dall`unita` d`italia all`eta` giolittiana

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dall`unita` d`italia all`eta` giolittiana
ISTITUTO COMPRENSIVO
“DON MILANI”
Via Cilea – Latina (Lt)
TESINA MULTIDISCIPLINARE
DALL’UNITA’ D’ITALIA ALL’ETA’ GIOLITTIANA
(DAL 1861 AL 1914)
Preparata da:
D’Onofrio Viviana Carolina
Classe III Sezione C
Anno Scolastico 2012 - 2013
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Tesina Multidisciplinare volta ad analizzare gli aspetti storici, politici,
letterari e le conseguenti riorganizzazioni geografiche che seguirono il
periodo storico compreso tra il 1861, data dell’Unità DìItalia e il 1914
data della della caduta del governo presieduto da Giolitti.
MAPPA CONCETTUALE
STORIA:
ITALIANO:
DALL’UNITA’ D’ITALIA
ALL’ETA’ GIOLITTIANA
(DAL 1861 AL 1914)
VERISMO
E
VERGA
RELIGIONE:
ARTE:
SAN GIUSEPPE
MOSCATI
IMPRESSIONISMO
MUSICA:
ED. CIVICA:
LO STATUTO
ALBERTINO
GIUSEPPE
VERDI
TESINA
MULTIDISCIPLINARE:
DALL’UNITA’ D’ITALIA
ALL’ETA’ GIOLITTIANA
I GOVERNI DI DESTRA E
SINISTRA STORICA
INGLESE:
SCIENZE:
THE BRITISH
ISLES
MENDEL
E
LA GENETICA
SPAGNOLO:
TECNOLOGIA:
FAMILIA REAL
ESPAÑOLA
IL TELEFONO
GEOGRAFIA:
LA LIBIA
ED. MOTORIA:
OLIMPIADI
MODERNE
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INDICE DEGLI ARGOMENTI:
1
STORIA:DALL’UNITA’ D’ITALIA ALL’ETA’ GIOLITTIANA
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ITALIANO: VERISMO E VERGA
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ARTE: IMPRESSIONISMO
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MUSICA: GIUSEPPE VERDI
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SCIENZE: MENDEL E LA GENETICA
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TECNOLOGIA: IL TELEFONO
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ED. MOTORIA: LE OLIMPIADI MODERNE
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GEOGRAFIA: LA LIBIA
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SPAGNOLO: LA FAMILIA REAL ESPAÑOLA
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INGLESE: THE BRITISH ISLES
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ED. CIVICA: STATUTO ALBERTINO
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RELIGIONE: SAN GIUSEPPE MOSCATI
Legami logici tra gli argomenti trattati: tutte le materie trattano di
personaggi o cose che in qualche modo sono legati al periodo storico
preso in esame o perchè diretti protagonisti che hanno vissuto quel
periodo, o perchè discendenti di personaggi del tempo. Ad esempio la
famiglia reale spagnola sono discendenti dei Borboni che dominarono il
Regno delle due Sicilie prima dell’Unità d’Italia. Altro caso è l’argomento
di geografia dove la Libia ha un legame diretto con l’età Giolittiana e le
sue campagne d’Africa, o come l’Impressionismo artistico che è
strettamente legato al Verismo. Ancora da ricordare che le Olimpiadi
Moderne sono state introdotte proprio alla fine del XIX secolo e che la
seconda rivoluzione industriale nasce proprio nella seconda metà del
1800 non a caso in Inghilterra e questo spiega il perché dell’argomento di
inglese che tratta la descrizione delle Isole Britanniche
3
4
DALL’UNITA’ D’ITALIA ALL’ETA’ GIOLITTIANA
(DAL 1861 AL 1914)
LA DESTRA STORICA (1861-76)
Nello stesso anno in cui fu raggiunta l’unità d’Italia, nel 1861, uno degli
uomini che più di tutti aveva contribuito a questo obiettivo, il conte
Camillo Benso di Cavour, capo del governo, morì.
Furono indette elezioni per la nuova
guida
del
governo
ed
il
raggruppamento politico costituito dai
liberali più conservatori i cui principali
esponenti erano Ricasoli, Rattazzi, Sella,
Minghetti, ne uscì vincitore.
Questo raggruppamento più noto come “Destra Storica” governò il
paese ininterrottamente dal 1861 al 1876. Il primo capo del governo
dopo Cavour fu Bettino Ricasoli.
Il primo problema che gli si pose era il
completamento dell’unità, cui mancavano
ancora il Veneto, sotto il dominio austriaco,
e Roma con lo Stato Pontificio, dove il papa
aveva rifiutato di riconoscere il nuovo stato.
E se l’annessione del Veneto fu ottenuta
abbastanza facilmente, grazie all’alleanza con
la Prussia nella guerra contro l’Austria del
1866, assai più difficile era la questione romana, perchè agire con la forza
avrebbe significato mettersi in urto con Napoleone III, tradizionale
difensore del papato. Solo dopo la caduta dell’imperatore francese il
governo italiano si decise all’azione:
il 20 settembre 1870 i bersaglieri entrarono in Roma, e con la famosa
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battaglia della Breccia di Porta Pia
conquistarono lo Stato Pontificio.
In seguito a questa annessione la
capitale passò da Firenze (1865) a
Roma.
I secondo problema riguardava l’assetto economico e amministrativo del
nuovo stato. Purtroppo, però, poiché questo governo era molto legato ai
Savoia, commise il grosso errore di curare soprattutto l’espansione del
Piemonte e quindi estese su tutto il territorio nazionale le proprie leggi,
tasse, moneta, unità di misura e ponendo gli amministratori, i funzionari
e i capi dell'esercito del nuovo stato tutti piemontesi. Gli investimenti
pubblici per le infrastrutture necessarie ai collegamenti e allo sviluppo
dell'industria furono fatti quasi tutti al Nord, nel polo industriale TorinoMilano-Genova, accentuando così il dislivello economico tra Nord e Sud.
Perciò al Sud si sviluppò un forte sentimento antiunitario: l'unificazione
fu concepita come un danno, non come la liberazione dall'oppressione
borbonica. Furono introdotti:
• unica moneta (lira)
• unico sistema di pesi e misure (sistema metrico decimale)
• funzionari piemontesi su tutto il territorio
• legislazione piemontese, tra cui la legge Casati, che istituì le scuole
statali in sostituzione di quelle gestite dalla Chiesa, che fino ad allora
controllava l'istruzione.
Le continue guerre sostenute dai Savoia avevano impoverito non poco le
casse dello stato e pertanto nel tentativo di risanare il bilancio, i governi
della destra istituirono sempre più tasse. Se tale situazione era sostenibile
per le popolazioni delle regioni del nord, più ricche e industrializzate, le
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regioni del sud, più povere e basate sul lavoro manuale e quindi con
ricavi piuttosto bassi videro sempre di più peggiorare le loro condizioni
di vita e conseguentemente il loro malcontento cresceva sempre più.
Ma la goccia che fece traboccare il vaso fu quando la Destra che era al
governo emanò due nuove leggi:
1 - L’aumento del prezzo della farina data da una tassa che andava allo
stato che cosi rese ancora più difficili le condizioni economiche delle
famiglie meridionali e in particolare degli agricoltori siciliani che videro
crescere ancora di più il malcontento verso il re Vittorio Emanuele II e la
casa Savoia. Per i siciliani questa era una tassa assurda, dato che non
avevano mai sentito parlare di tasse su qualcosa che dovevano acquistare.
2 - Quando il nuovo governo impose una legge che obbligava i giovani a
fare sette anni di militare lontani dalle famiglie.
Una cosa del genere avrebbe portato alla morte per fame delle famiglie,
perché solo i giovani riuscivano a lavorare dato che i genitori dopo essere
diventati anziani non ricevevano nessuna pensione e vivevano del lavoro
dei figli. Quindi i giovani si ribellarono e decisero di non andare a fare il
militare. Quando il governo ed i Savoia si accorsero che i militari non
venivano dal sud, mandarono giù i gendarmi per costringere i giovani a
uscire allo scoperto e partire per i campi militari, ma essi si rifiutarono e
si “diedero alla macchia” nascondendosi nell’entroterra Siciliana e sui
monti. Di notte, andavano a lavorare e in qualche modo riuscivano a far
vivere la famiglia mentre durante il giorno unendosi ai soldati fuggiti
dalle truppe del Regno di Napoli, effettuavano rapine soprattutto ai
danni di soldati e istituzioni dello stato.
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Questo fenomeno passò alla
storia
con
il
nome
“Brigantaggio”.
di
Queste
rivolte sanguinose venivano
finanziate
desiderosi
dai
di
Borboni,
tornare
al
potere. Lo Stato italiano, per
stroncare
il
brigantaggio,
dovette ingaggiare una vera e propria guerra, che vinse solo dopo anni
con leggi speciali e addirittura con l'invio dell'esercito. Ci furono aspre
battaglie al termine delle quali i briganti furono tutti uccisi o fatti
prigionieri. Nonostante ciò, nel 1875 la destra storica raggiunge il
PAREGGIO DEL BILANCIO dello Stato. Per le finanze statali fu un
vero successo, perché finalmente l'Italia poteva pagare i grossi debiti
contratti con le potenze straniere per realizzare l'unità e avviare nuovi
investimenti.
LA SINISTRA STORICA (1876-1913)
Forti di questo risultato, nel 1876 furono
indette nuove elezioni. La popolazione, stanca
delle tasse subite per pareggiare i conti dello
stato, votò una nuova coalizione, passata alla
storia come Sinistra Storica che vinse le
elezioni e a cui il re e affidò l'incarico di
formare il governo. Il primo capo di questa
nuova coalizione fu Agostino DEPRETIS.
