Untitled - Flessya

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Untitled - Flessya
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Alessia Questa Sono Io feat Social
Sono stato l’ultimo ad incontrarlo
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Indice
Prefazione
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M’importa che fine hai fatto
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Prefazione
Alessia Questa Sono Io
Un po’ comunicazione, un po’ marketing, un po’ social network.
La chiamano “scienza della narrazione”.
Perché le storie, anche attraverso la narrazione sul web, coinvolgono emotivamente gli interlocutori, gli consentono, ora come
“c’era una volta”, di vivere un’esperienza per mano d’altri e di finire
per sentirla propria.
Facciamo tutti parte di una storia che racconta il nostro patrimonio, la memoria dei ricordi, la fuggevolezza dell’attimo presente, le aspettative per il futuro.
Facciamo continuamente pratica di narrazione attraverso i social network, oggi piove, rigatoni al sugo per pranzo, tanti saluti
dalle mie vacanze, scarpe nuove, ho incontrato questo e quello al
supermercato, mi sento triste, mi sento felice, a cosa sto pensando,
m’ami o non m’ami.
Ogni giorno, sui nostri profili social, siamo impegnati, più o
meno consapevolmente, a costruire e a rafforzare la nostra identità, ci rappresentiamo attraverso contenuti che ci assomigliano, nei
quali ci identifichiamo, che ci rassicurano nell’idea che abbiamo di
noi stessi.
I profili social sono moderni biglietti da visita nei quali segnia6
mo i tratti distintivi della nostra personalità.
Non può sorprenderci, dunque, che accanto a questa narrazione che potremmo definire antropologica e sociale, si sia sviluppata
una narrazione “commerciale”, ovvero, la veicolazione di contenuti sul web attraverso i quali le aziende fanno conoscere la loro
storia, i prodotti ed i servizi, agli interlocutori-clienti.
Lo storytelling o l’arte di raccontare una storia è una modalità di comunicazione potente, perché quando ci sentiamo coinvolti
da una narrazione, riceviamo pienamente il messaggio che quella
narrazione vuole trasferirci e proviamo un’esperienza che riconosciamo come “vera”, perché il nostro cervello non fa differenza tra
l’esperienza vissuta attraverso la narrazione e quella vissuta realmente, studi recenti hanno nei fatti dimostrato che le aree cerebrali
interessate sono le stesse.
Una potenza amplificata dal fatto che, oggi, i tempi di scrittura
e lettura aumentano grazie a nuovi strumenti tecnologici che, usati
nel migliore dei modi possibili, aumentano di fatto anche i nostri
tempi di cultura.
Proprio questa ambizione, sperimentare nuovi spazi di cultura,
ha mosso il progetto di “M’importa che fine hai fatto”, un po’ comunicazione, un po’ marketing, un po’ social network.
L’idea è stata quella di creare una storia, anzi un incipit di storia, che raccontasse l’esperienza artigianale e la modernità progettuale nella produzione di porte per interni di Flessya, che la connettesse con i lettori-utenti e che li coinvolgesse in modo attivo,
così attivo che proprio agli utenti dei social network è spettato il
compito di scriverne il finale.
Questo volume raccoglie proprio le infinite possibilità di una
storia che sono tutte nuovi spazi di cultura, certo è che ci sono
storie e storie, e Flessya ci offriva l’opportunità di una buona storia
perché la porta richiama una simbologia ricchissima di significati.
Si apre e si chiude, mette in comunicazione e separa, segna il
limite tra pubblico e privato, tra ciò che riconosciamo come familiare e certo e ciò che sentiamo come ignoto e pericoloso o come nel
racconto del libro è il limite ad uno spazio di sospensione, in ogni
caso, la metafora perfetta delle nostre esistenze che sono un continuo passaggio da una fase all’altra e dell’uomo che è di passaggio
tra tutti i mondi possibili.
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M’importa che fine hai fatto
M’importa che fine hai fatto
Alessia Questa Sono Io
Ero stata l’ultima ad incontrarlo.
Io che non so raccogliere indizi e che nei film non capisco mai
chi è l’assassino, neppure quando l’assassino è il maggiordomo.
Ero stata l’ultima ad incontrarlo e nell’ombra di quel tempo
trascorso dalla sua scomparsa non avevo trovato riparo né consolazione.
Dai ragazzina – niente lagna – e manda indietro il nastro.
Avevamo preso una tazza di te con dei biscotti danesi al burro,
uno non prende una tazza di te e non mangia dei biscotti danesi
al burro da una latta di metallo con l’immagine da favola di un
castello per poi sparire dietro ad una porta.
Non funziona così. Neppure nella trama del peggior libro
giallo.
Non perderti ragazzina, manda indietro il nastro ed analizza i
fatti con lucidità.
