dall`unita` d`italia all`eta` giolittiana
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ISTITUTO COMPRENSIVO “DON MILANI” Via Cilea – Latina (Lt) TESINA MULTIDISCIPLINARE DALL’UNITA’ D’ITALIA ALL’ETA’ GIOLITTIANA (DAL 1861 AL 1914) Preparata da: D’Onofrio Viviana Carolina Classe III Sezione C Anno Scolastico 2012 - 2013 1 Tesina Multidisciplinare volta ad analizzare gli aspetti storici, politici, letterari e le conseguenti riorganizzazioni geografiche che seguirono il periodo storico compreso tra il 1861, data dell’Unità DìItalia e il 1914 data della della caduta del governo presieduto da Giolitti. MAPPA CONCETTUALE STORIA: ITALIANO: DALL’UNITA’ D’ITALIA ALL’ETA’ GIOLITTIANA (DAL 1861 AL 1914) VERISMO E VERGA RELIGIONE: ARTE: SAN GIUSEPPE MOSCATI IMPRESSIONISMO MUSICA: ED. CIVICA: LO STATUTO ALBERTINO GIUSEPPE VERDI TESINA MULTIDISCIPLINARE: DALL’UNITA’ D’ITALIA ALL’ETA’ GIOLITTIANA I GOVERNI DI DESTRA E SINISTRA STORICA INGLESE: SCIENZE: THE BRITISH ISLES MENDEL E LA GENETICA SPAGNOLO: TECNOLOGIA: FAMILIA REAL ESPAÑOLA IL TELEFONO GEOGRAFIA: LA LIBIA ED. MOTORIA: OLIMPIADI MODERNE 2 INDICE DEGLI ARGOMENTI: 1 STORIA:DALL’UNITA’ D’ITALIA ALL’ETA’ GIOLITTIANA 2 ITALIANO: VERISMO E VERGA 3 ARTE: IMPRESSIONISMO 4 MUSICA: GIUSEPPE VERDI 5 SCIENZE: MENDEL E LA GENETICA 6 TECNOLOGIA: IL TELEFONO 7 ED. MOTORIA: LE OLIMPIADI MODERNE 8 GEOGRAFIA: LA LIBIA 9 SPAGNOLO: LA FAMILIA REAL ESPAÑOLA 10 INGLESE: THE BRITISH ISLES 11 ED. CIVICA: STATUTO ALBERTINO 12 RELIGIONE: SAN GIUSEPPE MOSCATI Legami logici tra gli argomenti trattati: tutte le materie trattano di personaggi o cose che in qualche modo sono legati al periodo storico preso in esame o perchè diretti protagonisti che hanno vissuto quel periodo, o perchè discendenti di personaggi del tempo. Ad esempio la famiglia reale spagnola sono discendenti dei Borboni che dominarono il Regno delle due Sicilie prima dell’Unità d’Italia. Altro caso è l’argomento di geografia dove la Libia ha un legame diretto con l’età Giolittiana e le sue campagne d’Africa, o come l’Impressionismo artistico che è strettamente legato al Verismo. Ancora da ricordare che le Olimpiadi Moderne sono state introdotte proprio alla fine del XIX secolo e che la seconda rivoluzione industriale nasce proprio nella seconda metà del 1800 non a caso in Inghilterra e questo spiega il perché dell’argomento di inglese che tratta la descrizione delle Isole Britanniche 3 4 DALL’UNITA’ D’ITALIA ALL’ETA’ GIOLITTIANA (DAL 1861 AL 1914) LA DESTRA STORICA (1861-76) Nello stesso anno in cui fu raggiunta l’unità d’Italia, nel 1861, uno degli uomini che più di tutti aveva contribuito a questo obiettivo, il conte Camillo Benso di Cavour, capo del governo, morì. Furono indette elezioni per la nuova guida del governo ed il raggruppamento politico costituito dai liberali più conservatori i cui principali esponenti erano Ricasoli, Rattazzi, Sella, Minghetti, ne uscì vincitore. Questo raggruppamento più noto come “Destra Storica” governò il paese ininterrottamente dal 1861 al 1876. Il primo capo del governo dopo Cavour fu Bettino Ricasoli. Il primo problema che gli si pose era il completamento dell’unità, cui mancavano ancora il Veneto, sotto il dominio austriaco, e Roma con lo Stato Pontificio, dove il papa aveva rifiutato di riconoscere il nuovo stato. E se l’annessione del Veneto fu ottenuta abbastanza facilmente, grazie all’alleanza con la Prussia nella guerra contro l’Austria del 1866, assai più difficile era la questione romana, perchè agire con la forza avrebbe significato mettersi in urto con Napoleone III, tradizionale difensore del papato. Solo dopo la caduta dell’imperatore francese il governo italiano si decise all’azione: il 20 settembre 1870 i bersaglieri entrarono in Roma, e con la famosa 5 battaglia della Breccia di Porta Pia conquistarono lo Stato Pontificio. In seguito a questa annessione la capitale passò da Firenze (1865) a Roma. I secondo problema riguardava l’assetto economico e amministrativo del nuovo stato. Purtroppo, però, poiché questo governo era molto legato ai Savoia, commise il grosso errore di curare soprattutto l’espansione del Piemonte e quindi estese su tutto il territorio nazionale le proprie leggi, tasse, moneta, unità di misura e ponendo gli amministratori, i funzionari e i capi dell'esercito del nuovo stato tutti piemontesi. Gli investimenti pubblici per le infrastrutture necessarie ai collegamenti e allo sviluppo dell'industria furono fatti quasi tutti al Nord, nel polo industriale TorinoMilano-Genova, accentuando così il dislivello economico tra Nord e Sud. Perciò al Sud si sviluppò un forte sentimento antiunitario: l'unificazione fu concepita come un danno, non come la liberazione dall'oppressione borbonica. Furono introdotti: • unica moneta (lira) • unico sistema di pesi e misure (sistema metrico decimale) • funzionari piemontesi su tutto il territorio • legislazione piemontese, tra cui la legge Casati, che istituì le scuole statali in sostituzione di quelle gestite dalla Chiesa, che fino ad allora controllava l'istruzione. Le continue guerre sostenute dai Savoia avevano impoverito non poco le casse dello stato e pertanto nel tentativo di risanare il bilancio, i governi della destra istituirono sempre più tasse. Se tale situazione era sostenibile per le popolazioni delle regioni del nord, più ricche e industrializzate, le 6 regioni del sud, più povere e basate sul lavoro manuale e quindi con ricavi piuttosto bassi videro sempre di più peggiorare le loro condizioni di vita e conseguentemente il loro malcontento cresceva sempre più. Ma la goccia che fece traboccare il vaso fu quando la Destra che era al governo emanò due nuove leggi: 1 - L’aumento del prezzo della farina data da una tassa che andava allo stato che cosi rese ancora più difficili le condizioni economiche delle famiglie meridionali e in particolare degli agricoltori siciliani che videro crescere ancora di più il malcontento verso il re Vittorio Emanuele II e la casa Savoia. Per i siciliani questa era una tassa assurda, dato che non avevano mai sentito parlare di tasse su qualcosa che dovevano acquistare. 2 - Quando il nuovo governo impose una legge che obbligava i giovani a fare sette anni di militare lontani dalle famiglie. Una cosa del genere avrebbe portato alla morte per fame delle famiglie, perché solo i giovani riuscivano a lavorare dato che i genitori dopo essere diventati anziani non ricevevano nessuna pensione e vivevano del lavoro dei figli. Quindi i giovani si ribellarono e decisero di non andare a fare il militare. Quando il governo ed i Savoia si accorsero che i militari non venivano dal sud, mandarono giù i gendarmi per costringere i giovani a uscire allo scoperto e partire per i campi militari, ma essi si rifiutarono e si “diedero alla macchia” nascondendosi nell’entroterra Siciliana e sui monti. Di notte, andavano a lavorare e in qualche modo riuscivano a far vivere la famiglia mentre durante il giorno unendosi ai soldati fuggiti dalle truppe del Regno di Napoli, effettuavano rapine soprattutto ai danni di soldati e istituzioni dello stato. 7 Questo fenomeno passò alla storia con il nome “Brigantaggio”. di Queste rivolte sanguinose venivano finanziate desiderosi dai di Borboni, tornare al potere. Lo Stato italiano, per stroncare il brigantaggio, dovette ingaggiare una vera e propria guerra, che vinse solo dopo anni con leggi speciali e addirittura con l'invio dell'esercito. Ci furono aspre battaglie al termine delle quali i briganti furono tutti uccisi o fatti prigionieri. Nonostante ciò, nel 1875 la destra storica raggiunge il PAREGGIO DEL BILANCIO dello Stato. Per le finanze statali fu un vero successo, perché finalmente l'Italia poteva pagare i grossi debiti contratti con le potenze straniere per realizzare l'unità e avviare nuovi investimenti. LA SINISTRA STORICA (1876-1913) Forti di questo risultato, nel 1876 furono indette nuove elezioni. La popolazione, stanca delle tasse subite per pareggiare i conti dello stato, votò una nuova coalizione, passata alla storia come Sinistra Storica che vinse le elezioni e a cui il re e affidò l'incarico di formare il governo. Il primo capo di questa nuova coalizione fu Agostino DEPRETIS. Una volta giunta al potere, però, la Sinistra instaura una pratica di governo basata sul “trasformismo”, cioè sulla richiesta continua 8 all'opposizione di appoggio parlamentare ai provvedimenti proposti dal governo. Di fatto viene a cadere ogni barriera tra Destra e Sinistra, che si ritrovano più volte a votare per gli stessi provvedimenti, senza distinzioni ideologiche. Depretis porta avanti questa pratica trasformista, che caratterizza tutto il periodo della Sinistra al potere, e per questo viene anche fortemente criticato. Questo il programma di governo di Depretis, piuttosto innovatore: 1 - Riforma elettorale, per allargare il suffragio; gli elettori passano di fatto dal 2% al 6,9%, con l'esclusione dei nullatenenti e degli analfabeti; 2 - Istruzione elementare obbligatoria e gratuita (legge Coppino), anche se per molte famiglie povere non era possibile rinunciare al lavoro dei figli per mandarli a scuola; 3 - Abolizione della tassa sul macinato, che di fatto ripropose il problema del deficit pubblico, risolto da Sella. 