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MARZO 2014 N.18 [email protected] Editoriale Carissimi amici di Jangany, Si sta avvicinando la festa di Pasqua e voglio farvi giungere gli auguri insieme con alcune notizie della nostra Missione. Vi dò prima di tutto una notizia buona. La stagione delle piogge sta andando bene: l'acqua è stata sufficiente ed ormai possiamo dirci fuori del rischio dei cicloni. Ad Aprile, prevediamo buoni raccolti di riso che ci permetteranno di uscire dalla fame. Siamo contenti e ringraziamo Dio. Da Ottobre ad oggi, abbiamo passato dei momenti duri, ma, grazie agli aiuti che ci avete dato, siamo riusciti a mantenere in vita più di 800 bambini denutriti e a salvare dalla fame molte famiglie poverissime. Ultimamente però, abbiamo avuto il dolore di vedere una ventina di mamme morire sotto il parto e lasciare i neonati orfani: essendo denutrite e sfinite, queste donne non hanno retto alla fatica del parto. È dai villaggi della brousse che ci stanno portando questi neonati orfani di madre. La situazione sociale e politica del Madagascar continua ad essere difficile. Il brigantaggio non è diminuito e la popolazione vive nella povertà, nell'insicurezza e nella paura. Ci sono state le elezioni del Presidente della Repubblica e del Parlamento. La nazione è quindi uscita dal regime di un colpo di Stato durato 5 anni. Si spera che, pian piano, qualcosa si rimetta in ordine, ma le condizioni della vita sono molto dure. Le nostre attività devono fare i conti con ogni genere di problemi, ma, con l’aiuto di Dio, vanno avanti. In una recente mail padre Tonino scriveva che «avvicinandosi il tempo» non si seguono poi tante cose inutili… pensiero che sentiamo tanto più vero quanto maggiori sono le sofferenze che incontriamo nelle persone, legate a situazioni familiari, di salute… Jangany, come molte altre situazioni analoghe, è una realtà dove questo mistero di intreccio tra la vita che cresce e la sofferenza si enfatizza, come in questo messaggio che ci lascia tirare un sospiro di sollievo per il buon andamento delle piogge, per lo sviluppo che continua, un messaggio che ringrazia tutti coloro che hanno sostenuto le vite delle persone in questa passata carestia… ma anche un messaggio che ci consegna la verità di 17 neonati che arrivano dalla savana perché le loro madri, provate dalla carestia sono morte… ci sono poi l’insicurezza e la paura per la violenza dei briganti che ormai da due anni sta provando la povera gente. Sono pensieri questi che, ricordando quel «avvicinandosi il tempo», ci invitano ancora di più ad essere presenti, nel nostro piccolo, per sostenere il percorso intrapreso a Jangany. In questo numero: il concerto del 23 marzo 2014 con il pianoforte di Angiola Rocca e il violoncello di Catherine Lee, musiciste di valore a sostegno di Jangany; un frammento dell’articolo di Gian Carlo Caselli apparso su Il fatto quotidiano del 10 febbraio scorso; il progetto gocce di speranza, proposto da Legamondo onlus presso le comunità della diocesi di Torino; ulteriori informazioni sono al progetto n. 25 della pagina (segue) La scuola procede con impegno nel suo lavoro educativo. Ci restano da scolarizzare circa mille bambini. Ci stiamo preparando alla festa di Pasqua, che prevediamo particolarmente gioiosa perché coincide col periodo del raccolto del riso: il Signore passa anche oggi tra le miserie degli uomini. Chiediamo per tutti voi la benedizione di Dio. Vi facciamo i nostri più cari auguri e vi salutiamo sempre con tanta riconoscenza. http://www.diocesi.torino.it/diocesi_di_torino/dio cesi/00046482_Progetti_Africa__seconda_pagi na_.html un articolo di opinione sulla coltivazione della Jatropa nel territorio dell’Horombè tratta da "Internazionale" con il patrocinio di CEVI Mani Tese Recommon Contrattoacqua Visita il nostro blog www.jangany.tumblr.com Padre Tonino e tutta Jangany Note per crescere domenica 23 marzo 2014 ore 16 in strada del Meisino 23 (zona Sassi) a Torino Pubblichiamo qualche informazione accompagnandola con