per il 51 - ArcipelagoMilano

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per il 51 - ArcipelagoMilano
Gruppo di iniziativa “per il 51”
Dossier: tutto il dibattito e la sua eco sulla stampa
Teatro Dal Verme - 26 febbraio 2011
Stefano Rolando
Quando certi signori di 82 anni…
Piero Bassetti parla al Teatro Dal Verme alla kermesse di avvio della campagna di Giuliano Pisapia
proponendo l‟apertura alla società civile e un impegno verso l‟astensione e verso il “terzo polo”.
Milano 26 febbraio 2011 - Si deve al coraggio, alla freschezza, alla chiarezza di questo signore di
ottantadue anni (l‟età che aveva Sandro Pertini quando arrivò al Quirinale), la maggiore sorpresa della
serata di apertura della campagna di Giuliano Pisapia per l‟elezione del nuovo sindaco di Milano. Questo
signore è un milanese di tradizione, già sprinter azzurro alle olimpiadi di Londra del 1950 e presidente
fondatore della Regione Lombardia. Poi tante altre cose (tra cui parlamentare democristiano, presidente
della Camera di Commercio di Milano e della rete nazionale e mondiale delle Camere di Commercio).
Piero Bassetti. Invitato da Pisapia a parlare al Teatro Dal Verme, ha strappato questa sera prolungati
applausi e, alla fine, anche un assolo di una ragazza “Bravo Piero!”. Per aver detto la verità. Milano ha
bisogno di cambiamento, lo stesso che noi DC, dice Bassetti, chiedemmo anni fa accettando di aprirci al
centrosinistra a guida socialista. Anche la città moderata, di tradizione liberale, legata alla cultura di
impresa, lo chiede. Ma dovete dimostrare che la vostra alleanza sa misurarsi con questa collaborazione
con istanze diverse, con una convergenza con parti dell‟astensionismo e con il terzo polo, soprattutto nel
ballottaggio. Fuori dunque dai miti della sinistra perdente e della sinistra ideologica. Serve un‟alleanza di
forze riformatrici con una visione di sviluppo della città. Ha annunciato un documento – che porta la sua
firma e anche quella dell‟ex presidente della Corte Costituzionale Valerio Onida che ha dato un suo
contributo di idee sull‟etica pubblica e la legalità – invitando chi pensa di rappresentare più la società
civile che la politica militante a firmare e a sostenere una prospettiva partecipativa e progettuale per
una Milano diversa, che può aiutare molto l‟intero Paese a trovare strade di rilancio.
Il documento annunciato da Piero Bassetti è al link
http://www.stefanorolando.it/index.php?option=com_content&view=article&id=755:il-documento-lanciato-da-pierobassetti-al-dal-verme-allapertura-della-campagna-di-giuliano-pisapia&catid=39:testi&Itemid=63
CORRIERE DELLA >SERA
27 febbraio 2011
IN «SQUADRA» SPUNTA L'EX COORDINATORE DI FI
Convention per Pisapia, anche Vecchioni
e Bassetti in campo con il candidato
Dal Verme gremito. Sostenitori anche fuori dal teatro.
4 punti-cardine: lavoro, mobilità, cultura, aria pulita
Andrea Senesi
MILANO - Fuori sono rimaste 500 persone e un maxischermo. Dentro c'è il sold-out, il Dal Verme, 1.400
posti, lascia in piedi anche Filippo Penati e Maurizio Martina. Due del Pd che contano. La colonna sonora
della serata è il Vecchioni sanremese (il giorno prima dallo stesso palco si esibiva Simon Le Bon con i
Duran Duran). Lui, Giuliano Pisapia, arriva con un quarto d'ora accademico di ritardo.
In prima fila tutto il ceto politico del centrosinistra milanese, ma anche l'ex sovrintendente della Scala,
Carlo Fontana, Daria Colombo (il marito, lo stesso Vecchioni, manderà un messaggio di saluto) e
Rosellina Archinto. Seduti in prima fila anche gli altri due sfidanti delle primarie di novembre: Stefano
Boeri e Valerio Onida.
Pisapia rilancia la sua parole d'ordine: «Questa volta la Moratti si può battere». Fra i promotori del
comitato a sostegno della sua candidatura c'è anche Piero Bassetti, primo presidente dc di Regione
Lombardia. Comitato 51 per cento, il nome scelto per il rassemblement di intellettuali e professionisti in
corsa a fianco dell'avvocato. Bassetti strappa gli applausi dei supporter del Dal Verme: «Un'alleanza per il
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51%, dove il 51 è il segnale della possibile maggioranza che al termine del ballottaggio potrà, anche col
loro aiuto, più facilmente cambiare criteri, regole, forme, opzioni del governo della città».
Il tema è «allora semplice: convincere che Pisapia è meglio della Moratti. Che Pisapia può e deve vincere
e che perché questo avvenga bisogna convincere, nel Palazzo, ma soprattutto fuori dal Palazzo, altre
forze che in questa fase non si sono ancora manifestate apertamente ma che sono indispensabili per una
così impegnativa operazione di cambiamento». Secondo le prime indiscrezioni, il comitato arruolerebbe
anche qualche nome a sorpresa. Dario Rivolta, per esempio. Ex coordinatore di Forza Italia ed ex
parlamentare pdl, sarebbe molto tentato dall'endorsement pubblico per Pisapia («Per la sua figura
personale e non certo per vicinanza alle forze politiche che lo sostengono», puntualizza). E poi ci sono il
vicepresidente della Popolare, Mario Artali, l'ex assessore nella giunta Tognoli, Guido Aghina, il penalista
Lodovico Isolabella, il docente dello Iulm, Stefano Rolando. Una lista civica e sette partiti. «Questa è la
più ampia coalizione che il centrosinistra ha avuto in appoggio a un candidato negli ultimi 20 anni ed è la
prima volta in Italia che il programma per una competizione amministrativa è costruito da più di mille
persone. La spedizione dei Mille per unire Milano», secondo il segretario pd, Roberto Cornelli. Quattro i
punti in cima al programma: lavoro, mobilità, cultura e «aria pulita». Intesa come lotta allo smog e come
obiettivo di un'amministrazione «più trasparente».
Si lancia Iniziativa per il 51 – 16 marzo 2011
Milano, 16/03/2011
Lettera a 50 amici
Piero Bassetti – in questi giorni in viaggio in alcuni paesi del Sud America – mi ha incaricato di fare una
nuova versione del documento che lui stesso ha lanciato parlando al Teatro Dal Verme lo scorso 26
febbraio, in occasione dell‟avvio della campagna elettorale di Giuliano Pisapia.
Nuova nel senso di registrare – pur nella sintesi delle due non superabili pagine - i contributi di una
preliminare e piccola riunione convocata da Bassetti, insieme a Valerio Onida (che ha condiviso la prima
impostazione del documento), a cui hanno partecipato alcune persone che hanno incoraggiato la
formazione più ampia di un gruppo di iniziativa denominato “per il 51” , in cui 51 sta per la maggioranza
possibile a condizione di un ampliamento di alleanze e di convergenze per determinare il cambiamento
politico nell‟amministrazione di Milano.
Al documento è stata aggiunta una breve dichiarazione che esprime lo spirito di adesione alla proposta di
Bassetti.
Questa versione (la settima) viene così inviata ad un primo gruppo di persone che non ritengono di
candidarsi nelle liste. Lo scopo immediato è di raggiungere le 50 unità, più una - cioè Piero Bassetti – per
una riunione “a 51” destinata naturalmente poi a crescere lasciando solo la traccia di un fatto simbolico.
Persone che in forma diversa hanno reso nota la loro disponibilità. O almeno la loro seria attenzione ai
temi trattati nel documento.
L‟elenco delle adesioni sarà inviato naturalmente a tutti. E in seguito aggiornato.
E‟ possibile che un prossimo incontro avvenga tra la fine di marzo e il primo aprile.
Grazie per un riscontro.
Cari saluti
Stefano Rolando
Milano, 11 marzo 2011
Una riflessione per partecipare concretamente
alle possibilità di cambiamento di Milano
Perché consideriamo necessaria un’alternativa di approccio, di visione e di metodo nel governo della Città.
Perché troviamo credibile la candidatura a Sindaco di Giuliano Pisapia
Perché auspichiamo alleanze per favorire il cambiamento.
Perché valutiamo positivamente anche la costituzione di liste civiche.
“A Milano si può stampare quello che si vuole e ciascuno ci vive a modo suo anche più liberamente che a Roma”,
sottolineò Giacomo Leopardi in una visita del 1825 alla città, in cui la sua famiglia e suo padre avevano da tempo
rapporti soprattutto editoriali. Questa forte impressione di un contesto liberale ha colpito generazioni di italiani e,
da anni, uomini e donne provenienti da tutto il mondo. A lungo quel contesto è stato chiamato “la capitale morale”.