4 - Introduzione della tariffa protezionista sui prodotti industriali e su quelli agricoli, per favorire i prodotti italiani rispetto a quelli stranieri. Alla morte di Depretis, gli succede un altro esponente della Sinistra, Francesco Crispi, che domina quest’epoca, tanto da essere definita “età crispina”. Egli diventa Presidente del Consiglio, quasi ininterrottamente dal 1887 al 1896. Durante il suo mandato, coinciso con la seconda rivoluzione industriale che porta, specialmente nelle regioni del nord, una trasformazione della società da agricola ad industriale, Crispi dovette affrontare molte battaglie sociali ma soprattutto preso dalla voglia di grandezza cominciò a pensare ad una espansione colonista dello 9 stato italiano. Non avendo né la forza militare, né quella economica per fronteggiare le forti nazioni europee, rivolse la propria attenzione verso l’Africa in particolare in Etiopia ma in seguito alla sconfitta dell’esercito italiano ad Adua nella guerra di Eritrea nel 1896 tutto il piano di espansione del governo italiano in Africa per acquisire l’Etiopia e L’Eritrea che era al centro del suo disegno di governo venne a cadere costringendolo alle dimissioni. A lui successe Giovanni Giolitti che era stato già primo ministro nel 1892-93 e governo dal 1901 al 1914. Egli comprese che l’unico modo per fermare i socialisti e per placare il malcontento popolare era di permettere ai lavoratori di conquistarsi migliori condizioni di lavoro e di vita. Durante l’epoca giolittiana, l’Italia cominciò a progredire molto rapidamente, preparando il proprio avvenire di paese moderno. La rete ferroviaria, che nel 1870 misurava soltanto 6000 km, ne contava 18000 nel 1914; furono realizzati i trafori alpini che favorirono il commercio con il resto dell’Europa; a Torino con la FIAT sorse l’industria automobilistica; la produzione del grano e dei vini raddoppiò. Ma questo era ancora insufficiente per far sì che il tenore di vita migliorasse rapidamente tanto più che dal 1870 al 1914 la popolazione era passata da 26 milioni a 36,5 milioni di abitanti. Inoltre, era esploso con violenza il problema del Mezzogiorno, depresso ed impoverito, abbandonato ai latifondisti in preda al fenomeno del clientelismo, il cui squilibrio nei confronti del nord si aggravava di continuo. 10 Giolitti capì dunque che il paese aveva bisogno di riforme in campo sociale ed il suo programma di governo era basato sui seguenti punti: 1 - imparzialità del governo di fronte alle controversie tra lavoratori e imprenditori 2 - dialogo con sindacati (associazioni di lavoratori) 3 - ricerca di accordi parlamentari con socialisti e cattolici 4 – Suffragio Universale: una riforma emanata nel 1912 con la quale estendeva il diritto di voto a suffragio universale maschile includendo in questa legge tutti gli uomini, anche i nullatenenti e gli analfabeti, purché con più di 30 anni e con servizio militare svolto. L’emanazione di tutte queste leggi avevano il solo scopo di tutelare i lavoratori e migliorare le condizioni di vita, affinché non ci fossero scontri con imprenditori, per mantenere pace sociale. Giolitti pensa che solo così l’Italia si possa sviluppare. Accanto, però, alle riforme sociali, Giolitti riprese la politica coloniale dei suoi predecessori che aveva avuto come obiettivi quello di creare delle colonie in Africa (Abissinia, Eritrea, Somalia), per far affermare l’Italia come grande potenza coloniale internazionale. Il principale obiettivo di Giolitti era la Libia, che apparteneva all’impero turco. Nel 1911 venivano mobilitati 200mila soldati che dopo un duro anno di guerra conquistarono la Libia . La Libia non fu però un buon acquisto: definita “scatolone di sabbia”, non aveva grandi risorse (gas e petrolio non erano ancora stati scoperti) e i costi della guerra e degli investimenti in campo agricolo erano elevatissimi. La guerra di Libia indebolì di molto Giolitti, anche perché l’Italia attraversava una forte crisi economica. Giolitti preferì dimettersi e il Re chiamò alla presidenza del Consiglio Salandra durante il cui governo l’Italia su grande manifestazioni di richiesta popolare guidate soprattutto da Mussolini entra nella I° guerra mondiale. 11 12 IL VERISMO Si sviluppa negli anni successivi all'Unità e prosegue fino al primo decennio del Novecento, raggiungendo la piena maturità nell'ultimo trentennio dell'Ottocento con Capuana, Verga, Serao, Deledda. Esso deriva direttamente dal Naturalismo francese, una nuova corrente artistica e letteraria sviluppatesi in tutta Europa verso la metà dell’Ottocento e che ebbe tra i maggiori esponenti Honorè De Balzac, Guy De Maupassant ed Emil Zolà. Lo scopo dei naturalisti è scoprire e descrivere la vera natura dell’uomo studiata negli ambienti sociali più poveri ed umili. Questo nuovo pensiero, soprattutto in letteratura poco dopo, intorno al 1870 arriva anche in Italia, per mezzo di Luigi Capuana che né è l’iniziatore, ma soprattutto grazie a Giovanni Verga che ne è il massimo esponente e da noi si afferma col nome di Verismo. Oltre che al nome e al luogo dove sono nati, il Naturalismo e il Verismo sono differenti in alcuni punti: - nei romanzi francesi è forte la denuncia delle ingiustizie sociali accompagnati da una forte speranza di miglioramento. - nei romanzi italiani è presente la pietà per le persone costrette a vivere nella miseria e anche se questi concetti sono ben identificati nei romanzi veristi, non ci sono vere e proprie denuncie per un futuro migliore e non si intravede una possibilità di riscatto per gli umili Molto importanti in un racconto verista sono: - la descrizione particolareggiata del luogo, dei personaggi e dei paesaggi, cercando di non tralasciare nessuna spiegazione importante; - l’uso di un linguaggio semplice, popolare e molto spesso vengono utilizzate espressioni tipiche di qualche dialetto del luogo in cui si svolge la vicenda. 13 Pur essendo il Verismo un movimento che si sviluppò in tutta Italia, i maggiori scrittori furono meridionali. Tra gli esponenti di maggiore spicco, oltre ai siciliani Capuana e Verga non dobbiamo dimenticare altri scrittori che hanno arricchito questo movimento. A tal proposito ricordiamo la napoletana Matilde Serao e la sarda Grazia Deledda. Ciò ha fatto in modo che questi scrittori molto legati alle proprie origini, abbiano con i loro romanzi, di fatto denunciato l’arretramento economico, culturale e istruzionale delle regioni meridionali. Infatti con l’Unita d’Italia, il Mezzogiorno aveva visto le sue condizioni economiche peggiorare perché i nuovi governanti favorivano in ogni modo le regioni settentrionali, più industrializzate, con un progressivo impoverimento del Sud a favore del Nord. A seguito di tutto ciò nacque la cosiddetta “questione meridionale”, per molti aspetti ancora non risolta e fortemente descritta nei romanzi degli scrittori veristi. I temi e le regole principali del verismo erano che: - l’artista doveva narrare il vero, cioè parlare di avvenimenti realmente accaduti ed i personaggi dovevano essere “contemporanei”. L’artista doveva limitarsi a ricostruire i fatti ma con distacco in modo cioè che l’opera doveva essere impersonale. - lo scrittore doveva utilizzare un linguaggio tipico dei personaggi dell’opera e con ricorso ai dialetti locali 14 GIOVANNI VERGA Giovanni Verga è nato a Catania nel 1840, da una famiglia benestante.Visse una bella infanzia tra i bei paesaggi siciliani e tra le bellezze della natura. Già ad undici anni fu sotto l’insegnamento di Antonio Abate, un suo lontano parente, giovane narratore e poeta. Grazie al suo insegnamento, scrisse il suo primo romanzo, Amore e patria, esperienza che gli permise di avere i primi contatti con il mondo della letteratura. Si iscrisse poi all’Università di Catania che abbandonò senza condurre a termine gli studi perché decise di concentrarsi maggiormente a scrivere romanzi patriottici sull’onda dell’entusiasmo suscitato in Sicilia dall’impresa garibaldina. Nel 1869 andò a Firenze, dove conobbe Giselda Foianesi con la quale strinse una relazione d’amore. Inoltre fece conoscenza con due grandi autori, Dall’Ongaro e Capuana, con i quali strinse una profonda amicizia che risultò essenziale ai futuri sviluppi della sua arte. Decise, poi, di andare a Milano, città in cui Verga scrisse molte opere, tra le quali Vita dei campi e Novelle Rusticane (Rosso Malpelo, Cavalleria rusticana, La