Adamello 105 - CAI Brescia

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Adamello 105 - CAI Brescia
105
Spedizione in Abbonamento Postale 70% - Filiale di Brescia - 1°Semestre 2009
Dalle Alpi un’acqua leggera
e con poco sodio (0,0002%).
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per tutte le età!
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l’Acqua Naturale Maniva è indicata per la preparazione degli alimenti e l’alimentazione dei neonati
Brescia - viale Italia 7/9 - tel. 0303751100 - fax 0303753246
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2006
50 ANNI
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dischi e pastiglie freno
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filtri: olio, nafta, aria
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avviamento e alternatori
batterie:
Magneti Marelli, A.A.A.
climatizzatori - ricambi originali
Capanna Monte Cugni
località Monte Cugni (655 m)
La capanna, inaugurata il 2 giugno 2009 dalla Sottosezione di Odolo del C.A.I., è nata grazie ad un’iniziativa del
socio Giuseppe Bresciani, “Caporal” per gli amici, che ci ha lasciato per Vette più alte. In un consiglio, anni fa,
propose: “Facciamo qualcosa che rimanga nel tempo”. Oggi, se fosse ancora con noi, sarebbe felice e orgoglioso della sua iniziativa. La Sottosezione ringrazia lui e tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione del
nostro obiettivo, dall’Amministrazione Comunale ad alcuni industriali e privati. La capanna è raggiungibile a piedi
tramite i quattro sentieri numerati e segnati sulla cartina e tramite una strada che da frazione Cete porta fino alla
sbarra. Da qui, dopo un centinaio di metri piani a piedi, si raggiunge la Capanna. La struttura è autogestita ed
è aperta a tutti, tutti i giorni. Chiediamo solo una cortesia: il rispetto per l’ambiente.
ADAMELLO
n. 105
1° semestre 2009
Direzione - redazione - amministrazione
Organizzazione di volontariato
iscritta al registro regionale
Regione Lombardia foglio n. 659
prog. 2630 Sez. B - Onlus
via Villa Glori 13 - tel. 030 321838
25126 Brescia
direttore responsabile:
GIUSEPPE ANTONIOLI
redattori:
PIERANGELO CHIAUDANO, RITA GOBBI,
FAUSTO LEGATI, ANGELO MAGGIORI,
RICCARDO DALL’ARA,
TULLIO ROCCO, MARCO VASTA
La collaborazione è aperta a tutti, le opinioni espresse
dai singoli autori negli articoli firmati non impegnano né
la Sezione né la Rivista. La rivista viene inviata gratuitamente ai Soci ordinari, vitalizi della Sezione e delle Sottosezioni.
ORARI DELLA SEZIONE DI BRESCIA
dal martedì al sabato
dalle 9.30 alle 12.00
e dalle 16.00 alle 19.00
giovedì
anche dalle 21.00 alle 22.00
chiuso
lunedì e festivi
aut. trib. di Brescia n. 89 - 15.12.1954
spedizione in abbonamento postale - 70%
Filiale di Brescia
SOMMARIO
Assemblea dei Soci
8
La Maddalena dei tempi che furono
15
1899… un artista… al rifugio Baitone
16
… pistari… pistari… gam gam…
18
Atacama, un deserto senza rose
21
Lo sperone Frendo
24
6° Trofeo Ravasio
27
Alaska, il sogno è realtà
28
Quelli del giovedì
30
Sci fondo-escursionismo
32
Rajando el sol
34
Rurec Expe 2009
34
Corsi scuola Alpinismo Adamello
35
Alpinismo Giovanile: tre nuovi AAG
37
Rosanna Cita Avanzini…
38
Poesia
38
Angelo Rota
39
Programma gite G.P.E.
40
Gite escursionistiche
41
Gite alpinismo giovanile
41
Vita della sezione
42
Viaggio nei pensieri di un escursionista
43
Parlando di libri
44
Biblioteca
45
Stampa: Artigianelli spa
Via Ferri, 73 Brescia
A chi intende scrivere su
“Adamello”
Per una equilibrata distribuzione dello spazio fra
i diversi articoli su “Adamello”, attenersi rigorosamente ai seguenti criteri:
1. L’articolo deve essere dattiloscritto con uno
spazio 2
2. Non superare le 3 cartelle
3. Ogni cartella deve contenere al massimo 30
righe (per non costringerci a spiacevoli tagli)
4. Gli articoli devono pervenire alla Segreteria
della Sezione entro le seguenti date:
ENTRO IL 30 APRILE PER IL NUMERO CHE
ESCE A GIUGNO
ENTRO IL 30 SETTEMBRE PER IL NUMERO
CHE ESCE A DICEMBRE
LA SEZIONE C.A.I.
DI BRESCIA
SU INTERNET
Internet:
www.cai.bs.it
e-mail:
[email protected]
Conc. pubblicità:
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In copertina: parete ovest dell’Adamello (m 3554)
Foto di FRANCO SOLINA
Adamello 105 – pag. 7
Vita associativa
Assemblea dei Soci
31 marzo 2009
R
iportiamo di seguito un riassunto
dell’Assemblea dei Soci tenutasi
il 31 marzo 2009 alle ore 21 presso il Museo di Scienze Naturali.
In apertura di seduta il Presidente
della Sezione Guido Carpani Glisenti
invita il Sig. Alberto Ghidini a fungere da
Presidente e il sig. Gigi Mazzocchi da
Segretario
RIFUGIO BERNI
Gestore: Mario Bonetta
Ispettore: Matteo Gilberti
Vice Ispettore: Giuseppe Poisa
Al rifugio Berni la stagione 2008 si è
inaugurata sabato 31 maggio, in concomitanza con il passaggio della tappa del
Giro d’Italia al passo Gavia. Nel successivo mese di giugno, causa anche le
pessime
condizioni
atmosferiche
soprattutto nei fine settimana, si è avuta
una ridotta frequentazione del rifugio da
parte di scialpinisti e turisti di passaggio
al passo.
Nel mese di luglio ed agosto si è
invece riscontrata una buona affluenza
di alpinisti ed escursionisti, soprattutto
nei fine settimana, con gruppi organizzati del CAI, a cui si è aggiunto un buon
passaggio di turisti in transito al passo.
Nel mese di settembre, che è stato
condizionato sfavorevolmente dal cattivo tempo, sono state disdette delle pre-
pag. 8 – Adamello 105
notazioni e di conseguenza c’è stata
una minor affluenza.
Nel bilancio complessivo della stagione si sono registrati 533 pernottamenti. Il rifugio Berni presenta, rispetto
agli altri gestiti dalla Sezione, una posizione di favorevole accessibilità, essendo situato sulla statale del passo Gavia
e raggiungibile comodamente anche
con le automobili: ciò comporta una
gestione maggiormente incentrata alla
ristorazione più che all’attività tipica del
rifugio. Dal punto di vista organizzativo e
gestionale, la famiglia Bonetta continua
a mantenere un ottimo servizio di ristorazione ed ospitalità a favore dei soci
del CAI e dei clienti che hanno frequentato il rifugio, dai quali ci sono pervenuti apprezzamenti positivi sull’accoglienza e cordialità dei gestori. Ci sono alcune opere da effettuare, come gli interventi per l’ampliamento dei servizi igienici, che, pur non presentando carattere
di urgenza, dovranno essere prese in
considerazione per un futuro realizzo, in
modo da rendere la struttura ricettiva
del rifugio sempre più efficiente.
RIFUGIO GARIBALDI
Gestore: Odoardo Ravizza
Ispettore: Mario Casali
Vice Ispettore: Broccardo Casali
In riferimento alla stagione appena
trascorsa ed a seguito di una chiacchie-
rata con il gestore Sig. Edoardo Ravizza
avvenuta a fine stagione è emerso
quanto segue:
Al suo interno, a detta del gestore, il
rifugio non presenta particolari problematiche, sia per i lavori effettuati recentemente che per una buona gestione da
parte del gestore stesso; ad oggi la
struttura si presenta quindi pulita, ordinata, confortevole e soddisfacente sia
come capienza che come qualità dei
servizi offerti. I lavori effettuati nell’anno
2007 andrebbero completati con la realizzazione di una valvola di scarico
attualmente presente ma non collegata
con il telo in PVC di rivestimento che
agevola lo svuotamento del serbatoio a
fine stagione. A detta del Sig. Ravizza la
presenza numerica al rifugio è molto
cambiata nel corso di questi ultimi anni,
riducendosi molto durante la settimana
anche nei mesi di giugno e luglio; in
agosto la situazione migliora leggermente, ma dopo il 15 spesso il tempo
cambia e il rifugio ritorna ad essere
poco frequentato.
Per la stagione appena conclusa la
presenza al rifugio è risultata, anche in
funzione dell’andamento climatico del
periodo, sempre in leggero calo, in linea
con gli altri anni.
Questo calo è in parte dovuto all’elevato numero di ore di cammino necessarie per il raggiungimento della meta
che spesso scoraggia alcuni possibili
fruitori del rifugio non sufficientemente
allenati o condizionati dalla non sufficiente stabilità meteo della giornata
scelta. A questo riguardo ci è stato anticipato dall’attuale gestore che, se allo
scadere del contratto il canone non sarà
rivisto (al ribasso), non intenderebbe più
ad oggi rinnovare il contratto d’affitto.
I lavori più urgenti da eseguire al rifugio sono costituiti principalmente dal
rifacimento degli antoni che coprono le
finestre nei mesi invernali, poiché quelli
attualmente operanti sono ormai
alquanto logori e danneggiati; oltre a
questo, anche gli infissi della sala da
pranzo sono nel medesimo stato ed
andrebbero sostituiti.
Qualche miglioria è sempre possibile, certo è che la gestione attuale può
essere considerata soddisfacente.
Vita associativa
RIFUGIO GNUTTI
Gestore: Domenica Madeo Fiorani
Ispettore: Alessandro Premoli
Vi informo con grande piacere che
anche per il prossimo triennio Davide e
Domenica Fiorani saranno i gestori del
Rifugio Gnutti; nelle scorse settimane
hanno infatti rinnovato il contratto di
affitto dopo 32 anni ininterrotti di gestione: il forte senso di appartenenza al
C.A.I. e l’attaccamento al Rifugio sono
nettamente prevalsi sui comprensibili
timori di stanchezza.
Passando invece ad esaminare le
tematiche legate alla stagione 2008,
questa volta non Vi dirò che i passaggi
sono ovviamente legati alle condizioni
meteo; i pernottamenti sono stati
comunque in linea con quelli registrati
negli ultimi anni attestandosi a 660
unità. La tipologia di frequentazioni del
rifugio si divide in due distinte categorie:
Escursionisti giornalieri che vogliono
godersi una gita mediamente impegnativa e paesaggisticamente molto piacevole nonché l’ottima cucina del rifugio.
Alpinisti che pernottano per la successiva salita all’Adamello o, in numero
più limitato ma significativo, interessati
alle nuove vie di arrampicata che sono
molto apprezzate come novità sportiva.
Crolla invece il numero degli alpinisti
che frequentano il sentiero n. 1.
A nostro avviso si impone una riflessione fra gli organi interessati alla
gestione e manutenzione dei sentieri e
le associazioni alpinistiche per rilanciare
quello che è o dovrebbe essere il fiore
all’occhiello dell’escursionismo bresciano. Sempre in tema di sentieri d’alta
quota, segnaliamo la necessità di eseguire un’accurata e urgente manutenzione alle corde fisse collocate sulla via
Terzulli prevedendo la messa in sicurezza del tracciato con la rimozione delle
corde sfilacciate e la sostituzione con
altre a maggiore resistenza all’usura.
Sintetizzo infine i problemi si sistemazione del Rifugio già ben noti alla
Presidenza ed al Consiglio:
– pavimento della cucina;
– chiusura della finestra interna della
camerata da 10 posti;
– sostituzione della porta d’ingresso;
– umidità risalente dal terreno sul
muro nord della camerata da 10 posti.
RIFUGIO MARIA E FRANCO
Gestore: Giacomo Massussi
Ispettore: Pietro Borzi
Vice Ispettore: Marco Chiaudano
La stagione estiva è stata caratterizzata da una situazione meteorologica
sfavorevole. Solo nel mese di agosto,
grazie ad un cambiamento del tempo, il
rifugio è stato raggiunto da un buon
numero di escursionisti. Oltre al mal-
Da sinistra: Alberto Ghidini, Presidente dell’Assemblea - Guido Carpani Glisenti, Presidente
della Sezione - Gigi Mazzocchi, Segretario
Il Presidente della Sezione con i soci cinquantennali
tempo il 2008 “paga”, come pernottamenti, anche il costante calo di escursionisti che percorrono il sentiero N. 1.
Questo scarso interesse per il N. 1,
dovrebbe porci alcuni interrogativi e
portarci a fare alcune riflessioni; ma non
è questa la sede più appropriata. Al rifugio non sono stati svolti lavori significativi, anche se in futuro sarà necessario
“metterci le mani”.
Il rifugio Maria e Franco, il più alto
della nostra Sezione, essendo situato a
2.584 metri, è stato gestito in modo
adeguato dalla famiglia Massussi, nonostante le difficoltà e l’isolamento che
caratterizzano il rifugio.
ATTIVITÀ DI ISPEZIONE
E MANUTENZIONE BIVACCHI
Relatore: Leonardo Clerici
Nella passata stagione non abbiamo fatto lavori di manutenzione ai
bivacchi, tranne aver ripulito il bivacco
Zanon Morelli internamente ed esternamente. Bottino: due sacchi pieni di
spazzatura. Speriamo quest’anno,
tempo permettendo, di riuscire a tinteggiarlo, visto che non ci siamo riusciti per
due volte.
GRUPPO ESCURSIONISTI
Coordinatore: Oscar Rossini
Relatore: Dario di Pietro
Carissimi Soci buonasera,
a nome e per conto del gruppo
escursionisti CAI, sezione di Brescia, ho
il piacere di relazionare su quanto da noi
svolto nel 2008. Nel corso dell’anno
hanno fatto parte del gruppo e collaborato attivamente 20 persone che, riunitesi una volta al mese, hanno programmato e realizzato un calendario di gite
ricco e vario, non soltanto dal punto di
vista dei contenuti, ma anche per l’aspetto grafico (grazie all’attività svolta
da Alberto Maggini) e il numero di copie
stampate (2.000 grazie al contributo dei
27 sponsor). Abbiamo realizzato in totale 33 uscite a partire dal 20 gennaio e
fino al 9 novembre. Di queste:
Adamello 105 – pag. 9
Vita associativa
Annamaria Massardi, socio cinquantennale
Angelo Saiani, socio cinquantennale
Fausto Baronio, socio cinquantennale
–
–
–
–
quentare il X Corso Lombardo per
Accompagnatori Regionali di Alpinismo
Giovanile, impegnandoli per tutto l’anno
con ben 12 uscite in diverse località
della Lombardia.
I temi trattati durante il Corso sono
stati molteplici: Soccorso Alpino,
Geologia,
Arrampicata,
Storia,
Botanica, Responsabilità Civile e
Penale, Giochi, Psicologia dei ragazzi,
ecc. Tutti i ragazzi hanno concluso il
Corso e sono stati promossi nei primi
posti della graduatoria generale!!!
Il 21 febbraio scorso nella sede del
C.A.I. di Dongo sono stati nominati ufficialmente dal Direttore della Scuola
Regionale, che così li ha definiti:
“Chiara: grinta da Presidente, Andreina:
l’impegno e la passione, Giovanni: la
pazienza personalizzata”. Bravi!!!, anche
a nome di tutto il C.A.I. Giovanile. Il
costo del Corso, finanziato dalla nostra
Sezione, è stato ben ripagato dall’ottimo risultato conseguito dai nostri tre
ragazzi. Complimenti ancora!!!
Il calendario 2008, con le consuete
10 uscite mensili, ha visto una partecipazione media di 35 ragazzi per gita,
con una maggioranza di femmine.
L’idea della ciaspolata di febbraio è
stata gradita ed ha divertito molto i
ragazzi, per questo provvederemo ad
inserirne sempre una all’anno.
Ottima anche la gita al mare con
bagno di sole nello stupendo paesaggio
della Liguria. La settimana estiva quest’anno si è svolta nel Gruppo del
Brenta ed è stata bellissima, con la partecipazione di 22 persone di cui 16
ragazzi, con pernottamento in quattro
rifugi del Brenta: Casinei, Brentei,
Tuckett ed un passaggio all’Alimonta. Il
tempo è stato variabile ma gradevole.
Il calendario 2008 si è concluso il 14
dicembre al Rifugio Alpini di Briano
sopra a Sasso (Gargnano - Lago di
Garda), grazie all’aiuto di Carlo che ci ha
permesso di scambiarci gli auguri di
Natale davanti ad un bellissimo fuoco
consumando panettoni, torte, fiumi di
aranciata, tè, succhi e coca cola, il tutto
accompagnato da canti e tante risate.
Grazie a tutti gli Accompagnatori e
Ragazzi che hanno partecipato alle
uscite.
25 escursionistiche e turistiche;
4 alpinistiche;
3 con le ciaspole;
1 speleologica.
In media si sono iscritte a ciascuna
gita 20 persone, per un totale di 660
gitanti. Si sono svolti 7 incontri serali
con gli accompagnatori per la presentazione tecnica e fotografica delle relative
uscite. Tra le gite escursionistiche
segnaliamo il Trekking delle Eolie e il
Trekking delle Orobie durati rispettivamente 8 e 6 giorni. Al Trekking delle
Eolie hanno partecipato 50 persone, più
due accompagnatori, a quello delle
Orobie 10 persone. Dato il successo
degli anni precedenti, nel corso del
2008 il gruppo escursionisti ha inoltre
organizzato la terza edizione del corso
“Conoscere la Montagna” a cui si sono
iscritte 31 persone. Il programma, svoltosi tra il 26 marzo e il 22 giugno, ha previsto 4 lezioni teoriche e 5 uscite in
ambiente, di cui l’ultima della durata di 2
giorni. E per concludere abbiamo realizzato il “Programma Proiezioni” svoltosi
da gennaio a dicembre per un totale di
10 serate. Siamo soddisfatti dell’operato svolto e nel salutarvi ringrazio i 19
collaboratori che, oltre al sottoscritto,
hanno ottenuto gli ottimi risultati sopra
esposti. Un ringraziamento alla sede per
aver messo a disposizione la struttura e
il personale a supporto delle attività
descritte. Grazie a tutti per l’attenzione.
ALPINISMO GIOVANILE
Relatore: Gianfranco Ognibene
(Coordinatore)
Apro la relazione del 2008, anno che
ha visto tre ex ragazzi del C.A.I.
Giovanile (Chiara Apostoli, Andreina
Giacomini e Giovanni Lonati), adesso
maggiorenni studenti Universitari, frepag. 10 – Adamello 105
G.P.E. MARTEDÌ-MERCOLEDÌ
Relatore: Alberto Ghidini
Il 2008 è stato un anno particolarmente intenso, tanto che ho sentito la
necessità di curiosare tra i dati statistici
per avere la conferma del buon lavoro
svolto dai Coordinatori Logistici e di
quanto questo Settore del CAI sia
seguito. Di seguito vado a leggere quanto è stato rilevato dalla nostra
Segreteria. Si tratta di dati complessivi
per le escursioni del martedì e mercoledì: numero di gite effettuate 77 - numero partecipanti 3.676 - dislivello percorso 57.414 - ore in montagna 402. A questi si devono aggiungere le due gite di 2
giorni, la prima fra le stupende montagne della Val d’Aosta e la seconda lungo
l’Alta Via n. 1 delle Dolomiti nel Gruppo
della Civetta. Se questo non bastasse
non possiamo dimenticare la settimana
in Maremma sui sentieri dell’Argentario,
del Parco dell’Uccellina e del Monte
Amiata. Non male per questi “ragazzetti” e “ragazzette” che ogni settimana,
zaini in spalla, di primissima mattina
fanno la loro escursione in compagnia.
In giugno il Presidente ha chiesto al GPE
una mano per la conduzione del Rifugio
Prudenzini, in difficoltà in quanto non
era stato trovato un gestore.
Prontamente il GPE si è messo a
Vita associativa
GRUPPO SENIORES
GPE 1987 GIOVEDÌ
Relatore: Giancarlo Verdina
Anche quest’anno l’attività del gruppo GPE 1987 del “giovedì” è stata assai
intensa e il gradimento è tale che, purtroppo, non riusciamo più ad accontentare le numerose richieste di partecipazione e si fa sempre più lunga la lista
d’attesa. Le gite effettuate sono state
complessivamente 41 con la partecipazione di 2170 persone.
Nell’inverno sono state privilegiate le
località sciistiche dove si è data la possibilità agli sciatori di frequentare le
piste di discesa, ma anche ai ciaspolatori e ai camminatori di frequentare sentieri o piste battute con soddisfazione
dei vari gruppi. Nella primavera-estate le
escursioni, al solito, hanno avuto come
meta varie località fra Trentino e Alto
Adige, in Valcamonica e nelle Orobiche,
negli Appennini e al mare.
Com’è noto, la particolarità del
nostro Gruppo è stata quella di decidere di volta in volta la meta delle escursioni guidate dal sottoscritto. Tuttavia
da quest’anno si è costituito nell’ambito
del gruppo un comitato di volenterosi e
esperti soci che collaborano col sottoscritto sia nell’identificazione delle mete
sia nella conduzione del gruppo nell’escursione. Ma l’attività sicuramente più
importante del 2008 è stata quella di
ricordare in un libro il ventennio di attività del GPE.
L’idea è nata a metà del 2008 e portata a termine, dopo un’incessante e
laboriosa raccolta di documentazioni,
fotografie e quant’altro, nel febbraio di
quest’anno a cura di Giulio Franceschini
con le ricerche d’archivio di Dino
Pedretti e la cronistoria delle escursioni
di Ida Esposito.
Il libro è stato felicemente presentato, come molti di voi sapranno, dal
nostro Presidente e dall’autore, il 28
marzo scorso. Sono intervenuti alla presentazione
il
Presidente
della
Commissione Lombarda Seniores Dino
Mercandelli, il Presidente del CAI
Lombardo Guido Bellesini, il Segretario
della Commissione Regionale Aurelio
Vascelli e l’On. Paolo Corsini, già
Sindaco di Brescia all’epoca del 14°
Raduno Seniores tenutosi in città il 23
maggio 2007 e illustrato nelle pagine
finali del libro. Un folto pubblico (oltre
trecento persone) formato da vecchi e
nuovi escursionisti con amici e famigliari ha applaudito questa pregevole iniziativa del GPE.
Hanno collaborato alla stesura del
libro anche i gruppi del mercoledì e del
martedì fornendo fotografie e documenti, così che il libro “Il GPE Vent’anni di
storia”, che qui vi presento, costituisce
una completa e ricca documentazione
dell’intero GPE.
SCUOLA DI ALPINISMO
E SCIALPINISMO
“ADAMELLO – T. CORBELLINI”
Relatore: Renato Veronesi
(Direttore Scuola)
Cari soci e socie della Sezione di
Brescia del Club Alpino Italiano e delle
sue sottosezioni, mi risulta sempre difficile stendere la relazione annuale dell’attività della nostra scuola principalmente perché “scrivere” ciò che “si è
fatto” mette nella situazione di dimenticare qualcosa che invece, vista la specificità volontaristica della nostra associazione, ha richiesto tempo e impegno a
qualcuno; pertanto chiedo scusa fin da
adesso per quello che probabilmente
trascurerò di riportare.
Nel 2008 la Scuola di Alpinismo e
Scialpinismo “Adamello - T. Corbellini”
ha svolto un’attività didattica di tutto
rispetto ma per dare un’idea tangibile
riporto schematicamente qualche dato:
Totale Istruttori in organico 59 di cui:
Piero Lugana, socio cinquantennale
Renato Papetti, socio cinquantennale
Irma Sugari Ferretti, socio cinquantennale
disposizione ed anche grazie al suo
apporto, pur in presenza di parecchie
difficoltà, il rifugio è stato aperto e funzionante per tutta la stagione. Non
posso pertanto non ricordare e ringraziare Angela, Franco, Franca, Gianni,
Giovanni, Mario, Pietro, Romina, Silvia
per la disponibilità e l’ottimo lavoro svolto. Grazie alla disponibilità in Sede il
gruppo si è riunito il 3° venerdì di ogni
settimana per una serata insieme per
parlare di montagna o visionare filmati
registrati dai nostri iscritti. Infine abbiamo collaborato con gli amici del giovedì
per la stesura del libro dei primi vent’anni del GPE, recentemente pubblicato. Il
nostro è un gruppo in continua crescita
e spiace partire per un’escursione con il
pullman completo e una lista di attesa
ancora lunga.
