giovedì 29 settembre 2016

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giovedì 29 settembre 2016
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L’OSSERVATORE ROMANO
POLITICO RELIGIOSO
GIORNALE QUOTIDIANO
Non praevalebunt
Unicuique suum
Anno CLVI n. 223 (47.358)
Città del Vaticano
giovedì 29 settembre 2016
.
All’udienza generale il Papa si appella alla coscienza dei responsabili dei bombardamenti sul centro abitato
Al centro l’immigrazione ma anche questioni economiche
Aleppo città martire
Juncker a Berlino
con Merkel e Hollande
E parlando del buon ladrone ricorda che la misericordia è per tutti, anche per i cattivi
Un «appello alla coscienza dei responsabili dei
bombardamenti» in Siria, «che dovranno dare
conto davanti a Dio» è stato rivolto da Papa
Francesco al termine dell’udienza generale di mercoledì 28 settembre in piazza San Pietro. Visibilmente commosso, il Pontefice ha rivolto ancora
una volta il proprio «pensiero all’amata e martoriata» nazione, da dove — ha spiegato — continuano a giungere «notizie drammatiche sulla sorte
delle popolazioni di Aleppo».
«Unito nella sofferenza, attraverso la preghiera
e la vicinanza spirituale» il Papa ha espresso
«profondo dolore e viva preoccupazione per
quanto accade in questa già martoriata città, dove
muoiono bambini, anziani, ammalati, giovani,
vecchi», rinnovando «a tutti l’appello a impe-
gnarsi con tutte le forze nella protezione dei civili,
quale obbligo imperativo ed urgente».
Tra le altre preoccupazioni espresse dal Pontefice durante i consueti saluti ai gruppi di fedeli, anche quelle «per le sofferenze del popolo messicano» e per gli operai licenziati della Basilicata:
«Non può salire più — ha detto in proposito — la
percentuale della disoccupazione».
In precedenza Francesco aveva dedicato la catechesi alla figura del buon ladrone. Commentando
il brano tratto dal vangelo di Luca (23, 32-43) che
parla del perdono sulla croce, il Papa ha rimarcato anzitutto che Gesù «in questa grande sofferenza è rimasto così e lì ci ha salvati», mentre «noi
sappiamo che non è facile “rimanere sulla croce”,
sulle nostre piccole croci di ogni giorno». Ma in
particolare, secondo il Pontefice, l’episodio insegna che «la salvezza di Dio è per tutti, nessuno
escluso». Perché «la Chiesa non è soltanto per i
buoni o per quelli che sembrano» tali «o si credono buoni: è per tutti, e anche preferibilmente per
i cattivi». E ciò vale soprattutto in «questo tempo
di grazia» che è il giubileo della misericordia. Lo
dimostra proprio la vicenda del buon ladrone,
«un condannato a morte» che diventa «un modello per noi», per ogni «cristiano che si affida a
Gesù». Del resto, ha ricordato Francesco, «è vero,
era un ladro. Ma alla fine, pentito, guardando
Gesù è riuscito a rubarsi il cielo».
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Oltre centomila bambini costretti a bere acqua contaminata a causa della guerra
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Allo stremo
DAMASCO, 28. Più di 100.000 bambini ad Aleppo est sono costretti a
bere acqua contaminata a causa dei
danni alle condotte idriche e alle falde sotterranee provocati dagli intensi
raid aerei. L’allarme è stato lanciato
ieri dall’agenzia dell’Onu per l’infanzia (Unicef) ed è giunto poco
prima di un altro drammatico appello diffuso dall’Organizzazione mondiale per la sanità (Oms), per cui bisogna creare immediatamente dei
corridoi umanitari per evacuare le
persone da Aleppo est. Secondo
fonti dell’opposizione, oltre 600.000
siriani rischiano «un genocidio ad
Aleppo».
L’Onu afferma che nei quartieri
assediati e sotto attacco rimangono
ancora intrappolati 275.000 civili. I
bombardamenti degli ultimi giorni,
che hanno provocato la morte di più
di duecento persone secondo bilanci
approssimativi, hanno colpito anche
ospedali, ambulatori e personale medico. I feriti ad Aleppo — afferma
l’Oms — non possono quindi essere
soccorsi e tratti in salvo.
Ieri gli Stati Uniti hanno annunciato nuovi aiuti umanitari per la
popolazione di Aleppo e non solo,
per un totale di 364 milioni di dollari. Una parte di questi soldi andranno anche alle organizzazioni che assistono sul campo i civili siriani fuggiti in un altro paese. Il nuovo impegno, annunciato dall’assistente segretario di Stato Anne Richards,
porta a 5,9 miliardi di dollari il totale degli aiuti umanitari statunitensi
per la popolazione siriana in oltre
cinque anni di guerra.
Questo mentre le forze governative affermano di aver conquistato il
quartiere di Farafira, nella città vecchia, e una fonte militare a Damasco
ha annunciato, parlando con l’Asso-
ciated Press, la volontà del governo
di Assad di proseguire con l’offensiva «fino a quando tutti i terroristi
non saranno cancellati da Aleppo
est». La Nato, che ha sempre escluso la creazione di una no-fly zone in
Siria, ha accusato ieri la Russia e il
governo siriano di «violare in modo
palese il diritto internazionale». Mosca ha tuttavia negato qualsiasi responsabilità, respingendo le accuse.
Nei giorni scorsi, lo stato maggiore
delle forze armate siriane aveva avvertito i civili rimasti ad Aleppo di
abbandonare la città per non essere
colpiti dall’offensiva condotta da
Mosca e Damasco.
Intanto, a pochi giorni dal primo
anniversario dell’inizio delle operazioni militari russe in Siria, si è combattuto anche lontano da Aleppo.
Formazioni di ribelli hanno riportato
un significativo successo contro i governativi a nord di Hama, nella Siria
centrale.
Questo mentre gruppi di attivisti
anti-Assad denunciano l’uccisione,
da parte di guardie di frontiera turche, di dodici civili, tra cui cinque
minori, in tre distretti a ridosso del
confine tra i due paesi: Qamishli,
Tal Abyad e Ras al Ayn. Secondo il
conteggio, sale così a 145 il numero
di civili siriani uccisi dai militari turchi alla frontiera dall’inizio dell’anno. Tra questi si contano 29 minori e
13 donne.
Sul piano diplomatico, a Mosca
c’è attesa per la visita del ministro
degli esteri siriano Walid Muallem.
Il ministro degli esteri russo Serghiei
Lavrov e Muallem si sono già incontrati a New York, a margine dell’Assemblea generale Onu, ma «Muallem ha un visto aperto a Mosca e
noi lo aspettiamo sempre», ha detto
Mikhail Bogdanov, vice ministro de-
gli esteri e rappresentante speciale
del Cremlino per il Medio oriente e
i paesi africani.
E intanto, sulla questione del dialogo russo-statunitense alle Nazioni
Unite, fattosi particolarmente teso
nelle ultime settimane, è intervenuto
oggi anche il ministro degli esteri
italiano, Paolo Gentiloni, afferman-
do: «Mi auguro che la Russia collabori a far smettere Assad nel suo atteggiamento di massacrare il suo popolo. Se non lo farà, credo che sarà
inevitabile una rottura drammatica a
livello diplomatico internazionale,
salteranno tutti questi tavoli negoziali con la Russia, Mosca tornerà a
essere isolata».
BRUXELLES, 28. Il
presidente
della
Commissione europea Jean- Claude
Juncker
partecipa
stasera a Berlino, con
il cancelliere tedesco
Angela Merkel e il
presidente francese
Francois Hollande,
alla cena organizzata
dallo
European
Round Table of Industrialist (Erti). Da
Bruxelles fanno sapere che si tratta di
un incontro annuale
con gli industriali. È
la terza volta che
l’Erti organizza questo evento.
Si tratta di «un
evento annuale e il
presidente Juncker vi
parteciperà per la
terza volta da quando è in carica» ha
spiegato la portavoce
Mina Andreeva, precisando che l’incontro con il cancelliere
Merkel e il presidente Hollande «sarà
dedicato
principalMigranti
mente allo sviluppo
dell’agenda digitale e
a esso parteciperà quindi anche il
commissario competente, Günther
H. Oettinger».
In realtà, secondo quanto riporta
la stampa, i tre leader avranno modo a Berlino di confrontarsi soprattutto sul nodo dell’immigrazione e
sulle nuove misure di ricollocamento allo studio. Non si esclude poi
l’esame di temi economici, a partire
dall’agenda per lo sviluppo.
Intanto da Bruxelles la Commissione europea continua a lanciare
appelli alla solidarietà in tema di
ricollocamenti. Dimitris Avramopoulos, commissario per le migrazioni, gli affari interni e la cittadinanza, ha espresso apprezzamento
per l’accelerazione dell’ultimo mese: solo in settembre sono stati redistribuiti più di 1200 profughi.
Ma Avramopoulos ha ricordato
che, a un anno dall’entrata in vigore del meccanismo di ricollocamento, i numeri restano bassi, con 5651
persone partite dalla Grecia e
dall’Italia (rispettivamente 4455 e
1196) su un totale di 160.000 previsti in due anni.
Quanto al reinsediamento dei
migranti che si trovano nei campi
profughi dei paesi terzi rispetto
all’Unione, cioè soprattutto Libano, Giordania e Turchia, le cifre
sono più elevate: 10.695 persone
sul totale di 22.504 concordato nel-
Cordoglio del Pontefice per la morte di Shimon Peres
soccorsi al largo della Libia (Reuters)
lo schema messo a punto a luglio
2015. Inoltre, oltre mille siriani sono stati reinsediati in Europa dalla
Turchia dallo scorso giugno, quando è diventato operativo l’accordo
fra Bruxelles e Ankara per la gestione dei flussi.
Di nuovo c’è che nelle ultime
ore, la Commissione europea ha
firmato due garanzie per un valore
complessivo di 600 milioni di euro
per gli aiuti ai rifugiati siriani presenti nei campi profughi in Turchia. Gli aiuti, di 300 milioni ciascuno, intendono garantire l’accesso all’istruzione e ai servizi sanitari.
Nello specifico, almeno 500.000
studenti siriani riceveranno lezioni
di lingua turca e avranno così più
strumenti per integrarsi nel tessuto
sociale locale. Le garanzie da 600
milioni sono coperte dallo strumento finanziario speciale da 1,4
miliardi istituito dalla commissione
a fine luglio.
Prosegue intanto l’emergenza nel
Mediterraneo. Guardando all’Egitto, sono state arrestate quindici
persone, tra cui il proprietario del
barcone, in relazione al naufragio
di migranti avvenuto mercoledì
scorso davanti alle coste settentrionali dell’Egitto. Il bilancio delle
vittime è salito, arrivando a oltre
200 morti ma resta ancora comunque provvisorio. L’accusa per tutti
è di traffico di esseri umani e responsabilità diretta nella tragedia
avvenuta al largo della città di Rosetta, dove tutti i fermati risultano
avere la residenza.
Eredità di pace
L’ex presidente israeliano Shimon Peres, principale artefice
degli accordi di Oslo e premio Nobel per la pace, è morto
nella notte tra martedì 27 e mercoledì 28 settembre
all’ospedale Sheba di Tel Aviv. Aveva 93 anni ed era
ricoverato da circa dieci giorni in seguito a un’ischemia
cerebrale. Appresa la notizia il Papa ha inviato
al capo dello stato d’Israele, Reuven Rivlin, il telegramma
di cordoglio che pubblichiamo in una nostra traduzione
dall’inglese.
Mi ha profondamente rattristato apprendere della morte
di Sua Eccellenza Shimon Peres, e desidero trasmettere
a lei e tutto il popolo d’Israele le mie sentite condoglianze. Ricordo con affetto il tempo trascorso in Vaticano con il signor Peres e rinnovo il mio profondo apprezzamento per l’instancabile impegno a favore della
pace del compianto presidente. Mentre lo Stato d’Israele piange il Signor Peres, spero che il suo ricordo e i
suoi molti anni di servizio ispirino tutti noi a lavorare
con sempre maggiore urgenza per la pace e la riconciliazione tra popoli. In questo modo si renderà davvero
onore alla sua eredità e il bene comune per il quale si è
adoperato con tanta diligenza troverà nuove espressioni,
mentre l’umanità cerca di progredire sul cammino verso
la pace duratura. Assicurando le mie preghiere a tutti
coloro che lo piangono, specialmente alla famiglia Peres, invoco le benedizioni divine della consolazione e
della forza sulla nazione.
FRANCESCO
Shimon Peres con Abu Mazen e Papa Francesco durante l’incontro
di preghiera per la pace dell’8 giugno 2014 nei Giardini vaticani
LUCA M. POSSATI
A PAGINA
3
NOSTRE
INFORMAZIONI
Il Santo Padre ha accettato
la
rinuncia
al
governo
pastorale della Diocesi di
São João da Boa Vista (Brasile) presentata da Sua Eccellenza Monsignor David Dias
Pimentel.
Provvista di Chiesa
Il Santo Padre ha nominato Vescovo della Diocesi di
São João da Boa Vista (Brasile) Sua Eccellenza Monsignor Antônio Emídio Vilar,
S.D.B.,
trasferendolo dalla
Diocesi di São Luiz de Cáceres.
L’OSSERVATORE ROMANO
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giovedì 29 settembre 2016
Manifestante a favore del sì all’accordo
con le Farc (Reuters)
Il 92 per cento della popolazione mondiale vive in aree in cui le polveri sottili superano il limite massimo consentito
Di aria si muore
Francia (11.000) e Spagna (6800). E
oggi la situazione sembra essere addirittura peggiorata.
L’inquinamento continua a incidere soprattutto sulla salute di donne,
bambini e anziani, con conseguenze
spesso imprevedibili. «Per essere in
buona salute, le persone devono respirare aria pulita dal primo respiro
all’ultimo» ha sottolineato in una
nota il vicedirettore dell’Oms, Flavia
Bustreo. Le principali fonti di inquinamento atmosferico sono legate alla
mano dell’uomo, dai trasporti all’uso
di carburante domestico, fino alla
combustione dei rifiuti, alle centrali
elettriche a carbone e alle attività industriali. Ma la qualità dell’aria può
anche essere influenzata dalla natura: l’Oms ricorda le tempeste di polvere, in particolare nelle regioni vicine ai deserti.
«Un’azione rapida per affrontare
l’inquinamento atmosferico non sarà
mai abbastanza veloce — afferma il
rapporto dell’organismo internazionale con sede a Ginevra — ma le soluzioni esistono: il trasporto sostenibile nelle città, la gestione dei rifiuti
solidi, l’accesso a combustibili “puliti” in casa, così come le energie rinnovabili e la riduzione delle emissioni industriali».
GINEVRA, 28. Sempre più allarmanti
i dati sull’inquinamento atmosferico.
Il 92 per cento della popolazione
mondiale vive in aree in cui le polveri sottili superano il limite massimo stabilito a livello internazionale.
A denunciarlo è stata l’O rganizzazione mondiale della sanità (Oms)
in un rapporto presentato ieri. Il documento si fonda su dati provenienti
da tremila località internazionali, per
lo più città, ed è stato elaborato in
collaborazione con l’università di
Bath, in Gran Bretagna.
L'aria contaminata miete milioni
di vittime, soprattutto nei paesi poveri e più esposti ai fumi di combustibili, mezzi di trasporto inefficienti,
centrali a carbone e rifiuti inceneriti.
E sempre secondo l’Oms, sono tre
milioni le morti associabili ogni anno alle conseguenze dell’inquinamento atmosferico, ovvero di un’aria
sempre più malsana, sia all’aperto
che al chiuso.
In base agli ultimi dati disponibili, risalenti al 2012, nel mondo si
contano circa 6,5 milioni di decessi
legati all’inquinamento: ogni nove
persone morte, una è vittima
dell’aria contaminata. Come detto,
circa il 90 per cento delle morti per
inquinamento riguardano paesi a
reddito medio-basso; i due terzi si
registrano nel sudest asiatico e nel
Pacifico occidentale. Il 94 per cento
dei decessi a causa delle conseguenze dell’aria inalata – riferisce sempre
l’Oms – è dovuto a malattie come
quelle cardiovascolari, ictus, broncopneumopatia cronica ostruttiva e
cancro ai polmoni. In Cina sono
1,03 milioni le morti riconducibili
all’aria cattiva. In India 621.000 e in
Russia 140.000. In Europa, sempre
nel 2012, l’Italia — con poco più di
21.000 decessi — conta più vittime rispetto a Regno Unito (16.000),
I due candidati torneranno a confrontarsi altre due volte
Clinton e Trump verso il nuovo dibattito
WASHINGTON, 28. Dopo l’eco sui
media del primo confronto televisivo tra Hillary Clinton e Donald
Trump, si guarda ai prossimi due
dibattiti, mentre gli Stati Uniti registrano la morte di un altro giovane
afroamericano colpito dalla polizia.
Il 9 ottobre i candidati alla presidenza degli Stati Uniti del partito
democratico e di quello repubblicano torneranno a dibattere in diretta
tv, questa volta dall’Università di
St. Louis in Missouri, con un formato diverso. La metà del dibattito
infatti sarà gestito in base alle domande poste direttamente dal pubblico presente, selezionato tra elettori che non abbiano già vincolato
la loro preferenza. L’altra metà del
tempo sarà scandita dagli interventi
di un moderatore, sulla base di indicazioni emerse tra l’altro dai social media. I candidati avranno due
minuti per rispondere mentre il
moderatore avrà a sua disposizione
un minuto per intervenire sollecitando il dibattito.