il messaggio di padre Tonino per l’occasione. Si ringraziano i Mpanaosoa, portatori di cose buone: la pianista Angiola Rocca e la violoncellista Catherine Lee che hanno offerto gratuitamente il concerto; Piatino Pianoforti che ha messo a disposizione il pianoforte senza alcun costo; la comunità parrocchiale che ci ospita e offre un aperitivo. Le offerte raccolte saranno interamente destinate alla scolarizzazione dei bambini di Jangany. Angiola Rocca, pianista torinese, diplomata e laureata col massimo dei voti al Conservatorio di Torino, si perfeziona ottenendo il Master d'Interpretazione al Conservatorio di Ginevra e seguendo gli insegnamenti di musicisti di fama internazionale. Appassionata divulgatrice di musica, suona in Italia, Svizzera, Francia, Spagna, Inghilterra e per le stagioni concertistiche più prestigiose della sua città. Catherine Lee trascorre l'infanzia tra Arabia Saudita, Sud Corea, Nuova Zelanda e Inghilterra dove grazie a una borsa di studio può frequentare la rinomata "Purcell School". Si diploma in seguito alla Musikhochschule di Saarbrücken in Germania, all'Accademia di Musica di Basilea e successivamente ottiene il Master all'Università di Stoccarda col massimo dei voti. Suona spesso in occasioni di beneficenza per organizzazioni londinesi come Live Music Now e Music in Hospitals. Messaggio di padre Tonino per il concerto Note per crescere Carissimi voi tutti che partecipate al concerto “Note per Crescere”, sono padre Tonino e vi scrivo da Jangany (Madagascar). Dal Tropico del Capricorno, con alcune "capriole" di postaradio e di postaelettronica, riesco a far giungere al vostro concerto la voce della savana dell’Horombé. Siamo in tanti a salutarvi perché con me c’è tutta la gente di Jangany. Nel 1996, eravamo ancora un piccolo villaggio di 50 famiglie, ma ora siamo diventati una cittadina di oltre 5.000 abitanti. Il miracolo che ha dato origine a questa città è stata la scuola e il miracolo che ha fatto sorgere la scuola è stata la generosità di tanti benefattori. 18 anni fa, nella nostra savana, non esisteva la scuola e nessun bambino studiava. Oggi, esiste la scuola “Santa Maria”, col nome della navicella che scoprì l’America, che raccoglie e fa transitare verso un nuovo mondo migliaia di bambini. Sui 3000 bambini della nostra savana, più di 2000 hanno già ricevuto la luce della scuola. Tante famiglie, prima sparse in vari villaggi, sono venute ad abitare a Jangany per avere il vantaggio dell’istruzione: così, la scuola ha creato la città: ny sekoly nanao ny tanàna. Dopo 18 anni di attività della scuola, la nostra savana è quasi uscita dall’analfabetismo e questa zona, che era tra le più selvagge del Madagascar, sta diventando trainante anche nello sviluppo del territorio circostante. Più di una ventina di giovani hanno già raggiunto l’università. Una decina di essi hanno già conseguito dei titoli, sono rientrati a Jangany e lavorano come professori nella scuola da cui sono partiti come alunni. La presenza della scuola ha stimolato lo sviluppo anche nel settore delle comunicazioni e del commercio. Ci siamo costruiti le strade per uscire dall’isolamento ed abbiamo organizzato il nuovo mercato. Abbiamo costruito il dispensario e l’ospedale, scavato i pozzi per l’acqua potabile, portato la luce elettrica. Grazie alla scuola, la gente di Jangany ha fatto il grande salto storico dall’ètà della pietra al 2000 dopo Cristo. La nostra vita è ancora segnata da tante difficoltà, ma nel nostro cuore si è accesa una grande speranza. Attualmente siamo afflitti dalla carestia causata dalla siccità e viviamo nell’insicurezza. La nostra nazione è fragile e povera, ma, con l’aiuto di Dio, conserviamo la voglia di lottare per raggiungere un miglioramento. Su 2000 bambini che studiano, più di 500 sono poverissimi ed hanno bisogno di aiuto per le spese scolastiche. La vostra solidarietà ci infonde fiducia. Salutiamo e ringraziamo Angiola e Catherine, che hanno voluto dedicare agli scolari di Jangany le loro "note per crescere". Salutiamo e