allegato n.3 - Federfarma Nuoro
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allegato n.3 - Federfarma Nuoro
GDF 16 pag 07-08 29-11-2007 16:14 Pagina 7 Management 12 novembre 2007 Dallo sconto 3 al prezzo libero di Francesco Fabris Il nuovo regime impone ai farmasti un diverso approccio alla vendita, dove entrano in gioco le abilità di management e marketing. Un’arma a doppio taglio che può diventare vantaggiosa per i camici bianchi: basta applicare con accortezza una serie di regole ECCO LE REGOLE PRINCIPALI PER IL CALCOLO DEL RICARICO L’era del mark up Nell’arco di due anni e mezzo il regime del prezzo al pubblico dei farmaci senza ricetta è cambiato tre volte. Strano destino di un settore che risulta piccolo, come si evince dal confronto con i maggiori Paesi europei, troppo piccolo in rapporto ai benefici che potrebbe dare al Ssn, alleviando la spesa pubblica del farmaco. La determinazione del prezzo è stata prerogativa del detentore dell’Aic fino alla metà del 2005, quando il decreto Storace concesse al farmacista la facoltà di concedere sconti fino a un massimo del 20%. In seguito il decreto Bersani abolì ogni limite nello sconto, sempre però a partire da un listino compilato dall’industria, che a questo punto fissava il prezzo massimo dei prodotti. Infine, con un’attenzione alla liberalizzazione del mercato degli Otc degna di miglior causa, è intervenuta la legge Finanziaria 2007 a togliere alle case farmaceutiche la competenza in tema di prezzi al pubblico, assegnata ope legis al distributore. La Gdo non farà fatica a prendere le proprie decisioni in termini di pricing, abituata com’è a competere sul prezzo, anzi a considerarlo l’arma più tagliente di chi opera nella distribuzione. Un’arma a doppio taglio, che può ferire anche chi la usa, se non è accorto nell’assicurarsi un ricarico sufficiente a coprire tutti i costi e a consentire un profitto che non scoraggi l’azionista (un caso un po’ diverso è quello delle cooperative, che operano in un regime normativo differente, ma che comunque non prescindono dai vincoli di bilancio). Il farmacista, invece, dovrà vincere le proprie ritrosie nei riguardi della gestione economica e imparare quel tanto di contabilità per continuare ad affermare la leadership del canale nel settore dei farmaci senza ricetta. E’ arrivato il momento del ricarico. Anzi, visto che il farmacista dovrà fare un percorso nel mondo del management e del marketing, usiamo il gergo inglese: è arrivata l’era del mark up. Il non-farmaco insegna In teoria il farmacista dovrebbe già sapere come si lavora in regime di ricarico, poiché il non-farmaco, che da anni rappresenta un quinto del fatturato della farmacia, e un quarto delle vendite in termini di unità vendute, non ha prezzi predefiniti e oltretutto è, a parte i casi di distribuzione esclusiva in farmacia, da sempre in concorrenza con gli altri canali di vendita. Per questa ragione il farmacista dovrebbe aver già cominciato a ragionare in termini di mark up, perché se non lo avesse fatto avrebbe corso dei rischi. Vediamoli. • Il rischio di perdere soldi se non avesse ricaricato in modo da coprire i costi da allocare sul prodotto in questione. • Quello di perdere vendite se non avesse tenuto conto del comporta- & 7 Il prezzo dei farmaci senza ricetta l Prima del decreto Storace: - Prezzo fissato dall’industria, unico su tutto il territorio nazionale. l Dopo il decreto Storace: - Prezzo massimo fissato dall’industria, possibilità di applicare uno sconto fino al 20%. l Dopo il decreto Bersani: - Prezzo massimo fissato dall’industria, possibilità di applicare uno sconto illimitato. l Dopo la legge Finanziaria 2007: - Prezzo fissato da ciascun distributore. mento dei concorrenti in zona. • Quello addirittura di perdere clienti se non avesse controllato per niente i prezzi delle altre farmacie e degli altri negozi che in qualche maniera influenzano il suo bacino di utenza, praticando prezzi eccessivamente elevati. Nel presentare i possibili errori che si possono commettere, abbiamo già cominciato a delineare gli elementi da esaminare per determinare il prezzo al pubblico di un prodotto. Il ricarico: prima fase Determinare il prezzo è compito, talvolta anche quotidiano, di tutti coloro che