Una volta giunta al potere, però, la Sinistra instaura una pratica di
governo basata sul “trasformismo”, cioè sulla richiesta continua
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all'opposizione di appoggio parlamentare ai provvedimenti proposti dal
governo. Di fatto viene a cadere ogni barriera tra Destra e Sinistra, che si
ritrovano più volte a votare per gli stessi provvedimenti, senza distinzioni
ideologiche. Depretis porta avanti questa pratica trasformista, che
caratterizza tutto il periodo della Sinistra al potere, e per questo viene
anche fortemente criticato. Questo il programma di governo di Depretis,
piuttosto innovatore:
1 - Riforma elettorale, per allargare il suffragio; gli elettori passano di
fatto dal 2% al 6,9%, con l'esclusione dei nullatenenti e degli analfabeti;
2 - Istruzione elementare obbligatoria e gratuita (legge Coppino), anche
se per molte famiglie povere non era possibile rinunciare al lavoro dei
figli per mandarli a scuola;
3 - Abolizione della tassa sul macinato, che di fatto ripropose il problema
del deficit pubblico, risolto da Sella.
4 - Introduzione della tariffa protezionista sui prodotti industriali e su
quelli agricoli, per favorire i prodotti italiani rispetto a quelli stranieri.
Alla morte di Depretis, gli succede un
altro esponente della Sinistra, Francesco
Crispi, che domina quest’epoca, tanto
da essere definita “età crispina”. Egli
diventa Presidente del Consiglio, quasi
ininterrottamente dal 1887 al 1896.
Durante il suo mandato, coinciso con la
seconda rivoluzione industriale che
porta, specialmente nelle regioni del
nord, una trasformazione della società da agricola ad industriale, Crispi
dovette affrontare molte battaglie sociali ma soprattutto preso dalla
voglia di grandezza cominciò a pensare ad una espansione colonista dello
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stato italiano. Non avendo né la forza militare, né quella economica per
fronteggiare le forti nazioni europee, rivolse la propria attenzione verso
l’Africa in particolare in Etiopia ma in seguito alla sconfitta dell’esercito
italiano ad Adua nella guerra di Eritrea nel 1896 tutto il piano di
espansione del governo italiano in Africa per acquisire l’Etiopia e
L’Eritrea che era al centro del suo disegno di governo venne a cadere
costringendolo alle dimissioni.
A lui successe Giovanni Giolitti
che era stato già primo ministro nel
1892-93 e governo dal 1901 al 1914.
Egli comprese che l’unico modo
per fermare i socialisti e per placare
il malcontento popolare era di
permettere
ai
lavoratori
di
conquistarsi migliori condizioni di
lavoro e di vita. Durante l’epoca
giolittiana,
l’Italia
cominciò
a
progredire molto rapidamente, preparando il proprio avvenire di paese
moderno. La rete ferroviaria, che nel 1870 misurava soltanto 6000 km, ne
contava 18000 nel 1914; furono realizzati i trafori alpini che favorirono il
commercio con il resto dell’Europa; a Torino con la FIAT sorse
l’industria automobilistica; la produzione del grano e dei vini raddoppiò.
Ma questo era ancora insufficiente per far sì che il tenore di vita
migliorasse rapidamente tanto più che dal 1870 al 1914 la popolazione
era passata da 26 milioni a 36,5 milioni di abitanti. Inoltre, era esploso
con violenza il problema del Mezzogiorno, depresso ed impoverito,
abbandonato ai latifondisti in preda al fenomeno del clientelismo, il cui
squilibrio nei confronti del nord si aggravava di continuo.
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Giolitti capì dunque che il paese aveva bisogno di riforme in campo
sociale ed il suo programma di governo era basato sui seguenti punti:
1 - imparzialità del governo di fronte alle controversie tra lavoratori e
imprenditori
2 - dialogo con sindacati (associazioni di lavoratori)
3 - ricerca di accordi parlamentari con socialisti e cattolici
4 – Suffragio Universale: una riforma emanata nel 1912 con la quale
estendeva il diritto di voto a suffragio universale maschile includendo in
questa legge tutti gli uomini, anche i nullatenenti e gli analfabeti, purché
con più di 30 anni e con servizio militare svolto.
L’emanazione di tutte queste leggi avevano il solo scopo di tutelare i
lavoratori e migliorare le condizioni di vita, affinché non ci fossero
scontri con imprenditori, per mantenere pace sociale. Giolitti pensa che
solo così l’Italia si possa sviluppare. Accanto, però, alle riforme sociali,
Giolitti riprese la politica coloniale dei suoi predecessori che aveva avuto
come obiettivi quello di creare delle colonie in Africa (Abissinia, Eritrea,
Somalia), per far affermare l’Italia come grande potenza coloniale
internazionale. Il principale obiettivo di Giolitti era la Libia, che
apparteneva all’impero turco. Nel 1911 venivano mobilitati 200mila
soldati che dopo un duro anno di guerra conquistarono la Libia .
La Libia non fu però un buon acquisto: definita “scatolone di sabbia”,
non aveva grandi risorse (gas e petrolio non erano ancora stati scoperti) e
i costi della guerra e degli investimenti in campo agricolo erano
elevatissimi. La guerra di Libia indebolì di molto Giolitti, anche perché
l’Italia attraversava una forte crisi economica. Giolitti preferì dimettersi e
il Re chiamò alla presidenza del Consiglio Salandra
durante il cui
governo l’Italia su grande manifestazioni di richiesta popolare guidate
soprattutto da Mussolini entra nella I° guerra mondiale.
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IL VERISMO
Si sviluppa negli anni successivi all'Unità e prosegue fino al primo
decennio del Novecento, raggiungendo la piena maturità nell'ultimo
trentennio dell'Ottocento con Capuana, Verga, Serao, Deledda.
Esso deriva direttamente dal Naturalismo francese, una nuova corrente
artistica e letteraria sviluppatesi in tutta Europa verso la metà
dell’Ottocento e che ebbe tra i maggiori esponenti Honorè De Balzac,
Guy De Maupassant ed Emil Zolà.
Lo scopo dei naturalisti è scoprire e descrivere la vera natura dell’uomo
studiata negli ambienti sociali più poveri ed umili. Questo nuovo
pensiero, soprattutto in letteratura poco dopo, intorno al 1870 arriva
anche in Italia, per mezzo di Luigi Capuana che né è l’iniziatore, ma
soprattutto grazie a Giovanni Verga che ne è il massimo esponente e da
noi si afferma col nome di Verismo.
Oltre che al nome e al luogo dove sono nati, il Naturalismo e il Verismo
sono differenti in alcuni punti:
- nei romanzi francesi è forte la denuncia delle ingiustizie sociali
accompagnati da una forte speranza di miglioramento.
- nei romanzi italiani è presente la pietà per le persone costrette a vivere
nella miseria e anche se questi concetti sono ben identificati nei romanzi
veristi, non ci sono vere e proprie denuncie per un futuro migliore e non
si intravede una possibilità di riscatto per gli umili
Molto importanti in un racconto verista sono:
- la descrizione particolareggiata del luogo, dei personaggi e dei paesaggi,
cercando di non tralasciare nessuna spiegazione importante;
- l’uso di un linguaggio semplice, popolare e molto spesso vengono
utilizzate espressioni tipiche di qualche dialetto del luogo in cui si svolge
la vicenda.
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Pur essendo il Verismo un movimento che si sviluppò in tutta Italia, i
maggiori scrittori furono meridionali.
Tra gli esponenti di maggiore spicco, oltre ai siciliani Capuana e Verga
non dobbiamo dimenticare altri scrittori che hanno arricchito questo
movimento. A tal proposito ricordiamo la napoletana Matilde Serao e la
sarda Grazia Deledda.
Ciò ha fatto in modo che questi scrittori molto legati alle proprie origini,
abbiano con i loro romanzi, di fatto denunciato l’arretramento
economico, culturale e istruzionale delle regioni meridionali. Infatti con
l’Unita d’Italia, il Mezzogiorno aveva visto le sue condizioni economiche
peggiorare perché i nuovi governanti favorivano in ogni modo le regioni
settentrionali, più industrializzate, con un progressivo impoverimento del
Sud a favore del Nord.
A seguito di tutto ciò nacque la cosiddetta “questione meridionale”, per
molti aspetti ancora non risolta e fortemente descritta nei romanzi degli
scrittori veristi.
I temi e le regole principali del verismo erano che:
- l’artista doveva narrare il vero, cioè parlare di avvenimenti realmente
accaduti ed i personaggi dovevano essere “contemporanei”. L’artista
doveva limitarsi a ricostruire i fatti ma con distacco in modo cioè che
l’opera doveva essere impersonale.
- lo scrittore doveva utilizzare un linguaggio tipico dei personaggi
dell’opera e con ricorso ai dialetti locali
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GIOVANNI VERGA
Giovanni Verga è nato a Catania nel 1840, da
una famiglia benestante.Visse una bella infanzia
tra i bei paesaggi siciliani e tra le bellezze della
natura.
Già
ad
undici
anni
fu
sotto
l’insegnamento di Antonio Abate, un suo
lontano parente, giovane narratore e poeta.
Grazie al suo insegnamento, scrisse il suo primo romanzo, Amore e
patria, esperienza che gli permise di avere i primi contatti con il mondo
della letteratura. Si iscrisse poi all’Università di Catania che abbandonò
senza condurre a termine gli studi perché decise di concentrarsi
maggiormente a scrivere romanzi patriottici sull’onda dell’entusiasmo
suscitato in Sicilia dall’impresa garibaldina.