lupa, Ieli il pastore) nelle quali sono presenti i paesaggi, i personaggi e i dialetti tipici siciliani. Poi scrisse il romanzo più importante di tutte le novelle che Verga abbia mai scritto:I Malavoglia, un racconto ambientato ad Aci Trezza, molto ironico e simpatico che parla 15 di una famiglia siciliana sfortunata in qualsiasi campo. Durante la composizione di questa novella, Verga alterna i suoi giorni tra Milano e Sicilia, quasi per confrontare l’ottica distante e quella riavvicinata del paesaggio e delle situazioni siciliane; inoltre I Malavoglia segnano l’inizio del ciclo noto col nome di Ciclo dei vinti. Con queste opere, Verga ebbe un grandissimo successo che arrivò al culmine con la pubblicazione della novella Mastro-don Gesualdo dove Verga quasi si immedesima nei personaggi e nella storia. A completare l’esperienza letteraria, Verga tenta il successo anche nel mondo del teatro, con un attivo interesse per le scene di linguaggio scarno ed essenziale. Tornato a Catania, Verga visse con riservatezza gli ultimi anni della sua vita dedicandosi all’amministrazione dei suoi beni. Come molti artisti, a Verga è stato riconosciuto il valore delle sue opere solo pochi anni prima della morte e pertanto non ha potuto gioire delle ricchezze che questo riconoscimento gli portarono. Morì di vecchiaia a Catania nel 1922, quando aveva ottantadue anni. 16 La poetica di Giovanni Verga Nelle novelle di Giovanni Verga, troviamo quasi sempre la presenza di paesaggi, personaggi e tradizioni tipiche della Sicilia, luogo a cui Verga è molto legato per il fatto che la Sicilia è la regione in cui è nato. Questo spiega come Verga avesse avuto questo grande debole per la sua Sicilia. Verga è un poeta che scrive in prosa e per scrivere i suoi racconti, usa la novella, un metodo molto utilizzato nel periodo verista, con la quale si può descrivere tutto un mondo in poche pagine. Verga rappresenta nei suoi capolavori la vita dei pastori, dei contadini e dei pescatori siciliani, gente povera e dimenticata, rimasta per secoli ai margini della Storia. I personaggi del Verga sono uomini semplici, dominati da passioni forti e autentiche, nel bene come nel male, e oppressi quasi sempre da un oscuro destino di dolore. Sono inoltre presenti i problemi di questa gente, il più grande dei quali è quello economico. Infatti i soldi erano sempre insufficiente, specialmente nelle famiglie composte da sette otto e più persone perché le bocche da sfamare erano tante. Le opere di Verga non sono però una fredda riproduzione del reale, ma in esse si riflette la concezione dolorosa e pessimista che lo scrittore ha della vita. Verga usa un linguaggio molto libero, ricchissimo di espressioni e costruzioni che ricalcano l’uso siciliano. Per questo motivo la prosa di Verga sembra aderire perfettamente alla realtà che rappresenta. Verga ha girato tanto l’Italia, ma molte volte ha alternato i suoi viaggi con dei ritorni a Catania,e non a caso è morto a Catania. Questo spiega che Verga non poteva stare per molto tempo senza il suo paese e che quei luoghi bellissimi lo aiutavano ad esprimersi nei suoi romanzi. 17 18 IMPRESSIONISMO L’impressionismo è un movimento artistico che nasce in Francia, precisamente a Parigi nel bar Guerbois dove erano soliti riunirsi gli artisti, soprattutto pittori intorno al 1860. La data precisa della nascita dell’Impressionismo è il 15 aprile 1874, quando alcuni giovani artisti, fra cui Monet, Degas, Cézanne, Renoir, decisero di organizzare una mostra alternativa dei loro lavori. Fu proprio qui che il movimento prese il nome, quando i critici, traendo spunto dall’esposizione di un quadro “Impressione, il sole nascente” di uno dei suoi maggiori esponenti, Monet, lo definirono “impressionista”, inteso in senso dispregiativo in quanto secondo loro questi artisti erano capaci solo di rappresentare la prima impressione della realtà, senza cogliere tutti i dettagli del paesaggio e del personaggio raffigurato. Anche se l’intento del critico era denigratorio, i pittori impressionisti accolsero volentieri questo nome, con il quale sono passati alla storia. Gli artisti impressionisti si organizzavano spontaneamente e si riunivano dapprima nei bar e caffè parigini, ma poi con il passare del tempo i loro incontri divennero un appuntamento settimanale fisso e a volte addirittura giornaliero durante i quali gli artisti parlavano delle proprie esperienze e delle loro realtà. L’impressionismo è un movimento che non nasce dalle accademie di belle arti, ma gli aderenti provenivano da esperienze e realtà sociali molto diverse fra loro. 19 L’intento degli impressionisti era quello di liberare la rappresentazione pittorica da qualsiasi schema o costruzione preordinati per cogliere l’attimo fuggente degli oggetti rappresentati. Questa posizione era fortemente influenzata dall’invenzione della fotografia a cui gli impressionisti riconoscevano il merito di essere un potente strumento di indagine della realtà. La fotografia ha la facoltà infatti di cogliere e fissare attimi fugaci e impressioni, e l’intenzione dei pittori impressionisti era proprio quella di riprodurre quella sensazione. I prinicipali esponenti di questo movimento furono:Monet, Renoir e Degas. Monet fu impressionista fino a fondo, cioè aderì a tutti i principi dell’impressionismo perché dipinse per se en plenair e senza utilizzare il disegno ma direttamente con pennellate brevi e decise curando in particolare la luminosità del colore e non studiando ne facendo riferimenti all’arte del passato. Renoir invece fu impressionista solo per dieci anni in quanto si dedicò alla decorazione delle ceramiche, che condizionò il suo modo di dipingere. Infatti non apprese fino in fondo i principi impressionisti ma curava il movimento e i particolari del costume del tempo. Anche lui dipingeva en plenair. Nel 1869 Monet e Renoir che a quel tempo condividevano uno studio e si confrontavano spesso sui temi decisero di ritrarre entrambi la “Grenoulliere”, uno stabilimento di Bagni sulla riva di un braccio minore della Senna che era una delle mete preferite dei parigini. Nonostante i due pittori avessero dipinto la struttura dallo stesso punto di osservazione i risultati furono molto diversi. 20 Monet infatti risultò più attento ai dettagli che riguardavano il paesaggio, curando la luminosità dell’acqua e il movimento, utilizzando pennellate rapide per dare un effetto di immediatezza e sintesi. Renoir, invece, curò come in tutti i suoi dipinti maggiormente l’aspetto della vita mondana e, quindi, le persone e i particolari dei loro costumi . 21 Un altro importante pittore impressionista fu Degas, una persona nobile che studiò all’accademia e compì molti viaggi. Egli si occupò della rappresentazione della vita mondana, dei caffè, dei ristoranti, delle sale da ballo e in particolar modo delle ballerine facendo trasparire sia i lati positivi che quelli negativi del periodo. Degas, fu impressionista perché si riferisce alla fotografia e utiliza le pennellate rapide, ma allo stesso tempo non lo fu perché privilegiava il disegno, studiava l’arte del passato, dipingeva al chiuso e usava la prospettiva. Negli anni si organizzarono in tutto otto mostre con un successo di critica e di politica, l’ultima delle quali fu organizzata nel 1886 e con essa il movimento finì. Sebbene sia stato un movimento di breve durata, l’impressionismo ha avuto una grande importanza perché ha condizionato con le sue tecniche pittoriche anche la storia contemporanea. 22 23 GIUSEPPE VERDI Giuseppe Verdi, nato a Roncole Busseto in provincia di Parma il 10 ottobre del 1813 da Carlo Verdi, un bottegaio con una grande passione per la musica che lo aveva portato a divenire presidente della piccola Filarmonica bussetana e Luigia Uttini, casalinga e filatrice. Quando Giuseppe Verdi nasce, Busseto è sotto occupazione francese, nel territorio che fu in quegli anni il ducato Parma. Per questo Giuseppe fu registrato all’anagrafe con nomi francesi: JosephFortunin-Francois, Giuseppe Fortunino Francesco. Verdi, nato in un paese dove l’analfabetismo è un fenomeno molto diffuso, impara a leggere e a scrivere da don Pietro Baistrocchi, il parroco del paese che ha anche funzioni di maestro elementare e di organista. Don Pietro gli insegna inoltre qualcosa di latino e soprattutto gli da qualche lezione di musica. Si deve a lui la prima scoperta del talento musicale di Verdi. Vista la sua predisposizione per la musica Carlo e Luigia decidono nel 1821 di comprarli una spinetta, strumento musicale che Giuseppe impara in breve tempo a suonare. Nel 1822 muore don Baistrocchi e Giuseppe suo giovane allievo gli succede come organista. Nel 1831 a soli 18 anni pur privo di studi regolari, diventa maestro di musica ed impartisce lezioni a Margherita Barezzi che poi finirà per diventare sua