Brevi cenni di storia comune
Milano ha fortemente contribuito, ispirata dal progressismo culturale e civile di Carlo Cattaneo, al
processo nazionale di indipendenza che ha portato all‟unità d‟Italia.
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Milano, laboratorio della innovazione di impresa e di continue trasformazioni economiche, è stata anche
laboratorio dei movimenti cristiani e socialisti di emancipazione dei lavoratori. Generando l‟ispirazione
riformatrice di una sinistra – che ebbe in Filippo Turati un grande esponente - contraria al “tanto peggio
tanto meglio” degli estremisti. E che ha orientato le migliori amministrazioni della città prima
dell‟avvento del fascismo.
Milano ha reagito alla sua stessa maternità del fascismo nazionalista – storia che non va rimossa –
diventando anche centro di quel “vento del nord” che ha restituito onore alla Patria. Facendo della
Resistenza un movimento unitario e pluralista, di sinistra, di centro e di destra.
Milano ha risposto con l‟esemplare ricostruzione gestita da probi sindaci socialisti e socialdemocratici –
come Antonio Greppi e Virgilio Ferrari – garantendo all‟Italia e all‟Europa la laboriosità, la creatività e la
capacità produttiva necessaria ad assicurare pace e benessere.
Le radici – queste e molte altre, più lontane e più recenti - all‟insegna di un punto di incontro tra culture liberali e
culture popolari, regolate dal senso della propria storia, dalla libertà economica e dei diritti civili, dalla coesistenza
tra saggi vescovi e responsabili amministratori, sono forti e vive nella cultura politica di Milano.
Sguardo al futuro e coraggio del cambiamento
Non c‟è nuovismo che possa sbarazzarsene, non c‟è trasformismo che possa cambiare i caratteri
di una storia che va riletta con orgoglio. Quella storia è segnata da due elementi di forza: lo
sguardo al futuro e il coraggio di generare cambiamenti e discontinuità. Innumerevoli sono stati i
momenti in cui stagnazione, scarso slancio, fragilità culturale della società e delle istituzioni
hanno fatto dire a chi aveva il pensiero rivolto al bene comune e alla vitalità della città, che era
ora di voltare pagina, di abbandonare strade improduttive, di cercare nuove e più forti alleanze
per tenere insieme società e istituzioni. Come oggi.
Oggi è necessario avere progetti:
per promuovere, insieme alla tradizionale democrazia rappresentativa, anche una più
coerente esperienza di democrazia partecipativa;
per sostenere un programma di prosperità e di internazionalizzazione;
per realizzare una modalità amministrativa in reale ascolto dei cittadini e capace di
consolidare i diritti di cittadinanza;
per assicurare ragioni forti alla città del lavoro, dell’impresa, della creatività;
per mettere al centro di un programma sociale e amministrativo: la sostenibilità
ambientale, le pari opportunità, l’efficienza dei servizi, l’investimento culturale ed
educativo, la coesione nella visione di sviluppo dell’intera area metropolitana;
per impegnare l’amministrazione e i suoi servizi nell’integrazione della nuova realtà sociale
ed economica della città.
Superare la mediocrità delle forze che hanno guidato da anni Milano
E‟ questo lo spirito, pur in un diverso contesto, di chi – come altre volte nelle ormai lunga storia
repubblicana – sente ora l‟urgenza di un rinnovamento, di un cambiamento, di una
ricomposizione di patto sociale e politico tra chi può assicurare alla città spinta e rilancio.
Senza polemica personale per il sindaco uscente, ma nel convincimento che le risorse della città
sono state mal sfruttate e le classi dirigenti a presidio di quelle risorse sono state formate al
ribasso e non al rialzo. Infiniti episodi di cattiva gestione, di varia corruzione, di scarsa
perspicacia nel disegno di ruolo, di modestissimo laboratorio politico e civile, di mediocrità del
sistema delle forze che appoggiano il programma di governo della città, sostengono oggi questo
sentimento. Non solo in chi è schierato frontalmente nella lotta politica, ma anche in chi non
appartiene a partiti, in chi proviene da esperienze di natura moderata, in chi vanta legami
prioritari con la visione della tradizione civica della città.
Milano ha bisogno di una nuova amministrazione e quindi di una nuova maggioranza. Che affronti il
nodo di portare avanti e non indietro la città, che è più urgente che dividersi tra destra e sinistra.
C‟è insofferenza a cui dare risposta.
C‟è voglia di partecipare al rilancio etico, culturale ed economico della città.
Il cambiamento in democrazia è generato dall‟alternanza tra alleanze legittime e rispettabili.
Alleanze che devono imparare a trovare punti di condivisione della storia comune e della natura
attuale dei problemi più critici. Per non trasformare il confronto politico in rissa permanente.
Ma, soprattutto - nell‟ipotesi quasi certa oggi a Milano di una condizione di ballottaggio - è
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questa la visione di due sistemi di alleanze che una parte sana e fedele alle migliori tradizioni
della città percepisce come realistica prospettiva dell‟imminente competizione elettorale.
In questa prospettiva, il giudizio sull‟alleanza che, con i suoi pesanti vincoli, ha a lungo
governato la città è sentimento negativo diffuso. Negli ultimi tempi fortemente comunicato,
attraverso il passa parola civico, attraverso la convergenza di valutazioni negli ambienti di
lavoro, nei contesti professionali, nei quartieri e nei luoghi della formazione.
Un giudizio critico, che porta ad auspicare la sperimentazione democratica del cambiamento e
dell‟alternativa.
La nostra firma per garantire trasparenza e legalità.
Questo auspicio non viene espresso in forma irresponsabile, in condizioni di mera delega. Viene
espresso con l‟atteggiamento consapevole che il gruppo promotore che propone questo
documento ha inteso assumere. Un atteggiamento concreto: una firma, sollecitata a coloro che,
condividendo il giudizio, intendono mettere il proprio nome a garanzia di altri cittadini, magari
più perplessi, magari persino tentati dal non voto. A garanzia di un esercizio di controllo e di
negoziato sui programmi, a garanzia di un percorso in cui trasparenza e legalità si pongano
come criteri per la formazione del ricambio democratico. Dunque una partecipazione non
frutto di cooptazioni segrete, aperta a libere adesioni. Per costituire una sorta di “gruppo di
iniziativa per il 51”, dove 51 è segnale della potenziale e possibile maggioranza che – con il
ballottaggio – potrà cambiare criteri, regole, forme, opzioni del governo della città.
Si tratta di una aggregazione di cittadini responsabili, che discuterà quei criteri, quelle regole, quelle
opzioni. Facendo la sua parte, nel rispetto delle tante forze che la composita alleanza va esprimendo.
La presenza della società civile per favorire in caso di ballottaggio convergenza e collaborazione.
Apprezziamo che si formino, sull‟ispirazione accennata, per una responsabilità amministrativa
più diretta, vere liste civiche, non finzioni del camaleontismo della politica. Con la presenza di
chi si sente nelle condizioni di rivolgere agli elettori una richiesta diretta e personale di
consenso. Per partecipare alla responsabilità amministrativa, di governo o di controllo, ovvero di
poteri costituzionali che in democrazia devono avere ruoli complementari. Al tempo stesso
valutiamo con interesse il profilo civico e democratico che parrebbe profilarsi attorno alle scelte
del cosiddetto “terzo polo”. Vi sono infatti forti segnali di comune insofferenza per lo stato
delle cose e forti volontà di creare condizioni di cambiamento maturate in ambiti politicamente
diversi ma,a Milano, con una storia di collaborazione che, a partire dal prossimo prevedibile
ballottaggio, potrà tornare ad esprimersi. Mettendo una parte degli elettori di fronte al
problema dell‟opportunità di una loro “seconda scelta”.
Questo proponiamo ai milanesi.
Nell‟impegno di rendere noti progressivamente i nomi dei firmatari di questa
riflessione, intendiamo dare il nostro sereno sostegno all‟avvocato Giuliano Pisapia,
nel convincimento che le sue qualità e il suo percorso di esperienza siano una valida
condizione per assicurare alla città un governo di sviluppo economico, di rilancio
culturale e di solidarietà sociale.
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Si è rapidamente raggiunta la soglia dei 51 aderenti (50 più Piero Bassetti).
Molte lettere di riscontro. Ne riproduciamo alcune.
