Corso di riallineamento Lingua italiana Profssa Cossu, Morfologia

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Corso di riallineamento Lingua italiana Profssa Cossu, Morfologia
La morfologia
La morfologia è quella parte della grammatica che analizza e descrive le forme assunte
dalle parole a seconda della funzione che svolgono e dei significati che rivestono. Le singole
parole, insieme ad altre che hanno caratteristiche analoghe, danno vita a nove parti del
discorso. Queste si dividono in due gruppi:
parti variabili, che possono modificare la loro forma a secondo del genere, del numero e, nel
caso dei verbi, del tempo e del modo; esse comprendono il verbo, il nome, l’articolo,
l’aggettivo, e il pronome;
parti invariabili, che non hanno la possibilità di variare la loro forma; ne fanno parte,
l’avverbio, la preposizione, la congiunzione e l’interiezione.
L’articolo
L’articolo è la parte variabile del discorso che precede il nome, di cui precisa il genere
(maschile o femminile) e il numero (singolare o plurale). Esso può essere di due tipi,
determinativo e indeterminativo.
L’articolo determinativo precede i nomi di esseri o cose precisi o conosciuti
nell’ambito del discorso, es. il libro di Luca, il libro nuovo, il libro nello zaino...singolare ple
Queste le forme:
Singolare
Plurale
Maschile
Il, lo, l’
I, gli
Femminile
La , l’
Le
Uso dell’articolo determinativo
Lo (singolare), gli (plurale) si usano davanti a parole maschili che iniziano con:
– vocale o h; in questo caso, lo diventa l’: l’incendio, l’abito, l’ospite, l’hotel...; gli incendi,
gli abiti, gli ospiti, gli hotel...
– x, y, z, gn, pn, ps, s + consonante, i + vocale: lo zio, lo yogurt, lo gnocco, lo pneumatico, lo
psicologo, lo sceriffo, lo stivale, lo iugoslavo...; gli zii, gli yogurt, gli gnocchi, gli pneumatici,
gli psicologi, gli sceriffi, gli stivali, gli iugoslavi...
Il (singolare), i (plurale) si usano davanti a parole maschili che iniziano con tutte le altre
consonanti: il fiore, il dente, il bambino, il cane...; i fiori, i denti, i bambini, i cani...
La (singolare), le (plurale) si usano davanti a tutti i nomi femminili; la diventa l’ davanti alle
parole che cominciano per vocale: la casa, la donna, la giacca, l’anima, l’unghia, l’isola...; le
case, le donne, le giacche, le anime, le unghie, le isole...
Attenzione L’articolo determinativo non si usa:
– davanti ai nomi propri di persona e di città: Luca è antipatico. Torino è una bella città.
– davanti ai nomi di parentela singolari preceduti da un aggettivo possessivo: mio padre, mia
madre, tuo nonno, tua nonna, suo zio, sua zia, vostro figlio, vostra figlia; si dice però: la mia
mamma, il mio papà.
L’articolo determinativo si usa:
– davanti ai cognomi al plurale: I Rossi abitano vicino a noi.
– davanti a nomi geografici che indicano monti, fiumi, laghi, mari, oceani, regioni, Stati,
continenti, isole maggiori: le Alpi, il Monviso, il Po, il Danubio, il Garda, ilMediterraneo,
l’Egeo, il Pacifico, la Francia, l’Africa, il Piemonte, la Sicilia...
– davanti ai nomi di parentela preceduti dall’aggettivo possessivo loro: il loro nipote, le loro
cugine, i loro zii...
– davanti a titoli di opere: la Divina Commedia, i Promessi Sposi...
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L’articolo indeterminativo
L’articolo indeterminativo precede i nomi di esseri o cose generici o non conosciuti
nell’ambito del discorso. un libro, un libro nuovo. Queste le forme:
Singolare
Maschile
Un, uno
Femminile
Una, un’
Uso dell’articolo indeterminativo
Uno si usa davanti a parole maschili singolari che iniziano con:
– x, y, z, gn, pn, ps, s + consonante: uno xilofono, uno yogurt, uno zoccolo, uno gnomo, uno
studente, uno psicologo...
– i + vocale: uno iugoslavo, uno iato...
Un si usa davanti a parole maschili singolari che iniziano con:
– tutte le altre consonanti: un fratello, un leone, un temperino, un gioco, un dubbio...
– una vocale, tranne i + vocale: un amico, un orso, un esercito, un istante...
Una si usa davanti a tutte le parole femminili singolari; se la parola inizia per vocale (tranne i
+ vocale), una diventa un’:una bambina, un’alunna, una giraffa, un’auto, un’isola, una
dimenticanza, un’idea, una iugoslava, una iena...
L’articolo indeterminativo non ha una forma per il plurale; al suo posto si usano dei, degli
per il maschile, delle per il femminile, oppure alcuni e alcune: dei libri, alcuni libri; degli
animali, alcuni animali; dei dischi, alcuni dischi; degli studenti, alcuni studenti; delle
ragazze, alcune ragazze; delle balene, alcune balene...
Dei, degli, delle si usano in base alla lettera iniziale del nome che segue, secondo la regola
degli articoli determinativi.
Il nome
Il nome o sostantivo è la parte variabile del discorso che indica persone, animali,
oggetti, luoghi, idee. Giulia: indica una persona parco: indica un luogo cane: indica un
animale libertà: indica un concetto astratto.
Nomi comuni e nomi propri
I nomi comuni indicano persone, animali, oggetti o luoghi in modo generico senza
distinguerli all’interno della loro categoria.
I nomi propri indicano una persona, un animale, un oggetto o un luogo distinguendoli
in modo unico dagli altri della stessa categoria.
Attenzione! I nomi propri si scrivono sempre con l’iniziale maiuscola.
Nomi individuali e nomi collettivi
I nomi individuali indicano una sola persona, un solo animale o un solo oggetto. I
nomi collettivi indicano un insieme di persone, di animali o di oggetti della stessa specie
Ecco un elenco di nomi collettivi:
gregge un insieme di pecore
orchestra un insieme di musicisti
comitiva un insieme di turisti
flotta un insieme di navi o di aerei
biblioteca un insieme di libri
truppa un insieme di soldati
scolaresca un insieme di scolari
stormo un insieme di uccelli
pineta un insieme di pini
coro ’ un insieme di persone che cantano
I nomi e la loro forma: il genere
I nomi possono essere di genere maschile o femminile. I nomi di cosa (oggetti,
luoghi, sentimenti...) hanno un solo genere, o maschile o femminile: l’albero, il sole, la sedia,
l’acqua...
Attenzione Quando i nomi di cosa sembrano avere sia il maschile sia il femminile si tratta in
realtà di falsi cambiamenti di genere: la colla e il collo non sono il femminile e il maschile
della stessa parola, ma sono due nomi diversi, con significato diverso.
