allegato n.3 - Federfarma Nuoro

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allegato n.3 - Federfarma Nuoro
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Management
12 novembre 2007
Dallo sconto 3
al prezzo libero
di Francesco Fabris
Il nuovo regime
impone ai farmasti
un diverso approccio
alla vendita,
dove entrano in gioco
le abilità
di management
e marketing.
Un’arma a doppio
taglio che può
diventare vantaggiosa
per i camici bianchi:
basta applicare
con accortezza
una serie di regole
ECCO LE REGOLE PRINCIPALI
PER IL CALCOLO DEL RICARICO
L’era del mark up
Nell’arco di due anni e mezzo il regime
del prezzo al pubblico dei farmaci senza
ricetta è cambiato tre volte. Strano destino di un settore che risulta piccolo,
come si evince dal confronto con i maggiori Paesi europei, troppo piccolo in
rapporto ai benefici che potrebbe dare al
Ssn, alleviando la spesa pubblica del farmaco. La determinazione del prezzo è
stata prerogativa del detentore dell’Aic
fino alla metà del 2005, quando il decreto Storace concesse al farmacista la
facoltà di concedere sconti fino a un
massimo del 20%. In seguito il decreto
Bersani abolì ogni limite nello sconto,
sempre però a partire da un listino compilato dall’industria, che a questo punto
fissava il prezzo massimo dei prodotti.
Infine, con un’attenzione alla liberalizzazione del mercato degli Otc degna di
miglior causa, è intervenuta la legge
Finanziaria 2007 a togliere alle case farmaceutiche la competenza in tema di
prezzi al pubblico, assegnata ope legis al
distributore. La Gdo non farà fatica a
prendere le proprie decisioni in termini
di pricing, abituata com’è a competere
sul prezzo, anzi a considerarlo l’arma
più tagliente di chi opera nella distribuzione. Un’arma a doppio taglio, che può
ferire anche chi la usa, se non è accorto
nell’assicurarsi un ricarico sufficiente a
coprire tutti i costi e a consentire un profitto che non scoraggi l’azionista (un
caso un po’ diverso è quello delle cooperative, che operano in un regime normativo differente, ma che comunque non
prescindono dai vincoli di bilancio). Il
farmacista, invece, dovrà vincere le proprie ritrosie nei riguardi della gestione
economica e imparare quel tanto di contabilità per continuare ad affermare la
leadership del canale nel settore dei farmaci senza ricetta. E’ arrivato il momento del ricarico. Anzi, visto che il farmacista dovrà fare un percorso nel mondo
del management e del marketing, usiamo il gergo inglese: è arrivata l’era del
mark up.
Il non-farmaco insegna
In teoria il farmacista dovrebbe già sapere come si lavora in regime di ricarico,
poiché il non-farmaco, che da anni rappresenta un quinto del fatturato della
farmacia, e un quarto delle vendite in
termini di unità vendute, non ha prezzi
predefiniti e oltretutto è, a parte i casi di
distribuzione esclusiva in farmacia, da
sempre in concorrenza con gli altri canali di vendita. Per questa ragione il farmacista dovrebbe aver già cominciato a
ragionare in termini di mark up, perché
se non lo avesse fatto avrebbe corso dei
rischi. Vediamoli.
• Il rischio di perdere soldi se non avesse ricaricato in modo da coprire i costi
da allocare sul prodotto in questione.
• Quello di perdere vendite se non
avesse tenuto conto del comporta-
&
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Il prezzo dei farmaci senza ricetta
l Prima del decreto Storace:
- Prezzo fissato dall’industria, unico
su tutto il territorio nazionale.
l Dopo il decreto Storace:
- Prezzo massimo fissato dall’industria, possibilità di applicare uno
sconto fino al 20%.
l Dopo il decreto Bersani:
- Prezzo massimo fissato dall’industria, possibilità di applicare uno
sconto illimitato.
l Dopo la legge Finanziaria 2007:
- Prezzo fissato da ciascun distributore.
mento dei concorrenti in zona.
• Quello addirittura di perdere clienti
se non avesse controllato per niente i
prezzi delle altre farmacie e degli altri
negozi che in qualche maniera influenzano il suo bacino di utenza, praticando prezzi eccessivamente elevati.
Nel presentare i possibili errori che si
possono commettere, abbiamo già
cominciato a delineare gli elementi da
esaminare per determinare il prezzo al
pubblico di un prodotto.
