Adamello 105 - CAI Brescia
Transcript
Adamello 105 - CAI Brescia
105 Spedizione in Abbonamento Postale 70% - Filiale di Brescia - 1°Semestre 2009 Dalle Alpi un’acqua leggera e con poco sodio (0,0002%). Ideale per tutte le età! Per lui, per tutti. Sorgente alpina, Oligominerale www.maniva.it Decreto del Ministero della Salute Nei casi ove l’allattamento al seno non sia possibile, l’Acqua Naturale Maniva è indicata per la preparazione degli alimenti e l’alimentazione dei neonati Brescia - viale Italia 7/9 - tel. 0303751100 - fax 0303753246 Parcheggio interno 2006 50 ANNI DI ATTIVITA’ proiettori lampade dischi e pastiglie freno fanali rotanti specchi retrovisori fanaleria e fari COBO filtri: olio, nafta, aria ricambi per motorini avviamento e alternatori batterie: Magneti Marelli, A.A.A. climatizzatori - ricambi originali Capanna Monte Cugni località Monte Cugni (655 m) La capanna, inaugurata il 2 giugno 2009 dalla Sottosezione di Odolo del C.A.I., è nata grazie ad un’iniziativa del socio Giuseppe Bresciani, “Caporal” per gli amici, che ci ha lasciato per Vette più alte. In un consiglio, anni fa, propose: “Facciamo qualcosa che rimanga nel tempo”. Oggi, se fosse ancora con noi, sarebbe felice e orgoglioso della sua iniziativa. La Sottosezione ringrazia lui e tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione del nostro obiettivo, dall’Amministrazione Comunale ad alcuni industriali e privati. La capanna è raggiungibile a piedi tramite i quattro sentieri numerati e segnati sulla cartina e tramite una strada che da frazione Cete porta fino alla sbarra. Da qui, dopo un centinaio di metri piani a piedi, si raggiunge la Capanna. La struttura è autogestita ed è aperta a tutti, tutti i giorni. Chiediamo solo una cortesia: il rispetto per l’ambiente. ADAMELLO n. 105 1° semestre 2009 Direzione - redazione - amministrazione Organizzazione di volontariato iscritta al registro regionale Regione Lombardia foglio n. 659 prog. 2630 Sez. B - Onlus via Villa Glori 13 - tel. 030 321838 25126 Brescia direttore responsabile: GIUSEPPE ANTONIOLI redattori: PIERANGELO CHIAUDANO, RITA GOBBI, FAUSTO LEGATI, ANGELO MAGGIORI, RICCARDO DALL’ARA, TULLIO ROCCO, MARCO VASTA La collaborazione è aperta a tutti, le opinioni espresse dai singoli autori negli articoli firmati non impegnano né la Sezione né la Rivista. La rivista viene inviata gratuitamente ai Soci ordinari, vitalizi della Sezione e delle Sottosezioni. ORARI DELLA SEZIONE DI BRESCIA dal martedì al sabato dalle 9.30 alle 12.00 e dalle 16.00 alle 19.00 giovedì anche dalle 21.00 alle 22.00 chiuso lunedì e festivi aut. trib. di Brescia n. 89 - 15.12.1954 spedizione in abbonamento postale - 70% Filiale di Brescia SOMMARIO Assemblea dei Soci 8 La Maddalena dei tempi che furono 15 1899… un artista… al rifugio Baitone 16 … pistari… pistari… gam gam… 18 Atacama, un deserto senza rose 21 Lo sperone Frendo 24 6° Trofeo Ravasio 27 Alaska, il sogno è realtà 28 Quelli del giovedì 30 Sci fondo-escursionismo 32 Rajando el sol 34 Rurec Expe 2009 34 Corsi scuola Alpinismo Adamello 35 Alpinismo Giovanile: tre nuovi AAG 37 Rosanna Cita Avanzini… 38 Poesia 38 Angelo Rota 39 Programma gite G.P.E. 40 Gite escursionistiche 41 Gite alpinismo giovanile 41 Vita della sezione 42 Viaggio nei pensieri di un escursionista 43 Parlando di libri 44 Biblioteca 45 Stampa: Artigianelli spa Via Ferri, 73 Brescia A chi intende scrivere su “Adamello” Per una equilibrata distribuzione dello spazio fra i diversi articoli su “Adamello”, attenersi rigorosamente ai seguenti criteri: 1. L’articolo deve essere dattiloscritto con uno spazio 2 2. Non superare le 3 cartelle 3. Ogni cartella deve contenere al massimo 30 righe (per non costringerci a spiacevoli tagli) 4. Gli articoli devono pervenire alla Segreteria della Sezione entro le seguenti date: ENTRO IL 30 APRILE PER IL NUMERO CHE ESCE A GIUGNO ENTRO IL 30 SETTEMBRE PER IL NUMERO CHE ESCE A DICEMBRE LA SEZIONE C.A.I. DI BRESCIA SU INTERNET Internet: www.cai.bs.it e-mail: [email protected] Conc. pubblicità: EMMEDIGI Pubblicità In copertina: parete ovest dell’Adamello (m 3554) Foto di FRANCO SOLINA Adamello 105 – pag. 7 Vita associativa Assemblea dei Soci 31 marzo 2009 R iportiamo di seguito un riassunto dell’Assemblea dei Soci tenutasi il 31 marzo 2009 alle ore 21 presso il Museo di Scienze Naturali. In apertura di seduta il Presidente della Sezione Guido Carpani Glisenti invita il Sig. Alberto Ghidini a fungere da Presidente e il sig. Gigi Mazzocchi da Segretario RIFUGIO BERNI Gestore: Mario Bonetta Ispettore: Matteo Gilberti Vice Ispettore: Giuseppe Poisa Al rifugio Berni la stagione 2008 si è inaugurata sabato 31 maggio, in concomitanza con il passaggio della tappa del Giro d’Italia al passo Gavia. Nel successivo mese di giugno, causa anche le pessime condizioni atmosferiche soprattutto nei fine settimana, si è avuta una ridotta frequentazione del rifugio da parte di scialpinisti e turisti di passaggio al passo. Nel mese di luglio ed agosto si è invece riscontrata una buona affluenza di alpinisti ed escursionisti, soprattutto nei fine settimana, con gruppi organizzati del CAI, a cui si è aggiunto un buon passaggio di turisti in transito al passo. Nel mese di settembre, che è stato condizionato sfavorevolmente dal cattivo tempo, sono state disdette delle pre- pag. 8 – Adamello 105 notazioni e di conseguenza c’è stata una minor affluenza. Nel bilancio complessivo della stagione si sono registrati 533 pernottamenti. Il rifugio Berni presenta, rispetto agli altri gestiti dalla Sezione, una posizione di favorevole accessibilità, essendo situato sulla statale del passo Gavia e raggiungibile comodamente anche con le automobili: ciò comporta una gestione maggiormente incentrata alla ristorazione più che all’attività tipica del rifugio. Dal punto di vista organizzativo e gestionale, la famiglia Bonetta continua a mantenere un ottimo servizio di ristorazione ed ospitalità a favore dei soci del CAI e dei clienti che hanno frequentato il rifugio, dai quali ci sono pervenuti apprezzamenti positivi sull’accoglienza e cordialità dei gestori. Ci sono alcune opere da effettuare, come gli interventi per l’ampliamento dei servizi igienici, che, pur non presentando carattere di urgenza, dovranno essere prese in considerazione per un futuro realizzo, in modo da rendere la struttura ricettiva del rifugio sempre più efficiente. RIFUGIO GARIBALDI Gestore: Odoardo Ravizza Ispettore: Mario Casali Vice Ispettore: Broccardo Casali In riferimento alla stagione appena trascorsa ed a seguito di una chiacchie- rata con il gestore Sig. Edoardo Ravizza avvenuta a fine stagione è emerso quanto segue: Al suo interno, a detta del gestore, il rifugio non presenta particolari problematiche, sia per i lavori effettuati recentemente che per una buona gestione da parte del gestore stesso; ad oggi la struttura si presenta quindi pulita, ordinata, confortevole e soddisfacente sia come capienza che come qualità dei servizi offerti. I lavori effettuati nell’anno 2007 andrebbero completati con la realizzazione di una valvola di scarico attualmente presente ma non collegata con il telo in PVC di rivestimento che agevola lo svuotamento del serbatoio a fine stagione. A detta del Sig. Ravizza la presenza numerica al rifugio è molto cambiata nel corso di questi ultimi anni, riducendosi molto durante la settimana anche nei mesi di giugno e luglio; in agosto la situazione migliora leggermente, ma dopo il 15 spesso il tempo cambia e il rifugio ritorna ad essere poco frequentato. Per la stagione appena conclusa la presenza al rifugio è risultata, anche in funzione dell’andamento climatico del periodo, sempre in leggero calo, in linea con gli altri anni. Questo calo è in parte dovuto all’elevato numero di ore di cammino necessarie per il raggiungimento della meta che spesso scoraggia alcuni possibili fruitori del rifugio non sufficientemente allenati o condizionati dalla non sufficiente stabilità meteo della giornata scelta. A questo riguardo ci è stato anticipato dall’attuale gestore che, se allo scadere del contratto il canone non sarà rivisto (al ribasso), non intenderebbe più ad oggi rinnovare il contratto d’affitto. I lavori più urgenti da eseguire al rifugio sono costituiti principalmente dal rifacimento degli antoni che coprono le finestre nei mesi invernali, poiché quelli attualmente operanti sono ormai alquanto logori e danneggiati; oltre a questo, anche gli infissi della sala da pranzo sono nel medesimo stato ed andrebbero sostituiti. Qualche miglioria è sempre possibile, certo è che la gestione attuale può essere considerata soddisfacente. Vita associativa RIFUGIO GNUTTI Gestore: Domenica Madeo Fiorani Ispettore: Alessandro Premoli Vi informo con grande piacere che anche per il prossimo triennio Davide e Domenica Fiorani saranno i gestori del Rifugio Gnutti; nelle scorse settimane hanno infatti rinnovato il contratto di affitto dopo 32 anni ininterrotti di gestione: il forte senso di appartenenza al C.A.I. e l’attaccamento al Rifugio sono nettamente prevalsi sui comprensibili timori di stanchezza. Passando invece ad esaminare le tematiche legate alla stagione 2008, questa volta non Vi dirò che i passaggi sono ovviamente legati alle condizioni meteo; i pernottamenti sono stati comunque in linea con quelli registrati negli ultimi anni attestandosi a 660 unità. La tipologia di frequentazioni del rifugio si divide in due distinte categorie: Escursionisti giornalieri che vogliono godersi una gita mediamente impegnativa e paesaggisticamente molto piacevole nonché l’ottima cucina del rifugio. Alpinisti che pernottano per la successiva salita all’Adamello o, in numero più limitato ma significativo, interessati alle nuove vie di arrampicata che sono molto apprezzate come novità sportiva. Crolla invece il numero degli alpinisti che frequentano il sentiero n. 1. A nostro avviso si impone una riflessione fra gli organi interessati alla gestione e manutenzione dei sentieri e le associazioni alpinistiche per rilanciare quello che è o dovrebbe essere il fiore all’occhiello dell’escursionismo bresciano. Sempre in tema di sentieri d’alta quota, segnaliamo la necessità di eseguire un’accurata e urgente manutenzione alle corde fisse collocate sulla via Terzulli prevedendo la messa in sicurezza del tracciato con la rimozione delle corde sfilacciate e la sostituzione con altre a maggiore resistenza all’usura. Sintetizzo infine i problemi si sistemazione del Rifugio già ben noti alla Presidenza ed al Consiglio: – pavimento della cucina; – chiusura della finestra interna della camerata da 10 posti; – sostituzione della porta d’ingresso; – umidità risalente dal terreno sul muro nord della camerata da 10 posti. RIFUGIO MARIA E FRANCO Gestore: Giacomo Massussi Ispettore: Pietro Borzi Vice Ispettore: Marco Chiaudano La stagione estiva è stata caratterizzata da una situazione meteorologica sfavorevole. Solo nel mese di agosto, grazie ad un cambiamento del tempo, il rifugio è stato raggiunto da un buon numero di escursionisti. Oltre al mal- Da sinistra: Alberto Ghidini, Presidente dell’Assemblea - Guido Carpani Glisenti, Presidente della Sezione - Gigi Mazzocchi, Segretario Il Presidente della Sezione con i soci cinquantennali tempo il 2008 “paga”, come pernottamenti, anche il costante calo di escursionisti che percorrono il sentiero N. 1. Questo scarso interesse per il N. 1, dovrebbe porci alcuni interrogativi e portarci a fare alcune riflessioni; ma non è questa la sede più appropriata. Al rifugio non sono stati svolti lavori significativi, anche se in futuro sarà necessario “metterci le mani”. Il rifugio Maria e Franco, il più alto della nostra Sezione, essendo situato a 2.584 metri, è stato gestito in modo adeguato dalla famiglia Massussi, nonostante le difficoltà e l’isolamento che caratterizzano il rifugio. ATTIVITÀ DI ISPEZIONE E MANUTENZIONE BIVACCHI Relatore: Leonardo Clerici Nella passata stagione non abbiamo fatto lavori di manutenzione ai bivacchi, tranne aver ripulito il bivacco Zanon Morelli internamente ed esternamente. Bottino: due sacchi pieni di spazzatura. Speriamo quest’anno, tempo permettendo, di riuscire a tinteggiarlo, visto che non ci siamo riusciti per due volte. GRUPPO ESCURSIONISTI Coordinatore: Oscar Rossini Relatore: Dario di Pietro Carissimi Soci buonasera, a nome e per conto del gruppo escursionisti CAI, sezione di Brescia, ho il piacere di relazionare su quanto da noi svolto nel 2008. Nel corso dell’anno hanno fatto parte del gruppo e collaborato attivamente 20 persone che, riunitesi una volta al mese, hanno programmato e realizzato un calendario di gite ricco e vario, non soltanto dal punto di vista dei contenuti, ma anche per l’aspetto grafico (grazie all’attività svolta da Alberto Maggini) e il numero di copie stampate (2.000 grazie al contributo dei 27 sponsor). Abbiamo realizzato in totale 33 uscite a partire dal 20 gennaio e fino al 9 novembre. Di queste: Adamello 105 – pag. 9 Vita associativa Annamaria Massardi, socio cinquantennale Angelo Saiani, socio cinquantennale Fausto Baronio, socio cinquantennale – – – – quentare il X Corso Lombardo per Accompagnatori Regionali di Alpinismo Giovanile, impegnandoli per tutto l’anno con ben 12 uscite in diverse località della Lombardia. I temi trattati durante il Corso sono stati molteplici: Soccorso Alpino, Geologia, Arrampicata, Storia, Botanica, Responsabilità Civile e Penale, Giochi, Psicologia dei ragazzi, ecc. Tutti i ragazzi hanno concluso il Corso e sono stati promossi nei primi posti della graduatoria generale!!! Il 21 febbraio scorso nella sede del C.A.I. di Dongo sono stati nominati ufficialmente dal Direttore della Scuola Regionale, che così li ha definiti: “Chiara: grinta da Presidente, Andreina: l’impegno e la passione, Giovanni: la pazienza personalizzata”. Bravi!!!, anche a nome di tutto il C.A.I. Giovanile. Il costo del Corso, finanziato dalla nostra Sezione, è stato ben ripagato dall’ottimo risultato conseguito dai nostri tre ragazzi. Complimenti ancora!!! Il calendario 2008, con le consuete 10 uscite mensili, ha visto una partecipazione media di 35 ragazzi per gita, con una maggioranza di femmine. L’idea della ciaspolata di febbraio è stata gradita ed ha divertito molto i ragazzi, per questo provvederemo ad inserirne sempre una all’anno. Ottima anche la gita al mare con bagno di sole nello stupendo paesaggio della Liguria. La settimana estiva quest’anno si è svolta nel Gruppo del Brenta ed è stata bellissima, con la partecipazione di 22 persone di cui 16 ragazzi, con pernottamento in quattro rifugi del Brenta: Casinei, Brentei, Tuckett ed un passaggio all’Alimonta. Il tempo è stato variabile ma gradevole. Il calendario 2008 si è concluso il 14 dicembre al Rifugio Alpini di Briano sopra a Sasso (Gargnano - Lago di Garda), grazie all’aiuto di Carlo che ci ha permesso di scambiarci gli auguri di Natale davanti ad un bellissimo fuoco consumando panettoni, torte, fiumi di aranciata, tè, succhi e coca cola, il tutto accompagnato da canti e tante risate. Grazie a tutti gli Accompagnatori e Ragazzi che hanno partecipato alle uscite. 25 escursionistiche e turistiche; 4 alpinistiche; 3 con le ciaspole; 1 speleologica. In media si sono iscritte a ciascuna gita 20 persone, per un totale di 660 gitanti. Si sono svolti 7 incontri serali con gli accompagnatori per la presentazione tecnica e fotografica delle relative uscite. Tra le gite escursionistiche segnaliamo il Trekking delle Eolie e il Trekking delle Orobie durati rispettivamente 8 e 6 giorni. Al Trekking delle Eolie hanno partecipato 50 persone, più due accompagnatori, a quello delle Orobie 10 persone. Dato il successo degli anni precedenti, nel corso del 2008 il gruppo escursionisti ha inoltre organizzato la terza edizione del corso “Conoscere la Montagna” a cui si sono iscritte 31 persone. Il programma, svoltosi tra il 26 marzo e il 22 giugno, ha previsto 4 lezioni teoriche e 5 uscite in ambiente, di cui l’ultima della durata di 2 giorni. E per concludere abbiamo realizzato il “Programma Proiezioni” svoltosi da gennaio a dicembre per un totale di 10 serate. Siamo soddisfatti dell’operato svolto e nel salutarvi ringrazio i 19 collaboratori che, oltre al sottoscritto, hanno ottenuto gli ottimi risultati sopra esposti. Un ringraziamento alla sede per aver messo a disposizione la struttura e il personale a supporto delle attività descritte. Grazie a tutti per l’attenzione. ALPINISMO GIOVANILE Relatore: Gianfranco Ognibene (Coordinatore) Apro la relazione del 2008, anno che ha visto tre ex ragazzi del C.A.I. Giovanile (Chiara Apostoli, Andreina Giacomini e Giovanni Lonati), adesso maggiorenni studenti Universitari, frepag. 10 – Adamello 105 G.P.E. MARTEDÌ-MERCOLEDÌ Relatore: Alberto Ghidini Il 2008 è stato un anno particolarmente intenso, tanto che ho sentito la necessità di curiosare tra i dati statistici per avere la conferma del buon lavoro svolto dai Coordinatori Logistici e di quanto questo Settore del CAI sia seguito. Di seguito vado a leggere quanto è stato rilevato dalla nostra Segreteria. Si tratta di dati complessivi per le escursioni del martedì e mercoledì: numero di gite effettuate 77 - numero partecipanti 3.676 - dislivello percorso 57.414 - ore in montagna 402. A questi si devono aggiungere le due gite di 2 giorni, la prima fra le stupende montagne della Val d’Aosta e la seconda lungo l’Alta Via n. 1 delle Dolomiti nel Gruppo della Civetta. Se questo non bastasse non possiamo dimenticare la settimana in Maremma sui sentieri dell’Argentario, del Parco dell’Uccellina e del Monte Amiata. Non male per questi “ragazzetti” e “ragazzette” che ogni settimana, zaini in spalla, di primissima mattina fanno la loro escursione in compagnia. In giugno il Presidente ha chiesto al GPE una mano per la conduzione del Rifugio Prudenzini, in difficoltà in quanto non era stato trovato un gestore. Prontamente il GPE si è messo a Vita associativa GRUPPO SENIORES GPE 1987 GIOVEDÌ Relatore: Giancarlo Verdina Anche quest’anno l’attività del gruppo GPE 1987 del “giovedì” è stata assai intensa e il gradimento è tale che, purtroppo, non riusciamo più ad accontentare le numerose richieste di partecipazione e si fa sempre più lunga la lista d’attesa. Le gite effettuate sono state complessivamente 41 con la partecipazione di 2170 persone. Nell’inverno sono state privilegiate le località sciistiche dove si è data la possibilità agli sciatori di frequentare le piste di discesa, ma anche ai ciaspolatori e ai camminatori di frequentare sentieri o piste battute con soddisfazione dei vari gruppi. Nella primavera-estate le escursioni, al solito, hanno avuto come meta varie località fra Trentino e Alto Adige, in Valcamonica e nelle Orobiche, negli Appennini e al mare. Com’è noto, la particolarità del nostro Gruppo è stata quella di decidere di volta in volta la meta delle escursioni guidate dal sottoscritto. Tuttavia da quest’anno si è costituito nell’ambito del gruppo un comitato di volenterosi e esperti soci che collaborano col sottoscritto sia nell’identificazione delle mete sia nella conduzione del gruppo nell’escursione. Ma l’attività sicuramente più importante del 2008 è stata quella di ricordare in un libro il ventennio di attività del GPE. L’idea è nata a metà del 2008 e portata a termine, dopo un’incessante e laboriosa raccolta di documentazioni, fotografie e quant’altro, nel febbraio di quest’anno a cura di Giulio Franceschini con le ricerche d’archivio di Dino Pedretti e la cronistoria delle escursioni di Ida Esposito. Il libro è stato felicemente presentato, come molti di voi sapranno, dal nostro Presidente e dall’autore, il 28 marzo scorso. Sono intervenuti alla presentazione il Presidente della Commissione Lombarda Seniores Dino Mercandelli, il Presidente del CAI Lombardo Guido Bellesini, il Segretario della Commissione Regionale Aurelio Vascelli e l’On. Paolo Corsini, già Sindaco di Brescia all’epoca del 14° Raduno Seniores tenutosi in città il 23 maggio 2007 e illustrato nelle pagine finali del libro. Un folto pubblico (oltre trecento persone) formato da vecchi e nuovi escursionisti con amici e famigliari ha applaudito questa pregevole iniziativa del GPE. Hanno collaborato alla stesura del libro anche i gruppi del mercoledì e del martedì fornendo fotografie e documenti, così che il libro “Il GPE Vent’anni di storia”, che qui vi presento, costituisce una completa e ricca documentazione dell’intero GPE. SCUOLA DI ALPINISMO E SCIALPINISMO “ADAMELLO – T. CORBELLINI” Relatore: Renato Veronesi (Direttore Scuola) Cari soci e socie della Sezione di Brescia del Club Alpino Italiano e delle sue sottosezioni, mi risulta sempre difficile stendere la relazione annuale dell’attività della nostra scuola principalmente perché “scrivere” ciò che “si è fatto” mette nella situazione di dimenticare qualcosa che invece, vista la specificità volontaristica della nostra associazione, ha richiesto tempo e impegno a qualcuno; pertanto chiedo scusa fin da adesso per quello che probabilmente trascurerò di riportare. Nel 2008 la Scuola di Alpinismo e Scialpinismo “Adamello - T. Corbellini” ha svolto un’attività didattica di tutto rispetto ma per dare un’idea tangibile riporto schematicamente qualche dato: Totale Istruttori in organico 59 di cui: Piero Lugana, socio cinquantennale Renato Papetti, socio cinquantennale Irma Sugari Ferretti, socio cinquantennale disposizione ed anche grazie al suo apporto, pur in presenza di parecchie difficoltà, il rifugio è stato aperto e funzionante per tutta la stagione. Non posso pertanto non ricordare e ringraziare Angela, Franco, Franca, Gianni, Giovanni, Mario, Pietro, Romina, Silvia per la disponibilità e l’ottimo lavoro svolto. Grazie alla disponibilità in Sede il gruppo si è riunito il 3° venerdì di ogni settimana per una serata insieme per parlare di montagna o visionare filmati registrati dai nostri iscritti. Infine abbiamo collaborato con gli amici del giovedì per la stesura del libro dei primi vent’anni del GPE, recentemente pubblicato. Il nostro è un gruppo in continua crescita e spiace partire per un’escursione con il pullman completo e una lista di attesa ancora lunga. Istruttori Nazionali 8 Istruttori Regionali 16 Istruttori Sezionali 41 Emerito 1 Totale Corsi svolti 7 (SA1 - SA2 - AR1 (2 sessioni) - AG1 - A1 - AL1) Totale Uscite pratiche 52 Totale giorni uomo dedicati alle uscite pratiche 279 Totale indicativo delle ore di lezione erogate 2.310 Totale Allievi (buona parte di essi sono nuovi soci) 95 Relativamente agli Istruttori ricordo con piacere che nel 2008: Tiziano Osio e Roberto Boniotti hanno conseguito il titolo di Istruttore Nazionale di Scialpinismo; Michele Rocchi e Milva Ottelli hanno Adamello 105 – pag. 11 Vita associativa conseguito il titolo di Istruttore di Arrampicata Libera; Giovanni Peroni ha conseguito il titolo di Istruttore di Scialpinismo. A loro vanno i complimenti per il riconoscimento della competenza tecnica maturata e per la disponibilità e