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1680/98 copertina+retro (3ªB) 29-05-2002 I I T TEMI 13:14 Pagina 1 E M S DELLA NUTRIZIONE I latti fermentati Aspetti biochimici, tecnologici, probiotici e nutrizionali A cura di Vittorio Bottazzi Direttore dell’Istituto di Microbiologia e del Centro di Ricerche Biotecnologiche Università Cattolica di Piacenza e Cremona Con la collaborazione di Carlo Agostoni, Giovanni Ballarini, Bruno Battistotti, Ivano De Noni, Ermanno Lanzola, Tiziano Lucchi, Lorenzo Morelli, Pierpaolo Resmini, Enrica Riva, Marco Silano, Antonio Tirelli, Carlo Vergani ISTITUTO DANONE 1680/98 Lettera (3ªB) 29-05-2002 13:15 Pagina 1 ISTITUTO DANONE P ER LA R ICERCA E LA C ULTURA M O T I VA Z I O N I DELLA E N UTRIZIONE OBIETTIVI anone è una società multinazionale operante nel settore alimentare. La sua “mission” istituzionale è quella di migliorare l’alimentazione umana, sia con prodotti di alta qualità ed elevato valore nutrizionale, sia con iniziative di ricerca e di divulgazione scientifica. In quest’ottica ha deciso di destinare risorse alla ricerca e alla cultura della nutrizione, dando vita all’Istituto Danone. D L’Istituto Danone si prefigge di: Incoraggiare la ricerca scientifica sul rapporto tra alimentazione e salute Promuovere una corretta educazione alimentare Diffondere i risultati della ricerca nutrizionale presso gli operatori della salute e dell’educazione alimentare Costituire un anello di giunzione tra il mondo scientifico e gli operatori della salute e dell’educazione alimentare Gli obiettivi dell’Istituto Danone sono quindi due: Conoscere – attraverso la promozione di ricerche, proprie o di terzi, nel settore nutrizionale Far conoscere – attraverso attività editoriali e congressuali mirate a diffondere la cultura della nutrizione Per adempiere a questa missione, l’Istituto Danone si avvale di un Comitato Scientifico che rappresenta l’elemento propositivo, la fonte delle conoscenze ed il garante della scientificità di tutte le attività dell’Istituto stesso. A far parte di questo Comitato sono stati chiamati, tra i massimi esperti nazionali dei vari settori della nutrizione umana, i professori Marcello Giovannini (Presidente), Ermanno Lanzola e Carlo Vergani (Vicepresidenti), Vittorio Bottazzi, Michele O. Carruba, Alberto Notarbartolo, Gianfranco Piva, Pierpaolo Resmini e Enrica Riva. Sede Istituto Danone: Via F. Filzi, 25 – 20124 Milano 1680/98 frontespizio (5ªB 29-05-2002 I I T TEMI 13:15 Pagina 1 E M S DELLA NUTRIZIONE I latti fermentati Aspetti biochimici, tecnologici, probiotici e nutrizionali A cura di Vittorio Bottazzi Direttore dell’Istituto di Microbiologia e Centro Ricerche Biotecnologiche Università Cattolica di Piacenza e Cremona Con la collaborazione di Carlo Agostoni Dirigente di I livello Clinica Pediatrica – Ospedale San Paolo Facoltà di Medicina e Chirurgia – Università degli Studi di Milano Giovanni Ballarini Direttore Clinica Medica Veterinaria Università degli Studi di Parma Bruno Battistotti Professore Ordinario di Microbiologia Agraria Istituto di Microbiologia – Università Cattolica di Piacenza Ivano De Noni Ricercatore presso DISTAM Facoltà di Agraria – Università degli Studi di Milano Ermanno Lanzola Direttore del Centro Ricerche sulla Nutrizione Umana e la Dietetica Facoltà di Medicina e Chirurgia – Università degli Studi di Pavia Tiziano Lucchi Professore a contratto della Scuola di Specializzazione in Geriatria Università degli Studi di Milano Lorenzo Morelli Professore Associato in Biotecnologie delle Fermentazioni Istituto di Microbiologia – Università Cattolica di Piacenza Pierpaolo Resmini Professore Ordinario di Industrie Agrarie – DISTAM Facoltà di Agraria – Università degli Studi di Milano Enrica Riva Professore Associato presso la Clinica Pediatrica – Ospedale San Paolo Facoltà di Medicina e Chirurgia – Università degli Studi di Milano Marco Silano III Scuola di Specialità in Pediatria – Ospedale San Paolo Facoltà di Medicina e Chirurgia – Università degli Studi di Milano Antonio Tirelli Ricercatore presso DISTAM Facoltà di Agraria – Università degli Studi di Milano Carlo Vergani Direttore della Cattedra di Gerontologia e Geriatria Facoltà di Medicina e Chirurgia – Università degli Studi di Milano 1680/98 indice (4ªB) 29-05-2002 I 13:16 Pagina 3 ndice Introduzione 5 V. Bottazzi Latti fermentati: antropologia di un alimento 7 G. Ballarini Microbiologia e tecnologia dei latti fermentati 35 B. Battistotti, V. Bottazzi Chimica e tecnologia dello yogurt 73 I. De Noni, P. Resmini, A. Tirelli Attività probiotica dei latti fermentati 99 L. Morelli Aspetti nutrizionali dei latti fermentati 121 E. Lanzola I latti fermentati nell’alimentazione del bambino 135 C. Agostoni, E. Riva, M. Silano La flora batterica intestinale nell’anziano T. Lucchi, C. Vergani 3 145 1680/98 Introduzione 29-05-2002 I 13:16 Pagina 5 ntroduzione V. Bottazzi Proseguendo lungo il percorso iniziato nel 1994 con la pubblicazione del primo volume della collana ITEMS “I temi della nutrizione”, si è giunti alla realizzazione del quinto volume dal titolo “I latti fermentati: aspetti biochimici, tecnologici, probiotici e nutrizionali”. Questo nuovo volume, che si colloca nell’area dell’alimentazione e della salute, assume un particolare significato poiché focalizza aspetti che non erano mai stati coordinati e presentati prima in forma sequenziale e organica. Tutto questo è stato possibile grazie ai risultati delle ricerche scientifico-tecniche condotte in questi anni nel settore dei latti fermentati e dello yogurt in particolare. L’obiettivo che si è voluto raggiungere è stato quello di promuovere informazioni scientifiche e tecniche, usando un linguaggio comprensibile da tutti coloro che considerano di fondamentale importanza l’abbinamento “alimenti e salute”. Con questa opera si presenta, sulla scorta delle recenti acquisizioni scientifiche, il complesso biochimismo che regola l’attività microbica dei “latti fermentati”, il suo significato nel determinarne aspetti organolettici, nutrizionali e composizione chimica, nonché nel contribuire al mantenimento dello stato di buona salute del consumatore. L’intento è di fornire sia un utile ed organico aggiornamento agli esperti del settore, sia precise conoscenze scientifiche a coloro che per la prima volta si interessano degli aspetti su cui si basa la razionale produzione di “latte fermentato” gradevole al palato, con buon potere nutrizionale e probiotico. Nell’opera si riconoscono tre parti: – la prima riguarda l’origine dei latti fermentati, le proprietà degli agenti di fermentazione e le operazioni tecnologiche caratterizzanti il processo produttivo di oggi; – la seconda evidenzia l’attività probiotica dei latti fermentati e dei microrga- 5 1680/98 Introduzione 29-05-2002 13:16 Pagina 6 Introduzione nismi caratterizzanti, per il mantenimento dello stato di buona salute del consumatore; – la terza riporta le specifiche conoscenze di specialisti della nutrizione umana sapientemente armonizzate per renderle di interessante e comprensibile lettura. Esprimo pertanto la convinzione che si è realizzata un’opera meritevole di larga diffusione, grazie all’organizzazione dell’Istituto Danone, nella certezza di portare un contributo alla sensibilizzazione ed alla conoscenza dei complessi rapporti che regolano alimentazione e salute dell’uomo. Prof. Vittorio Bottazzi 6 Capitolo 1_7ª Bz 29-05-2002 L 13:17 Pagina 7 atti fermentati: antropologia di un alimento G. Ballarini Istituto di Clinica Medica Veterinaria Università degli Studi di Parma dei tempi. In questi casi non è facile scrivere una storia e forse è impossibile. Al massimo, dalle tracce, spesso limitate, si possono fare ricostruzioni più o meno ipotetiche, ma pur sempre stimolanti che partono dai dati materiali disponibili. Ben diversa è la situazione per una città o un edificio più o meno relativamente recente del quale è possibile ricostruire una storia, in senso umano e quindi antropologico, sulla base dei documenti che completano e soprattutto permettono di interpretare correttamente i dati materiali. La storia è una dimensione culturale e quindi solamente umana, nel cui ambito un corretto rapporto tra dati materiali e documenti permette un dialogo e soprattutto lo sviluppo di quelle ricerche che possono venire definite storiche. Secondo questo modo di vedere, non può esistere una storia della terra, ma solo una cronaca o una cronologia di avvenimenti geologici, e in modo Una storia non impossibile, comunque difficile e frammentaria È possibile una storia dei latti fermentati o non è invece possibile considerare soltanto aspetti antropologici di una vetero-biotecnologia alimentare? Antiche civiltà ormai dimenticate sono spesso emerse dalle nebbie del passato da tracce di una città svelata da una fotografia aerea o da qualche reperto archeologico occasionale e fortunato. In questi casi, solo con studi interdisciplinari è possibile tratteggiare la pianta della città e il tipo dei suoi edifici e da qui cercare di risalire alla cultura, agli stili di vita del popolo che l’aveva costruita e ai suoi rapporti con l’ambiente. Un lavoro lungo, difficile e soprattutto incerto per le città e le culture che affondano le loro radici in quella che un tempo veniva definita la notte 7 Capitolo 1_7ª Bz 29-05-2002 13:17 Pagina 8 Latti fermentati: antropologia di un alimento analogo per tutti i fenomeni naturali. La cronologia è della natura, la storia della cultura. Gli alimenti in quanto tali e soprattutto il processo alimentare e nutritivo sviluppato dalla vita in tutte le sue innumerevoli diversificazioni, in quanto natura, non hanno una storia. Questa forse incomincia a comparire quando in alcune specie animali si accendono e si sviluppano scintille di cultura, ma certamente quando l’uomo con la sua coltura, nelle sue quasi infinite modulazioni, trasforma e crea ogni genere di alimenti, la cui storia può essere scritta solo raccogliendo e valutando i dati materiali e i documenti che ne permettono una interpretazione. I latti fermentati, “alimenti culturali” costruiti dall’uomo, sono più simili ad un’antichissima città preistorica le cui origini affondano nella notte dei tempi, più che ad un alimento con un’origine storica. Questi latti hanno anche una notevole biodiversità e quasi certamente una genesi policentrica o per lo meno una elevata differenziazione spazio-temporale. Chi volesse scrivere una storia dei latti fermentati, non può limitarsi a qualche cenno tra il curioso e l’aneddotico, come la leggenda di Maometto sui granuli di kumis o quella del messaggero del Gengis Khan, o l’opinione di E. Met- chnikoff che attribuiva la longevità della popolazione dell’Armenia o dei Balcani (anche in questo caso a noi vicino le pubblicazioni non concordano) all’alto consumo di latte fermentato come fattore di prevenzione e controllo di una supposta “putrefazione” e “intossicazione” intestinale. Per una storia dei latti fermentati bisogna invece porsi la questione dei rapporti che questi hanno sviluppato tra natura e cultura. Una questione che può essere riassunta nel seguente interrogativo: sulla base dei dati disponibili è possibile una storia dei latti fermentati o non possiamo soltanto tracciare, o tentare di tracciare una antropologia di una vetero-biotecnologia alimentare? Probabilmente è vera la seconda ipotesi, ma una risposta in questo senso richiederebbe non lo spazio di un capitolo e neppure di un libro, ma una enciclopedia, anche se queste non sono più di moda. Una conclusione abbastanza inconsueta e per lo meno irritante per quella che dovrebbe essere una “storia dei latti fermentati” posta all’inizio di una monografia su questi alimenti. Allo stato attuale e nelle condizioni di questa esposizione è comunque possibile, tra dati materiali e ipotesi o ricostruzioni ipotetiche, dare alcune tracce 8 Capitolo 1_7ª Bz 29-05-2002 13:17 Pagina 9 G. Ballarini non solo sull’origine e sullo sviluppo dei latti fermentati, ma anche di alcuni loro rapporti con le culture umane, in ambito quindi di una antropologia alimentare e, per quanto riguarda gli animali produttori di latte, di una zooantropologia, con prospettive future di questi importanti alimenti. Una storia quindi non impossibile, ma comunque difficile e frammentaria. tura occidentale. Solo ora, in questa rivoluzione dell’età del bronzo, incominciamo a scoprire una serie di eventi che non possono essere semplici coincidenze. Tra gli eventi di rilievo nella rivoluzione dell’età del bronzo, e con un ruolo non secondario, vi è la comparsa, il diffondersi e il differenziarsi delle veterobiotecnologie dei latti fermentati, in stretta associazione ad una variazione genetica di una parte della popolazione umana. La popolazione umana, come quella di tutti gli altri mammiferi, è geneticamente predisposta alla digestione enzimatica del latte, almeno della propria specie. Una digestione raffinata e basata sulla presenza di alcuni tipi di enzimi altamente specifici che agiscono sulle caseine e sul lattosio, e cioè proteine e zucchero specifici del latte. Questi enzimi sono tuttavia geneticamente programmati per essere elaborati soltanto per il breve periodo dell’allattamento naturale. Al di fuori di questo periodo, infatti, il latte è un alimento “innaturale”. In gran parte delle popolazioni umane, ancor oggi gli adulti, se possono digerire le proteine e i grassi del latte con gli stessi sistemi enzimatici utilizzati per proteine e grassi di altra origine, non Vetero-biotecnologia dei latti fermentati e variazione genetica umana nella rivoluzione dell’età del bronzo La digestione del latte fermentato nelle popolazioni umane adulte promosse la produzione del latte, assieme all’impiego degli animali ai fini del traino. Il lungo e ancora oscuro periodo della “transizione neolitica” sfocia in quella che può essere definita come la rivoluzione dell’età del bronzo, sulla quale si basa lo sviluppo delle culture eurasiatiche che hanno come centro la Fertile Mezzaluna, che tanta importanza ha avuto nello sviluppo della moderna cul- 9 Capitolo 1_7ª Bz 29-05-2002 13:17 Pagina 10 Latti fermentati: antropologia di un alimento hanno la capacità di digerire il lattosio, in quanto non elaborano l’enzima specifico o lattasi. Come dimostrano le ricerche di Kretchmer (1972), Serratt (1981) e altri, le popolazioni di adulti cinesi, neri africani, indigeni americani, australiani e tante altre popolazioni presentano una più o meno assoluta intolleranza al lattosio. Recentemente Bottazzi (1997) riferisce che l’intolleranza al lattosio interessa il 20% della popolazione bianca (con punte sino al 40% in Francia), circa il 75% dei neri dell’America del Nord, mentre in Africa e in Asia (Estremo Oriente) in certe popolazioni si arriva al 100%. Anche in Italia meridionale, come in altri paesi mediterranei, la tolleranza al lattosio è ancor oggi incompleta: in Italia infatti l’intolleranza al lattosio passa dal 51% al nord al 71% al sud (Minissi e coll., 1992). Il lattosio indigerito, arrivato nel grosso intestino, va incontro a processi fermentativi che determinano sindromi diarroiche esplosive. È intuitivo come nelle popolazioni umane intolleranti al lattosio non si sia sviluppato un uso alimentare del latte negli adulti. Al massimo, e solo tardivamente, si è sviluppato l’uso alimentare di derivati del latte privi di lattosio, come il formaggio e, in certe condizioni climatico-ambientali, il burro. La tolleranza al lattosio, in quanto l’organismo umano mantiene per tutta la vita la capacità di elaborare la lattasi necessaria alla digestione del lattosio del latte, è una variazione genetica, ereditaria, solo parzialmente dominante negli ibridi per il gene. La variazione genetica “tolleranza al lattosio” (che per comodità indicheremo come GL o “gene lattasi”) è certamente comparsa più volte e in molte popolazioni, ma non si è potuta selezionare e diffondere per la già indicata mancanza di latte nella alimentazione degli adulti. Questa selezione è però avvenuta in alcune popolazioni eurasiatiche, in coincidenza della rivoluzione dell’età del bronzo, in rapporto allo sviluppo e alla diffusione dei latti fermentati. Nei latti fermentati una parte del lattosio viene trasformato soprattutto in acido lattico o alcole etilico; inoltre i batteri lattici presenti nel latte fermentato elaborano enzimi, come la beta-galattosidasi, che mantengono la loro attività dopo l’ingestione. In altri termini la fermentazione del latte prima della sua ingestione supera almeno in buona parte i problemi connessi all’intolleranza al lattosio e diviene un elemento indispensabile alla selezione e diffusione del gene GL in una popolazione. Quando il gene GL è largamente 10 Capitolo 1_7ª Bz 29-05-2002 13:17 Pagina 11 G. Ballarini diffuso in una popolazione, si associa una sempre più vasta utilizzazione del latte. Si tratta di popolazioni “lattofile”, nettamente distinte dalle altre popolazioni “lattofobe”. Se le popolazioni lattofobe rappresentano la normalità ancestrale, le popolazioni lattofile, divenute tali soprattutto attraverso i latti fermentati, assumono i caratteri di una innovazione che non riguarda soltanto gli aspetti alimentari, nutrizionali e sanitari, ma che assume ruoli molto più ampi. Lattofilia e lattofobia si associano infatti ad altre condizioni e sono due situazioni antropologiche complesse, che non è possibile qui approfondire. Riferendosi alla rivoluzione dell’età del bronzo avvenuta nell’area delle popolazioni lattofile dell’area eurasiatica, recentemente Forni (1990) ha fatto notare come a prima vista sembrerebbe che l’utilizzo alimentare del latte, l’impiego dell’aratro e del carro, con tutte le implicazioni sociali ed economiche, non siano correlati. È invece vero l’opposto, dato che le popolazioni umane lattofobe, in quanto intolleranti al latte, sono le stesse che o non conoscono i due strumenti (anche se, magari, come certe popolazioni dell’America precolombiana, conoscevano la ruota – Winick, 1960) o, conoscendoli, come il caso dei cinesi, sino a ieri li impiegavano, particolarmente il carro, prevalentemente a trazione umana (Sherratt, 1981). Secondo Forni (1990) questo significa che lo sviluppo dell’allevamento per la produzione del latte “promuove” anche l’impiego degli animali ai fini da traino. Mentre in precedenza gli animali, soprattutto quelli di media e grande taglia, erano utilizzati soprattutto per la carne e solo sporadicamente, come i cervi, erano impiegati per il traino o cavalcati (Forni, 1989), con la rivoluzione dell’età del bronzo diviene prevalente un nuovo utilizzo, quello del tiro di aratri, tregge, slitte, carri e del trasporto per basto o cavalcatura. La disponibilità di motori animali, per l’epoca estremamente potenti, rivoluzionò la produzione di alimenti (agricoltura), i trasporti tra la campagna e le sorgenti città, tra città e città sempre più lontane e quindi diede avvio ai commerci terrestri. L’aratro e il carro, oltre che essere tra loro collegati nell’ambito della genesi della città, come riferisce Forni (1990), costituiscono l’epicentro di altri grandiosi processi, quali la progressiva prevalenza della struttura familiare patrilineare, con predominio del maschio e del matrimonio virilocale (cioè la nuova famiglia si costituisce nel luogo di resi- 11 Capitolo 1_7ª Bz 29-05-2002 13:17 Pagina 12 Latti fermentati: antropologia di un alimento denza del marito) e quindi, successivamente, grazie all’accentramento di tipo maschile, della nascita dello stato. In precedenza la preponderanza era invece di chi ammassava il cibo, lo conservava e lo trasformava, lo distribuiva: la madre di famiglia. Non è infine da sottacere il rilievo che le culture lattofobe sono anche quelle nelle quali vi è stato uno sviluppo di droghe. Un rilievo che si collegherebbe alle attività extra-nutrizionali del latte e dei suoi derivati, in particolare casomorfine e altri composti peptidici ad azione neuro-ormonali. e del bronzo. Particolarmente importante è stato il passaggio dal semi-allevamento (= caccia con protezione) all’allevamento vero e proprio, cioè alla pastorizia, nelle immense aree steppiche o parasteppiche del Vicino Oriente. Secondo Forni (1976, 1990) il processo è iniziato con l’acquisizione, da parte dei cacciatori, trasformatisi così in pastori, sia del bestiame ovicaprino e bovino in possesso delle popolazioni contadine, sia di nuove specie prima sfruttate ad uno stadio di semi-domesticazione (equidi, camelidi e, nell’Europa centrale e settentrionale, cervidi). Successivamente vi è stata l’intensificazione e l’estensione dell’allevamento nelle stesse aree agricole, mediante l’utilizzo delle porzioni di terreno meno adatte alla coltivazione, attraverso una simbiosi tra agricoltori e pastori, con forme e strutture come l’alpeggio e la transumanza. Infine vi è stata una progressiva intensificazione ed estensione dell’allevamento attraverso il diboscamento praticato con il fuoco, un procedimento in atto fin dal Mesolitico. Se la produzione del latte è certamente connessa alla domesticazione animale, non bisogna tuttavia dimenticare che una cosa è avere un animale dal quale prelevare un poco di latte, e un’altra cosa è avere un animale “da I primi latti fermentati europei furono di cerva? La paleolinguistica indica che in Europa l’addomesticamento del cervo è connesso alla rivoluzione agropastorale e soprattutto alle prime vetero-biotecnologie applicate al latte. Certamente la produzione di latte è consecutiva alla domesticazione degli animali, un processo complesso e non unitario avvenuto nel periodo che va dal Mesolitico/Neolitico o durante la transizione del Neolitico, fino all’età del rame 12 Capitolo 1_7ª Bz 29-05-2002 13:17 Pagina 13 G. Ballarini latte”. Per quest’ultima produzione è necessario che il processo di domesticazione sia altamente sviluppato e abbia consentito l’attivazione manuale del riflesso di eiezione del latte nella femmina, con assenza o solo parziale presenza del redo, perché nell’allevamento dell’animale da latte vi è spesso la macellazione precoce del figlio (agnello o capretto, vitello) o il suo svezzamento anticipato. Il prelievo artificiale del latte prolunga oltre il periodo fisiologico la sua produzione; da questo conseguono complicati problemi di pascoli e regolazione del periodo dei parti. Tutto questo è possibile solo quando il processo di domesticazione è già ben stabilito. La disponibilità di latte pone il problema della sua preservazione e la fermentazione acida consente una conservazione sufficientemente lunga. Secondo Gottschalk (1948), mantenendo il latte in un recipiente di pelle o di legno e rinnovando costantemente la massa coagulata nella misura in cui si consuma il prodotto, si può conservarlo per un’intera stagione. Questo procedimento fu scoperto circa diecimila anni fa, poco dopo la domesticazione dei piccoli ruminanti (capre, ma anche pecore) nell’area della Fertile Mezzaluna. È tuttavia da ritenere che la stessa scoperta avvenne anche in altri luoghi e con il latte di specie animali diverse. Se non vi è specie animale allevata per il latte che non sia stata interessata ai latti acidi, oggi si ritiene che nella domesticazione dei grandi ruminanti il cervo abbia avuto un ruolo di grande importanza in tutta l’area europea centrale, in modo analogo a quanto avvenne per la renna in quella settentrionale. Sono queste le stesse aree nelle quali oggi riscontriamo popolazioni dove l’intolleranza al lattosio è percentualmente molto bassa. Una coincidenza che non può essere casuale. Forni (1990) fa rilevare che anche la linguistica storica conferma in Europa la relazione tra la formazione di pascoli tramite il diboscamento con il fuoco e il semi-allevamento dei ruminanti ed è particolarmente significativo come la denominazione dei cervidi è apparentata con il tema preindoeuropeo b(h)re/ont diffuso dal mar Mediterraneo al mar Baltico (Maestrelli, 1976), un tema a sua volta affine a quello che indica il fulmine e l’incendio o siti connessi all’uso del fuoco. Sulla linea ora accennata, sempre Maestrelli (1976) e Alessio (1968) ricordano Brindisi (città del cervo, da brenda , cervo, in Messapico, antico dialetto dell’Italia meridionale), il norvegese brunde (renna), lo svedese brin- 13 Capitolo 1_7ª Bz 29-05-2002 13:17 Pagina 14 Latti fermentati: antropologia di un alimento de (alce). Per quanto riguarda invece il fulmine o il fuoco abbiamo l’etrusco e il nord piceno frontac, l’osco frunter, il greco bronte, il latino fulgus. Maestrelli (1976), Buck (1949) e Pokorny (1949, 1959) rilevano anche che alcuni termini tra loro affini e connessi con il significato di cervo (latino cervus) sono all’origine di denominazioni significanti capra, vacca, ecc. e questo mette in evidenza che, almeno in Europa e soprattutto in quella centrale e settentrionale, l’allevamento dei cervidi ha preceduto quello dei caprini, ovini e bovini. Il richiamo ai cervidi nei riguardi di un utilizzo del loro latte per uso alimentare umano deve essere integrato con la constatazione che la denominazione originaria del cervo, allevato in semi-domesticamento in aree erbose ottenute con il fuoco (da qui l’accostamento del cervo al fuoco), è anche connessa con il nome di formaggi tipo sbrinz (lombardo), brenza (italiano antico), brinza (rumeno), Primsen (tedesco), evidentemente prodotti, all’origine, con latte di cerva (Alessio, 1968; Forni, 1990). In modo analogo il termine scamorza può venire ricollegato ad un formaggio prodotto con il latte di camoscio, un ruminante affine al cervo (Alessio, 1968). Riallacciandosi ai dati paleolinguistici, secondo anche l’analisi di Forni (1990), bisogna quindi ritenere che almeno in Europa, dalla penisola scandinava alla pianura ora occupata dalla Romania, fino agli estremi della penisola italiana, in tempi preistorici vi sia stato un allevamento lasso, brado (= semi-allevamento) originario di popolazioni cervine, senza selezione e quindi senza sfociare in una domesticazione vera e propria in senso genetico (= paradomesticazione). L’importante ruolo del cervo, attestato fin dalla prima antichità (Jarman, 1972), si mantenne a lungo. Nel periodo romano viene naturale ripensare ai carri trainati da cervi ricordati da Marziale e alle bighe trainate da cervi raffigurate nel fregio degli Amorini, sulle pareti del grande triclinio nella pompeiana casa dei Vetii, poi nel secondo secolo a Pausania, quindi agli scrittori latini della Historia Augusta. Al di fuori della storia romana è significativo che i cervi che trainarono la quadriga dell’imperatore Aureliano, trionfante nel 272 sulla regina di Palmira, Zenobia, provenivano da un sovrano goto. Indicazioni di un certo grado di domesticazione del cervo si trovano inoltre in Europa per tutto il Medioevo (Montanari, 1970). In sintesi le fonti ci conservano quindi il ricordo di un processo di addomesticamento del cervo che, avviato 14 Capitolo 1_7ª Bz 29-05-2002 13:17 Pagina 15 G. Ballarini nell’antichità e giunto ad una fase intermedia nell’Alto Medioevo, non ha saputo procedere ulteriormente, rimanendo questo animale, al massimo, in stato di semi-cattività in taluni parchi nobiliari. Collegati alle prime fasi dell’allevamento del cervo si debbono porre anche i primordi di vetero-tecnologie e vetero-biotecnologie. Oltre a quelle dell’allevamento stesso, del cavalcare e del diboscare, vi sono quelle dell’utilizzo del latte. Una volta acquisita la tecnica di ottenere il latte senza succhiarlo (mungitura), questo nuovo e insolito alimento ha successo in popolazioni umane nelle quali è accidentalmente comparso il gene della tolleranza al lattosio. Il latte che viene accumulato in un otre o in un recipiente di legno, nell’ambiente caldo o per lo meno tiepido delle prime capanne, attraverso una microflora lattica e come espressione di una vetero-biotecnologia, coagula, automaticamente trasformandosi in latte fermentato acido, che si autoconserva e ne permette un uso, per lo meno familiare. La biotecnologia del latte fermentato, acido o acido-alcolico, è inoltre precedente a quella della trasformazione in formaggio e non ha ancora trovato riferimenti antichi di tipo linguistico, forse perché, diversamente dalla produzione del formaggio (tecnica di tipo maschile), la produzione di latti acidi è una tecnica di tipo femminile che non ha potuto lasciare tracce linguistiche scritte, antichissime e antiche. Diffusione eurasiatica dei latti fermentati La grande diffusione e le diverse denominazioni dei latti fermentati ne fa supporre un’origine policentrica. Come recentemente ha sottolineato Bottazzi (1993) i latti fermentati partono molto lontano nella storia, anzi, aggiungiamo noi, dalla preistoria dell’uomo, e ci sono arrivati anche attraverso leggende e tradizioni, ma soprattutto attraverso una cultura materiale, i Giacimenti Gastronomici (sui quali dovremo tornare), alcuni dei quali, con un supporto scientifico e tecnico, sono stati progressivamente valorizzati sotto il profilo nutrizionale e salutistico. Sulla base delle denominazioni che sono state raccolte, la produzione di latti fermentati spazia dall’Europa all’Asia e si spinge in Africa (Tab. 1) presso le culture che hanno sviluppato l’allevamento degli animali da latte, prevalen- 15 Capitolo 1_7ª Bz 29-05-2002 13:17 Pagina 16 Latti fermentati: antropologia di un alimento Tabella 1 Denominazione Alcune denominazioni di latti fermentati in rapporto alla loro posizione geografica (Koroleva, 1988; Bottazzi, 1993; Bottazzi e coll., 1994; con modifiche). Posizione geografica Europa (da Nord a Sud) Teatta Scandinavia Prostokvasha Russia Kumys Regione del Volga Kiselo Mlyato Bulgaria Joddu Sardegna Asia (da Occidente a Oriente) Yogourt, Benraib Turchia, Armenia Leben Siria, Libano Mast Iran Mayzoon Persia Matsun, Ayran, Kefir Caucaso Kurunga, Katyk, Chal Asia centrale, Kazakhstan Kumys Mongolia Dahi, Dadhi India Africa Kast Le Egitto temente capre, pecore, bovini, ma anche equini e camelidi. Più che l’origine del latte sembrano avere avuto importanza i microrganismi fermentanti (batteri e lieviti) e soprattutto le loro associazioni, non raramente molto complesse, sia come presenze che come successioni fermentative nel corso della preparazione del prodotto. È interessante rilevare che i latti fermentati hanno diversissime denominazioni tuttora persistenti nelle tradizioni orali usate fino a pochissimo tempo fa (vedi Tab. 1) che non è facile riportare ad una o a poche radici, anche se sembra vi possa essere una certa predominanza di termini che iniziano con la consonante “K”. L’ora accennata situazione deve indirizzare ad un’origine policentrica dei latti fermentati, piuttosto che un’unica e puntuale “invenzione”, ad esempio nella Fertile Mezzaluna e in particolare nella Mesopotamia, oppure nelle steppe asiatiche, o sul Caucaso, come alcuni tendono a far credere, con una successiva 16 Capitolo 1_7ª Bz 29-05-2002 13:17 Pagina 17 G. Ballarini diffusione in modo centrifugo, per poi raggiungere l’India, la Scandinavia, il Mediterraneo, dalle sue isole all’Egitto. Questa ipotesi non esclude che, almeno in alcune zone, vi siano stati sviluppi da un tipo ad un altro. Ad esempio notizie storiche supportano che il kefir caucasico, bevanda acida, mediamente alcolica, effervescente, ottenuta da fermentazione del latte, provenga dalla fabbricazione dell’ayran, bevanda acida e schiumosa anch’essa di provenienza caucasica. L’ayran a sua volta si ottiene facendo fermentare il latte in recipienti di rovere, con l’aggiunta di qualche pezzo di stomaco di montone o di agnello (Bottazzi e coll., 1994). Un’origine policentrica dei latti fermentati si accorda meglio anche con l’utilizzo di latti di diverse specie e in condizioni climatiche le più differenti. Un’origine policentrica è d’altronde possibile ipotizzando, il che non è difficile, una analoga invenzione o scoperta casuale, avvenuta più volte e in luoghi diversi, in condizioni differenti e partendo da latti di varie specie animali, secondo lo schema sopra indicato. Mentre un’origine unica con diffusione centrifuga potrebbe essere stata la conseguenza di improbabili commerci del prodotto, quindi per un’attività di tipo maschile, un’origine policentrica e ri- petuta è più consona ad un’origine femminile dei latti fermentati. Una differenziazione antropologica maschile-femminile che esige un approfondimento, prima del quale è tuttavia utile premettere alcune notizie, purtroppo frammentarie, sui latti fermentati dall’antichità a tempi a noi più vicini. In base alle indagini di Bottazzi (1993) nella Bibbia vi sono due riferimenti. Nel Deuteronomio viene precisato che i latti fermentati apparvero con Mosé, che li considerò costituenti vitali dell’alimentazione che Dio donò al suo popolo. È qui interessante rilevare che una denominazione di latte fermentato non pare presente nell’Antico Egitto. Nel libro della Genesi si fa inoltre cenno ad un’origine mistica, quando Dio fece portare da un angelo al patriarca Abramo il segreto dello yogurt. Con un salto di molti secoli, nella biografia dell’imperatore Eliogabolo (204-222 dell’era corrente) si ritrova una ricetta per la fabbricazione dell’Opus lactarum che si può ritenere simile al nostro yogurt con aggiunta di miele o frutta. Ancora molti secoli e si arriva alla leggenda che narra come una buona diffusione del consumo di latte fermentato, con le sue varietà di ceppi lattici selvaggi e di altra microflora da conta- 17 Capitolo 1_7ª Bz 29-05-2002 13:17 Pagina 18 Latti fermentati: antropologia di un alimento minazioni accidentali, si ebbe ai tempi di Gensis Khan. Un corriere del conquistatore si fermò per fare rifornimento d’acqua prima di iniziare