ringraziamo tutti voi che partecipate al concerto. Dal Madagascar, chiediamo per tutti voi la benedizione di Dio e vi salutiamo con tanta riconoscenza. Padre Tonino e tutta la gente di Jangany Gian Carlo Caselli: Jangany su “Il fatto quotidiano” La riflessione sulla legalità, condotta dagli scolari della Sainte Marie a Jangany con gli studenti dell’Istituto Comprensivo di Pino Torinese, è stata pubblicata nel volumetto Il gusto della legalità, con pregazione dell’allora Procuratore Capo della Repubblica di Torino. Abbiamo incontrato Gian Carlo Caselli il 13 marzo scorso e appreso di un suo ulteriore pensiero per noi, espresso in un articolo rilasciato sul Il fatto quotidiano del 10 febbraio,cui rimandiamo riportandone qui solo le parole conclusive. Di questo libro sono disponibili ancora 250 copie. Dunque, rispetto della legge equivale a civile convivenza, un quadro costruito con riferimento all’interesse generale, che perciò offre a tutti speranze di vita migliore e di crescita ordinata. Altrimenti a prevalere saranno sempre i rapporti di forza ed i privilegi, cioè gli interessi particolari di questo o di quello (singolo, famiglia, gruppo, lobby, cordata, clan, organizzazione criminale….). Dunque la legalità non è un problema di scontro fra “guardie e ladri” cui assistere con indifferenza: se vincono le guardie, se c’è più legalità, può migliorare la qualità della vita di ciascuno di noi. Ci conviene. Conviene soprattutto a chi ha più bisogno. Purchè ci si impegni “anche nel nostro piccolo affinché la prepotenza del più forte non prevalga sul più debole”; e ci si renda conto che “la giustizia è una cosa molto importante perché permette anche alle persone più deboli di non essere maltrattate, ma rispettate”. Sono parole di uno spendido libro (“Il gusto della legalità”) che raccoglie la corrispondenza intercorsa tra gli alunni di alcune scuole di Pino Torinese e quelli di una scuola di Jangany, in Madagascar. Come a dire che i bambini a volte capiscono più dei grandi.... Gian Carlo Caselli Progetto Gocce di speranza 2014 Pozzi, chateau d’eau, formazione agraria e Jangany non portano solo conoscenza, ma anche il desiderio di imparare e di fare cose dell’allevamento per Jangany nuove per uscire dalla miseria. Sono di grande Associazione Legamondo Onlus incoraggiamento. Il progetto della scuola agraria all'interno della missione di Jangany (sud Madagascar) sta Il particolare momento di Jangany proseguendo il suo percorso progettuale, L’aggravarsi del brigantaggio danneggia inoltre iniziato da alcuni anni, secondo le linee lo sviluppo del villaggio, già misero (come peraltro in tutto il Madagascar a causa della programmate. mancanza di un Governo da ormai 4 anni dal colpo di Stato). La scuola Agraria ha La formazione La scuola rivolta ai ragazzi ha seguito il suo iter provveduto ad una difesa del territorio con la attraverso la formazione di alcuni giovani. I realizzazione di un muro di cinta in mattoni alto diplomati (che hanno superato l’esame di 2,5 mt che sta dando buoni risultati. Gli animali Stato) sono stati quest’anno 63 della scuola di razza Brhaman inoltre (incrocio tra mucca primaria e 38 della secondaria di primo grado europea e zebù) sono più lenti nel deambulare (è l’unica scuola che vanta il 100% dei e questo li rende meno appetibili ai briganti. promossi). Ormai 21 sono i giovani aiutati a laurearsi (8 in Il progetto primi interventi corsi di lunga durata e 13 attraverso il percorso Il progetto Gocce di speranza prevede nel triennale) e di questi già 4 sono ritornati a corso degli anni lo scavo di 12 pozzi per uso Jangany per insegnare; relativamente al agricolo ed alimentare, 4 dei quali già realizzati percorso della scuola Agraria e e posizionati nella parte produttiva del Centro dell’Allevamento è d’obbligo ricordare Espoir (orti, bananeti e piantagioni di ananas) che (laureato in Agraria ed attuale responsabile andranno a soddisfare le necessità idriche della della scuola Agraria) e Damy, laureato in scuola e del centro nel suo complesso (un pozzo ogni ettaro di terreno recintato), mentre Veterinaria. Si è completato, dopo anni di difficoltà, il primo la costruzione di 4 cisterne permetterà la raccolta e lo stoccaggio delle acque di anno di insegnamento della scuola Agraria. Gli studi di Espoir, hanno inoltre seguito sottosuolo per uso agricolo, per le necessità parallelamente gli interventi dell'agronomo della scuola e della stalla. Giuseppe Bellotti, che nel corso degli ultimi Un’idea della situazione si può approfondire quattro anni ha effettuato vari viaggi di anche nell’intervista al missionario nello scorso programmazione, intervento e formazione Agosto agricola e zootecnica mirati a trasmettere nuove metodologie di semina, impianto e http://www.youtube.com/watch?v=qxh4w1Z xAwE. coltivazione delle varietà ortofrutticole, nonché delle norme base della concimazione e della lotta antiparassitaria. Tali interventi hanno Attualmente una delle cisterne è stata permesso di introdurre nuove colture adatte al realizzata nella parte in muratura, mentre il clima ed al territorio, di creare la produzione di serbatoio è appena arrivato dalla capitale ed è vivai per la germinazione e la diffusione dei in attesa di montaggio e collegamento idraulico piantini orticoli, ma sopratutto hanno permesso da parte di un professionista che arriverà con di creare quel retroterra culturale e tecnico molta probabilità nel mese di Gennaio. fondamentale per l'avvio di una scuola agricola Il finanziamento arrivato da parte della Diocesi permetterà di realizzare altre due cisterne ad sull'altopiano dell'Horombè. uso della scuola e della stalla, fondamentali per Questi laureati che ritornano a insegnare a il funzionamento della struttura scolastica e dello sviluppo dell'allevamento produzione del latte. per la La stalla, già realizzata, sarà completata con la struttura necessaria allo stoccaggio ed al magazzino del latte, mentre si calcola un Il progetto – ulteriori sviluppi incremento delle manze in dotazione alla La seconda fase del progetto prevederà quindi struttura. un intervento mirato a Attualmente sono quattro manze, un toro ed sostenere il consolidamento dei corsi di una vitella (nata nello scorso gennaio), mentre formazione agricola, con il mantenimento dei a pieno regime si valuta di acquistare, in base corsi del primo e secondo anno; alle dimensioni della stalla, almeno altre l'avvio del primo anno della scuola di cinque manze. allevamento. La produzione di latte è sicuramente un Attualmente gli studenti ospiti del convitto, che passo importante nello sviluppo agricolo e arrivano da vari villaggi dell'altopiano e quindi zootecnico del centro, in quanto può essere vengono ospitati all'interno della scuola nei considerato il punto più alto di un intervento di dormitori già realizzati, sono una decina, ai questo tipo. Le difficoltà e la specializzazione quali si aggiungeranno i primi studenti del degli addetti è infatti elevata, come elevata è la corso di allevamento. qualità di ricaduta sul territorio nel suo insieme. Coltivare la Jatropa… l’opinione raccolta sul territorio dell’Horombè da "Internazionale" con il patrocinio di CEVI globale all'accaparramento di terre, portando a quasi 227 milioni gli ettari di terra venduti, Mani Tese Recommon Contrattoacqua affittati o concessi in uso a soggetti altri rispetto L'accaparramento di terra non è un fenomeno alle comunità locali che su quelle terre vivono e nuovo. Per secoli, l'assicurarsi il controllo dei grazie ad esse sopravvivono. territori e delle risorse naturali ad essi collegate Le conseguenze sono note. L'accaparramento è stato il leitmotiv che ha guidato l'espansione di terre: coloniale. Interi Stati sono stati fondati proprio inibisce le possibilità di accesso alla terra e alle risorse ad essa collegate per le comunità scacciando le persone dalle loro terre. Tuttavia le varie crisi convergenti esplose negli locali; inficia la capacità di produrre per il ultimi anni hanno innescato una nuova corsa consumo locale, trasformando sistemi socio