Nel 1869 andò a Firenze, dove conobbe
Giselda Foianesi con la quale strinse una
relazione d’amore. Inoltre fece conoscenza con
due grandi autori, Dall’Ongaro e Capuana, con
i quali strinse una profonda amicizia che risultò
essenziale ai futuri sviluppi della sua arte.
Decise, poi, di andare a Milano, città in cui
Verga scrisse molte opere, tra le quali Vita dei
campi e Novelle Rusticane (Rosso Malpelo,
Cavalleria rusticana, La lupa, Ieli il pastore) nelle quali sono presenti i
paesaggi, i personaggi e i dialetti tipici siciliani. Poi scrisse il romanzo più
importante di tutte le novelle che Verga abbia mai scritto:I Malavoglia, un
racconto ambientato ad Aci Trezza, molto ironico e simpatico che parla
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di una famiglia siciliana sfortunata in qualsiasi campo. Durante la
composizione di questa novella, Verga alterna i suoi giorni tra Milano e
Sicilia, quasi per confrontare l’ottica distante e quella riavvicinata del
paesaggio e delle situazioni siciliane; inoltre I Malavoglia segnano l’inizio
del ciclo noto col nome di Ciclo dei vinti.
Con queste opere, Verga ebbe un grandissimo successo che arrivò al
culmine con la pubblicazione della novella Mastro-don Gesualdo dove
Verga quasi si immedesima nei personaggi e nella storia.
A completare l’esperienza letteraria, Verga tenta il successo anche nel
mondo del teatro, con un attivo interesse per le scene di linguaggio
scarno ed essenziale.
Tornato a Catania, Verga visse con riservatezza gli ultimi anni della sua
vita dedicandosi all’amministrazione dei suoi beni.
Come molti artisti, a Verga è stato riconosciuto il valore delle sue opere
solo pochi anni prima della morte e pertanto non ha potuto gioire delle
ricchezze che questo riconoscimento gli portarono.
Morì di vecchiaia a Catania nel 1922, quando aveva ottantadue anni.
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La poetica di Giovanni Verga
Nelle novelle di Giovanni Verga, troviamo quasi sempre la presenza di
paesaggi, personaggi e tradizioni tipiche della Sicilia, luogo a cui Verga è
molto legato per il fatto che la Sicilia è la regione in cui è nato.
Questo spiega come Verga avesse avuto questo grande debole per la sua
Sicilia.
Verga è un poeta che scrive in prosa e per scrivere i suoi racconti, usa la
novella, un metodo molto utilizzato nel periodo verista, con la quale si
può descrivere tutto un mondo in poche pagine. Verga rappresenta nei
suoi capolavori la vita dei pastori, dei contadini e dei pescatori siciliani,
gente povera e dimenticata, rimasta per secoli ai margini della Storia.
I personaggi del Verga sono uomini semplici, dominati da passioni forti e
autentiche, nel bene come nel male, e oppressi quasi sempre da un
oscuro destino di dolore. Sono inoltre presenti i problemi di questa
gente, il più grande dei quali è quello economico. Infatti i soldi erano
sempre insufficiente, specialmente nelle famiglie composte da sette otto
e più persone perché le bocche da sfamare erano tante. Le opere di Verga
non sono però una fredda riproduzione del reale, ma in esse si riflette la
concezione dolorosa e pessimista che lo scrittore ha della vita.
Verga usa un linguaggio molto libero, ricchissimo di espressioni e
costruzioni che ricalcano l’uso siciliano. Per questo motivo la prosa di
Verga sembra aderire perfettamente alla realtà che rappresenta.
Verga ha girato tanto l’Italia, ma molte volte ha alternato i suoi viaggi
con dei ritorni a Catania,e non a caso è morto a Catania. Questo spiega
che Verga non poteva stare per molto tempo senza il suo paese e che
quei luoghi bellissimi lo aiutavano ad esprimersi nei suoi romanzi.
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IMPRESSIONISMO
L’impressionismo è un movimento artistico che nasce in Francia,
precisamente a Parigi nel bar Guerbois dove erano soliti riunirsi gli
artisti, soprattutto pittori intorno al 1860. La data precisa della nascita
dell’Impressionismo è il 15 aprile
1874, quando alcuni giovani
artisti, fra cui Monet, Degas,
Cézanne, Renoir, decisero di
organizzare
una
mostra
alternativa dei loro lavori.
Fu proprio qui che il movimento
prese il nome, quando i critici, traendo spunto dall’esposizione di un
quadro “Impressione, il sole nascente” di uno dei suoi maggiori
esponenti, Monet, lo definirono “impressionista”, inteso in senso
dispregiativo in quanto secondo loro questi artisti erano capaci solo di
rappresentare la prima impressione della realtà, senza cogliere tutti i
dettagli del paesaggio e del personaggio raffigurato.
Anche se l’intento del critico era denigratorio, i pittori impressionisti
accolsero volentieri questo nome, con il quale sono passati alla storia.
Gli artisti impressionisti si organizzavano spontaneamente e si riunivano
dapprima nei bar e caffè parigini, ma poi con il passare del tempo i loro
incontri divennero un appuntamento settimanale fisso e a volte
addirittura giornaliero durante i quali gli artisti parlavano delle proprie
esperienze e delle loro realtà.
L’impressionismo è un movimento che non nasce dalle accademie di
belle arti, ma gli aderenti provenivano da esperienze e realtà sociali molto
diverse fra loro.
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L’intento degli impressionisti era quello di liberare la rappresentazione
pittorica da qualsiasi schema o costruzione preordinati per cogliere
l’attimo fuggente degli oggetti rappresentati. Questa posizione era
fortemente influenzata dall’invenzione della fotografia a cui gli
impressionisti riconoscevano il merito di essere un potente strumento di
indagine della realtà. La fotografia ha la facoltà infatti di cogliere e fissare
attimi fugaci e impressioni, e l’intenzione dei pittori impressionisti era
proprio quella di riprodurre quella sensazione.
I prinicipali esponenti di questo movimento furono:Monet, Renoir e
Degas.
Monet fu impressionista fino a fondo, cioè aderì a tutti i
principi dell’impressionismo perché dipinse per se en
plenair e senza utilizzare il disegno ma direttamente con
pennellate brevi e decise curando in particolare la
luminosità del colore e non studiando ne facendo
riferimenti all’arte del passato.
Renoir invece fu impressionista solo per dieci anni in
quanto si dedicò alla decorazione delle ceramiche, che
condizionò il suo modo di dipingere. Infatti non
apprese fino in fondo i principi impressionisti ma
curava il movimento e i particolari del costume del
tempo. Anche lui dipingeva en plenair.
Nel 1869 Monet e Renoir che a quel tempo condividevano uno studio e
si confrontavano spesso sui temi decisero di ritrarre entrambi la
“Grenoulliere”, uno stabilimento di Bagni sulla riva di un braccio minore
della Senna che era una delle mete preferite dei parigini.
Nonostante i due pittori avessero dipinto la struttura dallo stesso punto
di osservazione i risultati furono molto diversi.
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Monet infatti risultò più attento ai dettagli che riguardavano il paesaggio,
curando la luminosità dell’acqua e il movimento, utilizzando pennellate
rapide per dare un effetto di immediatezza e sintesi.
Renoir, invece, curò come in tutti i suoi dipinti maggiormente l’aspetto
della vita mondana e, quindi, le persone e i particolari dei loro costumi
.
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Un altro importante pittore impressionista fu
Degas, una persona nobile che studiò all’accademia
e compì molti viaggi. Egli si occupò della
rappresentazione della vita mondana, dei caffè, dei
ristoranti, delle sale da ballo e in particolar modo
delle ballerine facendo trasparire sia i lati positivi
che quelli negativi del periodo.
Degas, fu impressionista perché si riferisce alla fotografia e utiliza le
pennellate rapide, ma allo stesso tempo non lo fu perché privilegiava il
disegno, studiava l’arte del passato, dipingeva al chiuso e usava la
prospettiva.
Negli anni si organizzarono in tutto otto mostre con un successo di
critica e di politica, l’ultima delle quali fu organizzata nel 1886 e con essa
il movimento finì.
Sebbene sia stato un movimento di breve durata, l’impressionismo ha
avuto una grande importanza perché ha condizionato con le sue tecniche
pittoriche anche la storia contemporanea.
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GIUSEPPE VERDI
Giuseppe Verdi, nato a Roncole Busseto
in provincia di Parma il 10 ottobre del
1813 da Carlo Verdi, un bottegaio con
una grande passione per la musica che lo
aveva portato a divenire presidente della
piccola Filarmonica bussetana e Luigia
Uttini, casalinga e filatrice.
Quando Giuseppe Verdi nasce, Busseto
è
sotto
occupazione
francese,
nel
territorio che fu in quegli anni il ducato Parma.
Per questo Giuseppe fu registrato all’anagrafe con nomi francesi: JosephFortunin-Francois, Giuseppe Fortunino Francesco.
Verdi, nato in un paese dove l’analfabetismo è un fenomeno molto
diffuso, impara a leggere e a scrivere da don Pietro Baistrocchi, il parroco
del paese che ha anche funzioni di maestro elementare e di organista.
Don Pietro gli insegna inoltre qualcosa di latino e soprattutto gli da
qualche lezione di musica.
Si deve a lui la prima scoperta del talento musicale di Verdi.