È previsto un terzo confronto di
fronte alle telecamere prima del voto l’8 novembre. Avrà luogo il 19
ottobre presso l’Università di Nevada — Las Vegas a Las Vegas e il
formato ricalcherà quello adottato
per il primo dibattito, cioè solo interventi con il moderatore.
In tutti i casi, sono previsti 90
minuti per la durata senza alcuna
interruzione pubblicitaria.
Primo bambino nato
da fecondazione
assistita con il dna
di tre persone
CITTÀ DEL MESSICO, 28. È nato il
primo bambino frutto di una fecondazione assistita che ha visto l’utilizzo del dna di tre persone diverse: oltre a quelli della mamma e del papà,
anche quello di una donatrice. La
notizia è stata diffusa ieri dalla rivista scientifica «New Scientist». Il
trattamento genetico è avvenuto in
Messico e condotto da una équipe
di medici statunitensi. L’obiettivo,
stando a quanto si legge nell’articolo, è stato quello di riuscire, tramite
la nuova tecnica, a evitare che il
bambino ereditasse la patologia della
madre, che soffre della sindrome di
Leigh. Il metodo usato è stato sviluppato soprattutto in Gran Bretagna, dove, dopo numerose polemiche, è stata anche approvata una legge che ne consente l’applicazione.
Americhe
libere dal morbillo
GINEVRA, 28. Il continente americano è libero dal morbillo. Le Americhe, infatti, sono la prima regione
del pianeta ad avere completamente
eradicato l’infezione virale, che può
causare gravi problemi di salute come polmonite, cecità, edema cerebrale, fino alla morte. Lo ha dichiarato ieri l’Organizzazione mondiale
della sanità (Oms), sottolineando
che il traguardo è frutto di uno
sforzo lungo 22 anni basato su vaccinazioni di massa contro morbillo,
parotite e rosolia.
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GIOVANNI MARIA VIAN
direttore responsabile
Giuseppe Fiorentino
vicedirettore
Piero Di Domenicantonio
Cittadini statunitensi in California assistono al confronto tra Clinton e Trump (Afp)
ROMA, 28. La crescita in Italia si
fermerà allo 0,8 per cento quest’anno e all’un per cento l’anno prossimo; il rapporto tra deficit e pil si
attesterà al 2,4 per cento quest’anno
e l’anno prossimo al 2 per cento,
ma con una possibile estensione di
un ulteriore 0,4. Questi i principalil
dati contenuti nel Def, il Documento economico e finanziario, approvato ieri dal governo. Il presidente
del Consiglio, Matteo Renzi, ha
precisato che per il 2017 «l’Italia
chiederà un indebitamento ulteriore
di 0,4 punti percentuali per il sisma
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caporedattore
Gaetano Vallini
segretario di redazione
essere stato ferito da diversi colpi di
arma da fuoco sparati ieri sera dalla
polizia di El Cajon, alla periferia di
San Diego, in California. L’uomo,
secondo quanto riferito dalle forze
dell’ordine, era disarmato ma aveva
estratto un oggetto dalla sua tasca e
lo aveva puntato contro gli agenti.
Anche sui social media si moltiplicano le accuse alla polizia di razzismo.
Il Consiglio dei ministri italiano
approva il Def
Il morbillo — precisa una nota
dell’Oms — è la quinta patologia
prevenibile attraverso il vaccino a
essere eliminata dal continente americano, dopo l’eradicazione del vaiolo nel 1971, della poliomielite nel
1994, della rosolia e della sindrome
da rosolia congenita nel 2015. Prima
dell’avvio della vaccinazione di massa, nel 1980, il morbillo causava oltre due milioni e mezzo di morti
l’anno. Solo nelle Americhe sono attribuibili alla malattia oltre 101.800
decessi tra il 1971 e il 1979.
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Ma saranno anche i due candidati alla vicepresidenza a presentarsi
faccia a faccia sullo schermo. Il 4
ottobre la Longwood University di
Farmville, in Virginia, ospiterà il dibattito tra il democratico Tim Keine e il repubblicano Mike Pence.
Intanto, si registrano proteste in
varie città dopo la diffusione della
notizia della morte di un afroamericano, deceduto in ospedale dopo
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e per la gestione dell’immigrazione». Non si tratta di chiedere nuova flessibilità all’Europa, ha spiegato Renzi, sottolineando le spese
straordinarie per la ricostruzione
nelle zone del centro Italia colpite
dal sisma del 24 agosto scorso. La
stima del pil (prodotto interno lordo) per quest’anno è sostanzialmente allineata a quella delle principali
istituzioni economiche internazionali (coincide con quella dell’O cse)
e nazionali (Prometeia stima poco
meno, lo 0,7 per cento, come Confindustria).
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Tipografia Vaticana
Editrice L’Osservatore Romano
don Sergio Pellini S.D.B.
direttore generale
Sull’accordo tra governo e Farc
In Colombia attesa
per il referendum
BO GOTÁ, 28. Il 2 ottobre i cittadini
della Colombia si recheranno alle
urne per pronunciarsi sull’accordo
di pace fra il governo di Bogotá e
le Forze armate rivoluzionarie della
Colombia (Farc), firmato due giorni fa a Cartagena de Indias. I sondaggi assicurano che oltre il 54 per
cento della popolazione è a favore.
L’accordo segna l’inizio di una
nuova era per il paese sudamericano, dopo la guerra civile durata
più di mezzo secolo.
Nominato
l’ambasciatore
statunitense
a Cuba
WASHINGTON, 28. Il presidente
degli Stati Uniti Barack Obama
ha nominato il primo ambasciatore a Cuba dopo oltre 50 anni.
Si tratta di un funzionario diplomatico che ha svolto un ruolo nella fase di ripristino delle
relazioni. La sua nomina deve
essere ratificata dal senato di
Washington.
Il nome scelto da Obama è
quello di Jeffrey De Laurentis,
che ha già prestato servizio a
Cuba come incaricato d’affari e
capodelegazione, nel quadro degli storici incontri di luglio 2015
tra Washington e L’Avana. È
stato lo stesso presidente ad annunciare di essere «orgoglioso
della nomina del primo ambasciatore» dopo mezzo secolo di
tensioni tra i due paesi.
La nomina deve comunque
essere ratificata dal senato. Si
sono dichiarati contrari il senatore della Florida Marco Rubio
e il senatore del Texas Ted
Cruz. L’embargo economico in
vigore contro l’isola dal 1960 era
ritenuto il principale ostacolo a
una completa normalizzazione
delle relazioni. Al momento restano aperte alcune questioni,
come quella delle compensazioni per le proprietà statunitensi
confiscate.
Decine di migliaia sono stati i
morti, e oltre 29 milioni i rifugiati
interni: la cifra più alta al mondo
fino alla guerra in Siria.
A ospitare le prime trattative è
stata la Norvegia, poi Cuba, protagonista della fase conclusiva. Tra i
punti chiave dell’accordo, c’è quello sulla riforma agraria integrale,
che mira a risolvere le condizioni
di miseria e di disuguaglianza che
si registrano nelle zone rurali del
paese: a partire dalla consegna di
titoli di terra alle comunità contadine.
Da considerare il capitolo sulla
«partecipazione politica: apertura
democratica per arrivare alla pace»,
che in sintesi prevede di eliminare
qualunque forma di esclusione e
promuovere la più ampia partecipazione dei cittadini.
E ancora il punto che riguarda
la «soluzione al problema delle
droghe illegali», che disegna una
nuova politica con un intento sociale e basato sui diritti umani per
superare i danni della coltivazione
di droghe per sostenere le spese
della guerra.
Di non minore importanza è
l’intesa raggiunta sulla questione
delle vittime, che comporta un sistema integrale per assicurare «verità, giustizia, riparazione». Si prevede una «giurisdizione speciale
per la pace», una «unità di ricerca
delle persone date per scomparse
nel contesto e per le cause del conflitto», «piani di riparazione integrale», la restituzione delle terre.
Centrale è il tema delle armi. Il
punto sottoscritto dedicato alla «fine conflitto» implica «la cessazione
delle ostilità, bilaterale e definitiva;
l’abbandono delle armi; il meccanismo di monitoraggio e verifica che
le Nazioni Unite hanno messo in
campo mediante il dispiegamento
degli osservatori dei paesi della
Comunità di stati latinoamericani e
dei Caraibi (Celac)».
E infine la questione del rientro
delle Farc nella vita civile: affinché,
«a partire da un indulto e dalla più
ampia amnistia politica, si apra il
cammino per la riconversione in
partito o movimento politico legale
nel nuovo scenario». Precisamente
è previsto che i guerriglieri potranno fare politica solo dopo il pronunciamento di tutta la popolazione al referendum che si terrà domenica prossima.
Il sindaco di Londra
auspica visti di lavoro facilitati
LONDRA, 28. Il sindaco laburista di
Londra, Sadiq Khan, ha auspicato
ieri l’istituzione di speciali “visti di
lavoro” facilitati per mantenere
aperte le porte della capitale ai lavoratori stranieri, anche laddove la
Brexit dovesse sfociare nella reintroduzione di un regime di visti fra
la Gran Bretagna e gli altri paesi
europei con controlli più stringenti
a livello nazionale.
La proposta, rende noto lo staff
del sindaco, è già stata discussa
con alcuni esponenti economici.
Ora si tratta di trovare un accordo
Tariffe di abbonamento
Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198
Europa: € 410; $ 605
Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665
America Nord, Oceania: € 500; $ 740
Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30):
telefono 06 698 99480, 06 698 99483
fax 06 69885164, 06 698 82818,
[email protected] [email protected]
Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675
con il governo conservatore: Khan
ne ha già parlato con il cancelliere
dello scacchiere, Philip Hammond,
con il titolare degli esteri e suo
predecessore, Boris Johnson, e con
il ministro per la Brexit, David Davis, in attesa di avere un faccia a
faccia con la premier, Theresa May.
L’obiettivo, ha confermato Khan a
SkyNews, a margine della conferenza annuale del Labour in corso
a Liverpool, è elaborare «un modello che ci garantisca di continuare a reclutare e attirare talenti vitali
per il sistema-Londra».
Concessionaria di pubblicità
Aziende promotrici della diffusione
Il Sole 24 Ore S.p.A.
System Comunicazione Pubblicitaria
Ivan Ranza, direttore generale
Sede legale
Via Monte Rosa 91, 20149 Milano
telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214
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Intesa San Paolo
Ospedale Pediatrico Bambino Gesù
Società Cattolica di Assicurazione
Credito Valtellinese
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giovedì 29 settembre 2016
pagina 3
Il premier libico designato Al Sarraj
e il presidente francese Hollande (Afp)
La morte di Shimon Peres
Il difficile cammino
della pace
di LUCA M. POSSATI
Aveva 93 anni ed era ricoverato da
circa dieci giorni in seguito a
un’ischemia cerebrale. L’ex presidente israeliano Shimon Peres,
principale artefice degli accordi di
Oslo e premio Nobel per la pace, è
morto questa notte all’ospedale
Sheba di Tel Aviv. È stato l’ultimo
dei padri fondatori di Israele, amato e rispettato da tutte le forze politiche: si è spento serenamente, circondato dall’affetto dei familiari e
dall’amore della sua gente. Con lui
se ne va una figura di primo piano
nella storia del novecento. Tutti i
leader del mondo piangono la perdita. «Si è spenta una luce, ma la
speranza che ci ha dato risplenderà
per sempre» ha dichiarato il presidente degli Stati Uniti, Barack
Obama.
Difficile parlare della vita di Peres senza il continuo riferimento alla storia dello stato di Israele. Peres
nasce in Europa, nella città polacca
di Višneva, nell’agosto del 1923.
Emigra in Vicino oriente a poco
più di dieci anni, nel 1934, quando
Gerusalemme e la Palestina sono
ancora sotto il mandato britannico.
Vive nei kibbutz, assimilandone la
cultura e la tradizione, e gioca un
ruolo di spicco nella nascita del
movimento giovanile laburista, venendo a contatto con la personalità
di Levi Eshkol. Ma è l’incontro nel
1946 con David Ben Gurion, futuro
fondatore, a cambiargli la vita. Da
quel momento, inizia per lui una
straordinaria carriera politica e militare. Entra nelle prime forze armate
israeliane nel 1947. Partecipa come
capo della marina alla guerra d’indipendenza nel 1948 per poi diventare direttore della delegazione del
ministero della difesa negli Stati
Uniti, con una funzione di grande
rilievo a livello diplomatico. Ha così la possibilità di approfondire gli
studi alla New York School for Social Research e alla Harvard University. Arriva alla Knesset nel 1959
come membro del partito Mapai, la
formazione di Ben Gurion. Dopo
pochi anni lascia il Mapai per fondare insieme a Moshe Dayan un
nuovo partito, il Rafi, che in seguito si riunirà al Mapai confluendo,
nel 1968, nel partito laburista israeliano. All’inizio degli anni settanta
risalgono i primi incarichi di governo. È inizialmente chiamato da
Golda Meir ai trasporti (1970-1974),
poi alle finanze (1988-1990) durante
il secondo governo Shamir, ma a
caratterizzare la sua carriera politica
sono soprattutto i tre mandati di
ministro degli esteri (1986-1988,
1992-1995, 2001-2002). Come capo
della diplomazia, Peres gioca le sue
carte migliori, dando un impulso
fondamentale al dialogo internazionale, come dimostra la partecipazione agli accordi di Camp David
con l’Egitto nel 1978. Diventa quindi premier nel 1984, succedendo a
Shamir. Ma il suo capolavoro politico arriva circa dieci anni più tardi,
con l’avvio dei primi negoziati con
l’Organizzazione per la liberazione
della Palestina (Olp) di Yasser Arafat, grazie alla mediazione di Stati
Uniti e Norvegia, fino alla firma
degli accordi di Oslo nel settembre
1993. Accordi che, oltre a sancire il
reciproco riconoscimento delle parti, istituivano l’Autorità palestinese
in Cisgiordania e nella striscia di
Gaza, tracciando così la base di un
futuro stato palestinese autonomo,
e aprivano per la prima volta la
possibilità di una soluzione diplomatica del conflitto. Per questa iniziativa, insieme al premier Yitzakh
Rabin — suo amico ed eterno rivale
nel partito laburista — e ad Arafat,
nel 1994 Peres riceve il premio Nobel per la pace.
Dopo il brutale assassinio di Rabin nel 1995 e le difficoltà incontrate nell’attuazione degli accordi, con
il riesplodere degli attacchi terroristici, l’azione politica di Peres attraversa una fase molto difficile. È
premier dal 1995 al 1996, per poi essere sconfitto alle elezioni da Benjamin Netanyahu, leader del Likud, e
lasciare la guida del suo partito.
Nel 2005 lascia a sorpresa il partito
laburista per aderire al partito centrista Kadima fondato da Ariel Sharon. Ed è quest’ultimo a conferirgli
di nuovo per poco più di un anno
(2001-2002) la carica di ministro degli esteri. Nel giugno 2007 viene
eletto nono presidente dello stato
di Israele. Terminato il mandato
presidenziale nel 2014, Peres è rimasto molto attivo sulla scena politica,
in particolare attraverso la sua fondazione, il Centro Peres per la pace
di Jaffa che promuove il dialogo fra
ebrei e arabi.
Tracciare un bilancio complessivo
di questa lunga parabola politica è
impresa complessa e forse prematura. Nonostante un passato da “falco” (appoggiò i primi insediamenti
ebraici in Cisgiordania negli anni
settanta), Peres ha in seguito cercato e sostenuto una soluzione equa e
duratura del conflitto in Vicino
oriente. Come diceva nell’ultima intervista rilasciata a «L’O sservatore
Romano» (1° maggio 2013), «siamo
arrivati nella terra promessa e desideriamo farne una terra di promessa; comportarci conformemente ai
dieci comandamenti e costruire la
nostra vita sulla scienza e sulla pace». Chiara la visione del contributo di Israele alla stabilità del Medio
oriente: «Dovremmo completare il
processo di pace tra noi e i palestinesi. Di fatto, la soluzione è già
evidente: due Stati per due popoli;
uno Stato ebraico, Israele, e uno
Stato arabo, la Palestina. Siamo
partiti dagli accordi di Oslo, e ora
dobbiamo superare il divario che
ancora rimane. Ciò è possibile, e il
modo per farlo è attraverso il dialogo».
Da ricordare, inoltre, il profondo
legame con Papa Benedetto XVI e
Papa Francesco. Nel giugno del
2014, Peres incontrò nei giardini vaticani il presidente palestinese
Mahmoud Abbas per invocare, insieme a Papa Francesco, il dono
della pace per la Terra santa e piantare un ulivo. «La pace non arriva
facilmente» aveva detto in quell’occasione. «Dobbiamo indirizzare tutti i nostri sforzi verso la sua realizzazione. Esige sacrifici e compromessi. I palestinesi sono nostri vicini. Preghiamo che sia ormai prossimo il giorno in cui inizieremo a vivere in coesistenza, rispetto reciproco e come buoni vicini».
