il frammento numero 640 - Air

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il frammento numero 640 - Air
IL FRAMMENTO NUMERO 640
Navigando sulla rete ancora oggi a 36 anni dalla tragedia di Ustica, si possono trovare appassionati, accesi
dibattiti di questo tenore:
“guardate voi sostenitori della bomba che c’è una prova incontestabile che qualunque tecnico può fare:
deve provare che i rottami dell’aereo presentano fenomeni di washing o rolling edges che sono i tipici ed
indelebili marcatori di ogni tipo di esplosione. Ma attenzione perché, il professor Donato Firrao, l’uomo che
ha risolto il caso Mattei, non trovò nessuno di questi indiscussi marcatori sui rottami del DC9”
Risposta:
“Dunque se non c’è stata esplosione interna né esterna, cosa ha abbattuto un aereo in volo rettilineo in un
cielo terso a 7000 metri di quota? “
La domanda assolutamente coerente dimostra che purtroppo sulla tragedia di Ustica le opinioni ancora
divergono. I dubbi, con i relativi dibattiti rimangono.
Il nome del professor Firrao appare anche in una recente opera su Ustica, riteniamo l’ultima in ordine di
tempo sull’incidente all’I-TIGI. Si tratta del libro scritto dall’ingegnere aeronautico svedese Goran Lilja che
era uno dei ricercatori stranieri chiamati a far parte del collegio dei periti della Commissione Misiti. (1) Nel
suo libro ove si narrano le indagini sull’incidente, vi è un capitolo dal titolo “Metallurgia” il quale dopo aver
ricordato il brillante contributo fornito dal professor Firrao, così recita:
“........Questi accertamenti non diedero alcun contributo al problema di scoprire da quale punto dell'aeroplano
provenissero i frammenti stessi; furono determinanti invece per invalidare totalmente l'affermazione per cui la
carica esplosiva che aveva distrutto l'aeroplano dovesse essere trasportata da un oggetto volante esterno all'ITIGI".
Era d’obbligo a questo punto ritornare a leggere quanto scritto nella perizia svolta da “Firrao ed altri” che
faceva parte dell’ordinanza-sentenza del G.I. Rosario Priore. (2) Si tratta di 19 pagine che richiedono
cognizioni particolari in materia di metallografia e frattografia ma leggendo le quali non si trova conferma
né di esplosione a bordo, né di una carica esplosiva esterna che possa aver colpito l’aereo.
Se le cose stanno davvero così vuol dire che siamo di fronte ad un problema insolubile, tale da mettere in
difficoltà sia i sostenitori dello scenario di battaglia aerea, sia chi sostiene invece che a bordo è avvenuta
una esplosione. (3)
Dal momento che eventi derivanti da “onde d’urto” ravvicinate capaci di distruggere un velivolo
commerciale non si sono mai verificati nella casistica mondiale degli incidenti aerei (4), abbiamo ritenuto
opportuno -a meno che non si voglia davvero ricorrere agli extraterrestri- riprendere a vagliare una terza
possibilità la quale in effetti era stata la prima ad essere proposta, ma che era stata scartata.
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Ventidue anni dopo la tragedia del DC9 Itavia accadde un incidente che nelle modalità di scomparsa
riproponeva lo stesso scenario del volo IH870. Il 25 maggio 2002 un Boeing 747 della China Airlines era in
volo livellato alla quota di 35.000 piedi quando improvvisamente, senza lanciare alcun messaggio radio,
scomparve dagli schermi radar. L’aereo si era disintegrato in volo nel giro di pochi secondi. (5)
Alle 15.27:59 sia il CVR come l’FDR si erano fermati in contemporanea, e l’ultimo ritorno di battuta radar fu
registrato alle 15.28:03 quattro secondi dopo che i registratori avevano smesso di funzionare. Gli esami
1
autoptici condotti sui corpi delle vittime, recuperati nel mare dello stretto di Taiwan, non presentavano
bruciature e tutte le ferite “were the results of multiple traumas and consistent with in-flight breakup and
subsequest water impact”. Anche il CVR, come nel caso di Ustica, non rivelò assolutamente nulla di
anormale: conversazioni di routine fino all’interruzione improvvisa delle registrazioni, e come ad Ustica le
maschere ad ossigeno non erano uscite dagli alloggiamenti.