la traversata delle steppe della Mongolia, ma invece di acqua la borraccia fu riempita di latte e questo pensando, almeno secondo la leggenda, che si sarebbe alterato e avrebbe quindi messo in difficoltà, per sete, il corriere. L’effetto fu invece di opposto segno, perché dal consumo di latte fermentato (fermentazione acida o, più probabilmente, acido-alcolica?) il corriere trasse vigore e resistenza, al punto che il Gensis Khan impose la nuova (o antichissima?) bevanda alle sue orde mongole e la diffuse come prestigioso alimento nel mondo orientale. Durante il Rinascimento, ancora molti secoli dopo l’ultima notizia, in Francia, il re Francesco I, che soffriva di disturbi intestinali, venne curato dal Gran Turco, giunto dall’Oriente con un gruppo di pecore e una “misteriosa ricetta”, con la quale preparava un latte di pecora fermentato. Con il consumo di questo latte il Re di Francia ebbe un rapido miglioramento e arrivò a completa guarigione. La comparsa del primo yogurt in Francia, anche in questo caso veicolato attraverso un potente, ebbe una successiva rapida e larga diffusione. Latti fermentati tra femminile e maschile E se Erodoto avesse avuto ragione a proposito delle Amazzoni? La comparsa e lo sviluppo dei latti fermentati sembra coincidere con importantissime, quasi epocali trasformazioni culturali e soprattutto con il passaggio dalla famiglia matrilineare a quella patrilineare. Da qui anche l’accenno, che deve avere ulteriori precisazioni, di una tecnica o vetero-biotecnologia di tipo femminile dei latti fermentati, contrapposta a quella maschile dei formaggi. Durante tempi antichi, quanto immemorabili, la preponderanza sociale era di chi ammassava il cibo, lo conservava e lo trasformava con la cucina, lo distribuiva in ambito della famiglia, anche allargata: la madre di famiglia. Da qui la famiglia matrilineare, non necessariamente, ma frequentemente matriarcale. Con l’avvento dell’allevamento e soprattutto con le già citate invenzioni dell’aratro e del carro e la diffusione del trasporto con animali da soma, in stretto collegamento con la nascita della città, vi è uno spostamento dell’attività maschile dalla caccia a nuove attività urbane e ci- 18 Capitolo 1_7ª Bz 29-05-2002 13:17 Pagina 19 G. Ballarini vili, ad iniziare dal commercio degli alimenti e di altre merci. In stretta connessione, come già accennato, si assiste ad una progressiva prevalenza della struttura familiare patrilineare, con predominio del maschio e del matrimonio virilocale: la nuova famiglia cioè si costituisce nel luogo di residenza del marito. Grazie all’accentramento di tipo maschile ci si avvia alla nascita dello Stato. La tecnologia di conservazione del latte, attraverso una sua fermentazione acidificante e talvolta alcolica, ne permetteva una buona utilizzazione locale e per lo meno stagionale, appropriata ad una dimensione femminile e ad una famiglia matrilineare, soprattutto in aree nelle quali era anche parzialmente diffuso il gene della tolleranza al lattosio. Fermentazione acida del latte, quindi tecnologia di taglio femminile. Una trasformazione del latte per la produzione di alimenti concentrati e a lunga conservazione, privi di lattosio, come i formaggi stagionati e il burro, risponde alle nuove richieste di una popolazione urbana più o meno staccata da quella agricola e soprattutto si rivela una preziosa fonte di commerci. Trasformazione casearia del latte, quindi tecnologia di taglio maschile. Non è certamente un caso che nel classico “fregio della latteria” conservato nel museo di Baghdad e risalente a cinquemila anni fa, il formaggio venga preparato da sacerdoti sumeri, ovviamente maschi. In modo analogo la prima, precisa e dettagliata descrizione di un caseificio la troviamo nell’Odissea e il primo casaro della storia che ha un nome è un uomo: Polifemo. Manchiamo invece di qualsiasi indicazione delle artefici femminili dei primi latti acidi, ma questo non deve stupire dopo che la famiglia patrilineare e patriarcale, quindi maschile e maschilista, ha soppiantato quella matrilineare e matriarcale. Una netta distinzione femminile/ maschile a proposito della trasformazione del latte, con assegnazione dei latti fermentati di tipo acido o acido-alcolico alla donna e dei formaggi all’uomo, è accettabile almeno come schema interpretativo o, se si vuole, come una pista per meglio indagare il complesso tema dei latti fermentati. Gli schemi infatti non sono la realtà, ma sono indispensabili per comprenderla. Nell’ambito di una appartenenza femminile dei latti fermentati si possono porre diversi problemi e aspetti antropologici e zooantropologici (rapporto uomo-animale), tra i quali, successivamente, accenneremo a quelli riguardanti la biodiversità dei latti fermentati e il loro uso alimentare. Tuttavia, almeno 19 Capitolo 1_7ª Bz 29-05-2002 13:17 Pagina 20 Latti fermentati: antropologia di un alimento come inizio a questa disamina, può porsi l’interrogativo di una eventuale, possibile partecipazione delle Amazzoni. Le Amazzoni elaboravano un latte di cavalla fermentato, caratterizzato da un variabile, ma a volta sostenuto tasso alcolico, tale da renderlo inebriante e noto fino ai nostri giorni sotto la denominazione di kumys o kumiss e di kefir? Un interrogativo non completamente assurdo se si considerano i risultati di indagini archeologiche, recentemente considerate da De Angelis (1998) e da Davis-Kimball (1998), e se si confrontano con quanto sopra tratteggiato a proposito della domesticazione dei cervidi e altri ruminanti selvatici nell’area eurasiatica. Le recenti indagini archeologiche sembrano anche dare ragione ad Erodoto. Questo storico greco, durante un viaggio a nord del Mar Nero attorno al 450 prima dell’era corrente, sente parlare di donne guerriere che percorrevano a cavallo le steppe della Russia del sud. Dalle Amazzoni e dagli Sciiti nacque un popolo organizzato in tribù matriarcali, i Sauromati. Gli scavi archeologici compiuti in questi ultimi decenni hanno constatato la presenza dei Sauromati in una vasta zona, dalle rive orientali del basso Don fino alle steppe meridionali degli Urali. Attorno al 600 prima dell’era corrente le loro tribù hanno cominciato a pascolare pecore, cavalli e persino qualche cammello delle steppe attorno a Pokrokva, dove arrivavano in primavera, sostandovi fino all’autunno, per poi scendere verso il più mite clima del sud Kazakistan e del nord Uzbekistan. Solo dopo due secoli i Sauromati vennero sostituiti da un popolo chiamato Sarmati dagli Autori, databili tra il IV e il II prima della nostra era. Nelle tombe femminili sia dei Sauromati che dei Sarmati sono state regolarmente trovate armi e indicazioni del loro costume a cavalcare e tracce dell’abitudine a cacciare la saiga, un’antilope delle steppe. Le donne che vivevano nelle steppe asiatiche nella prima età del ferro e di cui sono state recentemente studiate le tombe, secondo Davis-Kimball (1998), sarebbero il corrispondente delle Amazzoni di cui parlavano i greci. Quale era la loro alimentazione? Dopo quanto riportato a proposito della domesticazione del cervo e dell’uso alimentare del latte di questo animale e di altri ruminanti selvatici, in periodi e in aree geografiche relativamente vicine, non è troppo ardito pensare che AmazzoniSauromati-Sarmati si nutrissero anche di latte di cavalla e che avessero iniziato e poi sviluppato una fermentazione alcolica 20 Capitolo 1_7ª Bz 29-05-2002 13:17 Pagina 21 G. Ballarini di questo latte, ottenendo un alimento particolarmente gradito ad una popolazione nomade di femmine, ma con caratteri e soprattutto costumi mascolini, e che non avrebbe potuto sviluppare altre bevande alcoliche (vino o birra). In altri termini la leggenda del Gensis Khan non sarebbe più probabilmente il recupero di una realtà molto più antica, risalente alle non più tanto mitiche Amazzoni? trova indubbiamente un’origine nel tipo di microrganismi, batteri e in minor misura lieviti, che intervengono nei processi di fermentazione. Da dove originano questi microrganismi, indipendentemente dalle loro associazioni, spesso molto complesse, quasi raffinate? Ricerche compiute su individui di popolazioni diverse, nell’arco di circa ottant’anni, hanno dimostrato che i lattobacilli sono già presenti nella nostra flora batterica gastrointestinale a pochi giorni dalla nascita e lo stesso avviene per gli animali, mammiferi e non. Non dimentichiamo che la fermentazione lattica che stiamo esaminando avviene anche nello stomaco dei giovani mammiferi, dove sostituisce l’attività antibatterica prima dell’assente e poi della scarsa produzione di acido cloridrico, senza significativamente interferire sull’attività delle immunoglobuline, soprattutto delle IgA, del colostro e del latte. La naturale presenza di batteri capaci di fermentare il lattosio nell’apparato digerente umano e animale si inserisce in un quadro microbiologico estremamente complesso e solo in parte noto. Nell’intestino umano, infatti, pare che proliferino stabilmente più di 400 tipi differenti di microrganismi. Nell’uomo, come negli animali, esistono inoltre Biodiversità microbiologica dei latti fermentati L’origine matriarcale del latti fermentati può spiegare la loro grande biodiversità. Nei latti fermentati riscontriamo una caratteristica sotto certi aspetti sconcertante: da una parte possiamo parlare di “latti fermentati”, dall’altra osserviamo la loro grandissima, quasi sterminata diversità. Una unità nelle diversità che deve avere una spiegazione che qui tratteremo per sommi capi, certamente in modo non esaustivo, ma sufficiente per trarne alcune considerazioni antropologiche e zooantropologiche. Una certa unicità dei latti fermentati 21 Capitolo 1_7ª Bz 29-05-2002 13:17 Pagina 22 Latti fermentati: antropologia di un alimento variazioni di questa flora microbiologica legate al tipo di alimentazione, ma anche agli stress e all’età, dato che nella microflora batterica intestinale degli anziani è stata segnalata una diminuzione dei bacilli produttori di acido lattico. Diverse indagini dimostrano inoltre che esiste una “eredità microbiologica”, soprattutto digestiva, nel senso che nel neonato vi è una colonizzazione dell’apparato digerente, intestinale e altri organi a contatto con l’esterno, da parte dei microrganismi presenti negli altri individui della sua specie, ad iniziare dalla madre, ma anche di altre specie se conviventi. A quest’ultimo proposito è da ricordare la vita in comune delle popolazioni umane con specie sinantrope e quanto avveniva nella capanna o nell’aia dove cuccioli umani e di diverse specie spesso convivevano. Da non dimenticare, infine, la presenza di una normale flora lattica nel latte degli animali. I batteri lattici coinvolti nella fermentazione dei latti hanno quindi una doppia origine, umana e animale, in rapporti quantitativi e con caratteristiche qualitative largamente variabili secondo le condizioni ambientali e le diverse “eredità microbiologiche” che si sono venute formando nelle singole popolazioni, umane e animali. L’origine dei batteri dei latti fermentati si collega anche all’utilizzo, nella loro preparazione, almeno nella fase iniziale, di contenitori animali, come quelli costituiti da stomaci di giovani animali o altri tratti intestinali nei quali questi batteri sono normalmente presenti e soprattutto il grosso intestino. La complessa e duplice, umana e animale, origine dei batteri lattici presenti nelle fermentazioni del latte, oltre quanto indicato in seguito a proposito della cucina, fornisce una base interpretativa del probabile, già citato sviluppo multicentrico dei latti fermentati in condizioni di stretto contatto tra cucina e stalla, come di regola in condizioni ancestrali e soprattutto in culture di tipo matriarcale. Più complessa è invece l’introduzione nella fermentazione dei latti di lieviti, anche se oggi le conoscenze relative ai rapporti che esistono tra batteri lattici e lieviti, a livello di comunicazione chimica, possono giustificare meglio questo genere di associazione. Particolarmente istruttive sono infatti le attuali conoscenze maturate a proposito dell’origine dal vino dei lieviti acidi (associazioni di batteri lattici e saccaromiceti) utilizzati nella fermentazione tradizionale del pane. In questo ordine di idee, senza giungere a conclusioni definitive, si potreb- 22 Capitolo 1_7ª Bz 29-05-2002 13:17 Pagina 23 G. Ballarini bero stabilire correlazioni interessanti tra latti fermentati di tipo acido-alcolico e il vino e, sotto certi aspetti, il pane. Tutto questo inoltre potrebbe giustificare una distribuzione geograficamente più ristretta di questi latti fermentati, rispetto ai latti fermentati solamente acidi. È già stato accennato alla grande diversità che vi è nei latti fermentati, acidi o acido-alcolici, ma questa diversità aumenta in modo veramente impressionante quando il problema viene affrontato dal punto di vista microbiologico. Non è questa la sede per un approfondimento della biodiversità dei latti fermentati: basterà il sommario riferimento alla Tabella 2. Bisogna tuttavia rilevare che, almeno agli inizi e soprattutto per i prodotti tradizionali dei latti fermentati, si tratta di tipologie legate a realtà locali, spesso anche di tipo familiare. L’elevata biodiversità dei latti fermentati è un’ulteriore conferma dell’ipotesi di una loro origine policentrica e di tipo matriarcale, come già accennato, e non è necessario soffermarsi ulteriormente su questo aspetto, mentre è invece opportuno considerare il valore della biodiversità in sé. Una biodiversità di microbiologia alimentare, che solo da relativamente poco tempo incomincia a venire conside- rata e che è in buona parte da scoprire, anche se riguarda il settore lattiero-caseario, ad iniziare dagli starter, “innesti”, ecc., in particolare di diversi tipi di latti fermentati, è già stata oggetto di approfondite indagini. La biodiversità ora indicata è alla base di quelli che oggi vengono indicati come Giacimenti Gastronomici da valorizzare, ma a questo riguardo sarà necessario tornare più avanti. Quella dei latti fermentati è una biodiversità che ha anche importanti conseguenze antropologiche, come quelle con il matriarcato, e zooantropologiche, che riguardano lo stretto legame tra la popolazione umana e quella animale da cui originano una parte, almeno, dei batteri delle fermentazioni del latte. Usi alimentari dei latti fermentati Uno dei caratteri distintivi dell’umanità è il fare cucina e forse per questo, probabilmente, il primo uomo fu una donna. La biodiversità dei latti fermentati e la loro diffusione per millenni su di una vastissima area geografica, ma soprattutto il loro sviluppo e utilizzo in culture 23 Capitolo 1_7ª Bz 29-05-2002 13:17 Pagina 24 Latti fermentati: antropologia di un alimento Tabella 2 Denominazione Specie animale Microrganismo/i fermentante/i Biodiversità e principali tipologie di alcuni latti fermentati. Yogourt Ruminanti Biogurt o Biogarde Ruminanti Streptococcus thermophilus Lactobacillus acidophilus Bifidobacterium bifidum Latti acidi Ruminanti Streptococcus lactis Streptococcus cremoris Streptococcus thermophilus Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus Lactobacilus acidophilus Bifidobacterium bifidum Streptococcus thermophilus Streptococcus lactis Streptococcus cremoris Lactobacillus acidophilus Bifidobacterium bifidum Streptococcus thermophilus Latte acido acidofilo Ruminanti Lactobacillus acidophilus Kefir caucasico Ruminanti Lactobacillus sp. omo- ed eterofermentanti Lattococchi Enterococchi Streptococchi lattici mesofili Lieviti Batteri acetici Leuconostoc Kefir industriale Ruminanti Streptococchi lattici Lactobacillus sp. Kumys o Kumiss Cavalla Torulopsis sp. Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus diverse, ha legami, tanto stretti quanto non ancora indagati, con il loro uso alimentare e in particolare con la cucina, in una dimensione femminile. Anche i microrganismi e le piante si nutrono, gli animali si alimentano, ma la trasformazione e la preparazione dei cibi è un’attività tipicamente, se non esclusi- vamente umana, che da un punto di vista antropologico tende a differenziarsi in cucina e gastronomia. La cucina è tradizionale e conservativa, legata al territorio e ai ritmi stagionali, popolare e prevalentemente femminile. La gastronomia all’opposto è innovativa e non raramente rivoluzionaria, 24 Capitolo 1_7ª Bz 29-05-2002 13:17 Pagina 25 G. Ballarini indipendente dal territorio e dalle stagioni, tipica del palazzo dei governanti, laici o ecclesiastici, e di taglio maschile. La cucina, inoltre, non si caratterizza soltanto per l’uso del fuoco, ma sotto l’aspetto antropologico comprende una serie di tecnologie che vengono solitamente distinte in “dure” (hard) e “morbide” o “dolci” (soft). Mentre le prime sono tendenzialmente maschili e comprendono ad esempio l’uso “duro” del fuoco (spiedo, grigliatura, ecc.), nelle seconde l’uso del fuoco è “dolce” (bollitura, ad esempio a “bagnomaria”, che si dice essere stata inventata dalla biblica Miriam, sorella di Aronne, maga e alchimista). Le fermentazioni sono indubbiamente tecnologie morbide e quindi femminili. Le fermentazioni alimentari, fin dai tempi più remoti, sono state oggetto di interpretazioni di tipo extra-nutrizionali rimaste per moltissimo tempo e non ancora superate ai nostri giorni, sulla base di categorie spesso ideologiche, come quelle di “putrefazione” e di “purità”. Molti alimenti fermentati, ad esempio, sono stati interpretati come “corrotti” o “putrefatti” e quindi insani, se non pericolosi, e per questo ne poteva essere limitato o escluso l’uso in determinate condizioni. Per quanto riguarda i prodotti lattiero-caseari, una nutrita bibliografia ha considerato gli aspetti “tossici” se non “allucinogeni” di alcuni formaggi, quando non sono stati interpretati, da una passata medicina, “riscaldanti” o “secchi”, quindi da utilizzare con parsimonia. Intuizioni queste che in alcuni casi hanno trovato successive conferme scientifiche, ad esempio quelle relative alle amine biogene, per non citare altri peptidi attivi individuati sia nel latte che nei suoi derivati, peraltro di valenza positiva e favorevole non solo per una buona alimentazione, ma anche per un elevato livello di salute (Tab. 3). Per quanto riguarda i latti fermentati, soprattutto quelli acidi, tradizionalmente era prevalsa una concezione “positiva” e “favorevole alla vita” dalla quale, come già accennato e meglio precisato oltre, non solo in questo secolo sono scaturite applicazioni salutistiche anche di tipo “probiotico” (“favorevoli alla vita”) o di altre favorevoli attività tipo “extra-nutrizionale”. La fermentazione del latte, soprattutto quella acido-alcolica, nel passato è stata frequentemente vista sotto una categoria positiva, a volte magica e anche medicamentosa, prevalentemente se non esclusivamente femminile. In questo senso è da collocare l’accenno 25 Capitolo 1_7ª Bz 29-05-2002 13:17 Pagina 26 Latti fermentati: antropologia di un alimento Tabella 3 Alcune caratteristiche di latti fermentati. Denominazione Principali costituenti chimici Yogourt Acido lattico Acido formico Enzimi proteolitici attivi Peptidi e aminoacidi Biogurt o Biogarde Acido DL-lattico Acido D(–)-lattico Acido L(+)-lattico Kefir caucasico Acido lattico Alcole etilico Acido acetico Anidride carbonica Kumys o Kumiss Acido lattico Alcole etilico ad una alchimia femminile, buona, collegata alla Miriam biblica, con sede nella cucina, ma tutto questo potrebbe portare lontano, al di fuori dei limiti qui concessi. Tornando più vicino allo scopo di questa esposizione, dalle loro origini e fin quasi ai nostri giorni, i latti fermentati hanno partecipato alla cucina, rientrando in ambiti tradizionali, strettamente legati al territorio e alle strutture locali di produzione del latte, popolari e femminili, come già indicato. La cucina dei latti fermentati, proprio per i suoi caratteri popolari e femminili, non ha tuttavia ancora avuto l’attenzione che meriterebbe, soprattutto per gli aspetti antropologici, nonostante gli indubbi successi, ma anche alcuni ostacoli legati a divieti culturali. Il successo dei latti fermentati, usati come alimenti e bevande, oltre agli ovvi vantaggi della loro conservabilità anche in condizioni ambientali particolari, deriva in gran parte dal gusto acido che li caratterizza. Questo gusto che li rende particolarmente dissetanti, carattere molto apprezzato nei climi caldi, in particolare se sono anche effervescenti, come il kefir caucasico. Non è certamente un caso che le bevande naturali e artificiali di odierno maggiore successo siano al tempo stesso acide ed effervescenti (succhi di agrumi, Coca Cola, Pepsi Cola, ecc.). Altrettanto intuibile è il successo che hanno avuto i latti con fermentazione acido-alcolica, soprattutto nelle popolazioni e culture nelle quali era difficile sviluppare fermentazioni alcoliche da 26 Capitolo 1_7ª Bz 29-05-2002 13:17 Pagina 27 G. Ballarini vegetali (vino e birra). Latti a fermentazione alcolica potevano essere particolarmente apprezzati da popolazioni di nomadi, come il già citato esempio delle Amazzoni, dei cavalieri del Gensis Khan o di pastori, ad esempio quelli della Sardegna. Un altro aspetto quasi sempre trascurato è l’uso dei latti fermentati nelle preparazioni culinarie, anche se in parte ostacolato da alcune tradizioni, come quella ebraica. In questa infatti vi è la proibizione di usare nello stesso pasto, o nella preparazione di uno stesso piatto, carne associata al latte o suoi derivati. Una proibizione che ha avuto diverse interpretazioni, ma che indubbiamente ha una base nel “risparmio proteico” e quindi un valore economico ed ecologico, importante per una popolazione di pastori. Al di fuori della tradizione ebraica, in numerose culture dell’Europa orientale e del Vicino Oriente si è sviluppata una “cucina dei latti fermentati” nella quale, soprattutto nelle carni di minor pregio e di animali anziani e con aromi forti, si utilizzano le attività “maturanti”, “intenerenti” e “deodoranti” dell’acido lattico. Infatti questo acido, più forte del citrico e dell’acetico, altri acidi di comune uso culinario, ben si presta alla preparazione, anche prima della cottura, della carne, ad esempio di una vecchia pecora o, ancor più, di un anziano becco o ariete. Solo recentemente i latti fermentati sono entrati nella gastronomia e cioè sono stati sottoposti ad “invenzioni” alimentari passando, da un punto di vista antropologico, dalla parte del femminile a quella del maschile. Un passaggio attraverso il maschile che inoltre, almeno nel passato, doveva avere una giustificazione e soprattutto una valenza di immagine elevata, come sono i casi già citati del corriere di Gensis Khan, ma soprattutto di Francesco I, re di Francia. L’aspetto maschile ha tuttavia valenze che, per le implicazioni che sta inducendo, merita di essere considerato con particolare attenzione. Innovazione maschile nei latti fermentati Sui latti fermentati l’innovazione maschile, tramite la ricerca scientifica, ha percorso e sta sviluppando cammini salutistici e gastronomici. L’antropologia e la zooantropologia dei latti fermentati indica che per moltissimo tempo e su di una amplissima 27 Capitolo 1_7ª Bz 29-05-2002 13:17 Pagina 28 Latti fermentati: antropologia di un alimento area geografica vi è stato netto prevalere femminile in ambito di società matriarcale, di domesticamento degli animali da latte e degli usi alimentari, anche con riferimenti magici. Già citate sono invece le successive presenze maschili, come quelle bibliche o la già ricordata biografia dell’imperatore Eliogabolo (204-222 dell’era corrente). Nell’Opus lactarum vi è infatti una ricetta simile al nostro yogurt con miele o frutta, ricetta di tipo certamente innovativa e di una gastronomia di palazzo. Da menzionare anche il Grande Turco che avrebbe portato il latte acido risanatore del re Francesco I. In modo analogo si può citare il “mistero del granulo di kefir” che non è stato ancora possibile ricostruire in laboratorio a partire dalla microflora che lo compone. Presso i pastori che vivono sulle montagne del Medio Oriente esiste infatti una leggenda: i granuli sono stati dati al popolo ortodosso da Maometto (granuli di Maometto o miglio del Profeta), il quale spiegò come utilizzarli, ma non la loro provenienza, perché ciò avrebbe causato la perdita del potere magico dei granuli (Koroleva, 1988). Una leggenda che adombra una conoscenza magica femminile, ignota o non accessibile al mondo maschile? Dopo un lunghissimo periodo femminile nella invenzione, produzione e utilizzazione dei latti fermentati, solo a seguito dello sviluppo della microbiologia, degli alimenti prima e poi medica e veterinaria, ad opera di Louis Pasteur, alla fine del secolo scorso sono da citare i primi studi di E. Metchnikoff (18451916) che pongono all’attenzione del mondo scientifico i latti fermentati, ai quali egli attribuisce attività favorevoli, in una contrapposizione tra una flora lattica “buona” e una flora intestinale “cattiva” in quanto “putrefattiva”. Elia Metchnikoff alla fine del secolo scorso (1882) abbandonò l’Ucraina, sua terra natale, e approdò al prestigioso Istituto Pasteur, ove svolse studi sulla fagocitosi e sull’immunità antinfettiva (studi peraltro compiuti in Sicilia sulle stelle di mare) i cui risultati nel 1908 gli valsero il Premio Nobel. Sulla base del fatto che la vita media era più lunga nei pastori caucasici che non negli abitanti di Parigi, formulò l’ipotesi che la longevità dei pastori dipendesse dal latte fermentato, di cui erano abbondanti consumatori, in quanto apportatore di microrganismi “buoni” e “antiputrefattivi”. Nel 1906 la Società “Le Ferment” iniziò in Francia la vendita di un latte fermentato, denominato Lactobacilline, 28 Capitolo 1_7ª Bz 29-05-2002 13:17 Pagina 29 G. Ballarini preparato con i ceppi di batteri lattici selezionati da Metchnikoff e secondo la sua tecnica. La buona diffusione, anche attraverso le “yogurtiere” familiari, fa sì che il termine “yoghourt” nel 1925 entra nel Petit Larousse come parola comune, lo stesso temine che era presente nel primo dizionario arabo-turco di Mohmoud Al Karchgari e pubblicato a Tsing-Kiang nel 1701. L’applicazione della ricerca scientifica ai latti fermentati, seppure ancora largamente incompleta (molto limitata è infatti l’indagine storica, sociologica, antropologica e zooantropologica, come dimostra la presente esposizione), ha portato ad un’innovazione prevalentemente maschile che ha percorso e sta sviluppando cammini salutistici e gastronomici. Era dei fermenti lattici Con il termine generico di fermenti lattici si indicano tutti i preparati che contengono batteri in grado di riequilibrare la microflora intestinale. Si tratta di fermenti vivi che, germinando nell’intestino, ripristinano la microflora batterica intestinale originaria, alterata da patologie, alimentazioni errate, stress di varia natura, ecc. e che agiscono anche attraverso particolari sostanze inibitrici (batteriocine) e altri metaboliti attivi anche verso microrganismi patogeni. Era dei probiotici Sulla base di ricerche comparate, eseguite sugli animali e sull’uomo, riguardanti la flora microbica intestinale, superando anche i precedenti concetti di “fermentazione” e “putrefazione”, tabù alimentari e/o “purezza” degli alimenti, di tipo religioso o di tradizioni, sono stati riconosciuti i ruoli della flora microbica intestinale e dei fermenti lattici, ma soprattutto sono stati precisati i loro effetti benefici, precedentemente solo intuiti dalla tradizione e dallo stesso, già citato Metchnikoff, con i loro meccanismi d’azione. Su quest’ultima linea sono state individuate anche alcune delle caratteristiche dei microrganismi benefici in quanto “favorevoli alla vita” e per questo Sviluppo salutistico dei latti fermentati A seguito delle idee di Metchnikoff, come si è già detto, nella prima metà di questo secolo e in periodo pre-antibiotico, nasce e si sviluppa l’era dei “fermenti lattici” che successivamente dà avvio all’“era dei probiotici” e si apre a quella delle “attività extra-nutrizionali” dei latti fermentati. 29 Capitolo 1_7ª Bz 29-05-2002 13:17 Pagina 30 Latti fermentati: antropologia di un alimento denominati probiotici. Altrettanto importante è stata l’individuazione di alcune caratteristiche di questi in relazione all’ospite (adesività alla parete intestinale, resistenza agli antibiotici, ecc.), ma soprattutto l’esistenza di raffinate interrelazioni tra i diversi microrganismi, come quelle tra batteri lattici e lieviti, ma soprattutto tra i microrganismi probiotici e taluni substrati alimentari utili al loro sviluppo e per questo denominati prebiotici. Dall’associazione dei concetti di probiotico e prebiotico è scaturito quello di simbiotico che, nell’attuale era dei probiotici, sta aprendo nuove vie applicative. munomodulanti, antineoplastiche, ecc. Un particolare sviluppo di queste ricerche inizia nel 1964 quando ricercatori americani rendono noto che i Masai sono molto poco colpiti da patologie coronariche e hanno un basso livello del colesterolo nel sangue (150 mg/100 ml, contro i 225 mg/100 ml dei popoli occidentali), nonostante una alimentazione ricca di carne, ma nella quale è presente anche una sostenuta quantità percentuale di latte fermentato, nel quale si produrrebbe l’Anticholesterolemic Milk Factor (AMF). (Successivamente si è anche fatto rilevare che i Masai, oltre a caratteristiche genetiche particolari, hanno uno stile di vita nel quale vi è una elevata attività fisica). Era delle attività extra-nutrizionali dei latti fermentati Recuperando e soprattutto sviluppando indagini specifiche si è potuto stabilire che i microrganismi probiotici, con significative differenze e specificità non solo di specie, ma anche di stipite, sia nel corso della preparazione dei latti fermentati come di altri alimenti fermentati, anche in ambito intestinale, elaborano principi attivi dotati di attività non solo nutrizionali (vitamine, enzimi, ecc.), ma anche fisio-farmacologiche, quali quelle metaboliche di diverso tipo, anticolesterolemiche, im- Sviluppo gastronomico dei latti artificiali È stato soprattutto nella seconda metà di questo secolo che nel mondo occidentale, a seguito di una ricerca anche industriale, nell’ambito dei latti fermentati vi è stato un passaggio da una “cucina” femminile, casalinga e tradizionale ad una “gastronomia” maschile, internazionale e innovativa, secondo una distinzione già indicata. 