L` organizzazione dell` Ufficio di Procura

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L` organizzazione dell` Ufficio di Procura
Convegno UNICOST PUGLIA
“Quale magistratura oggi ?
Il ruolo del magistrato tra profili organizzativi e responsabilità”
Monopoli, 11-12 settembre 2015
L’ organizzazione dell’ Ufficio di Procura
L’ assetto organizzativo dell’ Ufficio di Procura quale delineato nel testo originario del d. lg.vo 20
febbraio 2006 n. 106 era fortemente incentrato sulle prerogative del Procuratore della Repubblica,
indicato - in una prospettiva di connotazione marcatamente gerarchica dell’ Ufficio - quale
“titolare esclusivo dell’ azione penale”, esercitata “sotto la sua responsabilità” in modo “corretto,
puntuale ed uniforme”
Il Procuratore della Repubblica, infatti:
- determina i criteri di organizzazione dell’ Ufficio e di assegnazione degli affari, ivi compresi
quelli di natura automatica
- può designare un vicario in caso di assenza o vacanza
- può delegare a Procuratori Aggiunti o sostituti la cura di specifici settori
- fissa i criteri generali per l’ impiego di risorse personali e materiali
- è il responsabile unico dei rapporti con la stampa.
L’ abrogazione della disposizione dell’ art. 7 ter del R.D. n. 12 del 1941 escludeva peraltro il
Consiglio Superiore della Magistratura dal procedimento di definizione dell’ assetto organizzativo
dell’ Ufficio, prevedendo soltanto che i progetti di organizzazione – ivi compresi quelli che
disciplinano l’ assegnazione dei procedimenti – devono essere comunicati al Consiglio (art. 1,
comma 7).
Le modifiche apportate dalla legge 24 ottobre 2006, n. 209 incidevano soprattutto sui poteri del
Procuratore della Repubblica di gestione del procedimento e sui rapporti con i sostituti – con l’
introduzione di elementi di attenuazione della “esclusività della responsabilità” del Procuratore
della Repubblica nell’ esercizio dell’ azione penale ed il riconoscimento al sostituto assegnatario
di una titolarità mediata e di una sfera di autonomia professionale nell’ attività d’ indagine ed in
quella successiva all’ esercizio dell’ azione penale – ma non introducevano profili di novità sulle
competenze attribuite al Procuratore della Repubblica sul versante organizzativo.
E’ stata la normazione secondaria del Consiglio Superiore della Magistratura – anzitutto con la
risoluzione 12 luglio 2007 recante “Disposizioni in materia di organizzazione degli uffici del
Pubblico Ministero a seguito dell’ entrata in vigore del D. leg.vo 20 febbraio 2006, n. 106” – a
farsi carico delle preoccupazioni connesse ad una esplicazione dei poteri di organizzazione dell’
ufficio svincolata da qualunque intervento dell’ organo di autocontrollo, rimarcando come anche la
nuova normativa, e le conseguenti applicazioni, dovesse essere interpretata alla luce dei principi
costituzionali espressi dagli articoli 105 e 112 della Costituzione e rivendicando anzitutto al
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Consiglio – come si legge nell’ indicata deliberazione – la funzione di “vertice organizzativo” dell’
Ordine Giudiziario e quindi l’ esercizio “… dei propri poteri di indirizzo nei confronti dei titolari
degli uffici di Procura, quando - come nel caso della formazione del progetto organizzativo - sono
in gioco attribuzioni che concorrono ad assicurare il rispetto delle garanzie costituzionali”. Al fine
di garantire l’ autonomia e l’ indipendenza dei sostituti e di stimolare una “cultura della dirigenza”
idonea ad assicurare una gestione trasparente ed efficiente dell’ Ufficio, la deliberazione del
Consiglio ritenne di tracciare le coordinate entro le quali le prerogative del Procuratore della
Repubblica avrebbero dovuto essere esercitate, indicando talune linee guida e di indirizzo utili ad
orientare i poteri organizzativi dei procuratori e ad assicurare una tendenziale omogeneità a livello
nazionale dei progetti di organizzazione. Merita di essere rimarcato il passaggio dell’ indicata
deliberazione – ribadito successivamente anche in numerose delibere, così da costituire un
insostituibile parametro di riferimento per l’ esercizio dei poteri di organizzazione – per il quale è
indispensabile che l’ adozione di sequenze procedimentali deve essere preceduta – nella fase di
formazione – da un coinvolgimento preventivo di tutti i magistrati dell’ Ufficio, nel rispetto dell’
art. 107 Costituzione, così da garantire una partecipata e consapevole presenza dei sostituti e
favorire “positive relazioni all’ interno dell’ ufficio”. La formazione dei progetti organizzativi deve
inoltre essere fondata su una corretta analisi dei flussi e delle pendenze e prevedere una gestione
delle risorse – umane e materiali – disponibili idonea a prevenire squilibri e diseconomie.
