le avventure di danzido
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le avventure di danzido
LE AVVENTURE DI DANZIDO’ Questa è la storia di Danzidò Ma chi sarà mai? Un bambino combina guai? Ma no, amici miei, Danzidò è un folletto pieno di idee E la cosa buffa è che non si ferma mai! Il suo principale divertimento Consiste nel saltellare tutto contento Da un continente all’altro Producendo un gran fracasso E in questo suo viaggiare incontra milioni di bambini Grandi e piccini Bianchi, gialli e neri, e tutti “speciali” perché veri gioca, suona e danza con ognuno di loro e questo è il suo più grande tesoro! Danzidò vorrebbe a tutti voi raccontare Quella volta che … preparatevi ad ascoltare!! Per Danzidò era facile girare il mondo: bastava chiudere gli occhi, battere forti le mani per tre volte di seguito e, come per magia, ritrovarsi in un posto sconosciuto. Aveva da poco compiuto 100 anni e così mamma Mami decise di fargli questo dono. Sapeva quanto curioso fosse Danzidò e da quanto tempo desiderasse conoscere il mondo degli uomini. “Per tre volte le mani batterai e per tre volte magicamente viaggiare tra gli umani potrai!”. E così accadde … non aveva ancora aperto gli occhi che nelle sue orecchie tuonò un rumore assordante “Ma dove sarò mai capitato?”. Aprì un occhio, ma l’unica cosa che riuscì a vedere fu un’immensa nuvola di polvere … spalancò allora l’altro occhio e vide parato esattamente a pochi centimetri dal suo naso una massa grigia, enorme e due occhi, piazzati nel mezzo di un lunghissimo naso e di due bianchi e affilati dentoni, che lo fissavano incuriositi “Ahhhhh!!!! Per tutte le bacche di mamignomoli, ma è una … una … mo … mo… montagna vi … vivente!!!” dallo spavento Danzidò cominciò a balbettare e a correre a gambe levate, inciampandosi e rialzandosi più e o meno ogni cinque secondi. Finalmente, con la lingua che sfiorava ormai terra, trovò un rifugio e si catapultò letteralmente dentro. Senza fiato e pieno di graffi, controllò che la cosa grigia se ne fosse andata, sbirciò fuori, ma quella cosa grigia era ancora lì e ancora lo fissava. Danzidò si accorse che il rifugio in cui si era nascosto aveva una forma circolare, sembrava una caverna, ma, alzando gli occhi verso l’alto, non ne vedeva la fine. Decise allora di provare a cercare un’uscita, arrampicandosi lungo le pareti. Ma non appena cominciò la scalata sentì una voce profonda che, ridendo di gusto, gli diceva: “Ah, ah, ah … così no ti prego!! Mi fai il solletico!!!”. Dallo spavento Danzidò cadde con un tonfo per terra “Chi … chi … chi parla! Io non vedo nessuno!!” disse. “Sono io, Baobab, ti sei rifugiato nel mio tronco e se ti ostini a volerti arrampicare mi farai morire dal ridere!! Tu non sai quanto io soffra il solletico!!” “Baobab? Ma sei un albero!!” “Certo che sono un albero, uno degli alberi più belli e più grandi della terra! Sono qui da 200 anni e se solo uscissi dal mio tronco e mi vedessi con i tuoi occhi, ammireresti i miei lunghi rami e i miei grandi frutti!” “Ma come posso uscire di qui se fuori c’è un coso grigio, enorme … lo vedi anche tu? Mi ha inseguito e adesso è ancora lì davanti … mi fa paura!” Danzidò cominciò a singhiozzare “Se uscirò fuori … mi aiuterai?” “Non hai nulla da temere … è un elefante!!” sorrise Baobab “E’ l’animale più grande della Terra, è vero, ma è pure molto buono e docile … è curioso di sapere chi sei … devi sapere che tanto tempo fa la savana era popolata da gnomi e folletti che vivevano allegramente e in armonia con