Drone statunitense colpisce
postazione jihadista in Afghanistan
KABUL, 28. Le autorità della provincia orientale afghana di Nangarhar hanno reso noto oggi un nuovo bilancio riguardante il raid di un
drone statunitense nel distretto di
Achin, che avrebbe causato la morte di diciotto miliziani del cosiddetto stato islamico (Is), fra i quali un
comandante di alto livello, e tre civili. In mattinata, fonti anonime
della sicurezza afghana avevano assicurato che l’incursione del velivolo senza pilota aveva causato la
morte di 13 civili e il ferimento di
altri 14. Poi è emersa l’identità delle
vittime e dunque la natura dell’operazione. Al riguardo il generale
Charles Cleveland, portavoce delle
forze statunitensi in Afghanistan,
ha confermato il raid, ma non ha
commentato la possibile esistenza
di vittime civili.
L’ufficio stampa del governo di
Nangarhar ha diffuso un comunicato in cui sostiene che il raid del
drone statunitense, avvenuto la
scorsa notte, ha centrato una casa
del villaggio di Raghzi «uccidendo
diciotto militanti dell’Is, compreso
il loro comandante, e ferendone altri cinque». Contemporaneamente
il razzo sparato sulla casa «ha ucciso tre civili e ne ha feriti altri sei».
Negli ultimi mesi le forze statunitensi di stanza in Afghanistan
hanno lanciato diversi raid contro
le formazioni jihadiste nel paese. Il
numero di miliziani ancora attivi
sul territorio afghano ammontano a
circa 1500 unità.
Per la stabilità della Libia
Parigi sostiene Al Sarraj
PARIGI, 28. Massimo sostegno al governo di unità nazionale in Libia,
per portare avanti la lotta contro il
terrorismo e garantire la stabilità
della regione. Questa la promessa
che il presidente francese, François
Hollande, ha fatto ieri al premier libico incaricato, Fayez Al Sarraj, in
visita a Parigi. «La Francia darà tutto il sostegno possibile al governo di
unità libico: coopereremo per quanto necessario» ha dichiarato il capo
dell’Eliseo. «L’interesse della comunità internazionale è quello di avere
una Libia stabile e sicura» e questo
per evitare che la Libia «si trasformi
in una nuova Siria», ovvero in uno
scenario segnato da violenza e caos.
«Non possiamo accettare che ci siano bombardamenti, che la popolazione civile sia colpita, e che i bambini siano colpiti» ha detto Hollande.
E ieri, intanto, l’inviato speciale
delle Nazioni Unite in Libia, Martin
Kobler, ha dichiarato che «le milizie
di Misurata hanno pagato un prezzo
molto alto per la liberazione di Sirte» dalla morsa dei jihadisti del cosiddetto Stato islamico (Is), «con
600 morti e mille feriti tra i suoi
combattenti». Parlando ai media locali nella sua recente visita all’ospedale civile di Misurata, Kobler ha
affermato che «non c’è una famiglia
della città che non abbia avuto una
vittima a Sirte. Sono stato a Misurata la scorsa settimana e ho incontrato molte persone e tutte mi hanno
detto di aver perso un proprio caro
a Sirte». Il diplomatico tedesco si
dice preoccupato «per l’uccisione
senza processo degli uomini dell’Is
che avvengono a Sirte in strada dopo che sono fatti prigionieri». La
lotta al terrorismo «deve andare di
pari passo col rispetto della legge»
ha spiegato Kobler.
Intanto, i combattimenti continuano. Gli aerei da guerra libici di
Misurata hanno bombardato ieri
l’ultimo avamposto dell’Is a Sirte
con cinque raid. Dopo giorni di sospensione dei bombardamenti aerei,
secondo quanto riferiscono i media,
i caccia libici hanno colpito la zona
costiera della città e in particolare i
palazzi dove sono asserragliati gli
ultimi terroristi nella parte settentrionale di Sirte. Fonti dell’operazione «Al Bunian Al Marsus», condotta dalle milizie misuratine, confermano che gli obiettivi sono stati colpiti. I raid sono scattati dopo un periodo di calma relativa e cessazione
delle ostilità nella zona. Nell’area
costiera libica — confermano fonti di
stampa — si troverebbero ancora circa 120 miliziani jihadisti e cinquanta
membri delle loro famiglie, non solo
libici ma anche stranieri.
La Corte penale internazionale infligge nove anni di carcere ad Ahmad Al Faqi Al Mahdi
Rapporto Onu
Prima condanna
per le devastazioni a Timbuctu
Violazione
delle sanzioni
nel Darfur
BAMAKO, 28. Con una sentenza storica la Corte penale internazionale
(Cpi) ha condannato a nove anni di
reclusione Ahmad Al Faqi Al
Mahdi, noto come Abu Tourab, sotto processo per la distruzione
nell’estate del 2012 dei preziosi tesori culturali di Timbuctu, la città del
Mali patrimonio mondiale dell’Unesco, soprannominata «la città dei
333 santi», sepolti, tra cimiteri, mausolei o semplici tombe.
Il portavoce della Cpi ha spiegato in dichiarazioni rilasciate dopo la
sentenza che, per i giudici, Al
Mahdi — ex capo della polizia islamica del gruppo Ansar Dine legato
ad Al Qaeda nel Maghreb islamico,
(Aqmi) — è colpevole e coautore al
di là di ogni ragionevole dubbio di
crimini di guerra. L’uomo ha «diretto intenzionalmente attacchi contro
edifici storici e luoghi di culto a
Timbuctu»,
distruggendo
nove
mausolei e la moschea Sidi Yahia
tra il 30 giugno e l’11 luglio 2012. Il
portavoce ha inoltre sottolineato che
gli edifici colpiti «non rappresentavano obiettivi militari» e «non avevano solo un valore religioso ma anche simbolico e affettivo per gli abitanti» della città del nord del Mali
dichiarata dall’Unesco nel 1988 patrimonio mondiale dell’umanità.
La condanna tiene conto di cinque attenuanti, compresa l’ammissione di colpevolezza. Difatti,
Mahdi è stato non solo il primo
jihadista processato all’Aja per distruzione del patrimonio culturale,
ma anche il primo imputato a di-
Alcune delle opere distrutte a Timbuctu
chiararsi colpevole e pentito per i
reati commessi davanti al Tribunale
penale internazionale.
I giudici hanno poi preso in considerazione anche il fatto che si fosse inizialmente mostrato reticente
davanti alla volontà dei leader dei
gruppi jihadisti di distruggere i tesori di Timbuctu.
Il direttore generale dell’Unesco,
Irina Bokova, dopo la sentenza ha
affermato che si tratta di «un passo
L’India annulla la partecipazione
al vertice della Saarc
NEW DELHI, 28. La ripresa delle
tensioni tra India e Pakistan in
Kashmir ha indotto il governo di
New Delhi a non partecipare al vertice del gruppo Saarc (Associazione
sud-asiatica per la cooperazione regionale), previsto per novembre proprio in Pakistan.
In una nota ufficiale ripresa dalle
agenzie di stampa internazionali,
l’India ha fatto sapere che a causa
dei «crescenti attacchi terroristici»
sul suo territorio «realizzati con infiltrazioni attraverso la frontiera», ha
deciso di boicottare il diciannovesimo summit regionale della Saarc
che si terrà nella capitale pakistana,
Islamabad, tra due mesi. L’India,
prosegue la nota, si è detta «ferma
nell’impegno per la cooperazione re-
gionale, lo sviluppo della connettività e dei contatti, ma ritiene che questi temi possano svilupparsi solo in
un clima libero dal terrorismo».
La nuova ondata di disordini prodottasi nelle ultime settimane in Kashmir e le infiltrazioni di militanti
dal territorio pakistano nel Kashmir
stesso — in una delle quali sono stati
uccisi 18 soldati indiani — hanno
ravvivato le tensioni fra Islamabad e
New Delhi.
Il gruppo Saarc comprende 8
paesi: Afghanistan, Bangladesh,
Bhutan, India, Maldive, Nepal, Pakistan e Sri Lanka. In termini di popolazione, la sua sfera di influenza è
la più estesa di qualunque organizzazione regionale: quasi un miliardo
e mezzo di persone.
importante per la pace e la protezione del patrimonio mondiale», rimarcando la portata storica della decisione del Tribunale per ottenere il
riconoscimento dell’importanza del
patrimonio per l’intera umanità e
per le comunità che lo hanno conservato nei secoli. Bokova si è detta
convinta che «il verdetto rappresenta un elemento chiave per contrastare l’estremismo violento».
KHARTOUM, 28. Dito puntato
contro il Sudan. Un nuovo rapporto stilato dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite afferma
che il Paese africano continua a
violare le sanzioni internazionali
imposte per le violazioni dei diritti umani nella provincia autonoma
del Darfur, dove proseguono le
violenze nei confronti della popolazione civile.
Il documento mette in luce che
Khartoum
viola
regolarmente
l’embargo sulle armi e usa bombe
a grappolo (bandite dalla comunità internazionale), oltre ad avvalersi di software di spionaggio illegali. Fra le violazioni dei diritti
umani documentati dal rapporto
dell’Onu si annovera anche il finanziamento di gruppi armati che
operano per conto del governo di
Khartoum.
Negli anni passati le milizie arabe nel Darfur sono state accusate
di atrocità e di sistematica pulizia
etnica a danno delle popolazioni
nere che vivono nella regione.
Questi eventi sono valsi le sanzioni e una condanna in contumacia
— la prima inflitta a un capo di
stato in carica — e un mandato di
arresto da parte della Corte penale internazionale (Cpi) nel 2009
nei confronti del presidente Omar
al Bashir per crimini contro
l’umanità e genocidio nel Darfur.
Secondo Human Rights Watch
(Hrw), il rapporto dimostra come
le sanzioni al Sudan «esistano solo di nome».
Esercitazioni navali
tra Corea del Sud e Stati Uniti
SEOUL, 28. Stati Uniti e Corea del
Sud hanno condotto ieri una serie
di esercitazioni navali congiunte
nel mar del Giappone. Si tratta, indicano gli analisti, di una risposta
agli ultimi test nucleari della Corea
del Nord. L’operazione militare arriva, infatti, dopo il quinto e più
potente test atomico di Pyongyang
dei giorni scorsi — che, oltre a causare un sisma artificiale di magnitudo 5, ha provocato dure proteste
della comunità internazionale — e
ha lo scopo di «inviare un forte
messaggio di unificata determinazione», come hanno affermato in
una dichiarazione congiunta Washington e Seoul. Secondo quanto
ha riferito un funzionario della marina statunitense, è la prima volta
che le navi della Corea del Sud e
degli Stati Uniti — armate con missili da crociera a lungo raggio e di
precisione — operano insieme in
acque così vicine alla costa orientale della Corea del Nord. Le esercitazioni navali seguono il volo della
scorsa settimana di due bombardieri supersonici statunitensi sulla base aerea sudcoreana di Osan, a poche decine di chilometri dalla frontiera nordcoreana. E un altro test
nucleare della Corea del Nord è
verosimile possa esserci entro la fine dell’anno: è quanto ha affermato il ministro dell’unificazione sudcoreano, Hong Yong-pyo, secondo
cui ci sono precisi «segnali preparatori di un’altra provocazione» del
regime di Pyongyang.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 4
giovedì 29 settembre 2016
Epitaffi del diacono Leo e della consorte
diacona Palumba, anni 519 e 535
(Atripalda, da un sepolcreto di Avellino)
Sono una trentina le antiche iscrizioni che vi fanno riferimento
Sulle tracce
delle diaconesse
mangono non poche questioni aperte che «è difficile dirimere (...) partendo dai soli dati storici».
In questo complesso ambito problematico, non è forse superfluo ricordare che sul piano concettuale
non esiste una gerarchia delle fonti.
Dunque tra i dati per una migliore
conoscenza storica dei ministeri femminili rientrano legittimamente anche le iscrizioni, che possono rispondere almeno a qualcuno dei non pochi interrogativi rimasti insoluti.
Allo stato attuale, nell’ambito
dell’orbis Christianus antiquus si conoscono una trentina di iscrizioni
che direttamente o indirettamente
fanno riferimento al diaconato femminile. La loro distribuzione nel territorio dell’impero è sensibilmente
asimmetrica: un solo
esemplare a Roma,
due in Italia, uno in
Africa, uno in DalmaLa distribuzione
zia,
venticinque
nell’Asia
Minore.
delle testimonianze epigrafiche
Nell’area occidentale
nel territorio dell’impero è asimmetrica
le uniche attestazioni
con certezza attribuiUn solo esemplare a Roma
bili a una diaconessa
due in Italia, uno in Africa e in Dalmazia in senso proprio si
trovano
a
Doclea
Venticinque nell’Asia Minore
(Duklja,
Montenegro), a Rucuma (AinRekoub, Tunisia), a
Ticinum (Pavia). Vi
teologica internazionale, presieduta sono ricordate rispettivamente una
dal prefetto della Congregazione per Ausonia diaconissa, probabilmente
la dottrina della fede, allora il cardi- vedova, che scioglie un voto unitanale Joseph Ratzinger. Nel secondo mente ai propri figli (Corpus Incapitolo uno spazio adeguato è scriptionum Latinarum [CIL] III
espressamente dedicato a «Il mini- 13845); una Accepta diacona decedustero delle diaconesse» (paragrafo ta all’inizio del V secolo («L’Année
IV), analizzato nelle sue molteplici
Épigraphique» 1981, 881); una Theodeclinazioni sulla base di una pun- dora diaconissa morta a quarantotto
tuale analisi delle fonti neotestamen- anni il 22 luglio dell’anno 539 (Antotarie, patristiche, documentarie (de- nio Felle, Diaconi e diaconesse tra
creti conciliari, lettere pontificie). Oriente e Occidente. L’apporto della
Gli esiti di questo lavoro collettivo documentazione epigrafica, in «Studia
non sono ancora definitivi. Gli stessi Ephemeridis Augustianum» 117, Rocuratori del documento, in relazione ma 2010, p. 520). Ancora nell’area
alla storia del diaconato femminile, africana (Thabarka: Felle, p. 510) in
riconoscono realisticamente che ri- una stessa iscrizione funeraria sono
di CARLO CARLETTI
a preistoria di un ministero femminile nelle più antiche comunità cristiane
trova la sua prima fonte
di informazione nel contesto della missione paolina. Nella
lettera ai Romani (16, 1) Paolo ricorda e ringrazia «Febe, nostra sorella,
che è diaconessa (diàkonon) della
chiesa di Cencre».
Questa testimonianza costituisce
l’obbligato punto di avvio — sul piano della storia teologica, pastorale,
disciplinare, canonica — degli approfondimenti e delle riflessioni proposti nel ponderoso documento, Il diaconato: evoluzione e prospettive — elaborato nel 2003 dalla Commissione
L
ricordati congiuntamente — forse
non senza ragione — un Secundus
amator pauperorum e una Civica, genericamente designata Dei minister,
un titolo forse assimilabile sul piano
funzionale a quello di diaconissa.
Nell’area orientale le testimonianze sono molto più numerose e particolarmente concentrate in Licaonia,
Frigia, Pisidia. Sono per lo più iscrizioni funerarie databili tra la fine del
III secolo e l’inizio del VI secolo che
in succinte strutture testuali conservano memoria di donne reali, di cui
quasi sempre si conserva integro il
nome — ad esempio Theodora, Agallias, Matrona, Nonna, Messalina,
Simplikion, Atianis — seguito dal
termine tecnico diacon / diaconissa.
A Metropolis in Pisidia (Felle, pp.
502, 516) un’iscrizione del V secolo
commemora la partecipazione della
diaconessa Nyna alla fondazione di
un insediamento cultuale per il martire Kerykos, promossa dal padre, il
presbitero Kastor, e da un tale De-
Miniatura dal Codex biblicus Legionensis (León, 960)
metrios. Si tratta di un indizio forse
non irrilevante di un effettivo inserimento, almeno in Pisidia, delle diaconesse in un proprio ordine ministeriale, e in questa direzione non è
trascurabile che la diaconessa Nyna
avesse trovato spazio e visibilità in
una iscrizione dedicatoria, per sua
natura più esposta alla pubblica fruizione e, di fatto, al controllo dei potenziali leggenti.
Rispetto alla situazione occidentale, la maggiore consistenza quantitativa delle diaconesse che si registra
soprattutto nelle regioni dell’Asia
minore non è certo frutto del caso.
In questa area dell’oriente cristiano
più che altrove si era radicato in
profondità il retaggio
dell’esperienza missionaria paolina, alla
quale avevano parteciNell’oriente cristiano più che altrove
pato attivamente un
numero consistente di
si era radicato in profondità
donne, come peraltro
il retaggio dell’esperienza missionaria
testimonia più volte
lo stesso Paolo nelle
dell’apostolo Paolo
sue epistole. Inoltre
Alla quale avevano partecipato
in questa area geografica si erano propagati
molte donne ricordate nel suo epistolario
movimenti di ispirazione gnostica come
montanisti ed encratiti (osservanti della
continenza) che privilegiavano la cidentale il ministero diaconale rimapresenza femminile non solo nei mi- se costantemente una prerogativa
nisteri di servizio ma anche in quelli maschile: a Roma tra il IV e il VI sesacramentali — presbiterato ed epi- colo a fronte della presenza di quascopato — come anche documentato ranta diaconi non si riscontra alcuna
in alcune iscrizioni montaniste. Non testimonianza di un ministero femcasualmente a Laodicea di Pisidia minile. La tradizione paolina e l’icoun’iscrizione funeraria del IV secolo na di Febe di Cencre non avevano
ricorda Elaphia «diaconessa della re- oltrepassato i confini delle comunità
ligione degli encratiti» (diakònissa tes cristiane orientali.
