20 | 2015 - Edita spa

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20 | 2015 - Edita spa
20 | 2015
bridging the gap between technology & business
www.ict4executive.it
.
Mariano Corso:
le nuove priorità per i CIO
.
Paul Nunes:
Big Bang Disruption
.
Autogrill rivede i processi
di Procurement
.
L’innovazione della Global
Supply Chain in Luxottica
.
Per i clienti OVS lo Shopping
è sempre più Digital
.
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editoriale
l’auto sposa internet e le cede
il podio nell’economia globale
di
umberto bertelè
presidente
advisory board
ict4executive
autore di “strategia”
@umbertobertele
Ci sono alcuni eventi, non necessariamente rilevanti per le loro ricadute dirette, che hanno
una valenza simbolica fortissima. E lo sposalizio celebrato fra il mondo dell’auto e quello
Internet (e dell’ICT in generale) al CES-International Consumer Electronics Show di Las
Vegas - l’equivalente per il secondo del Detroit Auto Show del primo - è stato uno di
questi. Due mondi a prima vista lontani, che si sono prima avvicinati in modo discreto con
l’automazione delle fabbriche e l’immissione crescente di elettronica nelle auto, che lo
stanno facendo ora - in modo più palese agli occhi dei consumatori - rendendo il cruscotto dell’auto simile allo schermo di uno smartphone, che appaiono destinati a integrarsi
sempre di più cambiando sia il modo in cui condurremo l’auto nel prossimo futuro sia più
in generale l’organizzazione della mobilità. Due mondi con linee di confine che tendono
a sfocarsi, spingendo a forme di cooperazione più strutturate ma pure generando aree di
competizione: Google è ad esempio in gara con le grandi tedesche per la messa a punto
di auto driverless e Ford ha dichiarato al CES la volontà di diventare (anche) una software
and systems company per la gestione della mobilità.
Perché uno sposalizio con forte valenza simbolica? Perché lo sposalizio può essere visto
come un passaggio di testimone dal comparto egemone del ‘900 al comparto egemone
di oggi e del futuro prossimo.
L’auto è stata per quasi tutto il ‘900 al centro dell’economia, per l’elevato grado di complessità e di innovatività: è con la rivoluzione fordista di inizio secolo che nacque lo stesso
concetto di industria; General Motors, con la profonda ristrutturazione negli anni ’20,
promosse l’organizzazione divisionale; Toyota introdusse mezzo secolo dopo un modo
radicalmente diverso di produrre, progettare e rapportarsi con il mercato, che si diffuse
a macchia d’olio in pochi anni. L’auto ha giocato anche un ruolo sociale e politico molto
forte, per la sua capacità di generare lavoro e far nascere nuove imprese.
È con il finire del secolo scorso e l’inizio del nuovo che tale egemonia progressivamente
svanisce, mentre cresce l’importanza di Internet come motore di innovazione, di nascita
di startup e di disruption degli equilibri esistenti in una fetta crescente dell’economia.
Le ricadute maggiori sull’auto si stanno manifestando ora.
L’auto è sempre più connessa: lo è per permettere a chi sta al suo interno l’accesso in
mobilità a Internet, lo sarà sempre più per ricevere suggerimenti sulla scelta dei tragitti e
per essere essa stessa (norme sulla privacy permettendo) generatrice di informazioni sul
traffico.
Si moltiplicano i sensori e gli attuatori e si arricchisce il software che, elaborando i dati
raccolti, aiuta o addirittura sostituisce il guidatore in un numero crescente di operazioni. Il software diventa oggetto di aggiornamenti, come sino a poco tempo fa solo i PC:
la startup californiana Tesla ha ad esempio lanciato recentemente un nuovo modello di
auto elettrica con la promessa di un aggiornamento continuo gratuito del software per
migliorarne le prestazioni.
Si ha un riassetto dell’organizzazione della mobilità fisica, con la crescita di modelli innovativi ispirati alla sharing economy - inattuabili in assenza degli smartphone - e con la
conseguente riduzione del fabbisogno di auto private. Modelli come quelli di Uber (diffusosi rapidamente anche se con forti resistenze in tutto il mondo) o di BlaBlaCar ampliano
la disponibilità di auto con guidatore (rispettivamente per uso urbano ed extraurbano),
con un utilizzo più intensivo del parco auto esistente. Mentre modelli quali quello di Car2Go (Mercedes) e di Enjoy (Eni) possono essere visti come una variante del tradizionale
rent-a-car, finalizzata agli utilizzi di breve durata in ambito urbano.
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2 0 | 2 015
cover story
Fare di più con meno. La sfida per CIO, Manager e Vendor
di Mariano Corso e Alessandra Luksch, Politecnico di Milano 6
Le priorità dei CIO per il 2015
10
Le strategie dei player dell’offerta
15
interviste
Permasteelisa, dal nordest per “vestire” edifici in tutto il mondo
Marcello Cordioli, CIO
Barilla trasforma il lavoro con lo smartworking
Alessandra Stasi, Human Capital Organization Development 32
43
Autogrill, l’innovazione che rende più piacevole la sosta
Aldo Papa, Chief Engineering e Procurement Officer
44
Pagamenti da Mobile, l’Italia che innova
Nicola Cordone, Senior Vice President SIA
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Luxottica trasforma la Supply Chain
Enrico Mistron, Senior Vice President Supply Chain
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MANAGEMENT
La negoziazione dei contratti IT e TLC: gli elementi essenziali
Big Bang Disruption, l’innovazione che rivoluziona
interi settori economici Diventare digital master: il momento è adesso
Advisory Board
Umberto Bertelè
Presidente Advisory Board
Giampio Bracchi
Politecnico di Milano
Carlo Alberto Carnevale Maffè
Università Bocconi
Maurizio Dècina
Politecnico di Milano
Giuliano Noci
Politecnico di Milano
Paolo Pasini
SDA Bocconi
Andrea Rangone
Politecnico di Milano
Francesco Sacco
Università dell’Insubria - SDA Bocconi
Gianluca Spina
Dean - MIP
Raffaello Balocco
Segretario Advisory Board
34
36
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osservatori
Memoria digitale e diritto all’oblio 58
Logistica sempre più in outsourcing
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Turismo, 9 miliardi dai canali online 80
speciale “digital marketing”
Il futuro dei servizi Mobile per il consumer
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speciale “security”
Allineare business plan e strategie di sicurezza
72
rubrica | ricerche e studi
85
rubrica | nomine
89
cov e r s tory
di
Mariano corso
school of management
politecnico di milano
Fare di più
con meno
La sfida per CIO,
Manager e Vendor
Per i promotori dell’innovazione si prospetta
un altro anno impegnativo: una recente ricerca
del Politecnico di Milano rivela che i budget a
disposizione delle Direzioni ICT delle imprese
italiane medio-grandi e grandi sono ancora in
contrazione, mentre aumenta il ricorso a servizi
esterni. Malgrado le difficoltà, sono tante le
imprese italiane che crescono e vincono sui
mercati internazionali, interpretando il digitale
in modo innovativo
L’innovazione digitale ha mostrato in questi mesi
la sua forza dirompente. Nuovi concorrenti sfidano con successo, grazie al digitale, aziende leader
non solo nei propri mercati, che, per quanto grandi e consolidate, si trovano costrette a cambiare
pelle rapidamente o finiscono per essere travolte.
Le innovazioni si susseguono a ritmi esponenziali,
mentre i prodotti fisici sono sempre più arricchiti
e sostituiti dal digitale, tanto che si dice che ogni
business è, o è in procinto di diventare, un business digitale.
Il cambiamento, in atto a livello internazionale, è
ormai evidente anche nella realtà quotidiana delle nostre imprese. Malgrado ciò, il nostro Paese
continua a mostrare disattenzione agli investimenti tecnologici: la tanto attesa Agenda Digitale stenta a decollare e la stagnazione della domanda ICT delle imprese italiane purtroppo non è
ancora finita.
Fa piacere constatare che, malgrado le barriere,
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sono ancora tante le imprese italiane che riescono - sorprendentemente - non solo a sopravvivere ma anche a essere leader a livello mondiale e a
interpretare il digitale in modo innovativo, grazie
soprattutto alle tante persone di valore che agiscono con convinzione come promotori dell’innovazione all’interno delle organizzazioni in cui
operano.
L’andamento dei budget ICT
La nuova ricerca della Digital Innovation Academy della School of Management del Politecnico di Milano sui budget ICT delle aziende italiane
medio-grandi mostra che l’inversione di tendenza
prevista (e soprattutto sperata) non c’è stata. Le
stime effettuate alla fine del 2013 prevedevano
infatti una sostanziale invarianza dei budget,
cosa che faceva sperare nella fine della lunga fase
di flessione.
c ov e r s t o ry | Fa re di p iù c o n me n o . L a sf ida p e r CIO , ma n ag e r e v e n d or
di
alessandra luksch
school of management
politecnico di milano
In realtà, continua il processo di profonda razionalizzazione interna e taglio di investimenti:
il rapporto tra budget ICT e fatturato nel 2014 è
sceso al 2,1%, con un’ulteriore flessione rispetto
al 2,5% rilevato lo scorso anno.
Anche per il 2015, i CIO prevedono un ulteriore
calo dei budget, pari all’1,47%, dato in netta controtendenza rispetto alle stime internazionali che
prevedono budget in crescita: la valutazione di
Gartner del rapporto medio tra budget IT e fatturato a livello worldwide è del 3,5%, notevolmente
superiore, dunque al dato italiano.
Il 2015 si presenta dunque come un altro anno
impegnativo in cui, a fronte di risorse sempre più
limitate, Chief Information Officer, Line of Business e fornitori saranno chiamati a collaborare
per sviluppare innovazioni veloci ed efficienti che
consentano alle aziende italiane di non perdere le
sfide che la digitalizzazione pone a livello internazionale.
Si registra, in particolare, una flessione tra le
aziende di medio-grandi e grandi dimensioni, per
effetto di forte riduzione dei budget di alcune
grandissime imprese nazionali. Ci sono ovviamente differenze importanti dal punto di vista
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La Digital Innovation Academy
Giunta alla sua settima edizione, la Digital Innovation
Academy è un’iniziativa promossa della School of
Management del Politecnico di Milano, un punto di
riferimento in Italia per i decisori aziendali che intendono
accrescere la sensibilità e la consapevolezza del ruolo delle
tecnologie e dell’innovazione digitali per la competitività
delle proprie imprese. Attraverso un calendario annuale
di incontri e momenti conviviali di networking, la
partecipazione all’Academy consente un costante contatto
diretto con la più prestigiosa community di CIO ed
Executive in Italia, per un confronto sui progetti di digital
innovation delle principali imprese e della Pubblica
Amministrazione. Il calendario dei workshop affronta
un ampio spettro di contenuti, con ospiti importanti e la
partecipazione di numerose aziende, in un consesso che
coinvolge i principali player operanti in Italia.
La partecipazione all’Academy consente inoltre di fruire
e avere visibilità dei principali risultati delle ricerche
nell’ambito Digital Innovation del Politecnico di Milano.
L’Academy, in collaborazione con Cefriel e con il patrocino
di ASSI, Aused, CDTI, CIO AICA Forum, ClubTI e
ForumPA, ha ad oggi prodotto 53 Workshop riservati, 13
Report e 7 Convegni aperti, oltre 1.650 ore di formazione,
lavorando con oltre 1.800 tra CIO ed Executive. Nel 2014
i suoi sostenitori sono stati Accenture, Automic, Avanade,
Dedagroup, EMC, Exprivia, IBM, Huawei, Modomodo,
NetApp, Nolan, Norton Italia, VMware
Il programma del 2015 prevede:
• Workshop a invito, riservati al confronto tra i
protagonisti dell’Innovazione Digitale, con un
calendario di 8 appuntamenti
• Formazione avanzata con un Percorso Executive e oltre
20 moduli tematici
• Ricerche sui principali trend negli investimenti e
nell’organizzazione dell’ICT e diffusione dei relativi
Report di Ricerca
• Convegno di fine anno plenario aperto
Per informazioni:
[email protected] - www.osservatori.net
trazioni e che resta però fanalino di coda, sia nel
confronto con gli altri settori italiani, sia in relazione al panorama internazionale.
Stupisce come, in un panorama tanto sconfortante di carenza di risorse, un CIO su tre ritenga
che il budget ICT a propria disposizione sia adeguato rispetto alle richieste delle Linee di Business. Si può leggere questa come una crescente
capacità e abitudine a fare di più con meno, o più
Le priorità di investimento ICT nel 2015 per le imprese italiane
55%
53%
Big Data e Analytics
Dematerializzazione
Sistemi ERP
Device Mobili e Mobile Apps
Consolidamento applicativo
Sistemi CRM
Mobile Marketing e CRM
Cloud pubblico e privato
Data Center
Storage e virtualizzazione
Mobile e eCommerce
Collaboration
Compliance e Risk Management
Cyber Security
Progetti commerciali web social
Smart Working
Internet of Things
Smart Manufacturing
48%
38%
30%
30%
25%
25%
20%
18%
16%
16%
11%
10%
9%
7%
5%
3%
0%
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Panel 158 rispondenti, survey cio 2014
Fonte: Politecnico di Milano
settoriale. Nel dettaglio, i settori Media-Telco e
Finance prevedono per il 2015 una leggera diminuzione del budget, rispettivamente dello 0,1% e
dello 0,2%, ed è ancora più decisa la diminuzione
nei settori PA-Sanità (-2,2%), Servizi (-2,9%) e
Utility&Energy (-4,4%).
Risulta invece finalmente in crescita la stima
relativa ai budget nel settore industria (+3,2%),
settore che aveva visto in passato pesanti con-
10%
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20%
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50%
60%
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Dove si concentrano
gli investimenti
Le principali aree di investimento sono perlopiù invariate rispetto a quelle degli scorsi anni:
Big Data, ERP e Mobile continuano a guidare la
classifica. Si inserisce tra le top priorities la Dematerializzazione, che sale in classifica di diverse
posizioni, spinta anche dall’obbligo normativo,
entrato in vigore lo scorso giugno, della Fatturazione Elettronica verso la Pubblica Amministrazione.
In dettaglio, Big Data e Analytics sono prioritari per il 55% delle imprese, con punte del 69%
per il settore Utility&Energy. Come accennato, la
seconda priorità, con il 53% di risposte, è la Di-
gitalizzazione e Dematerializzazione, particolarmente sentita nel settore Finance e in quello della
Pubblica Amministrazione e Sanità.
La terza priorità, evidenziata dal 48% di rispondenti, risulta quella dei sistemi gestionali ERP che,
oltre a diffondersi, si arricchiscono sempre più di
funzionalità social e accesso mobile. Quarta priorità i Device mobili e le Mobile App per il Business.
Le sfide organizzative
Un altro tema di grande rilevanza riguarda la
trasformazione organizzativa delle Direzioni ICT,
che in questi anni hanno cambiato pelle. La grande sfida è quella di gestire i processi di innovazione digitale, più che i sistemi ICT come avveniva
in passato, e di conseguenza le competenze di
progetto e gestionali assumono un ruolo sempre
più importante.
Ancora una volta, infatti, la grande priorità dei
CIO per quanto riguarda le sfide organizzative è
la Gestione dell’Innovazione, in termini di ruoli e
processi, con una percentuale di preferenze che
arriva al 49%, seguita dal Demand Management
(34%) e dalle soluzioni Mobile (33%).
Infine una peculiarità interessante emersa per
la prima volta nella survey di quest’anno è la presenza femminile all’interno delle Direzioni ICT. A
fronte di una media europea del 30%, tuttavia,
il dato italiano emerso dall’indagine è di appena
il 18%. Nel nostro Paese le figure femminili per
adesso ricoprono prevalentemente ruoli manageriali nelle attività di presidio dei clienti e nella
gestione dei fornitori.
il Trend dei budget ICT 2015 per dimensione aziendale
Panel 156 rispondenti, survey cio 2014
Media
-1,47%
Medio-Grandi
-1%
Nota: Si considerano medio-grandi le aziende con
numero di dipendenti compreso tra 100 e 1000.
Sono invece grandi imprese quelle con un numero
di dipendenti superiore a 1000
Fonte: Politecnico di Milano
probabilmente come un segnale di rassegnazione
o di mancanza di visione dell’urgenza e delle opportunità dell’innovazione digitale da parte delle
Line e dei CIO stessi.
La survey mostra, poi, un costante trend verso l’esternalizzazione: a fronte della diminuzione
del budget complessivo, si prevede infatti che il
budget in outsourcing resterà sostanzialmente
stabile. Cresce in particolare il ricorso a soluzioni Cloud e as-a-Service, mentre restano stabili i
contratti Chiavi in Mano e diminuisce percentualmente la quantità di budget dedicata a contratti
Time&Material.
Le imprese sembrano dunque privilegiare ambiti di investimento che diano ritorni veloci ed
evidenti al business, contribuendo così all’autofinanziamento dell’innovazione.
Diminuzione
oltre il 10%
Grandi
-1,5%
Diminuzione
fino al 10%
48%
Invarianza
Aumento
fino al 10%
Aumento
oltre il 10%
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10%
5%
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Per Bracco Imaging
il 2015 è l’anno del Cloud
Andrea Provini
Global Chief
Information Officer
Bracco Imaging
Bracco è un Gruppo integrato
multinazionale che opera nel
settore della salute con oltre
3.200 dipendenti e un fatturato
consolidato di oltre 1,1 miliardi di
euro, di cui circa il 75% sui mercati esteri.
«Per noi il 2015 sarà l’anno
del Cloud - dice Andrea Provini, Global Chief Information
Officer di Bracco Imaging -. Ci
stiamo da tempo preparando
alla virtualizzazione dei Data
Center alla ricerca di livelli di
resilienza e di security sempre
più significativi. Negli ultimi anni
abbiamo predisposto un’acquisizione di servizi esterni o interni
ma in ambiente virtuale, per cui
disponiamo attualmente di un
portafoglio applicativo su di una
infrastruttura pronta per essere portata in ambienti Cloud
ibridi». Tra le altre priorità “tecnologiche” di Bracco per il prossimo triennio, che troveranno
il loro spazio anche nel budget
di quest’anno, figura anche la
Mobility, intesa non solo come
evoluzione dell’hardware, ossia
come passaggio da PC a tablet,
ma anche come nuova filosofia
di approccio al lavoro in mobilità fino ad arrivare a concetti di
Smart Working e all’adozione
del BYOD. In generale grande
importanza avrà l’abilitazione
dei lavoratori alla connessione
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continua. E in questo contesto
la Security assumerà un ruolo
chiave: proprio per tale motivo
molte decisioni in questo ambito non saranno procrastinabili e
si evidenzierà la sempre maggior
necessità di ruoli e responsabilità dedicati.
«Infine, come priorità organizzativa abbiamo quella di
consolidare la governance centrale dei competence center e
di trasformare le competenze,
oggi eccessivamente technology driven, in competenze di
tipo business. Le persone dell’IT
di Bracco abiteranno ovunque
e risulteranno sempre meno
legate al territorio e sempre più
vicine alla governance globale.
Affinché questa evoluzione sia
di successo - conclude il manager - il business deve evolvere
coerentemente. La grande responsabilità dell’IT nei prossimi
anni è proprio quella di agire
proattivamente da facilitatore e
da esempio positivo e di successo e di aiutare il business in una
coerente trasformazione».
Heineken, una nuova organizzazione
per gestire le relazioni con il business
Con 130 stabilimenti e 57.000
persone, Heineken è il terzo
produttore di birra mondiale.
Nel 2014 la Direzione ICT di
Heineken ha registrato notevoli
cambiamenti a livello organizzativo e, di conseguenza, anche a livello di management e
culturale. Dall’1 settembre dello
scorso anno, infatti, la direzione IT dell’Europa Occidentale è
stata unificata a quella CentroOrientale, e l’IT Director Europe
è passato a controllare da 10 a
24 Paesi, rendendo così necessaria la semplificazione anche a
livello di Operating Company.
Anche Heineken Italia è stata coinvolta con l’avvio di un
progetto di integrazione con
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il team IT della Svizzera, che
passa sotto il controllo di Mara
Maffei, l’ICT Manager italiana.
Inoltre è stato implementato
l’Integrated Portfolio Management per tutti i progetti che richiedono investimenti in servizi
e soluzioni IT.
In questo contesto, in Italia
il team guidato dalla manager
ha abbracciato l’approccio del
Business Engagement, che ha
visto cambiare la gestione della
domanda e delle relazioni con
le funzioni di business, dalla
mera risposta alle esigenze di
queste ultime, a una significativa proattività. «L’unità IT
Customer Service è stata riallocata all’interno della funzio-
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la sfida dell’IT di Danieli
è l’internazionalizzazione
Alexander Stewart
Executive Vice President Information
& Communication Technology, Danieli
Danieli è una multinazionale
italiana con sede a Buttrio,
in provincia di Udine, leader
mondiale nella produzione di
impianti siderurgici, con filiali
in Svizzera, Cina, Stati Uniti
e Thailandia e oltre 12.000
dipendenti, di cui un terzo in
Italia. Il supporto all’internazionalizzazione è proprio uno
degli obiettivi 2015 della Direzione IT guidata da Alexander
ne IT di Business Engagement
ed è ora diventata un servizio
che non solo gestisce il primo
contatto con i clienti interni,
ma delinea in base alle richieste
ricevute anche le esigenze di
formazione interna», racconta
l’ICT Manager. Alla Direzione
ICT afferisce anche la factory
applicativa, che si occupa della manutenzione ordinaria dei
sistemi: al suo interno viene
gestito il Project Management,
che è attualmente esteso alle
Line of Business attraverso un
apposito corso di formazione.
«Dentro l’azienda abbiamo
avviato l’erogazione di diversi momenti di training con un
calendario prefissato, alcuni
su temi di interesse generale,
altri dettati dalle lacune di conoscenza dovute alla job rotation, altri ancora su strumenti
utilizzati per esempio solo per
un determinato progetto e che
potrebbe invece essere utile
conoscere per il lavoro quotidiano», conclude Maffei.
Stewart. Dal 2006 a oggi, infatti, l’azienda ha raddoppiato
le proprie dimensioni, cogliendo l’opportunità di aprire nuovi mercati.
«Danieli mira ora ad adottare
un approccio corporate, e ovviamente l’IT condivide e sostiene questa mission», spiega
il manager, che aggiunge: «Si
tratta di un obiettivo organizzativo ma anche strategico:
nell’area IT è importante ricondurre le unità locali verso
Mara Maffei
ICT Manager
Heineken Italia
un unicum globale secondo
lo spirito del Gruppo. La Direzione IT ha un punto di vista
privilegiato avendo visibilità
su tutti i processi aziendali
e potendo implementare le
soluzioni facilmente nelle 30
geografie del Gruppo».
Numerose sono le priorità
di innovazione tecnologiche
di Danieli nel 2015, «dai Big
Data alle soluzioni Cloud, che
saranno investigate in un’ottica di acquisizione di maggior
sicurezza dei sistemi», commenta Stewart, sottolineando
quest’ultimo tema come decisivo per la scelta del Cloud in
azienda.
«Per quanto riguarda l’innovazione in azienda», conclude l’Executive Vice President
Information & Communication Technology di Danieli,
«punteremo moltissimo sugli
strumenti di Communication
& Collaboration, che sono
fondamentali in un’azienda
internazionale come la nostra.
Da un lato essi aumentano
efficienza e scalabilità, dall’altro sono fondamentali nella
gestione della relazione con
il cliente nel seguire lo sviluppo delle commesse, nella
formazione, nell’avanzamento
lavori. Inoltre, lo Smart Manufacturing è un ambito per noi
fondamentale: tra le novità,
abbiamo ad esempio introdotto droni per la visione aerea
degli impianti in sviluppo».
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cover story | Fare d i pi ù con m e no. L a s f i da pe r CIO , ma n ag e r e v e n do r
Regione Lombardia già pronta per la Fattura
Elettronica. Focus sulla condivisione di dati
Dopo aver completato un
importante progetto per la
realizzazione di un sito di
Disaster Recovery, Regione
Lombardia sta ora focalizzando i propri sforzi su alcuni
ambiti specifici, primi tra tutti
quello della virtualizzazione
e dei servizi di Private Cloud,
mentre prosegue lo sforzo per
implementare il nuovo sistema
ERP integrato per la gestione
di tutti i processi regionali. Lo
spiega Antonio Samaritani,
Direttore Sistemi Informativi
e ICT e vicario della Direzione
Centrale che si occupa anche
di Organizzazione e Personale
di Regione Lombardia.
Sul fronte esterno, per la
definizione dei servizi a cittadini e imprese, grande importanza riveste la Business
Intelligence. «Un ambito su
cui stiamo investendo molto
è proprio quello della condivisione delle basi di dati, sia
per la progettazione di nuovi
servizi al cittadino sia per il
disegno delle politiche della
Regione», spiega il manager,
che continua: «Abbiamo reso
gli Open Data consultabili ed
elaborabili su di una apposita piattaforma, e abbiamo
pubblicato oltre 250 dataset.
La condivisione dei dati e
del patrimonio informativo è
fondamentale non solo per la
lettura dei fenomeni interni,
ma anche per promuovere il
territorio».
Sempre sul fronte della
condivisione di dati e servizi, Regione Lombardia sta
proseguendo il lavoro di arricchimento dell’ecosistema
digitale E015, nato per Expo,
che attraverso condivisione e
interoperabilità di web services, permette di creare nuovi
servizi soprattutto in ambito
turistico-culturale e di infomobilità.
«Infine stiamo lavorando
all’implementazione
dell’Agenda Digitale, in alcuni casi
anticipando le scadenze nazio-
Antonio Samaritani
Direttore Sistemi Informativi e ICT,
Regione Lombardia
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nali; per esempio, abbiamo già
implementato la Fatturazione
Elettronica, nonostante l’obbligo per la PA locale non sia
ancora entrato in vigore, e stimoliamo l’adesione volontaria
dei nostri fornitori garantendo in cambio la riduzione dei
termini di pagamento. Oggi
paghiamo in media a 67 giorni
e promettiamo ai fornitori che
accettano la fatturazione elettronica – dopo un periodo di
assestamento – di raggiungere i 30 giorni», conclude Antonio Samaritani.
Sapio, un CRM e un portale
per le relazioni con i clienti
Sapio è un gruppo italiano che
ha 92 anni. Nasce nell’ambito dei gas tecnici industriali e
nell’ultimo decennio si è evoluto
nell’ambito healthcare, in particolare nell’assistenza domiciliare. È presente in Italia con 50
stabilimenti e 1.500 dipendenti
e ha filiali in Germania, Francia,
Turchia e Slovenia. Il fatturato
nel 2013 è stato di 457 milioni di
euro, 55% nell’Industria e 45%
nella Sanità.
Il tipo di attività fa sì che oggi
la Mobility sia una delle priorità
per l’azienda: «Il 50% dei di-
pendenti della parte industriale
è itinerante, fra tecnici e commerciali. Nel mondo sanitario
l’esigenza è ancora più sentita:
siamo leader dell’assistenza domiciliare con circa 1.000 professionisti sul territorio, che stiamo
dotando di tablet. Inoltre abbiamo in progetto di dare in dotazione ai nostri clienti un device
di nostra proprietà, con preinstallata un’applicazione specifica», spiega Riccardo Salierno, il
Direttore Sistemi Informativi di
Sapio.
Tra i progetti più rilevanti per
c ov e r s t o ry | Fa re di p iù c o n me n o . L a sf ida p e r CIO , ma n ag e r e v e n dor
GNV, analisi profonda dei
dati su merci e passeggeri
Grandi Navi Veloci è una società
di trasporto marittimo, ha una
flotta di 10 cruise ferry, opera
nel bacino del Mediterraneo e
collega Sicilia, Sardegna e il Nord
Africa con l’Europa. L’hub port
è Genova.
«In questo momento stiamo lavorando tantissimo sugli
analytics, con l’obiettivo di realizzare una profilazione profonda dei nostri clienti e del traffico
e migliorare i nostri strumenti
di revenue management. Nelle
navi abbiamo una risorsa contesa, che è il garage, che definisce
il limite dei volumi di merci da
trasportare e che il prezzo da
fare per il trasporto. E poi una
stagionalità di turismo, legata
alle festività, che portano volumi
di passeggeri elevati: la possibilità di dare agli analisti in tempo
reale degli strumenti di business
Paolo Beatini
CIO, Grandi Navi Veloci
Riccardo Salierno
Direttore Sistemi Informativi
Sapio
quest’anno c’è l’introduzione di
un sistema di CRM nell’ambito
del contact center nazionale,
che gestisce tutti i clienti, che
sarà portato poi in mobilità. Il
progetto è partito alla fine del
2014 ed è ora nella fase embrionale.
«Sarà uno strumento fondamentale per la forza commerciale, che potrà avere in ogni
momento non solo la classica
scheda cliente aggiornata in
tempo reale, ma anche informazioni come i ticket aperti
dal cliente, le richieste d’informazioni e quant’altro. Metterà davvero al centro il cliente,
e consentirà di capire i suoi
comportamenti. Il commerciale
potrà inserire informazioni sul
mercato e sulle sue esigenze,
ma banalmente anche dati di
carattere anagrafico. E inserire
gli ordini». Il passo successivo
sarà quello di creare, sulla stessa piattaforma, un portale che
permetta ai clienti, in modalità
self service, di fare online una
serie di operazioni. «È una cosa
che può sembrare banale, perché siamo tutti abituati a usare
questi portali, ad esempio nella
relazione con le utility, ma nel
mondo in cui operiamo noi è
ancora un po’ una chimera».
Questo progetto rappresenta
per Sapio la priorità del 2015, ma
si andrà ad aggiungere all’obiettivo costante di migliorare l’efficienza che, come dice Riccardo
Salierno, «è sempre all’ordine
del giorno».
analysis veloci, profondi, performanti, è fondamentale per il
risultato dell’azienda», spiega il
CIO della società Paolo Beatini.
L’altro aspetto che GNV sta
valutando è il Cloud. «Abbiamo
già una parte di attività che
sono in Cloud, ma a marzo cambieremo il sito del Data Center e
ne approfittiamo per ottimizzare le applicazioni».
Terzo aspetto, importantissimo, è il tema di come l’avvento del digitale sta andando
a impattare sulla Direzione
ICT. «Vedo spinte che arrivano
dall’esterno dei sistemi informativi, ma che devono essere
gestite. Il nostro compito è garantire la stabilità, la gestione di
dati, insomma quegli aspetti poi
necessari per il corretto andamento dell’azienda».
Secondo il manager ci sono
due fasce nel digitale: una alta,
che subirà le spinte consumer,
con soluzioni specifiche che entreranno in azienda, ad esempio
nell’area marketing dell’azienda,
e una in basso, che è la base dei
sistemi informativi, ritenuta una
commodity ormai dall’azienda.
Queste devono essere correttamente allineate. «Gestire
la parte centrale dell’infrastruttura per me è uno degli obiettivi
primari per i prossimi due anni»,
conclude Beatini.
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Approccio ‘multimodale’ dell’IT
e disruption organizzativa per il 2015
di Telecom Italia Information Technology
Telecom Italia Information
Technology è la società che,
da oltre due anni, contribuisce alla creazione del valore
per Telecom Italia presidiando
l’Informatica del Gruppo in
tutte le sue componenti: di
processo, organizzative e professionali.
Da novembre 2012 Gianluca Pancaccini, oltre ad essere
Chief Information Officer di
Telecom Italia, è anche Presidente e Amministratore Delegato di Telecom Italia Information Technology, azienda di
circa 3.500 professionisti ICT.
Telecom Italia Information
Technology si relaziona con
Telecom Italia attraverso contratti e SLA. Inoltre l’organizzazione dell’Azienda prevede
una struttura - unica di interfaccia verso le esigenze del
mondo del business di Telecom Italia.
«Demand & Service Management - così si chiama la
struttura, costituisce lo snodo
centrale per assicurare la migliore pianificazione e gestione della domanda verso l’IT.
Rende, in definitiva, compatibili il rispetto dei tempi, la
stima della capacità produttiva impegnata e la conduzione
delle varie iniziative progettuali richieste. È in casa Demand & Service Management,
con i responsabili di commessa, che prende corpo una prima progettazione che tiene
conto degli standard qualitativi, di costo e di tempi concordati con il business. Operano
inoltre in Telecom Italia Information Technology, a stretto
contatto con i responsabili
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di commessa per assicurare
un’efficace realizzazione delle
esigenze espresse, i capi delivery della factory. Infine, i Service Manager gestiscono l’assurance dei servizi di business
verso le funzioni commerciali»,
spiega il manager.
Efficienza,
innovazione
tecnologica,
sicurezza
Il 2015 vedrà l’impegno di
Telecom Italia Information
Technology focalizzato su tre
pilastri principali.
La prima è la diminuzione
del costo del running e la revisione costante dei processi
ICT, con l’obiettivo di migliorare l’efficienza, sia nell’acquisto
software, che nella manutenzione hardware che nell’erogazione dei servizi. «L’impegno è di portare questa spesa
sotto il 50% della spesa totale
IT per liberare risorse economiche che consentano di affrontare in maniera più decisa
l’innovazione dei sistemi verso
una Digital Telco».
La seconda priorità è la costante innovazione tecnologica: TI IT ha in progetto l’evoluzione nell’uso delle soluzioni
Cloud (sia infrastrutturali che
software) e dei Big Data con
l’obiettivo di fornire nuovi servizi sia alle funzioni commerciali che alle operations, potenziando gli investimenti per
le iniziative in ambito digital
security e gestione dei cyber
threat.
Oltre a questo, «abbiamo
già avviato un progetto di revisione di tutti i BSS (Business
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Gianluca Pancaccini
Chief Information Officer di Telecom Italia
e Presidente e Amministratore Delegato
Telecom Italia Information Technology
Support Systems) per il mercato mass-market, inclusa una
parte di front-end completamente rinnovata, per allinearci al paradigma della Digital
Telco». Si tratta dei sistemi
utilizzati per gestire le relazioni
commerciali con i clienti.
È qui che entra in gioco il
ruolo ‘multimodale’ dell’IT: «Si
tratta infatti non di distinguere semplicemente tra ‘parte
solida’ dell’IT per lo sviluppo e
la gestione dei sistemi “legacy”
e la ‘parte fluida’ per l’innovazione, ma di declinare il proprio approccio a seconda che
si parli di gestione di sistemi
maturi, di sistemi che consentono di mantenere un vantaggio competitivo e di sistemi
che abilitano nuovi scenari di
business».
Infine, attraverso il modello
organizzativo e l’education,
Gianluca Pancaccini mira a
introdurre in azienda elementi
di digital disruption.
Porte aperte ai
giovani: «torniamo
ad assumere»
«Negli ultimi due anni abbiamo internalizzato attività
per oltre 500 persone, raggiungendo così un livello di
efficienza migliore. L’obiettivo
nel 2015 è non solo di continuare ad investire sulla cultura
digitale dei nostri professionisti e sulla conseguente manutenzione dei mestieri core ma,
in particolare, di tornare decisamente ad assumere soprattutto giovani. Ciò consentirà
di acquisire nuove competenze ed energie, dando così il via
a un meccanismo naturale di
turnover delle persone», conclude il manager.