Il ricarico: prima fase
Determinare il prezzo è compito, talvolta anche quotidiano, di tutti coloro
che operano nell’industria e nel commercio. Vediamo che cosa dovrà fare il
farmacista, che non dovrà inventare
niente di nuovo, ma semplicemente
assimilare una tecnica già ben conosciuta e applicata. Prendiamo la referenza A alla quale si vuole assegnare il
prezzo al pubblico. Per prima cosa si
deve sapere qual è la cifra unitaria
pagata al fornitore. Sembra una banalità, ma talora non è una cosa semplicissima, perché spesso le condizioni
commerciali sono complesse, in quanto
sono strutturate, più che per fare chiarezza, per invogliare il cliente o magari
anche per nascondere qualcosa. Per
conoscere il costo unitario del venduto
(relativo a un singolo ordine) bisogna
considerare il numero totale di pezzi
acquistati, includendo anche quelli
eventualmente ottenuti gratuitamente,
come tredicesima o sconto merce.
Bisogna poi conoscere la cifra pagata
per avere la quantità ricevuta, detraendo l’Iva e togliendo anche ogni tipo di
sconto o di bonus, valorizzando anche
quelli in natura. Naturalmente, nel
determinare il costo bisogna considerare, pro quota, anche eventuali costi
indicati a parte, ma comunque imputabili ai prodotti in questione, come i
costi di spedizione, se esposti dal fornitore, e nel contempo si deve tener conto
(sempre con attribuzione percentuale)
anche di sconti particolari (come i
bonus di fine anno).
Si arriva così al costo del venduto, cioè
alla cifra pagata dal farmacista per ricevere il prodotto nella propria farmacia.
Chiamiamo Z l’importo così ottenuto.
Alla cifra Z bisogna aggiungere qualsiasi altro costo che fosse imputabile al
prodotto stesso per promuoverne la
vendita. In genere non ce ne sono, perché di norma è l’azienda produttrice a
fornire eventuali espositori o cartelli, e
a sostenere le spese della pubblicità o
delle promozioni dell’articolo, ma se
così non fosse il farmacista dovrebbe
tenerne conto e allocare sul prodotto la
relativa spesa. Se questa spesa esiste,
chiamiamola Y. Abbiamo finora stabilito i costi diretti del prodotto. La farmacia ha però tutta una serie di rilevanti
costi di gestione, non direttamente
assegnabili a un determinato prodotto,
ma che comunque gravano sul bilancio. Bisogna tenerne conto.
Seconda fase
Le spese generali di una farmacia non
sono attribuibili in toto a prodotti particolari, e così devono essere «spalmate»
su tutte le vendite. Bisogna cioè fare la
somma di tutti i costi di gestione (affitti, stipendi, attrezzature, bollette, consulenze e quant’altro) e suddividerlo
per prodotto, sulla base del fatturato
del prodotto stesso. Se un articolo, ipoteticamente, apporta l’1% del fatturato,
è giusto accollargli l’1% per cento delle
spese generali. Chiamiamo X la cifra da
applicare alla referenza A, ottenuta
dopo aver fatto i calcoli ai quali abbiamo appena accennato. A questo punto
abbiamo il costo totale della referenza,
che sarà, sulla base di quanto abbiamo
detto finora: Z+Y+X.
Terza fase
Il punto successivo è quello che vede il
farmacista aggiungere al totale dei costi
l’importo V che rappresenta il suo guadagno. E’ evidente che non c’è totale
libertà nel fissare tale cifra, per motivi
di concorrenza. Soltanto i monopolisti
si trovano ad avere le mani libere, frenati unicamente dalla capacità di spesa
dei loro clienti e dall’etica, che dovrebbe valere anche nelle operazioni economiche e impedire il perseguimento di
profitti esagerati. Il prezzo al pubblico
diventa pertanto la cifra che risulta
dalla somma Z+Y+X+V. Al totale così
ottenuto aggiungiamo l’Iva.