l’impegno che continuano a dare alla scuola. Francesca Gorini e Carlo Maiorani sono entrati a far parte dell’organico come istruttori sezionali per il corso di Arrampicata libera e Ivan Regosa per quelli di Scialpinismo. Una nota particolare deve essere fatta proprio per la formazione di queste persone che hanno partecipato, insieme ad altre 9 (7 delle quali hanno terminato nei primi mesi del 2009), ad un vero e proprio “Corso di formazione” che è stato organizzato e coordinato magistralmente da Riccardo Dall’Ara per la parte Alpinistica e da Roberto Boniotti per quella Scialpinistica. Le difficoltà incontrate sono state tante ma egregiamente Guido Leali, socio cinquantennale Mariadele Papetti, socio cinquantennale pag. 12 – Adamello 105 superate anche grazie alla buona volontà dei 10 Istruttori particolarmente qualificati che hanno collaborato nei vari moduli (4 per la parte roccia, 2 per il ghiaccio, 2 per lo scialpinismo e 2 per l’arrampicata libera). Descrivo ora sommariamente il dettaglio individuale di ogni corso: Corso di Scialpinismo base - SA1 Direttore ISA Francesco Giugno Istruttori coinvolti 5 Allievi 16 Località frequentate: Orobie, Cima Trenta in Val d’Ultimo, Cima della Manzina (Gruppo Ortles-Cevedale). Corso di Scialpinismo avanzato - SA2 Direttore INSA Danilo Braghini Istruttori coinvolti 4 Allievi 7 Località frequentate: Piz Torena, Monte Frerone, Ghiacciaio del Pisgana, Passo Spluga, Passo Sempione. Corso Roccia - AR1 Direttore IA Rolando Zorzi Istruttori coinvolti 11 Allievi 17 Località frequentate: Virle, Mazzano, Monticolo (Darfo), Gruppo CivettaMoiazza, Passo Sella. Corso Roccia - AR1 (Estivo) Direttore IA Valter Bontempi Istruttori coinvolti 8 Allievi 9 Località frequentate: Virle, Cadini di Misurina, Valmasino. Nota: questo corso è stato caratterizzato da un bivacco imprevisto per 2 cordate con conseguente allerta del Soccorso Alpino effettuata a solo scopo precauzionale. Corso Ghiaccio - AG1 Direttore IA Riccardo Dall’Ara Istruttori coinvolti 4 Allievi 6 Località frequentate: Rifugio Marco e Rosa (Gruppo del Bernina) Salite: Piz Argent, Pia Zupò, Monte Bellavista e Piz Bernina. Corso di Alpinismo - A1 Direttore IA Mauro Torri Istruttori coinvolti 14 Allievi 22 Località frequentate: Gruppo OrtlesCevedale, Orobie (Piz Redorta), Gruppo del Disgrazia. Corso di Arrampicata Libera - AL1 Direttore INAL Ivan Maghella Istruttori coinvolti 9 Allievi 16 Località frequentate: Stallavena (VR), Mazzano, Arco, Lumignano, Finale Ligure. Si sono svolti i consueti aggiornamenti degli istruttori relativi ad ogni corso e anche due aggiornamenti rivolti a tutti gli istruttori della scuola, questi ultimi erano relativi agli ARVA digitali a tre antenne e alle tecniche di ricerca del travolto da valanga. Il bilancio della scuola è ampiamente in attivo perché, a fronte del periodo economico poco favorevole in cui si trova la sezione, anche nel 2008 non abbiamo acquistato nuovi materiali. Colgo l’occasione per ricordare che la Scuola, come tutte le attività della sezione, è aperta a tutti coloro che, dimostrate le capacità tecniche individuali, siano disponibili a seguire una specifica formazione e, una volta raggiunto un idoneo grado di preparazione tecnico/didattica, abbiano voglia di impegnarsi per insegnare ad altri le tecniche per frequentare la montagna in ragionevole sicurezza e con la passione che contraddistingue i soci e trasmettere ad altri la passione per le attività alpinistiche. Segnalo anche che nel corso del 2008 la Scuola si è prestata volentieri per una collaborazione richiesta dalla Sottosezione di Provaglio d’Iseo che si è concretizzata con alcune serate di carattere culturale e didattico. Questa esperienza, attualmente in evoluzione, lascia intravedere un possibile ambito di collaborazione anche con altre sottosezioni e siamo ovviamente disponibili per valutare eventuali richieste in tal senso. Sono grato a tutti gli Istruttori per quello che insieme siamo riusciti a fare e in particolar modo a quelli che, oltre alle attività “normali”, hanno partecipato più intensamente alla vita organizzativa della Scuola dedicando il loro tempo alle riunioni della Commissione Tecnica e dei gruppi di lavoro o svolgendo il ruolo di direttore di un corso. Ringrazio Paola e Claudia della segreteria per la collaborazione. Un ulteriore ringraziamento personale esprimo a Riccardo Dall’Ara, che è stato al mio fianco come Vicedirettore, e a Eros Pedrini, segretario, per l’esemplare impegno profuso nella scuola e più in generale nella Sezione. Il primo infatti è anche impegnato nel Consiglio Direttivo ed il secondo è il responsabile della Biblioteca; entrambi sono un ottimo esempio di dedizione, disponibilità e serietà. Mi piacerebbe che altri istruttori, soprattutto quelli più giovani, potessero seguire il loro esempio. Concludo questa relazione porgendo a tutti i miei più cordiali saluti. SCUOLA NAZIONALE SCI FONDO-ESCURSIONISMO Relatore: Massimo Gorni (Direttore) Tanta neve è scesa ad imbiancare il 37° corso di sci fondo escursionismo. Tanta quante le attività messe in calendario. Abbiamo iniziato ad ottobre con l’ultima novità: la preparazione presciistica con gite in Nordic Walking con Vita associativa l’ausilio dei bastoncini forniti dalla scuola. Il desiderio di mantenere l’allenamento estivo, la possibilità di far conoscere una nuova disciplina molto simile nei movimenti allo sci di fondo, la voglia di far riscoprire i colori accesi dell’autunno, ci ha spinto ad organizzare alcune uscite che, per quest’anno, si sono svolte nelle seguenti località: Santa Maria del Giogo, Montisola, Monte Fieno e Monte Maddalena. Rilevato il successo ottenuto, pensiamo di riproporlo anche per la prossima stagione. Il 6 novembre abbiamo iniziato il corso con circa 60 allievi. Sono stati coordinati dai nostri istruttori, sempre pronti a dedicarsi con passione al loro compito. Abbiamo iniziato con le uscite di presciistica sulle colline di Brescia e con la gara di orientamento, muniti di carta e bussola, terminata con una maxi grigliata presso la casa degli Alpini di Binzago. La preparazione teorica si è tenuta presso la sede con lezioni serali di sciolinatura di base e di perfezionamento, primo soccorso, attrezzatura, topografia ed orientamento. Sulla neve gli allievi sono stati suddivisi in piccoli gruppi in base alle loro capacità per un maggiore grado di apprendimento. Come ormai sapete abbiamo allievi tra gli 8 e gli 80 anni e quindi la formazione dei gruppi è molto importante. Le prime tre lezioni giornaliere, sulla neve, si sono tenute a Madonna di Campiglio, Passo Coe e Lavazè. Tutte le uscite sono state effettuate con pullman da 75 posti. A seguire, il week-end del 20 e 21 dicembre che si è svolto, come di consueto, a Dobbiaco con quasi 100 presenze e due pullman per il trasporto. L’uscita, ormai collaudata, comprende due lezioni sulla neve, un pomeriggio all’Acquafan tra giochi d’acqua ed idromassaggi e la cena in stile tirolese. Divertimento e maglietta ricordo compresi. Come ormai d’abitudine, al termine della sessione formativa, abbiamo distribuito il questionario per rilevare il grado di soddisfazione. Il risultato è stato, anche quest’anno, positivo e quindi ci incoraggia a proseguire nel lavoro che costantemente e con impegno viene svolto da tutti gli istruttori. All’iscrizione proponiamo prezzi agevolati a bambini, ragazzi, gruppi studenteschi e nuclei familiari, questo al fine di avvicinare famiglie e nuovi giovani al nostro sodalizio. Le gite sciistiche, coordinate da Anna Morandi, sono state organizzate a Passo Coe, Forte Cherle, San Pellegrino, Campiglio e a chiusura della stagione, ultima gita in Val d’Aosta. La settimana bianca è stata organizzata a Monguelfo in Alto Adige. Anna Morandi e Mauro Zanoni hanno coordinato le escursioni nelle valli della Pusteria proponendo ogni giorno piste ed itinerari diversi per soddisfare le differenti richieste dei gitanti. Abbiamo organizzato anche un corso di solo escursionismo da febbraio a marzo per una decina di appassionati che, malgrado il tempo non sia stato sempre clemente, sono riusciti a portare a termine con soddisfazione la loro attività. Lo sci club, rinato ormai da qualche anno, è diventato maggiorenne ed autonomo e quindi sarà il suo responsabile Scalvini ad aggiornarvi su quanto è stato fatto. Infine, novità anche nella direzione della scuola con l’inserimento di alcuni giovani. In particolare la direzione della scuola è rimasta a Massimo Gorni, ma la direzione del corso tradizionale e del corso di escursionismo è stata affidata a Simone Zanoni, coadiuvato da Mauro Morandi. Per concludere, non mi resta che rilanciare il solito invito: Vi aspetto a ottobre per una nuova stagione. SCI CAI BRESCIA Relatore: Francesco Scalvini (Presidente Sci Club) In collaborazione con la Scuola di Sci di Fondo escursionistico Adamello, anche nella stagione 2008/09 abbiamo partecipato alle varie gare di Sci Nordico con i nostri ragazzi organizzate dalla Federazione Italiana Sport Invernali – Comitato Alpi Centrali. Il nostro Sci Club è uno dei pochi in provincia di Brescia a gareggiare con atleti che passano poi nel giro della Nazionale di Sci di Fondo nelle varie categorie, portando il nome del CAI Brescia anche al di fuori dei circuiti provinciali. Altri nostri atleti hanno gareggiato alle varie Gran Fondo Nazionali ed Internazionali. Il nostro obiettivo è quello di promuovere sempre di più la nostra disciplina attirando il maggior numero possibile di ragazzi. COMMISSIONE SENTIERI Relatore: Giorgio Sandonà Cominciamo con il “comitato di coordinamento delle sezioni CAI della provincia di Brescia”, operativo, come sapete, dalla fine del 2006, al fine di creare un coordinamento fra tutte le sezioni e le sottosezioni della nostra provincia. Sono state sviluppate ed affrontate nel corso dell’anno 2008 alcune importanti tematiche, prettamente di carattere gestionale, ma che presto troveranno un’applicazione pratica sul nostro territorio. Di seguito elenchiamo le principali attività che ci hanno visti impegnati. Catasto sentieri: si è operato nell’ottica di realizzare un catasto sentieri e, soprattutto, di formulare una numera- Vitaliano Cerutti, socio sessantennale Rosanna Cita Avanzini, socio settantennale zione univoca che risponda agli standard del CAI centrale che, come noto, prevede un numero identificativo che definisce, nell’ambito provinciale, l’area di appartenenza del sentiero. Tutti gli interventi che, d’ora in poi, verranno effettuati sul territorio provinciale terranno ovviamente conto di questo nuovo assetto. Per vostra informazione, i sentieri che riguardano la zona di Brescia avranno il numero 9. Gestione informatica sentieristica: a seguito della creazione del catasto, si è reso necessario uno strumento informatico utile per una sua gestione più efficace e razionale. Tramite il software “sentieri GIS” nato in collaborazione con l’Università di Brescia, è possibile archiviare in un database gli interventi di manutenzione effettuati aggiornando quindi continuamente la situazione della nostra sentieristica. Gestione finanziamenti della provincia: la lunga discussione riguardante Adamello 105 – pag. 13 Vita associativa i parametri da utilizzare per la suddivisione dei fondi erogati dalla provincia, ha portato alla creazione di un documento riepilogativo che riassume i lavori effettuati dalle sezioni sui diversi sentieri. I fondi erogati dalla provincia per l’anno 2007 sono già stati suddivisi fra le aree secondo questo nuovo criterio. Anche l’attività della commissione sentieri della nostra sezione che, come sappiamo, opera nella commissione pianura e sebino è stata quest’anno molto intensa e si è mossa su diversi fronti. Molto brevemente riferiamo, per quanto riguarda la nostra sezione, l’attività che ci ha visti prevalentemente impegnati: “Sentiero della Franciacorta”: un bell’itinerario di circa 50 km, da effettuarsi preferibilmente in due giorni che, partendo dal Santuario della Stella sopra Gussago, percorre i luoghi più suggestivi della Franciacorta e termina a Palazzolo. L’itinerario, già realizzato nel corso del 2007, è stato completato con alcuni interventi di sistemazione del sentiero e con l’apposizione degli ultimi segnavia mancanti. “Sentiero della Morene del Sebino”: altro bel sentiero di circa 30 km, che collega Provaglio d’Iseo a Clusane attraversando i tratti più suggestivi delle colline a Sud del Lago d’Iseo. Anche qui si è concluso il lavoro già intrapreso nel corso del 2007, con la sistemazione del tratto del Monte Alto, nelle vicinanze di Adro, che mancava sul percorso. “Sentiero verde del Mella”: un percorso di circa 30 km che congiunge Urago Mella a Manerbio rimanendo sempre sugli argini del fiume. Il sentiero è stato creato ex novo sfruttando cammi- namenti e carrarecce esistenti ed è stato interamente segnato con gli standard CAI risultando ora facilmente fruibile. “Strada verde dell’Oglio”: un percorso che si sviluppa quasi esclusivamente lungo il fiume Oglio e lungo alcune delle sue rogge (dette anche seriole) in ambiente, ovviamente, fluviale e di pianura. Utilizza principalmente strade campestri e sentieri, salvo che nell’attraversamento dei paesi. Il sentiero è stato realizzato in collaborazione con il Parco dell’Oglio che ha erogato un apposito finanziamento. Ha visto impegnate le sezioni di Brescia, Palazzolo e Chiari nelle fasi di identificazione e successivamente di segnalazione del percorso… Concludendo, desidero innanzitutto porgere un sentito ringraziamento a tutti i soci che, con grande dedizione, si sono fattivamente impegnati nelle attività della commissione. Anche per lo scorso anno i fronti di impegno sono stati molteplici, sia per quanto riguarda la parte più gestionale (ossia il comitato di coordinamento), sia per quanto riguarda quella più prettamente operativa di sistemazione e segnalazione sentieri. In secondo luogo vorrei ricordare che sul sito della nostra sezione alla voce “sentieri” sono presenti accurate descrizioni dei sopraccitati percorsi ed altri, corredate anche di numerose fotografie riguardanti storia e curiosità dei nostri sentieri. BIBLIOTECA CLAUDIO CHIAUDANO Relatore: Eros Pedrini Dal momento della nostra relazione sullo stato della biblioteca fatta un anno fa ad ora, qualche novità in biblioteca c’è stata. Intanto la biblioteca porta ora il nome di un amico: la sera dell’intitola- zione a Claudio eravamo in tanti e per tutti è stata una occasione molto sentita e importante. Siamo davvero felici di aver saputo interpretare al meglio, con quella scelta, il sentimento di tutti. Le altre novità, e ce ne sono, cerco di sintetizzarle nel tempo, che intendo rispettare, dei tre minuti a disposizione per i nostri interventi. Vado con le cifre. – Sono 5-6 i soci che, in vario modo, si alternano nell’apertura - prestito per la biblioteca; – dai 700 volumi circa catalogati un anno fa siamo passati ora a più di 1.300; – nei soli primi 3 mesi del 2009 abbiamo avuto 14 nuovi iscritti al prestito, su un totale di 58; – nei 9 mesi di funzionamento del 2008 abbiamo effettuato circa 80 prestiti: nei soli primi 3 mesi di quest’anno siamo già arrivati a più di 50; – da alcuni mesi non sto quasi mai catalogando libri facenti parte della “vecchia” dotazione della biblioteca. Detto fra noi, questo è proprio un gran buon segno, perché significa che prosegue il processo di arricchimento grazie alle numerose donazioni e, in parte, anche grazie a qualche nuovo acquisto. Più di 80 i volumi arrivati a seguito di donazioni nei primi mesi di quest’anno e più di 20 gli acquisti, ci auguriamo che le cifre alla fine dell’anno continuino a segnare una progressione che rispetti queste proporzioni. A questo punto non mi resta che ringraziare tutti i collaboratori che prestano la loro opera per un servizio importante, e indubbiamente tutti i soci che in vario modo dimostrano il loro interesse e la loro generosità. A tutti vada il nostro abbraccio e l’invito a curiosare tra i nostri scaffali. Il Consiglio Direttivo 2009-2011 è così composto: PRESIDENTE: Carpani Glisenti Guido VICE PRESIDENTI: Fasser Carlo, Bonardi Carlo CONSIGLIERI: Apostoli Chiara, Borzi Pietro, Chiaudano Marco, Cristini Giancarlo, Dall’Ara Riccardo, Fasser Giacomo, Franchini Alberto, Gilberti Matteo, Lombardi Marco, Martinazzi Silvia, Mazzocchi Luigi, Ottelli Milva, Verdina Giancarlo, Veronesi Renato REVISORI DEI CONTI: Gasparini Ferruccio, Miglioli Donatella, Toffa Emanuele Alla fine dell’assemblea sono stati premiati i Soci VENTICINQUENNALI: Baroni Carlo, Bellandi Giovanna, Bello Lorenzo, Bertelli Guerino, Boniotti Roberto, Bottarelli Guido, Braghini Elisa, Busseni Giovanni, Caprettini Fabio, Cartella Livio, Castelli Andrea, Ferlenghi Anna, Ferrari Duilio, Ferrari Patrizia, Forlani Carla, Francinelli Cinzia, Francinelli Roberto, Letti Colomba, Migliorati Claudio, Pesci Giordano, Pinzi Bruna Carla, Plebani Giancarlo, Salvi Emanuela, Scarlatti Massimo, Senini Francesco, Serra Pietro, Tonolini Enzo, Zaccone Chiara, Zatti Margherita, Zoni Maria Concetta CINQUANTENNALI: Baronio Fausto, Leali Guido, Lugana Piero, Massardi Anna Maria, Mazzola Alberto, Papetti Mariadele, Papetti Renato, Saiani Angelo, Sugari Ferretti Irma SESSANTENNALI: Cerutti Vitaliano SETTANTENNALI: Avanzini Cita Rosanna pag. 14 – Adamello 105 Storia La Maddalena dei tempi che furono di Aldo Giacomini Da sx: Claudia Bagordo, Antonio Lipreri, Gregorio Bagordo, Stefano Giacomini, Aldo Giacomini (istruttore), Paolo Lipreri, Fabrizio Buscema, Guido Bernardelli L’ emblematica fotografia scattata verso la fine degli anni ’70 del secolo scorso ritrae un gruppo di giovani fondisti con un istruttore della Scuola di Sci Fondo Escursionistico della Sezione del C.A.I. di Brescia, nei pressi della ex Cascina Bianchini (poi Casotti e ora Zani) sulla strada che dalla Maddalena scende a Muratello di Nave. Erano i tempi delle belle nevicate che, fin verso il 1995, permettevano divertenti sciate. Purtroppo non furono tanto le conseguenze dell’effetto serra quanto piuttosto le prime auto fuoristrada e i primi motocross a rovinare su quel tratto le pacifiche piste di fondo di andata e ritorno ai bordi strada. I loro piloti si dilettavano a sconvolgere il manto nevoso per bearsi delle impronte lasciate dai loro mezzi, anche se al centro strada c’erano già i solchi tracciati dai più diligenti e rispettosi. Guai lasciare ai lati qualche tratto vergine! Proprio come fanno oggi taluni motoslittisti sulle più elevate distese nevose delle nostre valli, dove anche il più piccolo spazio ancora incontaminato deve essere assolutamente violato. Ora tornano alla mente anche le pur spartane ma inebrianti piste di discesa sui prati della Maddalena e delle Cavrelle: per goderle, sia prima che dopo l’infausta guerra 1940-45, si saliva a piedi dalla città, per lo più con gli sci in spalla, dato che le pelli di foca erano ancora di là da venire. Solo alcuni escogitavano rudimentali sistemi per calzarli anche in salita: chi applicava le famose lame “Bilgheri”, adottate nella Guerra Bianca in Adamello nel 1918, e chi invece suppliva con la cordicella attaccata agli sci. In pochi avevano gli scarponi con suola Vibram, gli altri avevano quelli comunemente chiodati, magari militari. Si sfoggiavano fascette paraorecchie con le scritte più di grido e le manopole di pelle di coniglio rivoltata. Molto comune era “el pa’ e mortadèla, la pansèta e el lard, strachì, nuss, mandole, galète e fich sèc e ‘na mèsa boracia dei soldacc fodrada grigioverde con vì mesiat de söcher e limù per pudì slongal co la nef”. L’ospitalità del rustico Rifugio Maddalena era offerta solo durante la stagione del pascolo alternativamente dai mandriani e da appassionati roncari a mo’ di ‘licinsì’, i quali mescevano in ciotole solo vino, gassosa, grappa e caffé d’orzo. Per alcuni anni nel dopoguerra succedette loro una coppia di anziani e impacciati altoatesini e, solo dopo la radicale ristrutturazione del caseggiato e l’avvento della strada carrozzabile e della funivia, divenne un rinomato ristorante-albergo nel quale, nella parte rimasta rustica, anche il C.A.I. Brescia possedeva una stanza (non si sa per quale motivo di lascito, ma comunque citato nel catasto della proprietà). Dagli anni ’80, per tacito arbitrio, tale stanza divenne, come tutt’ora, base di cacciatori e deposito di gabbie di uccelli da richiamo, pur nel deprecabile stato di abbandono del sito in seguito alla cessazione alberghiera. Ma torniamo alla nostra giornata sulla neve! Oltre alle piste battute con gli sci delle spericolate discese sui prati della Maddalena venivano tracciati ampi tornanti per la risalita, per evitare di risalire a scaletta o a lisca di pesce. Altrettanto succedeva alle Cavrelle dove le piste di discesa partivano dal cucuzzolo dove ora sorge la chiesetta di Santa Maria Maddalena. Quelle piste, pur inizialmente ripide, si addolcivano nella vasta distesa dove ora c’è il grande parcheggio auto. Sci in spalla per il ritorno in città prima del buio! I più pro- vetti azzardavano traversoni sciabili anche nel bosco che il pascolo estivo delle antiche malghe manteneva pulito. Oltre alle piste della Maddalena e delle Cavrelle c’era la Bianchini sul versante di Nave, la Paneghete su Mompiano, la Margherita (etimologicamente ‘Malga Rita’) su Costalunga e S. Gottardo, il Buren sui Ronchi e la Romet (da romitaggio) sulla Val CarobbioSant’Eufemia. Ad ogni inverno erano tanti i soliti amici a ritrovarsi. Qual è lo sciatore cittadino che non è tornato lassù nell’immediato dopoguerra? Alcuni, purtroppo, solo nella memoria degli amici che nel Crocifisso inaugurato nel 1948 dal Gruppo Maddalena (presso il Ristoro Grillo sorto nel 1956) furono mestamente ricordati, indistintamente, qualunque fosse stata la causa della loro morte: chi sui vari fronti di guerra, chi nella Resistenza, chi prigioniero o deportato dai nazisti e chi, magari per costrizione, nella Repubblica fascista. Nel ringraziare l’ex allievo Paolo Lipreri per avermi fornito questa eccezionale fotografia ben conservata, chiedo scusa ai lettori per essermi dilungato nel presentarla, raccontando quei particolari delle vicende e storie bresciane che ritengo sia gradito conoscere, come quella gara di sci di fondo organizzata negli anni ’50 dalla società Ugolini con il C.A.I. e la risorta U.O.E.I. lungo piazzali, strade e vialetti sul Colle Cidneo del nostro Castello. In quegli anni si andava, con la corriera o con i camion attrezzati con panchine nel cassone coperto dal telone, in Vaghezza e Pontogna, a Collio-San Colombano-Maniva dove, a pagamento, c’erano i portatori di sci. Ricordando gli amici, saluto l’ex allievo Guglielmo Benzoni, che non appare nella foto essendone lui l’autore. Adamello 105 – pag. 15 Storia Anno 1899...un artista al Rifugio del Baitone di Silvio Apostoli Arnaldo Soldini M i piace sfogliare le pagine ingiallite di vecchi documenti e libri quelli che hanno fatto la storia di un passato. Vi leggo notizie