Nell`ipertensione con ipertrofia ventricolare sini

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Nell`ipertensione con ipertrofia ventricolare sini
DALLA RICERCA
SPERIMENTAZIONE
ALLA PRATICA CLINICA
Questa rubrica intende portare all’attenzione dei lettori alcuni studi clinici apparsi in letteratura, particolarmente rilevanti per il riflesso che possono avere nella pratica della medicina. La presentazione
degli studi è in forma sintetica e tiene conto anche delle obiezioni, critiche e rilievi che spesso fanno
seguito alla loro pubblicazione.
Nell’ipertensione con ipertrofia ventricolare sinistra il losartan è migliore dell’atenololo?
I risultati dello studio LIFE
Titolo
Riduzione di mortalità e morbidità cardiovascolare con losartan in pazienti ipertesi: uno studio randomizzato contro atenololo (LIFE).
(Titolo originale: Cardiovascular morbidity and
mortality in the Losartan Intervention For Endpoint reduction (LIFE) in hypertension study: a
randomised trial against atenolol).
Autori
Dahlöf B, Devereux RB, Kjeldsen SE, Julius S,
Beevers G, Faire U, Fyhrquist F, Ibsen H, Kristiansson K, Lederballe-Pedersen O, Lindholm LH,
Nieminen MS, Omvik P, Oparil S, Wedel H; The
LIFE Study Group.
Capo della ricerca è il prof. Dahlöf, Sahlgrenska
University Hospital/Ostra, Göteborg, Svezia.
Rivista
Lancet 2002;359:995-1003.
Sponsor
Merck Sharp & Dohme (MSD)
I dati dello studio sono in un database della
MSD. L’azienda farmaceutica ha assistito il comitato organizzatore dello studio che ha avuto libero
accesso a tutti i dati. Il comitato è stato libero di
interpretare i dati e di scrivere la relazione; il risultato è stato convalidato in modo indipendente dallo
statistico del comitato organizzatore.
Un dipendente della MSD è elencato tra i membri del comitato organizzatore (senza diritto di
voto) ed è uno degli autori dello studio. L’analisi
dei dati è di un dipendente della Merck Research
Laboratories.
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Problema clinico sollevato
La riduzione della pressione arteriosa con ß-bloccanti o
diuretici è attualmente considerata l’intervento più
appropriato per la prevenzione del danno cardiovascolare nei soggetti ipertesi. L’ipertrofia ventricolare sinistra, uno dei danni d’organo provocati dall’ipertensione, è un forte indicatore del rischio di morbidità e mortalità cardiovascolare. Tale rischio è nettamente superiore nei pazienti con ipertensione ed ipertrofia secondaria del miocardio rispetto a quello degli ipertesi senza
ipertrofia. L’interesse clinico è di stabilire se gli antagonisti selettivi dell’angiotensina II sono in grado di
migliorare l’ipertrofia ventricolare sinistra mediante la
riduzione della pressione arteriosa, riducendo, di conseguenza, la morbidità e mortalità cardiovascolare.
Obiettivo dello studio
Valutare qual è l’effetto del losartan rispetto all’atenololo su morbidità e mortalità cardiovascolare in
pazienti ipertesi con ipertrofia ventricolare sinistra
confermata all’ECG.
Disegno dello studio
Multicentrico, controllato, randomizzato, doppio
cieco, con finto placebo, a due gruppi paralleli.
Popolazione studiata
9.193 pazienti arruolati in 946 centri di Danimarca,
Finlandia, Islanda, Irlanda, Norvegia, Svezia, Regno
Unito e Stati Uniti.
Criteri di inclusione
Maschi o femmine di età compresa tra 55 ed 80 anni,
con ipertensione in precedenza trattata o non trattata,
pressione arteriosa diastolica in posizione seduta di 95BIF Nov-Dic 2001 - N. 6
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115 mmHg alla visita di screening e dopo 1 e 2 settimane di trattamento in singolo cieco con placebo, e/o
pressione arteriosa sistolica in posizione seduta di 160200 mmHg alla visita di screening e dopo 1 e 2 settimane di trattamento in singolo cieco con placebo, ed
inoltre ipertrofia ventricolare sinistra accertata (fino a
30 giorni prima della visita di screening) con ECG standard a 12 derivazioni secondo criteri predefiniti, e confermata presso un laboratorio ECG centralizzato prima
della randomizzazione.
