Un luogo per rinascere

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Un luogo per rinascere
Betel brevi saggi spirituali 29.
Olivier Clément
Un luogo
per rinascere
Ispirazioni di un cammino
“È il tempo quando fiorisce il tiglio”
Lipa
Un luogo per rinascere
Ispirazioni di un cammino
©2010 Lipa Srl, Roma
prima edizione: febbraio 2010
Lipa Edizioni
via Paolina, 25
00184 Roma
✆ 06 4747770
fax 06 485876
e-mail: [email protected]
www.lipaonline.org
Autore: Olivier Clément
Titolo: Un luogo per rinascere
Sottotitolo: Ispirazioni di un cammino
Traduzione dal francese: Maria Campatelli e Michelina Tenace
Collana: Betel
Formato: 105x200 mm
Pagine: 176
In copertina: dettaglio di un mosaico di M.I. Rupnik
e dell’Atelier del Centro Aletti
Stampato nel febbraio 2010 da Graficapuntoprint – Roma
Proprietà letteraria riservata Printed in Italy
codice ISBN 978-88-89667-17-0
INTRODUZIONE ...................................................
I. TESTIMONIANZA ..............................................
Dietro le stelle, che cosa c’è? ....................................
Incontro con il Dio sconosciuto .................................
Sogno di fusione o elogio della differenza? .................
Unità + diversità = Trinità ....................................
Mi ha detto che esistevo ..........................................
Quale Chiesa scegliere? ..........................................
I Padri orientali mi hanno aperto una porta ...............
Sulle frontiere, un contrabbandiere ............................
Gesú Cristo è qualcuno ed è tutto ............................
II. L’EUCARESTIA, CUORE DELLA CHIESA ..............
1. La Chiesa nell’eucarestia ....................................
Cristificazione .................................................
Pneumatizzazione ............................................
Partecipazione all’amore trinitario .......................
2. Epiclesi e parusia...............................................
La Chiesa riceve il suo Signore ...........................
Gli ordini .......................................................
3. In conclusione: qualche conseguenza .....................
In campo ecclesiologico ....................................
Nel campo della spiritualità ................................
III. LO SPIRITO, LA VITA ....................................
IV. LA SALVEZZA OGGI E IL PROBLEMA DELLA
SPERANZA ..........................................................
La via della vivificazione nello Spirito Santo .............
Peregrinare verso il cuore vivo, che è il luogo di Dio.....
Trovare il Vivente, piú vivo della morte.....................
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Introduzione
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Quando lo sguardo diventa l’oceano interiore
di una fiducia........................................................
L’infinita vulnerabilità di Dio..................................
Scoprire l’uomo trinitario ........................................
In realtà noi siamo un solo essere, una sola vita ..........
Decifrare il mondo in una relazione nuova
instaurata con esso .................................................
La speranza vince sempre........................................
Svegliare l’uomo al mistero e al tragico del suo destino ...
La lotta senza fine di un Sisifo animato dalla speranza
V. IL RITORNO DELLA MORTE
NEL PENSIERO CONTEMPORANEO ..........................
La morte impersonale delle civiltà primitive................
La coscienza dell’esistenza individuale e la morte .......
Il cambiamento di sensibilità medievale......................
Un rituale per morire .............................................
La sparizione degli atteggiamenti tradizionali
verso la morte........................................................
L’elusione della morte.............................................
Nuovi atteggiamenti...............................................
Il coraggio di una trasformazione spirituale
davanti alla morte..................................................
Una visione resurrezionale ......................................
La persona e il corpo ..............................................
L’atteggiamento verso chi sta per morire.....................
VI. MORTE E RISURREZIONE ................................
VII. L’ANGELO DELLA RISURREZIONE ...................
VIII. TUTTO SARÀ TRASFIGURATO ........................
IX. SULLA SOGLIA, CONTEMPLANDO LA VITA .........
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Si nasce dal fonte battesimale, come dice Nicola Cabasilas. Lí muore una vita, quella parte
della nostra esistenza corrotta dal peccato, e ne
risorge un’altra, la vita in Cristo, che assume e
trasfigura l’esistenza presente, liberandola dai determinismi dell’eredità biologica, psichica, culturale e sociale e rendendola creativa della creatività divina. Per questo il celebrante soffia sul catecumeno come se fosse senza vita, dato che fin
dall’inizio il soffio è simbolo della vita. E per
questo il battesimo prevede tutti quei riti che alludono al deporre l’esistenza passata.
Forte di questa esperienza battesimale, Olivier
Clément apre la sua autobiografia, L’altro sole, affermando categoricamente “Non amo parlare di
me. Mi sembra che l’unica cosa che conta sia
1 Si ringrazia la direzione della rivista Il Regno per
aver permesso di riprendere, ampliando, quanto scritto in
“‘Mi ha cercato e mi ha trovato’. Convertito, teologo ortodosso e mistico” nel numero de Il Regno-att., n. 4, 2009,
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questo rovesciamento del cuore che rende possibile il futuro. ‘Va’ e non peccare piú’, dice Gesú
all’adultera dopo averla salvata dalla lapidazione.
Tutto è nuovo ormai. Non c’è piú la morte. Ora, la morte è lo specchio in cui noi ci guardiamo senza sosta. Perciò mi sembra impossibile
parlare di me. Lo specchio è frantumato. Ma
vorrei tentare di parlare di Lui. Di come Lui ci
cerca. Come Lui mi ha cercato, trovato...”
Cristo diventa cosí l’asse centrale della vita di
Clément. Clément è come assorbito da Cristo e
sperimenta la verità della vita nuova, fondata nel
perdono, unica vera certezza dell’esperienza di
Dio, in quanto solo Dio perdona i peccati.
