nei boschi degli gnomi - Corpo Forestale dello Stato

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nei boschi degli gnomi - Corpo Forestale dello Stato
CULTURA / Tra incontri e leggende
Alla scoperta
dei folletti tra Romagna,
Cansiglio e Calabria.
NEI BOSCHI
DEGLI GNOMI
È
Bagno di Romagna la capitale degli
gnomi. In questo borgo medievale nel
cuore dell’Appennino romagnolo, al confine con la Toscana, gli hanno dedicato
perfino un sentiero con tanto di visite guidate.
Tutto nasce dalla esperienza o forse dalla fantasia di Pier Luigi Ricci, guida del Parco nazionale
delle foreste casentinesi, che alcuni anni fa
dichiarò di aver avuto un incontro con uno dei
piccoli uomini così descritto: “dalle sembianze
umane, seppur nelle piccole dimensioni, alto
circa 25 centimetri, con una vistosa barba bianca, indossava una casacca di colore azzurro,
pantaloni marroni, stivali di pelo beige ed un
cappello conico di colore rosso”.
Da allora, pur continuando a scarpinare giorno
dopo giorno tra i boschi e gli anfratti di quelle
montagne, di gnomi non ne ha più incontrati. In
compenso, in ricordo di questo magico incontro, insieme ad Ersilia Guerrini e Villiam Graffieti
ha dato vita al “sentiero degli gnomi” (nella foto
in alto), un affascinante percorso gestito dalla
pro loco e realizzato anche con il patrocinio del
Corpo forestale dello Stato, che nell’illustrare la
vita e le abitudini degli gnomi si prefigge lo
scopo di avvicinare i più piccoli alla scoperta e
al rispetto della natura. Chi sono in fondo questi piccoli esseri se non la rappresentazione
sensibile dello spirito del bosco, i guardiani
degli elementi di natura?
© www.gnomomentino.it
di Stefano Cazora
Intorno a questo avvistamento in pochi anni è
sorto un fenomeno mediatico e turistico di
rilievo nazionale che ha dato un certo risveglio
al piccolo paese già noto per le terme e per
l’ottima cucina. Sono nati così i pacchetti turistici per le scuole e i week end per adulti
sognatori o coppie in cerca di relax. Non
hanno perso tempo i commercianti della zona:
dal menù dello gnomo, alle caramelle dello
gnomo Mentino, questo il nome del piccolo
essere incontrato da Pier Luigi Ricci nel bosco
dell’Armina, proprio sopra Bagno. Ma c’è
anche la casetta dello gnomo boscaiolo, un
delizioso gelato alla crema e salsa alla menta selvatica. Non potevano mancare souvenir di ogni genere con la perfetta riproduzione dello gnomo Mentino così come lo descrisse Ricci nel rapporto
consegnato alla Forestale nel 2001 e perfino una fiera degli gnomi per gli appassionati del fantastico
e dei prodotti locali. Nonostante il pur ordinato flusso turistico dai lontani echi disneyani, questo
posto ha qualcosa di magico. Sarà per una buona dose di suggestione, per la sua posizione nel cuore di boschi
incontaminati dove sono tornati numerosi cervi, caprioli,
cinghiali e lupi, sarà perché queste montagne selvagge
e dal profilo arrotondato sono da sempre sfondo
naturale di miti e leggende, ma qui gnomi, folletti, elfi e fate sono di casa.
Il Forestale n. 47 - 29
Il Mazharòl
utto vestito di rosso compreso il berretto e
la faccia da bambino. Così si presenta il
mazharòl, gnomo di cui si racconta la storia
in Veneto, nei boschi del Cansiglio. Aveva sempre
una mazzetta con sé, con la quale batteva sulle
radici dei faggi per far sentire a chi passava che
nel bosco c’era anche lui, così i visitatori dovevano attraversarlo in silenzio, senza disturbare gli
animali, suoi amici.
Il mazharòl veniva considerato un po’ il tutore
della serenità della foresta: per chi trasgrediva
alle regole della natura erano guai. Faceva loro
perdere l’orientamento, lasciando sul terreno le
“baleghe” ovvero le orme.
Si racconta che qualcuno abbia dovuto camminare giorni e giorni prima di uscire dalla foresta e di
molte persone inoltratesi tra le faggete del
Cansiglio non si ha più notizia.