30 Capitolo 1_7ª Bz 29-05-2002 13:17 Pagina 31 G. Ballarini Lo sviluppo in senso gastronomico è avvenuto soprattutto per alcuni latti fermentati, in particolare lo yogurt, e ha seguito alcune linee di sviluppo in parte comuni o comunque consone con ciò che avveniva per altri alimenti fermentati che subivano la stessa trasformazione: formaggi, salumi, pane e soprattutto vino e birra. Senza entrare in eccessivi dettagli, ma indicando solamente la tendenza di queste trasformazioni, le innovazioni operate nel mondo occidentale nell’ambito dei latti fermentati, pur mantenendo saldi collegamenti con la tradizione, hanno percorso le seguenti linee. Le nuove tipologie di latti fermentati, in particolare nell’ambito dello yogurt, hanno privilegiato un “addolcimento” del sapore con una riduzione della sensazione gustativa acida. Di pari passo vi è stato spesso anche un “alleggerimento” energetico con la preparazione di prodotti “magri” o light. Una importantissima innovazione (peraltro non nuova, se pensiamo a quanto citato a proposito di Eliogabolo) è stata quella delle associazioni dei latti fermentati, in particolare yogurt, con altri alimenti e sapori di frutta, cereali, ecc. e con la trasformazione anche di una bevanda o di un alimento puramente lattiero, sia pure modifica- to, in un alimento più completo e soprattutto con sapori più vari di quello tradizionale. Altrettanto importante è stato l’utilizzo dei latti fermentati in nuovi modelli culinari, soprattutto in quelli di per sé meno legati alla tradizione e per loro natura più aperti all’innovazione, come il settore dei dolci e dei gelati. Superfluo è qui ricordare la diversificazione delle preparazioni da forno o delle torte allo yogurt, ma anche il recente, notevole successo dei gelati a base di latte fermentato, che inoltre continuano ad arricchirsi di associazioni, analoghe a quelle che sono state viste per gli yogurt alla frutta. Il passaggio da una monotonia tradizionale della cucina, per certi aspetti e dal punto di vista antropologico rassicurante, ad una innovazione quasi senza limiti tipica della gastronomia, non deve essere ritenuto finito, ma soltanto agli inizi, soprattutto se si considerano le nuove utilizzazioni dei latti fermentati in rapporto ai diversi stili alimentari. Oggi i latti fermentati, nelle loro diverse tipologie e presentazioni, entrano nei diversi livelli dell’alimentazione (colazione, pranzo e cena). Inoltre i latti fermentati, in particolare lo yogurt, anzi gli yogurt, entrano in una gamma sempre più vasta di piatti che possono venire 31 Capitolo 1_7ª Bz 29-05-2002 13:17 Pagina 32 Latti fermentati: antropologia di un alimento utilizzati dall’antipasto al dessert, passando dai piatti di mezzo, di carne e di pesce, spesso innovando tradizioni culinarie. tavia ci assicura del profondo significato antropologico dei latti fermentati e che giustifica anche i recenti successi di alcuni prodotti. Anche per i latti fermentati si pone oggi quella che è stata definita la Questione dei Giacimenti Gastronomici. Ogni cultura aveva e ci ha lasciato una serie di monumenti architettonici o di opere d’arte, non solo alta ma anche povera, che rischiavano di venire irrimediabilmente perduti. Questi Giacimenti Architettonici e Artistici sono stati e continuano a venire catalogati, restaurati e recuperati, con interventi opportuni, capaci di renderli fruibili da un pubblico sempre più vasto. In modo analogo le culture passate ci hanno lasciato una grande varietà di alimenti e di preparazioni alimentari che rischiano di venire perdute e che nel loro insieme costituiscono i Giacimenti Gastronomici. Di questi, alcune categorie sono state catalogate e per diversi sono stati eseguiti interessanti operazioni di recupero, “restauro” e valorizzazione. Importanti esempi a questo riguardo vi sono per i vini, i formaggi e i salumi, con operazioni inserite anche nell’ambito di una qualificazione di Marca o di Marchio, anche, ma non necessariamente, di Denominazione di Origine (DOC, DOP, IGP, ecc.). Un futuro dalle radici antiche I Giacimenti Gastronomici dei latti fermentati costituiscono un patrimonio indispensabile per un loro sviluppo. I latti fermentati, si è fatto più volte rilevare, stanno passando da una tradizione femminile, casalinga, ad una innovazione maschile, prima artigianale e oggi sempre più industriale. Una trasformazione senza dubbio positiva e lo dimostra il continuo e inarrestabile successo dei latti fermentati che hanno seguito la strada della innovazione industriale. Quale può essere il futuro? Anzi, quale sarà il futuro che potremo costruire? È stato detto che quanto più indietro spingeremo il nostro sguardo, tanto più avanti potremo progettare il nostro futuro. Anche per questo, nelle poche pagine precedenti abbiamo cercato di spingere il nostro sguardo ad un passato che, seppure oscuro e impreciso, tut- 32 Capitolo 1_7ª Bz 29-05-2002 13:17 Pagina 33 G. Ballarini Le culture che hanno sviluppato i latti fermentati sono distribuite su di un’ampia area geografica eurasiatica, con successiva estensione africana, e hanno lasciato una enorme varietà di Giacimenti Gastronomici. Tuttavia solo alcune delle loro tipologie sono state individuate e non tutte adeguatamente studiate. Pochissime poi, e tra queste vi è ad esempio lo yogurt, sono state recuperate, “restaurate” e valorizzate. Una sterminata varietà di latti fermentati, importanti Giacimenti Gastronomici, oggi rischia di scomparire, forse per sempre, assieme a saggezze e segreti antichissimi (come quello, ad esempio, dei granuli di kefir). Una perdita molto grave soprattutto se si pensa al fatto, certamente non casuale, che queste tipologie di latti fermentati sono state sviluppate e conservate, trasmesse di generazione in generazione, per millenni. I latti fermentati, sia acidi che acido-alcolici, rappresentano una biodiversità altrettanto importante ad altre biodiversità che la nostra generazione non può distruggere o lasciar cadere nell’oblio, ma che deve valorizzare, trasformando anche questi Giacimenti Gastronomici in occasioni di sviluppo. Come è stato operato uno sviluppo dello yogurt che, ben radicato nel passato non ha però impedito, anzi ha fa- vorito l’innovazione, in modo analogo attendono di essere recuperati e sviluppati tanti altri latti fermentati. Un’operazione, quella ora indicata, che congiunge antiche culture a nuovi modi di ragionare ed un nuovo “accostamento”, nel senso più volte significato dal poeta argentino G.L. Borges, tra natura e cultura. Riferimenti bibliografici AAVV L’alimentazione dell’antichità. Parma, 2-3 maggio 1995 – Archeoclub, Parma, 1985. Alessio G, Battisti C Dizionario Etimologico Italiano. Barbera, Firenze, 1968. Ballarini G Radici antiche del formaggio grana e suo uso nella cucina tradizionale padana. In: AAVV, L’alimentazione nell’antichità, 1985, pp. 265-282. Ballarini G Il latte e la vita. Silvana Editrice, Milano, 1994. Bottazzi V Sviluppo della probiotica con i latti fermentati. L’industria del latte, 29: 67-73, 1993. Bottazzi V Yogurt, latti fermentati probiotici e funzionali. L’industria del latte, 33: 3-13, 1997. Bottazzi V, Zacconi C, Sarra PG, Dallavalle P, Parisi MG Kefir – Microbiologia, chimica, tecnologia. 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Winick C Dictionnary of Anthropology. Peter Owen, London, 1960. 34 Capitolo 2_5ª Bz 29-05-2002 M 13:19 Pagina 35 icrobiologia e tecnologia dei latti fermentati B. Battistotti*, V. Bottazzi** * Istituto di Microbiologia Università Cattolica di Piacenza ** Istituto di Microbiologia e Centro Ricerche Biotecnologiche Università Cattolica di Piacenza e Cremona Quadro generale dei principali latti fermentati Uno dei primi processi biologici controllati dall’uomo è stata la produzione, per fermentazione spontanea, di latte acido con particolari caratteristiche di sapore, odore, consistenza e con la capacità di non alterarsi rapidamente come il latte. I latti fermentati prodotti oggi nel mondo sono diversi in quanto frutto delle particolari condizioni ambientali, dei microrganismi utilizzati nel processo fermentativo e della tecnologia produttiva. La grande varietà esistente ne rende difficile una valida e completa classificazione; quelli più noti e più diffusi a livello artigianale o industriale sono riportati nella Tabella 1. Tutti i latti fermentati elencati nella Tabella 1 hanno come caratteristica di base un’intensa fermentazione lattica dovuta allo sviluppo di batteri lattici i quali possono associarsi anche con lieviti, acetobatteri o muffe. Cellule microbiche e prodotti dell’attività metabolica degli uni e degli altri vi si trovano variamente combinati. Secondo la definizione FIL-IDF del 1964 “I latti fermentati sono prodotti derivati dal latte che hanno proprietà speciali, legate con l’esistenza di una microflora specifica ed attiva e con la presenza di sostanze risultanti dal metabolismo di questi microrganismi”. La normativa nazionale vigente specifica a sua volta che lo yogurt, oggi principale componente dei latti fermentati, è solamente quello ottenuto dalla fermentazione operata da Streptococcus thermophilus e da Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus che conserva sino al momento del consumo, i microrganismi detti vivi e vitali in alto numero. In prodotti come il kefir, invece, e i latti fermentati probiotici e pre-probiotici, l’attività microbica può estendersi ad altri microrganismi che trovano varie combinazioni associative per dar luogo a differenti caratterizzazioni di prodotto. 35 Capitolo 2_5ª Bz 29-05-2002 13:19 Pagina 36 Microbiologia e tecnologia dei latti fermentati Tabella 1 Principali tipi di latti fermentati. Denominazione e tipologia del prodotto Area di origine o di produzione Tipo di latte utilizzato Armenia bovino, ovino Artigianali Yoghurt Mayzum Iran bovino, ovino, bufalino Kast Egitto bovino Dahi India bovino, bufalino Labneh Libano bovino Gioddu Sardegna ovino Kefir con grani Caucaso bovino, caprino Lagermilk Germania bovino, caprino Kumys Russia bovino Kellermilch Germania bovino tutto il mondo bovino Industriali Yogurt Acidophilus milk USA bovino Yacult Giappone bovino Cultured milk USA bovino Cultured cream USA bovino Buttermilk Germania bovino Kefir senza grani Russia bovino Latti fermentati probiotici tutto il mondo bovino Latti fermentati pre-probiotici tutto il mondo bovino Una distinzione basata principalmente sul sapore è la seguente: latti fermentati a sapore: – nettamente acido e con aroma da aldeide acetica: yogurt; – acido-alcolico: kefir; – scarsamente acido e di aspetto denso oleoso: fermentati filanti (viili); – scarsamente acido ottenuto con batteri lattici mesofili: cultured milk; – scarsamente acido ma con batteri probiotici. Le caratteristiche più significative dei prodotti più noti si configurano nel modo seguente: 36 Capitolo 2_5ª Bz 29-05-2002 13:19 Pagina 37 B. Battistotti, V. Bottazzi Yogurt Fermentazione a 42-45 °C Acidità: acido lattico DL 0,8-1,2% pH: 3,9-4,2 Residuo magro del latte: 9-10,5% Aldeide acetica: 15-30 ppm Tipologie: – naturale, tradizionale, a coagulo compatto o a coagulo rotto – fluido (yogurt da bere) – da latte intero, parzialmente o totalmente scremato o arricchito in grasso – alla frutta – a basso contenuto di lattosio – a ridotto valore calorico – concentrato e disidratato – gelato Microflora specifica: Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus e Streptococcus thermophilus Acidophilus milk Fermentazione a 37-38 °C Acidità: acido lattico DL 0,6-0,7% Sapore: molto caratteristico e distinto Possiede proprietà probiotiche Residuo magro del latte: 8,5-10,0% Microflora specifica: Lactobacillus acidophilus Kefir Fermentazione a 20 °C Acidità: acido lattico 0,6-0,9% Alcool etilico: 0,4-0,9% (raramente anche 3%) Prodotto effervescente per l’accumulo di anidride carbonica Possiede proprietà probiotiche Residuo magro del latte: 8,5-9,0% Microflora specifica: Lactobacillus brevis, Lactobacillus casei, Leuconostoc mesenteroides, Acetobacter aceti, Saccharomyces spp. Cultured milk Fermentazione a 20-22 °C Acidità: acido lattico L(+) 0,45-0,6% Residuo magro del latte: 7,3-8,2% Presenta aroma di diacetile e acetoino Microflora specifica: Lactococcus lactis subsp. lactis, Lactococcus lactis subsp. diacetilactis, Leuconostoc mesenteroides 37 Capitolo 2_5ª Bz 29-05-2002 13:19 Pagina 38 Microbiologia e tecnologia dei latti fermentati acetobatteri, lieviti e muffe che costituiscono associazioni con un’azione sinergica nella caratterizzazione dello specifico latte fermentato. Diventa così interessante conoscere questi microrganismi, le loro attività e proprietà per apprezzarne il ruolo nel fornirci alimenti gradevoli al palato, di alto significato nutrizionale, in grado di contribuire al nostro benessere fisico insediandosi come baluardi nel nostro apparato digerente. Microrganismi per la produzione dei principali latti fermentati I microrganismi dei latti fermentati sono alimentari, “food grade”, fanno parte integrante dell’alimento. In grande prevalenza appartengono ai batteri lattici mesofili o termofili ma per alcune tipologie di prodotto assumono anche significato bifidobatteri, Figura 1 Distribuzione dei microrganismi in funzione dei diversi tipi di latti fermentati. A. Microrganismi di latti fermentati preparati a temperatura superiore a 30 °C Streptococcus thermophilus Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus Lactobacillus acidophilus Lactobacillus reuteri Pediococcus pentosaceus Pediococcus acidilactici Bifidobacterium longum Bifidobacterium bifidum Bifidobacterium animalis per yogurt e similari per i vari tipi di latti fermentati probiotici Lactobacillus casei per latti fermentati tipo yakult B. Microrganismi di latti fermentati preparati a temperatura inferiore a 30 °C Lactococcus lactis subsp. lactis e subsp. cremoris Lactobacillus brevis Lactobacillus casei Leuconostoc mesenteroides subsp. cremoris e subsp. lactis Saccharomyces cerevisiae Saccharomyces delbrueckii Acetobacter aceti 38 Geotrichum candidum per i latti fermentati filanti per i latti fermentati acido-alcolici Capitolo 2_5ª Bz 29-05-2002 13:19 Pagina 39 B. Battistotti, V. Bottazzi La Figura 1 schematizza la distribuzione dei microrganismi alimentari in funzione dei diversi gruppi o tipi di latti fermentati. Lactobacillus acidophilus Lactobacillus casei Lactococcus lactis subsp. lactis Pediococcus acidilactici e Pediococcus pentosaceus Leuconostoc mesenteroides subsp. cremoris Batteri lattici Il gruppo dei batteri lattici comprende diverse specie e riunisce forme microbiche di prevalente caratterizzazione tecnologica e altre di interesse probiotico. Di seguito verrà fatta una breve presentazione attraverso caratteri morfologici, fisiologici, metabolici e genetici di: Streptococcus thermophilus Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus Streptococcus thermophilus La specie è stata proposta nel 1919 da Orla-Jensen e per un insieme di ben definiti caratteri fisiologici, biochimici e tecnologici, è particolarmente idonea a sviluppare nel latte. Streptococcus thermophilus presenta cellule con diametro di 0,5-0,6 µm, disposte a diplococchi o in catene di lunghezza variabile come riportato nelle Figure 2 e 3. Figura 2 Streptococcus thermophilus da colonia su agar nutritivo osservato al microscopio elettronico a scansione. 39 Capitolo 2_5ª Bz 29-05-2002 13:19 Pagina 40 Microbiologia e tecnologia dei latti fermentati Figura 3 Particolare di catene di Streptococcus thermophilus sviluppato su agar nutritivo. Tabella 2 Principali caratteri distintivi per Streptococcus thermophilus. Peptide del peptidoglicano L-Lys-L-Ala Produzione di acido lattico in latte dalla fermentazione di lattosio, glucosio Tipo di acido lattico prodotto L (+) Quantità di acido lattico prodotto in latte < 1% Temperatura di sviluppo: ottimale 42-48 °C massima 52 °C minima 19-21 °C Metabolismo omofermentante % (G+C) del DNA 37-40 Sopravvivenza a 60 °C x 15’ positiva Idrolisi del lattosio per intervento di beta-galattosidasi Via di trasporto del lattosio permeasi Sviluppo in presenza del 2,5% di NaCl positivo Sviluppo in presenza del 4% di NaCl negativo Produzione di NH3 e CO2 da urea positiva Produzione di vitamine B6, B12 40 Capitolo 2_5ª Bz 29-05-2002 13:19 Pagina 41 B. Battistotti, V. Bottazzi Non forma spore, non è mobile, non produce catalasi, è anaerobico facoltativo e appartiene ai Gram positivi; alcuni ceppi producono materiale mucillaginoso, instaura con Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus un rapporto associativo particolare. I principali caratteri distintivi di specie sono riportati nella Tabella 2. rium bulgaricum ; successivamente prese il nome di Lactobacillus bulgaricus e solo recentemente quello di Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus. Da un punto di vista genetico la specie è omologa con Lactobacillus lactis , Lactobacillus delbrueckii e Lactobacillus leichmannii. La morfologia è di bacilli alquanto lunghi, isolati o in corti filamenti (Fig. 4). Nelle colonie su agar nutritivi compare con frequenza la forma a spirale come è riportato in Figura 5. Alla periferia delle colonie molti ceppi si presentano sottoforma di lunghi filamenti di bacilli. Le cellule si caratterizzano per la Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus La specie Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus è stata per la prima volta descritta da Orla-Jensen nel 1919 con il nome ThermobacteFigura 4 Microcolonia di Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus sviluppata in yogurt a coagulo compatto. 41 Capitolo 2_5ª Bz 29-05-2002 13:19 Pagina 42 Microbiologia e tecnologia dei latti fermentati Figura 5 Morfologia a spirale di Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus in colonia sviluppata in anaerobiosi su MRS. Tabella 3 Principali caratteri distintivi per Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus. Peptide del peptidoglicano L-Lys-D-Asp Produzione di acido lattico in latte dalla fermentazione di lattosio, glucosio Tipo di acido lattico prodotto D(–) Quantità di acido lattico prodotto in latte > 1,5% Temperatura di sviluppo: 42-45 °C ottimale massima Metabolismo 48-52 °C omofermentante % (G+C) del DNA 49-51 NH3 da arginina negativo NH3 e CO2 da urea negativo Idrolisi del lattosio per intervento di beta-galattosidasi Via di trasporto del lattosio permeasi Gruppo sierologico E Produzione di vitamine acido folico, niacina, B6 42 Capitolo 2_5ª Bz 29-05-2002 13:19 Pagina 43 B. Battistotti, V. Bottazzi presenza di granuli metacromatici facilmente evidenziabili alla colorazione con bleu di metilene. I caratteri generali di specie sono riuniti nella Tabella 3. La specie Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus è microaerofila, non forma spore, non è mobile, è catalasinegativa, presenta una forma bacillare e appartiene al gruppo dei batteri Gram positivi. cità superiore rispetto a Streptococcus thermophilus e Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus nel superare le condizioni avverse dovute all’acidità dello stomaco e alla concentrazione in sali di bile del piccolo intestino. Si presenta sottoforma di bacilli isolati, o a due a due oppure anche a corti filamenti, come riportato nella Figura 6. I principali caratteri distintivi di specie sono riportati nella Tabella 4. La specie Lactobacillus acidophilus è microaerofila, non sporigena, senza catalasi, non mobile, è Gram positiva. Lactobacillus acidophilus La specie Lactobacillus acidophilus è geneticamente composta da gruppi o aggregati genetici corrispondenti a differenti specie in precedenza descritte come L. crispatus, L. gasseri, L. amylovorus. Nel 1900 Moro descrisse la specie come Bacillus acidophilus e solamente nel 1920 fu proposto di includerla nel genere Lactobacillus ma una forte incertezza è sempre rimasta a proposito dell’identità della specie. Lactobacillus acidophilus si caratterizza per un lento sviluppo in latte e i ceppi che sviluppano bene inducono la formazione di sapori particolari non sempre graditi dal consumatore europeo. Ai bassi valori di pH dei latti fermentati, L. acidophilus sopravvive per un tempo alquanto limitato. L. acidophilus è considerata una buona specie probiotica con una capa- Lactobacillus casei La specie Lactobacillus casei rappresenta un gruppo eterogeneo di bacilli lattici mesofili largamente diffusi in natura con nicchie ecologiche di sviluppo localizzate anche nei formaggi. La caratterizzazione fenotipica aveva portato alla distinzione in subspecie quali casei, alactosus, rhamnosus, tolerans e pseudoplantarum, mentre la recente riclassificazione su basi anche molecolari porta alla individuazione di Lactobacillus paracasei e al riconoscimento della subspecie Lactobacillus paracasei subsp. tolerans. Con l’analisi di 16S rRNA si è visto che Lactobacillus rhamnosus e Lactobacillus casei hanno omologia con Lactobacillus paracasei. 43 Capitolo 2_5ª Bz 29-05-2002 13:19 Pagina 44 Microbiologia e tecnologia dei latti fermentati Figura 6 Morfologia al microscopio elettronico a scansione di Lactobacillus acidophilus. Tabella 4 Principali caratteri distintivi per Lactobacillus acidophilus. Produzione di acido lattico in latte dalla fermentazione di lattosio, glucosio, galattosio Tipo di acido lattico prodotto DL Quantità di acido lattico prodotto in latte < 1% Fattori di sviluppo richiesti calcio pantotenato, acido folico, niacina, riboflavina Temperatura di sviluppo: ottimale 37 °C massima 45 °C Metabolismo omofermentante % (G+C) del DNA 32,5-38 Idrolisi del lattosio per intervento di beta-galattosidasi e beta-fosfogalattosidasi Via di trasporto del lattosio permeasi e sistema lattosio fosfotransferasi DNA-DNA omologia distribuzione dei ceppi in sei gruppi: A1, A2, A3, A4 e B1 e B2 44 Capitolo 2_5ª Bz 29-05-2002 13:19 Pagina 45 B. Battistotti, V. Bottazzi Tabella 5 Principali caratteri distintivi per Lactobacillus paracasei. Produzione di acido lattico in latte dalla fermentazione di lattosio (non tutti i ceppi), galattosio, glucosio Tipo di acido lattico prodotto L (+) Quantità di acido lattico prodotto in latte < 1% Temperatura di sviluppo: ottimale 45 °C minima 5 °C Metabolismo omofermentante % (G+C) del DNA 45-47 Idrolisi dell’arginina negativo Idrolisi del lattosio per intervento di beta-galattosidasi e beta-fosfogalattosidasi Via di trasporto del lattosio permeasi e sistema lattosio fosfotransferasi I caratteri generali che vengono riportati nella Tabella 5 si riferiscono a Lactobacillus paracasei. La specie Lactobacillus casei è microaerofila, non sporigena, omofermentante, priva di catalasi, non mobile, Gram positiva. È specie con effetto probiotico. La morfologia è di streptobatteri con lunghi filamenti ben settati composti da corti bacilli come indicato in Figura 7. Sono microaerofili, non sporigeni, immobili, catalasi e citocromo negativi, non emolitici, crescono a 10 °C ma non a 45 °C. Sono molto sensibili all’infezione fagica. I principali caratteri distintivi per la specie Lactococcus lactis subsp. lactis sono riuniti nella Tabella 6. Nella preparazione del latte filante viili della Finlandia e filmjok della Svezia la specie Lactococcus lactis subsp. lactis si associa con Geotrichum candidum (Oospora lactis) che appartiene al genere Endomyces che si caratterizza per la formazione di un micelio più o meno abbondante e per la riproduzione attraverso conidi cilindrici che derivano dalla segmentazione delle ife. Lactococcus lactis subsp. lactis Lactococcus lactis subsp. lactis e subsp. cremoris appartengono al genere Lactococcus e sono batteri lattici a morfologia coccica che formano catene anche lunghe, come è evidente nella Figura 8. 45 Capitolo 2_5ª Bz 29-05-2002 13:19 Pagina 46 Microbiologia e tecnologia dei latti fermentati Figura 7 Morfologia al microscopio elettronico a scansione di Lactobacillus paracasei. Figura 8 Morfologia al microscopio elettronico a scansione di una catena di cocchi di Lactococcus lactis subsp. lactis sviluppato in latte. 46 Capitolo 2_5ª Bz 29-05-2002 13:19 Pagina 47 B. Battistotti, V. Bottazzi Tabella 6 Principali caratteri distintivi per Lactococcus lactis subsp. lactis. Peptide del peptidoglicano L-Lys-D-Asp Produzione di acido lattico in latte dalla fermentazione di lattosio, glucosio, galattosio Tipo di acido lattico prodotto L (+) Quantità di acido lattico prodotto in latte < 1% Sviluppo in presenza del 4% di NaCl positivo Metabolismo omofermentante % (G+C) del DNA 34-37 NH3 da arginina positivo Pediococchi Sono i soli batteri lattici che si dividono in direzioni ortogonali per formare tetradi distribuite su un solo piano. Sono mesofili, fermentano il lattosio per produrre acido lattico DL. Due specie, Pediococcus pentosaceus e Pediococcus acidilactici, sono utilizzate come starter per latti fermentati probiotici. Sono costituiti da cellule cocciche del diametro di 0,4 µm, immobili, non sporigene a catalasi negativa. e subsp. lactis sono le specie di interesse nella produzione di latti fermentati; la subsp. lactis utilizza i citrati con produzione di diacetile, acetoino e anidride carbonica. Sono microrganismi a catalasi negativa e non idrolizzano l’arginina. Bifidobatteri I bifidobatteri si differenziano, in primo luogo, dai batteri lattici di interesse per i latti fermentati in quanto dalla metabolizzazione del lattosio oltre ad acido lattico producono anche acido acetico. Sono batteri probiotici di grande interesse, normalmente presenti nel tratto gastrointestinale dell’uomo; nel colon possono raggiungere 108-1011 cellule vive per grammo di materiale intestinale. La prima descrizione di bifidobatteri Leuconostoc Sono batteri lattici a forma coccica, mesofili che fermentano debolmente il lattosio del latte con produzione di acido lattico D(–), anidride carbonica e alcool etilico. Sono utilizzati come starter nei latti fermentati e per il buttermilk. Leuconostoc mesenteroides subsp. cremoris 47 Capitolo 2_5ª Bz 29-05-2002 13:19 Pagina 48 Microbiologia e tecnologia dei latti fermentati Figura 9 Morfologia cellulare eterogenea di bifidobatterio, isolato da latte fermentato probiotico del commercio, da colonia su agar nutritivo selettivo. Tabella 7 Principali caratteri distintivi per specie probiotiche di Bifidobacterium. Specie di bifidum adolescentis Produzione di acido lattico da glucosio, galattosio, lattosio e alcuni ceppi da saccarosio e melibiosio arabinosio, xilosio, glucosio, galattosio, fruttosio, mannosio, lattosio, maltosio, saccarosio, cellobiosio, melibiosio, raffinosio % (G+C) del DNA 58 58 Peptide del peptidoglicano Orn(Lys)-Ser-Asp Lys(Orn)-Asp Gruppo sierologico B B Temperatura ottimale di sviluppo (°C) 37-40 37-40 Temperatura minima di sviluppo (°C) 25-28 25-28 Attività ureasica negativa negativa Riduzione dei nitrati negativa negativa 48 Capitolo 2_5ª Bz 29-05-2002 13:19 Pagina 49 B. Battistotti, V. Bottazzi Figura 10 Particolare di morfologia a X, a Y, a clava e a globi di bifidobatterio, isolato da latte fermentato probiotico del commercio, dopo sviluppo su agar nutritivo selettivo. risale al 1899 e da allora sono stati fatti molti tentativi per un loro collocamento tassonomico; oggi il genere Bifidobacterium riunisce ben 32 specie. Sono batteri Gram positivi, senza spora, immobili, anaerobi, a catalasi negativa, non sono acidurici, a morfologia bacillare ma con forte tendenza al pleomorfismo come si può dedurre dalle Figure 9 e 10. Nelle preparazioni commerciali di latti fermentati probiotici con bifidobatteri è difficile poter osservare cellule a morfologia ramificata; con la Figura 11 si riporta l’immagine di bacilli ramificati direttamente osservati in prodotti commerciali. I principali caratteri di specie sono riportati nella Tabella 7. Bifidobacterium infantis breve longum glucosio, galattosio, fruttosio, lattosio, maltosio, saccarosio, melibiosio, salicina, raffinosio glucosio, galattosio, fruttosio, lattosio, maltosio, saccarosio, melibiosio, salicina, raffinosio arabinosio, glucosio, galattosio, fruttosio, lattosio, maltosio, saccarosio, melibiosio, raffinosio 58 58 58 Orn(Lys)-SerAla-Thr-Ala Lys-Gly Orn(Lys)-SerAla-Thr-Ala B B B 37-40 37-40 37-40 25-28 25-28 25-28 negativa negativa negativa negativa negativa negativa 49 Capitolo 2_5ª Bz 29-05-2002 13:19 Pagina 50 Microbiologia e tecnologia dei latti fermentati Figura 11 Cellule di bifidobatteri presenti in latti fermentati probiotici del commercio. 50 Capitolo 2_5ª Bz 29-05-2002 13:19 Pagina 51 B. Battistotti, V. Bottazzi Acetobatteri bevanda kefir rispettivamente a valori di 106-108/g e 105-106/ml. Partecipano direttamente alla produzione del latte fermentato e trovano legame associativo mutualistico con i microrganismi prima indicati come componenti dei latti fermentati acidoalcolici. Presentano una morfologia di corto bacillo, mobile, isolato, a due a due o anche in corto filamento, non sporigeno. Sono in grado di ossidare l’alcool etilico ad acido acetico; ossidano anche l’acido lattico e l’acido acetico. La specie più frequentemente presente è Acetobacter aceti con i caratteri generali riassunti nella Tabella 8. Alcuni ceppi di Acetobacter presenti nel kefir sono anche in grado di ossidare il glucosio per dar luogo alla formazione di acido gluconico. Gli acetobatteri sono componenti della microflora del kefir che nel suo complesso presenta la seguente caratterizzazione microbiologica: a) batteri lattici: bacilli mesofili: Lactobacillus casei Lactobacillus brevis streptococchi mesofili: Lactococcus lactis subsp. lactis Leuconostoc mesenteroides subsp. lactis e subsp. cremoris b) enterococchi: Enterococcus durans c) lieviti: Saccharomyces delbrueckii Saccharomyces cerevisiae Kluyveromyces maxianum d) acetobatteri: Acetobacter aceti Lieviti Il gruppo degli acetobatteri è formato da microrganismi a metabolismo ossidativo presenti nei granuli e nella Il gruppo dei lieviti interessa la produzione dei latti fermentati acido-alcolici. Tabella 8 Caratteri generali per Acetobacter aceti. Morfologia Bacilli mobili Flagelli Produzione di Peritrichi 51 Ossidazione di ac. acetico ac. gluconico ac. acetico ac. lattico + ± + + Capitolo 2_5ª Bz 29-05-2002 13:19 Pagina 52 Microbiologia e tecnologia dei latti fermentati La letteratura riferisce che i lieviti sono presenti con specie diverse nei granuli di kefir con valori medi di 108/g cellule. Con riferimento al genere Saccharomyces si riscontrano le specie: Saccharomyces delbrueckii Saccharomyces cerevisiae Saccharomyces kefir Saccharomyces fragilis al genere Torula le specie: Torula lactis Torula ellipsoidea Torula kefir Kluyveromyces marxianus al genere Candida la specie: Candida pseudotropicalis var. lactosa. I lieviti per lo più si localizzano al centro del granulo di kefir (Figg. 12 e 13) e rappresentano una microflora fondamentale per i prodotti acido-alcolici. Le due specie più rappresentate (Saccharomyces delbrueckii e Saccharomyces cerevisiae), i cui caratteri generali sono riuniti nella Tabella 9, sono lieviti lattosio-negativi e stabiliscono un rapporto associativo mutualistico con i batteri lattici i quali, mettendo a disposizione galattosio, consentono ai lieviti di produrre alcool etilico. Figura 12 Microflora da lieviti e schizomiceti localizzati all’interno di un granulo di kefir. 52 Capitolo 2_5ª Bz 29-05-2002 13:19 Pagina 53 B. Battistotti, V. Bottazzi Tabella 9 Caratteristiche generali di lieviti presenti in granuli di kefir. Identificazione Saccharomyces cerevisiae Saccharomyces delbrueckii Crescita in agar malto: aspetto della coltura patina bianca, opaca, abbondante patina beige, lucente, con margini interi Forma delle cellule su agar malto allungate o globose di medie dimensioni rotondeggianti di piccola dimensione Sporificazione Fermentazione Assimilazione ± = carattere intermedio + = carattere positivo – = carattere negativo + + glucosio + + galattosio + + saccarosio + – maltosio + – melibiosio – – raffinosio + (1/3) – melezitosio ± – inulina – – cellobiosio – – trealosio ± + lattosio – – amido solubile – – glucosio + + galattosio + + sorbosio – + saccarosio – – maltosio + – cellobiosio – – trealosio ± + lattosio – – melibiosio – – raffinosio + – melezitosio ± – inulina – – amido solubile – – D-xilosio – – L-arabinosio – – D-ribosio ± – L-ramnosio – – KNO3 – – arbutina – – 53 Capitolo 2_5ª Bz 29-05-2002 13:19 Pagina 54 Microbiologia e tecnologia dei latti fermentati Figura 13 Lieviti localizzati al centro di un granulo di kefir osservati al microscopio elettronico a scansione. I lieviti a loro volta sintetizzano riboflavina e altre vitamine che sono importanti per lo sviluppo dei batteri lattici. drici, prodotti per disarticolazione delle ife laterali. Ossida l’acido lattico ad anidride carbonica e acqua, produce enzimi proteolitici e lipolitici. Muffe L’unica specie di muffe utilizzata nella produzione dei latti fermentati è Geotrichum candidum prima detta Oospora lactis e Oidium lactis la cui riproduzione sessuale per ascospore è molto occasionale. Pertanto viene ascritta a Funghi imperfetti classe Ifomiceti; forma colonie bianco-crema con conidi, cilin- Vie metaboliche di utilizzo fermentativo dei componenti del latte Il processo di fermentazione che caratterizza la produzione di yogurt è di sorprendente potenza biologica e di straordinaria efficienza tecnologica. 54 Capitolo 2_5ª Bz 29-05-2002 13:19 Pagina 55 B. Battistotti, V. Bottazzi Figura 14 LATTOSIO Schema metabolico della fermentazione del lattosio da parte di Streptococcus thermophilus e Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus (vedi testo). parete cellulare permeasi lattosio beta-galattosidasi glucosio galattosio glucosio-6P fruttosio-1,6P aldolasi triosio-3P acido piruvico lattato deidrogenasi acido lattico L(+) D(–) da Streptococcus thermophilus da Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus A questo proposito è sufficiente sottolineare che il prodotto yogurt si realizza comunemente nel tempo di tre ore durante le quali avvengono considerevoli trasformazioni di natura fisica, chimica, microbiologica, organolettica e nutrizionale. Di questa complessa dinamica di seguito verranno tratteggiati gli aspetti principali. Lo yogurt è il risultato dello sviluppo combinato di Streptococcus thermo- philus e di Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus che sono entrambi microrganismi omofermentanti obbligati che danno come prodotto finale dalla utilizzazione del lattosio quasi esclusivamente acido lattico. Lo schema metabolico della fermentazione del lattosio, per le due specie indicate, è illustrato nella Figura 14. Lo schema fermentativo è ben diverso, come riportato nella Figura 15, per Lactococcus lactis subsp. lactis e subsp. 