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Cultura LA SESIA Trentacinque anni di ricerca nell’arte contemporanea per StudioDieci e venti per Dieci.due: una somma di esperienze che hanno portato le due associazioni a produrre nuove mostre per la nuova stagione 2008/2009, nell’ambito del progetto “for Peggy ...with love”. Così, dopo “Nati negli anni ’70 ’80/ Venerdì 19 dicembre 2008 Pollock: le nuove iniziative di StudioDieci Da gennaio ad aprile in programma un appuntamento alla settimana Coll’action”, con i lavori di 24 artisti giovanissimi; “Listen here Anghelos 7’58”, presentato a Santa Chiara, “Paint in e act on” è una nuova possibilità di indagine su alcune problematiche evidenziate dall’opera di Jackson Pollock, mentre “Dov’è Jakson Pollock?”, esplora in assonanza o dissonanza la pittura interiore. Un programma che proseguirà fino ad aprile con alcune nuove proposte. Da sabato 17 gennaio al 4 aprile 2009 “Act on” proporrà una performance artistica ogni settimana. A curare il calendario delle iniziative Maria Rosa Pividori e Matteo Galbiati che firma anche il testo critico di accompagnamento. L’inaugurazione è fissata 55 per sabato 17 gennaio dalle ore 17,30: le proposte di “Act on” sono “Dov’è Jackson Pollock?“ e “... non ho paura di introdurre cambiamenti”. Il progetto è collaterale alla mostra “Peggy Guggenheim e la nuova pittura americana”, all’Arca si San Marco, in piazza San Marco 1 a Vercelli. Giulio Milani racconta il libro-intervista a Rigoni Stern Meditativo - La vita di coppia Le parole del grande saggio “Storia di Mario”: scrittore e Penna nera DAVIDE FENT Giulio Milani è l’autore di “Storia di Mario. Mario Rigoni Stern e il suo mondo”, da poco uscito per la collana “Margini a fuoco” di Transeuroapa, diretta da Marco Revelli (scrittore, sociologo, storico della sinistra sociale, docente di Scienza della politica all’Università del Piemonte Orientale) e Marco Rovelli (scrittore, musicista, insegnante di storia e filosofia). Milani, questa conversazione che ha avuto con Mario Rigoni Stern sabato 22 giugno 2002 nella sua casa di Asiago ricostruisce alcuni tratti salienti della vita e della carriera letteraria dell’autore de “Il sergente nella neve”. Che emozioni e insegnamenti le ha lasciato? L’intervista si è svolta nella casa dello scrittore, seduti al tavolo in soggiorno, il 22 giugno 2002. Era l’anniversario dell’inizio dell’«operazione Barbarossa», che portò le truppe di Hitler a invadere l’Unione Sovietica. Rigoni ha sostenuto il fuoco di fila delle mie domande per due ore di seguito, praticamente senza interruzioni. Lui andava per gli 81 anni e io per i 31: alla fine il più stanco ero io. Ero stanco e sorpreso per la sua memoria e la capacità di narrazione. Quando ho scritto l’intervista, mi sono accorto di come questa sua narrazione orale fosse vicina al dettato complessivo che potevi riconoscere come «la prosa di Mario Rigoni Stern». Parlava come scriveva (e viceversa). Il testo pubblicato ha subito pochissime variazioni rispetto alla versione sbobinata. Allora ho capito: era come sentire parlare un aedo prima di Omero. Rigoni Stern, rappresenta con Tondelli, Carver, Heidegger, Auerbach e Girard un autore a lei caro. Cosa significano queste personalità nel suo percorso culturale? Li considero delle stelle per orientarmi. Sono autori la cui ri-lettura mi dà sempre nuove indicazioni. Proprio come gli I Ching o “Libro dei mutamenti”. Seguono i miei mutamenti, i miei spaesamenti interiori, e sono in grado di dargli un nome. Con “Storia di Mario. Mario Rigoni Stern e il suo mondo” ci ha riportato a “Il sergente nella neve” e “Ritorno sul Don”. Quale sensazioni ha ricavato raccogliendo questa testimonianza? Ripensando al significato di quella guerra, e di quel fronte in particolare, ma anche ripensando a quanto ci è costato, in termini di sacrifici umani, far parte del club occidentale, resto stupito ogni volta della potenza e del fascino che il mito dell’identità nazionale è riuscito a produrre sulle masse nel secolo scorso. È qualcosa che mi dà da pensare, e credo sia un passato che domanda