Ecco alcuni esempi:
il banco (= tavolo) la banca (= istituto di credito)
il busto (= parte del corpo) la busta (= involucro per lettere)
il costo (= prezzo d’acquisto) la costa (= zona di terra vicino al mare)
il porto (= per le imbarcazioni) la porta (= apertura del muro)
il foglio (= di carta) la foglia (= dell’albero)
Il genere dei nomi di persone e animali
In genere sono maschili i nomi che indicano persone e animali di sesso maschile e
femminili quelli che indicano persone e animali di sesso femminile. Ci possono però essere
delle eccezioni (per esempio la sentinella è un soldato che può essere sia di sesso maschile sia
di sesso femminile). il nonno, la nonna; il figlio, la figlia; il gatto, la gatta...
I nomi di persona e di animale possono cambiare genere. Dal nome maschile si ottiene il
femminile cambiando desinenza secondo lo schema seguente:
nomi in -o: il gatto in -a: la gatta
nomi in -e: il cameriere in -a: la cameriera il conte in -essa: la contessa
nomi in -a: il poeta in -essa: la poetessa
nomi in -tore: il pittore in -trice: la pittrice il dottore in -toressa: la dottoressa
Eccezioni
Nomi che presentano per il maschile e il femminile forme del tutto diverse:
uomo ’ maschile
donna ’ femminile
padre ’ maschile
madre ’ femminile
fratello ’ maschile
sorella ’ femminile
cane ’ maschile
cagna ’ femminile
gallo ’ maschile
gallina ’ femminile
Nomi che hanno un’unica forma sia per il maschile sia per il femminile:
il preside ’ maschile
la preside ’ femminile
il cantante ’ maschile
la cantante ’ femminile
il nipote ’ maschile
la nipote ’ femminile
il giornalista ’ maschile
la giornalista ’ femminile
il collega ’ maschile
la collega ’ femminile
I nomi e la loro forma: il numero
I nomi possono essere singolari o plurali. Sono singolari i nomi che indicano una sola
persona, un solo animale o una sola cosa: pesce, bambino, cane, libro, barca...
Sono plurali i nomi che indicano più persone, animali o cose: pesci, bambini, cani, libri,
barche...
Per formare il plurale dei nomi ti sarà utile il seguente schema:
nomi maschili in -o: anello plurale in -i: anelli
nomi femminili in -a: casa plurale in -e: case
nomi maschili in -a: poeta plurale in -i: poeti
nomi maschili e femminili in -e: mese, volpe
plurale in -i: mesi volpi
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Attenzione Nel passare dal singolare al plurale dovrai fare molta attenzioneall’ortografia, come
mostra lo schema di pagina seguente:
desinenza desinenza plurale esempi
singolare
DD
Desinenza del plurale
Desinenza del singolare
Esempi
Debxhsb
-ìo (ì accentata)
-ìi
zìo/zìi
-io (i non accentata)
-i
-chi; -ghi, quando l’accento del
nome cade sulla penultima
sillaba
-ci; -gi quando l’accento del
nome cade sulla terzultima
sillaba
-logi, per i nomi di persone
taglio/tagli
fuòco/fuòchi; castìgo/castìghi
-loghi, per i nomi di cose
catalogo/cataloghi
-che; -ghe, per i nomi femminili,
-chi; -ghi,
amica/amiche; riga/righe
per i nomi maschili duca/duchi;
collega/colleghi
camicia/camicie; ciliegia/ciliegie
-co; -go
sìndaco/sìndaci; aspàrago/
aspàragi
astrologo/astrologi
-logo
-ca; -ga
-cia; -gia
-cie; -gie, se la c e la g sono
precedute da vocale
-ce; -ge, se la c e la g sono
precedute da consonante
provincia/province; spiaggia/
spiagge
desinenza
Altre forme di plurale
Alcuni nomi maschili in -o al plurale cambiano genere e diventano femminili in -a: uovo
’uova, paio ’paia, migliaio ’migliaia...
Alcuni nomi hanno un plurale irregolare: uomo ’uomini, dio ’dei, amico ’amici, profugo
’profughi...
Altri nomi hanno sia il plurale regolare sia quello irregolare: chirurgo ’chirurghi / chirurgi,
stomaco ’stomachi / stomaci...
Sono invariabili al plurale, cioè hanno forma uguale sia al singolare sia al plurale:
– i nomi composti da una sola sillaba: il re ’i re, la gru ’le gru...
– i nomi che terminano con vocale accentata: la città ’le città, la virtù ’le virtù...
– i nomi che terminano in -i: la crisi ’le crisi, l’oasi ’le oasi...
– alcuni nomi maschili che terminano in -a: il boia ’i boia, il boa ’i boa...
– molti nomi femminili che terminano in -o (nomi abbreviati): l’auto ’le auto, la moto ’le
moto...
– i nomi femminili che terminano in -ie: la specie ’le specie, la serie ’le serie...
I sostantivi moglie e superficie però sono variabili: le mogli, le superfici.
– i nomi di origine straniera: il film ’i film, il test ’i test, il bar ’i bar...
Hanno solo il plurale:
– i nomi di oggetti formati da due parti uguali: i pantaloni, le forbici, gli occhiali...
– i nomi che indicano un insieme: le stoviglie, i viveri...
Alcuni nomi hanno due forme di plurale: il ginocchio ’i ginocchi / le ginocchia...
Altri nomi hanno due forme di plurale, ma con significato diverso: il muro ’i muri (delle
case) / le mura (della città), il gesto ’i gesti (della mano) / le gesta (le imprese)...
Hanno solo il singolare:
– i nomi dei mesi e di molte festività: agosto, settembre, Pasqua, Ferragosto...
– i nomi di malattia: varicella, morbillo...
– alcuni nomi di cibo: miele, riso, pane, latte...
– nomi come fame, sonno, sangue, aria...
– i nomi di minerali ed elementi chimici: oro, ferro, carbonio.
L’aggettivo
L’aggettivo è la parte variabile del discorso che aggiunge informazioni al nome cui si
riferisce. L’aggettivo può essere:
qualificativo, se aggiunge una qualità al nome cui si riferisce: amica spagnola, lunga lettera...
determinativo, se specifica il significato del nome cui si riferisce: mia amica...
Gli aggettivi determinativi si suddividono in:
– possessivi, se indicano possesso: i miei occhiali, la nostra classe, la tua casa...
– dimostrativi, se indicano la posizione nello spazio e nel tempo: questo DVD, quel prato,
queste scarpe...
– indefiniti, se indicano una quantità non determinata: molti studenti, alcuni giorni, qualche
giornale...
– numerali, se indicano una quantità determinata: cinque euro, sei anni, terzo mese...
– interrogativi ed esclamativi, se introducono domande o esclamazioni: Quale libro hai
letto?, Quanti anni hai?, Che bel vestito!...
Attenzione Gli aggettivi determinativi devono sempre accompagnare un nome, altrimenti
diventano pronomi:
il tuo libro
aggettivo determinativo
il mio libro e il tuo pronome determinativo
quel libro è sul tavolo aggettivo determinativo
quello è il mio libro pronome determinativo
Tutti gli aggettivi, qualificativi e determinativi, concordano in genere e numero con il nome
cui si riferiscono.