Le mamme un tempo descrivevano questo personaggio misterioso ai propri figli per non farli
allontanare troppo e rischiare che si perdessero
nel bosco seguendo il “troi” cioè il sentiero, tracciato dal mazharòl.
(da “La casa fatta a magia e altre storie”, a cura
della Scuola primaria di Tambre, Belluno –
Kellermann editore)
T
E dopo la riuscita esperienza del sentiero degli
gnomi anche i più anziani del paese e del vicino contado hanno superato la vergogna di
essere derisi e cominciano a parlare. Dalle pieghe di ricordi lontani riaffiorano storie ed
esperienze bellissime anche più coinvolgenti di
quelle che Ersilia e Villiam hanno pubblicato in
una serie di avvincenti volumi di fiabe.
È forse questo l’aspetto più interesante di tutta
la vicenda. Ormai spenti i riflettori mediatici che
portarono a Bagno di Romagna giornali e televisioni da tutto il mondo, rimane la serenità di
una comunità oggi più aperta al sogno e al
rispetto per la natura. Qui infatti se entrando in
un bar direte di aver visto uno gnomo o una
fata nessuno vi darà del matto, al massimo qualcuno con un sano scetticismo vi chiederà dove
e quando è avvenuto il fortunato incontro.
Pare infatti che imbattersi in una di queste creature riservi fortuna e lasci un gradevole senso di
benessere. Ne è convinto ormai anche Sante
Mazzoli, ispettore a riposo del Corpo forestale
dello Stato, originario della zona e per tanti anni
comandante della stazione forestale di Bagno di
Romagna. Fortemente scettico ed incredulo
quando cominciarono a piovere le prime segna30 - Il Forestale n. 47
lazioni del fenomeno, oggi è diventato, quasi per
incanto, uno strenuo sostenitore del sentiero
degli gnomi. “Gli gnomi – dice – sono una bellissima metafora per difendere la natura. Essi
continueranno a vivere finché sapremo aprire il
nostro cuore convinti che esistono anche cose
che apparentemente non riusciamo a vedere”.
Ora in pensione continua a girare per i boschi di
Bagno e a raccontare agli amici che qui gli gnomi
esistono davvero. Nelle sere d’inverno davanti al
fuoco scoppiettante non sono solo i bambini ad
ascoltare rapiti le sue meravigliose storie.
www.gnomomentino.it
Il Coordinamento Distrettuale di Agordo (Belluno) del Corpo
forestale dello Stato ha realizzato questo diario insieme alla
comunità montana. Gli gnomi accompagnano i ragazzi nella
conoscenza del bosco.
Lo chiamavano Monachiddu
ol termine “gravunia” (da grave, pesante) gli anziani contadini castrovillaresi, paese calabrese di 25 mila abitanti, in provincia di Cosenza, a due passi dal parco del Pollino indicano il
lavoro che compivano i soggetti presi di mira da un folletto burlone. A volte appariva vestito
con un saio da fraticello, con in testa un piccolo cappuccio rosso. Proprio per questo suo particolare abbigliamento, molti lo chiamavano “Monachiddu”, anche se nel castrovillarese viene individuato
pure col termine “Marranghinu”. Esistono diverse
tesi sulla credenza del Monachiddu in tutto il
meridione d’Italia. Infatti alcuni sostengono che i
“Monachiddi” siano delle anime di bambini non
battezzati che appaiono nelle case vestiti con un
saio ed un cappello rosso dispensando dispetti e
burle ai padroni di casa.
I folletti nelle loro azioni dispettose fanno sparire
posate, pentole, soldi, preziosi ed altro facendo
trovare (una volta stanchi degli scherzi fatti),
importanti tesori. Delle volte, accadeva che quando il padrone di casa riusciva a rubargli il
cappuccio il Monachiddu rivelava i segreti di
importanti tesori. Altra tesi è quella del piccolo
“Fraticello” vestito con tipico saio da frate senza
volto e con una mano di ferro ed una di ovatta. Se
lasciava o toccava con la mano di ferro era sfortuna se invece lasciava o toccava con la mano di
ovatta era fortuna.
Altra tesi ancora differenziava il Monachiddu dalla
credenza sopra citata solo con l’assenza delle
mani, infatti il fraticello senza volto e con le mani
sotto il saio appariva nelle case e viveva con la
famiglia presa di mira fino a rivelare preziosi
segreti, a far trovare importanti somme di denaro
o preziosi gioielli.
Michele Martinisi
© C. Flore
C