Gio 17 marzo 2011, 14:47:58
Re: Per il 51. Invio di documenti per conto di Piero Bassetti
Da: Luciano Pilotti <[email protected]>
A: Stefano Rolando <[email protected]>
Cc: Piero Bassetti <[email protected]>
Caro Stefano,
ti ringrazio del cortese invito che accolgo volentieri in primo luogo perché ne condivido lo spirito e la
proposta verso un rinnovamento sostanziale di cui Milano ha bisogno per il proprio futuro e per la
funzione segnaletica che avrebbe nei confronti di un paese reclinato su se stesso e "ostaggio di una cultura
della rendita lobbistica e prigioniera di un devastante conflitto di interessi oltre che di un degrado eticomorale
ormai
endemico"
che
ci
riporta
indietro
di
secoli
(
non
di
decenni).
Milano è culla di una avanzata società civile che dagli anni '90 ha iniziato tuttavia a "richiudersi in se
stessa" aprendo la via alla mediazione inquinata tra politica e affari ma che ora può e deve tornare a
svolgere una funzione primaria di "guida e di riferimento" per l'intero paese "oltre" gli esiti di una deindustrializzazione "selvaggia" avviata all'inizio di quel decennio e che assegnava il prius alla finanza senza
robuste e sane basi etiche. Una società intermedia che ha enormi possibilità di rilancio e di
rivitalizzazione per ridare a Milano il ruolo che merita nella partita europea e globale riannodando i fili di
una nuova manifattura con l'economia dei servizi e la società della conoscenza per le reti di creatività,
innovazione e di solidarietà che può ridisegnare virtuosamente il tessuto istituzionale e sociale attraverso
il rilancio di una rinnovata e rafforzata coesione sociale da diffusa condivisione di valori che sono
innanzitutto etici e morali. Valori fondativi e costitutivi e alla base di un futuro welfare delle opportunità
( di cui tanto si parla da anni ma di cui nulla si è realizzato) e di una creazione condivisa di ricchezza
nella società della conoscenza. Basti segnalare che le 7 Università di Milano e le altre 7 che sono in un
raggio di 50 km non si parlano, ....., e verrebbe da dire una Triple Helix monca diversamente da quanto
avviene tra S. Francisco, Palo Alto e Stanford dove moltissimi italiani e anche milanesi lavorano da anni
perché in Italia e a Milano non riescono a rientrare!In secondo luogo, accolgo l'invito anche per la grande
stima che nutro da anni nei confronti di Piero Bassetti anche se non ho mai avuto il piacere di conoscerlo
personalmente - pur avendo seguito il suo percorso politico-intellettuale in convegni, scritti e interviste e dunque sono ben lieto di potere dare il mio piccolo contributo a questa preziosa iniziativa nei limiti
delle mie capacità ma con grande entusiasmo. Con vive cordialità e certo in attesa delle iniziative
prossime !
Luciano Pilotti
Ven 18 marzo 2011, 12:39:34
R: Per il 51. Invio di documenti per conto di Piero Bassetti
Da: Guido Artom <[email protected]>
A: Stefano Rolando <[email protected]>
Caro Professore, il documento mi sembra ottimo ed efficace. Ci vedremo al ritorno di Piero.
Un cordiale saluto.
Guido Artom
Ven 18 marzo 2011, 11:24:19
Re: Per il 51. Invio di documenti per conto di Piero Bassetti
Da: Studio Gardella <[email protected]>
A: Stefano Rolando <[email protected]>
Sono del vostro gruppo e seguo l'iniziativa di Bassetti. Ringrazio di essere tenuto al
corrente delle attività del gruppo "per il SI". Appena mi è possibile parteciperò di persona alle prossime riunioni.
Jacopo Gardella
Lun 21 marzo 2011, 18:02:13
[Nessun oggetto]
"[email protected]" <[email protected]>
A: [email protected]
Milano, 21 Marzo 2011
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Gentile prof. Stefano Rolando,
rispondo alla Sua mail del 16 marzo scorso. Come ho già confermato a Piero Bassetti, aderisco senz‟altro a
sottoscrivere la proposta, nell‟ipotesi in cui il numero delle firme non abbia ancora raggiunto la
“simbolica” quota dei 51 nominativi. Avevo peraltro già segnalato a Bassetti l‟opportunità di esplicitare
nel documento, in un qualche modo, i motivi concreti della insoddisfazione dei milanesi nei confronti
della amministrazione comunale. Molti cittadini – già delusi dal periodo Albertini – hanno probabilmente
pensato che le cose potevano migliorare con un nuovo Sindaco, apparentemente più affidabile per la sua
estrazione milanese; e che invece ha peggiorato la situazione dimostrandosi disattenta e incerta, senza
mai assumere su qualsiasi argomento un atteggiamento fermo a tutela di tutti quelli che l‟avevano
votata. Milano in quest‟ultimo decennio è fortemente imbruttita. E‟ una città che potrà piacere ai “city
users” che possono ignorare la quotidianità, mentre coloro che vivono e lavorano a Milano vedono ogni
giorno una situazione di degrado crescente, spesso sottolineata da commenti della stampa: degrado del
traffico, della sosta delle auto, del rumore, dei servizi e del verde; interi quartieri lasciati a sé stessi in
una situazione di insicurezza diffusa, che
penalizza le fasce sociali più deboli.
Una buona parte di questi effetti dannosi sono dovuti ad una politica urbanistica che ha privilegiato una
speculazione edilizia ormai senza argini, come è confermato dal recente PGT approvato con un colpo di
mano, senza alcuna discussione sulle migliaia di osservazioni presentate e quindi senza alcun dibattito
democratico sulle scelte. A questo punto, anche molti elettori moderati non possono non aver capito che
una maggioranza come l‟attuale non potrà mai dare ai milanesi una amministrazione diversa, e che se si
vuole tornare ad un più civile rapporto fra Comune e cittadini bisogna fare una scelta politica diversa.
Milano ha bisogno di ridare ai cittadini quell‟orgoglio di appartenenza che è sempre stato l‟anima della
nostra città e che ora è sceso ai minimi storici, se
non addirittura scomparso.
Cordiali saluti
Avv. Ezio Antonini
Mar 22 marzo 2011, 09:07:27
Re: Per il 51. Invio di documenti per conto di Piero Bassetti
Da: Elio Borgonovi <[email protected]>
A: Stefano Rolando <[email protected]>
Caro Stefano,
ho aderito con piacere ed entusiasmo alla proposta, che viene da persone come Piero, Valerio, Te e tanti
altri di cui ho sempre avuto stima. Mi farà molto piacere lavorare insieme. Sarò fuori Italia fino al 31
mattina, poi sarò della partita.
Un caro saluto,
Elio
Mer 23 marzo 2011, 10:17:11
Re: Seconda lettera
Da: Studio Schlesinger
<[email protected]>
A: Stefano Rolando <[email protected]>
Cc: Piero Bassetti <[email protected]>
Gentile Professore,
mi spiace aver tardato a rispondere alla precedente lettera del 16 marzo (mi ero però sentito per telefono
con Bassetti, cui avevo già dato la mia adesione) e prego di scusarmi.
Confermo di essere favorevole alla proposta di un impegno per sostenere la candidatura di Pisapia (dopo
aver partecipato al gruppo in appoggio di Valerio Onida).
Ricambio i più cordiali saluti
Piero Schlesinger
Mer 23 marzo 2011, 12:31:13
R: Seconda lettera
Da: Cesare Degli Occhi <[email protected]>
A: Stefano Rolando <[email protected]>
Mi scuso, ma mi era sfuggita la necessità di un riscontro. Per parte mia condivido appieno il contenuto dei
due documenti inviatimi e sono pronto ad aderire al "gruppo di iniziativa per il 51". Rimango in attesa di
indicazioni su come procedere. Con i migliori saluti Cesare Degli Occhi
Avv. Cesare Degli Occhi
Mer 23 marzo 2011, 17:48:24
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Re: Per il 51. Invio di documenti per conto di Piero Bassetti
Da: Antonio DeLillo <[email protected]>
A: Stefano Rolando <[email protected]>
Confermo la mia adesione.
Antonio de Lillo
Da: Salvatore Bragantini <[email protected]>
A: [email protected]; [email protected]
Cc: [email protected]
Inviato: Gio 24 marzo 2011, 19:00:48
Oggetto: per il 51
Gentili signoriaderisco al documento per il 51.
Cordiali saluti
Salvatore Bragantini
Gio 24 marzo 2011, 21:57:55
Re: per il 51
Da: Lorenzo Boscarelli <[email protected]>
A: Stefano Rolando <[email protected]>
Cc: Salvatore Bragantini <[email protected]>; Piero Bassetti <[email protected]>; Valerio
Onida <[email protected]>
Indirizzi "per il 51".doc (35KB)
Buona sera dottor Rolando.
Ringrazio lei e il dott. Piero Bassetti dell'invito ad aderire all'iniziativa "per il 51", ed aderisco senz'altro
con molta determinazione!
