Scarica Documentazione - Necessità educative speciali

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“Storia di Equilibristi e difficili equilibri “
Autore Patrizia Belluzzo
Un attore girovaga tra il pubblico, cantando una canzoncina e salterellando. Si dirige verso il palco.
Io, la mia mamma, il mio papà e mio fratello viviamo in un circo e siamo equilibristi. Al circo ci sono molte
altre famiglie: di domatori di leoni, di trapezisti, di clown ed anche di giocolieri.
I miei genitori mi hanno detto che sono diventati equilibristi da quando sono nato io … sì, in effetti i primi
dieci anni della mia vita sono stati un duro allenamento per riuscire a camminare su quella corda tesa tra i
due pali, lassù dove il cielo sembra più vicino .
Quando ero nella pancia di mamma, che noia, davo calci tutto il giorno, volevo uscire e vedere cosa c’era là
fuori. Poi finalmente sono nato e, che noia, sempre legato da qualche cintura, volevo muovermi e vedere il
mondo, io!. Poi ho cominciato a frequentare il “Castello dei Bimbi che Giocano”, che spasso, sempre a fare
qualcosa di divertente; poi, sono passato al “Castello dei Bimbi che Giocano e Imparano”, e che noia,
sempre a stare fermo, dormire all’ora prestabilita, colorare i bimbi con i cappelli marroni, no viola, il viola
proprio non andava bene!
Nel “Castello dei Bimbi che Imparano” la situazione diventò un vero spasso (ironico) … Io mi muovevo di
continuo e le Fate delle Lettere e dei Numeri dicevano “Stai fermo!”, ma io non riuscivo a star fermo. E loro
sempre sedute, ferme, che parlavano, che noia!
Poi alcune Fate cominciarono ad avere una vera incomprensibile passione per il mio diario … scrivevano e
scrivano (passano slide con le note sul diario) e mamma leggeva e leggeva. Poi una notte non riuscì più a
dormire: sul quaderno una Fata aveva scritto “Vergogna, dovevi solo copiare”. Io non capivo di cosa dovevo
vergognarmi. Io avevo provato a trascrivere quello che c’era alla lavagna, ma quando cercavo di prendere
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tutte quelle lettere, nel tragitto dalla lavagna al mio quaderno, non so perché, volavano via! Un vero
mistero!
A mensa, poi, un vera goduria! (ironico) Ero colto da un certo incantesimo per il quale, quando cercavo di
portare il cibo alla bocca, forse a causa del tragitto troppo lungo, invece di arrivare tra i denti e la lingua,
andava a finire sul pavimento. I bimbi mi prendevano in giro, ma noi equilibristi siamo gente del circo e
cerchiamo sempre di riderci un po’ su.
Scrivere, poi, era una vera passione (ironico), le lettere dovevano toccare le righe in alto ed in basso, cieloterra, diceva mamma, ma che fatica! “ ‘O’ con il ciuffo e ‘a’ con il braccino basso” … ripeteva, ma non so
come mai i ciuffi e i braccini non erano proprio il mio forte.
Le ore di musica poi erano un vero sballo (ironico): ”Do, re, mi … su bambini ripete!” . Durante, poi, le
recite di Natale, che bella la musica! Le mie braccia e le mie gambe si muovevano sempre ed
allegramente, ma la maestra, che forse aveva uno strano senso del ritmo mi diceva “No, stai fermo, stai
fermo”. Che noia!
Nel “Castello dei Bimbi che Imparano” una parola era molto di moda: devi. Devi imparare, devi capire, devi
adeguarti, devi studiare, devi essere educato, devi rispettare le regole, devi essere ordinato, devi stare
fermo, devi essere felice, devi , devi, … A me invece garbava un’altra parola: mi piace. Mi piace imparare, mi
piace leggere, mi piace fare esperimenti, mi piace muovermi, mi piace scoprire cose nuove, mi piace stare
nella mia isola, mi piace giocare, mi piace la musica, mi piace, … mi piace.
“Sono felice. Mio figlio ha scritto una bella favola, tutto da solo, con pochissimi errori …” “E no, signora
Equilibrista non va bene, suo figlio non può sempre scrivere solo Favole, deve scrivere anche Cronache
dell’Epoca … questo dice la Legge del Castello, io devo seguire il la Legge… !”.
