Nell`ipertensione con ipertrofia ventricolare sini
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Nell`ipertensione con ipertrofia ventricolare sini
DALLA RICERCA SPERIMENTAZIONE ALLA PRATICA CLINICA Questa rubrica intende portare all’attenzione dei lettori alcuni studi clinici apparsi in letteratura, particolarmente rilevanti per il riflesso che possono avere nella pratica della medicina. La presentazione degli studi è in forma sintetica e tiene conto anche delle obiezioni, critiche e rilievi che spesso fanno seguito alla loro pubblicazione. Nell’ipertensione con ipertrofia ventricolare sinistra il losartan è migliore dell’atenololo? I risultati dello studio LIFE Titolo Riduzione di mortalità e morbidità cardiovascolare con losartan in pazienti ipertesi: uno studio randomizzato contro atenololo (LIFE). (Titolo originale: Cardiovascular morbidity and mortality in the Losartan Intervention For Endpoint reduction (LIFE) in hypertension study: a randomised trial against atenolol). Autori Dahlöf B, Devereux RB, Kjeldsen SE, Julius S, Beevers G, Faire U, Fyhrquist F, Ibsen H, Kristiansson K, Lederballe-Pedersen O, Lindholm LH, Nieminen MS, Omvik P, Oparil S, Wedel H; The LIFE Study Group. Capo della ricerca è il prof. Dahlöf, Sahlgrenska University Hospital/Ostra, Göteborg, Svezia. Rivista Lancet 2002;359:995-1003. Sponsor Merck Sharp & Dohme (MSD) I dati dello studio sono in un database della MSD. L’azienda farmaceutica ha assistito il comitato organizzatore dello studio che ha avuto libero accesso a tutti i dati. Il comitato è stato libero di interpretare i dati e di scrivere la relazione; il risultato è stato convalidato in modo indipendente dallo statistico del comitato organizzatore. Un dipendente della MSD è elencato tra i membri del comitato organizzatore (senza diritto di voto) ed è uno degli autori dello studio. L’analisi dei dati è di un dipendente della Merck Research Laboratories. 252 Problema clinico sollevato La riduzione della pressione arteriosa con ß-bloccanti o diuretici è attualmente considerata l’intervento più appropriato per la prevenzione del danno cardiovascolare nei soggetti ipertesi. L’ipertrofia ventricolare sinistra, uno dei danni d’organo provocati dall’ipertensione, è un forte indicatore del rischio di morbidità e mortalità cardiovascolare. Tale rischio è nettamente superiore nei pazienti con ipertensione ed ipertrofia secondaria del miocardio rispetto a quello degli ipertesi senza ipertrofia. L’interesse clinico è di stabilire se gli antagonisti selettivi dell’angiotensina II sono in grado di migliorare l’ipertrofia ventricolare sinistra mediante la riduzione della pressione arteriosa, riducendo, di conseguenza, la morbidità e mortalità cardiovascolare. Obiettivo dello studio Valutare qual è l’effetto del losartan rispetto all’atenololo su morbidità e mortalità cardiovascolare in pazienti ipertesi con ipertrofia ventricolare sinistra confermata all’ECG. Disegno dello studio Multicentrico, controllato, randomizzato, doppio cieco, con finto placebo, a due gruppi paralleli. Popolazione studiata 9.193 pazienti arruolati in 946 centri di Danimarca, Finlandia, Islanda, Irlanda, Norvegia, Svezia, Regno Unito e Stati Uniti. Criteri di inclusione Maschi o femmine di età compresa tra 55 ed 80 anni, con ipertensione in precedenza trattata o non trattata, pressione arteriosa diastolica in posizione seduta di 95BIF Nov-Dic 2001 - N. 6 DALLA RICERCA ALLA PRATICA CLINICA 115 mmHg alla visita di screening e dopo 1 e 2 settimane di trattamento in singolo cieco con placebo, e/o pressione arteriosa sistolica in posizione seduta di 160200 mmHg alla visita di screening e dopo 1 e 2 settimane di trattamento in singolo cieco con placebo, ed inoltre ipertrofia ventricolare sinistra accertata (fino a 30 giorni prima della visita di screening) con ECG standard a 12 derivazioni secondo criteri predefiniti, e confermata presso un laboratorio ECG centralizzato prima della