varie, strane curiosità, modo di vivere, decisioni importanti e banali; il che ti fa sorridere e capire quel mondo ordinato di un tempo dove primeggiava il piacere di scrivere per lasciare ai posteri dei ricordi tangibili. Rifugio Baitone, quota 2437. Il primo libro dei visitatori copre il periodo dal 1891 al 1915. Sulle sue pagine si scrivono fatti, vicende, commenti i più diversi. Tutti beneficiano dell’ospitalità che può offrire quella capanna, dove tutto è semplice, frugale, l’essenziale per vivere. Qui si trova pace e serenità. Lo sanno bene i frequentatori del rifugio da poco costruito nel 1891. Sono guide, alpinisti, escursionisti attratti da quella cerchia di cime che fanno corona alla conca del Baitone, con la capanna al centro. Nei primi mesi del 1899, al rifugio Baitone arriva uno strano personaggio. Il suo nome: Soldini (Carlo) Arnaldo (1862-1936 ). Arriva dalla città ed ha 37 anni. Non ha ambizioni alpinistiche. Scalare le montagne non è proprio il suo ideale, ma allora cosa lo spinge lassù? È solo attratto, estasiato dalla natura alpina in alta quota, essendo reduce da una prima esperienza di pittore paesaggista trascorsa fra i prati delle valli bresciane, fra i cascinali della valle Trompia e lungo gli argini dei torrenti che lambiscono la città. Sale alla montagna per cercare nuovi colori e ritrarre gli angoli più belli che il paesaggio alpestre può offrire, dove l’aria è più fresca e più diafana ancora che sui prati e nei boschi prediletti del suo inizio. Arriva al rifugio col suo bagaglio: il cavalletto, le tele da dipingere, i pennelli, le tavolozze, i colori. Le cime, i laghetti montani, gli angoli più belli della conca del Baitone saranno la sua palestra. Il rifugio la sua dimora ed anche il suo atelier. Ma vivere nel rifugio non è facile. Se ne accorge il nostro artista che prende alloggio in quella capanna da poco costruita e che i suoi amici alpinisti della città gli hanno suggerito come il luogo ove la natura può soddisfare le sue ambizioni d’artista. Arnaldo Soldini, durante certe giornate di maltempo al rifugio, costretto a riposo, non perde tempo e scrive, scrive sul libro del rifugio le sue impressioni, le sue delusioni, quel suo lavoro che procede a stento in attesa di quel sole che non arriva, poi quel vento incessante che non lo lascia dipingere, la neve che lo obbliga ad un riposo forzato, un poco prigioniero della natura ostile. E poi quella solitudine, a volte interrotta da quei pochi alpinisti, inattesi, curiosi di conoscere quello strano personaggio che lavora di pennello, con le sue tele, a volte solo con la sua arte della quale è innamorato… Rimarrà al rifugio per quattro stagioni, fino al novembre del 1901. Qualche assenza per andare in fondovalle per le provviste, aiutato dal suo “famei” che gli fa compagnia e lo aiuta nelle faccende quotidiane al rifugio. Il tempo non gli manca e sul primo libro del rifugio Baitone, quello dei visitatori, scrive il suo diario. Non sono parole forzate. Nascono dal cuore d’un artista solitario. Meglio non commentare e leggere quanto lascia scritto pag. 16 – Adamello 105 sulle pagine ammuffite del suo diario per comprendere questo personaggio, vocato alla tavolozza, traslocato al rifugio del Baitone, amante d’alpine solitudini selvagge. Dal primo libro del Rifugio Baitone – dal 1891 al 1919 pagina 32 - 10 maggio 1899 Partiti da Rino alle 11,1\2, con tempo incertissimo, alla Valleaverta (?) abbiamo incominciato ad attraversare una grandiosa valanga; al Porciletto troviamo neve piuttosto molle e senza interruzione faticosamente la calchiamo fino al Rifugio ove giungiamo alle 18. Un buon fuoco, un’ eccellente minestra al brodo di manzo (maschio o femmina non garantisco) ci confortò il corpo, chè lo spirito fu sempre allegro. Il tempo continuava ad essere incerto se non minaccioso. Il mattino ci alzammo alle 4 e il vento della notte ci preparò la sorpresa d’una splendida serenata. Alle 6 ci avviamo verso Rino ed io sottoscritto spero ritornare, in questi luoghi stupendi, verso la metà di giugno; munito di colori, cibarie e… lena, per passarvi non meno di due mesi, nella dolce lusinga che con l’arte, che adoro, mi sarà dato rubare almeno una centesima parte di queste bellezze. Il merito sarà in gran parte (in ogni caso) del cortese Club che generosamente mi ospita nel suo Rifugio, e che io non posso fare a meno di ringraziarlo in questo momento in cui mi fu dato visitarlo colla guida Pasquale Cauzzi, col portatore Pietro e figlio suo Adamo. pagina 33 e 34 - venerdì 9 giugno 1899 Doveva partire dal Rino alle 3 del mattino con il mio piccolo famiglio Giacomino Canossi di Lozio e il Segrista di Rino trasformato, per l’occasione, in mulattiere ma siccome l’asino del detto Sagrista era stanco (per le fatiche del giorno prima) non si potè partire che alle 10! Io e il mio piccolo giungemmo al Rifugio alle 16 e 1/2 carichi ambedue di circa 9 chili di roba di prima necessità; e fu una vera precauzione, poiché il Segrista giunse il mattino dopo alle 10 e mezza, portando a spalle (sbuffando come un mantice) un telaio, due chili di formaggio e venti uova, chili 6 circa… d’un quintale e più di roba che aveva in consegna… Ah… sac… d’un sacrista! Dicono che sai suonare, bene o male, le campane… ma questa volta il suonato sono io! Tutta la mia roba me la lasciò alla malga Baitone e non ci fu verso di convincerlo a farmela avere (almeno entro la settimana) al Rifugio. Notisi che di neve non si aveva che d’attraversarne una decina di metri, sulla sponda nord del lago Baitone. La sera ci calammo io, il mio piccolo, l’asino e il sacrista, a Rino, non senza prima aver fatto un viaggetto di andata e ritorno dal rifugio alla malga Baitone per portare almeno al sicuro gli oggetti più di valore (colori e fondo di cassa). Giunsi al mio alloggio (casa del Parrroco) veramente stanco e arrabbiato. Al lunedì 12, dopo aver combinate un po’ meglio le mie faccende, rifeci la salita col portatore Cauzzi, il sig. Canossi Angelo, Segratario di Lozio; (padre di nove figli, primo dei quali il mio famiglio Giacomino d’anni 13) fortissimo alpinista al quale gentilmente caricai 15 chili di roba, tanto per provare la sua forza. I miei ottanta chili circa di robe, che mi resta- Rustici in Val Trompia Olio su tela vano di trasportare dalla malga Baitone al Rifugio, li trovai tutti alla porta di detto Rifugio, mercè la volontà e capacità del mandriano del Baitone (detto Gnaro di Sonico) con sole lire 3,00, dico tre (e dire che il Sacrista per impiantarmela alla malga Baitone parlava di lire 30! dopo essersi offerto per lire 8 e che, per riconoscenza, non volli passare che di 50 cent. e 1 litro di vino). Basta… ora sono a posto, contento sebbene stanco… stanchissimo. Il Signor Canossi non è ancora stanco ed imprende una radicale pulizia del Rifugio, trasportando al di fuori tutto il pattume che trovavasi sotto il pancone (uso letto). Saranno stati due quintali di roba (compresi i vivai delle pulci non ancora nate per fortuna). Al mattino dopo, il sig. Angelo se ne parte e ci lascia soli, io e il piccolo. La giornata del 13 la impiegammo tutta a mettere in assetto, (relativamente al locale) le mie provviste e terminare la pulizia e l’abbellimento del Rifugio. Alle 14 provvista di legna (più o meno secca) e principiamo la costruzione del giardinetto con gran trasporto di terra, di toppe e di rododendri. Al ripostiglio della legna, sotto il letto, crediamo bene sostituirne uno dietro la parete a NE della cucina, coperto d’assi e sostenuto da sassi, trasportati faticosamente (per mancanza di leve o utensili adatti) con grande spelamento delle mani. Non tralascerò di notare che, in queste tre giornate, il tempo fu variabilissimo, nebbia, sole, neve gelata, vento e freddo a 3 gradi (minimo interno capanna). Ad ogni modo presi possesso, ben volentieri e con grande riconoscenza, di questo forte, se non spazioso, Rifugio; e sarà mia premura (ché nel farlo tanto io che il mio buono Giacomino vi troviamo piacere) fare quelle piccole migliorie che le nostre deboli forze e piccoli mezzi ci permetteranno; se non altro per atto di riconoscenza verso il Club Alpino che con sua lettera (del 26 aprile 1899 del Pres. Glissenti) mi dava l’ospitalità per tutto il 99. Ma temo che prima del 31 dicembre me ne sarò tornato al basso, carico di dipinti non del tutto indegni (mi si perdoni la presunzione) della magnifica conca del Baitone, se la lena, la salute e il tempo mi vorranno essere benevoli. pagina 39 - 12 Settembre 1899 Mi trovo ancora qui e nutrivo la speranza che il tempo splendido dei giorni scorsi continuasse almeno fino ai 25 del mese; ma invece siamo piombati, in una notte, in pieno inverno. Questa mattina trovammo all’uscio trenta cent. di neve e tutto il giorno continuò un vento impetuosissimo, con il term.tro a zero e non mi resta che coricarmi a letto, sebbene siano appena le 19. Speriamo che la neve non ci precluda la via del ritorno. pagina 39 - 18 Settembre 1899 Dopo la seconda nevicata di ieri mi risolvo ad abbandonare, a malincuore, il Rifugio dopo 97 giornate di permanenza; felice se potrò tornarvi l’anno venturo e passarne altrettante. pagina 40 - 11 giugno 1900 Arrivato al Rifugio Baitone alle ore 13 con tempo splendido, poca neve, trovai nel termometro minimo 18 sotto zero massimo 15 sopra zero centigradi. pagina 42 - 27 agosto 1900 Parto scacciato dal tempo indiavolato che da 15 giorni mi fa ammattire. Ritornerò l’anno venturo. pagina 44 - 14-19 giugno 1901 Termometro quest’inverno arrivò al minimo di 23 1\2 sotto zero. Arrivai il 14 con il tempo minaccioso che si fece orribile. Il bravo e forte mio portatore (non patentato) Domenico Branchi col famiglio Giovanni Bornatici, detto Meneghet, arrivò appena in tempo a portarmi tutto il mio bagaglio dalla Malga Premassone a quassù. Un bravo e un grazie di cuore se lo merita veramente. pagina 51 del libro - 27 luglio 1902 Domani, col mio famiglio Frizza Pietro di Rino e col mio Moretto (famoso cane barbone nero) che mi tenne compagnia da l’anno scorso lo portai quassù che aveva un mese; fu allevato in questi luoghi alpestri e riuscì forte, svelto, un po’ selvatico come il suo padrone… ma affettuosissimo. Solo non poteva vedere i preti. Una volta, essendone capitati una compagnia di 5, mentre stavamo preparando la pasta condita… lui pensò bene di mangiarsi tutto il formaggio trito. (Quale intelligenza). Parto definitivamente dal Rifugio Baitone, dopo avervi passato quattro stagioni (1899-1900-1901-1902). I giorni passati qui (tutto sommato 307) non li scorderò mai. Ne passai di tristi assai, quando pioveva; ma ne passai anche di bellissimi quando il mio lavoro progrediva a modo mio; quando riceveva visite da amici e lettere care. Amo questo rifugio e se mi sarà dato rivederlo, certo il mio cuore non ne resterà indifferente. Epilogo. Con quest’ultima pagina del diario, il pittore paesaggista Soldini Arnaldo, con rammarico, lascia definitivamente il rifugio Baitone. Torna in città, carico delle sue tele, dove continuerà ad esprimere la sua arte con i paesaggi della valle Camonica, del lago d’Iseo, delle baite alpestri. Le cime del Baitone hanno avuto il loro momento di gloria. Ma anche il rifugio un piccolo merito lo deve pur avere ! Ma v’è di più! Il Soldini, pittore paesaggista, con riconoscenza si ricorderà del CAI e del “suo” rifugio perché, alla pagina 36 del Libro delle Adunanze, Seduta del 6 aprile 1900, Il Vice Presidente Prof. Gnaga riferisce che “ il Signor Soldini metterebbe a disposizione della Sezione un quadro a vantaggio del miglioramento del Rifugio Baitone”. Ma l’arte del Soldini entrerà a far parte nel giusto posto fra i grandi della pittura bresciana dell’ ‘800. Sembra che una delle sue prime comparse in pubblico sia avvenuta con la mostra della Sezione bresciana del CAI a palazzo Bargnani nella quale compaiono quadri del Soldini e di altri che “allearono così l’arte all’alpinismo”. Le sue tele dipinte al Baitone sono collocate nelle case bresciane, nelle pinacoteche e nelle più importanti mostre nazionali di pittura. Alquanto dimenticato, a Soldini viene resa giustizia con la mostra commemorativa di Iseo del settembre 1972 nella quale compaiono circa 60 suoi dipinti. Adamello 105 – pag. 17 Extraeuropeo ... pistari pistari... gam gam ... tra risaie, foreste e ghiacciai “Come puoi considerare te stesso come soggetto e gli altri esseri come oggetti quando sai che tutti sono uno?”. Brihadaranyaka Upanishad di Giovanni Lonati Qual è il significato di un titolo simile? “Pistari” e “gam” sono due termini in lingua nepalese; nel contesto in cui li ho conosciuti, il primo è un ottimo consiglio, “piano”, il secondo è invece un incoraggiamento, “avanti, cammina”. Perché un titolo in nepalese? In ottobre sono tornato in Nepal... Nepal?! Non ti sarai forse cimentato su un ottomila? Coraggio racconta! Quanti metri di scalata? Quali difficoltà? Quanti campi intermedi? Hai per caso fatto ricorso a bombole di ossigeno? Corde fisse? Nossignore, non sono tornato in Himalaya per raggiungere la vetta di un ottomila, ma semplicemente per poterne vedere uno da vicino, il Makalu. L’idea è partita ancora una volta da un amico, Gianni (spinto dagli ottimi consigli di un altro caro amico, Tullio) al quale si è aggregato un bel gruppetto di nuove e vecchie conoscenze. Ma noi siamo qui per altro! Dove è l’impresa? Ci vuoi forse annoiare col resoconto del solito trekking al campo base di un ottomila? Già ci immaginiamo l’inizio, senti un po’: “Atterrati a Kathmandu, capitale del Nepal. Giornata calda, polverosa, chiassosa. Inferno per alcuni, paradiso per altri. Visitato lo stupa di Boodhnath, visto cremare morti a Paschupatinath, persi nel dedalo di stradine e viottoli di Thamel tra una miriade di gente, bici, moto, auto... finti santoni, occidentali fricchettoni, ragazzini in atteggiamenti Hollywoodiani... e l’odore di Kathmandu, ne conosci a malapena quasi tutti gli ingredienti (spezie, fogna, incenso, cha- pag. 18 – Adamello 105 pati, sterco, plastica bruciata, smog...) ma non la formula segreta che lo rende così unico e inimitabile”. Effettivamente s’inizia sempre così, d’altra parte l’aeroporto di Kathmandu è l’unico “internazionale” in tutto il Nepal, è una tappa obbligatoria. Per non annoiarvi inizierò così: “Quattro anni fa in volo verso Lukla vidi un’immensa distesa di magnifiche colline terrazzate, vera opera d’arte umana, un’infinità di paesini seminati qua e là, fiumi dalle mille anse, stradine, sentieri, esili ponti sospesi. Giurai a me stesso che prima o poi avrei visitato anche solo una piccola parte di questo vasto territorio, il cosiddetto Nepal rurale”. Attenzione, deciditi! Makalu o Nepal rurale? Vedete, qui stiamo parlando di un trekking un po’ “fuori moda”, non si parte infatti, come spesso accade, già da una quota relativamente alta, la via che porta al Makalu ha inizio a 400 metri s.l.m., da Tumlingtar, dove si trova un lungo prato che si presta egregiamente come pista d’atterraggio per il nostro minuscolo aeroplanino. Siamo nel bel mezzo del Nepal rurale, una terra verdissima, calda e afosa. Quindi, con ordine, prima le risaie, poi la foresta, e solo alla fine i ghiacciai. Bene, parlaci un po’ di questi ghiacciai Le montagne sono lontane, si intravedono sfuocate all’orizzonte e molto di rado nei primi giorni di cammino, tanto che me ne sono presto completamente dimenticato. Le distrazioni sono tante, iniziando dalla bellissima gente che popola queste colline. Varie sono le etnie: Newari, Gurung, Extraeuropeo Chettri e soprattutto Rai. Qui, primi fra tutti, i tantissimi bambini ti accolgono a mani giunte con un sorridente namaste, e si accontentano di essere fotografati per potersi poi vedere nello schermo delle nostre digitali, (a differenza di quelli del Kumbu, l’affollatissima valle che porta all’Everest, ormai capaci solo di chiedere bon bon e money, poveri accattoni, creature del generoso occidente dispensatore di “bene”). La gente qui vive una vita semplice, legata al lavoro nei campi terrazzati (riso, mais, miglio, taro e ortaggi vari) e all’allevamento (bovini, pecore, capre, galline e maialini). Giunta sin qua l’elettricità alimenta, oltre che incerte fievoli luci e radio gracchianti, l’amata televisione; ed ecco i bambini più ricchi e “fortunati” starsene piacevolmente inebetiti al cospetto della scatola magica. L’acqua corrente è reperibile soltanto alle fontane pubbliche (che si trovano di norma agli estremi di ogni paesino), dove ci mettiamo in fila con le donne dai sari colorati divertite e a volte anche un po’ perplesse alla vista di noi uomini alle prese col bucato e delle nostre socie d’avventura in pantaloncini corti e canottiera. Lasciata la piana di Tumlingtar si segue per un paio di giorni una lunga dorsale. Lungo la via ci imbattiamo nel maggior centro “urbano” della zona, Khandbari, dove avviene un incontro decisamente interessante, ed è il primo di una lunga e fortunata serie. Conosciamo un giovane francese, lunghi ricci capelli biondi, sorriso accattivante, modi schietti ed aperti; opera volontariamente qui come insegnante di materie “alternative” per sensibilizzare i giovani verso la natura, l’educazione alimentare, le norme di igiene... quando i soldi finiscono torna in Francia, si trova un lavoretto e messa da parte una certa cifra si ripresenta a Khandbari. Chiaro esempio da proporre a tutti quei giovani che si sentono tanto “alternativi” se vestono un poco trasandati, tirano di spinello e vagabondano per strada con poveri cani pulciosi. Fare qualcosa di alternativo significa compiere atti fuori dagli schemi usuali, del tutto o anche solo in parte nuovi, ma col chiaro fine di risolvere o migliorare determinate situazioni difficilmente affrontabili con i mezzi della comune quotidianità. Discutibile. Ma via, più sostanza, proseguiamo. Il sentiero attraversa con continua alternanza zone fittamente terrazzate e foreste tropicali dove è piacevole godere di un poco d’ombra. Il verde dalle mille sfumature della vegetazione, il bianco dell’intonaco delle belle e dignitosissime casette, il blu del cielo e il nero di certi massi dalle forme più svariate che spuntano qua e là tra le risaie. Arriviamo a Num (1500 metri). Nuovo incontro. Si presentano al nostro campo due bellissime ragazze, 17 e 25 anni; il “decano” del gruppo, grande intenditore, dice che son tanto belle che pare siano state disegnate dagli angeli. Chiedono in un ottimo inglese un rimedio per una fastidiosa abrasione che deturpa la caviglia della più giovane. Non soltanto i due medici del gruppo, ma l’intera compagnia (donne comprese!) s’interessa al caso, ed ognuno propone un proprio rimedio. Ecco garze, disinfettante, creme, calze di ricambio (nonostante il clima tropicale!). Un po’ di confusione, ma risate genuine. Dopo cena tutti invitati nel negozietto – lodge – abitazione della nostra paziente; serata spassosissima e il nostro povero Marco lascerà in questo paesino un pezzetto del suo cuore. Sembra che vi siate molto divertiti, e la lotta con l’alpe? La lotta con l’alpe? Incontriamo un gruppo di tedeschi accampati poco fuori Num; veri alpinisti quelli, con lo sguardo così fisso in alto verso le vette che non si sono nemmeno degnati di porgerci un semplice saluto. Proprio qui dove il saluto è sacro. Succede, ma ora continua. Ci tuffiamo in un’interminabile discesa di scalini in pietra (le scale del Miller versione nepalese). Ecco l’Arun, fiume che nasce dal versante orientale dell’Everest, attraversa la remota valle di Kangshung, buca l’Himalaya e riversa le sue acque vorticose qui, in Nepal. Una volta attraversato un ponte molto sospeso e abbastanza ondeggiante (600 metri s.l.m.), non ci resta che una inevitabile lunga salita in una foresta intricata, dagli alti alberi muschiosi e contorti, abitata, si dice, da sanguisughe, che qui rispondono al nome di “zuca”. Tanta angoscia e fobia per questi viscidi vermiciattoli succhia sangue, ma pochi gli avvistamenti. Dietro una curva ecco comparire un “muro mani”, muro costruito a secco cui sono addossate pietre piatte sulle quali sono scolpite figure sacre o lettere dei mantra. Abbandonato l’induismo delle colline, incontriamo il buddismo delle terre alte. Questa zona è abitata da gente d’etnia Sherpa, quindi tibetana. Campo a Tashigaon (2100 metri s.l.m.), bellissimo agglomerato posto su vari livelli terrazzati e caratterizzato da piccoli Adamello 105 – pag. 19 Extraeuropeo fienili – palafitte interamente in legno e tutti connessi tra loro dalle tipiche bandierine dai cinque colori. Questo è l’ultimo abitato, da qui in poi ci imbatteremo soltanto in alcune piccole malghe – bivacchi seminate lungo il sentiero. Serata finalmente fresca, notte stellatissima, s’inizia a rintanarsi con piacere nei sacchi a pelo nonostante la forte umidità ancora presente nell’aria. Bene figliolo, è giunto il momento delle montagne vero? Nossignore, abbiamo ancora tre ostacoli a separarci da loro: balzo di 1500 metri lungo un viscido sentiero in una foresta abitata da fastidiosissime cicale (che qui non si curano della presenza umana, come le nostre timide italiane, interrompendo i loro concerti), la zona dei “quattro passi”, ed infine il Barun, turbinoso fiume che nasce dal ghiacciaio del Baruntse. S’inizia a temere l’alta quota. Descrivici l’attraversamento dei passi. I nomi e le quote variano al variare delle cartine di cui siamo in possesso (scopriamo in loro vari errori); l’unica certezza risiede nel fatto che si supera quota 4000 e uno di loro è conosciuto come Shipton Pass, in onore del noto alpinista esploratore inglese. Ed ecco finalmente l’elegante vetta del Makalu, illuminata splendidamente dal sole, ma ancora lontana; subito accanto la piramide del Nepu e il massiccio gruppo del Chamlang; alle nostre spalle il Kangchenjunga (altro 8000) e lo Jannu. Gran lavoro oggi per gli amanti della fotografia. Salite violente, lunghi traversi, fotogenici laghetti dalle acque nere, rododendri arborei, cespugli di ginepro. Discesa. Campo scomodo (l’unico da dimenticare) nel bel mezzo dell’ennesima foresta di rododendri e conifere. Altra discesa, ripidissima e viscida. Il rombo dal Barun sempre più forte. Un ponticello. Eccoci all’alpeggio di Yangle Karka (“ombelico della sacralità”, 3600 metri s.l.m.); la valle si allarga; sulla sinistra la grotta di Milarepa (mistico e poeta tibetano), poco oltre l’Ama Buchung, che deve il suo nome (la “montagna della donna incinta”), alla sua sagoma fortemente tondeggiante. È un tempio naturale dal fascino disarmante, al quale tutti cediamo incantati. E poi? Più stringato! Pistari pistari... Una selva di cime ci circonda, difficile stabilirne i nomi e le quote, ma questo poco importa. Un susseguirsi continuo di verdi ampi pianori intervallati da brevi rampe sdrucciolevoli. Gli alberi scompaiono. Ancora un alpeggio, l’ultimo. Ci accoglie Diki, giovane tibetana, la “rifugista” del Makalu. Otteniamo da lei la notizia della presenza di un simpatico trio; si tratta del