Istruttori Nazionali 8
Istruttori Regionali 16
Istruttori Sezionali 41
Emerito 1
Totale Corsi svolti 7
(SA1 - SA2 - AR1 (2 sessioni) - AG1 - A1
- AL1)
Totale Uscite pratiche 52
Totale giorni uomo dedicati alle uscite
pratiche 279
Totale indicativo delle ore di lezione erogate 2.310
Totale Allievi (buona parte di essi sono
nuovi soci) 95
Relativamente agli Istruttori ricordo con
piacere che nel 2008:
Tiziano Osio e Roberto Boniotti hanno
conseguito il titolo di Istruttore
Nazionale di Scialpinismo;
Michele Rocchi e Milva Ottelli hanno
Adamello 105 – pag. 11
Vita associativa
conseguito il titolo di Istruttore di
Arrampicata Libera;
Giovanni Peroni ha conseguito il titolo di
Istruttore di Scialpinismo.
A loro vanno i complimenti per il
riconoscimento della competenza tecnica maturata e per la disponibilità e l’impegno che continuano a dare alla scuola. Francesca Gorini e Carlo Maiorani
sono entrati a far parte dell’organico
come istruttori sezionali per il corso di
Arrampicata libera e Ivan Regosa per
quelli di Scialpinismo. Una nota particolare deve essere fatta proprio per la formazione di queste persone che hanno
partecipato, insieme ad altre 9 (7 delle
quali hanno terminato nei primi mesi del
2009), ad un vero e proprio “Corso di
formazione” che è stato organizzato e
coordinato magistralmente da Riccardo
Dall’Ara per la parte Alpinistica e da
Roberto
Boniotti
per
quella
Scialpinistica. Le difficoltà incontrate
sono state tante ma egregiamente
Guido Leali, socio cinquantennale
Mariadele Papetti, socio cinquantennale
pag. 12 – Adamello 105
superate anche grazie alla buona volontà dei 10 Istruttori particolarmente qualificati che hanno collaborato nei vari
moduli (4 per la parte roccia, 2 per il
ghiaccio, 2 per lo scialpinismo e 2 per
l’arrampicata libera).
Descrivo ora sommariamente il dettaglio individuale di ogni corso:
Corso di Scialpinismo base - SA1
Direttore ISA Francesco Giugno
Istruttori coinvolti 5
Allievi 16
Località frequentate: Orobie, Cima
Trenta in Val d’Ultimo, Cima della
Manzina (Gruppo Ortles-Cevedale).
Corso di Scialpinismo avanzato - SA2
Direttore INSA Danilo Braghini
Istruttori coinvolti 4
Allievi 7
Località frequentate: Piz Torena, Monte
Frerone, Ghiacciaio del Pisgana, Passo
Spluga, Passo Sempione.
Corso Roccia - AR1
Direttore IA Rolando Zorzi
Istruttori coinvolti 11
Allievi 17
Località frequentate: Virle, Mazzano,
Monticolo (Darfo), Gruppo CivettaMoiazza, Passo Sella.
Corso Roccia - AR1 (Estivo)
Direttore IA Valter Bontempi
Istruttori coinvolti 8
Allievi 9
Località frequentate: Virle, Cadini di
Misurina, Valmasino.
Nota: questo corso è stato caratterizzato da un bivacco imprevisto per 2 cordate con conseguente allerta del
Soccorso Alpino effettuata a solo scopo
precauzionale.
Corso Ghiaccio - AG1
Direttore IA Riccardo Dall’Ara
Istruttori coinvolti 4
Allievi 6
Località frequentate: Rifugio Marco e
Rosa (Gruppo del Bernina)
Salite: Piz Argent, Pia Zupò, Monte
Bellavista e Piz Bernina.
Corso di Alpinismo - A1
Direttore IA Mauro Torri
Istruttori coinvolti 14
Allievi 22
Località frequentate: Gruppo OrtlesCevedale, Orobie (Piz Redorta), Gruppo
del Disgrazia.
Corso di Arrampicata Libera - AL1
Direttore INAL Ivan Maghella
Istruttori coinvolti 9
Allievi 16
Località frequentate: Stallavena (VR),
Mazzano, Arco, Lumignano, Finale
Ligure.
Si sono svolti i consueti aggiornamenti degli istruttori relativi ad ogni
corso e anche due aggiornamenti rivolti
a tutti gli istruttori della scuola, questi
ultimi erano relativi agli ARVA digitali a
tre antenne e alle tecniche di ricerca del
travolto da valanga. Il bilancio della
scuola è ampiamente in attivo perché, a
fronte del periodo economico poco
favorevole in cui si trova la sezione,
anche nel 2008 non abbiamo acquistato
nuovi materiali. Colgo l’occasione per
ricordare che la Scuola, come tutte le
attività della sezione, è aperta a tutti
coloro che, dimostrate le capacità tecniche individuali, siano disponibili a seguire una specifica formazione e, una volta
raggiunto un idoneo grado di preparazione tecnico/didattica, abbiano voglia
di impegnarsi per insegnare ad altri le
tecniche per frequentare la montagna in
ragionevole sicurezza e con la passione
che contraddistingue i soci e trasmettere ad altri la passione per le attività alpinistiche. Segnalo anche che nel corso
del 2008 la Scuola si è prestata volentieri per una collaborazione richiesta
dalla Sottosezione di Provaglio d’Iseo
che si è concretizzata con alcune serate
di carattere culturale e didattico. Questa
esperienza, attualmente in evoluzione,
lascia intravedere un possibile ambito di
collaborazione anche con altre sottosezioni e siamo ovviamente disponibili per
valutare eventuali richieste in tal senso.
Sono grato a tutti gli Istruttori per
quello che insieme siamo riusciti a fare e
in particolar modo a quelli che, oltre alle
attività “normali”, hanno partecipato più
intensamente alla vita organizzativa
della Scuola dedicando il loro tempo
alle riunioni della Commissione Tecnica
e dei gruppi di lavoro o svolgendo il
ruolo di direttore di un corso.
Ringrazio Paola e Claudia della
segreteria per la collaborazione.
Un ulteriore ringraziamento personale esprimo a Riccardo Dall’Ara, che è
stato al mio fianco come Vicedirettore, e
a Eros Pedrini, segretario, per l’esemplare impegno profuso nella scuola e più
in generale nella Sezione. Il primo infatti
è anche impegnato nel Consiglio
Direttivo ed il secondo è il responsabile
della Biblioteca; entrambi sono un ottimo esempio di dedizione, disponibilità e
serietà. Mi piacerebbe che altri istruttori, soprattutto quelli più giovani, potessero seguire il loro esempio.
Concludo questa relazione porgendo a tutti i miei più cordiali saluti.
SCUOLA NAZIONALE
SCI FONDO-ESCURSIONISMO
Relatore: Massimo Gorni (Direttore)
Tanta neve è scesa ad imbiancare il
37° corso di sci fondo escursionismo.
Tanta quante le attività messe in calendario. Abbiamo iniziato ad ottobre con
l’ultima novità: la preparazione presciistica con gite in Nordic Walking con
Vita associativa
l’ausilio dei bastoncini forniti dalla scuola. Il desiderio di mantenere l’allenamento estivo, la possibilità di far conoscere
una nuova disciplina molto simile nei
movimenti allo sci di fondo, la voglia di
far riscoprire i colori accesi dell’autunno,
ci ha spinto ad organizzare alcune uscite che, per quest’anno, si sono svolte
nelle seguenti località: Santa Maria del
Giogo, Montisola, Monte Fieno e Monte
Maddalena. Rilevato il successo ottenuto, pensiamo di riproporlo anche per la
prossima stagione. Il 6 novembre abbiamo iniziato il corso con circa 60 allievi.
Sono stati coordinati dai nostri istruttori,
sempre pronti a dedicarsi con passione
al loro compito. Abbiamo iniziato con le
uscite di presciistica sulle colline di
Brescia e con la gara di orientamento,
muniti di carta e bussola, terminata con
una maxi grigliata presso la casa degli
Alpini di Binzago. La preparazione teorica si è tenuta presso la sede con lezioni
serali di sciolinatura di base e di perfezionamento, primo soccorso, attrezzatura, topografia ed orientamento.
Sulla neve gli allievi sono stati suddivisi in piccoli gruppi in base alle loro
capacità per un maggiore grado di
apprendimento. Come ormai sapete
abbiamo allievi tra gli 8 e gli 80 anni e
quindi la formazione dei gruppi è molto
importante. Le prime tre lezioni giornaliere, sulla neve, si sono tenute a
Madonna di Campiglio, Passo Coe e
Lavazè. Tutte le uscite sono state effettuate con pullman da 75 posti. A seguire, il week-end del 20 e 21 dicembre che
si è svolto, come di consueto, a
Dobbiaco con quasi 100 presenze e due
pullman per il trasporto. L’uscita, ormai
collaudata, comprende due lezioni sulla
neve, un pomeriggio all’Acquafan tra
giochi d’acqua ed idromassaggi e la
cena in stile tirolese. Divertimento e
maglietta ricordo compresi. Come
ormai d’abitudine, al termine della sessione formativa, abbiamo distribuito il
questionario per rilevare il grado di soddisfazione. Il risultato è stato, anche
quest’anno, positivo e quindi ci incoraggia a proseguire nel lavoro che costantemente e con impegno viene svolto da
tutti gli istruttori.
All’iscrizione proponiamo prezzi
agevolati a bambini, ragazzi, gruppi studenteschi e nuclei familiari, questo al
fine di avvicinare famiglie e nuovi giovani al nostro sodalizio. Le gite sciistiche,
coordinate da Anna Morandi, sono state
organizzate a Passo Coe, Forte Cherle,
San Pellegrino, Campiglio e a chiusura
della stagione, ultima gita in Val d’Aosta.
La settimana bianca è stata organizzata a Monguelfo in Alto Adige. Anna
Morandi e Mauro Zanoni hanno coordinato le escursioni nelle valli della
Pusteria proponendo ogni giorno piste
ed itinerari diversi per soddisfare le differenti richieste dei gitanti.
Abbiamo organizzato anche un
corso di solo escursionismo da febbraio
a marzo per una decina di appassionati
che, malgrado il tempo non sia stato
sempre clemente, sono riusciti a portare a termine con soddisfazione la loro
attività. Lo sci club, rinato ormai da
qualche anno, è diventato maggiorenne
ed autonomo e quindi sarà il suo
responsabile Scalvini ad aggiornarvi su
quanto è stato fatto.
Infine, novità anche nella direzione
della scuola con l’inserimento di alcuni
giovani. In particolare la direzione della
scuola è rimasta a Massimo Gorni, ma
la direzione del corso tradizionale e del
corso di escursionismo è stata affidata a
Simone Zanoni, coadiuvato da Mauro
Morandi. Per concludere, non mi resta
che rilanciare il solito invito: Vi aspetto a
ottobre per una nuova stagione.
SCI CAI BRESCIA
Relatore: Francesco Scalvini
(Presidente Sci Club)
In collaborazione con la Scuola di
Sci di Fondo escursionistico Adamello,
anche nella stagione 2008/09 abbiamo
partecipato alle varie gare di Sci
Nordico con i nostri ragazzi organizzate
dalla Federazione Italiana Sport
Invernali – Comitato Alpi Centrali.
Il nostro Sci Club è uno dei pochi in
provincia di Brescia a gareggiare con
atleti che passano poi nel giro della
Nazionale di Sci di Fondo nelle varie
categorie, portando il nome del CAI
Brescia anche al di fuori dei circuiti provinciali. Altri nostri atleti hanno gareggiato alle varie Gran Fondo Nazionali ed
Internazionali. Il nostro obiettivo è quello di promuovere sempre di più la nostra
disciplina attirando il maggior numero
possibile di ragazzi.
COMMISSIONE SENTIERI
Relatore: Giorgio Sandonà
Cominciamo con il “comitato di
coordinamento delle sezioni CAI della
provincia di Brescia”, operativo, come
sapete, dalla fine del 2006, al fine di
creare un coordinamento fra tutte le
sezioni e le sottosezioni della nostra
provincia. Sono state sviluppate ed
affrontate nel corso dell’anno 2008 alcune importanti tematiche, prettamente di
carattere gestionale, ma che presto troveranno un’applicazione pratica sul
nostro territorio. Di seguito elenchiamo
le principali attività che ci hanno visti
impegnati.
Catasto sentieri: si è operato nell’ottica di realizzare un catasto sentieri
e, soprattutto, di formulare una numera-
Vitaliano Cerutti, socio sessantennale
Rosanna Cita Avanzini, socio settantennale
zione univoca che risponda agli standard del CAI centrale che, come noto,
prevede un numero identificativo che
definisce, nell’ambito provinciale, l’area
di appartenenza del sentiero. Tutti gli
interventi che, d’ora in poi, verranno
effettuati sul territorio provinciale terranno ovviamente conto di questo nuovo
assetto. Per vostra informazione, i sentieri che riguardano la zona di Brescia
avranno il numero 9.
Gestione informatica sentieristica:
a seguito della creazione del catasto, si
è reso necessario uno strumento informatico utile per una sua gestione più
efficace e razionale. Tramite il software
“sentieri GIS” nato in collaborazione con
l’Università di Brescia, è possibile archiviare in un database gli interventi di
manutenzione effettuati aggiornando
quindi continuamente la situazione della
nostra sentieristica.
Gestione finanziamenti della provincia: la lunga discussione riguardante
Adamello 105 – pag. 13
Vita associativa
i parametri da utilizzare per la suddivisione dei fondi erogati dalla provincia,
ha portato alla creazione di un documento riepilogativo che riassume i lavori effettuati dalle sezioni sui diversi sentieri. I fondi erogati dalla provincia per
l’anno 2007 sono già stati suddivisi fra
le aree secondo questo nuovo criterio.
Anche l’attività della commissione
sentieri della nostra sezione che, come
sappiamo, opera nella commissione
pianura e sebino è stata quest’anno
molto intensa e si è mossa su diversi
fronti. Molto brevemente riferiamo, per
quanto riguarda la nostra sezione, l’attività che ci ha visti prevalentemente
impegnati:
“Sentiero della Franciacorta”: un
bell’itinerario di circa 50 km, da effettuarsi preferibilmente in due giorni che,
partendo dal Santuario della Stella
sopra Gussago, percorre i luoghi più
suggestivi della Franciacorta e termina a
Palazzolo. L’itinerario, già realizzato nel
corso del 2007, è stato completato con
alcuni interventi di sistemazione del
sentiero e con l’apposizione degli ultimi
segnavia mancanti.
“Sentiero della Morene del
Sebino”: altro bel sentiero di circa 30
km, che collega Provaglio d’Iseo a
Clusane attraversando i tratti più suggestivi delle colline a Sud del Lago d’Iseo.
Anche qui si è concluso il lavoro già
intrapreso nel corso del 2007, con la
sistemazione del tratto del Monte Alto,
nelle vicinanze di Adro, che mancava sul
percorso.
“Sentiero verde del Mella”: un percorso di circa 30 km che congiunge
Urago Mella a Manerbio rimanendo sempre sugli argini del fiume. Il sentiero è
stato creato ex novo sfruttando cammi-
namenti e carrarecce esistenti ed è stato
interamente segnato con gli standard
CAI risultando ora facilmente fruibile.
“Strada verde dell’Oglio”: un percorso che si sviluppa quasi esclusivamente lungo il fiume Oglio e lungo alcune delle sue rogge (dette anche seriole)
in ambiente, ovviamente, fluviale e di
pianura. Utilizza principalmente strade
campestri e sentieri, salvo che nell’attraversamento dei paesi. Il sentiero è stato
realizzato in collaborazione con il Parco
dell’Oglio che ha erogato un apposito
finanziamento. Ha visto impegnate le
sezioni di Brescia, Palazzolo e Chiari
nelle fasi di identificazione e successivamente di segnalazione del percorso…
Concludendo, desidero innanzitutto
porgere un sentito ringraziamento a tutti
i soci che, con grande dedizione, si
sono fattivamente impegnati nelle attività della commissione. Anche per lo
scorso anno i fronti di impegno sono
stati molteplici, sia per quanto riguarda
la parte più gestionale (ossia il comitato
di coordinamento), sia per quanto
riguarda quella più prettamente operativa di sistemazione e segnalazione sentieri. In secondo luogo vorrei ricordare
che sul sito della nostra sezione alla
voce “sentieri” sono presenti accurate
descrizioni dei sopraccitati percorsi ed
altri, corredate anche di numerose fotografie riguardanti storia e curiosità dei
nostri sentieri.
BIBLIOTECA CLAUDIO CHIAUDANO
Relatore: Eros Pedrini
Dal momento della nostra relazione
sullo stato della biblioteca fatta un anno
fa ad ora, qualche novità in biblioteca
c’è stata. Intanto la biblioteca porta ora
il nome di un amico: la sera dell’intitola-
zione a Claudio eravamo in tanti e per
tutti è stata una occasione molto sentita
e importante. Siamo davvero felici di
aver saputo interpretare al meglio, con
quella scelta, il sentimento di tutti. Le
altre novità, e ce ne sono, cerco di sintetizzarle nel tempo, che intendo rispettare, dei tre minuti a disposizione per i
nostri interventi. Vado con le cifre.
– Sono 5-6 i soci che, in vario modo,
si alternano nell’apertura - prestito per
la biblioteca;
– dai 700 volumi circa catalogati un
anno fa siamo passati ora a più di 1.300;
– nei soli primi 3 mesi del 2009
abbiamo avuto 14 nuovi iscritti al prestito, su un totale di 58;
– nei 9 mesi di funzionamento del
2008 abbiamo effettuato circa 80 prestiti: nei soli primi 3 mesi di quest’anno
siamo già arrivati a più di 50;
– da alcuni mesi non sto quasi mai
catalogando libri facenti parte della
“vecchia” dotazione della biblioteca.
Detto fra noi, questo è proprio un gran
buon segno, perché significa che prosegue il processo di arricchimento grazie
alle numerose donazioni e, in parte,
anche grazie a qualche nuovo acquisto.
Più di 80 i volumi arrivati a seguito di
donazioni nei primi mesi di quest’anno e
più di 20 gli acquisti, ci auguriamo che
le cifre alla fine dell’anno continuino a
segnare una progressione che rispetti
queste proporzioni.
A questo punto non mi resta che ringraziare tutti i collaboratori che prestano
la loro opera per un servizio importante,
e indubbiamente tutti i soci che in vario
modo dimostrano il loro interesse e la
loro generosità.
A tutti vada il nostro abbraccio e l’invito a curiosare tra i nostri scaffali.
Il Consiglio Direttivo 2009-2011 è così composto:
PRESIDENTE: Carpani Glisenti Guido
VICE PRESIDENTI: Fasser Carlo, Bonardi Carlo
CONSIGLIERI: Apostoli Chiara, Borzi Pietro, Chiaudano Marco, Cristini Giancarlo, Dall’Ara Riccardo, Fasser
Giacomo, Franchini Alberto, Gilberti Matteo, Lombardi Marco, Martinazzi Silvia, Mazzocchi Luigi, Ottelli Milva,
Verdina Giancarlo, Veronesi Renato
REVISORI DEI CONTI: Gasparini Ferruccio, Miglioli Donatella, Toffa Emanuele
Alla fine dell’assemblea sono stati premiati i Soci
VENTICINQUENNALI: Baroni Carlo, Bellandi Giovanna, Bello Lorenzo, Bertelli Guerino, Boniotti Roberto,
Bottarelli Guido, Braghini Elisa, Busseni Giovanni, Caprettini Fabio, Cartella Livio, Castelli Andrea, Ferlenghi
Anna, Ferrari Duilio, Ferrari Patrizia, Forlani Carla, Francinelli Cinzia, Francinelli Roberto, Letti Colomba,
Migliorati Claudio, Pesci Giordano, Pinzi Bruna Carla, Plebani Giancarlo, Salvi Emanuela, Scarlatti Massimo,
Senini Francesco, Serra Pietro, Tonolini Enzo, Zaccone Chiara, Zatti Margherita, Zoni Maria Concetta
CINQUANTENNALI: Baronio Fausto, Leali Guido, Lugana Piero, Massardi Anna Maria, Mazzola Alberto, Papetti
Mariadele, Papetti Renato, Saiani Angelo, Sugari Ferretti Irma
SESSANTENNALI: Cerutti Vitaliano
SETTANTENNALI: Avanzini Cita Rosanna
pag. 14 – Adamello 105
Storia
La
Maddalena
dei tempi
che furono
di Aldo Giacomini
Da sx: Claudia Bagordo, Antonio Lipreri, Gregorio Bagordo, Stefano Giacomini, Aldo Giacomini
(istruttore), Paolo Lipreri, Fabrizio Buscema, Guido Bernardelli
L’
emblematica fotografia scattata
verso la fine degli anni ’70 del
secolo scorso ritrae un gruppo
di giovani fondisti con un istruttore della
Scuola di Sci Fondo Escursionistico
della Sezione del C.A.I. di Brescia, nei
pressi della ex Cascina Bianchini (poi
Casotti e ora Zani) sulla strada che dalla
Maddalena scende a Muratello di Nave.
Erano i tempi delle belle nevicate che,
fin verso il 1995, permettevano divertenti sciate. Purtroppo non furono tanto le
conseguenze dell’effetto serra quanto
piuttosto le prime auto fuoristrada e i
primi motocross a rovinare su quel tratto le pacifiche piste di fondo di andata e
ritorno ai bordi strada. I loro piloti si
dilettavano a sconvolgere il manto
nevoso per bearsi delle impronte lasciate dai loro mezzi, anche se al centro
strada c’erano già i solchi tracciati dai
più diligenti e rispettosi. Guai lasciare ai
lati qualche tratto vergine! Proprio come
fanno oggi taluni motoslittisti sulle più
elevate distese nevose delle nostre valli,
dove anche il più piccolo spazio ancora
incontaminato deve essere assolutamente violato. Ora tornano alla mente
anche le pur spartane ma inebrianti
piste di discesa sui prati della
Maddalena e delle Cavrelle: per goderle,
sia prima che dopo l’infausta guerra
1940-45, si saliva a piedi dalla città, per
lo più con gli sci in spalla, dato che le
pelli di foca erano ancora di là da venire. Solo alcuni escogitavano rudimentali sistemi per calzarli anche in salita: chi
applicava le famose lame “Bilgheri”,
adottate nella Guerra Bianca in
Adamello nel 1918, e chi invece suppliva con la cordicella attaccata agli sci. In
pochi avevano gli scarponi con suola
Vibram, gli altri avevano quelli comunemente chiodati, magari militari. Si sfoggiavano fascette paraorecchie con le
scritte più di grido e le manopole di pelle
di coniglio rivoltata. Molto comune era
“el pa’ e mortadèla, la pansèta e el lard,
strachì, nuss, mandole, galète e fich sèc
e ‘na mèsa boracia dei soldacc fodrada
grigioverde con vì mesiat de söcher e
limù per pudì slongal co la nef”.
L’ospitalità
del
rustico
Rifugio
Maddalena era offerta solo durante la
stagione del pascolo alternativamente
dai mandriani e da appassionati roncari
a mo’ di ‘licinsì’, i quali mescevano in
ciotole solo vino, gassosa, grappa e
caffé d’orzo.
Per alcuni anni nel dopoguerra succedette loro una coppia di anziani e
impacciati altoatesini e, solo dopo la
radicale ristrutturazione del caseggiato
e l’avvento della strada carrozzabile e
della funivia, divenne un rinomato ristorante-albergo nel quale, nella parte
rimasta rustica, anche il C.A.I. Brescia
possedeva una stanza (non si sa per
quale motivo di lascito, ma comunque
citato nel catasto della proprietà). Dagli
anni ’80, per tacito arbitrio, tale stanza
divenne, come tutt’ora, base di cacciatori e deposito di gabbie di uccelli da
richiamo, pur nel deprecabile stato di
abbandono del sito in seguito alla cessazione alberghiera. Ma torniamo alla
nostra giornata sulla neve! Oltre alle
piste battute con gli sci delle spericolate discese sui prati della Maddalena
venivano tracciati ampi tornanti per la
risalita, per evitare di risalire a scaletta o
a lisca di pesce.