In allegato trova un elenco di persone, alcune delle quali ho messo al corrente dell'invito che potranno
ricevere da voi, altre no; per essere più rapido mi permetto di segnalarle anche costoro. Sono tutti
aderenti a "Milano Riparte" (iniziativa a sostegno della candidatura del prof. Valerio Onida alle primarie).
Di certo gran parte delle persone in elenco vi sono note e probabilmente alcune le avrete già coinvolte.
Sono a sua disposizione per ulteriori dettagli.
La saluto molto cordialmente
Lorenzo Boscarelli
Ven 25 marzo 2011, 15:13:52
R: Per il 51. Invio di documenti per conto di Piero Bassetti
Da: "[email protected]" <[email protected]>
A: [email protected]
Cc: [email protected]
Ringrazio per il materiale, ho escluso ogni candidatura in una lista, e intendo spendermi per l'elezione di
Giuliano Pisapia a Sindaco mobilitando oltre che gli elettori di centro-sinistra gli astenuti e gli scontenti
dell'amministrazione Moratti
Avv.Felice Besostri
Ven 25 marzo 2011, 18:48:01
R: Per il 51. Invio di documenti per conto di Piero Bassetti
antonio duva <[email protected]>
Da:
A: Stefano Rolando <[email protected]>
Gentile Professore, la ringrazio della Sua del 23 marzo e sono grato a Piero Bassetti. Ho considerato di
grande interesse la proposta da lui lanciata al Dal Verme avendo sin dalle primarie pubblicamente
espresso fiducia nella candidatura di Pisapia, e mi fa piacere constatare che la proposta stessa si è, nel
frattempo , più compiutamente definita nelle finalità e nel modo di presentazione all‟opinione pubblica.
Sottoscrivo volentieri la dichiarazione “Giuliano Pisapia? Oggi si può votarlo” e Le confermo che non ho
alcuna intenzione di candidarmi in occasione delle prossime elezioni comunali. Mi farà piacere, inoltre,
prendere parte alle riunioni del gruppo “per il 51” e resto in attesa di comunicazioni al riguardo.
Per quanto riguarda il documento di cui mi invia cortesemente la settima bozza , mi sembra, come
necessario, agile ed efficace. I concetti esposti in quel testo mi trovano largamente d‟accordo: avrei solo
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riserve su qualche passaggio, ma si tratta di punti particolari che, eventualmente, potranno essere
approfonditi in seguito: naturalmente nei limiti dei tempi stretti che abbiamo davanti.
Intanto La prego di accogliere i miei più cordiali saluti
Antonio Duva
Mar 29 marzo 2011, 13:56:29
Da: "[email protected]"
<[email protected]>
A: [email protected]
Stefano,
aderisco a tua iniziativa Per il 51. La presenza di Onida mi conforta.
Cari saluti
Umberto Voltolina
Mar 29 marzo 2011
R: Per il 51. Invio di documenti per conto di Piero Bassetti
Da: Info Fondazione Floriani
<[email protected]>
A: Stefano Rolando <[email protected]>
Cc: Piero Bassetti <[email protected]>
Cari Stefano e Piero,
condivido in pieno, sottoscrivo e firmo.
Buon lavoro
Francesca Floriani
Mer 30 marzo 2011, 17:30:00
R: Per il 51. Invio di documenti per conto di Piero Bassetti
Da: <[email protected]>
A: Stefano Rolando <[email protected]>
Caro Rolando,
con qualche ritardo, dovuto ad un impegno da relatore ad un convegno INU che mi ha impedito anche la
presenza alla conferenza stampa di stamattina, ti confermo la mia adesione ai documenti che mi hai
inviato e la mia disponibilità per conseguenti iniziative ed impegni.
Quanto alla mia qualifica attuale puoi vedere quelle sottostanti la mia firma
Emanuele Ranci Ortigosa
Direttore scientifico Irs, Istituto per la ricerca sociale
Direttore Prospettive Sociali e Sanitarie
Via XX settembre 24, 20123 Milano tel. +39.0246764310 [email protected] www.irs-online.it
Gio 31 marzo 2011, 08:51:03
R: Per il 51. Invio di documenti per conto di Piero Bassetti
Da: Ranci Ortigosa Pippo <[email protected]>
A: Stefano Rolando <[email protected]>
Cc: emanuele ranci ortigosa <[email protected]>; Piero Bassetti <[email protected]>
Caro professor Rolando,
aderisco ben volentieri all‟iniziativa, sottoscrivendo il documento e dichiarandomi disponibile agli incontri
che verranno annunciati. Molti cordiali saluti
Pippo Ranci
Professore di politica economica (in quiescenza))
Università Cattolica del Sacro Cuore
Largo A.Gemelli 1 20123 Milano
tel. +39 02 7234 3629 (segr. 2976) - [email protected]
Mer 30 marzo 2011, 16:26:51
I: Editoriale Allarme Milano Speranza Milano
Da: Patrizia Zecchin <[email protected]>
A: Piero Bassetti <[email protected]>; Stefano Rolando <[email protected]>
BALLOTTAGGIO scritto per Allarme Milano Speranza Milano 29.03.2011.doc (26KB)
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Vi è chi aderisce, vi è chi interloquisce
Dall‟editoriale di Marco Vitale per Allarme Milano Speranza Milano.
(…)
Avvicinandoci alle elezioni noi restiamo ancorati ai nostri due temi di fondo: cambiare la gestione
affaristica, immobiliarista, priva di prospettiva e strategia cittadina della Moratti; contribuire a rafforzare
il nuovo polo anche nella speranza che un suo successo a Milano dia nuovo fiato all‟iniziativa a livello
nazionale. Ora, tutti i sondaggi indicano che si andrà al ballottaggio, cosa che giudichiamo molto
positivamente. Questa è, oggi, la meta primaria. Perciò ogni voto alle liste del cambiamento, da Pisapia a
Palmeri, ad altre minori che offrono sicurezza di non confluire sulla Moratti, è positivo. Poi si vedrà,
anche sulla base dei comportamenti concreti, dei programmi, e delle squadre che i candidati sapranno
mettere in campo. Noi continueremo a lavorare e seminare per tenere alto l‟Allarme per Milano e per
alimentare le tante Speranze che la animano, e contribuire ad evitare che i cattivi politici e gli affaristi le
soffochino.
Marco Vitale
1 aprile 2011
Marco Garzonio fa giungere il seguente documento
Un decalogo per la politica milanese
In vista delle elezioni del Sindaco e del Consiglio Comunale di Milano, e in tempi tanto travagliati e difficili, i
rappresentanti di alcuni Enti ed Associazioni espressioni del mondo cattolico ritengono opportuno manifestare ai
candidati principi e priorità considerati necessari per l'impegno politico. Questi principi e priorità attengono sia il
piano dell‟etica personale, sia il piano delle scelte strategiche e costituiscono requisiti per il perseguimento del bene
comune, la costruzione di un sistema di governante locale realmente partecipata, il recupero della vocazione di
crocevia, innovazione e internazionalità del capoluogo lombardo.
L'Expo è un esempio di banco di prova per una Milano che vuol essere forza propulsiva per il Paese. Si tratta di
un‟opportunità che non va sprecata, in quanto comporta la realizzazione di opere destinate ad essere un investimento
sul futuro, un patrimonio di tutti, un‟occasione di crescita culturale e sociale per la cittadinanza intera.
Nella ricerca di un modo nuovo di pensare la città, la cultura della convivenza, la lettura dei segni dei tempi, la
politica come servizio e con l‟intenzione di suscitare risposte, tali principi e priorità sono sintetizzati nel seguente
decalogo.
L‟impegno politico personale sia ispirato a principi etici quali:
1) Serietà, competenza e trasparenza dell‟operato;
2) Coerenza tra vita pubblica e vita privata;
3) Legalità formale e sostanziale, lotta alle inefficienze dell'amministrazione pubblica
e ai vuoti politici, che creano le condizioni per la corruzione e per le infiltrazioni
della criminalità organizzata.
L‟impegno politico istituzionale sia orientato a:
4) Ascoltare e rappresentare i bisogni dei cittadini e delle organizzazioni sociali, produttive, culturali, in particolare
dei ceti popolari e delle famiglie, oggi più esposti agli effetti della crisi, valorizzando i luoghi e le forme in cui la
comunità civile già si esprime in modo ricco e plurale; rendere la città più a misura delle persone nell'accesso alla
casa, nei trasporti, nei servizi sociali; promuovere e difendere il lavoro, la sua qualità e dignità, luogo di realizzazione
personale e di costruzione dei legami sociali;
5) Ripensare il ruolo del Consiglio comunale, dandogli il giusto rilievo di rappresentanza della città e assicurando la
costante presenza di Sindaco e assessori ai lavori in aula;
6) Potenziare funzioni e visibilità dei Consigli di zona, in nome di un reale decentramento;
7) Realizzare un confronto serio con le opposizioni, cercando anche, per quanto possibile, soluzioni condivise.