Principali criteri di esclusione
Ipertensione secondaria nota di qualsiasi eziologia;
anamnesi di ictus o di infarto del miocardio nei precedenti sei mesi; angina pectoris richiedente un trattamento con un β-bloccante o un calcio-antagonista; presenza di insufficienza cardiaca o di una frazione di eiezione del ventricolo sinistro del 40% o meno; qualsiasi
condizione necessitante, secondo il medico curante, di
trattamento con losartan (o con altro antagonista del
recettore dell’angiotensina II), con atenololo (o con
altro β-bloccante), con idroclorotiazide, con ACE-inibitori; aumento della pressione arteriosa diastolica
>115 mmHg o della pressione arteriosa sistolica >200
mmHg durante il periodo con placebo; storia di patologie renali o epatiche con grave compromissione funzionale (creatinina sierica >160µmol/l ); paziente
mono-rene o con trapianto renale; stenosi aortica significativa nota (gradiente medio Doppler documentato
>20 mmHg); grave patologia in grado di provocare un
sostanziale deterioramento delle condizioni di salute
del paziente nel corso dei successivi 4-6 anni; scarsa
aderenza alla terapia al termine del periodo di placebo;
ipersensibilità o controindicazioni note a losartan, atenololo, idroclorotiazide.
Trattamento
Il protocollo dello studio LIFE comprende una fase
iniziale in singolo cieco di 2 settimane con placebo per
la determinazione della pressione arteriosa al basale.
Dopo randomizzazione, il trattamento inizia con la
somministrazione singola giornaliera di losartan (50
mg) più atenololo-placebo, o di atenololo (50 mg) più
losartan-placebo. L’obiettivo della terapia è rappresentato dal raggiungimento di una pressione arteriosa
<140/90 mmHg. Se tale obiettivo non è raggiunto, è
prevista la rivalutazione del trattamento dopo 2, 4 e 6
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mesi con queste modificazioni della terapia iniziale:
dopo due mesi, aggiunta di 12,5 mg idroclorotiazide al
farmaco in studio; dopo altri due mesi, raddoppio del
dosaggio del losartan o dell’atenololo (100 mg/die per
entrambi); dopo altri due mesi, a discrezione dei medici curanti, aggiunta di altri farmaci antipertensivi
oppure raddoppio della dose di idroclorotiazide (25
mg/die), con l’esclusione di altri antagonisti del recettore dell’angiotensina II, di altri beta-bloccanti, o di
ACE-inibitori.
Va segnalato che il trattamento anti-ipertensivo è stato
limitato alla monoterapia con losartan (50 o 100 mg) in
11 pazienti su 100 e a quella con atenololo (50 o 100
mg) in 12 pazienti su 100. Nel gruppo losartan, la dose
è stata raddoppiata nel 50% dei partecipanti, nel gruppo atenololo nel 43% (2).
Durata dello studio
Dopo randomizzazione, i pazienti sono stati seguiti
per almeno 4 anni e finché non si è verificato un evento dell’end point primario in 1.040 soggetti. Il followup medio è stato di 4,8 anni.
Eventi misurati
Primario: incidenza combinata di morbidità e mortalità cardiovascolare in pazienti con ipertensione
documentata ed ipertrofia ventricolare sinistra documentata all’ECG dopo terapia a lungo termine
(>4 anni) con losartan versus atenololo.
La morbidità cardiovascolare è definita come un
infarto miocardico acuto non fatale clinicamente evidente o un ictus non fatale. Per mortalità cardiovascolare si intende il decesso attribuibile a cause cardiovascolari, compresi, ma che non si limitano a: morte cardiaca improvvisa, infarto miocardico, ictus o insufficienza cardiaca progressiva.
Secondari: confronto dell’effetto di losartan versus
atenololo su: mortalità cardiovascolare; mortalità per
tutte le cause; ospedalizzazioni per angina o insufficienza cardiaca; regressione di ipertrofia ventricolare sinistra
documentata all’ECG; relazione fra regressione di ipertrofia ventricolare sinistra documentata all’ECG e morbidità e mortalità cardiovascolare; incidenza di infarto
miocardico silente, determinata dall’esame dei tracciati
ECG seriati annualmente; infarto miocardico fatale e
non fatale; ictus fatale e non fatale; incidenza delle procedure di rivascolarizzazione coronarica o periferica.
