Progetto Rifredi Scuola

Transcript

Progetto Rifredi Scuola
RIFREDI SCUOLA 2012 - 2013
proposte teatrali per l’anno scolastico 2012/2013
indirizzate alle scuole secondarie di primo e di secondo grado
da lunedì 12 a sabato 17 novembre 2012 ore 10:00
Pupi e Fresedde–Teatro di Rifredi Teatro Stabile di Innovazione Firenze
in collaborazione con Il Giardino di Archimede-un Museo per la Matematica
LA MATEMATICA IN CUCINA
UN CABARET MATEMATICO-CULINARIO
dall’omonimo libro di Enrico Giusti
riduzione e regia di Angelo Savelli
con Andrea Bruno Savelli e Massimo Grigò
elementi scenici di Mirco Rocchi
Durata dello spettacolo: 70 minuti (senza intervallo) - repliche: 6
Lo spettacolo “La matematica in cucina” è un cabaret matematico-culinario!
Come dire: Pitagora sul palco di Zelig.
Un’opera curiosa dove la matematica si diverte ad apparire dove meno ci si aspetterebbe di trovarla: nella
cucina di casa nostra. Perché, a guardar bene, anche in questo regno dei profumi e dei sapori, dietro al getto
d’acqua del rubinetto o ad una patata da sbucciare, possono emergere insospettate alchimie matematiche, a
volte tutt’altro che elementari. L'importante è sapersi porre delle domande. Così, durante la preparazione di
un’insalata e di un piatto di spaghetti, ci si può chiedere: perché le salsicce cuociono più in fretta dell'arrosto?
Qual è la forma migliore per un boiler? Perché il getto d'acqua che esce dal rubinetto si restringe scendendo
verso il basso? Ogni oggetto può diventare lo spunto per una scoperta matematica calata nella realtà, sfatando la
leggenda di una disciplina evitata da molti perché troppo astratta. In una cucina così piena di sorprese, non
stupirà che la trattazione della materia scientifica venga affidata non a degli esimi professori ma ad una
scalcagnata coppia di comici da avanspettacolo: l’imbranato letterato Pinotto, che si ritiene un principe dei
fornelli, e l’aitante ma petulante matematico Gianni, costretti dalla loro condizione di scapoli a condividere due
camere con cucina nei pressi dell’Università. Tratto dall’omonimo libro di Enrico Giusti - professore di Storia
delle Matematiche e direttore del Museo per la Matematica di Firenze - e trasformato in spettacolo da Angelo
Savelli – regista da diversi anni interessato ai rapporti tra Scienza e Teatro - “La matematica in cucina”, tutto
ambientato tra pentole e fornelli, apriscatole e caffettiere, si propone come una gustosa ricetta
scientifico/culinaria per tutti quelli che la matematica hanno sempre stentato a digerirla.
SCHEDA DIDATTICA
Gianni è un giovane matematico lontano dallo stereotipo del secchione con la testa tra le nuvole. Di
bell’aspetto, brillante, sportivo, donnaiolo e sfaticato vive alle spalle del coinquilino Pinotto, un letterato un
po’ sfigato con la passione della cucina e dell’ordine. Al ritorno dalla spesa al supermercato, Gianni
intraprende una discussione con l’amico per sostenere la superiorità della matematica rispetto alla letteratura
e per convincere l’incredulo Pinotto gli dimostra come tutta la cucina nasconda trabocchetti matematici. Si
comincia con un’operazione semplicissima: aprire il rubinetto dell’acqua. Il restringersi del getto d’acqua del
rubinetto offre l’occasione per una dimostrazione sul perché e di quanto stiano in proporzione la velocità e la
larghezza. Pinotto ha previsto di cucinare delle sane patate lesse che poco attirano il goloso Gianni. Il quale, in
cambio di evitargli una serie di passaggi matematici, saltando subito ai risultati finali della dimostrazione,
ottiene che si passi alla preparazione di ben più appetitosi spaghetti al pomodoro. Ma il demone matematico di
Gianni non è facile da domare e mentre Pinotto cerca di aprire un barattolo di pelati, ecco irrompere
prepotentemente una bella dimostrazione sul funzionamento della leva. Gianni dimostra che la cucina è piena
di leve, dalle mollette alla stadera, e non riesce a trattenersi dall’esporne la formula. I patti sono patti e
Pinotto archivia lo spaghetto per tornare alla patata lessa. Dopo una ruffiana contrattazione si arriva al
compromesso di una teglia di patate arrosto. Si procede così ad una gara di sbucciatura di patate: chi perde
lava i piatti. Pinotto crede di avvantaggiarsi prendendo di nascosto le patate più piccole. Ma vince Gianni che
dimostra, matematicamente e con l’aiuto di un cubo smontabile, la differenza tra volume e superficie che ha
condotto Pinotto a perdere scegliendo le patate piccole. Dalla grandezza delle patate da sbucciare al perché il
rollè cuocia prima dell’arista il passo è breve, ma la dimostrazione dovrà passare per un curioso percorso che
partendo dalla differenza tra uno scaldabagno ed un radiatore, riguarderà anche serpenti, volpi ed lo stesso
Pinotto alle prese con il freddo invernale e la calura estiva. Con tutti questi discorsi di mangiare non se ne
parla. Si decide dunque di farsi almeno un bel caffè che Gianni chiede di accompagnare con un paio di
ciambelle. Finalmente Pinotto può ridiventare protagonista e il principe del cipollotto si esibisce in una
divertente lezione di cucina spiegando le semplici ma ferree leggi con cui si deve preparare una buona insalata
ed un buon caffè. Ma la presenza sul tavolo dei mucchietti conici di zucchero, farina e caffè mette di nuovo in
moto l’irrefrenabile spirito speculativo di Gianni che si appresta a dimostrare ad un annichilito Pinotto le
proprietà angolari dei vari materiali granulari finendo a parlargli delle Piramidi d’Egitto. E così i due amici
escono digiuni dalla cucina riprendendo la loro accesa discussione sulla controversa superiorità della
matematica sulla letteratura.