sposa. Considerando la sua attrazione per la musica, Giuseppe insieme al padre 24 Carlo si trasferì a Milano per frequentare il prestigioso Conservatorio milanese. Ma il conservatorio lo respinge per svariate ragioni. Fu così che finanziato dal padre della futura sposa si trovò un insegnante privato, Vincenzo Lavigna professore di solfeggio e maestro di cembalo alla Scala di Milano. Nel 1834 gli capita di dirigere “La creazione” di Haydn al Teatro dei Filodrammatici dove fa amicizia con Pietro Masini il compositore che gli aprirà la strada per il suo esordio da operista. Si sposa il 5 Maggio 1836 con la coetanea Margherita Barezzi che gli darà due figli Virginia e Icilio che muoiono entrambi poco dopo la nascita. Il viaggio di nozze è a Milano dove mettono su casa ma Giuseppe è spesso costretto a far ritorno a Busseto per i frequenti impegni di lavoro: l’impegno con la scuola, i concerti con la filarmonica e la composizione della sua prima opera rappresentarta, “Oberto conte di san Bonifacio” che va in scena il 17/11/1839 alla Scala riscuotendo un gran successo. Il 18 giugno 1840 Margherita muore improvvisamente all’età di 26 anni. Intorno al 1840 Giuseppe Verdi compose il “Nabucco” che andò in scena il 9/4/1842 e si ripeté per ben 57 volte ed ebbe un risultato clamoroso fu così che Verdi prese il volo verso il successo. Successivamente compose anche “I Lombardi alla prima Crociata”, un’opera di stile romantico che andò in scena alla Scala l’11/2/1843 a neppure un anno dal “Nabucco”. Anch’essa piace e viene riprodotta 27 volte. Verdi cambia scenario e presenta una sua nuova opera “Ernani” una storia d’amore con sfondo politico, alla Fenice di Venezia il 9/3/1844 ed è ancora un trionfo. Così Verdi incomincia a viaggiare e conquista i teatri principali d’Italia e d’Europa. 25 Nella primavera del 1851 Verdi si trasferì insieme alla sua nuova compagna, Giuseppina Strepponi (che viveva con lui dal 1849 e che sposerà nel 1859), in una tenuta a Sant'Agata (Piacenza), poco lontano da Busseto, dove si dedicò con passione all'agricoltura, coltivò il suo interesse per l'arte, la poesia, l'economia e la politica, fu anche eletto consigliere nella giunta della provincia di Piacenza e continuò a comporre opere che ebbero ancor più successo delle precedenti, come: “Rigoletto”, “Il Trovatore”, “La Traviata”. In quegli anni Verdi si dedicò anche alla politica : dal 1861 al 1865 fu deputato del primo Parlamento del Regno d’Italia , di questa esperienza ci resta “L’Inno delle Nazioni“, composto per l'Esposizione Universale di Londra nel 1862. Verdi sotto commissione del viceré d’Egitto dà vita ad una nuova opera “L’Aida” che verrà rappresentata al nuovo teatro del Cairo in occasione dell’inaugurazione del canale di Suez. Nel 1874, nell'anniversario della morte di Alessandro Manzoni, Giuseppe Verdi compose la Messa di requiem per onorarne la memoria. Fu a 74 anni che Verdi ebbe il successo più grande, forse quasi inaspettato inscenando alla Scala il 5/2/1887 “l’Otello” che fu un vero e proprio trionfo. L’ultima sua opera andò in scena il 9/2/1893 quando Giuseppe aveva 80 anni, il “Fastaff ”. La vita di Giuseppe Verdi è stata caratterizzata da due periodi: uno giovanile, in cui ha vissuto, con una certa partecipazione, le lotte per 26 l’Unità d’Italia ed uno della piena maturità, ricco di serenità e spirazione creativa. Egli trascorse gli ultimi anni a Milano. Il 16 dicembre 1899 istituì l' Opera Pia - Casa di Riposo per i Musicisti. L’intento era quello di assicurare il mantenimento a coloro «che si sono adoperati all'Arte Musicale» e che si trovavano in condizioni precarie. Dietro sua volontà, i primi ospiti accederanno alla casa di riposo solo dopo la sua morte. Nel testamento del 14 maggio 1900, Verdi pur designando erede universale una cugina di Busseto, Maria Verdi, lasciò, però, molti beni a vari enti sociali, tra cui ovviamente la Casa di riposo per musicisti. Morì il 27 gennaio 1901. Ai funerali che si svolsero a Milano parteciparono duecento mila persone. La Scala organizzò in onore del compositore un concerto, in cui cantò l’allora ancora sconosciuto Enrico Caruso. Giuseppe fu sepolto nell’ oratorio “Casa di Riposo per i Musicisti” accanto alla moglie Giuseppina Strepponi. Dopo la sua morte, la sua opera non è stata dimenticata; egli è rimasto comunque sempre presente nella vita sociale e culturale italiana tanto che ancor oggi molti teatri sono intitolati a lui e fino all’avvento dell’euro, l’Italia gli ha dedicato, ponendo la sua immagine, la più famosa e diffusa banconota: la mille lire. 27 28 GREGOR MENDEL (1822 - 1884 ) Gregor Johann Mendel nacque il 22 luglio 1822 a Heizendorf, in Austria. Era l'unico figlio di un coltivatore agricolo. Mendel è considerato il padre della genetica. Era un monaco, un biologo e un botanico. Nel 1843 entrò nel monastero di St. Thomas dell'ordine agostiniano di Brno. Qui potè finalmente studiare le sue materie preferite e presto si laureò in biologia e matematica. Cinque anni dopo (6 agosto 1847) venne ordinato sacerdote. Successivamente Mendel fu assegnato alle funzioni pastorali, ma presto divenne insegnante. Nel 1849 è stato assegnato ad una scuola secondaria nella città di Znaim, dove ha sostenuto l'esame di qualificazione per la certificazione all‘ insegnamento senza però raggiungere questo obiettivo. Nel 1851, grazie all’impegno dell’ abate Napp (nella foto a lato) gli fu permesso di iscriversi all'università di Vienna. Quì sviluppò le sue abilità come ricercatore che utilizzò successivamente nella sua vita. Nel 1853 Mendel conobbe Andreas von Ettingshausen e Franz Unger, l'influenza dei quali fu determinante per lo sviluppo del suo esperimento sui piselli: 29 il primo gli spiegò la teoria combinatoria, il secondo le tecniche più avanzate di impollinazione artificiale. Intorno ai trenta anni, Mendel approfondì le teorie dell'ereditarietà, perché voleva capire come i caratteri e le loro varianti si trasmettono alla generazione successiva. Usando le piante semplici del baccello di pisello,Mendel identificò dopo sette anni di selezione, sette "Linee pure": sette varietà di pisello che differivano per caratteri estremamente visibili: forma del seme: liscio o rugoso colore del seme: giallo o verde colore del tegumento: grigio o bianco Forma del baccello: liscio o gibboso Colore del baccello: verde o giallo Posizione dei fiori: assale o terminale Lunghezza dello stelo: lungo o corto 30 e proprio grazie a queste caratteristiche che tale pianta si prestava particolarmente a un semplice sistema riproduttivo; Mendel poteva impollinare a piacimento i suoi vegetali. Poi nell’arco dei dieci anni successivi Mendel incrociò tra di loro centinaia di piantine di pisello di diversi ceppi puri e seguì la trasmissione dei caratteri per più generazioni. Altri scienziati avevano già compiuto studi simili, ma nessuno in modo così rigoroso e con un numero di incroci tale da permettere un analisi statistica attendibile dei risultati: per determinare le sue leggi sperimentali Mendel esaminò quasi trentamila piante! Così egli incrociò piante di ceppi puri dal fiore rosso con piante di ceppi puri dal fiore bianco. Il risultato fu che Mendel ottenne piante che avevano tutte i fiori rossi. Incrociò poi piante di ceppi puri di piselli di colore giallo e lisci con piante di ceppi puri di piselli di colore verde e rugosi. Anche in questo caso il risultato fu che tutte le piante generate da questo incrocio davano piselli di colore giallo e lisci. Quindi le due varianti in entrambi gli esperimenti non si erano fuse tra loro a formarne una nuova: una delle due prevaleva sull’ altra. Mendel chiamò la prima variante, cioè i fiori rossi e i piselli gialli e lisci, DOMINANTE e la seconda, cioè i fiori bianchi e piselli verdi e rugosi RECESSIVA, che vuol dire nascosta. 31 Questo concetto è riassunto dalla prima legge di Mendel o “Legge della Dominanza”: Nell’ incrocio tra individui con varianti R R r Rr Rr r Rr Rr diverse di un carattere, ciascun genitore trasmette una variante; il figlio quindi le ha entrambe, ma soltanto la variante dominante si manifesta. Esistono anche delle eccezioni alla prima legge: per esempio nel sangue gli alleli sono A, B e 0. Se un bambino nasce da due genitori entrambi con il sangue del gruppo 0 avrà sangue di tipo 0 (due alleli di tipo 0, quindi 00); se i genitori sono gruppo 00 e BB o BB e BB il suo sangue sarà di tipo B (in realtà, B0 nel primo caso, BB nel secondo); se invece sono di tipo 00 e AA o AA e AA, il sangue del bambino sarà di tipo A (in realtà, A0 nel primo caso, AA nel secondo). Questo perché A e B sono due fattori dominanti, perciò, se un genitore ha sangue di tipo AA, e l' altro di tipo BB, il sangue del bambino sarà di tipo AB, visto che entrambi sono dominanti e perciò codominanti. Nel calcolo del gruppo sanguigno si deve in realtà sempre considerare la possibile presenza dell'allele 0, nascosto; quindi se un genitore ha il sangue A, ma i suoi alleli sono di tipo A0, ed il secondo ha il sangue di gruppo B, ma con alleli B0, i figli possono nascere con qualsiasi gruppo sanguigno, tranne che con AA e BB (ma possono avere i gruppi A0 e B0). Poi Mendel incrociò le piante-figlie ottenute dal primo incrocio tra ceppi puri di piante di piselli a fiori rossi con piante di piselli a fiori bianchi e scoprì che in media una volta su quattro le piante della seconda generazione avevano i fiori bianchi: la variante recessiva riappariva . 