Altrettanto succedeva alle Cavrelle dove
le piste di discesa partivano dal cucuzzolo dove ora sorge la chiesetta di
Santa Maria Maddalena. Quelle piste,
pur inizialmente ripide, si addolcivano
nella vasta distesa dove ora c’è il grande parcheggio auto. Sci in spalla per il
ritorno in città prima del buio! I più pro-
vetti azzardavano traversoni sciabili
anche nel bosco che il pascolo estivo
delle antiche malghe manteneva pulito.
Oltre alle piste della Maddalena e delle
Cavrelle c’era la Bianchini sul versante
di Nave, la Paneghete su Mompiano, la
Margherita (etimologicamente ‘Malga
Rita’) su Costalunga e S. Gottardo, il
Buren sui Ronchi e la Romet (da romitaggio)
sulla
Val
CarobbioSant’Eufemia. Ad ogni inverno erano
tanti i soliti amici a ritrovarsi. Qual è lo
sciatore cittadino che non è tornato
lassù nell’immediato dopoguerra?
Alcuni, purtroppo, solo nella memoria
degli amici che nel Crocifisso inaugurato nel 1948 dal Gruppo Maddalena
(presso il Ristoro Grillo sorto nel 1956)
furono mestamente ricordati, indistintamente, qualunque fosse stata la causa
della loro morte: chi sui vari fronti di
guerra, chi nella Resistenza, chi prigioniero o deportato dai nazisti e chi,
magari per costrizione, nella Repubblica
fascista.
Nel ringraziare l’ex allievo Paolo Lipreri
per avermi fornito questa eccezionale
fotografia ben conservata, chiedo scusa
ai lettori per essermi dilungato nel presentarla, raccontando quei particolari
delle vicende e storie bresciane che
ritengo sia gradito conoscere, come
quella gara di sci di fondo organizzata
negli anni ’50 dalla società Ugolini con il
C.A.I. e la risorta U.O.E.I. lungo piazzali,
strade e vialetti sul Colle Cidneo del
nostro Castello. In quegli anni si andava,
con la corriera o con i camion attrezzati
con panchine nel cassone coperto dal
telone, in Vaghezza e Pontogna, a
Collio-San Colombano-Maniva dove, a
pagamento, c’erano i portatori di sci.
Ricordando gli amici, saluto l’ex allievo
Guglielmo Benzoni, che non appare
nella foto essendone lui l’autore.
Adamello 105 – pag. 15
Storia
Anno 1899...un artista
al Rifugio del Baitone
di Silvio Apostoli
Arnaldo Soldini
M
i piace sfogliare le pagine ingiallite di vecchi documenti e libri quelli che hanno fatto la storia di un passato. Vi leggo notizie varie, strane curiosità, modo di
vivere, decisioni importanti e banali; il che ti fa sorridere e
capire quel mondo ordinato di un tempo dove primeggiava il
piacere di scrivere per lasciare ai posteri dei ricordi tangibili.
Rifugio Baitone, quota 2437. Il primo libro dei visitatori
copre il periodo dal 1891 al 1915. Sulle sue pagine si scrivono fatti, vicende, commenti i più diversi. Tutti beneficiano
dell’ospitalità che può offrire quella capanna, dove tutto è
semplice, frugale, l’essenziale per vivere. Qui si trova pace e
serenità. Lo sanno bene i frequentatori del rifugio da poco
costruito nel 1891. Sono guide, alpinisti, escursionisti attratti da quella cerchia di cime che fanno corona alla conca del
Baitone, con la capanna al centro.
Nei primi mesi del 1899, al rifugio Baitone arriva uno
strano personaggio. Il suo nome: Soldini (Carlo) Arnaldo
(1862-1936 ). Arriva dalla città ed ha 37 anni. Non ha ambizioni alpinistiche. Scalare le montagne non è proprio il suo
ideale, ma allora cosa lo spinge lassù? È solo attratto, estasiato dalla natura alpina in alta quota, essendo reduce da
una prima esperienza di pittore paesaggista trascorsa fra i
prati delle valli bresciane, fra i cascinali della valle Trompia e
lungo gli argini dei torrenti che lambiscono la città.
Sale alla montagna per cercare nuovi colori e ritrarre gli
angoli più belli che il paesaggio alpestre può offrire, dove l’aria è più fresca e più diafana ancora che sui prati e nei
boschi prediletti del suo inizio.
Arriva al rifugio col suo bagaglio: il cavalletto, le tele da
dipingere, i pennelli, le tavolozze, i colori. Le cime, i laghetti
montani, gli angoli più belli della conca del Baitone saranno
la sua palestra. Il rifugio la sua dimora ed anche il suo atelier. Ma vivere nel rifugio non è facile. Se ne accorge il nostro
artista che prende alloggio in quella capanna da poco
costruita e che i suoi amici alpinisti della città gli hanno suggerito come il luogo ove la natura può soddisfare le sue
ambizioni d’artista.
Arnaldo Soldini, durante certe giornate di maltempo al
rifugio, costretto a riposo, non perde tempo e scrive, scrive
sul libro del rifugio le sue impressioni, le sue delusioni, quel
suo lavoro che procede a stento in attesa di quel sole che
non arriva, poi quel vento incessante che non lo lascia dipingere, la neve che lo obbliga ad un riposo forzato, un poco
prigioniero della natura ostile. E poi quella solitudine, a volte
interrotta da quei pochi alpinisti, inattesi, curiosi di conoscere quello strano personaggio che lavora di pennello, con le
sue tele, a volte solo con la sua arte della quale è innamorato…
Rimarrà al rifugio per quattro stagioni, fino al novembre
del 1901. Qualche assenza per andare in fondovalle per le
provviste, aiutato dal suo “famei” che gli fa compagnia e lo
aiuta nelle faccende quotidiane al rifugio.
Il tempo non gli manca e sul primo libro del rifugio
Baitone, quello dei visitatori, scrive il suo diario. Non sono
parole forzate. Nascono dal cuore d’un artista solitario.
Meglio non commentare e leggere quanto lascia scritto
pag. 16 – Adamello 105
sulle pagine ammuffite del suo diario per comprendere questo personaggio, vocato alla tavolozza, traslocato al rifugio
del Baitone, amante d’alpine solitudini selvagge.
Dal primo libro del Rifugio Baitone – dal 1891 al 1919
pagina 32 - 10 maggio 1899
Partiti da Rino alle 11,1\2, con tempo incertissimo, alla
Valleaverta (?) abbiamo incominciato ad attraversare una
grandiosa valanga; al Porciletto troviamo neve piuttosto
molle e senza interruzione faticosamente la calchiamo fino al
Rifugio ove giungiamo alle 18. Un buon fuoco, un’ eccellente minestra al brodo di manzo (maschio o femmina non
garantisco) ci confortò il corpo, chè lo spirito fu sempre allegro. Il tempo continuava ad essere incerto se non minaccioso. Il mattino ci alzammo alle 4 e il vento della notte ci preparò la sorpresa d’una splendida serenata. Alle 6 ci avviamo
verso Rino ed io sottoscritto spero ritornare, in questi luoghi
stupendi, verso la metà di giugno; munito di colori, cibarie
e… lena, per passarvi non meno di due mesi, nella dolce
lusinga che con l’arte, che adoro, mi sarà dato rubare almeno una centesima parte di queste bellezze. Il merito sarà in
gran parte (in ogni caso) del cortese Club che generosamente mi ospita nel suo Rifugio, e che io non posso fare a
meno di ringraziarlo in questo momento in cui mi fu dato
visitarlo colla guida Pasquale Cauzzi, col portatore Pietro e
figlio suo Adamo.
pagina 33 e 34 - venerdì 9 giugno 1899
Doveva partire dal Rino alle 3 del mattino con il mio piccolo famiglio Giacomino Canossi di Lozio e il Segrista di
Rino trasformato, per l’occasione, in mulattiere ma siccome
l’asino del detto Sagrista era stanco (per le fatiche del giorno prima) non si potè partire che alle 10! Io e il mio piccolo
giungemmo al Rifugio alle 16 e 1/2 carichi ambedue di circa
9 chili di roba di prima necessità; e fu una vera precauzione,
poiché il Segrista giunse il mattino dopo alle 10 e mezza,
portando a spalle (sbuffando come un mantice) un telaio,
due chili di formaggio e venti uova, chili 6 circa… d’un quintale e più di roba che aveva in consegna… Ah… sac… d’un
sacrista! Dicono che sai suonare, bene o male, le campane… ma questa volta il suonato sono io! Tutta la mia roba
me la lasciò alla malga Baitone e non ci fu verso di convincerlo a farmela avere (almeno entro la settimana) al Rifugio.
Notisi che di neve non si aveva che d’attraversarne una
decina di metri, sulla sponda nord del lago Baitone. La sera
ci calammo io, il mio piccolo, l’asino e il sacrista, a Rino, non
senza prima aver fatto un viaggetto di andata e ritorno dal
rifugio alla malga Baitone per portare almeno al sicuro gli
oggetti più di valore (colori e fondo di cassa). Giunsi al mio
alloggio (casa del Parrroco) veramente stanco e arrabbiato.
Al lunedì 12, dopo aver combinate un po’ meglio le mie faccende, rifeci la salita col portatore Cauzzi, il sig. Canossi
Angelo, Segratario di Lozio; (padre di nove figli, primo dei
quali il mio famiglio Giacomino d’anni 13) fortissimo alpinista
al quale gentilmente caricai 15 chili di roba, tanto per provare la sua forza. I miei ottanta chili circa di robe, che mi resta-
Rustici in Val Trompia
Olio su tela
vano di trasportare dalla malga Baitone al Rifugio, li trovai
tutti alla porta di detto Rifugio, mercè la volontà e capacità
del mandriano del Baitone (detto Gnaro di Sonico) con sole
lire 3,00, dico tre (e dire che il Sacrista per impiantarmela alla
malga Baitone parlava di lire 30! dopo essersi offerto per lire
8 e che, per riconoscenza, non volli passare che di 50 cent.
e 1 litro di vino).
Basta… ora sono a posto, contento sebbene stanco…
stanchissimo. Il Signor Canossi non è ancora stanco ed
imprende una radicale pulizia del Rifugio, trasportando al di
fuori tutto il pattume che trovavasi sotto il pancone (uso
letto). Saranno stati due quintali di roba (compresi i vivai
delle pulci non ancora nate per fortuna).
Al mattino dopo, il sig. Angelo se ne parte e ci lascia soli,
io e il piccolo. La giornata del 13 la impiegammo tutta a mettere in assetto, (relativamente al locale) le mie provviste e
terminare la pulizia e l’abbellimento del Rifugio. Alle 14 provvista di legna (più o meno secca) e principiamo la costruzione del giardinetto con gran trasporto di terra, di toppe e di
rododendri. Al ripostiglio della legna, sotto il letto, crediamo
bene sostituirne uno dietro la parete a NE della cucina,
coperto d’assi e sostenuto da sassi, trasportati faticosamente (per mancanza di leve o utensili adatti) con grande
spelamento delle mani. Non tralascerò di notare che, in queste tre giornate, il tempo fu variabilissimo, nebbia, sole, neve
gelata, vento e freddo a 3 gradi (minimo interno capanna).
Ad ogni modo presi possesso, ben volentieri e con grande riconoscenza, di questo forte, se non spazioso, Rifugio;
e sarà mia premura (ché nel farlo tanto io che il mio buono
Giacomino vi troviamo piacere) fare quelle piccole migliorie
che le nostre deboli forze e piccoli mezzi ci permetteranno;
se non altro per atto di riconoscenza verso il Club Alpino che
con sua lettera (del 26 aprile 1899 del Pres. Glissenti) mi
dava l’ospitalità per tutto il 99. Ma temo che prima del 31
dicembre me ne sarò tornato al basso, carico di dipinti non
del tutto indegni (mi si perdoni la presunzione) della magnifica conca del Baitone, se la lena, la salute e il tempo mi vorranno essere benevoli.
pagina 39 - 12 Settembre 1899
Mi trovo ancora qui e nutrivo la speranza che il tempo
splendido dei giorni scorsi continuasse almeno fino ai 25 del
mese; ma invece siamo piombati, in una notte, in pieno
inverno. Questa mattina trovammo all’uscio trenta cent. di
neve e tutto il giorno continuò un vento impetuosissimo, con
il term.tro a zero e non mi resta che coricarmi a letto, sebbene siano appena le 19. Speriamo che la neve non ci precluda la via del ritorno.
pagina 39 - 18 Settembre 1899
Dopo la seconda nevicata di ieri mi risolvo ad abbandonare, a malincuore, il Rifugio dopo 97 giornate di permanenza; felice se potrò tornarvi l’anno venturo e passarne altrettante.
pagina 40 - 11 giugno 1900
Arrivato al Rifugio Baitone alle ore 13 con tempo splendido, poca neve, trovai nel termometro minimo 18 sotto zero
massimo 15 sopra zero centigradi.
pagina 42 - 27 agosto 1900
Parto scacciato dal tempo indiavolato che da 15 giorni
mi fa ammattire. Ritornerò l’anno venturo.
pagina 44 - 14-19 giugno 1901
Termometro quest’inverno arrivò al minimo di 23 1\2 sotto
zero. Arrivai il 14 con il tempo minaccioso che si fece orribile. Il bravo e forte mio portatore (non patentato) Domenico
Branchi
col
famiglio
Giovanni Bornatici, detto
Meneghet, arrivò appena in
tempo a portarmi tutto il mio
bagaglio
dalla
Malga
Premassone a quassù. Un
bravo e un grazie di cuore
se lo merita veramente.
pagina 51 del libro - 27
luglio 1902
Domani, col mio famiglio Frizza Pietro di Rino e
col mio Moretto (famoso
cane barbone nero) che mi
tenne compagnia da l’anno
scorso lo portai quassù che
aveva un mese; fu allevato
in questi luoghi alpestri e
riuscì forte, svelto, un po’
selvatico come il suo padrone… ma affettuosissimo.
Solo non poteva vedere i
preti.
Una volta, essendone
capitati una compagnia di
5, mentre stavamo preparando la pasta condita… lui
pensò bene di mangiarsi
tutto il formaggio trito. (Quale intelligenza).
Parto definitivamente dal Rifugio Baitone, dopo avervi
passato quattro stagioni (1899-1900-1901-1902).
I giorni passati qui (tutto sommato 307) non li scorderò
mai.
Ne passai di tristi assai, quando pioveva; ma ne passai
anche di bellissimi quando il mio lavoro progrediva a modo
mio; quando riceveva visite da amici e lettere care. Amo
questo rifugio e se mi sarà dato rivederlo, certo il mio cuore
non ne resterà indifferente.
Epilogo.
Con quest’ultima pagina del diario, il pittore paesaggista
Soldini Arnaldo, con rammarico, lascia definitivamente il rifugio Baitone.
Torna in città, carico delle sue tele, dove continuerà ad
esprimere la sua arte con i paesaggi della valle Camonica,
del lago d’Iseo, delle baite alpestri. Le cime del Baitone
hanno avuto il loro momento di gloria. Ma anche il rifugio un
piccolo merito lo deve pur avere !
Ma v’è di più! Il Soldini, pittore paesaggista, con riconoscenza si ricorderà del CAI e del “suo” rifugio perché, alla
pagina 36 del Libro delle Adunanze, Seduta del 6 aprile
1900, Il Vice Presidente Prof. Gnaga riferisce che “ il Signor
Soldini metterebbe a disposizione della Sezione un quadro a
vantaggio del miglioramento del Rifugio Baitone”.
Ma l’arte del Soldini entrerà a far parte nel giusto posto
fra i grandi della pittura bresciana dell’ ‘800. Sembra che una
delle sue prime comparse in pubblico sia avvenuta con la
mostra della Sezione bresciana del CAI a palazzo Bargnani
nella quale compaiono quadri del Soldini e di altri che “allearono così l’arte all’alpinismo”.
Le sue tele dipinte al Baitone sono collocate nelle case
bresciane, nelle pinacoteche e nelle più importanti mostre
nazionali di pittura.
Alquanto dimenticato, a Soldini viene resa giustizia con
la mostra commemorativa di Iseo del settembre 1972 nella
quale compaiono circa 60 suoi dipinti.
Adamello 105 – pag. 17
Extraeuropeo
... pistari pistari... gam gam
... tra risaie, foreste e ghiacciai
“Come puoi considerare te stesso come soggetto
e gli altri esseri come oggetti quando sai che tutti sono uno?”.
Brihadaranyaka Upanishad
di Giovanni Lonati
Qual è il significato di un titolo simile?
“Pistari” e “gam” sono due termini in lingua nepalese;
nel contesto in cui li ho conosciuti, il primo è un ottimo consiglio, “piano”, il secondo è invece un incoraggiamento,
“avanti, cammina”.
Perché un titolo in nepalese?
In ottobre sono tornato in Nepal...
Nepal?! Non ti sarai forse cimentato su un ottomila?
Coraggio racconta! Quanti metri di scalata? Quali difficoltà?
Quanti campi intermedi? Hai per caso fatto ricorso a bombole di ossigeno? Corde fisse?
Nossignore, non sono tornato in Himalaya per raggiungere la vetta di un ottomila, ma semplicemente per poterne
vedere uno da vicino, il Makalu. L’idea è partita ancora una
volta da un amico, Gianni (spinto dagli ottimi consigli di un
altro caro amico, Tullio) al quale si è aggregato un bel gruppetto di nuove e vecchie conoscenze.
Ma noi siamo qui per altro! Dove è l’impresa? Ci vuoi forse
annoiare col resoconto del solito trekking al campo base di
un ottomila? Già ci immaginiamo l’inizio, senti un po’:
“Atterrati a Kathmandu, capitale del Nepal. Giornata calda,
polverosa, chiassosa. Inferno per alcuni, paradiso per altri.
Visitato lo stupa di Boodhnath, visto cremare morti a
Paschupatinath, persi nel dedalo di stradine e viottoli di
Thamel tra una miriade di gente, bici, moto, auto... finti santoni, occidentali fricchettoni, ragazzini in atteggiamenti
Hollywoodiani... e l’odore di Kathmandu, ne conosci a malapena quasi tutti gli ingredienti (spezie, fogna, incenso, cha-
pag. 18 – Adamello 105
pati, sterco, plastica bruciata, smog...) ma non la formula
segreta che lo rende così unico e inimitabile”.
Effettivamente s’inizia sempre così, d’altra parte l’aeroporto di Kathmandu è l’unico “internazionale” in tutto il
Nepal, è una tappa obbligatoria. Per non annoiarvi inizierò
così: “Quattro anni fa in volo verso Lukla vidi un’immensa
distesa di magnifiche colline terrazzate, vera opera d’arte
umana, un’infinità di paesini seminati qua e là, fiumi dalle
mille anse, stradine, sentieri, esili ponti sospesi.
Giurai a me stesso che prima o poi avrei visitato anche
solo una piccola parte di questo vasto territorio, il cosiddetto Nepal rurale”.
Attenzione, deciditi! Makalu o Nepal rurale?
Vedete, qui stiamo parlando di un trekking un po’ “fuori
moda”, non si parte infatti, come spesso accade, già da una
quota relativamente alta, la via che porta al Makalu ha inizio
a 400 metri s.l.m., da Tumlingtar, dove si trova un lungo
prato che si presta egregiamente come pista d’atterraggio
per il nostro minuscolo aeroplanino. Siamo nel bel mezzo del
Nepal rurale, una terra verdissima, calda e afosa. Quindi,
con ordine, prima le risaie, poi la foresta, e solo alla fine i
ghiacciai.
Bene, parlaci un po’ di questi ghiacciai
Le montagne sono lontane, si intravedono sfuocate all’orizzonte e molto di rado nei primi giorni di cammino, tanto
che me ne sono presto completamente dimenticato. Le distrazioni sono tante, iniziando dalla bellissima gente che
popola queste colline. Varie sono le etnie: Newari, Gurung,
Extraeuropeo
Chettri e soprattutto Rai. Qui, primi fra tutti, i
tantissimi bambini ti accolgono a mani
giunte con un sorridente namaste, e
si accontentano di essere fotografati per potersi poi vedere nello
schermo delle nostre digitali,
(a differenza di quelli del
Kumbu,
l’affollatissima
valle che porta all’Everest,
ormai capaci solo di chiedere bon bon e money,
poveri accattoni, creature del generoso occidente dispensatore di
“bene”). La gente qui
vive una vita semplice,
legata al lavoro nei campi
terrazzati (riso, mais,
miglio, taro e ortaggi vari) e
all’allevamento
(bovini,
pecore, capre, galline e maialini).
Giunta sin qua l’elettricità alimenta, oltre che incerte fievoli luci e
radio gracchianti, l’amata televisione; ed
ecco i bambini più ricchi e “fortunati” starsene piacevolmente inebetiti al cospetto della scatola magica. L’acqua corrente è reperibile soltanto alle fontane
pubbliche (che si trovano di norma agli estremi di ogni paesino), dove ci mettiamo in fila con le donne dai sari colorati
divertite e a volte anche un po’ perplesse alla vista di noi
uomini alle prese col bucato e delle nostre socie d’avventura in pantaloncini corti e canottiera. Lasciata la piana di
Tumlingtar si segue per un paio di giorni una lunga dorsale.
Lungo la via ci imbattiamo nel maggior centro “urbano” della
zona, Khandbari, dove avviene un incontro decisamente
interessante, ed è il primo di una lunga e fortunata serie.
Conosciamo un giovane francese, lunghi ricci capelli biondi,
sorriso accattivante, modi schietti ed aperti; opera volontariamente qui come insegnante di materie “alternative” per
sensibilizzare i giovani verso la natura, l’educazione alimentare, le norme di igiene... quando i soldi finiscono
torna in Francia, si trova un lavoretto e
messa da parte una certa cifra si ripresenta a Khandbari. Chiaro esempio
da proporre a tutti quei giovani che
si sentono tanto “alternativi” se
vestono un poco trasandati,
tirano di spinello e vagabondano per strada con poveri
cani pulciosi. Fare qualcosa di alternativo significa
compiere atti fuori dagli
schemi usuali, del tutto o
anche solo in parte nuovi,
ma col chiaro fine di risolvere o migliorare determinate situazioni difficilmente affrontabili con i mezzi
della comune quotidianità.
Discutibile. Ma via, più
sostanza, proseguiamo.
Il sentiero attraversa con
continua alternanza zone fittamente terrazzate e foreste tropicali
dove è piacevole godere di un poco
d’ombra. Il verde dalle mille sfumature
della vegetazione, il bianco dell’intonaco delle
belle e dignitosissime casette, il blu del cielo e
il nero di certi massi dalle forme più svariate che spuntano qua e là tra le risaie.
Arriviamo a Num (1500 metri). Nuovo
incontro. Si presentano al nostro
campo due bellissime ragazze,
17 e 25 anni; il “decano” del
gruppo, grande intenditore,
dice che son tanto belle che
pare siano state disegnate
dagli angeli. Chiedono in un
ottimo inglese un rimedio
per una fastidiosa abrasione che deturpa la caviglia
della più giovane. Non soltanto i due medici del gruppo, ma l’intera compagnia
(donne comprese!) s’interessa al caso, ed ognuno propone un proprio rimedio. Ecco
garze, disinfettante, creme, calze
di ricambio (nonostante il clima
tropicale!). Un po’ di confusione, ma
risate genuine. Dopo cena tutti invitati
nel negozietto – lodge – abitazione della
nostra paziente; serata spassosissima e il
nostro povero Marco lascerà in questo paesino un
pezzetto del suo cuore.
Sembra che vi siate molto divertiti, e la lotta con l’alpe?
La lotta con l’alpe? Incontriamo un gruppo di tedeschi
accampati poco fuori Num; veri alpinisti quelli, con lo sguardo così fisso in alto verso le vette che non si sono nemmeno degnati di porgerci un semplice saluto. Proprio qui dove
il saluto è sacro.
Succede, ma ora continua.
Ci tuffiamo in un’interminabile discesa di scalini in pietra
(le scale del Miller versione nepalese). Ecco l’Arun, fiume che
nasce dal versante orientale dell’Everest, attraversa la remota valle di Kangshung, buca l’Himalaya e riversa le sue
acque vorticose qui, in Nepal. Una volta attraversato un ponte molto sospeso e abbastanza
ondeggiante (600 metri s.l.m.), non ci
resta che una inevitabile lunga salita
in una foresta intricata, dagli alti
alberi muschiosi e contorti, abitata, si dice, da sanguisughe,
che qui rispondono al nome
di “zuca”. Tanta angoscia e
fobia per questi viscidi vermiciattoli succhia sangue,
ma pochi gli avvistamenti.
