L`abbigliamento - Progetto integrato cultura del Medio Friuli
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L`abbigliamento - Progetto integrato cultura del Medio Friuli
Tradizioni L’abbigliamento a cura di Ivano Urli Fig. 1 - La bambina in posa nell’abito della prima Comunione, con la cintura a vita bassa. Fig. 2 - Per lungo tempo la donna ha portato l’abito lungo. Orecchini e catena d’oro passano da madre a figlia. te. Con la variante invernale di maglie, sciarpe di lana, mutande lunghe fino al piede per gli uomini, calze lunghe di lana con l’elastico per agganciarle agli indumenti intimi soprastanti per le donne e invariabilmente un golf, sempre quello, indossato in autunno e tolto in primavera, morbidamente adatto sulle maniche per asciugarsi il naso, essendo le mani spesso impegnate nel lavoro. Il cappello è copricapo fisso degli uomini, soprattutto anziani, mentre stabilmente le donne anziane avvolgono la testa dalla fronte in un fazzolettone nero allacciato dietro che nasconde la capigliatura. Il grembiule (grimâl o grumâl) è un’altra presenza costante per le donne, sia come indumento da lavoro che come tratto femminile d’eleganza nei suoi fiorami colorati. Le nonne, nella stagione fredda, si avvolgono dentro lo scialle nero (siarpon) aggraziato di frange (pinie), Scheda n° 5. 1. 9 Progetto Integrato Cultura del Medio Friuli L’abbigliamento Vale anche per l’abbigliamento, anzi soprattutto per l’abbigliamento la regola che stabilisce e guida le azioni, i comportamenti, le abitudini e le tradizioni economico-sociali nel Friuli di mezzo. È un Friuli essenzialmente contadino, con un modesto tessuto artigianale, un più modesto tessuto commerciale e terziario, nessun tessuto industriale, tolte le filande, fra le vistose smagliature dell’emigrazione, per non parlare della guerra che nel secolo scorso passa e ripassa spesso e con il suo passaggio apre voragini. Conservare (tignî cont), ecco la regola. Tenere da conto, preservare, riporre, riutilizzare, aggiustare, adattare, rammendare, passare ad altri, anche da padre a figlio e di generazione in generazione. Impossibile supporre, nonché ammettere, la regola opposta fatta per i perdigiorno (bintars) e gli scioperati (massepassûts) dell’usa e getta, del consumo condizionato dal rapido e calcolato evolvere delle mode, dell’abbandono di un capo di vestiario indotto da ragioni d’immagine e non dal logorio dell’uso e riuso su tempi lunghi, dove il vestito di buon taglio del giorno delle nozze si porta nella tomba o si protegge in naftalina nel cassettone (armaron), attendendo che le spalle e la sagoma di un figlio o di un nipote tornino a sostenerlo e a farlo figurare, che non si afflosci e caschi malamente. Per il vestiario dei neonati, è presto detto: camiciola, pannolino di tela (peçot) e stretta fasciatura avvolgente che, sulle gambe, si incrocia per evitare arrossamenti, con la certezza che quella autentica imbalsamatura garantirà la dirittura delle gambe. Cresciuti poi fino a diventare bambinelli, con le gambe assortite, certi dritte e altri storte nonostante tutto, i maschi indossano i calzoncini corti (bregons curts), le femmine una gonnellina (cotolute) sopra le mutande abbottonate davanti e dietro ad un bustino (cassut) fatto in modo che, per i bisogni, basta intervenire sul bottone posteriore. Ma d’inverno si aggiunge, per questi e quelle, la complicazione delle calze lunghe di lana che, con un elastico, si agganciano al bustino anche loro, sui due lati, e pizzicano sulla pelle, dove non la lasciano scoperta. Ma il freddo è in agguato, e mani e piedi esposti alla criure si coprono invariabilmente di geloni (poleçs). A seconda del freddo, poi, si sovrappongono calzetti di lana a volontà e in vita il fagotto di golf e maglie sotto (maie sot) e sopra. Sistematicamente, zoccoli chiusi come calzature, ben ferrate in punta e sul tacco, per evitare il logorio della suola in legno. Stabile uniformità, fra ripetuti rammendi, anche per gli adulti. Gli uomini, d’estate, vanno in canottiera, mutandoni, camicia dalle maniche lunghe, calzoni, piedi scalzi o zoccoli o ciabatte. Le donne, sottoveste (cotule sot), mutandone, camiciola, gonna (cotul, cotule), zoccoli o ciabat- Tradizioni tìs; alcuni che terminano in “t” la sostituiscono con “cj”: test/tescj; i nomi maschili di derivazione greca terminanti in “e” la cambiano in “is”: teoreme/teoremis. Formazione del plurale nei femminili: se terminano in “e” la sostituiscono con “is”: cjase/cjasis; se terminano in “s” restano invariati: lidrîs/lidrîs. La parola si scrive intera anche se nella pronuncia non si sente: claps, âfs (pron. clas, âs). (OLF, Grafie uficiâl de lenghe furlane, 2002) Fig. 3 - Le donne del popolo cominciavano a portare il fazzoletto nero in testa anche a 40 anni e poi non lo smettevano più. Bibliografia • SFF, Il costume friulano, Udine, Doretti, 1969 • L. D’Orlandi e G. Perusini, Antichi costumi friulani, Udine, SFF, 1988 • Comune di Udine, Civici Musei, Museo Fr. delle Arti e Tradiz. Popolari, L’arte della discrezione, Tavagnacco, Arti Grafiche Friulane, 1996 • G. P. Gri, Tessere tela, tessere simboli, Udine, SFF, 2000 • G. P. Gri, Modi di vestire, modi d’essere. Abbigliamento popolare e costumi tradizionali del Friuli, Udine, Forum, 2003 L’abbigliamento Fig. 4 - L’anziana porta la manteline sulle spalle, nera naturalmente, lavorata all’uncinetto (feret). di lana di pecora domestica anche lo scialle, invariabilmente. In casa, sulle spalle la manteline rotonda fatta all’uncinetto, nera per le vecchie, colorata per le giovani. Si allevano infatti queste pecore, animali preziosi. Poi si tosano. Da ogni batuffolo di lana si trae, a mano, con destrezza, un capo porgendolo al filatoio (gorlete) che lo fila e avvolge al suo rocchetto (rochel). Si lava quindi la lana e col fuso la si tesse, pronta da sferruzzare (gucjâ). L’angolo della lingua friulana Formazione del plurale nei nomi, pronomi e aggettivi maschili: la maggior parte aggiunge “s”: frut/fruts; quelli che al singolare terminano in “l” la cambiano in “i”: cjaval/cjavai; quelli che terminano in “s” restano invariati: curtìs/cur- Per ricercare e approfondire • In passato: tenere da conto. Oggi: consumismo. Rifletti riguardo alle conseguenze del consumismo sul modello di vita, sul sistema economico e sull’ambiente. • Esistono ancora un sarto o una sarta nel tuo paese? Perché oggi questa attività artigianale è quasi scomparsa? • Chiedi alla mamma e al papà, o anche ai nonni come erano vestiti, con precisione, il giorno delle loro nozze. • Individua, nel brano, uno o più capi di vestiario oggi scomparsi. • Quale tipo di fibra tessile, oggi molto diffusa, non esisteva in passato? Breve ricerca al riguardo. Scheda n° 5. 1. 9 Progetto Integrato Cultura del Medio Friuli