Il rapporto finale su questo incidente fu pubblicato nel 2005 e confermò trattarsi di una explosive
decompression, un evento che secondo quanto precisa la FAA “ is a change in cabin pressure faster than the
lungs can decompress. Most authorities consider any decompression which occurs in less than 0.5 seconds
as explosive and potentially dangerous… often results in lung damage. To avoid potentially dangerous flying
debris in the event of an explosive decompression, all loose items such as baggage and oxygen cylinders
should be properly secured.” (6) E’ da osservare che nel definire l’evento, in molti testi assimilato
all’esplosione di una bomba, la FAA non lo ascrive a un modello particolare di aeromobile, ma lo presenta
come valido per tutti gli aerei (“to any pressurized airplane”) che si trovino in quota da 25.000 piedi in su.
Anche per il volo China Airlines 611 vennero vagliate le ipotesi ritenute più probabili quali:
-Midair collision;
-Engine failure and separation;
-Weather;
-Fuel tank explosion;
-Cargo door opening;
-Hazardous cargo;
-Explosive device
Ma a seguito delle indagini esse furono una dopo l’altra tutte scartate. Gli investigatori brancolavano nel
buio. Si sapeva che era avvenuta una structural failure (7) e ciò a seguito della decompressione esplosiva,
tuttavia rimaneva da chiarire come e perché la decompressione si fosse originata. La causa della stessa
rimase un mistero finchè non venne trovato e catalogato il frammento numero 640 il quale, a differenza di
tutti gli altri reperti, presentava caratteristiche tali da ricondurre alla fatica del metallo. Il velivolo era
uscito dalla fabbrica nell’agosto del 1979 e pertanto nel momento dell’incidente aveva già 23 anni di
servizio, aveva accumulato 64.810 ore di servizio ed aveva effettuato 21.398 cicli.
La vita operativa degli aerei, la cosiddetta “aging” era divenuta di scottante attualità da quando nell’aprile
1988 si verificò lo spettacolare incidente al Boeing 737 dell’Aloha Airlines, che riuscì ad atterrare dopo che
la parte superiore della carlinga si era letteralmente “scoperchiata” e il comandante guardando alle sue
spalle vide “blue sky where the first-class ceiling had been." L’aereo aveva effettuato 35.496 ore di volo e
solo grazie al particolare che i passeggeri avevano le cinture di sicurezza allacciate si registrò soltanto una
vittima. (8)
Manutenzione e fatica del metallo in un ambiente altamente corrosivo quale è il clima oceanico delle
Hawaii, vennero indicate come le cause dell’incidente Aloha.
Precisando che prima di venir acquistata dall’Itavia nel febbraio del 1972, la macchina I-TIGI aveva volato
con i colori della Hawaiian Airlines fin dal 1966 e che al momento dell’incidente aveva effettuato 45.932
cicli in 29.544 ore di volo, val la pena analizzare i motivi in base ai quali l’ipotesi di cedimento strutturale
era stata accantonata, ricordando che in ogni caso l’aereo è stato interessato da quello che in gergo viene
definito un in-flight breakup.
2
● La Relazione Luzzatti
“La Commissione ha acquisito agli atti che, a seguito dell’incidente, il Registro Aeronautico Italiano ha
disposto l’esecuzione immediata di un programma straordinario di controlli sulla struttura degli aeromobili
DC9 esteso a tutta la flotta Itavia, dando priorità all’aeromobile I-TIGE, gemello del velivolo incidentato ITIGI, con pari attività di volo e analogo impiego operativo….i controlli venivano eseguiti entro la prima
settimana di luglio 1980, con esiti negativi. Allo scopo di conoscere a titolo di riferimento, il comportamento
del velivolo DC9 in caso di cedimento strutturale, è stata effettuata una ricerca tra alcuni incidenti
caratterizzati da depressurizzazione rapida a seguito di tale cedimento.”
La ricerca prese in esame quattro precedenti incidenti:
-Inex Adria del 26 aprile 1976;
-Iberia 25 settembre 1979;
-Air Canada 17 settembre 1979;
-Alitalia 30 settembre 1970.
“Di tali casi di cedimento strutturale due sono stati provocati da indebolimento della paratia di
pressurizzazione, maturatosi durante l’impiego della macchina (corrosioni o crinature) e due da esplosioni
del motore. Come risulta dai rapporti di incidente, in ciascuno di questi casi vi è stata una
depressurizzazione con entrata in funzione dell’impianto dell’ossigeno di emergenza e si è pervenuti ad un
atterraggio in condizioni di sicurezza.”