Le guidelines tracciate in tema di assegnazione degli affari ed organizzazione degli uffici del
Pubblico Ministero nella risoluzione del 12 luglio 2007 – in una fase normativa ancora fluida ed
incerta per la contestuale discussione in Parlamento del disegno di legge governativo in materia di
ordinamento giudiziario, conclusa con la legge 30 luglio 2007, n. 111 – sono state ulteriormente
integrate e definite nella risoluzione del Consiglio Superiore della Magistratura del 21 luglio 2009,
recante “Risoluzione in materia di organizzazione degli uffici del Pubblico Ministero”.
Tale risoluzione – in coerente sviluppo del precedente intervento consiliare ed in aderenza alle
prescrizioni normative derivanti dal D. leg.vo n. 106/2006 ed alle modifiche apportate dalla legge
30 luglio 2007 n. 11 anche all’ assetto organizzativo degli uffici requirenti, con l’ introduzione del
meccanismo della temporaneità di funzioni nel ruolo del pubblico ministero - ha inteso offrire ai
dirigenti degli Uffici di Procura un ulteriore contributo – sotto forma di raccomandazione –
individuando tre obiettivi fondamentali in funzione dei quali la “responsabile” azione del
Procuratore deve indirizzarsi
- la ragionevole durata del processo
- il corretto, puntuale ed uniforme esercizio dell’ azione penale nel rispetto delle norme sul
giusto processo
- l’ efficienza nell’ impiego della polizia giudiziaria, nell’ uso delle risorse tecnologiche e
nella utilizzazione delle risorse finanziarie
La medesima risoluzione ha precisato che al Consiglio Superiore della Magistratura è attribuito proprio in quanto organo dell’ autogoverno - il compito di un “vaglio terminale” dei programmi
organizzativi degli uffici di Procura non attraverso un giudizio di tipo approvativo ma mediante la
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formula della “presa d’ atto” che, per un verso, conferisce carattere di definitività al complesso iter
procedimentale – nell’ ambito del quale sono previsti normativamente anche lla trasmissione di
copia del progetto al Procuratore Generale presso la Corte d’ Appello ed al locale Consiglio
Giudiziario – e, sotto altro profilo, consente un controllo sulla corrispondenza dei progetti “… alle
norme dell’ ordinamento giudiziario nonché alle indicazioni consiliari relative alla loro
applicazione”. In caso di mancata rispondenza, il Consiglio formula rilievi non vincolanti per il
Procuratore della Repubblica, nella forma tipica dell’ “invito” a riconsiderare taluni punti critici,
trasmettendoli anche al Procuratore Generale della Corte di cassazione ad al Procuratore Generale
presso la Corte d’ appello, cui competono i poteri di vigilanza ex art. 6 d. leg.vo 20 febbraio 2006 n.
106.