Gli aggettivi qualificativi specificano una qualità del nome. Essi variano nel genere e nel
numero perché concordano con il nome cui si riferiscono. Gli aggettivi qualificativi
concordano sempre nel genere (maschile e femminile) e nel numero (singolare e plurale) con
il nome a cui si riferiscono. L’aggettivo può però riferirsi anche a due o più nomi
contemporaneamente; in questi casi, l’aggettivo concorda:
 al plurale maschile quando si riferisce a più nomi di genere maschile: Carlo e Federico
sono studiosi.
 al plurale femminile quando si riferisce a più nomi di genere femminile: La torta e la
marmellata erano deliziose.
 al plurale maschile quando si riferisce a nomi maschili e femminili: I venti (maschile)
e le piogge (femminile) estivi spesso causano danni all’agricoltura
I gradi dell’aggettivo qualificativo. Il grado positivo e il grado comparativo
L’aggettivo qualificativo aggiunge una qualità al nome; tale qualità può essere espressa in
gradi diversi:
grado positivo, quando esprime una qualità senza specificarne l’intensità: un compito
difficile; un ragazzo alto.
grado comparativo, quando esprime un confronto tra due termini: il cavallo è più veloce della
tartaruga; il cavallo è veloce come la tartaruga; la tartaruga è meno veloce del cavallo.
Il comparativo può essere di tre tipi:
di maggioranza: l’aggettivo è preceduto da più e seguito da di (nella forma semplice o
articolata) o da che (Il cavallo è più veloce della tartaruga / che la tartaruga);
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di uguaglianza: l’aggettivo è preceduto da tanto o così (che possono anche essere sottintesi) e
seguito da quanto o come (Il cavallo è veloce quanto la zebra /come la zebra);
di minoranza: l’aggettivo è preceduto da meno e seguito da di (nella forma semplice o
articolata) o da che (La tartaruga è meno veloce del cavallo / che il cavallo).
Il confronto avviene tra due termini (il cavallo e la tartaruga, il cavallo e la zebra, la tartaruga
e il cavallo) che si chiamano primo e secondo termine di paragone.
Il grado superlativo
L’aggettivo qualificativo di grado superlativo esprime una qualità al massimo livello e può
essere relativo o assoluto: il ghepardo è il più veloce tra i mammiferi; il ghepardo è
velocissimo.
Il superlativo relativo esprime una qualità al livello massimo o minimo rispetto a un insieme
di persone o cose. La tartaruga è la meno veloce tra gli animali che conosco. Si forma
scrivendo l’articolo determinativo prima del comparativo di maggioranza o di minoranza; il
termine di confronto è introdotto da di (nella forma semplice o articolata) o da tra e fra.
Il superlativo assoluto esprime una qualità al livello massimo senza alcun confronto. Luca è
magrissimo. Il superlativo assoluto si forma:
- aggiungendo il suffisso -issimo (-issima, -issimi, -issime) all’aggettivo di grado positivo:
veloce’velocissimo, bella’bellissima, studiosi ’studiosissimi, costose costosissime…
- inserendo prima dell’aggettivo di grado positivo gli avverbi molto, assai: rapido ’ assai
rapido, bella ’ molto bella, agili ’ assai agili, educate’molto educate…
- inserendo prima dell’aggettivo di grado positivo i prefissi arci-, extra-, iper-, stra-, super-:
stufo’arcistufo, buona’extrabuona, sensibili’ ipersensibili, cariche’ sovraccariche,
ricchi’straricchi, veloce’superveloce…
- ripetendo due volte l’aggettivo di grado positivo: facile facile, buono buono...
Forme particolari di comparativo e superlativo
Gli aggettivi buono, cattivo, grande e piccolo, accanto alle normali forme di comparativo e
superlativo, ne presentano altre particolari.
buono
più buono / migliore
buonissimo /ottimo
cattivo
più cattivo / peggiore
cattivissimo /pessimo
grande
più grande /maggiore
grandissimo /massimo
piccolo
più piccolo /minore
piccolissimo /minimo
Attenzione Non si deve dire più migliore, più peggiore, più maggiore, il più ottimo, il più
pessimo, il più massimo, ottimissimo, pessimissimo, massimissimo perché queste forme
particolari già significano più buono, più cattivo, più grande, il più buono, il più cattivo, il più
grande, buonissimo, cattivissimo, grandissimo.
Non hanno il superlativo assoluto:
- gli aggettivi che esprimono già al grado positivo il massimo livello possibile di una qualità:
eccezionale, divino, enorme, immortale, infinito, sublime, gigante...
- gli aggettivi che indicano forma, tempo, misura: rotondo, quadrato, settimanale, estivo,
metrico, chilometrico...
- gli aggettivi che indicano nazionalità, provenienza, credenza religiosa o fede sportiva:
italiano, siciliano, rumeno, musulmano, juventino...
Gli aggettivi determinativi
Gli aggettivi possessivi
Gli aggettivi possessivi indicano a chi appartiene qualcosa o qualcuno e di solito
precedono il nome. Il mio zaino è rosso; Leo e Sara sono i miei cugini. Gli aggettivi
possessivi sono: prima singolare (io) mio mia miei mie
seconda singolare (tu) tuo tua tuoi tue
terza singolare (egli, essa) suo sua suoi sue
prima plurale (noi) nostro nostra nostri nostre
seconda plurale (voi) vostro vostra vostri vostre
terza plurale (essi, esse) loro
L’aggettivo loro è invariabile; si usa quando i possessori sono più di uno, mentresi usa suo
(sua, suoi, sue) quando il possessore è uno solo. Quindi per indicare lagatta di Paola dico: la
sua gatta. Per indicare la gatta di Paola e Antonio dico invece:la loro gatta.
Sono aggettivi possessivi anche proprio e altrui:
- proprio (propria, propri, proprie) può sostituire suo (sua, suoi, sue) e loro quando si riferisce
al soggetto della frase: I ragazzi compiono il proprio (= loro) dovere andando a scuola. Marco
guida la propria (= sua) automobile.
- altrui (invariabile) significa “di un altro”, “di un’altra”, “di altri”, “di altre”: il quaderno
altrui, l’automobile altrui, i quaderni altrui, le automobili altrui...
Gli aggettivi dimostrativi
Gli aggettivi dimostrativi indicano la posizione nello spazio, nel tempo o nel discorso
dei nomi a cui si riferiscono rispetto a chi parla, a chi scrive o a chi ascolta. Gli aggettivi
dimostrativi sono questo, codesto, quello.
Attenzione L’aggettivo dimostrativo quello ha forme diverse a seconda dell’iniziale della
parola che segue, secondo le norme che regolano l’uso degli articoli determinativi il e lo:
quel cane, quell’acquario, quello zaino...; quei cani, quegli acquari, quegli zaini...
Sono considerati aggettivi dimostrativi anche stesso, stessa, stessi, stesse e medesimo,
medesima, medesimi, medesime che esprimono uguaglianza o identità tra persone, animali o
cose: Luca ed io abbiamo la stessa età. (uguale, identica) Paolo e Gianni si espressero con le
medesime parole. (uguali, identiche)
Attenzione Talvolta l’aggettivo stesso può rafforzare il nome a cui si riferisce; in tal caso
assume il significato di “proprio lui in persona”, “perfino”: Il preside stesso si è
complimentato per la nostra vittoria ai giochi della gioventù.