la natura, ma un giorno arrivarono gli uomini a disturbare la loro quiete. Fu così che un gruppo di gnomi decise di vendicarsi, ideando un dispetto speciale: approfittando del buio della notte entrarono di nascosto nei villaggi e sradicarono tutte le piante che trovarono. Per non farle morire però le ripiantarono a testa in giù. Quando al mattino gli uomini si svegliarono videro questi strani alberi con le radici verso il cielo e si arrabbiarono moltissimo!! Erano scomparsi tutti i frutti e tutte le foglie e così decisero che se mai avessero scoperto l’autore del dispetto lo avrebbero punito dinnanzi a tutto il villaggio. Gli uomini erano disperati perché temevano che gli alberi così piantati sarebbero seccati di lì a poco. Quegli alberi erano i Baobab, i miei cari antenati. Impietositi dal pianto degli uomini i Baobab con tanta generosità donarono loro grandi frutti dissetanti, tronchi spaziosi in cui potersi rifugiare, lunghi rami all’ombra dei quali i bambini e gli anziani venivano a giocare, a riposare, a raccontare storie. Da quel giorno però gli gnomi scomparvero, non se ne vide più nemmeno uno … ecco perché ZuluCan, l’elefante, ti ha inseguito e aspetta che tu esca, ha sempre sentito il racconto degli gnomi dagli elefanti più anziani, ma lui non ne ha mai visto uno ed è curioso!!” Danzidò pensò che nemmeno lui aveva mai visto un elefante e forse Baobab aveva ragione, poteva fidarsi. Decise così di uscire. I due si studiarono con meraviglia. Per tutte le bacche di mamignomoli !!! Ma … che orecchie enormi e che naso! Sembrava lo scivolo più lungo che Danzidò avesse mai visto! E che zanne! Per tutte le proboscidi della savana!!! L’essere più piccolo che Zulu-Can avesse mai potuto incontrare! Ecco perché gli gnomi potevano burlarsi degli uomini senza mai essere scoperti, come potevano vederli piccoli come sono!! “Ciao, io sono Zulu-Can e sono un elefante … e tu come ti chiami?” “Danzidò e sono uno gnomo! Non ho mai visto un animale come te! Ma dimmi a cosa ti servono quelle grandi orecchie che hai!” “Beh – rispose Zulu-Can – a sentire … noi elefanti abbiamo un udito molto fine … e poi mi servono per farmi aria quando fa molto caldo!” “E perché hai un naso così gigantesco!” “Questo non è un vero e proprio naso, si chiama proboscide e la uso per prendere il cibo e per raccogliere l’acqua, quando fa molto caldo l’acqua che raccolgo con la mia proboscide me la spruzzo addosso e mi rinfresco tutto … tu non sai quanto è divertente!! Ma e tu invece come hai fatto ad arrivare sino a qua, è tantissimo tempo che non si vedono più gnomi nella savana!” Danzidò rispose: “Beh è un segreto, una piccola magia … la mia mamma mi ha fatto questo dono per saziare la mia curiosità di folletto … è tanto tempo che il mio desiderio più grande è conoscere il mondo da cui provengono gli gnomi … ed eccomi qua!” Zulu-Can prese allora Danzidò sulla sua proboscide e gli fece ammirare la bellezza di Baobab. Era veramente maestoso. Zulu-Can chiamò il resto del branco e presentò loro il suo nuovo amico. Ermessa, l’elefantessa più anziana del gruppo, raccontò allora la leggenda degli gnomi e del Baobab e ridendo di gusto mangiarono insieme i frutti dissetanti del grande albero e si appisolarono all’ombra dei suoi lunghi rami. Al risveglio Danzidò salutò con malinconia i suoi nuovi amici, promettendo che in uno dei suoi prossimi viaggi sulla Terra sarebbe tornato a trovarli … plaf plaf plaf … battè tre volte di seguito le mani e si ritrovò all’improvviso dentro qualcosa di molto strano e sentiva che questo qualcosa saltava a più non posso! Ad un certo punto e per fortuna tutto si fermò. Dentro questa cosa si intrufolò una zampetta ricoperta di pelo grigio che raccolse Danzidò. Il piccolo folletto si ritrovò all’improvviso alla luce del sole e dinnanzi a lui si pararono due occhietti che lo fissavano incuriositi “E tu che ci fai nel mio marsupio?”