fuoriclasse Steve House e dei suoi compagni Vince Anderson e Marko Prezelj, impegnati nel tentativo in puro stile alpino alla mitica ovest del Makalu; non siamo riusciti ad incontrarli purtroppo! Solo una volta tornato in Italia leggerò che hanno dovuto rinunciare al sogno a causa del forte vento in quota. In lontananza crolla con un boato un seracco; la valle si richiude in alte morene prive di un ordine preciso; giochi di luci e nebbie; ci ritroviamo in una vasta prateria d’alta quota; ecco il campo già allestito dai nostri eccezionali portatori. Sherson, 4600 metri s.l.m., il campo base del Makalu. Freddo, visibilità ridotta al minimo, stanchezza, niente di meglio del caldo sacco a pelo. E il Makalu? La mattina seguente, aprendo ancora un po’ assonnato la cerniera della tenda, mi si presenta infuocato dalla luce del sorgere del sole l’imponente Pyramid Peak. Balzo di fuori. Tempo splendido; una cerchia di alti picchi di roccia e ghiaccio ci circondano; pare di essere nel cuore dell’Himalaya. Il nostro amico Tullio ha visitato questi luoghi pag. 20 – Adamello 105 una decina di anni fa e ci ha vivamente consigliato di non seguire il tracciato più frequentato verso il campo base avanzato (in posizione poco felice, incassato tra alte morene), ma di risalire una collina morenica che a suo dire è uno straordinario balcone panoramico, dove il Makalu è così vicino che pare poterlo toccare. Seguito il consiglio ci ritroviamo immersi in uno scenario grandioso: una vasta piana di nere rocce granitiche per nulla intuibile dal basso, ambiente d’alta quota, arido, lunare, e tutt’attorno non solo il Makalu (incredibilmente a portata di mano), ma anche l’Everest, il Lhotse, e un numero imprecisato di 7000 e 6000. Pelle d’oca al solo ricordarlo. E poi? Il ritorno. Sembrava poco allettante l’idea di dover ripercorrere interamente il percorso dell’andata senza alcuna deviazione significativa, ed invece il dover superare nuovamente a ritroso gli ostacoli incontrati sin qua si è rivelato impegnativo e di notevole soddisfazione. Quante volte ci capita di fare una lunga salita e, poi scendendo ci stupiamo di noi stessi quasi increduli di aver percorso così tanta strada. Immaginate rifare il percorso di nove giorni di cammino! E poi quanti particolari che ci eravamo persi, e quante occasioni per nuovi incontri! Ancora giovani fanciulle? Fanciulle? Sissignore, due tostissime catalane. Dopo aver vagato sole un mesetto per il Sikkim si sono recate qui con la ferrea volontà di raggiungere le pendici del Makalu. Niente portatori, niente tenda, niente satellitare, niente scarponi (!), niente cibo (!). I loro punti tappa sono i miseri e spartani bivacchi dei pastori dove per pochissimi spiccioli ottengono vitto (“dal bath”, cioè riso e lenticchie) e un modestissimo alloggio (un tavolato dove potersi stendere nel proprio sacco a pelo). Impressionati da tanto ardore le invitiamo a cena: zuppa, pasta al ragù, pollo, patate fritte e per dessert budino. Un poco ci vergogniamo per la nostra “ricchezza” da bimbi viziati. Ma non ci sono soltanto fanciulle lungo il nostro sentiero. Mi ricordo per esempio una famigliola di gente tibetana, i “gestori” di un miserissimo lodge; hanno una parente sposata con un italiano a Padova; ci mostrano delle foto: una casa “vera”, due bei bimbi con il grembiulino all’asilo, le vacanze in campeggio... abissali differenze di vita. Difficile però stabilire chi sia il vero fortunato. Meglio una vita dai ritmi bassissimi che può però essere stroncata da una semplice appendicite, o una vita frenetica alla perenne ricerca di tempo libero ma con una speranza di vita nettamente superiore? Non c’è tempo per queste riflessioni! Presto concludi! Dopo un‘intera giornata di pioggia torrenziale riecco il caldo sole del Nepal rurale. Riattraversiamo l’Arun, torniamo alla “civiltà”. Scopriamo felici che i nostri ultimi giorni di permanenza coincidono con uno dei tanti festival nepalesi indù legati al raccolto. Danze, canti, collane di fiori, offerte agli dei. Impossibile trovare miglior conclusione a questo trekking eccezionale. Sono proprio queste le immagini che custodisco più gelosamente nella mente. Il Makalu ora sarà per me non soltanto una bellissima montagna, ma anche, e forse soprattutto, il ricordo di un’inaspettata, spontanea e naturale simpatia e integrazione di anima e corpo con la sua gente meravigliosa e i suoi vasti spazi. Atacama, un deserto senza rose Passeggiate tra monti di sale e laghi a 4.000 metri di Angelo Maggiori S ono stato attento, ma poco fortunato. Per quanto abbia girato e rigirato per questo deserto, di rose rosse come descritto da Sepulveda, non ne ho viste. Forse perché, da quando sono arrivato a quando me ne sono andato, sulla testa ha dominato un cielo azzurro ed è mancata l’acqua che facesse fiorire un terreno impossibile. Invece delle rose rosse del deserto ho visto molte altre cose, belle, interessanti e spettacolari fino ad essere indimenticabili. Ho fatto base a S. Pedro di Atacama. Ero da solo e, con la massima libertà, sono andato incontro al deserto più arido della terra. Nell’Atacama piove di media un millimetro l’anno. L’acqua non cade dal cielo, ma arriva all’oasi dalle montagne che separano il Cile dalla Bolivia e dall’Argentina. I monti di quasi 6000 metri che circondano il salar fanno apparire la grigia pianura più piccola di quello che è. La depressione salina attorno all’oasi di S. Pedro è solo una frazione del grande deserto individuato con il nome di Atacama. Strada e Valle della Morte Giungendo da Calama, la città della miniera di rame più grande del mondo, il deserto sta ai lati di una moderna strada asfaltata. Il nastro nero sbiadito, dritto come una freccia, è contornato da numerose croci di legno o metallo. Sono dedicate a quegli sventurati che hanno regalato la propria vita e, purtroppo, a volte anche quelle altrui, alla dea della velocità. Gli altarini, chiamati con classica poesia sud-americana animitas, sono realizzati con pietre ammucchiate ai piedi della croce e adornati con fiori di carta coloratissimi. Un cartello, scritto sempre a mano e sempre posto di sghembo, invita a dare simbolicamente ai fiori la cosa più essenziale che serve per sopravvivere nel deserto: “Dame agua”. Ai tempi di Valdivia, il primo spagnolo a mettere piede da queste parti nel 1537, la strada non c’era, ma il problema dell’acqua sì. Per rimanere in tema funebre, prima che il pianoro sprofondi sulla depressione di S. Pedro, c’è la deviazione che conduce alla Valle della Morte. Il vallone è spettacolare. Si apre tra pareti di fango compattato. Sembrano di roccia, molto erose e frastagliate. A sinistra una duna di sabbia digrada ripida sul fianco e, meno inclinata, lungo il crinale che va a terminare nel fondo valle. Il paesaggio è gradevole anche se aspro e reso infernale da un’accecante luce bianca. Un gruppo di giovani, con cane al seguito, sta salendo faticosamente la duna sabbiosa. Hanno in mano strane cose. Incuriosito prendo il binocolo. Sono tavole da snow board. Storco il naso, ma aspetto per vedere come se la cavano. Spettacolo deludente. Sciare sulla sabbia è molto difficile. Fa gioco, ma a me pare che a divertirsi sia più il cane e chi guarda le cadute, piuttosto che chi lo pratica. Valle de la Luna Ci si va al tramonto, ed è pieno di gente. Tutti i turisti alloggiati a S. Pedro sono qui. L’ambiente è spettacolare e giustifica la fama. La sfilza delle persone sale lentamente sul tracciato a mezza costa. Sono tutti in fila sul ripido sentiero. Arrancano e sbuffano come formiche stanche. Obiettivo obbligato per tutti i presenti, ma non da tutti conseguito, è raggiungere il crinale dal quale guardare il sole scomparire a lato della cima del Licancabur, un vulcano spento di 5900 metri dall’affascinante e perfetto cono che domina tutto il salar di Atacama. In risposta all’istintivo fastidio dell’omologazione decido di andare nella direzione opposta. Cammino un poco di più e sono solo a godermi lo spettacolo. Alle vocianti sagome dei “turisti” affido il compito di impreziosire le foto dorate del cielo con la sequela delle loro nere silouhettes stagliate sul profilo della duna. L’evoluzione della luce al tramonto cambia i colori del deserto. Le ombre si allungano conferendo profondità al territorio tormentato dalle erosioni e irto di pinnacoli. Montagne e canyons recuperano identità in una fantasia di forme elaborate dallo scalpello del vento. Eolo ha lavorato di grezzo, ma il risultato è stupefacente. Ciò che fa bello questo immenso anfiteatro è l’insieme selvaggio del territorio. Attendo fino a quando fa buio. Gli “altri” se ne sono andati prima. Il silenzio ritorna padrone della vallata e l’ambiente riacquista la magia del deserto invece che quella, un poco pacchiana, da luna park. La mutazione del cielo, da giallo oro in viola sempre più cupo, fino a lasciare alle nubi stratificate il compito di riportare la notte, soddisfa la mia aspettativa di deserto. Cordillera de la Sal Il turrito paesaggio visto dall’alto dei crinali della Valle de la Luna mi ha invogliato a penetrare a piedi tra le tribolate conformazioni per conoscere più da vicino la struttura di questi monti. Sapere che sotto il marrone della superficie c’è sale è una cosa, scoprire da vicino le montagne di sale è veramente un’altra e ben più sorprendente. La cordigliera è lunga settanta chilometri. Le “rocce” sono fatte da marna, sedimenti di gesso e sale. Il sale è duro e per niente friabile. Urtarlo significa scoprire che taglia come vetro. Spezzando qualche sporgenza, si portano in vista cristalli compatti e bianchissimi. Seguire i canaloni e le forre, da queste parti chiamati quebrada, significa calpestare sale posto sul fondo come fosse sabbia o attraversare grotte e passaggi come gli spazi tra ghiacciaio e morena sottostante. Non pochi speleologi indagano il sistema carsico delle grotte nel sale perché pare ci siano, sotto la Valle della Luna e della Morte, le più grandi caverne del Cile. In questi anfratti non è raro per loro trovare reperti lasciati dagli antichi atacameni. Affascinanti sono gli affioramenti del sale sulle strutture delle pareti lavorate a lame o come capitelli imbiancati. È un fenomeno di scioglimento e ri-cristallizzazione del sale. Adamello 105 – pag. 21 Anche il fatto che la montagna scricchioli è impressionante. Sono suoni dalla tonalità metallica, molto sinistri. Il salto di temperatura, tra il forte calore del giorno e le zone in ombra serali, fa sonoramente crepitare il sale. Dire che la montagna canti è poetico. Il timore che le pareti che ti sovrastano ti crollino addosso è inquietante, anche se infondato. La spiegazione scientifica dei fenomeni lascia presto posto al solo ammirare la bellezza che questo mondo ci regala nei modi e luoghi più impensabili. Incluso un Licancabur, con una nuvola nero-viola che pare fuoriuscire dal cratere. La nube fluisce morbida sullo sfondo di un cielo pennellato di rosa rendendo la montagna elegante come un sogno. tramonto. La paziente attesa del momento magico è ampiamente ricompensata dallo spettacolo dei riflessi sull’acqua blu profondo. Quando il sole arrossa e il grigio del sale si ammanta di un viola fantasmagorico, la natura esplode nella calma di un tempo sospeso tra il battito d’ali dei fenicotteri e il fruscio del vento. L’intero mondo trascolora con sinfonia di calde tonalità. I turisti scemano e i fenicotteri, con gli altri uccelli a passeggiare nell’acqua, tanto vicini da poterli quasi toccare, si riappropriano del loro mondo Fermarsi, fino a quando la luce scompare e rimangono solo gli echi di un riverbero nell’anima, è un lusso a portata di mano di chi segue il ritmo del sole invece che quello dello stomaco o delle agenzie di viaggio. Laguna Chaxa Una sera a San Pedro In mezzo al salar di Atacama vi è un luogo che riassume il bello e il brutto di questo deserto. Il “brutto” è l’arido di un suolo che si presenta grigio e irsuto come il letto di un fachiro. È una piana desolata che sgomenta al solo guardarla. Il bello è la vitale acqua azzurra che in alcuni punti affiora provenendo dal sottosuolo. Sono specchi d’acqua poco profondi e nei quali i fenicotteri dal becco giallo trovano un habitat ideale per il cibo e la cova. Nella zona sud del salar, in stridente contrasto con l’armonia della laguna Chaxa, è ancora attiva l’estrazione di litio, salnitro e di altri sali minerali. Per fortuna, dalla zona accessibile ai laghi blu, l’obbrobrio dell’industria estrattiva non si vede. Passeggiando sui sentieri obbligati del parco, quello che si impone, con evidenza e forza, è l’aridità nella forma di un suolo screpolato all’inverosimile, ma totalmente diverso dalle classiche fessurazioni dei terreni argillosi. Il sale affiora per evaporazione lasciando un intrico di piccole creste rugose, dure e fragili. Il salar è un luogo che inquieta di giorno e affascina al L’oasi non è grande. Il paese è molto carino, tutto di case basse, costruite con mattoni crudi. Gli “alternativi”, mochileros radical-freak come venivano spregiativamente chiamati, e che l’hanno resa famosa come una Goa cilena, praticamente non ci sono più. Strade polverose si sono arricchite di negozietti colorati e botteghe di artigiani. San Pedro di Atacama è zeppa soprattutto di agenzie di viaggio, e di ristorantini dove si mangia bene. L’effetto indesiderato e che ho percepito, è stato che, percorrendo le viuzze affollate, non sembra nemmeno di essere in un deserto. La piazza della cattedrale è punto di ritrovo. L’ombra dei grandi alberi allevia il caldo della giornata. L’arco d’accesso alla chiesa, di un bianco abbagliante che ne esalta l’eleganza coloniale, oggi è fronteggiato da una banca allocata su un piccolo camper che, collegato ad internet tramite un’antenna parabolica, consente il cambio moneta in pochi minuti. Poco lontano si trova l’interessantissimo e assolutamente da non perdere museo La Paige. Sulle baracche poste appena oltre il centro storico del villaggio, come su non poche abitazioni degli ultimi indios rimasti in loco, sventola la bandiera arcobaleno. Non è a strisce come quella ben nota dalle nostre parti, ma a quadretti colorati. Sventola lanciando al vento la richiesta di maggior attenzione ai loro problemi. A cena, immancabilmente giunto troppo tardi per il ristoratore, osservo i turisti presenti nel locale. Essere da solo consente di godere di questi privilegi. Insegui l’interesse della tua mente senza mancare di attenzione a ciò che ti circonda a causa della presenza di compagni di viaggio. Questi occupano inevitabilmente il campo relazionale assorbendo tempo prezioso che, a volte, non è nemmeno ben ricambiato. Tre persone suonano sei strumenti in modo esagerato. Un gruppo di spagnoli rumoreggia, come fossero italiani, al ritmo della musica andina. Una coppia amoreggia in fondo al locale. Degli americani sbevazzano birra e uno, dalla bocca larga, ha la voce troppo alta per passare inosservato. Le lingue si mescolano in un tourbillon di gesti e risa di gente allegra e di altra immusonita. Se un extraterrestre ci osservasse io credo ci troverebbe molto sciocchi. Che cosa stia- pag. 22 – Adamello 104 Extraeuropeo mo cercando nel deserto di Atacama? Io lo so e sono molto contento di esserci. Quella sera ho parlato a lungo con Mary al telefono. Entrambi stiamo facendo i conti con la nostra libertà in rapporto a come insieme stiamo cambiando. Siamo distanti, ma non lontani. Viaggio da solo, ma lei è con me. Miscanti e Miniques Sono stato in zona San Pedro alcuni giorni. La visita si è estesa a tutto l’ambiente che circonda il salar. Alle lagune Miscanti e Miniques sono giunto che era ancora notte. Ho aspettato l’alba tra la fredda neve dei 4.000 metri. In una gelida solitudine, più grande di quella provata tra la sabbia, ho vissuto la vista delle montagne di seimila metri incappucciate, più come un’ingiustizia che sentimento di delusione. La montagna è severa. Non si preoccupa delle aspettative dei piccoli uomini giunti ad ammirarla. Il tempo atmosferico, come le cime dei monti, segue il destino di abbellire il mondo con cicli naturali a volte incomprensibili perché non ancora capiti. La bellezza che unisce senso e significato sta nella contemplazione di questi fenomeni. Cosa che ai laghi sopra il deserto di Atacama mi è capitato di fare per molte ore fino a quando obliqui raggi di sole hanno reso dorato lo specchio d’acqua delle lagune. Tra neve, cielo, montagne e uccelli capaci di muoversi tra questi elementi primordiali con la libertà di chi possiede le ali, anch’io ho provato la libertà di volare tra sogni e desideri fino a confondermi con l’ambiente che mi accoglieva nonostante fossi un intruso. Tatio e scempiaggini Al Tatio, la zona dei geyser posta a quattromila metri, il sole è sorto negli ectoplasmi del vapore. Le nuvole ondeggianti, mosse dalla brezza mattutina, davano corpo agli incubi di notti insonni. Il mistero della bellezza veniva dalle meraviglie incredibili delle concrezioni coloratissime generate dal misterioso fluire delle sorgenti di acqua sulfurea. A colpire ferocemente la mia attenzione, però, è stata altra cosa dalle stupefacenti colorazioni delle fantasiose elaborazioni di un meraviglioso creato proveniente dal regno di Saturno. Assistere alla più completa idiozia del comportamento irresponsabile di turisti dell’avventura che bellamente indifferenti calpestavano fragili opere d’arte che la natura aveva creato nel corso dei secoli mi ha fatto male. Un dolore interiore che proveniva dalla morte della speranza in un futuro migliore derivante dall’accrescimento della conoscenza acquisita da chi viaggia. Diceva Sant’Agostino: “Il mondo è un libro e quelli che non viaggiano ne leggono solo una pagina”. Assistendo alle distruzioni operate da alcuni vandali diretti alla piscina dove fare il bagno nelle calde acque geotermiche contornati dal ghiaccio della notte, ho pensato che anche chi viaggia a volte si ferma alla prima pagina dei luoghi che attraversa. Il rispetto inizia con l’attenzione. Vale in giro per il mondo come a casa nostra. Senza attenzione ed ascolto non c’è consapevolezza e l’ambiente da realtà diventa vuota parola per un concetto immaginario. Altri dintorni Nella ripida camminata lungo la quebrada di Puritana, canne gialle e cactus in fior, innalzavano lodi spinose verso il cielo. I fiori del cactus condensano gli opposti: esteticamente belli, urticanti come una donna senz’anima. Il bagno nei caldi laghetti delle terme contornati da canneti chiude una piacevole camminata. Nel mio viaggio ho incontrato anche la non sopita cultura ancestrale con primitivi riti preincaici dedicati a Pacha Mama. Adepti di arcaiche religioni officiano nei cimiteri o sugli altipiani. Ho assistito di nascosto perché non è gradita la presenza di estranei e tanto meno di intrusi. Ho attraversato paesini da favola andina come Caspana, Chiu Chiu e Taconao. Realtà rurali delle quali solo il campanile, con le porte di legno di cactus traforato, e il cimitero, con appassiti fiori di carta, testimoniano i tempi più gloriosi antecedenti l’abbandono da parte dei giovani e dei contadini. Gente anziana dalle facce rugose, sofferte, solcate dalla durezza dell’ambiente e dalla lotta per la sopravvivenza e un poco diffidenti ti guardano passare senza curiosità e lasciano noi senza parole. Trai i Pukarà, le antiche fortezze, e il museo, la storia si è fatta sentire con il peso ingombrante delle rovine e di mummie magnificamente conservate. Ti guardano con occhi vuoti, ma il loro sguardo lo senti pesante come un giudizio inappellabile. Ti dicono che anche tu, ora padrone transitorio del deserto, ritornerai alla polvere che lo costituisce. La candela Nel deserto di Atacama la natura ha sempre fatto la sua immensa parte e mi ha regalato a iosa paesaggi incantevoli, superbi colori, guanachi e vigogna in libertà, tramonti rossi indimenticabili. Tutto questo merita una rivisitazione degli appunti in forma adatta a dare proseguo alle parole scritte la sera del 19 agosto 2004, in un rifugetto ai piedi del Licancabur, in assenza di energia elettrica: “Scrivere alla luce della candela ha il fascino di un raccordo forte con questo mondo. È un sentire che permette di fare chiaro. Noi siamo come la candela. A che serve una candela se non brucia? Se non si consuma non esiste nel rapporto con il mondo. Così noi, quando viviamo in rapporto agli altri, inevitabilmente ci consumiamo. Questo non è solo il nostro destino, è l’unico modo per vivere, ovvero dotare di senso la nostra esistenza. Non mi dispiace pensarmi come una candela: luce, calore, bellezza di una fiamma mobile che un momento pare spegnersi e poco dopo fiammeggia con più vivacità. E vai con il viaggio, vai con la vita”. Adamello 105 – pag. 23 VitaAlpinismo associativa Lo Sperone Frendo di Gianni Baratti D opo il Grand Capucin dell’anno scorso, l’amico Andrea di Torino, a marzo, mi ha proposto un’altra salita nel Bianco, famosissima, assai difficile, molto lunga. Per allenarci, faremo prima lo Sperone Frendo. Il 26 luglio vado in treno da Rovato a Torino. Da qui, con il monovolume di Andrea raggiungiamo Chamonix che è affollata da un popolo, a dir poco, variegato. L’11 luglio 1941, Edouard Frendo, con il compagno René Rionda, tracciò una fantastica linea lungo lo sperone del versante nord dell’Aiguille du Midi, che negli anni successivi sarebbe diventata una classica di misto, di medie difficoltà, ambita e frequentemente percorsa da alpinisti delle più svariate nazionalità. Si parte dalla stazione intermedia della funivia, sotto l’Aiguille du Peigne a 2.310 m, da qui ci si dirige verso il plateau des Pélerins per poi costeggiare, verso destra, la base della parete nord dell’Aiguille du Midi, fino al cospetto dello Sperone che inizia a 2582 m. La vetta, dove non ho mai messo piede, è a 3.842 m. La prima parte della salita è costituita da 600 metri di splendido granito; segue una vertiginosa cresta di neve, di un estetismo meraviglioso; si termina con il ghiaccio su pendii abbastanza impegnativi. L’unico neo che intacca la perfezione è il secondo troncone della funivia che passa poco più a destra rispetto alla linea di salita. La stessa funivia, però, che dopo la lunga ascensione ti riporta velocemente giù: particolare, questo, non del tutto disprezzabile. Vista l’ora e la lunga coda alla funivia, possiamo gironzolare per due ore lungo le stradine di Chamonix che è il maggior centro alpinistico dell’arco alpino. Ci tuffiamo nel mucchio. La quantità di persone che incontriamo ha dell’incredibile; le osservo e noto con interesse che c’è di tutto. Mi diverto e qua e là mi sorprendo. Debbo alzare testa ed occhi per ricordare a me stesso che siamo ai piedi del Monte Bianco. Ne abbiamo a sufficienza e andiamo alla macchina per cambiarci; carichiamo gli zaini a spalle e raggiungiamo la stazione della funivia dove persiste la coda. Quando arriva il nostro turno saliamo ed in pochi minuti atterriamo alla stazione intermedia; con