Vista la sua predisposizione per la musica Carlo e Luigia decidono nel
1821 di comprarli una spinetta, strumento musicale che Giuseppe impara
in breve tempo a suonare. Nel 1822 muore don Baistrocchi e Giuseppe
suo giovane allievo gli succede come organista.
Nel 1831 a soli 18 anni pur privo di studi regolari, diventa maestro di
musica ed impartisce lezioni a Margherita Barezzi che poi finirà per
diventare sua sposa.
Considerando la sua attrazione per la musica, Giuseppe insieme al padre
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Carlo si trasferì a Milano per frequentare il prestigioso Conservatorio
milanese. Ma il conservatorio lo respinge per svariate ragioni.
Fu così che finanziato dal padre della futura sposa si trovò un insegnante
privato, Vincenzo Lavigna professore di solfeggio e maestro di cembalo
alla Scala di Milano.
Nel 1834 gli capita di dirigere “La creazione” di Haydn al Teatro dei
Filodrammatici dove fa amicizia con Pietro Masini il compositore che gli
aprirà la strada per il suo esordio da operista.
Si sposa il 5 Maggio 1836 con la coetanea Margherita Barezzi che gli darà
due figli Virginia e Icilio che muoiono entrambi poco dopo la nascita. Il
viaggio di nozze è a Milano dove mettono su casa ma Giuseppe è spesso
costretto a far ritorno a Busseto per i frequenti impegni di lavoro:
l’impegno con la scuola, i concerti con la filarmonica e la composizione
della sua prima opera rappresentarta, “Oberto conte di san Bonifacio”
che va in scena il 17/11/1839 alla Scala riscuotendo un gran successo.
Il 18 giugno 1840 Margherita muore improvvisamente all’età di 26 anni.
Intorno al 1840 Giuseppe Verdi compose il “Nabucco” che andò in
scena il 9/4/1842 e si ripeté per ben 57 volte ed ebbe un risultato
clamoroso fu così che Verdi prese il volo verso il successo.
Successivamente compose anche “I Lombardi alla prima Crociata”,
un’opera di stile romantico che andò in scena alla Scala l’11/2/1843 a
neppure un anno dal “Nabucco”. Anch’essa piace e viene riprodotta 27
volte.
Verdi cambia scenario e presenta una sua nuova opera “Ernani” una
storia d’amore con sfondo politico, alla Fenice di Venezia il 9/3/1844 ed
è ancora un trionfo. Così Verdi incomincia a viaggiare e conquista i teatri
principali d’Italia e d’Europa.
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Nella primavera del 1851 Verdi si trasferì
insieme
alla
sua
nuova
compagna,
Giuseppina Strepponi (che viveva con lui
dal 1849 e che sposerà nel 1859), in una
tenuta a Sant'Agata (Piacenza), poco
lontano da Busseto, dove si dedicò con
passione all'agricoltura, coltivò il suo
interesse per l'arte, la poesia, l'economia e
la politica, fu anche eletto consigliere nella
giunta della provincia di Piacenza e continuò a comporre opere che
ebbero ancor più successo delle precedenti, come: “Rigoletto”, “Il
Trovatore”, “La Traviata”.
In quegli anni Verdi si dedicò anche alla politica : dal 1861 al 1865 fu
deputato del primo Parlamento del Regno d’Italia , di questa esperienza
ci resta “L’Inno delle Nazioni“, composto per l'Esposizione Universale
di Londra nel 1862.
Verdi sotto commissione del viceré d’Egitto dà vita ad una nuova opera
“L’Aida” che verrà rappresentata al nuovo teatro del Cairo in occasione
dell’inaugurazione del canale di Suez.
Nel 1874, nell'anniversario della morte di Alessandro Manzoni, Giuseppe
Verdi compose la Messa di requiem per onorarne la memoria.
Fu a 74 anni che Verdi ebbe il successo più grande, forse quasi
inaspettato inscenando alla Scala il 5/2/1887 “l’Otello” che fu un vero e
proprio trionfo.
L’ultima sua opera andò in scena il 9/2/1893 quando Giuseppe aveva 80
anni, il “Fastaff ”.
La vita di Giuseppe Verdi è stata caratterizzata da due periodi: uno
giovanile, in cui ha vissuto, con una certa partecipazione, le lotte per
26
l’Unità d’Italia ed uno della piena maturità, ricco di serenità e spirazione
creativa. Egli trascorse gli ultimi anni a Milano. Il 16 dicembre 1899
istituì l' Opera Pia - Casa di Riposo per i Musicisti.
L’intento era quello di assicurare il mantenimento a coloro «che si sono
adoperati all'Arte Musicale» e che si trovavano in condizioni precarie.
Dietro sua volontà, i primi ospiti accederanno alla casa di riposo solo
dopo la sua morte.
Nel testamento del 14 maggio 1900, Verdi pur designando erede
universale una cugina di Busseto, Maria Verdi, lasciò, però, molti beni a
vari enti sociali, tra cui ovviamente la Casa di riposo per musicisti.
Morì il 27 gennaio 1901. Ai funerali che si svolsero a Milano
parteciparono duecento mila persone. La Scala organizzò in onore del
compositore un concerto, in cui cantò l’allora ancora sconosciuto Enrico
Caruso.
Giuseppe fu sepolto nell’ oratorio
“Casa di Riposo per i Musicisti”
accanto
alla
moglie
Giuseppina
Strepponi. Dopo la sua morte, la sua
opera non è stata dimenticata; egli è
rimasto comunque sempre presente
nella vita sociale e culturale italiana tanto che ancor oggi molti teatri sono
intitolati a lui e fino all’avvento dell’euro, l’Italia gli ha dedicato, ponendo
la sua immagine, la più famosa e diffusa banconota:
la mille lire.
27
28
GREGOR MENDEL (1822 - 1884 )
Gregor Johann Mendel nacque il 22
luglio 1822 a Heizendorf, in Austria.
Era l'unico figlio di un coltivatore
agricolo. Mendel è considerato il padre
della genetica. Era un monaco, un
biologo e un botanico. Nel 1843 entrò
nel
monastero
di
St.
Thomas
dell'ordine agostiniano di Brno. Qui
potè finalmente studiare le sue materie
preferite e presto si laureò in biologia e
matematica. Cinque anni dopo (6 agosto 1847) venne ordinato sacerdote.
Successivamente Mendel fu assegnato
alle funzioni pastorali, ma presto
divenne insegnante. Nel 1849 è stato
assegnato ad una scuola secondaria
nella
città
di
Znaim,
dove
ha
sostenuto l'esame di qualificazione per
la certificazione all‘ insegnamento
senza
però
raggiungere
questo
obiettivo.
Nel 1851, grazie all’impegno dell’
abate Napp (nella foto a lato) gli fu
permesso di iscriversi all'università di Vienna. Quì sviluppò le sue abilità
come ricercatore che utilizzò successivamente nella sua vita. Nel 1853
Mendel conobbe Andreas von Ettingshausen e Franz Unger, l'influenza
dei quali fu determinante per lo sviluppo del suo esperimento sui piselli:
29
il primo gli spiegò la teoria combinatoria, il secondo le tecniche più
avanzate di impollinazione artificiale.
Intorno ai trenta anni, Mendel approfondì le teorie dell'ereditarietà,
perché voleva capire come i caratteri e le loro varianti si trasmettono alla
generazione successiva.
Usando le piante semplici del baccello di pisello,Mendel identificò dopo
sette anni di selezione, sette "Linee pure": sette varietà di pisello che
differivano per caratteri estremamente visibili:
 forma del seme: liscio o rugoso
 colore del seme: giallo o verde
 colore del tegumento: grigio o bianco
 Forma del baccello: liscio o gibboso
 Colore del baccello: verde o giallo
 Posizione dei fiori: assale o terminale
 Lunghezza dello stelo: lungo o corto
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e proprio grazie a queste caratteristiche che tale pianta si prestava
particolarmente a un semplice sistema riproduttivo;
Mendel poteva impollinare a piacimento i suoi vegetali.
Poi nell’arco dei dieci anni successivi Mendel incrociò tra di loro
centinaia di piantine di pisello di diversi ceppi puri e seguì la trasmissione
dei caratteri per più generazioni.
Altri scienziati avevano già compiuto studi simili, ma nessuno in modo
così rigoroso e con un numero di incroci tale da permettere un analisi
statistica attendibile dei risultati: per determinare le sue leggi sperimentali
Mendel esaminò quasi trentamila piante!
Così egli incrociò piante di ceppi puri dal fiore rosso con piante di ceppi
puri dal fiore bianco.
Il risultato fu che Mendel ottenne piante che avevano tutte i fiori rossi.
Incrociò poi piante di ceppi puri di piselli di colore giallo e lisci con
piante di ceppi puri di piselli di colore verde e rugosi.
Anche in questo caso il risultato fu che tutte le piante generate da questo
incrocio davano piselli di colore giallo e lisci.
Quindi le due varianti in entrambi gli esperimenti non si erano fuse tra
loro a formarne una nuova: una delle due prevaleva sull’ altra.
Mendel chiamò la prima variante, cioè i fiori rossi e i piselli gialli e lisci,
DOMINANTE e la seconda, cioè i fiori bianchi e piselli verdi e rugosi
RECESSIVA, che vuol dire nascosta.
31
Questo concetto è riassunto dalla prima legge di Mendel o “Legge della
Dominanza”:
Nell’ incrocio tra individui con varianti
R
R
r
Rr
Rr
r
Rr
Rr
diverse di un carattere, ciascun genitore
trasmette una variante; il figlio quindi le ha
entrambe,
ma
soltanto
la
variante
dominante si manifesta.