da lunedì 26 a venerdì 30 novembre 2012 ore 10:00
Arca Azzurra Teatro
MANDRAGOLA
ideazione dello spazio, adattamento e regia di Ugo Chiti
con Giuliana Colzi, Andrea Costagli, Dimitri Frosali, Massimo Salvianti, Lucia Socci
e Lorenzo Carmagnini, Giulia Rupi, Paolo Ciotti
costumi di Giuliana Colzi
luci di Marco Messeri
musiche di Vanni Cassori e Jonathan Chiti
Durata dello spettacolo: 120 minuti (compreso intervallo) - repliche: 5
Ci sono appuntamenti che si possono rimandare a lungo, che si può per anni far finta di non dover onorare, ma
arriva prima o poi il momento che quell’incontro diventa irrinunciabile e ti si presenta con l’urgenza che merita,
come una necessità, un passo irrimandabile.
Questa è “Mandragola” di Niccolò Machiavelli per l’Arca Azzurra, un incontro che si sapeva di non poter eludere
eppure sempre rimandato, sempre spostato più in là nel tempo, finché appena doppiata la boa dei venticinque
anni di attività, dopo aver in qualche modo sfiorato il grande classico cinquecentesco, con la messinscena
dell’altro grande testo del segretario fiorentino, quella “Clizia” che scrisse proprio a due passi da casa nostra,
durante il suo esilio a Sant’Andrea in Percussina, e che abbiamo portato sulle scene nel 1999, eccoci finalmente
dinanzi a quella che da più parti viene definita la “Commedia perfetta”, vero e proprio prototipo di tutta la
letteratura teatrale italiana cinque e seicentesca.
La beffa che porta Callimaco nel letto della bella Lucrezia, approfittando della dabbenaggine dell’anziano
marito di lei Messer Nicia, con l’aiuto del mezzano Ligurio, e del cinismo di fra Timoteo, era da moltissimi anni
nei piani della compagnia e del suo dramaturg Ugo Chiti, in quella che dall’inizio del loro sodalizio è una delle
caratteristiche portanti della scelta delle opere da inserire in repertorio.
Accanto ai piccoli e grandi affreschi tracciati dalla drammaturgie originali di Chiti lungo questi 25 anni che
hanno ritratto con forza alcuni dei momenti più importanti della storia popolare del nostro paese e
dell’immaginario della sua gente partendo dal piccolo microcosmo in cui lui e la compagnia operano, si sono
sempre alternate storie tratte dalla grande letteratura toscana di tutte le epoche, dal Decamerone alla citata
Clizia, dalle storie di inizio secolo ispirate ai racconti di Lucignani a “La cena delle beffe” di Sem Benelli.
Nell’affrontare “Mandragola” Chiti ha scelto però un approccio diverso rispetto a tutti i suoi precedenti
adattamenti, quasi sempre caratterizzati da una totale riscrittura del lavoro da rappresentare, che pur
mantenendone personaggi, caratteri, situazioni si muoveva con grande libertà all’interno dei testi originali, in
favore del linguaggio forte colorito e fortemente caratterizzato da espressioni dialettali, che da sempre
contraddistingue la drammaturgia di Ugo Chiti.
Questa volta, in presenza della “macchina drammaturgicamente perfetta” di cui si diceva, Chiti si muove con
l’occhio sempre puntato sul testo originale operando una precisa distinzione all’interno della commedia di
Machiavelli tra le scene che descrivono direttamente l’azione della “beffa” ai danni dell’ingenuo Nicia, che
l’adattamento lascia praticamente intatte salvo piccoli tagli e aggiustamenti, e quelle nelle quali si gioca la
descrizione dei caratteri dei personaggi che sono riscritti con la libertà dei testi precedenti. Inoltre è opportuno
sottolineare come Chiti, al pari del resto di quasi tutte le edizioni “moderne” della commedia, toglie le canzoni
presenti prima del prologo e alla fine di ognuno dei cinque atti e affida il Prologo stesso e la conclusione delle
scene che segnano la fine dei vari atti, alle considerazioni di un personaggio di sua totale invenzione, una Ninfa
che commenta l’azione e ne trae premesse e conclusioni.
SCHEDA DIDATTICA
I cinque atti classici della commedia rinascimentale vengono qui raggruppati in due tempi che corrispondono al
prologo, primo secondo e terzo atto quello iniziale, e al quarto e quinto atto il finale.
PRIMO TEMPO
Il prologo, nel quale compare il titolo Mandragola, è recitato dalla Ninfa che sostituisce e si sovrappone alla voce
autoriale del testo originale, e che, rivolgendosi ai «benigni auditori», presenta i personaggi - caratteri moralmente
disdicevoli, ad eccezione della protagonista femminile - narra l'antefatto e recita la propria apologia, giustificando
la composizione di un'opera "leggera" con la contingente impossibilità di dedicarsi ad imprese più virtuose.