fare insicuro facciaL’amico Andrea pag. 24 – Adamello 105 mo i primi passi su un pianoro di terra, anche lui affollato. Gli occhi sono timidamente incerti circa il dove posarsi con attenzione. Eppure, poco più alto del naso il panorama delle due Aiguilles non ammette incertezze; invece siamo leggermente spaesati. Finalmente mettiamo a fuoco lo Sperone che nella sua parte alta è avvolto dalle nubi. Il rumore dell’impianto rende, però, difficile estraniarsi raccogliendo i propri pensieri. Faccio, pertanto, fatica a rendermi conto con lucidità del contesto in cui sono e di cosa ho davanti, non metto bene a fuoco le proporzioni. Il sole cala, così come la gente. Il gestore del bar sul cui terrazzo bivaccheremo, si prepara a chiudere per scendere con l’ultima funivia. Rimaniamo magicamente soli, da non credere, e iniziamo a realizzare profondamente dove siamo e perché. L’Aiguille du Midi continua ad essere incappucciata, ma il contesto ci coinvolge intensamente. Ora, lo Sperone lo vediamo con gli occhi e con il cuore; iniziamo, quindi, a studiare l’avvicinamento e la linea della salita sino alla fine della magnifica cresta, perché oltre la vista è impedita dalle nuvole. L’entusiasmo cresce ed il tempo passa. Prepariamo sotto il piccolo portico del bar i materassini ed i sacchi per dormire. Intanto, i generatori della stazione intermedia sono stati attivati e fanno un rumore assordante. Spero ne abbiano per poco. Il sole è calato, nonostante ciò la temperatura è tiepida. Ci accordiamo per la sveglia: 2.50, dopo di che ci auguriamo reciprocamente di dormire qualche ora. Ma i generatori continuano a funzionare sino alle 2, così io non riesco assolutamente a dormire; mentre Andrea, Alpinismo come al solito, s’è assopito profondamente: 37 anni, beata gioventù. Attenua il fastidio acuto la meravigliosa volta stellare che sembra guardarmi, facendomi compagnia. Appare vicina, tanto da donarmi la piacevole e calda sensazione di sentirmi avvolto maternamente. Le nuvole se ne sono andate liberando la vetta; ed è uno spettacolo. Lo Sperone, ora, è nitidamente individuabile e provoca tentazioni che, a loro volta, stimolano azioni immediate. Suona finalmente la sveglia, usciamo dai sacchi, ci imbraghiamo, mettiamo il materiale necessario per la salita nei piccoli zaini ed il resto lo lasciamo in quelli grossi che nascondiamo nei pressi dell’edificio della funivia. E poi via, con le lampade frontali in azione; la luna è da qualche altra parte; così, la luce che da steso nel sacco mi sembrava straordinaria, camminando lungo il sentiero risulta essere, in verità, molto meno. Arrivati sul plateau, la direzione utile da prendere sfuma; l’enorme barriera di rocce, neve e ghiaccio che si alza soggiogante alla nostra sinistra proietta un buio che ci fa perdere il filo del percorso. Ad un certo punto la saggezza ci induce a calzare i ramponi. Sta di fatto che anziché un’ora come la guida indica, ce ne mettiamo due per giungere ai piedi dello Sperone. Albeggia, pertanto non ci è difficile trovare l’attacco e finalmente iniziare la desiderata ascensione. Le difficoltà sono quelle classiche, ma poiché lo Sperone non è un affilato spigolo dalla dirittura obbligata, bensì una larga parete con pochissimi chiodi, ci troviamo a fare, senza volerlo, delle varianti un po’ meno semplici, nella convinzione di aver optato per la soluzione più logica. Comunque, al massimo sono passaggi di un grado maggiore di difficoltà rispetto a quello dichiarato che è IV+. Nonostante ciò, non mi sento a mio agio con i piedi: come mai? Semplice: perché l’ultima volta che ho arrampicato con gli scarponi è stato 27 anni fa, il 7 settembre 1980, sullo spigolo nord dell’Adamello. E così oggi mi debbo gestire le conseguenze; d’altra parte non me l’ha ordinato il medico di venire sin quassù: quindi, zitto e vai. Il tempo è bello così come promettevano le previsioni meteo; non siamo in grado di vedere molto in alto e constatare se, come ieri, la vetta è avvolta dalle nuvole. Speriamo di no. Le lunghezze di corda sul magnifico granito si susseguono senza particolari problemi; iniziamo a desiderare di mettere piede sulla cresta affilata che una spettacolare fotografia trovata su un sito internet, ci ha ben impressa nella memoria. Seicento metri di granito sono sufficienti a placare le voglie di roccia, a quando la neve? Dopo un tempo leggermente superiore a quello previsto, giungiamo alla base della cresta. Sorpresa! Uno spesso muro di nuvole bianco-grigie inizia proprio qui, limitando la vista a pochi metri. Auspicavamo un’accoglienza ben diversa; l’importante è che rimanga, perlomeno, così e non si metta al peggio. Estraggo i ramponi e le piccozze da cascata, che Andrea mi ha prestato: così bardato sembro un vero alpinista. Iniziamo a salire di conserva, uno appresso all’altro. L’amico è davanti, è lui l’esperto ghiacciatore. Subito ci imbattiamo in altre due sorprese: la cresta non è segnata da alcun precedente passaggio; poco male, anzi. Poco male in condizioni di neve normale, però. Infatti, ecco la terza sorpresa: sprofondiamo sino al ginocchio in una poltiglia Limpido che fra breve sparirà Lo splendido granito Chamonix e la sua mondanità appaiono lontane Alpinismo pochissimo consistente grazie al caldo di questi giorni, che pone lo zero termico ad altezze ben superiori. Non è la cresta che avevo sognato. Le picche affondano in quella cosa lì, che sembra una povera e scalcagnata parente della neve, dandomi la inquietante sensazione che le stesse non mi terrebbero se dovesse succedere qualche cosa. La salita diventa faticosa; avvertiamo di avere sotto di noi, sia a destra che a sinistra, vertiginosi pendii di cui però vediamo solo i primi metri. Procediamo necessariamente con lentezza, facendo molta attenzione. Senza quasi accorgerci, se non all’ultimo grazie alle nubi sempre più grigie, arriviamo al Rognon, il bastione roccioso che sbarra la cresta di neve facendola terminare. Abbiamo impiegato un bel po’ di tempo per superare questo settore dello Sperone; speriamo di riuscire a salire sull’ultima funivia. Sono affaticato, l’altitudine inizia a farsi sentire. Sembriamo un poco smarriti, soprattutto io: il nulla attorno a noi è un mondo freddo, illeggibile, che spegne il fuoco dell’entusiasmo. A questo punto abbiamo tre possibili soluzioni per superare i 400 metri di ghiaccio che ancora ci separano dalla cresta finale. Andrea scarta quella a sinistra del bastione, che è la più estetica ma maggiormente impegnativa: infatti, dentro di noi ci stiamo chiedendo, con una certa apprensione, in che condizioni sarà il ghiaccio… ma non ne parliamo; qui siamo e da qui dobbiamo solo salire. A destra del Rognon vi sono le altre due possibili soluzioni. Sempre vicini, uno appresso all’altro, costeggiamo verso destra per circa 50-60 m la base della grossa roccia, su un ghiaccio delicato. Alla fine del traverso udiamo il sordo rumore della funivia che non vediamo. Da questo punto proseguiremo in cordata assicurandoci normalmente. Ed allora togliamo dallo zaino tutti gli attrezzi necessari; per fare ciò pianto una piccozza nel ghiaccio mentre l’altra l’appoggio su una specie di piccolo ripiano. Nel compiere le solite manovre inciampo in questa piccozza che, con sgomento, vedo muoversi e poi scivolare alla mia destra, inabissandosi. Noooo!... Andrea si gira di scatto con occhi spaventati. Utilizzerò un solo attrezzo; che somaro sono stato. L’amico parte con molta circospezione assicurandosi con i chiodi da ghiaccio; segue una linea obliqua da sinistra verso destra, allontanandosi dal bordo destro della roccia. Mi sembra di capire che abbia scelto di salire i pendii della via Mallory-Porter, che in effetti è la più semplice. Verso la fine della prima lunghezza di corda, mentre mi sto portando verso il compagno che mi assicura in un piccolo crepaccio, vedo passare, immediatamente alla mia sinistra, due metri cubi di neve e ghiaccio. Impieghiamo alcuni minuti per smaltire l’adrenalina che lo spavento ha fatto esplodere; ed inevitabilmente mutano gli stati d’animo: ora auspichiamo solo di uscire incolumi da questa giornata. Andrea riprende e cambia, riportandosi a sinistra, seguendo poi una sorta di canalino. Il pendio è di 60/65°, non banale. Avverto la profonda stanchezza e mi rendo conto che procedo non certo veloce. Nonostante ciò, constato lucidamente che anche solo con una piccozza si può salire in sicurezza e che i movimenti della tecnica di progressione su ghiaccio mi piacciono e gratificano molto. Le lunghezze si susseguono mentre cresce la voglia che tutto finisca. Il rumore della funivia e l’impossibilità di vedere alcunché m’innervosiscono rubandomi altre energie. Il barettino bivacco pag. 26 – Adamello 105 Varianti non cercate Improvvisamente, sbuchiamo fuori da questo ostico mondo e rivediamo l’azzurro del cielo. Ma non lo apprezzo molto perché da tempo mi sto chiedendo, con un’apprensione che m’incupisce, se potremo dormire all’interno della enorme costruzione che ospita la funivia, oppure dovremo bivaccare all’aperto. Mi è chiaro, infatti, che l’ultima discesa la perderemo. Non devo, però, essere del tutto esaurito se trovo modo di prendermi un po’ in giro, chiedendomi se avrò la faccia tosta di raccontare agli amici che mi sono divertito un sacco nel salire questa grande classica di misto. Percorriamo la cresta finale ed entriamo Dio – ti ringrazio – in un grande antro di cemento; percorriamo un largo corridoio ed alla sua fine troviamo un inaspettato bagno moderno, con stufetta elettrica che irradia un piacevole calore. Qui dormiremo, per terra. Dopo aver asciugato alcuni fradici indumenti, Andrea s’addormenta. Io, tra un inutile tentativo e l’altro di sonnecchiare sul freddo e duro pavimento, vago per l’illuminata galleria a curiosare le grandi fotografie appese alle pareti, con didascalie che raccontano la costruzione di questo enorme edificio e della funivia che vi arriva. Inoltre, ho tempo per riflettere e giungere a due considerazioni finali: tecnicamente la salita è stata tranquillamente nei limiti delle mie capacità. Ma ascensioni di questo tipo, con le varie sorprese non certo infrequenti che esse comportano, richiedono anche uno specifico allenamento finalizzato ad un livello di fatica fisica che, francamente, mi sembra vada oltre ciò che posso cavar fuori da me. Eh sì, mi devo pur rendere conto che da due anni ho superato il terzo “anta”. È una scusa? Chissà. Quindi? Mi dispiace per Andrea che, invece, è ben all’altezza anche dell’ambizioso obiettivo che aveva programmato e che senz’altro realizzerà; ma io mi fermo qui, non sarò della compagnia. Adamello 105 – pag. 27 Alpinismo Alaska: il sogno è realtà di Marco Berni H o affrontato cinque volte la sfida della Iditarod Trail Invitational: nel 2004 ho fatto la gara breve di 560 km, classificandomi terzo nella categoria “runner”; nel 2005 ho partecipato alla gara lunga, di 1770 km, ma ho dovuto ritirarmi per un infortunio alla gamba; nel 2006 ho fatto tutto il percorso lungo,variante nord, classificandomi secondo assoluto; nel 2007 ho ripetuto il percorso breve, giungendo terzo; quest’anno ho fatto il percorso lung,o variante sud, classificandomi al secondo posto assoluto. Roberto Guidoni, l’americano Tim Hewitt ed io siamo gli unici tre al mondo ad aver portato a termine la gara su tutti e due i percorsi lunghi. Come dicono gli Indiani Atabaska, quando si viaggia la nostra anima ci segue alla velocità di quando andiamo a piedi e quando voliamo o andiamo in auto la nostra anima rimane nella polvere; per consentire all’anima di raggiungerci dobbiamo “ammazzare il tempo”. In questi ultimi cinque anni con le mie fughe d’amore in Alaska, sì, avete capito bene, fughe d’amore, perchè ritengo l’Alaska la mia amante, ho permesso alla mia anima di viaggiare con me e questo non è poco. Luglio 1977 ore 11 del mattino, vallone del Materot: “Marco, stai attento e metti i piedi dove li metto io. Beppe - urla mio padre all’amico poco sopra - tieni tesa la corda e recupera piano piano Marco”… Marzo 2009 ore 3.30 del mattino, passo Little Mc Kinley, Alaska: “Marco stai attento a non perdere la flebile traccia pag. 28 – Adamello 105 davanti a te altrimenti sono cavoli tuoi, io ti ho avvertito!”. Questa volta la voce non è quella di mio padre, ma arriva dall’altra persona che vive in ognuno di noi e che molte volte rema contro. Trentadue anni di distanza e paesi distanti diecimila chilometri l’uno dall’altro, ma con un unico comun denominatore: la voglia di avventura fin da piccolo. L’Iditarod è una gara di 1770 km attraverso l’Alaska, a piedi in inverno è un mondo meraviglioso anche quando sei allo stremo delle forze: aurore boreali, paesaggi mozzafiato, impronte di lupi che ti seguono e questo a qualche centinaio di chilometri lontano da tutto. Ma allo stesso tempo c’è l’adrenalina perché stai gareggiando: è il meglio dei due mondi, pace interiore ed eccitazione. Ci siamo; dopo quasi 20 ore di viaggio l’aereo atterra sulla pista ghiacciata di Anchorage, sono passati due anni: Alaska mi sei mancata. Solo quando le ruote dell’aereo toccano il suolo riesco a staccare completamente il pensiero da tutto ciò che ho lasciato in Italia, sì, perchè in questa gara tu sei il giocatore che finalizza il gioco, il resto della squadra è rimasta a casa. Di conseguenza la tranquillità e la forza che ti viene trasmessa è fondamentale per superare le difficoltà: se a casa tutto va bene, l’energia positiva che ti arriva ti dona una marcia in più. Ne è la prova lampante quando nel 2007 un mio carissimo amico stava combattendo una battaglia contro un male incurabile ed io ero in Alaska ma solo con il corpo, la Alpinismo mia mente e la mia anima non mi avevano seguito, erano rimaste vicino a Sisco con il risultato che tutto quello che facevo mi sembrava essere di una banalità sconcertante. Tutto mi pesava: il vento, la neve, il freddo e l’Alaska in inverno non perdona persone che l’affrontano solo con il fisico. Quest’anno tutto sembra andare per il verso giusto, i duri allenamenti che si sono susseguiti per l’intero anno sembrano aver dato buoni frutti e mi trovo alla partenza con buone sensazioni e, come si dice, con la gamba bella tonda. Primo Marzo 2009, tutto è pronto e questa volta non posso sbagliare. Dopo il via la tensione accumulata prima della gara svanisce di colpo e in un attimo mi ritrovo solo a camminare in mezzo ad un fitto bosco di abeti e betulle. Che bella sensazione ritrovare dopo due anni gli alberi che tante volte mi hanno protetto dal vento gelido! La slitta che traino è sempre molto pesante: preferisco avere tutto il necessario per affrontare ogni tipo di emergenza, ma questa mia esigenza si traduce in 20/25 kg di peso e attaccati ai miei poveri 68 kg di corpo non è sempre un’esperienza piacevole, inoltre dopo cinque anni di Alaska ho scoperto che non è tutta pianura. Mi ci vogliono 7 giorni e 9 ore per coprire i 560 chilometri che mi separano dal traguardo intermedio di Mc.Grath non senza difficoltà perché anche in Alaska, come in Italia, è nevicato abbondantemente e quindi le ciaspole praticamente non le ho mai potute togliere. Il famoso Rainy pass mi ha dato filo da torcere, tanto da obbligarmi a fare un bivacco di emergenza e trascorrere parte della notte in un buco nella neve per scappare ad una tempesta veramente forte. Dopo Mc.Grath, il gioco si restringe a soli quattro concorrenti: tre americani, di cui due a piedi, uno in bicicletta e io. I restanti 1300 chilometri che mi separano da Nome sono per me un pellegrinaggio, le famiglie che incontro nei villaggi sono sempre pronte ad aprirti la porta di casa a qualsiasi ora del giorno e della notte per darti cibo calore e simpatia. In quei momenti ti rendi conto che le cose essenziali nella vita sono poche. Il piacere di abbracciare un uomo, vedere la luce di un villaggio che si avvicina dopo 3/4 giorni che sei in giro sbattuto dal vento e dal freddo ti fa piangere. L’arrivo nel villaggio è per me una gioia immensa perché oltre alla possibilità di riposare e mangiare posso comunicare a casa . A volte passano anche 6/7 giorni fra un contatto e l’altro perché ci sono dei tratti in cui non è possibile farlo. Per scelta non porto il telefono satellitare perchè preferisco essere molto concentrato sul percorso. So che devo stare solo e non voglio subire pressioni dall’esterno, devo fare leva solo sulle mie forze perché nessuno mi può aiutare, non avendo vie di scampo si sta molto più attenti. La fatica e la stanchezza giocano brutti scherzi e, anche se stai facendo una passeggiata dietro casa, il pensiero “Chi me l’ha fatto fare” è sempre in agguato; vi lascio immaginare quante volte mi è passato per la mente in Alaska. Ma se sai che si tratta di fatiche di cui gioirai quando sarai a casa, allora riesci a superare gli ostacoli più duri. Durante il mio avvicinamento al traguardo pensavo: “Mai più una faticaccia del genere!”. Vero è che ho lasciato parte del mia attrezzatura sotto l’arco d’arrivo a Nome per non essere tentato dal ripetere l’impresa. Invece qualche giorno dopo l’arrivo: “Magari fra qualche anno…”. Certo per fare una fatica così grande devi essere molto motivato, adesso non ho motivazioni per tornare e l’anno prossimo certamente non sarò al nastro di partenza. Ma non riesco a dire “Mai più”, perché per me l’Alaska è come un’amante, ci penso ogni giorno. Ho bisogno di misurarmi con me stesso, di cercare i miei limiti, anche se in realtà non so bene cosa vado a cercare. Se mi interrogo a fondo sulle motivazioni che mi spingono là, ogni giorno ne scopro una nuova. La prima volta che sono andato mi domandavo se sarei stato capace di stare da solo, se ero in grado di vincere le paure ataviche del buio, del lupo… Alla fine mi sono reso conto che la natura è sincera, nel senso che il lupo fa il lupo, il vento fa il vento, il freddo fa il freddo. Nella nostra società tutti portano una maschera e quindi molte volte ti trovi a dover affrontare un lupo travestito da agnello e il gioco diventa sleale. Adamello 105 – pag. 29 G.P.E. Clusone Rifugio S. Lucio Quelli del giovedì di Ernesto Paroli I nverno di neve questo che è appena trascorso, come non si vedeva da parecchi decenni. Neve fin dai primi giorni di freddo. E così, se gli autunni scorsi si protraevano a lungo facendoci assaporare con gusto le belle giornate luminose e coloratissime del fogliame rossastro sullo sfondo del cielo talvolta velato ma quasi sempre azzurro, è accaduto invece che fin dalla fine di novembre siamo andati sulla neve. Non che questo ci abbia disturbato eccessivamente, tutt’altro. Si è trattato solo di tirare fuori gli scarponi pesanti e le ciaspole con un po’ di anticipo e cominciare a darci da fare. Poi le cose sono andate avanti da sole, tutto si è svolto come da programma ma con la piacevole sorpresa di un forte incremento dei ciaspolatori che quest’inverno sono aumentati considerevolmente, segno che questa pratica escursionistica è sempre più apprezzata. Lo stesso è avvenuto per gli sciatori che, seppure di meno rispetto ai ciaspolatori, sono aumentati. Sorvolando sul facile sarca- smo (vista la media della nostra età anagrafica) diamo un po’ di numeri: sommando le partecipazioni alle varie escursioni, i ciaspolatori hanno superato le 200 presenze, mentre più di 100 sono stati gli sciatori. Sempre nutrito il gruppo dei camminatori i quali hanno sempre trovato modo di compiere la loro escursione arrivando spesso là dove si arrivava con le ciaspole. Gli scorsi inverni con le prime nevicate si assisteva ad un certo cambio dei partecipanti alle nostre gite. Varie persone, probabilmente non gradendo i disagi che talvolta riserva la neve, dopo le gite autunnali, rinunciavano alle escursioni invernali per rientrare a primavera. Ciò consentiva la partecipazione di altri. Ora questo avviene molto più di rado, quindi ci sono molti esclusi. Perché il desiderio di venire con noi è molto sentito e purtroppo non si riesce mai ad accontentare tutti coloro che ne fanno richiesta. Spesso il coordinatore del gruppo, che riceve le richieste di partecipazione, confessa di trovarsi in diffi- Angolo Terme - Lago Moro pag. 30 – Adamello 105 coltà quando è costretto a dire che non c’è posto sul pullman. Quasi che la nostra sia una specie di congrega chiusa per entrare nella quale occorra chissà quale raccomandazione o passaporto. La verità è molto più semplice. Chi partecipa è così contento di venire che difficilmente rinuncia al suo giovedì e quindi difficilmente si trova posto per chi aspetta. Stagione di novità nell’organizzazione del nostro gruppo e stagione soprattutto di iniziative, di festeggiamenti, di escursioni sempre molto belle in ambienti diversi che la neve copiosa caduta quest’inverno ha reso spesso incantati. Andando per ordine iniziamo con una breve cronistoria delle principali gite effettuate. A fine ottobre ci eravamo lasciati sulle balze scoscese della Liguria quando, dal Santuario della Madonna di Caravaggio, sferzati da un vento biblico, abbiamo ammirato il golfo di Rapallo e le scogliere delle Cinque Terre in lontananza. Inizio di novembre: raccolta delle mele in Val di Non. Dopo una passeggiata fra i faggi e i pini da Romeno al Baito del Vescovo, con carrelli e cestini da Coredo siamo scesi a Dermulo arricchendo via via il nostro fardello. La settimana successiva, partendo da Brivio in provincia di Lecco abbiamo costeggiato l’Adda fino a Trezzo e successivamente abbiamo visitato il Villaggio Crespi. Purtroppo sono stati più di 25 chilometri sotto una pioggerellina fine e fastidiosa che non ci ha mai lasciato. I Monti Berici, da Lonigo a Costozza, sono costellati di antiche ville venete. La passeggiata in questo magnifico ambiente si è conclusa nel complesso Pavoni con acquisto di vino e festa di compleanno. È fine novembre ed ecco le prime escursioni sulla neve. Altipiano di Asiago, monte Corno e discesa nella valle Granezza sotto un cielo sfolgorante. Paesaggio incantato sui monti di Clusone, prati, baite, viottoli e arrivo al G.P.E. rifugio San Lucio. Inizio di dicembre con 50 centimetri di neve fresca. Ultima escursione prima di Natale. Siamo ad Angolo Terme. Il cielo è nuvoloso. Passiamo per alcune frazioni e arriviamo al lago Moro. Passeggiata tranquilla. Ci diamo appuntamento per il giovedì successivo per un incontro di auguri. Ad inizio anno gli sciatori cominciano le danze. Tradizionale escursione al sempre magnifico panorama del Corno di Renon. Il cielo è sereno e sconfinato. La settimana successiva, al passo di Costalunga il cielo è piuttosto velato. Ma la neve, alta, è ben battuta e ciò ci consente di fare una magnifica ciaspolata per le mulattiere fino al rifugio Nigra e con arrivo a Nova Levante. Ma la sorpresa arriva il 22 gennaio quando all’altipiano di Asiago ai piedi del monte Verenetta ci troviamo circa due metri di neve. Paesaggio incantato. Baite sepolte, i ruderi del forte soffocati dal bianco. Solo i ciaspolatori fra lo stupore effettuano la salita al forte