economici tradizionali ed ecosostenibili in decontestualizzate macchine per la produzione di cibo ed energia su scala industriale; rivendica la validità di un modello agroindustriale, che nei fatti continua a generare sempre più povertà e distruzione ambientale; vincola la produzione di cibo all'esportazione invece che destinarla al mercato interno, replicando esattamente ciò che ha reso gli impatti delle varie crisi alimentari che si sono susseguite così devastanti per i piccoli coltivatori; finge di compensare la perdita della terra con la creazione di alcuni posti di lavoro, a condizioni però tutte da verificare; ed infine allontana sempre di più la prospettiva di una riforma agraria ridistributiva, che le organizzazioni contadine e i movimenti sociali di tutto il mondo continuano da decenni a rivendicare a gran voce. Ma veniamo a noi. Che cosa spinge un'impresa italiana a volare in Madagascar, dove nel 2008/2009 si è consumato un sanguinoso colpo di stato causato, tra le altre cose, dall'indignazione suscitata dal furto legalizzato di terre da parte di imprese straniere, per mettere in piedi proprio un progetto agricolo? Che cosa ne pensano i contadini e gli allevatori della zona interessata? I massimi dirigenti dello Stato? E le autorità locali? A che scopo la stessa impresa investe alcuni milioni di euro per farlo? Che prospettive di rientro si prefigura? Che legame c'è tra le distese sconfinate di terra coltivabile del Paese africano e le scelte energetiche nel nostro paese? Per capirlo siamo volati anche noi in Madagascar. Insieme ad una rete di contatti costruita tramite il Collectif pour la Défense des Terres Malgaches e la rete malgascia di organizzazioni contadine Solidarité des Intervenants sur le Foncier, abbiamo attraversato il paese, scattato foto, posto domande, filmato interviste. Questo è il racconto di quel che abbiamo visto. Ihorombe è una delle 22 regioni in cui è suddiviso il territorio del Madagascar. Situata nella parte meridionale del Paese, è una delle meno densamente popolate, con solo sei abitanti per chilometro quadrato. Attraversandola in automobile si costeggiano colline rocciose con rigogliosi campi di riso alle pendici e sconfinate piane erbose dove centinaia di zebù, le tipiche vacche malgasce, brucano indisturbate. Questa immensa distesa di terra fertile deve aver colpito anche l'attenzione dei dirigenti della Tozzi Green, sussidiaria del comparto rinnovabili dell'italiana Tozzi Holding Group, che proprio a Ihorombe ha deciso di realizzare il Biomass Biofuel Ihoromhe (BBI). Un progetto sulla carta molto ambizioso che, entro il 2019, prevede la realizzazione di piantagioni di Jatropha per produrre agrocombustibili su 100mila ettari di territorio. Non è chiaro se la Jatropha sia destinata all'esportazione o al consumo locale, dato che le informazioni pubblicate dalla società appaiono contraddittorie. Sulla stampa locale la Tozzi ha dichiarato di essere intenzionata a valorizzare, trasformare e vendere tutta la produzione energetica sul mercato malgascio. Tuttavia, già nell'agosto del 2009, il responsabile del settore biomasse della Tozzi Energie Rinnovabili segnalava come la società avesse avviato diversi progetti per la costruzione di centrali a biomasse, sia solide che liquide, soprattutto nell'Italia del Sud, che avrebbero reso necessaria una strategia di intemalizzazione e di approvvigionamento del biocarburante per far fronte alle crescenti oscillazioni di prezzo dello stesso. Il 17 agosto del 2012, la Tozzi Green ha siglato un contratto di affitto di 6.558 ettari di terra nelle comunità rurali di Satrokala e Andiolava direttamente con il Governo centrale del Madagascar. Come specificano i documenti visionati da Re:Common durante la missione sul campo, la validità dell'accordo è di 30 anni e il vantaggioso prezzo per ettaro di circa 10 euro l'anno. Secondo la normativa malgascia, prima dell'apposizìone delle firme ci dovrebbe essere un processo lungo e complesso, in teoria teso a garantire gli interessi delle