Dietro una curva ecco
comparire un “muro
mani”, muro costruito a
secco cui sono addossate pietre piatte sulle quali
sono scolpite figure sacre
o lettere dei mantra.
Abbandonato l’induismo
delle colline, incontriamo il
buddismo delle terre alte.
Questa zona è abitata da gente
d’etnia Sherpa, quindi tibetana.
Campo a Tashigaon (2100 metri
s.l.m.), bellissimo agglomerato posto su
vari livelli terrazzati e caratterizzato da piccoli
Adamello 105 – pag. 19
Extraeuropeo
fienili – palafitte interamente in legno e tutti connessi tra loro
dalle tipiche bandierine dai cinque colori. Questo è l’ultimo
abitato, da qui in poi ci imbatteremo soltanto in alcune piccole malghe – bivacchi seminate lungo il sentiero. Serata
finalmente fresca, notte stellatissima, s’inizia a rintanarsi con
piacere nei sacchi a pelo nonostante la forte umidità ancora
presente nell’aria.
Bene figliolo, è giunto il momento delle montagne vero?
Nossignore, abbiamo ancora tre ostacoli a separarci da
loro: balzo di 1500 metri lungo un viscido sentiero in una
foresta abitata da fastidiosissime cicale (che qui non si curano della presenza umana, come le nostre timide italiane,
interrompendo i loro concerti), la zona dei “quattro passi”,
ed infine il Barun, turbinoso fiume che nasce dal ghiacciaio
del Baruntse. S’inizia a temere l’alta quota.
Descrivici l’attraversamento dei passi.
I nomi e le quote variano al variare delle cartine di cui
siamo in possesso (scopriamo in loro vari errori); l’unica certezza risiede nel fatto che si supera quota 4000 e uno di loro
è conosciuto come Shipton Pass, in onore del noto alpinista
esploratore inglese. Ed ecco finalmente l’elegante vetta del
Makalu, illuminata splendidamente dal sole, ma ancora lontana; subito accanto la piramide del Nepu e il massiccio
gruppo del Chamlang; alle nostre spalle il Kangchenjunga
(altro 8000) e lo Jannu. Gran lavoro oggi per gli amanti della
fotografia. Salite violente, lunghi traversi, fotogenici laghetti
dalle acque nere, rododendri arborei, cespugli di ginepro.
Discesa. Campo scomodo (l’unico da dimenticare) nel bel
mezzo dell’ennesima foresta di rododendri e conifere. Altra
discesa, ripidissima e viscida. Il rombo dal Barun sempre più
forte. Un ponticello. Eccoci all’alpeggio di Yangle Karka
(“ombelico della sacralità”, 3600 metri s.l.m.); la valle si allarga; sulla sinistra la grotta di Milarepa (mistico e poeta tibetano), poco oltre l’Ama Buchung, che deve il suo nome (la
“montagna della donna incinta”), alla sua sagoma fortemente tondeggiante. È un tempio naturale dal fascino disarmante, al quale tutti cediamo incantati.
E poi? Più stringato!
Pistari pistari... Una selva di cime ci circonda, difficile
stabilirne i nomi e le quote, ma questo poco importa. Un
susseguirsi continuo di verdi ampi pianori intervallati da
brevi rampe sdrucciolevoli. Gli alberi scompaiono. Ancora
un alpeggio, l’ultimo. Ci accoglie Diki, giovane tibetana, la
“rifugista” del Makalu. Otteniamo da lei la notizia della presenza di un simpatico trio; si tratta del fuoriclasse Steve
House e dei suoi compagni Vince Anderson e Marko Prezelj,
impegnati nel tentativo in puro stile alpino alla mitica ovest
del Makalu; non siamo riusciti ad incontrarli purtroppo! Solo
una volta tornato in Italia leggerò che hanno dovuto rinunciare al sogno a causa del forte vento in quota.
In lontananza crolla con un boato un seracco; la valle si
richiude in alte morene prive di un ordine preciso; giochi di
luci e nebbie; ci ritroviamo in una vasta prateria d’alta quota;
ecco il campo già allestito dai nostri eccezionali portatori.
Sherson, 4600 metri s.l.m., il campo base del Makalu.
Freddo, visibilità ridotta al minimo, stanchezza, niente di
meglio del caldo sacco a pelo.
E il Makalu?
La mattina seguente, aprendo ancora un po’ assonnato
la cerniera della tenda, mi si presenta infuocato dalla luce
del sorgere del sole l’imponente Pyramid Peak. Balzo di
fuori. Tempo splendido; una cerchia di alti picchi di roccia e
ghiaccio ci circondano; pare di essere nel cuore
dell’Himalaya. Il nostro amico Tullio ha visitato questi luoghi
pag. 20 – Adamello 105
una decina di anni fa e ci ha
vivamente consigliato di
non seguire il tracciato più
frequentato verso il campo
base avanzato (in posizione
poco felice, incassato tra
alte morene), ma di risalire
una collina morenica che a
suo dire è uno straordinario
balcone panoramico, dove
il Makalu è così vicino che
pare poterlo toccare.
Seguito il consiglio ci
ritroviamo immersi in uno
scenario grandioso: una vasta piana di nere rocce granitiche
per nulla intuibile dal basso, ambiente d’alta quota, arido,
lunare, e tutt’attorno non solo il Makalu (incredibilmente a
portata di mano), ma anche l’Everest, il Lhotse, e un numero imprecisato di 7000 e 6000. Pelle d’oca al solo ricordarlo.
E poi?
Il ritorno. Sembrava poco allettante l’idea di dover ripercorrere interamente il percorso dell’andata senza alcuna
deviazione significativa, ed invece il dover superare nuovamente a ritroso gli ostacoli incontrati sin qua si è rivelato
impegnativo e di notevole soddisfazione. Quante volte ci
capita di fare una lunga salita e, poi scendendo ci stupiamo
di noi stessi quasi increduli di aver percorso così tanta strada. Immaginate rifare il percorso di nove giorni di cammino!
E poi quanti particolari che ci eravamo persi, e quante occasioni per nuovi incontri!
Ancora giovani fanciulle?
Fanciulle? Sissignore, due tostissime catalane. Dopo aver
vagato sole un mesetto per il Sikkim si sono recate qui con la
ferrea volontà di raggiungere le pendici del Makalu. Niente
portatori, niente tenda, niente satellitare, niente scarponi (!),
niente cibo (!). I loro punti tappa sono i miseri e spartani bivacchi dei pastori dove per pochissimi spiccioli ottengono vitto
(“dal bath”, cioè riso e lenticchie) e un modestissimo alloggio
(un tavolato dove potersi stendere nel proprio sacco a pelo).
Impressionati da tanto ardore le invitiamo a cena: zuppa,
pasta al ragù, pollo, patate fritte e per dessert budino. Un
poco ci vergogniamo per la nostra “ricchezza” da bimbi viziati. Ma non ci sono soltanto fanciulle lungo il nostro sentiero. Mi
ricordo per esempio una famigliola di gente tibetana, i “gestori” di un miserissimo lodge; hanno una parente sposata con
un italiano a Padova; ci mostrano delle foto: una casa “vera”,
due bei bimbi con il grembiulino all’asilo, le vacanze in campeggio... abissali differenze di vita. Difficile però stabilire chi
sia il vero fortunato. Meglio una vita dai ritmi bassissimi che
può però essere stroncata da una semplice appendicite, o
una vita frenetica alla perenne ricerca di tempo libero ma con
una speranza di vita nettamente superiore?
Non c’è tempo per queste riflessioni! Presto concludi!
Dopo un‘intera giornata di pioggia torrenziale riecco il
caldo sole del Nepal rurale. Riattraversiamo l’Arun, torniamo
alla “civiltà”. Scopriamo felici che i nostri ultimi giorni di permanenza coincidono con uno dei tanti festival nepalesi indù
legati al raccolto. Danze, canti, collane di fiori, offerte agli
dei. Impossibile trovare miglior conclusione a questo trekking eccezionale. Sono proprio queste le immagini che
custodisco più gelosamente nella mente. Il Makalu ora sarà
per me non soltanto una bellissima montagna, ma anche, e
forse soprattutto, il ricordo di un’inaspettata, spontanea e
naturale simpatia e integrazione di anima e corpo con la sua
gente meravigliosa e i suoi vasti spazi.
Atacama, un deserto senza rose
Passeggiate tra monti di sale e laghi a 4.000 metri
di Angelo Maggiori
S
ono stato attento, ma poco fortunato. Per quanto
abbia girato e rigirato per questo deserto, di rose
rosse come descritto da Sepulveda, non ne ho viste.
Forse perché, da quando sono arrivato a quando me ne
sono andato, sulla testa ha dominato un cielo azzurro ed è
mancata l’acqua che facesse fiorire un terreno impossibile.
Invece delle rose rosse del deserto ho visto molte altre cose,
belle, interessanti e spettacolari fino ad essere indimenticabili. Ho fatto base a S. Pedro di Atacama. Ero da solo e, con
la massima libertà, sono andato incontro al deserto più arido
della terra. Nell’Atacama piove di media un millimetro l’anno.
L’acqua non cade dal cielo, ma arriva all’oasi dalle montagne che separano il Cile dalla Bolivia e dall’Argentina. I monti
di quasi 6000 metri che circondano il salar fanno apparire la
grigia pianura più piccola di quello che è. La depressione
salina attorno all’oasi di S. Pedro è solo una frazione del
grande deserto individuato con il nome di Atacama.
Strada e Valle della Morte
Giungendo da Calama, la città della miniera di rame più
grande del mondo, il deserto sta ai lati di una moderna strada asfaltata. Il nastro nero sbiadito, dritto come una freccia,
è contornato da numerose croci di legno o metallo. Sono
dedicate a quegli sventurati che hanno regalato la propria
vita e, purtroppo, a volte anche quelle altrui, alla dea della
velocità. Gli altarini, chiamati con classica poesia sud-americana animitas, sono realizzati con pietre ammucchiate ai
piedi della croce e adornati con fiori di carta coloratissimi.
Un cartello, scritto sempre a mano e sempre posto di
sghembo, invita a dare simbolicamente ai fiori la cosa più
essenziale che serve per sopravvivere nel deserto: “Dame
agua”. Ai tempi di Valdivia, il primo spagnolo a mettere piede
da queste parti nel 1537, la strada non c’era, ma il problema
dell’acqua sì. Per rimanere in tema funebre, prima che il pianoro sprofondi sulla depressione di S. Pedro, c’è la deviazione che conduce alla Valle della Morte. Il vallone è spettacolare. Si apre tra pareti di fango compattato. Sembrano di
roccia, molto erose e frastagliate. A sinistra una duna di sabbia digrada ripida sul fianco e, meno inclinata, lungo il crinale che va a terminare nel fondo valle. Il paesaggio è gradevole anche se aspro e reso infernale da un’accecante luce
bianca. Un gruppo di giovani, con cane al seguito, sta
salendo faticosamente la duna sabbiosa. Hanno in mano
strane cose. Incuriosito prendo il binocolo. Sono tavole da
snow board. Storco il naso, ma aspetto per vedere come se
la cavano. Spettacolo deludente. Sciare sulla sabbia è molto
difficile. Fa gioco, ma a me pare che a divertirsi sia più il
cane e chi guarda le cadute, piuttosto che chi lo pratica.
Valle de la Luna
Ci si va al tramonto, ed è pieno di gente. Tutti i turisti
alloggiati a S. Pedro sono qui. L’ambiente è spettacolare e
giustifica la fama. La sfilza delle persone sale lentamente sul
tracciato a mezza costa. Sono tutti in fila sul ripido sentiero.
Arrancano e sbuffano come formiche stanche. Obiettivo
obbligato per tutti i presenti, ma non da tutti conseguito, è
raggiungere il crinale dal quale guardare il sole scomparire a
lato della cima del Licancabur, un vulcano spento di 5900
metri dall’affascinante e perfetto cono che domina tutto il
salar di Atacama.
In risposta all’istintivo fastidio dell’omologazione decido
di andare nella direzione opposta. Cammino un poco di più
e sono solo a godermi lo spettacolo. Alle vocianti sagome
dei “turisti” affido il compito di impreziosire le foto dorate del
cielo con la sequela delle loro nere silouhettes stagliate sul
profilo della duna.
L’evoluzione della luce al tramonto cambia i colori del
deserto. Le ombre si allungano conferendo profondità al territorio tormentato dalle erosioni e irto di pinnacoli. Montagne
e canyons recuperano identità in una fantasia di forme elaborate dallo scalpello del vento. Eolo ha lavorato di grezzo,
ma il risultato è stupefacente. Ciò che fa bello questo
immenso anfiteatro è l’insieme selvaggio del territorio.
Attendo fino a quando fa buio. Gli “altri” se ne sono andati
prima. Il silenzio ritorna padrone della vallata e l’ambiente
riacquista la magia del deserto invece che quella, un poco
pacchiana, da luna park. La mutazione del cielo, da giallo
oro in viola sempre più cupo, fino a lasciare alle nubi stratificate il compito di riportare la notte, soddisfa la mia aspettativa di deserto.
Cordillera de la Sal
Il turrito paesaggio visto dall’alto dei crinali della Valle de
la Luna mi ha invogliato a penetrare a piedi tra le tribolate
conformazioni per conoscere più da vicino la struttura di
questi monti. Sapere che sotto il marrone della superficie c’è
sale è una cosa, scoprire da vicino le montagne di sale è
veramente un’altra e ben più sorprendente.
La cordigliera è lunga settanta chilometri. Le “rocce”
sono fatte da marna, sedimenti di gesso e sale. Il sale è duro
e per niente friabile. Urtarlo significa scoprire che taglia
come vetro. Spezzando qualche sporgenza, si portano in
vista cristalli compatti e bianchissimi.
Seguire i canaloni e le forre, da queste parti chiamati
quebrada, significa calpestare sale posto sul fondo come
fosse sabbia o attraversare grotte e passaggi come gli spazi
tra ghiacciaio e morena sottostante. Non pochi speleologi
indagano il sistema carsico delle grotte nel sale perché pare
ci siano, sotto la Valle della Luna e della Morte, le più grandi caverne del Cile. In questi anfratti non è raro per loro trovare reperti lasciati dagli antichi atacameni. Affascinanti
sono gli affioramenti del sale sulle strutture delle pareti lavorate a lame o come capitelli imbiancati. È un fenomeno di
scioglimento e ri-cristallizzazione del sale.
Adamello 105 – pag. 21
Anche il fatto che la montagna scricchioli è impressionante. Sono suoni dalla tonalità metallica, molto sinistri. Il
salto di temperatura, tra il forte calore del giorno e le zone in
ombra serali, fa sonoramente crepitare il sale. Dire che la
montagna canti è poetico. Il timore che le pareti che ti sovrastano ti crollino addosso è inquietante, anche se infondato.
La spiegazione scientifica dei fenomeni lascia presto
posto al solo ammirare la bellezza che questo mondo ci
regala nei modi e luoghi più impensabili. Incluso un
Licancabur, con una nuvola nero-viola che pare fuoriuscire
dal cratere. La nube fluisce morbida sullo sfondo di un cielo
pennellato di rosa rendendo la montagna elegante come un
sogno.
tramonto. La paziente attesa del momento magico è ampiamente ricompensata dallo spettacolo dei riflessi sull’acqua
blu profondo. Quando il sole arrossa e il grigio del sale si
ammanta di un viola fantasmagorico, la natura esplode nella
calma di un tempo sospeso tra il battito d’ali dei fenicotteri
e il fruscio del vento. L’intero mondo trascolora con sinfonia
di calde tonalità. I turisti scemano e i fenicotteri, con gli altri
uccelli a passeggiare nell’acqua, tanto vicini da poterli quasi
toccare, si riappropriano del loro mondo Fermarsi, fino a
quando la luce scompare e rimangono solo gli echi di un
riverbero nell’anima, è un lusso a portata di mano di chi
segue il ritmo del sole invece che quello dello stomaco o
delle agenzie di viaggio.
Laguna Chaxa
Una sera a San Pedro
In mezzo al salar di Atacama vi è un luogo che riassume
il bello e il brutto di questo deserto. Il “brutto” è l’arido di un
suolo che si presenta grigio e irsuto come il letto di un fachiro. È una piana desolata che sgomenta al solo guardarla. Il
bello è la vitale acqua azzurra che in alcuni punti affiora provenendo dal sottosuolo. Sono specchi d’acqua poco profondi e nei quali i fenicotteri dal becco giallo trovano un habitat ideale per il cibo e la cova.
Nella zona sud del salar, in stridente contrasto con l’armonia della laguna Chaxa, è ancora attiva l’estrazione di
litio, salnitro e di altri sali minerali. Per fortuna, dalla zona
accessibile ai laghi blu, l’obbrobrio dell’industria estrattiva
non si vede.
Passeggiando sui sentieri obbligati del parco, quello che
si impone, con evidenza e forza, è l’aridità nella forma di un
suolo screpolato all’inverosimile, ma totalmente diverso
dalle classiche fessurazioni dei terreni argillosi. Il sale affiora
per evaporazione lasciando un intrico di piccole creste rugose, dure e fragili.
Il salar è un luogo che inquieta di giorno e affascina al
L’oasi non è grande. Il paese è molto carino, tutto di case
basse, costruite con mattoni crudi. Gli “alternativi”, mochileros radical-freak come venivano spregiativamente chiamati,
e che l’hanno resa famosa come una Goa cilena, praticamente non ci sono più. Strade polverose si sono arricchite di
negozietti colorati e botteghe di artigiani. San Pedro di
Atacama è zeppa soprattutto di agenzie di viaggio, e di ristorantini dove si mangia bene. L’effetto indesiderato e che ho
percepito, è stato che, percorrendo le viuzze affollate, non
sembra nemmeno di essere in un deserto.
La piazza della cattedrale è punto di ritrovo. L’ombra dei
grandi alberi allevia il caldo della giornata. L’arco d’accesso
alla chiesa, di un bianco abbagliante che ne esalta l’eleganza coloniale, oggi è fronteggiato da una banca allocata su un
piccolo camper che, collegato ad internet tramite un’antenna parabolica, consente il cambio moneta in pochi minuti.
Poco lontano si trova l’interessantissimo e assolutamente da non perdere museo La Paige.
Sulle baracche poste appena oltre il centro storico del
villaggio, come su non poche abitazioni degli ultimi indios
rimasti in loco, sventola la bandiera arcobaleno. Non è a strisce come quella ben nota dalle nostre parti, ma a quadretti
colorati. Sventola lanciando al vento la richiesta di maggior
attenzione ai loro problemi.
A cena, immancabilmente giunto troppo tardi per il ristoratore, osservo i turisti presenti nel locale. Essere da solo
consente di godere di questi privilegi. Insegui l’interesse
della tua mente senza mancare di attenzione a ciò che ti circonda a causa della presenza di compagni di viaggio. Questi
occupano inevitabilmente il campo relazionale assorbendo
tempo prezioso che, a volte, non è nemmeno ben ricambiato. Tre persone suonano sei strumenti in modo esagerato.
Un gruppo di spagnoli rumoreggia, come fossero italiani, al
ritmo della musica andina. Una coppia amoreggia in fondo
al locale. Degli americani sbevazzano birra e uno, dalla
bocca larga, ha la voce troppo alta per passare inosservato.
Le lingue si mescolano in un tourbillon di gesti e risa di gente
allegra e di altra immusonita. Se un extraterrestre ci osservasse io credo ci troverebbe molto sciocchi. Che cosa stia-
pag. 22 – Adamello 104
Extraeuropeo
mo cercando nel deserto di Atacama? Io lo so e sono
molto contento di esserci. Quella sera ho parlato a
lungo con Mary al telefono. Entrambi stiamo
facendo i conti con la nostra libertà in rapporto a come insieme stiamo cambiando. Siamo
distanti, ma non lontani. Viaggio da solo, ma
lei è con me.
Miscanti e Miniques
Sono stato in zona San Pedro alcuni giorni.
La visita si è estesa a tutto l’ambiente che circonda il salar. Alle lagune Miscanti e Miniques sono
giunto che era ancora notte. Ho aspettato l’alba tra la
fredda neve dei 4.000 metri. In una gelida solitudine,
più grande di quella provata tra la sabbia, ho vissuto la vista delle montagne di seimila metri
incappucciate, più come un’ingiustizia che
sentimento di delusione. La montagna è
severa. Non si preoccupa delle aspettative
dei piccoli uomini giunti ad ammirarla. Il
tempo atmosferico, come le cime dei monti,
segue il destino di abbellire il mondo con cicli
naturali a volte incomprensibili perché non
ancora capiti. La bellezza che unisce senso e
significato sta nella contemplazione di questi fenomeni. Cosa che ai laghi sopra il deserto di Atacama mi è
capitato di fare per molte ore fino a quando obliqui
raggi di sole hanno reso dorato lo specchio d’acqua delle lagune. Tra neve, cielo, montagne e
uccelli capaci di muoversi tra questi elementi
primordiali con la libertà di chi possiede le ali,
anch’io ho provato la libertà di volare tra
sogni e desideri fino a confondermi con l’ambiente che mi accoglieva nonostante fossi un
intruso.
Tatio e scempiaggini
Al Tatio, la zona dei geyser posta a quattromila
metri, il sole è sorto negli ectoplasmi del vapore. Le
nuvole ondeggianti, mosse dalla brezza mattutina,
davano corpo agli incubi di notti insonni. Il mistero della bellezza veniva dalle meraviglie incredibili delle concrezioni coloratissime generate
dal misterioso fluire delle sorgenti di acqua
sulfurea.
A colpire ferocemente la mia attenzione,
però, è stata altra cosa dalle stupefacenti
colorazioni delle fantasiose elaborazioni di un
meraviglioso creato proveniente dal regno di
Saturno. Assistere alla più completa idiozia del
comportamento irresponsabile di turisti dell’avventura
che bellamente indifferenti calpestavano fragili opere
d’arte che la natura aveva creato nel corso dei
secoli mi ha fatto male. Un dolore interiore che
proveniva dalla morte della speranza in un
futuro migliore derivante dall’accrescimento
della conoscenza acquisita da chi viaggia.
Diceva Sant’Agostino: “Il mondo è un libro e
quelli che non viaggiano ne leggono solo una
pagina”. Assistendo alle distruzioni operate
da alcuni vandali diretti alla piscina dove fare
il bagno nelle calde acque geotermiche contornati dal ghiaccio della notte, ho pensato che
anche chi viaggia a volte si ferma alla prima pagina dei
luoghi che attraversa. Il rispetto inizia con l’attenzione. Vale in giro per il mondo come a casa nostra.
Senza attenzione ed ascolto non c’è consapevolezza e l’ambiente da realtà diventa vuota
parola per un concetto immaginario.
Altri dintorni
Nella ripida camminata lungo la quebrada di Puritana, canne gialle e cactus in fior,
innalzavano lodi spinose verso il cielo. I fiori
del cactus condensano gli opposti: esteticamente belli, urticanti come una donna senz’anima.
Il bagno nei caldi laghetti delle terme contornati da canneti chiude una piacevole camminata. Nel mio viaggio ho incontrato anche la non sopita cultura
ancestrale con primitivi riti preincaici dedicati a
Pacha Mama. Adepti di arcaiche religioni officiano nei cimiteri o sugli altipiani. Ho assistito di nascosto perché non è gradita la presenza di estranei e tanto meno di intrusi.
Ho attraversato paesini da favola andina
come Caspana, Chiu Chiu e Taconao. Realtà
rurali delle quali solo il campanile, con le porte
di legno di cactus traforato, e il cimitero, con
appassiti fiori di carta, testimoniano i tempi più gloriosi antecedenti l’abbandono da parte dei giovani e dei
contadini. Gente anziana dalle facce rugose, sofferte, solcate dalla durezza dell’ambiente e dalla
lotta per la sopravvivenza e un poco diffidenti
ti guardano passare senza curiosità e lasciano noi senza parole. Trai i Pukarà, le antiche
fortezze, e il museo, la storia si è fatta sentire con il peso ingombrante delle rovine e di
mummie magnificamente conservate. Ti
guardano con occhi vuoti, ma il loro sguardo
lo senti pesante come un giudizio inappellabile.
