L`OSSERVATORE ROMANO

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L`OSSERVATORE ROMANO
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L’OSSERVATORE ROMANO
GIORNALE QUOTIDIANO
Unicuique suum
Anno CLVI n. 124 (47.259)
POLITICO RELIGIOSO
Non praevalebunt
Città del Vaticano
giovedì 2 giugno 2016
.
All’udienza generale Papa Francesco parla della parabola del fariseo e del pubblicano
Nel mondo quasi 46 milioni di persone ridotte in schiavitù
Come si prega
Sommersi
e sfruttati
E ricorda i sacerdoti che celebrano il giubileo nella festa del Sacro Cuore
«Tutti presi dalla frenesia del ritmo
quotidiano, spesso in balìa di sensazioni, frastornati, confusi», i cristiani
di oggi dovrebbero «recuperare il
valore dell’intimità e del silenzio,
perché è lì che Dio ci incontra e ci
parla». E solo «a partire da lì» è poi
possibile «incontrare gli altri e parlare con loro»: è la lezione che Papa
Francesco trae dalla rilettura della
parabola del fariseo e del pubblicano contenuta nel Vangelo di Luca
(18, 9-14), offerta ai fedeli presenti in
piazza San Pietro per l’udienza generale di mercoledì 1° giugno.
Proseguendo nelle riflessioni sul
tema giubilare alla luce di brani
evangelici, il Pontefice ha messo a
nudo i difetti della presunta preghiera del fariseo per esaltare i pregi di
quella del pubblicano, che ha «l’atteggiamento giusto per pregare e invocare la misericordia del Padre». E
così mentre il primo «con arroganza
e ipocrisia prega se stesso» — ha detto Francesco aggiungendo come di
consueto immagini evocative al testo
preparato — il secondo «si presenta
con animo umile e pentito». Salta
così agli occhi la prima importante
differenza: «La sua preghiera è brevissima, non è lunga come quella del
fariseo: “O Dio, abbi pietà di me
peccatore”. Niente di più. Bella preghiera!», ha commentato Francesco
invitando poi i presenti a ripeterla
per tre volte ad alta voce.
Insomma, ha esortato il Papa, bisogna «pregare ponendoci davanti a
L’incontro di Papa Francesco con una delegazione jainista prima dell’udienza generale
Dio così come siamo», proprio come
il pubblicano, con il suo stile di preghiera essenziale, umile. «Presentandosi “a mani vuote”», egli «mostra
la condizione necessaria per ricevere
il perdono del Signore». E «alla fine
proprio lui, così disprezzato, diventa
un’icona del vero credente». Mentre
il fariseo, sfoggiando i propri meriti,
con senso di superiorità verso gli
«altri uomini» è divenuto al contrario «l’icona del corrotto che fa finta
di pregare, ma riesce soltanto a pavoneggiarsi».
Al termine dell’udienza — preceduta da un incontro con una delegazione jainista in un’auletta dell’Aula
Paolo VI — il Papa ha invitato «a
pregare in tutto il mese di giugno il
Cuore di Gesù» e a sostenere «con
la vicinanza e l’affetto» le migliaia di
preti e seminaristi giunti a Roma per
celebrare il loro giubileo. Incentrata
sulla frase di Francesco «A immagine del Buon Pastore, il prete è
uomo di misericordia e di compassione, vicino alla sua gente e
servitore di tutti», la tre-giorni giu-
bilare si è aperta mercoledì con una
serie di catechesi per gruppi linguistici in varie chiese di Roma. La
giornata di giovedì è dedicata invece
al ritiro spirituale guidato dal Papa a
Santa Maria Maggiore, San Giovanni in Laterano e San Paolo Fuori le
Mura. E lo stesso Pontefice presiederà venerdì mattina, solennità
del Sacro Cuore, la concelebrazione
eucaristica conclusiva in piazza San
Pietro.
PAGINE 6
E
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Appello dell’Onu mentre nel Mediterraneo l’emergenza resta alta
Risposta globale al dramma dell’immigrazione
NEW YORK, 1. L’Onu chiede di rafforzare i soccorsi nel Mediterraneo
per prevenire nuove tragedie dell’immigrazione. L’appello è giunto ieri
dal segretario generale Ban Ki-moon
che ha lodato «i grandi sforzi
dell’operazione congiunta italiana ed
europea per salvare vite». Ban Kimoon ha registrato «con grave
preoccupazione come il 2016 sia stato particolarmente letale, con 2.510
morti contro i 1.850 registrati nello
stesso periodo del 2015». A livello
globale, il segretario ha chiesto una
«risposta collettiva ai grandi movimenti di migranti», il che include un
allargamento delle vie legali di immigrazione. «Il vertice del 19 settembre su questo tema sarà una occasione speciale di creare accordi e dimostrare maggiore solidarietà con i Pae-
si che ospitano i profughi» ha fatto
sapere Ban Ki-moon.
Conferma alle parole del leader
del palazzo di vetro arriva dalla cronaca delle ultime ore, che registra
nuovi sbarchi sulle coste italiane.
Nel Sulcis, in Sardegna, sono sbarcati oggi ventidue migranti algerini.
Intanto, la Danimarca ha annunciato
oggi che rafforzerà i controlli temporanei lungo il confine con la Germania fino al 12 novembre. Dal canto
suo, la Slovacchia ha auspicato «una
più stretta collaborazione con la Nato per la protezione delle frontiere
esterne». Sul piano umanitario,
l’Unicef ha reso noto che in Grecia
si sono oltre 22.000 bambini migranti in seria difficoltà.
E nel dibattito è intervenuto ieri
anche il sindaco di Parigi, la sociali-
sta Anne Hidalgo, annunciando la
creazione «entro un mese» di un
campo profughi e che rispetterà «gli
standard dell’Onu» nella zona nord
della capitale francese. Il luogo preciso sarà reso noto nei prossimi giorni. «Parigi non resterà inerte davanti
al Mediterraneo che si sta trasformando in un cimitero», ha dichiarato Hidalgo.
Un appello a «garantire condizioni generali di sicurezza e di rispetto
della dignità» dei profughi è giunto
oggi dal presidente della Repubblica
italiana, Sergio Mattarella, in un
messaggio ai prefetti per la Festa
della Repubblica che si celebra domani, 2 giugno. Ieri i circa 150 migranti bloccati dalla polizia a Ventimiglia, mentre cercavano di raggiungere a piedi il confine con la Francia, hanno accettato l’invito della
Caritas a trasferirsi nella propria sede. I migranti, che da due giorni
erano ospitati nella parrocchia di
San Nicola, dapprima avevano rifiutato anche il cibo portato dai volontari, ma, dopo una lunga trattativa,
sono stati convinti a tornare indietro
per trovare riparo alla Caritas.
Prosegue intanto il confronto europeo sull’organizzazione dell’accoglienza, e in particolare sugli hotspot, i centri di identificazione e registrazione. La Commissione europea ha chiesto chiarimenti all’Italia
su diversi aspetti della gestione
dell’emergenza, e soprattutto in merito al progetto del Viminale di creare hotspot in mare aperto, su navi o
traghetti.
Sulla questione è intervenuto il
vescovo Nunzio Galantino, segretario generale della Conferenza episcopale italiana (Cei), ricordando che «i
migranti salvati in mare hanno il diritto, sulla base di una storia perso-
nale e di una lista di cosiddetti Paesi
“sicuri”, di presentare domanda di
asilo e al ricorso se non venisse accolta». Ma sulle navi questo percorso «non è possibile».
L’accoglienza dei richiedenti asilo
— ha aggiunto Galantino — «dev’essere strutturata in tutti i ventotto
Paesi europei. Non si possono, infatti, salvare le persone e poi non offrirgli una possibilità di futuro».
Un’altra azione concreta «rimane
quella di organizzare i corridoi umanitari; in questo modo si eviterebbe
anche la crescita di una tratta di esseri umani oggi gestita da mafie e da
terrorismo» ha detto il segretario generale della Cei.
CANBERRA, 1. Nel mondo quasi 46
milioni di persone vive in stato di
schiavitù. Di queste, 1.243.400 (il
2,7 per cento) si trovano in Europa.
È l’Asia, tuttavia, a detenere il triste primato, con i due terzi degli
sfruttati. A finire nelle maglie di
questo terribile ingranaggio sono
soprattutto le donne, i bambini e i
migranti: i più soggetti al traffico
degli esseri umani.
A tracciare un quadro generale
del fenomeno è l’ultimo rapporto
della Walk Free Foundation, che ogni anno
pubblica il Global Slavery Index, che copre
167 Paesi. Il rapporto
comprende 42.000 interviste condotte in 53
lingue diverse, corrispondenti al 44 per
cento della popolazione mondiale.
Il dato più inquietante è che la schiavitù non regredisce, anzi
aumenta: nell’ultimo
anno oltre dieci milioni di persone sono diventate schiave, costrette a vivere in terribili
condizioni
di
sfruttamento e arretratezza. L’India si conferma il Paese con il
più alto numero di
schiavi (18,3 milioni),
ma la risposta del suo
Governo al problema
— dicono gli analisti australiani —
si sta rafforzando. Ma la piaga è
generalizzata: in Cina si trovano
3,39 milioni di schiavi, in Pakistan
2,13, in Bangladesh 1,53 e in Uzbekistan 1,23 milioni. Insieme, questi
cinque Paesi rappresentano quasi il
58 per cento della popolazione
schiavizzata nel mondo, in pratica
26,6 milioni di persone.
All’Asia va anche l’altro primato,
quello dell’incidenza della schiavitù
sulla popolazione: in Corea del
Nord il 4,37 per cento degli abitanti è in questa condizione, e ancora
mancano misure adeguate del Governo. A seguire troviamo l’Uzbekistan (3,97 per cento degli abitanti) e la Cambogia (1,65). I canali
attraverso i quali i nuovi schiavi
vengono cooptati sono soprattutto
il traffico di esseri umani, il lavoro
forzato, la sottomissione per debiti,
il matrimonio forzato, lo sfruttamento sessuale a fini commerciali.
Difficile crederlo, ma anche l’Europa è interessata da questa terribile tragedia. Nell’ex Repubblica Jugoslava di Macedonia almeno lo
0,64 per cento della popolazione
vive in condizioni di schiavitù. È la
I civili rischiano di essere usati dai jihadisti come scudi umani
Incubo Falluja
Migranti in attesa dello sbarco a Reggio Calabria (Reuters)
IN
ALLEGATO
al rapporto australiano — sono invece i Paesi Bassi e il Regno Unito, che sono stati i primi Paesi nel
mondo ad addottare una nuova
tecnica di misurazione per avere
una stima della schiavitù moderna,
a livello nazionale.
Luoghi di culto visti da fuori
Le chiese parlano
ENZO BIANCHI
A PAGINA
4
NOSTRE
INFORMAZIONI
Il Santo Padre ha accettato
la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Kamloops (Canada), presentata
da Sua Eccellenza Monsignor David J. Monroe, in
conformità al canone 401 § 1
del Codice di Diritto Canonico.
Il Santo Padre ha accettato
la rinuncia al governo pastorale della Prelatura territoriale di Marajó (Brasile), presentata da Sua Eccellenza
Monsignor José Luiz Azcona
Hermoso, O.A.R., in conformità al canone 401 § 1 del
Codice di Diritto Canonico.
Provviste di Chiese
Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Kamloops (Canada) il Reverendo Joseph P.
Nguyen, del clero dell’Arcidiocesi di Vancouver, finora
Vicario Generale.
Su maternità come cura
Oggi il mensile
«donne chiesa mondo»
situazione peggiore. C’è poi la Polonia e la Bosnia ed Erzegovina
(entrambe con un’incidenza dello
0,476), quindi Romania, Grecia,
Repubblica Ceca, Bulgaria e Serbia, Croazia, Lituania, Lettonia,
Estonia, Cipro e Montenegro, dove
il dato si aggira intorno allo 0,40.
In Italia almeno 129.000 persone
possono definirsi schiavi moderni:
una situazione dieci volte peggiore
rispetto alla Francia. In prima linea
nella lotta alla schiavitù — stando
Operazioni dell’esercito iracheno nei dintorni di Falluja (Reuters)
PAGINA 3
Il Santo Padre ha nominato Vescovo Prelato della Prelatura territoriale di Marajó
(Brasile) il Reverendo Padre
Evaristo Pascoal Spengler,
O.F.M., finora Vice Ministro
Provinciale della Provincia
Imaculada Conceição do
Brasil con sede a São Paulo.
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pagina 2
giovedì 2 giugno 2016
Persone in fila per poter acquistare
generi alimentari a Caracas (Afp)
Ma il premier Valls è disposto al dialogo con i sindacati
Non si ferma la protesta in Francia
contro la riforma del lavoro
PARIGI, 1. Non si ferma la protesta
in Francia contro la legge di riforma
del mercato del lavoro. Una protesta
che si unisce alle rivendicazioni settoriali. A nove giorni dall’inizio dei
campionati europei di calcio, oggi
scioperano gli addetti delle ferrovie
e si prevede che da un terzo a metà
dei treni si fermeranno o subiranno
ritardi (tra cui il 60 per cento dei
Tgv e il 30-40 per cento di quelli regionali). Non subiranno interruzioni,
invece, i collegamenti internazionali
tra Francia e Gran Bretagna, mentre
sono previsti ritardi per quelli verso
l’Italia e la Spagna
È l’ottavo sciopero dei lavoratori
della Société Nationale des Chemins
de fer Français (Sncf) dall’inizio delle proteste contro la riforma del lavoro. In sciopero anche i lavoratori
della metropolitana di Parigi. «Questa settimana — ha annunciato il leader della Confédération générale du
travail, Philippe Martinez — assisteremo alla mobilitazione più forte da
tre mesi a questa parte». Anche i piloti di Air France hanno minacciato
di scioperare nelle prossime settimane contro i tagli dei salari.
A un punto morto anche i rifornimenti di carburante: sei raffinerie su
otto sono ferme o lavorano al rallentatore. I porti, i depositi e i terminali petroliferi sono bloccati del tutto
o parzialmente. Il grande inceneritore a sud di Parigi resta bloccato dagli addetti alla nettezza urbana, i rifiuti della capitale vengono trasportati in altri centri, ma la Cgt chiede
il blocco generale. I lavoratori dei
terminali del porto di Le Havre, che
rifornisce tre raffinerie e gli aeroporti
di Parigi, hanno votato per l’estensione dello sciopero.