Delbrêl inedita
Storia del monastero di Sant’Anna di Nocera
di LUCETTA SCARAFFIA
i sono tante ragioni per considerare interessante la minuziosa storia del convento domenicano di Sant’Anna scritta da
Gerardo Ruggiero (Il monastero di
Sant’Anna di Nocera nell’età moderna e
contemporanea, 2015) che si trova a Nocera, ai piedi del monte: in primo luogo, la continuità. Da oltre sette secoli in
quel luogo, e proprio in quell’edificio,
sono infatti vissute le monache domenicane, resistendo a conflitti con le autori-
C
Una continuità eccezionale
tà laiche e religiose locali, alle riforme
tridentine che ne hanno cambiato in
parte l’assetto, alle espropriazioni napoleoniche e a quelle del Regno d’Italia.
Certo, molto è cambiato: un edificio
fatto per ospitare più di settanta fra coriste e converse è ora abitato da una decina di religiose, e il grande patrimonio
acquisito nel tempo, che ne aveva fatto
un importante centro di committenza
Chiostro della clausura del monastero di Sant’Anna, acquerello di GianBattista Visconti (XX secolo)
enkratòn thriskìas), dedicante della sepoltura del
presbitero Petros (Felle,
p. 516).
Queste circostanze non
sono
probabilmente
estranee alla progressiva
diffusione di un quasi totale disconoscimento dei
ministeri
femminili
nell’ambito delle chiese
occidentali. E in questa
direzione va inoltre considerato che più della
metà delle poche attestazioni dei termini diaconissa e diacona nell’area occidentale non si riferiscono a un reale diaconato
femminile, ma più prosaicamente
all’assorbimento da parte di mogli e sorelle del
titolo di diacono ricoperto dai rispettivi mariti e fratelli. Questa ad
esempio l’opzione di Palumba diacona (morta nel 535) ricordata in uno
stesso epitaffio di Avellino insieme
al marito Caelius Leo diaconus (Felle, p. 520).
Analogamente a Roma in una dedica del VI secolo esposta nella basilica di San Paolo fuori le mura sono
ricordati congiuntamente il plurititolato Dometius diaconus et arcarius
sanctae sed(is) apostolicae adque praepositus e Anna diacona eius germana,
la sorella (Felle, p. 523).
Il complesso dei dati epigrafici
esaminati conferma che nell’area oc-
modelli proposti dalla cultura controriformistica. Proprio per questa assenza,
del resto, si può supporre che non sia
arrivata fin qui nessuna influenza riformatrice del Savonarola — domenicano
che si rifaceva direttamente a Caterina —
che invece studi recenti hanno scoperto
nel contesto dei monasteri domenicani
femminili del centro e nord Italia.
Come sempre hanno fatto le religiose
più capaci di autonomia, anche le monache di Sant’Anna hanno difeso la loro
indipendenza giocando sul tavolo della
contrapposizione fra le diverse autorità,
preferendo cioè appellarsi sempre a
quella più alta ma più lontana per contrastare i tentativi di controllo delle autorità vicine, che cercavano — inutilmente — di «ridurre le monache all’obbedienza». Una sostanziale indipendenza
sembra dunque averle caratterizzate nei
confronti sia dell’ordinario del luogo sia
dell’ordine domenicano.
Un’autonomia rafforzata nel corso
dei secoli anche dai rapporti privilegiati
che il monastero manteneva nei con-
artistica, ovviamente non esiste più. Ma
rimane vivo il rapporto con il territorio
che ha segnato tutta la lunga vicenda
del monastero, un rapporto il cui centro
è stato il culto a sant’Anna, alla quale è
dedicata la chiesa delle monache. Legame testimoniato, nel tempo, da episodi
toccanti, come le donazioni elargite alle
monache da coloro che avevano comprato quelli che un tempo erano stati i
loro terreni, ormai messi all’asta dallo
Stato. Quasi a risarcirle. Un fatto raro,
e quindi doppiamente significativo.
È stato un monastero importante, certo uno dei più importanti del Mezzogiorno, sia per potenza e ricchezza che
per cultura e osservanza delle religiose,
al punto che di frequente le badesse sono state inviate in altri monasteri per insegnare l’osservanza di una più stretta
disciplina monastica.
La biblioteca — che
è composta da un discreto numero di voluNei suoi sette secoli di vita
mi, anche non strettamente religiosi (ai quaè stato un centro importantissimo
li in tempi recenti si
sia per potenza che per cultura
sono aggiunti quelli
provenienti dalle biE osservanza delle religiose
blioteche personali di
alcune monache) — testimonia un buon livello di cultura. Colpisce però, dall’elenco
fronti di famiglie notabili, come quella
fornito da Ruggiero, che manchino testi
dei Solimena (la stessa dei celebri pittoe agiografie della grande domenicana,
ri le cui opere abbelliscono la chiesa)
Caterina da Siena. Certo una donna per
nel XVII secolo, o quella delle nipoti di
Bartolo Longo, il fondatore del santuamolti versi scomoda, che usciva con le
rio di Pompei, tra Otto e Novecento.
sue parole coraggiose e profetiche dai
«Se oggi occorresse dare un nome alla
nostra famiglia, non sono sicura che
sarei d’accordo nel darle quello che ha»
scrive Madeleine Delbrêl il 31 gennaio
1953, in un testo inedito tradotto da
Marco Roncalli e pubblicato su
«Avvenire» del 28 settembre. Il nome
della comunità di Madeleine Delbrêl
era Carità di Gesù. «Ma se dovessi dire
cosa vorrei che fosse — continua Delbrêl
— sarebbe ciò che questo nome vuol
significare. Sono ossessionata dal
duplice mistero in mezzo al quale la
nostra vita deve passare come una linea
dritta: il mistero della Carità e il
mistero della Chiesa. Credo che non
abbiamo che una sola ragione di
esistere: vivere la carità nella Chiesa. Se
non lo facciamo, o se vi aggiungiamo
qualcosa, non val la pena di esistere.
Non credo che ci sia un’altra piccola
famiglia che non abbia scelto d’essere
nient’altro che questo, ma d’esserlo
assolutamente, stando insieme nella
diversità. Se non lo facciamo, questo
mancherà nella Chiesa, e se facciamo
qualcos’altro, siamo un doppione e non
vale la pena». Il termine sposa di
Cristo, quando si parla della Chiesa,
ribadisce la mistica francese, deve essere
interpretato in senso letterale. «Ogni
battezzato partecipa a quest’amore
nuziale. Con tutti i religiosi, con tutte
le persone consacrate, abbiamo deciso
di accontentarci di questo solo amore.
Se non dedichiamo a lui tutt’intero il
nostro esistere, o se non vi
corrispondiamo totalmente nelle
dimensioni che gli sono proprie, siamo
celibi che non servono alla diffusione
della vita, né della Vita eterna».
L’OSSERVATORE ROMANO
giovedì 29 settembre 2016
pagina 5
Mario Sironi
«La giustizia» (1935-1936)
Henri de Lubac e Pedro Arrupe
La fede esige la giustizia
di JACQUES SERVAIS
in dall’inizio del suo generalato,
Pedro Arrupe diede alla Compagnia di Gesù un impulso determinante. Egli resta presente
nella memoria e nel cuore di
molti. Lo stesso Papa Francesco, in occasione della sua prima messa nella Chiesa
del Gesù, alla fine della celebrazione volle
raccogliersi in silenzio sulla sua tomba.
Alla morte del suo predecessore, JeanBaptiste Janssens, nel 1965, la cristianità si
identificava ancora fortemente con l’ordine occidentale. Quanto alla Compagnia,
in larga misura essa continuava a vivere di
punti di riferimento che, dal 1923, le avevano dato la sua coerenza e la sua forza.
Padre Arrupe fu scelto come una personalità capace di adattare il modo di vivere
tradizionale all’ordine multipolare dei
nuovi tempi, quelli di cui, secondo il Discorso sulle quattro libertà (1941) di Roosevelt, gli uomini avrebbero dovuto poter
godere dappertutto nel mondo. Il nuovo
eletto godeva in effetti di un’ampia conoscenza, non solo del mondo europeo, ma
F
nell’essenza della sua dogmatica». Segnato dall’esperienza di Hiroshima, era prima
di tutto preoccupato di venir in aiuto alle
popolazioni che soffrivano a causa della
povertà e dell’ingiustizia. Per lui la dimensione sociale del cattolicesimo significava
la missione che, sotto la sua egida, la trentaduesima congregazione generale definirà
come «servizio della fede, di cui la promozione della giustizia costituisce un’esigenza assoluta». Il gesuita, commentava volentieri, è qualcuno che è «totalmente impegnato sotto lo stendardo della Croce
nella lotta decisiva del nostro tempo per
la fede, e per la giustizia che la fede stessa
esige».
Per concepire e realizzare un tale programma, bisognava che egli fosse allo
stesso tempo un apostolo e un uomo di
preghiera. Nel mio governo — dichiarerà a
un confratello poco tempo dopo l’ictus
che lo costrinse a dare le dimissioni — fin
dall’inizio «ho soprattutto seguito lo Spirito». «Tutti i punti sui quali mi sono, in
seguito, appoggiato non venivano da me,
ma dallo Spirito che ha animato, durante
e dopo il concilio Vaticano II, la vita della
Chiesa». Forte delle indicazioni di quest’ultimo concernenti il rinnovamento della vita religiosa, voleva contribuire a «reincarnare il carisma» della Compagnia, «ritrovando sant’Ignazio come fondatore,
non come superiore generale». «Se fossimo fedeli a ciò che lo Spirito santo insegna alla Compagnia sui differenti aspetti
del carisma ignaziano — spiegò — potremmo essere oggi più ignaziani che al tempo
di Ignazio stesso».
Se si sforzò di far uscire l’O rdine
dall’impasse in cui l’aveva condotto un
certo integrismo pre-conciliare, padre Arrupe non condivideva tuttavia le interpretazioni eccessive dei teologi para- e postconciliari. Era lontano da incoraggiare
quelli che, per eccesso di zelo verso gli
svantaggiati, oscillavano negli eccessi di
una sorta di riduzione antropologica dei
principi cristologici fondamentali. Nei
suoi interventi, del resto allora molto discussi, al concilio non esiterà a stigmatizzare questa specie di ateismo cristiano tendente a infiltrarsi nei suoi ranghi. L’ateismo, diceva apertamente, la sua mentalità,
la sua cultura, «non solo combatte
dall’esterno contro la città di Dio, ma anche si diffonde nei recinti della città di
Dio, e penetra nell’anima degli stessi credenti (persino religiosi e sacerdoti) e produce con il suo veleno, surrettiziamente,
come suo frutto all’interno della Chiesa, il
naturalismo, la diffidenza, la ribellione».
Noi siamo — avvertiva ancora — davanti a
«una profonda crisi della fede e a un profondo pericolo per la fede». Spirituale,
persino mistico, si rendeva conto delle pericolose turbolenze che agitavano la Compagnia, specialmente nella persona di certi
gesuiti che si esponevano imprudentemente al vuoto di senso caratteristico dei nostri contemporanei e rischiavano di essere
loro stessi colpiti dalla mentalità corrente.
I suoi interventi conciliari, il primo in
particolare, provocarono una serie di controversie all’interno della Compagnia di
Gesù, dove lo si rimproverava per il suo
“papalismo”. Non mancava però il supporto tra i suoi. Sapeva di poter contare
anche e soprattutto sull’appoggio degli
esperti gesuiti del concilio, in particolare
di padre de Lubac che ricevette in udienza
l’8 ottobre 1965. Questi, in seguito, annoterà nei suoi Quaderni: «Il padre generale
è accogliente, modesto, al tempo stesso vivace e dolce; possiede un grande ardore
apostolico»; poi aggiunge: «Sembra comprendere la gravità della crisi spirituale
che stiamo attraversando». Incoraggiato
dall’accoglienza che aveva trovato in lui,
de Lubac gli farà pervenire, qualche tempo dopo, una copia della sua «risposta
del tutto privata» al progetto di dichiarazione da parte del comitato di «Concilium» sulla libertà del teologo. «La ringrazio molto», gli scrisse subito dopo padre Arrupe. «Non le nascondo il sollievo
e anche la gioia che ho provato davanti
all’atteggiamento tanto netto quanto leale
da lei assunto a proposito della dichiarazione; ci voleva del coraggio per farlo. Lei
ha agito da vero figlio di sant’Ignazio. Sa
bene, penso, che altri teologi della Compagnia hanno risposto allo stesso modo».
Aveva presente, forse tra gli altri, il padre
Jean Daniélou che era stato molto impegnato nella redazione di quello che allora
si chiamava lo schema 13. Lo stesso anno,
il 1969, de Lubac aveva dato una conferenza all’università dei gesuiti di Saint-Louis (Missouri), negli Stati Uniti. Il testo
ampliato era apparso in un opuscolo intitolato L’Église dans la crise actuelle. Si trattava di una specie di manifesto con il quale l’autore reagiva vigorosamente a uno
stato d’animo che si insinuava in diversi
settori del pensiero, particolarmente all’interno della Compagnia di Gesù. Vi denunciava soprattutto una propensione a rimettere tutto e sempre in questione, per
principio e a ogni livello, senza che niente
fosse veramente studiato e discusso. Padre
Arrupe, che era venuto a conoscenza del
testo, gli inviò di nuovo una lettera di incoraggiamento: «Non deve temere di essere sconfessato dalla Compagnia, caro padre de Lubac. Certo, il fermento di idee e
di problematiche che oggi sconvolgono la
Chiesa comporta anche aspetti positivi ed
è normale che alcuni, nella Compagnia
come altrove, vedano soprattutto questi
aspetti; ma le deviazioni e i pericoli — soprattutto per la fede, ed è per questo che
sono estremamente gravi e richiedono
una vigilanza attenta — sono, ahimé,
troppo reali, ed è un’opera molto opportuna quella che lei ha fatto scrivendo queste pagine. Un’opera anche
molto bella: lei ha scritto qui, in
particolare sull’amore di Gesù
Cristo e sull’amore e la preoccupazione per l’unità della
Chiesa, pagine che rimarranno. Avanti, caro padre. La
Chiesa si aspetta molto dalla
sua scienza teologica».
Lo «stato critico» — sono
parole di padre Jean-Yves Calvez, l’assistente generale molto
ascoltato da Arrupe — nel quale si
trovò la Compagnia negli anni
1971-1973, forniva una conferma
della crisi che la scuoteva in ragione della falsa interpretazione
che certi suoi membri davano
dell’apertura al mondo voluta dal
concilio. Nessuno sapeva come arginare il flusso e riflusso delle controversie che agitavano molte province. Soltanto un piccolo numero fra i
gesuiti delle nostre parti, sottolineava de Lubac, si rendeva conto,
tra l’euforia generale,
del pericolo di una
nuova forma di scissione tra natura e grazia:
aprirsi al mondo «come
se Dio non esistesse»,
sulla base di un’idea
(astratta) di “natura
umana” che convenga a tutti, relegando la
fede — in accordo con i teorici dell’ateismo — nel campo delle “opzioni personali”. E tuttavia la Gaudium et spes, a cui
molti si rifacevano, aveva chiaramente
messo in guardia contro il “divorzio” tra
la fede e le attività terrene. Bisognerà attendere il magistero di Giovanni Paolo II
perché la costituzione pastorale sulla
Chiesa nel mondo contemporaneo venisse
intesa nel suo vero significato. E ancora
qui, il padre de Lubac giocò un ruolo decisivo. L’autonomia relativa del mondo
non può essere rettamente compresa se
non all’interno della fede che concepisce
l’incorporazione all’essere teandrico come
ciò che sola permette all’uomo di realizzare la sua vocazione, che è soprannaturale;
è — egli affermava già chiaramente alla fine degli anni trenta — Cristo, verbum caro
factum, che rivela l’uomo a se stesso come
immagine del Creatore.
Proprio perché ha contemplato Cristo
nella sua figura unica, il gesuita — l’uomo
di Chiesa (homo ecclesiasticus) — è capace
di riconoscerlo e di servirlo nei fratelli e
nel povero che è la sua carne, il suo quasi
sacramento. Nella sua famosa lettera del
1977 sulla disponibilità apostolica, il padre
Arrupe — che del resto confermò in più di
una circostanza la sua unione personale
con il Papa, «superiore supremo della
Compagnia» — esortava a una reale integrazione della vita spirituale e del ministero, sottolineando in particolare «la necessità di realizzare ancora oggi, in maniera
concreta, il motto in actione contemplativus,
in modo che non sia solamente uno slogan, ma una realtà vissuta». Per lui, lo zelo apostolico unito a una vera pietas era
estraneo a ogni dicotomia tra giustizia
(nell’ordine della natura) e fede (nell’ordine della carità). La sua vita e in particola-
Pedro Arrupe
re gli ultimi anni che ha passato sul suo
letto di sofferenze ne sono la testimonianza: ai veri oranti è concesso lo Spirito santo che dona di cercare e trovare Dio nelle
miserie più crude del nostro tempo e di
servire i poveri senza mai cessare di fissare
lo sguardo su Cristo, cammino verso il Padre di misericordia. Tale è il prezioso testamento che egli ci ha lasciato.
Una riforma a partire dal Vangelo
Rivoluzione della misericordia
di ANTONIO SPADARO
e CARLOS MARÍA GALLI
La copertina della quarta edizione di «Catholicisme»
anche dell’America del Nord e del Sud, e
soprattutto dell’Asia.