A Clément, infatti, non era il pudore a impedirgli di parlare di sé, ma una forte convinzione
spirituale: è importante non quello che eri, ma
cosa Cristo ha fatto per te e cosa tu puoi diventare in Lui.
L’esperienza di essere salvato, di essere chiamato dalla tomba, è l’esperienza di essere amato
da Dio personalmente, di essere da Lui cercato,
voluto, desiderato, perché Dio si prende cura di
noi, perché siamo preziosi ai suoi occhi e per
questo versa su di noi tutta la sua compassione,
che brucia ogni nostro inferno e ogni nostro nichilismo, non chiedendo altro che un grido di
confidenza e di speranza. Questa esperienza attraversa tutta l’esistenza, e richiede una ricomposizione antropologica, spirituale, intellettuale, psi8
Introduzione
cologica della persona. Clément ha risposto cosí.
Il suo pensiero rimarrà per sempre segnato radicalmente dall’esperienza di Dio come salvatore in
Cristo. E la salvezza per lui sarà sempre un passaggio dall’isolamento alla comunione, dunque
un’adesione alla Chiesa, all’umanità salvata.
La Chiesa è il luogo per rinascere, è potenza
di risurrezione, sacramento del Risorto che ci
comunica la sua vita. Siccome la Chiesa non è
questione anzitutto, né fondamentalmente, sociologica, moralistica o legalistica, ma si tratta
della comunione delle persone, l’ingresso in essa
avviene spontaneamente. E Clément, nella comunione con le persone che gli stavano accanto
in questo travaglio, entra nella Chiesa ortodossa,
sotto la giurisdizione del Patriarcato di Costantinopoli. Come dice in uno degli articoli qui raccolti dove, con molto pudore, racconta qualcosa
del suo arrivo alla fede, lí si è “sentito a casa”.
Ha percepito che i Padri, i grandi testimoni, i
santi di quella Chiesa gli aprivano una porta.
Cosí, a trent’anni, ha ricevuto il battesimo un
primo novembre grigio e pieno di pioggia. Ma
la pioggia è un buon segno di fecondità. Assume
cosí con grande responsabilità tutta la ricchezza
della tradizione di quella Chiesa apostolica.
In un graduale assorbimento di questo tesoro,
passano gli anni di progressiva trasfigurazione
della vita, del lavoro e della sua intera esistenza.
Si sposa con Monique Jouanne dalla quale avrà
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due figli, Sophie e Denys. Penso che anche questo caratterizzi la nuova vita di Olivier Clément
e il suo pensiero. Negli ultimi vent’anni sono
stato piú volte ospite dai Clément, nella loro casa
di Parigi. Ho sempre sperimentato la stessa sensazione, la stessa percezione: una condivisione
della vita, cioè delle relazioni, libera, bella e calorosa. La presenza di Monique ha segnato la loro casa con una semplicità luminosa, accogliente,
bella, con grande discrezione e rispetto. Ogni
cosa nell’appartamento indicava un testimone
della vita nuova, del suo amore per Cristo, per
l’uomo, e per la Chiesa alla quale apparteneva,
che lo portava allo stesso tempo a scoprire sempre piú a fondo lo spessore di tutto il cristianesimo, e la necessità di diventare – come lui amava
chiamarsi – un “contrabbandiere”, per far passare
le ricchezze delle singole Chiese oltre i loro recinti confessionali. Le foto dei grandi personaggi
da me ammirati, studiati, amati erano le foto lavate dalla venerazione di Clément, della moglie e
dei figli. Clément ha sempre fatto vedere un’immensa gratitudine per questi uomini che lo hanno in qualche modo generato alla Chiesa. I volti di Vladimir Lossky, Bulgakov, di Zander, di
Berdjaev...
E proprio lí, nella casa di Clément, mi è diventato chiaro una volta per sempre il suo imbarazzo di fronte a ciò che chiamiamo convenzionalmente “evangelizzazione” o “missione” della
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Chiesa nel mondo di oggi. Lui soffriva negli ultimi anni del fatto che noi ci sforziamo tanto di
evangelizzare, ma non sappiamo far vedere che si
tratta della salvezza dell’uomo e che l’annuncio è
soprattutto annuncio della redenzione e che un
cristianesimo ridotto ad una semplice adesione a
una cultura dei valori e a un’assunzione dottrinale e teorica non è una fede intrisa di linfa vitale,
di luce, di amore e di bellezza. Su questa strada si
diventa sempre piú stanchi, amareggiati, incapaci
di affascinare gli uomini per Cristo.
Proprio per la sua svolta esistenziale alla fede,
Clément percepisce con sempre maggiore chiarezza che l’astrattezza della fede, la sua assenza di
vita, la sua mancanza di bellezza, è dovuta alla
frantumazione. Una frantumazione a tutti i livelli. Lo stile di vita, l’orizzonte intellettuale, la cultura, l’arte, tutto è sempre piú frantumato, separato, atomizzato. Ma, come lui stesso afferma
nell’autobiografia, la frantumazione è legata al
peccato. E la salvezza vuol dire esattamente il superamento di questo stato atomizzato, antagonista e conflittuale, verso un’unità libera e organica.