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Gestire la Mobility
garantendo
la sicurezza
Smartphone e tablet hanno trasformato
i processi aziendali e creato nuovi canali
di relazione con i clienti. Si aprono notevoli
opportunità per il business, ma è forte
l’esigenza di gestire i device e proteggere
le informazioni. Ghidini: «Offriamo
alle aziende sicurezza end-to-end»
Diego ghidini
Director Business Sales
BlackBerry
La Mobility è una delle priorità nell’agenda di tutti i
CIO, per i vantaggi che può portare al business ma
anche per i rischi connessi. Si stima che in Italia oggi
ci siano oltre 13 milioni di lavoratori, circa il 56% del
totale, che svolgono parte delle loro attività, o tutte,
al di fuori del posto di lavoro. Un dato che rende l’idea
dell’impatto che la Mobility ha avuto nel business in
questi ultimi anni, come conseguenza della consumerizzazione dei device, del proliferare delle App e della
diffusione, anche a livello aziendale, degli Application
store.
Il cambiamento che questi fenomeni hanno portato in azienda è stato rapidissimo e va necessariamente gestito. Una delle cose più sorprendenti quando si
parla di Mobility, infatti, è la pervasività del fenomeno: non esiste singola attività della catena del valore
di un’impresa, qualunque sia il settore in cui opera,
che non sia impattata in modo massiccio, e che non
sia dunque potenzialmente reingegnerizzabile, attraverso la Mobility. In altre parole, non esistono attività
o settori che non possano trarne benefici.
Le implicazioni per la direzione ICT e per i CIO sono
evidenti: si aprono nuove opportunità di creazione di
valore per il business, attraverso la revisione dei processi e l’apertura di nuovi canali di interazione con i
consumatori.
Ed è proprio questo il focus di BlackBerry, nome
storico nel mercato della Mobility per il Business che
ha il merito di avere di fatto portato la mail in mobilità. Oggi la società ha cambiato pelle, focalizzandosi
sull’offerta di soluzioni e servizi per le aziende, e in
particolare sulla large enterprise. Passaggio fondamentale, in questo, è stata l’apertura della piattaforma BES (BlackBerry Enterprise Server), la soluzione di
Enterprise Mobility Management che è ora in grado
di gestire i device mobili, smartphone e tablet, anche
di altri fornitori.
«È ormai un dato di fatto, nelle aziende esistono
sia i BlackBerry che i dispositivi di altre aziende - dice
Diego Ghidini, Director Business Sales di BlackBerry
in Italia -. La sicurezza della soluzione, l’infrastruttura
mondiale e l’esperienza nella gestione dei sistemi Mobile sono oggi i pilastri della nostra offerta di Mobility
Management. I clienti ci considerano una delle aziende più affidabili, in grado di proteggere i loro dati da
accessi non autorizzati». Non a caso, sono tanti gli
enti governativi che utilizzano la soluzione BlackBerry,
che ha ottenuto più di 70 certificazioni di sicurezza,
inclusa quella per il governo statunitense. BES 12
consente di gestire policy di sicurezza differenziate,
dando ai gruppi di lavoro accessi diversi in base al loro
ruolo e tipo di attività.
«Continuiamo anche a produrre terminali - sottolinea Ghidini - per un semplice motivo: oggi siamo gli
unici che possono offrire la sicurezza end-to-end anche dei dati in transito, e quindi offrire una soluzione
completamente chiusa: l’unico modo per la direzione
ICT di avere il controllo del dispositivo al 100% è quello
di gestire sia l’hardware sia il sistema operativo e nessuno riesce a farlo oltre a BlackBerry».
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Efficienza e innovazione:
le due facce dell’ICT
nell’era della
Application economy
michele lamartina
Country manager
ca technologies
Nuovi modelli di business, basati sulla
user experience e supportati dal software,
si stanno affermando, e molte aziende
realizzano di dover trasformare i processi di
business e IT, e ammodernare infrastrutture
e parco applicativo. «La risposta si basa
su governance, monitoraggio, DevOps, e
Identity e Access Management»
Sono due le tendenze che secondo Michele Lamartina, Country Leader di CA Technologies Italia, costituiscono oggi le prime priorità dei responsabili ICT. «Uno
è il fenomeno dirompente dell’Application Economy,
un nuovo modo di fare business dove la forza dei
brand non è più legata solo all’offerta di prodotti e
servizi, ma soprattutto alla user experience che nasce
dall’interazione tra azienda e cliente su diversi canali,
tra cui web e mobile sono in grande ascesa: un’interazione in gran parte veicolata da software».
L’affermarsi di questo modello è sempre più evidente, e molte aziende stanno realizzando che devono trasformare i processi interni, sia di IT che di
business, e ammodernare infrastrutture e parco applicativo. Il secondo fattore è il contesto economico,
con una competizione sempre più forte e budget in
continua contrazione. E in questo scenario, continua
Lamartina, c’è una crescente consapevolezza che i
due temi principali dell’ICT aziendale, quello dell’efficientamento e razionalizzazione e quello dell’innovazione, sono strettamente correlati, e al punto in cui
siamo per essere competitivi non si può rinunciare né
all’uno né all’altro.
«In termini di razionalizzazione, per i processi di business, e in particolare per quelli IT, noi proponiamo
strumenti di governance che tracciano in tempo reale
tutte le fasi e lo stato d’avanzamento. Mentre per le
infrastrutture ICT proponiamo soluzioni di monitoraggio per ottimizzare l’utilizzo».
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Ma l’aspetto principale è l’efficientamento del parco applicativo, perché l’Application Economy, come
abbiamo visto, si basa sul software. «I dipartimenti
aziendali di sviluppo software sono sotto pressione,
perché devono efficientare e ammodernare lo sviluppo e la gestione del software, distribuendolo poi sui
vari canali, senza trascurare la sicurezza. Noi stiamo
investendo molto in quest’ambito e proponiamo
strumenti per affrontare tutte queste sfide, basati
sulle metodologie DevOps, e su soluzioni di gestione
dell’identità e degli accessi alle applicazioni per quanto riguarda la sicurezza». Un campo, quest’ultimo, su
cui in Italia CA sta collaborando in importanti iniziative
nella gestione delle identità digitali.
Proprio la sicurezza, conclude Lamartina, è uno degli ambiti in cui la filiale italiana si distingue all’interno
di CA Technologies per il numero e per la qualità dei
progetti, insieme all’ambito dei progetti di governance nella pubblica amministrazione.
«In generale rileviamo che anche qui in Italia le organizzazioni utenti stanno realizzando che bisogna
innovare. È un processo più lento rispetto agli altri
Paesi, però ci si sta arrivando: anche in Italia ci sono
delle eccellenze, e da parte di alcune realtà pubbliche
e private c’è una grande spinta verso l’innovazione,
pur in un quadro in cui ci sono molti altri che invece
non hanno ancora realizzato a pieno la necessità di
seguire i cambiamenti in corso, o non hanno ancora
gli strumenti per farlo».
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Recruiting e talent
management, un ruolo
chiave per affrontare
il cambiamento
Le organizzazioni hanno oggi bisogno
di individuare, reclutare e fidelizzare
le persone migliori sulle quali
puntare per garantire lo sviluppo
dell’organizzazione nel tempo.
Le tecnologie digitali sono sempre più
a supporto degli HR manager
Franco Gementi
Regional Sales Manager per l’Italia
Cornerstone OnDemand
Studi recenti rivelano che la generazione Y, quella dei
giovani nati dopo il 1977, conterà per il 36% della forza
lavoro nel 2014 e raggiungerà il 75% entro il 2025. Entrano nel mondo del lavoro con un bagaglio culturale
e personale diverso da quello dei colleghi più anziani:
sono nativi digitali, flessibili, hanno ritmi di vita diversi
e tendono sempre più a unire lavoro e vita privata. Con
le loro nuove motivazioni possono rappresentare un
fattore di crescita per le aziende.
La generazione dei Millenial è nota inoltre per lasciare il posto di lavoro dopo poco tempo (il 60% cambia
lavoro dopo meno di 3 anni). Per fidelizzare i dipendenti, in particolare i giovani, è fondamentale che le
aziende forniscano loro supporto costante e offrano
proposte per la valorizzazione individuale e la crescita
professionale, feedback sulle performance e riconoscimenti. Da non sottovalutare, inoltre, soprattutto
nella fase di onboarding, la comunicazione con i nuovi
dipendenti. L’orientamento permette alle persone di
avere un quadro completo della filosofia, missione, valori e obiettivi di un’azienda e chiarisce fin dall’inizio il
ruolo del singolo all’inteno dello schema.
«L’utilizzo di una soluzione tecnologica per gli HR
è certamente uno degli elementi più importanti della gestione dei talenti nelle organizzazioni - afferma
Franco Gementi, Regional Sales Manager per l’Italia
di Cornerstone OnDemand, che realizza software e
servizi utilizzati da oltre 16,6 milioni di utenti in oltre
1.900 organizzazioni -. La tecnologia supporta il livello
di engagement delle persone, facendole sentire parte
integrante di una comunità e, di conseguenza, incentivando le performance e i risultati, aiuta i collaboratori
nel loro processo di formazione e social learning e aumenta il livello di comunicazione grazie alla condivisione di informazioni».
Cornerstone OnDemand offre una soluzione per la
gestione dei talenti completamente in Cloud, rapida e
funzionale: risponde al ‘qui e ora’ in una visione strategica. «Il nostro approccio è quello di una roadmap
di sviluppo per rispondere alle esigenze degli HR, sia
a breve sia a lungo termine - continua il manager -.
Ad esempio, avviamo delle survey attraverso le quali
riceviamo le proposte dei nostri clienti poi analizzate
e implementate dai nostri analisti con il rilascio
trimestrale di aggiornamenti alle funzionalità». La piattaforma è fruibile in mobile e integrata perfettamente con i social network,
in particolare Facebook e LinkedIn.
Cornerstone offre software e servizi dedicati ad aziende di tutte le dimensioni. Tra i principali clienti, Starwood Hotels & Resorts, The Neiman
Marcus Group, Save the Children, Turner Broadcasting
System, Virgin Media, Pandora Jewellery, BNL/BNP
Gruppo Paribas.
Anche l’Italia sta mostrando un trend di crescita importante: sono diverse le aziende che hanno già deciso
- a nemmeno un anno dall’inizio delle operazioni - di
adottare le soluzioni di Cornerstone OnDemand. Nello
specifico, si tratta di medie e grandi imprese in ambito
finanziario, manifatturiero e farmaceutico.
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La complessità
è la sfida più urgente
dei manager
Luisa Arienti
Per portare avanti progetti di innovazione
e abilitare nuovi processi, oggi è prioritario
semplificare l’IT. «Significa fare in modo
semplice cose molto sofisticate, proprio
quelle di cui le imprese hanno bisogno
per sopravvivere e abilitare nuovi processi,
che in passato non erano possibili».
Amministratore Delegato
Sap Italia
Gli analisti di tutto il mondo concordano: la sfida principale per gli Executive è oggi la gestione della complessità del business, che continua ad aumentare. E
un business complesso da gestire è anche costoso,
farraginoso e incerto: difficile in queste condizioni
portare avanti progetti di innovazione. Ma il digitale può essere di grande aiuto. È per questo che SAP
ha orientato la propria strategia nella direzione della
semplificazione.
«Molti CEO ci hanno evidenziato che il loro scenario IT e applicativo rappresenta un freno per indirizzare le esigenze del business - afferma Luisa Arienti AD
in Italia di SAP. Come aiutarli a liberare risorse immobilizzate nella pura gestione e manutenzione dei sistemi attuali, che secondo Forrester sono pari al 72%
del budget? È la nostra sfida, che noi chiamiamo“Run
Simple”. Significa fare in modo semplice cose molto
sofisticate, proprio quelle di cui le imprese hanno bisogno per sopravvivere e
abilitare nuovi processi, che in passato
non erano possibili» A questa strategia
verso aziende e PA, SAP affianca un forte impegno nel promuovere in Italia la cultura del
digitale, ad esempio con programmi specifici rivolti
ai giovani e alle startup. Il Cloud e la tecnologia Hana
sono gli elementi chiave dell’offerta. «Abbiamo fatto
un grandissimo investimento nel Cloud, dando però
anche assoluta tranquillità ai clienti che hanno investito on premise», specifica la manager. Hana è invece la risposta di SAP alla necessità di estrarre valore
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dall’esplosione di dati: «È la soluzione di in memory
computing che ha ridefinito il mercato del data base»,
evidenzia Arienti.
La piattaforma è utilizzata in moltissimi ambiti: non
solo per accelerare i processi ma per trasformarli, creando nuove opportunità
Un esempio riguarda il reporting. Con la potenza
di Hana, i CFO possono avere, per la prima volta, un
accesso ai dati veramente real time, per ottenere una
vista globale dell’azienda che si può approfondire in
ogni singolo aspetto, con un clic.
Un secondo interessante esempio riguarda i processi di manutenzione, che nell’era dell’Internet of
Things e dei sensori a basso costo, si stanno profondamente trasformando. Un tecnico dotato di occhiali
tipo Google glass oggi può essere “guidato” da remoto in una riparazione urgente, con il supporto digitale
di mappe e di manuali. E la manutenzione preventiva
sta evolvendo verso una nuova strategia basata sulla
previsione in anticipo dei guasti. C’è grande interesse
intorno a questo tema. Uno degli annunci più recenti di SAP riguarda proprio una soluzione, basata su
Hana, in grado di monitorare tutte le informazioni in
ingresso, generare allarmi ogni volta che si superano
soglie prestabilite e attivare anche azioni specifiche di
intervento. I Data Scientist hanno così l’opportunità
di analizzare i dati utilizzando modelli di previsione e
algoritmi presenti nelle librerie di Hana, per comprendere meglio le cause dei malfunzionamenti e mettere
a punto alberi decisionali accurati.
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L’ICT per le imprese
sempre più simile
a quella dei carrier
L’innovazione accelera e spinge aziende
e PA italiane ad affrontare progetti ormai
inevitabili per tenere il passo. Anche l’offerta
è in trasformazione: i confini fra le soluzioni
tecnologiche destinate agli operatori e quelle
enterprise sono sempre più sfumati. Cozzi:
«Oggi siamo l’unico vendor che può mutuare
soluzioni da un settore all’altro»
L’innovazione avanza con un ritmo che non si era mai
visto in precedenza, creando forti discontinuità sia per
le aziende sia per i loro fornitori di tecnologia. Dotarsi
di tecnologie allo stato dell’arte, è ormai una necessità molto sentita anche sul mercato italiano: Mobility,
banda larga, IoT, analisi dei dati, sono trend che devono essere seguiti, non ci sono alternative. Il ritardo
dell’Italia sull’innovazione digitale è noto, ma questo
significa anche che ci sono ampi spazi di crescita. Lo
confermano i risultati di Huawei, che sta ottenendo
un grande successo nel nostro Paese: il colosso cinese,
che fornisce infrastrutture ai principali carrier mondiali, oltre che device per il mercato consumer, tre anni
fa ha iniziato a operare anche nel mercato enterprise,
partendo da zero e ottenendo rapidamente la fiducia
di moltissime aziende e PA. «Abbiamo raccolto casi di
successo significativi in tutti i settori, realizzando soluzioni critiche per il business: unified communication,
Data Center che abilitano il Cloud, server, switch, storage, management, virtualizzazione e reti wireless in
tutte le declinazioni possibili - dice Alessandro Cozzi,
Direttore Enterprise Business Group di Huawei Italia -.
La crescita dell’area Enterprise nel mercato italiano nel
2014 sarà intorno 50%, in linea con il resto del mondo».
I motivi del successo? «Nessun altro vendor ha un
portafoglio end-to-end come il nostro - sostiene il manager - e questo garantisce efficienza e performance,
gli obiettivi primari dei clienti. Inoltre, la grandissima capacità di innovazione di Huawei, con un investimento
pari al 10% del fatturato, è una garanzia per il futuro».
Alessandro Cozzi
Direttore Enterprise Business Group
Huawei Italia
C’è infatti una forte contaminazione fra l’innovazione
nelle soluzioni per i carrier e quelle per le imprese, perchè ormai i due mondi tendono a convergere.
«I confini tra le tecnologie che in passato venivano
destinate solo al mondo dei carrier, all’enterprise o al
consumer tendono infatti ad assottigliarsi. Internet
può essere considerato oggi un fenomeno prevalentemente consumer (ci sono circa 7miliardi di terminali
intelligenti nel mondo), ma diverrà nei prossimi anni un
fenomeno “enterprise driven” con i sensori che diventeranno circa 100 miliardi nel 2025, la maggior parte
dei quali saranno “enterprise enabled”, scaricati a terra
principalmente da imprese che li utilizzeranno per nuove modalità di fare business, produrre, gestire... ».
Un altro esempio è quello della Work Force Automation. Per realizzare una soluzione di Enterprise Mobility
servono terminali, applicazioni, una rete Wi-Fi performante, ad alta densità, ma anche banda larga mobile e
quindi il ruolo degli operatori è fondamentale.
«Oggi siamo l’unico vendor che può mutuare soluzioni da un settore all’altro - continua Cozzi - è evidente che i brevetti LTE o 5G ci consentono di realizzare
prodotti e soluzioni mobili ideali anche per le imprese,
che infatti chiamiamo enterprise LTE».
Un altro tema centrale per Huawei è l’efficienza
energetica dei Data center: oltre ad avere un’offerta di
soluzioni di cooling e UPS, l’azienda è impegnata anche
sul fronte del solare e realizza Data Center all-in-one
che possono funzionare anche in mezzo al deserto, o
in situazioni di emergenza per eventi catastrofici.
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Un “nuovo stile IT”
a supporto
della crescita aziendale
Stefano Venturi
La trasformazione digitale e nuove modalità
di fruizione e gestione dell’IT
per supportare il rilancio dell’economia
italiana, aumentando l’efficienza delle
imprese. È la visione tecnologica di HP per
il 2015, incentrata su temi come Cloud, Big
Data, sicurezza e mobilità
Amministratore Delegato
gruppo Hewlett-Packard in Italia e Corporate
Vice President Hewlett-Packard Inc.
Secondo la Digital Innovation Academy del Politecnico di Milano, il 2015 sarà caratterizzato da un’ulteriore contrazione degli investimenti ICT, come effetto
della crisi. Come affrontare questo scenario? «Credo
che occorra concentrarsi sulle potenzialità ‘concrete’
dell’innovazione tecnologica, in grado di generare opportunità ed efficienza per PA e imprese, abilitando
quella trasformazione digitale che resta fattore imprescindibile per la crescita economica e occupazionale del Paese», dice Stefano Venturi, AD del Gruppo
Hewlett-Packard in Italia e Corporate Vice President
Hewlett-Packard Inc. Secondo il manager, una condizione indispensabile è costruire un ecosistema favorevole a tale evoluzione - pensiamo ad esempio ai
datacenter, le ‘fabbriche digitali’ - creando le adeguate condizioni normative, burocratiche e infrastrutturali. In questo contesto, HP si pone come agente di
trasformazione, a supporto delle organizzazioni nel
percorso di evoluzione digitale, grazie alla propria eccellenza tecnologica, a competenze e risorse, ad un
portafoglio di infrastrutture e soluzioni innovative.
«In HP parliamo di un “nuovo stile di IT”, abilitato
da trend come Cloud e Big Data, da esigenze di mobilità e di sicurezza, in un mondo in rapida evoluzione in
cui cambiano le modalità di fruizione e gestione dell’IT
e sempre più caratterizzato dall’Internet of Things»,
prosegue Venturi. Anche nel 2015, infatti il Cloud continuerà a giocare un ruolo centrale nell’ICT, già oggi
volano indispensabile per la modernizzazione del Paese. HP dispone di un ampio portafoglio di soluzioni e
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servizi (HP Helion) e recentemente ha anche annunciato un accordo con Telecom Italia, con l’obiettivo di
supportare aziende e PA in una nuova informatizzazione basata su infrastrutture Cloud avanzate.
Ma la grande sfida sono i Big Data: «La crescita
esponenziale delle informazioni digitali - e in particolare di quelle non strutturate - rappresenta un fenomeno globale che riguarda anche le aziende italiane.
Per gli strumenti Big Data Analytics la sfida è giocata
sulla capacità di creare reale ‘valore’ per il business e quindi vantaggio competitivo - attraverso l’analisi
contestualizzata e la correlazione dei dati, il cosiddetto ‘meaningful computing’. Come HP pensiamo di
avere un posizionamento unico, grazie alle soluzioni e
competenze di Vertica ed Autonomy, società acquisite negli ultimi anni e leader di settore».
Un altro tema centrale per HP è la scuola, snodo
cruciale per la trasformazione digitale ed esempio di
come le tecnologie possono tradursi in nuove opportunità: condivisione di contenuti, nuovi modelli didattici, cultura e competenze per le generazioni future.
Guardando al futuro, Venturi cita due esempi di
sviluppo degli HP Lab che anticipano i tempi. «“Blended Reality Ecosystem” è un ecosistema di tecnologie
fra cui la stampa 3D, che aiuterà a ridurre le barriere
tra il mondo digitale e quello fisico, favorendo la creazione di nuovi mercati nei quali inventare, costruire
e interagire senza filtri o limitazioni, o il progetto “The
Machine” che permetterà di gestire l’esplosione dei
dati, reinventando le architetture del computing».
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Il digitale è dirompente:
all’Italia serve
un cambio di passo
Le nostre aziende devono accelerare il
percorso di trasformazione e possono
farlo grazie alle applicazioni in Cloud
e alle nuove tecnologie per i Data
Center. Ma nel Paese l’urgenza del
cambiamento sembra essere ancora
poco percepita
Fabio Spoletini
Country Leader e VP Technology
Oracle Italia
Siamo nel pieno di una nuova rivoluzione, quella digitale, che come un’onda sta investendo la società e
il business, trasformandoli radicalmente. Lo spiegano
da tempo gli economisti, come Jeremy Rifkin che al
tema ha dedicato il suo nuovo libro “La terza rivoluzione industriale”: oggi che le persone e le cose (con
l’Internet of Things) sono always-on, si aprono nuove sfide sul mercato mettendo a rischio i modelli di
business tradizionali, cambiando i processi decisionali,
abilitando un confronto che è bottom up. Eppure,
nel nostro Paese l’urgenza del cambiamento è ancora
poco percepita. «Le aziende italiane devono ancora
prendere consapevolezza dell’impatto dirompente
che avrà il digitale: fra 5 anni sarà tutto diverso, una
strategia che le porti a cambiare pelle è urgente - dice
Fabio Spoletini, Country Leader e VP Technology di
Oracle Italia -. «Serve un cambio di passo, anche se
le esperienze innovative ci sono già anche nel nostro
Paese. E servono nuove competenze, come il Data
Scientist». Un tema, questo, su cui Oracle si è impegnata avviando in collaborazione con l’università Luiss un Master in Big Data Analytics.
In questo scenario, l’attenzione del colosso dell’IT
è focalizzata su soluzioni tecnologiche pensate per
abilitare la trasformazione dei processi e ridurre al
minimo la complessità, con un’offerta che si declina
su due filoni principali: il Cloud, ovvero le applicazioni
fruite come Software as a Service, e il Data Center,
ovvero sistemi e storage rinnovati secondo il paradigma “software defined”, in grado di portare semplicità
in ambienti complessi. «Ora tutta l’offerta applicativa
è disponibile as a service anche per i clienti italiani
- dice Spoletini -, la totalità dei processi aziendali è
mappata e localizzata e per le imprese più piccole c’è
la possibilità di andare in full cloud: è un passaggio
molto importante per Oracle. Se ne parla da anni, ma
oggi il Cloud è un’opportunità concreta, una scelta
realmente a portata di mano. Il cloud saas abbatte la
complessità, è vicino al business e parla la sua lingua,
è veloce, flessibile, modulabile ed efficiente». Tutte
le funzioni aziendali possono trovare nel Cloud una
soluzione per le proprie esigenze e molte aziende italiane l’hanno già fatto: dalle Risorse Umane al Marketing, dalle Vendite al Finance, dai Servizi agli Acquisti
al Project Management.
Oracle vuole offrire la massima libertà di scelta ai clienti, e per questo ha garantito
che manterrà la roadmap di sviluppo prevista anche
per tutte le applicazioni on premise.
L’altro filone di innovazione è quello del Data Center, che deve non solo essere performante, ma anche
sempre disponibile, sicuro, in grado di gestire i big
data. Le nuove architetture si basano su hardware e
software ingegnerizzati per lavorare insieme, in grado
da un lato di contenere i costi e dall’altro di offrire
performance elevate e semplicità di gestione.
E se in passato i clienti guardavano alle tecnologie
facendo attenzione prevalentemente ai costi, oggi
questo non basta più: è necessario scegliere il meglio
e per questo, la società propone ai clienti una scelta
di portafoglio molto articolata.
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Analytics:
valore, semplicità
e pervasività
Marco Icardi
La domanda di soluzioni di analisi dei
dati è in aumento, ma ancora manca
un approccio strategico, che includa la
reingegnerizzazione dei processi, e servono
professionalità specifiche. Icardi: «Notiamo
una grande richiesta di semplicità di
fruizione dei report»
Amministratore Delegato
SAS Italy
Gli Analytics sono sempre più pervasivi nelle applicazioni, nelle operations, nelle interazioni non solo con i
dati ma anche con i processi di business: un trend che
interessa le aziende di qualsiasi settore e dimensione. La vera rivoluzione aperta dalla Digital Disruption,
dai Big Data e dall’Internet of Things si concretizza
nell’opportunità di interazione con l’utente o machine
to machine, nella capacità di anticipare i bisogni della domanda e nella possibilità di cogliere i “business
moment”. Sono diversi gli scenari applicativi specifici:
dallo sviluppo delle Smart Cities alla gestione della PA
fino alle attività di marketing ed engagement.
«Gli analisti confermano che la domanda di
Analytics del prossimo futuro aumenterà: le aziende sono consapevoli della necessità di intervenire su
processi cruciali per il business in maniera sistematica,
accelerando i processi decisionali - afferma Marco
Icardi, AD di SAS Italy, specializzata nelle soluzioni
di Business Analytics -. Tuttavia il ricorso a soluzioni
tattiche - scorciatoie tecnologiche per “tamponare”
le esigenze contingenti - e non strategiche è ancora
frequente. È necessario un percorso di cambiamento che includa la reingegnerizzazione dei processi e
dell’IT. La nuova idea di business deve comprendere
innovazione tecnologica, innovazione di processi e innovazione organizzativa».
Le competenze sono un ulteriore punto di attenzione. Servono professionalità specifiche, come quelle che racchiude il data scientist, in grado di portare
evidenza delle correlazioni tra i dati attraverso modelli
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matematici utili al business. «SAS ha attivato in collaborazione con molte università programmi di formazione post laurea proprio per preparare i professionisti del futuro, che devono avere conoscenza tecnica
abbinata a competenze di business specifiche», sottolinea il manager.
Dalla prospettiva tecnologica, le priorità delle organizzazioni si sintetizzano nella grande esigenza di analisi dei dati. «Aziende pubbliche e private ci chiedono
soluzioni sempre più potenti, veloci e in grado di elaborare informazioni in real-time. Ma notiamo anche
una grande richiesta di semplicità di fruizione, perché
qualsiasi utente possa avere agilmente a disposizione
dati e report sempre aggiornati, da qualsiasi luogo
e dispositivo. La nostra risposta è Visual Analytics,
una soluzione fruibile anche in mobilità che consente
un’esplorazione e consultazione dei dati semplificata,
che apre l’opportunità di utilizzo degli Analytics a migliaia di utenti ovunque essi si trovino».
Per fare un esempio di utilizzo innovativo degli
analytics, Octo Telematics (protagonista mondiale nei
sistemi e servizi telematici per il mercato assicurativo e
automotive) monitora ogni minuto 100mila chilometri
percorsi da 3 milioni di clienti in 26 Paesi del mondo.
Questo processo di analisi consente all’assicurato di
non essere solo un numero e di essere riconosciuto
in quanto persona dotata di specifiche peculiarità. E
allo stesso modo la compagnia è in grado di conoscere
nel dettaglio le caratteristiche comportamentali di ogni
cliente per calibrare i premi sulla rischiosità individuale.
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Verso un’IT
completamente
virtualizzata
Il trend è sempre più evidente,
alimentato dagli impellenti requisti di
flessibilità e agilità del business, come il
deployment rapido delle applicazioni.
Bullani: «In questa trasformazione i
CIO possono veramente giocare il ruolo
di innovatori»
Alberto Bullani
regional manager
VMware Italia
Nel giro di qualche anno, la virtualizzazione coprirà
un’area sempre più estesa delle risorse informatiche
- dai server alla rete - migrando verso il paradigma
IT as-a-service (ITaaS). È l’unica strada che il mondo
imprenditoriale può imboccare, per risolvere davvero i
problemi di business in cui si dibatte quotidianamente. Alberto Bullani, regional manager di VMware Italia,
non vede alternativa a tale ‘must’.
«Prenderà piede nel mercato un data center in cui
l’hardware predominante è costituito da processori e
memoria RAM, e dove tutte le altre funzioni - server,
storage, network - sono virtualizzate. Così è possibile
rimodellare in maniera dinamica, veloce e automatica
il data center, gestendo e aggiornando l’infrastruttura
con molta flessibilità, e senza i vincoli dei server fisici e
apparati di networking tradizionali». Se la virtualizzazione dello storage sta già avvenendo, quella delle rete
è più complessa, e impiegherà più tempo.
In Italia, Bullani individua in particolare due trend.
Uno è, nelle grandi aziende, l’adozione del SoftwareDefined Data Center (SDDC). «Qui l’esigenza prioritaria è rendere il più rapido possibile il deployment delle
applicazioni. Prima l’IT poteva rilasciarle imponendo
all’azienda i propri tempi, oggi è l’utente di business
che li definisce». Se in passato ‘time-to-market’ era
stata, spesso e volentieri, una “buzzword” tutto sommato poco aderente alla realtà, oggi non è più così.
Inoltre, i consumatori si sono ormai abituati a una fruibilità dei dati in real-time. In questa trasformazione,
ritiene il manager, i CIO possono veramente giocare il
ruolo di innovatori e questo sforzo in generale si sta
facendo, anche in ambiti come la PA, in maniera molto
più rapida di quanto si potrebbe credere.
L’altra tendenza, nelle piccole e medie imprese, è
esternalizzare sempre più servizi IT, in modo da focalizzarsi sul core business, e ridurre investimenti e costi
di gestione delle infrastrutture.
Ma chi è più reattivo al cambiamento? «Le PMI,
dove la catena decisionale è più breve, sono le più innovative. Abbiamo clienti che per supportare la crescita e le filiali remote aperte in Cina o negli USA stanno
adottando servizi di hybrid cloud. Una volta avrebbero
comprato server e costruito un piccolo data center».
Un altro trend, trasversale al mercato, è il Mobile:
per questo VMware basa tutte le proprie applicazioni interne, o di terzi, su HTML5, in modo da renderle
sempre fruibili da qualunque device.
In ragione di queste necessità aziendali, nei prossimi mesi VMware si presenterà con una gamma di
prodotti certo arricchita di funzionalità, ma fondata da
tempo su tre pilastri principali: uno è l’offerta SDDC,
per la totale automazione del data center in modalità
software. Un altro sono i servizi IaaS di Cloud ibrido e
pay-as-you-go vCloud Air, che estendono la capacità
quando l’esigenza è supportare, ad esempio, picchi
dei workload o funzioni di disaster recovery. Il terzo
pilatro è l’End User Computing, che consente lo spostamento continuo da desktop a laptop, tablet, telefono o auto, con applicazioni disponibili in qualsiasi
luogo, su qualsiasi postazione e in qualsiasi momento.
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WORKSHOP PREMIUM
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06.02.15 | eGovernment
00.02.15 | Compliance
12.02.15 | Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione
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00.02.15 | Big Data Analytics & Business Intelligence
00.02.15 | Mobile Enterprise
00.02.15 | Compliance
00.02.15 | Smart Working
00.03.15 | Compliance
10.03.15 | Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione
22.04.15 | Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione
17.03.15 | Compliance
00.04.15 | Compliance
27.03.15 | eGovernment
15.06.15 | eGovernment
00.03.15 | Compliance
24.06.15 | eGovernment
15.04.15 | eGovernment
28.04.15 | Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione
29.05.15 | eGovernment
00.04.15 | Compliance
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Cloud e Mobile per la
digital transformation
delle aziende
Matteo Giovanditti
CEO
Alterna
Sono tante le realtà italiane che puntano
sulle tecnologie digitali per affrontare
un mercato sempre più complesso.
Giovanditti: «Aiutiamo queste aziende
a realizzare compiutamente la
trasformazione digitale. Siamo
avvantaggiati dalla consistenza e
completezza dell’offerta Microsoft»
L’utilizzo di soluzioni Cloud e Mobile in Italia sta crescendo a ritmi notevoli. È una buona notizia, perché
significa che tante aziende hanno scelto la via dell’innovazione digitale che viene percepita come reale fattore differenziante. Le PMI, in particolare, grazie all’avvento delle soluzioni Cloud, hanno l’opportunità di fare
un grosso salto in avanti, perché oggi possono avere
accesso a un’infrastruttura di livello pari a quella delle
grandi aziende, ma con costi inferiori.
Su queste due direttrici, Cloud e Mobile, si muove la
strategia di Alterna, system integrator che fa parte di
Altea Federation e focalizzato sulle tecnologie e soluzioni applicative di Microsoft, vendor con cui condivide
approccio al mercato e innovazione.
«Abbiamo iniziato a sviluppare progetti Cloud in area
Enterprise già quattro anni fa - dice Matteo Giovanditti, CEO di Alterna - anticipando sotto alcuni aspetti il
disegno dell’offerta e la proposizione attuale di Microsoft. Il successo di queste iniziative e dei nostri clienti
ci ha permesso di sviluppare competenze verticali per
approcciare Azure sin dall’inizio in modo innovativo.
Anche nel Mobile abbiamo avuto le prime esperienze
importanti qualche anno fa. Oggi con la rivoluzione apportata da Windows 8 e anche grazie all’acquisizione
di Nokia, il Mobile è diventato pervasivo nell’intera offerta Microsoft».
Il focus di Alterna è su quelle aziende italiane che
fanno dell’approccio innovativo una leva competitiva,
per affrontare un mercato sempre più complesso.
«Cercano flessibilità e semplicità; vogliono stare al
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passo con i tempi, utilizzando piattaforme social per
collaborare in tempo reale con clienti e fornitori; hanno maturato la consapevolezza di dover sviluppare e
gestire un moderno ambiente di lavoro, un luogo non
più limitato da confini fisici e tecnici, dove grazie alle
più moderne innovazioni tecnologiche sia semplice integrare insieme persone, processi, attività e capacità
di analisi, per ottenere un reale vantaggio competitivo.
Aiutiamo queste aziende a realizzare una vera e propria
trasformazione digitale, a reinventare la loro produttività!», spiega il manager.
Alterna è nata nel 2013 dalla fusione della Business
Unit Microsoft di Altea S.p.A. e di Reno Sistemi S.r.l.
Oggi il volume di affari ha raggiunto circa 14 Milioni di
euro di fatturato, con oltre 700 clienti e un organico di
130 persone. «Quest’anno la crescita è stata di circa il
10%; un ottimo risultato considerato che abbiamo gestito un cambiamento impegnativo che la fusione ha
comportato: siamo più che soddisfatti».