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i gruppi), di mortalità cardiovascolare (4% losartan,
5% atenololo), di mortalità per tutte le cause (8%
losartan, 9% atenololo) non differisce in modo significativo.
• Diabete mellito di nuova insorgenza è stato diagnosticato meno di frequente nel gruppo losartan rispetto al
gruppo atenololo (6% vs 8%; NNT/anno = 227).
• Gli altri end point secondari non differiscono significativamente.
• In un sottogruppo predefinito di pazienti con diabete
mellito (1.195 soggetti), l’end point primario è risultato del 23% nel gruppo atenololo rispetto al 18% nel
gruppo losartan [RR = 0,76 (IC 95%: 0,58÷0,98);
p=0,031; NNT/anno = 69](3).
Principali risultati
Sono riportati nella Tabella 1, ripresa con modifiche
da Lancet (2).
Dalla Tabella 1 si osserva quanto segue:
• Infarto del miocardio o ictus o decesso per cause cardiovascolari (outcome primario combinato) si sono
manifestati in 508 soggeti (11%) del gruppo losartan
(4.605 pazienti) e in 588 soggetti (13%) del gruppo
atenololo (4.588 pazienti). La differenza è significativa (NNT/anno = 244).
• Il risultato favorevole nel gruppo losartan è principalmente originato da una riduzione significativa dell’incidenza dell’ictus (5% vs 7%; NNT/anno = 270).
• L’incidenza di infarto del miocardio (4% in entrambi
Tabella 1. I risultati dello studio LIFE
Losartan
N=4605
Atenololo
N=4588
RR aggiustato*
(IC 95%)
p
508
(11%)
588
(13%)
0,87 (0,77÷0,98)
0,021
Mortalità cardiovascolare
204
(4%)
234
(5%)
0,89 (0,73÷1,07)
0,206
Infarto del miocardio
198
(4%)
188
(4%)
1,07 (0,88÷1,31)
0,491
Ictus
232
(5%)
309
(7%)
0,75 (0,63÷0,89)
0,001
Mortalità totale
383
(8%)
431
(9%)
0,90 (0,78÷1,03)
0,128
Diabete mellito di nuova insorgenza**
241
(6%)
319
(8%)
0,75 (0,63÷0,88)
0,001
160
(3%)
141
(3%)
1,16 (0,92÷1,45)
0,212
Insufficienza cardiaca
153
(3%)
161
(4%)
0,97 (0,78÷1,21)
0,765
Rivascolarizzazione
261
(6%)
284
(6%)
0,94 (0,79÷1,11)
0,441
9
(0,2%)
5
(0,1%)
1,91 (0,64÷5,72)
0,250
End point primario
Pazienti ospedalizzati per:
Angina pectoris
Rianimazione arresto cardiaco
* Sulla base del punteggio del rischio secondo lo studio Framingham e dell’ipertrofia ventricolare sinistra al basale.
** In pazienti non diabetici alla randomizzazione (losartan, n=4019; atenololo, n=3979).
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In tali pazienti, oltre a ciò, differiscono tra loro in
modo significativo la mortalità cardiovascolare (6%
losartan vs 10% atenololo; NNT/anno = 122), la mortalità per ogni causa (11% losartan vs 17% atenololo;
NNT/anno = 68) e l’ospedalizzazione per insufficienza
cardiaca (5% losartan vs 9% atenololo; NNT/anno =
112) (3).
Effetti sulla pressione arteriosa e sull’ipertrofia
ventricolare
L’obiettivo di una riduzione della pressione arteriosa
sistolica a 140/90 mmHg o meno è stato raggiunto nel
49% dei pazienti trattati con losartan e nel 46% dei
pazienti trattati con atenololo. La variazione media
pressoria è stata di 30,2 mmHg nel gruppo losartan e di
29,1 mmHg, con una differenza di 1,1 mmHg a favore
del losartan (p = 0,017). La variazione media della
pressione arteriosa diastolica è risultata di 16,6 mmHg
nel gruppo losartan e di 16,8 mmHg nel gruppo atenololo (p: non significativo); le pressioni arteriose medie
rilevate all’ultima visita sono risultate rispettivamente
144,1/81,3 mmHg nel gruppo losartan e 145,4/80,9
mmHg nel gruppo atenolo (p: non significativo).
I dati non evidenziano in modo chiaro se entrambi i
gruppi hanno raggiunto valori pressori comparabili.