55 Capitolo 2_5ª Bz 29-05-2002 13:19 Pagina 56 Microbiologia e tecnologia dei latti fermentati Figura 15 Schema metabolico della fermentazione del lattosio ad opera di Lactococcus lactis subsp. lactis e subsp. cremoris, Lactobacillus acidophilus e Lactobacillus paracasei durante la produzione di latti fermentati. LATTOSIO parete cellulare sistema lattosio fosfotransferasi PTS-PEP permeasi lattosio fosfato lattosio galattosio-6P glucosio citoplasma galattosio galattosio-1P tagatosio-6P tagatosio-1,6P glucosio-6P fruttosio-1,6P triosio-3P acido piruvico acido lattico L(+) DL da Lactococcus lactis subsp. lactis e subsp. cremoris Lactobacillus paracasei cremoris che seguono esclusivamente la via PTS-PEP che realizza la fosforilizzazione dello zucchero a livello della parete cellulare per cui lo zucchero entra nel citoplasma come lattosio fosfato sul quale interviene la beta-fosfogalattosidasi. Lactobacillus acidophilus e Lactobacillus paracasei presentano entrambi i sistemi metabolici, vale a dire quello del trasferimento in cellula del lattosio via PTS-PEP e via permeasi. da Lactobacillus acidophilus I batteri lattici termofili dello yogurt sono dotati di un sistema di trasporto del lattosio, la permeasi, che viene energizzato dall’adenina-trifosfato e la prima idrolisi in cellula del disaccaride, con liberazione di glucosio e galattosio, avviene per intervento della beta-galattosidasi. Il glucosio viene rapidamente fosforilato e poi, per intervento del sistema enzimatico aldolasi, ridotto a due triosi e convertito ad acido piruvico se- 56 Capitolo 2_5ª Bz 29-05-2002 13:19 Pagina 57 B. Battistotti, V. Bottazzi condo la via glicolitica. L’acido piruvico viene poi convertito in acido lattico dall’enzima lattato deidrogenasi. Streptococcus thermophilus forma acido lattico L(+) e Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus D(–). Il galattosio non viene fermentato e man mano che si libera dal lattosio viene scaricato all’esterno della cellula. Streptococcus thermophilus ha una netta preferenza per il lattosio come fonte di energia; questo si traduce in una rapida crescita in latte e il processo di acidificazione è ancora più veloce quando le due specie di batteri lattici per lo yogurt vengono fatte sviluppare in associazione. L’interazione, con manifestazione di sinergismi microbici tra i due microrganismi risulta non solo favorevole all’acidificazione ma anche alla formazione dell’aroma dello yogurt, che è parte importante per la caratterizzazione del prodotto fermentato, e alla produzione di polisaccaridi. La produzione di acido lattico delle colture miste, composte da ceppi delle due specie dette, è nettamente superiore a quella dei singoli ceppi componenti. Questo comportamento, che ha trovato applicazione nel processo tecnologico di produzione dello yogurt e che guida la scelta e la selezione dei ceppi, è illustrato nella Figura 16. A spiegazione di questo effetto sinergico si pone il fatto che lo sviluppo di Streptococcus thermophilus è stimolato da aminoacidi e da peptidi che vengono liberati dalle proteine del latte ad opera di Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus. Sulla base di questa constatazione Henneberg nel 1926 indicava che la coltura per yogurt era “una simbiosi facile da realizzare” e oggi ben sappiamo che in generale cinque aminoacidi, quali valina, glicina, istidina, leucina e isoleucina, e corti peptidi, per Streptococcus thermophilus, sono sorgenti preferenziali di azoto per la costruzione delle masse cellulari. A sua volta la crescita di Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus viene stimolata da composti elaborati da Streptococcus thermophilus quali anidride carbonica e acido formico. Nelle condizioni pratiche di produzione dello yogurt, la disponibilità di anidride carbonica è un elemento essenziale per il buon sviluppo della protocooperazione tra i batteri dello yogurt. Con i trattamenti di preparazione del latte per produrre yogurt, la CO2 si riduce a valori inferiori al livello minimo richiesto per un rapido sviluppo di L. bulgaricus minimo pari a 30 mg per kg. La liberazione di CO2 per decarbossilazione dell’urea, che avviene in yogurt per opera di Strepto- 57 Capitolo 2_5ª Bz 29-05-2002 13:19 Pagina 58 Microbiologia e tecnologia dei latti fermentati Figura 16 Indicazione di alcuni fattori di stimolo ed effetti sinergici in coltura associata di Streptococcus thermophilus e Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus per yogurt. aminoacidi (valina, glicina, istidina, leucina, isoleucina) NH3 peptidi a corta catena CO2 ≥ 30 mg/kg acido formico 40 mg/kg ml 12 10 8 6 4 2 0 ............................... 0,1 N NaOH (per 10 ml di coltura) a) Acidificazione 2 4 6 8 Ore di incubazione Produzione di acidità con Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus Streptococcus thermophilus associazione delle due specie b) Formazione di aroma (aldeide acetica in ppm) 10 – 12,0 2,5 – 3,0 22,0 – 27,0 c) Formazione di polisaccaridi (mg/kg) 50 – 350 60 – 425 800 58 Capitolo 2_5ª Bz 29-05-2002 13:19 Pagina 59 B. Battistotti, V. Bottazzi Tabella 10 Contenuto in anidride carbonica dello yogurt nelle prime due ore di fermentazione. Durata di incubazione (in minuti) pH Contenuto in CO2 (mg/kg) 0 6,42 10 26 6,30 14 37 6,20 30 45 6,10 50 53 6,00 66 66 5,75 158 81 5,50 293 100 5,25 285 116 5,00 280 coccus thermophilus ha l’andamento generale riportato nella Tabella 10. Come si può facilmente dedurre già dopo 37-40 minuti dall’inoculo con incubazione a 44,5 °C si hanno le condizioni favorevoli per lo sviluppo di Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus. Con lo sviluppo in associazione dopo 60 minuti di incubazione la CO2 prodotta è sempre in eccesso rispetto alle esigenze di Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus. I ceppi della specie Streptococcus thermophilus , attraverso il sistema ureasico, sono in grado di idrolizzare l’urea del latte, in anidride carbonica e ammoniaca. La Figura 17 riporta in forma grafica l’andamento della utilizzazione dell’urea durante lo sviluppo in latte di Streptococcus thermophilus. Con il processo di acidificazione che si realizza in yogurt profonde sono le modificazioni che avvengono a carico degli zuccheri. Il latte fresco ha un contenuto in lattosio che varia da 4,8 a 5,10% e nel latte per yogurt, che è concentrato per evaporazione, il valore raggiunge circa il 6%; alla fine della fermentazione la distribuzione degli zuccheri è la seguente: zuccheri totali 4,8-5,2% lattosio 3,8-4,0% galattosio 1,0-1,2% glucosio tracce Dopo 25 giorni di conservazione dello yogurt a 4 °C si registra una ulteriore diminuzione del lattosio pari a 0,20,3%; una diminuzione più piccola si verifica anche per il galattosio, con un calo complessivo dello zucchero di circa il 30%. 59 Capitolo 2_5ª Bz 29-05-2002 13:19 Pagina 60 Microbiologia e tecnologia dei latti fermentati Figura 17 Concentrazione (mM) 16 12 8 4 Sviluppo (O.D. 480) mM Urea Sviluppo 6 0,4 pH ....................................... NH3 ....................................... Utilizzazione dell’urea e formazione di ammoniaca ad opera di Streptococcus thermophilus durante lo sviluppo in latte a 37 °C. 7 NH3 4 0,3 6 2 pH Urea 0,2 0 5 0 60 120 Due sono le forme isomeriche di acido lattico che si ritrovano dopo la fermentazione del lattosio: L(+) prodotto da Streptococcus thermophilus e D(–) da Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus. La quantità dell’uno o dell’altro tipo di acido lattico dipende dall’intensità di sviluppo delle due specie batteriche. In genere, la quantità di acido lattico L(+) varia dal 50 al 60%. La quantità totale di acido lattico accumulato in yogurt è compresa tra 0,7 e 1,2% e il valore di pH si colloca tra 3,9 e 4,2. Lo sviluppo delle due specie in yogurt è influenzato anche dalla disponibi- 180 240 Tempo (min) 300 360 420 lità di acido formico. Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus è stimolato nello sviluppo proprio dall’acido formico, un precursore di nucleotidi. La formazione di tale acido è dovuta al trattamento termico che subisce il latte prima della fermentazione e alla produzione da parte di Streptococcus thermophilus. Con lo sviluppo in associazione della coltura per yogurt si hanno anche azioni sinergiche che influenzano la formazione dell’aroma. Le due specie associate producono più aldeide acetica rispetto alla somma delle quantità prodotte in fermentazioni separate: 60 Capitolo 2_5ª Bz 29-05-2002 13:19 Pagina 61 B. Battistotti, V. Bottazzi ppm di aldeide acetica prodotta dopo 4 ore di incubazione in latte Streptococcus thermophilus 2,5-3,0 Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus 10-11 Associazione delle due specie (1:1) 22-25 > CH3CH(OH)CH(NH2)COOH —— treonina In yogurt del commercio il contenuto in aldeide acetica varia da 20 a 50 ppm e rimane in genere costante durante la conservazione del prodotto. La Tabella 11 mostra l’attività di enzimi specifici per la sintesi di aldeide acetica portati dalle due specie. L’assenza in entrambi di alfa-carbossilasi suggerisce che l’aldeide acetica non può essere derivata dall’acido piruvico mentre in Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus molto attiva è la treonina aldolasi. La reazione catalizzata da treonina aldolasi è la seguente: > NH2CH2COOH + CH3CHO —— glicina aldeide acetica L’assenza in entrambe le specie dell’enzima alcool deidrogenasi rende stabile durante il periodo di conservazione dello yogurt, l’aldeide acetica. Quando invece si procede alla preparazione di latti fermentati con Lactobacillus acidophilus, come acidophilus milk e preparati probiotici, l’aroma da aldeide acetica è molto scarso o insi- Tabella 11 Enzimi specifici interessati alla sintesi di aldeide acetica. Indicazione di enzimi Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus Streptococcus thermophilus 1 acetato chinasi + + – CoA 2 fosfotransacetilasi + CoA + + + + 3 treonina aldolasi + – 4 aldeide deidrogenasi – + 5 alfa-carbossilasi – – 6 deossiriboaldolasi – – 7 alcool deidrogenasi – – 61 Capitolo 2_5ª Bz 29-05-2002 13:19 Pagina 62 Microbiologia e tecnologia dei latti fermentati gnificante perché la specie è dotata di alcool deidrogenasi che catalizza la seguente reazione: CH3CHO opera in modo che dopo 10-15 giorni sia pari allo 0,2% in peso. Questa concentrazione si ripercuote positivamente sulla struttura del prodotto che appare vellutato e fine al palato. Il polimero che viene prodotto avvolge le cellule produttrici e forma filamenti, come è evidente in Figura 18, che legano le cellule tra di loro e i grumi di caseina coagulata dando infine al prodotto resistenza alla sineresi e omogeneità di aspetto. Infine vanno sottolineate altre variazioni che avvengono durante la preparazione dello yogurt, legate allo sviluppo dei batteri lattici termofili, riferentesi al contenuto in vitamine, acido orotico, acido benzoico, acidi nucleici, batteriocine, enzimi, peptidi e aminoacidi. Durante la trasformazione del latte in yogurt alcune vitamine del gruppo B subiscono una diminuzione mentre altre registrano un aumento. Diminuiscono acido pantotenico e vitamina B12 e aumenta invece, in ragione consistente, l’acido folico e anche, seppure in minor ragione, la niacina. Un andamento generale rilevato dopo tre ore di fermentazione viene riportato nella Tabella 12. Entrambi i microrganismi componenti la coltura richiedono per lo sviluppo acido pantotenico ma Lactobacillus NADH+H+ > CH3CH2OH+NAD In yogurt all’aldeide acetica si associano anche 1-4 ppm di acetone, 2,53,5 ppm di acetoino e 0,5-1,0 ppm di diacetile. Un altro aspetto di grande interesse tecnologico è la produzione di polisaccaridi. I ceppi filanti di Streptococcus thermophilus e di Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus quando sviluppano in latte, producono polisaccaridi che sono principalmente composti da galattosio e glucosio. La quantità prodotta è più abbondante quando le due specie sono impiegate in associazione: in yogurt la produzione può raggiungere 800 mg per litro di latte quando la produzione per Streptococcus thermophilus oscilla tra 50 e 350 mg/litro e per solo Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus oscilla da 60 a 425 mg/litro a seconda del ceppo. La produzione di polisaccaridi è influenzata da molti fattori (di particolare influenza è la temperatura) ma nelle condizioni di produzione dello yogurt si 62 Capitolo 2_5ª Bz 29-05-2002 13:19 Pagina 63 B. Battistotti, V. Bottazzi Figura 18 Produzione di polisaccaridi da parte di Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus sviluppato in yogurt. delbrueckii subsp. bulgaricus richiede molto acido folico sintetizzato peraltro in abbondanza da Streptococcus thermophilus. Durante la conservazione del prodotto l’acido folico diminuisce per circa il 30% e la vitamina B12 per il 55-60%. La massima produzione di acido folico Tabella 12 Vitamina Variazioni del contenuto in vitamine in yogurt dopo tre ore di fermentazione. Latte per yogurt (µg/100 g) Yogurt dopo 3 ore di fermentazione (µg/100 g) Acido folico 0,371 3.805 Niacina 130 140 Acido pantotenico 482 381 Biotina 4.087 3.981 B12 0,426 0,354 63 Capitolo 2_5ª Bz 29-05-2002 13:19 Pagina 64 Microbiologia e tecnologia dei latti fermentati si ottiene con incubazione dello yogurt a 42 °C. È anche da sottolineare che per quanto riguarda la sintesi di vitamina B12 vi è una stretta relazione, che si verifica nella bevanda acido-alcolica kefir, tra batteri lattici e acetobatteri. Lo sviluppo in associazione determina un sensibile aumento in B12 rispetto alla quantità presente nello yogurt. Per quanto riguarda gli acidi organici, due fra quelli normalmente presenti nel latte subiscono significative trasformazioni. L’acido citrico e l’acido urico non vengono metabolizzati dai due microrganismi della coltura per yogurt ma l’acido orotico presente normalmente nel latte in ragione di 70-80 ppm viene ridotto a 17-30 ppm a seconda delle condizioni di produzione. L’acido benzoico, che nel latte per yogurt è presente in tracce, massimo 4-5 ppm nello yogurt quale metabolita microbico, raggiunge anche 60 ppm. L’acido benzoico ha come precursore l’acido ippurico e l’accumulo nei latti fermentati varia con il tipo di coltura impiegata; in yogurt oscilla tra 35 e 60 ppm, con l’associazione Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus – Lactobacillus acidophilus è di circa 30 e con colture mesofile di Lactococcus lactis subsp. lactis è compreso tra 10 e 35. In parallelo con la formazione di acido lattico si ha in certi latti fermentati un forte aumento di acido acetico. Nel caso del kefir è conseguente allo sviluppo di acetobatteri mentre in latti fermentati probiotici è dovuto allo sviluppo di bifidobatteri. Variazioni vi sono pure per quanto riguarda l’acido succinico e l’acido fumarico. Consistente è poi la produzione di sostanze ad attività antibatterica diverse dagli acidi organici o da acqua ossigenata ma da potersi ricondurre alle batteriocine. Con solo riferimento alla coltura per yogurt si può richiamare la batteriocina “bulgarican” sintetizzata da Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus che è termostabile, attiva a pH acido e che presenta un largo spettro di azione sia verso batteri Gram positivi che Gram negativi. Streptococcus thermophilus a sua volta produce “thermophilin 13” che è un peptide di 4000 Da, termostabile e attivo con un largo spettro di pH. Quest’ultima specie produce anche batteriocine attive verso muffe come Aspergillus e Rhizopus; nell’insieme le batteriocine prodotte dai componenti della coltura per yogurt e dagli altri batteri che intervengono nella produzione dei latti fermentati, sono numerose. Di notevole importanza è l’accu- 64 Capitolo 2_5ª Bz 29-05-2002 13:19 Pagina 65 B. Battistotti, V. Bottazzi mulo nei latti fermentati di beta-galattosidasi che ha un significato probiotico, come verrà specificato più avanti, di proteasi e peptidasi di origine dai microrganismi che determinano idrolisi delle proteine con liberazione di peptidi e aminoacidi. Infine viene sottolineato che con lo yogurt, che raggiunge anche più di un miliardo di cellule di batteri lattici per grammo, si hanno forti variazioni nel contenuto in nucleotidi: A. Composti derivati dall’idrolisi e metabolismo del lattosio: acido lattico, acido acetico anidride carbonica, alcool etilico acido formico, acido succinico acetone, diacetile, acetoino galattosio polisaccaridi B. Composti derivati dall’idrolisi delle proteine: peptidi, aminoacidi, aldeide acetica C. Composti derivati dalla utilizzazione dell’urea: anidride carbonica ammoniaca acido formico D. Composti derivati dalla utilizzazione di acidi organici: acido benzoico da acido ippurico composto sconosciuto da acido orotico aumentano: AMP = Adenosina monofosfato UMP = Uridina monofosfato GMP = Guanina monofosfato NAD = Adenina dinucleotide E. Variazioni nel contenuto in vitamine: aumento di acido folico e niacina diminuzione di acido pantotenico e B12 F. Variazioni nel contenuto in nucleotidi: aumentano: AMP (Adenosina monofosfato) UMP (Uridina monofosfato) GMP (Guanina monofosfato) NAD (Adenina dinucleotide) Quadro generale delle variazioni biochimiche che avvengono in yogurt G. Variazioni nella distribuzione dei minerali: aumento delle forme ioniche destabilizzazione del complesso calcio-fosfato caseinato H. Comparsa di sostanze proteiche ad attività antibatterica: varie batteriocine I. Accumulo di enzimi: Dall’insieme delle considerazioni fatte si evidenziano i principali cambiamenti che avvengono, per attività dei batteri lattici termofili, durante la trasformazione del latte in yogurt e altri latti fermentati; di seguito ne viene riportato il quadro riassuntivo. beta-galattosidasi proteasi peptidasi L. Cambiamenti della popolazione batterica: presenza di centinaia di milioni per grammo di batteri lattici e di microrganismi probiotici con protezione verso microrganismi indesiderati e azioni probiotiche varie 65 Capitolo 2_5ª Bz 29-05-2002 13:19 Pagina 66 Microbiologia e tecnologia dei latti fermentati un latte fermentato che può fregiarsi della definizione di “prodotto vivo” cioè di presentare, per tutto il periodo della conservazione, un alto numero di batteri lattici vivi. La fermentazione, che nel caso dello yogurt ha una durata di circa tre ore, consente di accumulare una massa di cellule di batteri lattici che finisce per occupare circa l’1% della massa del prodotto che, con il suo contenuto in proteine cellulari, aminoacidi, acidi nucleici e fosfolipidi, arricchisce il valo- Si vuole, infine, completare l’immagine dello yogurt con l’inserimento delle Figure 19 e 20 che offrono un’idea dello sviluppo dei batteri lattici termofili nel prodotto. Conservazione della microflora lattica in yogurt Caratteristica di fondamentale importanza dello yogurt è quella di essere Figura 19 Microcolonia di Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus sviluppata in yogurt a coagulo compatto. 66 Capitolo 2_5ª Bz 29-05-2002 13:19 Pagina 67 B. Battistotti, V. Bottazzi re nutrizionale dell’alimento yogurt. È questo un aspetto certamente importante e caratterizzante che viene però rafforzato dal fatto che le cellule sono vive. Con il consumo di yogurt fresco, si introduce (o si mangiano) normalmente un miliardo di batteri lattici vivi per grammo di prodotto; vale a dire con un vasetto di yogurt più di cento miliardi di batteri lattici che dopo aver ben operato con metabolismi da specialisti nell’attuare il processo di fermentazione del latte, potranno continuare con attività probiotiche. Durante la conservazione Streptococcus thermophilus e, in forma più marcata, Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus subiscono un calo nel numero di cellule vive. Questa diminuzione nel corso dei primi 30 giorni non è in genere molto significativa se il prodotto viene conservato a 4 °C, mentre diventa chiaramente evidente se la conservazione viene effettuata a 14-15 °C. Figura 20 Microcolonie di Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus e Streptococcus thermophilus formatesi nella stessa microcavità in yogurt a coagulo compatto. 67 Capitolo 2_5ª Bz 29-05-2002 13:19 Pagina 68 Microbiologia e tecnologia dei latti fermentati 1 x 108 1 x 107 1 x 106 1 x 105 1 x 104 3 1 x 10 1 x 102 .............................................................. .... UCF/ml Figura 21 Sopravvivenza nel tempo di Streptococcus thermophilus e Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus in yogurt naturale conservato a 4 e a 15 °C. 0 Cocchi 4 °C Bacilli 4 °C Cocchi 15 °C Bacilli 15 °C 10 20 Tra i 30-60 giorni dalla produzione il calo in batteri lattici vivi diventa, come si vede in Figura 21, notevole, anche a 4 °C specialmente per i bacilli. Ne consegue che lo yogurt deve essere conservato in frigorifero e che la vita commerciale non dovrebbe superare i 3540 giorni. 30 Giorni 40 50 60 Colture per latti fermentati Esistono fondamentalmente due tecniche per la preparazione degli inoculi per latti fermentati: a) tradizionale: consiste generalmente nel rinnovare il processo mediante ap- 68 Capitolo 2_5ª Bz 29-05-2002 13:19 Pagina 69 B. Battistotti, V. Bottazzi porto di latte fresco al prodotto di fermentazione o viceversa; b) razionale: con inoculo di colture controllate e isolate (starters) su latte altamente pastorizzato. Interessante è la preparazione del kefir tradizionale in otri di pelle o di legno che presentano, a seguito dell’uso continuato, le pareti interne ricoperte da ammassi, simili a riso cotto, che costituiscono il fondamento della tecnologia del kefir. I “grani di kefir” contengono le associazioni microbiche già ricordate in “protocooperativa” o anche in vere simbiosi mutualistiche, sono gelatinosi per la presenza del polisaccaride prodotto da L. brevis detto kefiran. L’aggiunta giornaliera di latte vaccino o di capra mantiene l’equilibrio microbico della nicchia. Il metodo casalingo di preparazione consiste nell’aggiungere grani di kefir in ragione di 0,5-1% a latte bollito e raffreddato a 20-22 °C e nel mantenere la temperatura per 12-24 ore in funzione del grado di acidità desiderato. Si separano quindi i grani per filtrazione mentre il latte fermentato risultante viene mantenuto per 1-2 giorni a 10-15 °C e poi consumato o conservato in frigorifero per qualche giorno. Nella prima fase avviene prevalente- mente la fermentazione lattica, nella seconda quella alcoolica con produzione di anidride carbonica e alcool etilico. Nella produzione per il commercio, il latte fermentato separato dai grani viene utilizzato come coltura madre per l’inoculo di latte pastorizzato. La fermentazione successiva avviene a 2023 °C. Kumys è un altro latte fermentato tradizionale prodotto con un’associazione in prevalenza costituita da L. delbrueckii subsp. bulgaricus, da L. acidophilus e lieviti del genere Saccharomyces, a 28 °C con rimuovo giornaliero mediante sostituzione di parte del latte di cavalla fermentato con latte fresco. Il Leben tradizionale si prepara da un’associazione costituita da Lactobacillus acidophilus, Streptococcus thermophilus, Leuconostoc mesenteroides subsp. lactis , Kluyveromyces marxianus (fragilis), Saccharomyces cerevisiae, con fermentazione per 9-10 ore a 26-28 °C e successiva conservazione per 2-3 ore a 20 °C. Il Buttermilk tradizionale non è altro che il latticello risultante dalla burrificazione della panna; oggi però si prepara da latte magro pastorizzato e innestato con colture starters costituite da streptococchi mesofili, Lactococcus lactis subsp. lactis e cremoris e Leucono- 69 Capitolo 2_5ª Bz 29-05-2002 13:19 Pagina 70 Microbiologia e tecnologia dei latti fermentati Figura 22 Schema per la preparazione della coltura partendo da starter liofilizzato. 1 6 2 5 3 4 8 7 70 9 Capitolo 2_5ª Bz 29-05-2002 13:19 Pagina 71 B. Battistotti, V. Bottazzi Figura 23 Schema per l’utilizzazione delle colture concentrate per inoculo diretto. Biomassa liofilizzata Biomassa congelata Dispersione in latte Scongelamento Inoculo diretto del latte stoc mesenteroides e fermentazione a 18-22 °C. Lo yogurt è certamente il latte fermentato a più larga diffusione, prodotto anche a livello familiare ma soprattutto industriale mediante starters, frutto di selezione per il potere acidificante, la ridotta proteolisi, la produzione di acetaldeide, lo sviluppo in combinazione (L. delbrueckii subsp. bulgaricus e Str. thermophilus), il potere addensante e lo sviluppo in latte. Le grandi aziende produttrici di yogurt selezionano direttamente i ceppi da yogurt tradizionale, le altre si riforniscono dei ceppi singoli o in associazione, congelati o liofilizzati, da centri specializzati. Si possono utilizzare direttamente per l’inoculo del latte da fermentare (inoculo diretto) o a seguito di passaggi di riattivazione-moltiplicazione in latte sterile e preparare così la “coltura madre” da utilizzare per il latte destinato allo yogurt come indicato nelle Figure 22 e 23. I latti fermentati con microflora intestinale contengono ceppi di origine umana, resistenti agli antibiotici, capaci di sopravvivere alle basse tensioni superficiali e alla presenza di acidi biliari, produttori di acidità. Lactobacillus acidophilus, Lactobacillus casei e bifidobatteri sono i microrganismi generalmente riconosciuti specifici, vengono forniti da centri specializzati congelati o liofilizzati utilizzati come tali e da soli nella produzione del latte fermentato o con un supporto nell’innesto, di una coltura per yogurt per rendere più gradito il latte fermentato al consumatore. 71 Capitolo 2_5ª Bz 29-05-2002 13:19 Pagina 72 Microbiologia e tecnologia dei latti fermentati Acetaldehyde metabolism in Lactobacillus bulgaricus and Streptococcus thermophilus isolated from market yogurt. Microbiol Alim Nutr, 6: 269-272, 1988. Riferimenti bibliografici Bottazzi V Other fermented dairy products. In: Biotechnology, Chapter 5, pp. 315-366, Verlag Chemie, Weinheim, FRG, 1985. 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La nota precipua e qualificante dello yogurt è costituita dalla presenza, in quantità elevata, dei fermenti specifici vivi e vitali nel prodotto finito fino al momento del consumo”. Lo yogurt viene di norma ottenuto da latte vaccino ma può essere utilizzato anche latte di pecora, bufala o capra; in tale caso deve essere fatta obbligatoriamente menzione nella denominazione di vendita. La preparazione tradizionale dello yogurt (Fig. 1), ovvero quella effettuata artigianalmente prima dell’avvento della produzione e commercializzazione su larga scala di questo derivato lattiero, veniva realizzata concentrando il latte per ebollizione fino a ridurne il volume a 2/3 dell’iniziale e inoculandovi, dopo un raffreddamento, una quota dello yogurt precedentemente prodotto. Il latte concentrato e innestato veniva quindi lasciato fermentare a temperatura ambiente per una notte al termine della quale si otteneva lo yogurt. Questo risultava in tal modo di aspetto compatto e poteva presentare una parziale separazione del siero dal coagulo a causa della bassa velocità di acidificazione a sua volta dovuta alla fermentazione effettuata a temperatura ambiente. Quest’ultima portava anche allo sviluppo di un’acidità diversa per ogni ciclo di preparazione a causa del variare del rapporto fra le concentrazioni di Strepto- 73 Capitolo 3_5ª Bz 29-05-2002 13:22 Pagina 74 Chimica e tecnologia dello yogurt Tabella 1 Aspetti regolamentati Normativa riguardante la produzione, composizione e commercializzazione dello yogurt. Normativa Merceologici Materia prima Latte vaccino (o di pecora, bufala o capra) pastorizzato o sterilizzatoa,d eventualmente addizionato di proteine lattee (contenuto proteico della miscela > 3,8%)c Materia non lattiera Zuccheri, preparati di frutta, ecc. in totale non superiore al 30% del prodotto finalea,d Contenuto lipidico Intero (> 3%), magro (< 1%) e parzialmente scrematoa Contenuto di acido lattico Non inferiore a 0,8%a Conservanti (sorbati) Non superiori a 20 mg/100 ga Temperatura di conservazione Non superiore a 4 °Ca Addensanti, gelificanti, stabilizzanti Assentib Microbiologici Specie microbiche Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus e Streptococcus thermophilusa,d Numero totale microrganismi alla produzione Non inferiore a 108-1010 UFC/ga Numero totale microrganismi alla vendita Non inferiore a 5*106 UFC/ga Numero microrganismi di ciascuna specie alla vendita Non inferiore a 1*106 UFC/gd Numero coliformi alla produzione Non superiore a 10 UFC/ga Contaminanti saprofiti In numero non sufficiente ad alterare il prodottoa Germi patogeni e loro tossine Assentia a Circolare del Ministero della Sanità n. 2 del 4/1/1972 Circolare del Ministero della Sanità n. 9 del 3/2/1986 c D.P.R. n. 54 del 14/1/1997 d Norma UNI n. 59.09 100.0 b coccus thermophilus e Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus. A ciò va aggiunto che i costituenti del latte subivano numerose alterazioni in seguito alla prolungata ebollizione con conseguente riduzione del valore nutrizionale. In seguito alla crescita del consumo di yogurt, la tecnologia di preparazione 74 Capitolo 3_5ª Bz 29-05-2002 13:22 Pagina 75 I. De Noni, P. Resmini, A. Tirelli Figura 1 LATTE Fasi principali della produzione tradizionale dello yogurt. Evaporazione per ebollizione Yogurt della precedente lavorazione Inoculo Fermentazione a temperatura ambiente per circa 12 ore YOGURT di questo prodotto è diventata più razionale subendo una serie di modifiche che hanno avuto anche lo scopo di favorire l’ottenimento di yogurt di consistenza più cremosa nonché di gusto meno acido, più delicato e spesso modificato mediante l’aggiunta di zucchero, frutta o aromi. Tutto ciò ha portato ad una notevole diversificazione delle tipologie di yogurt che ha permesso di soddisfare le aspettative sensoriali, oltre che salutistiche, delle diverse fasce di consumatori. In base all’ingredientistica utilizzata si possono sommariamente identificare le seguenti tipologie commerciali di yogurt: – yogurt bianco: ottenuto dal solo lat- te ed eventualmente panna; – yogurt tipo dessert: yogurt bianco contenente pezzi, purea o succo di frutta, aromi o altri ingredienti (zuccheri, cereali, cacao, malto, cioccolato, pappa reale, miele, caffè, succhi vegetali); – yogurt arricchito: yogurt bianco o tipo dessert contenente sali minerali, vitamine, oligosaccaridi, fibra o altri ingredienti funzionali o prebiotici. Questi yogurt vengono comunemente prodotti nei tipi magro o intero contenenti rispettivamente fino a 1% e più di 3% di grasso sul prodotto finito; possono tuttavia essere preparati anche prodotti parzialmente scremati. 75 Capitolo 3_5ª Bz 29-05-2002 13:22 Pagina 76 Chimica e tecnologia dello yogurt Silos per lo stoccaggio del latte (Stabilimento Danone di Casale Cremasco). sibili anche a bassi livelli di contaminazione. La presenza di questi composti provoca un rallentamento della fermentazione lattica a cui consegue un’insufficiente acidificazione del latte o un tempo di lavorazione incompatibile con le esigenze di produzione. Pertanto il latte contenente residui di antibiotici o detergenti viene di norma destinato ad altre trasformazioni. Il contenuto in proteine rappresenta anch’esso un importante fattore di qua- Tecnologia di produzione dello yogurt Caratteristiche del latte per la produzione di yogurt Il latte utilizzato per la produzione dello yogurt deve possedere caratteristiche qualitative elevate. Devono essere assenti residui di antibiotici e di detergenti verso i quali i batteri lattici sono particolarmente sen- 76 Capitolo 3_5ª Bz 29-05-2002 13:22 Pagina 77 I. De Noni, P. Resmini, A. Tirelli lità. Un’elevata quantità di proteine nel latte contribuisce decisamente alla formazione di uno yogurt cremoso e con bassa attitudine allo spurgo del siero (sineresi). Quanto più il contenuto naturale in proteine del latte (3,0-3,4%) si avvicina a quello necessario per la formazione di un buon coagulo (3,8-3,9%), tanto minore è il costo di lavorazione. Anche la qualità microbiologica deve risultare elevata specialmente per la quantità di microrganismi termoresistenti e di spore presenti. Infatti, ad un’elevata contaminazione microbica è spesso associata la presenza di enzimi in grado di produrre alterazioni del prodotto finale. Anche lo sviluppo di una microflora psicrotrofica (Pseudomonadaceae) produce endoenzimi proteolitici e lipolitici termostabili che non sono inattivati dai trattamenti termici normalmente applicati per ottenere lo yogurt. Sebbene tale problema non sia frequente, un’eventuale presenza di elevate quantità dei suddetti enzimi può provocare, durante la conservazione, la degradazione delle proteine dello yogurt con formazione di gusto amaro o riduzione della consistenza cremosa e separazione di siero. Può anche svilupparsi un gusto rancido a seguito dell’idrolisi dei trigliceridi. Enzimi proteolitici possono anche derivare dalla lisi di cellule somatiche che dovrebbero pertanto risultare inferiori a 300.000/ml. Infine, di notevole importanza è anche l’assenza di batteriofagi che potrebbero non essere inattivati dai trattamenti di sanificazione degli impianti di produzione. Preparazione della miscela lattea Nella moderna procedura di preparazione dello yogurt viene eseguita dapprima una preparazione del latte (Fig. 2) che consiste nella formazione e pastorizzazione della miscela lattea costituita da latte corretto nel tenore in grasso e proteine (per la preparazione di yogurt bianco) a cui possono essere eventualmente addizionati zucchero o altri ingredienti (per la preparazione di yogurt tipo dessert o arricchito). Tale miscela è in seguito inoculata con i batteri lattici specifici, sottoposta a fermentazione e lo yogurt ottenuto può essere addizionato di aromi o preparati di frutta. Il latte, al suo arrivo in stabilimento, subisce una depurazione fisica durante la quale viene blandamente centrifugato in modo da separare e asportare il sudi- 77 Capitolo 3_5ª Bz 29-05-2002 13:22 Pagina 78 Chimica e tecnologia dello yogurt Figura 2 LATTE Fasi principali della preparazione del latte nella produzione dello yogurt. Depurazione fisica Cacao Panna Yogurt bianco Yogurt bianco zuccherato o yogurt tipo dessert Zucchero Correzione del tenore di grasso Miscelazione Correzione del residuo secco Malto Miscela lattea Omogeneizzazione Pastorizzazione Raffreddamento MISCELA LATTEA PASTORIZZATA ciume grossolano, quale peli o paglia, che spesso trasporta con sé microrganismi alterativi o patogeni. In seguito esso subisce una sequenza di operazioni che hanno principalmente la funzione di modificare la quantità e le caratteristiche chimiche e fisiche delle componenti lipidiche e proteiche del latte. Tali modifiche hanno l’effetto di ridurre il ri- schio di spurgo del siero nel prodotto finale nonché di conferirgli la caratteristica consistenza cremosa. La prima operazione consiste in una correzione del tenore in grasso attraverso una scrematura completa del latte al quale verrà di seguito riaggiunta la quantità di panna necessaria. Il contenuto lipidico può così variare 78 Capitolo 3_5ª Bz 29-05-2002 13:22 Pagina 79 I. De Noni, P. Resmini, A. Tirelli fra 0,1% per lo yogurt magro e 3,03,5% per quello intero. Un’addizione di panna in quantità superiori a quella iniziale permette di ottenere yogurt a “doppia” o a “tripla panna” caratterizzati da tenori in grasso di circa 7 e 10% rispettivamente. Per la preparazione di yogurt zuccherati, quali quelli alla frutta o aromatizzati, successivamente alla correzione del titolo in grasso avviene l’addizione di zucchero, principalmente saccarosio, ma anche fruttosio, zucchero d’uva (glucosio e fruttosio in uguale rapporto) o dolcificanti (ad es. aspartame). La quantità addizionata dipende dal potere dolcificante dello zucchero utilizzato e non supera, di norma, il 10%. Livelli superiori possono difficilmente essere aggiunti perché lo sviluppo dei batteri lattici, e in conseguenza la velocità di acidificazione, risulterebbe rallentato in seguito all’elevata pressione osmotica originata. Ai fini del gusto, il tenore glucidico dello yogurt è comunque determinato dalla quantità di zucchero presente nei semilavorati di frutta eventualmente in seguito addizionati nonché alla fascia di consumatori a cui il prodotto è destinato. Ad esempio quantità di saccarosio fino al 20% sono facilmente presenti negli yogurt per l’infanzia. In questa fase vengono eventualmente aggiunti ingredienti come malto, cacao, farina di cereali o sostanze prebiotiche come l’inulina, un polisaccaride normalmente estratto dalla cicoria che favorisce lo sviluppo della microflora utile del grosso intestino. Questi costituenti vengono aggiunti in questo momento sia per favorirne la dissoluzione, che viene completata dalle successive fasi di lavorazione (riscaldamento e omogeneizzazione), che per pastorizzare il materiale disciolto dalla presenza di spore di lieviti o muffe. Durante questa operazione è inoltre possibile effettuare un’energica agitazione del latte senza causare danno alla struttura del coagulo come invece avverrebbe se questi ingredienti fossero aggiunti a fine fermentazione. Contemporaneamente o successivamente allo zuccheraggio viene effettuata la correzione del titolo proteico del latte; questa operazione è di estrema importanza per ottenere un prodotto cremoso, viscoso e con ridotta tendenza alla sineresi. Le caratteristiche di consistenza ottimali per uno yogurt intero vengono di norma ottenute portando il titolo proteico intorno a 3,8-3,9%. Per raggiungere questo obiettivo è possibile concentrare la miscela lattea o addizionarla di proteine del latte. 