Se la mobilitazione è al suo apice,
un timido segnale di apertura è arrivato da Governo e sindacati. Dopo
settimane di aspro confronto, il premier, Manuel Valls, e Martinez hanno infatti usato toni diversi, più concilianti, che prevedono la possibilità
dell’apertura di un dialogo. Valls,
che nei giorni scorsi aveva parlato
senza mezzi termini di una Cgt «che
tiene in ostaggio i francesi», ha oggi
corretto il tiro, affermando che si
tratta di «un sindacato che rispettiamo». Il Governo — ha aggiunto il
primo ministro — «è disposto a discutere, la mia porta è sempre aperta». Il leader della Confédération
générale du travail ha subito raccolto l’invito, annunciando di «non volere più fare saltare» l’articolo 2 della riforma del lavoro, quello che ha
suscitato la rivolta (apre la porta alla
contrattazione di secondo livello nelle imprese, togliendo, di fatto,
l’esclusiva negoziale al sindacato),
ma «continuare le concertazioni per
uscire da questa crisi». E se Martinez ha annunciato una querela al
leader della Confindustria Pierre
Gattaz, che aveva definito «terrorista» il sindacato, l’appellativo è stato
condannato anche dal premier.
La gare de Lyon a Parigi all’inizio dello sciopero dei ferrovieri (Afp)
Un quarto degli abitanti delle grandi città è a rischio di esclusione sociale
Allarme povertà
per l’Unione europea
BRUXELLES, 1. Un quarto degli abitanti delle grandi
città europee è a rischio povertà o esclusione sociale.
Questo il principale dato contenuto in uno studio
dell’Eurostat sulla popolazione dell’Ue fra i 20 e i 64
anni, suddivisa per zone di abitazione. Nell’insieme dei
ventotto Paesi dell’Unione, il 41 per cento abita nelle
grandi città, il 32 in sobborghi o città più piccole e il
27 per cento nelle zone rurali. Nelle grandi zone urba-
ne, il tasso di occupazione è del settanta per cento, ma
sono oltre cinquanta milioni le persone che sono a rischio di povertà o esclusione sociale, ovvero il 24,4 per
cento. Il rischio è minore per chi vive nelle città più
piccole, ma poi aumenta notevolmente per chi abita
nelle zone rurali. Tra i ventotto, rileva il rapporto di
Eurostat, le percentuali più alte di rischio povertà sono
state registrate in Grecia e Belgio.
Inaugurato
il nuovo
tunnel
del San Gottardo
BERNA, 1. Si inaugura oggi in Svizzera il più lungo tunnel ferroviario
del mondo, che passa sotto il San
Gottardo, attraversando le Alpi. Una
galleria lunga 57 chilometri destinata
a ridefinire la mappa dei trasporti in
Europa, dando nuovo impulso al
trasporto su rotaia, e che avrà un
ruolo chiave nei traffici tra il nord e
il sud del vecchio continente.
Alla cerimonia di inaugurazione
partecipano il presidente del Consiglio dei ministro italiano, Matteo
Renzi, il cancelliere tedesco, Angela
Merkel, e il presidente francese,
François Hollande, che attraverseranno il tunnel in treno da Erstfeld,
a nord, fino al comune ticinese di
Bodio. Ci sono voluti 17 anni di lavori e poco più di 11 miliardi di euro
per terminare l’opera. Il tunnel ferroviario, che si collega su un asse di
prolungamento diretto a Rotterdam
sul Mare del Nord, e a Genova, sul
Mediterraneo, entrerà in servizio a
dicembre, consentendo di decongestionare le strade per il trasporto
merci. Il nuovo tunnel si differenzia
del vecchio (situato 600 metri più in
alto e costruito tra il 1872 e il 1881)
di circa 15 chilometri, Attraverso il
vecchio tunnel possono passare solo
treni fino a 1.300 tonnellate con due
motrici e fino a 1.500 tonnellate, che
devono inerpicarsi per valli strette.
Con il nuovo tunnel i treni merci fino a 3.600 tonnellate saranno in grado di attraversare il passo. L’obiettivo è di far passare dal tunnel 260
treni merci e 65 treni passeggeri. La
previsione è che entro il 2020 i passeggeri passino da 9.000 a 15.000
unità al giorno.
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Per Washington possibili attentati
nel vecchio continente
WASHINGTON, 1. Un nuovo allarme per possibili attentati quest’estate in Europa, dove nelle
prossime settimane arriveranno
milioni di turisti per la stagione
estiva e per assistere a importanti
eventi sportivi e religiosi, è stato
lanciato ieri dagli Stati Uniti. Il
dipartimento di Stato americano
ha emesso un “travel alert”, mettendo in guardia tutti i cittadini
statunitensi che si apprestano a
raggiungere il vecchio continente
per la bella stagione. «I tanti turisti che visiteranno l’Europa nei
GIOVANNI MARIA VIAN
direttore responsabile
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vicedirettore
Piero Di Domenicantonio
Servizio internazionale: [email protected]
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Gaetano Vallini
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Venezuela
piegato dalla crisi
CARACAS, 1. Sempre più pesante la
situazione in Venezuela, dove alla
grave crisi economica si aggiunge
lo scontro fra il Governo del presidente, Nicolás Maduro, e il Parlamento in mano all’opposizione.
Il segretario generale dell’O rganizzazione degli Stati americani
(Osa), Luis Almagro, ha convocato
una riunione straordinaria del Comitato permanente dell’organismo,
denunciando «continue violazioni
della Costituzione» da parte del
Governo di Maduro.
La mossa di Almagro — ex ministro degli Esteri dell’Uruguay — è
senza precedenti: è la prima volta
nella storia dell’Osa, precisano gli
analisti, che si discuterà una richiesta di attivazione della Carta democratica interamericana: richiesta,
peraltro, non presentata dal Paese
interessato. La sessione straordinaria — indicano fonti dell’Osa dalla
sede centrale di Washington — dovrebbe tenersi fra il 10 e il 20 giugno prossimi. La Carta democratica è uno strumento attraverso il
quale l’Osa può stabilire che l’alterazione o l’interruzione dell’ordine
democratico in uno dei suoi membri rappresenta un «ostacolo insuperabile» alla sua appartenenza
all’organizzazione.
In un rapporto di 132 pagine,
Almagro ha passato in rassegna
«gli abusi» del Governo di Maduro, che — si legge — interessano
«l’equilibrio fra i poteri dello Stato, il funzionamento e l’integrazione del potere giudiziario, le violazioni dei diritti umani, il procedimento per il referendum revocatorio e una mancanza di capacità di
risposta di fronte alla grave crisi
umanitaria di cui soffre il Venezuela, che compromette la piena fruizione dei diritti sociali della sua
popolazione».
Il segretario generale dell’O rganizzazione degli Stati americani
sottolinea che devono registrarsi
«cambiamenti
immediati
nelle
azioni del potere esecutivo, per evitare di cadere rapidamente in una
situazione di illegittimità».
Nel documento, inoltre, Almagro
insiste sul fatto che il Comitato
permanente dell’organizzazione deve ascoltare la testimonianza di
Henry Ramos Allup, presidente
dell’Assemblea nazionale di Caracas, in mano all’opposizione dalle
elezioni politiche dello scorso di-
cembre. L’opposizione venezuelana
sostiene di poter contare sull’appoggio di 20 Paesi dell’Osa (su un
totale di 35), ma nessuno dà per
certo il possibile risultato di un voto nel Comitato, giacché gli equilibri diplomatici regionali sono stati
fortemente perturbati dall’elezione
di Mauricio Macri, in Argentina, e
dalla sospensione della presidente
brasiliana, Dilma Rousseff, il cui
Esecutivo è stato il principale alleato locale del chavismo venezuelano
nei suoi tre lustri di Governo.
La replica del Governo venezuelano non si è fatta attendere. Jorge
Rodríguez, sindaco di Caracas e
dirigente di spicco del chavismo,
ha annunciato per oggi e sabato
prossimo una serie di mobilitazioni
contro quella che ha definito «l’ingerenza brutale e grossolana
dell’Osa e del suo segretario generale, Almagro», che Maduro ha già
denunciato come «un agente della
Cia».
Contadini colombiani
contestano le politiche di Bogotá
mesi estivi rappresentano un importante bersaglio per i terroristi»,
si legge nell’allerta viaggi, dove si
citano potenziali rischi di altri attentati, dopo quelli di Parigi e
Bruxelles, nel corso di «eventi importanti e in siti turistici». In cima
alle preoccupazioni naturalmente
ci sono i campionati europei di
calcio che dal 10 giugno al 10 luglio porteranno in Francia oltre
un milione di tifosi. Questo nonostante lo stato di emergenza tuttora in vigore dopo le stragi di Parigi del 13 novembre.
Servizio vaticano: [email protected]
Riunione straordinaria dell’Organizzazione degli Stati americani
BO GOTÁ, 1. Si è svolto ieri in Colombia il primo sciopero convocato
dal vertice agrario, contadino, etnico
e popolare contro la politica del Governo di Juan Manuel Santos. Si sono registrati diversi episodi di violenza e un contadino morto. Secondo gli organizzatori della protesta, il
contadino, poi identificato come
Willington Quibarecama Nequirucuma, sarebbe precipitato da un viadotto nei pressi di La Delfina, nella
provincia di Buenaventura, mentre
cercava di evitare un blindato della
polizia antisommossa, durante gli
Segreteria di redazione
telefono 06 698 83461, 06 698 84442
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Tipografia Vaticana
Editrice L’Osservatore Romano
don Sergio Pellini S.D.B.
direttore generale
scontri tra agenti e manifestanti. Da
parte sua Noralba Garcia Moreno,
segretaria del Governo di Valle del
Cauca — il dipartimento dove si trova Buenaventura —, ha riferito alla
stampa che l’incidente è avvenuto
mentre un gruppo di manifestanti
cercava di bloccare una strada locale. Le proteste sono state convocate
da organizzazioni contadine e indigene che accusano il Governo di
aver tradito gli impegni assunti dopo le mobilitazioni del 2014, per
«proseguire con le sue politiche neoliberali».
Tariffe di abbonamento
Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198
Europa: € 410; $ 605
Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665
America Nord, Oceania: € 500; $ 740
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Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675
Ancora tensioni
nella corsa
alla Casa Bianca
WASHINGTON, 1. Alta tensione
durante un comizio di Bernie
Sanders in California. Ieri almeno quattro persone hanno cercato di salire sul palco mentre il
candidato democratico parlava
alla folla, ma l’intervento dei
servizi segreti è stato tempestivo. I manifestanti appartenevano a un gruppo di animalisti,
anche se non è ancora chiaro il
motivo della protesta. Tuttavia,
non è la prima volta che un raduno di Sanders viene interrotto
dalle proteste. L’anno scorso, a
Seattle, alcuni manifestanti del
movimento Black Lives Matter
avevano costretto il senatore a
interrompere il suo discorso.
Nel frattempo, a una settimana dalle primarie in California,
la candidata democratica per la
nomination alla Casa Bianca,
Hillary Clinton, ha ottenuto
l’endorsement del popolare governatore Jerry Brown. In una
lettera Brown ha annunciato che
voterà per Clinton perché «è
l’unica strada per vincere la presidenza e fermare la pericolosa
candidatura di Donald Trump»,
ammonendo che per i democratici «non è il momento di continuare a combattere tra loro».
Donald Trump ha invece ricevuto il sostegno del leader della
maggioranza repubblicana al Senato, Mitch McConnell, mentre
lo speaker della Camera Paul
Ryan, il dirigente eletto più alto
in grado del Grand Old Party,
continua a tacere. McConnell si
è tuttavia rifiutato di rispondere
alla domanda se Ryan debba
dare un endorsement formale a
Trump, asserendo che «Trump
ha ottenuto la maggioranza dei
voti, dobbiamo essere rispettosi
del processo elettorale».
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giovedì 2 giugno 2016
pagina 3
Un attentato dei ribelli huthi
nella città yemenita di Aden (Ap)
Senza cibo gli abitanti rimasti intrappolati nella città irachena rischiano di essere usati dai jihadisti come scudi umani
Incubo Falluja
Opposizione siriana denuncia decine di civili uccisi nei bombardamenti a Idlib e a Raqqa
BAGHDAD, 1. Si fa sempre più concreto il rischio di una catastrofe
umanitaria a Falluja, la città irachena da alcuni giorni al centro dei
combattimenti tra l’esercito regolare
di Baghdad, supportato dalla coalizione internazionale a guida statunitense, e i jihadisti del cosiddetto
Stato islamico (Is).
Si calcola che siano almeno
50.000 gli abitanti rimasti intrappolati dalle violenze. William Spindler,
portavoce dell’Alto commissariato
dell’Onu per i rifugiati (Unhcr), ha
detto che solo 3.700 civili sono riusciti ad abbandonare Falluja nell’ultima settimana. Mentre alcuni rapporti internazionali — citati dalla
Reuters — confermano che centinaia
di famiglie sono usate come scudi
umani dai jihadisti. Lisa Grande,
numero due della missione Onu in
Iraq (Unami), ha riferito che «dai
racconti delle persone fuggite abbiamo saputo che i civili intrappolati
vengono ammassati nel centro, probabilmente con lo scopo di essere
usati come scudi umani». E non solo. La stessa Grande ha denunciato
che l’Is «usa i bambini come soldati». Chi ha lasciato la città parla di
«una popolazione terrorizzata e stremata, ridotta a mangiare l’erba», dopo che i rifornimenti di cibo e di
medicinali sono stati bloccati da un
assedio governativo che dura ormai
da nove mesi. «La gente mangia
ogni tre giorni, non c’è acqua potabile e si teme la diffusione di diverse
malattie tra cui il colera» ha proseguito la rappresentante Onu, parlando in teleconferenza con i giornalisti al Palazzo di vetro. A ciò si aggiunge il fatto che decine di civili
sono stati uccisi dai bombardamenti
nei mesi scorsi, quando ancora l’Is
controllava tutto il territorio.
Sul piano militare, la resistenza
jihadista non si piega e l’avanzata
delle truppe irachene sta conoscendo una battuta d’arresto. Ieri mattina un centinaio di miliziani dell’Is
ha impegnato a lungo le forze governative a Nuaimiya, una località a
sud di Falluja. Il comandante delle
operazioni militari, generale Abdul
Wahab Al Saedy, ha detto che 75
jihadisti sono stati uccisi, grazie an-
che alla copertura aerea della coalizione internazionale a guida statunitense. Nel pomeriggio, stando a
quanto riferiscono fonti della stampa locale, le forze governative hanno
preso il controllo di Jisr Tuffah, nella periferia sud di Falluja. Tutto
questo mentre continuano i combattimenti a Saqlawiya, 13 chilometri a
nord della città, che le forze di
Baghdad stanno cercando di riconquistare.