Esistono anche delle eccezioni alla prima legge: per esempio nel sangue
gli alleli sono A, B e 0. Se un bambino nasce da due genitori entrambi
con il sangue del gruppo 0 avrà sangue di tipo 0 (due alleli di tipo 0,
quindi 00); se i genitori sono gruppo 00 e BB o BB e BB il suo sangue
sarà di tipo B (in realtà, B0 nel primo caso, BB nel secondo); se invece
sono di tipo 00 e AA o AA e AA, il sangue del bambino sarà di tipo A
(in realtà, A0 nel primo caso, AA nel secondo). Questo perché A e B
sono due fattori dominanti, perciò, se un genitore ha sangue di tipo AA,
e l' altro di tipo BB, il sangue del bambino sarà di tipo AB, visto che
entrambi sono dominanti e perciò codominanti. Nel calcolo del gruppo
sanguigno si deve in realtà sempre considerare la possibile presenza
dell'allele 0, nascosto; quindi se un genitore ha il sangue A, ma i suoi alleli
sono di tipo A0, ed il secondo ha il sangue di gruppo B, ma con alleli B0,
i figli possono nascere con qualsiasi gruppo sanguigno, tranne che con
AA e BB (ma possono avere i gruppi A0 e B0).
Poi Mendel incrociò le piante-figlie ottenute dal primo incrocio tra ceppi
puri di piante di piselli a fiori rossi con piante di piselli a fiori bianchi e
scoprì che in media una volta su quattro le piante della seconda
generazione avevano i fiori bianchi: la variante recessiva riappariva .
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Lo stesso risultato fu ottenuto incrociando piante figlie di piselli gialli e
lisci con piselli verdi e rugosi.
Il risultato fu che in media una volta su quattro le piante della seconda
generazione davano origine a piante con piselli verdi e rugosi
Questa interpretazione porta alla seconda legge di Mendel o “Legge della
Segregazione”
Nella
discendenza
delle
piante
che
R
r
R
RR
Rr
r
Rr
rr
derivano dall’ incrocio di ceppi puri, le
varianti recessive si manifestano nel 25%
dei casi.
Mendel esaminò anche l’ ereditarietà di caratteri diversi: il seme di pisello
che può essere giallo e liscio (varianti dominanti) o verde e rugoso
(varianti recessive).
Mendel incrociò i ceppi puri dai semi gialli e lisci con ceppi puri dai semi
verdi e rugosi. Alla prima generazione tutte le piante avevano semi gialli e
lisci, in accordo con la prima legge.
Alla seconda generazione oltre a piante con semi gialli e lisci o con semi
verdi e rugosi, apparivano anche piante con semi gialli e rugosi o verdi e
lisci, cioè con le varianti dei caratteri mescolate rispetto ai progenitori.
33
Questo risultato si può riassumere nella terza legge di Mendel:
I diversi caratteri ereditari sono
trasmessi alla discendenza in
modo indipendente gli uni dagli
altri.
Perciò dimostrò che nella discendenza i diversi caratteri si possono
trovare combinati in tutti i modi possibili.
Nel 1854 Mendel ritornò ad
insegnare a Brno, dove nel 1868
fu
nominato
abate
del
monastero di St. Thomas (nella
foto a lato)
Morì il 6 gennaio 1884 a causa
di una grave nefrite.
Il lavoro e le teorie di Mendel, successivamente si sono trasformati nella
base per lo studio sulla genetica moderna ed ancora oggi sono
riconosciuti ed usati. Il suo lavoro ha condotto alla scoperta
dell'ereditarietà, caratteristiche dominanti e recessive, genotipo e fenotipo
ed il concetto di eterozigote e di omozigote.
Oggi sappiamo che le leggi di Mendel hanno un valore generale,e quindi
si possono applicare anche all’ ereditarietà dei caratteri negli esseri umani.
Purtroppo a Gregor Mendel non è stato riconosciuto il giusto merito per
le scoperte fatte dagli scienziati del suo tempo. Nonostante egli avesse
trovato la prova reale dell'esistenza dei geni ed è considerato il padre
della genetica, soltanto all'inizio del ventesimo secolo (1902), 18 anni
dopo la sua morte, gli furono riconosciuti i suoi meriti.
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35
MEUCCI E IL TELEFONO (1876)
Il telefono è uno strumento di telecomunicazione utilizzato per
trasmettere a distanza parole e altri suoni per mezzo dell’elettricità. Le
onde sonore colpendo il microfono dell’apparecchio telefonico mettono
in vibrazione una membrana, le cui oscillazioni vengono convertite in
impulsi elettrici; questi viaggiano attraverso le linee telefoniche fino al
ricevitore di destinazione, che li trasforma nuovamente in suoni.
Per quanto riguarda la paternità di questa invenzione c’è stata una grossa
battaglia nelle aule dei tribunali degli Stati Uniti d’America fin dal 1876 e
solo nel 2002 con l’assegnazione definitiva dell’invenzione del telefono
ad Antonio Meucci si è finalmente chiusa la polemica.
La lunga controversia è nata dal
fatto che quando nel 1854
Meucci
realizzò
il
primo
prototipo di telefono da lui
chiamato
utilizzò
“telettrofono”
all’interno
della
che
sua
abitazione negli Stati Uniti, dove
viveva in quel tempo, per poter
comunicare dal suo studio di
lavoro con la moglie costretta a
letto da una malattia, non riuscì a
brevettare l’invenzione per gli elevati costi che Meucci non poteva
sostenere a causa delle precarie condizioni finanziarie in cui versava tanto
che era costretto a vivere con l'aiuto economico degli amici.
Alla fine del 1871, Meucci cominciò a darsi da fare per promuovere la
sua invenzione negli Stati Uniti. A questo scopo, il 12 dicembre 1871
fondò una società di quattro persone, denominata “Telettrofono
36
Company”, avente come scopo quello di effettuare tutti i necessari
esperimenti per la realizzazione del «Telettrofono», ossia della
trasmissione della parola (voce umana) attraverso fili elettrici, da lui
inventato.
Il 28 dicembre dello stesso anno depositò un caveat, intitolato Sound
Telegraph, specificando alcune caratteristiche dell’invenzione.
La società non disponeva del denaro occorrente (200 dollari di allora) per
ottenere un brevetto, così bisognò accontentarsi del caveat, che costava
soltanto 20 dollari ma, secondo la legge americana, avrebbe potuto essere
trasformato successivamente in un vero e proprio brevetto. Purtroppo,
però, sarebbe stato necessario versare una tassa annuale di mantenimento
di 10 dollari. Inoltre, l’avvocato di Meucci trascurò di allegare al caveat
tre importanti disegni che avrebbero in futuro evitato che altre persone
avrebbero potuto presentare un brevetto simile. Il caveat fu rinnovato
fino al dicembre 1874, per poi decadere a partire dal 1875.
Infatti, per ottenere un brevetto standard, erano necessari 287 dollari,
circa 4.500 euro di oggi che Meucci non aveva.
In questo periodo, comunque, Meucci portò in giro la sua invenzione
allo scopo di trovare finanziatori per il brevetto. Provò a proporre la sua
invenzione corredandola di schizzi e disegni ad una compagnia
telegrafica di New York, ma le potenzialità
dell'invenzione non furono capite. Ovunque
si recava, Meucci portava con se i disegni e
schizzi del “telettrofono”.
Si pensa che Alexander Graham Bell abbia
visto i disegni di Meucci, e li abbia copiati o
rubati
forse
proprio
dalla
compagnia
telegrafica di New York e così il 7 marzo
37
1876 depositò il brevetto approfittando del fatto che in quel periodo
Meucci non era riuscito a rinnovare il “caveaut” dato che non aveva i 10
dollari per il rinnovo.
Meucci ricorse in tribunale contro la comagnia telegrafica che a suo dire
non aveva distrutto i suoi disegni dopo la rinuncia al finanziamento
permettendo a Bell di appropriarsene, ma, essendo in piena crisi
finanziaria perse la causa. Secondo il giudice, come si scoprì
successivamente, Alexander Graham Bell riuscì a comprare la corte che
emise la sentenza nel 1887 dicendo che Meucci avrebbe scoperto un
telefono meccanico, mentre quello presentato nel brevetto di Bell era
elettrico.
Distrutto da questa sentenza, Meucci morì in povertà nel 1889, mentre
Bell aveva creato una compagnia telefonica che gli fruttò molta
ricchezza.
Solo l'11 giugno 2002, grazie al lavoro di ricerca di Basilio Catania, il
Congresso degli Stati Uniti ha riconosciuto il contributo di Meucci
nell'invenzione del telefono.
Questa invenzione è quindi da assegnare definitivamente a Meucci.
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39
LE OLIMPIADI MODERNE
Le Olimpiadi Moderne raccolgono una serie di manifestazioni sportive
che si svolgono ogni 4 anni e sono aperte agli atleti di tutto il mondo. Le
gare olimpiche moderne, ispirate alle gare olimpiche della Grecia antica,
furono inaugurate nella primavera del 1896.
Promotore dell’iniziativa fu il barone francese Pierre de Coubertin,
grande appassionato di sport.
Egli riuscì, prima, nel 1892 ad assicurarsi l’appoggio dell’Unione francese
per gli sport atletici e successivamente ottenne l’approvazione della Ia
Olimpiade dell’era moderna da parte del Congresso internazionale di
Parigi del 1894
Non restava che stabilire la data e il luogo in cui si sarebbero tenuti i
nuovi giochi olimpici: de Coubertin li avrebbe voluti proprio a Parigi, ma
la scelta cadde su Atene. La ragione di questa scelta fu alquanto casuale.