Come giovane studioso conosceva bene l’elenco fallimentare dei tentativi dell’epoca moderna di ricomporre l’unità con un sistema di pensiero, con delle leggi o con un qualsiasi regime
unificante. Egli stesso aveva cercato all’interno dei
grandi pensatori moderni e delle religioni orientali delle vie di uscita a questa situazione. Ma nes11
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suna lo ha convinto. Quello che mancava era esattamente una visione dell’unità, un’unità reale,
ma libera. La comunione, ma delle persone, dove
rimane il mistero dell’altro e, anzi, dove questo
mistero si approfondisce nella misura in cui si approfondisce la comunione. Una comunione che è
vita. Non per niente ricorderà, divertito e grato,
l’esplosione di vitalità e di intelligenza dei grandi
intellettuali ortodossi suoi maestri, la loro capacità di interessarsi a tutto, compreso un albero
che avvampa di rosso in autunno, collegandolo
alla bellezza del regno di Dio già presente.
Questa comunione a cui ci introduce lo Spirito Santo dovrebbe generare un cristianesimo
creatore di cultura che manda in frantumi una
cultura fatta di compartimenti stagni. Un cristianesimo creatore dovrebbe essere un fermento di
unificazione e di approfondimento di tutti gli
ambiti della cultura, liberata finalmente dagli
steccati che dividono i vari campi delle conoscenze, dei saperi... Anche questo partiva per lui
dalla sua esperienza della conversione, del battesimo, dall’essere rigenerato nella Chiesa, dalla vita
nuova nello Spirito. Allora si lascia iniziare ad
un’intelligenza e a una sapienza spirituale, intellettuale, teologica. Si lascia convincere da una
teologia-poesia, cioè da quel grande filone della
tradizione patristica dove il linguaggio per eccellenza della teologia è la poesia, l’arte. Un’intelligenza poetica che usa i simboli come proprio
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linguaggio. Quindi, se una visione simbolica è
quella che attinge alla realtà fenomenica del mondo senza sigillare gli esseri e le cose nella loro
crosta empirica, ma comunicando alla potenza di
vita che in loro e tramite loro si comunica e lega
tutto in una comunione universale, un’intelligenza che si basa su tale unione simbolica è un’intelligenza che riesce a superare le parzialità, i riduzionismi e gli antagonismi, ad oltrepassare le epistemologie per giungere al livello gnoseologico
appropriato alla conoscenza del mistero, che avviene in un modo dialogico, nell’amore. Clément
sfiora cosí la ricchezza della liturgia, che gli appare subito come il linguaggio piú completo capace
di esprimere, comunicare e celebrare la conoscenza, la verità stessa. Si tratta infatti di cogliere
tutta la profondità, l’ampiezza e l’intelligenza della fede che posa nell’amore di Cristo, che con la
sua pacificazione supera ogni conoscenza.
Clément sa dalla sua vita che trovarsi in Cristo perdonato e lavato è un passaggio dalla frantumazione, da un pensiero che osa ma non trova, che facilmente diventa idolatra, all’unità spirituale in Cristo, ad una unità integra dove è
coinvolta tutta la persona e tutte le sue capacità
di conoscere. La persona come luogo della storia, luogo sociale e politico, luogo della comunità degli uomini.
Clément, per esperienza e per il deposito custodito dalla Chiesa che lo ha accolto, sa che lo
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Spirito Santo ricompone in Cristo e conduce
continuamente a Lui tutta la persona – il corpo,
la psiche e lo spirito. Per questo motivo Clément
fa delle scelte, scelte di campi di studio e di ricerca, sempre piú spostate sui grandi temi della
teologia e della spiritualità. Ma anche scelte di
linguaggio, poetico, metaforico, ricco, capace di
captare, svegliare, attrarre, far vibrare l’anima.
Dietro a queste scelte traspare il suo amore
per i suoi contemporanei. Attraverso la bellezza,
cioè attraverso una vita nello Spirito che si esprime in un affascinante linguaggio della comunicazione, vorrebbe offrire cibo al pellegrino di
questi tempi, caratterizzati da continue transizioni e delusioni.
Quest’uomo, basso di statura, rotondo, con
due sopracciglia forti, il naso grande su cui lui
stesso faceva commenti, appena fissava lo sguardo
negli occhi della persona che gli stava davanti e
cominciava a parlare, sapeva creare uno spazio di
intensità della relazione. Il suo linguaggio pastoso, giocando sulla tonalità della voce, dipingeva
nel cuore dell’interlocutore una curiosità bella,
come un invito a seguirlo. Per diversi anni ho
osservato questo modo di comunicare e di pensare nei periodi che per un certo tempo trascorreva al Centro Aletti.
Proprio perché ha passato in un certo senso
molte pasque, è maturato come una persona che
suscita pace, benevolenza e profondità. È diven14
Introduzione
tato in un certo modo un membro della nostra
comunità, interessandosi a tutto, condividendo
tutto. Questo dimostra la grandezza del suo orizzonte intellettuale e del suo cuore. E questo è
diventato anche il suo ecumenismo. Lui credeva
fortemente nella comunione trinitaria che è la
base della Chiesa e che la Chiesa è chiamata a fare risplendere nella storia e in tutto il creato. La
diversità non è una minaccia, ma diventa una
ricchezza in una libera rinuncia all’autoaffermazione, passando alla libera adesione, all’unità. I
suoi amici russi già morti, ma sempre vivi, che
lui portava dentro, lo hanno totalmente convinto
di questa via dell’armonia, della comunione nel
riconoscimento reciproco.
Mi ricordo di come, mentre lo accompagnavo nell’appartamento pontificio per incontrare
Giovanni Paolo II, Clément fosse raccolto e gioioso come se si fosse trovato davvero mosso dallo
Spirito al posto giusto nel momento giusto.
Questa era la sua grazia. La sua convinzione era
che i tempi fossero maturi e che lui e il Papa fossero in una sintonia eccezionale. Una delle espressioni di questa intesa sarà anche la Via Crucis del
1998, scritta su richiesta di Giovanni Paolo II.