Un punto di attenzione per Alterna è la formazione
delle persone, che avviene nel “Centro Studi La Terriera” di Altea Federation, un’oasi verde nell’alto Vergante. «Non perdiamo mai di vista il fatto di essere parte
di una federazione, frutto di un disegno strategico avviato anni fa dal nostro presidente Andrea Ruscica, che
oggi ci permette di esprimere un valore ben superiore
alla somma algebrica delle singole realtà di Altea Federation. Tutto ciò ci ha consentito di crescere in questi
anni, interpretando e anticipando continuamente le
esigenze del mercato».
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IL 2015 sarà
l’anno del Cloud.
Ma anche dell’EIM
e della sicurezza
Il Service, Technology & Cloud Integrator
punta su pacchetti complessi di IT as a service,
sulla propria piattaforma di gestione delle
informazioni e su soluzioni di protezione
dai rischi IT. «Aziende medie e grandi
vedono il Cloud come opportunità
per abbattere i costi, cedere complessità
e aumentare la sicurezza»
Il 2014 è stato un anno difficile per diversi motivi,
soprattutto per le difficoltà finanziarie delle aziende,
che mettono in secondo piano temi comunque importanti come gli investimenti IT, che pure, se bene
affrontati, comportano benefici anche economici,
spiega Flavio Radice, General Manager di CBT: «Questo non provoca tanto perdite di clienti o opportunità,
ma paralizza i processi di investimento IT anche in realtà molto grandi». Ma il 2015, e probabilmente anche
2016 e 2017, saranno gli anni del Cloud Computing.
«Le organizzazioni grandi e medie vedono nel Cloud
l’opportunità per cedere la complessità, aumentare i
livelli di sicurezza e anche abbattere i costi». Questa
è la visione per l’anno appena iniziato del Service,
Technology & Cloud Integrator, che vanta 270 addetti
e sei sedi in Italia.
Più in generale il percorso di cambiamento e investimento di CBT negli ultimi due anni si è concentrato
in tre ambiti: Cloud appunto, Enterprise Information
Management (EIM) in senso lato, e sicurezza.
«Nel primo campo abbiamo puntato sul rafforzamento dell’offerta di pacchetti “personalizzati” e
complessi di Cloud Computing (infrastrutture, piattaforme e software come servizi), e degli standard
di efficienza e sicurezza dei nostri due data center,
nonché nella formazione dei sistemisti: abbiamo circa
1200 certificazioni complessive, un asset importante
vista l’ampiezza di tecnologie che occorre padroneggiare. In particolare siamo tra i pochi in Italia che propongono servizi Cloud anche su piattaforme Power e
Flavio Radice
General Manager
CBT
AS400». La seconda area prioritaria di investimento è
WebRainbow, la piattaforma tecnologica di CBT per la
gestione di informazioni (strutturate e destrutturate)
e processi interni: «Non è solo information management in senso canonico, ma anche gestione di scambi
e sincronizzazioni di informazioni tra diversi sistemi
e domini applicativi». Si sta affermando, prosegue il
General Manager di CBT, una seconda generazione di
sistemi documentali e di content management, con
cui le organizzazioni utenti vogliono andare oltre la
semplice gestione e archiviazione dei dati, arrivando
a gestire i processi. «Il nostro sistema ha un BPM integrato e si presta bene ad applicazioni del genere,
soprattutto dove ci sono processi complessi che
attraversano vari comparti aziendali».
In questo caso, ma anche per il Cloud, CBT si
muove sia con un modello diretto che indiretto.
Infine la terza area prioritaria è la sicurezza: «Abbiamo
aperto da poco una business unit con cui proponiamo soluzioni basate su diversi tipi di competenze, tecnologiche, di consulenza e di impatto legale dell’IT».
L’obiettivo è sensibilizzare aziende, amministratori e
manager: «Partiamo dall’analisi dei rischi legati alla
perdita di business per frode di dati, divulgazione di
informazioni, danni di immagine, non conformità, e
altri aspetti, spesso poco conosciuti dai CIO. In un
approccio del genere, le varie soluzioni tecnologiche
- sicurezza perimetrale, networking, endpoint, application e data security, monitoring, prevention e policy
management – sono viste solo come strumenti».
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Fincons Group
punta su “nearshore”
ed espansione
all’estero
Il 2015 vedrà permanere la domanda delle
organizzazioni utenti di contenere i costi, ma
ciò non dovrà tradursi in una riduzione delle
iniziative progettuali, né nei CIO in una minor
attenzione alle richieste del business, spiega
Michele Moretti, CEO della società di IT
Business Consulting, che negli ultimi quattro
anni ha raddoppiato il suo fatturato
Michele Moretti
CEO
FINCONS GROUP
Francesco Moretti
Deputy CEO
FINCONS GROUP
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«Nel 2015 resterà forte l’esigenza delle aziende di contenere i costi, ma ciò non deve tradursi in una riduzione delle iniziative progettuali, né nei CIO in una minor
attenzione alle esigenze del business. In tale scenario,
per noi, la strategia vincente è di investire nel nostro
centro “nearshore”». Questa la visione di Michele Moretti, CEO di FINCONS GROUP. Rispetto alle difficoltà
del mercato ICT in Italia il Gruppo FINCONS è un’eccezione, avendo chiuso il 2014 ancora in crescita, con
800 persone in organico e oltre 75 milioni di euro di
fatturato, realizzato per il 60% in Italia e per il 40% in
Svizzera, e raddoppiato in soli 4 anni. «Lungimiranza
imprenditoriale, radicamento nel territorio, competenze di mercato, sourcing di tecnologie innovative
sono da sempre i nostri driver. Quest’approccio ci ha
fatto investire per tempo in un modello di IT service
nearshore Made in Italy e nell’espansione estera»,
spiega Francesco Moretti, Deputy CEO del Gruppo.
Negli anni scorsi l’esigenza di tagliare i costi ha spinto molti vendor e aziende utenti di ICT a ricorrere a
servizi offshore, soprattutto nel Far East. «Nell’ultimo
biennio ci sono segni di un’inversione di tendenza, ma
già nel 2008 abbiamo aperto a Bari un Delivery Center
con cui forniamo servizi di application management e
system building con tariffe competitive per il mercawww.ict4executive.it
to italiano e ancor più per quello europeo», continua
Francesco Moretti. Il centro, che conta oggi 300 risorse, è in forte crescita e tra pochi mesi inaugurerà una
nuova sede sempre a Bari. «Il nearshore permette di
rafforzarci presso i clienti consolidati, realtà primarie
dei settori Media, Energy, Utilities, Financial Services,
Manufacturing, Transportation, PA, ma anche di conquistare nuovi clienti interessati a conciliare risparmi ed
esigenze di business». Oltre al nearshore, l’altra priorità
importante per il 2015 è il proseguimento del processo
d’internazionalizzazione: «Puntiamo molto sull’alleanza
con vendor internazionali di soluzioni specialistiche per
proporci come system integrator in Europa», spiega
Michele Moretti. «Inoltre vogliamo stabilire una presenza diretta in Paesi d’interesse, per dare più visibilità
in Europa al Gruppo e ai suoi punti di forza: i servizi IT
in nearshore e le soluzioni verticali». Nel Regno Unito
FINCONS GROUP sta avviando un percorso di ricerca
e due diligence di realtà locali per alleanze con diritto
d’acquisizione. «Quando facciamo un progetto guardiamo sempre oltre. Nel mondo Media ad esempio abbiamo da poco completato un grande progetto con un
leader della pay TV che ci vede partner nella rivendita
sul mercato di una soluzione per la vendita e distribuzione online di multimedia content. L’innovazione che
proponiamo è conoscenza delle tecnologie abbinata ai
nuovi modelli di business che s’affacciano sul mercato.
Attraverso il nostro Innovation Lab valorizziamo le potenzialità delle nuove tecnologie, definendo un’offerta
competitiva per le aziende clienti».
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Oltre la
Supply Chain
collaboration
Sincronizzare le informazioni fra tutti gli
attori della filiera, avere visibilità end-toend dei processi, anticipare gli scenari
futuri, gestire i documenti: opportunità che
molte imprese hanno già colto grazie alla
digitalizzazione. Pacotto: «La piattaforma di
collaborazione garantisce efficienza e abilita
nuovi modelli organizzativi»
Garantire tempi certi nelle consegne; accelerare le
chiusure contabili; ottimizzare le scorte senza rotture
di stock; gestire la logistica dell’eCommerce; ridurre
la carta e semplificare i processi, dematerializzando
i documenti. Sono aspetti diversi del business che
possono essere trasformati e migliorati dalle tecnologie digitali, attraverso piattaforme che consentono
di sincronizzare la catena distributiva, dal singolo
fornitore fino a ciascun punto vendita, migliorando
la collaborazione e la comunicazione attraverso la filiera. Non solo è possibile così ottenere più efficienza,
ma anche ridurre la complessità, migliorare la visibilità
sulle attività svolte, acquisire controllo e capacità di
analisi e massimizzare le performance in molti ambiti e processi. Una grande opportunità per le imprese
manifatturiere, la GDO e il retail, mondi diversi ma che
si trovano oggi ad affrontare scenari competitivi complessi, con margini sempre più ridotti.
«Vediamo una richiesta crescente di progetti che
noi chiamiamo di “control tower”, che hanno un perimetro più ampio rispetto ai sistemi di Supply Chain
collaboration perchè consentono di ottenere una visibilità end-to-end dei processi attraverso la raccolta
di informazioni da vari sottosistemi», spiega Giuseppe
Pacotto, Amministratore Delegato di TESISQUARE®,
che da molti anni aiuta i propri clienti a ottimizzare
la Supply Chain e oggi è l’unica società italiana presente nei report di Gartner di Supply Chain Visibility
e Collaboration. Le piattaforme collaborative di TESISQUARE® sono oggi utilizzate da importanti realtà
Giuseppe Pacotto
fondatore e Amministratore Delegato
TESISQUARE®
internazionali, come Diageo, Benetton e Total Erg e
da note insegne del retail e della GDO, come Lavazza,
L’Oreal, Eataly, Carrefour e molte altre. «Se il processo
è sincronizzato, in una logica molti a molti, la piattaforma di collaborazione abilita nuovi modelli organizzativi, ad esempio la presa merce a monte con tempi
certi nella distribuzione a valle, oppure il “fast closing”,
la chiusura contabile veloce, una necessità per le multinazionali». Un altro filone che sta prendendo spazio
è la cosiddetta “Supplier qualification”: «Forniamo ai
clienti supporto nel gestire le certificazioni e il rispetto
delle diverse normative relative ai fornitori», specifica
Pacotto.
Nel mondo retail, fra le soluzioni innovative fornite
da TESISQUARE® ci sono anche quelle che aiutano
i decisori a prefigurare gli scenari futuri, ad esempio
per migliorare i riordini:«È un’area innovativa su cui
stiamo investendo, ci avvaliamo di specialisti di ricerca
operativa e modellistica», dice l’imprenditore. Altra
area di interesse è quella dell’eCommerce. «Le imprese italiane della GDO devono difendersi dall’avanzata
dei grandi leader: la sfida è l’integrazione della logistica con quella dei negozi fisici, in ottica multicanale».
Infine l’estensione verso i device mobili: «Abbiamo
recentemente stretto una partnership con la società Gulliver, leader nello sviluppo di applicazioni per
smartphone e tablet, al fine di rendere le nostre soluzioni di Business Process Management performanti
anche in mobilità e realizzare nuovi prodotti dedicati
allo sviluppo organizzativo delle aziende».
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Dematerializzazione,
l’obbligo di legge
darà una spinta
decisiva nel 2015
Pier Luigi Zaffagnini
amministratore
Top Consult
Dal 31 marzo chi fattura verso un ente
pubblico dovrà farlo in digitale. «Dopo
vent’anni in cui si parla di “paperless company”,
la norma ha reso l’interesse concreto: il
mercato s’allarga a centinaia di migliaia di
aziende. La sfida è passare dal “fare fatture”
al lavorare senza carta, anche grazie ai nuovi
sistemi documentali social e collaborativi»
«L’avvicinarsi della scadenza del 31 marzo 2015, data
dalla quale chi fattura verso qualsiasi ente pubblico
dovrà farlo in digitale, allarga a centinaia di migliaia di
aziende il mercato della gestione elettronica dei documenti: la fattura cartacea diventa fuori legge». Così
Pier Luigi Zaffagnini, Amministratore di Top Consult,
spiega le sue aspettative per l’anno appena iniziato.
«Di fatto l’obbligo della fattura elettronica comporta l’obbligo della gestione elettronica del documento,
dalla creazione all’archiviazione. Si deve imparare a
lavorare senza carta». Il punto di partenza, sottolinea
Zaffagnini, non è “fare” fatture elettroniche, spedirle
e conservarle («questo con un buon sistema software
diventa banale»). È che anche gli altri documenti in
azienda devono essere digitali. «Oggi è davvero possibile eliminare la carta, persino l’ordine di vendita si
può sottoporre su tablet al cliente, che può convalidarlo con firma digitale».
Tutto questo inizia a essere messo in pratica: c’è
un interesse finalmente concreto per la dematerializzazione, e questo rende Zaffagnini ottimista sul
2015. «Dopo vent’anni in cui si parla di “paperless
company”, l’obbligo di legge sta dando una spinta
decisiva: lo testimonia anche l’indagine CIO 2014 del
Politecnico di Milano». Indagine secondo cui la dematerializzazione è la seconda priorità per i CIO italiani
per l’anno appena iniziato, dietro solo alla business
intelligence, e davanti a ERP e Mobile.
«Questo “salto di qualità” è possibile anche perché
Top Consult, che da sempre persegue l’innovazione
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del sistema documentale, ha “rivoluzionato” il modo
di fare gestione elettronica dei documenti. La nostra
piattaforma di nuova generazione TopMedia Social
NED per la Gestione Documentale e la Collaborazione Aziendale propone innanzitutto un nuovo modo
di lavorare (lo “smart working”) e di interagire con il
sistema in modo molto più immediato, accessibile
anche da dispositivi mobili, e sfruttando meccanismi
tipici dell’informatica “consumer”. Inoltre abbiamo introdotto l’uso di strumenti collaborativi per i gruppi
di lavoro. Tutto questo allarga l’impiego e i benefici
della gestione documentale a tutta l’organizzazione,
compresi manager e mobile worker, e realizza concretamente la nuova frontiera del Social Business».
Per usare il sistema, sottolinea Zaffagnini, non si
devono avere conoscenze ad hoc: «È intuitivo come
usare un tablet o uno smartphone, per cui per esempio la ricerca di un documento si può fare con un
meccanismo “alla Google”, cioè libero, fruibile anche
da chi non conosce i criteri di classificazione e archiviazione. Analogamente è stato mutuato dalle app
consumer il meccanismo dei “preferiti” per facilitare
il reperimento delle pratiche».
Un altro obiettivo è stata la riduzione dell’uso dell’email come strumento di collaborazione e condivisione.
«L’idea è di sfruttare il concetto del social network, ma
sicuro e protetto, utilizzabile all’interno di un’organizzazione per scambiarsi brevi messaggi e condividere
documenti in funzione dei privilegi d’accesso, in modo
da abilitare una vera e propria collaboration».
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I N TE R V IS TA
di
daniele lazzarin
intervista a
Marcello Cordioli
Global IT Officer di Lixil e
CIO di Permasteelisa
Permasteelisa,
dal nordest
per “vestire” edifici
in tutto il mondo
L’impresa di Vittorio Veneto, che costruisce
facciate e rivestimenti per grattacieli, stadi
e aeroporti, è uno dei casi italiani di maggior
successo degli ultimi anni. Il CIO Marcello
Cordioli spiega il ruolo e le logiche di
gestione dell’IT («cerchiamo la massima
semplificazione e standardizzazione») in una
realtà da 1,4 miliardi di euro con casa madre
giapponese: «Abbiamo accorciato i tempi
di chiusura contabile da 40 giorni a 7»
«Molti italiani, percorrendo la Quinta Strada a New
York, rimangono sorpresi di sapere che metà delle
facciate degli edifici che vedono sono state fatte da
un’impresa italiana: lo stesso accade per molti grattacieli, stadi e aeroporti in giro per il mondo, come il
MoMA di New York, il Museo Guggenheim di Bilbao
e l’Opera House di Sydney». Così Marcello Cordioli
presenta Permasteelisa, l’azienda di cui è CIO, leader
mondiale nelle coperture vetro-alluminio e vetro-acciaio per le costruzioni.
Permasteelisa in effetti non è un nome molto conosciuto in Italia, eppure è una delle poche storie di
successo del “made in Italy” a livello internazionale in
questi anni di crisi. Anche se è stata acquisita dalla
giapponese Lixil tre anni fa, e pur operando letteralmente in tutto il mondo, l’azienda ha mantenuto la
sua “identità italiana” e il quartier generale a Vittorio
Veneto, nel cuore del Nordest. Cordioli, che è anche
Global IT Officer di Lixil, oltre che CIO di Permaste| 32 |
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elisa, ci ha spiegato le sfide che affronta oggi l’IT di
un’azienda così globale.
«Dal punto di vista IT cerchiamo la massima semplificazione e standardizzazione. I “pilastri” su cui si
basano i sistemi informativi di Permasteelisa sono
tre. Uno è il sistema ERP, che è SAP: l’abbiamo implementato in tutti i Paesi, e tutto ciò che riguarda
transazioni e back office si fa con SAP». Il secondo
pilastro è il mondo CAD, cioè gli strumenti grafici per
la progettazione, «che abbiamo standardizzato sia in
termini di versioni e customizzazioni del software - la
piattaforma è Autodesk -, sia in termini di hardware, cioè le workstation su cui questi software sono
usati».
Il terzo pilastro è il configuratore di prodotto, che
Permasteelisa ha sviluppato internamente con il supporto di Autodesk: «È il progetto di cui vado più orgoglioso. Fondamentalmente è un sistema che a fronte
I NTE R V I S TA | Pe r m a st e e l isa , Da l n o rd e st P e r “v e st ire ” e d if ic i I n t ut t o il mo ndo
del disegno della facciata progettato dall’architetto
dà in output tutti i disegni di produzione che servono
per la realizzazione delle facciate in fabbrica».
L’entrata in un grande gruppo estero, in questo
caso giapponese, ha comportato diverse esigenze
di business che si sono tradotte in progetti IT. Un
esempio, spiega Cordioli, è il progetto “Fast Closing”.
«L’obiettivo era di accorciare fortemente i tempi di
chiusura contabile, da 40 giorni lavorativi a 7-8, per
una serie di requisiti legati al mercato azionario giapponese. Abbiamo dovuto rivedere profondamente
diversi processi interni, perché per il tipo di business
che fa Permasteelisa aveva un ciclo di chiusura dei
libri contabili molto lungo, in quanto attendeva i risultati dei progetti».
Tutto questo richiedeva all’azienda di integrarsi
informaticamente con la sua supply chain. «Abbiamo quindi implementato un Portale Fornitori, basato sulla soluzione Tesi SCM di Tesisquare, e fatto in
modo che i fornitori riportassero il più rapidamente
le informazioni su spedizioni e consegne. Una cosa
molto interessante poi è che con questo sistema non
gestiamo solo l’interazione con i fornitori esterni, ma
anche con le aziende produttive del gruppo ancora
non integrate in SAP».
Nel sistema, sottolinea il CIO di Permasteelisa,
queste aziende sono trattate come fornitori, ma chiaramente hanno esigenze d’integrazione molto più
spinte di una realtà esterna: «Per esempio uno stabilimento nostro pretende di essere in grado di stampare bolle di consegna e fatture accompagnatorie che
fanno invece riferimento all’azienda commerciale del
gruppo a cui fa capo l’ordine di produzione: questa
esigenza di integrazione molto spinta è stata gestita
attraverso personalizzazioni del sistema».
Mantenere le soluzioni semplici e standard, uguali
per tutti, rimarca Cordioli, è il modo migliore di usare
la tecnologia e ottimizzarne la gestione. Oggi il personale Permasteelisa in tutto il mondo usa le stesse
soluzioni e versioni: «Il progettista di Shanghai ha i
medesimi strumenti di quello di New York. Questo
ha il grosso vantaggio che qualsiasi aggiornamento,
modifica o nuova funzionalità rilasciamo, è subito disponibile nelle nostre sedi di tutto il mondo».
Leggendo il QR Code
con smartphone o
tablet è possibile vedere
la nostra videointervista
con Marcello Cordioli
di Permasteelisa
L’impegno sulla centralizzazione, e soprattutto
sulla semplificazione dell’IT, è secondo Cordioli la
priorità principale di oggi per chi ricopre il ruolo di
CIO. «Negli anni i responsabili dei sistemi informativi
hanno fatto scelte che hanno complicato i sistemi, le
infrastrutture, e la loro gestione: oggi la complessità ingessa e ritarda, non è più sopportabile, occorre
lavorare per snellire e soprattutto semplificare». La
seconda priorità fondamentale, conclude il CIO di
Permasteelisa, «è lavorare “mano nella mano” con il
business, rendersi agili per seguirlo nei suoi cambiamenti, avendo dietro una struttura semplice ed estremamente facile da aggiornare».
Oltre 40 anni al servizio dei grandi architetti
Fondata nel 1973 da Massimo Colomban con il nome di ISA, Permasteelisa ha assunto il nome
attuale dopo l’acquisto dell’australiana Permasteel nel 1986. È specializzata in progettazione,
produzione e posa in opera di facciate continue e rivestimenti architettonici per edifici. Ha
sede centrale a Vittorio Veneto, conta oltre 50 società e 11 impianti di produzione in 30 Paesi,
con 6.600 persone e un fatturato di 1,4 miliardi di euro. Dal 2011 fa parte del Gruppo Lixil,
con sede centrale a Tokyo, che a livello mondiale fattura quasi 20 miliardi di dollari, in gran
parte realizzati in Giappone e nei grandi Paesi asiatici: Cina, Thailandia, Vietnam, e poi India,
Filippine e Indonesia.
«Siamo presenti in tutti i continenti, e perciò riusciamo a non soffrire troppo per le crisi
economiche, che colpiscono le regioni sempre in modo diverso: negli ultimi anni l’Europa
ha sofferto molto ma il mondo asiatico ha continuato a crescere – spiega il CIO Marcello
Cordioli -. La tendenza architettonica è di fare edifici sempre più complessi dal punto di vista
della costruzione e delle coperture, e questo aiuta Permasteelisa, che è una delle poche realtà
che per l’avanguardia delle tecnologie riesce ad assecondare le vene creative dei più grandi
architetti di oggi».
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| 33 |
m a n ag e m e nt
di
Gabriele Faggioli
legale, Adjunct Professor MIP-Politecnico di Milano
di
Jennifer Basso Ricci
avvocato
La negoziazione dei
contratti IT e TLC:
gli elementi
essenziali
Per prevenire spiacevoli contenziosi è
fondamentale una negoziazione approfondita
che tenga conto soprattutto delle criticità
potenziali di una relazione contrattuale fra cliente
e fornitore, sempre diverse in ogni specifico
contesto. Ecco tutti gli aspetti da considerare
per disciplinare un rapporto duraturo nel tempo
Ogni qual volta la relazione con un fornitore di servizio IT o TLC fallisce, indipendentemente dall’avvio di
un contenzioso, ci si chiede cosa si sarebbe potuto
o dovuto fare per evitare la patologia determinante
la criticità.
Le prime cause che si ricercano sono spesso di
natura tecnica o comunque afferenti all’oggetto del
servizio o alle modalità di erogazione delle attività
e solo quando diventa inevitabile il ricorso ai legali,
iniziano a manifestarsi i primi dubbi relativi alla reale
solidità del contratto che ha regolamentato i rapporti tra le parti.
L’esperienza porta a sostenere che il contratto è
uno degli elementi essenziali che contribuisce alla
buona o cattiva riuscita di una relazione tra fornitore e cliente, soprattutto se esso deve disciplinare
un rapporto duraturo nel tempo. Per questo motivo, una negoziazione approfondita che tenga conto
soprattutto delle criticità potenziali di una relazione
contrattuale, sempre diverse in ogni specifico con| 34 |
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testo, permette di prevedere fin da subito eventuali
patologie della relazione e quindi di adottare le opportune contromisure che, ove contrattualizzate,
possono evitare l’insorgenza o l’acutizzarsi delle criticità, e ne consentono una più facile composizione.
La corretta identificazione del contenuto dei servizi e dei livelli prestazionali attesi è senza dubbio
il primo passo che permette di impostare correttamente la negoziazione di contratti IT o TLC.
Oltre al profilo tecnico, è necessario e indispensabile che siano previste talune specifiche clausole
contrattuali, che tengano conto, ad esempio, degli
obblighi di garanzia, del diritto di riservatezza, dei
diritti di proprietà intellettuale, del diritto di recesso e in generale di tutte le way out da un rapporto
contrattuale, delle penali e delle procedure di regolamentazione delle varianti. Si pensi alle patologie
che potrebbero insorgere ove l’azienda non avesse
valutato e disciplinato la necessità di modificare un
servizio, o di sostituire il fornitore. Ciascuna di tali
m a n ag e m e n t | L a n e g o z ia z io n e de i c o n t rat t i IT e TL C
previsioni non potrà che essere analizzata e quindi
normata in base alle specificità del singolo rapporto contrattuale al fine di essere meglio ritagliata
in base alle singole esigenze. Solo così il contratto
potrà dirsi effettivamente costruito ad hoc e quindi
essere posto a base di una relazione contrattuale
solida.
Giunti alla sottoscrizione di un testo contrattuale
ben strutturato, condiviso tra i diversi attori aziendali e coerente con gli obiettivi aziendali, si entra
nella delicata fase della gestione del rapporto tra
cliente e fornitore. Trascurare o sottovalutare questa fase significa contribuire a vanificare la fatica e
l’impegno impiegati nella stipula e negoziazione del
contratto.
In questa nuova fase assumono particolare rilevanza tutte quelle attività che rientrano nel processo di monitoraggio dell’andamento del contratto di
lunga durata.
In particolare, la gestione della relazione cliente/
fornitore passa attraverso l’individuazione e la definizione dei ruoli e delle responsabilità necessari per
la conduzione della relazione. Creati i ruoli e identificate le responsabilità dei singoli, occorre munirsi di
strumenti per un controllo costante della relazione.
L’adozione di un documento operativo riassuntivo del contratto, in cui siano specificamente ripotatati per un più facile utilizzo i processi di erogazione
dei servizi, può costituire un valido supporto che
giorno per giorno non deve fare dimenticare in un
cassetto il testo contrattuale per poi recuperarlo
solo al momento del bisogno. Anche la creazione di
un’agenda del contratto, che scandisca nel tempo
le fasi e i singoli momenti rilevanti della relazione
contrattuale ai quali vengano agganciati effetti di
carattere normativo, può essere valido supporto
nell’attività di controllo del corretto svolgimento
della relazione contrattuale, ferma restando la necessità di un continuo aggiornamento e verifica della sua correttezza e coerenza.
Infine, per poter effettuare un opportuno monitoraggio della relazione contrattuale, è necessario
fin dal contratto dotarsi di specifici meccanismi
operativi mirati alla gestione del rischio attraverso
regole e procedure contrattualizzate che risultino
chiare, condivise, non ambigue e, soprattutto, che
vengano nel tempo utilizzate e rispettate nei loro
dettagli.
I problemi nei contratti informatici
Trattative precontrattuali
Cattiva fede nelle trattative
(presenza di elementi occulti
che determinano le scelte
contrattuali)
Contesto poco chiaro,
soprattutto nelle premesse, o
premesse controproducenti
Pretesa della partnership
In sede di trattativa
contrattuale e di contenzioso,
presenza di troppi tavoli
decisionali
Schemi contrattuali
inutilmente complessi. Più
contratti che si rimandano
vicendevolmente
Insufficiente dettaglio
dell’oggetto del contratto e
negli obiettivi
Previsioni contrattuali
soggette a molteplici
interpretazioni
Insufficienti previsioni
contrattuali di
regolamentazione delle
procedure (comitato guidareporting-variazioni etc..)
Utilizzo di schemi contrattuali
e non di contratti ad hoc
Imposizione di clausole del
tutto de-contestualizzate per
imposizione della casa madre
e/o degli uffici acquisti/
contratti
Utilizzo di clausole affette da
nullità o annullabilità
Scarsa attenzione nella
contrattualistica relativa al
software
Utilizzo di metodologie
di comunicazione diverse
da quelle pattuite
contrattualmente
Utilizzo nelle comunicazioni
(anche di contestazione)
di vocaboli o di espressioni
controproducenti
Errati convincimenti in merito
alle previsioni contrattuali da
parte di tutti o di alcuni dei
soggetti preposti alla gestione
del progetto
Accettazione tacita delle
parti di comportamenti
devianti rispetto alle previsioni
contrattuali
Carenza di competenze legali
in coloro che devono gestire
un progetto
Mancato rispetto delle
previsioni contrattuali in
merito alle riunioni di progetto
e ai report
Mancato rispetto delle
previsioni contrattuali in
merito alle procedure di
contestazione
Mancato rispetto delle
previsioni contrattuali in
merito alle procedure per le
variazioni
Tacita accettazione dei livelli di
servizio proposti dal fornitore
Assenza di procedure
finalizzate alla negoziazione
dei corrispettivi e dei livelli di
servizio definitivi
Assenza di monitoraggio sui
livelli di servizio raggiunti dal
fornitore
Stesura del contratto
Accettazione di “clausole
capestro”
Gestione del contratto
Tentativi di “insabbiamento”
per occultare le responsabilità
Perdita di documenti con
produzione degli stessi da
parte delle controparti
Dimenticanza di alcune
clausole dovuta all’assenza
di controllo sulle previsioni
contrattuali
Segnalazione delle
problematiche senza l’uso
degli strumenti giuridicamente
o contrattualmente corretti
Monitoraggio del contratto
Transizione ed Esercizio
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m a n ag e m e nt
di
DANIELE LAZZARIN
Paul Nunes
Global Managing Director
Accenture Institute for High Performance
Big bang disruption
l’innovazione che
rivoluziona interi
settori economici
«Gli innovatori Big Bang attaccano i mercati
in modo totale offrendo prodotti e servizi
migliori, più economici e più personalizzati:
sono concorrenti inaspettati e soggetti a meno
vincoli». Paul Nunes, co-autore di “Big Bang
Disruption, l’era dell’innovazione devastante”,
ha presentato la versione italiana del libro
a Milano. «Per reagire occorre capire le fasi
del nuovo ciclo di vita dell’innovazione:
Singularity, Big Bang, Big Crunch, Entropy»
Nel mondo del business l’innovazione “disruptive”
(dirompente) c’è sempre stata, con interi mercati
rivoluzionati da tecnologie migliori, meno costose,
o in grado di soddisfare bisogni nuovi. Rivoluzioni che però duravano anni o decenni. Oggi tutto è
cambiato, e questo tipo d’innovazione può demolire e ricostruire da zero interi settori in pochi mesi,
o addirittura giorni.
Paul Nunes e Larry Downes, rispettivamente Global Managing Director e Research Fellow
dell’Accenture Institute for High Performance,
hanno studiato il fenomeno analizzando oltre cento case study in 30 settori. Il risultato è un libro di
cui Egea ha pubblicato la traduzione italiana - “Big
Bang Disruption, l’era dell’innovazione devastante” -, con prefazione di Umberto Bertelè, ordinario
di Strategia e Sistemi di Pianificazione al Politecnico di Milano.
«Molti degli esempi più sensazionali provengono dagli innovatori tecnologici più noti del nuovo
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secolo, come Google, Apple, Samsung, Sony e Microsoft, altri da start-up di cui fino a poco tempo
fa non avevate sentito parlare, come Airbnb, Uber,
Kickstarter e Udacity – scrivono Nunes e Downes
-. Altri ancora vengono da incumbent, cioè imprese
tradizionali che hanno creato nuovi prodotti e servizi fenomenali con asset e capacità che avevano
già. Altri ancora non sono neanche aziende: sono
accademici, artisti e liceali che hanno creato, magari per caso, innovazioni devastanti che hanno
scombussolato le strategie di grandi società quotate in borsa».
Cosa ha fatto sparire i flipper?
Paul Nunes ha approfondito i temi del libro in
un incontro organizzato a Milano dal Politecnico.
«Pensiamo per esempio a cosa ha fatto sparire i
flipper: molti incolpano i videogame tipo Pac-Man
o Space Invaders delle sale giochi degli anni ’80 –
m a nage m e nt | Bi g b ang d i s r up t io n , l’ in n ova z io n e c h e rivo l uz io n a in t e ri se t t o ri e c o n o mici
ha esordito Nunes -. Invece no: la produzione dei
flipper ha segnato un record nel 1993, ma poi nel
1994 Sony ha presentato la Playstation. L’Home
Gaming è stato la Big Bang Disruption del flipper,
l’ha ucciso in pochi anni per tre motivi: è meno costoso, supporta centinaia di giochi diversi e di qualità superiore, ed è personalizzato, nel senso che si
possono memorizzare le partite».
Ma il miglior esempio di Big Bang Disruption è lo
smartphone con il suo ecosistema di App, perché
ha soppiantato tanti prodotti stand-alone: fotocamere digitali, calcolatrici, organizer, sveglie, in
parte anche gaming console, videocamere e lettori
e-book, e soprattutto i navigatori GPS, i cui difetti
sono stati superati da Google Maps, che è continuamente aggiornata, gratuita e integrata sullo
smartphone con email, contatti, internet e altre
App. «Nei 18 mesi dopo il rilascio di Google Maps
Navigation, i principali produttori di navigatori
GPS hanno perso mediamente l’85% della capitalizzazione di mercato».
Da sempre - continua Nunes - le innovazioni
dirompenti appaiono attraverso tecnologie e prodotti migliori e meno costosi allo stesso tempo.
Alcuni fattori però negli ultimi tempi le possono
rendere “Big Bang”: per esempio la diffusione del
Mobile, la “combinatorial innovation” - fatta con
componenti (in particolare software) che già esistono -, o la trasparenza della Supply Chain: «Pochi
giorni fa ho cercato su internet un pezzo di ricambio per la lavastoviglie, l’ho ordinato e me lo sono
fatto consegnare a casa, senza uscire, e spendendo molto meno tempo e denaro di quanto sarebbe
stato necessario qualche anno fa».
È lo stesso modo di “fare innovazione” che è
cambiato. «Siamo entrati nella quarta fase: nella
prima gli innovatori creavano beni differenziati,
mirati a clienti che potevano permettersi di pagare
di più ed erano disposti a farlo; nella seconda, definita da Clayton Christensen “Innovator Dilemma”,
le tecnologie dirompenti nascono “dal basso”,
sottoforma di prodotti sostitutivi di bassa qualità
che entrano nel mercato accaparrandosi i clienti
meno redditizi e poi, man mano che la tecnologia
migliora, risalgono fino a competere con i leader;
nella terza, definita innovazione “Blue Ocean” da
Chan Kim e Mauborgne, gli innovatori fanno leva
su bisogni nuovi e non soddisfatti di categorie esistenti, combinando in modo nuovo le caratteristiche di diversi prodotti e servizi, come ha fatto per
esempio il Cirque du Soleil nel mondo del circo».
Nella quarta fase, invece, gli innovatori Big Bang
attaccano i mercati esistenti in modo totale (Nunes e Downes parlano di “undisciplined strategy”),
offrendo prodotti o servizi che possono essere
Potreste essere
un “danno collaterale”
La Big Bang Disruption può provenire da settori
completamente diversi dal vostro, avverte Nunes.