operano nell’industria e nel commercio. Vediamo che cosa dovrà fare il farmacista, che non dovrà inventare niente di nuovo, ma semplicemente assimilare una tecnica già ben conosciuta e applicata. Prendiamo la referenza A alla quale si vuole assegnare il prezzo al pubblico. Per prima cosa si deve sapere qual è la cifra unitaria pagata al fornitore. Sembra una banalità, ma talora non è una cosa semplicissima, perché spesso le condizioni commerciali sono complesse, in quanto sono strutturate, più che per fare chiarezza, per invogliare il cliente o magari anche per nascondere qualcosa. Per conoscere il costo unitario del venduto (relativo a un singolo ordine) bisogna considerare il numero totale di pezzi acquistati, includendo anche quelli eventualmente ottenuti gratuitamente, come tredicesima o sconto merce. Bisogna poi conoscere la cifra pagata per avere la quantità ricevuta, detraendo l’Iva e togliendo anche ogni tipo di sconto o di bonus, valorizzando anche quelli in natura. Naturalmente, nel determinare il costo bisogna considerare, pro quota, anche eventuali costi indicati a parte, ma comunque imputabili ai prodotti in questione, come i costi di spedizione, se esposti dal fornitore, e nel contempo si deve tener conto (sempre con attribuzione percentuale) anche di sconti particolari (come i bonus di fine anno). Si arriva così al costo del venduto, cioè alla cifra pagata dal farmacista per ricevere il prodotto nella propria farmacia. Chiamiamo Z l’importo così ottenuto. Alla cifra Z bisogna aggiungere qualsiasi altro costo che fosse imputabile al prodotto stesso per promuoverne la vendita. In genere non ce ne sono, perché di norma è l’azienda produttrice a fornire eventuali espositori o cartelli, e a sostenere le spese della pubblicità o delle promozioni dell’articolo, ma se così non fosse il farmacista dovrebbe tenerne conto e allocare sul prodotto la relativa spesa. Se questa spesa esiste, chiamiamola Y. Abbiamo finora stabilito i costi diretti del prodotto. La farmacia ha però tutta una serie di rilevanti costi di gestione, non direttamente assegnabili a un determinato prodotto, ma che comunque gravano sul bilancio. Bisogna tenerne conto. Seconda fase Le spese generali di una farmacia non sono attribuibili in toto a prodotti particolari, e così devono essere «spalmate» su tutte le vendite. Bisogna cioè fare la somma di tutti i costi di gestione (affitti, stipendi, attrezzature, bollette, consulenze e quant’altro) e suddividerlo per prodotto, sulla base del fatturato del prodotto stesso. Se un articolo, ipoteticamente, apporta l’1% del fatturato, è giusto accollargli l’1% per cento delle spese generali. Chiamiamo X la cifra da applicare alla referenza A, ottenuta dopo aver fatto i calcoli ai quali abbiamo appena accennato. A questo punto abbiamo il costo totale della referenza, che sarà, sulla base di quanto abbiamo detto finora: Z+Y+X. Terza fase Il punto successivo è quello che vede il farmacista aggiungere al totale dei costi l’importo V che rappresenta il suo guadagno. E’ evidente che non c’è totale libertà nel fissare tale cifra, per motivi di concorrenza. Soltanto i monopolisti si trovano ad avere le mani libere, frenati unicamente dalla capacità di spesa dei loro clienti e dall’etica, che dovrebbe valere anche nelle operazioni economiche e impedire il perseguimento di profitti esagerati. Il prezzo al pubblico diventa pertanto la cifra che risulta dalla somma Z+Y+X+V. Al totale così ottenuto aggiungiamo l’Iva. Piccolo glossario sul prezzo l Cut price: taglio di prezzo l Premium price: prezzo superiore a quello del mercato l Pricing: la politica dei prezzi di un’industria o di un distributore l Primo prezzo: il prezzo del prodotto più conveniente GDF 16 pag 07-08 8 29-11-2007 16:14 Pagina 8 Management Quarta fase L’aritmetica non basta, per stabilire il prezzo bisognerà indagare quello praticato dai concorrenti. Il nostro farmacista dovrà decidere se essere il «primo della classe» (cioè il più conveniente) in termini di prezzo (cosa che potrà prendere in considerazione solo se se lo potrà permettere, perché non è mai gran cosa vendere in perdita) oppure se desidera soltanto stare sul mercato, magari collocandosi a un livello un po’ più caro di altri. In