L‟orizzonte entro cui iscrivere l‟impegno personale e istituzionale preveda strategicamente di:
8) Riscoprire l'antica vocazione ambrosiana dell‟accoglienza, dell‟attenzione agli ultimi, della solidarietà,
raccordandola con la costruzione di un nuovo welfare;
9) Rilanciare la dimensione europea e internazionale della città;
10) Adottare un'ottica metropolitana come prospettiva dell‟ideazione e dell‟azione politica/amministrativa.
Milano, 28 marzo 2011
I firmatari:
Gianni Bottalico presidente Acli Milano, Monza e Brianza;
Luciano Caimi, presidente Città dell‟uomo;
Alfredo Canavero, presidente Fondazione Giuseppe Lazzati;
Giorgio Del Zanna, presidente Comunità di Sant'Egidio di Milano;
Marco Garzonio, presidente Ambrosianeum Fondazione Culturale;
Valentina Soncini, presidente Azione Cattolica Ambrosiana;
Alessandra Tarabochia, presidente CIF (Centro Italiano Femminile) Lombardia;
9
Si avvia la discussione anche in forma non virtuale. Assemblea dei “51” all‟Unione del
Commercio a Milano il 7 aprile
Milano, 31 marzo 2011
Cari Amici,
abbiamo inviato una settantina di lettere maturate da spontanee sensibilità che si sono espresse a seguito
dell‟intervento di Piero Bassetti al Teatro Dal Verme, lo scorso 26 febbraio, in occasione dell‟avvio della campagna
elettorale dell‟avv. Giuliano Pisapia. Abbiamo ricevuto molte adesioni scritte e argomentate. Alcuni interlocutori non
hanno risposto. Altri non hanno formalizzato la risposta ma hanno dato disponibilità. Sono in corso ulteriori contatti
tra chi negli ultimi tempi ha manifestato interesse e riteniamo in questi prossimi giorni di portare la preliminare fase
di riscontri a “50 + 1” consensi. A questi Amici Piero Bassetti (il + 1) rivolge l‟ invito a partecipare ad un incontro
alla Sala dell‟Unione del Commercio, Corso Venezia 47, Milano giovedì 7 aprile alle ore 18.15
ampliando il novero degli invitati anche ad alcuni che, magari non aderendo strettamente, sono interessati alla
partecipazione. Nell‟occasione renderemo noti ai presenti l‟intero elenco di queste preliminari adesioni e restituiremo
il documento segnalando eventuali piccoli adeguamenti che hanno recepito opinioni manifestate.
Svolgeremo – a partire da un contributo di Piero Bassetti e di Valerio Onida che hanno per primi fatto maturare
questa iniziativa – una libera analisi del contesto di questa campagna elettorale per rinnovare il Consiglio
Comunale e gli organi di governo della Città, sia nella fase in corso del primo turno sia nella fase cruciale e più
che probabile del ballottaggio del secondo turno. Uno scambio di idee in ordine al ruolo che il gruppo di iniziativa
per il “ 51” può e intende svolgere per ampliare l‟area di orientamento elettorale. Confidando sulla possibilità di
una partecipazione personale e pregando vivamente di riscontrare, si porgono i migliori saluti.
Stefano Rolando
Breve sintesi dell’incontro del 7 aprile 2011
alla Sala Unione del Commercio a Milano
Il primo incontro del “gruppo di iniziativa per il 51” lanciato da Piero Bassetti, di intesa con Valerio Onida, che ha
raccolto – attorno ad un documento di valutazione della necessità di cambiamento e innovazione nella gestione
amministrativa della città di Milano – la prima simbolica cifra di “51 aderenti”, destinati ora a ampliarsi, si è svolto
giovedì 7 aprile alla Sala dell‟Unione del Commercio a Corso Venezia 47 a Milano.
Hanno partecipato 35 tra i “51 aderenti preliminari” , oltre ad invitati (tra cui il prof. Carlo Scognamiglio), quattro
originarie aderenti che poi hanno optato per la candidatura nelle liste che sostengono Pisapia sindaco, alla presenza
dello stesso avv. Giuliano Pisapia e di alcuni suoi collaboratori.
Piero Bassetti ha introdotto i lavori ripercorrendo le ragioni dell‟iniziativa di un soggetto espressione della società
civile che agisce per favorire – soprattutto nelle aree dell‟astensionismo – la responsabilizzazione sul voto, al primo
turno e in particolare al ballottaggio, teso ad assicurare l‟obiettivo del “cambiamento/innovazione”.
Giuliano Pisapia è intervenuto a dibattito avanzato ricordando che il 50% dell‟elettorato del Terzo Polo lo considera
affidabile rispetto al 28% che considera affidabile la Moratti, indicando nella proposta di un “patto per Milano” la sua
apertura a convergenze dell‟elettorato disponibile al cambiamento misurato su alcuni contenuti e modalità di
approccio alla gestione della città, dei suoi bisogni e delle sue potenzialità; ha insistito sul carattere dell‟ascolto e del
dialogo, ricordando questa caratteristica della sua esperienza parlamentare; ha sottolineato il vasto impegno della sua
campagna nelle aree periferiche e socialmente più bisognose della città (“dove nel passato il centro-sinistra ha perso
radicamento lasciando settori popolari e proletari ad immaginare che o si votava per la destra o non si votava”); ha
espresso apprezzamento e ringraziamento per il “gruppo di iniziativa per il 51%” radicato in ambiti sociali e
professionali che costituiscono un altro non meno importante bacino elettorale che deve convergere sul “patto per la
città”.
Hanno preso la parola : Guido Artom, Valerio Onida, Carlo Scognamiglio (per ricordare come presidente del
Partito Liberale il carattere del sostegno dato al Terzo Polo), Emanuele Ranci Ortigosa, Felice Besostri, Antonio
Duva, Luca Betrami Gadola, Davide Corritore, Mario Artali, Lorenzo Boscarelli, Filippo Battisti, Giovanni Scirocco,
Milly Moratti, Mario Viviani, Gianni Confalonieri, Stefano Rolando (che ha coordinato il dibattito), Franco
D‟Alfonso.
Molte le proposte avanzate (che vengono inventariate) ma preliminare l‟impegno diffusamente testimoniato per
costruire – a piccoli gruppi di relazioni individuali e con contributi diretti – l‟allargamento del consenso, nei due turni,
all‟ipotesi di Pisapia sindaco.
10
I primi 51
Gruppo di iniziativa per il 51
Aderenti e qualifiche
7 aprile 2011
Primi aderenti (50+1)
Con Piero Bassetti, già presidente fondatore della Regione Lombardia, già parlamentare di Milano e presidente della
Camera di Commercio di Milano
e Valerio Onida, professore emerito di Diritto Costituzionale all'Università degli Studi di Milano, già presidente della
Corte Costituzionale
Michele Achilli, architetto, già parlamentare di Milano
Guido Aghina, operatore culturale, già assessore alla Cultura del Comune di Milano
Ezio Antonini, avvocato
Rosellina Archinto, editore, già consigliere comunale di Milano.
Mario Artali, vice-presidente della BPM-Banca Popolare di Milano, già ad della SME e parlamentare di Milano
Guido Artom, già assessore al Bilancio del Comune di Milano, già presidente del Museo Poldi Pezzoli e di Federtessile
Claudia Balotta, professore di Immunologia presso il Dipartimento “Luigi Sacco” alla Facoltà di Medicina e Chirurgia
dell‟Università degli Studi di Milano
Luca Beltrami Gadola, professore alla Facoltà di Architettura, imprenditore, editorialista di Repubblica-Milano
Giuseppe (Cicci) Berger, collezionista d‟arte
Felice Besostri, avvocato, già parlamentare di Milano
Otto Bitjoka, presidente Fondazione Ethnoland
Sergio Bologna, storico del movimento operaio e presidente della LUMHI (Libera università di Milano e del suo
hinterland “Franco Fortini”).
