alle
Gallerie di Piedicastello. Il convegno ha preso spunto dalle numerose ricerche di carattere locale
sulle migrazioni italiane apparse
negli ultimi anni in tutto il Paese
per raccontare con passione di
dettaglio le particolarità di tante
storie migratorie. Per la Fondazione erano presenti Patrizia Marchesoni, Mattia Pelli e Valentina
Galasso.
L’IPRASE, l’Università degli studi
di Trento e la Fondazione Museo
storico del Trentino hanno promosso due giornate di studio dal
titolo “La storia attraversa i confini: esperienze e prospettive per
l’insegnamento della storia”, che
si sono tenute il 23 e 24 novembre all’Università di Trento, presso Mostra fotografica di Fabio Bucil Dipartimento di Sociologia e ciarelli
ricerca sociale. Il convegno ha
inteso promuovere una riflessione
approfondita e aggiornata sulla
didattica della storia nelle aree di
confine, con riferimento al metodo
e agli strumenti didattici, nonché
un confronto tra sperimentazioni e
buone pratiche di insegnamento.
Pisa Book Festival
Il Pisa Book Festival, che dal 23 al
25 novembre ha animato le sale
del Palazzo dei Congressi di Pisa,
ha visto la presenza anche della
Fondazione Museo storico del
Trentino con i propri prodotti editoriali.
“Evidence”, la mostra personale
del fotoreporter Fabio Bucciarelli,
è stata inaugurata il 6 dicembre alle
Gallerie di Piedicastello: 70 fotografie realizzate in Iran, Birmania,
Sud Sudan, Libia e Siria, un excursus sui conflitti che hanno attanagliato il mondo durante gli ultimi
anni. All’inaugurazione, assieme
al fotografo, erano presenti Raffaele Crocco, direttore dell’”Atlante
delle guerre” e Giuseppe Ferrandi, sull’ex ospedale psichiatrico di
direttore della Fondazione Museo Pergine Valsugana ha proposto la
storico del Trentino.
conferenza “Ammissioni e dimissioni dall’ospedale psichiatrico
prima della riforma 180”. Moderati
da Giorgio Maria Ferlini, già diretPiù libri più liberi
tore dell’ex ospedale psichiatrico
di Pergine, hanno presentato le
loro relazioni Maria Luisa Drigo,
psichiatra e psicoterapeuta e Piera
Janeselli, assistente sociale.
A dieci anni dalla scomparsa di
Giuseppe Mattei
Con il patrocinio
della Presidenza del Consiglio
della Provincia Autonoma di Trento
Le pubblicazioni della Fondazione
Museo storico del Trentino erano
presenti all’undicesima edizione di
“Più libri più liberi”, la fiera nazionale della piccola e media editoria.
In ricordo di Giuseppe Mattei
(1926 – 2002)
o
isce intorno a un
di lavoro, costituito
del Comune di
essorato alla
rsi soggetti che
pati nei decenni
storia dell’ex
chiatrico di Pergine.
L’ospedale psichiatrico prima delle legge 180
Comune di Pergine
Assessorato alla cultura
one alla comunità
delle ricerche
dai singoli
l Tavolo, bilancio
lizzato fino ad oggi.
a nuova stagione
lla storia della
rellata di Carlo Girardi:
s.d., (part.)
nte Teresa, s.d., (part.)
(Casimira Grandi)
Piero Badaloni alle Gallerie presenta un suo libro
Il 19 dicembre le Gallerie di Piedicastello hanno ospitato la presentazione del volume di Piero Badaloni “Una memoria squilibrata”
(Editori internazionali riuniti, 2012),
dedicato alle vittime innocenti del
regime franchista. Il giornalista ha
dialogato assieme a Giuseppe Ferrandi, direttore della Fondazione
Museo storico del Trentino e alla
giornalista Fausta Slanzi.
In breve
voro
GINE
MIO A PER
IL MANICO
2012
02
1882 20
IUSURA
DALLA CH
STORIA. 10
| 2°ciclo
130 ANNI DI
OP
Tavolo ex
enti con il
appuntam
19 settembre 1882: inaugurazione
ufficiale del “Manicomio provinciale
tirolese di Pergine”
1905: conclusione dei primi interventi
di ampliamento
marzo 1916: conversione temporanea
del manicomio in ospedale militare.