Nel gruppo losartan, la dose è stata raddoppiata nel
50% dei partecipanti, nel gruppo atenololo nel 43% (2).
Le misurazioni sono state effettuate a valle, immediatamente prima della somministrazione della successiva
dose (2,4). La presentazione grafica sembra indicare
valori di pressione sistolica costantemente più bassi nel
gruppo losartan. La pressione sistolica risulta significativamente inferiore nel gruppo losartan rispetto al grup-
po atenololo dall’inizio dello studio fino alla sua valutazione finale (2). Non viene riportato nessun valore
pressorio durante il tempo di azione effettivo di entrambi i farmaci. Gli effetti avversi orientano a valori pressori più bassi nel gruppo losartan: reazioni ipotensive si
sono manifestate più spesso nei trattati con l’inibitore
selettivo dell’angiotensina II (2,3).
Un diverso controllo della pressione nei due gruppi di
trattamento può riflettere un diverso grado di attenzione.
Questa interpretazione può essere suggerita anche dal
pur modesto sbilanciamento tra i due gruppi per quanto
riguarda i trattamenti antipertensivi associati a quelli
sperimentali: la percentuale di pazienti nei quali si è
fatto ricorso al trattamento con altri farmaci antipertensivi è stata pari al 26% nel gruppo losartan e al 22% nel
gruppo atenololo. La differenza è minima, ma non trascurabile, considerato il minimo vantaggio clinico attribuito al losartan.
I risultati dello studio LIFE mostrano una maggior
regressione dell'ipertrofia ventricolare sinistra dopo più
di quattro anni di trattamento con losartan rispetto all'atenololo.
Eventi avversi
I principali effetti indesiderati sono riportati in
Tabella 2.
Il losartan è risultato meglio tollerato. Tra gli eventi
indesiderati predefiniti, il losartan è stato associato ad
una incidenza significativamente inferiore di bradicardia, estremità fredde e disturbi sessuali. L’ipotensione è
stata più comune con il losartan che con l’atenololo.
Non sono state osservate differenze significative per le
incidenze di angioedema e tosse tra i due gruppi.
Tabella 2. Principali eventi avversi osservati nello studio LIFE
Predefiniti
Losartan
Atenololo
p
Angioedema
Bradicardia
Tosse
Ipotensione
Estremità fredde
Disturbi sessuali
6 (0,1%)
66 (1%)
133 (3%)
121 (3%)
178 (4%)
164 (4%)
11 (0,2%)
391 (9%)
113 (2%)
75 (2%)
269 (6%)
214 (5%)
0,237
<0,0001
0,220
0,001
<0,0001
0,009
213 (5%)
239 (5%)
691 (15%)
568 (12%)
519 (11%)
457 (10%)
539 (12%)
293 (6%)
300 (7%)
802 (17%)
477 (10%)
463 (10%)
648 (14%)
637 (14%)
0,0002
0,007
0,001
0,004
0,068
<0,0001
0,002
Altri (non predefiniti)*
Albuminuria
Iperglicemia
Astenia/fatica
Mal di schiena
Dolore al torace
Dispnea
Edema arti inferiori
* Incidenza > 5% in uno dei gruppi di trattamento e differenza >1% tra gruppi di trattamento
Da Lancet, modificato (2).
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Conclusioni
• Lo studio LIFE è uno studio di ampie dimensioni, di
lungo termine, con misurazione di end point clinici
forti nel trattamento dell’ipertensione, che ha posto a
confronto due farmaci antipertensivi con differente
meccanismo d’azione (solo) in gruppi di pazienti ad
alto rischio cardiovascolare (segni di ipertrofia ventricolare sinistra all’ECG).
• Dopo un trattamento medio di 4,8 anni, l’incidenza di
ictus è risultata del 5% nel gruppo losartan e del 7%
nel gruppo atenololo; l’incidenza di infarto del miocardio e della mortalità (cardiovascolare e per tutte le
cause) non differisce in modo significativo tra i due
trattamenti.
• Per quanto concerne l’evento primario indagato
dallo studio (incidenza combinata di morbidità e
mortalità cardiovascolare), il risultato favorevole
nel gruppo losartan (incidenza 11%) rispetto al
gruppo atenololo (13%) è principalmente da ascrivere ad una riduzione significativa dell’incidenza
dell’ictus (in un quadro di sostanziale pari sopravvivenza e safety coronarica).