Gli aggettivi indefiniti
Gli aggettivi indefiniti esprimono in modo generico la quantità o la qualità del nome a
cui si riferiscono. Devo bere tanta acqua, mangiare molta frutta e verdura e tutti i tipi di
cereale. I principali aggettivi indefiniti sono:
alcuno, alcun alcuna alcuni alcune
altro altra altri altre
altrettanto altrettanta altrettanti altrettante
ciascuno, ciascun ciascuna
certo certa certi certe
molto molta molti molte
diverso diversa diversi diverse
ogni ogni
nessuno, nessun nessuna / /
poco poca pochi poche
parecchio parecchia parecchi parecchie
qualsiasi qualsiasi
qualche qualche / /
tale, tal tale,tal tali tali
qualunque qualunque / /
troppo troppa troppi troppe
tanto tanta tanti tante
vario varia vari varie
tutto tutta tutti tutte
Usi e forme particolari
Gli aggettivi indefiniti di solito non vogliono l’articolo: Ho molta voglia di andare al cinema.
- L’aggettivo certo, al singolare, normalmente è preceduto dall’articolo indeterminativo:
Sento un certo prurito fastidioso.
- L’aggettivo tutto vuole l’articolo dopo di sé e prima del nome: Tutti i dolci sono buonissimi.
- Alcuno, ciascuno, nessuno si comportano come l’articolo indeterminativo uno per quanto
riguarda l’elisione e il troncamento: un’estate, un libro, uno zaino; nessun’estate, nessun
libro, nessuno zaino; ciascun’estate, ciascun libro, ciascuno zaino; alcun’estate, alcun libro,
alcuno zaino...
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- Nessuno se si trova prima del verbo non vuole altre negazioni: Nessun atleta ha battuto il
record assoluto.
Molto, tanto e poco sono gli unici ad avere il grado comparativo e superlativo:
molto
più (invariabile)
moltissimo
tanto
più (invariabile)
tantissimo
poco
meno (invariabile) pochissimo
Gli aggettivi numerali
Gli aggettivi numerali forniscono precise informazioni sulla quantità numerica del
nome a cui si riferiscono. Gli aggettivi numerali si distinguono in tre categorie:
cardinali: uno, due, tre... cento…;
ordinali: primo, secondo, terzo… centesimo…;
moltiplicativi: doppio, triplo, quadruplo…
Gli aggettivi numerali cardinali sono numeri ed esprimono una quantità precisa. trenta
matite, sette quaderni, due zie, duecento anni, centocinquanta posti...
Forme e usi
Gli aggettivi numerali cardinali sono invariabili tranne:
- uno che presenta le medesime forme dell’articolo indeterminativo: uno spettatore, una
spettatrice, un bambino, una bambina, un’aquila...
- I numerali composti con uno (ventuno, trentuno, quarantuno...) però sono invariabili:
ventuno uomini, trentuno donne, quarantuno posti...
- milione, miliardo: un milione, ventidue milioni, un miliardo, tredici miliardi...
- mille, che al plurale diventa mila: mille persone, tremila persone, trentamila persone,
duecentomila persone...
Tre si accenta solo nei composti: ventitré mucche, quarantatré euro..
Gli aggettivi numerali ordinali indicano l’ordine, la successione e la classificazione dei
nomi a cui si riferiscono e sono tutti variabili. Nella gara di corsa campestre, sono arrivato al
decimo posto. I primi capitoli del libro erano i più noiosi. Questa è la seconda bicicletta che
mi comprano i miei genitori. Questo film mi ha entusiasmato fin dalle prime scene.
Gli aggettivi numerali moltiplicativi, frazionari, distributivi, collettivi
Oltre ai cardinali e agli ordinali, esistono altri aggettivi numerali che indicano quantità
numeriche più o meno precise. Spesso si tratta di espressioni formate da più parole o da nomi
e pronomi.
- I numerali moltiplicativi indicano quante volte è stata moltiplicata una quantità; le forme più
usate sono doppio (= due volte tanto), triplo (= tre volte tanto); nei casi restanti si preferisce
usare l’espressione quattro/dieci/cento... volte: L’area del quadrato rosso è doppia rispetto
all’area del quadrato nero.
- I numerali frazionari indicano una frazione, cioè una o più parti di una quantità intera: Ho
svolto i tre quarti del compito in classe.
- I numerali distributivi indicano il modo in cui sono distribuiti persone, animali o cose: due
alla volta, uno a uno, tre per ciascuno...: Attraverso quella porta possono passare solo due
persona alla volta. Salirete sul palcoscenico uno a uno.
- I numerali collettivi indicano una quantità numerica di persone, animali o cose considerati
come un insieme; i più usati sono paio (plurale “paia”) e coppia (= due unità), decina, ventina,
trentina, quarantina…, dozzina (= dodici unità), centinaio, migliaio: Ho conosciuto un uomo
di una quarantina d’anni.
Nei numerali collettivi rientrano inoltre i nomi che indicano:
– un periodo di due o più mesi: bimestre, trimestre..., semestre...
– un periodo di due o più anni: biennio, triennio..., decennio...
Anche ambedue (invariabile) ed entrambi, entrambe sono aggettivi numerali collettivi e
significano “tutti/tutte e due”.
Gli aggettivi interrogativi ed esclamativi
Gli aggettivi interrogativi ed esclamativi servono a porre una domanda o introducono
un’esclamazione e si usano per chiedere informazioni o per esprimere meraviglia sulla qualità
o sulla quantità del nome cui si riferiscono. Quali giochi si possono fare con una scacchiera?
Che bel fiore!
Gli aggettivi interrogativi ed esclamativi sono: che (invariabile), quale, quali, quanto,
quanta, quanti, quante.
Gli aggettivi interrogativi si usano nelle domande dirette e in quelle indirette: domande dirette
domande indirette Quante ore ci sono in un giorno? Ti chiedo quante ore ci sono in un giorno.
Di che segno sei? Ti chiedo di che segno sei. Quale lingua parli meglio? Ti chiedo quale
lingua parli meglio.
Il pronome
Il pronome è la parte variabile del discorso che sostituisce un nome per evitare ripetizioni o
che indica una persona, un animale o una cosa il cui nome non è espresso.
In base al loro significato e alla funzione che svolgono all’interno della frase i pronomi
si distinguono in:
- pronomi personali: io, tu, egli, noi, voi, essi, loro...: Io mi chiamo Marco, tu Mario.
- pronomi possessivi: mio, tuo, suo, nostro…: Il tuo cellulare squilla sempre, il mio mai.
- pronomi dimostrativi: questo, quello, costui, ciò…: Questa è la tua borsa, quella è la mia.
- pronomi indefiniti: qualcuno, molti, parecchi…: Qualcuno ti ha cercato.
- pronomi relativi: che, chi, il quale, cui…: Il bambino che vedi è straniero.
- pronomi interrogativi ed esclamativi: chi, che cosa, quale, quanto…: Chi ha bussato alla
porta? Chi si vede!
Attenzione I pronomi possessivi e la maggior parte dei dimostrativi, indefiniti, interrogativi
ed esclamativi hanno la stessa forma degli aggettivi corrispondenti. Ricorda però che mentre
l’aggettivo accompagna sempre il nome, il pronome mai. Questo latte è scaduto, prendi quello
fresco. La mia classe è al primo piano, la tua?