Piccolo glossario sul prezzo
l Cut price: taglio di prezzo
l Premium price: prezzo superiore a
quello del mercato
l Pricing: la politica dei prezzi di un’industria o di un distributore
l Primo prezzo: il prezzo del prodotto
più conveniente
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Quarta fase
L’aritmetica non basta, per stabilire il
prezzo bisognerà indagare quello praticato dai concorrenti. Il nostro farmacista dovrà decidere se essere il «primo
della classe» (cioè il più conveniente)
in termini di prezzo (cosa che potrà
prendere in considerazione solo se se
lo potrà permettere, perché non è mai
gran cosa vendere in perdita) oppure
se desidera soltanto stare sul mercato,
magari collocandosi a un livello un po’
più caro di altri. In questo caso dovrà
contare su altri vantaggi per il pubblico, come, per esempio, un servizio
superiore (ricordando però che deve
essere il cliente a valutare «superiore»
il servizio). Allinearsi perfettamente
con la Gdo (nel caso in cui ci fosse un
ipermercato con corner nei paraggi)
non sarà mai facile, ma potrebbe anche
essere inutile. E’ importante, invece,
essere competitivi con le altre farmacie
e con le parafarmacie. Bisogna ricordare che il confronto dei prezzi praticati
dalla concorrenza non è un’operazione
da fare ogni tanto, ma di frequente,
con metodo. E l’adeguamento deve
essere tempestivo. Da notare che ci
possono essere prodotti sui quali c’è
una maggiore «tensione competitiva»,
sui quali può essere opportuno lavorare con un ricarico minore. L’industria,
infine, non è solo spettatrice delle lotte
di prezzo tra i distributori, ma è anche
attrice. Non può favorire smaccatamente un distributore rispetto agli
12 novembre 2007
Prezzi medi dei prodotti venduti in farmacia
Valore in euro
FARMACI (TOTALE)
Farmaci con obbligo di ricetta
Rimborsabili (Classe A)
Non rimborsabili (Classe C)
Farmaci senza obbligo di ricetta
Farmaci automedicazione (Classe C bis)
Farmaci S.P. (Classe C)
NON FARMACI
Prodotti omeopatici
Prodotti erboristici
Notificati
Indice
11,46
12,60
13,30
10,20
6,40
6,50
6,20
179
197
208
159
100
102
97
9,60
11,40
11,30
150
178
177
Fonte: elaborazioni Anifa su dati IMS Health 2006
altri: lo vieta la legge. E’ fatto recente la
condanna subita da alcuni grossisti che
avrebbero discriminato le parafarmacie. Le aziende possono però ricercare
alleanze e partnership con i distributori
più sinergici. Non ci risulta che le case
amino avere rapporti troppo stretti con
la Gdo, che è un interlocutore pericoloso. La Distribuzione moderna ha
cominciato molti anni fa a dettare le
proprie regole ai produttori e ci ha
preso gusto. Per l’industria è molto
meglio dialogare con i farmacisti, anche
perché sono più malleabili: debolezza
che può divenire forza.
Ulteriori osservazioni
Tra i prodotti non c’è solo battaglia di
prezzo, ma prima ancora c’è lotta tra la
qualità delle prestazioni fornite. Un
prodotto che dà di più si merita un
sovrapprezzo. Lo stesso si può dire dei
distributori: il servizio eccellente ha un
prezzo, che però il cliente riconosce soltanto quando rileva un beneficio per sé.
Un servizio non apprezzato costa, ma
non vale. Ricordiamo pure che talvolta
un prezzo particolarmente basso può
fare da richiamo. E’ il fenomeno dei
cosiddetti prodotti civetta, che attirano
il pubblico e permettono di applicare
impunemente ad altri prodotti prezzi
per nulla convenienti. Inoltre, osserviamo come la massima sensibilità verso il
prezzo ci sia per i prodotti ad acquisto
frequente. Conosciamo il prezzo del
latte, del pane, del giornale perché li
comperiamo ogni giorno. Più difficile è
ricordare quanto pagammo lo sciroppo
per la tosse all’ultima infreddatura,
l’anno scorso. Infine, ricordiamo che la
situazione ideale per confrontare i
prezzi è quella dello scaffale del supermercato che presenta i prodotti affiancati, ciascuno con il segnaprezzo.
I calcoli da fare
Proviamo a fare una simulazione. Per
prima cosa calcoliamo il costo del venduto di un prodotto ceduto alle
seguenti condizioni. Settantadue pezzi
comprati a 4,40 euro l’uno, Iva compresa (al 10%), con due tredicesime in
omaggio. Contributo alle spese di spedizione 3 euro. Bonus di fine anno su
tutti gli acquisti effettuati all’azienda in
questione, sicuramente raggiungibile, il
2%. Stabiliamo il costo unitario del prodotto. Le unità acquistate sono complessivamente 84 (compresi i 12 pezzi
ottenuti come sconto merce, 2 pezzi per
ciascuna delle 6 dozzine). Il costo si
ottiene moltiplicando 72 per 4 euro e 40
(= 316,80 euro), aggiungendo i costi di
spedizione e sottraendo il 2%.
Otteniamo 313,40 euro. Togliamo l’Iva
(si divide per 1,10) e otteniamo 284,91
euro. Dividendo per 84 otteniamo il
costo unitario, che è pari a 3,39 euro. E’
il momento di applicare il ricarico.
Avete stabilito, per esempio, che il ricarico sia del 35%. Allora dovrete moltiplicare il costo unitario per 1,35. Se l’Iva
è al 10%, bisognerà moltiplicare ancora
il risultato per 1,10. Otteniamo 5,03, che
sarà bene arrotondare a 5 euro.