Atto I. L'azione si svolge a Firenze e prende le mosse da una confidenza che Callimaco Guadagno, giovane
innamorato, fa a Siro, suo servo fedele. Callimaco, appena rientrato in Italia dopo una permanenza di vent'anni a
Parigi, è vittima di un amore "di lontano" per la fiorentina Lucrezia, le cui lodi ha sentito tessere a Parigi da un
cugino di lei. Lucrezia è la savia e onesta moglie di messer Nicia Calfucci. Il giovane, deciso a conquistare la donna a
tutti i costi, sa che i due coniugi sono tormentati dal desiderio di avere figli, ancora insoddisfatto dopo sei anni di
matrimonio. La stoltezza di messer Nicia, il tormento dei due coniugi e l'avidità umana permettono a Callimaco di
tessere un inganno che lo porterà a raggiungere il suo scopo, grazie alla collaborazione, ottenuta con vari mezzi, di
Siro, del parassita Ligurio, assiduo frequentatore di casa Calfucci, di Sostrata, la madre di Lucrezia, e del poco
spirituale frate Timoteo. Alla scena iniziale di Callimaco e di Siro nel quale il primo informa il servo dell’antefatto e
della sua speranza di convincere Nicia attraverso i buoni uffici di Ligurio a portare la moglie alle terme e qui avere
almeno la possibilità di avvicinarla, si susseguono quella tra Nicia e Ligurio e quindi dello stesso Ligurio con
Callimaco dove il primo disegno di un incontro alle terme viene abbandonato per qualcosa di più complesso e sicuro
che Ligurio inizia ad architettare ma del quale ancora non mette completamente a parte Callimaco.
Atto II. La beffa ha inizio. Callimaco, su suggerimento dell’astuto Ligurio, si finge medico e riceve in casa propria
messer Nicia. "Maestro Callimaco" prescrive una pozione di mandragola come medicina sicuramente efficace contro
la presunta sterilità di Lucrezia, avvertendo messer Nicia dell'unica grave controindicazione: la morte del primo
uomo che farà all'amore con la donna, dopo che essa avrà assunto la pozione. Lo stesso Callimaco suggerisce una
facile soluzione a questo nuovo problema: messer Nicia sarà così saggio da rassegnarsi, per una notte, a cedere la
propria moglie ad un "garzonaccio" (naturalmente sarà Callimaco travestito) che egli stesso, Nicia, Ligurio e Siro
preleveranno in strada e condurranno a forza in camera di Lucrezia. A questo punto rimane un unico inconveniente:
la difficoltà di convincere Lucrezia, donna religiosa, «onestissima e al tutto aliena dalle cose d'amore», a sottoporsi
alla terapia proposta.
Atto III. Entrano in scena Sostrata, la madre di Lucrezia, facilmente persuasa dell'opportunità di «pigliare de' cattivi
partiti el migliore», e frate Timoteo, al quale Ligurio promette una ricchissima elemosina (naturalmente dalle tasche
dello sbalordito ma rassegnato messer Nicia) in cambio del suo imprescindibile aiuto nell'opera di persuasione di
Lucrezia. Sostrata convince la figlia, perplessa e timorosa di non agire rettamente, a recarsi da frate Timoteo per
chiedergli consiglio e conforto. Il frate, giovandosi dell'esempio biblico delle figlie di Lot, persuade l'angosciata e
remissiva Lucrezia con un discorso sull'ineccepibilità delle azioni dettate da buoni scopi e da buone intenzioni.
SECONDO TEMPO
Atto IV. E' arrivata la preannunciata notte dei travestimenti e degli inganni. Dapprima Callimaco, ancora ignaro del
buon esito dell’azione del frate sulle resistenze di Lucrezia, si tormenta con i peggiori pensieri di morte fino
all’arrivo di Ligurio che lo rassicura e trova una soluzione al problema che improvvisamente getta nuovamente nella
disperazione il giovane innamorato. Lui stesso ha detto a Messer Nicia che parteciperà alla cattura del “garzonaccio”
e risulta quindi impossibile per lui essere nel medesimo tempo quello stesso che giacerà con Lucrezia quella notte.
Sarà un non proprio entusiasta Frate Timoteo travestito a fare la parte di Callimaco nella “caccia”. Anche Ligurio,
Siro e messer Nicia si travestono per la cattura del "garzonaccio Callimaco”, a sua volta travestito. L'agguato viene
compiuto e i compari si separano davanti alla soglia di casa Calfucci. Sarà proprio l'ignaro messer Nicia ad introdurre
il "malcapitato" nella camera della moglie.
A questo punto Chiti inserisce l’unica scena che non appartiene all’originale, mostrando l’incontro tra Lucrezia e
Callimaco fermato nel momento della confessione da parte del giovane del suo amore per la bellissima donna che lo
spinge a rivelarle l’inganno e la beffa perpetrata contro il marito e lei stessa. La donna si dichiara disposta ad
accettarlo come suo amante e ad accoglierlo in casa propria come compare del marito, in nome della "celeste
disposizione" che fu causa degli ultimi avvenimenti. Anche la timorata Lucrezia, dunque, nel finale rivela che la sua
saggezza è tale perché sa adeguarsi alle circostanze, in ciò non aliena dal calcolo dell'utile, seppur ultraterreno.
Chiti rimane comunque, anche in questo caso molto vicino all’originale usando per costruire la scena, la descrizione
che nella commedia di Machiavelli Callimaco fa a Ligurio degli avvenimenti della nottata nel successivo quinto atto
(scena IV).