I pronomi personali soggetto
I pronomi personali soggetto indicano la persona, l’animale o la cosa che compie o
subisce l’azione espressa dal verbo. Osserva la seguente tabella che riporta le forme dei
pronomi personali soggetto.
prima singolare io
io parlo
seconda singolare tu
tu scrivi
terza singolare maschile egli, esso, lui
egli/lui canta
femminile ella, essa, lei
ella/lei ride
prima plurale noi
noi mangiamo
seconda plurale voi
voi studiate
terza plurale maschile essi, loro
essi/loro dormono
femminile esse, loro
esse/loro partono
persona pronomi soggetto esempi
Attenzione I pronomi personali soggetto:
– egli/lui, ella/lei, essi/loro, esse/loro si riferiscono a persone;
– esso, essa, essi, esse si riferiscono a nomi di cose o di animali.
I pronomi personali complemento
I pronomi personali complemento si usano quando nella frase il pronome svolge una
funzione diversa da quella di soggetto; hanno due forme, una forte e una debole. Osserva la
seguente tabella che riporta tutte le forme dei pronomi personali complemento:
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prima singolare
seconda singolare
terza singolare
maschile lui,
me mi
te ti
A me piace. Mi piace.
Vuole vedere te. Ti vuole vedere.
sé lo, gli, ne, si
femminile
lei, sé la, le, ne, si
prima plurale
noi ci, ce
seconda plurale
voi vi, ve
Porta le chiavi a lui/portagli le
chiavi.
Vedo lei e sua madre.
Egli/ella pensa solo a sé.
Cerco l’anello, ma non lo trovo.
La vedo sempre, ma non la
conosco.
Ho incontrato Lia e le ho dato il
libro.
Il nonno ne parla.
Amina ascolta noi. Amina ci
ascolta.
Sergio ringrazia voi. Sergio
vi ringrazia.
terza plurale
maschile essi,
loro, sé li, ne, si
femminile
esse, loro, sé le, ne, si
Il maestro saluta loro. Il maestro li
saluta.
La mamma chiamò le figlie e disse
loro di ritornare a casa
Le forme forti si usano:
- quando si vuole dare importanza al pronome: L’insegnante ha rimproverato me. (proprio me
e non un altro)
- quando il pronome è preceduto da una preposizione (di, a, da, in, con, su, per, tra/fra):
Mario ha viaggiato con noi. Ha dato un regalo a te.
Le forme deboli si usano:
- quando il pronome si appoggia al verbo che lo segue o lo precede: Per favore, mi spieghi
come funziona il lettore MP3? Spiegami l’esercizio di Matematica.
Attenzione Lui, lei, loro si usano solo in riferimento a persona e solo se questa persona è
diversa dal soggetto della frase. Quando invece la persona cui il pronome complemento si
riferisce coincide con il soggetto della frase, si usa sé. Questo regalo è per lei. Anna ha
imparato a nuotare da sé.
Ci e vi sono forme deboli di pronomi personali complemento di prima e seconda persona
plurale e significano: “noi”, “a noi”, “voi”, “a voi”. L’autobus ci porterà fino alla stazione. =
porterà noi Ci ha consigliato un’ottima pizzeria. = ha consigliato a noi Vi ammiro per la
vostra costanza. = ammiro voi Vi dispiace se vengo con voi? = a voi dispiace
Ne è una forma debole di pronome personale complemento di terza persona singolare o
plurale e significa: “di lui”, “di lei”, “di loro”, “di esso”, “di essa”, “di essi”, “di esse”; “da
lui”, “da lei”, “da loro”, “da esso”, “da essa”, “da essi”, “da esse”. Hai letto il libro? Che ne
pensi? = di esso
Ha grande simpatia per Silvia, ne parla sempre. = di lei
Non confondere certi pronomi personali con gli articoli lo, la, le, gli! Gli articoli sono posti
davanti al nome (Mi piacciono le caramelle); i pronomi sostituiscono il nome (Le telefonerò).
I pronomi composti
I pronomi mi, ti, ci, si quando si uniscono con i pronomi lo, la, li, le, ne diventano me lo, te
lo, ce lo, se lo... Gli unito con i pronomi lo, la, li, ne forma un’unica parola: glielo, gliela,
glieli, gliene.
Osserva la seguente tabella che riporta le forme dei pronomi composti.
me lo te lo glielo se lo ce lo
me la te la gliela se la ce la
me li te li glieli se li ce li
me le te le gliele se le ce le
me ne te ne gliene se ne ce ne
Me lo ha detto Paola. = a me ha detto questo
Te la presto. = a te presto questa
Glielo dico. = a lui dico questo
ve lo
ve la
ve li
ve le
ve ne
I pronomi relativi collegano due frasi che hanno un elemento in comune, sostituendolo per
evitare una ripetizione. Nell’esempio, Ho incontrato Paola che andava in bicicletta, che è un
pronome relativo e svolge una funzione di collegamento tra due frasi che hanno in comune lo
stesso nome, in questo caso Paolo, evitando di ripeterlo. Ho incontrato Paolo. Paolo andava
in bicicletta.
Osserva la seguente tabella che indica i principali pronomi relativi.
invariabili che che, cui, a cui, con cui, da cui, di cui, per cui, su cui
variabili il quale, la quale, i quali, le quali al/alla quale, ai/alle quali, con il/la quale, con i/le
quali, del/della quale, dei/delle quali, dal/dalla quale, dai/dalle quali
soggetto complemento
Attenzione Che è invariabile, svolge la funzione di soggetto o di complemento oggetto e si
usa per persone, animali e cose. Le persone che sono arrivate tardi hanno perso il treno. Il
libro che mi hai prestato era interessante.
Cui è invariabile, svolge solo la funzione di complemento indiretto ed è sempre preceduto da
una preposizione semplice (di, a, da, in, con, su, per, tra, fra). È usato per persone, animali e
cose. Conosco la città in cui lavori. Questo è il quaderno su cui prendo appunti. A cui può
essere sostituito dal semplice cui. La persona (a) cui mi sono rivolta è gentile. Cui preceduto
dall’articolo determinativo significa “del quale, della quale...”.
Il quale, la quale, i quali, le quali sono forme variabili: si accordano nel genere e nel numero
al nome a cui si riferiscono. Sei l’unico con il quale sono stato in vacanza.
I pronomi relativi doppi (o misti) sono quelli che racchiudono in un’unica forma le funzioni
di due pronomi diversi: un dimostrativo o un indefinito e un relativo.
I principali pronomi relativi doppi sono:
chi: invariabile, si usa solo riferito a persone e significa “colui, colei che”, “colui il quale,
colei la quale”... Chi (= colui che, il quale) getta le cartacce per terra è un maleducato.
quanto, invariabile, si usa solo riferito a cose e significa “ciò che”. Quanto (= ciò che) hai
detto non è vero.
quanti/quante: variabili solo nel genere, si usano riferiti a persone e cose e significano “(tutti)
quelli che / i quali”, “(tutte) quelle che / le quali”. Il libro verrà spedito a quanti (= tutti quelli
che) ne faranno richiesta.