Avevamo preso una tazza di te con dei biscotti danesi al burro,
come ogni domenica alle 18.00, nel soggiorno di casa mia.
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M’importa che fine hai fatto
Lo facevamo dai tempi dell’Università, quando ci eravamo
conosciuti, a parte me, lui era l’unico a non far finta di essere
interessato alle lezioni del primo mattino.
Gli assonnati dell’ultima fila, la fila dei somari e dei presuntuosi, quelli come noi, convinti che ce l’avrebbero fatta a superare
l’esame anche senza riempire un quaderno di appunti.
Non perderti ragazzina, questo non è un diario dei tuoi anni
di gioventù, analizza i fatti con lucidità e traccia un profilo dello
scomparso.
Analizzo i fatti con lucidità e traccio un profilo dello scomparso.
Lo scomparso è un uomo,
sì un uomo,
età?,
intorno ai 40 anni,
non puoi essere più precisa?,
39 anni e 306 giorni per essere più precisa,
capelli?,
ricci neri tanti e di media lunghezza,
altezza?,
una volta ci baciammo e la prima volta che ci baciammo non
ci piacque per niente così decidemmo che non l’avremmo mai
più fatto,
non perderti ragazzina questo non è neppure un diario delle tue
avventure sentimentali,
stai zitta e lasciami finire!, quella volta che ci baciammo eravamo ancora molto giovani e di certo lui avrà continuato a crescere in altezza, poi la seconda volta eravamo mezzi ubriachi ma
la terza volta, quella me la ricordo bene, lui era in piedi ed io pure
e per baciarlo ho dovuto salire sulle punte dei piedi, quindi, se
sommo alla mia altezza, 165 cm, la lunghezza del piede, 25 cm,
ne consegue che è alto circa 185-190 cm,
occhi?,
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M’importa che fine hai fatto
belli e grandi e color castagna,
aspetto?,
boh,
che significa boh? Di bell’aspetto, carino, così e così, brutto, bruttissimo, un tipo?,
di medio aspetto, né bello né brutto, però più di carino, sì un
tipo, direi un tipo interessante, e poi pulito, molto pulito,
pulito?,
sì pulito, quando ci avviciniamo per salutarci lui profuma
sempre di ammorbidente per il bucato,
come era vestito al momento della scomparsa?,
ah questo me lo ricordo bene perché quando prendevamo il
te con i biscotti danesi al burro, lui si è alzato ed è andato in cucina a prendere delle zollette di zucchero - dimentico sempre che
preferisce il te con due zollette di zucchero - ed ho notato che indossava dei pantaloni blu che gli cadevano a pennello sul sedere,
sai quel tipo di sedere che ti viene quando fai sport, perché lui
fa sport, nuota, e sopra questi pantaloni blu con le tasche a filo
aveva un maglioncino di cachemire color fango,
color fango?,
sì color fango, un po’ marrone ed un po’ verde, però più verde
e meno marrone, scarponcini color sabbia ed un cappotto blu
lungo appena sopra al ginocchio.
Riepiloghiamo. Un uomo di quasi 40 anni, capelli neri ricci, occhi grandi color castagna, alto, fisico sportivo, pulito e profumato
di ammorbidente, vestito in perfetto stile radical chic, dopo aver
preso una tazza di te e mangiato dei biscotti danesi al burro, scompare dietro ad una porta.
Esatto.
Ora, con altrettanta lucidità parlami di lui.
Lo scomparso è responsabile del settore narrativa per bambini e ragazzi in una libreria del centro città, è molto ordinato,
io non riuscirei mai ad impilare tutti quei volumi in uno spazio
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M’importa che fine hai fatto
così ridotto, gentile e paziente, immagina avere a che fare tutto
il giorno con dei mocciosetti semianalfabeti, ben educato, eccellente padronanza della lingua italiana, dialettica brillante, serio
e preciso negli impegni, ottime competenze informatiche, automunito,
non è mica un curriculum!,
hai ragione, lucidità! Lu-ci-di-tà!
Ha un ottimo rapporto con la sua famiglia e nessun trauma
infantile, a parte quando il fratello gli ha fatto trovare il suo peluche preferito impiccato alla catenella dello sciacquone del water
ma lui lo racconta sempre sorridendo quindi deve averlo superato da un pezzo.
Insomma, niente di niente, niente che giustifichi il fatto che
dopo aver preso una tazza di te e mangiato dei biscotti danesi al
burro nel soggiorno di casa mia, si sia chiuso la porta alle spalle e
sia scomparso, inghiottito da quella porta, glugluglugluglu come
l’acqua nel buco del lavello quando togli il tappo.
Sei stata l’ultima ad incontrarlo, deve pur esserci qualcosa di
significativo nel vostro incontro! Cerca di ricordare gli argomenti
della vostra conversazione.