Pastore ardente, Pedro Arrupe descrisse
subito ciò che, a suo avviso, doveva ormai
presiedere alle scelte del ministero. Lo
spiegò nei seguenti termini nel corso di
un’intervista data alla televisione francese:
«Se vogliamo lavorare a ciò che è più universale e più urgente, dobbiamo profondamente preoccuparci delle strutture [sociali] in corso di trasformazione». Con ciò si
riferiva espressamente all’intuizione centrale del suo confratello Henri de Lubac
in Catholicisme: «Il cattolicesimo è essenzialmente sociale. Sociale nel senso più
profondo del termine. Non solamente nelle sue applicazioni nei campi delle istituzioni naturali, ma prima di tutto in se
stesso, nel suo centro più misterioso,
Molte riforme della Chiesa si sono
ispirate a un ritorno alla povertà evangelica e a un rinnovato impegno a favore dei poveri. I movimenti riformisti
nel XIII, XVI, XIX e XX secolo sono stati
segnati dalla comunione con Cristo
povero, dalla conversione alla parola
di Dio e alla sua predicazione, da una
vita comunitaria solidale, dal radicamento nelle nuove periferie urbane,
dall’identificazione con gli esclusi, ossia con i fratelli «più piccoli» di Gesù
(Matteo, 25, 40), e da nuove forme istituzionali per realizzare le opere di misericordia.
L’amore per il povero nasce dalla fede in Cristo, che «si è fatto povero
perché noi diventassimo ricchi per
mezzo della sua povertà» (2 Corinzi, 8,
9). L’11 settembre 1962 Giovanni XXIII
parlò della «Chiesa di tutti, ma soprattutto la Chiesa dei poveri». Inaugurando il concilio, nell’esortazione Gau-
det mater ecclesia, domandò che la
Chiesa fosse «una madre amorosa di
tutti, benigna, paziente, piena di misericordia e bontà». Nel discorso di
chiusura del concilio, Paolo VI disse
che l’episodio del buon samaritano era
«il paradigma della spiritualità conciliare». Giovanni Paolo II espresse l’opzione della Chiesa per i poveri (Centesimus annus, 57) e Benedetto XVI mostrò che «nel più piccolo incontriamo
Gesù stesso e in Gesù incontriamo
Dio» (Deus caritas est, 15). Oggi Francesco promuove una riforma a partire
dal Vangelo e dalle periferie della povertà. La riforma della Chiesa è attuare
la rivoluzione evangelica ed evangelizzatrice della tenerezza.
Nel 1950 Yves Congar indicò come
prima condizione per una vera riforma
la finalità pastorale e il primato della
carità. Gesù diede inizio alla «rivoluzione della tenerezza» (Evangelii gaudium, 88) che fa della misericordia l’asse portante che sostiene la vita, la missione e la riforma della Chiesa. La sua
croce pasquale rivela «le viscere di misericordia del nostro Dio» (Luca, 1,
78). L’amore appassionato e compassionevole caratterizza «la Chiesa della
carità», Chiesa samaritana che ha da
essere una madre dal cuore aperto per
testimoniare l’amorosa umanità del nostro Dio. Nell’Anno giubilare della misericordia rinnoviamo il desiderio di
essere misericordiosi come il Padre misericordioso.
Le riforme del e nel popolo di Dio,
che ricevono impulso dallo Spirito
santo, crescono mediante processi sinodali orientati alla dilatazione del regno di Dio inaugurato nella Pasqua di
Cristo morto e risorto. Esse richiedono
una forte coscienza storica e un acuto
senso del tempo e dell’opportunità. In
ogni processo è possibile compiere dei
passi in avanti minimi con orizzonti
massimi. La peregrinazione ecclesiale e
i processi riformatori fanno leva sulla
virtù teologale della speranza, che rende possibile ciò che è arduo, e sulle
virtù che attengono all’ambito della
fortezza: la perseveranza, la pazienza,
la magnanimità e l’audacia. Essi esigono anche una grande prudenza e maggiore misericordia (Evangelii gaudium,
44).
Teologi e canonisti
Dal 28 settembre al 2 ottobre 2015 si è tenuto
alla «Civiltà Cattolica» un seminario con
trenta teologi, storici e canonisti di tredici Paesi
i cui atti sono usciti nel libro La riforma e le
riforme nella Chiesa (Brescia, Queriniana, 2016,
pagine 615, euro 53). Pubblichiamo la parte
conclusiva della prefazione dei curatori.
«Il Dio della speranza» (Romani, 15,
13), «il Dio dell’amore» (2 Corinzi, 13,
11) — perché «Dio è amore» (1 Giovanni, 4, 8) — ci sostiene, ci guida e ci accompagna in questo cammino permanente di rinnovamento.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 6
giovedì 29 settembre 2016
Alla vigilia del viaggio del Papa in Georgia e Azerbaigian
Il medico
il polso e le periferie
di GIUSEPPE PASOTTO*
«Ma perché, con tanti luoghi più importanti che ci sono, il Papa viene proprio in
Georgia?». Questa è stata la domanda che
mi sono sentito rivolgere più volte da
quando è stato annunciata la visita del
Pontefice. Anche noi in Georgia, una volta preparato l’invito alla visita e averlo inviato in Vaticano assieme a quello del presidente della Repubblica e del patriarca
ortodosso, ci chiedevamo se potesse venire
accolto così in fretta: in fondo Giovanni
Paolo II era stato qui, in visita, solo sedici
anni prima!
Una risposta ci è giunta qualche settimana fa, quando il direttore di Civiltà
Cattolica, in una serie di incontri con la
cittadinanza, organizzati per aiutarci a cogliere il senso principale dei viaggi del
Pontefice nel mondo, ha usato un’espressione che ci ha colpiti: «Se un medico
vuole capire come funziona il cuore, la
prima cosa che fa è sentire il polso, e il
polso si trova nella periferia del corpo.
Ecco, il Papa ama andare nelle periferie
per capire lo stato di salute del cuore, e di
tutto il corpo».
«La pace sia con voi» è il motto scelto
per questo viaggio, ma io credo sia da tener presente anche quell’Ut unum sint, che
abbiamo anche valutato nella scelta. Credo che i due motti si completino a vicenda e si adattino bene alla nostra realtà. Il
Papa ama l’incontro, e l’incontro è sempre
una possibilità per creare pace, unità e fraternità. Chi conosce i paesi transcaucasici
(Georgia, Armenia e Azerbaigian) coglie
subito la varietà di situazioni che questi
vivono e la fragilità che sostiene la loro situazione politica e sociale. Non possiamo
dimenticare che all’inizio il Pontefice pensava di raggiungere questi paesi in un unico viaggio, per sottolineare l’unità di intenti nelle sue visite.
Chi vive a fianco dei georgiani non fatica a sentire quanto sia ancora aperta e
profonda la ferita della guerra del 2008,
quanto sia rimasta grande la sofferenza
del cuore in un popolo tenacemente legato alla propria identità nazionale. Papa
Francesco, certamente, per questa regione
caucasica indicherà vie di pace, che diventino vie di giustizia, di rispetto per la storia di ogni popolo; le sue parole saranno
analizzate e pesate come importanti e autorevoli non solo dai georgiani, proprio
per la figura morale che egli ricopre
nell’ambito internazionale. L’incontro con
le autorità politiche che egli porrà come
primo gesto, appena arrivato, danno importanza ed evidenzieranno anche questo
aspetto.
Il tema ecumenico è l’altro impegno
che, parallelamente, sarà nel cuore del Papa. Appunto: «La pace sia con voi». Certo si renderà conto delle difficoltà che ci
sono: non tutti infatti vedono il cammino
verso l’unità come volontà di Dio, e permangono chiusure e diffidenze. La vita
quotidiana lascia intendere quanto ancora
sia lungo e difficile questo cammino tra
ortodossi e cattolici. Ma ogni cammino è
fatto di piccoli passi, va avanti se c’è tenacia, se si tiene presente la meta. Papa
Francesco lo sa, e crede nella forza dei gesti. Anche il gesto del patriarca di ricevere
il Papa all’aeroporto, in patriarcato e nella
cattedrale di Mtskheta, e di inviare una
delegazione alla messa che il Papa celebrerà allo stadio, sono segni che indicano e
sussurrano possibili novità. Guardiamo a
questi segni con tanta fiducia, certi che il
Pontefice ci spingerà con forza a proseguire su questo cammino.
Metto per ultimo l’incontro che Papa
Francesco avrà con la comunità cattolica
locale, ma pensandolo, con certezza, al
centro del cuore del Papa. La nostra Chiesa, una piccola Chiesa che forse raggiunge
l’un per cento della popolazione, è suddivisa in tre riti: latino, armeno e assiro-caldeo.
Quattro momenti del programma diventano scelte, offrono chiare indicazioni.
L’appuntamento con la Chiesa cattolica
assiro-caldea è voluto per ricordare la situazione di persecuzione che essa vive in
Medio oriente assieme alle altre comunità
cattoliche. È la prima volta che il Papa entra in una chiesa assiro-caldea, nessun Papa prima di Francesco l’ha fatto. Sono
contento che avvenga qui da noi; e oltremodo felice è la piccola comunità che vive
Al servizio dei più deboli
È solito definirsi «ambasciatore della carità in un Paese di frontiera». Marcello Celestini è l’ambasciatore del Sovrano Militare Ordine di Malta (Smom) in Georgia
e sin dall’inizio del suo mandato diplomatico, nel 2009, ha adottato come protocollo operativo quello dell’aiuto ai poveri e ai
malati. Nella capitale georgiana, grazie al
suo impegno e a quello dei consiglieri
dell’ambasciata, Teodorico Nanni e Corrado Ruggieri, lo Smom ha infatti organizzato un servizio socio-sanitario di assistenza
domiciliare.
Un’attività
favorita
dall’esperienza professionale di Celestini —
che è medico ortopedico e fisiatra — e da
un servizio svolto sin dal 2004 proprio in
Georgia nella Caritas locale guidata da
padre Witold Szulczynski. A Tbilisi, tra
l’altro, riuscì anche a costruire un piccolo
centro di formazione del personale per la
riabilitazione.
Quando giunse la chiamata dello Smom?
Nel 2009, dopo che nel 2008, durante
la guerra russo-georgiana, avevo prestato
servizio come medico e organizzatore dei
soccorsi dell’Associazione polacca dell’O rdine di Malta.
E la divisa d’ambasciatore ha preso subito le
sembianze del camice bianco...
Il carisma dell’Ordine di Malta è Tuitio
fidei et obsequium pauperum (“difesa della
†
I superiori e gli officiali della Pontificia Commissione Ecclesia Dei e della Congregazione
per la Dottrina della Fede esprimono il loro
profondo cordoglio per la scomparsa del padre di Monsignor Patrick Descourtieux, officiale della Pontificia Commissione Ecclesia
Dei, e si uniscono nel pio suffragio accompagnando la sua anima nel transito celeste.
qui in Georgia e che vedrà, grazie alla visita del Papa, anche il suo patriarca con
tutto il sinodo che verranno proprio per
sottolineare la gioia e la gratitudine che
tutti gli assiro-caldei del mondo sentiranno in quel giorno.
La messa celebrata nello stadio per i
cattolici, e per quanti si sentono bene
quando sono con i cattolici, occuperà tutto il sabato mattina. Avevamo un po’ paura di essere in pochi, e invece vediamo un
grande interesse per questa liturgia. Sono
contento che a sostenere i canti della messa sia un coro di più di duecento elementi, formato dai cori delle varie comunità
cattoliche, ma che ingloba anche cori di
tante realtà protestanti e persone ortodosse che hanno accolto il nostro invito a stare assieme per rendere bella questa celebrazione. Sono certo che il Papa ci spingerà a rinnovare l’impegno per l’ut unum
sint, sia all’interno della nostra Chiesa che
con le altre confessioni cristiane. Chissà
quando si avvererà questo sogno per il
quale Gesù stesso ha pregato! Posso dire
anche che siamo contentissimi che il Papa
passi attraverso la nostra «porta santa»,
una porta giubilare che non conduce in
una chiesa, ma ci dice che la misericordia
deve superare ogni muro, deve essere rivolta a tutti; che la misericordia ci permette di guardare in alto, perché questa non
ha né primi posti né ultimi. Passando at-
La cattedrale cattolica dell’Assunta a Tbilisi
traverso la porta il Papa confermerà il nostro cammino di Chiesa e gli impegni presi nell’anno giubilare.
Il Pontefice incontrerà poi in cattedrale,
cuore della Chiesa, tutti i sacerdoti, i consacrati e i consigli pastorali. Vogliamo che
sia un momento familiare, per parlare con
il nostro pastore, dirgli chi siamo e come
viviamo: una mamma con la sua famiglia
si soffermerà sui problemi della vita delle
nostre famiglie; un giovane esprimerà le
aspirazioni e le delusioni che si vivono in
questa età in Georgia; un seminarista,
guardando il suo futuro e il futuro della
nostra Chiesa, porrà domande che sente
forte nel cuore; un sacerdote armeno presenterà la situazione delle comunità armene. Vivere la minoranza ci fa capire tante
cose e tante sofferenze di altre minoranze,
ma ci dà anche il dono della libertà e del
dover scegliere sempre e solo ciò che è
primario e indispensabile.
Infine ci sarà l’incontro con tutte le nostre organizzazioni che servono e assistono
i poveri e gli ammalati: l’opera caritativa
mostra la chiamata che ogni Chiesa ha a
inginocchiarsi e servire chi soffre. Immagino questo momento come un abbraccio
festoso e pieno di sorrisi che esprimeranno
il grazie delle persone che si sono sentite
accolte e delle persone che hanno potuto
essere dono per gli altri. Non posso non
pensare al sorriso che avrà, in mezzo a
questa assemblea, Papa Francesco, un sorriso stimolante per tutti.
La Chiesa cattolica in Georgia è in attesa trepidante, accompagnata dalla preghiera quotidiana; un’attesa che sentiamo condivisa da tante persone che ritengono vere
le parole del profeta Isaia (52, 7): «Come
sono belli, sui monti, i piedi del messaggero di lieti annunzi: messaggero di pace,
messaggero di bene, che annunzia la salvezza, che dice a Sion “Regna il tuo
D io”». Vieni, Papa Francesco, messaggero
oggi sui monti del Caucaso!
*Vescovo titolare di Musti, amministratore
apostolico del Caucaso dei latini
Nel piccolo gregge azero
di VLADIMIR FEKETE*
La Chiesa cattolica in Azerbaigian sta
aspettando con grande gioia la visita di Papa Francesco. Dopo l’Armenia e la Georgia, l’Azerbaigian è il terzo Paese del territorio del Caucaso che ha questa opportunità di riceverlo. Con i nostri confinanti abbiamo una storia molto simile. La differenza maggiore si trova nel fatto che l’Azerbaigian — nonostante la tradizione cristiana
sia presente già dal tempo degli apostoli e
dei loro discepoli — è un Paese con maggioranza assoluta di musulmani. Due terzi
sono sciiti e un terzo sunniti. La comunità
cristiana più numerosa è invece la Chiesa
ortodossa russa.
fede e servizio ai poveri”), perciò, per attuare un programma di opere e non di parole, con i consiglieri d’ambasciata abbiamo istituito una fondazione intitolata al
cardinale Pio Laghi. È una fondazione di
beneficenza, riconosciuta dal governo
georgiano, che vive esclusivamente grazie
al sostegno di benefattori.
come un albero sano e forte dare ombra e
supporto a tutti coloro che hanno bisogno
o stanno cercando la verità e il senso della
vita.
Il territorio dell’Azerbaigian era sotto la
giurisdizione del vescovo di Tbilisi. Dopo
l’arrivo di noi salesiani, nel 2000 è stata
eretta la Missio sui iuris di Baku, sotto la
giurisdizione della Congregazione per
l’evangelizzazione dei popoli. Nel 2011 è
stato firmato l’accordo internazionale tra la
Santa Sede e l’Azerbaigian sullo stato giuridico della Chiesa cattolica nel paese,
quindi Benedetto XVI ha eretto la prefettura apostolica.
D all’inizio del suo pontificato, Papa
Francesco sta mostrando il suo amore prediletto verso i bisognosi e gli emarginati e
preferisce visitare le periferie del mondo.
Ora è il momento degli abitanti del Caucaso, gente orgogliosa della propria terra, che
sente di vivere in un posto importante, un
crocevia tra l’est e l’ovest. Ma dal punto di
vista dei numeri, noi cattolici ci sentiamo
un po’ all’angolo del mondo cattolico.
In concreto cosa avete organizzato?
Ci siamo resi conto che uno dei bisogni
più emergenti era quello dell’assistenza
domiciliare e a quello abbiamo provveduto: ogni giorno un infermiere e un terapeuta si recano a casa dei malati per prestare cure igieniche, terapeutiche e riabilitative. Assistiamo circa venti pazienti giornalieri con un ricambio ogni due o tre mesi. Naturalmente le attività sono completamente gratuite e vengono erogate senza
distinzioni religiose. L’unico criterio è il
bisogno. Ora stiamo anche pensando a un
paio di altri progetti che prevedono il sostegno alle suore missionarie della carità
nella gestione degli asili nido estivi, e anche la ricostruzione dei tetti delle case di
campagna che vengono fortemente lesionati dai rigidi inverni.
Non è l’unica presenza cattolica in Georgia
nel campo della carità?
Naturalmente no. I nostri casi più gravi, ad esempio li indirizziamo all’ospedale
dei camilliani. E non dimentichiamo la
preziosa opera svolta dalle missionarie
della carità di santa Teresa di Calcutta.