popolazioni locali, come ci è stato confermato personalmente dal direttore del Dipartimento di Gestione del Territorio dello stesso Ministero dello Sviluppo. L'alto dirigente ci ha parlato di "processo trasparente", "presenza di tutte le parti in causa", "responsabilità specifiche delle municipalità nel fornire le informazioni necessarie" e infine di "un'intesa tra le comunità e il sindaco che sia tesa a non lasciare sul campo alcun tipo di conflitto". Dal contatto diretto con contadini e allevatori della zona abbiamo però avuto l'impressione che questa armonia non regni affatto sovrana tra le parti in causa. A questo proposito è necessario fare un passo indietro e provare a fare chiarezza su un punto, invero a dir poco complesso: quello dei diritti di proprietà e dei diritti consuetudinari sulla terra, materia alquanto spinosa in molti contesti africani. Dal 2005, in Madagascar è stato avviato un processo di riforma della legislazione fondiaria che ha prodotto una normativa a maglie larghe. Questa, pur riconoscendo alle comunità il diritto consuetudinario sulle terre, lascia ampio margine di movimento allo Stato e agli investitori stranieri, che spesso finiscono per intervenire su terreni occupati da contadini e pastori, i quali rivendicano il loro diritto di usufrutto su quelle terre perché vi hanno sempre vissuto le loro etnie. Nel caso del progetto della Tozzi, l'etnia si chiama Bara e al centro della sua esistenza c'è la pastorizia. Purtroppo, secondo lo Stato, le terre dedicate al pascolo non generano un reddito per lo Stato stesso, e allora è meglio affittarle a qualcuno che rimpingui le casse pubbliche. Preferibilmente un investitore straniero. La vaghezza legislativa, secondo alcuni non affatto casuale, ha lasciato centinaia di contadini ed allevatori della zona sostanzialmente senza strumenti legali solidi a cui appellarsi per difendere il loro diritto all'autosostentamento, come ci hanno loro stessi confermato. Quello attraverso la regione di Ihorombe è stato un viaggio lungo e complesso. Proprio gli abitanti dei posto ci hanno disegnato a mano una mappa da cui abbiamo potuto dedurre che, delle 17 municipalità che compongono il territorio del distretto di Ihosy, nella regione di Ihorombe, tre sono quelle approcciati dalla Tozzi: Satrokala, Andiolava e Ambatolahy. Abbiamo incontrato esponenti dell'etnia Bara dei villaggi della zona, quasi tutti allevatori di zebù, l'elemento cardine della cultura e dell'economia del posto. È uno dei sindaci incontrati a parlare per primo: «Dipendiamo totalmente dagli zebù, sono la nostra banca. Se ci servono dei soldi perché dobbiamo andare in ospedale,vendiamo uno zebù. Quando dobbiamo coltivare la terra ci serviamo degli zebù per ammorbidirla. Dagli zebù derivano alcuni medicamenti. Senza l'uccisione e la condìvísione della carne con la comunità, da noi non si possono tenere né matrimoni né funerali». D'altronde, come ci spiega un dirigente della Camera dell'Agricoltura dell'Agricoltura di Ihosy, «non è azzardato dire che il 70% del fusso di denaro nella regione dipenda dagli zebù». In questo spicchio di Madagascar, invece, la Jatropha è molto meno conosciuta o, meglio, ne conscono gli impatti negatívi. Nel villaggio di Ambararatabe nella municipalità di Satrokala, le persone che incontriamo non usano mezzi termini per criticare la varie piantagioni di Jatropha spuntate qua e là: «Non possiamo più accettare questa situazione, non ci permette di vivere, perché impedisce ai nostri zebù di recarsi al pascolo, chíuso dalle terre coltivate da loro [la Tozzi, ndr]. Anche il corso d'acqua, che avrebbe dovuto irrigare i nostri campi di riso, è stato deviato e non arriva più a destinazíòne. Il tutto per coltivare Jatropha, che non sappiamo nemmeno che cosa sia». Ci racconta un abitante del villaggio: «Dalla coltivazione della Jatropha non deriva alcun beneficio per noi. Non hanno creato nemmeno posti di lavoro; io ho lavorato per un giorno e mi hanno dato 5.000 ariary (circa 1,5€). È un salario troppo misero, un