32 Lo stesso risultato fu ottenuto incrociando piante figlie di piselli gialli e lisci con piselli verdi e rugosi. Il risultato fu che in media una volta su quattro le piante della seconda generazione davano origine a piante con piselli verdi e rugosi Questa interpretazione porta alla seconda legge di Mendel o “Legge della Segregazione” Nella discendenza delle piante che R r R RR Rr r Rr rr derivano dall’ incrocio di ceppi puri, le varianti recessive si manifestano nel 25% dei casi. Mendel esaminò anche l’ ereditarietà di caratteri diversi: il seme di pisello che può essere giallo e liscio (varianti dominanti) o verde e rugoso (varianti recessive). Mendel incrociò i ceppi puri dai semi gialli e lisci con ceppi puri dai semi verdi e rugosi. Alla prima generazione tutte le piante avevano semi gialli e lisci, in accordo con la prima legge. Alla seconda generazione oltre a piante con semi gialli e lisci o con semi verdi e rugosi, apparivano anche piante con semi gialli e rugosi o verdi e lisci, cioè con le varianti dei caratteri mescolate rispetto ai progenitori. 33 Questo risultato si può riassumere nella terza legge di Mendel: I diversi caratteri ereditari sono trasmessi alla discendenza in modo indipendente gli uni dagli altri. Perciò dimostrò che nella discendenza i diversi caratteri si possono trovare combinati in tutti i modi possibili. Nel 1854 Mendel ritornò ad insegnare a Brno, dove nel 1868 fu nominato abate del monastero di St. Thomas (nella foto a lato) Morì il 6 gennaio 1884 a causa di una grave nefrite. Il lavoro e le teorie di Mendel, successivamente si sono trasformati nella base per lo studio sulla genetica moderna ed ancora oggi sono riconosciuti ed usati. Il suo lavoro ha condotto alla scoperta dell'ereditarietà, caratteristiche dominanti e recessive, genotipo e fenotipo ed il concetto di eterozigote e di omozigote. Oggi sappiamo che le leggi di Mendel hanno un valore generale,e quindi si possono applicare anche all’ ereditarietà dei caratteri negli esseri umani. Purtroppo a Gregor Mendel non è stato riconosciuto il giusto merito per le scoperte fatte dagli scienziati del suo tempo. Nonostante egli avesse trovato la prova reale dell'esistenza dei geni ed è considerato il padre della genetica, soltanto all'inizio del ventesimo secolo (1902), 18 anni dopo la sua morte, gli furono riconosciuti i suoi meriti. 34 35 MEUCCI E IL TELEFONO (1876) Il telefono è uno strumento di telecomunicazione utilizzato per trasmettere a distanza parole e altri suoni per mezzo dell’elettricità. Le onde sonore colpendo il microfono dell’apparecchio telefonico mettono in vibrazione una membrana, le cui oscillazioni vengono convertite in impulsi elettrici; questi viaggiano attraverso le linee telefoniche fino al ricevitore di destinazione, che li trasforma nuovamente in suoni. Per quanto riguarda la paternità di questa invenzione c’è stata una grossa battaglia nelle aule dei tribunali degli Stati Uniti d’America fin dal 1876 e solo nel 2002 con l’assegnazione definitiva dell’invenzione del telefono ad Antonio Meucci si è finalmente chiusa la polemica. La lunga controversia è nata dal fatto che quando nel 1854 Meucci realizzò il primo prototipo di telefono da lui chiamato utilizzò “telettrofono” all’interno della che sua abitazione negli Stati Uniti, dove viveva in quel tempo, per poter comunicare dal suo studio di lavoro con la moglie costretta a letto da una malattia, non riuscì a brevettare l’invenzione per gli elevati costi che Meucci non poteva sostenere a causa delle precarie condizioni finanziarie in cui versava tanto che era costretto a vivere con l'aiuto economico degli amici. Alla fine del 1871, Meucci cominciò a darsi da fare per promuovere la sua invenzione negli Stati Uniti. A questo scopo, il 12 dicembre 1871 fondò una società di quattro persone, denominata “Telettrofono 36 Company”, avente come scopo quello di effettuare tutti i necessari esperimenti per la realizzazione del «Telettrofono», ossia della trasmissione della parola (voce umana) attraverso fili elettrici, da lui inventato. Il 28 dicembre dello stesso anno depositò un caveat, intitolato Sound Telegraph, specificando alcune caratteristiche dell’invenzione. La società non disponeva del denaro occorrente (200 dollari di allora) per ottenere un brevetto, così bisognò accontentarsi del caveat, che costava soltanto 20 dollari ma, secondo la legge americana, avrebbe potuto essere trasformato successivamente in un vero e proprio brevetto. Purtroppo, però, sarebbe stato necessario versare una tassa annuale di mantenimento di 10 dollari. Inoltre, l’avvocato di Meucci trascurò di allegare al caveat tre importanti disegni che avrebbero in futuro evitato che altre persone avrebbero potuto presentare un brevetto simile. Il caveat fu rinnovato fino al dicembre 1874, per poi decadere a partire dal 1875. Infatti, per ottenere un brevetto standard, erano necessari 287 dollari, circa 4.500 euro di oggi che Meucci non aveva. In questo periodo, comunque, Meucci portò in giro la sua invenzione allo scopo di trovare finanziatori per il brevetto. Provò a proporre la sua invenzione corredandola di schizzi e disegni ad una compagnia telegrafica di New York, ma le potenzialità dell'invenzione non furono capite. Ovunque si recava, Meucci portava con se i disegni e schizzi del “telettrofono”. Si pensa che Alexander Graham Bell abbia visto i disegni di Meucci, e li abbia copiati o rubati forse proprio dalla compagnia telegrafica di New York e così il 7 marzo 37 1876 depositò il brevetto approfittando del fatto che in quel periodo Meucci non era riuscito a rinnovare il “caveaut” dato che non aveva i 10 dollari per il rinnovo. Meucci ricorse in tribunale contro la comagnia telegrafica che a suo dire non aveva distrutto i suoi disegni dopo la rinuncia al finanziamento permettendo a Bell di appropriarsene, ma, essendo in piena crisi finanziaria perse la causa. Secondo il giudice, come si scoprì successivamente, Alexander Graham Bell riuscì a comprare la corte che emise la sentenza nel 1887 dicendo che Meucci avrebbe scoperto un telefono meccanico, mentre quello presentato nel brevetto di Bell era elettrico. Distrutto da questa sentenza, Meucci morì in povertà nel 1889, mentre Bell aveva creato una compagnia telefonica che gli fruttò molta ricchezza. Solo l'11 giugno 2002, grazie al lavoro di ricerca di Basilio Catania, il Congresso degli Stati Uniti ha riconosciuto il contributo di Meucci nell'invenzione del telefono. Questa invenzione è quindi da assegnare definitivamente a Meucci. 38 39 LE OLIMPIADI MODERNE Le Olimpiadi Moderne raccolgono una serie di manifestazioni sportive che si svolgono ogni 4 anni e sono aperte agli atleti di tutto il mondo. Le gare olimpiche moderne, ispirate alle gare olimpiche della Grecia antica, furono inaugurate nella primavera del 1896. Promotore dell’iniziativa fu il barone francese Pierre de Coubertin, grande appassionato di sport. Egli riuscì, prima, nel 1892 ad assicurarsi l’appoggio dell’Unione francese per gli sport atletici e successivamente ottenne l’approvazione della Ia Olimpiade dell’era moderna da parte del Congresso internazionale di Parigi del 1894 Non restava che stabilire la data e il luogo in cui si sarebbero tenuti i nuovi giochi olimpici: de Coubertin li avrebbe voluti proprio a Parigi, ma la scelta cadde su Atene. La ragione di questa scelta fu alquanto casuale. Infatti verso a fine del XIX secolo, alcuni archeologi tedeschi scoprirono i resti dell’antica Olimpia e quindi si tornò a parlare dei Giochi olimpici. Pierre de Coubertin muore a Losanna il 2 Settembre 1937. Il barone francese chiese che il suo cuore fosse seppellito a Olimpia. Così fu stato fatto. La prima Olimpiade, e alcune delle successive, si svolsero secondo regole assolutamente diverse da quelle esistenti al giorno d'oggi. Innanzitutto erano ammessi solo i dilettanti, per cui parteciparono soprattutto studenti, marinai, impiegati e persone che praticavano lo sport come hobby. Per questo motivo alcune figure restano nella leggenda e di loro non si ha traccia nei successivi giochi. 