di noi su molte e non dissimili questioni di stretta attualità e urgenza come i conflitti di religione. Il corpo degli Alpini nasce nel 1872, per difendere i confini terrestri dell’allora Regno d’Ialia, che coincidevano quasi interamente con l’arco alpino. In questi anni sono entrati nel cuore del nostro Paese, anche per l’impegno valoroso in tante tragedie in tempo di pace. Ritiene che Rigoni Stern sia un’icona non solo della Museo di Rivoli: mostre aperte nel periodo delle festività letteratura ma proprio come alpino? Io non ho fatto il militare, ma, se non A MARIO RImi avessero GONI STERN scartato, mi (NELLA FOavrebbero arTO) E’ DEDIruolato in CATO IL VOMarina. DunLUME “STOque non parRIA DI MAlo per espeRIO” DI GIULIO MILANI rienza diret(EDIZIONI ta, ma meTRANSEUdiata dalla ROPA) letteratura. Per effetto di questa mediazione, direi che sì, gli alpini rappresentano la quintessenza dei valori e delle virtù nazionali, ovvero di come vorremmo che i popoli delle altre nazioni ci percepissero: valorosi, generosi, uniti nelle differenze, umani. Dal punto di vista storico, invece, gli alpini hanno salvato l’esercito italiano in molte circostanze sfortunate. La loro coesione, legata al reclutamento in distretti geografici ben determinati, ha fatto la differenza prima e al di là di qualsiasi discorso di natura ideologica o politica. Son cose messe bene in evidenza, per il fronte russo, dagli studi di Giorgio Rochat. Lei ha chiesto allo scrittore Rigoni “Cos’è patria”? e lui ha risposto “Guardi, io mi sento in patria quasi sempre. Mi succede d’ essere in patria anche quando, per il passato, sono andato qualche volta all’ estero e ho trovato gente con cui si può parlare e frasi capire. In Portogallo ho incontrato Saramago, quando non era ancora molto conosciuto, e ho trovato un amico...”. Cos’ è patria per lo scrittore ed editore Giulio Milani? Mi auguro di poter rispondere, un giorno, come Rigoni Stern, e dire che io mi sento in patria ovunque ci sia un po’ di umanità. Un po’ di umanità, o forse sarebbe più corretto, anche storicamente, chiamare questa attitudine all’accoglienza come “spirito cristiano” – senza con ciò rivendicare nessuna appartenenza ideologica o religiosa. In “Storia di Mario” dalla viva voce di Rigoni, gli esordi con Einaudi il rapporto con con Vittorini e Calvino, il “sistema delle lettere” in Italia dal ’70 a oggi, l’amicizia con Levi, Lussu e Revelli, la ritirata di Russia e le conseguenze dell’11 settembre sulla scena politica e militare mondiale, il “caso Berlusconi” e il precedente di Mussolini. Mi dice il suo pensiero e dove pensa stia andando la letteratura il lavoro editoriale in Italia? Si tratta di questioni diverse. Se devo però rispondere alla domanda sul “che ne sarà” della letteratura e del lavoro editoriale in senso ampio, posso dire che resto fiducioso. La casa editrice che rappresento, e che costituisce a tutti gli effetti un “nodo di rete” fatto del lavoro di molte persone con voci e sensibilità diverse, mi aiuta a credere che le cose possano e debbano cambiare, trasformarsi e auspicabilmente migliorare. L’importante è riuscire a sentire la propria voce interiore – naturalmente orientata al Bene, anche se purtroppo resa flebile dall’inedito, terrificante rumore di fondo che produce la nostra epoca – e darsi da fare per ascoltarla, nonostante e malgrado tutto. Di qui anche la necessità, oggi, di rileggere uno scrittore (e un mondo) come in Mario Rigoni Stern. Il castello di Rivoli, museo di arte contemporanea, in occasione delle prossime festività sarà aperto mercoledì 24 dicembre dalle 10 alle 17, venerdì 26 dicembre dalle 10 alle 21, mercoledì 31 dicembre dalle 10 alle 17 e martedì 6 gennaio 2009 dalle 10 alle 21 (il museo resterà chiuso giovedì 25 dicembre e giovedì 1 gennaio 2009). Le mostra attualmente in corso sono “T2 - 50 lune di Saturno”, seconda edizione della Triennale di Torino curata da Daniel Birnbaum, aperta sino al 1 febbraio 2009. Ha luogo in tre sedi: il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, la Fonda- Relazioni “bruciate” (e troppe amnesie) Riscopriamo