Durante le primi indagini la commissione aveva stabilito che il troncone posteriore era rimasto dotato di
stabilità aerodinamica, ovvero di capacità portante (9) tuttavia nel momento dell’incidente, come verrà
confermato a posteriori dalle analisi dei due registratori di volo FDR e CVR, si verificò una improvvisa e
subitanea interruzione delle registrazioni e ciò dal punto di vista investigativo rappresentava un particolare
di estrema importanza (10). La subitaneità dell’evento è confermata anche dal particolare che le maschere
di ossigeno non erano fuoriuscite.
La relazione precisava inoltre alla pagina 63 che “la parte inferiore della fusoliera è stata certamente
interessata in maniera vistosa dall’evento disastroso.”
Ma il particolare su cui più insiste il rapporto è che fino a quel momento non si erano registrati casi fatali
di incidenti aerei che avevano portato a catastrofi similari a quella dell’I-TIGI:
“Il fatto che un aeromobile in volo livellato e stabilizzato subisca una “rottura” così subitanea e di tale
proporzione non trova spiegazione nelle attuali conoscenze della scienza delle costruzioni aeronautiche né
nella casistica degli incidenti. Infatti gli incidenti verificatesi ad aeromobili del tipo DC9 per cedimento
strutturale spontaneo, si sono risolti con danneggiamenti sensibilmente contenuti ed hanno in ogni caso
consentito, con le previste manovre di emergenza, la conclusione del volo in sicurezza” (11)
La relazione Luzzatti chiudeva avvertendo che “le caratteristiche attraverso le quali si è manifestato questo
incidente e cioè la subitaneità dell’evento, la gravità dello stesso e l’alto livello di energia sviluppatasi
all’interno dell’aeromobile (particelle rinvenute nei cuscini), possono trovare contemporaneo riscontro solo
nell’ipotesi di cedimento strutturale causato da deflagrazione di ordigno esplosivo”. (12)
Quando la relazione Luzzatti viene resa pubblica era il 16 marzo 1982, non erano stati ancora trovati i
registratori e si disponeva solo di alcuni frammenti fra cui il pezzo principale era la parte terminale del cono
di coda.
3
● L’ipotesi del cedimento strutturale nella S.O. Priore
L’analisi di tale ipotesi è contenuta nel Capitolo III, Introduzione, pagine 3880-3895 della SentenzaOrdinanza del giudice Rosario Priore depositata nell’agosto 1999. Le pagine in questione sono ricche di
interessanti considerazioni. Va tenuto presente che quando essa fu scritta, nelle campagne di recupero del
1987/1988, erano stati recuperati altri frammenti del relitto.
Proprio grazie a ciò si potè appurare “con ragionevole certezza che si era verificato il distacco in volo del
tronco di coda con le annesse superfici di stabilizzazione e controllo” (13) e pertanto si riteneva necessario
esaminare nuovamente l’ipotesi di cedimento strutturale.
Si passava quindi a considerare il cedimento “spontaneo” ma lo stesso veniva escluso, così come pure il
cedimento strutturale per sollecitazioni aeroelastiche. Si giunge così al cedimento per fatica: “La nascita e
la propagazione delle fessure per fatica può essere favorita da danneggiamenti accidentali del componente,
da errori di montaggio che possono indurre sovrasollecitazione, da fenomeni di corrosione, ecc. Cedimenti
strutturali spontanei in volo hanno pochissima probabilità di verificarsi, ma i pochi accaduti sono stati
generalmente causati dai predetti danneggiamenti per fatica e da cause concomitanti che possono aver
determinato una anomala propagazione della fessura od un suo non rilevamento durante le operazioni di
ispezione.” (14)
La perizia passa poi a chiarire che le rotture da fatica sono facilmente identificabili per la particolarità della
diversa granulosità che le contraddistingue. Le indagini condotte effettuate dal collegio frattografico non
rilevavano presenza di rotture per fatica, tuttavia “Alcune rotture per fatica (probabilmente per
sollecitazioni di tipo acustico) sono state osservate, attraverso ispezione visiva nella parte sinistra del cono
di coda, in posizione vicina al motore ma tali rotture, di limitata lunghezza, durante l’esercizio del velivolo
erano state correttamente individuate e riparate.” (15)
Si passava poi ad esaminare l’incidente di cedimento strutturale avvenuto in volo nel 1966 ad un bireattore
della compagnia Braniff (16). Tale incidente presentava analogie con quanto accaduto all’I-TIGI (anche in
quel caso si verificò il distacco in volo del tronco di coda) , ma le indagini appurarono che l’evento accadde
per le estreme condizioni meteo incontrate dal velivolo, fattore questo estraneo al volo Itavia 870. Si
parlava anche della casistica di quattro incidenti avvenuti nel corso di circa 13 anni di cedimento strutturale
per cause meteo.