Elio Borgonovi, professore di Economia e management delle amministrazioni pubbliche, Università Bocconi Milano
Lorenzo Boscarelli, partner GEA-Consulenti Associati Direzione Aziendale, promotore Associazione Milano Riparte
Salvatore Bragantini, operatore finanziario, già commissario Consob
Gianni Cervetti, presidente la Verdi, già parlamentare di Milano
Francesca Crippa Floriani - Presidente Associazione Amici Fondazione Floriani - Onlus
Clara De Braud, docente Università Cattolica di Milano, segretario generale di AICIB (Associazione Italiana Corporate
& Investment Banking)
Antonio De Lillo, preside della facoltà di Sociologia dell‟Università di Milano-Bicocca
Cesare Degli Occhi, avvocato
Lino Duilio, parlamentare lombardo, già dirigente della Cisl e dell'Inail, direttore della rivista Popolarea
Antonio Duva, giornalista professionista, già parlamentare di Milano, già presidente della Aem.
Jacopo Gardella, architetto
Linda Gilli, imprenditrice, presidente di INAZ
Carlo Fontana, vice-presidente Fondazione Balzan, già sovrintendente del Teatro alla Scala e parlamentare di Milano
Mariapia Garavaglia, già ministro della Sanità e presidente della Croce Rossa italiana, attualmente senatrice della
Repubblica
Ludovico Isolabella, avvocato
Gianni Locatelli, giornalista e manager, già direttore de IlSole24Ore e direttore generale della RAI
Alberto Martinelli, presidente della International Sociological Association. professore emerito di Scienza della
Politica, all‟Università degli studi di Milano, già preside della Facoltà di Scienze Politiche
Guido Martinotti, professore emerito di Sociologia Urbana nell‟Istituto Italiano di Scienze Umane, SUM, di Firenze.
Vincenzo Monaci, imprenditore, già commissario AGCOM
Paola Mosconi Galeazzi, ricercatore nel settore biomedico.
Fabrizio Onida, professore di Economia internazionale Università Bocconi, già presidente ICVE e IRS (Milano)
Fulvio Papi, filosofo, scrittore e giornalista
Luciano Pilotti, professore di Economia e gestione delle imprese, Università degli Studi di Milano
Paolo Prota Giurleo, imprenditore e manager, presidente di Jakala Group, già ad Autogrill Group
Anna Puccio, direttore generale del Gruppo Cooperativo Nazionale CGM
Pippo Ranci, professore di Politica economica, Università Cattolica, già presidente dell‟Autorità per il gas e l‟energia
Emanuele Ranci Ortigosa, Direttore scientifico Irs, Istituto Ricerca Sociale; Direttore Prospettive Sociali e Sanitarie.
Stefano Rolando, professore alla Facoltà di Scienze della Comunicazione dell'Università IULM di Milano, già direttore
generale alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Consiglio regionale della Lombardia
Sandra Rocchi, pedagogista
Mario Sanchini, responsabile Area Creazione e sviluppo d'impresa Alintec (Alleanza per l‟innovazione d‟impresa)
Piero Schlesinger, avvocato, professore emerito di Diritto Privato all‟Università Cattolica di Milano
Giovanni Scirocco, docente di Storia contemporanea, Università di Bergamo
Francesco Somaini, docente universitario di Storia medioevale, presidente del Circolo Carlo Rosselli di Milano
Sergio Vicario, imprenditore nel campo della comunicazione, amministratore di Metafora
Marco Vitale, economista, docente universitario, già assessore al Bilancio del Comune di Milano e già presidente
Ferrovie Nord Milano.
Mario Viviani, avvocato
Umberto Voltolina, ingegnere, presidente della Fondazione “Sandro Pertini”.
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Discussioni
Mondoperaio Blog
7 aprile 2011 h. 12
Milano a quaranta giorni dal voto
(nota pubblicata su FB il giorno giovedì 7 aprile 2011 alle ore 14.48)
Il direttore della rivista Mondoperaio, Luigi Covatta, mi ha chiesto di sintetizzare a quaranta giorni dal
voto il profilo di un complesso andamento delle campagne elettorali nella città che, per la sua natura e
per specificità stesse di questa tornata elettorale, è un "portale" importante per l'intero quadro politico
nazionale. Mi ha chiesto di fare questa descrizione con un occhio attento a chi guarda piuttosto a tale
quadro nazionale. La breve nota è pubblicata dalle 12 di oggi nel "Blog di Mondoperaio" al link
http://ilblogdimondoperaio.blogspot.com/
La premessa è che qui, a Milano, non si da nulla per scontato.
S.R.
Milano a quaranta giorni dal voto.
Qualche riflessione sulla campagna elettorale, portale metaforico nazionale
Stefano Rolando
Bisogna uscire da un certo impasse psicologico e dire che parlare politicamente di Milano in ambito nazionale è
diventato sempre più difficile. Per diverse ragioni, diversamente addotte.
Certo l‟Italia considera Milano “casa” del berlusconismo. Cosa che trasforma in altro la specificità della situazione
politica milanese. Milano poi, va detto, è meno simpatica agli italiani di un tempo (salvo a coloro che la scelgono per
lavorare e studiare, il che sarebbe un argomento forte di racconto). Appunto perché Milano è mal raccontata fuori
dalla sua mitologia e dai suoi stereotipi. Le trasformazioni infatti contengono il nuovo bene e il nuovo male e dunque
non bastano i media (centrati su notizie ed eventi, raramente su “processi”) a decifrarne il senso. Per tutte queste
ragioni, tuttavia, il voto di maggio a Milano è interessante. Per i milanesi, per gli italiani e per l‟Italia. Varie ipotesi si
possono fare.
Rivince la Moratti?
Rispetto alla prima volta vi sono alcuni cambiamenti sonanti:
la Moratti, per sua scelta, non è più “distante” dai partiti della sua coalizione, cosa che la configurava
espressione della società civile che a sua volta ha, in parte, preso le distanze da lei;
la sua coalizione – come a livello nazionale – ha perso alcuni tasselli (tra cui il presidente del Consiglio
comunale che guida le liste del terzo polo in evidente dissenso), pur lasciando in coalizione le componenti
già di AN più radicate nel voto delle periferie;
la Lega conterà un terzo in più delle volte precedenti e ciò è assolutamente decisivo in ordine alla
formazione della nuova coalizione, caratterizzando un profilo più conflittuale con gli interessi borghesi
cosmopoliti della città;
la componente dell‟UDC che la Moratti ha in giunta (e che vorrebbe restarci) è parte di un sistema di alleanze
che, complessivamente, rema dall‟altra parte o comunque contro (si contenderanno gli stessi bacini
elettorali, riducendo così la “politicità” di questo apporto;
l‟Expo è stato conseguito dalla Moratti (segno +) ma di Expo si parla solo da due anni per segnalare infinite
criticità gestionali (segno -);
la macchina comunale è scontenta, irritata per nomine irrituali e portata a condizioni di minore efficienza;
la questione sicurezza si è trasformata dall‟emergenza migrazioni e microcriminalità in accerchiamenti
mafiosi.
Per l‟evidenza di questa analisi il premier Silvio Berlusconi – dopo un ponderato esame della questione con molti
argomenti sollevati contro dal suo entourage – ha ritenuto di tornare per la quarta volta a guidare le liste del suo
partito alle elezioni amministrative (le altre tre volte poi naturalmente sparendo dalla vita di Palazzo Marino)
nell‟ipotesi che la Moratti possa non farcela al primo turno rischiando moltissimo in sede di ballottaggio.
Per stressare la situazione elettorale al primo turno Berlusconi adotterà la sua tecnica di imporre il referendum pro o
contro se stesso. La questione – viva nel suo stesso quartier generale – è se oggi questa de-milanesizzazione della
campagna, con un Berlusconi accreditato di consenso personale di poco superiore al 30% (Mannheimer), non rischi di
irritare moderati e indecisi producendo danni alla coalizione di centro-destra.
A buoni conti la campagna della Moratti è partita massiccia, professionale, finta e vera, in mezzo alla gente (nella
pubblicità) ma con rendicontazione allineata all‟idea che – salvo catastrofi – a un sindaco “di prestigio” si concede
naturalmente anche il bis.
Si afferma o non si afferma il terzo Polo?
Se esso si affermerà sarà perché la somma di API, FLI e UDC da un lato arriverà a sfiorare il 10% e dall‟altro lato avrà
comportamenti politici univoci. Ipotesi allo stato non sostenuta dai sondaggi. Solo strappando un grande successo,
infatti, i tre partiti avranno l‟obbligo di comportarsi da “terzo polo” e di mantenersi come soggetto politico
globalmente autonomo, in grado di agire nel prossimo consiglio comunale con iniziativa comunque critica e
12
indipendente. Soprattutto trovando una leadership che al momento di avvio della campagna elettorale è stata trovata
ad una soglia non di “sicurezza” ma di “investimento”.
Se verrà dichiarata la “non affermazione” ciò sarà perché le tre liste (UDC, FLI e API insieme, più una civica)
approderanno attorno al 6% (indicazione attuale dei sondaggisti), lasciando intravedere che la libertà lasciata agli
elettori al secondo turno si traduca per metà in urne disertate e per l‟altra metà in un voto spaccato a sostegno della
Moratti (parte dell‟UDC) e a sostengo di Pisapia (parte degli altri), con frammentazioni lista per lista.