«Potete trovarvi improvvisamente di fronte concorrenti non soggetti ai vostri vincoli, che non seguono le “regole” del vostro settore e forse non
intendono neanche competere con voi: potreste
essere un “danno collaterale” nel loro sforzo frenetico di trovare nuovi mercati e accaparrarsi clienti. L’immediatezza delle Big Bang Disruption spazza via in un istante piani strategici “alla Michael
Porter” preparati meticolosamente».
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management | Big b ang d i s r u pt i on, l’ i nnovaz i o n e c h e rivo l uz io n a in t e ri se t t o ri e c o n o mic i
nello stesso tempo migliori, più economici e più
personalizzati non a un solo gruppo di utenti, ma
a tutti (o quasi) i potenziali clienti, contraddicendo
qualsiasi strategia competitiva precedente.
Possono permettersi di sperimentare molti nuovi prodotti o servizi con bassissimi rischi, abbandonando i prototipi che non funzionano senza rimetterci, e sapendo che basta che ne funzioni uno solo
(“unencumbered development”). E infine puntano
su una curva d’adozione dei prodotto e il servizio
che “collassa” le classiche cinque fasi (innovator,
early adopter, early majority, late majority e laggard) in due sole - trial user, e tutti gli altri – passando dalla tradizionale forma a “campana” a una
sorta di “pinna di squalo”.
Da Amazon Kindle
alle creme antietà di Fujifilm
«Per sopravvivere alle Big Bang Disruption, e
per sfruttarle, occorre capire il nuovo ciclo di vita
dell’innovazione, che si articola in quattro fasi:
Singularity, Big Bang, Big Crunch, ed Entropy».
La Singularity si basa sulla sperimentazione a
basso costo e rischio di molte combinazioni di tecnologie (spesso già esistenti), fino a trovare quella
giusta. Il Kindle di Amazon per esempio ha sfondato dopo anni di tentativi di molti vendor di lanciare
un e-book reader, perché è uscito nel momento
giusto con il giusto modello di business. Spesso
la combinazione perfetta si trova grazie ai “truth
tellers”, esperti di settore con una profonda conoscenza delle nuove tecnologie e di cosa vogliono
i consumatori. «Possono essere dipendenti, analisti, operatori di canale o persino clienti, e sono
molto difficili da individuare».
La seconda fase è il vero e proprio “Big Bang”, in
cui dopo aver testato positivamente il prodotto/
servizio su un certo numero di “trial user”, l’innovatore lo propone a tutti. Ottenere enormi volumi
di vendita in tempi molto rapidi è oggi possibile
grazie alla diffusione immediata di informazioni,
pareri e consigli tramite internet e i social network.
Quando la nuova combinazione “dirompente” di
«Oggi le mappe per smartphone sono gratuite,
sempre aggiornate e integrate con email,
contatti, web e altre App. Nei mesi dopo
il rilascio di Google Maps Navigation,
i principali produttori di navigatori GPS hanno
perso l’85% della capitalizzazione di mercato»
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tecnologia e modello di business si affaccia sul
mercato, tutti lo sanno subito.
La fase Big Crunch concentra l’attenzione sugli
operatori tradizionali di un mercato (incumbent)
che riescono a sopravvivere alla Big Bang Disruption. Come? Grazie a manager che resistono alla
“tempesta” e intraprendono azioni decisive, a
volte traumatiche, vendendo, chiudendo o trasformando alcuni o tutti i business dell’azienda, e
puntando su punti di forza intangibili (expertise,
brand, brevetti, persone) più che sugli asset fisici,
che in una disruption perdono sempre valore.
Nunes ha citato il settore delle pellicole fotografiche, devastato dall’avvento del digitale: «Kodak è collassata, ma Fujifilm no, perché ha saputo
diversificare nei cosmetici anti-age, basati sulla
stessa tecnologia antiossidante che si usa per non
far sbiadire le immagini sulle pellicole». Per gli incumbent, inoltre, a volte occorre anche saper rinunciare a tecnologie che possono ancora rendere
per qualche anno, pur di farsi trovare pronti per
la prossima ondata d’innovazione: è quel che ha
fatto per esempio Philips anticipando il passaggio
dalle lampadine a bulbo a quelle a LED».
Cosa succederebbe
se lo Smartphone...?
Infine la fase Entropy, in cui l’innovazione Big
Bang ha dispiegato totalmente i suoi effetti: il
vecchio settore è morto, un altro è sorto dalle
sue ceneri, alcuni “incumbent” sono scomparsi
e ne sono nati altri. In questa fase sono fortemente critici aspetti come le modalità di riciclo
o liquidazione degli asset (fabbriche, tecnologie,
reti di distribuzione, ecc.) che erano strategici
prima del “Big Bang”. Intere supply chain sono
coinvolte: «Quello degli smartphone è un settore
che ora vende miliardi di prodotti, ma il fatturato dei produttori è piccolo rispetto all’indotto di
componenti, periferiche (case, caricatori, cuffie,
ecc.), App, servizi di connessione e così via: cosa
succederebbe a questi se lo smartphone venisse
oscurato da qualche innovazione Big Bang?»
m a nage m e nt | Bi g b ang d i s r up t io n , l’ in n ova z io n e c h e rivo l uz io n a in t e ri se t t o ri e c o n o mici
Quanto ai nuovi “incumbent”, è cruciale la capacità di lanciare o metabolizzare altre innovazioni “astraendo” il proprio modello così da diventare una piattaforma che supporta altri business,
come ha fatto Amazon.
«Alla fine il collasso del vecchio settore è cla-
moroso tanto quanto il sorgere del nuovo - conclude Nunes -: spesso rimane uno solo dei vecchi
incumbent, al servizio delle esigenze dei clienti
più fedeli, che continuano a comprare o mantengono i prodotti precedenti all’innovazione Big
Bang. Ma ripeto: uno solo».
“Disruption” in Italia,
i casi Car2Go ed Enjoy
umberto bertelè
School of Management
Politecnico di Milano.
Presidente Advisory
Board ICT4Executive.
Autore di “Strategia”
(Egea)
La prefazione dell’edizione italiana del libro “Big
Bang Disruption” di Nunes e Downes è stata scritta
da Umberto Bertelè, Ordinario di Strategia e sistemi
di pianificazione al Politecnico di Milano, dove è
stato tra i fondatori del corso di studi di Ingegneria
Gestionale.
Nella prefazione, Bertelè si sofferma sulle motivazioni
del “salto di qualità” dell’innovazione negli ultimi
anni, e sui possibili impatti “Big Bang” anche su
settori inattesi, come banche, sanità e università.
Ma soprattutto analizza criticamente le categorie di
“disruption” citate nel libro.
Una di queste per esempio riguarda i modelli di
“sharing economy”, che privilegiano la disponibilità
o condivisione rispetto al possesso. «Un esempio è
Airbnb, che ha avuto una recente valutazione implicita
di 10 miliardi di dollari, superando la capitalizzazione
di grandi catene come Hyatt e InterContinental. Nata
nel 2008 come sito per offrire case private e stanze in
tutto il mondo, è citata una dozzina di volte
nel testo:
il suo
business
model
basato
sullo sharing si pone in concorrenza, soprattutto
nella fascia media e bassa, con quello classico
alberghiero».
Recentissimo, continua Bertelè, è il successo
anche in Italia di iniziative di car sharing come
Car2Go (Daimler) e Enjoy (Eni), che sarebbero
state impossibili senza gli smartphone e le App
per l’attivazione del servizio e lo stesso uso del
veicolo: iniziative che in prospettiva – con il
crescere del traffico e dei costi dei parcheggi –
favosiscono la parziale sostituzione del possesso
privato di auto con flotte a uso collettivo. Inoltre
contestato in Italia, ma in forte espansione in altri
Paesi, è il modello di Uber (anch’essa citata ben
12 volte nel libro) e di start-up simili, che allarga
– sfruttando smartphone e App – la disponibilità
di servizi auto con conducente, con riflessi vissuti
come “disruptive” dai tassisti.
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m a n ag e m e nt
di
Didier Bonnet
Global Practice Leader e Executive Sponsor
Capgemini Consulting
Diventare
digital master:
il momento
è adesso
Una ricerca, realizzata con il supporto
dell’MIT, ha passato al setaccio 400 imprese
non hi-tech analizzando l’attitudine all’utilizzo
delle tecnologie digitali e verificando che
i comportamenti virtuosi hanno un impatto
significativo sulle performance.
«La trasformazione digitale è come una
maratona, non si improvvisa e richiede
leadership: ma non ci sono alternative»
Nike, Burberry, Starbucks, Codelco e Asian Paints
sono colossi di settori estremamente diversi. Cosa
possono avere in comune? Il fatto di essere “digital
master”, cioè “maestri della trasformazione digitale”. Sono aziende capaci di trarre vantaggio dalle
tecnologie digitali, nonostante il loro cambiamento
continuo, raggiungendo progressi inimmaginabili
nell’organizzazione delle proprie attività.
È proprio di queste organizzazioni che si parla nel
libro “Leading Digital: Turning Technology into Business Transformation”, che ho scritto con i ricercatori
George Westerman e Andrew McAfee del Massachusetts Institute of Technology (MIT).
Volevamo capire come la tecnologia digitale fosse
stata adottata da quelle aziende - il 90% e più del
mercato mondiale - che non producono tecnologia
e individuare quali fra queste la utilizzino oggi per
ottenere vantaggi strategici. Basandosi sull’analisi di oltre 400 imprese di tutto il mondo e di vari
settori, Leading Digital identifica dunque principi e
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azioni per una digital transformation di successo. In
tutti i settori e ovunque nel mondo abbiamo trovato
società che stanno facendo cose eccezionali grazie
alla tecnologia. Abbiamo cercato di sistematizzare
questo scenario attraverso due dimensioni principali. La prima è la “digital capability”, ovvero come si
investe in tecnologia. Questa dimensione rappresenta il “che cosa” della digital transformation, l’investimento materiale da fare. La seconda è il “come”, la
“leadership capability”, che rappresenta il modo in
cui la tecnologia è introdotta nell’organizzazione per
trasformare i processi, il modo in cui gli investimenti
digitali abilitano il “vantaggio digitale”. Questa dimensione rappresenta la roadmap da seguire per la
trasformazione.
una classificazione
Per rendere le cose più semplici abbiamo creato
una matrice con la digital capability e la leadership
m a n ag e m e n t | Div e n ta re d ig ita l ma st e r: il mo me n t o è a d e sso
capability come dimensioni - e classificato le società in quattro categorie: i “beginners”, i “fashionistas”, i “conservatives”, i “digital master”.
Nella prima categoria rientrano coloro che ancora non stanno facendo investimenti in tecnologia, o
perché appartengono a settori con scarsa propensione al cambiamento, o perché sono vincolati da
normative, o ancora perché si comportano da follower: aspettano che siano gli altri a fare da pionieri.
In netta contrapposizione ci sono i fashionistas,
coloro che investono immediatamente sulle novità
e in modo massivo. È quanto accade ad esempio nel
settore B2C, alle banche e alle società di prodotti
di largo consumo: si fanno esperimenti in ogni direzione del digitale, e il Mobile permea qualunque
iniziativa. A volte anche esagerando. Uno dei casi
più interessanti è quello di una banca in cui abbiamo riscontrato la presenza di circa 70 applicazioni
Mobile che grossomodo facevano la stessa cosa
in differenti parti del mondo, provenienti da 5 o 6
fornitori diversi e del tutto incompatibili tra loro. In
queste società manca ovviamente una vision d’insieme.
All’angolo opposto ci sono i “conservatives”,
coloro che guidano bene il cambiamento, ma che si
concentrano solo su una piccola parte del business.
Asian Paints, una delle più grandi società asiatiche
produttrici di vernici, che ho menzionato in apertura, ha iniziato con un piccolo investimento nella
supply chain, con un atteggiamento decisamente
conservatore. Ma quando ha visto gli ottimi risultati raggiunti, anche in termini di guadagni, ha esteso
l’uso delle tecnologie digitali anche ad altri ambiti
di business. I conservatori sono spesso frenati dalle
regolamentazioni: pensate ad esempio alle società
farmaceutiche che per investire dovrebbero ottenere l’approvazione da parte delle autorità e quindi
sono frenate nel coinvolgere le varie aree di business nel cambiamento.
Infine ci sono i “digital master”, che riescono a
trovare il giusto mix tra entrambe le componenti,
sfruttando gli investimenti in tecnologia digitale per
trasformare le proprie performance di business. Sono
quelli che hanno trasformato le proprie attività attraverso precisi investimenti digitali e grazie a un’intelligente ed efficace leadership di cambiamento.
La profittabilità delle aziende analizzate dalla ricerca (rispetto alla media)
fashionistas
I digital master
hanno performance superiori agli
altri, sia in termini di
fatturato generato
(9%) sia in termini di
profittabilità (26%)
digital master
+26%
digital capability
-11%
Base: 400 aziende
-24%
+9%
beginners
conservatives
leadership capability
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management | Di v e ntar e d i gi tal m as t e r : i l m ome n t o è a d e sso
Dal punto di vista finanziario poi abbiamo riscontrato che i digital master hanno in media performance superiori agli altri, sia in termini di fatturato
(9%), sia in termini di profittabilità (26%).
Ma per inquadrare esattamente i digital master
innanzitutto è necessario capire che cosa si intende esattamente con digital capability, in termini
di miglioramento delle prestazioni. Le aree chiave
che compongono questa dimensione sono tre: la
“customer experience”, i “processi operativi” e il
“business model”.
Il primo punto di forza delle aziende digital master
è quindi la capacità di “migliorare la customer experience”, ridisegnandola a partire da dati affidabili sui
clienti - partendo quindi dalla conoscenza dei comportamenti su cosa, come, perché e quando -, per
arrivare poi a pensare ad applicazioni studiate ad hoc
e facilmente fruibili. Questo non è affatto banale.
Nonostante i tanti soldi investiti nel CRM, tuttora
molte aziende sono carenti in questo ambito. Tra i
pochi casi d’eccellenza ci sono Burberry e Vail Resort,
la società che gestisce la località sciistica di Vail, in
Colorado, che conosce con esattezza chi arriva ai
suoi impianti, quando e quanto scia, e quanto tempo
passa al bar. Una volta consolidato il processo per
conoscere il cliente, ci si può concentrare sul come
migliorare il contatto con il mercato e individuare gli
investimenti “smart” da fare in tecnologie digitali.
Starbucks, la grande catena internazionale di caffetterie, è un altro ottimo esempio di digital transformation: infatti ha capito bene come integrare
le tecnologie nel proprio business e in quest’ambito
sta facendo grandi cose, tra cui l’uso delle App per la
fidelizzazione, l’adozione del mobile payment e l’uso spinto del wi-fi. Infine, se da un lato è necessario
personalizzare, “targettizzare” i dati relativi ai clienti
in modo da renderne l’analisi fondata, dall’altro è
anche fondamentale integrare l’esperienza fisica e
quella digitale con continuità. Chi entra da Burberry
può ancora guardare dal vivo e toccare il soprabito, la
giacca, la borsa, ma al contempo può anche contare
su una shopping experience digitale, grazie all’utilizzo della realtà aumentata.
Il secondo punto di forza è la digitalizzazione dei
processi operativi, le operation, che invece è ancora
in fase embrionale, anche se sta crescendo abbastanza velocemente. L’aspetto interessante è che
molti dei vincoli che valevano nel passato (tempo,
carta, conoscenza personale, distanze fisiche) oggi
non esistono più. È incredibile pensare ad esempio quante leve d’azione ha disposizione uno store
manager di Seven Eleven – la catena che possiede il
maggior numero di punti vendita al mondo – in termini di allestimento di negozio, di corner, di espositori. E il digitale esalta tutti questi margini d’azione,
permettendo di superare i vincoli tradizionali, miglio| 42 |
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rando non solo l’efficienza e la produttività, ma anche la collaborazione tra le persone. Questa è quella
che comunemente si definisce agilità di business.
Infine il terzo punto: per quanto ci risulta, appena
il 15% delle aziende è riuscita a cambiare il modello
di business attraverso le tecnologie digitali. È sicuramente più complicato intervenire su questa dimensione rispetto alla customer experience o alle operation. Abbiamo individuato cinque scelte:
• reinventare il settore – come ha fatto ad esempio
Uber nei trasporti;
• sostituire prodotti e servizi - come hanno fatto ad
esempio le società postali;
• inventare nuovi business digitali - Apple e Nike
hanno creato rispettivamente delle App e nuovi
ecosostemi di prodotti;
• riconfigurare i modelli di delivery - come nel settore B2b, dove il digitale permette di connettersi
direttamente al cliente finale senza danneggiare il
canale di distribuzione;
• ripensare la proposizione del valore. In quest’ultimo caso un buon esempio è la società assicurativa
Tokyo Marine, che vende microassicurazioni attraverso la sua App.
L’importanza della leadership
È curioso che molti analisti, esperti e studiosi che
abbiamo interpellato ci hanno detto che la trasformazione in atto parte dal basso, con i giovani, la
cosiddetta generazione Y, che stanno ridisegnando
i modelli da zero. Ma nella ricerca non abbiamo trovato nessun esempio concreto di questo. In realtà i
progetti di digital transformation sono sempre top
down, e per avere successo devono essere trainati da
un management forte.
In conclusione, la trasformazione digitale va affrontata ora, attivando un circolo virtuoso che comprende il supporto alla trasformazione, la definizione
accurata della sfida digitale, la focalizzazione degli
investimenti, e la “mobilitazione” dell’organizzazione. Questo circolo è attivo in tutti i casi di digital
master. Perché dico che va affrontata subito? Perché
è come una maratona, non si improvvisa. Vediamo
arrivare un’ondata di nuove tecnologie: non è solo
innovazione, è innovazione in continua accelerazione, e le organizzazioni devono prepararsi a integrare
continuamente nuove tecnologie, a gestire tempestivamente i cambiamenti tecnologici. E il problema
è che probabilmente non ci sarà un’alternativa: occorrerà per forza fare così.
Articolo tratto dalla presentazione di Didier Bonnet tenuta all’Oracle OpenWorld a San Francisco
lo scorso ottobre
intervista
di
manuela gianni
Barilla trasforma
il lavoro con
lo smartworking
Con un progetto partito nel 2013, la
multinazionale italiana ha introdotto
la possibilità di lavorare in modo flessibile,
ovunque e in qualunque momento, grazie a
nuovi strumenti di comunicazione digitali
e nuove metodologie: un successo
per l’azienda e per le persone coinvolte
Alessandra Stasi
Human Capital Organization
Development and People Care Director
barilla
A metà del 2013, Barilla ha avviato un progetto di smart
working che oggi coinvolge 1.600 persone in tutto il
mondo, pari circa la metà di tutti i white collar del gruppo multinazionale. Una piccola rivoluzione che ha trasformato in positivo il modo di lavorare delle persone,
portando vantaggi per l’azienda e grandissima soddisfazione per le persone.
Che cosa significa in concreto smartworking per il
Gruppo Barilla? «Significa tre cose. Innanzitutto, lavorare dovunque, comunque e in qualunque momento. In
secondo luogo vuol dire utilizzare gli spazi in un modo
diverso: abbiamo lavorato molto nelle varie sedi per
riorganizzare gli uffici intorno alle attività di collaborazione, di comunicazione, di concentrazione individuale,
che oggi possono essere fatte anche da remoto. Il terzo
aspetto sono le tecnologie digitali», spiega Alessandra
Stasi, Human Capital Organization Development and
People Care Director del Gruppo, che oggi impiega nel
mondo circa 8.000 persone, con un fatturato superiore
a 3 miliardi di euro e 30 siti produttivi (14 in Italia e 16
all’estero), tra cui 9 mulini gestiti direttamente.
La tecnologia ha avuto un ruolo fondamentale. «Oggi
la comunicazione avviene utilizzando strumenti diversi,
il face to face è diventata una delle tante modalità: si
sono aggiunti instant message, link, whatsapp, sms,
videoconferenze, mail. In realtà l’utilizzo della mail si è
ridotto, è diventata un po’ più formale, a favore invece
di altri tipi di comunicazione più veloci».
Per favorire l’utilizzo delle tecnologie digitali, Barilla ha
organizzato degli open day di formazione e creato dei
bar aperti a tutti in cui è possibile incontrare i colleghi
dell’IT e sciogliere dubbi e perplessità. «Ci siamo accorti
che non tutte le persone sapevano usare le tecnologie
come ci saremmo aspettati», racconta la manager.
Oltre a questo, si è lavorato per definire nuove pratiche e per permettere ai manager di gestire al meglio la
flessibilità e la virtualità introdotte dai nuovi strumenti.
«I manager stanno cambiando, diventando più smart,
capaci di coordinare le persone nel nuovo ambiente
virtuale: sono diventati degli attivatori, in grado di fare
empowerment. Mi ha colpito che questa modalità così
flessibile, aperta, virtuale, ha portato un grande rigore e
molta disciplina, un forte senso di responsabilità nell’utilizzare gli strumenti che l’azienda mette a disposizione,
mai compromettendo i risultati di business».
Barilla ha potuto verificare attraverso focus group
e questionari l’entusiasmo verso le nuove modalità di
lavoro, constatando che il cambiamento ha portato anche un positivo ritorno in termini di qualità del lavoro
e anche di creatività. «Abbiamo ottenuto sicuramente
un migliore bilanciamento delle sfere privata, sociale e
professionale delle persone. Il secondo vantaggio è stato l’aumento della produttività grazie a una maggiore
concentrazione, specie per certe tipologie di lavoro. L’altro aspetto positivo è una forte spinta alla diversity: c’è
molta personalizzazione, siamo andati incontro a bisogni
diversi. Ultimo ma non ultimo, che non ci aspettavamo,
è il supporto all’innovazione, nel senso che alcune attività come leggere dei paper e informarsi hanno trovato
un ambiente più favorevole», conclude Stasi.
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I N TE R V IS TA
di
manuela gianni
intervista ad
Aldo Papa
Chief Engineering
e Procurement Officer
gruppo Autogrill
Autogrill,
l’innovazione
che rende più
piacevole la sosta
Il Gruppo è ormai presente in 30 nazioni, con
il 70% del fatturato generato fuori dall’Italia,
e ha riorganizzato i processi passando da una
vision per singolo Paese a team centralizzati.
Aldo Papa, responsabile a livello globale delle
attività di Procurement, spiega gli obiettivi
della trasformazione e i vantaggi ottenuti nella
gestione dei fornitori, grazie anche alle nuove
piattaforme tecnologiche
La sosta all’Autogrill è un piccolo piacere che tutti gli
italiani amano concedersi quando sono in viaggio. Un
caffè, un trancio di pizza o un pasto completo, serviti rapidamente e di buona qualità, sono immancabili
durante i trasferimenti, che siano per lavoro o per le
vacanze.
Non molti sanno però che oggi Autogrill, quotata
in Borsa dal 1997, è una multinazionale, presente in
30 Paesi con 55mila dipendenti e un portafoglio di
250 marchi: numeri che ne fanno il primo operatore
al mondo nei servizi di ristorazione per chi viaggia - in
macchina ma anche in treno e sempre più in aereo -,
nonchè una delle più grandi imprese italiane (è controllata dalla finanziaria della famiglia Benetton). Un
primato del made in Italy, dunque, che nasce declinando nei vari Paesi la tradizione alimentare italiana,
esportando con successo un format innovativo.
Attualmente l’Italia rappresenta il 30% del fatturato complessivo del Gruppo, pari a circa 4 miliardi di
euro nel 2013, che si ripartisce equamente tra Euro| 44 |
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pa e Stati Uniti. Nel passato più recente l’attenzione
si è focalizzata su Middle East e Far East e nel 2014
sono stati aperti nuovi punti di ristoro in Vietnam,
Indonesia, Turchia e Russia. La strategia punta su
mercati con una prospettiva di traffico crescente: se
in Italia la maggior parte dei punti vendita sono sulle
autostrade, nei mercati esteri il canale più importante
sono gli aeroporti.
Il modello di business prevede standard e format
simili ma declinati nelle varie geografie, nella convinzione che sia importante soddisfare le diverse abitudini alimentari e le tradizioni locali, fondendole con le
componenti tipiche della ristorazione italiana.
Nuovi processi per
un’organizzazione globale
Tre anni fa l’azienda ha avviato una fase di transizione importante rivedendo l’assetto organizzativo
con una prospettiva transnazionale. È passata, cioè,
I NTE R V I STA | A ut o g ril l , l’ in n ova z io n e c h e re n de p iù p iac e vo l e l a so s ta
«Il processo di gestione degli acquisti in Europa
riguarda circa 5.000 articoli e 500 fornitori
e già da anni è stato digitalizzato. Le nuove
relazioni transnazionali con i fornitori ci
permettono di trovare sinergie, far leva sui
volumi, avere più coerenza negli assortimenti»
da un’articolazione del business su base geografica,
con un Managing Director con responsabilità sul singolo Paese, a funzioni di staff a livello globale, più
orientate al servizio al cliente.
«Gradualmente sono state portate a fattor comune le diverse linee di business, come il Marketing,
gli acquisti, la divisione Engineering e Contractor,
l’ICT, le risorse umane, creando team che forniscono
servizi alle varie organizzazioni nazionali», spiega
Aldo Papa, manager di lungo corso dell’azienda che
in questa trasformazione è passato tre anni fa dal
ruolo di Managing Director per l’Italia a responsabile per tutto il Gruppo di due importanti aree: il
Procurement, ovvero tutti gli acquisti di beni e servizi, e l’Engineering & Construction, ovvero i lavori
di edilizia dei nuovi punti di ristoro e la ristrutturazione di quelli esistenti. «Abbiamo lavorato molto
per definire i processi e le nuove responsabilità,
portando all’interno dei team tutte le competenze e
risorse che operavano a livello di singolo Paese, con
una centralizzazione che è logica, non fisica. Oggi
lavorano insieme persone che si trovano nei diversi Paesi, soprattutto in Europa dove l’integrazione
è molto avanzata, grazie anche alla disponibilità di
tool per la collaborazione, che sono un elemento
essenziale».
In questa trasformazione, il processo di gestione
degli acquisti ha un ruolo chiave: in Europa riguarda
circa 5.000 articoli e 500 fornitori e già da anni è stato
digitalizzato, utilizzando la piattaforma tecnologica
sviluppata da BravoSolution. «Si sono aperte opportunità straordinarie - dice Papa -. Le nuove relazioni
transnazionali con fornitori ci permettono di trovare
sinergie, far leva sui volumi, avere più coerenza negli
assortimenti».
La gran parte degli acquisti di Autogrill riguarda
gli ingredienti alla base dei cibi serviti: anche se nei
punti vendita si vendono prodotti a scaffale food e
non food, l’attività prevalente è quella dei bar e dei
ristoranti. «I primi 20 fornitori rappresentano circa il
50% dell’acquistato, ma abbiamo una lunga lista per
cogliere le specificità territoriali, che caratterizzano la
nostra offerta rispetto ad altri operatori Food & Beverage», specifica il manager.
Centralizzando gli acquisti, la società ha quindi
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INTERVI STA | auto gr i l l , l’ i nnova z i one che r e nd e p iù p iac e vo l e l a so sta
potuto generare sinergie su una parte importante
dell’assortimento, lasciando al team locale la quota
residua. Per gestire il processo di Procurement, Autogrill ha deciso di dotarsi di strumenti avanzati di Analisi della spesa, forniti da BravoSolution, già fornitore
del software che permette oggi all’azienda di avere
una gestione interamente digitalizzata del processo
Procure-to-Pay.
Una visione completa sugli acquisti
«Quando abbiamo avviato il processo di integrazione della funzione Procurement a livello europeo,
abbiamo subito capito che era essenziale comprendere quale fosse la baseline. Senza un linguaggio comune non avremmo potuto realizzare le sinergie che
erano la ragion d’essere della riorganizzazione. Come
spesso succede alle aziende internazionali, specialmente quelle che come Autogrill si sono sviluppate
per acquisizioni e fusioni, non avevamo una base di
dati omogenea in Europa: anche dove utilizziamo lo
stesso ERP, le codifiche a livello locale non consentivano in modo agevole di ricondurre il tutto a un livello di visibilità adeguato. La soluzione di Analisi della
Spesa di BravoSolution ci ha consentito in pochi mesi
di avere visibilità sul 100% dei nostri acquisti a livello
europeo».
È stato dunque creato un albero merceologico
standard che rende possibile effettuare analisi puntuali per fornitore, per Paese, per settore, incrociando
i vari assi, in modo da poter monitorare le performance nel tempo. Il “nuovo” sistema vendor management
permette un più articolato dialogo con i fornitori, in
ottica di miglioramento continuo della relazione.
«Aggiorniamo la spending analysis su base trime-
strale - specifica il manager. Si tratta di istantanee
ripetitive che permettono di misurare i miglioramenti
rispetto al periodo precedente. È chiaro che avere una
base fornitori consolidata, che garantisce qualità e
puntualità, ha un effetto positivo sul servizio al cliente, oltre che sulla competitività».
L’analisi della spesa è solo il più recente tassello in
una soluzione completa che ha l’obiettivo di garantire trasparenza e tracciabilità di tutte le transazioni,
come ogni azienda quotata è tenuta a fare.
Qualifica dei fornitori, attività negoziale e gestione
dei contratti avvengono attraverso la piattaforma dedicata e da diversi anni sono utilizzate le negoziazioni
online. «Quando parliamo di acquisiti tecnici in ambito
costruction oppure di commodity, che sono centralizzati al 100%, possiamo con grande facilità gestire negoziazioni su capitolato, con fornitori prequalificati.
Ma c’è un altro aspetto importante, che è quello della
condivisione delle informazioni. «In un team transnazionale è assolutamente fondamentale che il patrimonio conoscitivo di un singolo diventi patrimonio
dell’organizzazione», sottolinea Papa. E conclude:
«Un team di Procurement non lavora in isolamento e
non può non tenere conto di quello che succede nelle
altre direzioni aziendali: operiamo in piena integrazione con il marketing, con la logistica, con la qualità
e con la contabilità fornitori per assicurare che quello che compriamo sia disponibile nei tempi giusti nei
punti vendita e che le transazioni si chiudano con il
pagamento».
La collaborazione interfunzionale, agevolata dalla
tecnologia, risulta dunque indispensabile per gestire
l’intero ciclo Procure to pay secondo criteri di massima efficienza e tracciabilità.
Espansione, l’ultima frontiera è il sud-est asiatico
L’ultima frontiera dell’espansione internazionale di Autogrill è il Sud-Est asiatico: un recente
esempio è l’accordo - attraverso la divisione HMSHost International, focalizzata sugli aeroporti
- per una nuova concessione in Indonesia nello scalo di Bali (Ngurah Rai) il terzo del Paese per
traffico passeggeri, che prevede la realizzazione di 5 nuovi locali, da cui la società stima di poter
ricavare circa 25 milioni di euro nei 5 anni di durata del contratto. Questi store si aggiungono ai
16 punti vendita annunciati nel novembre 2013 presso l’aeroporto di Bali-Ngurah Rai e gli scali
di Surabaya-Juanda e Balikpapan-Sepinggan.
Intanto in Vietnam, a seguito dell’accordo siglato per la gestione di oltre 80 store ad aprile 2013
con Imex Pan Pacific Group, principale operatore di ristorazione del Paese, Autogrill ha avviato
l’apertura di 27 punti vendita negli aeroporti internazionali di Ho Chi Minn, Hanoi e Nha
Trang. I nuovi locali genereranno ricavi complessivi stimati per circa 160 milioni di euro nel
periodo 2015-2025.
Le nuove aperture rappresentano la prosecuzione di un percorso che, in linea con la strategia di
espansione nei Paesi emergenti, consentirà al Gruppo di avere una presenza sempre più globale
e capillare.
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INTERVISTA
di
intervista a
manuela gianni
Nicola Cordone
Senior Vice President
Sia
Pagamenti da Mobile,
l’Italia che innova
Se è vero che si fa ancora tanto uso del cash,
sul Mobile e sulle prepagate il nostro Paese
può giocare un ruolo importante in Europa.
Lo spiega Nicola Cordone di SIA, che
racconta le numerose iniziative in campo:
«Sui pagamenti NFC siamo partiti da due
anni e ora il servizio è operativo, mentre si
affacciano novità, come Mobile couponing,
ticketing e pagamenti Person to person»
Le promesse si sono avverate. Conclusa la lunga fase
delle sperimentazioni, il 2014 è stato l’anno del definitivo decollo dei pagamenti NFC in Italia. Ma è stato
anche un anno di grande fermento a livello internazionale, con l’annuncio di Apple Pay e tante altre
novità. Con Nicola Cordone, Senior Vice President di
SIA, facciamo il punto sull’evoluzione del mercato.
Nel 2014 sono partiti i primi servizi commerciali italiani ma abbiamo visto anche l’ingresso nel
mercato di nuovi player. Quali scenari si stanno
aprendo nell’ambito del Mobile Payment?
Il mercato inizia ad avere valori significativi: secondo le stime di Capgemini, nel 2014 ammonta a circa
300 miliardi di euro con un incremento di oltre il 60%
rispetto al 2013. La crescita si accompagna a una forte evoluzione che coinvolge attori diversi, oltre alle
banche. Ci sono innanzitutto le Telco, che vedono
nei pagamenti da cellulare un’opportunità di crescita
per far fronte alla pressione competitiva che stanno
subendo: pensiamo, ad esempio, alla riduzione degli
sms portata dai nuovi servizi di instant messaging.
Negli ultimi mesi abbiamo assistito al lancio dei servizi commerciali NFC: Vodafone con CartaSi e MasterCard, tramite la piattaforma SIA, ha lanciato la carta
prepagata Smartpass, che può essere dematerializzata nello smartphone per i pagamenti contactless,
mentre TIM ha risposto con SmartPAY, realizzata con
Intesa Sanpaolo e Visa.
I circuiti internazionali sono partner delle banche
ma hanno iniziato a offrire anche soluzioni proprie, in
competizione diretta, ampliando così il loro posizionamento nella value chain. Ma i concorrenti più pericolosi
sul mercato sono le grandi dotcom, come Apple, Amazon, Google e Paypal: hanno una base clienti molto ampia, offrono una elevata user experience e sono dotate
di una capacità di investimento formidabile.
In questo scenario di competizione crescente,
come possono le banche mantenere il loro ruolo?
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INTERVI STA | Paga m e nt i da M obi l e , l’ I tal i a che i n n ova
«Telecom Italia, Vodafone, BNL, Intesa
Sanpaolo, Mediolanum, Poste Italiane e UBI
stanno già offrendo il servizio di Mobile
Payment NFC. I numeri sono ancora piccoli
ma la user experience è molto efficace»
Le banche stanno spingendo da tempo sull’Internet banking e sui canali digitali, ma devono accelerare sull’innovazione e offrire alla clientela soluzioni
sicure, semplici e su scala globale. In un primo momento hanno trascurato la minaccia che arrivava
dalle Internet Companies, ma oggi è evidente che
devono reagire: basti pensare che PayPal ha conquistato in pochi anni il 20% del mercato dei pagamenti
su web.