Giungendo alle conclusioni del capitolo viene annotato quanto segue: “in conclusione si deve ritenere che
l’esclusione del cedimento strutturale –anche se nel corso dei lavori peritali erano emerse delle tendenze a
favore, probabilmente nell’intento di offrire un verdetto neutro- sia più che sufficientemente motivata e
pertanto debba essere accolta. Peraltro non era mai risultato nel corso della pluriennale istruttoria alcun
elemento di fatto in tal senso. Basterà ricordare che sia dal velivolo che dalle sale operative nessuna voce
aveva riferito di alcun genere di turbolenza. Così come era stato accertato, dagli atti acquisiti, che la
macchina non soffriva di alcun danno che ne determinasse pericoli di cedimento. Nessuna parte ha
contestato questi risultati né ha addotto elementi in pro dell’ipotesi in questione” (17)
Anche dalla lettura della ordinanza sentenza Priore si evince come la mancanza di sciagure similari
accadute in precedenza, sia ritenuta un fattore atto ad invalidare l’ipotesi del cedimento strutturale.
------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------Torniamo ora al ritrovamento del rottame censito con il numero 640 nell’incidente occorso il 25 maggio
2002 a un Boeing 747 che si trovava in fase di crociera nel collegamento da Taiwan a Hong Kong. Quel
reperto attirò l’attenzione di uno degli investigatori in quanto, a differenza di tutti gli altri fino ad allora
recuperati che mostravano frammentazioni, lacerazioni e strappi tipici dell’esplosione da decompressione,
si presentava invece alquanto “lineare”, quasi spezzato. Una tale particolarità è tipica della fatica del
metallo, come d’altra parte avevano avevano spiegato anche i periti nelle indagini su IH870. Il rottame 640
4
faceva parte della fusoliera sottostante la coda: ”Evidence of fatigue damage was found in the lower aft
fuselage centered about STA 2100, between stringers S-48L and S-49L,” (18)
A questo punto per gli investigatori di China 611 si presentavano due strade da seguire: la fatica del
metallo dovuta all’aging del velivolo e/o la ricerca di eventuali precedenti eventi che potevano aver
interessato la cellula strutturale dell’aereo. Il jumbo, entrato in servizio nel 1979, aveva effettuato 64.810
ore di volo e 21.398 cicli. Il suo ultimo maintenance “D” check era stato effettuato il 18 dicembre 1993.
Certificati di agibilità (“airworthiness”) tutti in regola secondo i regolamenti in vigore.
Circa la vecchiaia degli aerei va osservato che non esistono regole uniformi. Il DC9 Aloha con la fusoliera
scoperchiata nel 1988 aveva effettuato 89.680 cicli ed aveva solo 19 anni di vita. Nel dicembre 2005 negli
Stati Uniti volava ancora in servizio di linea un Grumman G53T con alle spalle 58 anni di servizio che perse
un’ala in volo; l’incidente provocò la morte di tutti i 20 occupanti. In pratica più che gli anni di servizio
contano i cicli ma bisogna ricordare che da quando sono state introdotte le tecniche NDE (Non Destructive
Evaluation) a raggi ultrasonici capaci di rivelare le più minuscole imperfezioni nella struttura del metallo
(19), le compagnie e le autorità tenute a certificare l’agibilità del velivolo, ritengono che una manutenzione
effettuata nei tempi e nei modi prescritti dal costruttore e secondo le direttive delle autorità di controllo, è
in grado di assicurare la integrità strutturale del velivolo durante gli anni in cui esso è mantenuto in servizio.