79 Capitolo 3_5ª Bz 29-05-2002 13:22 Pagina 80 Chimica e tecnologia dello yogurt Figura 3 Schema esemplificativo dell’ultrafiltrazione del latte per la produzione dello yogurt. LATTE Retentato (latte concentrato in proteine e grassi) Membrana filtrante Permeato (soluzione di sali e zucchero) Tradizionalmente viene applicata la concentrazione per evaporazione riscaldando la miscela a 75-90 °C e sottoponendola ad evaporazione sottovuoto fino ad ottenere l’eliminazione del 1520% dell’acqua presente. Poiché la viscosità dello yogurt è sostanzialmente correlata al contenuto di grasso e proteine, il grado di concentrazione dipende anche dal tenore in grasso del latte. Per uno yogurt con tenore in grasso inferiore a 0,5% il titolo proteico dovrà raggiungere valori intorno al 5% al fine di ottenere un’adeguata consistenza e per tale ragione dovrà essere eliminata fino al 35-40% dell’acqua presente. Livelli di concentrazione così elevati non sempre possono essere raggiunti in modo economico mediante evaporazione e pertanto viene effettuata la concentrazione mediante ultrafiltrazione o l’addizione di proteine essiccate del latte in varia forma. Quest’ultima pratica, già largamente diffusa in molti Paesi Comunitari, viene attualmente ammessa dalla legislazione Comunitaria superando in tal modo il divieto previsto dalla precedente normativa italiana. L’ultrafiltrazione consiste nel far fluire la miscela lattea su membrane filtranti (Fig. 3) con pori di dimensioni tali da impedire il passaggio di proteine e grasso, ma non di ioni inorganici, acidi organici e lattosio. Si ottengono in tal modo un latte concentrato in proteine e grasso (retentato) e una soluzione acquosa di sali e zuccheri (permeato). La perdita di calcio e fosforo è tuttavia ridotta poiché limitata alla sola frazione solubile dato che circa il 60% del calcio e il 50% del fosforo sono legati alla ca- 80 Capitolo 3_5ª Bz 29-05-2002 13:22 Pagina 81 I. De Noni, P. Resmini, A. Tirelli Concentrazione del latte (Stabilimento Danone di Casale Cremasco). seina e quindi trattenuti nel retentato. Le proteine del latte posso venire addizionate sotto forma di latte in polvere, caseinato, siero in polvere, concentrato sieroproteico o proteine del latte ultrafiltrate. Questi ultimi due, benché più costosi del latte in polvere o del caseinato, vengono solitamente preferiti in quanto forniscono al prodotto caratteristiche di cremosità migliori. Tutte le proteine in polvere portano comunque alla formazione di uno yogurt con caratteristiche più scadenti legate alla sensazione di sabbiosità al palato determinata dalla non sempre completa disso- luzione della polvere stessa. Questo difetto, pertanto, non caratterizza lo yogurt preparato applicando l’evaporazione o l’ultrafiltrazione. L’evaporazione sottovuoto consente non solo di correggere il titolo proteico ma anche di ridurre la concentrazione di aria nella miscela lattea. L’ambiente microaerobico facilita lo sviluppo dei batteri lattici e riduce il rischio di germinazione di spore di Bacillus durante la fermentazione. La degasazione determina inoltre la formazione di un coagulo più omogeneo, una minor degradazione ossidativa di alcune vitamine e infine la distillazio- 81 Capitolo 3_5ª Bz 29-05-2002 13:22 Pagina 82 Chimica e tecnologia dello yogurt ne degli acidi grassi liberi a corta catena e di altre sostanze che potrebbero conferire sapori e odori anomali allo yogurt. Per tali ragioni è necessario deaerare la miscela lattea quando si corregga il tenore proteico mediante l’ultrafiltrazione o l’aggiunta di proteine essiccate. La miscela lattea corretta nel titolo in grasso e proteine viene quindi omogeneizzata per ridurre la dimensione dei globuli di grasso e impedirne in tal modo l’affioramento durante la fermentazione. I parametri di omogeneizzazione normalmente applicati prevedono l’utilizzo di temperature comprese tra 60 e 90 °C e pressioni tra 15 e 25 MPa (150-250 atm). L’omogeneizzazione determina inoltre interazioni tra grasso e proteine e tra proteine e membrane fosfolipidiche derivanti dalla rottura dei globuli. L’effetto finale è quello di accrescere l’idrofilia e di conseguenza lo stato di idratazione del coagulo che presenta pertanto una minore tendenza alla sineresi e una maggiore cremosità. Alte pressioni di esercizio, producendo globuli di dimensioni minori, migliorano tale effetto. A questi fenomeni si aggiunge l’intensificazione del colore bianco provo- cata dall’aumento della luce riflessa dalla superficie dei globuli. Successivamente all’omogeneizzazione la miscela lattea viene pastorizzata a 85-90 °C per 10-30 minuti, utilizzando di norma scambiatori di calore a piastre o a fascio tubiero. Il trattamento termico, oltre a eliminare le forme batteriche patogene per l’uomo, ha la funzione di produrre una serie di modifiche microbiologiche, chimiche e chimico-fisiche utili alle successive fasi di fermentazione e conservazione (Tab. 2). L’effetto tecnologico più importante conseguito è legato all’interazione tra caseina e sieroproteine mediante formazione di legami idrofobici e ponti disolfuro. Ciò determina una maggior idratazione delle micelle caseiniche e successivamente la formazione di un coagulo viscoso e con scarsa tendenza alla sineresi. Il riscaldamento applicato, benché meno intenso di quello utilizzato per la produzione tradizionale di yogurt, produce comunque modifiche nutrizionali confrontabili con quelle indotte dal trattamento termico di sterilizzazione del latte. Vengono attivate la reazione di Maillard, con riduzione (1-5%) della lisina biodisponibile, le reazioni di degradazione e trasformazione di grassi e zuccheri nonché la riduzione del conte- 82 Capitolo 3_5ª Bz 29-05-2002 13:22 Pagina 83 I. De Noni, P. Resmini, A. Tirelli Tabella 2 Fenomeni Principali fenomeni e conseguenti effetti correlati al trattamento termico del latte nella preparazione dello yogurt. Effetti Microbiologici • Distruzione dei microrganismi patogeni • Sanitizzazione • Distruzione della microflora vegetativa competitiva • Rapida fermentazione e conservabilità • Distruzione della microflora eumicetica • Distruzione dei batteriofagi Chimici • Inattivazione della maggior parte delle sostanze antibatteriche naturali (lattenine, immunoglobuline, agglutinine) • Rapida fermentazione • Inattivazione di lipasi e proteasi microbiche • Maggior stabilità del gusto e della consistenza durante la conservazione • Caramellizzazione del lattosio con formazione di acido formico • Stimolazione della crescita dei bacilli lattici e formazione di composti aromatici • Attivazione della reazione di Maillard • Formazione di composti aromatici Chimico-fisici • Denaturazione delle sieroproteine (beta-lattoglobulina e alfa-lattoalbumina) • Aumento della idrofilicità delle proteine con conseguente maggior “cremosità” dello yogurt • Interazione tra caseine e sieroproteine denaturate • Miglioramento della consistenza e viscosità del coagulo e riduzione della tendenza alla sineresi • Aumento dell’attitudine del complesso sieroproteine-caseine alla coagulazione acida (la coagulazione può avvenire a valori di pH = 5) • Abbassamento del potenziale redox per allontanamento dell’ossigeno e liberazione di gruppi sulfidrilici nuto in alcune vitamine idrosolubili. Al termine della pastorizzazione la miscela lattea viene raffreddata a 4045 °C e inoculata con Streptococcus • Rapida fermentazione e maggior stabilità verso le ossidazioni thermophilus e Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus in rapporto 1:1 o 2:1, generalmente sotto forma di colture liofilizzate. 83 Capitolo 3_5ª Bz 29-05-2002 13:22 Pagina 84 Chimica e tecnologia dello yogurt Fermentatori per la produzione di yogurt (Stabilimento Danone di Casale Cremasco). desiderato nello yogurt. Essa è solitamente compresa tra 3 e 9 ore mentre tempi di fermentazione più lunghi (1218 ore) abbinati a temperature più basse (31-35 °C) possono essere impiegati nella produzione di yogurt a bassa acidità, quali quelli destinati alla prima Fenomeni connessi alla fermentazione lattica La durata del processo fermentativo dipende dalle caratteristiche dei ceppi utilizzati, dal tipo di innesto (coltura liquida o liofilizzata) e dal livello di acidità 84 Capitolo 3_5ª Bz 29-05-2002 13:22 Pagina 85 I. De Noni, P. Resmini, A. Tirelli Figura 4 Schema semplificato e bilancio chimico della fermentazione omolattica. LATTOSIO GALATTOSIO Esterno Parete cellulare Interno Lattosio beta-galattosidasi Glucosio Galattosio Glicolisi Acido piruvico ACIDO LATTICO C22H12O11 + H2O 2 C6H12O6 lattosio + acqua glucosio e galattosio infanzia. In queste condizioni risulta più facile controllare e arrestare la fermentazione lattica una volta raggiunto il grado di acidità stabilito. Il fenomeno più rilevante durante il processo fermentativo riguarda la trasformazione del lattosio in acido lattico (Fig. 4) che ponderalmente rappresenta la quasi totalità dei prodotti della fermentazione. La quantità finale di acido lattico presente nello yogurt è compresa tra 0,8 e 1,3% (Tab. 3) e determina l’abbassamento del pH a valori di 4,0- 2 CH3CHOHCOOH + C6H12O6 acido lattico galattosio 4,5. L’acido lattico è presente sotto forma di isomeri D(–) e L(+), in quantità praticamente equivalente, derivanti dall’attività fermentativa rispettivamente di Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus e Streptococcus thermophilus. Rapporti diversi indicano quindi la predominanza dell’attività fermentativa di una delle due specie dell’associazione microbica. Una rilevante quantità di acido D(–) lattico potrebbe avere un certo significato nutrizionale, in quanto tale stereo- 85 Capitolo 3_5ª Bz 29-05-2002 13:22 Pagina 86 Chimica e tecnologia dello yogurt Tabella 3 Acido lattico Contenuto percentuale in acido lattico di alcuni tipi di yogurt commercializzati in Italia. Tipo Bianco Alla frutta Bianco zuccherato Produttore D(–) L(+) Totale A 0,5 0,8 1,3 B 0,7 0,6 1,3 C 0,1 1,0 1,1 D 0,0 1,2 1,2 E 0,6 0,6 1,2 F 0,7 0,6 1,3 G 0,0 0,8 0,8 H 0,0 1,1 1,1 A 0,5 0,8 1,3 B 0,1 0,8 0,9 C 0,5 0,5 1,0 E 0,6 0,5 1,1 G 0,0 0,8 0,8 I 0,0 1,0 1,0 L 0,0 0,9 0,9 M 0,6 0,6 1,2 N 0,7 0,6 1,3 B 0,3 0,8 1,1 C 0,1 0,9 1,0 I 0,0 1,0 1,0 L 0,0 1,2 1,2 N 0,0 0,9 0,9 isomero è più difficilmente metabolizzato nei primi mesi di vita e in particolari stati morbosi e di acidosi. Normalmente il 20-40% del lattosio presente nella miscela lattea viene trasformato in acido lattico. Al termine della fermentazione residua una quantità di lattosio compresa tra circa 2,5 e 5,5% che non riduce comunque l’importanza dello yogurt nella dieta di individui lattosio-intolleranti; per questi ultimi si manifesta infatti una maggior digeribilità verso questo disaccaride dovuta essenzialmente all’attività lattasica svolta dalla microflora lattica a livello intestinale. Nel caso lo yogurt venga pre- 86 Capitolo 3_5ª Bz 29-05-2002 13:22 Pagina 87 I. De Noni, P. Resmini, A. Tirelli parato con l’aggiunta di zuccheri non lattei (glucosio e/o fruttosio) il processo di fermentazione lattica può, in dipendenza del ceppo batterico utilizzato, avvenire preferenzialmente a carico di uno degli zuccheri presenti, lasciando una quantità di lattosio residuo maggiore di quelle precedentemente indicate. Il galattosio, uno dei due esosi costitutivi del lattosio, si ritrova nello yogurt in quantità variabile tra 0,4 e 1,3%. La capacità fermentativa della microflora verso questo zucchero è strettamente dipendente da fattori genetici e ambientali tra i quali la disponibilità di altre fonti energetiche glucidiche. Il galattosio presente e quello potenzialmente derivante dalla completa idrolisi intestinale del lattosio può rappresentare, in caso di galattosemia, una delle poche controindicazioni cliniche all’uso dello yogurt. Il glucosio viene invece rapidamente metabolizzato e già nello yogurt bianco appena preparato è rilevabile solo in tracce (< 0,1%). La microflora lattica esercita anche una debole attività proteolitica che determina la lisi dell’1-2% della caseina e la liberazione di amminoacidi e peptidi. Alcuni di questi composti vengono metabolizzati dai microrganismi mentre altri si accumulano nello yogurt. In particola- re si rileva, rispetto alla miscela lattea, una diminuzione del contenuto totale di metionina, lisina, treonina, valina e tirosina e un incremento del contenuto in amminoacidi liberi che può raggiungere 23 mg/100 g di prodotto rispetto a 2,5-11 mg/100 g del latte crudo. Al contrario, la lipolisi a carico dei trigliceridi è del tutto trascurabile in assenza di lipasi prodotte da microrganismi contaminanti il latte. L’attività della microflora lattica determina infine variazioni del contenuto in vitamine idrosolubili dello yogurt. Queste variazioni si sommano o compensano quelle indotte dal trattamento termico di pastorizzazione che riduce del 10-15% il contenuto di acido folico e delle vitamine B1, B6 e B12 del latte crudo. L’acido folico, rapidamente sintetizzato dallo streptococco, è presente in quantità doppia o tripla rispetto al latte crudo di partenza, mentre il restante quadro vitaminico risulta sostanzialmente invariato. L’acido orotico, del quale il latte e i suoi derivati rappresentano l’unica fonte alimentare, diminuisce di circa il 50% in seguito alla fermentazione e alla conservazione dello yogurt. Infine, l’attività fermentativa dei batteri lattici è fondamentale per lo sviluppo dell’aroma dello yogurt prevalentemente associato alla presenza di acido 87 Capitolo 3_5ª Bz 29-05-2002 13:22 Pagina 88 Chimica e tecnologia dello yogurt lattico e soprattutto di acetaldeide la cui produzione diventa significativa a valori di pH compresi tra 4 e 5. Piccole quantità di acetaldeide (2-4 mg/100 g) sono sufficienti per conferire allo yogurt il tipico aroma alla cui formazione contribuiscono in misura minore altri composti carbonilici di fermentazione come acetone, acetoino e diacetile. zione e in modo che la concentrazione finale di acido sia quella desiderata. Durante la fase iniziale del raffreddamento, solitamente svolta nel maturatore stesso, viene eseguita la rottura del coagulo. Questa operazione consiste nel rompere la struttura compatta mediante un sistema meccanico di pale poste in lenta rotazione attorno all’asse principale del fermentatore. Si ottiene in tal modo non solo una prima rottura del coagulo, ma anche un più omogeneo e rapido raffreddamento della massa di yogurt. Questo viene quindi prelevato dal maturatore utilizzando dei sistemi di pompaggio che prevengano un danno alla struttura del coagulo acido e la conseguente separazione del siero. Lo yogurt viene infine costretto ad attraversare dei filtri o dischi di acciaio (lisciatoi) al fine di completare la rottura. Facendo seguire alla lisciatura una omogeneizzazione è possibile preparare un prodotto di consistenza liquida e viscosa normalmente commercializzato come yogurt da bere. Lo yogurt, ora pronto per essere confezionato, può essere addizionato di preparati di frutta, solitamente purea, pezzi o succo. La preparazione della purea è normalmente eseguita a partire dalla frutta congelata. Questa viene dapprima macinata al fine di aumentare Preparazione dello yogurt a coagulo omogeneo Nella filiera produttiva dello yogurt omogeneo (Fig. 5) la fermentazione si svolge in appositi “maturatori” costituiti da contenitori cilindrici di acciaio con capacità fino a 75 q e dotati di sistemi di termostatazione e agitazione. Per evitare un’eccessiva acidificazione dello yogurt è necessario arrestare la fermentazione lattica riducendo la temperatura a valori inferiori a quelli ottimali per l’attività di Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus e Streptococcus thermophilus. Poiché un rapido abbassamento della temperatura provocherebbe lo spurgo del siero, è necessario procedere in 20-40 minuti al raffreddamento fino alla temperatura di circa 20 °C, iniziando prima che sia completamente terminata la fermenta- 88 Capitolo 3_5ª Bz 29-05-2002 13:22 Pagina 89 I. De Noni, P. Resmini, A. Tirelli Figura 5 Fasi principali della produzione di yogurt a coagulo omogeneo. MISCELA LATTEA PASTORIZZATA Fermenti lattici Inoculo Fermentazione a 40-45 °C per 3-9 ore Rottura del coagulo Raffreddamento a circa 20 °C Miscelazione Confezionamento Yogurt bianco da bere Yogurt bianco Purea, succo o pezzi di frutta Yogurt alla frutta Lisciatura Omogeneizzazione Raffreddamento a 4 °C Sosta YOGURT OMOGENEO la superficie di scambio termico e facilitare il successivo decongelamento rapido attuato per infusione di vapore. Dopo l’omogeneizzazione della frutta, la purea ottenuta viene eventualmente addizionata di zucchero e pastorizzata a 80-90 °C per 10-20 min per inattivare le polifenolossidasi, causa di imbruni- mento enzimatico, e le spore di lieviti e muffe. In seguito all’energico riscaldamento possono verificarsi modifiche del colore e riduzione dell’intensità dell’aroma della frutta con conseguenze negative anche per le caratteristiche sensoriali dello yogurt. È possibile compensare la perdita di aroma aumentan- 89 Capitolo 3_5ª Bz 29-05-2002 13:22 Pagina 90 Chimica e tecnologia dello yogurt Confezionamento dello yogurt (Stabilimento Danone di Casale Cremasco). do la quantità di frutta o aggiungendo sostanze aromatizzanti. Queste ultime consistono solitamente di “aromi naturali”, generalmente ottenuti per estrazione dalla frutta, o di “aromi natural-identici” ottenuti per sintesi chimica. Miscele di aromi naturali e natural-identici vengono indicate con il nome di “aromi”. L’applicazione di trattamenti termici meno energici contribuisce positivamente alla qualità dei preparati di frutta, ma potrebbe favorire lo sviluppo di spore eumicetiche con la conseguente alterazione dello yogurt. In questo caso il preparato di frutta viene generalmente addizionato di conservanti quali i sorbati (E200, E202, E203) in quantità non superiore a 0,2% e in modo tale che nello yogurt non ne residuino più di 20 mg/100 g. La presenza nello yogurt di sorbati provenienti dalla frutta può non essere dichiarata sulla confezione di vendita in base a quanto stabilito dalla normativa italiana. La frutta può essere addizionata anche sotto forma di pezzi, cioè di cubetti di polpa in purea, al fine di esaltarne la percezione sensoriale nello yogurt. Per conservare la naturale consistenza della polpa lasciando integre quanto più possibile le sue caratteristiche sensoriali è necessario effettuare una blanda pastorizzazione; pertanto occorre selezionare accuratamente la qualità della frutta e curarne la pulizia e le condizioni igieniche di preparazione. La quantità di zucchero addizionato 90 Capitolo 3_5ª Bz 29-05-2002 13:22 Pagina 91 I. De Noni, P. Resmini, A. Tirelli alla frutta è circa il 30%, mentre la quantità di lavorato di frutta (purea o pezzi) addizionata allo yogurt varia solitamente fra 10 e 15% per i preparati addizionati di aromi, ma può raggiungere valori fino a 25% per la frutta priva di additivi. In ogni caso la quantità di preparato di frutta aggiunta non può superare il 30% del prodotto finito. Lo yogurt lisciato ed eventualmente addizionato di frutta viene quindi confezionato e opportunamente imballato. Al termine di questa fase il prodotto è ad una temperatura (circa 20 °C) inadatta a garantirne un’adeguata conservazione fino al consumo. Si eseguono pertanto un lento (circa 3-4 ore) raffreddamento finale per portare la temperatura a 4 °C e una sosta di 24 ore alla stessa temperatura. Inoltre, ciò permette al coagulo di riassorbire la quota di siero eventualmente spurgata durante le fasi di lavorazione e di assumere la consistenza definitiva. Pertanto la miscela lattea pastorizzata è addizionata del preparato di frutta prima della fermentazione (Fig. 6) che avviene direttamente nelle confezioni di vendita sigillate. Le confezioni vengono quindi poste in apposite camere termostatate per mezzo di aria forzata dove avvengono sia la fermentazione che il successivo raffreddamento. La resistenza allo spurgo di questo yogurt è limitata così che il raffreddamento deve avvenire in modo lento e uniforme e deve iniziare in modo da tenere in considerazione anche la quantità di acido lattico che verrà prodotta durante questa fase. Oltre che per la diversa consistenza, lo yogurt a coagulo compatto con frutta si differenzia per il minore tenore in zuccheri; concentrazioni di 15-22%, a volte rilevabili per gli yogurt a consistenza cremosa, ostacolerebbero la fermentazione lattica dato che la frutta zuccherata viene addizionata prima della fermentazione. Maggiori quantità di zucchero possono essere utilizzate nel caso in cui il preparato di frutta non sia mescolato con la miscela lattea durante la fermentazione. Ciò può essere realizzato disponendo il preparato, caratterizzato da una elevata viscosità, sul fondo della Preparazione dello yogurt a coagulo compatto È possibile ottenere uno yogurt di consistenza compatta, in luogo di cremosa, se non si applicano le operazioni che provocano la rottura del coagulo. 91 Capitolo 3_5ª Bz 29-05-2002 13:22 Pagina 92 Chimica e tecnologia dello yogurt Figura 6 MISCELA LATTEA PASTORIZZATA Fasi principali della produzione di yogurt a coagulo compatto. Purea, succo o pezzi di frutta Miscelazione Fermenti lattici Yogurt bianco Yogurt alla frutta Inoculo Confezionamento Fermentazione a 40-45 °C per 3-9 ore Raffreddamento a 4 °C Sosta YOGURT COMPATTO confezione nella quale verrà di seguito aggiunta la miscela lattea. La preparazione dello yogurt compatto viene spesso eseguita anche a livello domestico utilizzando apposite fermentiere reperibili in commercio. In questo caso è preferibile utilizzare latte UHT per il suo elevato contenuto di sieroproteine denaturate che favorisce la formazione di un coagulo viscoso e per l’assenza di microrganismi e spore. Caratteristiche compositive dello yogurt Il profilo quali-quantitativo dei nutrienti presenti nella miscela lattea è modificato solo in parte dal processo di fermentazione e rimane sostanzialmente inalterato durante la conservazione a 4 °C in quanto l’attività enzimatica della microflora è rallentata o addirittura inibi- 92 Capitolo 3_5ª Bz 29-05-2002 13:22 Pagina 93 I. De Noni, P. Resmini, A. Tirelli Tabella 4 Latte Composizione media percentuale e valore energetico (kcal/100 g) del latte vaccino e di alcuni tipi di yogurt. Yogurt Intero Magro Bianco intero Bianco magro Intero alla frutta Residuo secco 12,5 9,5 14-16 10-17 20-24 Proteine 3,2 3,3 3,5-5,0 3,5-10,0 3,5-5,0 Grasso 3,5 0,1 4,0-5,0 0,1-1 4,0-5,0 Zuccheri totali 4,8 5 3,5-5,5 3,5-5,5 10-18 Acido lattico 0,003 0,003 0,8-1,3 0,8-1,3 0,8-1,3 Valore energetico 63 34 70 38 102 ta. Si assiste, infatti, solo ad una riduzione dei livelli di vitamina B12 e acido pantotenico pari a 60 e 30% rispettivamente e ad una trascurabile diminuzione del contenuto di lattosio e galattosio. Inoltre, poiché preparato a partire da latte concentrato, lo yogurt presenta, con esclusione in genere del lattosio, un contenuto di nutrienti maggiore del latte crudo di partenza (Tab. 4) e dipendente dal metodo di arricchimento in proteine impiegato. La composizione dello yogurt tipo dessert o arricchito è determinata anche dalla natura e dalla quantità degli ingredienti diversi dal latte utilizzati. Al riguardo, la composizione glucidica (Tab. 5) risulta particolarmente variabile in funzione del tipo di yogurt e del produttore. Oltre al lattosio e agli zuccheri addizionati è presente anche il lattulosio, un disaccaride costituito da galattosio e fruttosio e originato dall’epimerizzazione del lattosio a seguito della pastorizzazione. In funzione dei parametri tempo/temperatura utilizzati, questo disaccaride è presente in quantità comprese tra 0,02 e 0,07%, valori questi normalmente ritrovabili nel latte sterilizzato. Esso, inoltre, non venendo rapidamente metabolizzato da Streptococcus thermophilus e Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus potrebbe rappresentare un fattore di crescita per la microflora bifida del grosso intestino. Tutti gli yogurt sono caratterizzati da un contenuto di acido lattico superiore a 0,8% (vedi Tab. 3 a pag. 86) che rappresenta la quantità minima stabilita per questo latte fermentato. Di norma, il contenuto massimo non supera 1,3% per non conferire al prodotto un gusto particolarmente acido non sempre apprezzato dal consumatore. Altri costituenti, derivati dal latte o 93 Capitolo 3_5ª Bz 29-05-2002 13:22 Pagina 94 Chimica e tecnologia dello yogurt Tabella 5 Zuccheri (g/100 g) Contenuto percentuale in zuccheri di alcuni tipi di yogurt commercializzati in Italia. Tipo Bianco Prod.re Lattosio Glucosio Galattosio Saccarosio Fruttosio Lattulosio Totali A 3,4 0,0 1,3 4,7 B 2,6 0,0 1,3 3,9 C 4,1 0,0 1,0 5,1 D 5,2 0,0 1,0 6,2 E 3,5 0,0 1,0 4,5 F 2,9 0,0 1,3 4,2 G 3,6 0,0 0,8 4,4 H 3,4 0,0 0,9 A 2,9 0,9 0,8 5,4 0,9 0,030 11 B 3,0 1,0 0,6 8,2 0,9 0,016 14 C 2,6 0,8 0,8 8,9 6,1 0,025 19 C 2,7 0,9 0,7 9,1 9,0 0,029 22 C 2,8 0,5 0,7 9,0 3,4 0,024 16 E 3,1 0,9 0,7 7,6 0,9 0,041 13 G 3,8 0,7 0,3 6,6 1,0 0,048 12 I 3,6 1,5 0,4 6,0 1,6 0,023 13 L 3,5 3,2 0,4 6,3 2,0 nd 15 M 2,7 1,9 0,9 4,7 1,9 nd 12 N 2,6 1,0 0,7 6,5 0,7 nd 12 Bianco B zuccherato C 3,2 0,0 0,8 7,2 0,1 nd 11 Alla frutta 4,3 4,4 0,2 1,1 8,9 0,0 nd 15 I 4,4 2,6 0,4 0,0 3,2 nd 7 L 5,6 1,5 0,4 3,3 0,0 nd 11 N 2,8 0,0 0,6 0,0 6,7 0,030 10 nd: non determinato dal processo produttivo, possono assumere un particolare significato nutrizionale o tecnologico (Tab. 6) anche se presenti in quantità limitata. Particolarmente interessante è l’acido formico prodotto dallo Streptococ- cus thermophilus e in grado di stimolare la moltiplicazione del lattobacillo. Piccole quantità di questo acido si formano anche in seguito alla caramellizzazione del lattosio indotta dalla pastorizzazione. Fra i costituenti minori che influen- 94 Capitolo 3_5ª Bz 29-05-2002 13:22 Pagina 95 I. De Noni, P. Resmini, A. Tirelli Tabella 6 Costituenti minori dello yogurt bianco e loro possibile significato nutrizionale o tecnologico. Contenuto (mg/kg) Costituenti Significato Naturali Sali minerali Acidi organici Vitamine Nutrizionale potassio 1500-2500 calcio 1200-1800 fosforo 1000-1500 sodio 400-700 orotico 73 Nutrizionale Nutrizionale Idrosolubili: ac. pantotenico 3,5 riboflavina 1,7-2,0 piridossina 0,5 tiamina 0,45 ac. folico 0,15-0,4 niacina 0,8 biotina 0,003 cobalamina 0,002 Nutrizionale Liposolubili: E 1,0-1,2 A 0,41-0,50 D 0,0006-0,0008 Di neoformazione Chimici Batterici lattulosio 200-700 Effetto prebiotico acido formico tracce Stimolazione crescita Lactobacillus acido formico < 40 Stimolazione crescita Lactobacillus Formazione dell’aroma Composti carbonilici: acetaldeide 2-40 acetoino 2-6 acetone 1-4 diacetile 0,5-1 95 Capitolo 3_5ª Bz 29-05-2002 13:22 Pagina 96 Chimica e tecnologia dello yogurt 10 8 6 4 2 0 ...................................... Riduzione della carica microbica totale dello yogurt durante la conservazione. Numero di microrganismi (UFC/g*108) Figura 7 20 °C 4 °C 5 10 15 20 25 30 35 Periodo di conservazione (giorni) zano le caratteristiche di gusto e aroma dello yogurt vi sono sostanze che non derivano dalla fermentazione ma vengono prodotte da reazioni promosse dal trattamento termico di concentrazione e pastorizzazione. Dai grassi possono formarsi dei lattoni in grado di conferire, in funzione della loro concentrazione, un gusto intenso più o meno gradevole. Il processo di caramellizzazione e la reazione di Maillard, in cui viene coinvolto il lattosio, originano a loro volta composti in grado di modificare le caratteristiche sensoriali dello yogurt. Mentre la composizione chimica rimane complessivamente invariata du- 40 45 rante la conservazione, le caratteristiche microbiologiche subiscono importanti variazioni. Infatti, alla produzione il contenuto totale di batteri lattici nello yogurt è di norma compreso fra 108 e 109 UFC/g e si riduce a valori intorno a 107 UFC/g dopo 30 giorni a 4 °C. Temperature maggiori di conservazione portano ad una più rapida diminuzione della carica che raggiunge valori inferiori a 5*106 UFC/g prima della data di scadenza (Fig. 7). In ogni caso la conta microbica totale non deve essere inferiore a tale valore al momento della vendita e ciascuna delle due specie batteriche non deve risultare inferiore a 106 UFC/g. 96 Capitolo 3_5ª Bz 29-05-2002 13:22 Pagina 97 I. De Noni, P. Resmini, A. Tirelli Il rigoroso rispetto della catena del freddo fino al consumo garantisce quindi la presenza di un elevato numero di fermenti vivi e vitali e di conseguenza il mantenimento di alcune delle proprietà salutistiche nonché sensoriali dello yogurt. Gurevitch J, Sela B, Jonas A, Golan H, Yahav J, Passwell JH D-lactic acidosis a treatable encephalopathy in pediatric patients. Acta Paediatr, 82: 119, 1993. Riferimenti bibliografici Miller GD, Jarvis JK, McBean LD Handbook of dairy foods and nutrition. CRC Press, Boca Raton, 1995. Loones A Modifications de la composition du lait durant la fermentation du yoghourt. In: Les lait fermentés. Actualités de la recherche, Libbey Eurotext, Paris, 1989. Alm L Effect of fermentation on B-vitamin content of milk in Sweden. J Dairy Sci, 65: 353, 1982. Puhan Z Treatment of milk prior to fermentation. FIL-IDF Bulletin, 227: 66, 1988. Bottazzi V Other fermented dairy products. In: Rehm HJ e Reed G ed, Biotechnology, vol 5, Verlag Chemie, Weinheim, 1983. Rasic JLj, Kurmann JA Bifidobacteria and their role. Birkhauser Verlag, Stuttgart, 1983. Renner E, Abd El-Salam MH Application of ultrafiltration in the Dairy Industry. Elsevier Applied Science, London, 1993. Bottazzi V Microbiologia e biotecnologia Lattiero-Casearia. Edagricole, Bologna, 1993. 