Peraltro, la riduzione a livello europeo delle interchange fee, ovvero le commissioni interbancarie
cross border, ha eroso non poco la marginalità delle
carte di debito e di credito. E non è finita, visto che
nei prossimi mesi diminuiranno in modo sensibile le
commissioni sulle transazioni domestiche che rappresentano oltre il 95% di quelle totali. Un recente
studio di Boston Consulting Group stima una contrazione del fatturato delle banche in Europa pari a
8 miliardi di euro l’anno, solo per effetto del calo di
queste commissioni.
Gli istituti italiani si sono già mossi su più fronti, in
particolare sull’NFC, un ambito in cui gli investimenti sono partiti due anni fa: oggi nel nostro Paese è
davvero possibile pagare avvicinando lo smartphone
al POS, senza digitare il PIN per importi inferiori a 25
euro.
Nei pagamenti NFC l’Italia è all’avanguardia, dunque...
Telecom Italia, Vodafone, BNL, Intesa Sanpaolo,
Mediolanum, Poste Italiane e UBI stanno già offrendo il servizio. I numeri sono ancora piccoli ma la user
experience del pagamento è molto efficace. Anche
l’infrastruttura è operativa: sono stati sostituiti più
di 300mila POS e tutti i nuovi terminali che vengono
installati sono dotati di tecnologia NFC. Gli esercenti
sono pronti, anche perchè in circolazione abbiamo
già 7 milioni circa di carte contactless. E anche le
nuove SIM, ora, sono NFC.
Ma l’aspetto più importante riguarda la creazione
di un ecosistema nazionale dei pagamenti contacless
tra telco e banche: un modello collaborativo unico,
anche a livello europeo, che consente a tutti i loro
clienti di usare i servizi NFC e caricare, con la massima flessibilità, qualunque tipo di carta. Un’innovazione che si sta estendendo ora anche alle soluzioni
di couponing.
Che ruolo ricopre SIA in questo ecosistema?
Siamo stati i primi in Europa a lanciare una piattaforma aperta. Operiamo come Trusted Service
Manager, un abilitatore dei pagamenti NFC, ovvero
mettiamo in collegamento banche, telco e imprese,
garantendo interoperabilità. Grazie a SIA il cittadino
può usufruire di un servizio che è disponibile qualunque sia l’operatore telefonico, la banca, il cellulare
NFC e lo strumento di pagamento scelto, che si tratti
di carta di debito, credito o prepagata, sia MasterCard che Visa.
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IN T E RVISTA | Pag a me n t i da M o b il e , l’ I ta l ia c h e in n ova
«L’unico modo per le banche di contrastare
i colossi del mondo Internet è unire le forze,
guardando al mercato di oltre 400 milioni
di correntisti europei, per competere
su larga scala»
Quale sarà l’impatto di Apple Pay in questo contesto?
Il lancio di Apple Pay è la principale novità di questi ultimi mesi. Un fatto molto positivo, perchè conferma che l’NFC è la tecnologia del futuro e quindi
che gli investimenti fatti in Italia vanno nella giusta
direzione. La soluzione di Apple è particolarmente
semplice, e questo aiuterà la diffusione dei pagamenti contactless: per registrare la propria carta
nello smartphone basta fotografarla o recuperarla
da iTunes e inoltre si utilizza l’impronta digitale al
posto del PIN.
Ci sono anche delle ombre ed è difficile prevedere quale sarà l’impatto in Europa quando il servizio
arriverà, perchè il modello utilizzato negli Stati Uniti
non è sostenibile. Per ogni acquisto Apple trattiene
infatti una percentuale pari allo 0,10-0,15% del valore
del transato, ma in Europa e in Italia i margini sono
molto più bassi rispetto agli USA. Attualmente anche
negli States non tutte le reazioni sono state positive: sta nascendo un sistema alternativo, CurrentC,
spinto da alcuni importanti merchant che punta sul
pagamento attraverso il bonifico, proprio in risposta
a Apple.
Google intanto sta spingendo il modello HCE...
Il modello di Google, che prevede la memorizzazione della carta nel Cloud, è un’alternativa alle soluzioni che ospitano il secure element nella SIM oppure
nel telefono. Nella filiera non è previsto l’operatore
telefonico.
Al momento, però, ha una base raggiungibile limitata: funziona solo su smartphone con sistemi
Android 4.4 e superiori, che sono di più dell’iPhone
6 che supporta Apple Pay, ma ancora pochi. Il modello SIM based, invece, è per tutti. La competizione fra questi diversi sistemi farà comunque bene al
mercato ed è difficile dire oggi quale sarà il modello
vincente.
Quali sono le più recenti novità introdotte da SIA
in questo ambito?
Il nostro obiettivo è sempre quello di fornire servizi innovativi e contribuire a trainarne lo sviluppo nel
mercato nazionale e internazionale.
Di recente abbiamo lanciato per primi in Europa
una soluzione “Person to Person” (P2P) denominata
Jiffy, per trasferire denaro fra persone in tempo reale e in modo facile, come mandare un messaggio su
WhatsApp, associando l’IBAN al numero di telefono.
Siamo ottimisti: abbiamo già sottoscritto accordi
con diverse banche, che coprono oltre il 60% dei
conti correnti italiani e pensiamo a breve di arrivare all’90%. La prospettiva è di lanciare il servizio in
alcuni Paesi europei visto che è basato su un bonifico Sepa e che diversi primari gruppi bancari stranieri hanno già dimostrato forte interesse su Jiffy.
Inoltre, è prevista una versione “Person to Business”
(P2B), ad esempio per pagare un taxi o gli acquisti in
negozio.
Siamo poi impegnati nello sviluppo del wallet, che
si sta arricchendo di nuovi servizi relativi a bollette,
canoni, coupon: abbiamo contribuito al lancio di diversi wallet tra cui Wow di Chebanca!, una soluzione
innovativa che semplifica i pagamenti su internet.
C’è anche l’area del mobile ticketing dove intendiamo arrivare a realizzare una soluzione unica a livello
italiano, come alternativa a esperienze verticali presenti in alcune regioni. Non è semplice ma provate a
immaginare i vantaggi di avere un solo biglietto nazionale sullo smartphone. Inoltre, siamo coinvolti in
diversi progetti di smart city che partiranno a breve.
Qual è, in conclusione, il messaggio di SIA per il
mondo bancario?
Siamo convinti che l’unico modo per le banche
di contrastare i colossi del mondo internet è unire
le forze, guardare al mercato di oltre 400 milioni di
correntisti europei, per competere su larga scala. È
il senso di Jiffy. Non ci sono fee da pagare ai circuiti
internazionali e si porta avanti con forza la guerra al
contante. Le banche hanno tutte le carte in regola
per vincere questa partita: abbiamo creato insieme
una roadmap per l’evoluzione del servizio e siamo
certi che la community diventerà sempre più grande.
È indubbio che l’Italia può avere un ruolo importante in Europa: se è vero che si fa ancora tanto uso
del cash, sul fronte dei servizi di pagamento mobile
e delle carte prepagate siamo già indiscussi protagonisti.
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Speciale “digital marketing”
di
Marta Valsecchi
school of management
politecnico di milano
Il futuro
dei Servizi Mobile
per il Consumer
Una ricerca del Politecnico di Milano ha
analizzato circa 630 startup che offrono nuovi
servizi e tecnologie nel processo di relazione
tra aziende e consumatori finali. Emergono
interessanti innovazioni tecnologiche e di
business, che delineano possibili direttrici di
innovazione che vedremo svilupparsi in questo
settore nei prossimi anni. Ecco alcuni esempi
in ambito Mobile Wallet e Mobile Advertising
La School of Management del Politecnico di Milano ha
promosso nel 2014 una nuova iniziativa, “Startup Intelligence”, con l’intento di favorire la contaminazione tra
il mondo delle startup digitali e alcune imprese italiane
aperte e curiose, che puntano sull’innovazione come
fattore critico di successo e vogliono comprendere
meglio gli spunti creativi e innovativi che arrivano da
questo comparto economico. L’esperienza in questo
campo ci ha confermato, infatti, che le startup digitali
rappresentano non solo un’occasione per incrementare
l’innovazione della Direzione ICT, ma anche una via alternativa per investire in ricerca e sviluppo, e un modo per
arricchire il proprio “sistema” di offerta, diversificare il
proprio business, incrementare l’innovazione all’interno
dell’organizzazione.
Le startup analizzate
Fra le diverse attività svolte nell’ambito di “Startup Intelligence”, la School of Management ha rea| 50 |
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lizzato una Ricerca che ha analizzato circa 630 startup operanti nel mercato Mobile consumer, ovvero
che svolgono attività mirate al supporto del processo di relazione tra aziende e consumatori finali. Sono
state considerate aziende finanziate a livello internazionale da investitori istituzionali a partire dall’inizio
del 2012.
In particolare, sono stati identificati 7 ambiti applicativi differenti che fanno riferimento al supporto
nelle diverse fasi
del processo di relazione: Mobile
Wallet, Mobile Advertising, Mobile POS e sistemi di
accettazione pagamenti Mobile, Mobile commerce,
Mobile service, soluzioni tecnologiche verticali a
supporto della creazione di servizi Mobile più ampi
e altro.
Complessivamente le startup analizzate hanno
ricevuto finanziamenti per oltre 4,5 miliardi di dollari: la stragrande maggioranza ha ottenuto meno
di due milioni di dollari, ma il 2% ha ricevuto più di
50 milioni di dollari, e quest’ultimo gruppo è quasi
Speciale “digital marketing”
tutto concentrato nell’ambito Mobile Commerce e
nella categoria Mobile POS e sistemi di accettazione
pagamenti Mobile.
L’analisi è particolarmente interessante perchè
anticipa il futuro: le startup presentano innovazioni
tecnologiche e di business che delineano alcune delle
possibili direttrici di innovazione che vedremo svilupparsi in questo settore nei prossimi anni. Il forte
grado di innovatività sta anche destando l’interesse
degli “over the top” (ad esempio Google, Facebook,
Amazon, Yahoo!) che negli ultimi anni hanno acquisito alcune di queste startup per integrare i loro servizi
nel proprio business.
Tra le principali innovazioni di business riscontrate
citiamo qui, in particolare, quelle relative a due ambiti di attività, i Mobile Wallet e il Mobile Advertising.
I Mobile Wallet hanno come obiettivo la digitalizzazione del portafoglio dell’utente finale, in particolare la digitalizzazione di coupon, carte fedeltà e/o
carte di pagamento, carta d’identità, ecc. All’interno
di questa macro-categoria, è possibile distinguere le
startup che offrono solo funzionalità di pagamento,
da quelle che supportano solo le promozioni e/o la
loyalty fino ad arrivare a quelle che supportano tutte
queste attività. Si affiancano, poi, le realtà che si occupano di gamification (ovvero creano programmi di
loyalty e reward innovativi per il consumatore finale)
e quelle che gestiscono le ordinazioni in- store (essenzialmente in ambito ristorazione).
In questo ambito le novità riguardano la possibilità di offrire ai merchant nuovi canali di distribuzione
delle proprie offerte e soluzioni di gamification per
premiare l’utente non solo per gli acquisti, ma anche
per altri comportamenti virtuosi nei confronti della
marca. Altre aree di innovazione riguardano l’opportunità data agli utenti di conoscere il punto vendita
più vicino in cui risparmiare in funzione della propria
lista della spesa, di utilizzare la medesima applicazione per coupon, carte fedeltà e carte di pagamento in
molteplici punti vendita e di effettuare ordinazioni
in-store (soprattutto nell’ambito ristorazione) direttamente dal proprio Smartphone.
Un altro ambito in cui le startup sono molto attive è il Mobile advertising. Qui troviamo le realtà che
offrono servizi a supporto dell’acquisto di spazi pubblicitari su Mobile; all’interno di questa macro-categoria è possibile suddividere ulteriormente le startup
tra quelle che aggregano una miriade di publisher
(ad-network), quelle focalizzate su una o più attività di Programmatic advertising, coloro che offrono
formati di advertising innovativo (come il native advertising o i Rich Media), chi è specializzato in targeting evoluto dell’audience e/o ha piattaforme di
Data Management Platform, chi offre supporto nella
definizione di una strategia di Mobile Advertising
o nella creatività; infine, abbiamo incluso in questa
categoria, seppur in maniera leggermente impropria,
anche le startup che si occupano di attività di marketing per le Mobile App (per esempio application store
optimization o A/B testing).
Le novità più interessanti fanno riferimento, in
particolare, alle soluzioni che puntano a massimizzare l’efficacia dell’investimento pubblicitario attraverso informazioni mirate sul target, e monitorandone i risultati in real-time.
Le principali innovazioni: dall’indoor
positioning all’App engagement
Fra le innovazioni tecnologiche più significative meritano di essere
segnalate le seguenti.
• soluzioni tecnologiche di indoor positioning (basate su sistemi
Bluetooth Low Energy – BLE, wi-fi, ecc.) per raccogliere
informazioni sui consumatori in punto vendita e attivare azioni di
marketing push volte ad aumentarne la shopping experience;
• piattaforme tecnologiche di Programmatic advertising per la
compravendita di spazi pubblicitari in real time e attraverso
piattaforme automatizzate, in modalità data-driven (ovvero
con il supporto di soluzioni di targeting evoluto – a livello di
posizione geografica, comportamento e interessi dell’audience);
• sistemi di raccolta e analisi dei dati di comportamento dei propri
utenti (analytics). Per esempio analisi in tempo reale dei dati
di utilizzo dei Mobile Wallet per attivare azioni di marketing
contestuali; sistemi di analytics che tracciano sia le performance
dell’advertising (da dove arriva l’utente), sia i comportamenti dentro
l’App, sia il posizionamento negli store per offrire all’azienda una
visione complessiva dell’efficacia delle proprie attività sulle App;
soluzioni di App engagement, che consentono di monitorare il
comportamento dei consumatori all’interno dell’App e di attivare
azioni di marketing push differenziate per cluster di utenti (per
riattivare, per esempio, gli utenti dormienti).
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Speciale “digital marketing”
Monica Gagliardi
Responsabile eCommerce, CRM e Partnership
ovs
“Digital shopping
experience”, OVS
punta su Mobile
e Concept Store
Il punto vendita di via Dante a Milano,
aperto da pochi mesi, è la punta di diamante
di una strategia omnicanale che permea tutto
il gruppo italiano di fast fashion retail.
Il percorso inizia già fuori dal negozio, grazie
all’App, ai social e al proximity marketing,
mentre all’interno si può passare da un canale
all’altro integrando l’esperienza online con
quella fisica
Il “concept store” di via Dante a Milano, aperto lo scorso 29 maggio, è solo la punta di diamante di una strategia di “digital shopping experience” che permea tutto il
gruppo OVS, ha spiegato Monica Gagliardi, Responsabile eCommerce, CRM e Partnership del gruppo di fast
fashion retail italiano, al recente convegno dell’Osservatorio Innovazione Digitale nel Retail del Politecnico
di Milano. «La nostra scelta è stata di credere nell’omnicanalità, perché abbiamo 14 milioni di clienti che utilizzano più canali di comunicazione, e non potevamo
non seguire il loro naturale percorso».
Il marchio OVS è al primo posto tra i retailer in Italia nel mercato dell’abbigliamento per donna, uomo e
bambino (fonte Mintel, 2013), e ha una riconoscibilità
altissima nel nostro Paese (97%, secondo Doxa), grazie
alla storicità del marchio, apparso nel 1972, e alla diffusa presenza sul territorio nazionale attraverso la rete
di 580 negozi, a cui se ne aggiungono 110 all’estero, e
circa 150 a marchio Upim.
«Lo store di via Dante a Milano è stato l’occasione di
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introdurre tante innovazioni, a partire dal versante architettonico, grazie alla collaborazione con l’architetto
Vincenzo De Cotis, e da quello dell’eCommerce, grazie al
quale riusciamo a portare la “store experience” in tutta
Italia - spiega Gagliardi -. Ma soprattutto all’interno di
questo store abbiamo messo a punto, anche attraverso
una partnership strategica con Google, il percorso ottimale del nostro cliente, che secondo noi comincia già
fuori dal negozio, dove attraverso pc e device mobili si
possono raccogliere già molte informazioni, e continua
all’interno, dove si può passare da un canale all’altro integrando l’esperienza online con quella fisica».
Il filo conduttore dell’intera customer experience è la
App di OVS, disponibile gratuitamente su Apple Store
e Google Play, che ha interfacce con tutti i device presenti nello store. «L’App è fondamentale per la nostra
strategia ominichannel, non solo perché moltissimi
ormai preferiscono navigare con device mobili - come
verifichiamo giorno per giorno, le vendite eCommerce
si stanno fortemente spostando verso il Mobile -, ma
Speciale “digital marketing”
Camerini virtuali,
totem multimediali,
una Mobile App creata
ad hoc per accedere
in tempo reale alle
informazioni sui
prodotti, assistenti alla
vendita muniti di iPad.
Tutto ciò si può vivere
nei 900 metri quadri
dello store hi-tech
di OVS di via Dante
a Milano
perché attraverso l’App appunto si ha la possibilità di
fare moltissime cose. Per esempio navigare nel nostro
catalogo, comprare prodotti, creare wish list, ricevere
informazioni sui prodotti tramite lettura del bar code,
individuare lo store più vicino, rimanere sempre aggiornato su news ed eventi».
Ma anche fornire servizi davvero innovativi come
“cerca una taglia”, quando in negozio non si trova un
determinato modello, taglia o colore: «Semplicemente
attraverso la App e fotografando il barcode il cliente
può acquistare il prodotto desiderato online, o vedere
qual è il negozio più vicino in cui è disponibile. Questo
è un servizio al cliente ma anche un’opportunità per
noi: secondo nostri dati interni, il 30% dei clienti che
escono dai nostri negozi senza aver acquistato nulla lo
fanno perché non c’è la disponibilità di un determinato
modello, colore o taglia».
L’App inoltre si integra con dispositivi innovativi
pensati per i negozi fisici, e attivi nel negozio di via
Dante. Uno è il “magic fitting room”, il camerino “intelligente”, nel quale - spiega Gagliardi - con un semplice
tasto si può vedere come “sta” il capo d’abbigliamento
anche sulla parte posteriore del corpo, grazie a una visione a 360 gradi, e condividere foto dei capi indossati
in camerino sui social». Un altro è il tablet iPad di cui
sono dotati tutti i venditori nel negozio: «Il cliente che
all’interno del camerino scopre che la taglia non è giusta può leggere il barcode del capo e mandare un messaggio che arriva sull’iPad del venditore, per cui riceve
la conferma della presa in carico della sua richiesta».
Un altro ancora è costituito dai chioschi interattivi,
che offrono anch’essi le funzionalità avanzate viste
finora (ricerca di disponibilità in altri store, acquisto
via eCommerce, ecc.), o comunque assistono il cliente
nella sua esperienza in negozio.
«L’ultima novità che abbiamo appena lanciato in
20 negozi si chiama OVS Connection Message (vedi
riquadro, ndr), una tecnologia di proximity marketing
con cui riusciamo a comunicare attraverso l’App anche
nelle immediate vicinanze del negozio, incoraggiando
l’ingresso del cliente nei nostri store, e poi guidandolo
con notifiche push che hanno non solo l’obiettivo di
spiegare le caratteristiche dei prodotti, ma anche di
offrire promozioni e quindi favorire l’acquisto».
Anche il canale social, conclude Gagliardi, viene affrontato da OVS nell’ambito della strategia generale di
customer experience: «L’obiettivo sui social è di creare
la bidirezionalità: non solo vogliamo comunicare, ma
anche creare un’esperienza interattiva con i clienti e
coinvolgerli, per esempio attraverso contest - come
quello per creare la “gift card” di Natale, che è stata in
vendita in dicembre nei nostri store -, voto dei look, e in
generale iniziative che ci danno feedback fondamentali
sia per capire le tendenze del gusto nell’abbigliamento,
sia per definire sempre meglio l’esperienza nei nostri
negozi».
E ora l’App invita anche
a entrare nel negozio
Di recente OVS ha annunciato l’adozione di Connection Message,
piattaforma di proximity marketing per velocizzare il dialogo con
i clienti nei negozi (in-store) attraverso l’App OVS. I clienti che si
trovano in un raggio di 200 metri da un negozio OVS (per ora solo
nell’area di Milano) ricevono un invito sul loro smartphone a entrare
nel punto vendita, dove potranno toccare con mano tutte le novità e
promozioni messe a loro disposizione.
Grazie poi alla radio in-store e alle antenne iBeacon i clienti sono
seguiti nella loro shopping experience attraverso notifiche push che
riguardano prodotti, prezzi e promozioni in funzione delle aree del
negozio in cui si trovano. Inoltre possono utilizzare alle casse dei
coupon digitali personalizzati, semplicemente facendo passare il
proprio smartphone sul lettore di bar code.
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Speciale “digital marketing”
Il Mobile trasforma
il Marketing: nasce
il Visual Storytelling
C’era una volta l’sms, un messaggio fatto di poche parole, molto semplice e forse proprio per questo protagonista per anni del mondo della comunicazione. Ora i
messaggi, sms o WhatsApp, sono diventati il punto di ingresso per nuove forme di comunicazione e di Marketing
innovative. Su questo ha costruito il proprio successo The
Box Company, startup fondata da Roberto Calculli in Puglia che oggi ha sedi a Milano, Barcellona e Palo Alto, in
California, dopo essere stata selezionata da ICE fra le più
innovative società italiane invitate a partecipare lo scorso
anno al Mobile World Congress di Barcellona. La società
ha sviluppato The Digital Box, una piattaforma di Digital
e Mobile Marketing che permette di unire a un sms tradizionale o a un messaggio WhatsApp uno short link che
apre una landing page ottimizzata per gli smartphone.
Il successo è stato rapidissimo: la piattaforma è oggi
distribuita da 200 rivenditori in 22 Paesi nel mondo, in
Europa, Usa, Colombia, Venezuela, Ecuador, Spagna,
Romania. «Una promozione è efficace se si riesce a coinvolgere il cliente, interagire, creare una relazione, dare la
possibilità di provare un servizio, e lo smartphone è oggi
il mezzo ideale», sottolinea Calculli.
Il punto di forza della soluzione, su cui si sono concentrati gli investimenti tecnologici in questi anni, è la
facilità con cui è possibile creare la landing page e i costi
contenuti: «Non c’è bisogno di competenze particolari,
di un programmatore o di un web designer, perchè tutto
avviene attraverso il drag and drop, trascinando cioè le
immagini in un form già definito», spiega l’imprenditore. Una sorta di smartphone virtuale, dove si inseriscono immagini e testi della campagna. Fondamentale, per
pe r u lt er i o r i i n f o r ma zioni...
www.t hedig italbox .net
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Sviluppata da una start up italiana
che sta vivendo una rapida crescita
in tutto il mondo, The Digital Box
è una piattaforma che unisce a un
messaggio di testo uno short link
che apre una landing page per gli
smartphone. Obiettivo: conquistare
i clienti narrando storie digitali
Roberto calculli
Fondatore e AD
The Box Company
il successo della promozione, è identificare una “call to
action” efficace, per esempio invitare la persona che
riceve il messaggio a chiamare un numero per prenotare un appuntamento, a inviare un sms o a recarsi in un
negozio magari seguendo una mappa, a rispondere a un
sondaggio compilando un form: in cambio si può offrire
un coupon, un omaggio, un premio. In questo modo si
ottengono redemption altissime.
Inoltre, tutte le attività dell’utente vengono tracciate:
è quindi possibile conoscere nel dettaglio il riscontro della
campagna, con un report sulle attività svolte che va ben
oltre al numero di aperture dei messaggi.
raccontare una storia per immagini
The Box Company ha presentato di recente la prima
piattaforma che consente di costruire in modo semplice racconti digitali in forma di Visual Storytelling.
Un’innovativa soluzione che permette di “sfogliare”
storie da smartphone unendo testi, immagini a contenuti multimediali quali video e audio. Un mezzo
originale per raccontare eventi, accompagnare il
lancio di nuovi prodotti o realizzare brochure digitali
interattive.
Speciale “digital marketing”
Toshiba disegna
il punto vendita
del futuro
Web e Mobile hanno radicalmente trasformato il settore
retail e le abitudini di acquisto dei consumatori. La omnicanalità è ormai una realtà: recarsi in un negozio fisico
o acquistare online, magari dallo smartphone, sono per
il cliente esperienze analoghe, sempre più integrate, con
il diffondersi di modelli come l’eCommerce con il ritiro in
store. Anche in Italia le esperienze innovative non mancano: in un periodo di riduzione dei consumi, i retailer sono
alla ricerca di modalità innovative per ingaggiare il consumatore, che vuole essere considerato come persona,
con specifici gusti e abitudini, e che desidera interagire a
360 gradi, tramite più punti di contatto, nel processo di
acquisto e nella relazione con il brand.
«Il consumatore deve trovare la stessa logica promozionale e la stessa meccanica di interazione in tutti i
punti di contatto con lo store, dal web al negozio fisico,
- spiega Roberto Rocchi, Direttore Commerciale di Toshiba Global Commerce Solutions (TGCS) Italia, fra i leader a
livello globale delle soluzioni innovative per il retail, nata
dall’acquisizione da parte di Toshiba della divisione di IBM
dedicata a questo settore. Serve un approccio congruente mentre finora il mercato si è mosso con soluzioni non
integrate fra di loro. Proponiamo soluzioni disegnate a
partire dai requisiti di business, pensando al punto vendita del futuro, cercando di anticipare le tendenze».
L’offerta, modulare e integrabile con i sistemi preesistenti, copre tutte le esigenze del retailer, dal front
end al back end, fino alla gestione delle relazioni con il
mondo esterno, come l’industria, le telco e gli attori del
mercato. Comprende dunque sistemi, software e applicazioni, come self scanning, chioschi, casse evolute, si-
Il settore retail si sta profondamente
trasformando per offrire ai clienti
un’esperienza d’acquisto sempre più
personalizzata e omnicanale.
«Il consumatore deve trovare la
stessa logica promozionale e la stessa
meccanica di interazione in tutti
i punti di contatto con lo store»
Roberto Rocchi
Direttore Commerciale
Toshiba Global Commerce
Solutions (TGCS) Italia
stemi per la gestione delle carte fedeltà, soluzioni per il
Mobile marketing, couponing e via dicendo. «Ingaggiare
il consumatore significa mettere a disposizione offerte e
promozioni personalizzate, in modo dinamico - specifica
Rocchi -. Toshiba sta effettuando forti investimenti nelle
aree più innovative, come le soluzioni per l’interazione fra
punto cassa e il mobile, o le piattaforme collaborative per
il service. Cerchiamo anche di fare da collante tra il mondo retail, l’industria e le Telco in particolare per il digital
couponing per i Mobile wallet».
Tra i progetti realizzati grazie alle soluzioni Toshiba
c’è quello di Coop Nordest. Nei punti vendita dell’insegna sono stati installati sistemi di self checkout e
self scanning, per permettere ai clienti di leggere i
codici a barre e pagare la spesa in autonomia, e chioschi che forniscono informazioni. È anche possibile
pagare in cassa bollettini e usufruire di altri servizi
come le prenotazioni. È stato inoltre implementato
un sistema di mobile couponing e promotion, che
fornisce molteplici servizi attraverso lo smartphone. Il
progetto ha previsto l’integrazione di dati provenienti da sistemi diversi, dentro e fuori dal punto vendita.
p er u lt er i o r i i n f o rma zioni...
www.t os hibacomm e rc e .c om
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Speciale “digital marketing”
Payback, il programma
fedeltà multipartner
ad alto tasso
di innovazione
PAYBACK è un innovativo programma fedeltà multipartner che supera il concetto dei tradizionali programmi
mono-marca e si posiziona come la naturale evoluzione
delle carte fedeltà.
Con PAYBACK infatti è possibile accumulare punti
con un’unica carta presso i tanti partner del programma: 3, Alitalia, American Express, BNL, Carrefour, Carrefour Banca, Esso, Goodyear Dunlop, Mediaset Premium
e oltre 50 partner online. I punti accumulati possono
poi essere trasformati in sconti immediati sui beni e sui
servizi dei partner stessi o possono essere utilizzati per
richiedere uno dei tanti premi del catalogo.
PAYBACK è nato in Germania nel 2000 ed è stato poi
acquisito nel 2011 dal Gruppo American Express che
ne ha accelerato il percorso di internazionalizzazione. Oggi è presente in Germania, Italia, Polonia, India,
Messico ed è in fase di lancio in molti altri paesi. Il programma è stato lanciato in Italia a gennaio 2014 e dopo
1 anno conta già più di 7 milioni di clienti attivi.
LA PIATTAFORMA DI MARKETING
E I CANALI DIGITALI
Oltre a essere un programma fedeltà, PAYBACK è
anche un’efficace piattaforma di marketing che offre
alle aziende che fanno parte della “coalizione” la possibilità di raggiungere la propria base clienti e quella
degli altri partner con offerte personalizzate sia online
che attraverso i canali tradizionali. Ha infatti sviluppato una propria piattaforma di marketing multicanale e
di Mobile Couponing che consente ai propri partner di
veicolare offerte personalizzate ai clienti in base ai loro
pe r u lt er i o r i i n fo r ma zioni...
www.payback .i t
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Attraverso una piattaforma
di marketing multicanale e di Mobile
couponing, vengono veicolate offerte
personalizzate ai clienti tramite
il canale preferito. in arrivo push
notification geolocalizzate, video
messaggi e nuove soluzioni
per smartphone
GHERARDO BISI
Head of Loyalty & CRM
PAYBACK Italia
comportamenti d’acquisto e indipendentemente dal
canale. Il cliente riceve le offerte tramite i canali che
preferisce (via e-mail, App, Mobile, SMS, direct mailing,
etc.) e sceglie quali coupon attivare tra quelli che gli
vengono proposti. I coupon vengono quindi automaticamente caricati sulla sua carta, che il cliente non deve
far altro che presentare al punto vendita per usufruire
delle offerte.
In arrivo nuove funzionalità
Nel 2015 PAYBACK introdurrà la funzionalità di push
notification geolocalizzate: i clienti che utilizzano la
App e che hanno dato l’autorizzazione potranno ricevere messaggi e offerte personalizzate in prossimità
dei punti vendita dei partner. A partire da febbraio
inoltre PAYBACK aumenterà ancora il livello di personalizzazione delle comunicazioni e introdurrà, per primo
in Italia, una nuova tecnologia per comunicare le offerte ai clienti tramite video personalizzati. A livello
internazionale inoltre sta testando una soluzione che
consente di far convergere gli strumenti di dematerializzazione della carta fedeltà, di couponing digitale in
mobilità, e di pagamento in un unico strumento che è
un’evoluzione dell’App.
advertorial
Navigare dallo smartphone:
con linkeb una nuova
user experience
L’Italia è ormai il primo paese in Europa per l’utilizzo di
smartphone, e gli Italiani sono diventati degli straordinari
consumatori digitali. A ottobre 2014, secondo le rilevazioni di Audiweb, 19 milioni di persone nel nostro Paese
hanno navigato su internet da dispositivi mobili.
Stiamo assistendo quindi a una vera e propria rivoluzione-evoluzione del web, sia tecnologica che economica,
che si sta trasformando in un’opportunità per le aziende
e per i consumatori. È arrivato il momento di pensare al
sito web per smartphone in un modo nuovo: deve essere
un sito realizzato in poco tempo, economicamente vantaggioso, e impostato con modelli predefiniti, specifici per
diversi settori di mercato.
Essere presenti, visibili e raggiungibili dagli utenti mobili, è fondamentale; un buon sito web è come un agente
di commercio, un venditore dell’azienda che parla il linguaggio dei clienti, disponibile 24 ore al giorno, 365 giorni
l’anno. E se è vero che il sito web è il primo venditore,
sempre pronto e reattivo alle domande dei clienti, un sito
mobile deve sfruttare tutte le possibilità di uno smartphone di ultima generazione.
Da questa considerazione nasce l’idea dei Bottoni di
Linkeb, che inseriti sul sito per Smartphone “invitano all’azione”: un “bottone di chiamata rapida” che abilita una
chiamata a un numero di telefono, un “bottone scrivici”
per mandare automaticamente un messaggio di posta
elettronica, un “bottone Navigatore” per avviare il navigatore e raggiungere subito l’azienda grazie alla geolocalizzazione, un “bottone Social” per condividere contenuti
sui social network, e un “Bottone Promo” per accedere a
pagine particolari, ad esempio di promozione o di vendita.
La società italiana propone la prima
piattaforma as a service Per creare siti
Mobile Con bottoni “click to action”:
Per far partire una chiamata telefonica
o una mail, per avviare il navigatore
e raggiungere subito l’azienda, per
condividere sui social network, per
accedere a una promozione
Michele Albertini
Direttore
Commerciale
Linkeb
Questa è la caratteristica vincente di Linkeb, la prima
piattaforma italiana erogata in modalità as a service per
creare siti per smartphone con Click to Action Button. Ovviamente con Linkeb è possibile realizzare anche siti per
tablet e PC, visibili ottimamente su tutti i sistemi operativi.
Linkeb nasce dalla passione di designer, esperti di marketing e tecnici con forti competenze nei servizi Web e
Mobile. Dal 2013 la direzione vendite è stata affidata a
Michele Albertini, che ne ha implementato lo sviluppo
commerciale in Italia e in Europa. «Oggi la nostra soluzione è stata adottata da oltre un migliaio di clienti in tutta
Italia, un numero in veloce crescita tanto da offrire Linkeb
in altri paesi europei, implementando una politica di internazionalizzazione grazie ad un modello go-to-market di
e-commerce e teleselling consolidato, avvalendosi di call
center italiani ed europei», dice Michele Albertini.
La società ha suscitato anche l’interesse di Paddy
Cosgrave, il creatore del Web Summit di Dublino, la più
importante conferenza tecnologica d’Europa: il team Linkeb è stato infatti invitato al Summit irlandese per due
anni consecutivi. Grazie ai bottoni integrati, Linkeb è dunque in grado di far vivere una nuova e diversa user experience, e permette ad aziende e organizzazioni di avere più
contatti e quindi, in definitiva, più clienti.
p er u lt er i o r i i n f o r m a zioni...
www.l i n k e b .i t
i nfo @md i g i t.i t
Tel. + 3 9 02 4 97 91 2 6 5
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os s e r vatorio
Saveria Coronese
Graziano Garrisi (foto)
Chiara Pascali
di
Digital & Law Department
Memoria digitale
e diritto all’oblio
Una recente sentenza della Corte di giustizia
europea consente di richiedere la rimozione
dalla rete delle informazioni che riguardano
un singolo individuo. Ma il desiderio
di “dimenticare ed essere dimenticati”
contrasta con l’esigenza di preservare
la memoria e la libertà di informazione,
e non deve essere interpretato come il diritto
di nascondere ciò che non ci aggrada
del nostro passato: un equilibrio difficile
La pratica della conservazione da parte di un singolo
individuo, un gruppo sociale o un’istituzione di elementi legati all’identità personale o collettiva, è da
sempre connessa alla consapevolezza del trascorrere del tempo storico e alla necessità di preservare la
memoria dall’usura del tempo.
Il processo educativo è per esempio una delle
principali applicazioni della necessità di conservare,
in quanto si configura come trasmettere e diffondere un sapere a un ampio numero di soggetti.
L’apprendimento della propria cultura è sempre
sostenuto dalla necessità di trasferire la memoria
collettiva alle nuove generazioni; spesso parlando
della storia e del passato ci si scontra su questioni
di autenticità o revisionismo, ma non è mai stata
messa in dubbio l’importanza di tenere costantemente traccia delle questioni nodali che possono,
attraverso la memoria storica, fungere da esempio
e insegnamento per il tempo futuro.