Man mano che le indagini sull’incidente di Taiwan procedevano, a scopo precauzionale tutti i 747 in servizio
presso la compagnia erano stati bloccati. Pazientemente si andò a ritroso negli anni per cercare lumi sulla
vita operativa dell’aereo incidentato e si dovette andare indietro di ben 22 anni prima di arrivare a
centrare il problema. Il 7 febbraio 1980 quello stesso aereo proveniente da Stoccolma nell’atterrare a Hong
Kong, ultima tappa intermedia prima di Taipeh, aveva avuto un tail strike, ovverosia la parte posteriore
finale della carlinga, quella sottostante la coda, aveva toccato la pista. L’atterraggio comunque avvenne
senza particolari difficoltà e giunto alla gate l’aereo sbarcò normalmente i passeggeri senza che questi
fossero stati allarmati per quella “strusciata” durata qualche secondo.
Una riparazione definita “temporanea” era stata effettuata in data 8 febbraio, e poi dal 23 al 26 maggio
venne effettuata quella definita la “permanent repair”. Dopodichè l’aereo riprese normale servizio, fu
sottoposto ai controlli obbligatori previsti, tutti evidentemente superati. (20) Quella riparazione però, così
appurarono gli investigatori, non era stata fatta come si sarebbe dovuto, e dopo 22 anni di servizio l’aereo
si disintegrò in volo proprio per quel motivo. Parlando di cicli (ognuno dei quali equivale a 1
decollo/atterraggio) va evidenziato che gli aerei a lungo raggio, come il B747, effettuano normalmente
meno cicli rispetto agli aerei impiegati sul medio-corto raggio. Ciò potrebbe spiegare il lungo periodo
trascorso fra la riparazione difettosa e l’evento catastrofico. Un lasso temporale talmente esteso che
all’indomani dell’incidente a nessuno fra le maestranze e la dirigenza della compagnia venne in mente di
ricollegare l’esplosione in volo a quella riparazione di routine.
Quando il rapporto fu pubblicato eravamo nel 2005.
E’ possibile che qualcosa di simile potesse essere accaduto all’I-TIGI ? Prima di rispondere a questa
domanda possiamo però affermare che l’incidente a China 611 potrebbe rappresentare quel “precedente”
che avrebbe potuto indirizzare gli investigatori di IH870 a considerare con più determinazione l’ipotesi di
in-flight breakup.
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Ebbene, in uno degli allegati alla Relazione Luzzatti e precisamente sotto il capitolo “Cronistoria degli
eventi di maggior rilievo relativi all’A/M DC9 marche I-TIGI N.C. 45724 dalla data di accettazione Itavia fino
alla data dell’incidente” è riportata sotto il giorno 15 novembre 1977, ovvero poco più di due anni prima
dell’incidente, la seguente annotazione:
5
Quindi il 15 novembre dell’anno 1977 l’I-TIGI aveva avuto un danno alla parte sottostante la coda,
danneggiamento che era stato riparato. In base a tale intervento l’aeromobile era stato di nuovo dichiarato
agibile al servizio. (21)
Era doveroso a questo punto indagare circa l’esistenza di altri documenti che fornissero ulteriori dettagli su
quanto accaduto all’aeroporto di Cagliari-Elmas nel novembre 1977 ma in realtà a quell’evento fu data
scarsa rilevanza. Fra gli atti della XIII legislatura (maggio 1996/maggio 2001) vi è un documento che
trattando del “DC9 Itavia” specifica quanto segue:
“In seguito aveva subìto normali interventi di manutenzione, ad eccezione di due interventi di carattere
particolare, uno dei quali da considerare con particolare attenzione, in considerazione delle conclusioni degli
accertamenti peritali circa le modalità di separazione delle parti della fusoliera. Il 15 novembre 1977 infatti,
il DC9 aveva subìto danni a causa di un forte vento (sul rapporto del RAI n. 0482/c del 15 dicembre 1977
viene indicata una tromba d’aria nda), che aveva fatto adagiare il velivolo sulla coda, mentre era
parcheggiato sul piazzale di sosta dell’aeroporto di Cagliari. Si era dovuto intervenire sulle ordinate
posteriori di fusoliera, fuori della zona pressurizzata. Per tali lavori furono seguite le indicazioni della casa
costruttrice.” (22)
La sciagura di China 611 per ovvie ragioni temporali non poteva venir presa in esame fra i “precedenti” da
parte degli investigatori di Ustica, ed inoltre di quell’incidente -è questa una costante dei nostri media- a
parte le roboanti notizie all’indomani della sciagura, non venne dato eccessivo risalto, anche perché a
bordo del volo non vi era alcun cittadino italiano. L’uscita del rapporto finale, avvenuta nel 2005, rimase
confinata agli addetti ai lavori e comunque non vi era motivo di ricollegare questa sciagura a IH870 dal
momento che di incidenti alla sezione coda dell’I-TIGI non se ne parlava affatto: ormai tutti erano alla
ricerca di chi aveva sparato il missile o di chi avrebbe potuto sistemare una bomba a bordo.