Una sorta di auto-neutralizzaizone politica di un soggetto che non ha avuto il tempo per maturare un‟evoluzione più
consistente e programmata.
Ci sarà la sorpresa Pisapia?
Giuliano Pisapia – malgrado l‟etichetta vendoliana che gli viene appiccicata dalla stampa di destra – è figlio di una
rilevante famiglia borghese di Milano (padre celebre avvocato e professore universitario liberale, madre cattolica) e
ha una vasta reputazione come legale. Come parlamentare è stato considerato indipendente (pur schierato a sinistra),
portatore di battaglie civili interessanti e con convincimenti anche controcorrente (carriere separate dei giudici). Si è
messo in ascolto di mondi diversi (donne, cattolici, sistema di impresa) e ha aperto un fianco al dialogo con una
società borghese moderata che vuole il cambiamento non per ideologia tra destra e sinistra ma per riportare Milano
nel mondo (un gruppo di iniziativa guidato da Piero Bassetti, presidente fondatore democristiano della Regione
Lombardia). Ha battuto alle primarie il candidato del PD e questo gli provoca ulteriore indipendenza dai partiti e gli
ha fatto trovare il consenso di liste minori (radicali, verdi, socialisti). L‟establishment milanese ancora scuote la testa.
Dice che non ce la farà. Dice che è debole, con fragile programma. Ma lui cresce ogni giorno. Promuove ascolto e
dimostra non prevenzione ideologica.
Se perderà sarà in linea con le sconfitte ormai ventennali della sinistra. E lo sarà perché la “sinistra” è brand
perdente rispetto alla maggioranza degli italiani oggi. Se perderà al ballottaggio, comunque, avrà l‟onore delle armi
che non hanno avuto i suoi predecessori.
Ma se vincerà se ne accorgerà l‟intero paese – come se ne sarebbe accorto se Emma Bonino avesse vinto le regionali
nel Lazio – per svariate ragioni.
Innanzi tutto un segnale di ricomposizione del concetto di centro-sinistra con un PD che conta (trovando quindi il suo
ruolo in una coalizione davvero plurale) ma non risolve. Inoltre offrendosi – nella guida della città – come baricentro di
questa pluralità politica rispetto al rafforzarsi di ruolo della società civile e dell‟associazionismo, fonti di ampliamento
e qualificazione della classe dirigente pubblica. Obbligherà un sistema politico al nord mugugnante e rinunciatario a
sviluppare rapidamente programmi di governo e classe dirigente adeguata a problemi di terzo millennio. Una partita
difficile e rischiosa, che induce a coraggi non a vincoli di lottizzazione.
Che tutto ciò abbia proiezione sul quadro nazionale è chiaro. L‟ eventuale sconfitta della Moratti e di Berlusconi in
campo in prima persona a Milano rende tale contesto lampante. Ma questa idea trattiene, ovviamente, un pezzo del
moderatismo indeciso milanese.
Un successo probabilmente metterebbe in movimento anche partite ora congelate ma scricchiolanti non solo a sinistra
ma anche a destra (la relazione critica tra Formigoni e la Lega, l‟impasse della posizione del presidente della
Provincia Podestà rispetto alla modalità della Moratti di concepire la città di Milano, eccetera).
Quanto ai socialisti essi sono ora vera diaspora diffusa, tra radicamenti anticomunisti nel centro-destra, piccoli
interstizi nel terzo polo, partecipazione all‟area civica di Pisapia e addirittura con un entrismo – in controtendenza –
nelle liste del PD. Una condizione di governo metterebbe una buona parte di queste risorse in condizioni di portare
esperienza e cultura di governo anche al di fuori del problema utopistico della ricostituzione partitica. Dunque un
passaggio dalla nostalgia alla pluralità democratica rispettosa di alcune tradizioni di cui , a Milano, proprio i socialisti
sono i maggiori portatori.
13
I media percepiscono l’iniziativa
Una pagina del Sole 24 ore rende l‟avviamento di questa iniziativa molto visibile
Questo il link:
http://www.scribd.com/doc/52905287/BASSETTI-VITALE-E-LA-LOBBY-DEL%E2%80%9C51-%E2%80%9D-LA-BORGHESIA-CHE-STA-CON-PISAPIA-IL-SOLE-24-ORELOMBARDIA
Il Giornale intuisce il peso nella campagna di questa novità e attacca
http://www.ilgiornale.it/milano/quel_clan_51_cuore_sinistra_e_portafogli_destra/14-04-2011/articolo-id=517287page=0-comments=1
IL GIORNALE
MILANO
giovedì 14 aprile 2011
Quel «clan dei 51» Cuore a sinistra e portafogli a destra
Ora ci sono anche i Cinquantuno. Dovrebbero fare da pontieri fra il candidato del centrosinistra, Giuliano Pisapia, e il
Terzo
polo:
l‟Api
di
Rutelli,
il
Fli
di
Fini,
ma
soprattutto
l‟Udc
di
Casini.
Come ha sottolineato giustamente ieri Il Sole 24 Ore, in questi 51 non ce n‟è uno che abbia una dichiarazione dei
redditi bassa. Trattasi di borghesi milanesi, qualcuno importato. Sono guidati da Piero Bassetti, primo presidente della
Regione Lombardia. Riepilogando: Pisapia deve fare da ponte tra il Pd e la sinistra di Vendola, Vendola deve fare da
ponte tra la sinistra diciamo parlamentare e tutta la galassia dei centri sociali e compagnia bella e ora i 51 di Bassetti
devono fare da ponte tra Pisapia, che fa da ponte a Vendola, e il Terzo polo. Più che una coalizione politica sembra
una sezione del Genio civile, il dipartimento pontieri, che tanto ruolo ha svolto nelle Guerre mondiali e tanto ruolo
svolge oggi nei momenti di disastri naturali. È una nuova dottrina politica per la quale non contano i pezzi da mettere
insieme, ma i ponti che tra questi pezzi si mettono su.
Intendiamoci, quando abbiamo detto che questi signori vengono dalla borghesia milanese volevamo riferirci al ceto
sociale di provenienza, perché poi è molto dubbio che tutti questi messi insieme possano aspirare a raccogliere i voti
della borghesia milanese, che sono cosa diversa. Infatti, i vari Bassetti, Martinotti, Vitale, Ranci, Fontana, Artali, De
Lillo, Beltrami Gadola, Onida redidivo e Schlesinger non fanno un partito politico, si occupano solo di costruire il
ponte.
Hanno anche un programma che si articola in tre punti: internazionalizzazione della città, ascolto dei cittadini e delle
aree di bisogno, piano di sviluppo della città in senso metropolitano. Per carità, idee ottime, ma che dovrebbero
servire a mettere d‟accordo la coalizione di Pisapia con il Terzo polo. Magari su questi temi un accordo lo trovano. Il
problema è mettere insieme Casini con Vendola e compagnia. Si chiamano Cinquantuno perché vogliono arrivare al 51
per cento. A parte il fatto che è un po‟ difficile, ma comunque, anche se ci arrivassero, quei ponti lì quanto
starebbero in piedi? I pontieri, generalmente, si chiamano così perché fanno dei ponti temporanei. In attesa che
vengano costruiti quelli permanenti. Siccome Bassetti ha detto che fa il pontiere, penso che sappia che fa qualcosa di
temporaneo, molto temporaneo, quasi istantaneo. E questa è la debolezza cronica del centrosinistra - e
simmetricamente ciò rappresenta una forza per il centrodestra -, quella di pensare di poter fare delle alleanze, dei
ponti, da attraversare per raggiungere il potere. Una volta tolti i ponti rimangono i fossati. Basta ricordare quelli di
Prodi fra il 2006 e il 2008. Siamo esattamente nella stessa situazione: l‟impossibilità politica, e ancora di più
culturale, di una sintesi fra le isolette che i ponti di Bassetti vorrebbero unire.
Milano ha davanti questa grandissima sfida che è l‟Expo del 2015. Il centrodestra milanese guidato da Letizia Moratti
non ha sempre dato una immagine brillante poiché i tentennamenti hanno superato spesso le decisioni, i personalismi
lo spirito di corpo, le gelosie tra istituzioni il necessario lavoro comune. Si è perso tempo, molto tempo. Da qui al
2015 non c‟è più un secondo da perdere e invece, un po‟ ancora, inspiegabilmente, si cincischia. Non possiamo
permettercelo e certamente la coalizione di centrosinistra fatta di ponti e di pontieri aumenterebbe il livello del
pantano, che è quanto di più distante da ciò di cui c‟è bisogno.