randomizzazione. Principali criteri di esclusione Ipertensione secondaria nota di qualsiasi eziologia; anamnesi di ictus o di infarto del miocardio nei precedenti sei mesi; angina pectoris richiedente un trattamento con un β-bloccante o un calcio-antagonista; presenza di insufficienza cardiaca o di una frazione di eiezione del ventricolo sinistro del 40% o meno; qualsiasi condizione necessitante, secondo il medico curante, di trattamento con losartan (o con altro antagonista del recettore dell’angiotensina II), con atenololo (o con altro β-bloccante), con idroclorotiazide, con ACE-inibitori; aumento della pressione arteriosa diastolica >115 mmHg o della pressione arteriosa sistolica >200 mmHg durante il periodo con placebo; storia di patologie renali o epatiche con grave compromissione funzionale (creatinina sierica >160µmol/l ); paziente mono-rene o con trapianto renale; stenosi aortica significativa nota (gradiente medio Doppler documentato >20 mmHg); grave patologia in grado di provocare un sostanziale deterioramento delle condizioni di salute del paziente nel corso dei successivi 4-6 anni; scarsa aderenza alla terapia al termine del periodo di placebo; ipersensibilità o controindicazioni note a losartan, atenololo, idroclorotiazide. Trattamento Il protocollo dello studio LIFE comprende una fase iniziale in singolo cieco di 2 settimane con placebo per la determinazione della pressione arteriosa al basale. Dopo randomizzazione, il trattamento inizia con la somministrazione singola giornaliera di losartan (50 mg) più atenololo-placebo, o di atenololo (50 mg) più losartan-placebo. L’obiettivo della terapia è rappresentato dal raggiungimento di una pressione arteriosa <140/90 mmHg. Se tale obiettivo non è raggiunto, è prevista la rivalutazione del trattamento dopo 2, 4 e 6 BIF Nov-Dic 2001 - N. 6 mesi con queste modificazioni della terapia iniziale: dopo due mesi, aggiunta di 12,5 mg idroclorotiazide al farmaco in studio; dopo altri due mesi, raddoppio del dosaggio del losartan o dell’atenololo (100 mg/die per entrambi); dopo altri due mesi, a discrezione dei medici curanti, aggiunta di altri farmaci antipertensivi oppure raddoppio della dose di idroclorotiazide (25 mg/die), con l’esclusione di altri antagonisti del recettore dell’angiotensina II, di altri beta-bloccanti, o di ACE-inibitori. Va segnalato che il trattamento anti-ipertensivo è stato limitato alla monoterapia con losartan (50 o 100 mg) in 11 pazienti su 100 e a quella con atenololo (50 o 100 mg) in 12 pazienti su 100. Nel gruppo losartan, la dose è stata raddoppiata nel 50% dei partecipanti, nel gruppo atenololo nel 43% (2). Durata dello studio Dopo randomizzazione, i pazienti sono stati seguiti per almeno 4 anni e finché non si è verificato un evento dell’end point primario in 1.040 soggetti. Il followup medio è stato di 4,8 anni. Eventi misurati Primario: incidenza combinata di morbidità e mortalità cardiovascolare in pazienti con ipertensione documentata ed ipertrofia ventricolare sinistra documentata all’ECG dopo terapia a lungo termine (>4 anni) con losartan versus atenololo. La morbidità cardiovascolare è definita come un infarto miocardico acuto non fatale clinicamente evidente o un ictus non fatale. Per mortalità cardiovascolare si intende il decesso attribuibile a cause cardiovascolari, compresi, ma che non si limitano a: morte cardiaca improvvisa, infarto miocardico, ictus o insufficienza cardiaca progressiva. Secondari: confronto dell’effetto di losartan versus atenololo su: mortalità cardiovascolare; mortalità per tutte le cause; ospedalizzazioni per angina o insufficienza cardiaca; regressione di ipertrofia ventricolare sinistra documentata all’ECG; relazione fra regressione di ipertrofia ventricolare sinistra documentata all’ECG e morbidità e mortalità cardiovascolare; incidenza di infarto miocardico silente, determinata dall’esame dei tracciati ECG seriati annualmente; infarto miocardico fatale e non fatale; ictus fatale e non fatale; incidenza delle procedure di rivascolarizzazione coronarica o periferica. 