e la discesa battendosi la strada. I compagni del pullman, compresi gli sciatori, si accontentano di una bella passeggiata sulla strada fino ad una località vicina. A fine gennaio a Obereggen di nuovo un cielo magnifico, baite, spianate e sentieri battuti fra i boschi mentre gli sciatori se la spassano. A Ponte di Legno si va nella Valle delle Messi. Nelle località vicine c’è pericolo di valanghe. La neve è caduta copiosa. Ciò non ci impedisce di fare una ciaspolata piuttosto tosta fino alla Baita Valmalza con ritorno a Ponte per il tradizionale bianchino. Peccato per le nuvole basse. Sulle balze della valle intravediamo alcuni camosci che si sono spinti in basso in cerca di cibo. Per la successiva escursione si va a Folgaria e a Passo Coe. L’azzurro è intenso sulla neve alta. Camminiamo per un lungo tratto sui pendii tracciandoci il sentiero. Arriviamo così alla malga Pioverna dove ci fermiamo dopo essere saliti al dosso Costa d’Agra. Per raggiungere l’ingresso ed entrare nella baita che ci ospita per il pranzo il custode ha scavato un pozzo nella neve profondo circa due metri. Il giovedì seguente invece, ad Andalo e a Fai della Paganella, la neve che scendeva mista a pioggia non ci ha consentito una bella escursione. Il disagio è stato però superato con un bell’incontro conviviale. L’Alpe di Siusi è la meta successiva. È sempre un luogo straordinario. La giornata è serena e tutti finalmente si sentono a proprio agio. La camminata è magnifica e con questa si conclude in bellezza la stagione della neve. L’appuntamento per il prossimo giovedì è il lago di Garda da Tignale a cima Rifugio Piem. È fine marzo ed eccoci all’escursione certamente più bella. Una giornata bellissima di sole e di azzurro ci accoglie alle Cinque Terre. Da Riomaggiore saliamo al Santuario di Montenero. Quindi, per una facile mulattiera, traversando boschi e macchie giungiamo a Volastra. Poi a Corniglia percorrendo sentieri fra i vigneti a strapiombo e uliveti aggrappati alle balze, sotto di noi le scogliere cariche di fiori ed arbusti col mare turchino. Ritorno in treno a Riomaggiore. La pioggerella più insistente ci ha lasciato poche possibilità ai monti Lessini per fare la nostra camminata. Ci diamo comunque appuntamento per gli auguri di Pasqua in un incontro esteso a tutti. Anche la gita a Paspardo del 16 aprile è stata un po’ “umida”. Siamo arrivati quasi tutti al rifugio Colombè ma nelle nuvole basse e sotto una pioggia antipatica. Ritorniamo sulle colline del lago di Garda per una occasione davvero speciale. Per questa escursione e per ciò che ne segue si sono aggregate altre persone giunte fin qui, nei pressi di Polpenazze, seguendo il pullman con mezzi propri. Percorriamo viottoli, attraversiamo boschetti, passiamo accanto a ville, aziende agricole e allevamenti, numerosi su queste magnifiche colline. La meta è Lonato dove ci attende una tavola ricchissima allestita per festeggiare il compleanno del nostro decano Sandro Ranzini. L’allegria è contagiosa con i piedi sotto il tavolo soprattutto quando, come in questo caso, le cose sono buonissime e il vino non manca. La giornata si è conclusa con una visita alla Fondazione Ugo Da Como. Stagione di festeggiamenti e stagione di novità organizzative. Al rientro, dopo la pausa estiva, è stato costituito un gruppo che mettesse a punto un programma di massima e collaborasse per individuare le mete, organizzare e condurre le escursioni. Ma l’appuntamento più importante è stato il 28 marzo presso l’aula magna dell’Istituto “Tartaglia” dove, alla presenza di circa trecento persone, con le autorità locali e regionali del C.A.I., sostenitori e amici consueti e persi di vista, è stato presentato il volume “Gruppo Pensionati Escursionisti – Vent’anni di storia” di Giulio Franceschini che per questa opera si è avvalso della collaborazione di Dino Pedretti ed Eros Fiammetti. Storia di un’esperienza pluridecennale di camminate ma pervasa di amicizia, di amore per la natura, ma soprattutto di amore per la vita, questo testo supera di gran lunga i confini stretti dell’opera di memoria per diventare il suggello di un percorso compiuto insieme laddove il paesaggio pur col suo valore di appagamento interiore diventa comunque pretesto per intessere legami personali che vanno oltre il traguardo della cima raggiunta dopo una faticosa salita. 2009 Dolomiti - i nostri sciatori Adamello 105 – pag. 31 Sci fondo escursionismo Imparare a curvare a tallone libero... a tutto Telemark! di Ida e Simone Zanoni Q uest’anno la Scuola Nazionale di Sci Fondo Escursionismo “Adamello” del CAI Brescia, oltre al tradizionale corso di sci di fondo (frequentato come ogni anno da più di 60 allievi) ha dato il via al corso di sci escursionismo tenuto dagli istruttori Simone Zanoni e Mauro Morandi e al quale si sono iscritti una decina di allievi. Lo sci escursionistico è la naturale continuazione dello sci di fondo, essendo l’attività escursionistica invernale ideale per chi sceglie di gustarsi la natura al di fuori delle piste, ma senza cercare salite troppo impegnative o necessitare di conoscenze alpinistiche. L’equipaggiamento necessario per affrontare il corso di sci escursionismo è comunque l’equipaggiamento tradizionale per chi percorre i tracciati innevati fuori pista. In particolare sono previsti scarponi a tallone libero, sci con lamine, pelli di foca, sonda, pala, Arva. Il corso è stato preceduto da alcune lezioni teoriche, tenute in concomitanza con il corso di sci alpinismo SA1, su tematiche di primo soccorso, tipi di innevamento, valanghe, meteorologia, topografia e orientamento, utilizzo dell’Arva, conoscenza dell’ambiente montano. Il programma delle uscite prevedeva una prima serie di due lezioni su pista battuta di discesa per affinare la tecnica di discesa e valutare l’opportuno adattamento alle diverse condizioni di neve e acquisire la sensibilità sull’attrezzatura usata. Le prime uscite sono state fatte al Maniva che quest’anno è sempre stato copiosamente coperto di neve ed è stato l’ideale terreno di inaugurazione del corso. Indossate tutte le attrezzature, in buona parte rese disponibili dal CAI, gli allievi hanno affrontato con deciso coraggio la prima discesa a “spazzaneve”, dato che molti di loro non avevano mai fatto sci di discesa in pista. Le discese del Maniva non sono molto ripide quindi la tecnica dello spazzaneve e delle diagonali è molto adatta anche per chi è alle prime armi. Purtroppo il tempo non sempre è propizio, quindi a causa di una nebbia calata repentinamente sulle piste di discesa nella prima giornata… per molti allievi la via del ritorno sembrava smarrita… Nella seconda uscita il tempo è stato decisamente più generoso, un sole splendido con un cielo terso e un innevamento memorabile hanno fatto sì che l’uscita fosse ideale per fare tentare agli allievi le prime scivolate a tallone libero le prime cadute… e per i più bravi le prime curve a “telemark”… Il tempo non sempre offre le condizioni ideali per un’uscita di escursionismo, questo lo si può leggere anche dal “bollettino neve” che bisogna consultare sempre prima di ogni uscita di escursionismo. In effetti questo è quello che è successo una domenica, in cui a causa di un’ abbondante nevicata anche in città, e a causa di un bollettino nevevalanghe con un pericolo marcato pari a 4, gli istruttori hanno deciso di rimandare l’uscita e dedicare gli allievi a una intensa lezione presso la sede del CAI sull’utilizzo dell’ARVA, con una esercitazione pratica di ricerca. Alcuni intrepidi, pag. 32 – Adamello 105 nella stessa domenica hanno poi voluto mantenere l’allenamento con una corsa su per il monte Maddalena, sotto i fiocchi di neve che imbiancavano le strade, in prospettiva dell’uscita seguente. La vera uscita di “escursionismo” l’abbiamo fatta quindi la volta seguente, sempre in Maniva seguendo il tracciato che ogni sciatore di sci escursionismo o sci alpinismo bresciano conosce. Per stimolare l’attenzione degli allievi il primo passo è stato un delizioso cappuccino e una squisita brioche al mitico Albergo Bonardi. Successivamente si è iniziata la procedura di “vestizione” degli sci con le pelli sotto gli sci e l’indosso dell’ARVA. La determinazione in salita porta gli allievi sino alle pendici del Monte Dasdana, dove facciamo un pic-nic al sole gustandoci l’incantevole panorama con vista del Lago di Garda e della penisola di Sirmione tutti circondati da monti innevati. Lasciata la Valle Trompia la successiva meta è nella Valle Camonica ed è il Passo del Mortirolo. Qui la neve è un po’ meno copiosa (costringendoci ad iniziare la via dell’escursione a piedi), anche perché siamo già a Marzo, ma man mano che si sale nella valle la neve aumenta ed il paesaggio ci ripaga grandemente di tutti gli sforzi della salita. Arrivati al Passo di Varadega ci fermiamo nei pressi di una malga completamente sommersa di neve e ci gustiamo il panorama insieme ad alcune golosità che ci siamo portate nello zaino. La discesa è in mezzo alla pineta, e si può dire che il paesaggio è l’ideale per testare quella che è la tecnica del telemark. La meta seguente la raggiungiamo in pullman assieme ai corsisti del fondo. Quest’inverno la neve a Campiglio ha raggiunto i 3 metri e se non fosse stato per un gruppo di ciaspolatori che ci avevano preceduto pensando bene di battere un bel percorso tutto in salita ce la saremmo sicuramente ricordata come la più faticosa in assoluto. Comunque anche qui il sole decide di accompagnarci, e quindi raggiungiamo la nostra meta che è costituita dalla Malga di Vigo anche noi con gocce di vero sudore e senza più riserve: un piccolo ristoro e poi giù in discesa sulle piste perfettamente battute e poco frequentate del versante. Molti degli allievi abbozzano già il corretto movimento del Telemark, e quindi apprezzano di più la discesa con questo movimento antico. Ancora una salita, stavolta in seggiovia, e poi giù di nuovo dalle piste più innevate degli ultimi anni. Sul pullmann tra una golosità e una chiacchiera sogniamo già l’uscita seguente che sarà ben più lontana. L’ultima escursione è in programma in Valle d’Aosta nella località di Saint Barthelemy: come la ciliegina sulla torta questa uscita (il cui percorso si snoda dal paesino di Lignan al Mont Morion) è la degna coronazione di tutto il corso, troviamo infatti una giornata splendida e delle condizioni di neve ideali che permettono a tutti gli allievi di compiere delle splendide curve a telemark anche nei tratti di bosco, con estrema soddisfazione di tutti! Sci fondo escursionismo G li istruttori sono già al lavoro per preparare la stagione 2009/2010. Sono in programma uscite domenicali di preparazione atletica dal 4 ottobre sui monti di Brescia e limitrofi in nordic walking (materiale in prestito d’uso) per una preparazione di base. Le iscrizioni al 38° corso si aprono il 3 ottobre ed il corso inizierà i primi di novembre (il programma dettagliato lo trovate in sede da settembre). Sono in programma uscite domenicali di preparazione pre-sciistica sui monti di Brescia e provincia, lezioni teoriche serali c/o la sede del Cai, che hanno per argomenti il primo soccorso, la sciolinatura e la tecnica. Inoltre una lezione teorico pratica illustrerà i fondamenti dell’orientamento per imparare, divertendosi, a muoversi in ambiente montano con l’uso di carta e bussola. Tre giornate più un week-end sulla neve che si svolgeranno in località sciistiche del Trentino Alto-Adige. I trasferimenti per queste località verranno tutti effettuati comodamente in pullman gran turismo. La nostra scuola si propone di condividere con tutti i partecipanti, oltre all’apprendimento di una splendida disciplina sportiva, anche un diverso modo di vivere la montagna nel periodo invernale stando in compagnia e divertendosi, ed è con questo spirito che vi aspettiamo numerosi. ISCRIZIONI AL CORSO Le iscrizioni si aprono da sabato 3 ottobre alle ore 17.00 presso la sede del C.A.I e si ricevono fino ad esaurimento dei posti disponibili nei gruppi. Per informazioni trovate a vostra disposizione la segreteria oppure potete trovare il programma aggiornato sul sito internet www.cai.bs.it da settembre. Inoltre vi ricordiamo che verranno programmate: GITE DI SCI FONDO Da gennaio a marzo gite domenicali in pullman nelle migliori località sciistiche. Un ricco programma di gite per mantenersi sempre in piena forma in compagnia. LA SETTIMANA BIANCA A febbraio verrà organizzata la consueta settimana bianca di sci di fondo. GITE ESCURSIONISTICHE Da gennaio gite con sci da escursionismo e pelli di foca (materiale dato gratuitamente in prestito d’uso fino ad esaurimento). Iniziative extra corso coordinate dallo Sci Club: PREPARAZIONE PRESCISTICA Da settembre è possibile allenarsi con gli istruttori. TESSERAMENTO FISI Campagna di tesseramento 09/10 per coloro che vogliono affiliarsi allo sci club. GARE SCI FONDO GIOVANILI Da gennaio a marzo la squadra giovanile e gli atleti senior parteciperanno alle gare per i ragazzi da 8 a 18 anni. APPUNTATEVI QUESTA DATA: IL 3 OTTOBRE 2009 APRONO LE ISCRIZIONI VI ASPETTIAMO! UN NUOVO ISTRUTTORE NELLA SCUOLA DI SCI FONDO ESCURSIONISMO! Mauro Morandi ha superato con successo gli esami di istruttore regionale di sci fondo-escursionismo Classe 1977, Bresciano di nascita, laureato in ingegneria civile, lavora nel settore dell’edilizia come libero professionista, ma lo sport invernale preferito è sempre stato lo sci di fondo e fondo escursionismo. Nel 1992 ha partecipato ai corsi di formazione della nostra scuola e dal 1999 è diventato istruttore sezionale. A coronamento dell’impegno dedicato in attività della scuola e della propria esperienza acquisita sul territorio montano, è arrivato il superamento del corsoesame di istruttore ISFE, svoltosi al Passo Rolle nel marzo di quest’anno. Auguriamo a Mauro tante escursioni sulla neve in compagnia dei nostri soci. Adamello 105 – pag. 33 Scuola di Alpinismo Rajando el sol Desesperacion di Eros Pedrini Prima lezione di spagnolo, primo dialogo. Poi interviene Manuel che inizia a martellarci con i verbi. Ma che ci fa un corso di spagnolo al C.A.I.? Per capirci qualcosa bisogna risalire almeno ad un anno fa, più o meno quando all’interno della Commissione Tecnica della Scuola di Alpinismo e Sci Alpinismo “Adamello – Tullio Corbellini” abbiamo iniziato a dar vita ad un sogno: quello di una nuova spedizione nella Cordillera Blanca del Perù. Io, per aggiungere sogno al sogno, proposi di dar vita anche ad un mini-corso preparatorio che ci permettesse di aumentare la nostra capacità di comunicare una volta arrivati in Perù. Non che nel 2005, nel corso della precedente spedizione, ci fossimo trovati in difficoltà serie nel farci capire, visto che qualcuno di noi ci riuscì sufficientemente perfino in dialetto bresciano. Ma questa volta ci sembrava bello tentare qualcosa di più. Avevamo, per giunta, chi avrebbe fatto al caso nostro: Manuel Bonomo, nuovo istruttore sezionale, super esperto in lingue, ci aveva da tempo offerto la sua disponibilità a guidarci attraverso questa prova. Ed è così che è iniziato alla fine di Novembre del 2008, e pochi giorni fa anche terminato, il nostro primo corso di spagnolo. Una prova tutto sommato anche faticosa, 16 incontri serali di un paio d’ore, ma assolutamente stimolante, coinvolgente e ricca di spunti interessanti. Compresi gli ottimi contributi extra-lezione: un incontro con un bravissimo compositore paraguajano, Angel Galzerano, invitato da Manuel prima dell’interruzione natalizia degli incontri; la prova di comprensione di film in lingua (veramente dura!) e anche una verifica “sul terreno” dell’efficacia del corso, quando Mila, una allieva del gruppo, è partita per un viaggio in Patagonia e, al suo ritorno, è stata in grado di farci una relazione in spagnolo della sua bellissima esperienza. Forse in quest’ultima occasione abbiamo davvero capito che il valore del corso era concreto, che ciò che avevamo costruito con Manuel era realmente spendibile. Tanto che si è iniziato a pensare immediatamente ad un corso di approfondimento per l’anno prossimo. Insomma, grande risultato accompagnato anche da grande divertimento, visto che di… stupidate ne sono uscite a ripetizione, come era ovvio aspettarsi. Una fra le tante? Quella puntualmente coniata da Riccardo, dopo un’ora di verbi coniugati all’imperfetto e al passato remoto, inconsciamente parafrasando i celebri versi di Neruda “Puedo escribir los verbos más tristes esta noche” Inutile dire che Neruda mica pensava ai “verbi”, bensì ai “versi”. pag. 34 – Adamello 105 Sono certo di aver dimenticato mille cose e mille episodi che andrebbero raccontati, ma forse già questo basta a trasmettere un po’ della soddisfazione di aver creduto e contribuito a realizzare questa piccola “sfida”. Grazie a Manuel, davvero encomiabile sia sul piano didattico che nel fornire stimoli rassicuranti, e grazie a tutti coloro che hanno partecipato, con varia intensità, al corso che ha visto complessivamente ben 17 iscritti. Ah! Dimenticavo. La spiegazione del titolo di questo articolo. “Rajando el sol” (letteralmente “graffiando il sole”) è il titolo di una canzone, ascoltata più volte durante il corso e interpretata in modo totalmente melodrammatico da un cantautore spagnolo, che parla appunto della disperazione (desesperacion) di un amante abbandonato. Ci è rimasta talmente nelle orecchie, tanto da spingerci a ripeterla e addirittura trasformarla, adattandola a situazioni del tutto diverse da quella originale. Per due o tre incontri successivi era diventata quasi una forma obbligata di saluto. Via Villa Glori, 13 tel. 030-321838 fax 030-2416163 Email: [email protected] Foto di Mauro Torri: Cresta Signal – Monte Rosa “Hola! Soy Mila y vivo en Brescia”. “Encantado, yo soy Eros”. “Mucho gusto”. Scuola di Alpinismo Da spedizione della Scuola a scuola di spedizione di Riccardo Dall’Ara I n lingua Quechua, l’antica lingua degli Inca parlata ancora in sud America, Rurec significa “una valle il cui ingresso è molto lontano”; noi della scuola “Adamello – T. Corbellini” del C.A.I. di Brescia speriamo che questo ingresso si faccia vicino. Rurec è il nome della valle nella catena montuosa peruviana della Cordillera Blanca, già visitata nella precedente spedizione del 2005, che ospiterà questa nuova avventura di cui alcuni nostri giovani istruttori saranno protagonisti. Il progetto Rurec Expe 2009 presenta alcune peculiarità di cui la più importante sta alla base dello stesso. L’esperienza infatti mira principalmente a far provare ai giovani componenti del gruppo cosa significa gestire e vivere una spedizione auto-organizzata. Sarà una vera e propria scuola che non mira solo al risultato alpinistico, che ad ogni modo resta un obiettivo essenziale, ma anche al mettere a punto ed affinare tutte le capacità organizzative e tecniche necessarie per la realizzazione e la buona riuscita di spedizioni alpinistiche ad alta quota. PROGRAMMA LEZIONI TEORICHE Le lezioni teoriche si svolgeranno presso la sede del CAI in Via Villa Glori 13, inizieranno alle ore 20.30 e avranno una durata approssimativa di 2 ore. Eventuali variazioni di data e di orario saranno tempestivamente comunicate agli iscritti al corso. Martedì 25 Agosto Presentazione del corso – Cenni sui pericoli della montagnaEquipaggiamento individuale Giovedì 27 Agosto Nodi di legatura e giunzione Martedì 1 Settembre Nodi di assicurazione e autoassicurazione Giovedì 3 Settembre Legatura su ghiacciaio Mercoledì 9 Settembre Storia dell’alpinismo Lunedì 14 Settembre Meteorologia Mercoledì 16 Settembre Tutela dell’ambiente alpino Giovedì 17 Settembre Allenamento e alimentazione Martedì 22 Settembre Organizzazione di una gita e pericoli dell’alpinismo Giovedì 24 Settembre Primo soccorso Mercoledì 30 Settembre Topografia e orientamento Giovedì 1 Ottobre Organizzazione e struttura del Club Alpino Italiano PROGRAMMA LEZIONI PRATICHE Le lezioni potranno occupare l’intera giornata ed è possibile che si svolgano anche in caso di condizioni meteorologiche e ambientali sfavorevoli, ma potranno variare di località. I luoghi di svolgimento, gli orari ed i punti di ritrovo saranno comunicati nel corso delle lezioni precedenti. Sabato 5 Settembre Domenica 6 Settembre Sabato 12 Settembre Domenica 13 Settembre Sabato 19 Settembre Domenica 20 Settembre Sabato 26 Settembre Sabato 3 Ottobre Domenica 4 Ottobre Modulo ghiaccio Modulo ghiaccio Modulo ghiaccio Modulo ghiaccio Virle – Mazzano – Modulo roccia Virle – Mazzano – Modulo roccia Uscita in ambiente – Modulo roccia Virle – Mazzano – Modulo roccia Virle – Mazzano – Modulo roccia QUOTA D’ISCRIZIONE Euro 200,00 (euro 180,00 per i minori di anni 20 alla data di chiusura delle iscrizioni) La quota d'iscrizione è destinata alla copertura dei costi assicurativi, organizzativi e di uso dei materiali (corde, ecc.); sono escluse le spese per trasferimenti, soggiorni, eventuali impianti di risalita ed altro. Altra novità di questa spedizione sarà l’uso limitato di supporti esterni. Grazie al cospicuo numero di partecipanti infatti, è nostra intenzione limitarci al sostegno di un cuoco e di un ridottissimo numero di portatori del luogo. Inoltre ci siamo imposti, come impegno, di prestare la massima attenzione al rispetto di comportamenti eco-sostenibili, che non vadano cioè a ledere il prezioso equilibrio ambientale delle zone nelle quali si opererà e che rientrano nell’area del Parco Nazionale dello Huascaran. In poche parole faremo in modo che le tracce del nostro passaggio siano minime e non dannose per l’ambiente. Non sarà una novità per la nostra scuola, invece, l’obbiettivo di solidarietà parallelo a quello alpinistico. Già nella spedizione del 2005 ci eravamo impegnati in un gemellaggio con la Escuela de Guias de alta Montaña “Don Bosco en los Andes” di Marcarà, scuola di alpinismo gestita dall’organizzazione “Operazione Mato Grosso”, un movimento che si propone l’educazione dei giovani attraverso il lavoro gratuito per i più poveri in alcuni paesi dell’America Latina. In quell’occasione avevamo donato un’ingente quantità di materiale tecnico alpinistico; quest’anno si punterà maggiormente sulla raccolta di fondi. Ciò che raccoglieremo attraverso le sponsorizzazioni entrerà infatti in minima parte a sostegno delle spese organizzative e tecniche della spedizione, lasciando il restante a supporto delle iniziative della Escuela. La spedizione ci vedrà impegnati nell’intero mese di Giugno, momento centrale sarà la fase esplorativa nella valle Quebrada Rurec (Cordillera Blanca), con l’allestimento di un campo base e l’individuazione di percorsi di salita ad una o più cime, a seconda delle condizioni che troveremo. Gli obiettivi ipotizzabili sono il Cashan (5723 m.), il Rurec (5700 m.), e l’Uruashraju (5735 m.), verificando eventualmente se esiste la possibilità di una traversata in quota, che colleghi più cime che si affacciano sulla Quebrada. Durante tutta la spedizione sarà data attenzione anche alla documentazione attraverso