Per completezza di cronaca va ricordato che nel 1985 era avvenuto un altro drammatico incidente nei cieli
asiatici sempre dovuto a problemi di improper maintenance. Il 12 agosto di quell’anno 520 persone
morirono quando un Boeing 747 della Jal perse pezzi della coda ma continuò a volare per circa 30 minuti, in
pratica fuori controllo, prima di precipitare. (23) Anche in questo caso all’origine dell’incidente vi era
stato un tailstrike avvenuto sette anni prima cui aveva fatto seguito una errata manutenzione. Questo
incidente sarebbe potuto rientrare fra i “precedenti” da considerare da parte del team investigativo di
Ustica -le risultanze finali furono infatti rese note il 6 agosto 1986- ma con ogni probabilità non essendo
occorsa una subitanea deflagrazione con relativa improvvisa scomparsa del velivolo dai radar, anche in
questo caso l’evento del tail strike, causa dell’incidente, non fu collegato a IH870.
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6
“Dunque se non c’è stata esplosione interna né esterna, cosa ha abbattuto un aereo in volo rettilineo in un
cielo terso a 7000 metri di quota? “
In risposta a tale domanda e sulla base di quanto fin qui esposto riteniamo doveroso evidenziare i seguenti
punti:
a) E’ possibile che nell’incidente di Ustica “il rottame numero 640”, ovvero il reperto che poteva provare la
fatica del metallo sia rimasto in fondo al mare?
b) Va preso comunque atto che sono avvenuti due incidenti fatali a due compagnie di bandiera
internazionali per i quali si è accertato che la causa del disastro, in entrambi i casi, è stata una riparazione
che si credeva fatta in modo corretto, tale da permettere ai velivoli in questione di venir autorizzati alle
operazioni, e che invece era stata effettuata in modo “improper”. In entrambi i casi il danno era avvenuto
nella stessa parte finale del velivolo che aveva interessato l’I-TIGI il 15 novembre 1977.
c) Pertanto le certezze espresse in passato (“Il fatto che un aeromobile in volo livellato e stabilizzato subisca
una “rottura” così subitanea e di tale proporzione non trova spiegazione nelle attuali conoscenze della
scienza delle costruzioni aeronautiche né nella casistica degli incidenti. Infatti gli incidenti verificatesi ad
aeromobili del tipo DC9 per cedimento strutturale spontaneo, si sono risolti con danneggiamenti
sensibilmente contenuti ed hanno in ogni caso consentito, con le previste manovre di emergenza, la
conclusione del volo in sicurezza”) andrebbero rivisitate alla luce delle due sciagure occorse per le quali “la
conclusione del volo in sicurezza” non è avvenuta. (24)
A febbraio del 2016 l’autore di questo scritto ha inviato una email all’ASC, Aviation Safety Council, di
Taiwan l’agenzia governativa che ha investigato sulla sciagura di China611, chiedendo se mai essi
sarebbero potuti giungere a determinare la causa della sciagura se non si fosse ritrovato il reperto 640.
Ecco la risposta che cortesemente l’ente ci ha fornito:
“Please refer to the 3.1 Findings related to the probable causes. From the finding n. 2 to n. 6 of 3.1 are all
relevant to the key evidence, item n. 640. Without that key evidence, we could not conclude such probable
causes.”
E continua la risposta:
All the investigation shall be based on the evidence, the fact. If we did not have enough evidence to support
our analysis, we may conclude the probable causes "undetermined".
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La nostra esposizione è giunta al termine. In essa abbiamo voluto rispolverare l’incidente del novembre
1977 che ha riguardato la parte posteriore della fusoliera dell’I-TIGI e ricordare che nel 1985 e nel 2002
sono avvenuti due incidenti mortali che potrebbero rappresentare quel “precedente” che era stato
riportato come mancante nella casistica della safety aeronautica. Ovviamente non possiamo in alcun modo
affermare che la riparazione fatta all’I-TIGI nel 1977 sia un caso di improper maintenance, più
semplicemente abbiamo voluto avanzare una teoria che potrebbe fornire una spiegazione alla sciagura del
27 giugno 1980.