40 Il 6 aprile del 1896 i Giochi furono aperti con la partecipazione di 14 paesi, fra i quali non figurava l’Italia. Gli atleti iscritti ai Giochi furono 249, di cui ben 168 greci ed altri 81 atleti in rappresentanza di 13 paesi, secondo la suddivisione politica dell'epoca, che gareggiarono in 43 competizioni suddivise in nove discipline sportive: atletica leggera, ciclismo, ginnastica, lotta, nuoto, scherma, sollevamento pesi, tennis e tiro, canottaggio e vela. Queste ultime due, in realtà anche se in programma non vennero svolte a causa del cattivo tempo. Le gare furono seguite con grande interesse dal pubblico: ben cinquantamila spettatori riempirono lo stadio per la cerimonia di apertura. Fu lo stesso re Giorgio I di Grecia a inaugurare i Giochi, aperti ai soli atleti dilettanti. Agli atleti non vennero distribuiti premi e solo i primi due classificati ricevettero un riconoscimento: una medaglia d'argento e una corona d'ulivo per il vincitore, una medaglia di bronzo e una corona d'alloro per il secondo classificato. Per quanto ben organizzate e sorrette da una buona campagna di stampa, le rappresentative degli stati erano ben lontani dall'essere una selezione dei migliori atleti di ogni paese, in quanto vigeva il principio decoubertiano del dilettantismo. La maggior parte degli atleti pagò di tasca propria il viaggio e in alcuni casi parteciparono alle gare anche dei turisti che in quel momento stavano visitando la Grecia e che si iscrissero ai giochi 41 spinti solamente dall'entusiasmo. Le donne non potevano partecipare in quanto de Coubertin voleva rispettare la tradizione antica, tuttavia ci fu una competitrice non ufficiale alla maratona, una donna greca di umili origini conosciuta come Melpomene. Il primo campione della storia delle Olimpiadi moderne fu James Connolly per gli Stati Uniti, che vinse il salto triplo. Il francese Paul Masson vinse tre delle sei gare ciclistiche in programma e l'ungherese Alfred Hajos due delle quattro di nuoto. Gli atleti americani dominarono i tornei vincendone nove su dodici. Tra le competizioni venne inserita per la prima volta ufficialmente la maratona, vinta dallo sconosciuto pastore Spiridon Louis, che in Grecia divenne un vero e proprio eroe nazionale. La manifestazione sportiva si concluse il 15 Aprile. Anche se le gare, nel complesso, non furono di alto profilo tecnico i giochi Olimpici del 1896 vengono ricordati come un successo organizzativo, soprattutto per merito dell'entusiasmo espresso dagli spettatori greci. Al ricevimento di chiusura re Giorgio I di Grecia suggerì che le Olimpiadi si svolgessero sempre ad Atene ma Pierre de Coubertin e il CIO rimasero sull'idea originale di assegnare i giochi ad una città sempre diversa. Così i successivi Giochi dell'edizione del 1900 si sarebbero svolti a Parigi. A partire dal 1924, con la prima edizione di Chamonix, fu indetta anche una versione invernale dei Giochi, nella quale si raggruppano gli sport che si praticano sulla neve e sul ghiaccio. Anch’essi si disputano a cadenza quadriennale, ma dal 1994, con l’edizione di Lillehammer, sono sfalsati di due anni rispetto a quelli estivi. 42 43 LA LIBIA Libia (nome ufficiale Repubblica Araba Popolare Socialista di Libia), è uno stato dell’Africa settentrionale, posizionato all’estremità orientale della regione del Maghreb. Si affaccia a nord sul mar Mediterraneo e confina a nord-ovest con la Tunisia, a est con l’Egitto, a sud-est con il Sudan, a sud con il Ciad e la Nigeria e infine, a ovest, con l’Algeria. Con una superficie di 1.757.000 km² la Libia è uno dei paesi più vasti dell’Africa; l’estensione costiera è di 1.770 km. La capitale è Tripoli. TERRITORIO Il territorio libico, situato nella regione centrale dell’Africa settentrionale, presenta una linea costiera uniforme caratterizzata dall’ampia rientranza formata dal golfo della Sirte; stretta e arida, la fascia costiera presenta due sole zone collinari, una a est (Gebel Nefusa), l’altra a ovest (Gebel el Achdar), in cui l’altitudine mitiga il clima tendenzialmente torrido. Immediatamente a sud della costa si trovano le regioni storiche della Cirenaica (a nord-est) e della Tripolitania. A meridione di queste, e includendone ampie sezioni, si apre la vasta regione del Deserto libico, che occupa circa il 95% del territorio, alternando alle distese sabbiose tratti di deserto pietroso e, nell’area sudoccidentale (la regione del Fezzan), formazioni rocciose che raggiungono in media i 600 metri di altezza; lungo il confine con il Ciad sorge infine l’elevato massiccio del Tibesti. CLIMA Il clima, generalmente torrido nelle aree desertiche soggette a marcate escursioni termiche, non subisce variazioni sostanziali nemmeno lungo la costa. Le precipitazioni, ovunque molto scarse nelle regioni desertiche, mentre sulla costa sono un po’ più intense. A Tripoli la media delle temperature è di 15 °C a gennaio e di 32 °C a luglio 44 FLORA E FAUNA Gran parte della Libia è pressoché priva di vegetazione. Nelle oasi crescono palme da dattero, olivi e aranci. Ginepri e lentischi si trovano invece sulle alture. La fauna comprende alcuni roditori del deserto, oltre alla iena, alla gazzella e alla lince. Sono inoltre comuni gli uccelli rapaci, tra cui l’aquila, il falco e l’avvoltoio. LINGUA E RELIGIONE L’arabo è la lingua ufficiale e più diffusa, mentre gli idiomi berberi sono sempre meno utilizzati; l’inglese e l’italiano rappresentano invece le lingue commerciali. Il 97% della popolazione è di religione musulmana sunnita, che è dottrina di stato; esistono inoltre alcune minoranze di religione cattolica. Libia POPOLAZIONE La popolazione, concentrata per due terzi nelle aree costiere, è di 6.173.579 abitanti (2008), con una densità media di 3,5 unità per km². Tripoli, importante città portuale, è una delle zone più popolate del paese; altri centri di rilievo sono Misurata e Bengasi. La popolazione libica è composta in prevalenza da arabi, mentre i berberi, che costituivano originariamente l’etnia dominante, rappresentano ormai un gruppo decisamente minoritario; infine genti nomadi e seminomadi (tuareg e toubous) sono stanziate nella regione desertica. A partire dal 1995 si è verificato un rapidissimo incremento dell’immigrazione: si calcola infatti che quasi la metà della forza lavoro presente in Libia sia costituita da stranieri, in gran parte provenienti dai paesi arabi, africani o asiatici. ECONOMIA La Libia, per quanto povera di aree coltivabili, fu a lungo un paese a economia agricola fino a quando la scoperta di ingenti depositi di petrolio e gas naturale ne cambiò completamente l’assetto economico, dando luogo a un periodo di prosperità. Solo alla fine degli anni Ottanta, con la riduzione delle entrate garantite dal petrolio, il paese incontrò una fase di recessione che provocò il rallentamento dei programmi di sviluppo e ridusse del 25% il reddito pro capite. AGRICOLTURA E ALLEVAMENTO La maggior parte dei pascoli e delle terre coltivabili si trova nelle regioni di Tripoli e Bengasi. Le principali colture sono costituite da frumento, orzo, olive, datteri, agrumi, pomodori e tabacco. Una voce significativa è rappresentata anche dal tradizionale settore della pastorizia che si basa essenzialmente sull’allevamento di 45 ovini, caprini e animali da cortile. Le coste, piuttosto pescose, offrono modeste quantità di tonni e sardine, mentre sui litorali della Cirenaica è diffusa la pesca delle spugne. INDUSTRIA I comparti industriali più significativi sono quello petrolifero e petrolchimico, destinati a produrre lavorati e semilavorati del petrolio. Esiste inoltre una piccola industria manifatturiera impegnata nel settore tessile, conciario e alimentare. Il settore industriale occupa il 23% della popolazione attiva. Oltre alle grandi quantità di petrolio (estratto principalmente nella regione centrale del paese) che costituisce senza dubbio la principale fonte di reddito nazionale, la Libia possiede riserve di gas naturale, sale, potassio e carbonato di sodio. Il fabbisogno energetico è soddisfatto da impianti termici, concentrati soprattutto nella regione della Tripolitania. COMMERCIO E FINANZA Il 66% della popolazione attiva è occupato nel settore dei servizi. Petrolio e gas naturale sono le voci di esportazione veramente significative; altri articoli esportati sono prodotti chimici, pellami e oli vegetali. Per quanto riguarda le importazioni, la Libia acquista prodotti manifatturieri e alimentari. L’Italia, la Germania, la Spagna, la Francia, il Giappone e la Gran Bretagna sono i principali partner commerciali. MONETA L’unità monetaria è il dinaro libico, suddiviso in 1000 dirham, emesso dalla Banca centrale di Libia; gli investimenti stranieri sono gestiti dalla Banca estera libico-araba. 