Olivier Clèment nasce nel 1921 in un paese
del sud della Francia, in una famiglia di atei socialisti con ascendenti protestanti. Diventa storico, filosofo, scrittore e giornalista. Insegna teologia morale all’Istituto ortodosso Saint-Serge di
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O. Clément – Un luogo per rinascere
Parigi, è direttore della rivista ecumenica Contacts,
della collana Théophanie per la casa editrice Desclée de Brouwer ed è membro dell’Istituto Ecumenico fondato dall’Institut Catholique.
Per tratteggiare, con due o tre pennellate, la
ricerca del suo pensiero, bisogna toccare alcuni
dei principali titoli dei suoi libri. E cosí alla fine
si potrebbe intravedere il suo contributo e la sua
importanza nella nostra contemporaneità culturale, teologica ed ecclesiale.
Dopo l’incontro con il patriarca Atenagora
ottantenne, Clément scrive i Dialoghi con il patriarca Atenagora. Questo vecchio luminoso, “essere di benedizione”, capace di meravigliarsi come un bambino, e i tanti altri vecchi monaci
orientali che incontra – sopra tanti l’archimandrita Sofronio, discepolo di Silvano del Monte
Athos – ispirano a Clément pagine di intenso lirismo sul senso mistico della vecchiaia.
In Questioni sull’uomo il punto di partenza è la
teologia della persona, il mistero del Dio personale da scoprire nel luogo del cuore. Attraverso
l’ottica dell’antropologia orientale, la comunione, l’eros, il potere, il cosmo, la bellezza, la morte, la festa possono diventare tappe concrete nella
ricerca della propria identità personale.
In I visionari, le radici del nulla sono rintracciate nelle idee messianiche dei vari personaggi
che hanno tentato di “ridurre” l’uomo e hanno
portato alle guerre totali, ai totalitarismi, allo
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Introduzione
sfruttamento del Terzo Mondo. Tuttavia, sulla
scia di Berdjaev, che diceva di non poter pensare
che Nietzsche non sia in qualche modo nella
Chiesa, vede nei grandi filosofi dell’epoca moderna delle persone che pongono dei problemi
essenziali che vanno schiariti con l’esperienza
spirituale. La post-modernità comincia con la
scoperta dell’“irriducibilità” dell’uomo; nel cuore del nichilismo, il Dio che si fa uomo risponde
al male e all’inferno.
E cosí al centro di Anacronache c’è il tema della morte-risurrezione, che esplode come riconoscenza alla Chiesa ortodossa “per avermi fatto
conoscere la gioia pasquale con cui viene guarita
la ferita segreta dell’anima”. Ogni cronaca inserita nel tempo – la vita quotidiana, la società secolarizzata, l’incontro fra religioni e culture, la bellezza – alla luce della risurrezione diventa anacronistica, ana-cronaca, diventa la contro-storia senza tempo delle Beatitudini. Il tempo, come tutto,
è trasfigurato dallo Spirito, perché solo lo Spirito
può unire il visibile all’invisibile, preparando e
anticipando il ritorno di tutte le cose in Cristo.
Ma il mistero dell’amore di Dio non si può
imprigionare dentro ai concetti. Tre preghiere non
è perciò un “commento”, ma una “ruminazione” personale che può aiutare a gustare nelle
preghiere la via della comunione. Soprattutto il
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O. Clément – Un luogo per rinascere
Padre Nostro, proprio oggi che l’uomo si sente
orfano, perduto in un universo illimitato, in precipizio verso il nulla. La comunione è la Chiesa:
una comunità che si confessa, al di là di ogni sociologia, corpo del Cristo nell’eucarestia.
Il senso del corpo è la tradizione spirituale
della Chiesa indivisa, e il corpo esprime la persona: in un dinamismo di risurrezione, esso diventa
un corpo liturgico, un Corpo di morte e di gloria,
un corpo unificato e trasfigurato dallo Spirito
che traspare dalle profondità del cuore. Il Figlio
di Dio assume nella propria carne ogni realtà
creata, la colma della sua vita divina e, attraverso
la sua risurrezione e l’effusione dello Spirito su
ogni carne, la rende immortale e la divinizza. La
questione del corpo apre all’ascesa degli uomini
e del cosmo nella gloria della divinizzazione, inaugurata con l’incarnazione di Cristo e di cui costituisce come una sorta di estensione all’intera
creazione. La Chiesa è questo cosmo cristianizzato, il corpo reale del Cristo della fede.
Clément è stato inoltre il primo teologo ortodosso a rispondere all’invito che Giovanni Paolo
II ha rivolto nell’Ut unum sint di riflettere insieme sul primato con il libro Roma altrimenti.
La prima opera significativa, come ho già menzio nato, erano i Dialoghi con Atenagora, dove
Clément presentava un’icona della bellezza dell’anziano. Alla fine della sua vita, lui stesso con
sua moglie Monique ci consegnano in un certo
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Introduzione
senso l’ultimo testo, quello scritto dalla malattia
che, invece di distruggere e divorare l’anziano Olivier e deprimere e disperare la moglie Monique,
è stato uno strumento di discesa nella profondità,
nel silenzio, nella comunione dei cuori.
“Nella malattia che mi ha immobilizzato da
due anni, ho scoperto la virtú dell’attesa. Saper
aspettare. Prima, c’era un’immediata coincidenza
tra il volere e il fare. Volevo alzare il braccio, lo
alzavo. Volevo scrivere, prendevo una penna e
scrivevo. Oggi, voglio scrivere, non posso, la mia
mano non si muove. Voglio qualcosa, devo gridare per farmi sentire, e poi aspettare che qualcuno venga, quando può. Devo imparare ad aspettare. Aspettare semplicemente, come ci aspetta
Dio stesso. In questo ho scoperto una dimensione della speranza: la pazienza di attendere. Cosí il
mio tempo si svolge tutto intorno all’attesa. Aspetto Dio, ecco ciò che faccio da malato e da
vecchio.