Intanto, anche in Siria proseguono le violenze. E nel mirino ci sono
sempre i civili. La notte scorsa — in
base a quanto riporta la Reuters —
decine di persone sono state uccise
nei bombardamenti a Idlib. Mosca,
accusata da più parti, ha decisamente negato qualsiasi responsabilità:
«La nostra aviazione non ha compiuto alcun raid nella provincia di
Idlib» ha affermato il portavoce del
ministero della Difesa, Igor Konashenkov. Nel dettaglio, sarebbero almeno 23 i morti, tra i quali sette
bambini, come riferisce l’O sservatorio nazionale per i diritti umani (organizzazione voce dell’opposizione
siriana) in quelli che definisce come
«non meno di dieci raid su Idlib».
La città è controllata dai miliziani
del Fronte Al Nusra, un gruppo
jihadista legato ad Al Qaeda.
Un altro grave episodio è stato
denunciato stamane, sempre dall’Osservatorio nazionale per i diritti
umani: quindici civili, tra i quali tre
bambini, sarebbero stati uccisi in diversi raid compiuti a sud di Manbij,
cittadina che si trova tra Aleppo e
Raqqa. L’Osservatorio ha attribuito
la responsabilità di queste azioni alla coalizione internazionale. Intanto,
un soldato statunitense è rimasto ferito ieri a nord di Raqqa, in seguito
al fuoco di artiglieria. La notizia è
stata resa nota oggi da Jeff Davis,
portavoce del Pentagono. Il soldato
non era in prima linea, ma stava addestrando i gruppi ribelli che combattono l’Is. Raqqa è considerata la
maggiore roccaforte del gruppo jihadista in territorio siriano. Il Pentagono ha dispiegato circa 200 militari
per addestrare e aiutare i gruppi ribelli siriani che lottano contro l’Is.
Tra esercito e ribelli huthi
Scontri nello Yemen
SANA’A, 1. Proseguono i violenti
combattimenti nella provincia yemenita di Chabwa, nonostante la
fragile tregua in vigore, tra le forze
lealiste del presidente Abd Rabbo
Mansour Hadi, e i ribelli huthi. Solo nelle ultime 24 ore ci sono state
38 vittime. Inoltre, i ribelli hanno
lanciato una serie di missili oltre il
confine dell’Arabia Saudita. L’esercito di Riad ha dichiarato in una
Dopo le parole di Netanyahu
Per tentare di ricucire le relazioni bilaterali
L’Onu rilancia
il piano di pace
arabo
Missione nordcoreana a Pechino
TEL AVIV, 1. Le parole del premier israeliano, Benjamin Netanyahu, che ieri ha aperto alla
possibilità di un dialogo sul piano di pace arabo del 2002, «possono aiutare a far avanzare i negoziati per raggiungere la soluzione dei due Stati per due popoli». Questo il parere espresso
ieri da Nickolay Mladenov, coordinatore speciale dell’Onu per il
Vicino e Medio oriente, che ha
sottolineato come l’intervento di
Netanyahu faccia seguito all’appello «del presidente egiziano
agli israeliani e ai palestinesi di
continuare lo storico passo verso
la pace intrapreso da Israele e
Egitto 37 anni fa».
Il Quartetto per il Medio
oriente (Onu, Stati Uniti, Russia
e Unione europea) «ha ripetutamente messo in risalto il significato e l’importanza della proposta araba» che rappresenta tra
l’altro «un’opportunità per costruire una bozza di intesa sulla
sicurezza regionale». L’iniziativa
araba prevede il ritiro di Israele
dai territori occupati nel 1967 offrendo in cambio la fine del conflitto e la normalizzazione dei
rapporti.
Critiche alle dichiarazioni di
Netanyahu sono venute invece
dal capo negoziatore palestinese
Saeb Erekat.
PECHINO, 1. La Corea del Nord ha
fallito anche il quarto test dei suoi
Musudan, i missili a medio raggio
capaci di raggiungere ogni target in
Corea del Sud e Giappone. Eppure
la sorpresa, della giornata di ieri,
non è stata l’ennesima provocazione
di Pyongyang in violazione alla lunga lista di risoluzioni dell’Onu, ma
l’arrivo a Pechino della missione di-
tempi degli studi giovanili in Svizzera, di gestore dei conti della famiglia
Kim negli anni Novanta da ambasciatore a Berna e degli incarichi di
prestigio come rappresentante nordcoreano all’Onu a New York e a
Ginevra. Insomma, Ri Su Yong è un
diplomatico — come osserva un’autorevole fonte vicina alle questioni
coreane — quanto mai necessario a
Il leader nordcoreano Kim Jong Un in un impianto militare (Reuters)
Aumentano
i profughi interni afghani
KABUL, 1. Il numero dei profughi
interni è cresciuto in Afghanistan in
modo allarmante negli ultimi tre
anni, passando dai 500.000 del 2013
agli attuali 1,2 milioni. È quanto
emerge da un nuovo rapporto diffuso ieri a Kabul da Amnesty International, secondo cui «questi profughi vivono tutti pericolosamente al
limite della sopravvivenza». Nel
rapporto si ricorda fra l’altro che i
2,6 milioni di afghani fuggiti
all’estero formano già una delle più
numerose popolazioni di profughi
nel mondo. Intitolato «I miei bambini moriranno il prossimo inverno:
La promessa non rispettata dell’Afghanistan per i profughi», il documento esplora con dovizia di particolari «il mondo delle centinaia di
migliaia di persone che a causa del
conflitto interno sono state costrette
ad abbandonare le loro case» per
trasferirsi altrove nel Paese.
plomatica d’alto profilo con Ri Su
Yong, componente del politburo del
comitato centrale del Partito dei lavoratori.
Ri Su Yong, 76 anni, ex ministro
degli Esteri da aprile 2014 a maggio
2016, è entrato nel politburo al recente congresso del Partito, il primo
degli ultimi 36 anni, forte del ruolo
di tutore del leader Kim Jong Un ai
«Anche se l’attenzione del mondo sembra essersi allontanata
dall’Afghanistan — ha dichiarato al
riguardo Champa Patel, direttore di
Amnesty per l’Asia meridionale —
stiamo rischiando di dimenticarci
l’emergenza di quanti sono stati pesantemente penalizzati dal conflitto». I profughi afghani «continuano a mancare di adeguate protezioni, di cibo, acqua, cure mediche e
di opportunità di poter usufruire di
istruzione e posti di lavoro».
D’altra parte, mentre infuria in
questi giorni la battaglia nella provincia meridionale di Helmand —
nota per la redditizia coltivazione
di papaveri da oppio — i talebani
hanno intensificato la loro offensiva
in tutto il Paese e l’esercito di Kabul, lasciato solo dall’ampio ritiro
delle forze della coalizione internazionale, fatica sempre più a contrastare gli attacchi degli insorti.
trattare l’attuale fase delicata. Il tentativo di riallacciare i rapporti con
Pechino, tesi dopo il test nucleare di
gennaio e il lancio del razzo di febbraio, appare obbligato per una via
d’uscita.
L’inviato nordcoreano ha incontrato a Pechino Song Tao, a capo
del dipartimento internazionale del
comitato centrale del Partito comunista cinese. Le parti hanno concordato di rafforzare i rapporti: dal breve comunicato, emergono l’intesa sul
«rafforzamento degli scambi e della
cooperazione tra i due partiti» e
l’impegno al lavoro congiunto sulla
«promozione di pace e stabilità regionale». Sull’inattesa visita di Ri
Su Yong, la portavoce del ministro
degli Esteri cinese, Hua Chunying,
ha affermato che la Corea del Nord
è un Paese vicino con cui «speriamo
di sviluppare normali e amichevoli
relazioni di cooperazione». Sul test
balistico, ha aggiunto la portavoce,
«valutando la complessità e la sensibilità della penisola coreana, tutte le
parti coinvolte dovrebbero evitare
azioni che alimentino le tensioni».
Dal canto suo, il portavoce della
Casa Bianca, Josh Ernest, ha detto
che «gli Stati Uniti condannano con
forza il test della Corea del Nord» e
chiedono a Pyongyang di «astenersi
da azioni, compreso questo fallito
test missilistico, che sollevano ulteriori tensioni nella regione e di concentrarsi invece sui passi concreti da
prendere verso il rispetto dei propri
impegni internazionali».
Cooperazione nella lotta al terrorismo
Tripoli chiede il sostegno di Mosca
TRIPOLI, 1. Il ministro della Difesa
del Governo di accordo nazionale
libico, Mahdi Al Barghouti, ha ricevuto ieri Ivan Molotkov, il capo della missione russa in Libia che si è
trasferita a Tunisi dall’estate del
2014. Secondo quanto riferisce il sito informativo libico Al Wasat, i
due hanno discusso della cooperazione militare tra Libia e Russia.
In particolare Al Barghouthi ha
chiesto aiuto per l’assistenza militare
all’esercito libico fedele a Tripoli,
composto in buona parte dalle milizie di Misurata e sostegno nella formazione e addestramento del personale. Il diplomatico russo ha affermato che «Mosca è pronta a dare il
suo appoggio per la stabilità in Libia aiutando le forze armate a combattere il terrorismo». Molotkov è
stato ricevuto anche da Fayez Al
Sarraj, il premier designato del Go-
verno di accordo nazionale, al quale
ha detto che però per la Russia non
può esserci un Governo di unità nazionale legittimo in Libia finché
non avrà ricevuto l’approvazione del
Parlamento di Tobruk.
Il Governo di accordo nazionale
libico del premier Al Sarraj nel frattempo ha ricevuto il sostegno ufficiale della Lega araba, dopo l’appoggio garantito dall’Onu e dai
Paesi occidentali. Ora il Governo
insediato a Tripoli dal 30 marzo
scorso rappresenta a tutti gli effetti
la Libia all’interno del consesso
panarabo. Nel corso della riunione
dei ministri degli Esteri dei Paesi
della Lega araba, che si è tenuta nel
fine settimana scorso al Cairo, il ministro degli Esteri di Tripoli,
Mohammed Taher Siala, ha ottenuto il seggio che spetta al suo Paese
come nuovo rappresentante della
Libia, così come è stato dato il via
libera per la nomina del nuovo ambasciatore di Tripoli presso l’istituzione panaraba.
Ma il presidente del Parlamento
di Tobruk, Aguila Saleh, ha definito
«inaccettabile» il riconoscimento ottenuto dal Governo di Al Sarraj da
parte della Lega araba. Parlando nel
corso di una seduta della Camera
dei rappresentanti di Tobruk, Saleh
ha ribadito che «prima di essere riconosciuto il Governo deve assumere i poteri e non può farlo senza il
voto di fiducia del Parlamento. Per
questo il Governo transitorio in carica del premier Al Thani (non riconosciuto però dalla comunità internazionale che appoggia il premier
Al Sarraj) ha presentato appello
contro la decisione della Lega araba» di affidare al Governo di Tripoli il seggio che spetta alla Libia.
nota che diversi ordigni sono caduti
nell’area al confine con lo Yemen,
senza causare feriti né danni materiali. Il conflitto in corso da oltre
due anni tra i ribelli e le truppe lealiste, ha causato finora oltre 6.400
morti. I jihadisti di Al Qaeda e del
cosiddetto Stato islamico (Is) ne
hanno approfittato per rafforzare la
loro presenza soprattutto nel sud
del Paese arabo.
Riunione
dell’Opec
a Vienna
VIENNA, 1. L’Organizzazione dei
Paesi esportatori di petrolio
(Opec) si riunirà domani a Vienna, ma in pochi si aspettano che
l’incontro porti grandi novità, come un’azione coordinata per il taglio della produzione, invocata da
tanti. I fari sono puntati sull’evento soprattutto per un altro motivo:
sarà la prima riunione dell’organizzazione a cui partecipa il nuovo ministro saudita del Petrolio,
Khalid Al Falih. Il ruolo dei ministri di Riad, principale produttore
del gruppo Opec, è sempre stato
determinante per gli equilibri
dell’organizzazione, ma questa
volta sarà diverso dal solito. Al
contrario dei suoi predecessori, Al
Falih — che all’inizio di maggio
ha sostituito Ali Al Naimi, responsabile per 21 anni delle politiche
petrolifere del regno — è ministro
non solo del Petrolio, ma anche
dell’Energia, dell’Industria e delle
Risorse minerarie. Se il ruolo dei
ministri venuti prima di lui era soprattutto quello di dirigere le
mosse dell’Opec e quindi indirizzare il mercato mondiale del petrolio, quello di Al Falih sarà invece soprattutto quello di ridisegnare la politica energetica nazionale.
D all’Arabia Saudita è emerso il
chiaro messaggio che non ci sarà
un taglio della produzione di
greggio se non vi aderirà anche
l’Iran, appena liberato dalla morsa
delle sanzioni internazionali.
Tensione
con i salafiti
in Tunisia
TUNISI, 1. Il partito salafita tunisino, Hizb Ut Tahrir, dopo la notifica del divieto di tenere il congresso annuale il prossimo 4 giugno da parte del ministero dell’Interno per motivi di sicurezza, sfida le autorità e annuncia che sabato prossimo terrà lo stesso l’incontro anche senza autorizzazioni.
Lo ha detto ieri un portavoce del
partito, Imededdine Haddouk,
specificando che il raduno non
costituirà alcun pericolo per l’ordine pubblico. Il Partito salafita
della liberazione, regolarmente autorizzato dalle autorità tunisine
nel luglio 2012, paladino dell’ortodossia islamica, ha incontrato in
passato diversi problemi con la
legge proprio per via delle sue note posizioni estremiste, quali il rifiuto della democrazia.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 4
giovedì 2 giugno 2016
Chiesa della Resurrezione di Gesù a Milano
Luoghi di culto visti da fuori
Le chiese parlano
di ENZO BIANCHI
esù applica ai discepoli che
vivono le beatitudini da lui
consegnate due immagini
in contrasto, in opposizione
tra loro. Da una parte, il
sale della terra che scompare nel cibo,
anzi svolge la sua funzione proprio
scomparendo e dando sapore, ma che se
perde la sua capacità di salare non serve
più a nulla, può solo essere gettato via e
calpestato dagli uomini. Dall’altra, la città collocata su un monte, che è visibile
anche da lontano; allo stesso modo, la
luce si fa vedere, proprio perché brilla, fa
G
Convegno a Bose
Dal 2 al 4 giugno si svolge a Bose il XIV convegno
liturgico internazionale sul tema «Viste da fuori.