• Al quesito di particolare importanza: “il losartan
presenta uno specifico vantaggio cardioprotettivo
sull’atenololo, indipendente dall’effetto sulla
pressione arteriosa?” – non si può dare risposta in
base ai risultati presentati. Le differenze nell’aggiustamento dei dosaggi e gli eventi avversi ipotensivi portano a presumere un controllo più efficace della pressione arteriosa nel gruppo losartan.
• Nel sottogruppo predefinito di pazienti con diabete, l’ospedalizzazione per insufficienza cardiaca,
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la mortalità cardiovascolare e la mortalità totale si
sono dimostrate significativamente inferiori nel
gruppo losartan rispetto al gruppo atenololo.
• Solo in 11 pazienti su 100 il trattamento anti-ipertensivo è stato limitato alla monoterapia con
losartan (50 o 100 mg) e in 12 pazienti su 100 a
quella con atenololo (50 o 100 mg). Ciò sta a
significare che in un trial di confronto tra losartan
e atenololo le variabili in gioco sono molte altre.
La randomizzazione può molto, distribuendo tali
variabili in maniera equanime tra i due gruppi.
Ma, a fronte di vantaggi clinici non rilevanti,
quanto gioca la somma algebrica di un’infinità di
sbilanciamenti – anche se di per sé non significativi - tra i due gruppi di trattamento? Come si distribuiscono tra i due gruppi variabili non riportate nel lavoro di Lancet, seppure importanti, quali
durata dello stato ipertensivo alla randomizzazione, precedente trattamento dell’ipertensione e sua
efficacia, ecc.? Per risolvere qualsiasi dubbio in
proposito sarebbe utile un’analisi multivariata,
che prendesse in considerazione una serie di
variabili più estesa rispetto alle due variabili controllate nell’adjusted analysis presentata nel
report dello studio.
• Desta perplessità che i dati dello studio siano in un
database della Merck Sharp & Dohme, che un
dipendente della stessa azienda compaia tra gli
autori della ricerca e che un altro sia stato responsabile dell’analisi dei dati dello studio.▲
Bibliografia
Le interruzioni conseguenti ad eventi indesiderati
sono state significativamente meno frequenti nei
pazienti trattati con losartan rispetto a quelli che assumevano atenololo.
Lo studio LIFE conferma i dubbi sul presunto effetto protettivo del losartan sul rene. La creatinina serica
aumenta nel corso dello studio, non differendo significativamente sia nel gruppo totale che nel sottogruppo
dei pazienti diabetici (2,3).
1. MacMahon S et al. Electrocardiographic left ventricular
hypertrophy and effects of antihypertensive drug therapy in
hypertensive participants in the Multiple Risk Factor Intervention Trial. Am J Cardiol 1989;63:202-10.
2. Dahlöf B et al. Cardiovascular morbidity and mortality
in the Losartan Intervention For Endpoint reduction
(LIFE) in hypertension study: a randomised trial against
atenolol. Lancet 2002;359:995-1003.
3. Lindholm LH et al. Cardiovascular morbidity and mortality
in patients with diabetes in the Losartan Intervention For
Endpoint reduction in hypertension study (LIFE): a randomised trial against atenolol. Lancet 2002;359:1004-10.
4. Dahlöf B et al. The Losartan Intervention For Endpoint
reduction (LIFE) in hypertension study rationale, design,
and methods. The LIFE Study Group. Am J Hypertens
1997;10:705-13.
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EDITORIALE
ABC
DEGLI STUDI CLINICI
Come viene riportata l’importanza clinica dei
risultati degli studi?
Analisi di alcune sperimentazioni controllate e randomizzate
How well is the clinical importance of study results reported? An assessment of randomized controlled trials.
Chan KBY et al. CMAJ 2001;165:1197-1202.
PARTE PRIMA
Riassunto
Contesto
L’interpretazione dei risultati delle sperimentazioni
controllate e randomizzate (RCTs, dall’inglese randomized controlled trials) è basata sulla significatività
statistica piuttosto che sull’importanza clinica. Il nostro
obiettivo è stato valutare la qualità del modo in cui vengono riportati i fattori connessi all’importanza clinica
in un campione di RCT pubblicati.