Non posso fare niente, ma posso ascoltare e
aspettare...
… Il mio tesoro è Dio. Dio nella vita intima.
Ma di questo non si deve parlare. È troppo profondo. Eppure è la vita che contemplo guardando la bellezza dei fiori”.
Il volto di Olivier diventava sempre piú mite,
buono, con gli occhi capaci di quella contemplazione che desiderava. Il suo sguardo dal letto
sfiorava i tetti di Parigi, si posava sul campanile
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O. Clément – Un luogo per rinascere
Introduzione
di una chiesa e poi rientrava nella stanza, si spostava sui volti dei maestri-amici delle foto e si
fermava sulle icone amate. Dal dentro al fuori,
dal fuori al dentro, dal mondo moderno agitato,
da cui fino all’ultimo si sentiva interpellato, alla
salvezza che trasfigura tutto nella bellezza, perché tutto viene assunto nell’amore del Salvatore.
In mezzo, i testimoni, gli amici che accompagnano, che indicano la strada, che passano la
fiaccola.
Olivier Clément è uno di questi grandi che il
XX secolo ci consegna: è un grande pensatore,
la sua grandezza è nel canto alla misericordia, un
canto che non si è interrotto. Olivier si è addormentato nel Signore e i familiari, gli amici piú
intimi, i nipoti, attorno al “giusto” addormentato, hanno accolto il suo amore come tanti ancora lo potranno sempre fare, amore nel quale il
suo pensiero rimane unito a Cristo che lo ha salvato e amato e che lo fa rimanere nell’Eterna
Memoria.
p. Marko I. Rupnik
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Nota redazionale
Questa piccola raccolta, nata per celebrare il
primo anniversario dalla morte di Olivier Clément, avvenuta il 15 gennaio del 2009, riunisce
articoli e testi di provenienza diversa. I testi
“L’eucarestia, cuore della Chiesa”, “Lo Spirito,
la Vita”, “Il ritorno della morte nel pensiero
contemporaneo” e “L’Angelo della risurrezione”, sono stati gentilmente offerti per l’occasione dalla signora Monique Clément. Gli altri
erano già apparsi nelle seguenti riviste indicate
di seguito:
– “Testimonianza”, in Tjchique, n. 130, novembre 1997, 46-54 a partire da un’intervista di
Thierry Lyonnet;
– “La salvezza oggi e il problema della speranza”, è il testo di una conferenza del 26 ottobre
1973 al centro ecumenico di Hainaut (Belgio). La
trascrizione non è stata rivista dall’autore ed è stata
pubblicata su Contacts, n. 228, ott.-dic. 2009, 41638 con qualche aggiustamento redazionale. Anche
alla redazione di Contacts il nostro ringraziamento.
– “Morte e risurrezione”, in France catholique,
n. 2445, 1 aprile 1994, 8-12;
– “Tutto sarà trasfigurato”. Incontro con Olivier
Clément, Verso l’altra riva, in Prier, n. 256 (novembre 2003), 5-8;
– “Sulla soglia, contemplando la vita”, in Consacrazione e servizio, n. 9, sett. 2007;
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O. Clément – Un luogo per rinascere
I. Testimonianza
Presso la casa editrice Lipa, ricordiamo anche
i seguenti testi:
– F. Morandi- M. Tenace, Fondamenti spirituali
del futuro. Intervista a Olivier Clément, 1997;
– O. Clément, Solchi di luce, La fede e la bellezza, 2001;
– O. Clément, M.I. Rupnik, «Anche se muore
vivrà». Saggio sulla risurrezione dei corpi, 2003;
– O. Clément, A. Schmemann, Il mistero pasquale, 2003;
– O. Clément, Riflessioni sul Natale, 2004;
– O. Clément, Il senso della terra. Il creato nella
visione cristiana, 2007.
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Sono nato nella piana marittima della Linguadoca, in un contesto completamente scristianizzato, non solo anticlericale, ma fondamentalmente antireligioso. I miei antenati erano protestanti da parte di madre, protestanti e cattolici da
parte di padre. Poi la trasmissione della fede si è
interrotta per due generazioni. Mio padre e il
mio nonno paterno (non ho conosciuto il nonno materno) erano, come si diceva, socialisti,
non nel senso attuale della parola, ma nel senso
di un rifiuto radicale di ogni appartenenza religiosa. Dunque non sono stato battezzato. Sono
cresciuto nell’ateismo, benché mi ricordi del
pranzo di famiglia dove ci si riuniva tutti, la domenica, a Montpellier. Era una famiglia di maestri di scuola: mio padre e mia madre erano maestri di scuola, cosí come molti altri che non si
erano sposati e si erano votati interamente a questa sorta di sacerdozio laico.
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O. Clément – Un luogo per rinascere
Dietro le stelle, che cosa c’è?