I pazienti sono trasferiti in diversi altri
istituti dell’Impero
luglio 1927: inaugurazione del padiglione
“Osservazione”
1929: inaugurazione del padiglione
“Valdagni” ed estensione al Trentino, dal
primo luglio, della legge italiana sui
manicomi del 14 febbraio 1904, n. 36
e del rispettivo regolamento del 16 agosto
1909, n. 615
26 maggio 1940: trasferimento di
299 pazienti di lingua tedesca dall’ospedale
psichiatrico di Pergine Valsugana a quello
di Zwiefalten in Germania
1949: apertura di un nuovo reparto per
malate croniche tranquille a Maso Martini
1959: organizzazione, a Maso Martini,
di un padiglione per lavoratori denominato
“Ferretti”
1966: inaugurazione del padiglione
“Benedetti”
1968: promulgazione della cosiddetta
legge Mariotti, n. 436 del 18 marzo, che
introduce anche l’istituzione dei Centri
o servizi di igiene mentale
1978: promulgazione della cosiddetta
legge Basaglia, n. 180 del 13 maggio,
che decreta la chiusura dei manicomi
novembre 2002: chiusura ufficiale
dell’ospedale psichiatrico di Pergine
Valsugana
foto Ed. Paoli - Archivio L. Dellai
La Fondazione Museo storico del
Trentino, in collaborazione con
Cgil, Cisl e Uil del Trentino e
LaResS Laboratorio relazioni sindacali, ha organizzato l’incontro
pubblico “In ricordo di Giuseppe
Mattei (1926-2002)”, figura di
rilievo del movimento sindacale
trentino, legata in particolare agli
anni delle lotte operaie della
seconda metà degli anni sessanta
e della prima metà degli anni settanta che lo videro al centro di una
Lunedì 10 dicembre, in occasione stagione di grandi trasformazioni
della giornata internazionale dei politiche e sociali. L’incontro si è
diritti umani, il Tavolo di lavoro tenuto il 13 dicembre presso la
Fondazione Museo storico del Trentino
Tel. 0461 230482 – [email protected]
Disegni Carlo Girardi | Publistampa 09.2012
ul territorio
azione e oggetti
are e illustrare
manicomio.
bblici, iniziative
rtistico-espressive.
dattici per
e nuove generazioni
di conservazione
a locale.
del padiglione delle
pella mortuaria)
ine come luoghi
memoria
psichiatrico
esidi museali di
e e valorizzazione.
La cultura della memoria
è fatta anche di pudore. �
Da non confondere con il silenzio.
Sala Rosa della Regione TrentinoAlto Adige e ha affidato ad alcuni
testimoni della vita politica e sindacale trentina e milanese, che
hanno condiviso un tratto di strada
assieme a Giuseppe Mattei, il compito di tratteggiare la formazione e
le esperienze di una vita dedicata
al mondo del lavoro, fatta di impegno, coraggio, grande senso della
giustizia soprattutto nei confronti
delle categorie di lavoratori più
deboli e sfruttati.
Le iniziative che il Tavolo mette in programma per
la memoria dell’ex ospedale psichiatrico vogliono
essere un ricordo e una testimonianza non solo
della storia di Pergine, ma soprattutto delle
persone ospitate: chi con sofferenze psichiche,
chi rinchiuso perché socialmente pericoloso, tutti
sofferenti di una segregazione e privati di cure
e risposte di cui avrebbero avuto diritto e bisogno.
Ci poniamo, però, una domanda: noi che vogliamo
fare memoria e dare testimonianza della
sofferenza di tante persone la cui vita è stata
segnata dall’esperienza dell’ospedale psichiatrico,
sofferenza per la malattia, sofferenza per la
segregazione e la violenza gratuita, sapremo farlo
in punta di piedi, nel rispetto delle loro vite e con
il pensiero rivolto all’oggi e al domani, affinché
la psichiatria sia sempre più libera dalla violenza?
Valerio Fontanari
45
EDIZIONI
NOVITÀ
Alberto Ianes, Una Cassa di ricordi, di passione, lotta e varia
umanità: la Cassa rurale di Trento e la sua città (1951-2009), pp.
253.
Si parte dalla storia delle quattro
Casse che hanno dato vita alla
Rurale di Trento, si passa per la
«Grande storia» e si tratteggia
uno spaccato di società e di città,
la Trento degli anni cinquanta,
sessanta, settanta e ottanta, alle
prese con la sfida della modernità. Si parla di boom, urbanistica,
sociologia, sessantotto, Drive in
e ancora di figure, più o meno
note, di politici, giornalisti, sindacalisti, studenti, prostitute, preti e
fotografi, che hanno calcato la
scena di Trento e del Trentino in
più di cinquant’anni di storia. Il
tutto è impreziosito da oltre 200
immagini. 46
Peio, una storia d’acqua, regia
di Lorenzo Pevarello, DVD, 60’
È l’acqua la protagonista di questo documentario, nelle sue
molteplici valenze: la nascita del
termalismo, la costruzione delle
centrali idroelettriche, lo sviluppo delle strutture ricettive alberghiere. Lungo il filo dei ricordi,
venticinque persone ripercorrono i mutamenti che, nell’arco
di pochi decenni, hanno investito la piccola comunità alpina di
Peio e trasformato radicalmente
i valori e i ritmi di vita del passato.
Osservatorio Cara città (a cura
di), Da tante storie una storia:
confronto tra archivi ed esperienze di donne per una storia
viva, pp. 140, € 13,00
Michael Gehler und Günther
Pallaver, Universität und Nationalismus: Innsbruck 1904 und
der Sturm auf die italienische
Rechtsfakultät, pp. 328, € 20,00
Versione tedesca del libro già
edito dalla Fondazione Museo
storico del Trentino nel 2010 e
che raccoglie gli atti di un convegno tenutosi ad Innsbruck
nel 2004. Vi si ricostruscono le
vicende che si svolsero attorno
alla controversa istituzione a
Innsbruck di una facoltà di giurisprudenza con i corsi tenuti in
lingua italiana.