La rivoluzione digitale ha enormemente aumen| 58 |
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tato le capacità di archiviazione (storage), categorizzazione (classification), interpretazione (elaboration) e presentazione di qualsiasi documento o
dato materiale e/o immateriale. Questo comporta
un’ulteriore riflessione filosofica, soprattutto nel
momento in cui, attraverso il concetto di memoria
digitale, subentra anche quello di diritto all’oblio.
In seguito alla sentenza della Corte di giustizia
europea che garantisce, appunto, il diritto all’oblio,
Google ha ricevuto oltre novantamila domande di
rimozione, anche di alcuni link alle voci di Wikipedia.
Ma come si possono conciliare il diritto all’oblio, il
diritto all’informazione e il diritto a una memoria digitale affidabile nel tempo?
L’identità personale
L’interesse della giurisprudenza si è rivolto in un
primo momento verso la tutela dell’identità personale, diritto della personalità dal quale muove i
o sse rvat o rio | Me m o ria dig ita l e e dirit t o a l l’ o b lio
passi il diritto all’oblio. Quando si invoca la tutela
del diritto all’oblio si richiede che la propria identità
personale sia conforme alla realtà, ossia che ci sia
corrispondenza tra l’identità di una persona, intesa
in senso ampio come patrimonio intellettuale, politico, sociale, religioso, professionale di un individuo,
e quello che di essa viene percepito dalla società,
in osservanza della caratteristica di dinamicità che
contraddistingue tale diritto.
Il concetto di identità personale viene affiancato
all’idea di proteggere la persona nella sua dimensione attiva, nelle sue relazioni sociali, dandole la possibilità di distinguersi dagli altri per mezzo di criteri
sicuri che ne rispecchino il più fedelmente possibile
la personalità.
Il diritto all’oblio, anch’esso di origine giurisprudenziale, muove da questa nozione, profilandosi
come una traslazione del diritto all’identità personale che tutela l’identità attuale di un individuo.
Tramite il diritto all’oblio è data a un soggetto la
possibilità di estendere tale tutela anche al passato,
difendendo la sua identità personale anche quando
episodi appartenenti alla sua vita trascorsa incidano
negativamente su quella presente.
Il diritto all’oblio, che rimane indissolubilmente
legato al diritto di cronaca, accresce esponenzialmente la sua rilevanza con lo sviluppo della Rete
e in particolare con la conseguente digitalizzazione dell’archivio storico cartaceo di gran parte dei
quotidiani. La causa è facile a dedursi: la capacità
della Rete, superiore a qualunque altro mezzo di
comunicazione fino a questo momento utilizzato,
di diffondere le informazioni e conservarle a lungo,
impedendo gli effetti di “erosione” che il trascorrere
del tempo normalmente produrrebbe sulla memoria
umana.
Attraverso Internet, la circolazione di una data
informazione sfugge sia al controllo del soggetto
protagonista della notizia sia a quello di colui che
l’ha pubblicata.
Pubblicare sul web un archivio storico significa,
in seguito all’attività di indicizzazione del motore di
ricerca, riportare a galla notizie e fatti del passato,
rendendoli conoscibili a chiunque e in qualsiasi momento.
Ma perché il diritto all’oblio non venga, erroneamente, interpretato come il diritto tramite il quale nascondere ciò che non ci aggrada del nostro
passato e lasciare di dominio pubblico tutto quello
che riteniamo possa essere utilmente collegato alla
nostra persona - ovvero come un diritto arbitrario
- sono previsti dei limiti, con il fine di evitare che la
tutela di questo diritto non ne leda poi altri, uno fra
tutti il diritto di libera manifestazione del pensiero.
A tal fine, le informazioni già lecitamente divulgate non possono essere oggetto di nuova pubblicazione quando:
• sia trascorso un considerevole lasso di tempo dal
verificarsi dell’avvenimento;
• non siano accaduti dei fatti che rendano nuovamente attuale l’informazione;
• non sussistano dei requisiti di interesse pubblico o
rilevanza storica alla conservazione dell’articolo.
Gli obblighi di Google
Una recente sentenza della Corte di Giustizia
dell’Unione Europea del 13 maggio 2014, si è pronunciata sulla responsabilità del gestore di un
motore di ricerca su internet per il trattamento da
questo effettuato sui dati personali, diffusi in pagine web pubblicate da terzi. In questo caso il gestore
del motore di ricerca sarebbe il responsabile di tale
trattamento, in quanto le finalità e gli strumenti del
trattamento sono da quest’ultimo stabiliti e organizzati.
Ai sensi di quanto disposto, il gestore è obbligato
a eliminare dai risultati che compaiono in seguito
alla digitazione del nome di una persona sul motore
di ricerca i link che rimandano a pagine web pubblicate da terzi e che ospitano informazioni sul soggetto in questione, anche se la loro pubblicazione è
avvenuta lecitamente.
Tali informazioni, infatti, potrebbero riguardare
aspetti privati che sarebbero rimasti tali senza l’attività svolta dal motore di ricerca che invece li ha
messi alla mercé degli utenti della rete.
In seguito a questa sentenza i Garanti UE, nella
riunione di Bruxelles del 16 e 17 settembre 2014, hanno deciso di stabilire dei criteri comuni per mezzo dei
quali gestire i ricorsi e i reclami presentati da quegli
utenti che, alla loro richiesta di de-indicizzazione, si
sono visti opporre un rifiuto da Google.
Vista la quantità di ricorsi ricevuti dalle Autorità,
quest’ultime hanno sottolineato la necessità che i
motori di ricerca adempiano agli obblighi derivanti
dalla sentenza della Corte europea e, al fine di forwww.ict4executive.it
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osservatori o | M e m or i a d i gi tal e e d i r i t t o al l’ o b l io
nire una tutela più completa, hanno progettato la
creazione sia di una rete di “punti di contatto” che
consenta un continuo scambio di informazioni sia
di una “tool box” di criteri comuni, atta a “garantire
un approccio coordinato nella gestione dei ricorsi e
reclami presentati da utenti non soddisfatti della risposta fornita dai motori di ricerca”.
Inoltre le decisioni assunte sui ricorsi e reclami
sono inserite in un apposito database condiviso e
analizzate secondo uno schema che permette di far
venire alla luce le analogie o le differenze nelle singole valutazioni, soluzione molto utile specialmente
nei casi più complessi o che presentano aspetti mai
incontrati prima. Sono inoltre previsti incontri con i
rappresentanti dei motori di ricerca, degli editori e
dei media online per monitorare le questioni relative
alla fase di attuazione della sentenza.
La libertà di informazione
In linea generale bisogna però sforzarsi di effettuare un bilanciamento tra l’interesse di una persona a tutelare la propria vita privata e l’interesse in
capo agli utenti di internet di informarsi, secondo
quanto garantito dalla libertà di informazione.
Pertanto, per sciogliere questo contrasto e decidere quale interesse debba prevalere è necessario
considerare di volta in volta la natura dell’informazione, il grado di sensibilità di questa e l’interesse
pubblico alla ricezione della notizia che può sussistere o meno, ad esempio a seconda che il soggetto
abbia ricoperto in passato un ruolo pubblico che
rende interessante per i consociati l’acquisizione
delle informazioni a lui ricollegate.
L’interessato può richiedere direttamente al gestore del motore di ricerca la cancellazione, dall’elenco risultante dalla ricerca fatta a partire dal nome
di una persona, di informazioni e dati inadeguati,
non pertinenti, non più pertinenti oppure eccessivi
rispetto alle finalità per le quali sono stati trattati e
al tempo trascorso, eccetto che esistano delle motivazioni che legittimino un interesse pubblico all’acquisizione dell’informazione.
Allo stato attuale, pertanto, se il titolare o il responsabile del trattamento eventualmente designato non dovessero procedere a valutare la fondatezza
di tali pretese, la persona interessata potrà rivolgersi all’autorità di controllo o all’autorità giudiziaria in
modo che vengano svolte le dovute verifiche e, se
necessario, venga obbligato il titolare o il responsabile a compiere quanto prescritto.
A seguito di questa sentenza particolarmente
discussa, numerosissime sono state le richieste al
gestore del motore di ricerca per la cancellazione di
tracce indesiderate di vita passata sparse nel web.
Infine, a livello nazionale, il tema del diritto all’o| 60 |
www.ict4executive.it
blio è stato affrontato anche con riferimento al
settore pubblico, in quanto l’Autorità Garante per la
protezione dei dati personali ha emanato di recente
il provvedimento generale “Linee guida in materia
di trattamento di dati personali, contenuti anche
in atti e documenti amministrativi, effettuato per
finalità di pubblicità e trasparenza sul web da soggetti pubblici e da altri enti obbligati”, col quale ha
introdotto specifici obblighi in capo alle PPAA, finalizzati a prevenire l’illegittima diffusione sul web
dei dati dei cittadini e dei dipendenti pubblici, con
specifico riferimento anche alla tutela del diritto
all’oblio.
In tal senso, consigli molto utili sono stati forniti
in relazione alla reperibilità dei dati mediante i motori di ricerca esterni o “generalisti”: per garantire la
conoscibilità dei dati senza che essi vengano estrapolati dal contesto nei quali sono inseriti, infatti,
l’Autorità Garante raccomanda di non consentire
l’indicizzazione e la facile rintracciabilità degli stessi
attraverso i comuni motori di ricerca generalisti (es.
Google), anche mediante un’attività di deindicizzazione che consiste:
• nell’inserimento di metatag noindex e noarchive
nelle intestazioni delle pagine web;
• nella codifica di regole di esclusione all’interno di
uno specifico file di testo (file robots.txt) posto
sul server che ospita il sito web configurato in accordo al Robot Exclusion Protocol;
• nella rimozione di determinati contenuti, anche
in maniera automatizzata, mediante l’utilizzo di
sistemi di web publishing e Cms - Content management systems - in grado di attribuire, anche
mediante l’utilizzo di parole chiave, un intervallo
temporale di permanenza della documentazione
all’interno del sito istituzionale.
A causa della vasta diffusione delle tecnologie
digitali in organizzazioni pubbliche e private, i concetti di “logical presevation” e di “bit preservation”
potrebbero in alcuni casi essere in contrasto con
il diritto all’oblio degli interessati. La ricerca del
giusto bilanciamento di interessi potrebbe essere
quindi la chiave interpretativa e risolutiva di questa
problematica, ma tale attività non è sempre facile da
perseguire, perché gli interessi in gioco sono spesso
contrastanti.
Si potrebbe affermare, quindi, che il diritto all’oblio consente al presente e al futuro di una persona
di essere immuni alle ripercussioni negative del suo
passato. Però, perché la memoria sia salva e le libertà fondamentali altrui tutelate, è doverosa, nonché
giusta, una verifica dell’esistenza in concreto delle
condizioni che legittimano la presenza del diritto “a
dimenticare e a essere dimenticati”.
intervista
Il settore
assicurativo
evolve con
il digitale
BNP Paribas Cardif accompagna i propri
clienti nell’innovazione assicurativa: le nuove
tecnologie offrono una grande occasione
per innovare il business e introdurre nuovi
prodotti arricchiti da servizi telematici.
Verderosa: «Social, Mobile, device telematici
e dispositivi wearable cambiano l’interazione
cliente-compagnia»
Il settore assicurativo si trova di fronte a una scelta:
rinnovare il proprio modello operativo e di business
sfruttando le opportunità offerte dalle nuove tecnologie digitali, oppure lasciare che altri attori, magari di
settori totalmente diversi dal proprio, lo facciano al posto loro, esponendosi al rischio di perdere competitività. «In BNP Paribas Cardif abbiamo deciso di accompagnare i clienti in questa veloce evoluzione - spiega
Pierluigi Verderosa, Deputy General Manager della
società - creando una direzione di Ricerca&Sviluppo
costituita da persone che hanno maturato competenze ed esperienze trasversali in azienda. È un team
focalizzato sull’innovazione di prodotti, processi e servizi, sfruttando le nuove tecnologie e agendo come un
incubatore di soluzioni assicurative all’avanguardia».
«Siamo convinti che le nuove modalità di interazione “Social”, la forte crescita di utilizzo di dispositivi
mobili, i device telematici e i dispositivi wearable cambieranno l’interazione cliente-compagnia - prosegue il
manager -. Il cliente avrà una più frequente interazione
con la Compagnia mediante una proposizione più ricca
di servizi a valore, una maggiore chiarezza nelle relazione assicurativa, e infine un’offerta assicurativa personalizzata sulle effettive esigenze. Per la compagnia
sarà più facile selezionare e determinare il prezzo delle
polizze in modo puntuale, sfruttando nuovi modelli di
valutazione del rischio, tramite l’osservazione in tempo
reale delle informazioni».
Di recente, in collaborazione con il Politecnico di Milano, la società ha lanciato un’iniziativa (Cardif Open-
Pierluigi Verderosa
Deputy General Manager
BNP Paribas Cardif
F@b) rivolta a startup, imprenditori o studenti che
volessero contribuire all’innovazione del settore assicurativo con una idea. Durante l’edizione 2014 sono
state premiate 4 startup. «È la nuova sfida per il futuro,
un laboratorio creativo che ha l’obiettivo di sviluppare
nuovi prodotti e servizi sfruttando i principali trend di
innovazione digital, tech social», spiega Verderosa. La
prima edizione si è conclusa lo scorso ottobre, con la
premiazione di quattro idee innovative; lo sviluppo di
tali idee verrà facilitato per 12 mesi presso l’incubatore
del Politecnico di Milano (PoliHub), e supportato dal
team di ricerca & sviluppo di BNP Paribas Cardif con
il fine di convertire le idee selezionate in veri prodotti
commerciabili sul mercato. «Il nostro interesse è di ripetere questa esperienza anche quest’anno e di rendere Cardif Open-F@b un generatore di innovazione e
uno strumento di collaborazione tra l’assicurazione e le
startup», conclude il manager.
Nel 2013 BNP Paribas Cardif ha lanciato Habit@t, la prima assicurazione per la casa che integra i servizi telematici. Grazie alla habit@t
homebox , inviata direttamente a casa, il cliente può essere allertato
tramite App, sms o con una chiamata, se ci sono problemi come
ad esempio un allagamento, un incendio o problemi alla corrente
elettrica. Il cliente ha la possibilità di richiedere immediatamente
l’intervento di un tecnico specializzato e di conseguenza di ridurre
i danni sul nascere. Il prodotto è venduto tramite il sito cardif.it e
tramite il canale retail bancario e finanziario.
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I N TE R V IS TA
di
daniele lazzarin
Luxottica trasforma
la sua supply chain:
«Vogliamo gestirla
dall’inizio alla fine»
In una multinazionale globale a forte
integrazione verticale tutto ciò che riguarda
la programmazione della catena produttiva e
logistica assume un’importanza particolare.
Enrico Mistron, Senior Vice President Supply
Chain del gruppo, spiega il progetto New
Planning System (NPS) e le sfide per il futuro:
«Il mercato è fatto di cicli molto più brevi e
imprevedibili, l’unico modo per rispondere è
essere veloci e reattivi»
Luxottica è oggi uno dei casi di eccellenza del “Made
in Italy” più in vista a livello internazionale. Gli occhiali
che produce – per brand propri come Ray Ban, Persol
e Oakley, oltre al “marchio di fabbrica” Luxottica, o su
licenza di nomi come Bulgari, Burberry, Giorgio Armani,
Tiffany, Prada, Chanel – sono sul viso di centinaia di
milioni di persone in tutto il mondo, e i numeri sono da
multinazionale globale: 7,3 miliardi di euro di fatturato,
oltre 75 milioni di montature prodotte all’anno, 70mila
dipendenti e 7.000 negozi in 130 Paesi.
Eppure la sede amministrativa, dove si prendono
molte delle decisioni strategiche, è ancora ad Agordo,
un paesino di 4.000 abitanti nelle Dolomiti bellunesi,
dove l’azienda è nata nel 1961, e Luxottica resta una
delle realtà globali a più forte integrazione verticale.
Dall’approvvigionamento delle materie prime al design
delle montature, fino alla vendita nella rete di negozi di
proprietà, gran parte delle attività che portano un paio
di occhiali dalla mente del designer al viso del consumatore sono interne.
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Un percorso per trasformare
tutti i sistemi verticali
In una realtà del genere tutto ciò che riguarda il supply chain management assume quindi un’importanza
particolare, e negli ultimi anni l’azienda ha intrapreso
un progetto cruciale in quest’area, chiamato New Planning System (NPS), di cui abbiamo parlato recentemente con Enrico Mistron, Senior Vice President Supply
Chain di Luxottica Group, a margine dell’evento JDA
Focus Connect 2014 a Barcellona.
«Quattro anni fa Luxottica ha iniziato un grande percorso di trasformazione dei sistemi, e di conseguenza
dei processi organizzativi. È stato deciso di partire dalla
standardizzazione di tutti i sistemi ERP su SAP, e in un
secondo tempo di intervenire su tutti i sistemi verticali
a supporto delle decisioni di business». Il progetto NPS
riguarda appunto uno di questi ambiti, la gestione della
supply chain. «Che è considerato importante perché
IN T E RV ISTA | L ux o t t ic a t ra sf o rma l a sua sup p ly c h ain
Un gruppo multinazionale da 7 miliardi di euro
Fondata nel 1961 da Leonardo Del Vecchio, Luxottica oggi è uno dei principali gruppi
mondiali nel mercato degli occhiali di fascia alta, di lusso e sportivi, con oltre 7.000 negozi sia
nel segmento vista che sole. Tra i brand di proprietà figurano Ray-Ban, il marchio di occhiali
da sole più conosciuto al mondo, Oakley, Vogue Eyewear, Persol, Oliver Peoples, Alain Mikli e
Arnette, mentre i marchi in licenza includono tra gli altri Giorgio Armani, Bulgari, Burberry,
Chanel, Dolce & Gabbana, Prada, Tiffany e Versace. Oltre a una rete “wholesale” globale che
tocca 130 Paesi, il Gruppo gestisce alcune catene di ottica retail tra cui LensCrafters, Pearle
Vision e ILORI in Nord America, OPSM e Laubman & Pank in Asia-Pacifico, LensCrafters
in Cina, GMO in America Latina e Sunglass Hut in tutto il mondo. I prodotti del Gruppo
sono progettati e realizzati in sei impianti produttivi in Italia (dove si realizza la metà della
produzione globale), due in Cina, uno in Brasile e uno negli USA, dedicato agli occhiali
sportivi. Nel 2013 Luxottica Group ha registrato vendite nette per oltre 7,3 miliardi di euro.
Luxottica è un “manufacturer” - tutto ciò che supporta
la programmazione della produzione può dare vantaggi immediati di business -, e perché partivamo da una
situazione con tanti sistemi diversi e non ben connessi
tra loro, a cui dovevamo dare organicità».
Enrico Mistron
Senior Vice President
Supply Chain
luxottica
In ambito di supply chain, continua Mistron, la gestione dei flussi “fisici” e di quelli informativi è ormai
fortemente integrata. «Ogni anno introduciamo 10mila
nuove Sku (stock keeping unit, ovvero codici articolo,
ndr), e gestiamo oltre 25mila componenti acquistati,
20mila Sku di produzione, 70mila Sku attivi in magazzino, e sette diversi modelli di business. Questi flussi
fisici sono regolati da quattro flussi informativi: sviluppo nuovi prodotti, pianificazione e previsione domanda, pianificazione di approvvigionamenti e produzione,
pianificazione della distribuzione».
«Alle prese con un’enorme complessità»
Il progetto NPS si è concentrato inizialmente sul terzo di questi flussi, il sourcing & production planning,
realizzando un sistema informativo basato su soluzioni
software di vari vendor, con JDA Supply Chain Planning
come “spina dorsale”, integrato con i vari sistemi ERP
di Luxottica. Gli obiettivi principali sono l’integrazione
e sincronizzazione dei piani di tutti i prodotti finiti e
componenti, e il bilanciamento delle capacità degli impianti e delle scorte. NPS va considerato come il punto
di partenza di un percorso d’innovazione dei sistemi
verticali di gestione della supply chain, sottolinea Mistron: nei prossimi tre anni verranno affrontate le altre
componenti, quella di previsione e pianificazione della
domanda, e quella fondamentale della distribuzione.
«Siamo alle prese con un’enorme complessità, e
dobbiamo sempre pensare a come ridurla: parliamo di
decine di migliaia di codici, che non possiamo gestire
singolarmente e quindi dobbiamo “clusterizzare” per
gruppi omogenei; di una gamma di prodotti molto varia, con articoli a rapido turnover e articoli continuativi; di una domanda ben prevedibile per alcuni brand e
modelli, e molto meno per altri; e di molte opzioni per
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INTERVI STA | Luxo t t i ca t r as for m a l a s u a s u pply c h a in
«A prescindere dalla sede, business unit o divisione per cui
lavorano, le persone della “famiglia professionale” supply chain
in Luxottica devono avere chiaro il fatto che ogni anello della
catena è fortemente interconnesso con l’altro, e ogni decisione
che si prende a monte si riflette a valle e viceversa»
soddisfare questa domanda in termini di capacità, impianti, manodopera».
Il sistema di gestione della supply chain, continua
Mistron, opera automaticamente in base ad alcuni parametri definiti in fase di configurazione, ma c’è sempre un lavoro di “rifinitura” manuale, per cui Luxottica
ha ora tre diversi livelli di pianificatori di produzione:
capacity, central, e plant. «Ciascuno ha ruoli e compiti
diversi, è owner di alcune attività di pianificazione e
contributor di altre, ma tutti appartengono alla famiglia supply chain, e hanno obiettivi di servizi e di gestione scorte».
Una “famiglia professionale”
di 450 persone
In tutto il gruppo Luxottica nel mondo, le persone
che si occupano di supply chain sono circa 450. «Io
parlo di “famiglia professionale”, perché a prescindere dalla sede, business unit o divisione per cui lavora-
no, queste persone devono avere chiaro il fatto che
Luxottica ha l’ambizione di gestire la propria supply
chain dall’inizio alla fine, dall’acquisto del componente al riassortimento del negozio, dalla pianificazione
della domanda a quella della produzione, e che ogni
anello della catena è fortemente interconnesso con
l’altro, e ogni decisione che si prende a monte si riflette a valle e viceversa».
Le sfide oggi per una struttura di supply chain management in un gruppo come Luxottica sono quindi
essenzialmente due. «La prima è “organizzativa”, ed
è di riuscire a far capire ai miei clienti interni (i responsabili di vendite, marketing, prodotti, e così via) che
hanno un’intera organizzazione a disposizione per
vendere ai loro clienti non solo un prodotto bello e
qualitativamente eccellente, ma anche un servizio.
Avendo internamente il controllo di tutta la “pipeline”, comprese le fabbriche che sono di proprietà,
abbiamo la possibilità di fare grandi cose da questo
punto di vista».
Quattro obiettivi per una pianificazione globale
L’obiettivo del progetto NPS di Luxottica è una trasformazione dei processi di supply chain
articolata in 4 punti. Il primo è l’integrazione e sincronizzazione dei piani di tutti i prodotti
finiti e componenti: «Volevamo una visione centralizzata, estesa anche allo stabilimento cinese
di “decorations”, che ora nel sistema è visto come centro di lavoro interno, e non più come
fornitore», ci spiega Enrico Mistron, Senior Vice President Supply Chain di Luxottica Group.
Il secondo è la centralizzazione del Master Production Schedule, che unifica tutte le precedenti
istanze di produzione separate per i vari impianti.
Il terzo è il “level loading”, il bilanciamento delle capacità degli impianti e delle scorte,
«fondamentale in un business come il nostro, dove la forte stagionalità - soprattutto del
segmento occhiali da sole - deve conciliarsi con i vincoli di rigidità degli impianti di
produzione e in particolare delle risorse umane, visto che le competenze delle persone, che
fanno la qualità del nostro prodotto, non si possono improvvisare: è la supply chain che deve
compensare rigidità delle risorse e variabilità della domanda». Qui Mistron parla di obiettivi
misurabili, tra cui riduzioni del 15% del “back order” (in estrema sintesi il tempo d’attesa tra
ordine e consegna), e risparmi di 15-20 milioni di euro su un valore delle scorte totale di 240
milioni. Infine il quarto punto è la capacità di trattare il processo di “new product introduction”
a sé, con specifica gestione della domanda e politiche di copertura.
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IN T E RV ISTA | L ux o t t ic a t ra sf o rma l a sua sup p ly c h ain
Il monumento
all’occhiale
presso la sede
di Luxottica
ad Agordo
La seconda è operativa. «Il mercato è fatto ormai
di cicli molto più brevi e imprevedibili, l’unico modo
per rispondere è essere veloci e reattivi, anche dal
punto di vista della supply chain». Il progetto NPS
come abbiamo visto è un passo in questa direzione. «È paradossale pensare che i tempi di recupero
delle informazioni che servono alla supply chain per
poter pianificare oggi sono più lunghi dei tempi di
elaborazione delle informazioni stesse: le tecnologie
ci stanno mettendo a disposizione un grande potenziale per accorciare i tempi di risposta al mercato, e
noi dobbiamo organizzarci per poterlo sfruttare al
massimo».
ti vendita, l’attenzione - molto più forte dopo la crisi
economica - ai temi della gestione delle scorte, dei magazzini, del cash flow, dei riassortimenti “mirati”, della
pianificazione nel senso più lato».
L’IT supporta nuovi modelli
di collaborazione con il retail
Un esempio è il progetto “Stars”, che riguarda i
negozi di ottica: «Anziché andare a visitare il cliente
per raccogliere soltanto gli ordini, ora gli proponiamo
anche un servizio, la gestione dell’assortimento, indicandogli i modelli e brand che le nostre soluzioni di
analytics ci dicono che potranno vendere di più nella
sua situazione, e magari anche un servizio automatico di replenishment. Il titolare del negozio deve solo
metterci a disposizione le informazioni necessarie,
per esempio i dati di vendita, e gestire il negozio operativamente: noi pensiamo a tutto il resto».
Nel futuro, osserva Mistron, i dati social e in generale i Big Data avranno un impatto forte anche sul mondo
della supply chain, «e stiamo studiando come fare leva
su tutta la base informativa che abbiamo già per portare risultati al business. Ma negli ultimi anni ci siamo
già mossi per evolvere la supply chain attraverso l’IT,
supportando modelli innovativi di collaborazione che
riflettono i profondi cambiamenti in corso nel mondo
del retail: la concentrazione, l’aggregazione dei pun-
Un altro esempio riguarda clienti molto più grandi,
le catene di department store, soprattutto americani:
«Non è stato facile convincerli che scambiarci informazioni sarebbe stato vantaggioso per entrambe le
parti, ma quando abbiamo iniziato a collaborare con
uno, il passaparola ha aperto la strada ad altri accordi,
per cui oggi lavoriamo in collaborative planning con
Bloomingdale, con Nordstrom, e con tutti i più grandi
player in questo campo del mercato nord americano».
«È paradossale che i tempi di recupero delle
informazioni che servono alla supply chain
per pianificare oggi sono più lunghi dei tempi
necessari a elaborarle: le tecnologie ci mettono
a disposizione un grande potenziale, dobbiamo
organizzarci per sfruttarlo al massimo»
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Os s e r vato rio
di
DANIELE LAZZARIN
Gino Marchet
Responsabile Scientifico
Osservatorio contract logistics
SChool of management, POLitecnico di milano
Logistica sempre
più in outsourcing
L’acquisizione di servizi esterni vale ormai quasi
il 40% dell’intero mercato, con un fatturato
stimato in aumento per il 2014 e il 2015, fino
a superare gli 80 miliardi di euro. Cresce molto
chi fa business in settori tradizionalmente
a bassa incidenza di logistica conto terzi,
e chi “accompagna” i clienti che puntano
sull’internazionalizzazione. Le conclusioni
dell’Osservatorio Contract Logistics 2014
del Politecnico di Milano
Continua a crescere in Italia l’incidenza
dell’outsourcing sul mercato della logistica. Dal
2009 al 2012 infatti nel nostro Paese il fatturato
della Contract Logistics (ovvero appunto la logistica conto terzi) è andata ben oltre l’andamento del
PIL, salendo da 71,2 miliardi di euro nel 2009 a 77,3
miliardi nel 2012 (+8,5% in termini nominali e +1,2%
in termini reali).
Anche se la forte pressione sulle tariffe da parte
dei committenti, la difficoltà dei consumi in Italia,
e la contrazione dei flussi fisici hanno provocato
una battuta d’arresto nel 2012, con un calo del
2,3% in termini reali rispetto al 2011, le attese sono
di una ripresa della crescita: per il 2014 è stimato
un fatturato di 79 miliardi, e per il 2015 di 81 miliardi. Altro elemento positivo, come accennato, è che
anche se il fatturato è sceso, sempre più aziende
fanno ricorso all’outsourcing dei servizi di logistica, visto che il rapporto tra mercato di Contract
Logistics e mercato totale della logistica in Italia
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è salito dal 36,4% del 2009 al 39,1% nel 2012. Sono
questi i principali responsi della quarta edizione
dell’Osservatorio Contract Logistics della School
of Management del Politecnico di Milano, che però
mette in luce diversi altri concetti interessanti. Tra
questi la concentrazione del settore, e l’ascesa
della componente strategica dell’outsourcing logistico.
crescono la concentrazione
e l’outsourcing strategico
Nel primo caso i fornitori di servizi logistici sono
calati in numero del 9,4% in quattro anni, anche
se il fenomeno interessa principalmente i cosiddetti “padroncini”, diminuiti di oltre il 10% rispetto
al 2009. Nel secondo caso, il mercato reale della
logistica conto terzi in Italia (ossia il fatturato
diretto alle aziende committenti, escludendo gli
scambi interni alla filiera) è pari a quasi 43 miliardi
o sse rvat o rio | L o g ist ic a se mp re p iu in o ut so urc i ng
«In Italia il tasso di automazione è ridotto
non perché siamo arretrati, ma per ragioni
economiche: i flussi sono piccoli, il costo della
manodopera basso, e la breve durata media dei
contratti non stimola l’innovazione dei fornitori»
di euro nel 2012. Un dato in crescita del 3,5% in
termini reali rispetto al 2009, e che come accennato rappresenta ormai quasi il 40% del valore
complessivo della logistica in Italia, in costante
aumento dal 2009.
Nonostante il Commodity Outsourcing (l’esternalizzazione di singole attività logistiche
elementari) resti l’approccio dominante in Italia,
guadagna terreno lo Strategic Outsourcing, cioè
la cessione di una parte del processo logistico, tra
cui almeno trasporto e stoccaggio, passato da 7,5
a 8,5 miliardi di euro in quattro anni.
Da sottolineare poi altri due responsi della ricerca. Uno è che non è affatto vero che “piccolo è
bello”: le aziende con fatturato superiore ai 50 milioni di euro infatti continuano a crescere (+5,7% di
fatturato in termini reali nel 2012 rispetto al 2011),
mentre le altre sono in contrazione mediamente del 5,5%. L’altro sono i due fattori comuni che
l’Osservatorio ha rilevato in tutti gli operatori a più
alto tasso di crescita: la capacità di fare business
in settori tradizionalmente a bassa incidenza di
outsourcing logistico, e quella di “accompagnare”
sul piano della logistica i clienti che internazionalizzano il proprio business.
economie di scala, apprendimento, innovazione di
processi e governo dei flussi».
Nell’ambito delle economie di scala, per esempio, continua Marchet, alcuni esempi di creazione
del valore sono l’introduzione di depositi multiproduttore per condividere i costi fissi, le alleanze
per condividere i network, l’utilizzo di sistemi IT in
comune e il back-hauling (riduzione dei ritorni a
vuoto).
Più in generale, la Ricerca 2014 ha individuato tre
diversi approcci – che possono coesistere – con cui
un fornitore può offrire ai committenti valore, cioè
un vantaggio competitivo che nasce dalla modifica
della struttura di costo-servizio del processo logistico: l’Osservatorio ha battezzato questi tre approcci
Tre “falsi miti” da sfatare
«Ci sono tre falsi miti da distruggere sulla logistica in Italia - ha spiegato Gino Marchet, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio -. Il primo è che
siamo arretrati in questo campo, mentre in realtà
siamo all’altezza dell’Europa in molti settori; il secondo è che l’automazione è ridotta perché in Italia
siamo culturalmente arretrati, mentre in realtà in
Italia i flussi sono relativamente piccoli, il costo
della manodopera è basso, e la breve durata media
dei contratti (2-3 anni) non stimola gli investimenti
in innovazione dei fornitori».
Il terzo falso mito è che in Italia si terziarizza la
logistica solo per variabilizzare e ridurre i costi:
«In realtà tutti i fornitori di servizi hanno strategie specifiche per creare valore, che si basano su
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osservatori o | Lo gi s t i ca s e m pr e pi u i n ou t s ou rc in g
I tre approcci per creare valore
L’Osservatorio Contract Logistics 2014 ha individuato tre approcci con cui un fornitore di servizi
di logistica può offrire ai committenti un vantaggio competitivo:
• l’approccio Volume-oriented, perseguibile attraverso la gestione efficiente di volumi elevati
di merci, ad esempio, con l’organizzazione del trasporto per diversi clienti allo scopo di
massimizzare il carico movimentato e lo sfruttamento dei ritorni a vuoto;
• l’approccio Process-oriented che punta sull’innovazione di un processo attraverso il
monitoraggio, il benchmarking e il miglioramento continuo di processi e performance;
• l’approccio Innovation-oriented, che si basa prevalentemente sul coinvolgimento delle risorse
aziendali a tutti i livelli gerarchici con l’obiettivo di stimolare la proattività dei manager e del
personale operativo nello sviluppo di nuove idee utili alla reingegnerizzazione dei processi.
rispettivamente Volume-oriented, Process-oriented, e Innovation-oriented (ne parliamo più in dettaglio nel riquadro “I tre approcci per creare valore”).
Gran parte degli approcci strategici per creare
valore, comunque, hanno degli elementi in comune, tra cui il ricorso da parte dei fornitori di servizi
logistici a partnership con altri operatori (cooperazione orizzontale), con i committenti, oltre che
con i fornitori di sistemi IT e di handling. Da queste
collaborazioni nascono team interaziendali il cui
obiettivo è il miglioramento dei processi.
La quarta edizione dell’Osservatorio Contract
Logistics è stata realizzata in collaborazione con
Assologistica e con il supporto di ICE, BCUBE,
BRT, CEVA Logistics, CLO Servizi Logistici, FATA
Logistic Systems, FERCAM, FM Logistic, GEODIS,
Innocenti Depositi, Jungheinrich, Logistica Uno,
NEOlogistica, Norbert Dentressangle, Number1
Logistics Group, OM STILL, Replica Sistemi, Silvano Chiapparoli Logistica, TESISQUARE, Zeroquattro, Acxelera Italia, Gruppo Arcese, Brivio&Viganò,
CHEP Italia, ConsiCopra, Difarco, Generix Group,
Interporto Bologna, Linde Material Handling Italia,
LOG4 e Multilogistics.