Ti dicono che anche tu, ora padrone transitorio
del deserto, ritornerai alla polvere che lo costituisce.
La candela
Nel deserto di Atacama la natura ha sempre
fatto la sua immensa parte e mi ha regalato a
iosa paesaggi incantevoli, superbi colori,
guanachi e vigogna in libertà, tramonti rossi
indimenticabili.
Tutto questo merita una rivisitazione
degli appunti in forma adatta a dare proseguo alle parole scritte la sera del 19 agosto
2004, in un rifugetto ai piedi del Licancabur, in
assenza di energia elettrica: “Scrivere alla luce
della candela ha il fascino di un raccordo forte con
questo mondo. È un sentire che permette di fare chiaro.
Noi siamo come la candela. A che serve una candela se non brucia? Se non si consuma non esiste nel rapporto con il mondo. Così noi, quando viviamo in rapporto agli altri, inevitabilmente ci consumiamo. Questo non è solo il nostro
destino, è l’unico modo per vivere, ovvero
dotare di senso la nostra esistenza. Non mi
dispiace pensarmi come una candela: luce,
calore, bellezza di una fiamma mobile che un
momento pare spegnersi e poco dopo fiammeggia con più vivacità. E vai con il viaggio, vai con la
vita”.
Adamello 105 – pag. 23
VitaAlpinismo
associativa
Lo Sperone
Frendo
di Gianni Baratti
D
opo il Grand Capucin dell’anno scorso, l’amico
Andrea di Torino, a marzo, mi ha proposto un’altra
salita nel Bianco, famosissima, assai difficile, molto
lunga. Per allenarci, faremo prima lo Sperone Frendo. Il 26
luglio vado in treno da Rovato a Torino. Da qui, con il monovolume di Andrea raggiungiamo Chamonix che è affollata da
un popolo, a dir poco, variegato.
L’11 luglio 1941, Edouard Frendo, con il compagno René
Rionda, tracciò una fantastica linea lungo lo sperone del versante nord dell’Aiguille du Midi, che negli anni successivi
sarebbe diventata una classica di misto, di medie difficoltà,
ambita e frequentemente percorsa da alpinisti delle più svariate nazionalità. Si parte dalla stazione intermedia della funivia, sotto l’Aiguille du Peigne a 2.310 m, da qui ci si dirige
verso il plateau des Pélerins per poi costeggiare, verso
destra, la base della parete nord dell’Aiguille du Midi, fino al
cospetto dello Sperone che inizia a 2582 m. La vetta, dove
non ho mai messo piede, è a 3.842 m. La prima parte della
salita è costituita da 600 metri di splendido granito; segue
una vertiginosa cresta di neve, di un estetismo meraviglioso;
si termina con il ghiaccio su pendii abbastanza impegnativi.
L’unico neo che intacca la perfezione è il secondo troncone della funivia che passa poco più a destra rispetto alla
linea di salita. La stessa funivia, però, che dopo la lunga
ascensione ti riporta velocemente giù: particolare, questo,
non del tutto disprezzabile.
Vista l’ora e la lunga coda alla funivia, possiamo gironzolare per due ore lungo le stradine di Chamonix che è il maggior centro alpinistico dell’arco alpino. Ci tuffiamo nel mucchio. La quantità di persone che incontriamo ha dell’incredibile; le osservo e noto con interesse che c’è di tutto. Mi
diverto e qua e là mi sorprendo. Debbo alzare testa ed occhi
per ricordare a me stesso che siamo ai piedi del Monte
Bianco.
Ne abbiamo
a sufficienza e
andiamo
alla
macchina
per
cambiarci; carichiamo gli zaini a
spalle e raggiungiamo la stazione della funivia
dove persiste la
coda. Quando
arriva il nostro
turno saliamo ed
in pochi minuti
atterriamo alla
stazione intermedia; con fare
insicuro facciaL’amico Andrea
pag. 24 – Adamello 105
mo i primi passi su un pianoro di terra, anche lui affollato. Gli
occhi sono timidamente incerti circa il dove posarsi con
attenzione. Eppure, poco più alto del naso il panorama delle
due Aiguilles non ammette incertezze; invece siamo leggermente spaesati.
Finalmente mettiamo a fuoco lo Sperone che nella sua
parte alta è avvolto dalle nubi. Il rumore dell’impianto rende,
però, difficile estraniarsi raccogliendo i propri pensieri.
Faccio, pertanto, fatica a rendermi conto con lucidità del
contesto in cui sono e di cosa ho davanti, non metto bene a
fuoco le proporzioni.
Il sole cala, così come la gente. Il gestore del bar sul cui
terrazzo bivaccheremo, si prepara a chiudere per scendere
con l’ultima funivia. Rimaniamo magicamente soli, da non
credere, e iniziamo a realizzare profondamente dove siamo
e perché. L’Aiguille du Midi continua ad essere incappucciata, ma il contesto ci coinvolge intensamente. Ora, lo
Sperone lo vediamo con gli occhi e con il cuore; iniziamo,
quindi, a studiare l’avvicinamento e la linea della salita sino
alla fine della magnifica cresta, perché oltre la vista è impedita dalle nuvole. L’entusiasmo cresce ed il tempo passa.
Prepariamo sotto il piccolo portico del bar i materassini ed i
sacchi per dormire. Intanto, i generatori della stazione intermedia sono stati attivati e fanno un rumore assordante.
Spero ne abbiano per poco. Il sole è calato, nonostante ciò
la temperatura è tiepida. Ci accordiamo per la sveglia: 2.50,
dopo di che ci auguriamo reciprocamente di dormire qualche ora. Ma i generatori continuano a funzionare sino alle 2,
così io non riesco assolutamente a dormire; mentre Andrea,
Alpinismo
come al solito, s’è assopito profondamente: 37 anni, beata
gioventù.
Attenua il fastidio acuto la meravigliosa volta stellare che
sembra guardarmi, facendomi compagnia. Appare vicina,
tanto da donarmi la piacevole e calda sensazione di sentirmi avvolto maternamente. Le nuvole se ne sono andate liberando la vetta; ed è uno spettacolo. Lo Sperone, ora, è nitidamente individuabile e provoca tentazioni che, a loro volta,
stimolano azioni immediate.
Suona finalmente la sveglia, usciamo dai sacchi, ci
imbraghiamo, mettiamo il materiale necessario per la salita
nei piccoli zaini ed il resto lo lasciamo in quelli grossi che
nascondiamo nei pressi dell’edificio della funivia. E poi via,
con le lampade frontali in azione; la luna è da qualche altra
parte; così, la luce che da steso nel sacco mi sembrava
straordinaria, camminando lungo il sentiero risulta essere, in
verità, molto meno. Arrivati sul plateau, la direzione utile da
prendere sfuma; l’enorme barriera di rocce, neve e ghiaccio
che si alza soggiogante alla nostra sinistra proietta un buio
che ci fa perdere il filo del percorso. Ad un certo punto la
saggezza ci induce a calzare i ramponi. Sta di fatto che anziché un’ora come la guida indica, ce ne mettiamo due per
giungere ai piedi dello Sperone.
Albeggia, pertanto non ci è difficile trovare l’attacco e
finalmente iniziare la desiderata ascensione. Le difficoltà
sono quelle classiche, ma poiché lo Sperone non è un affilato spigolo dalla dirittura obbligata, bensì una larga parete
con pochissimi chiodi, ci troviamo a fare, senza volerlo, delle
varianti un po’ meno semplici, nella convinzione di aver
optato per la soluzione più logica. Comunque, al massimo
sono passaggi di un grado maggiore di difficoltà rispetto a
quello dichiarato che è IV+. Nonostante ciò, non mi sento a
mio agio con i piedi: come mai? Semplice: perché l’ultima
volta che ho arrampicato con gli scarponi è stato 27 anni fa,
il 7 settembre 1980, sullo spigolo nord dell’Adamello. E così
oggi mi debbo gestire le conseguenze; d’altra parte non me
l’ha ordinato il medico di venire sin quassù: quindi, zitto e
vai.
Il tempo è bello così come promettevano le previsioni
meteo; non siamo in grado di vedere molto in alto e constatare se, come ieri, la vetta è avvolta dalle nuvole. Speriamo
di no.
Le lunghezze di corda sul magnifico granito si susseguono senza particolari problemi; iniziamo a desiderare di mettere piede sulla cresta affilata che una spettacolare fotografia trovata su un sito internet, ci ha ben impressa nella
memoria. Seicento metri di granito sono sufficienti a placare
le voglie di roccia, a quando la neve?
Dopo un tempo leggermente superiore a quello previsto,
giungiamo alla base della cresta. Sorpresa! Uno spesso
muro di nuvole bianco-grigie inizia proprio qui, limitando la
vista a pochi metri. Auspicavamo un’accoglienza ben diversa; l’importante è che rimanga, perlomeno, così e non si
metta al peggio. Estraggo i ramponi e le piccozze da cascata, che Andrea mi ha prestato: così bardato sembro un vero
alpinista.
Iniziamo a salire di conserva, uno appresso all’altro.
L’amico è davanti, è lui l’esperto ghiacciatore. Subito ci
imbattiamo in altre due sorprese: la cresta non è segnata da
alcun precedente passaggio; poco male, anzi. Poco male in
condizioni di neve normale, però. Infatti, ecco la terza sorpresa: sprofondiamo sino al ginocchio in una poltiglia
Limpido che fra breve sparirà
Lo splendido granito
Chamonix
e la sua mondanità
appaiono lontane
Alpinismo
pochissimo consistente grazie al caldo di questi giorni, che
pone lo zero termico ad altezze ben superiori. Non è la cresta che avevo sognato.
Le picche affondano in quella cosa lì, che sembra una
povera e scalcagnata parente della neve, dandomi la inquietante sensazione che le stesse non mi terrebbero se dovesse succedere qualche cosa. La salita diventa faticosa;
avvertiamo di avere sotto di noi, sia a destra che a sinistra,
vertiginosi pendii di cui però vediamo solo i primi metri.
Procediamo necessariamente con lentezza, facendo
molta attenzione. Senza quasi accorgerci, se non all’ultimo
grazie alle nubi sempre più grigie, arriviamo al Rognon, il
bastione roccioso che sbarra la cresta di neve facendola terminare. Abbiamo impiegato un bel po’ di tempo per superare questo settore dello Sperone; speriamo di riuscire a salire sull’ultima funivia.
Sono affaticato, l’altitudine inizia a farsi sentire.
Sembriamo un poco smarriti, soprattutto io: il nulla attorno a
noi è un mondo freddo, illeggibile, che spegne il fuoco dell’entusiasmo. A questo punto abbiamo tre possibili soluzioni per superare i 400 metri di ghiaccio che ancora ci separano dalla cresta finale. Andrea scarta quella a sinistra del
bastione, che è la più estetica ma maggiormente impegnativa: infatti, dentro di noi ci stiamo chiedendo, con una certa
apprensione, in che condizioni sarà il ghiaccio… ma non ne
parliamo; qui siamo e da qui dobbiamo solo salire.
A destra del Rognon vi sono le altre due possibili soluzioni. Sempre vicini, uno appresso all’altro, costeggiamo
verso destra per circa 50-60 m la base della grossa roccia,
su un ghiaccio delicato. Alla fine del traverso udiamo il sordo
rumore della funivia che non vediamo. Da questo punto proseguiremo in cordata assicurandoci normalmente. Ed allora
togliamo dallo zaino tutti gli attrezzi necessari; per fare ciò
pianto una piccozza nel ghiaccio mentre l’altra l’appoggio su
una specie di piccolo ripiano. Nel compiere le solite manovre inciampo in questa piccozza che, con sgomento, vedo
muoversi e poi scivolare alla mia destra, inabissandosi.
Noooo!... Andrea si gira di scatto con occhi spaventati.
Utilizzerò un solo attrezzo; che somaro sono stato.
L’amico parte con molta circospezione assicurandosi
con i chiodi da ghiaccio; segue una linea obliqua da sinistra
verso destra, allontanandosi dal bordo destro della roccia.
Mi sembra di capire che abbia scelto di salire i pendii della
via Mallory-Porter, che in effetti è la più semplice.
Verso la fine della prima lunghezza di corda, mentre mi
sto portando verso il compagno che mi assicura in un piccolo crepaccio, vedo passare, immediatamente alla mia sinistra, due metri cubi di neve e ghiaccio. Impieghiamo alcuni
minuti per smaltire l’adrenalina che lo spavento ha fatto
esplodere; ed inevitabilmente mutano gli stati d’animo: ora
auspichiamo solo di uscire incolumi da questa giornata.
Andrea riprende e cambia, riportandosi a sinistra,
seguendo poi una sorta di canalino. Il pendio è di 60/65°,
non banale. Avverto la profonda stanchezza e mi rendo
conto che procedo non certo veloce. Nonostante ciò, constato lucidamente che anche solo con una piccozza si può
salire in sicurezza e che i movimenti della tecnica di progressione su ghiaccio mi piacciono e gratificano molto.
Le lunghezze si susseguono mentre cresce la voglia che
tutto finisca. Il rumore della funivia e l’impossibilità di vedere alcunché m’innervosiscono rubandomi altre energie.
Il barettino bivacco
pag. 26 – Adamello 105
Varianti non cercate
Improvvisamente, sbuchiamo fuori da questo ostico
mondo e rivediamo l’azzurro del cielo. Ma non lo apprezzo
molto perché da tempo mi sto chiedendo, con un’apprensione che m’incupisce, se potremo dormire all’interno della
enorme costruzione che ospita la funivia, oppure dovremo
bivaccare all’aperto. Mi è chiaro, infatti, che l’ultima discesa
la perderemo. Non devo, però, essere del tutto esaurito se
trovo modo di prendermi un po’ in giro, chiedendomi se avrò
la faccia tosta di raccontare agli amici che mi sono divertito
un sacco nel salire questa grande classica di misto.
Percorriamo la cresta finale ed entriamo Dio – ti ringrazio
– in un grande antro di cemento; percorriamo un largo corridoio ed alla sua fine troviamo un inaspettato bagno moderno, con stufetta elettrica che irradia un piacevole calore. Qui
dormiremo, per terra.
Dopo aver asciugato alcuni fradici indumenti, Andrea
s’addormenta. Io, tra un inutile tentativo e l’altro di sonnecchiare sul freddo e duro pavimento, vago per l’illuminata galleria a curiosare le grandi fotografie appese alle pareti, con
didascalie che raccontano la costruzione di questo enorme
edificio e della funivia che vi arriva. Inoltre, ho tempo per
riflettere e giungere a due considerazioni finali: tecnicamente la salita è stata tranquillamente nei limiti delle mie capacità. Ma ascensioni di questo tipo, con le varie sorprese non
certo infrequenti che esse comportano, richiedono anche
uno specifico allenamento finalizzato ad un livello di fatica
fisica che, francamente, mi sembra vada oltre ciò che posso
cavar fuori da me. Eh sì, mi devo pur rendere conto che da
due anni ho superato il terzo “anta”. È una scusa? Chissà.
Quindi? Mi dispiace per Andrea che, invece, è ben all’altezza anche dell’ambizioso obiettivo che aveva programmato e
che senz’altro realizzerà; ma io mi fermo qui, non sarò della
compagnia.
Adamello 105 – pag. 27
Alpinismo
Alaska:
il sogno è realtà
di Marco Berni
H
o affrontato cinque volte la sfida della Iditarod Trail
Invitational: nel 2004 ho fatto la gara breve di 560 km,
classificandomi terzo nella categoria “runner”; nel
2005 ho partecipato alla gara lunga, di 1770 km, ma ho
dovuto ritirarmi per un infortunio alla gamba; nel 2006 ho
fatto tutto il percorso lungo,variante nord, classificandomi
secondo assoluto; nel 2007 ho ripetuto il percorso breve,
giungendo terzo; quest’anno ho fatto il percorso lung,o
variante sud, classificandomi al secondo posto assoluto.
Roberto Guidoni, l’americano Tim Hewitt ed io siamo gli
unici tre al mondo ad aver portato a termine la gara su tutti
e due i percorsi lunghi. Come dicono gli Indiani Atabaska,
quando si viaggia la nostra anima ci segue alla velocità di
quando andiamo a piedi e quando voliamo o andiamo in
auto la nostra anima rimane nella polvere; per consentire
all’anima di raggiungerci dobbiamo “ammazzare il tempo”.
In questi ultimi cinque anni con le mie fughe d’amore in
Alaska, sì, avete capito bene, fughe d’amore, perchè ritengo
l’Alaska la mia amante, ho permesso alla mia anima di viaggiare con me e questo non è poco. Luglio 1977 ore 11 del
mattino, vallone del Materot: “Marco, stai attento e metti i
piedi dove li metto io. Beppe - urla mio padre all’amico poco
sopra - tieni tesa la corda e recupera piano piano Marco”…
Marzo 2009 ore 3.30 del mattino, passo Little Mc Kinley,
Alaska: “Marco stai attento a non perdere la flebile traccia
pag. 28 – Adamello 105
davanti a te altrimenti sono cavoli tuoi, io ti ho avvertito!”.
Questa volta la voce non è quella di mio padre, ma arriva
dall’altra persona che vive in ognuno di noi e che molte volte
rema contro. Trentadue anni di distanza e paesi distanti diecimila chilometri l’uno dall’altro, ma con un unico comun
denominatore: la voglia di avventura fin da piccolo.
L’Iditarod è una gara di 1770 km attraverso l’Alaska, a piedi
in inverno è un mondo meraviglioso anche quando sei allo
stremo delle forze: aurore boreali, paesaggi mozzafiato,
impronte di lupi che ti seguono e questo a qualche centinaio
di chilometri lontano da tutto. Ma allo stesso tempo c’è l’adrenalina perché stai gareggiando: è il meglio dei due
mondi, pace interiore ed eccitazione. Ci siamo; dopo quasi
20 ore di viaggio l’aereo atterra sulla pista ghiacciata di
Anchorage, sono passati due anni: Alaska mi sei mancata.
Solo quando le ruote dell’aereo toccano il suolo riesco a
staccare completamente il pensiero da tutto ciò che ho
lasciato in Italia, sì, perchè in questa gara tu sei il giocatore
che finalizza il gioco, il resto della squadra è rimasta a casa.
Di conseguenza la tranquillità e la forza che ti viene trasmessa è fondamentale per superare le difficoltà: se a casa
tutto va bene, l’energia positiva che ti arriva ti dona una marcia in più. Ne è la prova lampante quando nel 2007 un mio
carissimo amico stava combattendo una battaglia contro un
male incurabile ed io ero in Alaska ma solo con il corpo, la
Alpinismo
mia mente e la mia anima non mi avevano seguito, erano
rimaste vicino a Sisco con il risultato che tutto quello che
facevo mi sembrava essere di una banalità sconcertante.
Tutto mi pesava: il vento, la neve, il freddo e l’Alaska in inverno non perdona persone che l’affrontano solo con il fisico.
Quest’anno tutto sembra andare per il verso giusto, i duri
allenamenti che si sono susseguiti per l’intero anno sembrano aver dato buoni frutti e mi trovo alla partenza con buone
sensazioni e, come si dice, con la gamba bella tonda. Primo
Marzo 2009, tutto è pronto e questa volta non posso sbagliare. Dopo il via la tensione accumulata prima della gara
svanisce di colpo e in un attimo mi ritrovo solo a camminare in mezzo ad un fitto bosco di abeti e betulle. Che bella
sensazione ritrovare dopo due anni gli alberi che tante volte
mi hanno protetto dal vento gelido! La slitta che traino è
sempre molto pesante: preferisco avere tutto il necessario
per affrontare ogni tipo di emergenza, ma questa mia esigenza si traduce in 20/25 kg di peso e attaccati ai miei poveri 68 kg di corpo non è sempre un’esperienza piacevole,
inoltre dopo cinque anni di Alaska ho scoperto che non è
tutta pianura. Mi ci vogliono 7 giorni e 9 ore per coprire i 560
chilometri che mi separano dal traguardo intermedio di
Mc.Grath non senza difficoltà perché anche in Alaska, come
in Italia, è nevicato abbondantemente e quindi le ciaspole
praticamente non le ho mai potute togliere. Il famoso Rainy
pass mi ha dato filo da torcere, tanto da obbligarmi a fare un
bivacco di emergenza e trascorrere parte della notte in un
buco nella neve per scappare ad una tempesta veramente
forte. Dopo Mc.Grath, il gioco si restringe a soli quattro concorrenti: tre americani, di cui due a piedi, uno in bicicletta e
io. I restanti 1300 chilometri che mi separano da Nome sono
per me un pellegrinaggio, le famiglie che incontro nei villaggi sono sempre pronte ad aprirti la porta di casa a qualsiasi
ora del giorno e della notte per darti cibo calore e simpatia.
In quei momenti ti rendi conto che le cose essenziali nella
vita sono poche. Il piacere di abbracciare un uomo, vedere
la luce di un villaggio che si avvicina dopo 3/4 giorni che sei
in giro sbattuto dal vento e dal freddo ti fa piangere. L’arrivo
nel villaggio è per me una gioia immensa perché oltre alla
possibilità di riposare e mangiare posso comunicare a casa
. A volte passano anche 6/7 giorni fra un contatto e l’altro
perché ci sono dei tratti in cui non è possibile farlo. Per scelta non porto il telefono satellitare perchè preferisco essere
molto concentrato sul percorso. So che devo stare solo e
non voglio subire pressioni dall’esterno, devo fare leva solo
sulle mie forze perché nessuno mi può aiutare, non avendo
vie di scampo si sta molto più attenti. La fatica e la stanchezza giocano brutti scherzi e, anche se stai facendo una
passeggiata dietro casa, il pensiero “Chi me l’ha fatto fare”
è sempre in agguato; vi lascio immaginare quante volte mi è
passato per la mente in Alaska. Ma se sai che si tratta di fatiche di cui gioirai quando sarai a casa, allora riesci a superare gli ostacoli più duri.
Durante il mio avvicinamento al traguardo pensavo: “Mai
più una faticaccia del genere!”. Vero è che ho lasciato parte
del mia attrezzatura sotto l’arco d’arrivo a Nome per non
essere tentato dal ripetere l’impresa. Invece qualche giorno
dopo l’arrivo: “Magari fra qualche
anno…”. Certo per fare una fatica così
grande devi essere molto motivato,
adesso non ho motivazioni per tornare e
l’anno prossimo certamente non sarò al
nastro di partenza. Ma non riesco a dire
“Mai più”, perché per me l’Alaska è
come un’amante, ci penso ogni giorno.
Ho bisogno di misurarmi con me stesso,
di cercare i miei limiti, anche se in realtà
non so bene cosa vado a cercare. Se mi
interrogo a fondo sulle motivazioni che
mi spingono là, ogni giorno ne scopro
una nuova. La prima volta che sono
andato mi domandavo se sarei stato
capace di stare da solo, se ero in grado
di vincere le paure ataviche del buio, del
lupo… Alla fine mi sono reso conto che
la natura è sincera, nel senso che il lupo
fa il lupo, il vento fa il vento, il freddo fa
il freddo.
Nella nostra società tutti portano
una maschera e quindi molte volte ti
trovi a dover affrontare un lupo travestito da agnello e il gioco diventa sleale.
Adamello 105 – pag. 29
G.P.E.
Clusone Rifugio S. Lucio
Quelli del giovedì
di Ernesto Paroli
I
nverno di neve questo che è appena
trascorso, come non si vedeva da
parecchi decenni. Neve fin dai primi
giorni di freddo. E così, se gli autunni
scorsi si protraevano a lungo facendoci
assaporare con gusto le belle giornate
luminose e coloratissime del fogliame
rossastro sullo sfondo del cielo talvolta
velato ma quasi sempre azzurro, è
accaduto invece che fin dalla fine di
novembre siamo andati sulla neve. Non
che questo ci abbia disturbato eccessivamente, tutt’altro. Si è trattato solo di
tirare fuori gli scarponi pesanti e le ciaspole con un po’ di anticipo e cominciare a darci da fare. Poi le cose sono
andate avanti da sole, tutto si è svolto
come da programma ma con la piacevole sorpresa di un forte incremento dei
ciaspolatori che quest’inverno sono
aumentati considerevolmente, segno
che questa pratica escursionistica è
sempre più apprezzata. Lo stesso è
avvenuto per gli sciatori che, seppure di
meno rispetto ai ciaspolatori, sono
aumentati. Sorvolando sul facile sarca-
smo (vista la media della nostra età anagrafica) diamo un po’ di numeri: sommando le partecipazioni alle varie escursioni, i ciaspolatori hanno superato le
200 presenze, mentre più di 100 sono
stati gli sciatori. Sempre nutrito il gruppo dei camminatori i quali hanno sempre trovato modo di compiere la loro
escursione arrivando spesso là dove si
arrivava con le ciaspole.