Tutta la presenza cattolica in questo campo è vista con riconoscenza dalle autorità
governative e dai vertici religiosi ortodossi. Tutti quanti avremo l’onore e la gioia
di incontrare Papa Francesco sabato 1° ottobre proprio nel cortile del centro di assistenza dei padri camilliani. Il nostro impegno, per così dire, è una piccola goccia in
un oceano, che rientra però nella tradizione dell’Ordine di Malta che, come ordine
ospedaliero, oggi opera in più di cento
Paesi in tutto il mondo. (maurizio fontana)
La capitale Baku
Per motivi storici e culturali l’islam in
Azerbaigian è molto moderato. Si può forse dire che dopo settant’anni di persecuzione da parte dei bolscevichi, il popolo azero
sia abbastanza secolarizzato. Durante gli
ultimi vent’anni, comunque, la vita religiosa dei musulmani sta riprendendo, e se alla
fine dell’epoca sovietica nell’intero paese
erano solo diciassette le moschee aperte alla preghiera e al culto, adesso ve ne sono
più di duemila.
Sin dall’inizio dell’indipendenza il governo e i politici stanno cercando vie per
conservare buoni rapporti tra le varie etnie
e le religioni e per mantenere l’Azerbaigian
un Paese tollerante. Un posto in qualche
maniera “privilegiato”, al momento, lo hanno le religioni tradizionalmente presenti nel
territorio: insieme con i musulmani, gli
ebrei e la Chiesa ortodossa russa, tra loro si
trova anche la Chiesa cattolica.
Quest’ultima vive oggi una vera e propria rinascita. È composta solo di alcune
centinaia dei cattolici locali e di alcune migliaia di stranieri che lavorano nel Paese.
Tra dieci milioni di abitanti siamo proprio
un piccolo seme. Stiamo pregando di ottenere la grazia — come un granello di senape — di avere la capacità di crescere, e poi,
L’annuncio della visita del Pontefice è stato
quindi accolto con grande entusiasmo da
parte dei credenti locali, perché la maggioranza di loro non avrà mai la possibilità di
viaggiare fino a Roma. Grandi sono anche
le aspettative della società. Gli azeri stimano il Papa, come un leader religioso coraggioso, di grande autorità, e i suoi sforzi per
la protezione dei valori non solo cristiani
ma innanzitutto umani.
Uno dei problemi più sentiti nel nostro
paese è il conflitto con l’Armenia, per il
controllo della regione del Nagorno-Karabakh. Dura già da tanti anni e ha causato
numerose vittime. Noi tutti speriamo che la
presenza di Papa Francesco possa incoraggiare la ricerca delle vie di riconciliazione.
Perché alla frontiera stanno morendo musulmani, cristiani ed ebrei.
L’Azerbaigian è uno dei grandi produttori di petrolio e gas, e le entrate dello stato essenzialmente dipendono dalla loro
esportazione. Con il forte calo del prezzo
del greggio negli ultimi due anni, l’economia ha ricevuto un duro colpo. La valuta
locale ha perso più di due terzi del valore.
È aumentata la disoccupazione.
La Chiesa cattolica, sin dall’inizio della
sua presenza, sta cercando di aiutare la po-
polazione in campo sociale. Nel 2000 e
poi, quando abbiamo iniziato la missione
qui, nella capitale Baku abbiamo avuto tre
posti per distribuire i pasti ai più poveri,
soprattutto ai rifugiati dal territorio del
Nagorno-Karabakh.
Una volta che questo problema è stato
gradualmente risolto dal governo, abbiamo
cercato di portare aiuto in altri campi. Con
un progetto di adozione a distanza aiutiamo le mamme abbandonate dai mariti.
Con i nostri giuristi cerchiamo di soccorrere i poveri senza documenti d’identità. Solo una volta ricostruita burocraticamente la
loro identità, potranno infatti attingere ai
fondi sociali dello stato.
Come eredi di don Bosco aiutiamo nel
nostro centro di ricupero centinaia di ragazzi di famiglie povere. Le missionarie
della carità di santa Teresa di Calcutta curano le persone senza tetto e aiutano le famiglie bisognose. Stiamo cercando — secondo le nostre possibilità — di stare accanto a tutti, poveri o emarginati.
Il Pontefice incontrerà un popolo particolarmente aperto e curioso nei confronti
degli stranieri e delle diverse tradizioni religiose. Lo stesso sceicco, capo dei musulmani del Caucaso, volle contribuire personalmente quando costruimmo la chiesa a Baku: fu un segno di stima che apprezzammo. In città la convivenza tra cristiani,
ebrei e musulmani è buona: nella nostra
chiesa dell’Immacolata, ad esempio, vengono a pregare molte donne musulmane, soprattutto quelle in attesa di un bimbo. Conosciamo molto bene i cari fratelli ortodossi, siamo legati da rapporti di sincero affetto e ci frequentiamo regolarmente. Invitiamo sempre l’arcivescovo Alexander alle nostre celebrazioni più importanti e lui non
manca mai di ricambiare l’invito.
Da quando abbiamo saputo della visita
del Papa, nella nostra vita tutto è cambiato. Siamo in pochi, ma ci siamo preparati
con entusiasmo. Ora attendiamo che l’aereo con Papa Francesco atterri a Baku. Il
vescovo di Roma e vicario di Cristo arriverà sulle sponde del mar Caspio per incoraggiare un piccolo gregge di cattolici e
portare un messaggio di pace, misericordia
e fratellanza universale per il popolo azero.
Già adesso vogliamo dirgli con tutto il nostro affetto: «Benvenuto tra di noi, caro
Papa Francesco! Xoş gelmisiniz».
*Prefetto apostolico di Azerbaigian
L’OSSERVATORE ROMANO
giovedì 29 settembre 2016
pagina 7
Intervista al cardinale Beniamino Stella postulatore della causa di Albino Luciani
Umiltà e servizio
di NICOLA GORI
Il 28 settembre 1978 moriva Giovanni Paolo I. Erano trascorsi appena trentatré giorni dalla sua elezione a successore di Pietro. Un
pontificato breve, che però ha lasciato tracce importanti, passando
alla storia per alcune caratteristiche che lo rendono ancora vivo:
l’abbandono del plurale maiestatico, una rinnovata missionarietà e
collegialità episcopale, la ricerca
del dialogo con il mondo contemporaneo e dell’unità tra i cristiani.
Ne parla, in questa intervista
all’Osservatore Romano, il cardinale Beniamino Stella, prefetto
della Congregazione per il clero,
da poco nominato postulatore della causa di canonizzazione del servo di Dio.
Quali sono le note caratterizzanti della spiritualità di Albino Luciani
emerse dal lavoro della causa?
Nella sua esperienza non si riscontrano eventi eccezionali, ma
una vita quotidiana spesa fedelmente e continuamente nel servizio sacerdotale e pastorale. Un servizio svolto secondo il modello del
buon pastore. Nei suoi scritti non
si intravede alcun intento di costruire un’immagine di sé, né la
prospettiva o le ambizioni di glorie effimere. Egli consacrò alla salus animarum tutto il suo zelo di
sacerdote e di vescovo, al tempo
stesso, offrì tutta la sua dedizione
alla cura della propria anima e della propria fede. Non ci fu in lui alcuna separazione tra la vita personale e la vita pastorale, tra la vita
spirituale e l’esercizio di governo.
La sua testimonianza di vita cristiana fu scritta nell’esemplare
coincidenza tra quanto egli insegnava e quanto viveva, con fedeltà
quotidiana alla sua vocazione, in
tutto il suo percorso da giovane
sacerdote fino alla cattedra di Pietro. Tutta la vita di Albino Luciani, si può dunque dire, fu impegnata a ricercare la sostanza del
Vangelo, come unica e ininterrotta
verità, al di là di ogni contingenza
storica. Così anche nel breve pon-
tificato, dopo la prima programmatica udienza generale sull’umiltà, egli dedicò le altre proprio alle
tre virtù teologali. E nella semplicità evangelica si iscrive anche il
ministero pastorale petrino pienamente esercitato, che per il servo
di Dio mai si disgiunse dalla cura
per il progresso personale nella fede, nella speranza e nella carità. In
sostanza, nella santità. L’esito di
questa cura fu un’attenzione sempre più forte alle dimensioni
dell’umano, al servire l’uomo in
quanto tale. E gli uomini, così come sono, con le concrete vicende
della loro vita, non diventarono
per il servo di Dio solamente destinatari del suo magistero, ma fratelli di una comune vocazione,
nell’affidamento alla misericordia,
ciò che unisce tutti. Sono queste le
note caratterizzati della sua spiritualità, come si evince da quanto
egli stesso disse: «Il vescovo chiede al Signore non solo di potervi
insegnare questa cosa principalissima [l’amore di Dio e del prossimo] durante la missione che il Signore gli concederà di svolgere in
mezzo a voi, ma di potervi precedere anche con l’esempio».
Luciani veniva da un’estrazione sociale popolare. Come incisero queste
sue origini nel ministero episcopale?
Non si può certo ignorare l’humus sociale di quella storia di povertà rurale e operaia del Veneto
dal quale proveniva, così come
l’esempio che ricevette anche dai
suoi formatori. La povertà per Luciani costituiva la fibra del suo essere sacerdote, ne aveva fatto la
dote più importante e da essa aveva tratto alimento anche la sua cura d’anime. Tuttavia non è la povertà del populismo o del modesto
prete di montagna, ma quella che
per Luciani, sacerdote di solida
formazione teologica e di elevata
formazione culturale, affonda le
radici nel mai dimenticato fondamento di una Chiesa senza trionfi
mondani, vicina agli insegnamenti
dei Padri, sul modello di Cristo e
della sua predilezione per i poveri,
senza la quale poco si capirebbe
del Pontificio Collegio Messicano in
Roma; Suore Missionarie; Suore di Nostra Signora delle Missioni; Suore del
Sacro Cuore di Gesù; Ordine dei Servi
di Maria; Partecipanti al Capitolo Generale delle Suore Terziarie; Cappuccine
della Sacra Famiglia; Suore di Nostra
Signora della Consolazione.
Dall’Italia: Pellegrinaggio della Diocesi di Ascoli Piceno, con il Vescovo
Giovanni
D’Ercole;
Pellegrinaggio
dell’Arcidiocesi di Otranto, con l’Arcivescovo Donato Negro; Pellegrinaggio
dalla Diocesi di Modena-Nonantola.
Gruppi di fedeli dalle Parrocchie:
Sant’Andrea, in Novoledo; San Bonaventura, in Cadoneghe; San Marco, in
Mestre-Venezia; Sacra Famiglia, in
Ghiaie di Bonate Sopra; Santa Maria
Addolorata, in Cividino; San Martino,
in San Martino in Strada; Santo Stefano, in Lenno-Tremezzina; San Giovanni
Battista, in Bosconero Canavese; Santa
Maria Assunta, in Chivasso; San Pietro,
in Savona; San Giovanni e Santa Maria,
in Novellara; Santa Maria alla Romola
e San Pio X al Sodo, in Firenze; Santa
Maria di Loreto e San Ciriaco, in Altidona; San Marone, in Civitanova Marche; Spirito Santo, in Lanciano;
Sant’Antonio di Padova, in Capistrello;
Santa Maria del Carmelo, in Torre Annunziata; Santa Maria Assunta, in Lusciano; San Sossio e Madonna del Pantano, in Villa Literno; San Giovanni
Evangelista, in Paterno; San Benedetto,
in Barletta; Unità pastorale di Schiavon
e Longa; Santa Marina, in Polìstena;
Sant’Antonio, in Reggio Calabria; Santa
Caterina da Siena, in Scicli; San Giuseppe, in Passo di Rigano-Palermo;
Unità pastorale Beato Oscar Romero, di
Reggio Emilia. Gruppi di fedeli dalle
Parrocchie di Pieve di Solìgo, e di Ronco e Gussago. Associazione laici amore
misericordioso, di Paternò; Associazione
lavoratori anziani del Gruppo Generali,
di Milano; Associazione SOS, di Bari;
Associazione buoni amici, di Favria; Associazione Campanari Reggiani; Associazione volontari ospedalieri, di Nocera-Sarno; Associazione pubblica assistenza, di Bergiola Maggiore; Associazione volontariato solidale europeo Sicilia, di Catania; Associazione Avis, di
Lentate sul Seveso; Associazione Vivere
Fu il primo Papa a scegliere il doppio nome in omaggio ai due predecessori e ad abbandonare il plurale
maiestatis per un linguaggio più immediato. Quale significato attribuire
a queste novità?
Penso che la scelta del doppio
nome “Giovanni Paolo” non sia
stato solamente semplice omaggio
ai suoi predecessori. Con questa
scelta egli intendeva chiaramente
proseguire l’attuazione del concilio
Vaticano II ed erigere l’arco di
congiunzione di coloro che erano
stati le colonne portanti dell’opera
conciliare. Giovanni XXIII e Paolo
VI sono colonne che furono da taluni giudicate tra loro separate.
Luciani conosceva questo dissidio
in seno alla Chiesa e lo considerava offensivo della verità e nemico
dell’unità e della pace. La scelta
del doppio nome fu pertanto anche segno dell’unità che egli ricercava nella Chiesa e certamente
espressione dell’intuito con cui egli
sapeva con prontezza afferrare le
questioni e sciogliere il nodo dei
problemi difficili nella Chiesa. Anche gli altri gesti che egli compì
durante il breve pontificato, così
come la scelta di un linguaggio familiare, conversevole e accessibile,
riconducono tutti all’essenziale
semplicità
evangelica,
frutto
dell’esigenza di un ritorno alle sorgenti del Vangelo e quindi di rinnovamento scaturita dal concilio.
Quali sono state le sue priorità come
pastore della Chiesa universale?
Nel corso del suo brevissimo
pontificato troviamo essenzialmente espresse le priorità e i tratti di
un Pontefice che, incarnando il
dettato conciliare, ne diviene apostolo facendo progredire la Chiesa
sulle strade maestre indicate dal
concilio: la risalita alle fonti del
Vangelo e una rinnovata missionarietà, la collegialità episcopale, il
servizio nella povertà, il dialogo
con la contemporaneità, la ricerca
dell’unità con i fratelli ortodossi,
mostrato nell’incontro con il metropolita russo Nikodim, e la ricerca della pace.
Quale messaggio ha lasciato in eredità alla Chiesa di oggi?
Con Giovanni Paolo I non si è
chiusa una breve pagina della storia dei Papi. Non c’è dubbio che
in queste priorità espresse e nella
prossimità manifestata alle realtà
umane, specialmente ai più bisognosi, troviamo la perenne e stringente attualità di Papa Luciani,
come evidenzia anche il recente
numero speciale della rivista «Le
tre Venezie» dal titolo Giovanni
Paolo I, Albino Luciani un Papa attuale, pubblicato in occasione del
trentottesimo anniversario della
sua elezione. Ma certamente uno
degli aspetti di attualità della vita
e dell’opera del servo di Dio è legato al tema centrale, evangelico
della misericordia. Basta ricordare
solo alcune delle sue espressioni:
«Dio è misericordia»; «Dio è padre, più ancora è madre»; «madre
è anche la Chiesa, se è continuatrice di Cristo. Cristo è buono: anche la Chiesa dev’esser buona,
dev’esser madre verso di tutti.
Nessuno escluso»; «siamo tutti
poveri peccatori (...) ma nessun
peccato è troppo grande, nessuno
più della misericordia sconfinata
del Signore». Nell’ultima udienza
generale sulla carità allo stesso
modo ricorre l’insistenza sulle opere di misericordia. Sono questi
motivi attualissimi dei quali è costellato il magistero di Papa Luciani. Egli è stato anzitutto testimone
dell’amore misericordioso di Dio:
è una costante della sua vita conforme alla sua predicazione. E il
continuo riferimento alla natura
del cuore di Dio che è amore,
amore che ci precede, trova oggi
consonanze profonde con il magistero di Papa Francesco.
Come postulatore della causa di canonizzazione di Papa Luciani l’attende un importante compito. A che
punto si trova adesso l’iter canonico?
La causa di canonizzazione è
giunta alla fase finale. Si avvia infatti all’esame di giudizio conclusivo da parte degli organi collegiali
della Congregazione delle cause
dei santi per la proclamazione delle virtù. Si chiude così la fase romana del processo sulla vita, le
virtù e la fama di santità di Albino
Luciani, che si era aperta il 13 giugno 2008, dopo che erano pervenuti a Roma gli atti dell’inchiesta
diocesana svoltasi dal 2003 al 2006
nella diocesi di Belluno-Feltre.
Dal 2008 a oggi che cosa si è fatto
in questa fase romana del processo?
La fase romana è stata condotta
in questi ultimi anni dal relatore
generale della Congregazione delle
cause dei santi, il cappuccino Vin-
Gruppi di fedeli all’udienza generale
All’udienza generale di mercoledì 28 settembre, in piazza San Pietro, erano presenti i
seguenti gruppi.