Il verbo
Il verbo è la parte variabile del discorso che indica un’azione, un modo di essere o uno
stato riferiti a una persona, a un animale o a una cosa, detti soggetto; talvolta si limita a
informarci dell’esistenza di qualcosa o di qualcuno. Il verbo, inoltre, colloca le informazioni
relative al soggetto nel tempo (presente, passato, futuro). Giuseppe è in giardino. azione
presente Ieri ho incontrato Lucia. azione passata Simone e io partiremo domani. azione
futura
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Le azioni espresse dal verbo possono essere compiute o subite dal soggetto. Sabato vedremo
un film a casa di Silvia. ’azione compiuta. L’auto di papà è stata riparata dal meccanico.
’azione subita.
Il verbo: la struttura
La radice e la desinenza
Ogni verbo è formato da due parti: una iniziale invariabile, detta radice, e una finale
variabile, detta desinenza. La radice esprime il significato di base del verbo, la desinenza dà
informazioni:
- sulla persona (prima, seconda, terza) che compie o subisce l’azione;
- sul numero (singolare o plurale);
- sul modo (certo, incerto, possibile) in cui avviene l’azione;
- sul tempo (presente, passato, futuro) dell’azione.
Paolo canta una canzone allegra.
cant- radice are desinenza noi cant- radice iamo desinenza tu cant radice -avi desinenza
I verbi si dividono in tre gruppi o coniugazioni in base alla desinenza dell’infinito presente:
- prima coniugazione: -are cantare;
- seconda coniugazione: -ere leggere;
- terza coniugazione: -ire dormire.
La persona e il numero
La desinenza del verbo indica chi che compie l’azione o chi si trova in una certa situazione.
Nella lingua italiana le persone del verbo sono sei e ciascuna ha una sua propria desinenza.
io corro
tu corri
egli corre
noi corriamo
voi correte
essi corrono
Il modo del verbo indica le caratteristiche dell’azione espressa dal verbo: certezza, possibilità,
dubbio, speranza, comando.
Elena telefona a Giulio.
Credo che Elena telefoni spesso a Giulio.
Elena telefonerebbe spesso a Giulio se non temesse di disturbarlo.
Telefona a Giulio!
Osserva gli esempi:
- nella prima frase telefona è un verbo che esprime un’azione certa (modo indicativo);
- nella seconda telefoni è un verbo che esprime un’azione possibile (modo congiuntivo);
- nella terza telefonerebbe è un verbo che esprime un’azione possibile solo a certe condizioni
(modo condizionale);
- nella quarta Telefona è un verbo che esprime un’azione ordinata a qualcuno, cioè un
comando (modo imperativo).
I modi del verbo sono sette: quattro finiti e tre indefiniti.
I modi finiti indicano la persona e il numero; essi sono: l’indicativo, il congiuntivo, il
condizionale, l’imperativo.
I modi indefiniti non indicano la persona e solo in alcuni casi precisano il numero; essi sono:
l’infinito, il gerundio, il participio.
Il tempo
Il presente, il passato, il futuro
Il verbo ha tre tempi fondamentali:
- il presente (oggi): indica un’azione che avviene nello stesso momento in cui si parla o si
scrive;
- il passato (ieri): indica un’azione già avvenuta rispetto al momento in cui si parla o si scrive;
- il futuro (domani): indica un’azione che deve ancora avvenire rispetto al momento in cui si
parla o si scrive.
I tempi semplici e i tempi composti
In relazione alla forma, i tempi del verbo si distinguono in:
- tempi semplici, quando sono formati da una sola parola: scrivo, canterei, telefonerò, piove...
- tempi composti, quando sono formati da più parole: ho scritto, avrei cantato, avrò
telefonato, è piovuto... I tempi composti si formano con una voce del verbo essere o avere.
Il modo indicativo e i suoi tempi
L’indicativo è il modo della realtà e della certezza, si usa per indicare azioni o modi di
essere veri e sicuri o ritenuti tali. L’indicativo ha otto tempi: quattro semplici (il presente,
l’imperfetto, il passato remoto e il futuro) e quattro composti (il passato prossimo, il trapassato
prossimo, il trapassato remoto e il futuro anteriore).
Il modo congiuntivo e i suoi tempi
Il modo congiuntivo è usato per esprimere azioni, fatti o modi di essere di cui non si ha
certezza, ma che si ritengono possibili, certi o desiderabili. Il congiuntivo è il modo della
possibilità, del dubbio, dell’incertezza e del desiderio; ha quattro tempi: due semplici (il
presente e l’imperfetto) e due composti (il passato e il trapassato).
Il modo condizionale e i suoi tempi
Il condizionale si usa per esprimere azioni, fatti e modi di essere eventuali, auspicabili o
possibili solo a determinate condizioni. Il condizionale ha due tempi: uno semplice (il presente) e
uno composto (il passato).
Il modo imperativo
Il modo imperativo si usa per esprimere un ordine, un comando, un invito, un
consiglio o una preghiera. L’imperativo ha solo il tempo presente e ha forme proprie solo
per la seconda persona
singolare e plurale. Alzati! ’seconda persona singolare Guidate con prudenza!’seconda
persona plurale. Per le altre persone si usa il congiuntivo presente. Vada a prendere quel
documento!’terza persona singolare Facciamo spazio ai nuovi arrivati!’prima persona plurale
Mantengano la calma, se vogliono farsi ascoltare. ’terza persona plurale
Per esprimere un comando negativo si usa:
- non + l’infinito del verbo per la seconda persona singolare: Non fare rumore!
- facendo precedere il verbo da non per tutte le altre persone: Non suggerite! Non corriamo
così forte! Non dica più nulla! Non vadano via!
I modi indefiniti: l’uso e i tempi
Il modo infinito
Il modo infinito esprime il significato del verbo, cioè l’azione, il modo di essere o lo
stato che il verbo indica. L’infinito ha due tempi: uno semplice (il presente) e uno composto
(il passato).
Il modo gerundio
Il modo gerundio esprime un’azione, un modo di essere o uno stato collegandoli in un
rapporto di causa, modo, tempo o mezzo con il verbo della proposizione principale. Il
gerundio ha due tempi: uno semplice (il presente) e uno composto (il passato).
Il modo participio
Il participio è un modo verbale che può svolgere anche la funzione di nome e di
aggettivo. Il participio ha due tempi: il presente e il passato.
Il genere del verbo: transitivo e intransitivo
I verbi possono essere di due generi: transitivo e intransitivo. Nell’esempio, Davide
prepara la colazione mentre Pietro e Stella dormono, i verbi evidenziati hanno due funzioni
differenti in base al rapporto che stabiliscono con gli altri elementi della frase. Osserva che:
- l’azione del verbo prepara richiede il nome colazione per essere compiuta;
- il verbo dormono esprime da solo un’azione compiuta.
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I verbi transitivi esprimono un’azione che passa (“transita”) direttamente dal soggetto
che la compie su una persona, un animale, una cosa che completa il significato del verbo
stesso (complemento oggetto). I verbi transitivi formano sempre i tempi composti con
l’ausiliare avere.