46 LA COLONIZZAZIONE IN LIBIA La conquista italiana della Libia venne avviata il 29 settembre 1911 da Giovanni Giolitti con la dichiarazione di guerra alla Turchia. Contrariamente alle attese italiane, i libici si schierarono al fianco degli ottomani, dando luogo a una violenta rivolta. In ottobre a Sciara Sciat vennero annientate due intere compagnie di bersaglieri e molti soldati italiani caddero anche a Tripoli in episodi di indicibile efferatezza. Altrettanto brutale fu la rappresaglia italiana, che solo a Tripoli causò almeno 1000 morti e fu seguita dalla deportazione di alcune migliaia di persone nelle colonie penali. La resistenza dei libici continuò anche dopo il 1912, quando il trattato di pace di Ouchy (Svizzera) pose fine al conflitto tra Italia e Turchia. Particolarmente intensa fu la guerriglia nel Fezzan, che nel gennaio 1915 costrinse le truppe italiane a una precipitosa ritirata. L’ingresso nella prima guerra mondiale costrinse l’Italia a ridurre l’impegno in Libia, dove conservò il controllo di pochi porti sul Mediterraneo. Nel 1917 l’Italia firmò un trattato con Idris, riconoscendo l’autonomia dello stato senussita. Nel 1919 anche alla Tripolitania e alla Cirenaica venne riconosciuta l’autonomia, ma in seguito l’Italia riconsiderò il suo atteggiamento nei confronti della Libia e l’avvento del regime fascista segnò la ripresa dell’impresa coloniale. 47 48 LA FAMILIA REAL ESPAÑOLA España es una monarquía parlamentaria. Eso significa que, además de un parlamento que aprueba las leyes y un Presidente del Gobierno, en España hay un rey. El es el jefe del Estado español y comandante supremo de las Fuerza Armadas; entre sus atribuciones están la designación del Presidente del Gobierno y la mediación en el buen funcionamiento de las istituciones, pero es sobre todo una figura representativa. Desde 1975 año en que murió el dictador Francisco Franco y se restableciò la democracia, ocupa el trono don Juan Carlos I de Borbón. Don Juan Carlos naciò y creciò en Roma, donde estaba exiliada la familia real. En 1962 se casò con la princesa doña Sofia de Grecia y tenien tres hijos: la infanta doña Elena, la infanta doña Cristina y don Felipe principe de Asturias y heredero de la corona. Los monarcas españoles viven en el Palacio de la Zarzuela, que se encuentra en los alrededores de Madrid. 49 Los tres hijos de los reyes de España están casados: la infanta doña Elena con un aristocráta, don Jaime de Marichalar, de cuya unión han nacido dos hijos y la infanta doña Cristina con un ex-jugador de balonmano, don Iñaki Urdangarín y tienen cuatro hijos. El principe don Felipe se casó en mayo del año 2004 con una periodista, doña Letizia Ortiz Rocasolano que ahora ostenta el titulo de princesa de Asturias y son padres de dos niñas que se llaman Lenor y Sofia. La familia real es muy popular, dentro y fuera de España. Durante el periodo de transición que seguío a la muerte de Franco, fue muy importante la actuacion de don Juan Carlos en el camino hacia la democracia. En el terreno internacional, con sus numerosos viajes ha ayudado a establecer y consolidar relaciones con países de especial importancia como son los de América Latina o los países árabes. Al igual que sus hijos, el rey es muy aficionado al esquí, a los motores potentes y a los deportes acuáticos, sobre todo a la vela. Se le considera una persona sencilla y discreta, cercana al pueblo y libre de afectaciones aristocraticas. 50 51 THE BRITISH ISLES The British Isles consists of a large group of islands situated in the Atlantic Ocean off north west coast of Europe and they are separated from continent by English Channel to the south and the North Sea to the North. The main islands are Great Britain and Ireland. Great Britain is divided into three regions : England , Scotland and Wales. Ireland is divided into two countries : Northern Ireland and EIRE. The union of England, Scotland, Wales and Northern Ireland is called United Kingdom and London is the capital and the most bigger city of isles and it is also queen’s residence. London was selected as the city organizing the Olympic Games 52 EIRE or Republic of Ireland is an independent Republic and Dublin is the capital The flag of the United Kingdom is called the Union Flag. The current Union flag was adopted in 1801 as a result of the Act of Union of 1800, which united the Kingdom of Great Britain and the Kingdom of Ireland to form the United Kingdom. The official currency is the pound and its value is slightly higher than the euro. The main rivers of the United Kingdom are: Thames in England, Tay in Scotland, Bann in Northern Ireland and Tywi in Wales. The larger lakes of the United Kingdom are: Windermere in England, Loch Lomond in Scotland, Lough Neagh in Northern Ireland and Lake Vyrnwy in Wales. But the most famous lake is Lock Ness for the legend of monster. The climate of the United Kingdome is quite mild due to influence of the Gulf Stream United Kingdom is a land of castles, many of which are open to the public and in some of them you can dine watching a show of medieval knights 53 LONDON, A UNIQUE CITY London is a beautiful city so every year many visitors come to see its many famous sights, especially during the summer. You need a lot of time to seea big city like london. If you have not got much time and if you do not want to walk along the crowded streets- you can go on a sightseeing tour and see all the important sights from the top of a traditional red london bus. Some very famous sights are: -THE TOWER OF LONDON. In the past it was a fortress, a palace and a prison. -TOWER BRIDGE,over the river thames. It is raised to allow tall ships to go along the river. 54 -WESTMINSTER ABBEY, the setting for every coronations since 1066( all kings and kings and queens are crowned). Some famous English poets are buried in the “poet’s corner” of the abbey. -THE HOUSES OF PARLAMENT, the centre of english governament. There is a house of Commons and a house of Lords. -BUCKINGHAM PALACE , the residence of the Royal family. -NO.10 DOWNINGSTREET, where the prime ministre live. 55 -THE BRITISH MUSEUM: place where you can see a number of ancient statues and other objects from many parts of the worlds. Covent garden is a very popular shopping area full of restaurants. It was a big fruit and vegetable market. Another interesting place is madame tussaud’s a museum of wax statues of very famous people. London has some very beautiful parks. Very famous are Hide Park, san James Park and Regent’s Park. They are alway green because it rains very often. On a sunny day people go to parks to walk, to read and to play sports. Many people who work in offices like to eat their lunch in a park, when the weather is nice. London is a city of great variety. Some parts are very old, some are very modern. It is an important centre for entertaiment. A lot of very good cinemas and theatres are in the west end, near to other 56 famous places: Piccadilly circus and Leicester square. About 8 million people live in London, mainly in the outskirts. Because the majority of the english live in houses with only two floors and not in tall buildings, London is spread over a very large area. Londoners only travel into the centre to work, to shop, to go to the cinema or to the theatre. BIG BEN Big Ben is the nickname for the great bell of the clock at the north end of the Palace of Westminster in London, and often extended to refer to the clock and the clock tower. The tower is now officially called the Elizabeth Tower, after being renamed (from "Clock Tower") to celebrate the Diamond Jubilee of Queen Elizabeth II. The Elizabeth Tower holds the largest four-faced chiming clock in the world and is the thirdtallest free-standing clock tower. The tower was completed in 1858 and had its 150th anniversary on 31 May 2009, during which celebratory events took place. The Elizabeth Tower has become one of the most prominent symbols of both London and England and is often in the establishing shot of films set in the city. 57 58 LO STATUTO ALBERTINO (1848) Nel 1848 in Italia che era divisa in vari stati infuriavano sommosse e rivoluzioni, in quanto le popolazioni chiedevano ai loro sovrani costituzioni e cambiamenti. Così come in tutti i regni, anche in Piemonte il sovrano, Carlo Alberto di Savoia, concede una costituzione: lo Statuto Albertino. Questo documento prevede un parlamento e un governo, ma affida tutti i tre poteri dello Stato (legislativo che ha il compito di fare leggi, esecutivo che ha il compito di farle rispettare e giudiziario che ha per oggetto l’attuazione della giustizia) al re. Non si tratta di una costituzione democratica, ma trasforma la monarchia da assoluta in costituzionale. Non era la prima volta che Carlo Alberto concedeva una costituzione, infatti ne aveva già elargita una nel 1821, quando Carlo Felice gli aveva affidato temporaneamente il potere sul Regno di Sardegna. La costituzione fu ritirata da Carlo Felice non soddisfatto del lavoro fatto dal nipote ritirò la costituzione. 