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N.B. In tutti i casi in cui il testo è riportato in neretto, tale aggiunta è di nostra iniziativa.
7
(1) Goran Lilja: “Ustica, il mistero e la realtà dei fatti “ Logisma Editore, novembre 2014
(2) Procedimento Penale N. 527/84 A G.I. ; Capitolo XXXI “Perizia metallografica-frattografica Firrao ed altri” 30.07.1994
(3) Circa i cieli affollati in quella sera del 27 giugno 1980 ricordiamo quanto ebbe a dichiarare il comandante di Alitalia Aldo
Pezzopane.(www.strageustica.it ; la relazione Taylor, presentazione del comandante Alitalia, Aldo Pezzopane): “Quella sera del 27
giugno 1980 ero in volo da Tunisi a Fiumicino, al comando di un B-727 (I-DIRU) ed ero su una rotta ad ovest del punto in cui
successivamente si stabilì che scomparve il DC9. Dall' orario di atterraggio a FCO, 21.10 locali, mi resi conto in seguito di aver volato
a sud di Ponza proprio nel periodo dell'incidente. Posso dire "io c'ero" ma posso anche dire che non percepii sintomi di alcunchè di
anomalo. Con il sole molto basso sull'orizzonte e totale assenza di nubi c'erano ottime condizioni per visualizzare anche traffici
lontani. Nessuno mi chiese mai niente. Qualche anno fa ebbi occasione di esprimere un parere tecnico al Giudice Istruttore, relativo
alla possibilità di tirar fuori qualcosa da un numero enorme di tabulati delle registrazioni dei parametri di volo di quasi tutti gli
aeromobili nazionali in quell'area quella sera. Ebbi la soddisfazione di trovare anche la registrazione del mio volo a distanza di oltre
quindici anni. Per il resto, almeno per quei tabulati che avevano un minimo di affidabilità, nemmeno l'indicazione di un pò di
turbolenza.” E ancora sull’argomento “affollamento e scenari di guerra” va annotato che anche il volo Air Malta, che seguiva il DC9
Itavia a 10 minuti di distanza, non riporterà alcun rapporto di traffici sconosciuti o di mancate collisioni.
(4) Ci riferiamo in particolare all’ipotesi di missile blast a sovrappressione e ai casi di passaggio ravvicinato di aerei a reazione.
(5) L’aereo in questione era un B747-200 della compagnia China Airlines in volo fra Taipeh e Hong Kong. A bordo si trovavano 225
persone, equipaggio incluso, e di essi furono recuperati 175 corpi. I rottami dell’aereo caddero in mare nello stretto di Taiwan. Il
rapporto finale sull’incidente venne pubblicato il 25 febbraio 2005. (ASC-AOR-05.02-001)
(6) AC-61-107 “Operations of aircraft at altitudes above 25.000 feet msl and/or mach numbers than .75 ; Federal Aviation
Administration 2007-07-15. Le altre due tipologie di decompressione, meno traumatiche, sono la “Rapid decompression” e la
“gradual decompression”.
(7) Dalla pagina 134 alla 139 del rapporto ASC di cui al punto 5)
(8) L’unica vittima dell’incidente fu la hostess Clarabelle Lansing il cui corpo non venne mai ritrovato.
(9) Avvertiva la relazione Luzzatti (pagina 43) che “un secondo troncone ha assunto una traiettoria verso sinistra, circa ortogonale
alla rotta, in un tempo di circa mezzo minuto e l’ha mantenuta per circa tre minuti, per poi sparire dalla portata del radar.”
(10) Annoterà in seguito l’investigatore Frank Taylor che faceva parte anch’esso, come Goran Lilja, del team dei periti stranieri: “the
cessation of power prior to any recorded data change or sound signal suggests that the initial failure was in the region of the
starboard engine….both as a result of electrical power failure” vedi “A case history involving wreckage analysis”, ottobre 1998.
(11) Pagina 64 del Rapporto investigativo Luzzatti.
(12) Pagina 65 del Rapporto investigato Luzzatti.
(13) Pagina 3881 del documento di cui alla nota 2)
(14) Pagina 3884,3885 del documento di cui alla nota 2)
(15) Pagine 3885/3886 del documento di cui alla nota 2)
(16) L’incidente avvenne il 6 agosto 1966 nei pressi di Falls City, Nebraska, ma in effetti non aveva molte analogie con il caso Itavia
in quanto il velivolo stava attraversando una forte turbolenza e non era nella fase di crociera, bensì si trovava a 5000 piedi.