Gli scorsi inverni con le prime nevicate si assisteva ad un certo cambio dei
partecipanti alle nostre gite. Varie persone, probabilmente non gradendo i disagi che talvolta riserva la neve, dopo le
gite autunnali, rinunciavano alle escursioni invernali per rientrare a primavera.
Ciò consentiva la partecipazione di altri.
Ora questo avviene molto più di rado,
quindi ci sono molti esclusi. Perché il
desiderio di venire con noi è molto sentito e purtroppo non si riesce mai ad
accontentare tutti coloro che ne fanno
richiesta. Spesso il coordinatore del
gruppo, che riceve le richieste di partecipazione, confessa di trovarsi in diffi-
Angolo Terme - Lago Moro
pag. 30 – Adamello 105
coltà quando è costretto a dire che non
c’è posto sul pullman. Quasi che la
nostra sia una specie di congrega chiusa per entrare nella quale occorra chissà quale raccomandazione o passaporto. La verità è molto più semplice. Chi
partecipa è così contento di venire che
difficilmente rinuncia al suo giovedì e
quindi difficilmente si trova posto per chi
aspetta.
Stagione di novità nell’organizzazione del nostro gruppo e stagione soprattutto di iniziative, di festeggiamenti, di
escursioni sempre molto belle in
ambienti diversi che la neve copiosa
caduta quest’inverno ha reso spesso
incantati. Andando per ordine iniziamo
con una breve cronistoria delle principali gite effettuate.
A fine ottobre ci eravamo lasciati
sulle balze scoscese della Liguria quando, dal Santuario della Madonna di
Caravaggio, sferzati da un vento biblico,
abbiamo ammirato il golfo di Rapallo e
le scogliere delle Cinque Terre in lontananza. Inizio di novembre: raccolta delle
mele in Val di Non. Dopo una passeggiata fra i faggi e i pini da Romeno al
Baito del Vescovo, con carrelli e cestini
da Coredo siamo scesi a Dermulo arricchendo via via il nostro fardello. La settimana successiva, partendo da Brivio
in provincia di Lecco abbiamo costeggiato l’Adda fino a Trezzo e successivamente abbiamo visitato il Villaggio
Crespi. Purtroppo sono stati più di 25
chilometri sotto una pioggerellina fine e
fastidiosa che non ci ha mai lasciato. I
Monti Berici, da Lonigo a Costozza,
sono costellati di antiche ville venete. La
passeggiata in questo magnifico
ambiente si è conclusa nel complesso
Pavoni con acquisto di vino e festa di
compleanno.
È fine novembre ed ecco le prime
escursioni sulla neve. Altipiano di
Asiago, monte Corno e discesa nella
valle Granezza sotto un cielo sfolgorante. Paesaggio incantato sui monti di
Clusone, prati, baite, viottoli e arrivo al
G.P.E.
rifugio San Lucio. Inizio di dicembre con
50 centimetri di neve fresca. Ultima
escursione prima di Natale. Siamo ad
Angolo Terme. Il cielo è nuvoloso.
Passiamo per alcune frazioni e arriviamo
al lago Moro. Passeggiata tranquilla. Ci
diamo appuntamento per il giovedì successivo per un incontro di auguri.
Ad inizio anno gli sciatori cominciano le danze. Tradizionale escursione al
sempre magnifico panorama del Corno
di Renon.
Il cielo è sereno e sconfinato. La settimana successiva, al passo di
Costalunga il cielo è piuttosto velato.
Ma la neve, alta, è ben battuta e ciò ci
consente di fare una magnifica ciaspolata per le mulattiere fino al rifugio Nigra
e con arrivo a Nova Levante.
Ma la sorpresa arriva il 22 gennaio
quando all’altipiano di Asiago ai piedi
del monte Verenetta ci troviamo circa
due metri di neve. Paesaggio incantato.
Baite sepolte, i ruderi del forte soffocati
dal bianco. Solo i ciaspolatori fra lo stupore effettuano la salita al forte e la
discesa battendosi la strada. I compagni del pullman, compresi gli sciatori, si
accontentano di una bella passeggiata
sulla strada fino ad una località vicina. A
fine gennaio a Obereggen di nuovo un
cielo magnifico, baite, spianate e sentieri battuti fra i boschi mentre gli sciatori
se la spassano.
A Ponte di Legno si va nella Valle
delle Messi. Nelle località vicine c’è pericolo di valanghe. La neve è caduta
copiosa. Ciò non ci impedisce di fare
una ciaspolata piuttosto tosta fino alla
Baita Valmalza con ritorno a Ponte per il
tradizionale bianchino. Peccato per le
nuvole basse. Sulle balze della valle
intravediamo alcuni camosci che si
sono spinti in basso in cerca di cibo.
Per la successiva escursione si va a
Folgaria e a Passo Coe. L’azzurro è
intenso sulla neve alta. Camminiamo
per un lungo tratto sui pendii tracciandoci il sentiero.
Arriviamo così alla malga Pioverna
dove ci fermiamo dopo essere saliti al
dosso Costa d’Agra. Per raggiungere
l’ingresso ed entrare nella baita che ci
ospita per il pranzo il custode ha scavato un pozzo nella neve profondo circa
due metri. Il giovedì seguente invece, ad
Andalo e a Fai della Paganella, la neve
che scendeva mista a pioggia non ci ha
consentito una bella escursione. Il disagio è stato però superato con un bell’incontro conviviale.
L’Alpe di Siusi è la meta successiva.
È sempre un luogo straordinario. La
giornata è serena e tutti finalmente si
sentono a proprio agio. La camminata è
magnifica e con questa si conclude in
bellezza la stagione della neve.
L’appuntamento per il prossimo giovedì
è il lago di Garda da Tignale a cima
Rifugio Piem.
È fine marzo ed eccoci all’escursione certamente più bella. Una giornata
bellissima di sole e di azzurro ci accoglie
alle Cinque Terre. Da Riomaggiore saliamo al Santuario di Montenero. Quindi,
per una facile mulattiera, traversando
boschi e macchie giungiamo a Volastra.
Poi a Corniglia percorrendo sentieri fra i
vigneti a strapiombo e uliveti aggrappati alle balze, sotto di noi le scogliere cariche di fiori ed arbusti col mare turchino.
Ritorno in treno a Riomaggiore.
La pioggerella più insistente ci ha
lasciato poche possibilità ai monti
Lessini per fare la nostra camminata. Ci
diamo comunque appuntamento per gli
auguri di Pasqua in un incontro esteso a
tutti.
Anche la gita a Paspardo del 16 aprile è stata un po’ “umida”. Siamo arrivati
quasi tutti al rifugio Colombè ma nelle
nuvole basse e sotto una pioggia antipatica.
Ritorniamo sulle colline del lago di
Garda per una occasione davvero speciale. Per questa escursione e per ciò
che ne segue si sono aggregate altre
persone giunte fin qui, nei pressi di
Polpenazze, seguendo il pullman con
mezzi propri. Percorriamo viottoli, attraversiamo boschetti, passiamo accanto
a ville, aziende agricole e allevamenti,
numerosi su queste magnifiche colline.
La meta è Lonato dove ci attende una
tavola ricchissima allestita per festeggiare il compleanno del nostro decano
Sandro Ranzini. L’allegria è contagiosa
con i piedi sotto il tavolo soprattutto
quando, come in questo caso, le cose
sono buonissime e il vino non manca.
La giornata si è conclusa con una visita
alla Fondazione Ugo Da Como.
Stagione di festeggiamenti e stagione di novità organizzative. Al rientro,
dopo la pausa estiva, è stato costituito
un gruppo che mettesse a punto un programma di massima e collaborasse per
individuare le mete, organizzare e condurre le escursioni.
Ma l’appuntamento più importante è
stato il 28 marzo presso l’aula magna
dell’Istituto “Tartaglia” dove, alla presenza di circa trecento persone, con le
autorità locali e regionali del C.A.I.,
sostenitori e amici consueti e persi di
vista, è stato presentato il volume
“Gruppo Pensionati Escursionisti –
Vent’anni di storia” di Giulio
Franceschini che per questa opera si è
avvalso della collaborazione di Dino
Pedretti ed Eros Fiammetti. Storia di
un’esperienza pluridecennale di camminate ma pervasa di amicizia, di amore
per la natura, ma soprattutto di amore
per la vita, questo testo supera di gran
lunga i confini stretti dell’opera di
memoria per diventare il suggello di un
percorso compiuto insieme laddove il
paesaggio pur col suo valore di appagamento interiore diventa comunque pretesto per intessere legami personali che
vanno oltre il traguardo della cima raggiunta dopo una faticosa salita.
2009 Dolomiti - i nostri sciatori
Adamello 105 – pag. 31
Sci fondo escursionismo
Imparare a curvare
a tallone libero...
a tutto Telemark!
di Ida e Simone Zanoni
Q
uest’anno la Scuola Nazionale di Sci Fondo
Escursionismo “Adamello” del CAI Brescia, oltre al
tradizionale corso di sci di fondo (frequentato come
ogni anno da più di 60 allievi) ha dato il via al corso di sci
escursionismo tenuto dagli istruttori Simone Zanoni e Mauro
Morandi e al quale si sono iscritti una decina di allievi.
Lo sci escursionistico è la naturale continuazione dello
sci di fondo, essendo l’attività escursionistica invernale
ideale per chi sceglie di gustarsi la natura al di fuori delle
piste, ma senza cercare salite troppo impegnative o necessitare di conoscenze alpinistiche.
L’equipaggiamento necessario per affrontare il corso di
sci escursionismo è comunque l’equipaggiamento tradizionale per chi percorre i tracciati innevati fuori pista. In particolare sono previsti scarponi a tallone libero, sci con lamine,
pelli di foca, sonda, pala, Arva.
Il corso è stato preceduto da alcune lezioni teoriche,
tenute in concomitanza con il corso di sci alpinismo SA1, su
tematiche di primo soccorso, tipi di innevamento, valanghe,
meteorologia, topografia e orientamento, utilizzo dell’Arva,
conoscenza dell’ambiente montano.
Il programma delle uscite prevedeva una prima serie di
due lezioni su pista battuta di discesa per affinare la tecnica
di discesa e valutare l’opportuno adattamento alle diverse
condizioni di neve e acquisire la sensibilità sull’attrezzatura
usata. Le prime uscite sono state fatte al Maniva che quest’anno è sempre stato copiosamente coperto di neve ed è
stato l’ideale terreno di inaugurazione del corso.
Indossate tutte le attrezzature, in buona parte rese disponibili dal CAI, gli allievi hanno affrontato con deciso coraggio la prima discesa a “spazzaneve”, dato che molti di loro
non avevano mai fatto sci di discesa in pista.
Le discese del Maniva non sono molto ripide quindi la
tecnica dello spazzaneve e delle diagonali è molto adatta
anche per chi è alle prime armi. Purtroppo il tempo non sempre è propizio, quindi a causa di una nebbia calata repentinamente sulle piste di discesa nella prima giornata… per
molti allievi la via del ritorno sembrava smarrita…
Nella seconda uscita il tempo è stato decisamente più
generoso, un sole splendido con un cielo terso e un innevamento memorabile hanno fatto sì che l’uscita fosse ideale
per fare tentare agli allievi le prime scivolate a tallone libero
le prime cadute… e per i più bravi le prime curve a “telemark”… Il tempo non sempre offre le condizioni ideali per
un’uscita di escursionismo, questo lo si può leggere anche
dal “bollettino neve” che bisogna consultare sempre prima
di ogni uscita di escursionismo. In effetti questo è quello che
è successo una domenica, in cui a causa di un’ abbondante nevicata anche in città, e a causa di un bollettino nevevalanghe con un pericolo marcato pari a 4, gli istruttori
hanno deciso di rimandare l’uscita e dedicare gli allievi a una
intensa lezione presso la sede del CAI sull’utilizzo dell’ARVA,
con una esercitazione pratica di ricerca. Alcuni intrepidi,
pag. 32 – Adamello 105
nella stessa domenica hanno poi voluto mantenere l’allenamento con una corsa su per il monte Maddalena, sotto i
fiocchi di neve che imbiancavano le strade, in prospettiva
dell’uscita seguente.
La vera uscita di “escursionismo” l’abbiamo fatta quindi
la volta seguente, sempre in Maniva seguendo il tracciato
che ogni sciatore di sci escursionismo o sci alpinismo bresciano conosce. Per stimolare l’attenzione degli allievi il
primo passo è stato un delizioso cappuccino e una squisita
brioche al mitico Albergo Bonardi. Successivamente si è iniziata la procedura di “vestizione” degli sci con le pelli sotto
gli sci e l’indosso dell’ARVA. La determinazione in salita
porta gli allievi sino alle pendici del Monte Dasdana, dove
facciamo un pic-nic al sole gustandoci l’incantevole panorama con vista del Lago di Garda e della penisola di Sirmione
tutti circondati da monti innevati. Lasciata la Valle Trompia la
successiva meta è nella Valle Camonica ed è il Passo del
Mortirolo. Qui la neve è un po’ meno copiosa (costringendoci ad iniziare la via dell’escursione a piedi), anche perché
siamo già a Marzo, ma man mano che si sale nella valle la
neve aumenta ed il paesaggio ci ripaga grandemente di tutti
gli sforzi della salita. Arrivati al Passo di Varadega ci fermiamo nei pressi di una malga completamente sommersa di
neve e ci gustiamo il panorama insieme ad alcune golosità
che ci siamo portate nello zaino.
La discesa è in mezzo alla pineta, e si può dire che il paesaggio è l’ideale per testare quella che è la tecnica del telemark. La meta seguente la raggiungiamo in pullman assieme ai corsisti del fondo. Quest’inverno la neve a Campiglio
ha raggiunto i 3 metri e se non fosse stato per un gruppo di
ciaspolatori che ci avevano preceduto pensando bene di
battere un bel percorso tutto in salita ce la saremmo sicuramente ricordata come la più faticosa in assoluto.
Comunque anche qui il sole decide di accompagnarci, e
quindi raggiungiamo la nostra meta che è costituita dalla
Malga di Vigo anche noi con gocce di vero sudore e senza
più riserve: un piccolo ristoro e poi giù in discesa sulle piste
perfettamente battute e poco frequentate del versante. Molti
degli allievi abbozzano già il corretto movimento del
Telemark, e quindi apprezzano di più la discesa con questo
movimento antico.
Ancora una salita, stavolta in seggiovia, e poi giù di
nuovo dalle piste più innevate degli ultimi anni. Sul pullmann
tra una golosità e una chiacchiera sogniamo già l’uscita
seguente che sarà ben più lontana. L’ultima escursione è in
programma in Valle d’Aosta nella località di Saint
Barthelemy: come la ciliegina sulla torta questa uscita (il cui
percorso si snoda dal paesino di Lignan al Mont Morion) è la
degna coronazione di tutto il corso, troviamo infatti una giornata splendida e delle condizioni di neve ideali che permettono a tutti gli allievi di compiere delle splendide curve a
telemark anche nei tratti di bosco, con estrema soddisfazione di tutti!
Sci fondo escursionismo
G
li istruttori sono già al lavoro per preparare la stagione 2009/2010. Sono in programma uscite domenicali di preparazione atletica dal 4 ottobre sui monti di
Brescia e limitrofi in nordic walking (materiale in prestito
d’uso) per una preparazione di base. Le iscrizioni al 38°
corso si aprono il 3 ottobre ed il corso inizierà i primi di
novembre (il programma dettagliato lo trovate in sede da
settembre). Sono in programma uscite domenicali di preparazione pre-sciistica sui monti di Brescia e provincia, lezioni
teoriche serali c/o la sede del Cai, che hanno per argomenti
il primo soccorso, la sciolinatura e la tecnica. Inoltre una
lezione teorico pratica illustrerà i fondamenti dell’orientamento per imparare, divertendosi, a muoversi in ambiente
montano con l’uso di carta e bussola. Tre giornate più un
week-end sulla neve che si svolgeranno in località sciistiche
del Trentino Alto-Adige. I trasferimenti per queste località
verranno tutti effettuati comodamente in pullman gran turismo.
La nostra scuola si propone di condividere con tutti i partecipanti, oltre all’apprendimento di una splendida disciplina
sportiva, anche un diverso modo di vivere la montagna nel
periodo invernale stando in compagnia e divertendosi, ed è
con questo spirito che vi aspettiamo numerosi.
ISCRIZIONI AL CORSO
Le iscrizioni si aprono da sabato 3 ottobre alle ore 17.00
presso la sede del C.A.I e si ricevono fino ad esaurimento
dei posti disponibili nei gruppi. Per informazioni trovate a
vostra disposizione la segreteria oppure potete trovare il
programma aggiornato sul sito internet www.cai.bs.it da settembre.
Inoltre vi ricordiamo che verranno programmate:
GITE DI SCI FONDO
Da gennaio a marzo gite domenicali in pullman nelle
migliori località sciistiche. Un ricco programma di gite per
mantenersi sempre in piena forma in compagnia.
LA SETTIMANA BIANCA
A febbraio verrà organizzata la consueta settimana bianca di sci di fondo.
GITE ESCURSIONISTICHE
Da gennaio gite con sci da escursionismo e pelli di foca
(materiale dato gratuitamente in prestito d’uso fino ad esaurimento).
Iniziative extra corso coordinate dallo Sci Club:
PREPARAZIONE PRESCISTICA
Da settembre è possibile allenarsi con gli istruttori.
TESSERAMENTO FISI
Campagna di tesseramento 09/10 per coloro che vogliono affiliarsi allo sci club.
GARE SCI FONDO GIOVANILI
Da gennaio a marzo la squadra giovanile e
gli atleti senior parteciperanno alle gare per i
ragazzi da 8 a 18 anni.
APPUNTATEVI QUESTA DATA:
IL 3 OTTOBRE 2009 APRONO
LE ISCRIZIONI
VI ASPETTIAMO!
UN NUOVO ISTRUTTORE NELLA SCUOLA
DI SCI FONDO ESCURSIONISMO!
Mauro Morandi ha superato con successo
gli esami di istruttore regionale di sci fondo-escursionismo
Classe 1977, Bresciano di nascita, laureato in ingegneria civile, lavora nel settore dell’edilizia come libero professionista, ma lo sport invernale preferito è sempre stato lo sci di
fondo e fondo escursionismo.
Nel 1992 ha partecipato ai corsi di formazione della nostra scuola e dal 1999 è diventato
istruttore sezionale. A coronamento dell’impegno dedicato in attività della scuola e della
propria esperienza acquisita sul territorio montano, è arrivato il superamento del corsoesame di istruttore ISFE, svoltosi al Passo Rolle nel marzo di quest’anno.
Auguriamo a Mauro tante escursioni sulla neve in compagnia dei nostri soci.
Adamello 105 – pag. 33
Scuola di Alpinismo
Rajando el sol
Desesperacion
di Eros Pedrini
Prima lezione di spagnolo, primo dialogo. Poi interviene
Manuel che inizia a martellarci con i verbi. Ma che ci fa un
corso di spagnolo al C.A.I.?
Per capirci qualcosa bisogna risalire almeno ad un anno
fa, più o meno quando all’interno della Commissione
Tecnica della Scuola di Alpinismo e Sci Alpinismo “Adamello
– Tullio Corbellini” abbiamo iniziato a dar vita ad un sogno:
quello di una nuova spedizione nella Cordillera Blanca del
Perù.
Io, per aggiungere sogno al sogno, proposi di dar vita
anche ad un mini-corso preparatorio che ci permettesse di
aumentare la nostra capacità di comunicare una volta arrivati in Perù. Non che nel 2005, nel corso della precedente
spedizione, ci fossimo trovati in difficoltà serie nel farci capire, visto che qualcuno di noi ci riuscì sufficientemente perfino in dialetto bresciano.
Ma questa volta ci sembrava bello tentare qualcosa di
più. Avevamo, per giunta, chi avrebbe fatto al caso nostro:
Manuel Bonomo, nuovo istruttore sezionale, super esperto
in lingue, ci aveva da tempo offerto la sua disponibilità a guidarci attraverso questa prova.
Ed è così che è iniziato alla fine di Novembre del 2008, e
pochi giorni fa anche terminato, il nostro primo corso di
spagnolo. Una prova tutto sommato anche faticosa, 16
incontri serali di un paio d’ore, ma assolutamente stimolante, coinvolgente e ricca di spunti interessanti. Compresi gli
ottimi contributi extra-lezione: un incontro con un bravissimo compositore paraguajano, Angel Galzerano, invitato da
Manuel prima dell’interruzione natalizia degli incontri; la
prova di comprensione di film in lingua (veramente dura!) e
anche una verifica “sul terreno” dell’efficacia del corso,
quando Mila, una allieva del gruppo, è partita per un viaggio
in Patagonia e, al suo ritorno, è stata in grado di farci una
relazione in spagnolo della sua bellissima esperienza. Forse
in quest’ultima occasione abbiamo davvero capito che il
valore del corso era concreto, che ciò che avevamo costruito con Manuel era realmente spendibile. Tanto che si è iniziato a pensare immediatamente ad un corso di approfondimento per l’anno prossimo. Insomma, grande risultato
accompagnato anche da grande divertimento, visto che di…
stupidate ne sono uscite a ripetizione, come era ovvio
aspettarsi. Una fra le tante?
Quella puntualmente coniata da Riccardo, dopo un’ora
di verbi coniugati all’imperfetto e al passato remoto, inconsciamente parafrasando i celebri versi di Neruda
“Puedo escribir los verbos más tristes esta noche”
Inutile dire che Neruda mica pensava ai “verbi”, bensì ai
“versi”.
pag. 34 – Adamello 105
Sono certo di aver dimenticato mille cose e mille episodi che andrebbero raccontati, ma forse già questo basta a
trasmettere un po’ della soddisfazione di aver creduto e
contribuito a realizzare questa piccola “sfida”. Grazie a
Manuel, davvero encomiabile sia sul piano didattico che nel
fornire stimoli rassicuranti, e grazie a tutti coloro che hanno
partecipato, con varia intensità, al corso che ha visto complessivamente ben 17 iscritti.
Ah! Dimenticavo. La spiegazione del titolo di questo articolo.
“Rajando el sol” (letteralmente “graffiando il sole”) è il
titolo di una canzone, ascoltata più volte durante il corso e
interpretata in modo totalmente melodrammatico da un cantautore spagnolo, che parla appunto della disperazione
(desesperacion) di un amante abbandonato. Ci è rimasta talmente nelle orecchie, tanto da spingerci a ripeterla e addirittura trasformarla, adattandola a situazioni del tutto diverse
da quella originale. Per due o tre incontri successivi era
diventata quasi una forma obbligata di saluto.
Via Villa Glori, 13 tel. 030-321838 fax 030-2416163 Email: [email protected]
Foto di Mauro Torri: Cresta Signal – Monte Rosa
“Hola! Soy Mila y vivo en Brescia”.
“Encantado, yo soy Eros”.
“Mucho gusto”.
Scuola di Alpinismo
Da spedizione della Scuola
a scuola di spedizione
di Riccardo Dall’Ara
I
n lingua Quechua, l’antica lingua degli Inca parlata ancora
in sud America, Rurec significa “una valle il cui ingresso è
molto lontano”; noi della scuola “Adamello – T. Corbellini”
del C.A.I. di Brescia speriamo che questo ingresso si faccia
vicino.
Rurec è il nome della valle nella catena montuosa peruviana della Cordillera Blanca, già visitata nella precedente
spedizione del 2005, che ospiterà questa nuova avventura di
cui alcuni nostri giovani istruttori saranno protagonisti.
Il progetto Rurec Expe 2009 presenta alcune peculiarità
di cui la più importante sta alla base dello stesso.
L’esperienza infatti mira principalmente a far provare ai giovani componenti del gruppo cosa significa gestire e vivere
una spedizione auto-organizzata.
Sarà una vera e propria scuola che non mira solo al risultato alpinistico, che ad ogni modo resta un obiettivo essenziale, ma anche al mettere a punto ed affinare tutte le capacità organizzative e tecniche necessarie per la realizzazione
e la buona riuscita di spedizioni alpinistiche ad alta quota.