253 DALLA RICERCA ALLA PRATICA CLINICA i gruppi), di mortalità cardiovascolare (4% losartan, 5% atenololo), di mortalità per tutte le cause (8% losartan, 9% atenololo) non differisce in modo significativo. • Diabete mellito di nuova insorgenza è stato diagnosticato meno di frequente nel gruppo losartan rispetto al gruppo atenololo (6% vs 8%; NNT/anno = 227). • Gli altri end point secondari non differiscono significativamente. • In un sottogruppo predefinito di pazienti con diabete mellito (1.195 soggetti), l’end point primario è risultato del 23% nel gruppo atenololo rispetto al 18% nel gruppo losartan [RR = 0,76 (IC 95%: 0,58÷0,98); p=0,031; NNT/anno = 69](3). Principali risultati Sono riportati nella Tabella 1, ripresa con modifiche da Lancet (2). Dalla Tabella 1 si osserva quanto segue: • Infarto del miocardio o ictus o decesso per cause cardiovascolari (outcome primario combinato) si sono manifestati in 508 soggeti (11%) del gruppo losartan (4.605 pazienti) e in 588 soggetti (13%) del gruppo atenololo (4.588 pazienti). La differenza è significativa (NNT/anno = 244). • Il risultato favorevole nel gruppo losartan è principalmente originato da una riduzione significativa dell’incidenza dell’ictus (5% vs 7%; NNT/anno = 270). • L’incidenza di infarto del miocardio (4% in entrambi Tabella 1. I risultati dello studio LIFE Losartan N=4605 Atenololo N=4588 RR aggiustato* (IC 95%) p 508 (11%) 588 (13%) 0,87 (0,77÷0,98) 0,021 Mortalità cardiovascolare 204 (4%) 234 (5%) 0,89 (0,73÷1,07) 0,206 Infarto del miocardio 198 (4%) 188 (4%) 1,07 (0,88÷1,31) 0,491 Ictus 232 (5%) 309 (7%) 0,75 (0,63÷0,89) 0,001 Mortalità totale 383 (8%) 431 (9%) 0,90 (0,78÷1,03) 0,128 Diabete mellito di nuova insorgenza** 241 (6%) 319 (8%) 0,75 (0,63÷0,88) 0,001 160 (3%) 141 (3%) 1,16 (0,92÷1,45) 0,212 Insufficienza cardiaca 153 (3%) 161 (4%) 0,97 (0,78÷1,21) 0,765 Rivascolarizzazione 261 (6%) 284 (6%) 0,94 (0,79÷1,11) 0,441 9 (0,2%) 5 (0,1%) 1,91 (0,64÷5,72) 0,250 End point primario Pazienti ospedalizzati per: Angina pectoris Rianimazione arresto cardiaco * Sulla base del punteggio del rischio secondo lo studio Framingham e dell’ipertrofia ventricolare sinistra al basale. ** In pazienti non diabetici alla randomizzazione (losartan, n=4019; atenololo, n=3979). 254 BIF Nov-Dic 2001 - N. 6 DALLA RICERCA ALLA PRATICA CLINICA In tali pazienti, oltre a ciò, differiscono tra loro in modo significativo la mortalità cardiovascolare (6% losartan vs 10% atenololo; NNT/anno = 122), la mortalità per ogni causa (11% losartan vs 17% atenololo; NNT/anno = 68) e l’ospedalizzazione per insufficienza cardiaca (5% losartan vs 9% atenololo; NNT/anno = 112) (3). Effetti sulla pressione arteriosa e sull’ipertrofia ventricolare L’obiettivo di una riduzione della pressione arteriosa sistolica a 140/90 mmHg o meno è stato raggiunto nel 49% dei pazienti trattati con losartan e nel 46% dei pazienti trattati con atenololo. La variazione media pressoria è stata di 30,2 mmHg nel gruppo losartan e di 29,1 mmHg, con una differenza di 1,1 mmHg a favore del losartan (p = 0,017). La variazione media della pressione arteriosa diastolica è risultata di 16,6 mmHg nel gruppo losartan e di 16,8 mmHg nel gruppo atenololo (p: non significativo); le pressioni arteriose medie rilevate all’ultima visita sono risultate rispettivamente 144,1/81,3 mmHg nel gruppo losartan e 145,4/80,9 mmHg nel gruppo atenolo (p: non significativo). I dati non evidenziano in modo chiaro se entrambi i gruppi hanno raggiunto valori pressori comparabili. Nel gruppo losartan, la dose è stata raddoppiata nel 50% dei partecipanti, nel gruppo atenololo nel 43% (2). Le misurazioni sono state effettuate a valle, immediatamente prima della somministrazione della successiva dose (2,4). La presentazione grafica sembra indicare valori di pressione sistolica costantemente più bassi nel gruppo losartan. La pressione