questo caso dovrà contare su altri vantaggi per il pubblico, come, per esempio, un servizio superiore (ricordando però che deve essere il cliente a valutare «superiore» il servizio). Allinearsi perfettamente con la Gdo (nel caso in cui ci fosse un ipermercato con corner nei paraggi) non sarà mai facile, ma potrebbe anche essere inutile. E’ importante, invece, essere competitivi con le altre farmacie e con le parafarmacie. Bisogna ricordare che il confronto dei prezzi praticati dalla concorrenza non è un’operazione da fare ogni tanto, ma di frequente, con metodo. E l’adeguamento deve essere tempestivo. Da notare che ci possono essere prodotti sui quali c’è una maggiore «tensione competitiva», sui quali può essere opportuno lavorare con un ricarico minore. L’industria, infine, non è solo spettatrice delle lotte di prezzo tra i distributori, ma è anche attrice. Non può favorire smaccatamente un distributore rispetto agli 12 novembre 2007 Prezzi medi dei prodotti venduti in farmacia Valore in euro FARMACI (TOTALE) Farmaci con obbligo di ricetta Rimborsabili (Classe A) Non rimborsabili (Classe C) Farmaci senza obbligo di ricetta Farmaci automedicazione (Classe C bis) Farmaci S.P. (Classe C) NON FARMACI Prodotti omeopatici Prodotti erboristici Notificati Indice 11,46 12,60 13,30 10,20 6,40 6,50 6,20 179 197 208 159 100 102 97 9,60 11,40 11,30 150 178 177 Fonte: elaborazioni Anifa su dati IMS Health 2006 altri: lo vieta la legge. E’ fatto recente la condanna subita da alcuni grossisti che avrebbero discriminato le parafarmacie. Le aziende possono però ricercare alleanze e partnership con i distributori più sinergici. Non ci risulta che le case amino avere rapporti troppo stretti con la Gdo, che è un interlocutore pericoloso. La Distribuzione moderna ha cominciato molti anni fa a dettare le proprie regole ai produttori e ci ha preso gusto. Per l’industria è molto meglio dialogare con i farmacisti, anche perché sono più malleabili: debolezza che può divenire forza. Ulteriori osservazioni Tra i prodotti non c’è solo battaglia di prezzo, ma prima ancora c’è lotta tra la qualità delle prestazioni fornite. Un prodotto che dà di più si merita un sovrapprezzo. Lo stesso si può dire dei distributori: il servizio eccellente ha un prezzo, che però il cliente riconosce soltanto quando rileva un beneficio per sé. Un servizio non apprezzato costa, ma non vale. Ricordiamo pure che talvolta un prezzo particolarmente basso può fare da richiamo. E’ il fenomeno dei cosiddetti prodotti civetta, che attirano il pubblico e permettono di applicare impunemente ad altri prodotti prezzi per nulla convenienti. Inoltre, osserviamo come la massima sensibilità verso il prezzo ci sia per i prodotti ad acquisto frequente. Conosciamo il prezzo del latte, del pane, del giornale perché li comperiamo ogni giorno. Più difficile è ricordare quanto pagammo lo sciroppo per la tosse all’ultima infreddatura, l’anno scorso. Infine, ricordiamo che la situazione ideale per confrontare i prezzi è quella dello scaffale del supermercato che presenta i prodotti affiancati, ciascuno con il segnaprezzo. I calcoli da fare Proviamo a fare una simulazione. Per prima cosa calcoliamo il costo del venduto di un prodotto ceduto alle seguenti condizioni. Settantadue pezzi comprati a 4,40 euro l’uno, Iva compresa (al 10%), con due tredicesime in omaggio. Contributo alle spese di spedizione 3 euro. Bonus di fine anno su tutti gli acquisti effettuati all’azienda in questione, sicuramente raggiungibile, il 2%. Stabiliamo il costo unitario del prodotto. Le unità acquistate sono complessivamente 84 (compresi i 12 pezzi ottenuti come sconto merce, 2 pezzi per ciascuna delle 6 dozzine). Il costo si ottiene moltiplicando 72 per 4 euro e 40 (= 316,80 euro), aggiungendo i costi di spedizione e sottraendo il 2%. Otteniamo 313,40 euro. Togliamo l’Iva (si divide per 1,10) e otteniamo 284,91 euro. Dividendo per 84 otteniamo il costo unitario, che è pari a 3,39 euro. E’ il momento di applicare il ricarico. Avete stabilito, per esempio, che il ricarico sia del 35%. Allora dovrete moltiplicare il costo unitario per 1,35. Se l’Iva è al 10%, bisognerà moltiplicare ancora il risultato per 1,10. Otteniamo 5,03, che sarà bene arrotondare a 5 euro.