I verbi intransitivi esprimono un’azione che non passa direttamente sul complemento
oggetto, ma si completa in se stessa. I verbi intransitivi formano normalmente i tempi
composti con l’ausiliare essere. I verbi di stato (abitare, rimanere, stare) e quelli di moto
(andare, partire, arrivare) sono sempre intransitivi.
La forma attiva e la forma passiva
Un verbo è di forma attiva quando il soggetto compie l’azione indicata dal verbo. Un
verbo è di forma passiva quando il soggetto subisce l’azione indicata dal verbo. La forma
passiva di un verbo si ottiene con le voci dell’ausiliare essere unite al participio passato del
verbo transitivo. Talvolta al posto del verbo essere si possono trovare come ausiliari i verbi
venire,
andare, rimanere, finire.
La forma riflessiva
La forma riflessiva del verbo indica un’azione che dal verbo torna sul soggetto che la
compie, cioè si “riflette” sul soggetto. La ragazza si guarda allo specchio.
La forma riflessiva si costruisce mettendo davanti al verbo le particelle pronominali mi, ti, si,
ci, vi. Io mi vesto. Tu ti vesti. Egli si veste. Noi ci vestiamo. Voi vi vestite. Essi si vestono.
Nei tempi composti i verbi riflessivi vogliono sempre l’ausiliare essere.
I verbi impersonali
I verbi impersonali esprimono un’azione che non si può attribuire a un soggetto
determinato e per questo si usano sempre alla terza persona singolare. I principali verbi
impersonali indicano le condizioni del tempo e i fenomeni atmosferici: piovere, nevicare,
grandinare, tuonare, imbrunire... Nei tempi composti vogliono l’ausiliare essere, ma si usano
anche con l’ausiliare avere quando si vuole indicare la durata del fenomeno nel tempo.
Piove / È piovuto a dirotto. Ieri ha piovuto per tre ore di seguito.
Sono impersonali anche espressioni di significato simile, composte dal verbo fare seguito da
un aggettivo o da un nome: fa bello, fa brutto, fa caldo, fa freddo, fa giorno...
Verbi e locuzioni con valore impersonale
Ci sono altri verbi che hanno una forma personale, ma sono usati per lo più in forma
impersonale (cioè alla terza persona singolare) come accadere, avvenire, bastare, bisognare,
capitare, importare, sembrare... Sono seguiti da che + congiuntivo o dall’infinito. Conviene
che rientriamo subito. Conviene rientrare subito.
Il si impersonale
Qualsiasi verbo può assumere forma impersonale se coniugato alla terza persona
singolare e preceduto dalla particella pronominale si. In quel locale si mangia bene.
L’avverbio
L’avverbio è la parte invariabile del discorso che serve a modificare o specificare il
significato delle parole che accompagna. L’avverbio può precisare o modificare il significato
di:
- un aggettivo: Nadina è veramente gentile.
- un nome: I tuoi amici sono tutti simpatici, specialmente Paolo.
- un altro avverbio: Ascoltate molto attentamente.
- un verbo: Giulia partirà domani.
Gli avverbi sono parole invariabili, quindi non hanno né genere né numero. Le locuzioni
avverbiali sono due o più parole che, insieme, hanno la stessa funzione dell’avverbio:
all’improvviso, di frequente, a poco a poco, passo passo…
I tipi di avverbio
In base al significato gli avverbi si dividono in vari gruppi:
- avverbi di modo, specificano il modo in cui si compie un’azione o aggiungono precisazioni
sulla qualità di un aggettivo o di un altro avverbio.
- avverbi di tempo, indicano il tempo in cui si svolge l’azione espressa dal verbo
- avverbi di luogo, specificano il luogo in cui si svolge l’azione espressa dal verbo o il luogo
in cui si trova qualcuno o qualcosa
- avverbi di quantità, indicano in modo generico una quantità riferita a un verbo, a un
aggettivo o a un altro avverbio.
- avverbi di affermazione, negazione e dubbio, sono usati per affermare, negare o mettere in
dubbio.
- avverbi interrogativi ed esclamativi, si usano per introdurre una domanda diretta o per
un’esclamazione.
Come avviene per gli aggettivi, anche gli avverbi possono avere il grado positivo,
comparativo e superlativo. La formazione dei gradi dell’avverbio segue le stesse regole
studiate per l’aggettivo:
- il comparativo di maggioranza si forma facendo precedere l’avverbio da più: Carlo ascolta
più attentamente di me.
- il comparativo di uguaglianza è introdotto dagli avverbi tanto o così (che possono essere
sottintesi) e seguito da quanto o come: Al campeggio ci hanno accolto (così) gentilmente
come l’anno scorso.
- il comparativo di minoranza è introdotto dall’avverbio meno: Mario corre meno
velocemente del fratello.
- il superlativo relativo è introdotto dagli avverbi più o meno preceduti dall’articolo
determinativo e può essere seguito dall’aggettivo possibile: Arriverò il più presto possibile.
- il superlativo assoluto si forma facendo precedere l’avverbio da assai, molto oppure
aggiungendo i suffissi -issimo o -issimamente (per gli avverbi che terminano in -mente):
L’autista dello scuolabus guida molto piano. È uscito tardissimo. La tartaruga si muove
lentissimamente.
La preposizione
La preposizione è una parte invariabile del discorso che serve a collegare parole o frasi
stabilendo tra loro precise relazioni. Le preposizioni proprie svolgono nella frase solo la
funzione di preposizione. Le preposizioni proprie si distinguono in semplici e articolate.
Le preposizioni semplici sono nove: di, a, da, in, con, su, per, tra, fra.
Le preposizioni articolate sono formate dall’unione delle preposizioni semplici (di, a, da, in,
su) con gli articoli determinativi, del, dello, degli, della etc.
Quando si usano le preposizioni bisogna ricordare che:
- di può perdere per elisione la i finale davanti a parole che iniziano con una vocale: una
boccata d’aria, un gesto d’istinto, un anello d’oro…
- da non perde mai per elisione la a finale tranne che in alcune locuzioni avverbiali come
d’ora in poi, d’altronde;
- per facilitare la pronuncia, davanti a parole che iniziano con una vocale, la preposizione a
può prendere una d (chiamata “eufonica”, cioè “che favorisce un buon suono”), anche se
questa opzione è sempre meno frequente nell’uso della lingua scritta e parlata: ad arte, ad
Imola, ad oggi, ad Elena…
- su, tra e fra davanti ai pronomi personali possono essere seguite dalla preposizione di: tra di
noi, fra di loro…
Attenzione Su è l’unica tra le preposizioni proprie a poter avere anche funzione di avverbio.
L’antennista spesso lavora sui tetti.’preposizione Guarda su!’avverbio
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- in passato erano in uso anche le preposizioni articolate derivate da con (col, coi), ora
sostituite sempre più spesso dalla forma separata (con il, con i): È andato a spasso col cane. =
con il cane.
Le preposizioni proprie, a seconda della diversa funzione di collegamento che
svolgono all’interno della frase, possono assumere significati diversi. Analizzeremo tali
significati nella trattazione della sintassi. A titolo d’esempio osserva i vari significati che può
avere la preposizione con:
- compagnia: Esco con mio fratello.
- unione: Mi piace la pizza con prosciutto e funghi.