fotografie e filmati in modo da poter realizzare al ritorno un prodotto audiovisivo da impegnare come strumento per la nostra scuola e come documento per tutti gli amanti della montagna a cui risulterà interessante il nostro progetto. Concludendo, Rurec Expe 2009 è sì una spedizione alpinistica, ma, grazie alle sue particolarità e all’entusiasmo dei suoi giovani protagonisti, che per l’occasione si prodigheranno anche nello studio della lingua spagnola, ha anche l’ambizione di riaccendere la voglia di percorrere strade nuove o dismesse, di esplorare nuove vette, sia in senso pratico, reale, che in senso umano. Adamello 105 – pag. 35 Scuola di Alpinismo Moiazza, Avvicinamento alla Pala del Bo’ Virle, manovre di corda lezione in palestra di roccia Moiazza, Preparativi prima della scalata Passo Sella, Corda doppia sulla Quarta torre Monticoco, Darfo Boario Terme per la prima volta appesi in sosta Moiazza, La giusta concentrazione pag. 36 – Adamello 105 Alpinismo giovanile Tre nuovi A.A.G. di Giovanni Lonati AAG? Semplice: Accompagnatore Alpinismo Giovanile. Chi sono i “tre”? Chiara Apostoli (nostra neo consigliere), Andreina Giacomini e il sottoscritto. Nuovi? Sì, freschi di nomina, anche se tanto nuovi non sono nel gruppo dell’Alpinismo Giovanile della nostra sezione. Sono approdati in questa realtà qualche anno fa in modi differenti: Chiara spinta dal nonno Silvio (una delle nostre colonne portanti e instancabile storico dall’Alpinismo bresciano), Andreina invitata proprio da Chiara (sua grande amica) e il sottoscritto grazie ad un articolo pubblicato su un quotidiano locale. Col passare del tempo i tre (chi più chi meno) si sono cimentati nel mondo verticale, hanno fatto scricchiolare parecchio ghiaccio sotto i loro ramponi, hanno faticato in alta quota e si sono concessi viaggetti in Himalaya. Una volta raggiunta la maggior età, da “accompagnati” si sono tramutati in “accompagnatori”. Questo titolo un po’ abusivo, guadagnato sul campo, ma non riconosciuto dalle alte sfere del CAI, stava un po’ stretto agli interessati. Non tanto per il desiderio di potersi fregiare di un distintivo e vantarsi per il poter anteporre al loro nome quelle tre semplici lettere, i nostri tre ventenni, supportati dal resto del gruppo accompagnatori, vogliosi di restituire al CAI quello cha dal CAI hanno ricevuto, hanno accettato la sfida lanciata loro dalla SRLAG (Scuola Regionale Lombarda Alpinismo Giovanile), partecipando al 10° corso di qualifica AAG. Iniziato nel lontano aprile 2008 con le selezioni, ha avuto il suo atto conclusivo con le nomine il 21 febbraio 2009 a Dongo. Vi risparmio il racconto di tutte le uscite che hanno spaziato dalle tecniche alpinistiche all’orientamento, dalla pedagogia al meteo, dalle valanghe alla fauna… 2.300 chilometri (!) percorsi in auto per toccare varie località lombarde... tanti momenti spassosi con nuovi amici, lunghissime lezioni al chiuso non curanti del magnifico sole là fuori, marce forzate nella tormenta, arrabbiature e incomprensioni, test, colloqui, cene pantagrueliche...I nostri tre eroi sono felicemente sopravvissuti. Ed ora? La qualifica non equivale a nuovi super poteri, ma il corso ha dato loro maggior consapevolezza circa le loro conoscenze (e di conseguenza anche lacune) da accompagnatori e ampliato la loro visuale sul mondo dell’Alpinismo Giovanile, specialmente grazie al continuo confronto con AAG di altre sezioni. E scopri che a Lecco hanno così tanti partecipanti da dover organizzare due pullman per ogni uscita, a Cedegolo gli accompagnatori sono stati minacciati dai loro giovani: “O ci portate in Adamello o noi non veniamo più!”. E a Brescia? Che succede in città? Solitamente siamo in una trentina per ogni uscita e solo una dozzina alla settimana estiva. Non ci si lamenta tanto per l’esiguo numero dei nostri giovani o per la loro scarsa propensione alla fatica dell’andar per monti, ma spiace sapere che mentre noi siamo fuori a sudare sette camicie, o almeno ci tentiamo, molti giovani sprecano giornate intere al telefono o davanti agli schermi dei propri PC a curiosare nelle vite degli altri, a guardare foto e video, non curanti di ciò che accade là fuori, il loro mondo è lì dentro ad una scatola. Stiamo permettendo e spesso favorendo la frapposizione tra noi e la realtà di una cortina di artificialità ed è sempre più inevitabile un appiattimento sociale e culturale. La società odierna li sta trasformando in giovani adulti apparentemente sempre più liberi, indipendenti e senza freni, ma non sono altro che un prodotto artificiale di una realtà virtuale lontana anni luce da quella reale. Nel progetto educativo del CAI si parla di “spontaneo interesse dei giovani verso la Natura utilizzato quale perno per coinvolgerli...”. Quanto interessa ai nostri giovani la Natura e ai rispettivi genitori farla conoscere loro? Da buoni occidentali urbanizzati tendiamo a saturare ogni nostro singolo attimo con le attività più disparate, perdendo la cognizione del tempo e dello spazio reale, proponendo così anche ai nostri giovani una moltitudine di impegni che lascia loro poca libertà. E poi il calcio, il rugby, la danza... ci rapiscono i bimbi. Si preferisce per loro un sano sport competitivo e magari di moda e ci si tiene ben lontani da quel mondo sconosciuto e quindi pericoloso dell’Alpinismo. A questo proposito è doveroso anche un mea culpa, per la nostra scarsa e inefficace promozione delle nostre attività. Cosa proponiamo? Un ritorno alla Natura, non tanto un’attività, ma esperienze di vita vera. Allontanare anche solo per una giornata il giovane da tutto ciò che ai suoi occhi appare come “civiltà”. Lasciare che il sole bruci la nostra pelle o che la pioggia ci inzuppi completamente, non camminare tutto il giorno con la fissa di raggiungere la meta, ma vagabondare senza correre, non pensare più che le stelle si possono vedere soltanto su google, ma che esistono ancora nelle limpide notti montane... riprendere così possesso del nostro essere naturale e capire di quante inutilità ci circondiamo nella vita di tutti i giorni. Bello sarebbe restituirle alla “civiltà” dei nuovi giovani. Non vedere quindi l’Alpinismo Giovanile solo nell’ottica della Montagna, dell’Alpinismo, ma concepirlo e proporlo anche come via di un possibile e necessario riscatto sociale e culturale. Il compito presenta notevoli difficoltà, ma se ben portato a termine dona gradite ricompense. (I tre colgono l’occasione per ringraziare la sezione per aver sostenuto finanziariamente le spese non da poco del corso.) Adamello 105 – pag. 37 Poesia ROSANNA CITA AVANZINI, SETTANT’ANNI DI CLUB ALPINO ITALIANO di Fausto Camerini “Ho ereditato la passione della montagna da mio padre. Figurati che, quando gli ho presentato il mio futuro marito, prima di accettarlo in famiglia gli ha fatto una specie di esame di alpinismo” racconta divertita Rosanna Cita Avanzini, ancora arzilla, lucida e pungente nelle sue battute. Ottantun anni ben portati è nata il giorno di San Valentino “che un tempo era solo la mia festa; adesso che hanno inventato il consumismo è invece la festa di tutti” dice, mentre mostra orgogliosa la foto attaccata alla tessera del Club Alpino Italiano. È lei? “Certo che sono io: avevo 11 anni ed ero sulla vetta del Cevedale. Quella foto (che mostra una ragazzina con le trecce e con gli occhi vispi, gli stessi occhi vispi della ultraottuagenaria che sta parlando) l’ha scattata mio padre alla fine della mia prima gita da capocordata; un meraviglioso ricordo e non ho più voluto cambiarla” afferma con voce accalorata. La simpatica Rosanna ha passato una vita a vagabondare in mezzo alle Alpi, divisa tra la famiglia (ha allevato tre figlie, tutte ovviamente con la passione della montagna, mariti compresi. Che abbia fatto anche lei a loro l’esame di alpinismo prima di concedere la mano delle sue rampolle?) ed il suo lavoro di insegnante di italiano al Liceo Calini di Brescia. Ha vissuto in Val d’Aosta dove ha cominciato a macinare montagne, si è trasferita in Val Malenco, tra le splendide montagne della Valtellina, poi, 50 anni fa, è arrivata nella nostra città dove s’è sposata. “Nessun rimpianto per Milano, la città dove sono nata e dove credo che un animo sensibile possa resistere solo a fatica. Meglio Brescia dove, dalla mia casa di Viale Venezia, vedo i Ronchi”. La montagna, l’amore per i cani, il piacere della musica (ha suonato organo e pianoforte, i suoi preferiti sono Bach e Beethoven) sono state le passioni della sua vita, insieme allo sci. Che non può più fare perché “Otto anni fa, su una seggiovia, per una manovra malaccorta ma anche perché le seggiovie a quattro sedili sono più pericolose delle altre, mi sono rotta un femore e sono piena di ferraglia che mi tiene attaccate le ossa. Quando vado in aeroporto e passo dai controlli suono come se fossi piena di armi. Quanto mi manca adesso la montagna: limitarsi a vedere le vette dal basso è una atroce tortura che chi non l’ha provata non può capire” conclude con una nota di malinconia. Un tipo così, se dovesse rinascere, rifarebbe certamente di nuovo l’alpinista. pag. 38 – Adamello 105 PAGINE di Manuel Bonomo Nel profumo bianco del freddo il passo, lento, trasporta me solo su pagine di neve. Soffice, più in là di crosta a lato portante, lassù seducente. Scricchiola. Verde, sole, segni di passi. Roccia nell’azzurro e vista fino alla fine. Il Silenzio. In me un sole di pienezza. Ma nella brezza d’ombra mi cambio dentro. Io. Variabile, come il tempo. Cangiante, come la neve. Scendo nel bianco. Veloce, a più respiri. E lo scenario di forze ed elementi e solo, e piccolo, come ora nel tentativo in versi di dar forma al mio trascendere. LA ROSA PURPUREA (capodanno 2009) di Enzo Franzoni Nell’angolo nascosto della selva ormai spoglia, al limitar del bosco t’ho scoperta, inattesa, tra i rovi una macchia purpurea nel candore dei fiocchi che ti danzano attorno come a festeggiarti nel gelido ondeggiar del vento e ti stendon la coltre soffice e lieve per proteggere la tua stupenda bellezza. Ricordo ALLA MIA MONTAGNA di Franco Girati Nel blu più profondo, nell’aere terso, sulle porte del cielo, pilastri d’argento. Candidi manti inneggianti all’eterno, nel tuo splendore mi fai gioire. Alla mia tristezza doni un sorriso, liberi l’anima, i miei dolori spogli, spezzi le catene del mio umano travaglio. Aguzze guglie scolpite nel cielo, come canne d’organo affilate dal vento, cattedrale d’immenso. Cuori umili in ginocchio, venuti a pregare l’Eterno, gelide mani, affardellate spalle, tu li chiami e li esalti. SENTIERI di Lombardi Roberto Piccoli segni lasciati dalle vite di tanti uomini, dalle fatiche di tante donne, dal gioco di tanti bambini. Sottili fili bruni tra cieli e terre, sbiancati dal gelo, e accarezzati dal sole. Esili tracce che ci spingono su, verso le elevazioni dello spirito, incontro a colui che sa dove il nostro sentiero ha inizio e fine. ANGIOLINO ROTA Il 15 giugno scorso è mancato l’avvocato Angelo Rota, per molti anni Direttore della nostra Rivista. Durante la seduta del 16 giugno del Consiglio Direttivo della Sezione, allargato al personale di Segreteria e al Comitato di redazione della Rivista Adamello, il Vice-presidente Carlo Fasser ne ha ricordato la figura. Legati a Angiolino Rota da affetto e gratitudine, volentieri pubblichiamo queste note di Silvio Apostoli. È mancato il 15 giugno scorso l’avvocato Angelo Odoardo Rota, per gli amici Angiolino, uno dei più anziani soci, testimoni affermati che hanno vissuto l’evolversi della nostra Sezione per molti decenni. Socio dal 1933 e componente dello SciClub, molto attivo a quel tempo, fu tra i primi che si cimentarono sulle nevi del Maniva. Fu collaboratore della Scuola di sci, dei corsi di istruzione sciistica al Rifugio della Lobbia Alta in Adamello, dove una troupe cinematografica ebbe a riprendere la prima scuola di sci d’alta quota, l’unica di quel tempo. In una recente intervista, Angiolino Rota rammentava con orgoglio fatti significativi, nomi eccellenti, tanti amici alpinisti della Sezione ed altri ancora, nonostante la memoria affievolita dallo scorrere del tempo. Nella sua vita privata fu pubblicista e corrispondente estero, sempre eccellendo nelle discipline letterarie: da lui emergeva una profonda cultura. Fu direttore responsabile della rivista ADAMELLO dal 1954 al 2002, un incarico che svolse con passione e dedizione. Ultima fatica del nostro Angiolino fu la pubblicazione di una completa monografia relativa alla biografia e agli scritti di Paolo Prudenzini, realizzata in occasione del centenario della morte del celebre alpinista. Ricordi, fatti ed avvenimenti che Angiolino Rota conservava furono di aiuto per rammentare episodi della vita della Sezione, stante la vasta conoscenza che aveva nel campo alpinistico non solo locale ma anche nazionale. Di carattere molto riservato, fu Monte Bianco 1954 avverso alla logica dell’apparire, soddisfatto del suo curriculum d’alpinista e di socio affezionato alla Sezione. Per ultimo, una sorpresa fu l’apprendere che ebbe anche a cimentarsi nell’arte della pittura. Conservava nel suo studio alcuni dipinti. Il soggetto? La montagna, la natura alpina, che aveva ancora nel cuore. Lo ricorderemo. Ponte di Legno 1980 Adamello 105 – pag. 39 PROGRAMMA GITE G.P.E. 2009 DATA LOCALITÀ QUOTA DISLIVELLO COORDINATORI ORE PARTENZA martedì 07/7 mercoledì 08/7 Tonale - Rif. Denza (Val di Sole – Trento) 2.298 930 Maggi – Toffa - Bledig Ghidini – Panteghini - Ognibene 6.00 6.10 Via Stadio S.Polo zona Questura martedì-mercoledì 14-15/7: 2 giorni 1/2 pensione in albergo 1^ giorno: Pemmern-Corno di Renon 2^ giorno: Amtoten (Alpeggi di Villandro - Alto Adige) 2057 1^ g. + 720 - 730 2^ g. + 570 Panteghini – Toffa - Quadri 5.30 5.40 Via Stadio S. Polo zona Questura martedì 21/7 mercoledì 22/7 Cusio - Rif. Benigni (Val Brembana – Bergamo) 2.222 800 Panteghini - Seminario - Toffa Cerretelli – Maiolo - Sguazzi 6.00 6.10 Via Stadio S. Polo zona Questura martedì 28/7 mercoledì 29/7 Passo Gardena - Rif. Puez Selva di Val Gardena (Bolzano) 2.475 +340 -770 Maggi – Quadri - Panteghini Maiolo – Cerretelli - Bledig 5.30 5.40 Via Stadio S. Polo zona Questura Domenica 23 agosto Alpe Pezzeda – Rifugio Blachì da Vaghezza o con seggiovia da Collio (Valle Trompia) Commemorazione di S. Cinelli, R. Floreancigh, S. Battaini 1.620 600 in collaborazione con il Gruppo Monte Maddalena 7.00 7.10 Via Stadio mezzi propri martedì-mercoledì Sesto Pusteria - Rif. Comici 01-02/9: 2 giorni 3 Cime di Lavaredo - Lago di Misurina 1/2 pensione (Cadore – Belluno) in rifugio 2.344 1.000 Poisa - Ghidini - Quadri 5.30 5.40 Via Stadio S. Polo zona Questura 1.041 oppure 250 Panteghini – Toffa - Maggi Festa – Sguazzi - Maiolo 6.00 6.10 Via Stadio S. Polo zona Questura martedì 08/9 mercoledì 09/9 Edolo - Mu - Rif. Malga Stain oppure Pozzuolo – Rif.Malga Stain 1.833 martedì 15/9 mercoledì 16/9 Merano - Rif. Becchi (Val Sopranes - Alto Adige) 1.700 911 oppure 356 Maggi – Panteghini - Bledig Ghidini – Seminario - Poisa 5.30 5.40 Via Stadio S. Polo zona Questura martedì 22/9 mercoledì 23/9 Lenzumo - Monte Vies (Val Concei - Alpi di Ledro – TN) 1.699 950 Manni – Quadri - Panteghini Manni – Bledig - Maiolo 6.00 6.10 Via Stadio S. Polo zona Questura martedì 29/9 mercoledì 30/9 Ventasso Laghi - Monte Ventasso (Appennino Emiliano) 1.727 400 Quadri – Bignotti - Maggi Quadri – Ognibene - Boninsegna 6.00 6.10 Via Stadio S. Polo zona Questura martedì 06/10 mercoledì 07/10 Vezza d’Oglio - Val Grande Bivacco S. Occhi (Val Camonica) 2.047 800 Maggi – Panteghini - Toffa Ognibene – Boninsegna - Ghidini 6.00 6.10 Via Stadio S. Polo zona Questura martedì 13/10 mercoledì 14/10 Stenico - Capitel della Spina (Dolomiti di Brenta – Trento) 1.386 617 Bledig – Panteghini - Manni Quadri – Ghidini – Ognibene 6.00 6.10 Via Stadio S. Polo zona Questura martedì 20/10 mercoledì 21/10 Valstagna - Cala del Sasso Rigoni di Sotto (Altopiano di Asiago – Vicenza) 1.100 740 Quadri – Bignotti - Manni Ognibene – Boninsegna - Ghidini 6.00 6.10 Via Stadio S. Polo zona Questura martedì 27/10 mercoledì 28/10 Val Trebbia - Perino - Pietra Parcellara (Appennino Piacentino) 836 628 Seminario – Quadri - Panteghini Seminario – Maiolo - Cerretelli 6.00 6.10 Via Stadio S. Polo zona Questura martedì 03/11 Bione – Piani di Lò (Valsabbia) SALSICCIATA 850 250 Sguazzi – Manni - Cerretelli 6.30 6.40 Via Stadio S. Polo zona Questura martedì 10/11 mercoledì 11/11 Deiva Marina – Lemeglio – Comelio - Moneglia (Genova) 450 450 Manni – Maggi - Panteghini Quadri – Poisa - Bignotti 6.00 6.10 Via Stadio S. Polo zona Questura mercoledì 18/11 Novembrata martedì 24/11 mercoledì 25/11 Paspardo - Rif. Colombè (Val Camonica) 1.702 724 Maggi – Quadri - Bledig Ognibene – Boninsegna - Ghidini 6.30 6.40 Via Stadio S. Polo zona Questura martedì 01/12 mercoledì 02/12 Magasa - Denai - Ponte Franato – Persone (Val Vestino – Alto Garda) 1.188 450 Manni – Quadri – Cerretelli Seminario – Maiolo - Sguazzi 7.00 7.10 Via Stadio S. Polo zona Questura Pullman piccolo mercoledì 09/12 Rocca d’Anfo - Lago d’Idro (visita guidata) 750 350 Seminario – Ognibene - Boninsegna 7.00 7.10 Via Stadio S. Polo zona Questura mercoledì 16/12 AUGURI FINE ANNO I.T.G.S. “N.Tartaglia” – via Oberdan 12/e Brescia Ghidini- Seminario Bignotti - Quadri Via Stadio S. Polo zona Questura Mezzi propri Durante l’escursione non è consentito precedere il coordinatore Telefoni cellulari in dotazione ai coordinatori prima e durante la gita: martedì tel. 3311009452 / mercoledì tel. 3311009453 Le gite del G.P.E. vengono effettuate nei giorni di martedì, mercoledì e giovedì. La meta delle gite del giovedì viene stabilita di volta in volta. Per prenotare telefonare al n. 3311024365 il martedì ed il mercoledì dalle ore 17 alle ore 19. Il terzo venerdì del mese ritrovo in sede CAI alle ore 21.00. pag. 40 – Adamello 105 GITE ESCURSIONISTICHE - 2º SEMESTRE 2009 DATA GITE ACCOMPAGNATORI Luglio 2009 5-07-2009 12-07-2009 18-19/07/2009 25-26-27/07/2009 Passo Sommo - Cima Corno di Filadonna Pizzo Tresero (3594 m) Gli animali del Parco Nazionale dello Stelvio Alta Via Granito - Cima Asta (2847 m) Gianni Bledig C. Dionisi - A. Lanza - D. Micheli Pietro Borzi - P. Angelo Bertani A. Maggini - F. Scalvini - G. Bledig Agosto 2009 01-08-2009 01-08-2009 29-30/08/2009 Settimana 1-9/8/2008 - Alta via N.1 delle Dolomiti Cima Rovaia (2525 m) Sasso Nero (3369 m) - Val Aurina D. Di Pietro - G. Ditto - M. Gilberti Roberto Nalli - Giuseppe Poisa Riccardo Dall'Ara - Paolo Malizia Settembre 2009 06-09-2009 12-13/09/2009 20-09-2009 27-09-2009 Dove nasce il "Bagoss" Ferrata Brentari - Gruppo Brenta Monte Cengio (1347 m) Rifugio Malga Stain - Cima Foppa (2404 m) P. Borzi - P. Bertani - A. Maggini Dario Di Pietro - Giuseppe Ditto Roberto Nalli - Salvatore Cheri Barbara Cocchini - Oscar Rossini Ottobre 2009 04-10-2009 11-10-2009 18-10-2009 25-10-2009 Bocchette di Val Massa OTTOBRATA Cima Telegrafo (2147 m) - Gruppo Monte Baldo CASTAGNATA Carla Dionisi - Andrea Lanza Dario Di Pietro - Giuseppe Ditto GITE ALPINISMO GIOVANILE - 2º SEMESTRE 2009 DATA LOCALITÀ CAPOGITA Luglio 2009 Settimana Ragazzi in Montagna Domenica 20 Settembre 2009 Gaver - Passo Serosine Maggi, Bertelli, Bertelli, Rinaldi Domenica 18 Ottobre 2009 (Treno) Cividate Camuno Seminario, Rabaioli, Maggiori, Boninsegna Domenica 15 Novembre 2009 Monte Bronzone Martinazzi, Lonati, Apostoli, Becchetti Domenica 20 Dicembre 2009 Rifugio Alpini - Mont’Orfano Salvadori, Giacomini, Seminario, Ognibene Adamello 105 – pag. 41 Quote sociali 2009 Sono soci “giovani” i soci aventi meno di 18 anni. Sono soci “familiari” i conviventi con un socio ordinario della stessa sezione. La quota di iscrizione offre notevoli vantaggi: sconto del 50% sui pernottamenti effettuati nei rifugi del C.A.I. e del Nella riunione del Consiglio Direttivo del 18 novembre 2008 sono state stabilite le quote sociali per il 2009. Categorie di soci Quota in € Ordinario Familiare Giovane Quota 1ª iscrizione Quota 1ª iscrizione giovani 46,00 28,00 17,00 9,00 6,00 Si rende noto che il rinnovo dell’associazione del C.A.l. può essere effettuato versando la quota annuale a mezzo vaglia postale o tramite il conto corrente postale, intestando il bollettino come segue: “Club Alpino Italiano Sez. di Brescia”, Via Villa Glori n. 13, c/c/p n. 14355259 ed aggiungendo il costo delle spese postali oppure effettuare un bonifico bancario intestato a C.A.l. Sezione di Brescia Banca Credito Bergamasco Sede di Brescia c/c n. 8189 ABI 03336 CAB 11200. IBAN IT49H0333611200000000008189Per evitare disguidi, si raccomanda di indicare chiaramente il nominativo del Socio, il bollino comprovante l’avvenuta associazione verrà poi spedito dalla segreteria direttamente al Socio. 