Una valutazione da parte del Consiglio Superiore della Magistratura dei risultati organizzativi
conseguiti in occasione di pregresse esperienze è stabilita in occasione delle valutazioni connesse al
conferimento
degli incarichi direttivi e semidirettivi. Al riguardo non si può mancare di
sottolineare l’ accentuato rilievo attribuito nel recente Nuovo Testo Unico sulla Dirigenza
Giudiziaria, approvato con delibera del 28 luglio 2015, alla valutazione, ai fini delle “attitudini”,
degli “indicatori generali” costituiti dai “risultati conseguiti” nell’ esercizio di “funzioni direttive
o semidirettive in atto o pregresse” (art. 7), con l’ introduzione del principio della c.d. effettività,
svincolato pertanto da qualunque riferimento al dato formale dell’ incarico. E lo stesso art. 7
individua, tra gli aspetti che devono considerarsi ai fini della valutazione dei risultati conseguiti,
profili propriamente connessi direttamente o indirettamente alle capacità organizzative dimostrate
nelle esperienze – in atto o pregresse – direttive o semidirettive, quali la gestione dei flussi di
lavoro e delle risorse, i tempi di definizione degli affari, le soluzioni adottate nell’ ambito del
progetto e del programma tabellare e nei provvedimenti di variazione degli stessi, l’ adozione di
“best practises” di organizzazione validate dal C.S.M., le deleghe organizzative, la gestione ed il
coordinamento delle forze di polizia giudiziaria, la gestione ed i rapporti con il personale
amministrativo, la tempestiva adozione dei programmi per l’ informatizzazione predisposti da
Ministero della Giustizia per l’ organizzazione dei servizi giudiziari.
Analogamente, tra le previsioni degli “indicatori specifici” – viene attribuita significatività, quale
espressione di una particolare idoneità a ricoprire l’ incarico, alle pregresse esperienze direttive o
semidirettive “… valutate in base agli elementi di cui all’ art. 7” (v. gli artt. 15 lett. b), 16 lett. c) e
17 lett. c) rispettivamante per gli Uffici semidirettivi di primo grado, gli Uffici semidirettivi di
secondo grado e gli Uffici direttivi giudicanti e requirenti di primo grado di piccole e medie
dimensioni) ed in particolare, per gli Uffici direttivi giudicanti e requirenti di grandi dimensioni, è
precisato che la valutazione di tale elemento “… è effettuata con riferimento ai concreto risultati
ottenuti nella gestione dell’ ufficio o del settore affidato al magistrato in valutazione, sesunti dalla
gestione dei flussi di lavoro e delle risorse, accertati in particolare sulla base dei documenti
allegati ai progetti tabellari o organizzativi, dei pareri della comissione flussi, delle relazioni di cui
all’ articolo 37 del dcreto legge 6 luglio 2011 n. 98, convertito in legge 15 luglio 2011, n. 111 ed
eventualmente delle relazioni ispettive” (cfr. art 18, lett. a)
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Vengono pertanto in considerazione - anche ai fini del vaglio, in più occasioni, del Consiglio
Superiore della Magistratura e dei Consigli Giudiziari - i criteri di organizzazione dell’ Ufficio
formalizzati nel progetto di organizzazione, del quale deve ribadirsi – nonostante il documento
costituisca specifica prerogativa del Procuratore della Repubblica – la natura di “decisione
partecipata” – espressione di Vittorio BORRACCETTI – nel senso che essa, come è stato
ripetutamente ribadito in numerose delibere del Consiglio, esige il confronto e la partecipazione di
tutti i magistrati dell’ Ufficio ed anzitutto il loro coinvolgimento attivo (costituzione di gruppi di
lavoro, assemblee, etc.) sia sul progetto in generale - con le eventuali modifiche successive - che sui
singoli temi nei quali esso si articola, che concernono ordinariamente:
- la costituzione dei gruppi di lavoro, con applicazione del principio generale della
specializzazione, temperata dall’ esigenza di garantire, come si legge nella risoluzione del
-
-
21 luglio 2009, una formazione professionale completa dei sostituti, resa possibile anche
dalla loro rotazione periodica “… in modo da assicurare l’ acquisizione di una
professionalità comune a tutti i magistrati dell’ ufficio, modulando i tempi della rotazione
sulla base delle esigenze du funzionalità dell’ ufficio”
la costituzione di uffici o segreterie - con largo impiego di polizia giudiziaria e personale
amministrativo - in grado di trattare, secondo procedure uniformi e in larga parte
predeterminate, affari che presentano marcati profili di serialità, soprattutto in relazione a
reati di minore gravità e scarso allarme sociale (l’ ufficio c.d. “Affari semplici”, quello per le
richieste di emissione dei decreti penali, per gli affari di competenza del Giudice di pace)
così da ridurre l’ impegno dei sostituti per i relativi procedimenti
la fissazione di criteri di priorità nella trattazione degli affari
i criteri di assegnazione dei procedimenti ai magistrati, ivi compresi i Procuratori Aggiunti,
con predeterminazione dei criteri eventualmente per “tipologia di procedimenti” (l’
assegnazione automatica degli affari all’ interno dei gruppi di lavoro e nell’ area c.d.