“Federico è un bambino con un grande potenziale, ma è un bambino che si muove a suo agio soprattutto
fuori dagli schemi” disse un giorno la Fata Logoista (o qualcosa del genere) alle Fate delle Lettere e dei
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Numeri. “Si concentra più facilmente, se fa attività di tipo manuale es. se disegna”. Questa sì che era una
tipa tosta: nel suo rifugio, che spasso! Lei mi capiva, veniva a trovarmi nella mia isola e solo dopo si
scendeva giù nella sua per fare gli esercizi che sembravano dei giochi. “No, non è possibile permettergli di
disegnare, non è giusto nei confronti degli altri bambini!” …. Ripetevano le Fate, facendo non con il capo.
Gli adulti sono proprio strani: tirano in ballo il senso di giustizia solo quando fa più comodo a loro. E poi che
torto potevo fare agli altri nel disegnare un po’ mentre ascoltavo le Fate che spiegavano? Boh?
Le Fate erano proprio toste soprattutto quando giocavano al gioco del “Ho ragione io”. “Federico è un
maialino”. “Non è vero che i compagni non accettano Federico: è lui che la pensa così!”. “Vuole essere
sempre al centro dell’attenzione!” .
“Il bambino che descrivete non è quello che vedo io: Federico è un piccolo Einstein”.
“Federico è maleducato!”.
Solo in una cosa tutte loro concordavano “Federico è un bambino dal pensiero veloce, intuitivo ed arriva
alla soluzione dei problemi in modo assolutamente originale e creativo!” Bingo! Ora sì che avevano capito
qualcosa di me! Ma allora, se pensavano tutte così perché non me lo dicevano mai?
Questi incontri tra le Fate, la Fata Logoista e la mia mamma erano veramente uno spasso, assomigliavano
proprio al gioco di “Ce l’hai” o meglio “Ce l’hai … tu la colpa di … ” …. Alla fine del gioco non c’erano mai
vincitori, ma solo sconfitti! …. “Tutti giù per terra!”.
In fin dei conti la storia era così semplice: io volevo solo essere riconosciuto come il più bravo almeno in
una cosa, anche se piccola … volevo essere utile a qualcuno …. mamma e papà mi dicevano sempre che ero
bravo … ma loro sono i miei genitori e quindi non vale!
Quello della Fate era un mondo molto variegato. Le Fate-Amo-i- Bambini, le mie preferite, erano quelle che
appena sentivano l’odore della cioccolata calda e dei biscottini appena sfornati si buttavano giù a capofitto
nella mia isola e giù a fare capriole e a divertirsi! Ma di queste ce n’erano rimaste poche; qualcuno dice che
il vento del nord le avesse trascinate lontano, durante una notte di un gelido inverno. Poi, c’erano le FateCome-Devo-Fare: erano Fate molto tenere che volevano essere d’aiuto, ma non sapevano mai bene come
ed erano sempre alla ricerca di manuali sacri; spesso, però, rimanevano deluse nel scoprire che la formula
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per guarire dagli incantesimi purtroppo non è stata ancora inventata. Ma quelle più faticose per me erano
le Fate-Ignoro-di-Ignorare … di queste in realtà preferirei non parlare (fa segno di chiudersi la bocca con le
dita), … (a bassa voce) vi dico solo che ne hanno avvistate a flotte, muoversi lentamente, spesso sotto
mentite spoglie … ; le hanno viste raggrupparsi per darsi manforte …
Sapete, a me tutte queste storie da grandi mi hanno sempre scocciato un po’: a me piace vivere nella mia
isola preferita. Ogni attività là si può fare con il tempo giusto, ma non quello degli adulti, il mio tempo
giusto. Gli adulti sono strani: dicono che vogliono stare tranquilli e poi sono sempre di fretta … Nella mia
isola ogni oggetto è sempre al suo posto perché ogni posto è quello giusto…. Nella mia isola non bisogna
mai aspettare, perché appena vuoi qualcosa, qualcosa arriva; invece nel mondo degli adulti bisogna sempre
aspettare, aspettare, …. che noia!