Infatti verso a fine del XIX secolo, alcuni archeologi tedeschi scoprirono
i resti dell’antica Olimpia e quindi si tornò a parlare dei Giochi olimpici.
Pierre de Coubertin muore a Losanna il 2 Settembre 1937.
Il barone francese chiese che il suo cuore fosse seppellito a Olimpia.
Così fu stato fatto.
La prima Olimpiade, e alcune delle successive, si svolsero secondo regole
assolutamente diverse da quelle esistenti al giorno d'oggi. Innanzitutto
erano ammessi solo i dilettanti, per cui parteciparono soprattutto
studenti, marinai, impiegati e persone che praticavano lo sport come
hobby. Per questo motivo alcune figure restano nella leggenda e di loro
non si ha traccia nei successivi giochi.
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Il 6 aprile del 1896 i Giochi furono aperti con la
partecipazione di 14 paesi, fra i quali non
figurava l’Italia. Gli atleti iscritti ai Giochi
furono 249, di cui ben 168 greci ed altri 81 atleti
in rappresentanza di 13 paesi, secondo la
suddivisione
politica
dell'epoca,
che
gareggiarono in 43 competizioni suddivise in
nove
discipline
sportive:
atletica
leggera,
ciclismo, ginnastica, lotta, nuoto, scherma, sollevamento pesi, tennis e
tiro, canottaggio e vela. Queste ultime due, in realtà anche se in
programma non vennero svolte a causa del cattivo tempo.
Le gare furono seguite con grande interesse
dal pubblico: ben cinquantamila spettatori
riempirono lo stadio per la cerimonia di
apertura. Fu lo stesso re Giorgio I di Grecia a
inaugurare i Giochi, aperti ai soli atleti
dilettanti.
Agli atleti non vennero distribuiti premi e
solo i primi due classificati ricevettero un
riconoscimento: una medaglia d'argento e
una corona d'ulivo per il vincitore, una
medaglia di bronzo e una corona d'alloro per il secondo classificato. Per
quanto ben organizzate e sorrette da una buona campagna di stampa, le
rappresentative degli stati erano ben lontani dall'essere una selezione dei
migliori atleti di ogni paese, in quanto vigeva il principio decoubertiano
del dilettantismo. La maggior parte degli atleti pagò di tasca propria il
viaggio e in alcuni casi parteciparono alle gare anche dei turisti che in
quel momento stavano visitando la Grecia e che si iscrissero ai giochi
41
spinti solamente dall'entusiasmo. Le donne non potevano partecipare in
quanto de Coubertin voleva rispettare la tradizione antica, tuttavia ci fu
una competitrice non ufficiale alla maratona, una donna greca di umili
origini conosciuta come Melpomene.
Il primo campione della storia delle Olimpiadi
moderne fu James Connolly per gli Stati Uniti, che
vinse il salto triplo. Il francese Paul Masson vinse tre
delle sei gare ciclistiche in programma e l'ungherese
Alfred Hajos due delle quattro di nuoto. Gli atleti
americani dominarono i tornei vincendone nove su
dodici.
Tra le competizioni venne inserita per la prima volta
ufficialmente la maratona, vinta dallo sconosciuto
pastore Spiridon Louis, che in Grecia divenne un vero e
proprio eroe nazionale. La manifestazione sportiva si
concluse il 15 Aprile. Anche se le gare, nel complesso,
non furono di alto profilo tecnico i giochi Olimpici del 1896 vengono
ricordati come un successo organizzativo, soprattutto per merito
dell'entusiasmo espresso dagli spettatori greci.
Al ricevimento di chiusura re Giorgio I di Grecia suggerì che le
Olimpiadi si svolgessero sempre ad Atene ma Pierre de Coubertin e il
CIO rimasero sull'idea originale di assegnare i giochi ad una città sempre
diversa. Così i successivi Giochi dell'edizione del 1900 si sarebbero svolti
a Parigi. A partire dal 1924, con la prima edizione di Chamonix, fu
indetta anche una versione invernale dei Giochi, nella quale si
raggruppano gli sport che si praticano sulla neve e sul ghiaccio. Anch’essi
si disputano a cadenza quadriennale, ma dal 1994, con l’edizione di
Lillehammer, sono sfalsati di due anni rispetto a quelli estivi.
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43
LA LIBIA
Libia (nome ufficiale Repubblica Araba
Popolare Socialista di Libia), è uno stato
dell’Africa
settentrionale,
posizionato
all’estremità orientale della regione del
Maghreb. Si affaccia a nord sul mar
Mediterraneo e confina a nord-ovest con
la Tunisia, a est con l’Egitto, a sud-est con
il Sudan, a sud con il Ciad e la Nigeria e
infine, a ovest, con l’Algeria. Con una
superficie di 1.757.000 km² la Libia è uno dei paesi più vasti dell’Africa; l’estensione
costiera è di 1.770 km. La capitale è Tripoli.
TERRITORIO
Il territorio libico, situato nella regione
centrale dell’Africa settentrionale, presenta
una linea costiera uniforme caratterizzata
dall’ampia rientranza formata dal golfo della
Sirte; stretta e arida, la fascia costiera presenta
due sole zone collinari, una a est (Gebel
Nefusa), l’altra a ovest (Gebel el Achdar), in
cui l’altitudine mitiga il clima tendenzialmente torrido. Immediatamente a sud della
costa si trovano le regioni storiche della Cirenaica (a nord-est) e della Tripolitania.
A meridione di queste, e includendone ampie sezioni, si apre la vasta regione del
Deserto libico, che occupa circa il 95% del territorio, alternando alle distese sabbiose
tratti di deserto pietroso e, nell’area sudoccidentale (la regione del Fezzan),
formazioni rocciose che raggiungono in media i 600 metri di altezza; lungo il confine
con il Ciad sorge infine l’elevato massiccio del Tibesti.
CLIMA
Il clima, generalmente torrido nelle aree desertiche soggette a marcate escursioni
termiche, non subisce variazioni sostanziali nemmeno lungo la costa. Le
precipitazioni, ovunque molto scarse nelle regioni desertiche, mentre sulla costa sono
un po’ più intense. A Tripoli la media delle temperature è di 15 °C a gennaio e di
32 °C a luglio
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FLORA E FAUNA
Gran parte della Libia è pressoché priva di vegetazione. Nelle oasi crescono palme da
dattero, olivi e aranci. Ginepri e lentischi si trovano invece sulle alture. La fauna
comprende alcuni roditori del deserto, oltre alla iena, alla gazzella e alla lince. Sono
inoltre comuni gli uccelli rapaci, tra cui l’aquila, il falco e l’avvoltoio.
LINGUA E RELIGIONE
L’arabo è la lingua ufficiale e più diffusa, mentre gli idiomi berberi sono sempre
meno utilizzati; l’inglese e l’italiano rappresentano invece le lingue commerciali. Il
97% della popolazione è di religione musulmana sunnita, che è dottrina di stato;
esistono inoltre alcune minoranze di religione cattolica. Libia
POPOLAZIONE
La popolazione, concentrata per due terzi nelle aree costiere, è di 6.173.579 abitanti
(2008), con una densità media di 3,5 unità per km². Tripoli, importante città portuale,
è una delle zone più popolate del paese; altri centri di rilievo sono Misurata e Bengasi.
La popolazione libica è composta in prevalenza da arabi, mentre i berberi, che
costituivano originariamente l’etnia dominante, rappresentano ormai un gruppo
decisamente minoritario; infine genti nomadi e seminomadi (tuareg e toubous) sono
stanziate nella regione desertica. A partire dal 1995 si è verificato un rapidissimo
incremento dell’immigrazione: si calcola infatti che quasi la metà della forza lavoro
presente in Libia sia costituita da stranieri, in gran parte provenienti dai paesi arabi,
africani o asiatici.
ECONOMIA
La Libia, per quanto povera di aree coltivabili, fu a lungo un paese a economia
agricola fino a quando la scoperta di ingenti depositi di petrolio e gas naturale ne
cambiò completamente l’assetto economico, dando luogo a un periodo di prosperità.
Solo alla fine degli anni Ottanta, con la riduzione delle entrate garantite dal petrolio, il
paese incontrò una fase di recessione che provocò il rallentamento dei programmi di
sviluppo e ridusse del 25% il reddito pro capite.
AGRICOLTURA E ALLEVAMENTO
La maggior parte dei pascoli e delle terre coltivabili si trova nelle regioni di Tripoli e
Bengasi. Le principali colture sono costituite da frumento, orzo, olive, datteri,
agrumi, pomodori e tabacco. Una voce significativa è rappresentata anche dal
tradizionale settore della pastorizia che si basa essenzialmente sull’allevamento di
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ovini, caprini e animali da cortile. Le coste, piuttosto pescose, offrono modeste
quantità di tonni e sardine, mentre sui litorali della Cirenaica è diffusa la pesca delle
spugne.
INDUSTRIA
I comparti industriali più significativi
sono quello petrolifero e petrolchimico,
destinati
a
produrre
lavorati
e
semilavorati del petrolio. Esiste inoltre
una
piccola
industria
manifatturiera
impegnata nel settore tessile, conciario e
alimentare. Il settore industriale occupa il
23% della popolazione attiva.
Oltre alle grandi quantità di petrolio (estratto principalmente nella regione centrale
del paese) che costituisce senza dubbio la principale fonte di reddito nazionale, la
Libia possiede riserve di gas naturale, sale, potassio e carbonato di sodio. Il
fabbisogno energetico è soddisfatto da impianti termici, concentrati soprattutto nella
regione della Tripolitania.