Atto V. E' mattina e ognuno dei personaggi esprime le proprie considerazioni sulla notte appena trascorsa. Cacciato
via il "garzonaccio" da casa propria, messer Nicia si compiace con Ligurio e Siro della buona riuscita dell'impresa e
della propria vigilanza, durante la notte, affinché la cosa andasse a buon fine. Il finale vede tutti i personaggi in
scena fuori dalla Chiesa in una sorta di “benedizione collettiva” che suggella così la beffa e ciò che da essa è
scaturito.
Chiti si riserva un ultimo commento, detto con sarcasmo dalla Ninfa, una volta che tutti personaggi sono usciti
insieme di scena “Uomini? Donne? La peggio genia del Creato. Dio voleva buttar via lo stampo, poi, non si sa come
c’ha ripensato. Non poteva fare altro?!”
da mercoledì 12 a venerdì 21 dicembre 2012 ore 10:00
Pupi e Fresedde Teatro di Rifredi Teatro Stabile di Innovazione Firenze
NEL MEZZO DEL CAMMIN
CANTI E CANZONI DALL’INFERNO DI DANTE
spettacolo di Angelo Savelli
da “La Divina Commedia – Inferno” di Dante Alighieri
con Nicola Pecci, Andrea Bruno Savelli, Massimo Grigò, Marzia Risaliti
e la partecipazione straordinaria di Carlo Monni
arrangiamenti musicali a cura di Nicola Pecci e Francesco Sighieri
impianto visivo multimediale a cura di Mirco Rocchi
luci di Roberto Cafaggini
Durata dello spettacolo: 110 minuti - repliche: 9
7° ANNO DI REPLICHE
18.156 SPETTATORI A RIFREDI
“Nel mezzo del cammin” è uno spettacolo che contamina la grandezza immortale dei bellissimi versi di Dante
con le immagini della contemporaneità, i canti dell’Inferno con le canzoni di quella musica che la Chiesa ha
definito la musica del diavolo: il rock.
Dante diventa così un giovane artista trentenne in crisi (“Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai in una
selva oscura”) che questa volta trova il suo Virgilio non in un poeta della letteratura classica ma in un cantante
di musica leggera.
L’inferno è un viaggio psichedelico, un viaggio iniziatico che serve ad esorcizzare le paure e il male che un
giovane può ancora oggi provare e temere. Le stazioni di questo viaggio sono la disperazione, la passione
amorosa, la tentazione del suicidio, la diversità, il malaffare, la crudeltà, l’incognito… ma poi questo viaggio
nell’inferno dello “smarrimento” si apre alla speranza. Alla fine di questo percorso, la Conoscenza di sé e del
mondo si apre alla Scienza, indicata come la strada maestra per uscire “a riveder le stelle”.
Lo spettacolo nasce dall’idea dell’universalità dei classici, della consapevolezza della capacità dei classici di
attraversare epoche e culture e riuscire a parlare, a distanza di tanti anni, alla sensibilità ed ai cuori dei
contemporanei.
“Ero giovane quando mi avvicinai per la prima volta a Dante per obblighi scolastici. Ma subito diventò una
passione extrascolastica. Le mie immagini dell’Inferno dantesco di allora sono quelle di uno sceneggiato
televisivo in bianco e nero con Giorgio Albertazzi con tanto di naso finto ad interpretare il divino poeta e,
soprattutto, le inquietanti illustrazioni del Dorè, anch’esse in bianco e nero, di una bellissima copia della Divina
Commedia che i miei nonni tenevano in casa insieme agli altri due unici libri di famiglia: “I promessi sposi” del
Manzoni e “Cuore” del De Amicis.
Ma la mia fantasia dantesca funzionava a colori in quegli anni di pop art e figli dei fiori, tra gli anni sessanta e gli
anni ottanta della provincia italiana.
Quando il pomeriggio, sul tavolo di cucina, sfogliavo le pagine dell’Inferno, sul mio giradischi facevo scorrere le
musiche che più mi appassionavano: i Beatles, i Rolling Stones, Fabrizio De Andrè, i Doors...; e le due cose, per
quanto lontanissime, convivevano perfettamente.
La vera cultura è sempre stata un mix di tradizione e contemporaneità. La vera cultura è sempre stata
contaminazione, dialogo tra culture, scambio e dono.
Ecco: i classici sono un dono, un regalo che la storia ci fa e di cui noi dobbiamo saper approfittare con
gratitudine.”
Angelo Savelli
SCHEDA DIDATTICA
Prima scena. Un attore tradizionale sta registrando per la televisione il terzo canto dell’Inferno (canto:
“Caronte”), perfettamente travestito da Dante, ed entra in conflitto con il giovane regista sovreccitato e
bislacco. Nello studio accanto un giovane musicista sta registrando le sue canzoni (“Jumping jack flash” dei
Rolling Stones) e la sua musica interferisce e disturba la lettura dantesca con esiti disastrosi.
Seconda scena. Il giovane regista licenziato, lasciato dalla ragazza, in crisi d’astinenza, nella solitudine della
sua stanza prova faticosamente a rileggere l’Inferno (”La selva oscura”). Come in un’allucinazione, il Virgilio
cantante viene ad offrirgli la sua amicizia e ad accompagnarlo in un viaggio poetico/musicale per risollevarlo
dalla sua prostrazione.