sistolica risulta significativamente inferiore nel gruppo losartan rispetto al grup- po atenololo dall’inizio dello studio fino alla sua valutazione finale (2). Non viene riportato nessun valore pressorio durante il tempo di azione effettivo di entrambi i farmaci. Gli effetti avversi orientano a valori pressori più bassi nel gruppo losartan: reazioni ipotensive si sono manifestate più spesso nei trattati con l’inibitore selettivo dell’angiotensina II (2,3). Un diverso controllo della pressione nei due gruppi di trattamento può riflettere un diverso grado di attenzione. Questa interpretazione può essere suggerita anche dal pur modesto sbilanciamento tra i due gruppi per quanto riguarda i trattamenti antipertensivi associati a quelli sperimentali: la percentuale di pazienti nei quali si è fatto ricorso al trattamento con altri farmaci antipertensivi è stata pari al 26% nel gruppo losartan e al 22% nel gruppo atenololo. La differenza è minima, ma non trascurabile, considerato il minimo vantaggio clinico attribuito al losartan. I risultati dello studio LIFE mostrano una maggior regressione dell'ipertrofia ventricolare sinistra dopo più di quattro anni di trattamento con losartan rispetto all'atenololo. Eventi avversi I principali effetti indesiderati sono riportati in Tabella 2. Il losartan è risultato meglio tollerato. Tra gli eventi indesiderati predefiniti, il losartan è stato associato ad una incidenza significativamente inferiore di bradicardia, estremità fredde e disturbi sessuali. L’ipotensione è stata più comune con il losartan che con l’atenololo. Non sono state osservate differenze significative per le incidenze di angioedema e tosse tra i due gruppi. Tabella 2. Principali eventi avversi osservati nello studio LIFE Predefiniti Losartan Atenololo p Angioedema Bradicardia Tosse Ipotensione Estremità fredde Disturbi sessuali 6 (0,1%) 66 (1%) 133 (3%) 121 (3%) 178 (4%) 164 (4%) 11 (0,2%) 391 (9%) 113 (2%) 75 (2%) 269 (6%) 214 (5%) 0,237 <0,0001 0,220 0,001 <0,0001 0,009 213 (5%) 239 (5%) 691 (15%) 568 (12%) 519 (11%) 457 (10%) 539 (12%) 293 (6%) 300 (7%) 802 (17%) 477 (10%) 463 (10%) 648 (14%) 637 (14%) 0,0002 0,007 0,001 0,004 0,068 <0,0001 0,002 Altri (non predefiniti)* Albuminuria Iperglicemia Astenia/fatica Mal di schiena Dolore al torace Dispnea Edema arti inferiori * Incidenza > 5% in uno dei gruppi di trattamento e differenza >1% tra gruppi di trattamento Da Lancet, modificato (2). BIF Nov-Dic 2001 - N. 6 255 DALLA RICERCA ALLA PRATICA CLINICA Conclusioni • Lo studio LIFE è uno studio di ampie dimensioni, di lungo termine, con misurazione di end point clinici forti nel trattamento dell’ipertensione, che ha posto a confronto due farmaci antipertensivi con differente meccanismo d’azione (solo) in gruppi di pazienti ad alto rischio cardiovascolare (segni di ipertrofia ventricolare sinistra all’ECG). • Dopo un trattamento medio di 4,8 anni, l’incidenza di ictus è risultata del 5% nel gruppo losartan e del 7% nel gruppo atenololo; l’incidenza di infarto del miocardio e della mortalità (cardiovascolare e per tutte le cause) non differisce in modo significativo tra i due trattamenti. • Per quanto concerne l’evento primario indagato dallo studio (incidenza combinata di morbidità e mortalità cardiovascolare), il risultato favorevole nel gruppo losartan (incidenza 11%) rispetto al gruppo atenololo (13%) è principalmente da ascrivere ad una riduzione significativa dell’incidenza dell’ictus (in un quadro di sostanziale pari sopravvivenza e safety coronarica). • Al quesito di particolare importanza: “il losartan presenta uno specifico vantaggio cardioprotettivo sull’atenololo, indipendente dall’effetto sulla pressione arteriosa?” – non si può dare risposta in base ai risultati presentati. Le differenze nell’aggiustamento dei dosaggi e gli eventi avversi ipotensivi portano a presumere un controllo più efficace della pressione arteriosa nel gruppo losartan. • Nel sottogruppo predefinito di pazienti