- mezzo: Ho chiuso l’armadio con il lucchetto. Proteggi la ferita con un cerotto.
- modo: Occorre lavorare con serietà.
- qualità: Ero vicino a una ragazza con i capelli ricci.
Le preposizioni improprie sono alcuni avverbi, aggettivi e verbi che assumono la
funzione di preposizione. Tra le principali preposizioni improprie vi sono: contro, davanti,
dentro, dietro, dopo, fuori, sopra, sotto, presso, lungo, durante, senza, oltre, tranne... Oltre
quelle montagne comincia la Francia. Durante la notte è scoppiato un violento temporale. Il
parco si trova vicino alla stazione. Lungo il sentiero ci sono tantissimi funghi.
Attenzione Non confondere le preposizioni improprie con gli avverbi: Oltre quelle montagne
comincia la Francia.’preposizione impropria (perché è seguita da un nome)
È impossibile proseguire oltre.’avverbio (non è seguito da un nome) Ci rivedremo dopo le
vacanze. ’preposizione impropria Ci vedremo dopo.’avverbio.
Le locuzioni prepositive (o preposizionali)
Le locuzioni prepositive sono espressioni formate da due o più parole che assumono la
funzione di preposizione. Sono locuzioni prepositive le espressioni: a causa di, a favore di, a
proposito di, al di sopra/sotto di, da parte di, in mezzo a, per mezzo di, di fronte a, di fianco
a... A causa del cattivo tempo molti voli sono stati sospesi. Non mi piace stare in mezzo alla
confusione.
La congiunzione
La congiunzione è una parte invariabile del discorso che serve a collegare due o più
parole di una stessa frase, oppure due o più frasi di uno stesso periodo, stabilendo tra di esse
legami logici. Nell’esempio, Romeo e Giulietta si amano, ma non possono vivere insieme
perché le loro famiglie sono rivali, le parole evidenziate sono congiunzioni; osserva che le
congiunzioni
possono collegare tra loro:
- due parole: Romeo e Giulietta;
- due frasi: si amano, ma non possono vivere insieme; non possono vivere insieme perché le
loro famiglie sono rivali.
Le congiunzioni coordinanti uniscono due parole della stessa frase o due frasi dello stesso
periodo stabilendo tra loro rapporti di parità. Silvio e Giovanni frequentano la stessa scuola.
Sono andata in biblioteca e ho preso in prestito un libro. Le congiunzioni coordinanti si
dividono in:
- copulative: e, anche, e anche, inoltre, pure, né, neanche, nemmeno, neppure... Parla e dimmi
tutta la verità! Non ha pazienza, né metodo
- disgiuntive: o, oppure, altrimenti... Metto la gonna o i jeans? Ti ricordi il mio numero
oppure lo hai dimenticato?
- avversative: ma, però, tuttavia, anzi, invece, eppure, piuttosto… La strada è lunga, ma
molto piacevole. Questa canzone mi piace, eppure è così triste!
- dichiarative o esplicative: cioè, infatti, ossia, vale a dire… Mio fratello è piccolo: infatti ha
solo due anni. Il signor Rossi, cioè il proprietario della mia casa, è vedovo.
- conclusive: dunque, quindi, perciò, pertanto, allora… L’interrogazione è tra una settimana,
perciò avrete tutto il tempo per studiare. Giuseppe mi ha chiesto scusa, quindi ho deciso di
perdonarlo.
- correlative: e... e, o... o, né... né, sia... sia, sia che... sia che, non solo... ma anche,
così... come... Un calciatore può stoppare il pallone o di piede o di petto. Marta conosce bene
non solo l’inglese ma anche il francese.
Le congiunzioni subordinanti uniscono due frasi in modo tale che una delle due risulti
dipendente dall’altra. Le congiunzioni subordinanti si distinguono in:
- dichiarative: che, come… L’avvocato afferma che Luca è innocente. Mi raccontò come si
fosse fatto male.
- causali: perché, poiché, siccome, visto che, dal momento che, dato che… Ho rimandato la
partenza perché ho avuto un contrattempo. Preferisco sedermi in prima fila siccome non vedo
bene.
- finali: affinché, perché, al fine di, allo scopo di, per... Ti ho avvisato affinché tu non corra il
rischio di sbagliare.
- consecutive: (così)... che, (tanto)... che, (talmente)... che, (a tal punto che)... Ero così
emozionato che mi tremavano le gambe.
- concessive: benché, sebbene, per quanto, nonostante, anche se... Benché avessimo
camminato molto, non eravamo affatto stanchi. Anche se mi dispiace, preferisco che sia
andata così.
- condizionali: se, qualora, purché, a condizione che... Se tu fossi prudente, non rischieresti
tanto.
- comparative: (così)... come, più... che, meno... che, meglio... che, peggio... che, tanto...
quanto, tanto più... quanto meno... I regali sono tanto più graditi quanto meno te li aspetti.
- temporali: quando, mentre, finché, dopo che, prima che, ogni volta che, appena... Stavo per
uscire quando mi ha telefonato Enrico. Puoi venirmi a trovare ogni volta che lo desideri.
- modali: come, come se, comunque... Mi guardava come se non mi avesse mai visto prima.
- avversative: mentre, quando, laddove... Fai finta di essere stupito mentre sapevi già tutto.
- interrogative e dubitative: se, come, quanto, perché... Gli ho chiesto se fosse arrabbiato con
me. Non capisco perché Teresa non ti possa aiutare.
- esclusive: senza, senza che... Quel tale mi ha urtato senza chiedermi scusa.
- eccettuative: tranne che, eccetto che, a meno che... Giocheremo a baseball a meno che
piova.
- limitative: che, per quanto, per quello che... Che io sappia i signori Neroni si sono trasferiti
in un’altra città.
L’interiezione
L’interiezione o esclamazione è una parte invariabile del discorso che serve per
esprimere un sentimento o un’emozione. Le interiezioni possono esprimere: sorpresa, dolore,
dubbio, gioia, timore, minaccia, disprezzo, disgusto, esortazione, impazienza, preghiera,
ammirazione, noia... In base alla forma le interiezioni si dividono in:
- proprie: sono parole usate come interiezioni: ah!, eh!, ih!, oh!, uh!, ahi!, ehi!, ohi!, uhm!,
ehm!, bah!, beh!, boh!, mah!, uffa!, alé!, alt!, sst!... Ah! Che male!
- improprie: sono altre parti del discorso (nomi, aggettivi, verbi e avverbi) usate con funzione
di interiezione: abbasso!, accidenti!, basta!, bravo!, bene!, caspita!, dai!, evviva!, fuori!...
Evviva! Domani si va in gita! Bravo! Hai fatto un ottimo compito!
- locuzioni interiettive o esclamative: sono espressioni formate da due o più parole usate con
funzione di interiezione: al ladro!, al fuoco!, mamma mia!, meno male!, povero me!, santo
cielo!... Mamma mia! Che spavento mi sono preso! Povero me! Ho perso il portafoglio
- formule di saluto, auguri, cortesia: sono un particolare tipo di interiezione: ciao!,
buongiorno!, buonasera!, pronto?, salve!, in bocca al lupo!, complimenti!, congratulazioni!...
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