I. Testimonianza
Quasi sempre, tra una cosa e l’altra, si parlava
dell’esistenza di Dio. Aspettavo questo momento
con una certa ghiottoneria. C’erano coloro che
erano violentemente atei, come i miei genitori,
mentre le zie erano piuttosto di tendenza spiritualista, pur restando estranee alla tradizione cristiana. Sono dunque cresciuto in questo ateismo,
anche se ponevo delle domande. I bambini fanno
sempre delle domande metafisiche quando hanno
7-8 anni. Che cosa vuol dire che si muore? Che
cosa succede? Che cosa c’è dietro le stelle? La risposta era assai chiara: Quando si muore, non c’è
niente. Dietro le stelle non c’è niente. C’è del
vuoto, del vuoto, del vuoto, altre stelle infinitamente. Questo mi dava una specie di vertigine, di
angoscia straordinaria. Nello stesso tempo, ero
profondamente meravigliato della luce mediterranea, della bellezza del mondo, e anche incuriosito dal segreto dei volti. È forse questo che mi ha
portato un giorno ad amare le icone. Che cos’è
un volto? Perché talvolta c’è una certa luce in un
sorriso, in uno sguardo? Se c’è solo la materia, da
dove viene questa luce? Che cos’è questa sorta di
breccia nell’immensità del mondo?
poco tutte le vie dell’ateismo – sia l’ateismo politico che l’ateismo mistico. Verso i 20 anni ho
avuto una specie di prima conversione al Dio
sconosciuto. Oggi direi allo Spirito Santo, ma
non sapevo nominarlo a quell’epoca. Ho scoperto d’un tratto, facendo studi di storia, che c’erano state tante e tante culture che erano animate
da una dimensione spirituale, da una visione spirituale. C’erano dei santi, dei mistici, degli spirituali. C’erano ammirevoli opere d’arte che testimoniavano un’altra cosa, altro. Questa fu dunque
per me una prima conversione che mi portò a
brancolare per una buona decina d’anni. Come
orientarsi nel mondo delle tradizioni, delle religioni, delle mistiche? Ero molto affascinato dalla
spiritualità dell’Asia profonda, sia dal buddhismo
che dall’induismo, e anche dalle religioni arcaiche dell’emisfero spirituale dell’umanità. A quest’epoca, leggevo certi numeri speciali dei Cahiers
du Sud sull’India, sullo yoga, che mi appassionavano. Questo si incontrava con la mia esperienza
di pagano mediterraneo: è l’esperienza della sacralità onnipresente. Il cosmo sacro e la pura interiorità rappresentano una sorta di mediazione
di un divino innominato e, forse, innominabile.
Incontro con il Dio sconosciuto
Sogno di fusione o elogio della differenza?
Ho cercato anzitutto di strutturare il mio ateismo, perché era la mia eredità. Ho esplorato un
Ho tentato di vivere questo e poi, poco a poco, sono stato incastrato in una forma di dilem-
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O. Clément – Un luogo per rinascere
ma: da una parte ero affascinato da questa realtà
divina dell’India, dove alla fine tutto si assorbe e
scompare come delle bambole di sale nell’immensità dell’oceano e, d’altra parte, scoprivo un
certo genio francese ed europeo, quello dell’emergere del soggetto, unico e personale, che mi
sembrava strettamente legato, ad esempio, al tema del ritratto. Un ritratto è qualcuno che si
apre, che si ribella, che si dà rimanendo risolutamente differente. È anche l’epoca in cui leggevo
Io e Tu di Martin Buber. Scoprivo allora tutta
una dimensione biblica, quella dell’altro emisfero, semitico, dell’umanità, secondo la quale un
Dio personale pone l’uomo come un “tu” e stabilisce con lui un dialogo. Dov’era la verità?
Dov’era la strada? In questa unità, in questa nondualità di cui parla il Vedanta, dove infine tutto si
dissolve, o era in questo mistero dell’altro, singolare e differente, con la questione di sapere se si
può comunicare veramente con l’altro? In questo
periodo, Vladimir Lossky, teologo ortodosso che
in seguito ho ben conosciuto e di cui sono stato
discepolo, aveva pubblicato un libro che mi aveva
colpito. Oggi è stato ripubblicato in forma tascabile: La teologia mistica della Chiesa d’oriente. Mi
ha molto impressionato il capitolo sulla Trinità e
sull’uomo a immagine di Dio, dunque a immagine della Trinità.
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I. Testimonianza
Unità + diversità = Trinità
La Trinità (o piuttosto l’“Uni-Trinità”) è l’unità piú totale, come quella di cui parla l’India, e
la diversità piú assoluta, come quella di cui parla
l’occidente e i due, insieme, in un’antinomia folgorante. L’assoluto è allo stesso tempo unità totale e movimento d’amore, reciprocità d’amore. Al
cuore stesso dell’assoluto, un’apertura immerge
l’uomo a immagine di Dio in una unità diversa
che lo rinvia anche al mistero del prossimo, dando allora un significato infinito al volto dell’altro.
Certo, una lettura del genere non decide totalmente di una vita e ci sono volute ben altre dimensioni, realtà, letture... Da molto tempo d’altronde leggevo il vangelo, perché avevo degli antenati protestanti ed avevo delle Bibbie che stavano al villaggio. Il vangelo mi affascinava e mi irritava allo stesso tempo. Avevo anche comprato
un’icona che si chiama deesis (“intercessione” in
greco), cioè il Cristo tra la Madre di Dio e san
Giovanni Battista, il Precursore, che intercedono
da una parte e dall’altra.