L’esterno delle chiese». All’incontro intervengono, tra
gli altri, il vescovo Nunzio Galantino, segretario
generale della Conferenza episcopale italiana, Dario
Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria per la
comunicazione, Antonio Paolucci, direttore dei Musei
vaticani, Paolo Portoghesi, Cino Zucchi. Anticipiamo
stralci dalla prolusione del priore di Bose.
luce: questa è la sua ragion d’essere e per
questo la lampada è posta sul candelabro
e non coperta dal moggio, se non per essere spenta.
C’è dunque una chiara polarità nelle
immagini attraverso le quali Gesù legge
la realtà dei discepoli, della sua comunità
e quindi della chiesa: la polarità tra nascondimento e manifestazione-visibilità.
Queste due opposte metafore sono sempre state invocate dai cristiani, ora l’una
ora l’altra, come immagini per esprimere
la loro presenza nel mondo, e di fatto
nelle diverse aree culturali e nei diversi
tempi della storia le chiese hanno dato
vita a realizzazioni conseguenti a esse nel
collocarsi dei cristiani nella compagnia
degli uomini.
Questa polarità, questa tensione è di
ordine teologico-spirituale, e occorrerebbe
una seria e profonda meditazione in merito da parte del popolo di Dio, non solo
di qualche teologo. In ogni caso, mi sembra di poter affermare che queste due opzioni, quando non le si lascia in feconda
tensione ma le si afferma l’una contro
l’altra, danno origine a posizioni ideologiche e provocano o rafforzano l’antagonismo tra chiesa e società; oppure, al contrario, chiedono un dissolvimento della
presenza cristiana nel mondo. Mantenere
tale tensione e non porre in alternativa le
due esigenze non è facile; la storia lo dimostra, mediante l’eccessiva oscillazione
tra stagioni di ossessione della visibilità,
dello “spettacolare”, per farsi vedere dagli
altri, e stagioni di ricerca spasmodica di
nascondimento, all’insegna del non apparire o addirittura dello “sparire”.
Certamente la mia generazione postconciliare è stata segnata da questa tensione: da un lato la crisi post-conciliare
della chiesa l’aveva resa afona, timida e,
in reazione a un’epoca di restaurazione
della cristianità, a volte ripiegata su di sé
e muta. A questa linea ben presto si è
contrapposta, in una crescita continua fino alla stagione di Papa Francesco, quella di un’ansia di presenza efficace nella
società, fino alla ricerca del potere «per il
bene della chiesa», fino a fare della visibilità lo scopo della militanza cattolica.
Nello stesso tempo, non si dimentichi il
sorgere di “spiritualità” serie, anch’esse
debitrici della storia, che propugnavano
il nascondimento ispirandosi alla vita
quotidiana nascosta di Gesù a Nazaret,
scegliendo di conseguenza la marginalità,
la povertà di mezzi e rifiutando in modo
testardo ogni logica di visibilità (si pensi
a Charles de Foucauld, ai piccoli fratelli
e alle piccole sorelle). La scristianizzazione della società, letta come reazione alla
cristianità trionfante e dominatrice, richiedeva un’astinenza da molti segni visibili, il vivere “come loro” — secondo il titolo di un celebre libro di René Voillau-
me — dove “loro” sta per i poveri quotidiani delle nostre periferie.
Queste considerazioni vogliono essere
una breve introduzione ai lavori del nostro XIV convegno liturgico internazionale, dove non è la ricerca teologica che
prevale, eppure deve essere presente, perché una chiesa-edificio deve sempre rispondere all’ecclesiologia di chi la abita
come luogo di assemblea. Dobbiamo affermare senza paura che la chiesa oggi è
plurale, che in essa a buon diritto coesistono diverse ecclesiologie e spiritualità
alle quali si ispirerà la costruzione delle
chiese-edifici, nella consapevolezza che
esse “parlano”, sono eloquenti, dicono
chi è la chiesa, raccontano come la chiesa
si pensa, testimoniano il modo e lo stile
della sua collocazione nella società, tra le
donne e gli uomini. Chi passa accanto
alla basilica del Sacré-Cœur a Parigi, vede una chiesa che ha una parola specifica; chi invece passa in rue de Sèvres, si
accorge appena di una piccola scritta che
segnala la presenza dentro un palazzo di
una chiesa dei gesuiti, l’église Saint Ignace. Allo stesso modo, una chiesa monastica non può essere percepita, anche dal
di fuori, come una chiesa parrocchiale.
Per esempio, la straordinaria chiesa cistercense del Thoronet, una delle cosid-
dette tre “sorelle provenzali”, in-segna
addirittura per la mancanza del portale e
per la presenza di una porta laterale.
In ogni caso, non si dimentichi il messaggio del Vangelo, con le immagini del
sale che si nasconde e della città, della
luce che sono visibili. Oggi abitiamo nella società della spettacolarizzazione e potremmo essere tentati di entrare in concorrenza con essa, confidando nella visi-
Abitando nella società
della spettacolarizzazione
si corre il rischio di accettare
il primato dell’apparire
bilità della chiesa e di fatto accettando il
primato dell’apparire; nello stesso tempo
— anche se pare una contraddizione — assistiamo a un atteggiamento individuale
improntato alla tentazione di scomparire.
Nella sua recente opera Disparaître de soi
(Paris, Métailié, 2015), David Le Breton
denuncia questa “tentazione contemporanea” (sottotitolo del libro), questa passione dell’assenza, che nega ogni segno di
identità e ha paura dell’essere riconosciuti. Nel suo La discrétion (Paris, Autrement, 2013; traduzione italiana, L’arte
dello scomparire, Milano, Il Saggiatore
2015), Pierre Zaoui traccia una via che dichiara invenzione monoteista la discrezione, la quale è altra cosa dall’arte dello
scomparire, come invece sembra trasparire dal titolo italiano (sottotitolo in francese). Davvero non è facile per i cristiani
oggi, nell’incertezza sul domani delle loro chiese, non cadere preda delle opposte
tentazioni della visibilità spettacolarizzata
e “minacciosa” — che nasce sempre dal
risentimento, dalla paura — o del nascondimento rinunciatario e impersonale.
Le chiese che vengono costruite, viste
da fuori, devono essere evangelizzatrici
nel senso che devono essere “buona notizia”, non notizia che si impone, non luce
che abbaglia, non nascondimento o mescolamento insignificante. Le parole di
Gesù che ho scelto come filo rosso di
questa prolusione possono ispirarci e richiamarci a una forma che sia quella assunta nell’incarnazione dalla Parola di
Dio. Questo è il Vangelo che innanzitutto va vissuto da uomini e donne, ma anche narrato dalle nostre chiese, quando
sono viste da fuori.
Tre cd per guardare al mondo
Il musicista dentro al cardinale
di MARCELLO FILOTEI
a musica è prima di tutto un
modo di guardare al mondo.
Una delle prime cose che si impara aprendo uno spartito è che
l’autore ha fatto del suo meglio
per lasciarci qualcosa che ci riguarda direttamente: come genere umano e come
persone singole. Confrontarsi con lui significa indagarne il pensiero cercando di
scoprire perché ha sentito la necessità di
mettere nero su bianco le sue idee affidandole al foglio che abbiamo davanti. Se si
vuole suonare davvero, e non limitarsi a
mettere le note una dopo l’altra, prima bisogna avere una visione dell’esistenza, poi
studiare la tecnica, infine cercare di mettere assieme le due cose.
Lo sguardo del cardinale Lorenzo Baldisseri sulla vita e sui popoli che ha conosciuto in giro per il mondo è asciutto,
L
compassionevole, ma non melenso. L’uomo sa bene in cosa crede, sa quello che
vuole e ha un’idea precisa su come realizzarlo. Il musicista non potrebbe essere diverso, o non sarebbe un musicista. Nei tre
cd che ha collezionato negli ultimi dieci
anni di attività pianistica c’è un filo rosso
evidente: sentimento sì, sentimentalismo
no. L’attività di nunzio apostolico in Paesi
come Haiti, Paraguay, India, Nepal e Brasile gli ha insegnato, tra l’altro, che in situazioni difficili si deve dare una speranza
e un pezzo di pane. Nessuna delle due cose basta da sola. E lo stesso succede con
l’arte e nello specifico con la musica. Non
sorprende, quindi, che il primo dei tre cd
sia aperto dal Preludio della Bachianas
Brasileiras numero 4 di Heitor Villa-Lobos,
in cui il compositore di Rio de Janeiro tra
il 1930 e il 1945 tiene assieme la musica
popolare del suo Paese, il pane quotidiano, e lo stile rigoroso di Bach, la speranza
Carriera parallela
Sarà presentato il 30 giugno a Roma e in luglio
a Londra un cofanetto edito dalla Libreria Editrice Vaticana contenente tre cd musicali che
propongono registrazioni di esecuzioni pianistiche realizzate dal cardinale Lorenzo Baldisseri,
segretario generale del Sinodo dei vescovi. Pubblichiamo le note di presentazione contenute nel
cofanetto interamente dedicato al porporato, nato a Barga, in provincia di Lucca. Baldisseri è
dottore in Diritto Canonico e Licenziato in Teologia Dogmatica. Limpida “voce bianca”, della
quale esistono incisioni, è stato alunno di canto
del maestro Amedeo Salvini (Pisa). È baccelliere
in Canto Gregoriano presso il Pontificio Istituto
di Musica Sacra (Pims). Si è formato in pianoforte, senza arrivare al diploma, con i maestri:
Enzo Borlenghi (Istituto Musicale Luigi Boccherini, Lucca), Bruno Aprea (Pims), Vitória Alfaro (Paraguay) e, in Brasile, con Beatriz Salles,
a Brasilia, e con il direttore di Orchestra João
Carlos Martins, a São Paulo. Ha inciso cd, dvd
e ha dato concerti in Brasile, Portogallo e Italia.
perenne. Rigore e slancio lirico: forse è un
caso, ma è un segnale forte. E poi forse il
caso non esiste.
Il primo florilegio pianistico, inciso nel
2007, va avanti proponendo autori noti e
altri meno conosciuti come Michal Kleofàs
Oginski, uomo politico e compositore polacco vissuto tra la metà del 1700 e i primi
decenni del 1800, morto a Firenze dove si
era ritirato dopo varie vicissitudini. E proprio nell’interpretazione della sua Polacca
numero 13 in la minore, che porta il sottotitolo «congedo dalla Patria», comincia a
sentirsi un po’ di nostalgia. È quella malinconia sottile di chi sta lontano dalle proprie
origini, in un posto che ama, di cui condivide molto, che tenta di fare proprio, ma
che non è casa sua. L’intero primo cd appare come una sorta di viaggio continuo. A
partire dai due estratti dalla Suite española
di Isaac Albéniz, Granada e Asturias, pensati proprio per descrivere le diverse regioni
iberiche e i rispettivi stili musicali. E accanto agli slanci spagnoleggianti, per contrasto,
appaiono le riflessive Gnossienne, di Erik Satie, la prima e la quarta, dove la stessa assenza di indicazioni di tempo metronomico lascia all’esecutore grande libertà. Baldisseri se
la prende tutta, restituendo un andamento
quasi ieratico, una direzionalità precisa lasciando però le melodie completamente sospese. Tutto viene da lontano, ma parla a
noi, a uno per uno. Quelle note che fluttuano senza trovare un punto d’approdo forse
siamo proprio noi, farfalle che non trovano
un luogo dove posarsi. Satie è così: quando
inizia sembra non ti riguardi, poi però più
va avanti più ti legge dentro, e quando provi
a fermarlo è troppo tardi. Il cd si conclude
con un pezzo di Vittorio Monti, musicista
napoletano giramondo diventato famoso per
la sua Csárdás, una rapsodia nello stile ungherese che porta lo stesso nome, della quale
l’esecutore sottolinea più l’introduzione lenta
e patetica che la continuazione selvaggia e
sfrenata, come invece avviene di solito.
Nel secondo cd, pubblicato nel 2011, il
pensiero diventa più asciutto, affilato. Il
percorso appare chiaro: più si toglie meglio è. Asciugare significa andare al senso
profondo del testo musicale. Si passa attraverso Puccini, Mozart, Liszt e Debussy,
ma una cartina di tornasole del cambiamento è il ritorno alla Bachianas Brasileiras numero 4 di Heitor Villa-Lobos, questa
volta non il Preludio ma l’Aria, il terzo
dei quattro movimenti. Qui la distanza
temporale è evidente, il suono si è fatto
più essenziale, il fraseggio più lineare, il
superfluo è bandito. Nessuna concessione
al facile ascolto. Senso della misura.
La lettura sobria prosegue anche nei tre
brani chopiniani che chiudono la raccolta,
e non era facile. Se c’è una cosa facile, infatti, è rendere Chopin melenso, specialmente quando si affrontano lavori molto
conosciuti come il Notturno opera 9 numero
2. Lo stesso autore lo eseguiva spesso con
continui interventi sugli abbellimenti, per
questo oggi ne abbiamo più di dieci versioni. Volendo si potrebbe esagerare con
l’andamento sognante, appoggiandolo
mollemente sul morbido incedere del basso. Baldisseri, invece, lavora sull’aspetto
intimo, sulla fitta trama di cambiamenti
minimi che si rincorrono senza soluzioni
di continuità. Punta all’essenza. Una scelta chiara.