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Questi prodotti possono essere considerati gli antenati degli attuali yogurt e latti fermentati, anche se la mancanza di colture starter e, soprattutto, le condizioni non certo asettiche in cui avveniva la fermentazione, rendevano la loro composizione microbiologica eterogenea. Nei primi articoli di tassonomia dei batteri lattici vengono infatti elencate, fra quelle isolate da yogurt, anche specie batteriche diverse dalle due che oggi sono impiegate; basti ricordare che la specie denominata Lactobacillus jugurti, proprio per il suo frequente isolamento dai latti fermentati tradizionali, è oggi stata riclassificata come L. helveticus e che la sua eventuale presenza in uno yogurt prodotto in Italia porrebbe il prodotto stesso fuori legge. Infatti la definizione di yogurt del Codex alimentarius prevede l’uso esclusivo di L. delbrueckii subsp. bulgaricus e di Il latte acido Narra la Genesi (18,1-8) che Abramo offrì al Signore, apparsogli alle querce di Mamre, focacce, carne di vitello, latte fresco e “latte acido”. Abbiamo quindi nella Bibbia uno dei primi riferimenti storici all’uso di latte fermentato e alla sua reputazione di alimento di ottima qualità, tanto da essere offerto agli ospiti di riguardo. Altre notizie tratte da diari di viaggiatori confermano come la tradizione del latte acido si sia mantenuta, nella parte orientale del bacino del Mediterraneo, inalterata per secoli. Nel 1799, un viaggiatore descrive «il latte rappreso, che i Greci chiamano ghiogurt e ch’è un possente rinfrescativo» (S. Scrofani, lettera XXIX del viaggio in Grecia, 1799, ripubblicato in Roma, 1965 a cura di C. Mutini), mentre nel 1890 si riferisce che turchi «usano la estate lascivare certo latte acro chiamato da loro Iugurth, che è molto rinfrescativo» (T. Spandugino, in 99 Capitolo 4_5ª Bz 29-05-2002 14:21 Pagina 100 Attività probiotica dei latti fermentati e subito tradotte nella più nota versione inglese intitolata The prolongation of Life: optimistic studies sono generalmente considerate le prime ad aver attribuito ai latti fermentati la capacità di influire positivamente sulla salute e l’invecchiamento dell’uomo. In realtà, Metchnikoff, nel suo libro, tratta una serie di argomenti relativi alla possibilità di evitare una senescenza precoce e di consentire un “buon invecchiamento” al genere umano, più che un prolungamento della durata della vita. Nell’unico capitolo dedicato al consumo di latti fermentati, Metchnikoff esprime la speranza che «futuri studi possano chiarire il ruolo dei latti fermentati nel contribuire a posporre e migliorare l’invecchiamento». Questa speranza si basava sulle osservazioni di Metchnikoff, relative alla possibilità di bloccare la putrefazione delle carni e degli alimenti acidificando gli stessi, nonché sull’osservata longevità dei pastori bulgari, grandi consumatori di “latte bulgaro”. Da qui l’ipotesi di una possibile estensione del processo di mantenimento in condizioni ottimali mediante soppressione della flora batterica putrefattiva, soppressione dovuta allo sviluppo di batteri acidogeni. La traduzione in termini di prodotti alimentari di questa ipotesi scientifica Streptococcus thermophilus. Questa indicazione è diventata in alcuni paesi, fra cui l’Italia, espressa indicazione legislativa e l’uso di colture batteriche diverse dalle due citate porta a classificare il prodotto come latte fermentato. Anche dati recenti confermano come la composizione in specie batteriche di latti fermentati prodotti artigianalmente sia varia e includa più specie: latti fermentati di origine bulgara e di lavorazione artigianale hanno evidenziato la presenza di ceppi appartenenti alla specie L. helveticus, mentre le specie a forma coccica presenti nel gioddu, il latte di pecora fermentato tipico della Sardegna, sono risultate appartenere a ben tre generi diversi, quali Streptococcus, Lactococcus ed Enterococcus. Metchnikoff e il Bulgarian bacillus È proprio a questo tipo di latti fermentati da colture microbiche eterogenee a cui fa riferimento E. Metchnikoff, lo scienziato di origine russa ma operante all’Institut Pasteur, che vinse nel 1908 il premio Nobel per i suoi studi pionieristici nel settore dell’immunologia. Le sue osservazioni, pubblicate in francese con il titolo Essais Optimistic, 100 Capitolo 4_5ª Bz 29-05-2002 14:21 Pagina 101 L. Morelli fu rapidissima e portò l’industria francese, prima in Europa, a sviluppare a livelli industriali un latte fermentato dal Bulgarian bacillus isolato proprio da Metchnikoff nel corso dei suoi studi. Era nato il primo yogurt industriale e contemporaneamente il primo latte fermentato, un alimento funzionale e un probiotico. Il prodotto commercializzato era infatti l’antenato del moderno yogurt, ma era anche classificabile come latte fermentato in quanto le colture utilizzate erano probabilmente non pure. Con il progresso industriale e microbiologico, sono poi stati selezionati quei ceppi che più degli altri producevano un latte fermentato di alte qualità organolettiche e nutrizionali; questi ceppi sono risultati appartenere alle specie L. delbrueckii subsp. bulgaricus e Streptococcus thermophilus, che sono state così prescelte per la produzione di quello specifico latte fermentato a cui è riservato il nome yogurt. Questo alimento era proposto al consumatore non solo per il suo contenuto nutrizionale, ma anche per la sua capacità di migliorare la “funzionalità fisica” cioè il benessere del consumatore agendo in senso positivo sulla microflora intestinale, essendo quindi un “alimento probiotico” ante litteram. Proprietà probiotiche Purtroppo, la prudenza di Metchnikoff nell’attribuire ai latti fermentati da batteri lattici proprietà benefiche per la salute non venne seguita dai contemporanei dello scienziato né da numerosi successori. Benché egli avesse precisato che «Contrariamente a ciò che molti giornalisti mi hanno fatto dire, io non ho mai, in nessuno dei miei scritti, affermato che il latte fermentato sia capace di prolungare la vita» egli fu accusato di naiveté, di improprio uso della scienza e errati giudizi. Dovette intervenire personalmente Emil Roux, l’autorevole direttore dell’Institut Pasteur, per difendere il suo operato e porre termine alla controversia. Le aspettative miracolistiche nei confronti delle proprietà salutari dei latti fermentati si sono perpetuate negli anni, basandosi spesso su studi aneddotici o mal controllati. Solo negli ultimi trent’anni una solida ricerca scientifica ha potuto fornire le informazioni necessarie a confermare o a sfatare le virtù dei latti fermentati. Il concetto di Metchnikoff si è inoltre evoluto in quello di probiosi, cioè di quell’insieme di azioni positive per la salute svolte da colture batteriche vive e vitali, generalmente appartenenti ai ge- 101 Capitolo 4_5ª Bz 29-05-2002 14:21 Pagina 102 Attività probiotica dei latti fermentati neri Lactobacillus e Bifidobacterium, ingerite in quantità sufficiente a superare la barriera gastrica e a insediarsi nel tratto intestinale. Qui giunti, questi batteri possono o meno riprodursi, aderire ai tessuti intestinali, interagire con i tessuti stessi, con gli alimenti ingeriti e con le altre componenti della microflora intestinale. La grande differenza, dal punto di vista microbiologico, fra i batteri oggi ritenuti probiotici e il Bulgarian bacillus usato ai tempi di Metchnikoff, sta nel fatto che questi batteri appartengono generalmente alle specie di Lactobacillus e Bifidobacterium di origine intestinale, specie che non hanno nel latte un medium riproduttivo ideale e che anzi, riprodotti in latte, originano sapori sgradevoli, organoletticamente inaccettabili. Metchnikoff riteneva che i ceppi isolati dai latti fermentati fossero gli stessi capaci di colonizzare l’intestino umano, ma già negli anni ’30 si è dimostrato come le specie di batteri lattici usate per fermentare il latte siano ben diverse da quelle selezionate per la produzione di yogurt (si veda il capitolo “Microbiologia e tecnologia dei latti fermentati” in questo stesso volume). Sono passati quindi 90 anni da quando Metchnikoff espresse il desiderio di vedere sottoposta la sua teoria a rigorosi studi scientifici ma la ricerca scientifica ha prodotto solo recentemente dati ben controllati sull’argomento. Queste informazioni ci consentono di presentare, sia pure in forma riassuntiva, le proprietà probiotiche dei latti fermentati e dello yogurt suddivise in tre sezioni, a seconda del grado di “consenso” raggiunto dalla comunità scientifica internazionale. Avremo quindi (Tab. 1) alcune attività probiotiche considerate come dimostrate (le certezze), alcune in corso di dimostrazione (le possibilità) e infine alcune che non risultano confermate da sufficienti studi scientifici (i dubbi). Attività probiotiche: le certezze Maldigestione del lattosio La possibilità di ingerire lattosio senza nessun effetto negativo anche da parte di chi è intollerante a questo zucchero è l’attività probiotica dei latti fermentati che da più lungo tempo risulta essere scientificamente provata. Il problema risiede nell’incapacità di alcuni individui di scindere il disaccaride lattosio nei due monosaccaridi che 102 Capitolo 4_5ª Bz 29-05-2002 14:21 Pagina 103 L. Morelli Tabella 1 L’attività L’effetto Idrolisi del lattosio Migliora la digeribilità del lattosio nei soggetti sensibili Colonizzazione Ripristino di adeguati livelli di flora intestinale lattica. Attività probiotiche. Le certezze Inserimento di ceppi ben caratterizzati nella flora intestinale Le possibilità Azione anti-diarrea I dubbi Riduzione dei tempi di recupero Azione di inibizione dei batteri patogeni Coadiuvante nel trattamento delle diarree croniche Stimolazione del sistema immunitario Aumento della capacità di “barriera” contro i patogeni Riduzione del tasso ematico di colesterolo Riduzione del tasso di colesterolo Diminuzione del livello di enzimi fecali capaci di promuovere lo sviluppo tumorale Riduzione del rischio di sviluppo di tumori lo compongono: glucosio e galattosio. Questa incapacità digestiva, dovuta all’assenza in questi individui dell’idrolasi (beta-galattosidasi) specifica per il lattosio, ha come prima conseguenza un transito veloce dello zucchero nel piccolo intestino, dove avviene anche un accumulo d’acqua che può procurare sensazioni di malessere. Una volta giunto nel colon il lattosio viene utilizzato dai batteri anaerobi, i cui prodotti di fermentazione risultano irritanti per la mucosa intestinale, originando crampi, flatulenza e anche diarrea. Lo yogurt, i latti fermentati e anche il latte non fermentato ma aggiunto di colture batteriche vive e vitali, si sono dimostrati degli efficaci veicoli per consentire agli individui che mal digeriscono il lattosio di inserire nella propria alimentazione prodotti derivati dal latte. I latti fermentati contengono una quantità di lattosio sufficiente a creare i classici sintomi della maldigestione nei soggetti sensibili, dato che solo il 20-30% del lattosio contenuto nel latte viene convertito ad acido lattico durante il processo di fermentazione. Il meccanismo alla base della tollerabilità del lattosio residuo è stato chiarito da una serie di studi ed è risultato essere complesso e multifattoriale. 103 Capitolo 4_5ª Bz 29-05-2002 14:21 Pagina 104 Attività probiotica dei latti fermentati latti fermentati con queste colture batteriche abbiano scarsa efficacia nell’eliminazione dei fenomeni della maldigestione del lattosio. Questa osservazione è spiegabile considerando come il meccanismo ipotizzato per spiegare l’azione a livello intestinale delle idrolasi dei batteri dei latti fermentati preveda un lento transito intestinale del prodotto, l’ingresso del lattosio nelle cellule batteriche, anche non più vitali, grazie alla permeabilizzazione dovuta all’azione dei sali di bile e l’idrolisi del lattosio tal quale da parte della beta-galattosidasi. Le beta-fosfo-galattosidasi sarebbero quindi incapaci di agire in queste condizioni, in quanto esse richiedono la fosforilazione del substrato, evento possibile solo se le cellule batteriche sono vive e metabolizzanti. Una serie di studi ha inoltre dimostrato come il trattamento termico postfermentazione, utilizzato in alcuni prodotti per aumentare la shelf-life del prodotto, riduca considerevolmente la capacità della beta-galattosidasi batterica di proteggere l’individuo sensibile dagli effetti negativi dell’ingestione del lattosio. Solo i prodotti contenenti cellule batteriche vive sembrano quindi in grado di eliminare i problemi della maldigestione del lattosio. Si tenga infine presente che questa Un primo fattore è rappresentato dal tempo di transito oro-cecale, più lento per i prodotti fermentati rispetto a quello del latte, il che concede alla beta-galattosidasi intestinale, presente a bassi livelli negli individui intolleranti, un maggior tempo di azione. Questo rallentamento aumenta anche le possibilità di idrolisi del lattosio da parte delle beta-galattosidasi batteriche, cioè degli enzimi contenuti nelle colture microbiche utilizzate per la produzione dei latti fermentati. I batteri lattici utilizzano il lattosio mediante due diversi sistemi metabolici (Fig. 1). Il sistema più diffuso prevede l’ingresso nella cellula batterica dello zucchero senza nessuna sua modificazione chimica, mediante un sistema di trasporto ATP-dipendente. Questo sistema è quello utilizzato dalle colture starter per yogurt e dalla maggior parte delle specie di lattobacilli di origine intestinale. Lactococcus lactis e la specie probiotica Lactobacillus casei, al contrario, utilizzano un sistema di ingresso del lattosio che prevede la sua fosforilazione prima dell’idrolisi (che avviene per mezzo di una beta-fosfo-galattosidasi). È interessante notare come studi fatti utilizzando latte fermentato da Lactococcus lactis abbiano dimostrato come 104 Capitolo 4_5ª Bz 29-05-2002 14:21 Pagina 105 L. Morelli Figura 1 Le cellule di Lactococcus (in alto) introducono e idrolizzano il lattosio nella forma fosforilata dovuta al meccanismo di trasporto PEP-PTS. Al contrario Lactobacillus bulgaricus (in basso) e Streptococcus thermophilus, che utilizzano un sistema di ingresso del lattosio di tipo permeasico e dipendente dall’ATP, non richiedono la fosforilazione dello zucchero. I diversi sistemi di ingresso nelle cellule batteriche potrebbero spiegare la diversa capacità, osservata sperimentalmente in prodotti contenenti specie batteriche diverse, di alleviare i sintomi di maldigestione del lattosio. Lattosio PEP-PTS beta-P-galattosidasi Gluc osio -Gal attos io-6P Lattosio Permeasi beta-galattosidasi Glucosio-Galattosio 105 Capitolo 4_5ª Bz 29-05-2002 14:21 Pagina 106 Attività probiotica dei latti fermentati capacità si riferisce solo al lattosio contenuto nel prodotto fermentato. Studi effettuati con dosi crescenti di lattosio hanno infatti dimostrato come l’insorgenza dei sintomi della maldigestione del lattosio non fosse diminuita dalla contemporanea ingestione del prodotto fermentato contenente cellule batteriche vive. Attualmente sono in corso ricerche per la selezione di ceppi dotati di betagalattosidasi particolarmente adatte ad esplicare la loro attività idrolitica nelle condizioni intestinali, e quindi potenziare l’attività protettiva nei confronti degli individui sensibili. questa ipotesi non è al momento supportata da solide evidenze scientifiche. Si tenga inoltre presente che fino a poco tempo fa era difficile valutare la presenza di uno specifico ceppo fra tutti quelli isolati dal sistema gastrointestinale, mentre oggi la biologia molecolare consente di identificare i singoli individui batterici con grande precisione, permettendo quindi una precisa valutazione della capacità di un ceppo di sopravvivere all’ingestione e di insediarsi nell’intestino. La capacità di colonizzazione è definita inoltre in confronto ad un marcatore biologico incapace di riprodursi nell’intestino ma non danneggiato durante il suo transito. Come marcatore vengono generalmente scelte le spore di B. stearothermophilus. Si può quindi determinare una “farmacocinetica” dei batteri probiotici, in cui il ceppo in esame può essere eliminato più velocemente o parallelamente alle spore stesse, indice di una mancata colonizzazione, oppure permanere per un tempo maggiore del marcatore, dimostrando così un’attitudine alla colonizzazione. L’insediamento nell’intestino di ceppi batterici ingeriti seguendo la via alimentare è possibile se i ceppi stessi sono in grado di superare i diversi ostacoli che il tratto gastrointestinale oppone all’ingresso di batteri vivi. Una prima Dose effettiva per la colonizzazione La dose effettiva, cioè la quantità di cellule batteriche vive e vitali, da somministrare ad un individuo affinché possano esprimersi le proprietà probiotiche, è sicuramente un dato essenziale da stabilire. La capacità di permanere nel tratto intestinale viene generalmente definita come capacità di colonizzazione da parte di un ceppo. Molti Autori ritengono che questa capacità sia strettamente legata alla capacità dei ceppi di aderire agli epiteli intestinali, anche se 106 Capitolo 4_5ª Bz 29-05-2002 14:21 Pagina 107 L. Morelli barriera costituita dal succo gastrico e dall’azione tensio-attiva dei sali biliari, a cui le specie tipiche dello yogurt sono particolarmente sensibili. Prove condotte in vivo utilizzando volontari sani hanno evidenziato come la percentuale di sopravvivenza nel piccolo intestino di ceppi di S. thermophilus sia intorno all’1%, mentre ceppi di L. delbrueckii subsp. bulgaricus dimostrano una resistenza superiore. Situazione diversa quando si prendono in considerazione ceppi di origine enterica, anche se con notevoli differenze fra ceppo e ceppo. I lattobacilli del gruppo di specie fenotipicamente riferibile a L. acidophilus presentano percentuali di sopravvivenza all’ambiente gastrico estremamente variabili da ceppo a ceppo, con riduzioni di vitalità variabili da due logaritmi ad una pressoché totale scomparsa. Ceppi di L. casei si dimostrano più resistenti, anche se permane la variabilità di comportamento fra i singoli individui batterici. I bifidobatteri sembrano possedere una più generalizzata resistenza alla barriera gastrica e possono raggiungere, a seconda del ceppo considerato, percentuali di sopravvivenza nel piccolo intestino fino ad oltre il 30%. Anche ceppi batterici capaci di superare gli ostacoli frapposti dal tratto ga- stroduodenale non riescono a insediarsi nell’intestino se vengono ingeriti in dosi basse, in quanto non riescono a superare la barriera opposta dai microrganismi già presenti nel tratto intestinale. La flora intestinale di ogni individuo sano è infatti un ambiente ecologicamente stabile, che si oppone all’introduzione di nuovi ospiti batterici mediante quel complesso fenomeno che è stato definito “resistenza alla colonizzazione”. Somministrazioni controllate a volontari umani hanno dimostrato che ceppi selezionati per avere dimostrato buone doti di resistenza all’ambiente gastrico e ai sali di bile in saggi in vitro, possono colonizzare, sia pure in modo transiente, la totalità dei volontari trattati se assunti in dosi non inferiori ai 10 miliardi pro die, mentre dosi 10 volte inferiori portano alla colonizzazione di alcuni soggetti ma non di tutti (Tab. 2). Sono stati messi a punto saggi di laboratorio per cercare di determinare in vitro la capacità di adesione agli epiteli intestinali dei ceppi che abbiano superato i saggi di resistenza all’ambiente gastrico e al contatto con i sali biliari. Questi saggi si basano sull’utilizzazione di linee cellulare tumorali di origine intestinale (le più comunemente usate sono le CaCo2 e le HT29) che possono dif- 107 Capitolo 4_5ª Bz 29-05-2002 14:21 Pagina 108 Attività probiotica dei latti fermentati Tabella 2 Dose giornaliera raccomandata per lattobacilli probiotici. Ceppo Dose effettiva in UFC/giorno Riferimento bibliografico L. casei Shirota 6,5 x 109 S. Shimizu G. Shibamoto, 1965 L. rhamnosus GG 109 x 1010 Saxelin et al., 1991 5x 108 Johansson et al., 1993 L. acidophilus NCFB 1748 3x 1011 Lidbeck et al., 1993 L. reuteri (ceppi diversi) 1 x 108 -1011 Wolf et al., 1995 109 Ahrné et al., 1995 L. plantarum 299 V L. rhamnosus DSM 6594 16 x L. johnsonii LA 1 1 x 1010 ferenziare in vitro, assumendo caratteri tipici degli enterociti, con produzione o meno di muco. I ceppi batterici in esame vengono messi a contatto con le linee cellulari per un breve tempo e quindi la sospensione viene sottoposta a lavaggi, terminati i quali si procede alla conta dei batteri rimasti adesi alle cellule stesse. La percentuale di adesione così ottenuta viene utilizzata come un indice della probabilità di colonizzazione in vivo del ceppo esaminato. I risultati ottenuti hanno dimostrato una grande variabilità fra i vari ceppi esaminati, anche all’interno della stessa specie. La reale significatività di questi saggi è tuttora molto discussa dalla comunità scientifica internazionale, in quanto non esiste un protocollo standard applicato da tutti e il saggio stesso è influenzabile da molte variabili. Schiffrin et al., 1995 Inoltre, se è vero che i ceppi più aderenti in vitro hanno generalmente dato buoni risultati nelle prove in vivo, manca a tutt’oggi la contro-prova ottenuta osservando il potenziale di colonizzazione di ceppi poco aderenti in vitro. Manca inoltre l’uso di ceppi isogenici per tutti i caratteri tranne la loro capacità di adesione in vitro, un confronto questo ritenuto essenziale per la comprensione del meccanismo della colonizzazione in vivo fin dal 1993 durante un Consensus Meeting di esperti statunitensi. In effetti saggiare l’adesione in vitro presuppone che si consideri l’adesione ai tessuti intestinali come indispensabile per la colonizzazione, cosa questa tutt’altro che dimostrata. Anzi, altri tipi di microrganismi, ad esempio i lieviti o i batteri cariogeni del cavo orale, hanno elaborato, accanto all’adesione, 108 Capitolo 4_5ª Bz 29-05-2002 14:21 Pagina 109 L. Morelli altri meccanismi, quali l’aggregazione con altri microrganismi, per insediarsi in una nicchia ecologica. Se i test in vivo hanno dato precise indicazioni sulla dose di batteri da somministrare per ottenerne l’insediamento nell’intestino umano, i test in vivo sembrano essere utili per determinare la capacità dei ceppi di superare le prime barriere del tratto intestinale e solo indicativi per quanto riguarda la capacità di insediamento. con antibiotici. Questa pratica ha la sua ragione d’essere nella necessità di ripristinare velocemente alti livelli numerici in una flora intestinale sicuramente ridotta a causa dell’uso di sostanze antibatteriche. Questo ripristino è desiderabile avvenga con specie sicuramente non patogene e in grado di riprodursi nel tratto intestinale, contribuendo così a ricostituire quella barriera contro le infezioni rappresentata dalla “resistenza alla colonizzazione” sopra ricordata. Cosa diversa è invece postulare una diretta azione favorevole dei batteri lattici in presenza di patologie gastrointestinali, che possono avere origine batterica ma anche virale. Esperimenti condotti in vitro, ma che non hanno ancora ricevuto conferma in vivo, per dimostrare l’attività di inibizione dei patogeni da parte dei batteri lattici, hanno portato ad accumulare una buona serie di evidenze positive che alcuni ceppi possono esercitare azioni dirette a ridurre l’attività dei batteri patogeni. Queste evidenze provengono, per la maggior parte, dalla caratterizzazione di sostanze anti-batteriche del tipo delle batteriocine, la cui produzione è ormai un fatto ben accertato nel genere Lactobacillus e, in minor misura, nei bifidobatteri (Tab. 3). Attività probiotiche: le possibilità Azione anti-diarrea azione contro i patogeni Benché si ritenga comunemente che i fermenti lattici svolgano un’azione anti-diarroica, questo tipo di attività non è stato ancora dimostrato in modo tale da suscitare un generale consenso nel mondo scientifico. La generale convinzione del ruolo anti-diarrea svolto dai batteri lattici e dai prodotti fermentati che li contengono nasce probabilmente dall’abitudine di molti clinici di prescrivere, con esiti indubbiamente positivi, batteri lattici sotto varie forme a pazienti che siano stati sottoposti a trattamenti 109 Capitolo 4_5ª Bz 29-05-2002 14:21 Pagina 110 Attività probiotica dei latti fermentati Tabella 3 Batteriocine prodotte da batteri lattici utilizzati nei latti fermentati. Ceppo produttore Batteriocina Spettro di attività Lb. acidophilus Lactacin B Lb. delbrueckii Lb. helveticus Listeria monocytogenes Acidophilucin A Lb. delbrueckii Lb. helveticus Acidocin 8912 Lb. acidophilus, Lb. casei Lb. plantarum Lactococcus lactis Lb. casei Caseicin 80 Lb. casei Lb. delbrueckii Lacticin A Lb. delbrueckii subsp. lactis Lacticin B Lb. delbrueckii subsp. bulgaricus Lb. delbrueckii subsp. delbrueckii Lb. gasseri Gassericin A Lb. acidophilus, Lb. delbrueckii Lb. helveticus, Lb. casei Lb. brevis Lb. johnsonii Lactacin F Lb. fermentum Enterococcus faecalis Lb. delbrueckii, Lb. helveticus Aeromonas hydrophila Staphylococcus aureus Lb. plantarum Plantacin A Leuconostoc spp. Pediococcus spp. Lactococcus lactis Enterococcus faecalis Plantacin B Lb. plantarum Leuconostoc mesenteroides Pediococcus dannosus Plantacin S Leuconostoc, Cl. tyrobutyricum Lb. helveticus, Lb. plantarum Lb. curvatus, Lb. reuteri Enterococcus, Pediococcus Lactococcus, Streptococcus Micrococcus, Propionibacterium Lb. delbrueckii, Lb. fermentum Plantacin T Leuconostoc, Cl. tyrobutyricum Lb. helveticus, Lb. plantarum Lb. reuteri, Enterococcus Pediococcus, Lactococcus Streptococcus, Micrococcus Lb. delbrueckii, Lb. fermentum Propionibacterium Lb. reuteri Reutericin 6 Lb. acidophilus Lb. delbrueckii subsp. lactis Lb. delbrueckii subsp. bulgaricus S. thermophilus Thermophilin T Cl. sporogenes Cl. tyrobutyricum Thermophilin 347 Listeria 110 Capitolo 4_5ª Bz 29-05-2002 14:21 Pagina 111 L. Morelli Purtroppo, al momento, non sono disponibili dati che confermino, almeno in modelli animali, l’efficacia dei ceppi produttori di queste sostanze nel ridurre o eliminare lo sviluppo dei patogeni nel tratto intestinale. Le batteriocine prodotte da batteri del gruppo dei Gram positivi sono inoltre attive solo contro batteri appartenenti allo stesso gruppo, anche se alcuni Autori hanno dimostrato in alcuni lattobacilli la presenza di un’azione inibente, del tipo di quella mediata dalle batteriocine, contro batteri patogeni Gram negativi. Sperimentazioni condotte usando modelli animali, generalmente topi, hanno consentito di dimostrare la capacità dei latti fermentati di abbassare il numero dei coliformi presenti e la capacità preventiva di un latte fermentato da L. casei e L. acidophilus nei confronti di una diarrea indotta somministrando a topi E. coli enteroinvasiva o Listeria monocytogenes. Se l’attività terapeutica dei latti fermentati non è ancora chiaramente dimostrata, l’azione preventiva e quella di aiuto ad un più veloce recupero dall’infezione gastrointestinale, sembrano avere più solide evidenze scientifiche. Fra gli esperimenti condotti sull’uomo, ricordiamo l’effetto preventivo osservato in lattanti a cui era somministra- to un latte fermentato contenente L. casei e L. acidophilus. Il gruppo trattato dimostrò una minor incidenza di patologie diarroiche e un miglior aumento di peso. I dati presentati non sono stati però analizzati per la loro significatività statistica e i criteri di selezione dei soggetti trattati non sono stati descritti. Gli stessi Autori, utilizzando lo stesso latte fermentato contenente L. casei e L. acidophilus hanno dimostrato una riduzione nella durata dei fenomeni diarroici in bambini ospedalizzati per infezioni riconducibili a E. coli, Salmonella, Shigella. In questo caso l’analisi statistica ha confermato l’efficacia del trattamento con latte fermentato. Gli Autori suggeriscono inoltre come il meccanismo di azione possa essere una stimolazione del sistema immunitario di mucosa, piuttosto che una diretta azione antagonista dei batteri lattici. Una minor durata degli episodi diarroici, specialmente nei bambini, è stata inoltre segnalata da diversi Autori, che hanno evidenziato effetti positivi anche in casi dovuti a rotavirus, tanto che il consumo di latti fermentati è stato consigliato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità proprio nel caso di diarrea infantile. Esperimenti in modelli animali hanno suggerito come l’azione positiva pos- 111 Capitolo 4_5ª Bz 29-05-2002 14:21 Pagina 112 Attività probiotica dei latti fermentati sa essere attribuita sia all’azione immuno-stimolante dei lattobacilli sia ad un miglioramento della funzionalità della mucosa del piccolo intestino. Recidive di episodi di diarrea dovuta a Clostridium difficile, sono state efficacemente prevenute con un ceppo di Lactobacillus usato per la produzione di latti fermentati, anche se in questo specifico caso il ceppo è stato usato in forma liofilizzata e ad alta concentrazione. Un ulteriore meccanismo di possibile inibizione delle infezioni gastrointestinali è stato recentemente determinato ai batteri lattici e ai prodotti fermentati che li contengono. Diversi Autori hanno dimostrato, in vitro, come ceppi probiotici capaci di aderire a cellulari intestinali (generalmente CaCo2 e HT29) impediscano la successiva adesione di ceppi patogeni. Questa capacità è stato ipotizzato poter avvenire anche in vivo, contribuendo così al fenomeno della resistenza alla colonizzazione. Gli esperimenti in vitro hanno dimostrato quest’attività solo nel caso in cui i ceppi di lattobacilli vengano messi a contatto con le linee cellulari prima o contemporaneamente ai ceppi patogeni, mentre non si sono rivelati capaci di rimuovere dalle linee cellulari i batteri patogeni già adesi. Stimolazione del sistema immunitario Il passaggio dall’empirismo all’indagine scientifica, per quanto riguarda le attività probiotiche dei latti fermentati, ha un suo punto fermo nel determinare, in maniera ineccepibile dal punto di vista biochimico e fisiologico, i metabolismi che rendono possibili le attività stesse. L’osservata azione di rafforzamento della resistenza alla colonizzazione da parte dei latti fermentati e le evidenze di un loro ruolo positivo nei confronti dei patogeni necessitano quindi, per potersi inserire in un chiaro quadro fisiologico, di poter essere spiegate con una qualche azione diretta o indiretta. Un settore di ricerca che ha portato a risultati molto promettenti nella spiegazione di fenomeni indiretti di difesa dell’ospite umano dovuti all’ingestione di latti fermentati è quello che studia l’azione immuno-stimolante di questi prodotti. La microflora intestinale è una fonte inesauribile di antigeni per la mucosa intestinale, anche se dobbiamo ben tener presente il fenomeno dell’oral tolerance, cioè la mancanza di immunogenicità di diversi antigeni assorbiti per via orale, fenomeno che consente la nostra nutrizione (in caso contrario si 112 Capitolo 4_5ª Bz 29-05-2002 14:21 Pagina 113 L. Morelli hanno le allergie alimentari) e la convivenza con una parte della microflora intestinale. I primi studi in questo settore si erano soffermati sul rapporto fra i batteri probiotici e la risposta immunitaria sistemica, in particolare quella mediata da macrofagi, con evidenze ottenute in un modello animale. I dati dimostrano una migliore attività immuno-stimolante di L. casei e L. acidophilus in confronto a S. thermophilus. La stimolazione della produzione di interferone gamma da parte di linfociti B è stata inoltre dimostrata in vitro e in vivo utilizzando diverse specie batteriche incluse colture da yogurt, anche se in quest’ultimo caso la dose di batteri lattici somministrata era molto più elevata di quella che sia ipotizzabile venga assunta quotidianamente da un consumatore. Ricordiamo inoltre che altri Autori non hanno confermato questa stimolazione della produzione di interferone e che questa sostanza può avere sull’uomo sia effetti benefici che negativi. I risultati dimostrano comunque una variabilità dovuta ai ceppi usati e alla quantità di batteri usati. Recentemente è stato dimostrato come il consumo di latte fermentato con ceppi probiotici di lattobacilli e di bi- fidobatteri possa aumentare l’attività fagocitica contro E. coli in volontari umani. Gli stessi volontari non hanno mostrato nessuna variazione nel contenuto in linfociti. Risultati di estremo interesse si sono ottenuti quando si è passati ad analizzare il rapporto fra i latti fermentati e il GALT (Gut-Associated Lymphoid Tissue), cioè il sistema immunitario associato alle mucose intestinali. Il GALT interagisce continuamente con il sistema immunitario sistemico ed è composto da una serie di organi socializzati, quali le placche del Peyer, le cellule M e una grande varietà di cellule con funzione immunitaria (tra gli altri i linfociti B e T, e i macrofagi). La stimolazione del GALT è stata dimostrata avvenire in vitro, in modelli animali e anche nell’uomo, sebbene questi dati siano disponibili per pochi ceppi e non sia pertanto possibile generalizzarli. Anzi, è bene notare che gli studi disponibili evidenziano una forte differenza nella capacità di stimolazione del GALT fra ceppi appartenenti alla stessa specie batterica. Gli studi condotti in umana, sicuramente i più probanti, hanno dimostrato come il consumo di latti fermentati contenenti specifici ceppi di Lactobacillus e Bifidobacterium possa modulare una positiva risposta immunitaria contro un 113 Capitolo 4_5ª Bz 29-05-2002 14:21 Pagina 114 Attività probiotica dei latti fermentati ceppo attenuato di Salmonella typhi. Inoltre, un ceppo di L. casei è stato dimostrato aver attività di stimolo del sistema immunitario di mucosa in pazienti affetti dalla malattia di Crohn e da artrite cronica giovanile. In questo caso, però, il trattamento è stato fatto con il ceppo liofilizzato e non con latte fermentato. L’attività di modulazione del sistema immunitario da parte dei latti fermentati è quindi supportata da numerose evidenze. Ciò che manca è la comprensione dei meccanismi molecolari che presiedono a quest’attività ed è questa la ragione per cui non vi è ancora un pieno consenso da parte del mondo scientifico. L’ipotesi di partenza era rappresentata dai dati che evidenziavano un comportamento molto diverso fra loro di un certo numero di ceppi di lattobacilli isolati dall’intestino di maiali, per quanto riguarda la capacità di deconiugare i sali di bile e di “assimilare” il colesterolo. I ceppi venivano saggiati in vitro per la loro capacità di riprodursi in terreni liquidi contenenti sali di bile e colesterolo. Veniva quindi misurato il colesterolo rimasto nel supernatante ottenuto centrifugando la coltura alla fine del tempo di incubazione. Il saggio così effettuato evidenziava, in alcuni ceppi, l’avvenuta rimozione dal terreno di coltura di consistenti quantità di colesterolo. Il colesterolo rimosso veniva analiticamente ritrovato nelle cellule batteriche centrifugate. Gli Autori ipotizzavano un’avvenuta assimilazione della sostanza, senza avanzare però alcuna ipotesi circa il possibile meccanismo di ingresso del colesterolo nelle cellule batteriche. Esperimenti condotti utilizzando topi confermavano una riduzione dei livelli ematici del colesterolo solo per alcuni dei ceppi capaci di assimilarlo in vitro. Autori olandesi hanno più tardi dimostrato come la ipotizzata assimilazione del colesterolo sia in realtà da attribuirsi ad una co-precipitazione di cellule Attività probiotiche: le aree grigie Attività di riduzione del colesterolo La possibilità di ridurre i tassi ematici del colesterolo di origine alimentare mediante un’azione di “assimilazione” del colesterolo stesso da parte dei batteri probiotici è stata ipotizzata per la prima volta da Gilliland e coll. nel 1985. 