(Virgilio canta “Bridge over troubled waters” di Simon e Garfunkel)
Terza scena. In una sorta di albergo ad ore, il protagonista si lascia andare ai ricordi ed alle pulsione della sua
disgraziata esperienza amorosa. Riaffiorano i fantasmi dell’amore infelice (“Paolo e Francesca”) mentre il
letto e la stanza prendono fuoco. (Virgilio canta “Light my fire” dei Doors)
Quarta scena. In un sinistro parco metropolitano, il giovane si confronta con l’idea della morte con l’incontro
con un suicida (“Pier della Vigna”). Virgilio chiede indulgenza per lui. (Virgilio canta “Preghiera in gennaio” di
Fabrizio De Andrè)
Quinta scena. Lo stesso parco è nottetempo frequentato dai “diversi” che lo abbordano. Tra loro riconosce
uno dei suo amati maestri (canto: “Brunetto Latini”) il che lo fa riflettere sull’emarginazione, spesso anche
violenta, dei poeti scomodi e scandalosi come Pasolini, Penna e Lorca… (Virgilio canta “Strawberry fields
forever” dei Beatles)
Sesta scena. Un intermezzo burlesco per allentare la tensione. Ma non meno crudele. Viviamo in un mondo di
ladri ed imbroglioni. L’inferno dantesco ce ne indica molti. Tra loro “Gianni Schicchi”, diventato poi il
protagonista di una divertentissima operina di Puccini che qui rivediamo mentre si sostituisce ad un morto per
modificare il testamento a favore dei parenti e suo proprio.
Settima scena. La corruzione ed il malaffare si trasformano inevitabilmente in violenza. (canto: “Conte
Ugolino”). La farsa dei “soliti ignoti” si trasforma nella macelleria pulp della crudeltà politica. (Virgilio canta
“Nuntereggae più” di Rino Gaetano)
Ottava scena. Il desiderio di fuga da questo inferno s’incarna nella sfida inevitabile con l’ignoto. (canto:
“Ulisse”). Il letto si trasforma in una nave che viaggia verso nuove terre tutte da esplorare anche se questo
comporta rischi imprevedibili. (Virgilio canta “Starman” di David Bowie)
Nona scena. Siamo nello spazio intergalattico di “2001 Odissea nello spazio”. Nel cielo navigano navicelle e
stazioni spaziali, sulla terra i personaggi della nostra storia si dedicano ad occupazioni umane più positive: la
medicina, la storia, la ricerca, l’astronomia… Anche il nostro protagonista è finalmente “uscito a riveder le
stelle” mentre il suo Virgilio canta in cielo “Starman”.
SCENA
CANTO
PERSONAGGI
CANZONE
IMMAGINE
1
Lectura Dantis:
Pene infernali
CANTO 3°
Caronte
“Jumpin jack flash”
dei Rolling Stones
Studi televisivi
2
Smarrimento
CANTO 1°
Dante e Virgilio
“Bridge over troubled
waters”
di Simon e Garfunkel
Loft trasandato
del regista
3
Bruciante passione CANTO 5°
Paolo e Francesca “Light my fire”
dei Doors
Camera con letto
di fuoco
4
Tentazioni di
suicidio
CANTO 13°
Pier Della Vigne
“Preghiera in gennaio”
di Fabrizio De Andrè
Bosco sinistro
5
Maestri
perseguitati
CANTO 15°
Brunetto Latini
più Penna,Pasolini,
Lorca
“Strawberry field
forever”
dei Beatles
Campo di fragole
6
Lifting infernale
CANTO 25°
7
Un mondo di ladri
CANTO 30°
più G. Forzano
Gianni Schicchi
8
Violenti
CANTO 33°
Conte Ugolino
9
Sete di conoscenza CANTO 26°
Ulisse
e rinascita
e finale CANTO 34°
Maschere
“Nuntereggae più”
di Rino Gaetano
Veglia funebre in
bianco e nero
Macelleria
“Starman”
di David Bowie
2001 odissea nello
spazio
da lunedì 21 gennaio a venerdì 1 febbraio 2013 ore 10:00
Pupi e Fresedde Teatro di Rifredi Teatro Stabile di Innovazione Firenze
OPERETTE MORALI
ED ALTRI STRALI
conferenza-spettacolo di Angelo Savelli
relatore Andrea Bruno Savelli
con Marzia Risaliti, Nicola Pecci e Ludovico Fededegni
Durata dello spettacolo: 90 minuti circa - repliche: 10
Le “Operette morali” di Giacomo Leopardi sono un’opera alquanto anomala nel
panorama della letteratura italiana moderna. Pur essendo scritta in forma dialogica,
essa è nelle intuizioni degli autori più opera di letteratura che di teatro. Il ricorso a scene, personaggi e dialoghi
non ubbidisce ad un’esigenza di rappresentazione: infatti l’azione, che è il vero “distinguo” dell’evento teatrale
vi è quasi del tutto assente e il dialogo è ridotto alla sua forma primaria ed essenziale, cioè un colloquio tra due
personaggi. Più che ai modelli teatrali quest’opera si rifà dunque a modelli letterari e più specificatamente
filosofici: inequivocabilmente si staglia dietro il suo orizzonte il grande modello dei “Dialoghi” di Platone, alla
cui evocazione contribuisce anche il continuo riferimento ad eroi, divinità e personaggi del mondo classico
pagano. Certo: un espediente poetico di un autore “agnostico” per parlare di trascendenza e assoluto senza
parlare di Dio ma anche il bisogno di evocare uno spazio mitico, “pulito”, non contaminato dal fango e dal
rumore della Storia, dove situare le sue impietose riflessioni morali ed esistenziali riferite, comunque al suo
presente contemporaneo. Pur essendo segnate da un profondo pessimismo e da un disincanto amaro, queste
“operette” aspirano ad essere didattiche. Attraverso la dialettica del dialogo socratico ai personaggi ed al
lettore si palesa una verità profonda nascosta dai veli del conformismo o dell’abitudine o dei pregiudizi o della
cattiva coscienza. Crediamo che quest’opera appartenga a pieno titolo alla nostra contemporaneità. Ed è
dunque con sguardo contemporaneo che l’abbiamo scelta e riletta, accettando la sfida di un teatro non teatrale
reinventandogli una drammaturgia, un tessuto di azioni che ne aiutasse la rappresentazione, procedendo ad un
libero montaggio dei testi, utilizzando anche alcuni brani di altre opere di quello che sicuramente è uno dei più
grandi poeti della letteratura mondiale.