PROGRAMMA LEZIONI TEORICHE
Le lezioni teoriche si svolgeranno presso la sede del CAI in Via Villa Glori 13, inizieranno alle ore 20.30 e
avranno una durata approssimativa di 2 ore.
Eventuali variazioni di data e di orario saranno tempestivamente comunicate agli iscritti al corso.
Martedì 25 Agosto
Presentazione del corso – Cenni sui pericoli della montagnaEquipaggiamento individuale
Giovedì 27 Agosto
Nodi di legatura e giunzione
Martedì 1 Settembre Nodi di assicurazione e autoassicurazione
Giovedì 3 Settembre Legatura su ghiacciaio
Mercoledì 9 Settembre Storia dell’alpinismo
Lunedì 14 Settembre Meteorologia
Mercoledì 16 Settembre Tutela dell’ambiente alpino
Giovedì 17 Settembre Allenamento e alimentazione
Martedì 22 Settembre Organizzazione di una gita e pericoli dell’alpinismo
Giovedì 24 Settembre Primo soccorso
Mercoledì 30 Settembre Topografia e orientamento
Giovedì
1 Ottobre Organizzazione e struttura del Club Alpino Italiano
PROGRAMMA LEZIONI PRATICHE
Le lezioni potranno occupare l’intera giornata ed è possibile che si svolgano anche in caso di condizioni
meteorologiche e ambientali sfavorevoli, ma potranno variare di località. I luoghi di svolgimento, gli orari
ed i punti di ritrovo saranno comunicati nel corso delle lezioni precedenti.
Sabato
5 Settembre
Domenica 6 Settembre
Sabato 12 Settembre
Domenica 13 Settembre
Sabato 19 Settembre
Domenica 20 Settembre
Sabato 26 Settembre
Sabato
3 Ottobre
Domenica 4 Ottobre
Modulo ghiaccio
Modulo ghiaccio
Modulo ghiaccio
Modulo ghiaccio
Virle – Mazzano – Modulo roccia
Virle – Mazzano – Modulo roccia
Uscita in ambiente – Modulo roccia
Virle – Mazzano – Modulo roccia
Virle – Mazzano – Modulo roccia
QUOTA D’ISCRIZIONE
Euro 200,00
(euro 180,00 per i minori di anni 20 alla data di chiusura delle iscrizioni)
La quota d'iscrizione è destinata alla copertura dei costi assicurativi,
organizzativi e di uso dei materiali (corde, ecc.); sono escluse le spese
per trasferimenti, soggiorni, eventuali impianti di risalita ed altro.
Altra novità di questa spedizione sarà l’uso
limitato di supporti esterni. Grazie al cospicuo numero di
partecipanti infatti, è nostra intenzione limitarci al sostegno
di un cuoco e di un ridottissimo numero di portatori del
luogo.
Inoltre ci siamo imposti, come impegno, di prestare la
massima attenzione al rispetto di comportamenti eco-sostenibili, che non vadano cioè a ledere il prezioso equilibrio
ambientale delle zone nelle quali si opererà e che rientrano
nell’area del Parco Nazionale dello Huascaran. In poche
parole faremo in modo che le tracce del nostro passaggio
siano minime e non dannose per l’ambiente.
Non sarà una novità per la nostra scuola, invece, l’obbiettivo di solidarietà parallelo a quello alpinistico.
Già nella spedizione del 2005 ci eravamo impegnati in un
gemellaggio con la Escuela de Guias de alta Montaña “Don
Bosco en los Andes” di Marcarà, scuola di alpinismo gestita dall’organizzazione “Operazione Mato Grosso”, un movimento che si propone l’educazione dei giovani attraverso il
lavoro gratuito per i più poveri in alcuni paesi dell’America
Latina.
In quell’occasione avevamo donato un’ingente quantità
di materiale tecnico alpinistico; quest’anno si punterà maggiormente sulla raccolta di fondi. Ciò che raccoglieremo
attraverso le sponsorizzazioni entrerà infatti in minima parte
a sostegno delle spese organizzative e tecniche della spedizione, lasciando il restante a supporto delle iniziative della
Escuela.
La spedizione ci vedrà impegnati nell’intero mese di
Giugno, momento centrale sarà la fase esplorativa nella valle
Quebrada Rurec (Cordillera Blanca), con l’allestimento di
un campo base e l’individuazione di percorsi di salita ad una
o più cime, a seconda delle condizioni che troveremo. Gli
obiettivi ipotizzabili sono il Cashan (5723 m.), il Rurec
(5700 m.), e l’Uruashraju (5735 m.), verificando eventualmente se esiste la possibilità di una traversata in quota, che
colleghi più cime che si affacciano sulla Quebrada.
Durante tutta la spedizione sarà data attenzione anche
alla documentazione attraverso fotografie e filmati in modo
da poter realizzare al ritorno un prodotto audiovisivo da
impegnare come strumento per la nostra scuola e come
documento per tutti gli amanti della montagna a cui risulterà interessante il nostro progetto.
Concludendo, Rurec Expe 2009 è sì una spedizione alpinistica, ma, grazie alle sue particolarità e all’entusiasmo dei
suoi giovani protagonisti, che per l’occasione si prodigheranno anche nello studio della lingua spagnola, ha anche
l’ambizione di riaccendere la voglia di percorrere strade
nuove o dismesse, di esplorare nuove vette, sia in senso
pratico, reale, che in senso umano.
Adamello 105 – pag. 35
Scuola di Alpinismo
Moiazza, Avvicinamento alla Pala del Bo’
Virle,
manovre di corda
lezione in palestra di roccia
Moiazza, Preparativi prima della scalata
Passo Sella,
Corda doppia
sulla Quarta torre
Monticoco,
Darfo Boario Terme
per la prima volta appesi in sosta
Moiazza, La giusta concentrazione
pag. 36 – Adamello 105
Alpinismo giovanile
Tre nuovi
A.A.G.
di Giovanni Lonati
AAG? Semplice: Accompagnatore Alpinismo Giovanile.
Chi sono i “tre”? Chiara Apostoli (nostra neo consigliere),
Andreina Giacomini e il sottoscritto. Nuovi? Sì, freschi di
nomina, anche se tanto nuovi non sono nel gruppo
dell’Alpinismo Giovanile della nostra sezione. Sono approdati in questa realtà qualche anno fa in modi differenti:
Chiara spinta dal nonno Silvio (una delle nostre colonne portanti e instancabile storico dall’Alpinismo bresciano),
Andreina invitata proprio da Chiara (sua grande amica) e il
sottoscritto grazie ad un articolo pubblicato su un quotidiano locale.
Col passare del tempo i tre (chi più chi meno) si sono
cimentati nel mondo verticale, hanno fatto scricchiolare
parecchio ghiaccio sotto i loro ramponi, hanno faticato in
alta quota e si sono concessi viaggetti in Himalaya. Una
volta raggiunta la maggior età, da “accompagnati” si sono
tramutati in “accompagnatori”. Questo titolo un po’ abusivo,
guadagnato sul campo, ma non riconosciuto dalle alte sfere
del CAI, stava un po’ stretto agli interessati.
Non tanto per il desiderio di potersi fregiare di un distintivo e vantarsi per il poter anteporre al loro nome quelle tre
semplici lettere, i nostri tre ventenni, supportati dal resto del
gruppo accompagnatori, vogliosi di restituire al CAI quello
cha dal CAI hanno ricevuto, hanno accettato la sfida lanciata loro dalla SRLAG (Scuola Regionale Lombarda Alpinismo
Giovanile), partecipando al 10° corso di qualifica AAG.
Iniziato nel lontano aprile 2008 con le selezioni, ha avuto il
suo atto conclusivo con le nomine il 21 febbraio 2009 a
Dongo. Vi risparmio il racconto di tutte le uscite che hanno
spaziato dalle tecniche alpinistiche all’orientamento, dalla
pedagogia al meteo, dalle valanghe alla fauna… 2.300 chilometri (!) percorsi in auto per toccare varie località lombarde... tanti momenti spassosi con nuovi amici, lunghissime
lezioni al chiuso non curanti del magnifico sole là fuori,
marce forzate nella tormenta, arrabbiature e incomprensioni,
test, colloqui, cene pantagrueliche...I nostri tre eroi sono felicemente sopravvissuti. Ed ora? La qualifica non equivale a
nuovi super poteri, ma il corso ha dato loro maggior consapevolezza circa le loro conoscenze (e di conseguenza anche
lacune) da accompagnatori e ampliato la loro visuale sul
mondo dell’Alpinismo Giovanile, specialmente grazie al continuo confronto con AAG di altre sezioni. E scopri che a
Lecco hanno così tanti partecipanti da dover organizzare
due pullman per ogni uscita, a Cedegolo gli accompagnatori sono stati minacciati dai loro giovani: “O ci portate in
Adamello o noi non veniamo più!”. E a Brescia? Che succede in città? Solitamente siamo in una trentina per ogni uscita e solo una dozzina alla settimana estiva.
Non ci si lamenta tanto per l’esiguo numero dei nostri
giovani o per la loro scarsa propensione alla fatica dell’andar
per monti, ma spiace sapere che mentre noi siamo fuori a
sudare sette camicie, o almeno ci tentiamo, molti giovani
sprecano giornate intere al telefono o davanti agli schermi
dei propri PC a curiosare nelle vite degli altri, a guardare foto
e video, non curanti di ciò che accade là fuori, il loro mondo
è lì dentro ad una scatola. Stiamo permettendo e spesso
favorendo la frapposizione tra noi e la realtà di una cortina di
artificialità ed è sempre più inevitabile un appiattimento
sociale e culturale. La società odierna li sta trasformando in
giovani adulti apparentemente sempre più liberi, indipendenti e senza freni, ma non sono altro che un prodotto artificiale di una realtà virtuale lontana anni luce da quella reale.
Nel progetto educativo del CAI si parla di “spontaneo interesse dei giovani verso la Natura utilizzato quale perno per
coinvolgerli...”. Quanto interessa ai nostri giovani la Natura e
ai rispettivi genitori farla conoscere loro?
Da buoni occidentali urbanizzati tendiamo a saturare
ogni nostro singolo attimo con le attività più disparate, perdendo la cognizione del tempo e dello spazio reale, proponendo così anche ai nostri giovani una moltitudine di impegni che lascia loro poca libertà.
E poi il calcio, il rugby, la danza... ci rapiscono i bimbi. Si
preferisce per loro un sano sport competitivo e magari di
moda e ci si tiene ben lontani da quel mondo sconosciuto e
quindi pericoloso dell’Alpinismo. A questo proposito è doveroso anche un mea culpa, per la nostra scarsa e inefficace
promozione delle nostre attività.
Cosa proponiamo? Un ritorno alla Natura, non tanto
un’attività, ma esperienze di vita vera. Allontanare anche
solo per una giornata il giovane da tutto ciò che ai suoi occhi
appare come “civiltà”.
Lasciare che il sole bruci la nostra pelle o che la pioggia
ci inzuppi completamente, non camminare tutto il giorno
con la fissa di raggiungere la meta, ma vagabondare senza
correre, non pensare più che le stelle si possono vedere soltanto su google, ma che esistono ancora nelle limpide notti
montane... riprendere così possesso del nostro essere naturale e capire di quante inutilità ci circondiamo nella vita di
tutti i giorni. Bello sarebbe restituirle alla “civiltà” dei nuovi
giovani.
Non vedere quindi l’Alpinismo Giovanile solo nell’ottica
della Montagna, dell’Alpinismo, ma concepirlo e proporlo
anche come via di un possibile e necessario riscatto sociale
e culturale.
Il compito presenta notevoli difficoltà, ma se ben portato
a termine dona gradite ricompense.
(I tre colgono l’occasione per ringraziare la sezione per
aver sostenuto finanziariamente le spese non da poco del
corso.)
Adamello 105 – pag. 37
Poesia
ROSANNA CITA AVANZINI,
SETTANT’ANNI DI CLUB ALPINO ITALIANO
di Fausto Camerini
“Ho ereditato la passione della montagna da mio padre. Figurati che,
quando gli ho presentato il mio futuro marito, prima di accettarlo in famiglia
gli ha fatto una specie di esame di alpinismo” racconta divertita Rosanna
Cita Avanzini, ancora arzilla, lucida e pungente nelle sue battute.
Ottantun anni ben portati è nata il giorno di San Valentino “che un
tempo era solo la mia festa; adesso che hanno inventato il consumismo è invece la festa di tutti” dice, mentre mostra orgogliosa la foto attaccata alla
tessera del Club Alpino Italiano. È lei? “Certo che sono io: avevo 11 anni
ed ero sulla vetta del Cevedale. Quella foto (che mostra una ragazzina con le
trecce e con gli occhi vispi, gli stessi occhi vispi della ultraottuagenaria che sta
parlando) l’ha scattata mio padre alla fine della mia prima gita da capocordata; un meraviglioso ricordo e non ho più voluto cambiarla” afferma con
voce accalorata. La simpatica Rosanna ha passato una vita a vagabondare in mezzo alle Alpi, divisa tra la famiglia (ha allevato tre
figlie, tutte ovviamente con la passione della montagna, mariti compresi. Che abbia fatto anche lei a loro l’esame di alpinismo prima di
concedere la mano delle sue rampolle?) ed il suo lavoro di insegnante di italiano al Liceo Calini di Brescia. Ha vissuto in Val
d’Aosta dove ha cominciato a macinare montagne, si è trasferita in
Val Malenco, tra le splendide montagne della Valtellina, poi, 50 anni
fa, è arrivata nella nostra città dove s’è sposata. “Nessun rimpianto per
Milano, la città dove sono nata e dove credo che un animo sensibile possa resistere solo a fatica. Meglio Brescia dove, dalla mia casa di Viale Venezia, vedo
i Ronchi”. La montagna, l’amore per i cani, il piacere della musica (ha
suonato organo e pianoforte, i suoi preferiti sono Bach e Beethoven)
sono state le passioni della sua vita, insieme allo sci. Che non può più
fare perché “Otto anni fa,
su una seggiovia, per una
manovra malaccorta ma
anche perché le seggiovie a
quattro sedili sono più pericolose delle altre, mi sono
rotta un femore e sono piena
di ferraglia che mi tiene
attaccate le ossa. Quando
vado in aeroporto e passo dai
controlli suono come se fossi
piena di armi. Quanto mi
manca adesso la montagna:
limitarsi a vedere le vette dal
basso è una atroce tortura
che chi non l’ha provata non
può capire” conclude con
una nota di malinconia.
Un tipo così, se dovesse
rinascere, rifarebbe certamente di nuovo l’alpinista.
pag. 38 – Adamello 105
PAGINE
di Manuel Bonomo
Nel profumo bianco del freddo
il passo, lento, trasporta me solo
su pagine di neve.
Soffice, più in là di crosta
a lato portante, lassù seducente.
Scricchiola.
Verde, sole, segni di passi.
Roccia nell’azzurro
e vista fino alla fine.
Il Silenzio.
In me un sole di pienezza.
Ma nella brezza d’ombra
mi cambio dentro.
Io.
Variabile, come il tempo.
Cangiante, come la neve.
Scendo nel bianco. Veloce, a più
respiri.
E lo scenario
di forze ed elementi
e solo, e piccolo, come ora
nel tentativo in versi
di dar forma al mio trascendere.
LA ROSA PURPUREA
(capodanno 2009)
di Enzo Franzoni
Nell’angolo nascosto
della selva ormai spoglia,
al limitar del bosco
t’ho scoperta, inattesa,
tra i rovi
una macchia purpurea
nel candore dei fiocchi
che ti danzano attorno
come a festeggiarti nel gelido
ondeggiar
del vento
e ti stendon
la coltre
soffice e lieve
per proteggere
la tua stupenda
bellezza.
Ricordo
ALLA MIA
MONTAGNA
di Franco Girati
Nel blu più profondo,
nell’aere terso,
sulle porte del cielo,
pilastri d’argento.
Candidi manti
inneggianti all’eterno,
nel tuo splendore mi fai gioire.
Alla mia tristezza
doni un sorriso,
liberi l’anima,
i miei dolori spogli,
spezzi le catene del mio
umano travaglio.
Aguzze guglie
scolpite nel cielo,
come canne d’organo
affilate dal vento,
cattedrale d’immenso.
Cuori umili in ginocchio,
venuti a pregare l’Eterno,
gelide mani, affardellate spalle,
tu li chiami e li esalti.
SENTIERI
di Lombardi Roberto
Piccoli segni lasciati
dalle vite di tanti uomini,
dalle fatiche di tante donne,
dal gioco di tanti bambini.
Sottili fili bruni tra cieli e terre,
sbiancati dal gelo,
e accarezzati dal sole.
Esili tracce che ci spingono su,
verso le elevazioni dello spirito,
incontro a colui che sa
dove il nostro sentiero
ha inizio e fine.
ANGIOLINO ROTA
Il 15 giugno scorso è mancato l’avvocato Angelo Rota, per molti anni
Direttore della nostra Rivista. Durante la seduta del 16 giugno del Consiglio
Direttivo della Sezione, allargato al personale di Segreteria e al Comitato di
redazione della Rivista Adamello, il Vice-presidente Carlo Fasser ne ha ricordato la figura. Legati a Angiolino Rota da affetto e gratitudine, volentieri pubblichiamo queste note di Silvio Apostoli.
È mancato il 15 giugno scorso l’avvocato
Angelo Odoardo Rota, per gli amici
Angiolino, uno dei più anziani soci, testimoni affermati che hanno vissuto l’evolversi della nostra Sezione per molti decenni.
Socio dal 1933 e componente dello SciClub, molto attivo a quel tempo, fu tra i
primi che si cimentarono sulle nevi del
Maniva.
Fu collaboratore della Scuola di sci, dei
corsi di istruzione sciistica al Rifugio della
Lobbia Alta in Adamello, dove una troupe
cinematografica ebbe a riprendere la
prima scuola di sci d’alta quota, l’unica di
quel tempo.
In una recente intervista, Angiolino Rota rammentava con orgoglio
fatti significativi, nomi eccellenti, tanti amici alpinisti della Sezione
ed altri ancora, nonostante la memoria affievolita dallo scorrere del
tempo. Nella sua vita privata fu pubblicista e corrispondente estero,
sempre eccellendo nelle discipline letterarie: da lui emergeva una
profonda cultura.
Fu direttore responsabile della rivista ADAMELLO dal 1954 al
2002, un incarico che svolse con passione e dedizione. Ultima fatica
del nostro Angiolino fu la pubblicazione di una completa monografia relativa alla biografia e agli scritti di Paolo Prudenzini, realizzata in occasione del centenario della morte del celebre alpinista.
Ricordi, fatti ed avvenimenti che Angiolino Rota conservava furono
di aiuto per rammentare episodi della vita della Sezione, stante la
vasta conoscenza che aveva nel campo alpinistico non solo locale ma
anche nazionale.
Di carattere molto riservato, fu
Monte Bianco 1954
avverso alla logica dell’apparire,
soddisfatto del suo curriculum
d’alpinista e di socio affezionato
alla Sezione. Per ultimo, una sorpresa fu l’apprendere che ebbe
anche a cimentarsi nell’arte della
pittura. Conservava nel suo studio alcuni dipinti. Il soggetto?
La montagna, la natura alpina,
che aveva ancora nel cuore.
Lo ricorderemo.
Ponte di Legno 1980
Adamello 105 – pag. 39
PROGRAMMA GITE G.P.E. 2009
DATA
LOCALITÀ
QUOTA
DISLIVELLO
COORDINATORI
ORE
PARTENZA
martedì 07/7
mercoledì 08/7
Tonale - Rif. Denza
(Val di Sole – Trento)
2.298
930
Maggi – Toffa - Bledig
Ghidini – Panteghini - Ognibene
6.00
6.10
Via Stadio
S.Polo zona Questura
martedì-mercoledì
14-15/7: 2 giorni
1/2 pensione
in albergo
1^ giorno: Pemmern-Corno di Renon
2^ giorno: Amtoten
(Alpeggi di Villandro - Alto Adige)
2057
1^ g. + 720
- 730
2^ g. + 570
Panteghini – Toffa - Quadri
5.30
5.40
Via Stadio
S. Polo zona Questura
martedì 21/7
mercoledì 22/7
Cusio - Rif. Benigni
(Val Brembana – Bergamo)
2.222
800
Panteghini - Seminario - Toffa
Cerretelli – Maiolo - Sguazzi
6.00
6.10
Via Stadio
S. Polo zona Questura
martedì 28/7
mercoledì 29/7
Passo Gardena - Rif. Puez Selva di Val Gardena (Bolzano)
2.475
+340
-770
Maggi – Quadri - Panteghini
Maiolo – Cerretelli - Bledig
5.30
5.40
Via Stadio
S. Polo zona Questura
Domenica
23 agosto
Alpe Pezzeda – Rifugio Blachì
da Vaghezza o con seggiovia da Collio
(Valle Trompia)
Commemorazione di S. Cinelli,
R. Floreancigh, S. Battaini
1.620
600
in collaborazione
con il Gruppo Monte Maddalena
7.00
7.10
Via Stadio
mezzi propri
martedì-mercoledì
Sesto Pusteria - Rif. Comici 01-02/9: 2 giorni 3 Cime di Lavaredo - Lago di Misurina
1/2 pensione
(Cadore – Belluno)
in rifugio
2.344
1.000
Poisa - Ghidini - Quadri
5.30
5.40
Via Stadio
S. Polo zona Questura
1.041 oppure
250
Panteghini – Toffa - Maggi
Festa – Sguazzi - Maiolo
6.00
6.10
Via Stadio
S. Polo zona Questura
martedì 08/9
mercoledì 09/9
Edolo - Mu - Rif. Malga Stain oppure
Pozzuolo – Rif.Malga Stain
1.833
martedì 15/9
mercoledì 16/9
Merano - Rif. Becchi
(Val Sopranes - Alto Adige)
1.700
911 oppure
356
Maggi – Panteghini - Bledig
Ghidini – Seminario - Poisa
5.30
5.40
Via Stadio
S. Polo zona Questura
martedì 22/9
mercoledì 23/9
Lenzumo - Monte Vies
(Val Concei - Alpi di Ledro – TN)
1.699
950
Manni – Quadri - Panteghini
Manni – Bledig - Maiolo
6.00
6.10
Via Stadio
S. Polo zona Questura
martedì 29/9
mercoledì 30/9
Ventasso Laghi - Monte Ventasso
(Appennino Emiliano)
1.727
400
Quadri – Bignotti - Maggi
Quadri – Ognibene - Boninsegna
6.00
6.10
Via Stadio
S. Polo zona Questura
martedì 06/10
mercoledì 07/10
Vezza d’Oglio - Val Grande Bivacco S. Occhi (Val Camonica)
2.047
800
Maggi – Panteghini - Toffa
Ognibene – Boninsegna - Ghidini
6.00
6.10
Via Stadio
S. Polo zona Questura
martedì 13/10
mercoledì 14/10
Stenico - Capitel della Spina
(Dolomiti di Brenta – Trento)
1.386
617
Bledig – Panteghini - Manni
Quadri – Ghidini – Ognibene
6.00
6.10
Via Stadio
S. Polo zona Questura
martedì 20/10
mercoledì 21/10
Valstagna - Cala del Sasso Rigoni di Sotto
(Altopiano di Asiago – Vicenza)
1.100
740
Quadri – Bignotti - Manni
Ognibene – Boninsegna - Ghidini
6.00
6.10
Via Stadio
S. Polo zona Questura
martedì 27/10
mercoledì 28/10
Val Trebbia - Perino - Pietra Parcellara
(Appennino Piacentino)
836
628
Seminario – Quadri - Panteghini
Seminario – Maiolo - Cerretelli
6.00
6.10
Via Stadio
S. Polo zona Questura
martedì 03/11
Bione – Piani di Lò
(Valsabbia)
SALSICCIATA
850
250
Sguazzi – Manni - Cerretelli
6.30
6.40
Via Stadio
S. Polo zona Questura
martedì 10/11
mercoledì 11/11
Deiva Marina – Lemeglio –
Comelio - Moneglia
(Genova)
450
450
Manni – Maggi - Panteghini
Quadri – Poisa - Bignotti
6.00
6.10
Via Stadio
S. Polo zona Questura
mercoledì 18/11
Novembrata
martedì 24/11
mercoledì 25/11
Paspardo - Rif. Colombè
(Val Camonica)
1.702
724
Maggi – Quadri - Bledig
Ognibene – Boninsegna - Ghidini
6.30
6.40
Via Stadio
S. Polo zona Questura
martedì 01/12
mercoledì 02/12
Magasa - Denai - Ponte Franato –
Persone
(Val Vestino – Alto Garda)
1.188
450
Manni – Quadri – Cerretelli
Seminario – Maiolo - Sguazzi
7.00
7.10
Via Stadio
S. Polo zona Questura
Pullman piccolo
mercoledì 09/12
Rocca d’Anfo - Lago d’Idro
(visita guidata)
750
350
Seminario – Ognibene - Boninsegna
7.00
7.10
Via Stadio
S. Polo zona Questura
mercoledì 16/12
AUGURI FINE ANNO
I.T.G.S. “N.Tartaglia” – via Oberdan 12/e
Brescia
Ghidini- Seminario
Bignotti - Quadri
Via Stadio
S. Polo zona Questura
Mezzi propri
Durante l’escursione non è consentito precedere il coordinatore
Telefoni cellulari in dotazione ai coordinatori prima e durante la gita: martedì tel. 3311009452 / mercoledì tel. 3311009453
Le gite del G.P.E. vengono effettuate nei giorni di martedì, mercoledì e giovedì. La meta delle gite del giovedì viene stabilita di volta in volta. Per prenotare telefonare al n. 3311024365 il martedì ed il mercoledì dalle ore 17 alle ore 19. Il terzo venerdì del mese ritrovo in sede CAI alle ore 21.00.