Sulla stessa direttrice si muove l’ultima
raccolta, registrata nel 2012 e pubblicata
nel 2015. Sono trascorsi alcuni anni dalle
prime due e si sente. L’esperienza non
passa invano tra le dita di un pianista. La
vita non passa invano tra le pieghe delle
musica. E quello che cambia non sono le
capacità tecniche, ma piuttosto la maniera
di guardare alle cose. Qui, accanto agli
amati Mozart, Debussy e Chopin, compaiono per la prima volta due compositori
che tra loro non potrebbero essere più
lontani: Astor Piazzolla e Johann Sebastian Bach. Da una parte la malinconia,
Se si vuole suonare davvero e non limitarsi
a mettere le note una dopo l’altra
prima bisogna avere una visione dell’esistenza
poi studiare la tecnica
infine cercare di mettere assieme le due cose
dall’altra la solida certezza nel futuro. In
Adios Nonino Piazzolla rivolge lo sguardo
verso l’orizzonte, in direzione di un luogo
che forse non esiste, dove c’è ancora qualcosa o qualcuno che abbiamo amato e che
abbiamo perso per sempre. Baldisseri rispetta il dolore, ma lo affronta con occhi
asciutti: non è il caso di piangere, la vita è
fatta così. Da parte sua Bach, finora solo
evocato da Villa-Lobos, con la Cantata
147 apre a una speranza nuova: un futuro
migliore è certo, ma non aspettiamoci che
arrivi senza sforzo. Il cerchio si chiude
con un Rachmaninov giovanile, il Preludio
opera 3 numero 2 che l’autore eseguì nel
1892 in quello che considerò poi il suo debutto come pianista. Sessantadue battute
di estrema difficoltà tecnica, attraverso le
quali Baldisseri si muove senza mai smettere di «cantare», di sottolineare l’aspetto
lirico, soprattutto dove è più arduo:
nell’agitato centrale. La visione del cardinale sembra chiara: salvarsi è possibile, ma
è faticoso. Il musicista non poteva essere
diverso, o non sarebbe stato un musicista.
L’OSSERVATORE ROMANO
giovedì 2 giugno 2016
pagina 5
La solennità del Sacro Cuore di Gesù
Fonte di misericordia
di MARIA BARBAGALLO
Risuonavano drammatiche le parole di Leone XIII quando, il 25
maggio 1899, proponeva al mondo cristiano la consacrazione
dell’umanità al Sacro Cuore di
Gesù. Nella lettera enciclica Annum sacrum, Leone XIII diceva:
«In questi ultimi tempi si è fatto
di tutto per innalzare un muro di
divisione tra la chiesa e la società
civile. Nelle costituzioni e nel governo degli stati, non si tiene in
alcun conto l’autorità del diritto
sacro e divino, nell’intento di
escludere ogni influsso della reli-
gione nella convivenza civile. In
tal modo si intende strappare la
fede in Cristo e, se fosse possibile, bandire lo stesso Dio dalla terra. Con tanta orgogliosa tracotanza di animi, c’è forse da meravigliarsi che gran parte dell’umanità sia stata travolta da tale disordine e sia in preda a tanto grave
turbamento da non lasciare vivere
più nessuno senza timori e pericoli?».
Papa Leone parlava di una
consacrazione personale, oltre che
mondiale, sostenendo che il Sacro Cuore di Gesù era l’unico rimedio ai mali dell’umanità: «Solo
così potremo sanare tante ferite.
Solo allora il diritto potrà riacquistare l’autentica autorità; solo
così tornerà a risplendere la pace,
cadranno le spade e sfuggiranno
di mano le armi. Ma ciò avverrà
solo se tutti gli uomini riconosceranno liberamente il potere di
Cristo e a lui si sottometteranno;
e ogni lingua proclamerà “che
Gesù Cristo è il Signore, a gloria
di Dio Padre”».
Il secolo che stava per iniziare,
infatti, si presentava carico di incognite drammatiche, che diventarono certezze disastrose. La
consacrazione dell’umanità al Sa-
cro Cuore di Gesù ne aveva rafforzato la devozione e il culto:
continuavano a sorgere congregazioni religiose, associazioni, sodalizi, confraternite, chiese e parrocchie intitolate al Sacro Cuore.
Larga diffusione aveva avuto la
consacrazione delle parrocchie e
quella delle famiglie, al punto
che ancora oggi in ogni parrocchia c’è un’immagine o una statua del Sacro Cuore e in molte
case è visibile ancora il quadro
del Sacro Cuore di Gesù con il
lumino acceso. Era la speranza rivelata nella seconda e terza promessa del Sacro Cuore a santa
Margherita
Maria
Alacoque:
«Metterò pace nelle loro famiglie,
li consolerò in tutte le loro pene». In America Latina e perfino
in Africa, nelle capanne più umili
si vede spesso — tra le immagini
di devozione — quella del Sacro
Cuore.
Non c’è dubbio che durante le
due guerre mondiali e le numerose guerre civili, le calamità naturali, i disastri di ogni genere, le
congregazioni intitolate al Sacro
Cuore, sorte alla fine dell’O ttocento, abbiano svolto un ruolo di
consolazione straordinariamente
efficace. Quelle congregazioni
femminili e maschili, come del resto molte altre, con la loro spiritualità scaturita dall’amore e dalla
misericordia del Cuore di Gesù,
con la preghiera, le opere di misericordia spirituale e corporale,
operarono quella riparazione preventiva, attiva e curativa che si
esprimeva in un bene operoso in
favore della vita dei più emarginati contro il male che distruggeva tutto. Incalzava Leone XIII:
«Le tenebre hanno oscurato le
menti? È necessario dissiparle
con lo splendore della verità. La
morte ha trionfato? Bisogna attaccarsi alla vita» (Annum sacrum). E auspicava che «tale consacrazione ci fa anche sperare per
i popoli un’era migliore; può infatti stabilire o rinsaldare quei
vincoli, che, per legge di natura,
uniscono le nazioni a Dio». Ma
ancora più importante è il contributo alla santità della vita che
hanno dato alla Chiesa tanti laici,
religiosi e religiose la cui vita si è
ispirata all’amore del Cuore di
Gesù. Mi sorprende sempre vedere come i più recenti decreti di
eroicità delle virtù o di beatificazione e santificazione riguardino
persone direttamente o indirettamente legate al culto del Sacro
Cuore.
Inoltre, come non riconoscere
il contributo alla mistica cristiana
di tante sante le cui rivelazioni
sono ricche di fiduciosi messaggi
per l’umanità. Leggendo le rivelazioni di santa Geltrude la Grande, sono stata colpita in particolare da una. La santa vide in visione san Giovanni (capitolo IV
delle Rivelazioni) e gli fece varie
domande su quello che aveva
detto di Gesù: «Come mai dunque, nel Vangelo, hai lasciato solo intravvedere i segreti amorosi
del Cuore di Cristo, celando sotto silenzio quello che pure avrebbe servito per il profitto delle
anime?». Rispose egli: «Il mio
ministero, in quei primi tempi
della Chiesa, doveva limitarsi a
dire sul Verbo divino, Figlio eterno del Padre, poche altissime parole che l’intelligenza umana potesse sempre meditare, senza mai
esaurirne la ricchezza; agli ultimi
tempi era riservata la grazia di
sentire la dolce eloquenza dei
battiti del Cuore di Gesù. A questa intuizione suprema il mondo
invecchiato ringiovanirà, si scuoterà dal torpore e verrà infiammato dal fuoco del divino amore ».
La spiritualità del Sacro Cuore
può contribuire al ringiovanimento spirituale della nostra fede auspicato anche da Papa Francesco.
È passato più di un secolo dalla
consacrazione al Sacro Cuore
proposta da Leone XIII e oggi
siamo coinvolti da Papa Francesco, dai suoi drammatici interrogativi. Il Papa ha rivelato il suo
sogno per l’Europa, un sogno che
si può estendere al mondo intero,
un sogno che è quello del Cuore
di Gesù che è venuto a dare la vita in abbondanza e che ha detto:
venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi darò ristoro. Un sogno realizzabile solo
se il Vangelo riprende un posto
giusto nella vita delle nazioni.
Sarebbe davvero opportuno, anche per l’evangelizzazione, riprendere il culto al Sacro Cuore,
fonte di misericordia. Un esempio: qualche anno fa alcune suore
vennero inviate presso una delle
periferie di Palermo per la pastorale parrocchiale. Trovarono un
ambiente ostile e difficile: molte
famiglie avevano membri agli arresti domiciliari, i giovani del
quartiere andavano in parrocchia
solo per fare dispetti, rubare le
elemosine, mettere il sale nel vino
preparato per la messa, scarabocchiare in modo osceno i muri
della chiesa, distruggere quello
che trovavano e cose del genere.
C’era da scoraggiarsi, ma alle
suore venne l’ispirazione di promuovere il culto e la spiritualità
del Sacro Cuore. Dopo poco
tempo, le cose iniziarono a cambiare. Crebbe la fiducia nella parrocchia, l’oratorio cominciò a essere frequentato con più rispetto,
le famiglie accolsero la presenza
delle religiose.
L’anno del Giubileo della misericordia è in sintonia con questo progetto, come dice Papa
Francesco nella bolla di indizione: «I segni che compie, soprattutto nei confronti dei peccatori,
delle persone povere, escluse, malate e sofferenti, sono all’insegna
della misericordia. Tutto in Lui
parla di misericordia. Nulla in
Lui è privo di compassione».
Questo è il Sacro Cuore di Gesù.
Vent’anni dopo la guerra congolesi e ruandesi insieme per il giubileo
Finalmente
una frontiera di pace
da Bukavu
JUSTIN NKUNZI*
Alle 8 del mattino del 18 maggio,
l’arcivescovo di Bukavu, FrançoisXavier Maroy Rusengo, ha percorso l’ultimo tratto del pendio che
conduce alla frontiera tra la Repubblica Democratica del Congo e il
Rwanda, chiamata “Ruzizi 1”. Là, il
fiume Ruzizi lascia il lago Kivu e
comincia la sua discesa verso la pianura, creando un confine naturale
tra i due Paesi e, nel suo ultimo
tratto, tra il Burundi e la Repubblica Democratica del Congo.
Accompagnato dai suoi collaboratori, il presule è arrivato proprio
davanti al ponte che separa i due
Paesi. «Perché ci sia la pace — ha
sussurrato — occorre essere cristiani,
non dico battezzati, ma cristiani».
Lungo la via si erano radunati numerosi cristiani, congolesi e ruandesi, soprattutto donne, che avevano
già varcato il confine. Il clima era
di gioia, l’abito quello della festa.
La maggior parte delle donne
ruandesi portava un nastro bianco
tra i capelli, mentre le donne congolesi i loro fazzoletti colorati. I
membri dei gruppi ecclesiali indossavano le loro insegne. I funzionari
della dogana, partecipando a
quell’insolito clima, lasciavano scendere le persone fino al ponte.
D all’altro lato della frontiera, si osservava un nutrito gruppo di persone in coda davanti agli uffici, in attesa del lasciapassare.
Monsignor Jean Damascène Bimenyimana, vescovo di Cyangugu,
la città ruandese di frontiera vicina
a quella congolese di Bukavu, ha
attraversato il ponte, indossando,
come l’arcivescovo, l’abito bianco.
Quando i due presuli si sono abbracciati, tutt’intorno applausi e
grida di gioia. Più che la festa, a regnare è stata l’emozione.
A Parigi l’omaggio ai sette monaci di Tibhirine assassinati nel 1996
Da un giardino all’altro
da Parigi
CHARLES
DE
PECHPEYROU
La voce dei monaci di Tibhirine
non si è spenta nella primavera del
1996. Ancora oggi si leva per rivolgere «un appello a tutta l’umanità»:
quello di «scommettere su una presenza fraterna, dove uomini e donne
possono amarsi al di là delle differenze di religione e di cultura». È
con queste parole che monsignor
Éric de Moulins-Beaufort, vescovo
ausiliare di Parigi, ha reso omaggio
ai trappisti che vivevano nel monastero di Notre Dame de l’Atlas, in
Algeria, venti anni dopo che le teste
di sette di loro furono ritrovate tra
la neve, nelle vicinanze di Medea.
Era il 30 aprile 1996.
Il presule le ha pronunciate in occasione dell’inaugurazione, a Parigi,
di un giardino pubblico che porta il
nome dei monaci assassinati. Ai
piedi della chiesa di Saint-Ambroise
erano presenti autorità civili e rappresentanti di diverse religioni. In
effetti, quale simbolo migliore di
uno scrigno di verde, nel cuore della
capitale francese, ancora provata dai
recenti attentati per onorare la
memoria di questi uomini che avevano fatto la scelta di vivere in un
luogo che, in lingua berbera, significa proprio “giardino”. I monaci, ha
aggiunto il vescovo, hanno voluto
«scommettere che una presenza
cristiana incarnata da francesi — il
che è significativo — era possibile
nell’Algeria divenuta padrona del
proprio destino e abitata principalmente da musulmani. I nostri
fratelli hanno voluto vivere l’avventura monastica cristiana in un Paese
musulmano, non per essere lì la
traccia di una civiltà distrutta o
l’avanguardia di una vagheggiata
riconquista, ma la promessa di un
incontro tra gli uomini e le religioni
che fosse diverso da rapporti di
dominio, di gelosia o di sfiducia
reciproci».
È proprio perché i fratelli Bruno,
Célestin,
Christian,
Christophe,
Luc, Michel e Paul hanno voluto
«vivere tutto ciò nell’umile dipendenza da Gesù, esaminando sempre
il loro comportamento e la loro scelta alla luce di Gesù, che un giorno
sono stati rapiti e messi a morte»,
ha sottolineato il presule. Pertanto,
«quanto è accaduto nel 1996 — se li
si vuole ricordare, occorre esserne
convinti — non è un fallimento ma
una promessa».
Una nutrita folla ha preso parte
all’inaugurazione, in momenti diversi. Poco prima della scopertura della
targa commemorativa nel giardino,
nella chiesa di Saint-Ambroise è stata celebrata l’Eucaristia. Tra i partecipanti, l’arcivescovo Georges Gil-
son, prelato emerito della Mission
de France — particolarmente vicino
a Christian de Chergé, il priore della comunità di Tibhirine — un gruppo di monaci cistercensi, come pure
il postulatore della causa di beatificazione attualmente in corso, padre
Thomas Georgeon, a sua volta trappista. Sette ceri sono stati accesi in
ricordo delle vittime. Al termine della celebrazione, il fratello di Christian de Chergé ha letto, alternandosi con il parroco di Saint-Ambroise, il celebre «testamento spirituale»
scritto dal priore.
È stata quindi inaugurata una
mostra sui monaci di Tibhirine sotto
le volte della chiesa, la cui scelta da
parte delle autorità pubbliche come
luogo simbolo di questi ardenti fautori del dialogo tra le religioni non
è stata affatto casuale. Di fatto, la
parrocchia è situata in un quartiere
con una forte presenza musulmana.
L’undicesimo arrondissement di Parigi, non va dimenticato, è stato anche il teatro degli attentanti di novembre: solo un centinaio di metri,
in effetti, separano Saint-Ambroise
dalla sala concerti del Bataclan. «In
questo momento di dubbio e di sfiducia, il messaggio dei monaci è ancora più importante», ha affermato
il sindaco di Parigi, Anne Hidalgo,
anche lei presente alla cerimonia.