Qualche altro bambino, conosce la mia isola … ma la maggioranza purtroppo no! Quando io sono là mi
diverto, sto bene …. I bambini dei domatori di leoni, dei trapezisti, dei clown ed anche dei giocolieri ma
soprattutto le loro mamme dicevano che ero un po’ strano: forse avevano paura di diventare strani
anche loro stando vicino a me! … Sarà stato per questo che spesso non mi invitavano alle loro feste.
Il mio gioco preferito era fare domande da 1 milione di ….. alla mia mamma “Mamma perché sono diverso
dagli altri?”. Mamma non era tanto brava a questo gioco e allora ne inventava un altro, quello del “Non
tutto il mal vien per nuocere ”; la mamma, a forza di giocarci, alla fine ci credeva veramente!
Poi cominciò il gioco dell’ “Indovina da che scienziato andiamo?”. Eh, sì, dato che io non funzionavo tanto
bene, i miei genitori cercarono di capire cosa avessi e trovare magie per farmi guarire.
Incontrammo gli scienziati più strani del pianeta, ognuno aveva la sua opinione e nessuno la stessa.
“Fai un disegno della felicità” un disegno della felicità? Ma se lo faccia lei.
“Voi genitori, prima pagare e poi noi scienziati dire ….”
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Con una scienziata facevo sempre i disegni di Goku Super Sayan, la mia passione del momento, ma non
credo che lei conoscesse questi cartoni perché dopo alcuni incontri disse “Suo figlio è arrabbiato!”
Arrabbiato io? Si vede che i grandi non sanno più riconoscere un buon cartone animato.
“Mi dica egregio scienziato, ma allora mio figlio è dis?” “Dis, ma signora Equilibrista, la dis non esiste, uno al
mattino non è dis e poi al pomeriggio diventa dis”
“Siediti qui da bravo ragazzino, dimmi cosa ti piace della scuola!” “L’intervallo” risposi io. Ma cosa direste
voi a uno che vi lega stretto ad un palo e vi chiede “Cosa ti piace nell’essere stretto al palo?” Cosa mi piace
della scuola? Fa fammi il piacere!!
Uno scienziato concluse che avevo problemi di comunicazione, l’altro che avevo qualcosa all’attenzione,
l’altro decretò che all’attenzione non avevo nulla, ma ciò che non andava era la vista; un altro disse che la
vista era ok, ma che dovevo andare in ospedale… un altro affermò che non dovevo andare in ospedale e
che avevo problemi con le lettere; un altro ancora che non avevo problemi con le lettere e che dovevo
andare da una psi qualcosa. Un altro che avevo un problema che finiva in “-assìa” … alla fine decretarono
che c’erano tante cose in me, tutte morbidose o qualcosa del genere.
Mamma era una pessima equilibrista, aveva sempre paura di volare giù e cercava appigli per non cadere;
lei pretendeva sempre tanto da me: mi voleva perfetto. Papà invece non sopportava gli scienziati e diceva
che io ero così, solo perché non avevo voglia di essere diverso da così. E mio fratello, poi, …. nessuno nella
nostra famiglia aveva più tempo per ascoltarlo e con il tempo, diventò un grande equilibrista, con specialità
“urlatore”.
(Cambia tono, diventa serio)
Ripensandoci, sono stati 10 anni divertenti anche se pieni di duri allenamenti; a volte per fami diventare più
bravo i miei allenatori mi tiravano le palle addosso e dicevano “Vedi, non sta in piedi, non è abbastanza
motivato! Te l’avevo detto che non poteva farcela!” Quelli erano i momenti più duri: abbassavo gli occhi,
non dicevo nulla, forse qualche piccola lacrimetta e poi con mamma si faceva il suo gioco preferito “Non
tutto il mal vien per nuocere” e lei qualcosa di utile la trovava sempre! Io facevo finta di essere d’accordo,
così poi mi lasciava un po’ in pace.
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Noi equilibristi non possiamo avere momenti di sbandamento, dobbiamo essere forti, guardare avanti, né
indietro, né in basso, altrimenti rischiamo di cadere e non siamo sempre così certi che ci sia lì, pronta per
noi …. una rete per sostenerci.
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