Mi ha detto che esistevo
In delle circostanze estremamente difficili della
mia vita che non ho voglia di raccontare e che
non hanno strettamente nessun interesse, ho avuto l’impressione di aver bisogno di essere salvato e
dunque di aver bisogno di un Salvatore. Questo
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O. Clément – Un luogo per rinascere
salvatore era il Cristo. In questo momento ho
messo tra parentesi tutte le mie domande, tutte le
mie conoscenze di storia delle religioni e ho avuto fiducia in Cristo. Era venuto a cercarmi in un
momento in cui ero quasi alla soglia del suicidio
in una estrema disperazione interiore e mi ha detto che esistevo. È molto importante, perché l’India non mi diceva che esistevo. Mi diceva, al contrario, che io non esistevo, cosa che è assai piacevole in un certo senso, perché se non si esiste si
può fare qualsiasi cosa. È piú facile dirsi che non
siamo niente o che siamo tutto, piuttosto che dirsi che sei un poveraccio responsabile, un mascalzone qualunque. Quando si prende coscienza di
questo, allora si ha veramente bisogno di essere
salvati. E dunque io ho vissuto questo incontro
fondamentale: Lui mi ha detto che io esistevo.
Sorprenderà se dico che fin dalla mia tenera infanzia, malgrado tutto quello che mi si diceva sul
niente, avevo il sentimento di Dio. Al contrario,
ho fatto molta fatica a scoprire il sentimento della
mia stessa esistenza. In fondo, per me il mistero di
Dio non faceva problema. Ciò che faceva problema era la mia esistenza. E Cristo me l’ha rivelata.
Quale Chiesa scegliere?
In questo momento ho riletto il vangelo con
piú serietà ancora. Sono stato colpito da quelle
parole straordinarie di Cristo nel vangelo di Gio28
I. Testimonianza
vanni che Egli ha dovuto pronunciare, penso,
durante l’Ultima Cena (Giovanni le ha messe
prima perché ha sostituito l’Ultima Cena con la
lavanda dei piedi, cosa che d’altronde è piena di
significato): “Chi mangia la mia carne e beve il
mio sangue ha la vita eterna” (Gv 6,54). Per me
si è posto il problema: che cosa vuol dire? È evidente che si trattava dell’eucarestia, e dunque si
poneva per me il problema della Chiesa. Non
avevo nessun attaccamento affettivo, legato all’infanzia, per nessuna confessione occidentale. In
fondo il cattolicesimo, attraverso i racconti che
mi si potevano aver fatto, mi era apparso piuttosto come una forza di oppressione. Ero impregnato di storie che mio nonno mi raccontava
sulla guerra dei camisardi, i protestanti che non
potevano essere seppelliti nel cimitero del villaggio e che si seppellivano nelle vigne (gli capitava
di trovarne le ossa), la torre di Costanza a Aiguës
Mortes, dove questa donna Maria Durand era
stata chiusa all’età di 16 anni e liberata solo a 60
anni passati... Proprio lei aveva scritto sul bordo
del pozzo “resistete”, e per me era qualcosa di
molto importante. Nello stesso tempo, mi sentivo completamente estraneo al mondo protestante, perché il mondo protestante è veramente “Dio
e la mia anima”, nella tradizione di sant’A-gostino. Per me, la bellezza del mondo, ad esempio,
giocava un ruolo del tutto essenziale. Ero dunque stato colpito da Lossky, avevo anche letto
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O. Clément – Un luogo per rinascere
Dostoevskij. L’episodio di Delitto e castigo dove
una prostituta legge a un assassino il racconto
della risurrezione di Lazzaro mi aveva molto colpito. E poi, mi ero imbattuto nel libro di Nikolaj
Berdjaev che ho riedito sotto il titolo di Spirito e
libertà. Senza ben capire, ero stato colpito quando
scrive che la Chiesa è la bellezza del mondo, il
mondo in vista della cristificazione, della trasfigurazione, che non c’è un filo d’erba che non
spunti nella Chiesa, che non c’è una costellazione che non persegua il suo ordine nella Chiesa.
Addirittura afferma di non poter pensare che
Nietzsche non sia in un certo modo nella Chiesa
e che perciò non è del tutto condannato all’inferno. Tutte queste parole straordinarie di Berdjaev sulla preghiera per la salvezza universale, tipiche della tradizione orientale, mi hanno molto
colpito.
I Padri orientali mi hanno aperto una porta
Grazie a Lossky, che li citava molto, ho cominciato a leggere i Padri della Chiesa, e là mi
sono sentito a casa. Mi ero sforzato di leggere san
Tommaso d’Aquino, ma non mi ero sentito a casa. Avevo trovato molte cose belle, ma c’erano
anche cose che mi annoiavano. Non riuscivo ad
entrare perché avevo l’impressione che non fosse
completamente libero da tutte queste storie che
vengono dall’ultimo Agostino. Sant’Agostino è
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I. Testimonianza
un genio positivo, creatore, ma alla fine della sua
vita ha detto delle cose assolutamente terribili
che hanno avvelenato il cristianesimo occidentale
sulla predestinazione, l’inferno, i bambini morti
senza battesimo e destinati all’inferno. Avevo
l’impressione di ritrovare tutto questo in san Tommaso. Al contrario, quando ho cominciato a leggere sant’Ireneo di Lione, san Gregorio di Nissa,
san Massimo il Confessore, mi sono sentito bene.
Ho sentito che si apriva una porta. Ho incontrato Vladimir Lossky e altri. A trent’anni ho ricevuto il battesimo nella Chiesa ortodossa. Era il
primo novembre, era grigio, pioveva... Ero molto contento, proprio perché pioveva. La pioggia
è un buon segno di fecondità.
Sulle frontiere, un contrabbandiere
Da buon ortodosso, sono diventato, spero, un
poco cristiano. Poco a poco, diventando cristiano, mi sono capitate due cose.
La prima è stata la scoperta di tutto lo spessore del cristianesimo. Ho scoperto tutto il positivo
delle altre confessioni: la Chiesa cattolica in particolare, ma anche la dimensione protestante.
Tutto questo mi ha vivamente interessato. Ho
avuto il sentimento che, se avevo una certa utilità, era quella di essere un contrabbandiere tra
questi universi spirituali, tra queste confessioni.