Abbiamo parlato del più e del meno, conversazioni matematiche?, ma quali conversazioni matematiche, abbiamo fatto il
blablabla, come è andata la settimana, il gatto fa ancora pipì fuori
dalla lettiera, nel ripieno dei tortellini per la cena della vigilia di
Natale ci mettiamo anche la mortadella oltre al prosciutto, robe
così.
Insomma, niente di niente.
E per favore smettila di torturarmi!
La mia coscienza tacque.
Mi avvicinai alla finestra, lungo la strada, davanti al portone
d’ingresso del palazzo, s’era schierato l’esercito dei corrispondenti dal luogo della misteriosa scomparsa, in attesa che io, l’ultima
ad incontrarlo, scendessi con uno straccio di dichiarazione da
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dare in pasto agli appassionati pomeridiani della disgrazia settimanale.
Chiusi la tenda con un gesto d’ira e fissai a lungo la porta
di casa, scomparso, inghiottito da quella porta, glugluglugluglu
come l’acqua nel buco del lavello quando togli il tappo, scomparso da me, scomparso dalla sua famiglia, scomparso da casa sua,
scomparso dal suo luogo di lavoro, scomparso dal suo gatto che
ora si faceva le unghie sul mio divano di pelle.
Presi un foglio di carta e cominciai a fare quello che sapevo
fare meglio, che l’analisi lucida dei fatti s’andasse pure a far benedire, l’incosciente mi prese di mano e scrisse così
scomparso dopo aver preso una tazza di te e mangiato dei biscotti danesi al burro - neppure nella trama del peggior libro
giallo - scomparso da me - questo pesa- e scomparso dal tuo
gatto che ha appena fatto pipì sul mio tappeto turco – anche
questo pesa – quando torni ti farò avere il conto della lavanderia
glugluglugluglu
era domenica - la nostra domenica – avresti dovuto scomparire di lunedì che il lunedì è un giorno che fa schifo e scomparire
di lunedì mi sembra più ragionevole ma m’importa che fine
hai fatto e forse anche scomparire di domenica è ragionevole
e scomparire dopo aver preso una tazza di te con dei biscotti
danesi al burro è ragionevole pure quello perché anche la domenica può far schifo e quella domenica era una di quelle domeniche di novembre d’autunno di nebbia e di lastricato umido – questo sì che è nella trama del miglior libro giallo – che ti
parlano i morti che si lamentano le ossa e che si sta rappresi
nelle solitudini che si mette una distanza tra sé ed il resto e si
trova conforto in un’abitudine
una goccia di pioggia suona la ringhiera del balcone – la senti?
il giornale di oggi ti ha dedicato due pagine – che vuoi non
succede mai niente in questa città – tutti parlano di te dicono
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M’importa che fine hai fatto
che sei un uomo ordinario con una vita ordinaria – casa lavoro piscina e te della domenica - niente aperitivi nei locali di
moda niente via vai di donne dal tuo letto non fumi non bevi
non ti droghi non dici parolacce non hai un dramma – vergognati! - la tua famiglia è una famiglia perbene e nel tuo profilo
Facebook non c’è niente di pruriginoso neppure un paio di tette
così per sbaglio – una cronologia ineccepibile ed il cestino del
tuo pc era svuotato – sei il solito odioso precisino – un uomo
ordinario con una vita ordinaria
il Signor Nessuno si è chiuso la porta alle spalle ed è scomparso – glugluglugluglu - peccato che tu fossi già invisibile agli
occhi di queste iene appostate qua sotto al portone d’ingresso
del mio palazzo che rovistano nella tua esistenza come fosse il
cesto della biancheria sporca alla ricerca di una macchia che ti
faccia campione d’ascolti
mi chiedo – amico mio - come e quando è successo che la vita
– una come la tua – è diventata noiosa? E tu invisibile?
e dove finiscono quelli che come te scompaiono dietro ad una
porta? c’è un posto tutto per voi? e si dorme in questo posto?
si mangia? si prende il te con i biscotti danesi al burro?
fisso la porta di casa – che fine hai fatto? – più la guardo e più
mi sembra che sorrida così penso solo a cose belle magari sei
scappato via con la contorsionista del circo russo parcheggiato nel tuo quartiere magari hai fatto quella cosa che si vede
nei film hai raggiunto l’aeroporto hai comprato il biglietto per il
primo volo in partenza ed ora sei in sella ad un elefante in corsa nella savana africana oppure ti hanno rapito gli alieni ed ora
sei su una navicella spaziale e mi stai salutando dal finestrino
della cabina di pilotaggio ma io non riesco a vederti perché sei
troppo lontano – hei laggiù ! - oppure sei caduto dentro ad uno
quei libri di storie per ragazzi che vendi e sei a pagina 31 quando il cavaliere libera la spada ed uccide il drago oppure aiutami
tu che leggi a trovare un finale a questa storia…
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