«Essi non hanno mai smesso di pro-
muovere l’incontro con i musulmani
creando condizioni di dialogo per la
pace».
Oggi il monastero di Tibhirine è
abitato e gestito da padre Jean-Marie Lassausse, della Mission de
France. Lavora con quegli stessi
contadini con cui lavoravano i sette
monaci uccisi. Il monastero accoglie
volontari, partecipanti ai ritiri e
semplici pellegrini. Numerosi sono
anche gli algerini che vi si recano,
per curiosità, ma soprattutto per
rendere omaggio o per riconoscenza
ai monaci, in particolare a fratel Luc
che ha curato loro e le loro famiglie.
Di recente, padre Lassausse, sulla
stampa, ha evocato la possibilità di
un ritorno «graduale» di una
comunità religiosa nel monastero.
Una cosa è certa: Tibhirine, jardin
potager, continua a recare frutto.
Occorre aver vissuto vent’anni
qui per avere un’idea del significato
di questo incontro. È proprio su
questa strada, che dalla frontiera
entra direttamente nella città di Bukavu, che hanno marciato eserciti di
morte. Molto probabilmente tutti i
congolesi, uomini e donne, presenti
quella mattina per accogliere gli
ospiti e vicini, hanno perso un familiare, un amico durante i conflitti. Il ricordo del terrore della guerra
era ancora vivo in quelle persone
che si sono abbracciate e salutate,
ognuna nella lingua dell’altra. Inoltre, se la situazione si è un po’ calmata da questo lato della frontiera,
le popolazioni congolesi del NordKivu stanno ancora vivendo grandi
sofferenze, dovute in parte alla presenza armata straniera.
Dio sa che cosa si agitava nei
cuori di questi cristiani e cristiane
ruandesi e congolesi che camminavano verso la cattedrale, alternando
canti in lingua ruandese con altri
nelle due lingue della Repubblica
Democratica del Congo. I più giovani hanno danzato lungo tutto il
cammino. Un camioncino precedeva la processione portando la statua
della Vergine Maria di Fátima. A
lei sono stati dedicati numerosi canti. «Ognuno ha una madre; la mia
è Maria», ripetevano i pellegrini.
Dalle finestre, dalle porte delle case
e dei negozi, ai bordi della strada,
in molti hanno interrotto le proprie
attività per assistere alla processione, a volte cantando e danzando.
Al primo piano di una casa in costruzione, alcuni giovani muratori
ballavano.
Un uomo ha detto: «Partecipo
soprattutto per i miei figli, per un
futuro migliore, in pace. Persino la
Germania e la Francia, prima nemiche, sono diventate amiche, anche
noi possiamo diventarlo». Gli ho
riferito ciò che mi aveva detto un
giorno un vecchio catechista: «È
chi è più ferito a dover fare il primo passo». Lui ha annuito.
La lunga processione ha attraversato la città, passando per la piazza
intitolata a monsignor Christophe
Munzihirwa, che proprio in questo
luogo, vent’anni fa, fu assassinato.
Dai suoi ritratti, ai due lati della
piazza, Mzee (il vecchio, il saggio)
sembra sorridere, come a dire che
lui ha donato la sua vita proprio
per preparare una simile giornata.
Verso le 11, la processione è arrivata
alla cattedrale. I posti erano destinati prima di tutto ai «fratelli, amici e vicini» ruandesi.
Nella richiesta di perdono l’arcivescovo ha detto: «I nostri due
Paesi, le nostre due diocesi, stanno
vivendo da un po’ di tempo momenti di incontro, di riflessione, di
lavoro, e soprattutto di preghiera.
Siamo tutti una famiglia di figli di
Dio. Chiediamo al Signore di infondere in noi la pace. Chiediamogli perdono per tutte le colpe commesse gli uni verso gli altri». È stata chiesta al Signore la giustizia,
l’unica a poter assicurare una pace
duratura.
Nell’omelia, monsignor Maroy
Rusengo ha ricordato il comune
percorso di fede delle due diocesi.
L’Africa, ha detto, ha continuamente sofferto. E ha ricordato che nel
2000, a Roma, alla vigilia della sua
morte, il suo predecessore monsignor Emmanuel Kataliko, davanti
ai vescovi dell’Africa e del Madagascar, tra le altre cose aveva detto:
«La Chiesa deve intervenire; i vescovi non possono tacere, devono
parlare. Il popolo soffre».
*Direttore della Commissione
Giustizia e pace dell’arcidiocesi
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 6
giovedì 2 giugno 2016
A una delegazione internazionale jainista
Sorella e madre terra
«Rimaniamo uniti in questo compito di fare che la terra
sia custodita; nella consapevolezza che curare
il creato è curare l’umanità intera». Lo ha auspicato il
Papa nel saluto rivolto alla delegazione internazionale
jainista ricevuta in un’auletta dell’Aula Paolo VI prima
dell’udienza generale di mercoledì mattina 1° giugno.
Accompagnata dal cardinale Jean-Louis Tauran,
Vi do il benvenuto e mi piace
questo incontro, un incontro che
fa crescere la nostra responsabilità
nella cura del creato, di quel dono
che tutti noi abbiamo ricevuto — il
dono del creato — perché ne abbiamo cura. Il creato è lo specchio
di Dio, è lo specchio del Creatore,
è lo specchio della natura, di tutta
la natura, è la vita della natura e
anche il nostro specchio.
presidente del Pontificio consiglio per il dialogo
interreligioso, dal vescovo segretario Miguel Ángel Ayuso
Guixot, dal sottosegretario Indunil Janakaratne
Kodithuwakku Kankanamalage e dall’officiale Michael
Santiago, la delegazione jainista era composta
da 35 persone. La guidava Nemu Chandaria, presidente
dell’Institute of Jainology, con sede a Londra.
A noi, a tutti, piace la madre
Terra, perché è quella che ci ha
dato la vita e ci custodisce; direi
anche la sorella Terra, che ci accompagna nel nostro cammino
dell’esistenza. Ma il nostro compito è un po’ curarla come si cura
una madre o come si cura una sorella, cioè con responsabilità, con
tenerezza e con la pace.
Nomine episcopali
Le nomine di oggi riguardano la
Chiesa in Canada e in Brasile.
Vi ringrazio per tutto quello
che voi fate in questo compito e
rimaniamo uniti in questo ideale,
in questo compito, in questo lavoro di fare che la nostra madre, la
nostra sorella Terra sia custodita;
nella consapevolezza che curare,
custodire il creato, la Terra, è curare e custodire l’umanità intera.
Grazie.
Dalla non violenza alla cura per l’ambiente
L’udienza di mercoledì è stata preceduta da
un incontro tra le due delegazioni svoltosi
martedì 31 maggio nella sede del Pontificio
consiglio per il dialogo interreligioso. Si è
trattato del terzo colloquio dopo gli ultimi
due svoltisi a Londra nel 1995 e nel 2011.
Ma i primi contatti risalgono al 1986. Inoltre il dicastero vaticano, in collaborazione
con le Chiese locali e le organizzazioni jainiste in India, Regno Unito e Stati Uniti
d’America, ha organizzato riunioni nel 2011,
2013 e 2015.
Nell’incontro romano, svoltosi in un clima di reciproco rispetto e di amicizia, i
membri delle delegazioni hanno espresso
soddisfazione per i cordiali rapporti e la
cooperazione che esistono tra le due comunità. Manifestando il desiderio di ampliare
ulteriormente la collaborazione, hanno concordato che essa deve essere rafforzata soprattutto a livello locale, per meglio contribuire al bene comune della società. In particolare, hanno sottolineato l’importanza di
educare le giovani generazioni alla conoscenza delle proprie tradizioni, per meglio
conoscere e rispettare quelle degli altri.
Con l’obiettivo di trovare aree concrete di
convergenza, il colloquio ha avuto come tema «Prendersi cura della Terra, la casa della famiglia umana» e ha sottolineato in particolare la necessità sia per i jainisti sia per i
cristiani di lavorare insieme, in unione con
tutti i credenti e le persone di buona volontà, per rendere la terra vivibile e pacifica.
Si è inoltre riflettuto sul principio jainista
della “non violenza” (ahimsa) verso tutte le
forme di vita e su quelli cristiani di “compassione” e “giustizia” verso i più poveri e
le persone più vulnerabili, invitando a una
gestione responsabile della natura. E nel
farlo si sono individuati elementi comuni
che possono motivare a portare avanti la
collaborazione. Si è anche riconosciuto che
questi elementi, a livello pratico, interpellano i seguaci di entrambe le tradizioni religiose a promuovere il rispetto per l’ambiente, il non-sfruttamento delle risorse naturali,
la riduzione degli sprechi, la cura per ogni
forma di vita, e a mostrare sollecitudine per
le generazioni future.
Gruppi di fedeli all’udienza generale
All’udienza generale di mercoledì 1 giugno, in piazza
San Pietro, erano presenti i seguenti gruppi:
Da diversi Paesi: Partecipanti al Corso promosso
dalla Congregazione delle Cause dei Santi; Giuseppini del Murialdo; Figlie di Maria Ausiliatrice.
Dall’Italia: Pellegrinaggio dalla Diocesi di Casale Monferrato, con il Vescovo Alceste Catella;
Pellegrini dalla Diocesi di Mondovì; Gruppi di fedeli dalle Parrocchie: San Leonardo, in Arre; San
Giovanni Battista, in Meduna di Livenza; Santa
Maria Assunta, in Vigolo; San Marco, in Foresto
Sparso; Medaglia Miracolosa, in Milano; Beata
Vergine Assunta e Sant’Ilario, in Casorate Sempione; Santo Stefano, in Vedano al Lambro; San Zenone, in Valera Fratta; San Michele, in Capriano
del Colle; Santa Maria delle Grazie; Santa Maria
in Betlem, in Pavia; Santo Stefano, in Bagnolo
Cremasco; Santa Maria della Corte, in Castellazzo
Bormida; San Michele, in Verghereto; Santa Maria Assunta, in Balze; San Rocco, in Cesena; Santi
Pietro e Paolo, in Copparo; San Lorenzo, in
Orentano; San Giuseppe, in Livorno; San Giovanni Battista, in San Firenze; Sante Flora e Lucilla,
in Staggiano; Santo Stefano, in Turrivalignani;
Santi Pietro e Paolo, in Pozzuolo; San Donato, in
Celleno; Santi Martiri Sabini, in Talocci di Fara in
Sabina; San Filippo Neri, in Coltodino di Fara in
Sabina; San Giovanni Battista, in Celano; Sacro
Cuore, in Matino; Maria santissima del Rosario,
in Grottaglie; Santissimo Corpo di Cristo, in Pagani; San Giovanni Battista, in Pomàrico; Maria
Santissima Immacolata, in Tito Scalo; Santissima
Trinità-Santissimo Salvatore, in Belvedere di Spinello; Comunità pastorale Santi Ambrogio e Martino, di Paderno Dugnano; Comunità ecclesiale, di
Corleone; Vicariato di Vigonovo; gruppi di fedeli
dalle Parrocchie di Varallo, Sasso Morelli, Solto
Collina, Grassobbio, Malnate, Carmignano di
Brenta; Parrocchie: Regina Pacis, in Reggio Emilia; San Vincenzo Ferrer, in Nola; Nostra Signora
del Rosario, in Nuoro; Collaborazione pastorale,
di Martellago; Associazione Crescere parlando, di
Roma; gruppo Federlazio, di Frosinone; gruppo
di fedeli da San Giovanni del Dosso; gruppo della
Polizia di Stato, da Messina; Associazione AUSER,
di Arcisate; Associazione AGAPH, di Cernusco
Lombardone; Associazione Sorridere sempre, di
Vasto e Termoli; Associazione San Giovanni Paolo
II, di San Cataldo; Associazione Amici Regina
della
pace,
di
Fossacesia;
Associazione
Medjugorje, di Bollate; Associazione nazionale
Marinai d’Italia, di Polignano a Mare; Associazione nazionale Polizia di Stato, di Palermo; Comitato per i gemellaggi, di Sabaudia; Società Arcobaleno, di Breno; Centro Don Fumagalli, di Cambiago; gruppo Unitre, di Messina; Compagnia
Teatro stabile meridionale, di Carinaro; Pia Unione di Chiesanuova, di Chiesina Uzzanese; gruppo
dell’Azione cattolica, di Cerignola; gruppo Amici
della Vecchia Lourdes, di Borgo San Lorenzo;
gruppo Scout, di Noceto; Corpo bandistico «I
Cjastinars», di Munis di Ragogna; gruppi di ciclisti e motociclisti da Terni, Siena, Varese; Vigolo,
Cremona, Locate di Triulzi, Castelnuovo Magra;
gruppi di Studenti; Liceo Avogadro, di Roma;
Istituto Salvo D’Acquisto, di Bracciano; Istituto
comprensivo, di Rozzano; Istituto Viviani, di Agerola; Scuola San Geminiano, di Modena; gruppi
di fedeli da: Bogliasco, Sessarego, Bergamo, Voghera, Casal di Principe, Gallodoro, Cento, Grignasco.
Coppie di sposi novelli.
Gruppi di fedeli da: Slovenia; Serbia; Repubblica Ceca; Slovacchia.
I polacchi: Pielgrzymi z Polskiej Misji Katolickiej z Karlsruhe; pielgrzymi z parafii: Matki Bożej
Matki Kościoła z Lisowa, Świętej Rodziny z Piły,
Matki Bożej Ostrobramskiej i św. Józefa z Olsztyna, św. Jana Nepomucena z Piskorzowa, Matki
Boskiej Królowej Polski z Bedonia; księża ze
Zgromadzenia Misjonarzy Krwi Chrystusa ze Swarzewa; młodzież z opiekunami z Gimnazjum im.
Mikołaja Kopernika w Wysokiem Mazowieckiem;
Zespół Szkół Ogólnokształcących nr 2 im. Jana iii
Sobieskiego z Legionowa; grupy turystyczne; pielgrzymi indywidualni.
De France: groupe de pèlerins du Diocèse de
Bayonne, avec S. Exc. Mgr. Marc Aillet; groupes
de pèlerins des Diocèses de Lisieux, Avignon, Tro
yes; Paroisse de Tullins; Paroisse de Plourin-lesMorlaix; Communauté des Béatitudes, de Nouanle-Fuzelier; Société catholique des Deux Coeurs
de Jésus et Marie, du Diocèse d’Autun; Lycée de
filles, Chateauneuf de Galaure; Collège Notre Dame, de Macon.