con diabete, l’ospedalizzazione per insufficienza cardiaca, 256 la mortalità cardiovascolare e la mortalità totale si sono dimostrate significativamente inferiori nel gruppo losartan rispetto al gruppo atenololo. • Solo in 11 pazienti su 100 il trattamento anti-ipertensivo è stato limitato alla monoterapia con losartan (50 o 100 mg) e in 12 pazienti su 100 a quella con atenololo (50 o 100 mg). Ciò sta a significare che in un trial di confronto tra losartan e atenololo le variabili in gioco sono molte altre. La randomizzazione può molto, distribuendo tali variabili in maniera equanime tra i due gruppi. Ma, a fronte di vantaggi clinici non rilevanti, quanto gioca la somma algebrica di un’infinità di sbilanciamenti – anche se di per sé non significativi - tra i due gruppi di trattamento? Come si distribuiscono tra i due gruppi variabili non riportate nel lavoro di Lancet, seppure importanti, quali durata dello stato ipertensivo alla randomizzazione, precedente trattamento dell’ipertensione e sua efficacia, ecc.? Per risolvere qualsiasi dubbio in proposito sarebbe utile un’analisi multivariata, che prendesse in considerazione una serie di variabili più estesa rispetto alle due variabili controllate nell’adjusted analysis presentata nel report dello studio. • Desta perplessità che i dati dello studio siano in un database della Merck Sharp & Dohme, che un dipendente della stessa azienda compaia tra gli autori della ricerca e che un altro sia stato responsabile dell’analisi dei dati dello studio.▲ Bibliografia Le interruzioni conseguenti ad eventi indesiderati sono state significativamente meno frequenti nei pazienti trattati con losartan rispetto a quelli che assumevano atenololo. Lo studio LIFE conferma i dubbi sul presunto effetto protettivo del losartan sul rene. La creatinina serica aumenta nel corso dello studio, non differendo significativamente sia nel gruppo totale che nel sottogruppo dei pazienti diabetici (2,3). 1. MacMahon S et al. Electrocardiographic left ventricular hypertrophy and effects of antihypertensive drug therapy in hypertensive participants in the Multiple Risk Factor Intervention Trial. Am J Cardiol 1989;63:202-10. 2. Dahlöf B et al. Cardiovascular morbidity and mortality in the Losartan Intervention For Endpoint reduction (LIFE) in hypertension study: a randomised trial against atenolol. Lancet 2002;359:995-1003. 3. Lindholm LH et al. Cardiovascular morbidity and mortality in patients with diabetes in the Losartan Intervention For Endpoint reduction in hypertension study (LIFE): a randomised trial against atenolol. Lancet 2002;359:1004-10. 4. Dahlöf B et al. The Losartan Intervention For Endpoint reduction (LIFE) in hypertension study rationale, design, and methods. The LIFE Study Group. Am J Hypertens 1997;10:705-13. BIF Nov-Dic 2001 - N. 6 EDITORIALE ABC DEGLI STUDI CLINICI Come viene riportata l’importanza clinica dei risultati degli studi? Analisi di alcune sperimentazioni controllate e randomizzate How well is the clinical importance of study results reported? An assessment of randomized controlled trials. Chan KBY et al. CMAJ 2001;165:1197-1202. PARTE PRIMA Riassunto Contesto L’interpretazione dei risultati delle sperimentazioni controllate e randomizzate (RCTs, dall’inglese randomized controlled trials) è basata sulla significatività statistica piuttosto che sull’importanza clinica. Il nostro obiettivo è stato valutare la qualità del modo in cui vengono riportati i fattori connessi all’importanza clinica in un campione di RCT pubblicati. Metodi In un campione random di 27 (su un totale di 266) RCT pubblicati in cinque delle maggiori pubblicazioni medico-scientifiche nel corso di un anno, quattro revisori indipendenti hanno analizzato i fattori considerati importanti per l’interpretazione dell’importanza clinica dei risultati degli studi: identificazione di un esito primario chiaramente definito; modalità con cui è riportata la differenza attesa tra gruppi usata