COMMERCIO E FINANZA
Il 66% della popolazione attiva è occupato nel settore dei servizi. Petrolio e gas
naturale sono le voci di esportazione veramente significative; altri articoli esportati
sono prodotti chimici, pellami e oli vegetali.
Per quanto riguarda le importazioni, la Libia acquista prodotti manifatturieri e
alimentari. L’Italia, la Germania, la Spagna, la Francia, il Giappone e la Gran
Bretagna sono i principali partner commerciali.
MONETA
L’unità monetaria è il dinaro libico, suddiviso in 1000 dirham, emesso dalla Banca
centrale di Libia; gli investimenti stranieri sono gestiti dalla Banca estera libico-araba.
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LA COLONIZZAZIONE IN LIBIA
La conquista italiana della Libia venne avviata il 29 settembre 1911 da Giovanni
Giolitti con la dichiarazione di guerra alla Turchia. Contrariamente alle attese italiane,
i libici si schierarono al fianco degli ottomani, dando luogo a una violenta rivolta. In
ottobre a Sciara Sciat vennero annientate due intere compagnie di bersaglieri e molti
soldati italiani caddero anche a Tripoli in episodi di indicibile efferatezza. Altrettanto
brutale fu la rappresaglia italiana, che solo a Tripoli causò almeno 1000 morti e fu
seguita dalla deportazione di alcune migliaia di persone nelle colonie penali.
La resistenza dei libici continuò anche dopo il 1912, quando il trattato di pace di
Ouchy (Svizzera) pose fine al conflitto tra Italia e Turchia. Particolarmente intensa fu
la guerriglia nel Fezzan, che nel gennaio 1915 costrinse le truppe italiane a una
precipitosa ritirata. L’ingresso nella prima guerra mondiale costrinse l’Italia a ridurre
l’impegno in Libia, dove conservò il controllo di pochi porti sul Mediterraneo.
Nel 1917 l’Italia firmò un trattato con Idris, riconoscendo l’autonomia dello stato
senussita. Nel 1919 anche alla Tripolitania e alla Cirenaica venne riconosciuta
l’autonomia, ma in seguito l’Italia riconsiderò il suo atteggiamento nei confronti della
Libia e l’avvento del regime fascista segnò la ripresa dell’impresa coloniale.
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48
LA FAMILIA REAL ESPAÑOLA
España es una monarquía parlamentaria. Eso significa que, además de
un parlamento que aprueba las leyes y un Presidente del Gobierno, en
España hay un rey. El es el jefe del Estado español y comandante
supremo de las Fuerza Armadas; entre sus atribuciones están la
designación del Presidente del Gobierno y la mediación en el buen
funcionamiento de las istituciones,
pero es sobre todo una figura
representativa.
Desde 1975 año en que murió el
dictador Francisco Franco y se
restableciò la democracia, ocupa el
trono don Juan Carlos I de Borbón.
Don Juan Carlos naciò y creciò en
Roma, donde estaba exiliada la
familia real.
En 1962 se casò con la princesa doña
Sofia de Grecia y tenien tres hijos: la infanta doña Elena, la infanta
doña Cristina y don Felipe principe de Asturias y heredero de la corona.
Los monarcas españoles viven en el Palacio de la Zarzuela, que se
encuentra en los alrededores de Madrid.
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Los tres hijos de los reyes de España están casados: la infanta doña
Elena con un aristocráta, don Jaime de Marichalar, de cuya unión han
nacido dos hijos y la infanta doña Cristina con un ex-jugador de
balonmano, don Iñaki Urdangarín y tienen cuatro hijos. El principe don
Felipe se casó en mayo del año 2004 con una periodista, doña Letizia
Ortiz Rocasolano que ahora ostenta el titulo de princesa de Asturias y
son padres de dos niñas que se llaman Lenor y Sofia.
La familia real es muy popular, dentro y fuera de España. Durante el
periodo de transición que seguío a la muerte de Franco, fue muy
importante la actuacion de don Juan Carlos en el camino hacia la
democracia. En el terreno internacional, con sus numerosos viajes ha
ayudado a establecer y consolidar relaciones con países de especial
importancia como son los de América Latina o los países árabes. Al igual
que sus hijos, el rey es muy aficionado al esquí, a los motores potentes y
a los deportes acuáticos, sobre todo a la vela. Se le considera una persona
sencilla y discreta, cercana al pueblo y libre de afectaciones aristocraticas.
50
51
THE BRITISH ISLES
The British Isles consists of a large group of islands situated in the Atlantic
Ocean off north west coast of Europe and they are separated from continent by
English Channel to the south and the North Sea to the North.
The main islands are Great Britain and Ireland.
Great Britain is divided into three regions : England , Scotland and
Wales. Ireland is divided into two countries : Northern Ireland and
EIRE. The union of England, Scotland, Wales and Northern Ireland is
called United Kingdom and London is the capital and the most bigger
city of isles and it is also queen’s residence. London was selected as the
city organizing the Olympic Games
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EIRE or Republic of Ireland is an independent Republic and Dublin is
the capital
The flag of the United Kingdom is called the Union Flag. The current
Union flag was adopted in 1801 as a result of the Act of Union of 1800,
which united the Kingdom of Great Britain and the Kingdom of Ireland
to form the United Kingdom.
The official currency is the pound and its value is slightly higher than the
euro.
The main rivers of the United Kingdom are:
Thames in England, Tay in Scotland, Bann in Northern Ireland and Tywi
in Wales.
The larger lakes of the United Kingdom are:
Windermere in England, Loch Lomond in Scotland, Lough Neagh in
Northern Ireland and Lake Vyrnwy in Wales.
But the most famous lake is Lock Ness for the legend of monster.
The climate of the United Kingdome is quite mild due to influence of
the Gulf Stream
United Kingdom is a land of castles, many of which are open to the
public and in some of them you can dine watching a show of medieval
knights
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LONDON, A UNIQUE CITY
London is a beautiful city so every year many visitors come to see its
many famous sights, especially during the summer. You need a lot of
time to seea big city like london. If you have not got much time and if
you do not want to walk along the crowded streets- you can go on a
sightseeing tour and see all the important sights from the top of a
traditional red london bus.
Some very famous sights are:
-THE TOWER OF LONDON. In the past it was a fortress, a palace
and a prison.
-TOWER BRIDGE,over the river thames. It is raised to allow tall ships
to go along the river.
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-WESTMINSTER ABBEY, the setting for every coronations since 1066(
all kings and kings and queens are crowned). Some famous English poets
are buried in the “poet’s corner” of the abbey.
-THE HOUSES OF PARLAMENT, the centre of english governament.
There is a house of Commons and a house of Lords.
-BUCKINGHAM PALACE , the residence of the Royal family.
-NO.10 DOWNINGSTREET, where the prime ministre live.
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-THE BRITISH MUSEUM:
place where you can see a number of ancient statues and other objects
from many parts of the worlds.
Covent garden is a very popular shopping area full of restaurants. It was
a big fruit and vegetable market. Another interesting place is madame
tussaud’s a museum of wax statues of very famous people.
London
has
some
very
beautiful parks. Very famous
are Hide Park, san James
Park and Regent’s Park.
They are alway green because
it rains very often. On a
sunny day people go to parks
to walk, to read and to play
sports. Many people who
work in offices like to eat
their lunch in a park, when
the weather is nice. London
is a city of great variety.
Some parts are very old,
some are very modern. It is an important centre for entertaiment. A lot
of very good cinemas and theatres are in the west end, near to other
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famous places: Piccadilly circus and Leicester square.
About 8 million people live in London, mainly in the outskirts. Because
the majority of the english live in houses with only two floors and not in
tall buildings, London is spread over a very large area. Londoners only
travel into the centre to work, to shop, to go to the cinema or to the
theatre.
BIG BEN
Big Ben is the nickname for the
great bell of the clock at the
north end of the Palace of
Westminster in London, and
often extended to refer to the
clock and the clock tower. The
tower is now officially called the
Elizabeth Tower, after being
renamed (from "Clock Tower")
to
celebrate
the
Diamond
Jubilee of Queen Elizabeth II.
The Elizabeth Tower holds the
largest four-faced chiming clock
in the world and is the thirdtallest free-standing clock tower. The tower was completed in 1858 and
had its 150th anniversary on 31 May 2009, during which celebratory
events took place. The Elizabeth Tower has become one of the most
prominent symbols of both London and England and is often in the
establishing shot of films set in the city.
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LO STATUTO ALBERTINO (1848)
Nel 1848 in Italia che
era divisa in vari stati
infuriavano sommosse
e rivoluzioni, in quanto
le
popolazioni
chiedevano
ai
loro
sovrani costituzioni e
cambiamenti.
Così
come in tutti i regni,
anche in Piemonte il
sovrano, Carlo Alberto
di Savoia, concede una costituzione: lo Statuto Albertino. Questo
documento prevede un parlamento e un governo, ma affida tutti i tre
poteri dello Stato (legislativo che ha il compito di fare leggi, esecutivo che
ha il compito di farle rispettare e giudiziario che ha per oggetto
l’attuazione della giustizia) al re. Non si tratta di una costituzione
democratica, ma trasforma la monarchia da assoluta in costituzionale.
Non era la prima volta che Carlo Alberto concedeva una costituzione,
infatti ne aveva già elargita una nel 1821, quando Carlo Felice gli aveva
affidato temporaneamente il potere sul Regno di Sardegna. La
costituzione fu ritirata da Carlo Felice non soddisfatto del lavoro fatto
dal nipote ritirò la costituzione.