generica residuale è certamente preferibile, ma legittima è anche l’ adozione di criteri e
meccanismi di natura diversa, connotati da maggiore o minore discrezionalità, da esercitarsi
sempre nell’ ambito della “responsabilità” dei Capi degli uffici), la previsione di deroghe
qualora il criterio tendenziale adottato sia quello dell’ assegnazione automatica, la
previsione dei casi di c.d. coassegnazione anche tra sostituti designati per gruppi di lavoro
diversi, le indicazioni generali relative all’ esercizio delle prerogative proprie del
procuratore in materia di misure cautelari
- la definizione dei c.d. protocolli per determinate tipologie di reati, nel rispetto in ogni caso
dell’ autonomia delle opzioni investigative dei sostituti
- i rapporti con il cittadino-utente attraverso strumenti soprattutto informatici (sito web, etc.)
e la costituzione di uffici per intrattenere i rapporti con il pubblico (U.R.P.).
Costituiscono manifestazioni delle capacità organizzative del Procuratore - e si riverberano
ordinariamente sul “buon andamento” dell’ Ufficio - l’ intrattenimento di rapporti proficui e
costruttivi - nell’ ambito delle rispettive prerogative e responsabilità con il Dirigente
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amministrativo,
il personale e le rappresentanze sindacali, la corretta programmazione della
gestione delle risorse, con la ricerca e l’ acquisizione di risorse aggiuntive di personale e di mezzi
materiali (tanto più impellente per la progressiva riduzione del personale del Ministero della
Giustizia e dei fondi riservati per gli ordinari approvvigionamenti, che si riflette quotidianamente
sull’ efficienza e la qualità del servizio), l’ adeguato utilizzo e valorizzazione degli strumenti e dei
sistemi informatici, che oggi – più che in passato – rappresenta elemento insostituibile
per la
gestione dell’ Ufficio ed esige investimenti specifici di impegno – con l’ ausilio della struttura del
C.I.S.I.A. - per la formazione e l’ aggiornamento del personale amministrativo e della polizia
giudiziaria.
Probabilmente - a distanza di circa sei anni dall’ ultima risoluzione, quella richiamata del 21 luglio
2009, del Consiglio Superiore della Magistratura specificamente dedicata all’ organizzazione degli
uffici del pubblico ministero - una riflessione - fondata su una adeguata ricognizione e verifica delle
esperienze e delle prassi maturate in questi anni - è doverosa e pare tanto più necessaria per la
previsione di modifiche da parte del Parlamento all’ attuale quadro normativo di riferimento. Ed
infatti la Commissione di recente istituita dal Ministro della Giustizia presso l’ Ufficio Legislativo
(la prima riunione si è tenuta il 2 settembre scorso, la commissione è presieduta dall’ ex vicepresidente del C.S.M. VIETTI), è stata incaricata di predisporre un progetto di riforma dell’
Ordinamento Giudiziario “… nella prospettiva dell’ aggiornamento e della razionalizzazione” di
vari profili di disciplina, riferiti anche all’ organizzazione degli uffici del pubblico ministero.