SCHEDA DIDATTICA
PRIMA PARTE - ORIGINALITA’ E CONTENUTI DELLE OPERETTE
Il tema centrale delle “Operette” viene subito identificato con la riflessione sulla felicità ed infelicità dell’uomo, o
meglio ancora con la scoperta dell’impossibilità della felicità dell’uomo. Con il passare degli anni Leopardi trasforma
la malinconia per la sua giovanile esperienza esistenziale in una vera e propria visione filosofica pessimistica
dell’indifferenza della Natura ai destini degli uomini.
“Dialogo di un venditore di almanacchi e un passeggero” (interpretato), “Dialogo di un fisico e un metafisico”
(citato), “Dialogo di Malambruno e Farfarello” (citato), “Dialogo della Natura e un Islandese” (letto). Richiami
tematici alle liriche “Il canto notturno di un pastore errante dell’Asia” (letto), “Il sabato del villaggio” (citato).
SECONDA PARTE - INFERNO E PARADISO NELLA BIBLIOTECA PATERNA
Un po’ di biografia. Il racconto della particolare infanzia di Leopardi, i rapporti con i genitori, con lo studio nella
biblioteca paterna, con il borgo natio e il mondo esterno e infine con la malattia.
“A Silvia” (citato), “Il passero solitario” (citato).
TERZA PARTE - PADRI FRUSTRATI E FIGLI GENI
Franz Kafka, Amadeus Mozart e Giacomo Leopardi: tre geni della letteratura, della musica e della poesia morti
giovani, dopo un’adolescenza difficile sotto la pressione delle aspettative o delle incomprensioni di padri frustrati o
senza scrupoli. “L’infinito” (letto e commentato).
QUARTA PARTE - IRONIA E AUTOIRONIA NELLE OPERETTE
La messa in luce del carattere ironico dell’opera avviene sotto forma di una moderna intervista “impossibile”, fatta
dagli attori della compagnia allo stesso autore, intervista resa “possibile” dalla forte implicazione autobiografica
impressa da Leopardi ad una delle sue più personali operette.
“Il dialogo di Tristano e di un amico” (recitato).
QUINTA PARTE - “ESSERE ANTICO E PENSARE DA MODERNO”
“Le operette morali” costituiscono la più compiuta ed originale creazione di Leopardi in cui si realizza il suo progetto
artistico di assumere forme, personaggi e storie dell’antichità classica e mitologica, lungamente ed
approfonditamente frequentata nei duri anni della biblioteca paterna, per poi trasformarli in strumenti di
comunicazione di concetti e sentimenti contemporanei. “La ginestra” (citazione).
SESTA PARTE - OPERETTE IN COMMEDIA
La conferenza si conclude con la rappresentazione di una sintesi, leggera ed in parte anche divertente, di tre
operette dove Leopardi mescola abilmente mitologia antica e polemica contemporanea.
“Il Copernico” (recitato), “Dialogo di un folletto e di uno gnomo” (estratto recitato), “Dialogo d’Ercole e di Atlante”
(recitato), “Canto del gallo silvestre” (estratto recitato).
PRINCIPALI OPERE CRITICHE DI RIFERIMENTO: Pietro Citati “Leopardi”, Rolando Damiani “All’apparir del vero”,
Francesco De Sanctis “Schopenhauer e Leopardi”.
da lunedì 11 a venerdì 22 febbraio 2013 ore 10:00
Pupi e Fresedde Teatro di Rifredi Teatro Stabile di Innovazione Firenze
UNO, NESSUNO, CENTOMILA... PIRANDELLO
conferenza spettacolo di Angelo Savelli
relatore Andrea Bruno Savelli
con Andrea Bruno Savelli, Francesco Franzosi, Marzia Risaliti e Nicola Pecci
maschere ed elementi scenici di Mirco Rocchi
Durata dello spettacolo: 100 minuti - repliche: 10
Questa conferenza-spettacolo affronta la teoria dell’umorismo di Luigi Pirandello -da
questi elaborata in un suo celebre saggio e incarnata in quasi tutte le sue opere
letterarie e teatrali- inserendola nel più generale contesto culturale europeo dell’inizio
del nostro secolo, nel quale l’umorismo diventa un grimaldello per leggere una realtà completamente
rivoluzionata nelle sue fondamenta. Dopo Darwin, Freud, Marx, Einstein tutte le certezze diventano relative.
L’individuo entra in crisi nel suo rapporto con la realtà oggettiva e con i valori che tradizionalmente avevano
garantito la sua unità e integrità psicologica, trasformandosi da eroe romantico in individuo problematico. Nella
letteratura Kafka, Proust, Beckett, Joyce testimoniano questa frantumazione non solo della personalità interiore
ma anche del tempo, dello spazio e del senso.