Da diversi Paesi: Comunità sacerdotale
dello spirito di governo di Giovanni Paolo I. Non sono pochi e sono
forti i suoi richiami alla povertà
ecclesiale secondo il decreto conciliare Presbyterorum ordinis. Del motivo della Chiesa povera al servizio
dei poveri è intessuto il suo magistero. Tenaci furono le sue parole
sul «grido dei popoli della fame»,
che egli pronunciò nell’ultima
udienza generale, secondo quanto
trasmesso dalla dottrina sociale
della Chiesa e dalla Populorum progressio di Paolo VI.
aiutando a vivere, di Usmate e di Busnago; Unione Parkinsoniani, di Verona;
Gruppo di servizio per la letteratura
giovanile, di Roma; gruppo Artiglieri,
di Nembro; Gruppo «Il fuori coro»;
gruppi dell’Unitalsi, di Adria, Vicenza e
Verona; Centro di accoglienza gruppo
per servire, di Querceta; Circolo Unione, di Bari; Comunità di Gesù, di Turi;
Confraternita Maria Santissima della
Consolazione,
di
Paternò;
Laici
dell’Opera Don Calabria; Comunità per
disabili «Albatros», di Mirano; gruppo
ospedali riuniti Padova sud, di Montagnana; gruppo di Operai licenziati, di
Potenza; gruppo Sindacato nazionale
autonomo pensionati, di Catania; Partecipanti all’iniziativa «Italian Wonder
Ways», con il Vescovo Paolo Giulietti;
gruppo Arpe-Federproprietà; gruppo
dell’Azienda Auchan Italia; Istituto
comprensivo «Rinaldi», di Ghedi.
Gruppi di fedeli da Montechiaro d’Asti,
La Spezia, Lendinara, Erchie, Torre del
Greco, Bolzano, Taviano, Livigno.
Dalla Svizzera: Missione cattolica
polskim misjonarzem ks. Ciesielskim;
grupa turystyczna z Poznania; pielgrzymi indywidualni.
De France: Communauté du séminaire pontifical français de Rome; pèlerinage du diocèse de Belfort-Montbéliard,
avec Mgr Dominique Blanchet; groupes
de pèlerins des diocèses de Bordeaux et
de Saint Die; délégation du groupe
d’études à vocation internationale de
l’Assemblée nationale française; groupe
de l’Hospitalité montfortaine; groupe de
pèlerins provenant de la Polynésie française; groupe Agape, de Paris.
I polacchi: Pielgrzymi z parafii: św.
Andrzeja Apostoła z Barczewa koło
Olsztyna, Najświętszego Serca Pana Jezusa z Bytomia, z sanktuarium św. Jana
Pawła II w Radzyminie, Najświętszej
Maryi Panny Nieustającej Pomocy z
Andrespola, Niepokalanego Serca Maryi
z Kolonowskiego, Narodzenia św. Jana
Chrzciciela z Leszna koło Błonia, św.
Anny z Łodzi; Wspólnota Wiara i
Światło «Skrzaty» z Olsztyna; Gimnazjum Katolickie im. Świętej Rodziny z
Nazaretu w Krakowie; pielgrzymka
Związku Zawodowego Pracowników
Poczty Polskiej z Lublina i czytelników
Katolickiego Tygodnika «Niedziela» z
archidiecezji
szczecińsko-kamieńskiej,
diecezji zielonogórsko-gorzowskiej i legnickiej; pielgrzymi z Lęborka i Gniewina; angielskojęzyczna grupa z Zambii z
From Australia: Pilgrims from the
Diocese of Broome, Western Australia,
accompanied by Bishop Christopher
Saunders.
From
Brunei: Pilgrims from the
Church of Our Lady of the Assumption, accompanied by Bishop Cornelius
Sim.
From India: Pilgrimd from the Archdiocese of Bombay.
D’Autriche: Elèves du Gymnasium du
From Indonesia: Pilgrims from:
Malang Diocese; Purwokerto Diocese,
Island of Java; Jakarta Cathedral.
Sacré-Coeur, Vienne.
D’Algérie: Pèlerinage interdiocésain.
De Guinée: Groupe de pèlerins, avec
Mgr Emmanuel Félémou.
From various Countries: Religious
Gruppi di fedeli da: Slovacchia;
Gruppo di fedeli del Patriarcato di Romania; Pellegrinaggio della Diocesi di
Ostrava-Opava, Repubblica Ceca; Pellegrinaggio delle Diocesi di Celje, Murska Sobota e Novo Mesto, Slovenia; Lituania; Ungheria.
From Switzerland: Pilgrims from the
Slovak Catholic Mission, Zurich.
De Suisse: Groupe de contemporains
1936 du Noirmont.
italiana, di Berna.
Coppie di sposi novelli.
Strand; Students and staff from St
Paul’s School, Bergen.
from the Congregation of the Holy
Spirit.
From England: Pilgrims from:
Church of the Transfiguration, Kensal
Rise, London; St Mary Magdalen Parish, Willesden Green, London.
From Scotland: Pilgrims from the
Diocese of Paisley, accompanied by
Bishop John Keenan; Members of St
Leonard’s Rambling Club, Glasgow.
From Ireland: Pilgrims from the following parishes: Our Lady Mother of
the Church, Castleknock, County Dublin; St Cronan, Brackenstown, Swords,
County Dublin; Pilgrims from the “204
(North Irish) Field Hospital” medical
unit Students and staff from Oakgrove
Integrated College, County Derry.
From Denmark: Students and staff
from: Espergærde Secondary School;
Silkeborg Technical School.
From Norway: A group of Vietnamese from the Diocese of Oslo; Volunteers from the Lutheran Church of
From Malaysia: Pilgrims from St Michael’s Catholic Church, Penampang.
From South Korea: Pilgrims from
Woorim
Province.
Catholic
Church,
Junju
Groups of pilgrims from Canada, Japan, South Africa and Vietnam.
From the United States of America:
Pilgrims from: Archdiocese of San Francisco, California; Archdiocese of Baltimore, Maryland; Archdiocese of Philadelphia, Pennsylvania; Archdiocese of
Detroit, Michigan; Diocese of Tucson,
Arizona; Diocese of St Augustine, Jacksonville, Florida; Diocese of Kalamazoo, Michigan; Diocese of Austin,
Texas; Pilgrims from the following parishes: St Maria Goretti, Campbell, California; Our Lady of the Sierra,
Oakhurst, California; St Timothy, Lutz,
Florida; St Kevin, Miami, Florida; St
Francis of Assisi, Belchertown, Massachusetts; St Charles, Coldwater,
Michigan; St John Vianney, Belgrad,
Montana; St Francis of Assisi, Hackensack, New Jersey; St Gerard Majella,
Paterson, New Jersey; St Gabriel,
Saddle River, New Jersey; Our Lady of
Guadalupe, Clovis, New Mexico; Holy
Cross, Las Cruces, New Mexico; St
Joseph, Syro-Malabar, Houston, Texas;
Sacred Heart, McAllen, Texas; St Mary,
Alexandria, Virginia; Candidates for the
diaconate at the Pontifical North American College, with family members and
friends; Seminarians from St John Vianney College Seminary, St Paul, Minnesota; The Board of Trustees of the
Catholic University of America with
their spouses and the Chancellor Donald Cardinal Wuerl; Patrons of the Arts
in the Vatican Museums, Ohio and
Texas Chapters; A group of pilgrims
from Fort Myer Army Base, Virginia
Students and faculty from: Walsh University, North Canton, Ohio, Rome
Campus; St Benedict’s College, Collegeville, Minnesota.
Aus der Bundesrepublik Deutsch-
land: Pilgergruppen aus den Pfarrgemeinden St. Peter, Bonn; St. Benno,
Dresden; St. Franziskus, Frankfurt; St.
Peter, Gündlkofen; St. Martin, Hutthurm; St. Antonius, Kaarst-Vorst;
Christus Erlöser, München; St. Johannes XXIII., Rüsselsheim; St. Kilian,
Scheßlitz; St. Pankratius, Scheßlitz; St.
Sebastianus, Schwalmtal; St. Bartholomäus, Schwarzenholz; St. Michael,
Stadtsteinach; Pilgergruppen aus dem
Bistum Magdeburg; Bistum Münster;
Erzbistum Paderborn; Bistum Rottenburg-Stuttgart; Pilgergruppen aus Altenbeken; Augsburg; Hamburg; Menden; Trier; Wain; Xanten; Katholische
Portugiesische Gemeinde, Darmstadt;
Katholische Erwachsenenbildung, Dingolfing-Landau; Caritasverband, Hürth;
Komturei St. Kilian des Ritterordens
vom Heiligen Grab zu Jerusalem,
Würzburg; Studienreisegruppe aus Karlsruhe; Schülerinnen, Schüler und Lehrer aus folgenden Schulen: König-Karlmann-Gymnasium, Altötting; Evangelisches Gymnasium, Berlin; Liebfrauenschule, Cloppenburg; Heinrich-Emanuel-Merck-Schule, Darmstadt; Gymnasium der Congregatio Beatae Mariae Virginis, Essen; St. Ursula-Schule, Hannover; Gymnasium, Isernhagen; Erzbischöfliche
Maria-Ward-Mädchenrealschule, München (175-jähriges Jubiläum); Gesamtschule Rheydt-Mülfort,
Mönchengladbach;
Liebfrauenschule,
Oldenburg; Tilman-RiemenschneiderGymnasium, Osterode am Harz; Kooperative Gesamtschule (Waldschule),
Schwanewede; Gymnasium, Walsrode.
Aus der Republik Österreich: Pilger
aus Dornbirn; Priesterseminaristen aus
cenzo Criscuolo, e come da prassi
è stata essenzialmente caratterizzata dalla ricerca necessaria ai fini
dell’acquisizione completa delle
carte del servo di Dio, dallo studio
di natura storico-scientifica, dal vaglio di tutte le fonti documentarie
e testimoniali con relativa valutazione critica, e dunque dall’elaborazione e composizione della Positio, il dossier, ordinato in base a
stabiliti criteri, che comprende tutto il corpus delle prove documentarie e testimoniali che devono dimostrare l’eroicità della vita, delle
virtù e della fama di santità di Luciani. La Positio è stata stampata e
rilegata in cinque volumi per oltre
3600 pagine complessive. Con la
consegna in Congregazione della
Positio si dovranno esprimere con
voto due sessioni di esami: quella
del congresso dei teologi e quella
del congresso dei vescovi e cardinali. L’iter di giudizio finale si
chiuderà, come auspico vivamente,
con il decreto sancito dal Papa per
la proclamazione delle virtù. Attendiamo pertanto con fiducia
questo felice esito e che dunque
presto Albino Luciani sia dichiarato venerabile.
Che cosa ritiene sia importante sottolineare di quanto è stato compiuto?
Vorrei sottolineare il lavoro di
ricerca e di elaborazione enorme
che è stato compiuto e dell’importanza che questo riveste anche dal
punto vista storico e storiografico,
data la scarsità di contributi scientifici prodotti sulla vita e l’opera di
Luciani. Un lavoro che non era
mai stato effettuato e che fin
dall’inizio della fase romana è stato portato avanti con acribia e coscienza in particolare dalla dottoressa Stefania Falasca. Si tratta di
una riconsegna doverosa alla memoria di Giovanni Paolo I affinché
la sua valenza storica possa essere
restituita con la correttezza e la serietà che gli si deve. Un lavoro
prezioso dunque, che si è svolto
anche in un tempo relativamente
breve, se paragonato a quello delle
cause di altri Pontefici del Novecento, ovviamente eccettuata la
causa di Giovanni Paolo II.
den Diözesen Graz-Seckau und GurkKlagenfurt in Begleitung der Diözesanbischöfe Dr. Wilhelm Krautwaschl und
Dr. Alois Schwarz; Seniorenbund Grieskirchen; Radwallfahrtsgruppe der Freiwilligen Feuerwehr, Feldkirchen bei
Graz; Schülerinnen, Schüler und Lehrer
aus folgenden Schulen: Bildungsanstalt
für Kindergartenpädagogik, Hartberg;
Bischöfliches Gymnasium St. Ursula,
Klagenfurt.
Aus der Schweizerischen Eidgenossenschaft: Pilger aus Wohlen.
Uit het Koninkrijk der Nederlanden:
Gildepelgrimage 2016 de Nederlande;
Pelgrimsgroep uit het Bisdom s’Hertogenbosch.
De España: Peregrinación de la Diócesis de Alcalá de Henares, con S.E.
Mons. Juan Antonio Reig Pla; grupo de
peregrinos de la Arquidiócesis de Zaragoza; Parroquia Santa Catalina de Alejandría, de Villamante; Parroquia Nuestra Señora de Lourdes, de Barcelona;
Parroquia Santísimo Cristo de la Victoria, de Madrid; Colegio Santa Joaquina
de Vedruna de la Fundación educación
católica, de Madrid; grupo de peregrinos de Valencia; grupo cultural Misericordias, de Reus.
De México: Parroquia Nuestra Señora de Guadalupe, de Las Varas.
De Panamá: grupo de peregrinos.
De la República Dominicana: Parroquia Santa María Madre de Dios, de
Mendoza.
De Colombia: Parroquia San José, de
O porapa.
De Ecuador: Delegación de la Provincia de Loja.
De Perú: peregrinos laicos claretianos.
De Bolivia: Sacerdotes de la Arquidiócesis de Sucre.
De Argentina: grupos de peregrinos.
De Portugal: grupo de visitantes;
Comunidade católica de língua portuguesa, da Alemanha
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 8
All’udienza generale il Papa parla del buon ladrone come modello per i cristiani
«La Chiesa non è soltanto per i buoni
o per quelli che sembrano buoni o si credono
buoni; la Chiesa è per tutti, e anche
preferibilmente per i cattivi, perché la Chiesa
è misericordia». Lo ha sottolineato
il Papa all’udienza generale
del 28 settembre, commentando
in piazza San Pietro l’episodio
del buon ladrone (Luca 23, 32-43).
La Chiesa è anche per i cattivi
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Le parole che Gesù pronuncia durante la
sua Passione trovano il loro culmine nel
perdono. Gesù perdona: «Padre, perdona
loro perché non sanno quello che fanno»
(Lc 23, 34). Non sono soltanto parole, perché diventano un atto concreto nel perdono offerto al “buon ladrone”, che era accanto a Lui. San Luca racconta di due
malfattori crocifissi con Gesù, i quali si rivolgono a Lui con atteggiamenti opposti.
Il primo lo insulta, come lo insultava
tutta la gente, come fanno i capi del popolo, ma questo povero uomo, spinto dalla disperazione dice: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!» (Lc 23, 39).
Questo
grido
testimonia
l’angoscia
dell’uomo di fronte al mistero della morte
e la tragica consapevolezza che solo Dio
può essere la risposta liberatrice: perciò è
impensabile che il Messia, l’inviato di
Speranza di nome e di fatto
L’hanno chiamata Speranza. Perché il suo
battesimo, celebrato dieci giorni fa tra le macerie
di Capodacqua — piccola frazione di Arquata del
Tronto particolarmente devastata dal terremoto del
24 agosto — «dia una scossa per ritrovare la voglia
di vivere e ricostruire». È con particolare affetto
che Francesco ha benedetto la piccola, nata due
mesi fa, e incoraggiato i suoi genitori, Ilaria,
originaria proprio di Capodacqua, e Roberto
Ruggeri. «Abbiamo perso tutto, piangiamo tante
persone care che sono morte e cerchiamo di avere
il coraggio di ripartire» dicono. E «abbiamo il
dovere di farlo anche per i nostri bambini.
Speriamo di essere sostenuti in questo nostro
sforzo confidando che anche le piccole frazioni
non vengano dimenticate». Ilaria e Roberto
raccontano «storie di dolore ma anche di
solidarietà: il terremoto distrugge ma può anche
creare occasione di unità e di incontro». Con loro
il vescovo di Ascoli Piceno, Giovanni D’Ercole,
insieme a cento persone, soprattutto giovani,
colpite dal sisma. Al Papa gli studenti dell’istituto
Fermi di Ascoli, danneggiato dalle scosse, hanno
presentato un loro brevetto, riconosciuto a livello
internazionale: un bastone da passeggio, chiamato
Eldess, con speciali sensori per aiutare anziani e
disabili nel caso di un incidente. Un abbraccio
particolare, poi, il Pontefice lo ha riservato a
Pietro Gloria, soprannominato “nonno sprint”, che
ad Amatrice, nonostante i suoi settantanove anni,
ha saputo mettere in salvo tutta la sua famiglia.
Piero ha presentato a Francesco la fiaccola della
Settimana della famiglia che, dal 2 all’8 ottobre,
vedrà «tutta Roma illuminata da tantissime
iniziative per dare più forza alle famiglie, alla luce
della Amoris laetitia». E «la fiaccola, quasi fosse
quella olimpica, arderà anche per le gare sportive
simpaticamente denominate “nonniadi” che
vedranno giocare insieme nonni e nipoti» spiega
don Andrea Manto, direttore del centro per la
pastorale familiare della diocesi.
«Siamo più di tremila eppure siamo invisibili agli
occhi delle autorità politiche che dovrebbero
trovare una soluzione al nostro problema: siamo
senza lavoro e da due anni siamo senza alcun
sussidio, neppure la cassa integrazione». Così si è
presentata al Papa la delegazione di operai
licenziati venuti dalla Basilicata per ricevere il suo
incoraggiamento che non è mancato. «Siamo allo
stremo delle forze — raccontano — e stiamo
bussando a tutte le porte per avere lavoro, non
elemosina». Al Papa hanno detto «di sentirsi
proprio gli ultimi, nell’indifferenza di tutti: ci
hanno abbandonato, togliendoci la dignità». Solo
la Chiesa, riconoscono, «ci è sempre stata
accanto». E ad accompagnarli ci sono monsignor
Salvatore Ligorio, arcivescovo di Potenza - Muro
Lucano - Marsico Nuovo, con don Salvatore
Dattero, battagliero parroco di Avigliano. «Il Papa
ci ha subito aperto la porta — affermano gli operai
— mentre le autorità del nostro territorio non ci
ricevono da due anni, nonostante abbiamo
installato un gazebo in piazza per non farci
dimenticare». Le loro sono storie di vera
disperazione: «Viviamo con lo stipendio delle
nostri mogli, se hanno la fortuna di avere un
lavoro, o siamo assistiti da genitori e parenti».