mese di paga non ci permetterebbe nemmeno di comprare uno zebù, tant'è che parecchi di noi si sono rifiutati di lavorare per loro. Ci offrono questa opportunità solo per ammorbidirci e usare le terre che coltiviamo o che servono per il pascolo dei nostri animali. Tanto poi, come nel mio caso, se le prendono lo stesso e ci piantano i semi della Jatropha». Nei terreni circostanti la Municipalità di Satrokala, cuore pulsante dell'attivita della Tozzi nella zona, le piantagioni di Jatropha sono sparse , su un'area troppo vasta per permettere agli zebù dì muoversi liberamente come facevano prima. Anche perché, secondo i racconti dei locali, se un capo di bestiame calpesta una pianta la multa è salatissima per queste latitudini: 40.000 ariary (12€). C'è anche chi parla di 80.000 o addirittura della cessione diretta alla compagnia di uno zebù. Tutti gli allevatori che incrociamo ci ribadiscono che ora hanno timore di attraversare questi ettari di terra con il loro bestiame. Satrokala è un tipico comune malgascio, popolato da 10.000 persone. Qui c'è il «Tozzi Green Village", edifici moderni, come lo chiamano i locali. Un gruppo di edifici sorvegliati 24 ore su 24 da personale di sicurezza, dove vive lo staff dell'impresa italiana e con una zona dedicata al deposito di materiali e macchinari agricoli. «Sono quattro anni che la Tozzi si trova qui, con l'obiettivo di coltivare Jntropha. Lo può fare grazie a un'ordinanza del Sindaco, che però è arrivata senza il consenso di tante persone. Anche io sono contrario, però so che c'è poco da fare. Un abitante del villaggio di Sakalahy è stato intimidito e"convinto" a desistere dopo che si era riuvolto alle autorità. L'opposizione è più forte nelle campagne, perché lì ci sono quelli che coltivano la terra o la usano per il pascolo. Qui nel villaggio c'è anche chi lavora perla Tozzi [pare siano circa 200 persone, ndr] e ovviamente non ha nulla contro la Jatropha. Ma in campagna il malcontento è totale. La gente vede gli zebù che perdono peso perché il cibo scarseggia; a volte per trovare dei pascoli adatti i pastori devono allungare il loro cammino anche di 20 chilometri». Le decine di testimonianze che raccogliamo attraversando le zone rurali sono pressoché univoche. Più andiamo avanti e più emergono elementi che compongono un quadro di disagio e scontento diffuso. Una ulteriore nota dolente è la chiusura del mercato del bestiame del villaggio. «Colpa delle piantagioni di Jatropha, denunciano tutti i pastori con cui scambiamo due parole. Troppo difficile, infatti, attraversare i campi, per il solito problema delle multe. Il nuovo mercato di Ihosy, più lontano e comunque difficile da raggiungere, ha comportato un netto aumento del costo dei capi di bestiame e della carne, con rìpercussioni serie anche nella Capitale a centinaia di chilometri di distanza». L'economia della zona traballa sotto al peso di un po' di piantine sconosciute ai più. Ci viene da pensare «La Jatropha a noi non serve, I frutti non sono commestibili, il legno che deriva dalle sue piante non è buono nemmeno per farci una bara, come diciamo da queste parti, e poi francamente non capiamo se l'obiettivo reale è quello di coltivare oppure semplicemente di occupare le terre con altri scopi», ci dicono gli allevatori di lhorornbe, Ma se loro della Jatropha non sanno cosa farsene, forse non vale lo stesso per il Gruppo Tozzi che, in Italia, dal 2009, sta cercando a più riprese di ritagliarsi una fetta di mercato nel lucruoso business della produzione di energia elettrica da cosiddette fonti rinnovabili? Peccato che anche sui territori italiani in cui il Gruppo Tozzi operi, e cioè in Umbria e Puglia, si sono costituiti spontaneamente comitatì di cittadini per opporsi alla costruzione o riattivazione di centrali a biomassa ed impianti i di incenerimento, che nulla hanno a che vedere con le esigenze energetiche dei territori. Ma molto con la massimalizzazione del profitto, a scapito della salute delle persone e dell'ambiente. Questa però, è un'altra storia.