L’umorismo che - come il cubismo - inserisce schizofrenicamente più punti di vista contemporanei sullo stesso
oggetto, sembra allora diventare uno dei pochi modi possibili per raccontare l’uomo contemporaneo: l’uomo
senza qualità, il borghese piccolo piccolo, l’idiota, lo straniero, il cinico brillante che si barcamena
pateticamente tra vita e pensiero.
La conferenza-spettacolo, utilizzando degli strumenti tipicamente pirandelliani, cioè quelli dell’ironia e del
metateatro, evoca sulla scena, per poi scomporlo criticamente, l’ultimo grande romanzo di Pirandello del 1926:
“Uno, nessuno e centomila”, la comica tragedia di un uomo qualunque che una mattina guardandosi allo
specchio scopre di avere il naso storto e finisce al manicomio. Nelle fratture di questa rappresentazione
s’inseriscono analiticamente le riflessioni sull’umorismo, brani di novelle e spettacoli pirandelliani, citazioni di
autori contemporanei e personaggi vari in cerca d’autore.
SCHEDA DIDATTICA
Il relatore/regista apre la conferenza con un breve inquadramento storico:
la crisi dell’individuo moderno nel ‘900.
Una coppia di bislacchi attori, provenienti dal varietà e dalle serate futuriste, si aggrega al relatore dopo
avergli mostrato un paio di pezzi forti del loro repertorio: la macchietta della Sciantosa napoletana e quella
del Balbuziente del futurista Oddo Oddi.
La piccola compagnia inscena “La patente” di Pirandello. A metà della recita, il regista interviene sull'attore
che sta mal interpretando la parte di Chiarchiaro e gli spiega la teoria dell'umorismo di Pirandello,
sottolineandone il sottile collegamento con la poetica del Cubismo.
Al termine della rappresentazione, assistiamo ad un ulteriore alterco tra gli attori ed il regista, il quale,
citando una scena de “L'uomo, la bestia e la virtù”, mette in relazione l'ipocrisia di chi recita sulla scena con
l'ipocrisia sociale di chi recita nella vita. Restato solo il regista accenna ad alcuni dati della biografia
pirandelliana che preannunciano il pessimismo dell'autore. Poi sottolinea come Pirandello, arrivato alla
notorietà universale con il teatro, sia prima di tutto un letterato, ricordando l’immensa ed importantissima
produzione di Novelle, all’interno delle quali esistono già tutti i temi e le innovazioni sviluppate poi sulla scena
e nei romanzi.
Riferimento alla novella “Il pipistrello” che introduce il tema del teatro pirandelliano con la sua dialettica tra
verità e finzione, tra maschera e volto, tra vita ed arte. Il regista puntualizza la tematica dell'essere e
dell'apparire citando “Il gioco delle parti”, “Così' è se vi pare”, “Enrico IV”, e spiegando la grande rivoluzione
del metateatro di Pirandello culminata nei “Sei personaggi in cerca d'autore” che gli varrà il premio Nobel per
la letteratura.
Anche questa innovazione era già presente nelle novelle dell’autore, ed il regista si appresta a leggerne la più
rappresentativa: “La tragedia di un personaggio”.
Ma la lettura è subito interrotta dall’arrivo di un giovane che dice di essere un “personaggio”: Vito Moscarda e
chiede che la sua storia venga fatta vivere sulle tavole del palcoscenico. Dopo un attimo di perplessità il
regista accetta di rappresentare la vicenda del personaggio Moscarda.
Mentre la piccola compagnia si prepara, il regista sottolinea l’importanza e l’originalità dei tre grandi romanzi
pirandelliani: “Il fu Mattia Pascal”. “I quaderni di Serafino Gubbio operatore” e naturalmente “Uno, nessuno e
centomila”. In chiusura, dunque, assistiamo ad una esaustiva sintesi teatrale di “Uno, nessuno e centomila”.
da martedì 19 a venerdì 22 marzo 2013 ore 10:00
(da giovedì 21 a sabato marzo 2013 ore 21:00)
Associazione Teatrale Pistoiese/Valzer srl
L’IMPRESARIO DELLE SMIRNE
di Carlo Goldoni
adattamento e regia Roberto Valerio
con Valentina Sperlì, Roberto Valerio, Antonino Iuorio, Nicola Rignanese
e con Massimo Grigò, Federica Bern, Pierluigi Cicchetti, Roberta Mattei, Peter Wayel
Durata dello spettacolo: 90 minuti - repliche: 4
Dopo il grande successo de “Il Vantone” (Miles Gloriosus) di Plauto/Pasolini, replicato
per ben due stagioni, torna la compagnia guidata da Roberto Valerio con un nuovo
classico ringiovanito e spigliato.
Composta nel 1759, l’opera è una splendida e divertente commedia che presenta un impietoso ritratto
dell’ambiente degli artisti di teatro, ambiente che Goldoni conosce a fondo: può a ragione “parlarne per
fondamento”, come egli stesso dichiara nella prefazione dell’opera.
La vicenda, ruota attorno ad un gruppo di attori, uomini e donne, tutti pettegoli, invadenti, boriosi e intriganti
che, disperati e affamati, vivono per un breve attimo l’illusione della ricchezza nella speranza di riuscire a
partire per una favolosa tournée in Oriente con Alì, ricco mercante delle Smirne intenzionato a formare una
compagnia d’Opera, e tornare carichi d’oro e di celebrità.