Inoltre ai lavori durante l’anno hanno partecipato anche diversi Direttori Logistica & Operations di
aziende committenti: Auchan, BasicItalia, Bayer,
Bonduelle, Brembo, Chicco Artsana, Composad,
Coop Consorzio Nord Ovest, Daikin, Dow, Granarolo, Gruppo PAM, Gucci, la Rinascente, Lechler,
Leroy Merlin, Mondadori, Mondelez, Nestlè, Rhiag
Group, Riello, Saipem, Samsung, Sirap Gema.
l’evoluzione del fatturato della logistica conto terzi in italia
Fatt. 2012
(mln e)
Var% rispetto
al 2009
Autrotrasportatori
Società di capitali
25.619
+5,7%
Autotrasportatori
Società non di capitali
14.070
-4,0%
Spedizionieri
14.275
+1,1%
Operatori logistici
28.926
+2,7%
Gestori di magazzino
27.540
-4,9%
Corrieri/
Corrieri espresso
25.160
+1,9%
Gestori di interporti /
terminal intermodali
22.854
+15,8%
Operatori del trasporto
ferroviario combinato
22.858
-10,8%
Il valore del fatturato delle aziende di logistica conto terzi
è stato di circa 77 miliardi di e nel 2012 (+1,2% rispetto al 2009)
Base 100: fatturato 2009
110
| 68 |
-2,3%
+2,1%
100
95
www.ict4executive.it
+1,3%
2009
Incremento % in termini reali
2010
2011
2012
Fonte: Politecnico di Milano
105
Speciale “digital supply chain”
Il Circolo Virtuoso
della Digital Supply Chain
La Digital Supply Chain abilita un’effettiva collaborazione con i fornitori e permette di disporre di una visibilità
“end-to-end” dei dati, allineando i “flussi informativi” con
i connessi “flussi merci” e garantendo che in ogni punto
della catena vi sia un unico dato consistente in quanto aggiornato in modo appropriato e tempestivo.
Al fine di condividere e gestire il patrimonio informativo,
con tutti gli attori della catena di fornitura, è importante
introdurre piattaforme progettate con logiche di condivisione e acquisizione multicanale dei dati, di tracciatura
delle versioni dei documenti scambiati, di gestione dei processi approvativi (Workflow) e di invii proattivi di solleciti e
notifiche così da rendere possibile:
• la gestione strutturata dello scambio dei documenti
con i fornitori, diminuendo “contatti informali”;
• la memorizzazione di tutte le modifiche che avvengono
durante il processo di fornitura;
• l’interazione con tutte le tipologie di fornitori, utilizzando strumenti di comunicazione differenti in base alle
singole tipologie.
Queste funzionalità permettono di ottenere una visibilità ampia e granulare dei dati, in quanto gli stessi sono
il risultato dell’integrazione dei flussi interni con quelli
esterni in un unico modello-dati standardizzato e non solo
della mera dematerializzazione dei documenti scambiati.
L’aggiornamento tempestivo delle informazioni migliora il
grado di conoscenza delle prestazioni della “Supply Base”,
dalla fase di sourcing, al procurement fino all’execution,
mitigandone i rischi. La digitalizzazione di un processo così
ampio e articolato spesso viene affrontata per fasi, sfruttando le caratteristiche di piattaforme modulari e scalabili,
Visibilità “end-to-end” e
collaborazione: sono gli obiettivi
che è possibile ottenere con la
piattaforma SCM di TESISQUARE ® , che
permette di gestire in modo efficace
il ciclo “Source-to-Pay” abilitando
nuove dinamiche nelle relazioni
come TESI SCM, che permette di garantire la completa
copertura del processo transazionale e, contemporaneamente, la possibilità di procedere progressivamente, senza
introdurre frammentazione dei dati che potrebbe derivare,
invece, dall’implementazione di software volti a informatizzare solo una singola fase del processo.
Le singole funzionalità della piattaforma vanno opportunamente “combinate” così da definire la propria strategia di “Digital Supply Chain” e raggiungere i benefici attesi
in termini di ottimizzazione dei tempi e dei costi.
Gestione efficace del ciclo
Source-to-Pay
I moduli di TESI SCM, di facile parametrizzazione, costituiscono una risposta all’esigenza di gestire in modo
efficace il ciclo “Source-to-Pay” di servizi, beni diretti e
indiretti, abilitando dinamiche di relazione caratterizzate da modelli di integrazione collaborativa. Permettono, inoltre, di superare sia la gestione manuale dei dati,
sincronizzando le transazioni attraverso strumenti di
collaborazione multicanale, sia la difficoltà di mappare
alcuni processi d’acquisto nei sistemi gestionali, con i
quali sono integrabili, consentendo così la digitalizzazione dell’intero processo: dalla selezione del fornitore,
agli acquisti, alla gestione dei contratti, fino alle fasi
esecutive dell’ordine, legate allo scambio di piani di
lavoro, documenti di trasporto e consegna e fatture.
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| 69 |
Speciale “digital supply chain”
L’evoluzione del Product
Lifecycle Management
nell’era dell’Internet
of Things
Nella Internet of Things gli oggetti diventano comunicanti
grazie a sensori, tag RFid o NFC, ma anche ai codici bidimensionali di ultima generazione. Grazie all’identificazione
automatica, integrata a una piattaforma di monitoraggio e
controllo evoluta, il prodotto può essere seguito in modalità ravvicinata per tutto il suo ciclo di vita: dalla sua creazione alla distribuzione, dalla eventuale manutenzione al
suo consumo fino ad arrivare al ricondizionamento o smaltimento. Le tecnologie dell’Internet of Things integrate al
Product Lyfecycle Management (PLM) aprono dunque la
strada a una nuova intelligenza di filiera che, in varia misura, porta vantaggi a tutti: produttori, fornitori, operatori
logistici, distributori, manutentori e clienti finali.
«Grazie alle tecnologie di connettività, che permettono
di interagire con il contesto di riferimento, tutto acquista
valore - spiega Jacopo Cassina, CEO di Holonix, spin off
del Politecnico di Milano specializzata nello sviluppo di una
nuova intelligenza di sistema a supporto del PLM -. Il prodotto non è più inteso come puro oggetto, ma assume valore per i servizi che offre e per l’ecosistema di cui è parte
e con cui s’interfaccia».
La chiave di volta per sfruttare al meglio l’innovazione
tecnologica è concepire “nativamente” ogni oggetto, operando di convergenza tra mondo fisico e mondo digitale.
Il valore aggiunto è la possibilità di gestire e storicizzare
nel tempo tutte le informazioni legate a quell’oggetto: la
sua origine, le sue caratteristiche, i materiali di cui è fatto
e la sua componentistica, le sue funzioni, i suoi eventuali
aggiornamenti o le attività di manutenzione associate alle
sue prestazioni, gli operatori che interagiscono o hanno interagito con quell’oggetto, le specifiche legate al suo esau-
p er u lt er i o r i i n f o r m a zioni...
www.ho lo n i x .i t
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Grazie all’identificazione
automatica, integrata a una
piattaforma di monitoraggio
e controllo evoluta,
il prodotto può essere seguito
in modalità ravvicinata per tutto
il suo ciclo di vita
Jacopo cassina
CEO
Holonix
rimento o al suo ricondizionamento e molto altro ancora.
Indipendentemente dal settore, questo approccio che lega
tecnologie IoT e la vision del PLM porta nuove economie di
scala e nuovo valore aggiunto in termini di efficienza, ma
anche di sicurezza e controllo, con la massima trasparenza
informativa a tutti i livelli della Supply Chain produttiva e
operativa.
«Vediamo grandi possibilità nell’Internet of Things. Da
troppo tempo se ne parla, ma non si è ancora arrivati a
risposte davvero concrete - afferma Cassina -. Mancano
ancora standard in grado di adattarsi e la capacità».
L’offerta di Holonix si declina in tre soluzioni di PLM
diversificate. Studiata per il mondo industriale e
manifatturiero, i-LiKe Platform consente di seguire
l’intero ciclo di vita di un prodotto, si integra ai sistemi gestionali ed è utilizzabile in Cloud. Dedicata alla
filiera alimentare, i-LiKe Food garantisce tracciabilità
e fa sì che il consumatore, tramite QRCode, disponga
di dati aggiuntivi sul prodotto. i-Captain, invece, è
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Speciale “security”
Allineare
business plan
e strategia
di sicurezza
Anche il più piccolo cambiamento
nelle attività “core” può comportare
un grandissimo problema di security.
I responsabili dovrebbero perciò
essere sempre informati sui progetti
strategici e operare parallelamente
con le altre divisioni aziendali
Affinché ogni IT manager possa operare con successo
per un lungo periodo, è necessario che effettui valutazioni periodiche della sinergia fra la sua strategia di
business e quella della sicurezza.
Importanti eventi come ad esempio le acquisizioni
non dovrebbero essere la sola occasione in cui vengono fatte tali valutazioni; in seno a un’azienda accadono
costantemente dei cambiamenti e sorprende quanto
velocemente possa svilupparsi una disconnessione. In
questo articolo, vedremo quali “business event” possano richiedere una revisione della strategia di sicurezza della rete, cosa tale revisione dovrebbe includere e
come possono essere evitati dei passi falsi nei confronti
del management.
Quando rivedere le strategie
di sicurezza
Le sostituzioni e le promozioni fra i dirigenti, o magari l’inizio dell’utilizzo di un prodotto o di un servizio,
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possono cambiare rapidamente i driver di un determinato business. Ogni volta che un’azienda subisce un
tale cambiamento, è essenziale che la strategia di security e le policy IT cambino in modo da fornire il tipo di
sicurezza che l’evoluzione dell’organizzazione richiede.
Un esempio è una grande organizzazione che per
la prima volta ha reso accessibili online molti dei suoi
prodotti e servizi. Malgrado il successo del cambiamento da una strategia di vendita “tramite catalogo”
a un sito di eCommerce, tale azienda ha drasticamente
incrementato la quantità di informazioni personali che
consentono di identificare un individuo, sia nella rete
interna sia in Internet.
La policy di sicurezza della rete ha dovuto perciò essere aggiornata al fine di rendere sicuro questo cambiamento nel traffico. Tutti i collegamenti di rete al database dei clienti sono stati cifrati, i diritti di accesso degli
utenti sono stati rivisti, e modificati ove necessario, e
l’organizzazione ha cominciato a testare vari tool di extrusion detection dei dati.
Speciale “security”
Per evitare una strategia di sicurezza disallineata, l’IT
manager deve stare al passo con le differenti divisioni e
con le loro strategie, ma anche con il modo in cui ciascuna di tali divisioni sta pianificando di perseguire quelle
strategie.
Se ci si assicura che tutte le parti siano allineate sia in
relazione al business sia al livello di security necessario,
si possono fare scelte più consapevoli quando si acquistano o si implementano tecnologie di sicurezza. Per
esempio, se coinvolta nella fase iniziale di una nuova
iniziativa di business, la ssecurity può essere progettata
in modo che sia implementata sin dalle battute iniziali
del progetto, in modo più efficace rispetto che provare
a coinvolgere la sicurezza nelle fasi finali.
I componenti chiave
di qualsiasi strategia di sicurezza
L’IT manager dovrebbe chiedersi se la strategia di
sicurezza può:
• Proteggere i dati, sia stazionari sia in transito attraverso la rete, secondo una precisa classificazione
• Limitare le nuove e minacce emergenti
• Massimizzare le risorse fornendo servizi in sicurezza
• Soddisfare le conformità e i requisiti normativi
Tutti i maggiori cambiamenti alla corrente strategia
di security necessitano del supporto chiave dei top
manager e devono essere controfirmati e supportati a
livello di board. Le nuove iniziative di sicurezza che richiedono budget addizionali è più probabile siano approvate se coinvolgono il rischio e la conformità, due
driver importanti per la governance. Ad esempio se il
board ha chiara la responsabilità legale di un’adeguata
protezione dei dati dei clienti, è più “facile” far approvare risorse aggiuntive.
Un cambiamento nella politica di sicurezza richiede
spesso nuovi prodotti o servizi. E tali prodotti o servizi
non sono gratuiti. Così la chiave per aumentare il budget destinato alla sicurezza, è di provare a presentare
una strategia modificata come componente di un’iniziativa volta al risparmio dei costi, come per esempio i
progetti tecnologici che migliorano l’efficienza e riducono i costi generali.
È essenziale, tuttavia, che il team di sicurezza valuti
pienamente la tolleranza al rischio dell’organizzazione.
Le strategie di security e di business il più delle volte
divergono quando un team di sicurezza e i responsabili
del business hanno idee differenti su quale sia l’appropriato livello di rischio dell’azienda. Ciò accade spesso
quando un dirigente appena assunto viene da un’industria differente ed è abituato a operare all’interno di un
diverso ambiente di rischio. Quando i team non sono
Come evitare la perdita
di dati sulla nuvola
Smartphone, tablet e phablet hanno interazioni con il Cloud fin troppo
semplificate e automatiche, il che mette a rischio la sicurezza.
La maggior parte (se non tutti) i dispositivi, offrono il backup dei dati
sulla nuvola come opzione di serie o praticamente in automatico. Ma il
cloud provider non è in grado di garantire formalmente la sicurezza.
Come possono le aziende proteggere la sicurezza Mobile legata alla
migrazione dei dati aziendali?
Paradossalmente il primo approccio è quello di ignorare semplicemente
che esista il problema, fidandosi del provider.
Un altro è quello di istruire degli “ispettori” aziendali, mettendoli di
guardia per rimuovere tutti gli smartphone, tablet, chiavette di memoria
personali e così via in dotazione al personale e ai visitatori. Rispetto al
BYOD è un ritorno all’età della pietra, ma può avere il suo perché. Se
poi il reparto IT può fare in modo di eliminare la connessione al Cloud
anche al parco installato di pc e laptop, la sicurezza è assicurata.
Questo oscurantismo della mobility, che ne limita i vantaggi, non serve
comunque a mitigare i rischi di fughe di dati.
Un uso più illuminato della mobilità associata ai nuovi modi di fare
business e di supportare la produttività individuale prevede invece
la definizione di politiche precise associate all’ Enterprise Mobility
Management.
Esistono diverse alternative, che possono variare da azienda ad azienda.
In ogni caso, per garantire la sicurezza di smartphone, tablet e phablet,
assicurando la protezione dei dati e degli accessi ci sono 7 azioni
strategiche da intraprendere:
• Incrementare le attività di educazione del personale in merito ai rischi
• Definire corsi di formazione manageriale per supportare la qualità
della governance
• Provvedere ad aggiornare regolarmente dipendenti e manager sui
rischi della sicurezza
• Definire le cosiddette Acceptable-Use Policies (AUP), ovvero una serie
di regole stabilite, formalizzate e condivise tra tutto lo staff aziendale,
in modo da assicurare la massima trasparenza informativa in merito a
licenze, contratti e rischi
• Definire procedure correttive nei confronti di chi trasgredisce alle
AUP in modo da consolidare l’effettiva validità delle stesse
• Definire degli standard, dei modelli e delle best practice per il
settaggio dei device mobili e per i servizi gestiti centralmente
• Introdurre, laddove possibile, sistemi di controllo e di monitoraggio
della rete in modo da verificare se insorgono download anomali di file
e quando, attraverso una reportistica dettagliata.
della stessa opinione, le difese sono sovra o sotto stimate e i budget vengono sprecati. È una sfida trovare
una strategia di sicurezza capace di allinearsi con i business plan. Le modifiche della policy richiedono la comunicazione e la cooperazione fra tutti i reparti e la chiave
è riassicurare che la strategia di sicurezza sia vista come
un abilitatore del business e non un disabilitatore.
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Speciale “security”
Quando i rischi
derivano dai comportamenti
degli utenti “fidati”
I dati sugli attacchi informatici di questi ultimi anni hanno evidenziato come siano aumentate esponenzialmente le minacce originate dagli utenti interni alle aziende,
quelli generalmente considerati “fidati”. Stiamo parlando, per esempio, dei rischi che derivano dall’accesso da
parte di dipendenti o fornitori a dati sensibili che risiedono nelle infrastrutture IT della stessa azienda per cui
lavorano, oppure dalla mancanza di un adeguato controllo della navigazione web e della posta elettronica.
«Sono situazioni che possono portare all’infezione di
molti sistemi critici attraverso anche tecniche sofisticate come per esempio l’APT (Advanced Persisten Threats), attacchi che arrivano a installare malware all’interno delle reti e far uscire informazioni di valore, che tra
il 2012 e il 2013 sono cresciuti del 446%, come emerge
dai dati del Rapporto Clusit 2014», spiega Walter Russo,
Direttore Tecnico di Horus Informatica, società specializzata in questo ambito.
Ad aggravare questa situazione c’è anche il trend
del BYOD (Bring Your Own Device), ovvero l’abitudine
degli utenti a usare smartphone o tablet personali per
usi professionali, una situazione fuori controllo dove la
pericolosità dell’utente, o se vogliamo del device stesso,
viene ulteriormente accentuata.
Gli attacchi possono dunque essere causati da una
manipolazione inconsapevole dell’utente da parte di
aggressori esterni, o dall’ignoranza degli utenti nel provocare l’insediamento di codice dannoso o ancora da
un intento doloso dell’utente stesso a provocare danni
alla rete. In tutti questi eventi, però, il filo conduttore è
il ruolo degli utenti.
p er u lt er i o r i i n f o rma zioni...
www.h or u s .it
| 74 |
sempre più spesso le minacce arrivano
dall’interno. la tecnica User Threat
Quotient (UTQ) aiuta le aziende a
proteggere le proprie informazioni
identificando in modo semplice i
fattori di rischio attraverso l’analisi
comportamentale
Walter Russo
Direttore Tecnico
Horus Informatica
Ne consegue che conoscere cosa succede fuori dalla
rete è importante quanto avere traccia di cosa accade
al suo interno.
Proprio per questi motivi e in relazione ai relativi
danni economici e intellettuali che ne conseguono, si
stanno introducendo nuovi strumenti in grado di correlare le minacce per identificare, mitigare e difendere il
patrimonio digitale delle aziende.
La soluzione Cyberoam, distribuita in Italia da Horus
Informatica, può essere usata come strumento in grado
di identificare e prevenire gli attacchi da parte di utenti
e device aiutando così le aziende a proteggere le proprie
informazioni e identificando i fattori di rischio attraverso l’analisi comportamentale degli utenti.
Questo tipo di analisi prende in Cyberoam il nome
di User Threat Quotient (UTQ) e consente ai responsabili di avere una fotografia chiara del fattore di pericolosità connesso alle attività degli utenti.
«Grazie alle indicazioni derivate dalla tecnologia UTQ
il risk management, connesso allo stato degli utenti, diviene semplice e immediato consentendo di applicare
le politiche di sicurezza adeguate e allo stesso tempo
attivare corsi di formazione ed educazione utenti mirati
e quindi efficaci», conclude Russo.
m a n ag e m e nt
Startup Boosting
MISSIONE
Giocare un ruolo sempre più attivo nello stimolare la nascita e lo sviluppo di nuove avventure imprenditoriali in ambito digitale in
Italia: è questo l’obiettivo che gli Osservatori Digital Innovation si pongono nella convinzione che ciò rappresenti un ingrediente
fondamentale per il rilancio della nostra economia.
Per questo motivo nasce il progetto Startup Boosting che intende identificare le idee di business e i progetti imprenditoriali più
innovativi nei diversi settori digitali, che saranno supportati e seguiti nel loro sviluppo.
CHI PUÒ PARTECIPARE
AMBITI DI APPLICAZIONE
Possono partecipare:
• persone fisiche (singole o in gruppo) in
possesso di un’idea di business fortemente
innovativa;
• aziende in fase di startup e con elevato
potenziale di crescita;
• imprese anche già avviate che abbiano
sviluppato innovative idee di business.
MOBILE APPS
FA C E B O O K E C O S Y S T E M
E-COMMERCE B2C
MOBILE MARKETING & SERVICE
SOCIAL MEDIA & WEB 2.0
COSA OFFRE
I candidati che supereranno il processo di
valutazione:
• saranno supportati nella messa a punto del
progetto imprenditoriale, con l’obiettivo di
accelerarne lo sviluppo e il raggiungimento degli
obiettivi di business;
• avranno la possibilità di frequentare gratuitamente un
percorso di alta formazione presso il MIP – la Business
School del Politecnico di Milano – finalizzato ad accrescere le
competenze e l’empowerment del gruppo imprenditoriale;
• saranno supportati nella ricerca
dei capitali di rischio necessari.
ICT SECURITY
D I G I TA L M E D I A & T V
N F C & M O B I L E PAY M E N T
ICT IN SANITÀ
CLOUD COMPUTING & ICT AS A SERVICE
FAT T U R A Z I O N E E L E T T R O N I C A E D E M AT E R I A L I Z Z A Z I O N E
MODALITÀ DI PARTECIPAZIONE
• La partecipazione è gratuita.
• Per iscriversi compilare il Form di registrazione
sul sito www.startupboosting.com
che include una breve descrizione
del progetto imprenditoriale, in cui vengono
messi in evidenza: prodotti/servizi
innovativi erogati, mercato target,
principali concorrenti, fatturato
previsto e investimenti stimati
(anche solo in modo approssimato).
• Ogni mese vengono valutate le proposte pervenute.
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GIOCO ONLINE
MOBILE BUSINESS
ENTERPRISE 2.0
AUGMENTED REALITY
U N I F I E D C O M M U N I C AT I O N & C O L L A B O R AT I O N
E - P R O C U R E M E N T & E - S U P P LY C H A I N
www.osservatori.net
BUSINESS INTELLIGENCE AND ANALYTICS
SEMANTIC WEB
E-GOVERNMENT
INTERNET OF THINGS
D I G I TA L M A R K E T I N G
Speciale “security”
IT security: cresce
la preoccupazione,
ma non gli investimenti
Anche in Italia, la stragrande maggioranza dei CIO e dei
CTO (93%) pensa che sia sempre più arduo mantenere
la propria organizzazione protetta dagli attacchi all’IT,
in uno scenario in cui la frequenza e complessità delle
minacce continua a salire. Il dato è posto in evidenza da
una survey condotta dalla società di ricerche Lightspeed
GMI per conto di Fortinet, su oltre 1.600 decision maker aziendali del settore IT, e appartenenti ad aziende
con più di 500 dipendenti. Filippo Monticelli, Country
Manager di Fortinet Italia, conferma il quadro: questa
percezione è viva, specie nelle grandi aziende, anche
se talvolta ciò non corrisponde a reali investimenti per
migliorare la situazione dell’IT security: «Nel mondo IT
italiano riscontriamo difficoltà, sui budget, sulle risorse
da mobilitare, e soprattutto sulla capacità di recepire le
nuove esigenze legate allo sviluppo del business».
Il core business dell’azienda resta saldamente ancorato alla piattaforma FortiGate per la sicurezza di rete,
un’area in cui la crescita si mantiene significativa. Nelle
organizzazioni c’è poi la necessità di soluzioni che, partendo dalla sala dati, siano in grado di rispondere ai requisiti di Application security. Su tale versante Fortinet,
sottolinea Monticelli - grazie all’integrazione, nell’architettura hardware delle proprie appliance e soluzioni,
di chip ASIC specializzati e dedicati all’elaborazione e
analisi del traffico - è in grado di alleviare il carico di
lavoro sostenuto dalla CPU principale. E ciò, secondo
l’azienda, permette di fornire soluzioni e funzionalità di
application security in ambito data center caratterizzate
da elevati throughput, livelli di prestazioni, e sopratutto
un ottimo rapporto price/performance.
p er u lt er i o r i i n f o r m a zioni...
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C’è ancora molto lavoro da fare
sul rinnovamento dei sistemi
di protezione nei data center;
restano però i limiti di budget,
e non solo. L’analisi di Fortinet
Filippo monticelli
Country Manager
Fortinet Italia
Un altro elemento di differenziazione, aggiunge
Monticelli, è poi la completezza dell’offerta: «Siamo
uno dei pochi vendor in grado di affrontare a 360 gradi
il tema Unified Threat Management’ (UTM), indirizzando la sicurezza unificata a ogni livello, e con prodotti
che spaziano dalle appliance entry-level, ai sistemi midrange, fino alle soluzioni high-end».
Nel campo della Internet of Things (IoT), Fortinet
ha avviato iniziative in ambiti come l’energia, il settore retail e gli ambienti di fabbrica, dove sono ancora
diffusi delicati protocolli di comunicazione industriali
proprietari. Quanto al Cloud, un’altra area di intensa attività per l’azienda è quella dei ‘security services’, in cui
Fortinet sta collaborando con VMware, come con altri
player chiave del settore, per fornire servizi di sicurezza
IT evoluti e unificati su reti fisiche e virtuali.
In Italia, resta comunque ancora molto lavoro da fare
sul piano dello svecchiamento dei data center, e di molte applicazioni obsolete, non più all’altezza di proteggere contro le attuali minacce. Ma chi sta innovando
di più in Italia? «Oggi stiamo lavorando soprattutto con
aziende medio-grandi, ad esempio nel mondo finance e
telco. Ma nei prossimi anni l’ambito small and medium
business sarà quello con maggior spazio di crescita».
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Il settore della sicurezza IT sta cambiando rapidamente. Kaspersky Lab è da sempre leader
riconosciuto in tutto il mondo nella tecnologia di protezione antivirus e ricerca antimalware.
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Speciale “security”
Ripensare
la sicurezza
del data center
L’occasione di un cambio di sede per ripensare le infrastrutture IT anche sotto il profilo della sicurezza. Lo
ha fatto quest’anno la piemontese Sistemi: «Abbiamo
investito per dare più spazio alle nostre risorse - spiega
Enrica Eandi, Amministratore Delegato della società -,
ma anche ai nostri software e alle nostre applicazioni
con lo sviluppo di una nuova server farm adatta ad affiancare quelle esistenti e sostenere le esigenze di crescita future». Un progetto che ha previsto il ridisegno
del data center e delle logiche della sicurezza realizzato
con PRES, Gold Partner di Cisco, di cui ci raccontano i
dettagli Eandi assieme a Fabio Torrengo, Responsabile
per le risorse tecnologiche di Sistemi.
Quali sfide caratterizzano oggi il business di Sistemi?
Eandi - Lavoriamo da sempre con telematica e IT che
oggi si chiamano internet e soluzioni digitali. Valutiamo
le soluzioni più innovative e le mettiamo a disposizione
dei clienti, facendoci carico dei loro problemi. Professionisti e imprese, nostri clienti, si aspettano soluzioni
semplici, efficienti, economiche oltre che aggiornate
dal punto di vista normativo. Un compito che assolviamo da quarant’anni e anche oggi, nell’era della rete e
della mobilità. Se in passato contavano solo la qualità
del software e la prontezza degli aggiornamenti, oggi
ci sono i contesti d’uso in locale o in cloud, nell’ambito
di un’installazione dedicata oppure con soggetti diversi. Occorre visione strategica per affrontare scenari
che cambiano molto velocemente, investire in ricerca
e sviluppo, fare buone scelte in fatto di tecnologie e
di partner. La sfida è la stessa di sempre: fornire agli
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Per sostenere la crescita dell’offerta
cloud, la torinese Sistemi Spa ha deciso
di creare una nuova server farm e
rivedere l’infrastruttura di rete e le
soluzioni di sicurezza, in linea con le
esigenze attese del business
utenti soluzioni più semplici e lineari possibili, anche a
fronte di scenari complessi.
Come si traduce il cambiamento in termini di esigenze IT?
Eandi - Le parole chiave sono due: cloud e mobilità. Le nostre soluzioni devono funzionare indifferentemente in locale o in cloud, cosa che ha richiesto la
reingegnerizzazione del software e dei servizi di complemento. È stato necessario un cambio di mentalità,
prima ancora che di applicativo. Dal punto di vista industriale, lo sviluppo dell’offerta cloud ci ha portato,
già dal 2008, a realizzare nostre “Service Farm” da cui
eroghiamo i servizi e soluzioni in modalità SaaS. C’è poi
la mobilità, con le sue peculiarità che riguardano dispositivi, app, supporto per diversi sistemi operativi, ma
anche funzionamento off line, visualizzazione su piccoli display e così via. Un mondo con enormi opportunità nel quale ci stiamo impegnando, a cominciare dalle
competenze per poi investire sulle infrastrutture.
Che cosa ha significato il cambiamento sul fronte
delle esigenze di sicurezza?
Torrengo - La sicurezza è un elemento centrale per
poter essere credibili come fornitori di soluzioni software e servizi. Significa preoccuparsi che anche ‘nella
nuvola’ ognuno veda solo i suoi dati. Significa dotarsi di sistemi intelligenti e proattivi per la gestione dei
picchi di utilizzo dei server. Significa avere delle procedure certificate per la gestione tanto dell’ordinaria
amministrazione quanto delle non conformità. Non si
Speciale “security”
«Come erogatori di servizi Cloud non
potevamo permetterci disservizi durante la
fase implementativa. La sfida è stata vinta e
da quando è in linea la nuova soluzione non
abbiamo più avuto indisponibilità di rete»
può dormire sugli allori, occorre tenere il passo di un
mercato che richiede standard di servizio sempre più
alti. E in tanti anni di presenza sul mercato cloud possiamo affermare di non aver mai perso un bit di dati dei
nostri utenti.
Come è nato il progetto e quali sono state le scelte
fondamentali?
Torrengo - Sistemi ha scelto di avere server farm
proprietarie, cosa che comporta la necessità di tecnologie avanzate per garantire i servizi erogati in cloud
agli utenti. Le nostre server farm sono realizzate con i
migliori standard di mercato per consentire, anche nella modalità di utilizzo del software via internet, qualità,
sicurezza, continuità di servizio e ottime prestazioni.
Avevamo quindi ben chiaro dall’inizio la necessità di
dotarci delle infrastrutture migliori in fatto di sicurezza
e di rete. Pensiamo infatti che la connettività sia la spina dorsale di un moderno data center e quindi abbiamo
analizzato in modo comparato le infrastrutture delle
società leader, fissando incontri diretti, approfondendo offerte e referenze. Cisco ci ha fornito la proposta
migliore, basata sugli switch modulari Nexus a cui sono
connessi i server, fino ai Firewall ASA e ASR di edge.
Quali sono stati gli elementi chiave della realizzazione?
Torrengo - La tecnologia Cisco Nexus ci ha permesso
di poter gestire il network a 10 Gbps. Grazie alle solu-
zioni di sicurezza Cisco, abbiamo potuto introdurre un
secondo livello di sicurezza nel data center e le nuove
funzionalità di Next Generation Firewall per la protezione perimetrale utilizzando ASA con servizi FirePOWER.
Le fasi principali, pianificate con PRES, hanno riguardato
in sequenza: la definizione del progetto, l’assessment, la
stesura del progetto in dettaglio, l’installazione, la configurazione/attivazione e la migrazione dell’infrastruttura, il tuning, il collaudo dell’infrastruttura. L’implementazione ha impegnato un team di 12 persone costituito
dall’ICT di Sistemi e specialisti di PRES per 9 mesi. Come
erogatori di servizi Cloud non potevamo permetterci disservizi durante la fase implementativa. La sfida è stata
vinta e da quando è in linea la nuova soluzione non abbiamo più avuto indisponibilità di rete.
Qual è stato l’impatto sulle persone?
Torrengo - Il progetto ha permesso al nostro
team di accrescere le competenze attraverso quelle
del partner PRES, quindi fare esperienza con la Cisco
Prime Infrastructure, console usata per monitorare
gli eventi e lo stato dei dispositivi, e configurare apparati. Il team ICT interno si sta ancora formando.
Abbiamo pianificato un percorso di aggiornamento
periodico che sarà erogato dal partner. Questo impegno ci permetterà di fornire ai nostri utenti competenza e tempestività di assistenza anche sul fronte della sicurezza.
Chi è PRES
Fondata a Torino nel 1988, PRES è specializzata nella realizzazione di servizi e soluzioni IT che accrescono la performance e accelerano il raggiungimento degli obiettivi
aziendali. Le soluzioni puntano ad aumentare la competitività, garantire compliance e
sicurezza, razionalizzare i costi e ottimizzare i processi. Si affiancano alle competenze
d’integrazione nel networking, sistemi di security, data center e collaboration sia nelle
modalità on premise, sia cloud e ibride. Attraverso la struttura Managed Services,
PRES supporta le aziende che scelgono di focalizzarsi sulle proprie attività strategiche.
Attraverso una divisione dedicata e i Learning Center di Torino, Milano e Roma, eroga formazione ai professionisti dell’IT con corsi ufficiali certificati, tenuti da specialisti.
È certificata Cisco Gold Partner e Cisco Learning Partner.
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Os s e r vato rio
di
andrea lamperti
school of management
politecnico di milano
Turismo, 9 miliardi
dai canali online.
Digitale già diffuso
tra gli operatori
Gli acquisti di pernottamenti, servizi di trasporto
e pacchetti viaggio in Italia nel 2014 hanno
prodotto un fatturato di 50 miliardi di euro, di cui
il 18% dall’eCommerce, componente in crescita
annua del 10%. L’avvento delle soluzioni digitali
sta provocando grandi cambiamenti nel settore.
Dalle indagini su Agenzie di Viaggio e Strutture
Ricettive emerge un uso elevato - ma non ancora
strutturato e strategico - di questi strumenti
a supporto delle fasi di relazione con il cliente
In Italia il turismo è uno dei settori più importanti, vale oltre il 10% del PIL e impegna migliaia di
imprenditori e operatori, e milioni di lavoratori.
Inoltre nel comparto sta fortemente crescendo
l’uso delle tecnologie digitali, sia nella relazione
con il turista, sia nella gestione interna dei servizi
offerti. Per questi motivi la School of Management del Politecnico di Milano ha avviato l’Osservatorio “Innovazione Digitale nel Turismo”,
che recentemente ha presentato il suo primo
rapporto. In un ambito così ampio, l’Osservatorio si è concentrato sui temi che più impattano
sul rapporto tra canali fisici e digitali nel Turismo,
che sta generando importanti cambiamenti nel
settore. I principali filoni di Ricerca sono stati la
quantificazione del mercato digitale, e l’adozione di strumenti digitali da parte delle Agenzie di
Viaggio e delle Strutture Ricettive.
Gli acquisti 2014 per Turismo e Viaggi in Italia,
sia riguardanti gli italiani che restano in Italia o che
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www.ict4executive.it
vanno all’estero, sia gli stranieri che vengono in
Italia, sono in leggera crescita (+1%) rispetto all’anno precedente, e sfiorano i 50 miliardi di euro.
20% della spesa digitale dall’estero
Questa crescita limitata deriva da due componenti con andamenti molto diversi: una spesa tradizionale, tramite canali non digitali, stazionaria
rispetto al 2013; e una spesa più innovativa, che
passa attraverso i canali digitali, in crescita del
10%, per un valore vicino a 9 miliardi di euro nel
2014. Il peso della componente digitale sul totale
è quindi cresciuto in valore, dal 16% del 2013 al 18%
del 2014, e in termini di importanza nelle considerazioni strategiche delle aziende di settore.
Concentrandosi sulla spesa digitale, il 46% è
riconducibile a viaggi domestici (+11% rispetto al
2013), il 34% è generato dai viaggi di italiani all’estero (outgoing), in crescita annua del 9%, e il ri-
o sse rvat o rio | T urismo , 9 mil ia rdi da i c a n a l i o n l ine
manente 20% è la spesa degli stranieri in Italia (incoming), in crescita del 6% rispetto al 2013.
da mobile acquisti per 340 milioni
Concentrandosi sulla sola spesa degli italiani in
Turismo e Viaggi, intesa come somma di mercato
domestico e outgoing, il valore è di circa 31,5 mld
di euro nel 2014, in crescita dell’1% rispetto al 2013.