10% sulle tariffe viveri; assicurazione fino a € 20.000,00 per il soccorso alpino; abbonamento al notiziario “Lo Scarpone”, alle Riviste della Sede Centrale ed all’“Adamello” della nostra Sezione; sconto sull’acquisto di volumi, guide e cartine; libera lettura dei volumi della biblioteca sezionale. Cambi di indirizzo Raccomandiamo vivamente ai Soci di volerci comunicare con cortese sollecitudine ogni cambiamento d’indirizzo. Verrà facilitata la spedizione di riviste, avvisi e convocazioni, ecc. Nati 17.11.2008 Marta Rangoni di Giovanni e Sonia Scarpella 27.11.2008 Chiara Casali di Mario e Anna Cistana 13.04.2009 Chiara Guerini di Andrea e Sara Voltolini Soci scomparsi 26.08.2008 Enrico Tavella 06.12.2008 Giovanni Cagioni Alle famiglie porgiamo le più sentite condoglianze. TABELLA DEI RIFUGI E BIVACCHI DELLA SEZIONE RIFUGIO Telefono Località e gruppo Locale Anno di invernale costruzione posti n. Categoria Quota s.l.m. Posti letto n. Giuseppe Garibaldi tel. 0364 906209 Val d’Avio D 2548 98 8 1958 1996 Odoardo Ravizza tel. 0364 92534 Estate Arnaldo Berni Gavia tel. 0342 935456 Ortles-Cevedale A 2541 71 – 1933 – Elena Bonetta tel. 0342 945589 Estate Angelino Bozzi Montozzo tel. 0364 900152 Ortles-Cevedale D 2478 24 – 1928 1968 Marcello Cenini 349 4924391 Estate Paolo Prudenzini tel. 0364 634578 Val Salarno Adamello D 2235 63 – 1908 – Marco Berni 320 1107948 Estate Serafino Gnutti tel. 0364 72241 Val Miller Adamello D 2166 34 4 1975 – Domenica Madeo tel. 030 2751226 Estate Maria e Franco tel. 0364 634372 Val Paghera Adamello D 2574 37 10 1911 1979 Giacomo Massussi tel. 030 9196647 Estate Franco Tonolini tel. 0364 71181 Baitone Adamello D 2450 45 10 1891 1979 Baita Iseo tel. 0364 339383 Natù Concarena C 1335 27 2 1980 1981 E 3040 120 12 1929 2005 – 3149 9 9 1958 – BIVACCO Ai Caduti dell’Adamello* Lobbia Alta tel. 0465 502615 Adamello Passo Brizio Zanon Morelli Adamello Anno di ristrutturazione Gestione Periodo di e telefono apertura Fabio Madeo Estate tel. 0364 75107 cell. 338 9282075 Zana Adelchi Estate tel. 0364 433038 Gestore 0465 503311 335 6664234 Estate Sempre Incustodito aperto Arrigo Giannantonj Passo Salarno Adamello – 3168 6 6 1980 – Incustodito Sempre aperto Gualtiero Laeng Passo Cavento Adamello – 3191 6 6 1972 – Incustodito Sempre aperto * proprietà “Fondazione Ai Caduti dell’Adamello” pag. 42 – Adamello 105 Sottosezione di MANERBIO VIAGGIO NEI PENSIERI DI UN ESCURSIONISTA IL VIAGGIO Ogni viaggio è caratterizzato da tre fasi: la partenza, il transitare o il viaggio in sé e il ritorno. Prima fase: la partenza I motivi per cui si inizia a viaggiare sono tantissimi e tutti sono leciti. Ma sicuramente un viaggio “volontario” è sempre la risposta a delle domande, a dei bisogni. Dante affronta il suo viaggio nell’aldilà per dare voce alla sua crisi religioso-esistenziale, che aveva posto in lui moltissimi dubbi e l’aveva recluso nel buio della sua anima; solamente dopo il suo viaggio uscirà a vedere la luce o meglio a “riveder le stelle”. (Inferno canto I). L’Ulisse di Dante decide di non tornare ad Itaca, ma di affrontare nuovi mari e terre per quella voglia di conoscenza e per appagare la sua curiosità (Dante canto XXVI, versi 84 e seg.), ma anche nell’Ulisse di Omero, dove l’eroe sembra voler ritornare alla sua isola, egli in qualche modo rinvia sempre il ritorno. In Omero, per bocca di Circe e di Tiresia, si dice che Ulisse affronterà nuove avventure e una volta tornato ad Itaca ripartirà per un’altra estrema avventura (Odissea libri X e XI). Il viaggio di Gilgamesh per la campagna contro il Libano, se sembra obbedire ad un ordine divino, nasconde in realtà la voglia dell’eroe di raggiungere la fama, di espandere cioè il proprio io nello spazio e nel tempo. Il suo è un viaggio per diventare eroe e per questo deve prevedere un ritorno dove la sua identità di eroe sarà riconosciuta dal suo popolo. Ma non sempre le partenze assumono un carattere volontario, spesso diventano forme di esilio: si pensi alla cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso o al viaggio di Abramo per comando divino o ancora a tutti quei peccatori, condannati, che nel medioevo, come penitenza, dovevano affrontare un pellegrinaggio. Voi perché partite? La partenza, come tutti i distacchi è una separazione dell’individuo da un luogo fisso e soprattutto è abbandonare relazioni e ruoli sociali. La persona che si mette in viaggio è estrapolata dal suo “nido” dove si sente protetta e riconosciuta nella sua identità. Il viaggiatore si allontana da uno spazio, non solo fisico, nel quale i suoi bisogni erano, in qualche modo, soddisfatti. La causa del viaggio è spesso il desiderio di ricercare soluzioni a nuove esigenze. La partenza provoca emozioni forti, a volte di dolore, nasce quella sensazione che si può definire “angoscia del distacco”. Essa diventa più atroce se la partenza è necessitata dalla presenza di guerre, di dittature o dall’assenza di lavoro. Pensiamo al fenomeno degli emigranti, costretti a lasciare la propria terra e deporre le loro speranze in un luogo lontano dalle loro radici. Essi sono costretti a lasciare i propri cari, gli amici, le loro abitudini: abbandonare tutto, anche la loro identità, per sopravvivere. La separazione con il proprio ambiente è così dolorosa che nei nostri viaggi cerchiamo di rimanere legati al nostro mondo portandoci di tutto. Cosa non può mancare nei vostri viaggi? Seconda fase: il transitare Viaggiare è entusiasmante, in parte perché scatena il brivido della fuga. La fuga è tante cose: perdere le abitudini, perdere la propria identità familiare, è incontrare nuove persone, è provare nuove situazioni, è rinascere e indossare una nuova pelle. Analizzando questi aspetti del viaggiare ciò che a me piace di più sono gli incontri con altre persone: se ripenso al mio “Camino di Santiago” ricordo non tanto i luoghi, quanto le persone che incontravo e ritornavano sul mio percorso: Pedro e Pedro, il farmacista piemontese, le tre signore norvegesi, il francese e il gruppo di spagnoli con il quale ho condiviso una serata di musica. Diverso è stato il mio viaggio in Brasile, lì, a parte un universo di bambini con storie drammatiche negli occhi, lì ho conosciuto il mondo sudamericano, con la loro musicalità e i loro occhi e sorrisi profondi, una terra piena di solidarietà e di dignità, che solo la povertà materiale riesce ancora a mantenere. I viaggi sono pieni di incontri, se pensiamo ancora al nostro Ulisse, ci è chiara la diversità dei personaggi incontrati, ma nello stesso tempo essi hanno una caratteristica comune: la solitudine. Solo è Polifemo, sola è Circe e lo sono altrettanto Calipso e Nausicaa. Sono persone sole con un vuoto da riempire. (Concita De Gregorio: “Malumore” – Mondadori leggete il racconto di Circe). Quali persone, incontrate nei vostri viaggi, ricordate? Gli incontri non sono solo con singole persone, ma sono anche con un intero popolo. Un viaggio ti permette di avvicinarti a popolazioni, che in qualche modo hanno assimilato uno stile di vita, legato al luogo, e che hanno instaurato con i compaesani relazioni sociali. La bellezza del viaggiare è conoscere questi luoghi, è contaminarsi con questi modus vivendi, è intrecciarsi con le vite degli indigeni, è, in qualche modo, entrare in quell’universo, anche se per poco tempo. Si impara ad uscire dal proprio etnocentrismo, a pensare con maggiore libertà e a distruggere quelli che sono al tempo stesso stereotipi e pregiudizi. Viaggiare diventa crescere interiormente, farsi contaminare dagli altri e soprattutto condividere idee. (Marlo Morgan: “…E venne chiamata due cuori” - Sonzogno). Viaggiare è anche appropriarsi del nostro pianeta, nel senso di gustarlo nei suoi particolari e nella sua grande ricchezza di paesaggi e di dettagli. È arricchire la nostra valigia con odori, suoni e colori. (Da leggere sotto questo punto di vista i libri di Bruce Chatwin “Le vie dei canti” e “In Patagonia”, ma anche il libro di Luis Sepulveda “Patagonia express”, e non dimenticatevi il libro di Pier Paolo Pasolini “L’odore dell’India”). Cosa vi colpisce di un luogo? Un profumo, uno squarcio, dei colori… io penso che ognuno di noi abbia un organo di senso privilegiato e a volte è il posto stesso che rende più acuto uno rispetto all’altro. Sta di fatto che un viaggio porta con sé molti tesori (“Itaca” di Costantino Kavafis) Terza fase: il ritorno La domanda è scontata “Che cosa ci lascia un viaggio?”. Il viaggio diventa così una forma di narrazione, che condividiamo con gli altri. C’è sempre occasione per raccontare il proprio viaggio, ci sono vari contesti: una relazione, una cena da amici o semplicemente un diario personale che invidiosamente custodiamo per noi stessi. Ma legato, al ritorno, vorrei porre la nostra attenzione non tanto sul viaggiatore, ma su chi, durante il viaggio, abbiamo lasciato a casa e che in un determinato modo è stato spettatore del nostro viaggio. Perché in fondo, quando viaggiamo, rimaniamo legati a qualcuno o a qualcosa: una specie di cordone ombelicale radicato nella nostra storia, nelle nostre radici. A questo proposito mi viene in aiuto ancora Ulisse che aveva come filo orientante la sua Itaca, ma soprattutto Penelope, che, pur rimanendo nella sua stanza, percorre, anche lei, un viaggio. La tela che lei tesse rappresenta il suo statico viaggio, il suo amore per Ulisse. Ha imparato che l’amore è soprattutto una questione di attese. E il problema non è mai quanto dovrà aspettare. Per lei, ma anche per le donne d’oggi, amare una persona significa saperla aspettare, anche a costo di inventarsi un lenzuolo da tessere fino a che l’attesa non sia finita. Il lenzuolo ti può aiutare a mantenere lo sguardo sempre nella giusta direzione. Penelope, là nella sua stanza, ogni giorno e ogni sera scrutava il mare color del vino, nella speranza di intravedere il volto del marito. A me non piace molto narrare i miei viaggi, mi sembra di renderli piatti e ogni volta che racconto so che essi si impoveriscono, diventano più scarni, le emozioni si scolorano, ma so anche che nel riferire un viaggio dono ai miei ascoltatori grandi tesori. Per questo vi invito a mandare i vostri racconti a questo indirizzo e-mail in modo da costruire insieme una dispensa che doni emozioni e sensazioni di un vostro viaggio. Massimo Pè Adamello 105 – pag. 43 Biblioteca Claudio Chiaudano Parlando di libri di Giovanna Bellandi La Biblioteca “Claudio Chiaudano” ha inaugurato le sue iniziative dedicate ai libri, che ci auguriamo possano essere tante, mercoledì 29 aprile con una serata dedicata alla presentazione del libro di Michela Capra “Per seminare guardavamo la luna. Testimonianze di vita contadina e cultura materiale rurale nel Parco delle Colline di Brescia”, che entra a far parte del patrimonio della nostra biblioteca. In questa serata Michela Capra ci ha mostrato come il territorio delle colline bresciane, a noi tanto vicino e dove spesso passiamo frettolosi per una passeggiata o una corsa di allenamento, sia ricco di storia e tradizioni. Per svelarci il passato recente delle colline bresciane e la vita rurale che vi si svolgeva, Michela si avvale delle testimonianze orali degli abitanti delle cascine di allora per ricostruire gesti, tradizioni ma anche fatica e lavoro di un mondo rurale nella periferia cittadina, ormai quasi scomparso. Michela Capra ci ha raccontato come è nata la sua passione per il mondo contadino, le sue tradizioni e i suoi oggetti, passione che si è trasformata oggi nel suo lavoro, come conservatrice del Museo “Giacomo Bergomi” di Montichiari, che raccoglie oggetti del mondo contadino della pianura e della montagna bresciane, e del Museo del Ferro di San Bartolomeo. Un lavoro, il suo, sempre più urgente e importante, perché testimone di un mondo, quello appunto del lavoro contadino, che si sta ormai perdendo. Quando anche gli ultimi testimoni di queste attività agricole e rurali scompariranno (tanti di loro stanno ormai sfiorando il secolo), anche la “civiltà contadina” entrerà a far parte delle materie di interesse dell’archeologia. Un lavoro dunque urgente, e come tale lo ha avvertito Michela Capra che ha raccolto i racconti e le testimonianze orali di chi ha abitato e lavorato sui Ronchi coltivando ortaggi nelle cascine di Cellatica, Collebeato, Costalunga. Attraverso bellissime fotografie in bianco e nero, ci siamo addentrati in una realtà vicina a noi nello spazio ma tanto lontana ormai nel tempo, riconoscendo luoghi famigliari, ora tanto cambiati dalla scomparsa delle attività che li tenevano in vita. Non ci sono più i terrazzamenti sui ronchi, curati come giardini, che producevano gli ortaggi migliori per la città, e nemmeno i pag. 44 – Adamello 105 boschi della Valle di Mompiano sono più curati con quell’attenzione che ne faceva fonte preziosa di legname, fogliame per le lettiere degli animali e tanto altro. Una testimonianza importante, un lavoro importante che ci auguriamo Michela Capra continui a portare avanti, come nei suoi progetti, in altre zone della nostra Provincia, per non lasciare muti i tanti oggetti che oggi sempre di più affollano numerosi musei del mondo contadino. E come Michela dice nella bellissima dedica che introduce il libro, grazie a tutti i nonni “che si sono lasciati raccontare”! Biblioteca Claudio Chiaudano Novità 2009 Pubblichiamo l’elenco di alcune delle opere entrate in biblioteca: le donazioni sono state molto numerose e sarebbe impossibile la pubblicazione completa. Ringraziamo di cuore i donatori, per merito dei quali la nostra biblioteca si è notevolmente arricchita. La Redazione della Rivista rinnova il suo grazie anche ad Eros Pedrini e agli altri volontari che provvedono al buon funzionamento della Biblioteca. Ricordiamo che il catalogo dei volumi della biblioteca, aggiornato in tempo reale con la catalogazione, è consultabile on-line all’indirizzo: http://www.winiride.it/iride/dbbrescia2/ Piermauro Soregaroli, Grigne, guida escursionistica e alpinistica della Grigna settentrionale, della Grigna meridionale e del Coltignone , Chiari, Nordpress 2006 Mario Corradini, Mariano Bianchini, Latemar e sottogruppo del Cornon Corno bianco e Corno nero, rifugi, bivacchi, vie ferrate, cime, traversate, Chiari, Nordpress 2008 Lorenzo Luchetta, Mammiferi delle Alpi, Chiari, Nordpress 2008 Vittorino Mason, La via dei vulcani: dall’Amazzonia alle Ande alla conquista del fuoco, Chiari, Nordpress 2007 Walter Belotti, La Val D’Avio: passeggiate, escursioni e ascensioni nel Parco naturale dell’Adamello, Chiari, Nordpress 1997 Mario Vannuccini, Escursioni in Valmalenco: le 8 tappe dell’Alta Via, i rifugi, gli accessi, escursioni e traversate, Chiari, Nordpress 1996 Roberto Ciri, Vie normali delle Dolomiti: Marmolada: guida escursionistica e alpinistica a 102 cime del Massiccio della Marmolada, Catena del Padon, Collac-Buffaure, Monzoni-Vallaccia, CostabellaCima Uomo, Ombretta-Ombrettola, Catena dell’Auta, Chiari, Nordpress 2007 Mario Vannuccini, Parco nazionale dello Stelvio, Chiari, Nordpress 2006 Piermauro Soregaroli, Ferrate di Lombardia: Grigna meridionale e Grigna settentrionale, gruppi del Resegone, dei Corni di Canzo, del Coltignone, dello Zuccone Campelli, Prealpi comasche, bergamasche e bresciane, Chiari, Nordpress 2006 Albert Frederick Mummery, Spiro Dalla Porta Xidias, Chiari, Nordpress 2007 Gian Paolo Margonari, Un uomo a zonzo sulla via Francigena: diario e amene divagazioni di un viaggiatore a piedi, Trento, Curcu & Genovese 2007 Lois Mai Chan, John P. Comaroni, Joan S. Mitchell... [et al.] Classificazione Decimale Dewey Guida pratica: seconda edizione, aggiornata a DDC 21, Roma: Associazione italiana biblioteche c2001 Biblioteca nazionale centrale di Firenze, Nuovo soggettario: guida al sistema italiano di indicizzazione per soggetto: prototipo del Thesaurus, Milano: Bibliografica c2006 ideata da Melvil Dewey, Classificazione decimale Dewey ridotta e indice relativo Roma: Associazione italiana biblioteche, c2006 Soggettario: voci di soggetto dal 1925 al 1998, Milano, Editrice Bibliografica, c2001 Spiro Dalla Porta Xidias, L’etica dell’alpinismo, Milano, Club alpino italiano, Commissione centrale per le pubblicazioni, 2002 Ecologia ed etica a uso delle Scuole di alpinismo e di sci-alpinismo, Milano, Club alpino italiano, Club alpino accademico italiano, 1999 Mauro Varotto, Il paesaggio dell’abbandono nel massiccio del Grappa: settore nord-orientale, Milano: CNR Progetto strategico terre alte, c1999 Fosco Maraini, Pellegrino in Asia: opere scelte, Milano: Mondadori, 2007 K2, una storia finita, relazione di Fosco Maraini, Alberto Monticone, Luigi Zanzi sulla spedizione italiana al K2 del 1954 a cura di Luigi Zanzi; con fotografie inedite di Erich Abram, Ivrea, Priuli & Verlucca, 2007 I materiali per alpinismo e le relative norme, Club alpino italiano. Commissione centrale materiali e tecniche; testo a cura di Vittorio Bedogni [et al.], Milano: Club alpino italiano, 2007 Dizionario alpinistico, Club alpino italiano. Commissione centrale delle pubblicazioni; testo a cura di Franco Chierego, Milano: Club alpino italiano, stampa 2008 Manuale del paesaggio vegetale, la vegetazione delle montagne italiane, Renato Gerdol (coordinatore), Angela Stanisci, Marcello Tomaselli; con la collaborazione di Massimiliano Fazzini, Milano: Club alpino italiano Comitato scientifico centrale, c2008 Le grandi Alpi nella cartografia, 1482-1885, 2 v v. 2: Monviso, Piccolo San Bernardo, Gran San Bernardo, Monte Bianco, Cervino, Monte Rosa, I Walser, Gran Paradiso, Laura e Giorgio Aliprandi, Ivrea: Priuli & Verlucca, c2007 Paola Bavero, Civetta: tra le pieghe della parete, Ivrea: Priuli & Verlucca, c2007 L’altipiano: un posto per gli uomini, fotografie di Enzo Rela; commentate da Mario Rigoni Stern, Ivrea: Priuli & Verlucca, c2005 Mario Piacenza, Dal Cervino all’Himalaya, testo di Roberto Mantovani, didascalie di Giuseppe Garimoldi, Ivrea: Priuli & Verlucca, c2007 Giuseppe Garimoldi, Storia della fotografia di montagna, Ivrea: Priuli & Verlucca, c2007 Giuseppe Saglio, Cinzia Zola, In su e in se: alpinismo e psicologia, Ivrea: Priuli & Verlucca, c2007 La grande guerra sul fronte tra il Garda e Ledro, le fotografie e gli scritti del tenente Giuseppe Capelli, Domenico Fava, Arco: Il Sommolago, stampa 2000 Lucio Benedetti, Chiara Carissoni, Ciaspole: 52 escursioni in Lombardia, Azzano San Paolo: Junior, 2008 La vegetazione delle montagne italiane: manuale del paesaggio vegetale, coordinatore Renato Gerdol, Angela Stanisci, Marcello Tomaselli, Milano: Club alpino italiano, Comitato scientifico centrale, c2008 Brad Johnson, Classic Climbs of the Cordillera Blanca Peru John Biggar, The Andes: a guide for climbers, Castel Douglas: Andes, 2005 Arno Illgner, Rock warrior’s way: progredire nell’arrampicata attraverso un percorso psico-fisico ed emozionale; consapevolezza di sé, responsabilità, rischio, paura, Milano: Versante sud, 2007 Thomas Hochholzer, Volker Schoeffl, Un movimento di Adamello 105 – pag. 45 Biblioteca Claudio Chiaudano troppo...: comprendere gli infortuni e le sindromi da sovraccarico nell’arrampicata sportiva, Milano: Versante sud, 2007 Alessandro “Jolly” Lamberti Bocconi, Jollypower: metodi di allenamento fisico e mentale per l’arrampicata sportiva, Milano, Versante sud, 2008 Diego Filippi, Pareti del Sarca: vie classiche e moderne nella valle del Sarca, Milano: Versante sud, 2007 Maurizio Giordani, Marmolada, parete Sud, Milano, Versante sud, 2007 Mario Sertori, Guido Lisignoli, Solo granito, Masino, Bregaglia, Disgrazia: arrampicate classiche e moderne, Milano, Versante sud, 2007 Jeff Condor, Dougal Haston: la filosofia del rischio, Milano: Versante sud, 2008 Imparare a respirare: dagli infernali abissi di una miniera alle abbacinanti visioni dalla cima del Changabang in Himalaya / Andy Cave; traduzione Antonella Cicogna, Milano, Versante sud, 2007 Tra vento e vertigine: una vita sospesa tra amore e forza di gravità / Steph Davis Milano: Versante sud, 2008 Alberto Sciamplicotti, Quelli del Pordoi, Milano, Versante sud, 2005 Fabio Palma, Solitari: storie di alpinisti e speleologi, Milano: Versante sud, 2005 Tilmann Hepp, Wolfgang Gullich: action directe, Milano: Versante sud, 2003 Stefano Ardito, Dolomiti, giorni verticali: l’alpinismo sui Monti Pallidi da John Ball al Pesce in free solo, Milano: Versante sud, 2007 The bird, Jim Bridwell; a cura di Michele Radici con il contributo di Giovanni Groaz, Milano, Versante sud, 2008 La medicina dei semplici, piante officinali delle montagne italiane, a cura di Ugo Scortegagna, Mirano, Duck, c2008 Brenta da salvare, Società Alpinisti Tridentini; Sezione Operaia Società Alpinisti Tridentini; Sezione Universitaria Società Alpinisti Tridentini, stampa 1968 Osservazioni e proposte in difesa dei ghiacciai del Care Alto e del Parco naturale Adamello-Brenta, Milano, Club Alpino Italiano, Commissione Centrale per la protezione della natura alpina, 1973 Trento, Italia Nostra, Sezione di Trento Come potremo sciare sull’Adamello, Brescia, Ente provinciale per il turismo Brescia, 1966 La conquista del K2, seconda cima del mondo, Ardito Desio; con una presentazione di Maria Emanuela Desio in occasione del cinquantenario della conquista del K2, Milano, Corbaccio, 2008 La grande cordata: per i 30 anni de “Le Dolomiti Bellunesi”, a cura di Italo Zandonella Callegher, Loris Santomaso, Le Dolomiti Bellunesi, c2008 Arctic transitions, witness to change, young ambassadors in Nunavut, Luc Hardy, USA: Sagax - Greenwich, c2008 Greenland impressions, arctic adventure, realities of global warming, Luc Hardy, USA: Sagax - Greenwich, c2007 Diario Olografo, Andrea Oggioni, Alto Garda bresciano uno spaccato di vita, volti, luoghi e vicende degli ultimi sessant’anni 1945-2005, a cura di Pino Mongiello, Salò. Ateneo di Salò, stampa 2007, Chiari: Nordpress, 2003 Roberto Ghidoni, Il cammino del lupo: L’Alaska a piedi, Milano, Insigna, 2006 Rick Ridgeway, L’ombra del Kilimanjaro, viaggio in un mondo da salvare; traduzione di Mary Archer, Torino: Centro documentazione alpina, 2000 Pierfilippo Bacca, L’uomo e lo sci, Marcheno V.T., La valle, stampa 1992 pag. 46 – Adamello 105 Concarena, testi di Giacomo Baccanelli [et al.], fotografie di Tito Alabiso [et al.] , Brescia: Grafo, 1990 Echi del Rinascimento in valle Camonica: studi su Casa Zitti a Cemmo di Capo di Ponte, contributi di Paola Bonfadini [et al.], coordinamento di Sara Marazzani, Milano: ITL, c2004 Histoires au mont Blanc, une exposition organisée par Claude Marin; conception iconographie et textes Catherine Cuenot] Chamonix: Atelier Esope, 2008 Valtrompia nell’arte, a cura di Carlo Sabatti Roccafranca, La compagnia della stampa Massetti Rodella, c2006 Valtrompia nella storia Roccafranca, La compagnia della stampa Massetti Rodella, c2007 Lodrino in Valtrompia: memorie storiche e patrimonio artistico, a cura di Carlo Sabatti, Lodrino: Comune di Lodrino, stampa 1987 Skieur “extreme”, Dominique Perret; préface Gilles Chappaz; introduction Luc Domenjoz Lonay: Chronosports Les chars préhistoriques du Val Camonica, Martine van Berg-Osterrieth Capo di Ponte: Edizioni del Centro, 1972 Giorgio Gaioni, Leggende di Val Camonica e Val di Scalve, illustrazioni di Giancarlo Zerla, Artogne: Quetti, 1990 Guide de la flore méditerranéenne, E. Bayer [et. al.] auteurs du texte; J. Grau auteur de l’illustration, Y. Rosso traductrice Neuchatel: Delachaux et Niestle [1990] Raffaele Tomaino, Elena Medeghini, Omar Fantini [et al.], Guida del Parco dell’Adamello: storia, natura, cultura, itinerari, Media Maker, 2000 Parco dell’Adamello, fotografie di Elio Della Ferrera e Adriano Turcatti, testi introduttivi a cura del Parco dell’Adamello, Sondrio, Lyasis, stampa 2006 I fiori del Parco dell’Adamello, guida alla flora spontanea del Parco dell’Adamello lombardo, testi e foto di Silvio Frattini, Brescia, Vannini, 1988 Uomini del Cervino, 100 anni di storia alpinistica dall’esplorazione alla conquista, Mario Fantin, Chiari, Nordpress, 2003 Lorenzo Doris, Pensieri di roccia, Chiari: Nordpress, 2002 Felice Benuzzi, Antonio Berti, Armando Biancardi, Dino Buzzati, Severino Casara, Ettore Castiglioni, Emilio Comici, Giusto Gervasutti, Julius Kugy, Giuseppe Mazzotti, Tita Piaz, Guido Rey / Spiro Dalla Porta Xidias, Montagne da scrivere: storie di letterati e arrampicatori, Chiari: Nordpress, 2006 Funghi delle nostre Alpi, Mido Traverso Chiari, Nordpress, 2004 Guida alle erbe medicinali delle nostre Alpi, classificazione, riconoscimento, utilizzo, Sergio Pessot, Lodovico Cusini Chiari, Nordpress, c2001 Farfalle delle nostre Alpi, Sergio Pessot Chiari, Nordpress, 2006 Isella Bernardini, Silvio Mevio, Su strade sterrate e sentieri con la bici da montagna in Alta Valtellina, mountain bike dai percorsi più facili a quelli più impegnativi: 28 cicli-escursioni nei territori di Grosio, Sondalo, Valdisotto, Valfurva, Bormiese, Valdidentro, Livigno con alcune belle proposte nella vicina Engadina Bormio, Alpinia, 2001 Le leggende del Trentino, Nepomuceno Bolognini, Chiari, Nordpress, 2003 Egisto Corradi, La ritirata di Russia, Chiari: Nordpress, 2003 Mario Fantin, K2 sogno vissuto, Chiari: Nordpress, 2003 La Valle Camonica attraverso la storia, Don Lino Ertani 1996 Vita associativa