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LA CARTA OTTRIATA:
Una costituzione può nascere in
due modi: può essere deliberata da
un’ assemblea costituente o elargita
dal sovrano, in questo caso prende
il nome di ottriata. Per tanto,
essendo
lo
Statuto
Albertino
concesso dal re, esso è una carta
ottriata.
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San Giuseppe Moscati, Medico (1880 - 1927)
San Giuseppe Moscati fu medico e
scienziato vissuto a Napoli a cavallo
tra il 1800 e il 1900.
Nacque a Benevento nel 1880; qui suo
padre era Presidente del Tribunale, e
quando alcuni anni dopo fu trasferito
a Napoli portò con sè l’intera famiglia.
Laureatosi
in
medicina
Giuseppe
Moscati si distinse prestissimo per le
sue
capacità
soprattutto
professionali,
per
l’infinita
ma
bontà
d’animo, che lo portava ad essere sempre vicino ai poveri ed ai bisognosi.
Ed in moltissime occasioni egli prestava infatti la sua opera di medico
gratuitamente.. Allievo dei più grandi luminari del tempo, sorretto da una
forte fede cristiana, fu spesso il principale artefice della loro conversione
dei suoi pazienti. La sua attività
scientifica fu davvero vasta, ma il
ricordo più caro che i napoletani conservano di lui è sicuramente quello
della sua attività di medico dei poveri: lo studio di via Cisterna dell’olio
era infatti sempre pieno di pazienti in attesa di incontrarlo. A loro
Moscati raccomandava anzitutto di mettersi in pace con Dio, e poi, dopo
essersi reso conto delle condizioni economiche li esortava poi a lasciare
quanto potevano in un cestino all’ingresso, o in alternativa a prendere
quello di cui avevano bisogno. Stimatissimo medico presso l’Ospedale
degli Incurabili il Moscati fu anche chiamato al capezzale del grande
tenore Enrico Caruso, che si spense a Napoli dove era arrivato
dall’America molto malato.
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Moscati fu anche amico e medico di Bartolo Longo, fondatore del
Santuario dedicato alla Madonna di Pompei.
Giuseppe Moscati morì in giovane età, nel 1927, proprio nel suo studio
in via Cisterna dell’ olio, mentre aveva appena iniziato le consuete visite
pomeridiane il 12 aprile 1927 a soli 46 anni.
La notizia della sua morte viene annunciata e propagata di bocca in
bocca con le parole: "È morto il medico santo". Queste parole, che
riassumono tutta la vita del Moscati, ricevono oggi il suggello ufficiale
della Chiesa.
Fu sepolto al cimitero di Poggioreale, ma pochi anni dopo, la grande
venerazione che il popolo manifestava per il proprio medico, spinse i
padri gesuiti ad autorizzare la traslazione dei suoi resti nella chiesa del
Gesù.
La beatificazione:
Già venerato in vita come
medico dei poveri, fu proclamato
beato dalla Chiesa dal papa Paolo
VI nel corso dell'Anno Santo, il
16 novembre 1975.
Ai fini di questa beatificazione
furono
ritenuti
validi
due
miracoli attribuiti al Moscati.
Il primo miracolo:
E’ la guarigione del maresciallo degli agenti di custodia Costantino
Nazzaro, vissuto in perfetta salute fino al 1923 quando ebbe un ascesso
freddo alla radice della coscia destra e dolori alla colonna vertebrale.
Ricoverato nell’ospedale militare di Genova e poi dimesso senza aver
ottenuto alcun risultato positivo, durante la convalescenza ebbe un
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indolenzimento e un ingrossamento dell’epididimo destro di origine
tubercolare. Nonostante le cure il Nazzaro non solo non guarì ma
l’affezione gli si propagò a sinistra. Le sue condizioni fisiche
peggiorarono e la diagnosi dopo una visita medica fu “morbo di
Addison”. In tutti i trattati di patologia medica tale patologia era
considerata rara, dalla prognosi sempre sfavorevole, con l’esito di sicura
morte. Poiché non si conoscevano casi di guarigione la terapia serviva
solo a prolungare la resistenza del malato. Nonostante le cure infatti il
Nazzaro non migliorava. Nella primavera del 1954 l’ammalato, entrato in
chiesa del Gesù Nuovo prego' dinanzi la tomba di San Giuseppe Moscati
tornandovi ogni 15 giorni per quattro mesi. Giunse intanto l’estate ed
una notte tra la fine di agosto e l’inizio di settembre del 1954 il Nazzaro
sognò di essere operato dal prof. Moscati il quale sostituì la parte
atrofizzata del corpo con tessuti vivi e gli disse di non prendere più
alcuna medicina. Svegliatosi si trovò perfettamente guarito e presto tornò
al suo posto di lavoro. I sanitari che visitarono l’ammalato non riuscirono
a spiegare l’imprevista guarigione.
Il secondo Miracolo:
Raffaele Perrotta fu guarito istantaneamente da meningite cerebrospinale
meningococcica tra il 7 e l’8 febbraio 1941. Come si nota dalle date
Costantino Nazzaro guarì oltre tredici anni dopo Raffaele Perrotta, però
la congregazione per le cause dei santi esaminò prima la guarigione del
Nazzaro che perciò viene indicata come primo miracolo. Al Perrotta da
piccolo, in seguito a lancinanti dolori al capo, fu diagnosticata la patologia
già in forma grave. L’ammalato stava così male che il professore che lo
aveva visitato lo accompagnò a Napoli precisando che al suo ritorno
difficilmente lo avrebbe ritrovato vivo. Le sue condizioni si aggravarono
ulteriormente e , vista la situazione disperata, la madre del piccolo invoco
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Giuseppe Moscati. Sotto il guanciale fu messa la sua immagine. Passate
alcune ore il ragazzo riprese conoscenza e la malattia, dopo alcune visite
di controllo, fu dichiarata non più presente nel suo corpo. La diagnosi dei
medici fu la seguente: “ A parte discussioni cliniche del caso due sono i
dati incontrovertibili: la gravità della sindrome che faceva prevedere la
prossima fine del giovane e l’immediata e completa risoluzione della
malattia”.
Il miracolo per la canonizzazione (terzo miracolo):
Il miracolo che lo fece salire agli onori degli altari dei santi fu il terzo
miracolo attribuitogli.
Riguarda la guarigione di Giuseppe Montefusco, ammalato di leucemia,
avvenuta nel 1979.
Giuseppe Montefusco, nato a Somma Vesuviana, in provincia di Napoli,
il 15 febbraio 1958, all'inizio del 1978 cominciò ad accusare disturbi a
causa dei quali, il 13 aprile dello stesso anno, fu ricoverato all'ospedale
Cardarelli di Napoli, dove gli fu diagnosticata una leucemia acuta
mieloblastica.
Mentre l'ammalato non rispondeva alle terapie ed era considerato senza
speranze di guarigione, sua madre sognò una notte la foto di un medico
in camice bianco: dopo essersi consultata con il parroco si recò alla
Chiesa del Gesù Nuovo, dove riconobbe nella foto di Giuseppe Moscati
il medico visto in sogno.
Furono rivolte allora al Moscati, allora beato, fervide preghiere collettive
e il Montefusco, nel giugno 1979, guarì perfettamente, interrompendo
ogni cura e riprendendo il lavoro di fabbro.
Il caso fu sottoposto alla Congregazione per le Cause dei Santi che, il 27
marzo 1987, promulgò il decreto sul miracolo, confermando "La
modalità della guarigione relativamente rapida, completa e duratura, non
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spiegabile secondo le conoscenze mediche".
Il 25 ottobre 1987, in Piazza San Pietro, Papa Giovanni Paolo II
canonizzò Giuseppe Moscati; alla cerimonia era presente anche
Giuseppe Montefusco, che in quell'occasione donò al Papa un volto di
Gesù in ferro battuto, da lui realizzato.
La festa liturgica di San Giuseppe Moscati fu fissata, in seguito, al 16
novembre di ogni anno.
Oggi San Giuseppe Moscati è il punto di riferimento e di conforto per
migliaia di fedeli e di ammalati che in ogni giorno dell’anno affollano la
chiesa e sostano in preghiera davanti alla sua tomba. Colui che fu un
grande medico in vita è oggi il Santo protettore degli ammalati, dei
poveri e dei bisognosi che a lui si rivolgono con grande devozione. Lo
testimonia materialmente la mano della grande statua di bronzo che lo
ritrae e che è custodita accanto alla sua tomba: accarezzata e baciata da
centinaia di persone ogni giorno, è diventata lucida come se fosse d’oro.
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Ringraziamenti
Desidero ringraziare tutto il gruppo di maestri e professori che
accompagnandomi con mano hanno permesso a quella bambina che a
stento sapeva parlare nel 2005 di raggiungere questo primo vero
traguardo della mia vita con l’acquisizione della licenza media
dimostrando sempre grande disponibilità e cortesia durante tutti questi
anni.
Un sentito ringraziamento ai miei genitori, che, con il loro incrollabile
sostegno morale ed economico, mi hanno sempre sostenuta in tutti
questi anni.
Desidero inoltre ringraziare mia sorella Giuliana per il sostegno morale
dimostratomi durante la stesura di questo documento che sembrava non
vedere mai fine soprattutto per la scelta degli argomenti.
Un ultimo ringraziamento a tutti coloro che mi sono stati vicini sia nei
momenti difficili, sia nei momenti felici: saranno per me sempre dei veri
amici.
Dedica
Una dedica speciale a chi non c’è più e/o a chi non ho mai conosciuto:
ai miei nonni, Luigi e Francesco.
A loro va il mio più profondo pensiero e la dedica di questo documento.
Viviana Carolina D’Onofrio
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