Metodi
In un campione random di 27 (su un totale di 266) RCT
pubblicati in cinque delle maggiori pubblicazioni medico-scientifiche nel corso di un anno, quattro revisori indipendenti hanno analizzato i fattori considerati importanti
per l’interpretazione dell’importanza clinica dei risultati
degli studi: identificazione di un esito primario chiaramente definito; modalità con cui è riportata la differenza
attesa tra gruppi usata per il calcolo della numerosità del
campione (valore delta), e se tale differenza era basata
sulla minima differenza di intervento clinicamente
importante; significatività statistica dei risultati, presentazione di intervalli di confidenza pertinenti; interpretazione dell’importanza clinica dei risultati secondo gli autori.
Risultati
Ventidue dei 27 (81%) articoli riportavano esplicitamente un singolo esito primario. Dei 20 articoli che prevedevano un calcolo della numerosità del campione, 18
(90%) riportavano un valore delta. Due dei 18 (11%)
articoli affermavano esplicitamente che il valore delta
era scelto in modo da riflettere la minima differenza di
intervento clinicamente importante. Per quanto riguarda
gli esiti primari, gli intervalli di confidenza per le stime
dell’efficacia degli interventi erano riportati in 11 dei 27
(41%) studi. I risultati dello studio erano interpretati dal
punto di vista dell’importanza clinica in 20 articoli su 27
(74%). Di questi 20 articoli, 5 (25%) fornivano una giustificazione dell’interpretazione clinica dei risultati.
Interpretazione
Gli Autori di RCT pubblicati sulle maggiori riviste di
medicina generale e di medicina interna non sempre
forniscono la loro interpretazione dell’importanza clinica dei risultati, e spesso non danno informazioni sufficienti a consentire ai lettori di elaborare una propria
interpretazione.
BIF Nov-Dic 2001 - N. 6
L’interpretazione dei risultati degli RCT è concentrata sulla loro significatività statistica piuttosto che
sull’importanza clinica. Per esempio, la recente revisione dei CONSORT (“Consolidated Standards Of
Reporting Trials”: una serie di raccomandazioni largamente seguite e finalizzate a migliorare la qualità delle
pubblicazioni degli RCT) non raccomanda specificamente che gli autori discutano l’importanza clinica dei
loro risultati (1). La mancanza di attenzione all’importanza clinica dei risultati degli RCT ha condotto a errori e discordanze nella loro interpretazione, e alla tendenza a considerare equivalenti significatività statistica
e importanza clinica. In un certo numero di circostanze,
risultati statisticamente significativi possono essere clinicamente non importanti e, viceversa, risultati statisticamente non significativi non escludono la possibilità
di effetti clinicamente importanti (2,3).
La differenza minima clinicamente importante
(MCID, dall’inglese minimal clinically important difference) fra una terapia sperimentale e la rispettiva terapia
di controllo è definita come quella differenza che sarebbe
sufficiente a giustificare un cambiamento nelle decisioni
terapeutiche, tenendo anche conto del rischio di eventi
avversi, inconvenienti e costi (4). La MCID è un concetto chiave sia nel disegno che nell’interpretazione dei
risultati degli RCT. Nel disegno, infatti, la numerosità del
campione (sample size) del trial dovrebbe riflettere la
MCID che si vuole evidenziare fra il trattamento in sperimentazione e quello di controllo (valore delta). Nell’interpretazione, il raggiungimento o meno di una MCID è
il criterio principale di cui tener conto per la prospettiva
di applicare i risultati del trial alle decisioni terapeutiche.
Ad esempio, in soggetti senza precedenti di infarto
miocardico (MI, dall’inglese Myocardial Infarction) o
ictus, il regolare impiego di aspirina riduce l’incidenza di
MI da 0,70 a 0,50 per cento e per anno (riduzione di
rischio: assoluta di 0,20%, relativa di circa il 25%), ma
questo vantaggio potrebbe essere controbilanciato da un
concomitante aumento di incidenza di ictus da 0,30 a
0,32 per cento e per anno (aumento di rischio: assoluto di
0,02%, relativo di circa il 10%), e di emorragia gastrointestinale da 1 a 2 per cento e per anno (5). Dopo avere
valutato vantaggi e svantaggi dell’uso dell’aspirina in
questo contesto, un autorevole panel di esperti non ne ha
raccomandato l’uso, giudicando che la sua efficacia nel
prevenire l’MI non era sufficiente a superare l’aumento
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