per il calcolo della numerosità del campione (valore delta), e se tale differenza era basata sulla minima differenza di intervento clinicamente importante; significatività statistica dei risultati, presentazione di intervalli di confidenza pertinenti; interpretazione dell’importanza clinica dei risultati secondo gli autori. Risultati Ventidue dei 27 (81%) articoli riportavano esplicitamente un singolo esito primario. Dei 20 articoli che prevedevano un calcolo della numerosità del campione, 18 (90%) riportavano un valore delta. Due dei 18 (11%) articoli affermavano esplicitamente che il valore delta era scelto in modo da riflettere la minima differenza di intervento clinicamente importante. Per quanto riguarda gli esiti primari, gli intervalli di confidenza per le stime dell’efficacia degli interventi erano riportati in 11 dei 27 (41%) studi. I risultati dello studio erano interpretati dal punto di vista dell’importanza clinica in 20 articoli su 27 (74%). Di questi 20 articoli, 5 (25%) fornivano una giustificazione dell’interpretazione clinica dei risultati. Interpretazione Gli Autori di RCT pubblicati sulle maggiori riviste di medicina generale e di medicina interna non sempre forniscono la loro interpretazione dell’importanza clinica dei risultati, e spesso non danno informazioni sufficienti a consentire ai lettori di elaborare una propria interpretazione. BIF Nov-Dic 2001 - N. 6 L’interpretazione dei risultati degli RCT è concentrata sulla loro significatività statistica piuttosto che sull’importanza clinica. Per esempio, la recente revisione dei CONSORT (“Consolidated Standards Of Reporting Trials”: una serie di raccomandazioni largamente seguite e finalizzate a migliorare la qualità delle pubblicazioni degli RCT) non raccomanda specificamente che gli autori discutano l’importanza clinica dei loro risultati (1). La mancanza di attenzione all’importanza clinica dei risultati degli RCT ha condotto a errori e discordanze nella loro interpretazione, e alla tendenza a considerare equivalenti significatività statistica e importanza clinica. In un certo numero di circostanze, risultati statisticamente significativi possono essere clinicamente non importanti e, viceversa, risultati statisticamente non significativi non escludono la possibilità di effetti clinicamente importanti (2,3). La differenza minima clinicamente importante (MCID, dall’inglese minimal clinically important difference) fra una terapia sperimentale e la rispettiva terapia di controllo è definita come quella differenza che sarebbe sufficiente a giustificare un cambiamento nelle decisioni terapeutiche, tenendo anche conto del rischio di eventi avversi, inconvenienti e costi (4). La MCID è un concetto chiave sia nel disegno che nell’interpretazione dei risultati degli RCT. Nel disegno, infatti, la numerosità del campione (sample size) del trial dovrebbe riflettere la MCID che si vuole evidenziare fra il trattamento in sperimentazione e quello di controllo (valore delta). Nell’interpretazione, il raggiungimento o meno di una MCID è il criterio principale di cui tener conto per la prospettiva di applicare i risultati del trial alle decisioni terapeutiche. Ad esempio, in soggetti senza precedenti di infarto miocardico (MI, dall’inglese Myocardial Infarction) o ictus, il regolare impiego di aspirina riduce l’incidenza di MI da 0,70 a 0,50 per cento e per anno (riduzione di rischio: assoluta di 0,20%, relativa di circa il 25%), ma questo vantaggio potrebbe essere controbilanciato da un concomitante aumento di incidenza di ictus da 0,30 a 0,32 per cento e per anno (aumento di rischio: assoluto di 0,02%, relativo di circa il 10%), e di emorragia gastrointestinale da 1 a 2 per cento e per anno (5). Dopo avere valutato vantaggi e svantaggi dell’uso dell’aspirina in questo contesto, un autorevole panel di esperti non ne ha raccomandato l’uso, giudicando che la sua efficacia nel prevenire l’MI non era sufficiente a superare l’aumento 257