Il volume raccoglie gli interventi e
le riflessioni emerse nel corso
dell’omonimo convegno, organizzato dall’associazione Osservatorio Cara Città in collaborazione
con la Fondazione Museo storico
del Trentino, che ha avuto luogo a
Rovereto il 26 novembre 2011. Si
tratta di un confronto stimolante
che, partendo dall’esperienza di
Rovereto, affronta esperienze di
archiviazione e di conservazione
della memoria femminile in contesti assai diversi dell’arco alpino
(Trento, Bolzano, Piemonte, Ticino), per poi addentrarsi in un vivace raffronto tra differenti approcci
possibili per comporre la memoria femminile. Sono inoltre riportati, a titolo di esempio, materiali
raccolti dall’Archivio Donne Rovereto. Il volume contiene anche un
DVD con un’antologia delle videointerviste rivolte a protagoniste e
testimoni della storia delle donne
in Trentino.
Paola Rosà e Antonio Senter (regia di), Un ingegnere in cucina:
dal Trentino al sud del mondo il
fuoco pulito di Dale Andreatta,
DVD, 96’, € 8,00
Metà della popolazione mondiale
cucina bruciando legna o carbone e
il fumo dei fornelli inefficienti causa
la morte di oltre due milioni e mezzo di persone l’anno. Per salvare
vite umane, ridurre inquinamento e
deforestazione e aiutare miliardi di
donne nei paesi in via di sviluppo,
una comunità di ingegneri, artigiani,
designer, e operatori di ONG si ritrova negli Stati Uniti a scambiarsi
esperienze e competenze. Al Centro di ricerca Aprovecho in Oregon
e alla conferenza Ethos di Seattle
arrivano da Ohio e Germania, da Illinois e Uganda. Dale è uno di loro.
Nato in Ohio da genitori entrambi
figli di trentini emigrati a inizio Novecento, l’ingegnere Dale Andreat-
ta è appassionato di applicazioni
pratiche. Tre filmati (“Il raduno di
Seattle”, “Perfect fire” e “Nella terra
degli avi”) ne raccontano il lavoro e
la passione, seguendolo da Seattle
all’Oregon al Wyoming, fino a un
suo viaggio in Trentino.
J. Glenn Gray, Guerrieri, Considerazioni sull’uomo in battaglia,
traduzione e note critiche di Enrico
Maria Massucci, pp. 288, € 15,00
A quindici anni circa dalla conclusione del secondo conflitto
mondiale, J. Glenn Gray, filosofo del
Colorado College, rilegge il diario
che lo accompagnò durante quella
fatale vicenda personale e collettiva.
Riflessioni, che vanno oltre la «banale» finalità rievocativa e aprono
scenari di spessore filosofico sull’individuo nella congiuntura-limite
della guerra, consentono all’Autore
di mettere a fuoco anche le tante,
inquietanti implicazioni del conflitto
armato, per investire i dilemmi tragici della condizione del guerriero:
la solitudine e il cameratismo, la
libertà di scelta, il rapporto con la
morte, l’eros e l’amore, l’enigma del
nemico, il difficile rapporto con i civili. Un volume che dalle memorie
e dalla formazione personali attinge
interrogazioni globali sulla condizione umana.
P R E S E N TA Z I O N I
24 settembre 2012, Trento
Il volume dedicato a “Bruno
Kessler”, scritto da Gianni Faustini, è stato presentato presso
la sede di via T. Gar della Fondazione Museo storico del Trentino. Erano presenti l’autore e lo
storico Vincenzo Calì.
25 settembre 2012, Trento
Lo storico Lorenzo Gardumi,
assieme agli autori Mauro Marcantoni e Milena Di Camillo, ha
presentato il volume “Renato
Ballardini”. All’incontro, presso
la sede della Fondazione Museo
storico del Trentino di via T. Gar,
ha partecipato lo stesso Ballardini. Lo stesso giorno il giornalista Franco De Battaglia ha
discusso con Giuseppe Ferrandi
e Marco Giovanella, curatori del
volume “Giorgio Grigolli: autobiografia a più voci”.
13 novembre 2012, Trento
La Fondazione Museo storico del
Trentino ha ospitato la presentazione del volume “Le sponde
della memoria: il ruolo dell’oblio nel panorama mediale contemporaneo”, curato da Leonardo Gandini, Daniela Cecchin
e Matteo Gentilini. Assieme ai
curatori ha partecipato anche il
regista Daniele Vicari.
22 dicembre 2012, Cogolo (TN)
26 dicembre 2012, Celentino di
Peio (TN)
L’Associazione culturale Linum
e l’Ecomuseo della Valle di Peio
hanno organizzato la proiezione
del documentario di Lorenzo
Pevarello “Peio: una storia d’acqua” che ripercorre la nascita del
termalismo, la costruzione delle
centrali idroelettriche e dei primi
impianti invernali di risalita, lo
sviluppo delle strutture ricettive
alberghiere.
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