114 Capitolo 4_5ª Bz 29-05-2002 14:21 Pagina 115 L. Morelli batteriche e colesterolo, dovuta all’attività deconiugante dei batteri stessi. I sali di bile deconiugati hanno infatti una scarsa solubilità a valori di pH inferiori a 6,0. Se i test in vitro si sono rivelati inadatti a verificare l’ipotizzata attività anticolesteremica dei batteri probiotici, anche le evidenze in vivo sono contrastanti, e sono stati riportati sia risultati positivi che nulli. La situazione è comunque ancora suscettibile di ulteriori sviluppi, dato che lo stesso gruppo americano ha recentemente pubblicato evidenze di una incorporazione di colesterolo nella membrana citoplasmatica di un ceppo di L. acidophilus, capace poi di abbassare il tasso ematico di colesterolo in un sistema modello animale con ipercolesterolemia indotta dalla dieta, mentre altri Autori confermano il legame fra attività di deconiugazione e rimozione del colesterolo. Altre evidenze sperimentali ripropongono la possibilità, sebbene con dati ottenuti solo in modelli animali, di un ruolo ipocolesteremizzante dei batteri probiotici. L’attività anti-colesteremica dei latti probiotici è ancora quindi oggetto di studio e di controversia scientifica e non può essere elencata fra quelle dimostrate in tutto o in parte. Diminuzione del rischio di sviluppo di tumori L’ipotizzata attività antitumorale si basa su due linee di evidenze: la prima è l’osservata diminuzione dei livelli di alcuni enzimi fecali, implicati nei processi di carcinogenesi, mentre la seconda si basa su di un’azione diretta di contrasto dello sviluppo dei tumori. È facile comprendere come queste ricerche siano delicate e complesse e quindi molte delle evidenze ottenute siano da considerare preliminari e non pienamente significative. È bene inoltre sottolineare come i latti fermentati siano degli alimenti in grado di aiutare il benessere dell’uomo ma non certamente in grado di sostituirsi alle terapie necessarie nel caso di patologie gravi quali quelle tumorali. Per quanto riguarda gli enzimi fecali, il razionale dell’azione positiva attribuita ai latti fermentati risiede nel ruolo svolto nella carcinogenesi dalla flora del colon. È questa componente batterica a produrre enzimi quali le glucoronidasi, le nitroreduttasi e le azoreduttasi che sono state coinvolte nel processo di attivazione di alcuni procarcinogeni in carcinogeni. Poiché i latti fermentati possono modificare la composizione della flora 115 Capitolo 4_5ª Bz 29-05-2002 14:21 Pagina 116 Attività probiotica dei latti fermentati del colon, si può ottenere una variazione dei livelli di enzimi prodotti da questa flora. I risultati ottenuti non sono comunque ritenuti significativi. Per quanto riguarda la seconda linea di ricerca, recenti lavori hanno dimostrato un’azione anti-genotossica dei batteri probiotici, mentre alcuni lavori tendono a dimostrare una positiva azione dei latti fermentati e dei batteri probiotici sullo sviluppo di tumori sperimentalmente indotti in sistemi animali. Altre indagini legano la presenza di batteri lattici all’induzione di fattori necrotizzanti i tumori; polisaccaridi di parete sarebbero coinvolti in quest’attivazione. Tutto quanto sopra esposto rimane comunque nel campo della ricerca scientifica e sembra prematura ogni ipotesi di attività di diminuzione del rischio di sviluppo di patologie tumorali attribuibile ai latti fermentati. colli della sperimentazione di laboratorio e clinica più rigorosi. Se alcune “virtù” dei latti fermentati non hanno trovato conferma, altre sono state dimostrate in maniera ineccepibile ed è stato scoperto anche il meccanismo di azione di almeno alcune di queste attività, mentre per altre sono state avanzate ipotesi attualmente in fase di verifica. La ricerca internazionale non ha quindi abbandonato l’ipotesi di Metchnikoff, le sta anzi facendo vivere una seconda giovinezza. L’accertata specificità di ogni ceppo batterico nell’esercitare attività probiotiche diverse da quelle di ceppi anche appartenenti alla sua stessa specie, rende possibile immaginare lo sviluppo di una varietà di nuovi prodotti fermentati con diversa “funzionalità”, in grado cioè di esercitare azioni salutistiche mirate e ben differenziate. I batteri probiotici, uniti a quel fondamentale alimento che è il latte, continueranno a rappresentare, in modo ancora migliore di prima, una fonte di benessere per l’uomo, così come le testimonianze storiche sopra riportate dicono abbiano fatto da alcune migliaia di anni. Conclusioni La speranza di Metchnikoff che la sua ipotesi sul ruolo favorevole alla salute umana dei latti fermentati fosse verificata dalla ricerca scientifica sta diventando una realtà, seguendo i proto- 116 Capitolo 4_5ª Bz 29-05-2002 14:21 Pagina 117 L. Morelli Schaafsma G Lactose intolerance and consumption of cultured dairy products – a review. 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Poiché i medici non riuscivano a portare alcun sollievo al suo stato di prostrazione e di nevrastenia il sovrano dette ascolto all’Ambasciatore della Sublime Porta a Parigi al quale risultava che un medico ebreo preparava a Costantinopoli un latte di pecora fermentato di cui si dicevano meraviglie. Il re mandò dunque a chiamare questo medico che tuttavia pose come condizione di venire a piedi insieme al suo gregge. Quando finalmente, dopo aver attraversato tutta l’Europa meridionale, comparve davanti a Francesco I, questi, ancora sofferente e nello stesso tempo impaziente, de- cise di iniziare subito la cura. Dopo alcune settimane di trattamento con yogurt di pecora il sovrano guarì. Viceversa le pecore, già provate dal lungo peregrinare, non resistettero al freddo di Parigi e morirono una dopo l’altra. Rimasto senza pecore il medico riprese la strada del ritorno, indifferente alle offerte del Re per farlo restare, portando con sé il segreto della fabbricazione; Francesco I, comunque, era ormai guarito e il latte fermentato venne dimenticato. Come è più ampiamente descritto in altra parte di questo manuale, esistono vari tipi di latte fermentato tra i quali il Kefir, originario dei Balcani, dell’Europa Orientale e del Caucaso, contenente, oltre all’acido lattico, anidride carbonica e alcool (fino a circa 1%) la cui produzione si effettua inoculando nel latte i cosiddetti “grani di kefir” costituiti da Lactobacillus casei, da Streptococcus lactis, da Saccharomyces kefir (un lievito fermentante il lattosio) e da altri mi- 121 Capitolo 5_4ª Bz 29-05-2002 14:22 Pagina 122 Aspetti nutrizionali dei latti fermentati crorganismi. L’incubazione del latte così inoculato e precedentemente pastorizzato si compie a 15-20 °C per circa 8 ore; i granuli sono poi eliminati per filtrazione e il latte viene tenuto per 24 ore e oltre in bottiglie chiuse per ottenere una sufficiente effervescenza; a seconda del tempo di fermentazione (1, 2, 3, 4 giorni) si ha un kefir più o meno forte. Facendo fermentare latte di giumenta si ottiene il koumis, bevanda meno acida e più alcolica del kefir, abbastanza frequente sul mercato dell’Europa Centrale ma anch’esso originario dell’Asia. Altri latti fermentati sono il gioddu, prodotto tipico della tradizione sarda, ottenuto da latte di pecora o di capra trattato con un fermento costituito da lievito di pane, aceto e piccole quantità di caglio; l’egiziano leban, l’indiano dadhi, l’armeno matzoon. In effetti nell’antica Europa occidentale venivano preparate bevande al latte che, invero, erano in realtà cagliate diluite e aromatizzate e le cui ricette stanno probabilmente a testimoniare vecchie migrazioni di popoli che non conoscevano bevande provenienti dalla viticoltura e avevano, come unica ricchezza, le greggi spinte davanti a sé. Così i Celti della parte nord della Gallia, come delle isole britanniche e dell’Irlanda festeggiavano le grandi circostanze della vita con bevande a base di latte cagliato. I primi emigranti che sbarcarono in America, soprattutto cattolici della Cornovaglia o dell’Eire, per festeggiare avvenimenti o ricorrenze usavano preparare, come meglio potevano, bevande speciali quali il latte cagliato alla birra consistente in una miscela di un terzo di latte, un terzo di crema, un terzo di birra con aggiunta di succo di limone e di un po’ di cannella. Valore nutritivo Il valore nutritivo dei latti fermentati rispecchia ovviamente quello dei latti da cui provengono. Lo yogurt, che è il latte fermentato a maggiore diffusione nei Paesi occidentali, e al quale, quindi, ci si riferisce più particolarmente nel presente capitolo, è preparato di norma con latte vaccino e pertanto il suo valore nutritivo è sostanzialmente simile a quest’ultimo anche se la composizione viene ad essere modificata per i cambiamenti che si verificano nei costituenti del latte in seguito al processo di fermentazione ad opera dei microrganismi (Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus e Streptococcus thermophilus) nonché per la presenza di nutrienti e di altre sostanze elaborati dai microrganismi stessi. Il valore energetico dello yogurt, 122 Capitolo 5_4ª Bz 29-05-2002 14:22 Pagina 123 E. Lanzola trovano nelle urine. La forma D– è metabolizzata più lentamente della forma L+ e la sua escrezione urinaria è più elevata. Si ammette peraltro che l’adulto possa consumare le due forme senza inconvenienti. A seguito della scissione del lattosio durante la fermentazione aumenta la concentrazione di galattosio che può arrivare a 1-1,5%. Il galattosio viene di norma assorbito molto rapidamente dall’intestino e metabolizzato a glucosio nei tessuti. Come è noto, la causa più nota di intolleranza al latte è costituita dalla incapacità di digerire il lattosio per un deficit di lattasi nella mucosa intestinale. Il lattosio che non viene idrolizzato passa nel colon dove subisce la fermentazione ad opera della flora intestinale con produzione di acidi organici e di gas (anidride carbonica, metano, idrogeno). L’idrogeno prodotto è in parte riassorbito ed eliminato per via polmonare. Pertanto il malassorbimento di lattosio può essere messo in evidenza con una metodica relativamente semplice e sensibile misurando l’incremento della concentrazione di idrogeno nell’aria espirata dopo ingestione di lattosio. Nel bambino l’intolleranza al lattosio è dovuta molto spesso a deficit di lattasi intestinale secondaria a enteropatia. pertanto, è simile a quello del latte e dipende in gran parte dal contenuto di grasso. Si è diffusa perciò la tendenza alla produzione di yogurt a tenore ridotto di grasso, e tuttavia sempre appetibile, ciò che può rappresentare un valido contributo nelle diete ipocaloriche purché il valore energetico non venga recuperato con l’aggiunta di quantità eccessive di zucchero come dolcificante. La principale modifica risultante dal processo di fermentazione è la riduzione del lattosio, nell’ordine del 20-30%, con formazione di galattosio, di glucosio e di acido lattico che passa da livelli praticamente trascurabili a 0,8-1%. Gli effetti positivi dell’acido lattico consistono: a) nell’azione conservante nei riguardi del prodotto; b) nella palatabilità, per il gusto leggermente acido e rinfrescante; c) nell’azione favorente la biodisponibilità del calcio e di altri minerali; d) nell’azione inibitrice sulla crescita di batteri potenzialmente dannosi a livello dell’intestino. Il suo valore energetico è di 15 kj/g contro 16 kj del lattosio. L’acido lattico si trova nello yogurt nelle forme racemiche L+ e D– in proporzioni variabili secondo le condizioni di fabbricazione e di conservazione. Nell’uomo le due forme si 123 Capitolo 5_4ª Bz 29-05-2002 14:22 Pagina 124 Aspetti nutrizionali dei latti fermentati Nell’adulto il malassorbimento del lattosio è più spesso primario. In effetti nell’uomo l’attività lattasica intestinale, massima alla nascita, comincia a diminuire ad un’età variabile dopo lo svezzamento fino a giungere nell’adulto ad un tasso residuo del 10% dell’attività massima. La prevalenza del deficit primario di lattasi intestinale varia secondo le etnie. Ad esempio ammonta al 3% in Svezia, al 20% nella Francia settentrionale, al 40% nella Francia meridionale, al 50% nell’Italia settentrionale e al 70% nell’Italia meridionale, al 75% in Grecia. Il deficit acquisito di lattasi costituisce quindi una situazione quasi fisiologica che colpisce larga parte della popolazione mondiale. In queste condizioni, oltre al latte delattosato, peraltro non sempre disponibile, lo yogurt riveste una posizione privilegiata nonostante il suo contenuto di lattosio. Ricerche recenti hanno dimostrato infatti che lo yogurt permette la digestione del lattosio nei soggetti carenti di lattasi grazie all’azione lattasica sostitutiva svolta dai lattobacilli purché ovviamente questi siano viventi e cioè che lo yogurt non abbia subito un trattamento termico. Il contenuto di proteine nello yogurt non differisce sostanzialmente da quello del latte, tuttavia il contenuto di peptidi e di aminoacidi liberi è più elevato a causa dell’azione proteolitica dei microrganismi. Se per la maggioranza degli individui in buona salute questa “predigestione” di parte delle proteine e la consequenziale più fine coagulazione della cagliata può rappresentare un vantaggio trascurabile, il beneficio risulta invece reale per coloro che a causa di processi patologici hanno difficoltà di digestione a livello gastrico. Studi recenti condotti su soggetti sani, muniti di una sonda intestinale, hanno evidenziato che la velocità di liberazione delle proteine nell’intestino è, nel caso dello yogurt, più lenta e più regolare in confronto alle proteine del latte. È quindi la cinetica dello svuotamento gastrico che viene modificata con la consequenziale ripercussione sulla cinetica di apporto di aminoacidi nel sangue portale senza peraltro che venga influenzata la digeribilità nel suo complesso. La fermentazione non ha in pratica effetto sul contenuto in minerali del latte e pertanto lo yogurt, come il latte, è una fonte eccellente di minerali, in particolare di calcio, fosforo, magnesio e zinco. Poiché la biodisponibilità di questi minerali viene favorita dalla presenza di lattosio ci si può chiedere se essa possa essere compromessa a seguito della riduzione del tasso di lattosio che si verifica durante la fermentazione. 124 Capitolo 5_4ª Bz 29-05-2002 14:22 Pagina 125 E. Lanzola In effetti varie ricerche hanno confermato che il calcio dello yogurt viene assorbito in misura pressoché eguale a quello del latte e comunque la biodisponibilità del calcio da tutti i prodotti lattiero-caseari è di gran lunga più elevata rispetto ai prodotti di origine vegetale. Anche il contenuto in vitamine dello yogurt dipende soprattutto da quello del latte di partenza che, come è noto, può essere influenzato dalle condizioni di allevamento, dal regime alimentare, dalle condizioni climatiche e da quelle geografiche nonché dallo stadio della lattazione. Inoltre il contenuto vitaminico del latte di partenza è influenzato in vario grado dal trattamento termico al quale è sottoposto durante le fasi di preparazione dello yogurt. Significativa comunque è, nel latte fermentato, l’influenza dell’inoculo microbico. Molti batteri lattici, infatti, hanno bisogno per lo sviluppo di vitamine del gruppo B mentre molti altri sono capaci di sintetizzare alcune vitamine. In generale nello yogurt le vitamine sono presenti in modesta quantità come nel latte, ad eccezione dei folati che in qualche caso sono stati trovati in quantità alquanto maggiore. Nella Tabella 1 è riportata la composizione media dello yogurt preparato partendo da latte parzialmente scremato. Tabella 1 Composizione di yogurt naturale prodotto da latte parzialmente scremato. (da Syndifrais, 1997) per 100 g per 125 g Proteine g 4,3 5,4 Lipidi g 1,2 1,5 Glucidi g 5,0 6,2 Kilocalorie 48 60 Kilojoules 201 251 Calcio mg 148 185 Fosforo mg 114 142 Magnesio mg 13 16,2 Vitamina B1 mg 0,04 0,05 Vitamina B2 mg 0,18 0,22 Vitamina PP mg 0,11 0,14 Vitamina B5 mg 0,35 0,44 Vitamina B6 mg 0,04 0,05 Vitamina A µg 5 6,25 Vitamina E mg 0,03 0,04 Vitamina C mg 1 1,25 125 Capitolo 5_4ª Bz 29-05-2002 14:22 Pagina 126 Aspetti nutrizionali dei latti fermentati Tabella 2 Apporti di nutrienti da parte di differenti yogurt (riferiti ad una porzione di 125 g). (da Syndifrais, 1997) Yogurt naturale da latte parz. scremato Yogurt naturale da latte tot. scremato Yogurt naturale da latte intero Yogurt magro alla frutta Proteine (g) 5,4 5,6 5,2 4,5-5 Lipidi (g) 1,5 0,3 4,3 0,3 Glucidi (g) 6,2 6,5 6,2 13,7-22,5 Calcio (mg) 185 185 194 175 Kilocalorie 60 51 84 75-106 Kilojoules 251 213 351 313-443 Nella Tabella 2 sono posti a confronto gli apporti alimentari di vari tipi di yogurt, riferiti alla porzione standard di 125 g. Da quanto fin qui esposto si evince che gli aspetti nutrizionali dei latti fermentati vanno al di là del loro contenuto in principi nutritivi e devono essere considerati secondo un concetto più ampio e più funzionale di valore nutrizionale in linea con una visione moderna dei rapporti tra alimentazione, nutrizione e salute. In quest’ottica il valore nutrizionale dei latti fermentati è dato dalla loro particolare caratteristica di vettori di probiotici. Come è noto per probiotici si intendono “microrganismi viventi che, ingeriti in una certa quantità, svolgono un ruolo positivo sullo stato di salute che va oltre i tradizionali effetti inerenti agli aspetti nutrizionali di base”. Gli alimenti appor- tatori di probiotici, quali i latti fermentati, rientrano nel concetto moderno di “alimenti funzionali”. È noto anche che i microrganismi probiotici svolgono la loro azione, una volta ingeriti, sia nell’uomo che nell’animale, migliorando le caratteristiche della flora intestinale. L’utilizzazione di batteri lattici nella razione di animali di allevamento (vitelli, maialetti, pollastri, ecc.) risale ormai a molti anni orsono; da principio effettuata in maniera empirica, viene attualmente praticata in modo molto più mirato in seguito alle ricerche condotte negli allevamenti sperimentali. L’effetto probiotico, cioè a dire il miglioramento delle performance zootecniche (effetto positivo sull’accrescimento, sulla diminuzione delle diarree, ecc.) dipende dalla selezione dei ceppi nonché dalla quantità e dalla durata di 126 Capitolo 5_4ª Bz 29-05-2002 14:22 Pagina 127 E. Lanzola Yogurt alla frutta da latte parz. scremato Yogurt alla frutta da latte intero Yogurt aromatizzato e zuccherato da latte parz. scremato 4,6 4 4,8 1,3 3,3 1,3 21,2 23,7 17,5 175 175 175 115 140 101 481 585 422 somministrazione dei batteri lattici vivi. I probiotici più frequentemente impiegati nei latti fermentati presenti in commercio, oltre ai ben noti Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus e Streptococcus thermophilus , sono i vari ceppi di Lactobacillus casei e di Lactobacillus acidophilus, di bifidobacteria che sono bacilli resistenti agli acidi gastrici e biliari e pertanto in grado di arrivare nell’intestino (Fig. 1). 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0 ......................................................... Sopravvivenza di Lactobacillus casei nel tubo gastroenterico di volontari sani misurata come numero di unità formanti colonie (CFU) nelle feci. L’escrezione fecale di cellule viventi di L. casei aumenta rapidamente entro due giorni e ritorna rapidamente alla conta normale dopo interruzione del consumo di prodotti contenenti L. casei. (da G. Schaafsma, 1995) Log CFU/g nelle feci Figura 1 1 L. casei Controlli 5 3 7 Giorni 127 9 11 Capitolo 5_4ª Bz 29-05-2002 14:22 Pagina 128 Aspetti nutrizionali dei latti fermentati Una volta pervenuti nell’intestino essi aderiscono alle cellule intestinali così da costituire una barriera ostacolante l’adesione di eventuali patogeni (Fig. 2). Ricerche di ecologia microbica condotte su numerosi soggetti volontari hanno dimostrato infatti, già da molti anni, che contrariamente a quanto riteneva Metchnikoff agli inizi del secolo, è il Lactobacillus acidophilus e non il bulgaricus la specie di lattobacillo più frequente nel tubo digerente dell’uomo. Nel corso di una conferenza svoltasi nel novembre del 1995 a Francoforte in Germania gli effetti dei probiotici sulla salute umana sono stati raggruppati in tre categorie e cioè: effetti sicuri, effetti probabili, rischi potenziali. rolo LDL; – azione competitiva nei riguardi degli enteropatogeni; – azione preventiva nei riguardi dei tumori del colon; – accresciuta resistenza alle infezioni. Vengono infine considerati rischi potenziali: – la somministrazione di probiotici a bambini con flora intestinale insufficientemente sviluppata; – la somministrazione di probiotici a pazienti affetti da malattie autoimmuni; – trasferimento di geni codificanti la resistenza alla vancomicina da parte di microrganismi quali ceppi particolari di Enterococcus faecalis. Gli effetti sulla risposta immunitaria sono stati dimostrati a seguito di ricerche svolte sia su animali che su soggetti volontari. Studi su topolini ai quali era stato somministrato Lactobacillus acidophilus hanno messo in evidenza, infatti, un aumento delle cellule produttrici di IgA e IgG nonché una risposta proliferativa a livello della mucosa intestinale. Per quanto riguarda le ricerche sull’uomo studi recenti hanno evidenziato un aumento dell’attività fagocitaria dei leucociti dopo somministrazione per tre settimane di latte fermentato con Gli effetti sicuri comprendono: – riduzione dei sintomi di intolleranza al lattosio; – riduzione della durata della diarrea provocata da rotavirus, antibiotici o E. coli enterotossica; – riduzione dei seguenti enzimi di origine batterica: nitroreduttori, beta-glucorossidasi, azoreduttasi e ureasi; – stimolazione della risposta immunitaria. Tra gli effetti probabili vengono citati: – riduzione dei livelli ematici di coleste- 128 Capitolo 5_4ª Bz 29-05-2002 14:22 Pagina 129 E. Lanzola Figura 2 Effetto barriera sulle cellule intestinali. (da R. Reniero, 1996) Patogeni Cellule intestinali Infezione Patogeni Morte della cellula e/o diarrea 129 Esclusione dei patogeni Capitolo 5_4ª Bz 29-05-2002 14:22 Pagina 130 Aspetti nutrizionali dei latti fermentati L. acidophilus nonché aumento della produzione di IgA a seguito di vaccinazione orale contro S. typhimurium. In sintesi tutte le ricerche inducono a ritenere che l’effetto immunoregolatore venga esercitato dai lattobacilli attraverso la stimolazione della produzione di interferone ma, a questo proposito, appare molto importante la quantità dei fermenti ingerita. In effetti esperienze condotte per un anno su due gruppi di soggetti adulti, rispettivamente di età giovanile e matura, hanno evidenziato che i risultati significativi sulla risposta immunitaria ottenuti con il consumo di quattro porzioni giornaliere di yogurt vengono a mancare se le porzioni si riducono a due. Si può comunque affermare che con l’alimentazione, grazie alla selezione di alcuni ceppi batterici utilizzati nella fermentazione del latte, è possibile stimolare i meccanismi di difesa immunitaria che viene invece sovente depressa per abitudini alimentari scorrette e alimentazioni squilibrate. Esperienze condotte in vitro hanno inoltre dimostrato l’effetto inibitorio che il Lactobacillus acidophilus, il Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus e lo Streptococcus thermophilus svolgono nei riguardi di microrganismi dei generi Salmonella, Shigella, Staphylococcus, Proteus, Klebsiella, Pseudo- monas, Escherichia, Bacillus e Vibrio. Tale effetto non sembra imputabile ai soli prodotti del metabolismo formati dai lattobacilli bensì anche a sostanze con proprietà antibiotiche la cui produzione in vitro dipende dal ceppo dei lattobacilli e dal mezzo di coltura. Sempre in vitro è stato evidenziato che i prodotti dell’attività metabolica dei lattobacilli sono in grado di ridurre la frequenza di trasferimenti di plasmidi (fattore R) tra gli enterobatteri: questi prodotti presenti nello yogurt sono termostabili. Allo stato attuale, peraltro, i risultati di queste ricerche non hanno ancora trovato conferma in vivo. Circa l’azione di prevenzione che l’apporto alimentare di yogurt potrebbe avere nei riguardi di alcune malattie degenerative quali l’arteriosclerosi e i tumori del colon, vale la pena di segnalare, sia pure succintamente, che allo stato attuale vari studi inducono a ritenere un effetto positivo in proposito. Per quanto concerne l’arteriosclerosi o, per meglio dire, la ipercolesterolemia, considerata come indice di rischio di cardiovasculopatie, va detto subito che la relazione tra consumo di prodotti lattieri e colesterolemia ha del paradosso. È ben noto, infatti, che un apporto elevato di lipidi saturi può far aumentare 130 Capitolo 5_4ª Bz 29-05-2002 14:22 Pagina 131 E. Lanzola il tasso della colesterolemia e tuttavia ciò non si riscontra per il consumo, anche in quantità importante, di latte e di latti fermentati. Ciò è stato evidenziato, ad esempio, presso i guerrieri Masai, grandi consumatori di latte (fino a 4-5 litri al giorno), i quali peraltro sono esenti da ipercolesterolemia e hanno una bassa prevalenza di malattie cardiovascolari. In questa direzione sono stati effettuati studi anche negli Stati Uniti dai quali risulta che lo yogurt sarebbe anche più efficace del latte nel mantenere bassa la colesterolemia. Meno attendibili sono gli studi condotti con le stesse finalità negli animali da laboratorio (soprattutto conigli e ratti) essendo ben note le differenze sul metabolismo del colesterolo tra queste specie animali e l’uomo. Per quanto riguarda l’uomo occorre tuttavia aggiungere che l’effetto ipocolesterolemizzante è stato ottenuto con il consumo di quantità considerevoli di yogurt, lontane dalla pratica comune. Inoltre gli stessi risultati possono essere ottenuti semplicemente arricchendo di calcio il regime alimentare il che porta a pensare – considerando l’elevato tenore in calcio del latte in genere – che l’abbassamento della colesterolemia sia dovuta non tanto alla fermentazione e ai prodotti derivati quanto all’apporto notevole di calcio. In conclusione, a seguito di numerosi studi condotti in proposito, si può affermare che se resta dubbio l’effetto ipocolesterolemizzante dello yogurt – per lo meno alle dosi usuali – è tuttavia certo che esso non possiede effetto ipercolesterolemizzante. In questa breve rassegna si è già accennato – tra gli effetti probabili dei latti fermentati e in particolare dello yogurt – a un’eventuale azione protettiva contro il rischio di cancro del colon nell’uomo. Gli studi a questo riguardo sono basati essenzialmente sulla constatazione che l’ingestione prolungata di determinati microrganismi viventi è associata, sia nell’animale che nell’uomo, a modifiche dell’attività metabolica della flora intestinale. L’interesse di queste osservazioni sta nel fatto che alcuni enzimi di origine batterica, quali la beta-glucurossidasi, la beta-glucossidasi, l’azoreduttasi, la nitroreduttasi e altri sono in grado di trasformare molecole procarcinogene in carcinogene e potrebbero pertanto svolgere un ruolo nella cancerogenesi del colon. Già dal 1977 era stato dimostrato che la somministrazione di bacilli Lattacidofili vivi a ratti sottoposti ad un regime ricco di carne diminuiva in modo significativo l’attività della beta-glucorossidasi, della azoreduttasi e della nitroreduttasi della flora 131 Capitolo 5_4ª Bz 29-05-2002 14:22 Pagina 132 Aspetti nutrizionali dei latti fermentati intestinale. Queste ricerche, estese all’uomo nel 1980, evidenziarono che gli onnivori presentano livelli più elevati di beta-glucorossidasi e di azoreduttasi rispetto ai soggetti vegetariani e che l’aggiunta di Lactobacillus acidophilus al regime alimentare porta alla diminuzione di queste attività. Ricerche successive hanno confermato questi risultati, impiegando anche lattobacilli diversi. In linea di massima restano tuttora ignoti i meccanismi che conducono alla diminuzione delle attività beta-glucorossidasi, azoreduttasi e nitroreduttasi; si sa soltanto che queste modifiche si verificano unicamente in presenza di microrganismi viventi e che sono limitate ai periodi di somministrazione dei lattobacilli salvo qualche caso in cui hanno perdurato fino ad un mese dopo la sospensione della somministrazione. Vale la pena di ripetere, a questo proposito che, soprattutto i risultati ottenuti negli animali circa la prevenzione dei tumori del colon, vanno interpretati con molta prudenza per quanto riguarda l’estrapolazione all’uomo non di- menticando che la correlazione esistente tra determinate attività metaboliche della flora intestinale e la cancerogenesi del colon resta in gran parte dipendente dalle caratteristiche del regime alimentare e richiede ulteriori conferme. A conclusione di questa nota sugli aspetti nutrizionali dei latti fermentati è opportuno richiamare quanto è già stato accennato all’inizio e cioè che questo tipo particolare di alimenti rispecchia la crescente consapevolezza che il valore nutrizionale va inteso in un’accezione più ampia di quella alla quale siamo stati fino ad oggi ancorati. Si può infatti affermare che il valore nutritivo dipende anche dalla potenziale capacità che l’alimento ha di svolgere un effetto protettivo sullo stato di benessere del consumatore. Non a caso è su questa direttrice che si è aperto negli anni più recenti il capitolo riguardante varie sostanze dotate di tale proprietà ed è per l’appunto a questa nuova generazione di alimenti che appartengono i latti fermentati. 132 Capitolo 5_4ª Bz 29-05-2002 14:22 Pagina 133 E. Lanzola Mann GV, Spoerry A Studies of a surfactant and cholesterolemia in the Maasai. Am J Clin Nutr, 27: 464-469, 1974. Riferimenti bibliografici Goldin BR, Gorbach SL Alteration in fecal microflora enzymes related to diet, age, Lactobacillus supplements and dimethylhydrazine. Cancer, 40: 2421-2426, 1977. Marteau P, Pochart P, Flourié B et al Effect of chronic ingestion of a fermented dairy product containing Lactobacillus acidophilus and Bifidobacterium bifidum on metabolic activities of the colonic flora in humans. Am J Clin Nutr, 52: 685-688, 1990. Goldin BR, Gorbach SL Effect of Lactobacillus acidophilus dietary supplements on 1,2-dimethylhydrazine dihydrochloride-induced intestinal cancer in rats. 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I microrganismi utilizzati come fermenti lattici sono in genere Gram positivi, immobili, asporigeni, anaerobi facoltativi o microaerofili o relativamente ossigeno-tolleranti, sono privi di catalasi, di riduttasi, di citocromo-ossidasi e la loro principale via metabolica consiste nell’utilizzazione del lattosio con produzione finale di acido lattico. Essi si dividono a seconda della dipendenza dal lattosio per il loro metabolismo in omofermentanti obbligati o facoltativi. I primi producono una molecola di lattato e quattro di ATP da una di lattosio, i secondi metabolizzano una molecola di lattosio in due di acido lattico, producendo contemporaneamente alcool etilico e CO2. Quindi, l’aggiunta dei fermenti al latte determina l’idrolisi del lattosio contenuto e l’acidificazione del prodotto, con alterazione delle proprietà reologiche delle proteine (coagulazione), dando così al prodotto l’aspetto caratteristico. La questione del ruolo dei prodotti a base di latti fermentati nell’alimentazione del bambino pone due ordini di problemi: 1) l’individuazione di situazioni fisiologiche, parafisiologiche e patologiche in cui andrebbero consigliati; 2) l’adeguatezza nutrizionale. In realtà, i cosiddetti fermenti lattici sono conosciuti e utilizzati da tempo in ambito pediatrico. Molte sono le condizioni (diarrea, alitosi, terapia antibiotica, vari disordini alimentari) in cui le mamme, senza neanche ricorrere al Pediatra, somministrano tradizionalmente al 135 Capitolo 6_4ª Bz 29-05-2002 14:22 Pagina 136 I latti fermentati nell’alimentazione del bambino bambino fermenti lattici, sotto forma di sospensione o capsule sciolte in vari mezzi liquidi (latte, succhi di frutta). Inconsapevolmente, viene applicata in questo modo in maniera estensiva una raccomandazione generale fra i nutrizionisti (pediatri e non), ovvero quella di nutrire il colon attraverso la somministrazione di probiotici (batteri specifici in grado di apportare beneficio all’ospite) e prebiotici (componenti della dieta come carboidrati, complessi e semplici, in grado di fungere da substrato per la colonizzazione del tratto intestinale da parte di specie non enteropatogene) (Tab. 1). La somministrazione di queste specie batteriche con derivati fermentati del latte al posto di preparazioni farmacologiche specifiche offre vantaggi quali maggiore palatabilità, maggior compliance da parte del bambino che così Tabella 1 non ha la sensazione di assumere un farmaco, e contemporanea somministrazione di altri nutrienti quali per esempio il calcio e i prodotti di fermentazione del lattosio, che sono comunque fonte di energia di rapido utilizzo, arrivando alla fine ad un maggior equilibrio nutrizionale. I latti fermentati nell’alimentazione del bambino sano Gli alimenti fermentati non andrebbero in teoria introdotti nell’alimentazione del neonato durante il periodo in cui è consigliato l’allattamento esclusivo al seno, cioè fino al sesto mese. Questo timing può però essere modificato per i neonati allattati artificialmente. Effetti positivi Lattobacilli, Eubatteri, Bifidobatteri (inibizione della crescita di batteri esogeni e/o dannosi, stimolazione delle funzioni immunologiche, coadiuvanti nella digestione e/o assorbimento di componenti alimentari e minerali, sintesi di vitamine) Effetti dannosi e/o patogeni Pseudomonas aeruginosa, Proteus, Stafilococchi, Clostridi (diarrea, stipsi, infezioni, danno epatico, tumori) Effetti misti A seconda dei ceppi: Enterococchi, Escherichia coli, Streptococchi, Bacteroides (alcuni ceppi enteropatogeni con produzione di tossine, produzione di carcinogeni, fenomeni di putrefazione intestinale) Batteri predominanti nel tratto intestinale: caratteristiche principali. (parz. modificata da Gibson et al.) 136 Capitolo 6_4ª Bz 29-05-2002 14:22 Pagina 137 C. Agostoni, E. Riva, M. Silano Lo scopo è quello di portare la microflora del soggetto allattato artificialmente ad uno status che riproduca più da vicino quella dei soggetti allattati al seno, notoriamente più difesi e protetti dalle infezioni sia a livello locale che generale. Alla nascita tutti i neonati presentano una colonizzazione del tratto intestinale che deriva dalla contaminazione materna al momento del parto. Il taglio cesareo ritarda in genere la colonizzazione del tratto intestinale del neonato fino alla terza-quarta giornata, quando avviene la colonizzazione da parte di specie di Bifidobacterium. Comunque, indipendentemente dalla modalità del parto, gli allattati al seno sviluppano successivamente una flora gastrointestinale caratterizzata dalla predominanza di bifidobatteri, mentre gli allattati artificialmente presentano come flora predominante Enterococchi, Coliformi e Bacteroides. Fattori ambientali quali il tipo di presidi igienici in uso nell’ospedale e gli antibiotici somministrati alla madre o al neonato stesso possono contribuire alla modifica del tipo di germi che subentrano nella colonizzazione del tratto gastrointestinale. Tuttavia, dalla fine della prima settimana di vita la dieta rappresenta la variabile più importante in grado di determinare il tipo di flora a livello intestinale. Numerosi trial clinici sono stati effettuati e sono tuttora in corso per promuovere la crescita di bifidobatteri nelle feci degli allattati artificialmente attraverso l’aggiunta di principi nutritivi e/o fattori di crescita. Ricordiamo lattoferrina, nucleotidi e altri possibili molecole ad attività immunomodulatrice localmente. La somministrazione di probiotici rappresenta in questo senso l’approccio più nuovo e promettente per promuovere nell’allattato artificialmente la crescita di una flora più simile a quella dell’allattato al seno. Studi in corso stanno anche considerando gli effetti dell’introduzione di questi prodotti (i probiotici) addirittura nel pretermine. La somministrazione di Bifidobacterium breve in un gruppo di neonati prematuri di peso molto basso ha portato ad una colonizzazione marcata del tratto intestinale senza alcun effetto collaterale. La colonizzazione stessa è risultata associata ad un minore numero di “segni” addominali di anormalità e ad un incremento ponderale più marcato nel gruppo che ha ricevuto la supplementazione, come conseguenza della stabilizzazione della loro flora intestinale e degli schemi alimentari meno sottoposti a regime di controllo e/o restrizione. 