L’indagine appurò trattarsi di "In-flight structural failure caused by extreme turbulence during operation of the aircraft in an area of
avoidable hazardous weather."
(17) Capitolo “Conclusioni del Collegio Misiti”, O.S. GI Priore, pagina 3895
(18) Pagina IV del Volume primo del rapporto investigativo dell’ASC (Aviation Safety Council) ASC-AOR-05-02-001
(19) Con la tecnica NDE si possono scoprire cracks impercettibili all’occhio umano fino alla misura minima di 0.04 inch.
L’applicazione della stessa è avvenuta gradualmente negli anni: “In the 1970s, the U.S. Air Force introduced the damage-tolerant
assessment concept for the military aircraft industry. To determine flaw-size detectability for in-service inspection, Lockheed
conducted the first evaluation of NDE methods (Lewis et al., 1979). The evaluation concluded that the overall reliability of NDE
performed by the Air Force fell significantly below the anticipated and needed capabilities. NDE reliability analysis or probability of
detection has been thoroughly discussed in the literature and is commonly used in today's industry to determine inspection
capability (Berens, 1989). The difficulty in using the present NDE techniques is that the cost of conducting a reliability study is
extremely prohibitive for the commercial airline industry.”: http://www.nap.edu/read/5070/chapter/10#69
(20) A tal proposito annota il rapporto dell’ASC nella pagina 12: “B-18255 Aircraft Logbook indicated that the aircraft was grounded
for fuselage bottom repair from May 23 to 26, 1980 (Appendix 6). The “Major Repair and Overhaul Record“ page of the same
logbook recorded the permanent repair dated May 25, 1980 (Appendix 7), which stated that the repair was accomplished per the
Boeing SRM section 53-30-03 figure 1.”
(21) Sull’aspetto relativo a possibili danni avuti in precedenza, va ricordato che nei giorni immediatamente successivi alla sciagura il
comandante dell’Itavia Adriano Ercolani aveva espresso “una serie di apprezzamenti negativi sui velivoli usati dall’Itavia. Tra l’altro
afferma ‘Gli aeroplani sono vecchi, rabberciati, riparati alla meno peggio; tutti gli elementi non essenziali rimangono guasti per
giorni.” Dal resoconto stenografico della 149° seduta del Senato dell’8 luglio 1980. (pagg.7908)
(22) XIII legislatura, Disegni di legge e relazioni-Documenti, Camera dei Deputati. Capitolo II “L’evento e i primi depistaggi” quanto
da noi riportato è estratto dalla pagina n. 357. La XIII legislatura si svolse dal 9 maggio 1996 al 29 maggio 2001. Nel 1989 la
Commissione Stragi, istituita l'anno precedente e presieduta dal senatore Libero Gualtieri, deliberò di inserire tra le proprie
competenze anche le indagini relative all'incidente di Ustica, che da quel momento divenne pertanto, a tutti gli effetti, la Strage di
Ustica.
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(23) L’incidente avvenne il 22 agosto 1985 ; a quella data il Boeing 747 della Jal aveva accumulato 25.000 ore di volo e 18.800 cicli.
La discesa, in pratica senza controllo, durò esattamente 32 minuti, e molti passeggeri ebbero il tempo di scrivere l’addio ai loro
congiunti. Durante le indagini la Boeing calcolò che la riparazione, così come era stata fatta, avrebbe potuto reggere per circa
10.000 cicli; l’aereo al momento della sciagura e a partire dall’intervento, aveva completato 12,318 voli senza alcun problema.
(24) Va annotato che anche all’indomani dell’incidente avvenuto il 31 ottobre 2015 all’Airbus della compagnia russa Metrojet, dal
momento che la macchina aveva avuto un tail strike nel novembre del 2001, nei giorni seguenti alla sciagura, prima che venisse
provata la presenza di esplosivo fra i rottami (caduti in terra), una delle prime ipotesi avanzate fu quella del cedimento strutturale
proprio a seguito del tail strike del 2001. Anche in questo caso si era verificata una improvvisa esplosione in volo senza che
l’equipaggio avesse avuto il tempo di inviare messaggi di soccorso.
AAR- Safety Newsletter (04/16), 29 Febbraio 2016
www.air-accidents.com
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