Chiedono che vengano «finalmente create le
condizioni perché gli imprenditori possano dare
prospettive di lavoro». Considerando che «ogni
anno sono quattromila i giovani che vanno via
dalla Basilicata in cerca di occupazione».
Il Papa ha quindi salutato Tamara Ivanovna
Chikunova, coraggiosa attivista per l’affermazione
di diritti umani. Suo figlio Dmitrj venne fucilato
in Uzbekistan nel 2000 e proprio quella tragedia
l’ha convinta a fondare, insieme ad altre donne
che avevano perduto i figli per un’esecuzione
capitale, l’associazione «Madri contro la pena di
morte e la tortura». La donna ha contribuito a
salvare ventitré condannati a morte, facendo
commutare la loro pena nella reclusione.
Infine, a Casa Santa Marta, il Pontefice ha
salutato il commissario Antonio Perfetti, primo
dirigente del corpo della Gendarmeria, a
conclusione del suo servizio.
giovedì 29 settembre 2016
Dio, possa stare sulla croce senza far nulla
per salvarsi. E non capivano, questo. Non
capivano il mistero del sacrificio di Gesù.
E invece Gesù ci ha salvati rimanendo sulla
croce. Tutti noi sappiamo che non è facile
“rimanere sulla croce”, sulle nostre piccole
croci di ogni giorno. Lui, in questa grande
croce, in questa grande sofferenza, è rimasto così e lì ci ha salvati; lì ci ha mostrato
la sua onnipotenza e lì ci ha perdonati. Lì
si compie la sua donazione d’amore e scaturisce per sempre la nostra salvezza. Morendo in croce, innocente tra due criminali, Egli attesta che la salvezza di Dio può
raggiungere qualunque uomo in qualunque condizione, anche la più negativa e
dolorosa. La salvezza di Dio è per tutti,
nessuno escluso. È offerta a tutti. Per questo il Giubileo è tempo di grazia e di misericordia per tutti, buoni e cattivi, quelli
che sono in salute e quelli che soffrono.
Ricordatevi quella parabola che racconta Gesù sulla festa dello sposalizio di un
figlio di un potente della terra. Quando
gli invitati non hanno voluto andare, dice
ai suoi servitori: «Andate ora ai crocicchi
delle strade e tutti quelli che troverete,
chiamateli alle nozze» (Mt 22, 9). Tutti
siamo chiamati: buoni e cattivi. La Chiesa
non è soltanto per i buoni o per quelli che
sembrano buoni o si credono buoni; la
Chiesa è per tutti, e anche preferibilmente
per i cattivi, perché la Chiesa è misericordia. E questo tempo di grazia e di misericordia ci fa ricordare che nulla ci può separare dall’amore di Cristo! (cfr. Rm 8,
39). A chi è inchiodato su un letto di
ospedale, a chi vive chiuso in una prigione, a quanti sono intrappolati dalle guerre, io dico: guardate il Crocifisso; Dio è
con voi, rimane con voi sulla croce e a
tutti si offre come Salvatore a tutti noi. A
voi che soffrite tanto dico, Gesù è crocifisso per voi, per noi, per tutti. Lasciate che
la forza del Vangelo penetri nel vostro
cuore e vi consoli, vi dia speranza e l’intima certezza che nessuno è escluso dal suo
perdono. Ma voi potete domandarmi:
“Ma mi dica, Padre, quello che ha fatto le
cose più brutte nella vita, ha possibilità di
essere perdonato?” — “Sì! Sì: nessuno è
escluso dal perdono di Dio. Soltanto deve
avvicinarsi pentito a Gesù e con la voglia
di essere da Lui abbracciato”.
Questo era il primo malfattore. L’altro è
il cosiddetto “buon ladrone”. Le sue parole
sono un meraviglioso modello di pentimento, una catechesi concentrata per imparare a chiedere perdono a Gesù. Prima,
egli si rivolge al suo compagno: «Non hai
alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena?» (Lc 23, 40). Così pone in risalto il punto di partenza del pentimento: il timore di Dio. Ma non la pau-
ra di Dio, no: il timore filiale di Dio. Non
è la paura, ma quel rispetto che si deve a
Dio perché Lui è Dio. È un rispetto filiale
perché Lui è Padre. Il buon ladrone richiama l’atteggiamento fondamentale che
apre alla fiducia in Dio: la consapevolezza
della sua onnipotenza e della sua infinita
bontà. È questo rispetto fiducioso che aiuta a fare spazio a Dio e ad affidarsi alla
sua misericordia.
Poi, il buon ladrone dichiara l’innocenza di Gesù e confessa apertamente la propria colpa: «Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per
le nostre azioni; egli invece non ha fatto
nulla di male» (Lc 23, 41). Dunque Gesù è
lì sulla croce per stare con i colpevoli: attraverso questa vicinanza, Egli offre loro
la salvezza. Ciò che è scandalo per i capi
e per il primo ladrone, per quelli che erano lì e si facevano beffa di Gesù, questo
invece è fondamento della sua fede. E così
il buon ladrone diventa testimone della
Grazia; l’impensabile è accaduto: Dio mi
ha amato a tal punto che è morto sulla
croce per me. La fede stessa di quest’uomo è frutto della grazia di Cristo: i suoi
occhi contemplano nel Crocifisso l’amore
di Dio per lui, povero peccatore. È vero,
era ladrone, era un ladro, aveva rubato
tutta la vita. Ma alla fine, pentito di quello che aveva fatto, guardando Gesù così
buono e misericordioso è riuscito a rubarsi
il cielo: è un bravo ladro, questo!
Il buon ladrone si rivolge infine direttamente a Gesù, invocando il suo aiuto:
«Gesù, ricordati di me quando entrerai
nel tuo regno» (Lc 23, 42). Lo chiama per
nome, “Gesù”, con confidenza, e così confessa ciò che quel nome indica: “il Signore
salva”: questo significa il nome “Gesù”.
Quell’uomo chiede a Gesù di ricordarsi di
lui. Quanta tenerezza in questa espressione, quanta umanità! È il bisogno dell’essere umano di non essere abbandonato, che
Dio gli sia sempre vicino. In questo modo
un condannato a morte diventa modello
del cristiano che si affida a Gesù. Un condannato a morte è un modello per noi, un
modello per un uomo, per un cristiano
che si affida a Gesù; e anche modello della Chiesa che nella liturgia tante volte invoca il Signore dicendo: «Ricordati... Ricordati del tuo amore...».
Mentre il buon ladrone parla al futuro:
«quando entrerai nel tuo regno», la risposta di Gesù non si fa aspettare; parla al
presente: «oggi sarai con me nel paradiso»
(v. 43). Nell’ora della croce, la salvezza di
Cristo raggiunge il suo culmine; e la sua
promessa al buon ladrone rivela il compimento della sua missione: cioè salvare i
peccatori. All’inizio del suo ministero, nella sinagoga di Nazaret, Gesù aveva proclamato «la liberazione ai prigionieri» (Lc
4, 18); a Gerico, nella casa del pubblico
peccatore Zaccheo, aveva dichiarato che
«il Figlio dell’uomo — cioè Lui — è venuto
a cercare e a salvare ciò che era perduto»
(Lc 19, 9). Sulla croce, l’ultimo atto conferma il realizzarsi di questo disegno salvifico. Dall’inizio alla fine Egli si è rivelato
Misericordia, si è rivelato incarnazione definitiva e irripetibile dell’amore del Padre.
Gesù è davvero il volto della misericordia
del Padre. E il buon ladrone lo ha chiamato per nome: “Gesù”. È una invocazione breve, e tutti noi possiamo farla durante la giornata tante volte: “Gesù”. “Gesù”,
semplicemente. E così fatela durante tutta
la giornata.
Appello per la martoriata città di Aleppo
Chi bombarda è responsabile davanti a Dio
Un «appello alla coscienza dei responsabili
dei bombardamenti» della martoriata città
siriana di Aleppo «che dovranno dare conto
davanti a Dio» è stato rivolto dal Papa
al termine dell’udienza generale.
Nella circostanza, come di consueto,
il Pontefice ha anche salutato i vari gruppi
linguistici presenti in piazza San Pietro.
lare i membri della «Comunità cattolica di
lingua portoghese in Germania», e vi auguro che, in quest’Anno Santo, possiate
fare esperienza della misericordia di Dio
per essere testimoni di ciò che a Lui piace
di più: perdonare i suoi figli e le sue figlie. Pregate anche per me! Dio vi benedica!
Saluto cordialmente i pellegrini di lingua
francese, in particolare il pellegrinaggio
della Diocesi di Belfort-Montbéliard, con
Mons. Dominique Blanchet, la delegazione di parlamentari dell’Assemblea Nazionale francese, il Seminario Francese di
Roma, il pellegrinaggio interdiocesano
d’Algeria, come pure i pellegrini venuti da
Svizzera e Austria. In questo Anno Giubilare della Misericordia vi invito ad avvicinarvi al Signore Gesù morto sulla croce
per ciascuno di noi. Chiediamogli perdono per i nostri sbagli e la forza di ripartire
abitati da una vita nuova. Dio vi benedica!
Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini
di lingua araba, in particolare a quelli provenienti dall’Egitto e dal Medio Oriente.
“In verità ti dico, oggi sarai con me nel
paradiso” è la gioiosa proclamazione che
Gesù rivolge a ogni persona che non si
vergogna della Croce di Cristo; a ogni penitente che vede nel crocifisso il vero volto
della misericordia di Dio; a ogni uomo capace di gridare con tutto il cuore, nonostante la sua miseria e i suoi peccati: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo
regno”. Il Signore vi benedica tutti e vi
protegga dal maligno!
Saluto i pellegrini di lingua inglese presenti all’odierna Udienza, specialmente
quelli provenienti da Inghilterra, Scozia,
Irlanda, Danimarca, Norvegia, Svizzera,
Brunei, India, Indonesia, Malaysia, Corea
del Sud, Giappone, Vietnam, Sud Africa,
Australia, Canada e Stati Uniti d’America.
Un particolare benvenuto anche ai seminaristi del Pontificio Collegio Americano
del Nord e le loro famiglie, qui convenuti
in occasione dell’ordinazione diaconale
che sarà celebrata domani. Dio vi benedica tutti!
Un cordiale benvenuto a tutti i pellegrini di lingua tedesca, soprattutto ai numerosi giovani. In particolare saluto i seminaristi delle Diocesi di Graz-Seckau e di
Gurk-Klagenfurt e le studentesse della
Mädchen-Realschule Maria-Ward di Monaco. Cari amici, guardando a Gesù riscopriamo sempre più la bellezza della misericordia del Signore! Dio vi benedica tutti.
Saludo cordialmente a los peregrinos de
lengua española, en particular a los grupos provenientes de España y Latinoamérica. Pidamos al Señor por todos los que
sufren por cualquier motivo o se sienten
abandonados, para que mirando al crucificado, puedan descubrir y sentir el consuelo y el perdón de Cristo, rostro de la misericordia del Padre. Un especial pensamiento al pueblo mexicano, los invito a
cantarle a la Guadalupana, lo que cantaron al inicio, pidiendo por los sufrimientos de este pueblo. Gracias.
Carissimi pellegrini di lingua portoghese, vi saluto cordialmente tutti, in partico-
Il mio pensiero va un’altra volta all’amata e martoriata Siria. Continuano a
giungermi notizie drammatiche sulla sorte
delle popolazioni di Aleppo, alle quali mi
sento unito nella sofferenza, attraverso la
preghiera e la vicinanza spirituale.
Nell’esprimere profondo dolore e viva
preoccupazione per quanto accade in questa già martoriata città, dove muoiono
bambini, anziani, ammalati, giovani, vecchi, tanti … rinnovo a tutti l’appello ad
impegnarsi con tutte le forze nella protezione dei civili, quale obbligo imperativo
ed urgente. Mi appello alla coscienza dei
responsabili dei bombardamenti, che dovranno dare conto davanti a Dio!
Saluto con gioia i pellegrini cechi, in
particolare i fedeli della Diocesi di Ostrava-Opava, accompagnati dal Vescovo
Mons. Frantisek Václav. Cari fratelli e sorelle, il vostro pellegrinaggio giubilare vi
infonda il coraggio di essere gioiosi annunciatori e testimoni della misericordia
di Dio. Mentre vi affido alla celeste intercessione del vostro Patrono San Venceslao,
del quale oggi facciamo memoria, di cuore
imparto a voi e alle vostre famiglie la Benedizione Apostolica.
Un cordiale benvenuto ai pellegrini di
lingua italiana!
Sono lieto di accogliere i fedeli delle
Diocesi di Ascoli Piceno — anche voi avete sofferto! — con il Vescovo Mons. Giovanni D’Ercole, e di Otranto con l’Arcivescovo Mons. Donato Negro, e quelli di
Modena-Nonantola. Cari fratelli e sorelle,
il vostro pellegrinaggio per l’Anno Santo
esprima il senso di comunione con la
Chiesa universale e vi renda testimoni di
misericordia nelle vostre Chiese locali.
Saluto la delegazione della Diocesi di
Roma che ha preparato la Settimana della
Famiglia, che si terrà dal 2 all’8 ottobre.
Per loro accenderò tra poco una fiaccola,
simbolo dell’amore delle famiglie di Roma
e del mondo intero.
Un pensiero speciale rivolgo all’Arcivescovo di Potenza e al gruppo di operai licenziati della Basilicata, ed auspico che la
grave congiuntura occupazionale possa
trovare una positiva soluzione mediante
un incisivo impegno da parte di tutti per
aprire vie di speranza. Non può salire più
la percentuale della disoccupazione!
Saluto le partecipanti al Capitolo Generale delle Suore Terziarie Cappuccine della Sacra Famiglia; l’Associazione Anziani
con i ciclisti del Gruppo Generali; i partecipanti all’iniziativa «Italian Wonder Ways» con il Vescovo Mons. Paolo Giulietti;
e i fedeli di Pieve di Soligo, qui presenti
per ricordare l’anniversario della morte di
Giovanni Paolo I.
Sono lieto di accogliere i pellegrini sloveni, in particolare i fedeli delle Diocesi di
Celje, Murska Sobota e Novo Mesto, accompagnati dai rispettivi Vescovi. Cari
fratelli e sorelle, il passaggio della Porta
Santa rinvigorisca la vostra fede e rafforzi
l’appartenenza alla famiglia ecclesiale.
Mentre auspico che la misericordia e
l’amore di Dio siano la fonte del vostro
apostolato, di cuore imparto a voi e alle
vostre famiglie la Benedizione Apostolica.
Siano lodati Gesù e Maria!
Porgo infine il mio saluto ai giovani, ai
malati ed agli sposi novelli. L’esempio di
carità di san Vincenzo de’ Paoli, che ieri
abbiamo ricordato quale patrono delle associazioni di carità, conduca voi, cari giovani, ad attuare i progetti del vostro futuro con un gioioso e disinteressato servizio
al prossimo. Aiuti voi, cari ammalati, ad
affrontare la sofferenza con lo sguardo rivolto a Cristo. E solleciti voi, cari sposi
novelli, a costruire una famiglia sempre
aperta ai poveri e al dono della vita.
Saluto cordialmente i polacchi qui presenti. Nella liturgia di domani celebreremo la festa degli Arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele. Essi «sono spiriti incaricati di un ministero, inviati a servire coloro che erediteranno la salvezza» (Eb 1, 14).
Dobbiamo avere la consapevolezza della
loro invisibile presenza. Invochiamoli nella preghiera affinché in ogni momento ci
ricordino la presenza di Dio, ci appoggino
nella lotta contro il male e ci conducano
sicuri sulle strade della nostra vita. Affidiamo a loro noi stessi, i nostri cari e ciò
che ci sta a cuore. Sia lodato Gesù Cristo.
Nomina episcopale
in Brasile
La nomina di oggi riguarda il Brasile.
Antônio Emídio Vilar
vescovo di São João
da Boa Vista
Nato il 14 novembre 1957 a Guardinha, diocesi di Guaxupé, nello stato di
Minas Gerais, ha compiuto gli studi di
filosofia presso la facoltà salesiana di
Lorena, stato di San Paolo (1976-1978) e
quelli di teologia (baccalaureato e licenza) presso la Pontificia università
Salesiana a Roma (1981-1986). Ha
emesso la professione nella famiglia religiosa di san Giovanni Bosco il 31 gennaio 1976 ed è stato ordinato sacerdote
il 9 agosto 1986. Nella sua congregazione è stato coordinatore di studi e formatore dei seminaristi; direttore di comunità; coordinatore e professore
dell’Istituto teologico Pio XI a São Paulo; consigliere dell’ispettoria di São
Paulo; maestro di novizi; parroco di
Nossa Senhora Auxiliadora e direttore
dell’Istituto Dom Bosco a São Paulo.
Inoltre, è stato giudice del tribunale interdiocesano di Aparecida e membro
del consiglio presbiterale della diocesi
di São Carlos. Il 23 luglio 2008 è stato
nominato vescovo di São Luiz de Cáceres e ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 27 settembre successivo. Attualmente era vice-presidente della Conferenza episcopale regionale Oeste 2 e
membro della Commissione episcopale
per la gioventù della Cnbb.