i gesti della tenerezza DON PIERO BORELLI Si intitola “Un giorno perfetto”. Ogni tanto mi concedo un buon film, ma questa volta ho scelto sulla scia di “Un cuore sacro”, affascinato dal potere che ha sulla macchina da presa il regista Ozpetek, essenziale e contemporaneamente capace di ricreare atmosfere, di cui ammiro lo stile nell’analisi della situazione e come la pone in atto. Impreparato, credendo di cogliere un messaggio positivo, mi ritrovo invece immerso in un intrico di quasi pazzia di protagonisti e in sequenze angoscianti che invischiano figli giovani ignari, solo tesi alla vita che loro si prospetta. Stragi famigliari di cui si parla nei giornali sempre più in maniera ossessiva, stragi della vita quotidiana sempre meno isolate che vengono neppure più a rompere incanti, ma che entrano nel magazzino vitale di cui ci si vorrebbe sbarazzare. Danno fastidio e proprio non vorrei esserne coinvolto, neppure per una visione al cinema, perché sai, l’hai appena letto, che è cronaca: il fattaccio di Verona ha sconvolto e aperto interrogativi apparentemente senza risposta. Sembra che gli sgabuzzini di casa assieme a scope e scarpiere raccolgano anche le cosacce sbagliate che pure da qualche parte dobbiamo disporre. Senza risposta? La fragilità sta invadendo e coprendo anche gli spazi reconditi della mente umana e sembra non esserci rimedio. Sempre più siamo immessi in processi di inversione di marcia: lavori, vuoi lavorare e perdi il lavoro per la cause più futili (la mamma protagonista, “a 40 anni sei vecchia”); sei in coppia e hai due figli e il rapporto non solo si è logorato ma si è tramutato in violenza, e la coppia si disfa; cerchi un senso ma un muro invisibile copre tutto, ri- zione Sandretto Re Rebaudengo e la Palazzina della Società Promotrice delle Belle Arti. La rassegna presenta al Castello di Rivoli la grande installazione di Olafur Eliasson The sun has no money e le opere di Zoulikha Bouabdellah, Ulla von Brandenburg, Gerard Byrne, Kerstin Cmelka, Keren Cytter, Lara Favaretto, Anna Galtarossa, Haegue Yang, Annika von Hausswolff, Joachim Koester, Koo Jeong-A, Sandra Kranich, Diego Perrone, Alessandro Piangiamore, Giulia Piscitelli, Pietro Roccasalva, Benjamin Saurer, Pascale Marthine Tayou, Tatiana Trouvé, Ian Tweedy, Do- DON PIERO BORELLI mane solo un’incomunicabilità (certe scene ricordano i film di Antonioni) carica di stupore: dov’è finito l’amore?; e i figli captano, catapultati in un tunnel buio dove anche gli sguardi sono vaganti, perché le parole non si dicono più, non ci sono più. Situazioni a perdere. Senza soluzione che non sia la disfatta, la violenza, l’odio, la ripulsa? Chiedo a un’amica avvocato che tratta divorzi, e la risposta è disarmante: è così, e fa complicati giri di parole per tentare di spiegare a un prete le relazioni bruciate, come la padella dimenticata sul fuoco. Ci dimentichiamo di essere due persone con peculiarità diverse; ci dimentichiamo che l’amore non è egoismo (la fa semplice, ma è così), ma è offerta di sè; ci dimentichiamo che le parole accoglienti e i gesti della tenerezza non sono del fidanzamento (se ancora esiste), ma della vita; ci dimentichiamo che l’amore ha i tempi della fatica, dell’arrancare, come una scalata in montagna, della lotta alle proprie esigenze per fare spazio all’esigenza dell’altro/a che viene prima di me: la vita è solo “fondamentalmente” bella, non è facile in sè. La vita familiare promuove uomini e donne che tentano di essere il miglior se stesso da offrire sul piatto della condivisione. nald Urquhart e Guido van der Werve. “Una stanza tutta per sé”, curata da Marcella Beccaria, è la rassegna aperta sino al 18 gennaio 2009. Prendendo spunto dall’omonimo scritto di Virginia Woolf, è un’indagine sul tema della solitudine e sulla sua importanza nell’ambito creativo. La selezione privilegia grandi installazioni di alcuni tra i protagonisti della scena artistica internazionale tra cui Franz Ackermann, Marco Bagnoli, Jan Dibbets, Olafur Eliasson, Bruna Esposito, Marisa Merz, Giulio Paolini, Giuseppe Penone, Ettore Spalletti e Marijke Van Warmerdam.