. “Io sono Danzidò e sono uno gnomo curioso di conoscere il mondo! E tu chi sei?” “Io sono Giorgio, un canguro australiano e stavo correndo alla ricerca di cibo”. “E cosa mangi di solito?” “Sono ghiotto di frutti e di foglie di eucalipto” “E quando sei alla ricerca di cibo salti sempre?!” “Si, noi canguri ci spostiamo così … saltando. Facciamo salti lunghi anche 10 metri e quando siamo stanchi ci fermiamo e ci appoggiamo sulle nostre zampe posteriori e sulla coda, in questo modo ci riposiamo” Danzidò curioso come era gli chiese ancora: “E a cosa ti serve questa grossa tasca?” “Questa grossa tasca, come la chiami tu, è un marsupio e serve a tenere i nostri cuccioli quando sono ancora molto piccoli così viaggiano con noi, al sicuro sino a quando non sono capaci di cavarsela da soli … beh adesso devo proprio andare, mamma canguro e i cuccioli mi stanno aspettando!” “Portami con te, non so nemmeno dove mi trovo!” Il canguro aveva ripreso a saltare “Sei in un Paese di nome Australia, vieni, saltella anche tu!” Danzidò cominciò a saltare, ma era buffo, piccolo com’era non sarebbe mai riuscito a raggiungere il suo amico canguro “Aspettami ti pregooooo!” Canguro tornò indietro, lo infilò nel suo marsupio e riprese il cammino. Danzidò saltellava nel marsupio come un sassolino e quando arrivarono da mamma canguro era stanco morto. Scoprì allora che i piccoli canguri erano davvero piccoli … piccoli come lui! Danzidò trascorse alcuni giorni con loro, giocando e saltando, mangiando i frutti di eucalipto e prendendo tutte le coccole di mamma e papi canguro. E ogni sera, al tramonto, seduti uno accanto all’altro, contemplavano, meravigliati, le nuvole rincorrere e giocare con gli ultimi raggi di sole. Ogni giorno il sole sussurrava al vento il suo antico amore per la luna; per lei creava arcobaleni di colori brillanti: rosso, violetto, arancione, giallo. E lei, la luna, spuntava timidamente nel cielo così variopinto, e, bianca come una sposa, ammirava felice la bellezza del suo eterno amore. Danzidò rimaneva affascinato dalla bellezza del cielo: gli procurava un’emozione che non conosceva e di cui non sapeva il nome. “Si chiama struggimento” gli spiegò mamma canguro. In quei momenti ricordava con nostalgia la sua mamma e gli amici gnomi che tanto desiderava riabbracciare! E così decise di salutare i cari canguri che lo avevano accolto, chiuse gli occhi, battè le mani per tre volte di seguito e scomparve. Ma non era ancora giunto il momento di tornare a casa. Sentì il proprio corpicino atterrare con un tonfo su un cumulo di sabbia e subito dopo un’esplosione di risate sonore. Aprì gli occhi, come sempre, senza sapere dove si trovasse. Fu abbagliato dal sole, dal chiarore della sabbia e dai colori vivaci dei vestiti indossati dalle bambine che, ridendo, si erano precipitate intorno a Danzidò. Avevano denti bianchissimi e lunghe tuniche arancioni, rosse, gialle, viola, verdi e Danzidò ne rimase incantato. Sulla testa trasportavano anfore piene di acqua. “Come si chiama questo Paese?” chiese loro Danzidò “Benvenuto in India!” esclamarono le bambine “Da dove vieni?” “Dal paese