Lutto nell’episcopato
Monsignor Leonard Anthony Boyle, vescovo emerito di Dunedin, in Nuova Zelanda, è morto stamattina, mercoledì 1° giugno, alle 9.25, nella Sacred Heart home delle Little sisters of the poor. Il
compianto presule era nato in Nightcaps, diocesi
di Dunedin, il 17 novembre 1930, ed era stato ordinato sacerdote il 29 giugno 1961. Eletto coadiutore
di Dunedin il 27 gennaio 1983, aveva ricevuto l’ordinazione episcopale il 3 maggio dello stesso anno.
Succeduto per coadiuzione il 10 luglio 1985, aveva
rinunciato al governo della diocesi il 29 aprile
2004. Le esequie si svolgeranno nella cattedrale di
Dunedin alle 11 di mercoledì 8 giugno. Giovedì 9
il presule sarà sepolto nella tomba di famiglia del
cimitero Wrey Bush a Southland.
From England: Pilgrims from: St Gabriel Parish, Archway, London; St Edmund of Canterbury
Church, Twickenham, London; A group of headteachers from the Diocese of Hexharn and Newcastle; Students and staff from: St Michael’s Catholic College, Bermondsey, London; Trinity High
School, Woodford Green, Essex; St Mary’s High
School, Lugwardine, Hereford; St Anne’s Catholic
High School for Girls, Enfield, London; Buckswood School, Hastings, East Sussex.
From Scotland: Pilgrims from St Catherine’s
Parish, Glasgow; Students and staff from St
Maurice’s High School, Cumbernauld, Lanarkshire.
From Ireland: Pilgrims from St Michael’s Parish, Enniskillen, County Fermanagh.
dall’Olanda: Missione cattolica italiana.
From Norway: Students and staff from St Sunniva School, Oslo.
From Sweden: Pilgrims from Lysekil Church of
Sweden.
From China: A group of pilgrims.
From Indonesia: Pilgrims from: St Ignatius
Church, Kelana Jaya, Archdiocese of Kuala Lumpur; Atama Jaya Catholic University, Jakarta.
From the Philippines: Pilgrims from the Diocese of Willemstad.
From Vietnam: A group of pilgrims.
From Canada: Pilgrims from St Anne’s Parish,
Toronto, Ontario.
ten, Würzburg; Schülerinnen, Schüler und Lehrer
aus folgenden Schulen: Westerwald-Gymnasium,
Altenkirchen; Gymnasium Isernhagen; Abendgymnasium Sophie Scholl, Osnabrück; Hennebergisches Gymnasium, Schleusingen.
Aus der Republik Österreich: Pilger aus der Erlöserpfarre, Lustenau-Rheindorf; Pilger aus Wien.
uit het Koninkrijk der Nederlanden: Pelgrimsgroep leerlingen en professoren van het Emmauscollege te Rotterdam.
De diverso Países; grupo de Sacerdotes de
Puerto Rico, Colombia, México; Delegados del
Movimiento Regnum Christi.
De España: Parroquia Santa María de la Victoria, de Málaga; Asociación Gaditana amigos de
Tierra Santa, Cádiz; Colegio María Auxiliadora,
de Marbella.
De México: grupo de peregrinos de San Juan
de los Lagos.
De Panamá: grupo de peregrinos.
De la República Dominicana: grupo de peregrinos de la Diócesis de Mao-Monte Cristi.
De Chile: Misioneros de Schoenstatt; grupo de
peregrinos de la Diócesis de San Miguel.
Do Portugal: Escola secundária Eça de Queirós; Igreja da Lapa do Porto; Porto da Igreja de
Nossa Senhora da Lapa.
Do Brasil: grupo do Estado do Paraná.
Joseph P. Nguyen
vescovo di Kamloops
(Canada)
Nato in Vietnam il 25 marzo
1957, nel 1974 è entrato nel seminario minore Le Bao Tinh di Banmethout. Incarcerato due volte
per la sua fede cattolica, è riuscito
a rifugiarsi con altri boat people a
Palawan nelle Filippine per un anno. Nel 1987 è giunto a Vancouver, in Canada, e ha lavorato come imbianchino per pagarsi gli
studi di lingua inglese. In seguito
è entrato nel seminario Christ the
King a Mission, British Columbia, per gli studi di filosofia. Ha
completato poi la formazione teologica al Saint Peter Seminary di
London, Ontario. Ordinato sacerdote il 30 maggio 1992 per il clero
di Vancouver, è stato vicario parrocchiale di Saint Jude a Vancouver (1992-1993), dell’Immaculate
Conception a Delta (1993-1995) e
di Corpus Christi a Vancouver
(1995-1997); parroco di Our Lady
of Mercy a Burnaby (1997-2001) e
di Saint Andrew a Vancouver
(2001-2010); direttore delle vocazioni sacerdotali (2010-2013) e vicario generale dell’arcidiocesi (dal
2013). È anche membro del consiglio presbiterale, del collegio dei
consultori, dell’archdiocesan finance committee, dell’advisory
committee for the permanent diaconate; cappellano del Serra club,
dei Cavalieri di Colombo, della
Pro-Life Vigil e della Religious sisters’ association.
Evaristo Pascoal Spengler
prelato di Marajó (Brasile)
Nato il 29 marzo 1959 a Gaspar,
diocesi di Blumenau, nello Stato
di Santa Catarina, ha fatto la professione religiosa il 2 agosto 1982
nei Frati minori ed è stato ordinato sacerdote il 19 maggio 1984. Ha
compiuto gli studi filosofici e teologici presso l’Istituto teológico
franciscano (Itf) a Petrópolis, Stato di Rio de Janeiro (Rj). Ha poi
frequentato corsi nell’area biblica
in Brasile e in Cile e ha ottenuto
la licenza in esegesi biblica a Gerusalemme (1996-1998). È stato vicario parrocchiale e membro
dell’équipe biblica urbana a Duque de Caxias (Rj) e a Nilópolis
(Rj), vice maestro dei frati studenti a Duque de Caxias, assistente
nel convento francescano Santo
Antônio di Rio de Janeiro; missionario e vicario parrocchiale per
undici anni a Malanje (Angola),
definitore provinciale. Dal gennaio 2016 è vice ministro della
provincia francescana Imaculada
Conceição do Brasil con sede a
São Paulo.
From the United States of America: Pilgrims
from: Archdiocese of Boston, Massachusetts; Diocese of Arlington, Virginia; Pilgrims from the Maronite Eparchy of Our Lady of Lebanon of Los
Angeles, California, accompanied by His Excellency Abdallah Elias Zaidane; Pilgrims from the
following parishes: St Joseph, Maplewood, New
Jersey; Immaculate Conception, Boston, Massachusetts; San Fernando Cathedral, San Antonio,
Texas; The Rockhurst High School Choir, Kansas
City, Missouri; Deacons and their families from
the Diocese of El Paso, Texas; Faculty and seminarians from the Sacred Head Major Seminary, Detroit, Michigan; The Board of Trustees from Loyola University, Chicago, Illinois; A delegation
from the Association of Catholic Colleges and
Universities, Washington; Students and faculty
from; Auburn University, Alabama; Loyola University, Chicago, Illinois, Rome Campus;
Michigan State University, East Lancing; Pace
University, New York; Xavier University, Cincinnati, Ohio; St Stephen the Witness Catholic Student Center, Cedar Falls, Iowa; Assumption College, Worcester, Massachusetts; St Norbert College, DuPere Wisconsin.
Aus der Bundesrepublik Deutschland: Pilgergruppen aus den Pfarrgemeinden Pastoralverbund
Fröndenberg; St. Philippus und Jakobus, Heidesheim; St. Johannes Evangelist, Sassenberg und St.
Mariä Himmelfahrt, Füchtorf; St. Bartholomäus,
Schwarzenholz; St. Bernhard, Wald; Pilgergruppe
aus dem Bistum Speyer; Pilgergruppen aus Augsburg; Hamburg; Trier; Trierweiler; Priesterwallfahrt aus dem Bistum Würzburg in Begleitung
von Bischof Dr. Friedhelm Hofmann und Weihbischof Ulrich Boom; Exerzitienhaus Himmelspfor-
Chiusura del mese di maggio nei Giardini vaticani
Mano tesa a Maria
Pregare con il rosario è come tenere
stretta la nostra mano a quella di Maria.
Lo ha detto il cardinale Angelo Comastri, arciprete della basilica di San Pietro, al termine della recita del rosario e
della processione aux flambeaux nei
Giardini vaticani a conclusione del mese
mariano. La suggestiva preghiera si è
svolta martedì sera, 31 maggio. Il porporato ha invitato i partecipanti a portare il rosario nelle famiglie e a recitarlo
insieme. Ha anche fatto riferimento a
madre Teresa di Calcutta che nutriva
una grande fiducia nei confronti di Maria e attribuiva grande importanza a
questa preghiera. Alla processione, che
si è conclusa alla Grotta di Lourdes,
hanno partecipato numerosi dipendenti
della Santa Sede e i loro familiari. Tra i
presenti, alcuni cardinali, arcivescovi
(tra cui Angelo Becciu, sostituto della
Segreteria di Stato), vescovi, sacerdoti e
religiosi in servizio presso la Curia romana.
L’OSSERVATORE ROMANO
giovedì 2 giugno 2016
pagina 7
All’udienza generale il Papa parla della parabola del fariseo e del pubblicano
Come si prega
Con la parabola del fariseo e del pubblicano
narrata dal Vangelo di Luca (18, 9-14)
«Gesù vuole insegnarci qual è
l’atteggiamento giusto per pregare e invocare
la misericordia del Padre»: lo ha spiegato
Papa Francesco all’udienza generale di
mercoledì mattina, 1° giugno, proseguendo
con i fedeli presenti in piazza San Pietro le
riflessioni sul tema giubilare alla luce del
Nuovo testamento.
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Mercoledì scorso abbiamo ascoltato la parabola del giudice e della vedova, sulla
necessità di pregare con perseveranza. Oggi, con un’altra parabola, Gesù vuole insegnarci qual è l’atteggiamento giusto per
pregare e invocare la misericordia del Padre; come si deve pregare; l’atteggiamento
giusto per pregare. È la parabola del fariseo e del pubblicano (cfr. Lc 18, 9-14).
Entrambi i protagonisti salgono al tempio per pregare, ma agiscono in modi
molto differenti, ottenendo risultati opposti. Il fariseo prega «stando in piedi» (v.
11), e usa molte parole. La sua è, sì, una
preghiera di ringraziamento rivolta a Dio,
ma in realtà è uno sfoggio dei propri meriti, con senso di superiorità verso gli «altri uomini», qualificati come «ladri, ingiusti, adulteri», come, ad esempio, — e segnala quell’altro che era lì — «questo pubblicano» (v. 11). Ma proprio qui è il problema: quel fariseo prega Dio, ma in verità guarda a sé stesso. Prega se stesso! Invece di avere davanti agli occhi il Signore,
ha uno specchio. Pur trovandosi nel tempio, non sente la necessità di prostrarsi dinanzi alla maestà di Dio; sta in piedi, si
sente sicuro, quasi fosse lui il padrone del
tempio! Egli elenca le buone opere compiute: è irreprensibile, osservante della
Legge oltre il dovuto, digiuna «due volte
alla settimana» e paga le “decime” di tutto
quello che possiede. Insomma, più che
pregare, il fariseo si compiace della propria osservanza dei precetti. Eppure il suo
Il coraggio di Lorenzo e Verónica
Lorenzo e Verónica hanno voluto
fortemente incontrare il Papa proprio
per testimoniare che la loro malattia
«può diventare un’esperienza
contagiosa di gioia». E Francesco li
ha accolti a braccia aperte all’udienza
in piazza San Pietro. Lorenzo, 10
anni, è venuto da Cernusco sul
Naviglio con la sua famiglia e
soprattutto con don David Maria
Riboldi, il suo amico prete. «Lorenzo
ha un tumore al cervello con cui lotta
da un anno a forza di chemio e di
capelli che se ne vanno» dice il
giovane sacerdote, coadiutore della
parrocchia Famiglia di Nazareth.
Lorenzo ha ricevuto la prima
comunione all’istituto Carlo Besta,
specializzato nella cura dei tumori
infantili, e ha fatto a casa la sua
prima confessione. «Lo davano per
spacciato — ricorda don David — e gli
ho chiesto se fosse arrabbiato con
Gesù. No, è stata la risposta del
bambino, Gesù non c’entra niente
perché queste sono cose della vita;
anzi devo ringraziare Gesù perché
nella mia malattia sta facendo tanto
per me». Lorenzo, aggiunge don
David, «ha un rapporto unico con
Gesù e ne è straordinariamente
consapevole». E lo ha confidato
personalmente al Papa.
Francesco ha anche abbracciato con
particolare affetto Verónica Cantero
Burroni, tredicenne argentina che ha
già scritto cinque libri: il primo lo ha
pubblicato ad appena sette anni.
L’infermità fisica, un problema
neurologico contratto al momento
della nascita, non ha tolto a Verónica
il bel sorriso e l’ironia che si ritrovano
anche nelle pagine dei suoi racconti.
Riesce a dare volto e cuore ai suoi
coetanei schizzandone tratti e
fisionomie. Insomma, scrivendo riesce
a esprimere i suoi sentimenti.
«Il ladro di ombre», il suo ultimo
libro, è una vera e propria spy story.
Ma soprattutto rivela il mondo di
Verónica: la scuola, gli amici, il modo
di comunicare dei ragazzi, la passione
per il calcio. Con il suo primo libro
tradotto in italiano (Edizioni di
pagina) ha appena vinto il premio
Elsa Morante Ragazzi 2016. Ad
accompagnarla c’erano la mamma e il
giornalista Alver Metalli. «Ai miei
coetanei — dice Verónica — suggerisco
di avere la fantasia di viaggiare e stare
attenti alla realtà perché, se la
osserveranno bene, riconosceranno
una storia da scoprire».
Caterina Del Colle, docente di
religione nel liceo scientifico Amedeo
Avogadro di Roma, ha presentato a
Francesco, insieme con Federica, una
delle sue studentesse, i due anni di
lavoro con i giovani sul tema dei
cambiamenti climatici. «Uno studio
che portiamo avanti in un corso
pomeridiano che affianca e sviluppa
le lezioni della mattina per quanti
liberamente vogliono partecipare»
spiega la professoressa. Un lavoro
importante e di qualità che ha portato
gli studenti a presentare approfondite
e documentate istanze alle istituzioni
europee a Bruxelles, a confrontarsi
con i massimi esperti e con le autorità
istituzionali sulle questioni ambientali
del bene comune e persino a
realizzare una pubblicazione con gli
scienziati dell’Enea con tanto di spot,
«un vero e proprio manifesto per il
clima», intitolato #teen4change e
rivolto ai potenti del mondo.