137 Capitolo 6_4ª Bz 29-05-2002 14:22 Pagina 138 I latti fermentati nell’alimentazione del bambino Il prodotto che per natura e definizione rappresenta per antonomasia il derivato fermentato del latte per eccellenza – ovvero lo yogurt – dovrebbe rientrare nello schema di divezzamento dei bambini sani intorno al settimo-ottavo mese. Un’introduzione più precoce non sembra apportare particolari benefici sulla colonizzazione dell’intestino e potrebbe comportare uno squilibrio ulteriore a livello dell’introduzione di nutrienti. Infatti, la composizione proteica dello yogurt è comunque analoga a quella del latte fresco, e l’eccesso di proteine nella dieta è probabilmente il primo squilibrio da prevenire. Tuttavia, l’introduzione nel corso del divezzamento (oltre il sesto mese, che è il limite di un’alimentazione esclusivamente lattea), in particolare se associata alla frutta, può da una parte contribuire a moderare l’assunzione di proteine animali e dall’altra apportare i vantaggi legati alla sua natura e composizione. Infatti, è attualmente in discussione l’ipotesi che alcuni probiotici presenti nei latti fermentati possano modificare in maniera vantaggiosa la risposta di tipo immunoallergico nel bambino. Tale fenomeno potrebbe avvenire sia per influenza sulle attività generali (umorali e cellulari) della risposta immunoallergica che per effetto di una potenziale idrolisi delle molecole proteiche operata dalla flora probiotica stessa. Per questo motivo, l’introduzione di un prodotto specifico come lo yogurt può avvenire già nel corso (e non alla fine) del divezzamento, potendo contribuire alla presentazione di un minore potenziale allergizzante al sistema immunocompetente del piccolo. I prodotti a base di latte fermentato vanno comunque al momento esclusi dalla dieta di bambini con accertata intolleranza alle proteine del latte vaccino, in attesa di prove sperimentali sicure sulla riduzione del potere antigenico. I latti fermentati nell’alimentazione del bambino con patologia Per quanto detto precedentemente, l’uso dei latti fermentati trova indicazione principale nella prevenzione o nella terapia delle gastroenteriti acute di origine infettiva, soprattutto virale (in cui la noxa patogena provoca anche una sofferenza della mucosa intestinale e conseguente intolleranza transitoria al lattosio) e per il deficit di lattasi (intolleranza permanente al lattosio). In questa situazione, i fermenti lattici agiscono tramite due meccanismi 138 Capitolo 6_4ª Bz 29-05-2002 14:22 Pagina 139 C. Agostoni, E. Riva, M. Silano che interagiscono tra loro: 1) idrolizzando il lattosio, 2) modificando l’ambiente intestinale, selezionando la flora batterica a vantaggio dell’ospite. L’utilizzo di latte e derivati sottoposti a processi di fermentazione può permettere l’utilizzo di questi prodotti nei soggetti “intolleranti” al lattosio, ovvero geneticamente predisposti a perdita di attività lattasica con l’età. È oggi opinione che la lattasi non sia un enzima inducibile, e che il mantenimento o meno di un certo grado di attività possa maggiormente essere legato al programming di espressione genetica, che si riconosce in un gradiente crescente Nord-Sud (entro l’Italia, l’Europa e l’emisfero boreale) di intolleranza al lattosio. È riconosciuto che già nel corso del terzo anno di vita l’attività lattasica può diminuire in gruppi di soggetti predisposti alla precoce perdita di tale attività. Al contrario, questi stessi soggetti possono assumere prodotti come lo yogurt senza presentare disturbi e/o fenomeni di malassorbimento, non solo per il processo di parziale digestione cui il lattosio è già stato sottoposto, ma anche per il mantenimento dell’attività lattasica che a livello microbiologico può continuare in parte dopo l’assunzione a livello del primo tratto gastrointestinale. Relativamente ai vantaggi per il bambino con patologia gastroenterica, è stato osservato che la somministrazione per os di Lactobacillus casei, non solo determina la colonizzazione dell’intestino da parte di questo microrganismo, ma aumenta la concentrazione di bifidobatteri e lattobacilli, inibendo contemporaneamente lo sviluppo di colonie di patogeni, quali Salmonelle, Escherichia coli e Clostridi. Inoltre, la somministrazione di Lactobacillus casei (liofilizzate o attraverso prodotti fermentati) non solo riduce significativamente la durata della diarrea in bambini ospedalizzati, ma ne previene l’insorgenza in bambini sottoposti ad antibioticoterapia o ricoverati in ambiente ospedaliero per altro motivo. A tal proposito particolare importanza riveste lo studio di Isolauri e coll., in cui è stata paragonata la durata della diarrea in tre gruppi di bambini ospedalizzati per tale sintomo. Il primo gruppo ha ricevuto latte fermentato con Lactobacillus casei vivi, il secondo Lactobacillus casei liofilizzati, il terzo infine yogurt pastorizzato, i cui fermenti sono inattivati. La durata della sintomatologia è risultata significativamente inferiore nei primi due gruppi (1,4 ± 0,8 nei primi 139 Capitolo 6_4ª Bz 29-05-2002 14:22 Pagina 140 I latti fermentati nell’alimentazione del bambino due vs 2,4 ± 1,1 nel terzo). Un lavoro più recente condotto da Raza e coll. nel 1995 ha dimostrato come questo protocollo sia efficace anche nel caso di bambini pakistani affetti da diarrea grave (Tab. 2). Secondo alcuni Autori, la protezione che alcuni ceppi di batteri probiotici offrono nei confronti della diarrea dipende anche da un potenziamento della risposta anticorpale. È risultato infatti che bambini sottoposti a vaccinazione per via orale contro rotavirus così come quelli affetti da diarrea da rotavirus sviluppano un titolo anticorpale specifico, IgM, IgA, IgG, più elevato se contemporaneamente ricevono supplementazione orale con ceppi di Lactobacillus casei (Tab. 3). Lo stesso potenziamento immunologico è stato osservato nei topi nei confronti del Vibrio cholerae. In realtà, non si può definire con certezza quale rilevanza clinica possa avere questa ipotesi, dal momento che il titolo antiTabella 2 Caratteristiche cliniche in due gruppi di bambini affetti da diarrea grave. Confronto tra soggetti supplementati con Lactobacillus casei e non supplementati. (parz. modificata da Raza et al.) Incremento ponderale (g) Episodi di diarrea totali corpale non risulta strettamente connesso con il livello di protezione rispetto all’infezione raggiunto da un determinato individuo. La supplementazione delle formule adattate con altri ceppi acidificanti e probiotici, quali il Bifidobacterium bifidum e lo Streptococcus thermophilus, si è comunque accompagnata ad una diminuzione degli episodi di diarrea in studi controllati su popolazioni pediatriche a rischio. È stato ipotizzato che il potenziamento a livello locale della mucosa intestinale possa essere legato ad una diminuita attività di fattori pro-infiammatori monitorata attraverso la misurazione dei livelli di alfa-1 antitripsina e proteina cationica eosinofila. Questi effetti suggeriscono la possibilità di un intervento coadiuvante nella terapia e forse anche nella prevenzione delle allergie alimentari attraverso la somministrazione di prodotti contenenti probiotici. Gruppo trattato con fermenti (n=22) Gruppo placebo (n=17) p 285 275 0,95 Giorno 1 91 94 Giorno 3 9 53 0,002 1,1 2,5 0,001 Durata della diarrea 140 Capitolo 6_4ª Bz 29-05-2002 14:22 Pagina 141 C. Agostoni, E. Riva, M. Silano Tabella 3 Bambini sottoposti a vaccinazione per via orale contro rotavirus. Sviluppo di titolo anticorpale specifico, IgM, IgA, IgG in soggetti supplementati per via orale con ceppi di Lactobacillus casei (LC) ceppo GG vs controlli. (parz. modificata da Isolauri et al.) Gruppo LC Placebo IgM 96 85 IgA 93 74 IgG 45 54 IgM 67,2 25,7 IgA 21,6 5,7 IgG 107,9 92,7 % sieroconversione Risposta postvaccinale (media EIU) sa intestinale. Abbiamo già sottolineato come, non essendo la lattasi un enzima inducibile, la mancanza di substrato non ne condiziona comunque l’espressione a livello delle cellule dei villi intestinali. Comunque il lattosio (disaccaride formato da una molecola di glucosio e una di galattosio) in quanto tale non sembra essere essenziale per l’organismo del bambino, in quanto l’esperienza fatta con bambini nutriti per lunghi periodi con latte privo di lattosio (atopici alimentati con latte di soia, soggetti con deficit di lattasi) indica una composizione dei glicolipidi cerebrali, principale destino metabolico del galattosio, non alterato rispetto a bambini alimentati con latte di formula o latte vaccino. Probabilmente esiste una via di sintesi endogena sufficiente a regolare il metabolismo di tale molecola. Valore nutrizionale dei latti fermentati Il contenuto dei latti fermentati può essere, come già detto, assimilabile a quello del latte fresco per quanto riguarda la composizione in macronutrienti e micronutrienti. La differenza fondamentale è che i latti fermentati costituiscono un alimento “vivo”, in divenire effettivo e potenziale, le cui caratteristiche possono quindi variare e adattarsi a situazioni differenti, con effetti finali peculiari. Il vantaggio più immediato riguarda la composizione glucidica dello yogurt. Il maggior quesito nutrizionale presentato dall’uso dei latti fermentati è l’eventuale deficit di assorbimento di lattosio, in quanto, come già detto, ne diminuiscono il carico che si presenta per l’assorbimento a livello della muco- 141 Capitolo 6_4ª Bz 29-05-2002 14:22 Pagina 142 I latti fermentati nell’alimentazione del bambino Relativamente alla composizione in macro- e micronutrienti, sottolineiamo ancora che il valore nutrizionale dei latti fermentati non è diverso da quello del latte fresco, fatta salva la caratteristica trasformazione della componente glucidica. In teoria, l’acidificazione potrebbe avere effetti positivi sull’assorbimento di alcuni minerali (in primo luogo il calcio) sia per effetto chimico diretto che per un migliore controllo di reazioni secondarie di complessazione con altri componenti dietetici (es. lipidi). I vantaggi così riassumibili suggeriscono l’utilità dell’introduzione precoce nella dieta infantile dei latti fermentati, già in corso di divezzamento, e propongono una nuova e allo stesso tempo già conosciuta strada (pensiamo ai cosiddetti latti acidificati di alcuni anni fa) per la composizione delle formule adattate. L’identificazione di ceppi batterici ad attività sempre più specifica (i probiotici), unitamente a specifici fattori di crescita (i prebiotici) potranno forse contribuire ad eliminare alcune delle differenze che in termini di risposta immunitaria, difesa dagli agenti esterni e reazioni di tipo immunoallergico differenziano gli allattati al seno dagli allattati artificialmente. Conclusioni L’utilizzo dei latti fermentati nell’alimentazione del bambino presenta vantaggi così riassumibili: – potenziamento delle difese attraverso meccanismi sia diretti che indiretti di modulazione delle attività di risposta immunitaria a livello della mucosa intestinale; – migliore bilancio nutrizionale; – possibilità di assumere un’importante fonte di calcio dietetico anche in soggetti con sintomatologia ascrivibile ad intolleranza al lattosio; – possibile utilizzo anche in corso di patologie gastroenteriche con abbreviamento della sintomatologia. Riferimenti bibliografici Bellù R, Ortisi MT, Incerti P, Mazzoleni V, Martinoli G, Agostoni C, Galluzzo C, Riva E, Giovannini M Nutritional survey on a sample of one-year-old infants in Milan: intake of macronutrients. Nutr Res, 11: 1221-1229, 1991. Berry HK Galactosemia. In: Tsang RC, Nichols BF (eds), Nutrition during infancy, Hanley & Belfus Inc, Philadelphia, 1988, p. 359. 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Vergani** * Scuola di Specializzazione in Geriatria Università degli Studi di Milano ** Cattedra di Gerontologia e Geriatria Università degli Studi di Milano mento ma alla placca batterica che favorisce la carie della radice dei denti e le parodontopatie. La scarsa igiene del cavo orale gioca un ruolo facilitante anche nello sviluppo di candidosi e di lesioni pre-cancerose a livello delle mucose. I disturbi più gravi della deglutizione non dipendono dall’ernia iatale, riscontrabile nel 70% degli ultrasettantenni, ma da una dissinergia dello sfintere esofageo inferiore da neuropatia periferica (diabete mellito), da lesioni a livello del sistema nervoso centrale (eventi ischemici, morbo di Parkinson) o dalla presenza di neoplasie. L’aumentata prevalenza del cancro esofageo in funzione dell’età correla con il consumo di alcool, con il tabagismo, con la scarsa igiene orale e con la stasi esofagea. Il frequente riscontro in età avanzata di atrofia della mucosa gastrica è probabilmente da mettere in relazione ad un’alta prevalenza età-correlata di gastrite atrofica antrale e di infezione da Helicobacter pylori. Apparato gastroenterico e invecchiamento L’invecchiamento si associa ad alcune alterazioni anatomiche e funzionali a livello dell’apparato gastroenterico. Tali modificazioni non comportano sintomi e non impongono restrizioni dietetiche, tuttavia determinano una perdita di riserva omeostatica che rende l’individuo anziano più fragile in situazioni di stress, in presenza di patologia e in corso di trattamento farmacologico. Con l’invecchiamento aumenta anche la prevalenza di alcune patologie a livello dell’apparato digerente alla cui eziologia contribuiscono principalmente fattori esogeni, legati cioè alle abitudini alimentari, allo stile di vita, a malattie pregresse o all’assunzione di farmaci (Tab. 1). L’alta prevalenza di edentulia riscontrabile nella popolazione anziana non è attribuibile alla biologia dell’invecchia- 145 Capitolo 7_3ª Bz (copia) 29-05-2002 14:23 Pagina 146 La flora batterica intestinale nell’anziano Tabella 1 Alterazioni anatomiche e funzionali dell’apparato gastroenterico in corso di invecchiamento e principali patologie età-correlate. Organo Cavità orale Alterazioni anatomiche Assottigliamento dell’epitelio della mucosa orale e riduzione della muscolatura Varici sublinguali Alterazioni del periodonto con erosione del cemento, consumo di smalto e dentina Edentulia Riduzione di volume della parotide e delle ghiandole sottomandibolari Esofago Ipertrofia della muscolatura liscia Riduzione delle cellule del plesso mioenterico Aumentata prevalenza di ernia iatale e di diverticoli di Zenker Stomaco Diminuzione delle cellule parietali Aumentata prevalenza di atrofia gastrica Intestino tenue Modesta atrofia dei villi Diminuzione dei gangli intramurali Diminuzione del tessuto linfoide parietale (placche di Peyer) Colon Atrofia della mucosa con alterazioni ghiandolari Ipertrofia della muscolaris mucosae Atrofia della tonaca muscolare con aumento del connettivo lasso Sclerosi arteriolare Aumentata prevalenza di diverticolosi e angiodisplasia Colecisti e vie biliari Dilatazione del coledoco Proliferazione dei duttuli Fegato Diminuzione del volume e del flusso ematico Pancreas Atrofia degli acini Aumento del tessuto fibroso e adiposo parenchimale con fibrosi intra e interlobulare 146 Capitolo 7_3ª Bz (copia) 29-05-2002 14:23 Pagina 147 T. Lucchi, C. Vergani Alterazioni funzionali Patologie età-correlate Riduzione della masticazione Diminuita percezione del salato e del dolce Candidosi, leucoplachia, carcinoma epidermoide, malnutrizione Ridotta ampiezza delle contrazioni esofagee (presbioesofago) Esofagite da reflusso, esofago di Barret, cancro, malnutrizione Riduzione secrezione acida Gastrite atrofica (di tipo B), gastrite emorragica, ulcera peptica, anemia micro e macrocitica, malnutrizione Aumento dei livelli di gastrina Aumentato tempo di svuotamento per i liquidi Diminuzione dell’attività enzimatica della lattasi e della fosfatasi alcalina dell’orletto a spazzola digiunale La gastrite atrofica di tipo B è considerata predisponente nei confronti dell’ulcera peptica che negli ultrasettantacinquenni è gravata da un tasso di complicanze superiore al 70%, con una maggiore mortalità per emorragie e perforazioni rispetto ai soggetti più giovani. In età avanzata, l’alcool e i FANS rappresentano le principali cause di gastriti erosive con sanguinamento. Il deficit di lattasi a livello dell’orletto a spazzola digiunale può provocare nell’anziano intolleranza al lattosio. La ridotta capacità di assorbire ferro non ematico, talora riscontrabile in età avanzata, è da attribuire in gran parte alla diminuita secrezione acida gastrica. L’acloridria comporta anche una ridotta solubilità del calcio che diminuisce la sua biodisponibilità pur in presenza di normali livelli di vit. D3. Viceversa può aumentare l’assorbimento di sostanze liposolubili come il colesterolo e la vit. A. Nell’anziano, un malassorbimento di macro e micronutrienti si verifica in presenza di patologie che provochino lesioni della mucosa intestinale, come il morbo celiaco (che può anche esordire in età avanzata), o maldigestione, come la sovraccrescita batterica nel tenue e il cancro del pancreas. L’80% dei cancri pancreatici si manifestano tra i 60 e gli 80 anni; sono stati considerati Malassorbimento, malnutrizione Diminuzione IgA secretorie Diminuzione della velocità di transito del colon Diminuita competenza dello sfintere ano-rettale – Fecalomi, megacolon, incontinenza fecale, diverticolite, enterorragie, cancro del colon-retto Colelitiasi Riduzione dei processi metabolici di fase I Cirrosi, cancro-cirrosi Ridotta secrezione di tripsina, lipasi e fosfolipasi Pancreatite cronica, cancro 147 Capitolo 7_3ª Bz (copia) 29-05-2002 14:23 Pagina 148 La flora batterica intestinale nell’anziano fattori favorenti il fumo di sigaretta, il caffè, le nitrosoamine, il diabete e una dieta ricca di grassi di origine animale. Va inoltre ricordato che alterazioni funzionali spesso concomitanti, come ad esempio disturbi della masticazione, della sensibilità gustativa, della secrezione acida gastrica e di enzimi pancreatici, unitamente a fattori sociali (povertà, isolamento) e psicologici (depressione), concorrono nell’insorgenza della malnutrizione che è una tipica sindrome geriatrica. La diminuita velocità di transito a livello del colon che causa stipsi, disturbo frequente in età avanzata, è in gran parte attribuibile alla scarsa introduzione di fibra alimentare e alla riduzione dell’attività fisica, che stimolano fisiologicamente la peristalsi di massa, oltre che all’impiego di farmaci con attività anticolinergica. Il ridotto apporto di fibra è stato anche associato alla comparsa di diverticoli, riscontrabili nel 60% degli ultraottantenni, e ad una maggior incidenza di cancro del colon-retto. Nell’85% dei casi i diverticoli si localizzano a livello del sigma. Non sono note modificazioni qualiquantitative dei secreti biliari età-correlate anche se, specie nelle donne anziane, aumenta la prevalenza di colelitiasi. La riduzione del flusso ematico e la ridotta efficienza nei processi metabolici di fase I a livello del reticolo endoplasmatico liscio degli epatociti (sistemi enzimatici microsomiali della NADH-citocromo-C reduttasi e del citocromo P450) espone l’anziano al maggior rischio di tossicità dei farmaci. Più del 40% dei pazienti affetti da epatocarcinoma e cirrosi è ultrasettantenne e i principali fattori di rischio sono rappresentati dall’alcool e dall’infezione da virus C dell’epatite. È tuttora poco nota l’influenza di fattori esogeni (alimentazione, farmaci) sulla flora batterica intestinale e il conseguente ruolo nella patogenesi di patologie età-correlate. Fisiopatologia della flora batterica intestinale e invecchiamento La flora batterica intestinale costituisce nel suo insieme un complesso ecosistema che colonizza il canale alimentare immediatamente dopo la nascita. L’assetto iniziale della flora è aspecifico ed è influenzato da numerose variabili quali: il microrganismo che colo- 148 Capitolo 7_3ª Bz (copia) 29-05-2002 14:23 Pagina 149 T. Lucchi, C. Vergani nizza l’intestino del neonato, la modalità del parto, il tipo di alimentazione (allattamento al seno o artificiale) e l’esposizione all’ambiente circostante. In seguito, dopo poche settimane dalla nascita, la flora batterica acquisisce un proprio assetto che tende a mantenersi costante nel tempo. Pur tenendo conto della variabilità individuale, nell’adulto sano la distribuzione dei vari microrganismi lungo il canale alimentare e la loro concentrazione nelle differenti aree può essere così schematizzata (Fig. 1): – I batteri presenti nella cavità orale, deglutiti con la saliva, vengono per la maggior parte distrutti nell’ambiente acido gastrico, dove la flora, inferiore come concentrazione a 103 unità formanti colonia/ml (cfu/ml), è costituita in modo predominante da batteri Gram+ aerobi. I principali generi batterici comunemente isolati sono streptococchi, stafilococchi, lattobacilli e miceti. – Duodeno, digiuno e ileo prossimale presentano una microflora qualitativamente simile a quella dello stomaco ma la concentrazione batterica è di 10 3-10 4 cfu/ml e, oltre agli aerobi Gram+ che sono predominanti, possono anche essere isolati in piccole concentrazioni coliformi (aerobi Gram–) e anaerobi. Figura 1 Distribuzione dei microrganismi lungo il canale alimentare. Colonizzazione scarsa <10 3 cfu/ml 10 3-10 4 cfu/ml prevalgono Gram+ aerobi 10 5-10 9 cfu/ml zona di transizione 1011-1012 cfu/ml prevalgono Gram– anaerobi 149 Capitolo 7_3ª Bz (copia) 29-05-2002 14:23 Pagina 150 La flora batterica intestinale nell’anziano Tabella 2 Attività metaboliche della flora batterica intestinale. Substrati Attività Carboidrati Metabolizzazione di carboidrati non assorbiti a livello del tenue Aminoacidi Desaminazione con produzione di ammoniaca, sostanze aromatiche e NO Lipidi Idrolisi e sintesi di acidi grassi Bilirubina Trasformazione in urobilinogeni e urobiline Acidi biliari Deconiugazione e idrossilazione Ormoni steroidei Metabolizzazione Colesterolo Trasformazione in steroli neutri Vitamine Consumo e sintesi ex novo Farmaci Inattivazione/Attivazione – L’ileo distale rappresenta sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo una zona di transizione tra intestino prossimale e colon. I Gram– cominciano a superare i Gram+, i coliformi e gli anaerobi (Bacteroides, Bifidobacterium, Fusobacterium e Clostridium) sono presenti in maniera consistente e la concentrazione totale dei batteri tende ad aumentare. – A livello del grosso intestino si sale ad una concentrazione di 1011-1012 cfu/ml e gli anaerobi superano gli aerobi. I microrganismi predominanti sono i Bacteroides, i Bifidobacterium e gli Eubacterium. Sono pure presenti cocchi anaerobi Gram+ (peptococchi e peptostreptococchi), Clostridium, enterococchi e varie specie di Enterobacteriaceae. L’invecchiamento sembra associarsi a modificazioni prevalentemente qualitative dell’ecosistema. Nei soggetti anziani è stata riscontrata una significativa diminuzione di Bifidobacterium (lattobacilli anaerobi) e un aumento di Clostridium, miceti e coliformi. Tali modificazioni sono probabilmente in parte dovute a fattori dietetici. La flora batterica intestinale svolge numerose attività sintetiche e cataboliche su substrati endogeni ed esogeni (Tab. 2). I batteri intestinali sono in grado di metabolizzare carboidrati che non vengono assorbiti per mancanza o per carenza dell’enzima specifico. Ad esempio, il lattulosio e il lattosio (in presenza di deficit di lattasi) vengono idrolizzati dalle disaccaridasi batteriche e successivamente trasformati in acidi grassi a catena corta (acido lattico, acetico, 150 Capitolo 7_3ª Bz (copia) 29-05-2002 14:23 Pagina 151 T. Lucchi, C. Vergani Tabella 3 Principali fattori che influenzano l’equilibrio dell’ecosistema intestinale. Fattori endogeni Fattori esogeni Fattori relativi all’ospite • Acidità gastrica • Peristalsi • Valvola ileo-cecale • Secrezioni organiche • Produzione di muco • Immunità locale e generale • Dieta • Infezioni virali e batteriche • Interventi chirurgici • Farmaci Fattori batterici • Adesività batterica • Interazioni tra i microrganismi butirrico). Ciò può comportare diminuzione del pH e aumento dell’osmolarità fecale, con comparsa di flatulenza, crampi e diarrea. Le beta-glucoronidasi e solfatasi batteriche sono coinvolte nel circolo enteroepatico di sostanze endogene, come la bilirubina, gli acidi biliari, gli estrogeni e il colesterolo, ed esogene come la digossina, la rifampicina, la morfina, la colchicina e il dietilstilbestrolo. Farmaci come la digossina possono anche essere resi inattivi dalla flora batterica intestinale, mentre altri come la salicilazosulfapiridina possono venire attivati. Ad opera della flora batterica intestinale avviene anche la sintesi di vitamine come la K, la C, la B1 e la B12, l’acido folico e l’acido pantotenico che possono essere utilizzate dall’organismo. D’altra parte l’eccessiva crescita di batteri anaerobi a livello del tratto prossimale del tenue può determinare un deficit di assorbimento di vitamina B12. Solo alcuni anaerobi (Bacteroides, Bifidobacterium, Clostridium, Veillonella ed enterococchi) sono in grado di trasformare gli acidi biliari da primari a secondari, tramite deconiugazione e successiva idrossilazione. Un particolare lattobacillo (Lactobacillus plantarum), presente in alimenti fermentati, catabolizza l’arginina con produzione di ossido d’azoto (NO) che ha una attività batteriostatica ed è in grado di svolgere funzioni regolatrici sulla secrezione, sulla motilità e sul circolo intestinale. I fattori che influenzano l’equilibrio dell’ecosistema nel tempo sono di tipo sia endogeno sia esogeno (Tab. 3). Tra i fattori endogeni distinguiamo quelli relativi all’ospite e quelli batterici. I primi sono rappresentati dal grado di acidità dei succhi gastrici che preservano il primo tratto del tubo digerente dalla colonizzazione da parte di germi “anomali”, dall’attività peristaltica intestinale che determina una costante elimi- 151 Capitolo 7_3ª Bz (copia) 29-05-2002 14:23 Pagina 152 La flora batterica intestinale nell’anziano nazione dei microrganismi che non aderiscono alla parete e dalla continenza della valvola ileo-cecale, che impedisce la contaminazione retrograda di batteri provenienti dal colon. Influenzano inoltre la sopravvivenza dei batteri nell’ambiente intestinale la secrezione di sostanze organiche che modificano il pH, quali i bicarbonati e la bile, la produzione di muco che regola l’adesività dei batteri alla parete dell’intestino e meccanismi immunitari locali (produzione di IgA secretorie) e generali. I fattori batterici sono rappresentati dall’adesività dei microbi alla parete intestinale. L’adesività batterica è per lo più cellulo-specifica ed è determinata dall’interazione tra adesine batteriche (costituenti di superficie costituiti da proiezioni filamentose denominate pili o fimbrie) e particolari recettori di membrana della cellula ospite. Quando la flora batterica ha raggiunto un suo assetto, le interazioni tra le varie specie batteriche rappresentano una barriera all’impianto di nuovi microrganismi. Tali interazioni consistono in meccanismi di simbiosi e antibiosi, nella competizione per i substrati nutritivi, in modificazioni del pH e del potenziale di ossidoriduzione endoluminali, nella sintesi di sostanze tossiche (batteriocine, NO) e di fattori di crescita. Conseguenza di queste interazioni è, ad esempio, la comparsa di anaerobiosi a livello colico, per l’azione dei coliformi e degli enterococchi che sono avidi utilizzatori di ossigeno, tale da permettere la crescita di Bacteroides e altri anaerobi che favoriscono la comparsa di sali biliari deconiugati dotati di effetto battericida e pertanto in grado di esercitare un autocontrollo sulla crescita batterica stessa. Il mantenimento di una flora “probiotica”, ossia capace di svolgere funzioni vantaggiose per l’organismo ospite, rappresenta dunque un importante mezzo di difesa nei confronti sia delle infezioni di comuni patogeni (Salmonella typhimurium, Shigella, Clostridium difficile, ecc.) sia della eccessiva crescita di microrganismi potenzialmente patogeni (Enterobacteriaceae, Pseudomonadaceae e Micrococcaceae). Il tipo di alimentazione costituisce, nell’ambito dei fattori esogeni, una variabile importante specie nei paesi industrializzati, in cui è ridotto l’uso di cibi a fermentazione naturale che favoriscono il mantenimento di una flora probiotica. La ridotta assunzione di carboidrati nella dieta provoca una riduzione della flora aerobia (lattobacilli) a vantaggio di quella anaerobia. L’introduzione di oligosaccaridi non digeribili stimola la cre- 152 Capitolo 7_3ª Bz (copia) 29-05-2002 14:23 Pagina 153 T. Lucchi, C. Vergani scita di lattobacilli anaerobi. Una dieta ricca di fibre contrasta la diminuzione di Bifidobacterium e l’aumento di Clostridium età-correlati. Alimenti (latte, yogurt) arricchiti o fermentati con particolari specie di lattobatteri (Lactobacillus rhamnosus), oltre a svolgere un’azione riequilibrante sull’ecosistema sono potenzialmente in grado di stimolare il sistema immunitario, di migliorare dismetabolismi come l’ipercolesterolemia e di ridurre disturbi intestinali come la stipsi e l’intolleranza al lattosio. È stato anche ipotizzato un effetto protettivo di questi microrganismi nei confronti del cancro del colon. Secondo alcuni Autori la somministrazione di preparati a base di lattobacilli contrasta l’accumulo di tossine uremiche in pazienti affetti da insufficienza renale cronica in dialisi. Lo stato di salute dell’ospite condiziona profondamente l’equilibrio dell’ecosistema intestinale. Più del 50% delle infezioni ospedaliere interessano soggetti ultrasessantacinquenni; nell’85% dei casi quando vengono colpiti pazienti immunodepressi sono i batteri patogeni potenziali gli agenti responsabili. Alterazioni anatomiche acquisite a seguito di interventi chirurgici (gastroresezione, anastomosi, fistole) e modificazioni funzionali conseguenti all’invecchia- mento (acloridria, diminuzione della velocità di transito intestinale, riduzione di IgA secretorie) possono comportare un’eccessiva crescita batterica a livello del tenue prossimale. Ciò è frequentemente causa di malassorbimento nell’anziano. Tra i farmaci, gli antibiotici sono quelli che più comunemente provocano un’alterazione dell’ecosistema intestinale che può tuttavia verificarsi anche in corso di altre terapie, come ad esempio l’assunzione, per lungo tempo, di H2antagonisti e di inibitori della pompa protonica. Riferimenti bibliografici Agerbaek M, Gerdes LU, Richelsen B Hypocholesterolaemic effect of a new fermented milk product in healthy middle-aged men. European Journal of Clinical Nutrition, 49 (5): 346, 1995. Baime MJ, Nelson JB, Castell DO Invecchiamento dell’apparato digerente. 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