degli gnomi … sto girando il mondo umano per conoscerlo, noi folletti un tempo abitavamo qui!” “Hai sete? Vuoi mangiare?” “Oh grazie, berrei un po’ di acqua … ho la bocca piena di sabbia!” Una delle bambine lo sollevò delicatamente e lo pose sul bordo di un’anfora. Danzidò bevve e subito dopo si tuffò dentro … che sollievo immergersi nell’acqua fresca col caldo che sentiva! Le bambine nel frattempo ripresero il cammino. Ad un certo punto Danzidò sentì un gran vociare, si appoggiò sul bordo dell’anfora e vide uno spettacolo di colori, una moltitudine di uomini e di donne, gruppi di bambini che si rincorrevano o che stavano seduti per terra, in cerchio, mangiando e chiacchierando. Era un mercato indiano dai mille colori!! Si potevano trovare stoffe, spezie, frutti … insomma un arcobaleno di cose! Danzidò si riempiva gli occhi di tutta quella confusione e di tutti quei colori e di tutti quei profumi! Ad un tratto notò un uomo seduto per terra, con le gambe incrociate, avvolto in una lunga tunica bianca, completamente immobile e pensieroso. Danzidò lo raggiunse e si sedette di fronte. Desiderava tanto domandargli a cosa stesse pensando, ma temeva di disturbarlo. L’uomo, con un turbante arancione sul capo, aprì gli occhi e fissò intensamente Danzidò. “Vuoi pregare con me?” gli domandò. “Cosa vuol dire pregare?” chiese Danzidò. Nel paese dei folletti non esisteva questa usanza. L’uomo sorrise, divertito “La preghiera è una cosa molto diffusa tra gli uomini … è un modo per aprire il proprio cuore alla vita. Gli uomini sentono il bisogno di fermarsi, di cercare silenzio dentro il proprio cuore per capire il cammino che ciascuno può seguire nella propria vita. Esistono tante forme di preghiera e tanti modi per pregare. Io prego così, ascoltando il mio cuore … pensando alle mie giornate, alle cose da fare, a come farle meglio, sperando che tutti i miei fratelli possano ricevere serenità dalla vita”. Danzidò rimase molto colpito dalle parole dell’uomo “Anche i bambini sanno pregare?” gli chiese. “Certo, anche i bambini sanno pregare … ogni volta che si aiutano l’un l’altro, ogni volta che giocano allegramente, che abbracciano qualcuno, che studiano … la preghiera è un posto segreto che tutti hanno nel proprio cuore e per scoprirlo basta cercarlo, prova a chiudere gli occhi e ascolta in silenzio cosa ti sussurra il tuo cuore …” Danzidò chiuse gli occhi e sentì salire dentro di sé come un’onda di pace e di serenità … sarebbe stato così per ore intere tanto era delizioso. L’uomo gli chiese: “Allora sei riuscito ad ascoltare il tuo segreto?” Danzidò aprì gli occhi gioioso: “Oh si! È davvero un bel segreto … ma non lo perderò con tutto il baccano che c’è fuori?”. L’uomo gli rispose: “Devi imparare a custodirlo, ad averne cura … se ogni giorno troverai il tempo di ascoltarlo non lo perderai perché ti accompagnerà sempre e ti guiderà in tutto ciò che farai, ti consolerà quando sei triste e riderà con te quando sarai felice, ti riprenderà quando sarai birichino e ti premierà quando sarai buono, ma non ti abbandonerà mai! Tu e il segreto del tuo cuore diventerete allora inseparabili”. Danzidò rimase ancora un po’ accanto a quell’uomo, pensando alle sue parole e ascoltando il segreto del suo cuore. Aveva imparato una cosa importante … e ad un tratto gli venne tanta voglia di tornare a casa e di raccontarlo alla sua mamma … e così chiuse gli occhi, battè tre volte di seguito le mani e quando li riaprì si trovò finalmente a casa, tra le braccia della sua mamma.