Durante l’udienza, Francesco ha
benedetto la fiaccola per il giubileo
della misericordia, un’iniziativa
promossa dai giovani della parrocchia
di Solto Collina, nel bergamasco. Nel
suo itinerario la fiaccolata farà tappa
anche a Sotto il Monte, paese natale
di Angelo Giuseppe Roncalli, e sarà
accolta nel duomo di Bergamo dal
vescovo Francesco Beschi. E verso
Bergamo punteranno anche i
venticinque ciclisti che, accompagnati
da don Roberto Mocchi, parroco di
Vigolo, stanno per dare vita al
pellegrinaggio su due ruote con
partenza da Roma e tappe a
Grosseto, Volterra e Sarzana.
L’iniziativa è stata promossa dalla
fondazione Amici di Santina
Zucchinelli, con la collaborazione
della polisportiva di Vigolo, affiliata
al Centro sportivo italiano.
A Francesco, oltre alla maglietta che
indosseranno i pellegrini ciclisti, è
stato consegnato il libro «Opere di
luce» scritto da Vania De Luca e
monsignor Luigi Ginami, officiale
della Segreteria di Stato, figlio di
Santina, per ricordare i 148 studenti
cristiani massacrati nell’aprile del 2015
nel campus universitario di Garissa in
Kenya e per presentare, appunto,
«sette opere di luce» in altrettante
periferie del mondo: da Gaza al Perú,
dal Vietnam al Brasile. «Roccia del
mio cuore è Dio» è il motto della
fondazione, che sostiene in ogni
modo quanti sono in difficoltà e
vengono etichettati come «scarti», nel
ricordo di una donna che ha saputo
trasformare sofferenza e malattia in
un amore senza confini.
Inoltre, a parlare dei diritti della
famiglia sono venuti in piazza San
Pietro Metka Zevnik e Aleš Primc,
che in Slovenia hanno dato vita al
movimento «Ne va dei bambini». Il
Papa ha anche salutato Giuseppe
Ottaviani, che il 20 maggio ha
compiuto cento anni, detentore di
otto record mondiali sulle piste di
atletica. E ha benedetto le fedi dei
coniugi Martinelli per l’anniversario
di matrimonio: i due sposi se le sono
nuovamente scambiate, come
sessant’anni fa.
atteggiamento e le sue parole sono lontani
dal modo di agire e di parlare di Dio, il
quale ama tutti gli uomini e non disprezza
i peccatori. Al contrario, quel fariseo disprezza i peccatori, anche quando segnala
l’altro che è lì. Insomma, il fariseo, che si
ritiene giusto, trascura il comandamento
più importante: l’amore per Dio e per il
prossimo.
Non basta dunque domandarci quanto
preghiamo, dobbiamo anche chiederci come preghiamo, o meglio, com’è il nostro
cuore: è importante esaminarlo per valutare
i pensieri, i sentimenti, ed estirpare arroganza e ipocrisia. Ma, io domando: si può
pregare con arroganza? No. Si può pregare con ipocrisia? No. Soltanto, dobbiamo
pregare ponendoci davanti a Dio così come siamo. Non come il fariseo che pregava con arroganza e ipocrisia. Siamo tutti
presi dalla frenesia del ritmo quotidiano,
spesso in balìa di sensazioni, frastornati,
confusi. È necessario imparare a ritrovare
il cammino verso il nostro cuore, recuperare il valore dell’intimità e del silenzio,
perché è lì che Dio ci incontra e ci parla.
Soltanto a partire da lì possiamo a nostra
volta incontrare gli altri e parlare con loro.
Il fariseo si è incamminato verso il tempio, è sicuro di sé, ma non si accorge di
aver smarrito la strada del suo cuore.
Il pubblicano invece — l’altro — si presenta nel tempio con animo umile e pentito: «fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto» (v. 13). La sua preghiera è brevissima, non è così lunga come quella del
fariseo: «O Dio, abbi pietà di me peccatore». Niente di più. Bella preghiera! Infatti, gli esattori delle tasse — detti appunto,
“pubblicani” — erano considerati persone
impure, sottomesse ai dominatori stranieri,
erano malvisti dalla gente e in genere associati ai “peccatori”. La parabola insegna
che si è giusti o peccatori non per la propria appartenenza sociale, ma per il modo
di rapportarsi con Dio e per il modo di
rapportarsi con i fratelli. I gesti di penitenza e le poche e semplici parole del
pubblicano testimoniano la sua consapevolezza circa la sua misera condizione. La
sua preghiera è essenziale. Agisce da umile, sicuro solo di essere un peccatore bisognoso di pietà. Se il fariseo non chiedeva
nulla perché aveva già tutto, il pubblicano
può solo mendicare la misericordia di
Dio. E questo è bello: mendicare la mise-
ricordia di Dio! Presentandosi “a mani
vuote”, con il cuore nudo e riconoscendosi
peccatore, il pubblicano mostra a tutti noi
la condizione necessaria per ricevere il
perdono del Signore. Alla fine proprio lui,
così disprezzato, diventa un’icona del vero
credente.
Gesù conclude la parabola con una sentenza: «Io vi dico: questi — cioè il pubblicano —, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si
esalta sarà umiliato, chi invece si umilia
sarà esaltato» (v. 14). Di questi due, chi è
il corrotto? Il fariseo. Il fariseo è proprio
l’icona del corrotto che fa finta di pregare,
ma riesce soltanto a pavoneggiarsi davanti
a uno specchio. È un corrotto e fa finta di
pregare. Così, nella vita chi si crede giusto
e giudica gli altri e li disprezza, è un corrotto e un ipocrita. La superbia compromette ogni azione buona, svuota la preghiera, allontana da Dio e dagli altri. Se
Dio predilige l’umiltà non è per avvilirci:
l’umiltà è piuttosto condizione necessaria
per essere rialzati da Lui, così da sperimentare la misericordia che viene a colmare i nostri vuoti. Se la preghiera del superbo non raggiunge il cuore di Dio, l’umiltà
del misero lo spalanca. Dio ha una debolezza: la debolezza per gli umili. Davanti
a un cuore umile, Dio apre totalmente il
suo cuore. È questa umiltà che la Vergine
Maria esprime nel cantico del Magnificat:
«Ha guardato l’umiltà della sua serva. [...]
di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono» (Lc 1,
48.50). Ci aiuti lei, la nostra Madre, a pregare con cuore umile. E noi, ripetiamo per
tre volte, quella bella preghiera: “O Dio,
abbi pietà di me peccatore”.
Verso la commemorazione ecumenica
della Riforma
La commemorazione ecumenica congiunta luterano-cattolica del cinquecentesimo anniversario della Riforma, in programma il 31 ottobre
in Svezia, si svolgerà in due momenti: una liturgia nella cattedrale di Lund e un avvenimento pubblico nello stadio di Malmö.
Lo ha reso noto mercoledì 1° giugno un comunicato congiunto della Federazione luterana
mondiale (Lwf) e del Pontificio consiglio per
la promozione dell’unità dei cristiani. L’avvenimento — prosegue la nota — intende mettere
in evidenza i cinquant’anni di continuo dialogo ecumenico fra cattolici e luterani e i doni
derivanti da tale collaborazione.
La cattedrale di Lund sarà il luogo dove si
svolgerà la cerimonia di preghiera comune, basata sulla guida liturgica cattolico-luterana di
recente pubblicazione intitolata Preghiera
Comune, che a sua volta si fonda sul documento Dal conflitto alla comunione. Lo stadio di
Malmö — può ospitare fino a diecimila persone — sarà lo scenario dove saranno presentati
gli aspetti più importanti del lavoro comune
del Servizio mondiale della Federazione luterana (Lwf World Service) e di Caritas Internationalis, come la cura dei profughi, il servizio
della pace e la difesa della giustizia climatica.
Papa Francesco, il vescovo Munib A. Younan e il reverendo Martin Junge, rispettivamente presidente e segretario generale della
Lwf, guideranno la preghiera comune a Lund
e l’avvenimento di Malmö, in collaborazione
con i responsabili della Chiesa di Svezia e della diocesi cattolica di Stoccolma. Sul sito web
www.lund2016.net è possibile trovare tutte le
informazioni aggiornate sulla commemorazione ecumenica congiunta.
In ogni caso, ha dichiarato il direttore della
Sala stampa della Santa Sede a margine del
comunicato, il programma completo del viaggio del Pontefice in Svezia verrà pubblicato
successivamente e comprenderà anche una celebrazione eucaristica con la comunità cattolica nella mattina del 1° novembre.
Nel saluto ai giovani polacchi radunati a Lednica
«Sull’esempio di Maria, ripetete
quotidianamente il vostro “amen”».
È l’invito rivolto dal Papa ai
giovani polacchi riuniti a Lednica
per l’annuale raduno. Francesco li
ha salutati al termine della
catechesi, indirizzando parole di
benvenuto ai vari gruppi linguistici
presenti in piazza.
Amen quotidiano
Sono lieto di salutare i fedeli di
lingua francese, in particolare i
pellegrini di Bayonne, con il Vescovo Mons. Aillet, come pure i
giovani e gli altri gruppi venuti
da diverse diocesi della Francia.
Che la Vergine Maria, di cui abbiamo celebrato ieri la Visitazione
a sua cugina Elisabetta, ci aiuti a
rivolgerci verso Dio e ci insegni a
pregarlo con cuore umile. Che
Dio vi benedica!
Saluto i pellegrini di lingua inglese presenti all’odierna Udienza, specialmente quelli provenienti da Inghilterra, Irlanda, Scozia,
Norvegia, Svezia, Vietnam, Cina,
Indonesia, Filippine, Nigeria, Canada e Stati Uniti d’America.
Con fervidi auguri che il presente
Giubileo della Misericordia sia
per voi e per le vostre famiglie un
tempo di grazia e di rinnovamento spirituale, invoco su voi tutti la
gioia e pace del Signore Gesù!
Sono molto lieto di accogliere i
fratelli e le sorelle di lingua tedesca e neerlandese. Un saluto particolare rivolgo ai sacerdoti della
Diocesi di Würzburg accompagnati dal loro Vescovo Mons.
Friedhelm Hofmann. Solo chi si
fa piccolo davanti al Signore, può
sperimentare la grandezza della
sua misericordia. Chiediamo a
Maria, nostra madre, di aiutarci a
pregare con cuore umile. E non
dimenticate di pregare per me e
per tutta la Chiesa. Grazie.
Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española, en
particular a los grupos provenientes de España y Latinoamérica.
Que la Virgen María, nuestra
Madre, que proclama en el
Magnificat la misericordia del Señor, nos ayude a orar siempre con
un corazón semejante al suyo.
Saluto cordialmente gli alunni
e insegnanti della Scuola Eça de
Queirós, i fedeli della parrocchia
di Lapa e della diocesi di Paraná,
e gli altri pellegrini di lingua portoghese: a tutti ricordo che la preghiera apre la porta della nostra
vita a Dio. Egli ci insegna a uscire da noi stessi per andare a incontrare gli altri immersi nella
prova, portando loro conforto, luce e speranza. Su di voi e sulle
vostre famiglie scenda la benedizione del Signore.
Rivolgo un cordiale benvenuto
ai pellegrini di lingua araba provenienti dal Medio Oriente e rivolgo un saluto speciale ai fedeli
maroniti provenienti dagli Stati
Uniti di America accompagnati
da Mons. Abdallah Elias Zaidan,
Eparca di Nostra Signora del Libano a Los Angeles! Cari fratelli
e sorelle, San Giacomo ci esorta
dicendo: “Umiliatevi davanti al
Signore ed egli vi esalterà” (Gc 4,
10). Guardiamo Maria e chiediamo la grazia dell’umiltà che Dio
ci insegna. Il Signore vi benedica!
Saluto cordialmente i pellegrini
polacchi. Oggi in modo particolare mi unisco ai giovani che, come ogni anno, si radunano a Lednica. Cari amici, voi insieme desiderate ad alta voce dire, cantare e
ballare il vostro “Amen”. Questa
è la vostra conferma del personale
affidamento a Cristo che i vostri
avi hanno accolto insieme al battesimo 1050 anni or sono.
Sull’esempio di Maria, la cui vita
è stata totalmente permeata dalla
gloria di Dio, nello Spirito Santo
ripetete quotidianamente il vostro
“Amen - così sia!”. Il ricordo di
padre Jan, iniziatore dei vostri incontri, che ormai sta presso il Signore, vi ispiri sulle vie della fe-
de. Benedico di cuore voi e i
vostri Pastori. Sia lodato Gesù
Cristo!
Rivolgo un cordiale benvenuto
ai fedeli di lingua italiana. In particolare, saluto i fedeli delle Diocesi di Mondovì e quelli di Casale Monferrato, con il Vescovo
Mons. Alceste Catella; i gruppi
parrocchiali, le associazioni e le
scolaresche: vi invito tutti a perseverare nei rispettivi impegni con
umiltà, diffondendo attorno a voi
la misericordia e la consolazione
cristiana,
specialmente
verso
quanti vivono nel bisogno. Saluto
i partecipanti al Corso promosso
dalla Congregazione delle Cause
dei Santi: cari fratelli e sorelle, vi
esorto ad operare affinché le cause di beatificazione e canonizzazione rilancino, nelle diocesi e negli istituti religiosi, l’entusiasmo
della fede e un rifiorito impegno
per la missione e la propria santificazione.
Venerdì ricorre la Solennità del
Sacratissimo Cuore di Gesù, quest’anno arricchita dal Giubileo dei
sacerdoti. Invito tutti a pregare in
tutto il mese di giugno il Cuore
di Gesù e a sostenere con la vicinanza e l’affetto i vostri sacerdoti
affinché siano sempre immagine
di quel Cuore pieno di amore misericordioso.
Un pensiero speciale porgo ai
giovani, agli ammalati e agli sposi
novelli. Cari giovani, attingete al
Cuore di Gesù il nutrimento della
vostra vita spirituale e la fonte
della vostra speranza; cari ammalati, offrite la vostra sofferenza al
Signore, perché continui ad
estendere il suo amore nel cuore
degli uomini; e voi, cari sposi novelli, accostatevi frequentemente
all’Eucarestia, perché, nutriti di
Cristo, siate famiglie cristiane toccate dall’amore di quel Cuore divino.