In particolare la recente individuazione degli
“Uffici requirenti di primo grado di grandi
dimensioni” - con la residuale identificazione di quelli di “piccole e medie dimensioni” - effettuata
nel nuovo Testo Unico sulla Dirigenza Giudiziaria, approvato come si è detto con delibera del 28
luglio 2015, potrebbe rappresentare un elemento importante di verifica ed approfondimento dell’
effettivo raggiungimento di uno degli obiettivi in funzione dei quali - nelle risoluzioni del Consiglio
Superiore della Magistratura in materia di organizzazione degli uffici del pubblico ministero, quelle
del 12 luglio 2007 e del 21 luglio 2009, vicendevolmente integrate - furono enunciate le “linee
guida” per l’ esercizio del poteri dei dirigenti, costituito dalla “tendenziale omogeneizzazione dei
moduli organizzativi” degli uffici requirenti, valutazione che non può essere disgiunta dalle
“dimensioni” e comunque dalla specificità dell’ ufficio e che quindi va effettuata “in orizzontale”
attraverso il confronto di esperienze organizzative simili o comunque assimilabili, con una
considerazione delle peculiari attribuzioni e competenze delle Procure distrettuali. Ed è appena il
caso di segnalare come l’ indicato obiettivo fosse – e continua ad essere – strettamente connesso a
funzionale all’ altro, rappresentato dalla “diffusione delle migliori prassi applicative in tema di
gestione degli uffici requirenti” nella consapevolezza, si legge nella risoluzione del 21 luglio 2009,
che “… un’ eccessiva frammentazione ed una incontrollata disomogeneità dei moduli organizzativi
degli uffici requirenti rischierebbe di incidere sul principio costituzionale di buona amministrazione,
con effetti diretti sulla durata ragionevole del processo prevista dall’ art. 111 della Costituzione”.
Un approfondimento meriterebbero anche le attribuzioni proprie dei Procuratori Aggiunti, oggi
rimesse esclusivamente alle determinazioni del Procuratore della Repubblica. I progetti
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organizzativi - ma anche in questo caso una distinzione tra uffici di grandi, medie e piccole
dimensioni sarebbe opportuna per la verifica delle prassi instaurate - presentano moduli che variano
da un impiego dei Procuratori Aggiunti limitato a compiti di mera amministrazione o comunque di
minore impegno (turni, assegnazione dei sostituti alle udienze, congedi, coordinamento dei V.P.O.,
etc.) a schemi di compiuto coinvolgimento di essi nelle attività e nelle scelte, anche gestionali, dell’
Ufficio capaci di incidere sulla stessa politica giudiziaria (iscrizioni nei vari registri, assegnazioni
dei procedimenti, preposizione e coordinamento di gruppi di lavoro ed uffici centralizzati, coassegnazione di procedimenti, etc.). L’ introduzione di uno “statuto” del Procuratore Aggiunto,
ancora una volta con l’ indicazione di coordinate di carattere generale e con adeguata
considerazione delle specificità e “dimensioni” dell’ Ufficio, costituirebbe un importante, ulteriore
passaggio di quel processo – sopra richiamato - di progressiva attenuazione e maggiore definizione
dell’ ambito di “responsabilità esclusiva” del Procuratore della Repubblica - con una condivisione
di essa, sia pure limitata a specifici affari o settori, da parte dei più prossimi collaboratori - che in
nessun caso rappresenterebbe un “vulnus” alla prerogative del dirigente.
Il quotidiano sforzo per assicurare “efficienza e trasparenza” nella gestione degli uffici di Procura
trova indubbiamente nella adeguata organizzazione dell’ ufficio un fondamentale ausilio e a tale
fine è indispensabile una “cultura della dirigenza” - come auspicato nelle richiamate risoluzioni
del Consiglio Superiore della Magistratura - capace di coniugare garanzie e risultati, potere e
responsabilità.
Lino Giorgio BRUNO
Procuratore Aggiunto - Procura della Repubblica di Bari
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