Sono persuaso che c’è una sola Chiesa e che lo
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O. Clément – Un luogo per rinascere
scisma è all’interno della Chiesa. Non credo che
vi sia una Chiesa cattolica, delle Chiese protestanti, una Chiesa ortodossa. Credo che bisogna
pensare all’Europa. Il protestantesimo e il cattolicesimo è un insieme che fa parte della Chiesa.
C’è uno scisma interno alla Chiesa, una ferita
che bisogna poco a poco cicatrizzare.
La seconda cosa è che avevo messo da parte
tutta la conoscenza che avevo delle religioni non
cristiane, non bibliche, dunque l’altro emisfero
spirituale dell’umanità. Ma allora l’ho ritrovato.
Si può avere una visione cristiana di queste religioni, nella linea di padre Monchanin.1 È essenziale per la nostra epoca lavorare all’unità, all’incontro del cristianesimo con le altre religioni, e
allo stesso modo all’incontro del cristianesimo
con la modernità. I grandi filosofi religiosi russi
mi hanno insegnato che il cristianesimo è la divino-umanità in Cristo, dove il divino e l’umano
si uniscono senza confusione né separazione. Il
cristianesimo può allora dare senso sia a tutte le
esplorazioni del divino che a tutte le esplorazioni
dell’umano fatte dalla modernità. In un certo
momento ho avuto la tendenza a condannare la
1 Jules Monchanin è stato un precursore del dialogo
tra cristianesimo e induismo. Nato in Francia nel 1895,
ordinato presbitero, nel 1938 si trasferí nell’India del sud,
dove fondò un ashram e si dedicò ad un intenso dialogo
con il mondo spirituale indu. Su di lui, cf Henri de Lubac,
Images de l’abbé Monchanin, Paris 1967.
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I. Testimonianza
modernità. Oggi penso che la modernità sia il
frutto di tutta una esplorazione estremamente
paziente dell’umano e del cosmo. Se abbiamo
scoperto tali abissi nell’uomo e nel mondo, è per
far splendere la luce divina nei buchi neri della
nostra anima cosí come nei buchi neri del cosmo. Non credo che tutto questo sia vano. Tutta
la modernità nasconde un profondissimo significato che deve prendere posto nella divino-umanità. Questa relazione del cristianesimo con il
mondo secolarizzato mi interessa molto.
Gesú Cristo è qualcuno ed è tutto
È il Verbo fatto carne.
È il compagno che pone talvolta la mano sulla
nostra spalla nelle sere di grande stanchezza, e
nello stesso tempo è una pienezza inaudita.
Quando Rimbaud dice “andare a ritrovare
l’eternità”
è il mare con il sole, sulla montagna,
la Trasfigurazione nel fondo stesso dell’abisso
della morte e dell’inferno.
Da Cristo risplende la luce divina.
È il Trasfigurato.
È Colui che irradia la luce dello Spirito Santo, la luce stessa della vita divina.
È Colui che rivela Dio come Trinità.
Cristo è allo stesso tempo mio fratello e Colui
che raduna in sé l’umanità e il cosmo per trasfi33
O. Clément – Un luogo per rinascere
gurarlo, ma è anche Colui che dà il suo soffio, il
Dio segreto in noi, che raggiunge in noi il bisogno piú profondo, l’esigenza, la fame piú segreta.
Il Dio interiore è lo Spirito Santo, Colui che ci
permette di nominare l’abisso originale con una
parola di una grande familiarità, di una grande
tenerezza: “Abba, Padre!”.
E, piú vado avanti, piú penso che le Chiese
dovrebbero spogliarsi di tante cose inutili per
tornare al vangelo e rivolgersi verso la presenza
di Gesú. Credo che occorra smettere di leggere
il vangelo avendo un’idea prestabilita di Dio, cosa che il cristianesimo ha fatto per molto tempo,
ricavando l’idea di Dio dalle tradizioni arcaiche o
dalle filosofie. È il vangelo che ci rivela chi è
Dio. Si tratta di una cosa estremamente importante. Questo Dio si rivela nella profondità stessa
dell’umano. Cristo è veramente Colui che ci rivela chi è Dio e nello stesso tempo chi è l’uomo,
poiché l’uomo è a immagine di Dio. Egli è il
Dio che si inscrive in un volto di uomo e che ci
permette, di conseguenza, di decifrare in Dio
ogni volto di uomo.
II. L’eucarestia,
cuore della Chiesa
Mi sembra che, per un cristiano, la sua stessa
esistenza, quella della Chiesa, quella dell’umanità
e del cosmo intero si collochino dentro l’eucarestia. Tutti i sacramenti e la Scrittura stessa, che è
in fondo essa stessa un sacramento,1 sono degli
aspetti della sacramentalità globale della Chiesa.
Della Chiesa come sacramento del CrocifissoRisorto. Ora, il cuore, il nucleo, il sole di questa
sacramentalità è l’eucarestia. Si potrebbe dire che
è l’eucarestia a fare la Chiesa. È l’eucarestia che,
al di là di tutti i limiti sociologici di cui noi talvolta possiamo soffrire, fa della Chiesa il Corpo
di Cristo da cui sgorga la potenza della vita, da
cui sgorga la potenza della risurrezione. L’eucarestia non è un sacramento nella Chiesa (d’altronde la divisione dei sacramenti secondo il nu1 C’è un aspetto sacramentale della Parola di Dio e
credo che sia attraverso questo aspetto sacramentale della
Parola di Dio che noi possiamo comprendere meglio il
mistero della Riforma nella storia della Chiesa.
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