Facili prede di mediatori intriganti, di impresari furbi e rapaci, i poveri artisti scoprono a loro spese che le
regole del Teatro sono eterne e che la loro vicenda scritta 250 anni fa ha un sapore grottesco di attualità.
Distratti dalle loro piccole beghe e rivalità, occupati a farsi la guerra per far carriera, invidiosi di una posizione
nella gerarchia di palcoscenico, di un costume più o meno sfarzoso, di un privilegio in più e soprattutto di avere
una paga l’uno più alta dell’altro, non si accorgono di essere delle piccole sciocche marionette i cui fili vengono
manovrati da chi il potere veramente ce l’ha, per la sua posizione o per il suo denaro.
“L’impresario delle Smirne” è un grande affresco, una cantata corale affidata all’insieme della compagnia che lo
rappresenta: ogni personaggio, dal Turco al servitore, si rivela incisivo, necessario in un “divertissement
d’ensemble” che restituisce il clima lezioso e libertino dell’epoca; ma che allo stesso tempo offre l’occasione
per porsi alcune domande di sconcertante attualità: che importanza ha l’Arte e in modo specifico l’Arte teatrale
nella società contemporanea? E che ruolo riveste all’interno di suddetta Arte, l’attore? In quale modo è possibile
riuscire a realizzare spettacoli di grande valore artistico senza adeguate risorse finanziarie?
Roberto Valerio
CALENDARIO 2012-2013
Pupi e Fresedde Teatro di Rifredi
LA MATEMATICA IN CUCINA
Arca Azzurra Teatro
MANDRAGOLA
lunedì 12 novembre ore 10:00
martedì 13 novembre ore 10:00
mercoledì 14 novembre ore 10:00
giovedì 15 novembre ore 10:00
venerdì 16 novembre ore 10:00
sabato 17 novembre ore 10:00
lunedì 26 novembre ore 10:00
martedì 27 novembre ore 10:00
mercoledì 28 novembre ore 10:00
giovedì 29 novembre ore 10:00
venerdì 30 novembre ore 10:00
Pupi e Fresedde Teatro di Rifredi
NEL MEZZO DEL CAMMIN
Pupi e Fresedde Teatro di Rifredi
OPERETTE MORALI ED ALTRI STRALI
mercoledì 12 dicembre ore 10:00
giovedì 13 dicembre ore 10:00
venerdì 14 dicembre ore 10:00
sabato 15 dicembre ore 10:00
lunedì 21 gennaio ore 10:00
martedì 22 gennaio ore 10:00
mercoledì 23 gennaio ore 10:00
giovedì 24 gennaio ore 10:00
venerdì 25 gennaio ore 10:00
lunedì 17 dicembre ore 10:00
martedì 18 dicembre ore 10:00
mercoledì 19 dicembre ore 10:00
giovedì 20 dicembre ore 10:00
venerdì 21 dicembre ore 10:00
lunedì 28 gennaio ore 10:00
martedì 29 gennaio ore 10:00
mercoledì 30 gennaio ore 10:00
giovedì 31 gennaio ore 10:00
venerdì 1 febbraio ore 10:00
Pupi e Fresedde Teatro di Rifredi
UNO, NESSUNO E CENTOMILA... PIRANDELLO
Associazione Teatrale Pistoiese/Valzer srl
L'IMPRESARIO DELLE SMIRNE
lunedì 11 febbraio ore 10:00
martedì 12 febbraio ore 10:00
mercoledì 13 febbraio ore 10:00
giovedì 14 febbraio ore 10:00
venerdì 15 febbraio ore 10:00
martedì 19 marzo ore 10:00
mercoledì 20 marzo ore 10:00
giovedì 21 marzo ore 10:00
venerdì 22 marzo ore 10:00
lunedì 18 febbraio ore 10:00
martedì 19 febbraio ore 10:00
mercoledì 20 febbraio ore 10:00
giovedì 21 febbraio ore 10:00
venerdì 22 febbraio ore 10:00
ed inoltre...
giovedì 21 marzo ore 21:00
venerdì 22 marzo ore 21:00
sabato 23 marzo ore 21:00
MODALITA’ DI PAGAMENTO
Costo del biglietto d’ingresso euro 6,50 ad alunno e omaggio per gli insegnanti.
Il pagamento va effettuato 15 giorni prima dello spettacolo in una delle modalità sotto elencate.
- presso la segreteria del Teatro negli orari dell’ufficio scuola (da lunedì a venerdì ore 9.30-13.00 e 15-18)
- vaglia postale (non bollettino) a Ass. Pupi e Fresedde - Teatro di Rifredi via V. Emanuele II, 303 - 50134 Firenze
- bonifico bancario Banca Nazionale del Lavoro Agenzia 3 IBAN IT 70 P 01005 02803 000000005819
Nella causale (vaglia o bonifico) specificare: scuola, classe, sezione, data e titolo dello spettacolo.
INFORMAZIONI E PRENOTAZIONI
emanuela casci / ufficio scuola e segreteria / pupi e fresedde - teatro di rifredi
tel. 055.422.03.61 -2 [email protected]
AVVERTENZA: da settembre 2012 non sarà più possibile l'invio del materiale attraverso i fax, si invitano,
pertanto, tutti gli insegnanti interessati a fornire un indirizzo di posta elettronica cui inviare le comunicazioni.
L'indirizzo e-mail potrà esserci fornito per telefono 055.422.03.61 -2 o direttamente via e-mail all'indirizzo
[email protected]. L'ufficio scuola ringrazia tutti gli insegnanti per la continua e cortese collaborazione.