59 LA CARTA OTTRIATA: Una costituzione può nascere in due modi: può essere deliberata da un’ assemblea costituente o elargita dal sovrano, in questo caso prende il nome di ottriata. Per tanto, essendo lo Statuto Albertino concesso dal re, esso è una carta ottriata. 60 61 62 San Giuseppe Moscati, Medico (1880 - 1927) San Giuseppe Moscati fu medico e scienziato vissuto a Napoli a cavallo tra il 1800 e il 1900. Nacque a Benevento nel 1880; qui suo padre era Presidente del Tribunale, e quando alcuni anni dopo fu trasferito a Napoli portò con sè l’intera famiglia. Laureatosi in medicina Giuseppe Moscati si distinse prestissimo per le sue capacità soprattutto professionali, per l’infinita ma bontà d’animo, che lo portava ad essere sempre vicino ai poveri ed ai bisognosi. Ed in moltissime occasioni egli prestava infatti la sua opera di medico gratuitamente.. Allievo dei più grandi luminari del tempo, sorretto da una forte fede cristiana, fu spesso il principale artefice della loro conversione dei suoi pazienti. La sua attività scientifica fu davvero vasta, ma il ricordo più caro che i napoletani conservano di lui è sicuramente quello della sua attività di medico dei poveri: lo studio di via Cisterna dell’olio era infatti sempre pieno di pazienti in attesa di incontrarlo. A loro Moscati raccomandava anzitutto di mettersi in pace con Dio, e poi, dopo essersi reso conto delle condizioni economiche li esortava poi a lasciare quanto potevano in un cestino all’ingresso, o in alternativa a prendere quello di cui avevano bisogno. Stimatissimo medico presso l’Ospedale degli Incurabili il Moscati fu anche chiamato al capezzale del grande tenore Enrico Caruso, che si spense a Napoli dove era arrivato dall’America molto malato. 63 Moscati fu anche amico e medico di Bartolo Longo, fondatore del Santuario dedicato alla Madonna di Pompei. Giuseppe Moscati morì in giovane età, nel 1927, proprio nel suo studio in via Cisterna dell’ olio, mentre aveva appena iniziato le consuete visite pomeridiane il 12 aprile 1927 a soli 46 anni. La notizia della sua morte viene annunciata e propagata di bocca in bocca con le parole: "È morto il medico santo". Queste parole, che riassumono tutta la vita del Moscati, ricevono oggi il suggello ufficiale della Chiesa. Fu sepolto al cimitero di Poggioreale, ma pochi anni dopo, la grande venerazione che il popolo manifestava per il proprio medico, spinse i padri gesuiti ad autorizzare la traslazione dei suoi resti nella chiesa del Gesù. La beatificazione: Già venerato in vita come medico dei poveri, fu proclamato beato dalla Chiesa dal papa Paolo VI nel corso dell'Anno Santo, il 16 novembre 1975. Ai fini di questa beatificazione furono ritenuti validi due miracoli attribuiti al Moscati. Il primo miracolo: E’ la guarigione del maresciallo degli agenti di custodia Costantino Nazzaro, vissuto in perfetta salute fino al 1923 quando ebbe un ascesso freddo alla radice della coscia destra e dolori alla colonna vertebrale. Ricoverato nell’ospedale militare di Genova e poi dimesso senza aver ottenuto alcun risultato positivo, durante la convalescenza ebbe un 64 indolenzimento e un ingrossamento dell’epididimo destro di origine tubercolare. Nonostante le cure il Nazzaro non solo non guarì ma l’affezione gli si propagò a sinistra. Le sue condizioni fisiche peggiorarono e la diagnosi dopo una visita medica fu “morbo di Addison”. In tutti i trattati di patologia medica tale patologia era considerata rara, dalla prognosi sempre sfavorevole, con l’esito di sicura morte. Poiché non si conoscevano casi di guarigione la terapia serviva solo a prolungare la resistenza del malato. Nonostante le cure infatti il Nazzaro non migliorava. Nella primavera del 1954 l’ammalato, entrato in chiesa del Gesù Nuovo prego' dinanzi la tomba di San Giuseppe Moscati tornandovi ogni 15 giorni per quattro mesi. Giunse intanto l’estate ed una notte tra la fine di agosto e l’inizio di settembre del 1954 il Nazzaro sognò di essere operato dal prof. Moscati il quale sostituì la parte atrofizzata del corpo con tessuti vivi e gli disse di non prendere più alcuna medicina. Svegliatosi si trovò perfettamente guarito e presto tornò al suo posto di lavoro. I sanitari che visitarono l’ammalato non riuscirono a spiegare l’imprevista guarigione. Il secondo Miracolo: Raffaele Perrotta fu guarito istantaneamente da meningite cerebrospinale meningococcica tra il 7 e l’8 febbraio 1941. Come si nota dalle date Costantino Nazzaro guarì oltre tredici anni dopo Raffaele Perrotta, però la congregazione per le cause dei santi esaminò prima la guarigione del Nazzaro che perciò viene indicata come primo miracolo. Al Perrotta da piccolo, in seguito a lancinanti dolori al capo, fu diagnosticata la patologia già in forma grave. L’ammalato stava così male che il professore che lo aveva visitato lo accompagnò a Napoli precisando che al suo ritorno difficilmente lo avrebbe ritrovato vivo. Le sue condizioni si aggravarono ulteriormente e , vista la situazione disperata, la madre del piccolo invoco 65 Giuseppe Moscati. Sotto il guanciale fu messa la sua immagine. Passate alcune ore il ragazzo riprese conoscenza e la malattia, dopo alcune visite di controllo, fu dichiarata non più presente nel suo corpo. La diagnosi dei medici fu la seguente: “ A parte discussioni cliniche del caso due sono i dati incontrovertibili: la gravità della sindrome che faceva prevedere la prossima fine del giovane e l’immediata e completa risoluzione della malattia”. Il miracolo per la canonizzazione (terzo miracolo): Il miracolo che lo fece salire agli onori degli altari dei santi fu il terzo miracolo attribuitogli. Riguarda la guarigione di Giuseppe Montefusco, ammalato di leucemia, avvenuta nel 1979. Giuseppe Montefusco, nato a Somma Vesuviana, in provincia di Napoli, il 15 febbraio 1958, all'inizio del 1978 cominciò ad accusare disturbi a causa dei quali, il 13 aprile dello stesso anno, fu ricoverato all'ospedale Cardarelli di Napoli, dove gli fu diagnosticata una leucemia acuta mieloblastica. Mentre l'ammalato non rispondeva alle terapie ed era considerato senza speranze di guarigione, sua madre sognò una notte la foto di un medico in camice bianco: dopo essersi consultata con il parroco si recò alla Chiesa del Gesù Nuovo, dove riconobbe nella foto di Giuseppe Moscati il medico visto in sogno. Furono rivolte allora al Moscati, allora beato, fervide preghiere collettive e il Montefusco, nel giugno 1979, guarì perfettamente, interrompendo ogni cura e riprendendo il lavoro di fabbro. Il caso fu sottoposto alla Congregazione per le Cause dei Santi che, il 27 marzo 1987, promulgò il decreto sul miracolo, confermando "La modalità della guarigione relativamente rapida, completa e duratura, non 66 spiegabile secondo le conoscenze mediche". Il 25 ottobre 1987, in Piazza San Pietro, Papa Giovanni Paolo II canonizzò Giuseppe Moscati; alla cerimonia era presente anche Giuseppe Montefusco, che in quell'occasione donò al Papa un volto di Gesù in ferro battuto, da lui realizzato. La festa liturgica di San Giuseppe Moscati fu fissata, in seguito, al 16 novembre di ogni anno. Oggi San Giuseppe Moscati è il punto di riferimento e di conforto per migliaia di fedeli e di ammalati che in ogni giorno dell’anno affollano la chiesa e sostano in preghiera davanti alla sua tomba. Colui che fu un grande medico in vita è oggi il Santo protettore degli ammalati, dei poveri e dei bisognosi che a lui si rivolgono con grande devozione. Lo testimonia materialmente la mano della grande statua di bronzo che lo ritrae e che è custodita accanto alla sua tomba: accarezzata e baciata da centinaia di persone ogni giorno, è diventata lucida come se fosse d’oro. 67 Ringraziamenti Desidero ringraziare tutto il gruppo di maestri e professori che accompagnandomi con mano hanno permesso a quella bambina che a stento sapeva parlare nel 2005 di raggiungere questo primo vero traguardo della mia vita con l’acquisizione della licenza media dimostrando sempre grande disponibilità e cortesia durante tutti questi anni. Un sentito ringraziamento ai miei genitori, che, con il loro incrollabile sostegno morale ed economico, mi hanno sempre sostenuta in tutti questi anni. Desidero inoltre ringraziare mia sorella Giuliana per il sostegno morale dimostratomi durante la stesura di questo documento che sembrava non vedere mai fine soprattutto per la scelta degli argomenti. Un ultimo ringraziamento a tutti coloro che mi sono stati vicini sia nei momenti difficili, sia nei momenti felici: saranno per me sempre dei veri amici. Dedica Una dedica speciale a chi non c’è più e/o a chi non ho mai conosciuto: ai miei nonni, Luigi e Francesco. A loro va il mio più profondo pensiero e la dedica di questo documento. Viviana Carolina D’Onofrio 68