La spesa digitale degli italiani vale invece poco
più di 7 mld nel 2014 (+10% rispetto al 2013), con
un peso sul mercato totale aumentato dal 20% al
22%. Cresce sul canale digitale il transato di tutti i
settori merceologici: quello raccolto dalle strutture
ricettive (11% del totale) aumenta del 6% rispetto
al 2013, quello dei trasporti – che è la componente
principale, incidendo per il 77% - dell’11%, quello
dei pacchetti viaggio (il 12% del transato) del 13%.
La componente Mobile vale circa il 5% della spesa digitale in servizi turistici, per un valore di circa
340 milioni nel 2014, in crescita del 40% rispetto ad
un anno fa. Cresce anche la componente pc, seppur a un ritmo inferiore (+9%). Questi dati evidenziano che gli attori del settore dovranno adattarsi
rapidamente alla grande diffusione di smartphone
e tablet: oltre a “digitalizzare” la propria offerta,
dovranno essere presenti in particolare sul canale
Mobile, che sempre più influenzerà e veicolerà le
vendite turistiche nei prossimi anni.
dei rispondenti non utilizza strumenti digitali a pagamento (34%). Tra i canali gratuiti, quasi la totalità ha attivato un sito web (82%), mentre il 70% invia email pubblicitarie al proprio database contatti
e il 60% utilizza fan page e profili all’interno di social network. Solo il 4% non utilizza strumenti digitali gratuiti. Nella fase di formazione della proposta di viaggio ai clienti, una parte rilevante utilizza
i motori di ricerca (70%) e il sito web del fornitore
del servizio (67%). Gli agenti di viaggio ritengono
che le prenotazioni tramite sito web del fornitore
incidono di più sul proprio fatturato, mentre email
(86%) e sms (81%) sono gli strumenti preferiti per
interagire con il cliente mentre è in viaggio. Più della metà usa anche i social network. Nella fase post
viaggio, sono utilizzati principalmente le email personalizzate (61%) e i social network (38%).
I fattori che per gli agenti di viaggio saranno discriminanti nella scelta tra canale online e tradizionale sono in particolare l’assistenza prima, durante
e post viaggio, la creazione di un legame di fiducia
con l’agente, e la sensazione di maggior sicurezza
se il viaggio ha alto valore monetario.
Dall’indagine emergono anche alcune difficoltà
rispetto agli strumenti digitali: il 16% non possiede
le competenze tecniche, il 13% non ha tempo per
gestirli al meglio, il 9% si lamenta degli eccessivi
costi di implementazione e gestione. Ben il 45%
non segnala difficoltà, dato che può nascondere
un utilizzo semplicistico di questi strumenti.
agenzie di viaggio: l’online
È cruciale per assistere il cliente
Per comprendere al meglio l’impatto del digitale
sulla filiera del Turismo, l’Osservatorio ha effettuato un’indagine su oltre 500 Agenzie di Viaggio,
che dichiarano un uso diffuso di strumenti digitali
in tutte le fasi di relazione con il cliente: il 74% li
utilizza per comparare le alternative da offrire; il
70% per comunicare con il cliente durante il viaggio; l’82% per raccogliere impressioni dopo il viaggio; il 77% per raccogliere dati digitali per inviare
altre comunicazioni al cliente.
Per promuovere l’offerta, le Agenzie di Viaggio
utilizzano sia canali a pagamento sia gratuiti. Tra
i primi prevalgono le pubblicità sui social network
(29%) e sui motori di ricerca (26%). Più di un terzo
www.ict4executive.it
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osservatori o | Tu r i s m o, 9 m i l i ar d i dai canal i o n l in e
La componente Mobile vale il 5% della spesa
digitale in servizi turistici, per un valore
di circa 340 milioni nel 2014, in crescita del 40%
rispetto al 2013. Cresce anche la componente pc,
a un ritmo più basso (+9%)
strutture ricettive, il 78%
raccoglie i dati dei clienti
L’indagine sulle Strutture Ricettive, che ha coinvolto oltre 1.700 esercizi, evidenzia un alto utilizzo degli strumenti digitali in tutte le fasi di relazione con
i clienti. Il 98% ha un proprio sito web, l’86% ha
anche un proprio profilo su almeno un social network: il più diffuso è facebook, seguito a distanza
da Google Plus e Twitter. Meno comuni (39%) le
strutture che hanno sviluppato una propria App.
Mediamente il 25% del fatturato di una
Struttura Ricettiva viene da prenotazioni intermediate dalle OTA, il 20% da Tour Operator,
Agenzie di Viaggio tradizionali e grossisti. Ben
il 44% viene da prenotazioni dirette del cliente finale, di cui circa la metà via email, e una su
cinque sul sito internet della struttura stessa.
Circa i tre quarti dei rispondenti fanno attività di
promozione verso i nuovi clienti. Oltre al sito della
struttura e al suo profilo sui social network, circa il
50% svolge attività di Search Engine Optimization
(SEO). Per fini promozionali, più del 40% utilizza i
siti web del proprio territorio e/o della propria destinazione per pubblicare link e contenuti.
Tra i canali di promozione digitali a pagamento,
utilizzati da oltre il 70% di chi fa promozione, il
preferito è la pubblicità a pagamento sui motori di
ricerca (43% circa dell’intero campione). Vi è poi la
pubblicità sui social network (37%), quella su siti
web legati al territorio e alla destinazione (25%) e
quella su blog di viaggio e community online (15%).
Il 78% dei rispondenti raccoglie in formato digitale i dati anagrafici dei clienti, il 67% anche i recapiti. Il 63% delle strutture che si rivolge a chi ha
già soggiornato presso di loro si limita a mandare
messaggi standardizzati: solo il 36% li personalizza sulla base delle scelte d’acquisto precedenti del
cliente (raccolte in formato digitale dal 38% dei rispondenti). È significativo notare che le strutture
che inviano comunicazioni personalizzate riescono
a incrementare del 7% circa le prenotazioni dirette.
L’indagine si è infine concentrata sulle attività
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di gestione di feedback e commenti della clientela,
svolte dal 96% del campione. Di queste, quasi la
totalità (97%) legge le recensioni online su siti internet specializzati e OTA, in diversi casi spingendo
anche i clienti a pubblicare recensioni e commenti
(62%). A rispondere con regolarità alle recensioni
su questi siti è il 55% delle strutture, mentre il 47%
ha sviluppato degli strumenti propri (digitali o cartacei) per la raccolta dei feedback dei clienti.
turismo digitale: lo stato dell’arte
Questa prima Ricerca dell’Osservatorio conferma con forza che l’avvento del digitale nel mondo
del Turismo prospetta notevoli cambiamenti per
tutti gli attori. Cambiamenti che garantiscono
nuove opportunità per chi sa adattarsi velocemente al nuovo contesto, e generano difficoltà per chi
invece non ne capisce la portata.
La quantificazione del mercato evidenzia il passaggio ineludibile dai canali tradizionali a quelli
digitali in tutti i segmenti analizzati. Un passaggio
naturale spinto dalla tendenza dei consumatori
a cercare online prezzi inferiori. La componente
maggiore del transato rimane legata al ticketing,
per la semplicità intrinseca e percepita del servizio,
rispetto a un soggiorno o a un pacchetto viaggio.
Dalle indagini su Agenzie di Viaggio e Strutture Ricettive emerge chiaramente la già diffusa
presenza degli strumenti digitali a supporto delle
fasi di relazione con il cliente. A questa presenza
tuttavia non segue una reale conoscenza e un utilizzo strutturato e strategico di questi strumenti.
Le Agenzie di Viaggio dedicano ancora molto tempo alla fase pre-viaggio, non sfruttando appieno
le opportunità digitali di continuo contatto con il
turista anche nelle fasi successive del viaggio. Le
Strutture Ricettive invece utilizzano i diversi canali
digitali in maniera sovrapposta e ridondante per
arrivare al cliente finale, senza un vero processo
di ottimizzazione. Anche la raccolta dei dati e dei
riscontri dai clienti, facilitata dagli strumenti digitali, spesso è trascurata o non sfruttata appieno.
BRIDGING THE GAP
Executive
BETWEEN TECHNOLOGY & BUSINESS
IL PRIMO PROGETTO EDITORIALE ITALIANO DEDICATO AGLI EXECUTIVE DI BUSINESS FOCALIZZATO SULL’IMPIEGO
STRATEGICO DELLE TECNOLOGIE DIGITALI
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Il progetto si declina in un trimestrale
cartaceo, in una serie di newsletter digitali
verticali e in un insieme di siti tematici,
che si rivolgono a specifiche community
di Manager, Professional ed Executive.
Le tematiche coperte sono molteplici
e includono, tra le altre, Cloud Computing,
Dematerializzazione, Supply Chain,
Logistica, Acquisti, Sanità, Piccole
e Medie Imprese, Internet of Things,
ICT per i Professionisti, Canale ICT.
SupplyChain
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BETWEEN TECHNOLOGY & BUSINESS
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PROSSIMI
EVENTI
LA SCHOOL OF MANAGEMENT
La School of Management del Politecnico di
Milano, con oltre 240 docenti, e circa 80 fra
dottorandi e collaboratori alla ricerca, dal 2003
accoglie le molteplici attività di ricerca, formazione e alta consulenza, nei campi del management,
dell’economia e dell’industrial engineering che il
Politecnico porta avanti attraverso le sue diverse
strutture interne e consortili. Fanno parte della
Scuola il Dipartimento di Ingegneria Gestionale,
le Lauree e il PhD Program di Ingegneria
Gestionale e il MIP, la business school del Politecnico di Milano. La School of Management ha
ricevuto nel 2007 l’accreditamento EQUIS. Dal
2009 è nella classifica del Financial Times delle
migliori Business School d’Europa.
GLI OSSERVATORI DIGITAL INNOVATION
Gli Osservatori Digital Innovation della School of Management del Politecnico di Milano
(www.osservatori.net) vogliono offrire una fotografia accurata e continuamente aggiornata sugli
impatti che le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) hanno in Italia su imprese, pubbliche amministrazioni, filiere, mercati, ecc.
Gli Osservatori sono ormai molteplici e affrontano in particolare tutte le tematiche più innovative
nell’ambito delle ICT: Agenda Digitale, Big Data Analytics & Business Intelligence, Canale ICT, Cloud
& ICT as a Service, Cloud per la PA, Collaborative Business Application, Digital Business - Innovation
Academy, eCommerce B2c, eGovernment, eProcurement nella PA, Fatturazione Elettronica e
Dematerializzazione, Gestione Progettazione e PLM, Gioco Online, HR Innovation Practice, ICT &
PMI, ICT & Professionisti, ICT Accessibile e Disabilità, ICT nel Real Estate, Innovazione Digitale in
Sanità, Innovazione Digitale nel Retail, Innovazione Digitale nel Turismo, Innovazione Digitale nelle
Utility, Internet of Things, Intranet Banche, Mobile & App Economy, Mobile Banking, Mobile
Enterprise, Mobile Marketing & Service, Mobile Payment & Commerce, Multicanalità, New Media &
New Internet, Smart Manufacturing, Smart Working, Startup, Supply Chain Finance.
OSSERVATORIO MOBILE PAYMENT & COMMERCE
19 FEBBRAIO 2015
Convegno di presentazione dei risultati della Ricerca 2014
Politecnico di Milano
Aula Carlo De Carli
Campus Bovisa
Via Durando 10,
Milano
La Ricerca, promossa dalla School of Management del Politecnico di Milano, si è posta i seguenti obiettivi:
monitorare lo scenario internazionale e nazionale del Mobile Payment & Commerce, censendo e studiando i
casi più interessanti; stimare il valore del transato attuale e le previsioni di crescita per i prossimi 3 anni;
studiare l’attuale filiera e la filiera potenziale (player coinvolti, ruoli e attività); analizzare i potenziali servizi che
possono essere contenuti in un Mobile Wallet (trasferimenti di denaro, pagamenti in remoto e in prossimità,
sistemi di identificazione e di accesso, soluzioni di loyalty & couponing, ecc.); censire le principali startup in
ambito Mobile Payment & Commerce e identificare le più siginificative direttrici di innovazione. I risultati della
Ricerca presentati saranno poi discussi con i principali player del mercato: Telco, Banche, Service & Technology
Provider.
OSSERVATORIO ICT & PROFESSIONISTI
26 FEBBRAIO 2015
Convegno di presentazione dei risultati della Ricerca 2014
Politecnico di Milano
Aula Carlo De Carli
Campus Bovisa
Via Durando 10,
Milano
24 MARZO 2015
La Ricerca, promossa dalla School of Management del Politecnico di Milano, ha analizzato nel suo complesso
l’ecosistema dei Professionisti, composto dai Professionisti stessi (Avvocati, Commercialisti e Consulenti del
Lavoro), i loro Clienti (in particolare le PMI) e i loro fornitori (Vendor e Canale). L’edizione 2015 si è posta i
seguenti obiettivi: aggiornare la conoscenza sulla diffusione delle tecnologie informatiche e digitali utilizzate
negli Studi Professionali; comprendere come i Clienti dei Professionisti (principalmente le PMI) li percepiscono
e quali servizi utilizzano o vorrebbero ricevere; approfondire i cambiamenti che sta vivendo il canale
distributivo di ICT, che si rivolge ai Professionisti; far emergere i segnali forti di cambiamento in essere e a
tendere, che propongono nuovi modelli organizzativi e di business da parte di Avvocati, Commercialisti e
Consulenti del Lavoro. L’evento finale si rivolgerà al mondo dei Professionisti, del Canale ICT, delle Imprese e
delle Istituzioni. Dopo la presentazione dei risultati della Ricerca seguiranno le presentazioni di alcuni Studi
eccellenti e due Tavole Rotonde per discutere sulle tendenze del mercato, a cui parteciperanno esponenti delle
istituzioni, del mondo professionale, degli operatori di Mercato e del mondo associativo. Al termine
l’assegnazione del “Premio del Professionista Digitale 2014”, dedicato agli Studi che hanno implementato dei
progetti di digital innovation particolarmente interessanti.
OSSERVATORIO SUPPLY CHAIN FINANCE
Convegno di presentazione dei risultati della Ricerca 2014-2015
Assolombarda
Auditorium
Via Pantano 9,
Milano
La Ricerca, promossa dalla School of Management del Politecnico di Milano, si è focalizzata su tre obiettivi
principali: (i) studiare le soluzioni di Supply Chain Finance, con particolare attenzione alla loro diffusione, al
valore del mercato Italiano, ai loro costi, benefici e ambiti applicativi; (ii) sviluppare conoscenza sulle principali
filiere italiane e sul loro grado di digitalizzazione, al fine di valutarne lo “stato di salute” digitale e finanziario,
per cogliere i possibili legami che i progetti attivi di collaborazione di filiera possono avere con il mondo
finanziario; (iii) studiare modelli e metodologie per la valutazione del merito creditizio adottati oggi in Italia, la
loro diffusione e le possibilità di evoluzione attraverso gli strumenti della digital innovation. Tali obiettivi
vengono affrontati il confronto e il dialogo con una community di oltre 30 C-level di rilevanti aziende italiane,
parte integrante dell’Advisory Board. Essi vengono anche affrontati con un taglio internazionale, in quanto
l’Osservatorio è parte dell’International Supply Chain Finance Community (www.scfcommunity.com), un
organismo che promuove e condivide conoscenza sul tema del Supply Chain Finance a livello principalmente
europeo.
P E R M A G G I O R I I N F O R M A Z I O N I V I S I TAT E I L S I T O
w w w. o s s e r v a t o r i . n e t
rubrica | ricerche e stud i
a cura di
paola capoferro ronchetta
I retailer italiani e il digitale: la fotografia del Politecnico di Milano
Investimenti in crescita del 25%: le innovazioni digitali nel back-end sono già state implementate dal 50% dei top retailer italiani,
ma è il punto vendita che offre maggiori opportunità per fronteggiare la concorrenza delle Dot Com
Sono ancora pochi, nel nostro Paese, i
retailer che hanno approcciato l’innovazione digitale in modo convinto e con
una strategia chiara e di lungo termine.
Ma in generale, il trend è inevitabilmente
positivo, con una crescita media dell’investimento del 25% nel 2014, sia pure
con molti distinguo a seconda dell’ambito.
Si tratta infatti di uno dei settori con
maggiori opportunità di innovazione,
per offrire esperienze d’acquisto coinvolgenti a clienti sempre più digitali, che
visitano i punti vendita con gli smartphone in mano (il 42% lo usa per confrontare
prezzi, il 30% per inviare messaggi o foto
relative agli acquisti e il 25% per cercare informazioni aggiuntive sui prodotti
appena visti), che comprano on line ma
ritirano in negozio, che chiedono consigli
per gli acquisti sui social, che pagano con
strumenti innovativi, solo per fare qualche esempio.
Una chiara spiegazione di cosa significa innovare con il digitale del mondo
retail, accompagnata da un’analisi dettagliata della situazione italiana, è stata
presentata al Politecnico di Milano dai
ricercatori degli Osservatori Digital Innovation, con la testimonianza di realtà
all’avanguardia come Esselunga, OVS,
Patrizia Pepe, Unieuro, Amazon e Grancasa.
zione è accesa, stanno già operando per
cogliere questa opportunità.
In dettaglio, le innovazioni digitali
nel back-end sono già state implementate dal 50% dei top retailer italiani del
campione della survey, realizzata per la
ricerca su 50 aziende, mentre il 20% ha
intenzione di implementarle nel corso del 2015. Parliamo di strumenti di
comunicazione integrata tra imprese,
fatturazione elettronica e dematerializzazione, sistemi di business intelligence
analytics, sistemi ERP, soluzioni per la
gestione delle scorte e i processi di magazzino. Il 36% del campione ha già investito nel corso del 2014 nell’installazione
di chioschi, totem o touch point e il 34%
ha intenzione di farlo nel 2015; seguono,
in questo segmento di soluzioni -definite di prevendita- digital signage, vetrine
intelligenti, cartellini interattivi utilizzati
per fornire al consumatore maggiori informazioni sul prodotto.
Per massimizzare il valore delle visite
in negozio, il 30% dei retailer ha dato pri-
Gli ambiti
di innovazione digitale
In sintesi, dalla ricerca emerge come i
retailer italiani fino a oggi si siano concentrati maggiormente sulle innovazioni
digitali nel back-end, per la maggiore
certezza che esse possono assicurare
in termini di riduzione dei costi e/o miglioramento delle performance. Eppure
se c’è un asset fondamentale e differenziale per competere con le grandi
Dot Com, questo è il punto vendita: è la
risorsa che può completare la strategia
online, superandone i limiti. E comparti
come l’Abbigliamento e l’Informatica ed
elettronica di consumo, dove la competi-
L’adozione e l’interesse all’adozione delle innovazioni digitali in punto vendita
Interesse (%)
Nulla (%)
36
34
30
34
36
30
Sistemi di cassa evoluti e Mobile POS
Sales Force Automation o di online selling in punto vendita
30
Digital signage, vetrine intelligenti e interattive
25
Sistemi per l’accettazione di couponing e loyalty
23
Sistemi per l’accettazione di pagamenti innovativi
17
Sistemi basati su cartellini interattivi e scaffalature intelligenti
17
Sistemi di self scanning
17
Sistemi di self check-out
Sistemi di indoor positioning
Specchi o camerini smart
38
32
43
34
45
38
28
55
26
57
26
61
42
4
54
32
2
0%
32
43
13
10%
20%
Fonte: Politecnico di Milano
Ad0zione (%)
Chioschi, totem e touch point
66
30%
40%
50%
60%
www.ict4executive.it
70%
80%
90%
100%
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RUBRICA | ri cerch e e s t u d i
orità all’integrazione del punto vendita
fisico con quello digitale con l’obiettivo
di estendere la gamma del negozio attraverso sistemi di sales force automation o
di online selling in punto vendita, ossia
tablet in dotazione alla forza vendita o
sistemi self service che consentono di
finalizzare l’acquisto online in negozio.
Il 34% dei top retailer ha già investito in sistemi di cassa evoluti, come self
check-out e Mobile POS. Destano forte
interesse i sistemi per l’accettazione di
couponing e loyalty, che consentono
l’invio di promozioni in prossimità e la
redenzione del coupon digitale direttamente alla cassa del punto vendita.
L’obiettivo è duplice: da un lato aumentare le occasioni di acquisto dei clienti e
dall’altro spingere l’utilizzo delle carte
fedeltà. C’è poi il grande tema dell’Omnicanalità, definita come l’utilizzo congiunto e integrato dei diversi canali (negozi fisici, online e Mobile) a supporto
del processo di interazione azienda-con-
sumatore: il 65% del campione è presente sia online sia su Mobile. Con riferimento all’acquisto online, i comparti più
evoluti sono l’Informatica ed elettronica
di consumo, l’Editoria e l’Abbigliamento.
Per quanto riguarda il canale Mobile, un
terzo circa delle insegne del campione ha
un’iniziativa di Mobile Commerce, un altro terzo circa ha un’iniziativa di Mobile
istituzionale (funzionalità di pre-vendita
o post-vendita) e il restante terzo non ha
ancora avviato progetti.
Mobile App, 9 aziende italiane su 10 le vogliono a supporto dei processi
Il 51% ne ha già adottata una, il 40% intende farlo, solo il 9% non è interessato. Le più diffuse sono quelle operative, per le vendite
e il lavoro “sul campo”. La ricerca dell’Osservatorio Mobile Enterprise del Politecnico di Milano
Moltissime imprese, praticamente in tutti i settori, stanno iniziando o portando
avanti una strategia Mobile, sia per interagire con il mercato tramite il nuovo
canale, sia per aumentare la produttività
e semplificare il lavoro dei propri dipendenti.
Secondo l’Osservatorio Mobile Enterprise del Politecnico di Milano, l’uso di Device e App a scopi lavorativi da parte dei 13
milioni di Mobile Worker italiani nel 2014
ha fatto recuperare 9 miliardi di euro di
produttività.
Uno dei tre “pilastri” del mercato Mobile Enterprise definiti dall’Osservatorio
– insieme a Mobile Device ed Enterprise
App Store – è costituito dalle Mobile
Biz App, che rendono disponibili ai professionisti le funzionalità per svolgere il
loro lavoro su Smartphone e Tablet. Secondo l’Osservatorio, le Mobile Biz App
possono essere classificate in 3 principali
macro-categorie.
Le “Operative”, servono a supportare
specifici processi di business: Sales Force Automation, per i processi di vendita,
marketing, promozione e merchandising;
Field Force Automation, per gli altri processi sul campo (manutenzione, trasporto, ecc.); Warehouse & Stock Management, per la gestione di magazzini e aree
di stoccaggio. Le “Office Practice Automation”, servono a supportare processi
organizzativo-amministrativi con funzio-
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nalità specifiche come compilazione nota
spese, richieste permessi, e così via.
Le “Personal Productivity” sono nate
per visualizzare applicazioni di dashboard
e reportistica, soluzioni per la comunicazione di informazioni ai dipendenti e così
via, o a supporto di elementari funzioni
di produttività individuale (elaboratori di
testi, fogli di calcolo, ecc.).
Field force automation E
Vendite, “mobilE” da subito
I CIO italiani sono sempre più intenzionati a introdurre Mobile Biz App per
cogliere pienamente i benefici che derivano dalla Mobility.
L’Osservatorio ha interpellato 194
CIO e Responsabili di Sistemi Informativi
italiani, ricavando che ben il 51% di essi
le ha già implementate, in netta crescita
rispetto al 35% del 2013. Solo il 9% non
ne ha ancora introdotte e per ora non
è interessato a farlo, mentre il 40% ha
intenzione di introdurle in futuro (nel
12% dei casi si tratta di una decisione già
presa).
Pur registrando una crescita, il fenomeno non risulta essere ancora pervasivo: tra le organizzazioni che hanno
introdotto Mobile Biz App, infatti, l’81%
ne ha implementate meno di 10 - di queste il 52% meno di 5 -, e del restante
19%, appena un terzo ne ha introdotte
ad oggi più di 20.
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Le App “Operative” sono le più adottate, e registrano un alto grado d’utilizzo
degli utenti finali.
Quelle di Sales Force Automation,
già introdotte dal 37% dei CIO, saranno
adottate nei prossimi anni da un ulteriore
41%, a piena conferma del trend di crescita della Mobility applicata ai processi
di vendita.
Al secondo posto ci sono quelle di Field
Force Automation, rivolte principalmente
a manutentori, installatori e ispettori: già
adottate nel 25% delle organizzazioni,
verranno implementate in futuro da un
altro 37%.
Altre tipologie di App operative sono
già state introdotte nel 23% dei casi e si
prevede che in futuro la loro diffusione
è destinata ad aumentare in quanto un
altro 43% le adotterà.
Le App di Office Practice Automation
sono invece state introdotte nel 22% delle
organizzazioni analizzate, e anche se solo
il 10% ne fa già un uso intensivo, sono
quelle per cui si riscontra la crescita più
evidente. Il 46% dei CIO infatti sta valutando una loro introduzione.
Infine le App di Personal Productivity
sono già state introdotte dal 25% delle
organizzazioni e un ulteriore 45% le implementerà in futuro. Il grado di utilizzo
però è il più basso (8%), in attesa che gli
utenti ne comprendano appieno tutte le
potenzialità.
RUBRICA | ric e rc h e e st u di
Big Data, in Italia una crescita forte ma non strutturata
Nel 2014 cresce ancora la spesa per Big Data Analytics (+24%). Ma solo il 17% delle imprese si è dotata di un Chief Data Officer
e il 13% di un Data Scientist. La visione dell’Osservatorio Big Data Analytics & Business Intelligence del Politecnico di Milano
Come si gestisce un social network di 330
milioni di utenti, presente in 200 Paesi, che
interessa altri 4 milioni di aziende? Difficile fare tutto a mano: nel caso di Linkedin,
come ha raccontato Marcello Albergoni,
Head of Italy and Iberia di LinkedIn nel
corso dell’evento di presentazione dei dati
dell’Osservatorio Big Data Analytics & Business Intelligence, promosso dalla School
of Management del Politecnico di Milano,
un aiuto arriva dall’analisi dei big data.
Secondo l’Osservatorio, il mercato Big
Data Analytics in Italia, anche nel 2014, si
conferma in forte espansione, con un trend
di crescita del 25% in termini di budget
stanziato. Una crescita sostenuta, più che
da un utilizzo maturo di questi strumenti,
dalla disponibilità di tecnologie di storage a basso costo, dalla crescente mole di
dati generati dal web e dalla diffusione di
dispositivi Mobile che permettono di utiliz-
zare App, fare pagamenti e interagire con
dispositivi intelligenti. Sebbene per l’83%
della spesa nazionale sia dedicata ancora
a soluzioni di Performance Management
& Basic Analytics e solo il 17% ad Advanced Analytics, queste ultime crescono in
modo maggiore (+34%) rispetto alle prime
(+23%). L’ambito Big Data Analytics rappresenta, inoltre, la priorità di investimento
per il 2015, indicata dal 56% dei CIO, coinvolti nella ricerca dell’Osservatorio.
I passi da fare sono ancora molti, in particolare nell’utilizzo dei dati destrutturati, se
si considera che nell’84% dei casi si usano
dati interni aziendali e solo nel 16% provenienti da fonti esterne (web e social media.
Il volume dei dati semi-strutturati e destrutturati utilizzati appare comunque in
crescita rispetto al 2013 (+31%) a una velocità maggiore rispetto a quelli strutturati
(+21%). Il vero tallone d’Achille del nostro
Paese è, però, la mancanza di competenze e
modelli di governance: solo il 17% delle imprese si è dotata di un Chief Data Officer e
appena il 13% di un Data Scientist.
La funzione Marketing è la principale fruitrice di soluzioni Big Data Analytics (87%
dei casi), per l’esplosione dei dati web e social, usati per estrarre insight dai consumatori e tradurli in azioni. L’analisi su 73 Chief
Marketing Officer e Responsabili Web e Digital di medie e grandi aziende rivela che gli
investimenti previsti in Marketing Analytics
in Italia sono il 2% del budget Marketing
2014 (negli Stati Uniti il 5%), ma nei prossimi 2 anni saranno più del doppio (4,7%). Le
motivazioni che spingono a intraprendere
iniziative di Marketing Analytics sono soprattutto il miglioramento delle azioni per
l’acquisizione di nuovi clienti (per il 65%) e
una migliore gestione della relazione e la
fidelizzazione dei clienti (85%).
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RU B |RICA
| n o mine
rubrica
nomin
e
Paolo Panzanini
Country Manager per l’Italia, Dimension data
Paolo Panzanini è il nuovo Country Manager per l’Italia di Dimension Data. La
sua nomina, insieme con quella di Roberto Del Corno a nuovo Chief Operating
Officer, rientra nel percorso di evoluzione
intrapreso dalla società.
Nel nuovo ruolo, Panzanini, insieme al
Leadership Team italiano, sarà responsabile di tutte le Business Units & Service
Units della società, di tutte le operazioni
della country e avrà il compito di sviluppare ed estendere il business sul territorio Italiano, in linea con gli obiettivi
di crescita ed espansione di Dimension
Data. Nel corso della sua carriera lavorativa, Panzanini ha maturato una notevole esperienza nel settore informatico
e nelle relazioni commerciali, consolidata da funzioni sempre più manageriali
e strategiche. Country Sales Director di
Dimension Data Italia dal 2009, Paolo
ha contribuito alla crescita della filiale
italiana, dando prova delle sue capacità
nel definire e concretizzare una visione
a lungo termine e creando, al contempo,
un business sostenibile.
Moreno Ciboldi
Amministratore Delegato, Alcatel-Lucent Enterprise Italia
Con l’indipendenza di Alcatel-Lucent Enterprise, è nata Alcatel-Lucent Enterprise
Italia di cui Moreno Ciboldi ha assunto il
ruolo di Amministratore Delegato.
Ciboldi ha mantenuto anche la carica
di Senior Vice President for Sales South
Europe & Middle East and Africa (Semea)
di Alcatel-Lucent Enterprise che ricopre
dal 2010, anno in cui il manager è rientrato in azienda dopo sette anni di assen-
za durante i quali è stato Vice President
Emea in Avaya e Vice President Emea in
Nortel Enterprise. In precedenza dal 1999
al 2003 ha ricoperto il ruolo di Sales Vice
President Emea (Europa, Medio Oriente
e Africa) Enterprise Business di Alcatel
e tra il 1996 e il 1999 ha contribuito a
lanciare in Italia e nel Sud Europa Xylan,
azienda di networking nordamericana,
acquisita in seguito da Alcatel.
Albert Zammar
Country Manager Italia, Veeam Software
Veeam Software ha annunciato la nomina di Albert Zammar a Country Manager
Italia.
Nel suo nuovo ruolo Zammar ha la
responsabilità di guidare le operazioni
dell’azienda in Italia, espandere la struttura e la presenza commerciale, sviluppare le alleanze strategiche e i canali di vendita, e raggiungere ambiziosi obbiettivi
di crescita. Zammar approda in Veeam
dopo una lunga esperienza nel comparto
IT. Con una laurea in Scienze Economiche
e un Master in Business Administration,
ha ricoperto diverse posizioni manageriali in aziende multinazionali di rilievo nel
settore delle infrastrutture di comunicazione e dell’IT, tra cui Riverbed Technology, AMP Italia (oggi una divisione di
Tyco Electronics), Anixter Distribution e
Network Appliance.
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Edward Chan
CEO, Huawei Italia
Edward Chan (Yuk Lung) è il nuovo CEO
di Huawei Italia. In questo ruolo è chiamato a guidare lo sviluppo e la realizzazione della strategia societaria attraverso
i tre Business Group: Carrier, Enterprise
e Consumer.
Nato a Hong Kong nel 1971, Chan si è
laureato con lode in Ingegneria Informatica presso la Monash University di Melbourne e ha conseguito il Master in Business Administration presso la University
of South Australia. Nella sua carriera più
che ventennale ha ricoperto ruoli di cre-
scente responsabilità in vari ambiti nel
settore delle telecomunicazioni.
La sua carriera inizia nel 1994 come
ingegnere in Hutchison Telephone HK
Ltd, dove arriva ad assumere il ruolo di
Project Leader. Dal 1996 al 2005 entra
a far parte di Sunday Communications
Ltd ricoprendo la posizione di Direttore
Wireless Access Network & New Technologies.
Nel 2005 è chiamato da Huawei a dirigere la Divisione Wireless Network del
Vodafone Global Account e a partire dal
2007 ha ricoperto la carica di Executive
Deputy Director del Vodafone Global Account di Huawei.
Massimiliano Ferrini
Country Manager, Symantec Italia
Massimiliano Ferrini è il nuovo Country
Manager di Symantec Italia. Nella nuova
posizione è chiamato a dirigere l’intera
struttura italiana, migliorare la collaborazione con il canale e i clienti, e far
crescere i numeri del business locale, apportando un contributo significativo alla
regione MEC (Mature European Countries: Italia, Francia e Germania).
Ferrini, 44 anni, di origini toscane, ha
conseguito una laurea in Economia politica all’Università di Firenze e un master in Business Administration. Prima
di entrare in Symantec ha ricoperto la
posizione di Country Manager per Citrix
Systems, dove si è focalizzato sulla riorganizzazione della filiale italiana e sull’incremento del business.
Nel 2000 in Santa Cruz Operation
(SCO) ha partecipato allo spin-off di
Tarantella, come membro del team statunitense per lo sviluppo delle attività di
marketing a livello mondiale. In seguito
ha ricoperto le posizioni sia di Responsabile Canale per Francia e Italia che di
Country Manager per l’Italia e i Paesi del
Mediterraneo. Nel 2005 in Sun Microsystems ha lavorato come Global Business
Manager per lo sviluppo dei mercati di
office automation e thin client.
Gianluca Flore è stato nominato CEO di
Brioni, la nota azienda d’abbigliamento italiana fondata nel 1945, specializzata nella
produzione di abiti su misura, acquisita nel
2011 dalla multinazionale francese Kering.
Prima di entrare in Brioni, il manager ha
trascorso più di sei anni in Bottega Veneta,
prima come Presidente della regione America, poi come Direttore Retail&Wholesale
WW e CEO della regione Asia-Pacifico.
In Brioni riporterà a Marco Bizzarri, CEO della divisione Kering Luxury-
Couture&Leather Goods, e in qualità di
Amministratore Delegato continuerà a
sostenere la crescita del marchio a livello
internazionale e la sua reputazione di eccellenza nel segmento dell’abbigliamento
maschile di fascia alta.
ICT4EXECUTIVE
hanno collaborato
progetto grafico
è una testata di ICT and Strategy S.r.l.
Paola Capoferro Ronchetta, Daniele Lazzarin,
Eliana Bentivegna, Giorgio Fusari
Stefano Mandato
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ADM Studio Sas - Cologno Monzese (MI)
Direttore responsabile
immagini
Stampa
Manuela Gianni ([email protected])
Illustrazioni di Fabio Margarita
Grafiche Cola Srl - Lecco
Gianluca Flore
CEO, Brioni
Via Durando, 39 - 20158 Milano
Iscrizione presso il R.O.C. Registro degli Operatori
di Comunicazione al n. 16446
Testi e disegni: riproduzione vietata.
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