pag. 40 – Adamello 105
GITE ESCURSIONISTICHE - 2º SEMESTRE 2009
DATA
GITE
ACCOMPAGNATORI
Luglio 2009
5-07-2009
12-07-2009
18-19/07/2009
25-26-27/07/2009
Passo Sommo - Cima Corno di Filadonna
Pizzo Tresero (3594 m)
Gli animali del Parco Nazionale dello Stelvio
Alta Via Granito - Cima Asta (2847 m)
Gianni Bledig
C. Dionisi - A. Lanza - D. Micheli
Pietro Borzi - P. Angelo Bertani
A. Maggini - F. Scalvini - G. Bledig
Agosto 2009
01-08-2009
01-08-2009
29-30/08/2009
Settimana 1-9/8/2008 - Alta via N.1 delle Dolomiti
Cima Rovaia (2525 m)
Sasso Nero (3369 m) - Val Aurina
D. Di Pietro - G. Ditto - M. Gilberti
Roberto Nalli - Giuseppe Poisa
Riccardo Dall'Ara - Paolo Malizia
Settembre 2009
06-09-2009
12-13/09/2009
20-09-2009
27-09-2009
Dove nasce il "Bagoss"
Ferrata Brentari - Gruppo Brenta
Monte Cengio (1347 m)
Rifugio Malga Stain - Cima Foppa (2404 m)
P. Borzi - P. Bertani - A. Maggini
Dario Di Pietro - Giuseppe Ditto
Roberto Nalli - Salvatore Cheri
Barbara Cocchini - Oscar Rossini
Ottobre 2009
04-10-2009
11-10-2009
18-10-2009
25-10-2009
Bocchette di Val Massa
OTTOBRATA
Cima Telegrafo (2147 m) - Gruppo Monte Baldo
CASTAGNATA
Carla Dionisi - Andrea Lanza
Dario Di Pietro - Giuseppe Ditto
GITE ALPINISMO GIOVANILE - 2º SEMESTRE 2009
DATA
LOCALITÀ
CAPOGITA
Luglio 2009
Settimana Ragazzi in Montagna
Domenica 20 Settembre 2009
Gaver - Passo Serosine
Maggi, Bertelli, Bertelli, Rinaldi
Domenica 18 Ottobre 2009
(Treno)
Cividate Camuno
Seminario, Rabaioli, Maggiori, Boninsegna
Domenica 15 Novembre 2009
Monte Bronzone
Martinazzi, Lonati, Apostoli, Becchetti
Domenica 20 Dicembre 2009
Rifugio Alpini - Mont’Orfano
Salvadori, Giacomini, Seminario, Ognibene
Adamello 105 – pag. 41
Quote
sociali
2009
Sono soci “giovani” i soci aventi meno di 18 anni. Sono soci
“familiari” i conviventi con un socio ordinario della stessa
sezione. La quota di iscrizione offre notevoli vantaggi: sconto
del 50% sui pernottamenti effettuati nei rifugi del C.A.I. e del
Nella riunione
del Consiglio Direttivo
del 18 novembre 2008
sono state stabilite
le quote sociali
per il 2009.
Categorie di soci
Quota in €
Ordinario
Familiare
Giovane
Quota 1ª iscrizione
Quota 1ª iscrizione giovani
46,00
28,00
17,00
9,00
6,00
Si rende noto che il rinnovo dell’associazione del C.A.l. può
essere effettuato versando la quota annuale a mezzo vaglia
postale o tramite il conto corrente postale, intestando il bollettino come segue: “Club Alpino Italiano Sez. di Brescia”,
Via Villa Glori n. 13, c/c/p n. 14355259 ed aggiungendo il
costo delle spese postali oppure effettuare un bonifico bancario intestato a C.A.l. Sezione di Brescia Banca Credito
Bergamasco Sede di Brescia c/c n. 8189 ABI 03336 CAB
11200. IBAN IT49H0333611200000000008189Per evitare
disguidi, si raccomanda di indicare chiaramente il nominativo del Socio, il bollino comprovante l’avvenuta associazione verrà poi spedito dalla segreteria direttamente al Socio.
10% sulle tariffe viveri; assicurazione fino a € 20.000,00 per
il soccorso alpino; abbonamento al notiziario “Lo Scarpone”,
alle Riviste della Sede Centrale ed all’“Adamello” della nostra
Sezione; sconto sull’acquisto di volumi, guide e cartine; libera
lettura dei volumi della biblioteca sezionale.
Cambi di indirizzo
Raccomandiamo vivamente ai Soci di volerci comunicare
con cortese sollecitudine ogni cambiamento d’indirizzo.
Verrà facilitata la spedizione di riviste, avvisi e convocazioni, ecc.
Nati
17.11.2008 Marta Rangoni di Giovanni e Sonia Scarpella
27.11.2008 Chiara Casali di Mario e Anna Cistana
13.04.2009 Chiara Guerini di Andrea e Sara Voltolini
Soci scomparsi
26.08.2008 Enrico Tavella
06.12.2008 Giovanni Cagioni
Alle famiglie porgiamo le più sentite condoglianze.
TABELLA DEI RIFUGI E BIVACCHI DELLA SEZIONE
RIFUGIO
Telefono
Località
e gruppo
Locale
Anno di
invernale
costruzione
posti n.
Categoria
Quota
s.l.m.
Posti
letto n.
Giuseppe Garibaldi
tel. 0364 906209 Val d’Avio
D
2548
98
8
1958
1996
Odoardo Ravizza
tel. 0364 92534 Estate
Arnaldo Berni
Gavia
tel. 0342 935456 Ortles-Cevedale
A
2541
71
–
1933
–
Elena Bonetta
tel. 0342 945589 Estate
Angelino Bozzi
Montozzo
tel. 0364 900152 Ortles-Cevedale
D
2478
24
–
1928
1968
Marcello Cenini
349 4924391 Estate
Paolo Prudenzini
tel. 0364 634578
Val Salarno
Adamello
D
2235
63
–
1908
–
Marco Berni
320 1107948 Estate
Serafino Gnutti
tel. 0364 72241
Val Miller
Adamello
D
2166
34
4
1975
–
Domenica Madeo
tel. 030 2751226 Estate
Maria e Franco
tel. 0364 634372
Val Paghera
Adamello
D
2574
37
10
1911
1979
Giacomo Massussi
tel. 030 9196647 Estate
Franco Tonolini
tel. 0364 71181
Baitone
Adamello
D
2450
45
10
1891
1979
Baita Iseo
tel. 0364 339383
Natù
Concarena
C
1335
27
2
1980
1981
E
3040
120
12
1929
2005
–
3149
9
9
1958
–
BIVACCO
Ai Caduti dell’Adamello* Lobbia Alta
tel. 0465 502615 Adamello
Passo Brizio
Zanon Morelli
Adamello
Anno di
ristrutturazione
Gestione Periodo di
e telefono apertura
Fabio Madeo Estate
tel. 0364 75107
cell. 338 9282075
Zana Adelchi Estate
tel. 0364 433038 Gestore
0465 503311
335 6664234 Estate
Sempre
Incustodito aperto
Arrigo
Giannantonj
Passo Salarno
Adamello
–
3168
6
6
1980
–
Incustodito
Sempre
aperto
Gualtiero Laeng
Passo Cavento
Adamello
–
3191
6
6
1972
–
Incustodito
Sempre
aperto
* proprietà “Fondazione Ai Caduti dell’Adamello”
pag. 42 – Adamello 105
Sottosezione di MANERBIO
VIAGGIO NEI PENSIERI DI UN ESCURSIONISTA
IL VIAGGIO
Ogni viaggio è caratterizzato da tre fasi: la partenza, il transitare o il viaggio in sé e il ritorno.
Prima fase: la partenza
I motivi per cui si inizia a viaggiare sono tantissimi e tutti sono
leciti. Ma sicuramente un viaggio “volontario” è sempre la risposta
a delle domande, a dei bisogni.
Dante affronta il suo viaggio nell’aldilà per dare voce alla sua
crisi religioso-esistenziale, che aveva posto in lui moltissimi dubbi
e l’aveva recluso nel buio della sua anima; solamente dopo il suo
viaggio uscirà a vedere la luce o meglio a “riveder le stelle”. (Inferno
canto I).
L’Ulisse di Dante decide di non tornare ad Itaca, ma di affrontare nuovi mari e terre per quella voglia di conoscenza e per appagare la sua curiosità (Dante canto XXVI, versi 84 e seg.), ma anche
nell’Ulisse di Omero, dove l’eroe sembra voler ritornare alla sua
isola, egli in qualche modo rinvia sempre il ritorno. In Omero, per
bocca di Circe e di Tiresia, si dice che Ulisse affronterà nuove
avventure e una volta tornato ad Itaca ripartirà per un’altra estrema
avventura (Odissea libri X e XI). Il viaggio di Gilgamesh per la campagna contro il Libano, se sembra obbedire ad un ordine divino,
nasconde in realtà la voglia dell’eroe di raggiungere la fama, di
espandere cioè il proprio io nello spazio e nel tempo. Il suo è un
viaggio per diventare eroe e per questo deve prevedere un ritorno
dove la sua identità di eroe sarà riconosciuta dal suo popolo. Ma
non sempre le partenze assumono un carattere volontario, spesso
diventano forme di esilio: si pensi alla cacciata di Adamo ed Eva dal
Paradiso o al viaggio di Abramo per comando divino o ancora a
tutti quei peccatori, condannati, che nel medioevo, come penitenza, dovevano affrontare un pellegrinaggio.
Voi perché partite?
La partenza, come tutti i distacchi è una separazione dell’individuo da un luogo fisso e soprattutto è abbandonare relazioni e
ruoli sociali. La persona che si mette in viaggio è estrapolata dal
suo “nido” dove si sente protetta e riconosciuta nella sua identità.
Il viaggiatore si allontana da uno spazio, non solo fisico, nel quale i
suoi bisogni erano, in qualche modo, soddisfatti. La causa del
viaggio è spesso il desiderio di ricercare soluzioni a nuove esigenze. La partenza provoca emozioni forti, a volte di dolore, nasce
quella sensazione che si può definire “angoscia del distacco”.
Essa diventa più atroce se la partenza è necessitata dalla presenza di guerre, di dittature o dall’assenza di lavoro. Pensiamo al
fenomeno degli emigranti, costretti a lasciare la propria terra e
deporre le loro speranze in un luogo lontano dalle loro radici. Essi
sono costretti a lasciare i propri cari, gli amici, le loro abitudini:
abbandonare tutto, anche la loro identità, per sopravvivere. La
separazione con il proprio ambiente è così dolorosa che nei nostri
viaggi cerchiamo di rimanere legati al nostro mondo portandoci di
tutto.
Cosa non può mancare nei vostri viaggi?
Seconda fase: il transitare
Viaggiare è entusiasmante, in parte perché scatena il brivido
della fuga. La fuga è tante cose: perdere le abitudini, perdere la
propria identità familiare, è incontrare nuove persone, è provare
nuove situazioni, è rinascere e indossare una nuova pelle.
Analizzando questi aspetti del viaggiare ciò che a me piace di più
sono gli incontri con altre persone: se ripenso al mio “Camino di
Santiago” ricordo non tanto i luoghi, quanto le persone che incontravo e ritornavano sul mio percorso: Pedro e Pedro, il farmacista
piemontese, le tre signore norvegesi, il francese e il gruppo di spagnoli con il quale ho condiviso una serata di musica. Diverso è
stato il mio viaggio in Brasile, lì, a parte un universo di bambini con
storie drammatiche negli occhi, lì ho conosciuto il mondo sudamericano, con la loro musicalità e i loro occhi e sorrisi profondi, una
terra piena di solidarietà e di dignità, che solo la povertà materiale
riesce ancora a mantenere.
I viaggi sono pieni di incontri, se pensiamo ancora al nostro
Ulisse, ci è chiara la diversità
dei personaggi incontrati,
ma nello stesso tempo essi
hanno una caratteristica
comune: la solitudine. Solo è
Polifemo, sola è Circe e lo sono altrettanto Calipso e Nausicaa.
Sono persone sole con un vuoto da riempire. (Concita De Gregorio:
“Malumore” – Mondadori leggete il racconto di Circe).
Quali persone, incontrate nei vostri viaggi, ricordate?
Gli incontri non sono solo con singole persone, ma sono anche
con un intero popolo. Un viaggio ti permette di avvicinarti a popolazioni, che in qualche modo hanno assimilato uno stile di vita,
legato al luogo, e che hanno instaurato con i compaesani relazioni
sociali. La bellezza del viaggiare è conoscere questi luoghi, è contaminarsi con questi modus vivendi, è intrecciarsi con le vite degli
indigeni, è, in qualche modo, entrare in quell’universo, anche se per
poco tempo. Si impara ad uscire dal proprio etnocentrismo, a pensare con maggiore libertà e a distruggere quelli che sono al tempo
stesso stereotipi e pregiudizi. Viaggiare diventa crescere interiormente, farsi contaminare dagli altri e soprattutto condividere idee.
(Marlo Morgan: “…E venne chiamata due cuori” - Sonzogno).
Viaggiare è anche appropriarsi del nostro pianeta, nel senso di
gustarlo nei suoi particolari e nella sua grande ricchezza di paesaggi e di dettagli. È arricchire la nostra valigia con odori, suoni e
colori. (Da leggere sotto questo punto di vista i libri di Bruce
Chatwin “Le vie dei canti” e “In Patagonia”, ma anche il libro di Luis
Sepulveda “Patagonia express”, e non dimenticatevi il libro di Pier
Paolo Pasolini “L’odore dell’India”).
Cosa vi colpisce di un luogo?
Un profumo, uno squarcio, dei colori… io penso che ognuno di
noi abbia un organo di senso privilegiato e a volte è il posto stesso
che rende più acuto uno rispetto all’altro.
Sta di fatto che un viaggio porta con sé molti tesori (“Itaca” di
Costantino Kavafis)
Terza fase: il ritorno
La domanda è scontata “Che cosa ci lascia un viaggio?”. Il
viaggio diventa così una forma di narrazione, che condividiamo con
gli altri. C’è sempre occasione per raccontare il proprio viaggio, ci
sono vari contesti: una relazione, una cena da amici o semplicemente un diario personale che invidiosamente custodiamo per noi
stessi. Ma legato, al ritorno, vorrei porre la nostra attenzione non
tanto sul viaggiatore, ma su chi, durante il viaggio, abbiamo lasciato a casa e che in un determinato modo è stato spettatore del
nostro viaggio. Perché in fondo, quando viaggiamo, rimaniamo
legati a qualcuno o a qualcosa: una specie di cordone ombelicale
radicato nella nostra storia, nelle nostre radici.
A questo proposito mi viene in aiuto ancora Ulisse che aveva
come filo orientante la sua Itaca, ma soprattutto Penelope, che, pur
rimanendo nella sua stanza, percorre, anche lei, un viaggio. La tela
che lei tesse rappresenta il suo statico viaggio, il suo amore per
Ulisse. Ha imparato che l’amore è soprattutto una questione di
attese. E il problema non è mai quanto dovrà aspettare. Per lei, ma
anche per le donne d’oggi, amare una persona significa saperla
aspettare, anche a costo di inventarsi un lenzuolo da tessere fino a
che l’attesa non sia finita. Il lenzuolo ti può aiutare a mantenere lo
sguardo sempre nella giusta direzione. Penelope, là nella sua stanza, ogni giorno e ogni sera scrutava il mare color del vino, nella
speranza di intravedere il volto del marito.
A me non piace molto narrare i miei viaggi, mi sembra di renderli piatti e ogni volta che racconto so che essi si impoveriscono,
diventano più scarni, le emozioni si scolorano, ma so anche che nel
riferire un viaggio dono ai miei ascoltatori grandi tesori.
Per questo vi invito a mandare i vostri racconti a questo indirizzo e-mail in modo da costruire insieme una dispensa che doni
emozioni e sensazioni di un vostro viaggio.
Massimo Pè
Adamello 105 – pag. 43
Biblioteca Claudio Chiaudano
Parlando di libri
di Giovanna Bellandi
La Biblioteca “Claudio Chiaudano” ha inaugurato le sue
iniziative dedicate ai libri, che ci auguriamo possano essere
tante, mercoledì 29 aprile con una serata dedicata alla presentazione del libro di Michela Capra “Per seminare guardavamo la luna. Testimonianze di vita contadina e cultura materiale rurale nel Parco delle Colline di Brescia”, che entra a far
parte del patrimonio della nostra biblioteca.
In questa serata Michela Capra ci ha mostrato come il
territorio delle colline bresciane, a noi tanto vicino e dove
spesso passiamo frettolosi per una passeggiata o una corsa
di allenamento, sia ricco di storia e tradizioni. Per svelarci il
passato recente delle colline bresciane e la
vita rurale che vi si svolgeva, Michela si
avvale delle testimonianze orali degli abitanti delle cascine di allora per ricostruire
gesti, tradizioni ma anche fatica e lavoro di
un mondo rurale nella periferia cittadina,
ormai quasi scomparso.
Michela Capra ci ha raccontato come è
nata la sua passione per il mondo contadino, le sue tradizioni e i suoi oggetti, passione che si è trasformata oggi nel suo
lavoro, come conservatrice del Museo
“Giacomo Bergomi” di Montichiari, che
raccoglie oggetti del mondo contadino
della pianura e della montagna bresciane,
e del Museo del Ferro di San Bartolomeo.
Un lavoro, il suo, sempre più urgente e
importante, perché testimone di un
mondo, quello appunto del lavoro contadino, che si sta ormai perdendo. Quando
anche gli ultimi testimoni di queste attività
agricole e rurali scompariranno (tanti di loro
stanno ormai sfiorando il secolo), anche la
“civiltà contadina” entrerà a far parte delle
materie di interesse dell’archeologia.
Un lavoro dunque urgente, e come tale
lo ha avvertito Michela Capra che ha raccolto i racconti e le testimonianze orali di
chi ha abitato e lavorato sui Ronchi coltivando ortaggi nelle cascine di Cellatica,
Collebeato, Costalunga.
Attraverso bellissime fotografie in bianco e nero, ci siamo addentrati in una realtà
vicina a noi nello spazio ma tanto lontana
ormai nel tempo, riconoscendo luoghi
famigliari, ora tanto cambiati dalla scomparsa delle attività che li tenevano in vita.
Non ci sono più i terrazzamenti sui ronchi,
curati come giardini, che producevano gli
ortaggi migliori per la città, e nemmeno i
pag. 44 – Adamello 105
boschi della Valle di Mompiano sono più curati con quell’attenzione che ne faceva fonte preziosa di legname, fogliame
per le lettiere degli animali e tanto altro.
Una testimonianza importante, un lavoro importante che
ci auguriamo Michela Capra continui a portare avanti, come
nei suoi progetti, in altre zone della nostra Provincia, per non
lasciare muti i tanti oggetti che oggi sempre di più affollano
numerosi musei del mondo contadino.
E come Michela dice nella bellissima dedica che introduce il libro, grazie a tutti i nonni “che si sono lasciati raccontare”!
Biblioteca Claudio Chiaudano
Novità 2009
Pubblichiamo l’elenco di alcune delle opere entrate in
biblioteca: le donazioni sono state molto numerose e sarebbe impossibile la pubblicazione completa. Ringraziamo di
cuore i donatori, per merito dei quali la nostra biblioteca si è
notevolmente arricchita. La Redazione della Rivista rinnova
il suo grazie anche ad Eros Pedrini e agli altri volontari che
provvedono al buon funzionamento della Biblioteca.
Ricordiamo che il catalogo dei volumi della biblioteca,
aggiornato in tempo reale con la catalogazione, è consultabile on-line all’indirizzo:
http://www.winiride.it/iride/dbbrescia2/
Piermauro Soregaroli, Grigne, guida escursionistica e
alpinistica della Grigna settentrionale, della Grigna
meridionale e del Coltignone , Chiari, Nordpress 2006
Mario Corradini, Mariano Bianchini, Latemar e sottogruppo
del Cornon Corno bianco e Corno nero, rifugi, bivacchi, vie ferrate, cime, traversate, Chiari, Nordpress
2008
Lorenzo Luchetta, Mammiferi delle Alpi, Chiari, Nordpress
2008
Vittorino Mason, La via dei vulcani: dall’Amazzonia alle
Ande alla conquista del fuoco, Chiari, Nordpress 2007
Walter Belotti, La Val D’Avio: passeggiate, escursioni e
ascensioni nel Parco naturale dell’Adamello, Chiari,
Nordpress 1997
Mario Vannuccini, Escursioni in Valmalenco: le 8 tappe
dell’Alta Via, i rifugi, gli accessi, escursioni e traversate, Chiari, Nordpress 1996
Roberto Ciri, Vie normali delle Dolomiti: Marmolada:
guida escursionistica e alpinistica a 102 cime del
Massiccio della Marmolada, Catena del Padon,
Collac-Buffaure, Monzoni-Vallaccia, CostabellaCima Uomo, Ombretta-Ombrettola, Catena dell’Auta,
Chiari, Nordpress 2007
Mario Vannuccini, Parco nazionale dello Stelvio, Chiari,
Nordpress 2006
Piermauro Soregaroli, Ferrate di Lombardia: Grigna meridionale e Grigna settentrionale, gruppi del Resegone,
dei Corni di Canzo, del Coltignone, dello Zuccone
Campelli, Prealpi comasche, bergamasche e bresciane, Chiari, Nordpress 2006
Albert Frederick Mummery, Spiro Dalla Porta Xidias,
Chiari, Nordpress 2007
Gian Paolo Margonari, Un uomo a zonzo sulla via
Francigena: diario e amene divagazioni di un viaggiatore a piedi, Trento, Curcu & Genovese 2007
Lois Mai Chan, John P. Comaroni, Joan S. Mitchell... [et al.]
Classificazione Decimale Dewey Guida pratica:
seconda edizione, aggiornata a DDC 21, Roma:
Associazione italiana biblioteche c2001
Biblioteca nazionale centrale di Firenze,
Nuovo soggettario: guida al sistema italiano di indicizzazione per soggetto: prototipo del Thesaurus, Milano:
Bibliografica c2006
ideata da Melvil Dewey, Classificazione decimale Dewey
ridotta e indice relativo
Roma: Associazione italiana biblioteche, c2006
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Monticone, Luigi Zanzi sulla spedizione italiana al K2 del
1954 a cura di Luigi Zanzi; con fotografie inedite di Erich
Abram, Ivrea, Priuli & Verlucca, 2007
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a cura di Vittorio Bedogni [et al.], Milano: Club alpino italiano, 2007
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L’altipiano: un posto per gli uomini, fotografie di Enzo
Rela; commentate da Mario Rigoni Stern, Ivrea: Priuli &
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Adamello 105 – pag. 45
Biblioteca Claudio Chiaudano
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Valdisotto, Valfurva, Bormiese, Valdidentro, Livigno
con alcune belle proposte nella vicina Engadina
Bormio, Alpinia, 2001
Le leggende del Trentino, Nepomuceno Bolognini, Chiari,
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