La comunità internazionale è apparentemente distratta sull‟Expo, ma non mancherebbe, nel caso in cui le cose non
prendano a correre, di rilevarlo e di ledere l‟immagine nazionale. Infatti l‟Expo non è una questione nazionale, tanto
meno lombarda o milanese. Non possiamo consentirci un consiglio comunale che si divide su questioni ideologiche,
magari riguardanti le coppie di fatto, o il rapporto pubblico-privato nella scuola, ma così sarebbe nel caso in cui
vincesse questa coalizione di Giuliano Pisapia. Grande garantista, ma che sarebbe incapace, in questo caso, di
garantire la governabilità.
14
Piero Bassetti spiega meglio nella seguente intervista al Riformista
Il Riformista (17 aprile 2011)
Intervista a Piero Bassetti, che ha creato una iniziativa per il 51 per cento
per portare il sostegno della società civile milanese a Giuliano Pisapia sindaco
E‟ il momento della responsabilità, il momento di guardare avanti
Il sindaco Moratti ha dedicato molte attenzioni al tema internazionale, ha conseguito l‟Expo per il 2015. Cosa le
rimprovera?
Niente di personale. Ma il blocco politico che lei esprime è ormai dichiaratamente inadeguato ad affrontare i nodi di
sviluppo e di coesione della città.
E lei pensa che Pisapia – candidato di una sinistra fuori dal governo di Milano da un ventennio – sia più adeguato?
Ragiono pragmaticamente, come lo fa da sempre la borghesia milanese di fronte a scelte decisive. Lui è figlio di
questa società delle professioni liberali, ha dimostrato molta attenzione per il dialogo e per l‟ascolto allargato, ha
stravinto democraticamente le primarie, andrà sicuramente al ballottaggio. La partita si giocherà per un pugno di
voti. E sarà un blocco di alleanze rispetto ad un altro blocco di alleanze a gestire il prossimo lustro. Quello che c‟è
l„abbiamo sperimentato. Quello che potrebbe esserci è nostro dovere parlarci e influenzarlo.
Ma non teme sorprese nella vecchia sinistra antagonista che lo sostiene?
Sono stato al Dal Verme – dove si è aperta la campagna elettorale - così come sono andato, accompagnando mia
moglie, alla manifestazione delle donne di “se non ora quando”, così come ho visto da vicino la partenza della lista
civica per Pisapia. Ho visto una società nuova, civile, articolata, anche gioiosa. Meno orientata a dividersi
ideologicamente tra destra e sinistra, ma che vuole affrontare i temi importanti dividendosi piuttosto tra chi va
indietro e chi va avanti. E‟ quello che penso anch‟io. C‟è un dibattito aperto anche tra forze vecchie e forze nuove
nel centro sinistra, non bisogna fare gli struzzi e usare categorie di giudizio superate.
Lei si rende conto che a giorni Berlusconi, capolista del PDL a Milano, imposterà la campagna per sostenere la
Moratti proprio su quelle categorie apocalittiche? Proprio sul tema o me o il caos? Proprio sul rischio del
comunismo alle porte?
Me ne rendo ben conto. E dico anche che c‟è una Milano seria e responsabile che è molto irritata da questa demilanesizzazione della campagna, come già si vede da manifesti preparatori e violenti che sono sui muri della città,
tipo “Via le BR dal tribunale di Milano”. E‟ veramente un tornare indietro. Credo che alla fine sia anche un danno per
Letizia Moratti. Ed è certamente una linea elettorale che irrita tutto il Terzo Polo che è nato proprio per sottrarsi a
quella logica, come dimostrano soprattutto le tantissime dichiarazioni di Pierferdinando Casini.
Si sente in giro molta prudenza sul possibile esito positivo di Pisapia, anche molti elettori di centro-sinistra
dicono di votare per Pisapia ma pensano che vincerà la Moratti.
Sì, qualcuno me lo dice. Mi dicono anche che a Roma – nel palazzo della politica nazionale – questa sia una posizione
ancora diffusa. Buon segno. Lì capiscono tutto dopo, quando le cose soprattutto al nord sono successe. E Milano
molte volte ha creato anticipazione nella politica italiana. Le ricordo che fummo noi, democristiani milanesi, a
pensare – prima dell‟avvio del centro-sinistra in Italia – che il blocco centrista che guidava Milano non era più in
grado di fare le cose necessarie per lo sviluppo della città. Congedammo un sindaco pur per bene e meritevole come
Virgilio Ferrari e creammo le condizioni per un centro-sinistra riformatore che ha negli anni sessanta fatto fare un
balzo avanti alla città. Poi, senta, stando agli ultimi sondaggi – parlo dell‟ IPSOS di Pagnoncelli che mi sembra una
persona seria – Pisapia è dato al 52% al ballottaggio, mentre tutti i sondaggi danno con certezza il ballottaggio.
E perché lei pensa che il ballottaggio potrà premiare il centro-sinistra e non la coalizione PDL-Lega?
Perché da quella coalizione sono uscite forze – con critiche di fondo – che oggi sono accreditate attorno all‟8%.
Mentre Pisapia riesce ad aggregare interessi e gruppi sociali anche moderati che riequilibrano la sua coalizione
originaria. L‟iniziativa che ho promosso si è collocata appunto su questa lunghezza d‟onda. Posso dirle che amici come l‟economista Marco Vitale (che fu assessore al bilancio con la giunta guidata dalla Lega) che sosteneva il Terzo
Polo - hanno ben compreso il senso delle cose. E persone come Carlo Scognamiglio (presidente del Senato al tempo
del primo governo Berlusconi) confermando il sostegno al Terzo Polo è venuto con garbo al dialogo con il nostro
gruppo di lavoro.
Il Giornale ha scritto – al suo riguardo – “solita borghesia con il cuore a sinistra e il portafoglio a destra”. Cosa
risponde?
Mah, io non ho fatto “iscrizioni”. Ho proposto un documento di analisi che ha portato personalità indipendenti, non
candidate nelle liste, espressione dell‟università, della ricerca scientifica, dell‟imprenditoria, del management,
delle professioni a dirmi: siamo d‟accordo e vogliamo far qualcosa per sostenere l‟esigenza assoluta del cambiamento
a Milano. Tutta gente che non ricava di persona nulla oggi dalla politica ma che ha a cuore interessi generali. E‟
proprio contro l‟addormentamento della società civile, contro la delega al “ghe pensi mi”, che ritengo etico oggi
agire. E, come ha capito, mi ripugna impostare la discussione sugli interessi collettivi partendo dal pro o contro il
bunga-bunga. Qui i temi sono seri e richiedono un forte rinnovamento della classe dirigente. Il blocco di destra che
ha governato non ha espresso una buona classe dirigente e ha lasciato in panchina persone molto preparate solo
perché ancora dotate di spirito critico.
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Dica una cosa che si aspetta dal cambiamento e che va certamente nell‟interesse della città e del paese?
Guardi se vuole che le dico che se perde la Moratti a Milano ciò significa la fine di Berlusconi non glielo dico. Perché
quella logica (ho visto un editoriale di Belpietro in questo senso) è quella in cui ci vorrebbe attirare proprio la
propaganda di entrambe le parti. Le dico invece tre cose chiare: un Expo che si occupi davvero della nutrizione del
pianeta, uno sviluppo della città metropolitana, un piano per rilanciare l‟impresa nei nuovi ambiti innovativi (che è
interesse nazionale) e la sua internazionalizzazione.
Poi La Repubblica, in una prima ampia corrispondenza da Milano di Alberto Statera
La Repubblica – giovedì 20 aprile 2011 – pag. 9
LE ELEZIONI
La Moratti rischia la sconfitta nella Milano stufa del malaffare
Dal capoluogo lombardo può iniziare il declino del Pdl. Il sindaco uscente dovrebbe contare
su 20 milioni di euro per la sua campagna. Pisapia, l'uomo del centrosinistra, non arriva a uno
di ALBERTO STATERA
La caricatura dei sanbabilini del terzo millennio irrompe nella sala del Pontificio Istituto delle Missioni Estere,
affollato a sera di 500 scout cattolici, mentre flebile dal palco Letizia Moratti recita la pallida caricatura del
riformismo meneghino ai tempi del feudalesimo berlusconiano. I ragazzi in platea non si spaventano, ai neofascisti
nerovestiti gridano: “buffoni, buffoni!”. Giuliano Pisapia e Manfredi Palmeri, candidati rispettivamente del
Centrosinistra e del Nuovo Polo centrista destinati a darsi la mano se il 15 maggio si andrà al ballottaggio contro un
berlusconismo che dovrà finalmente misurarsi con i suoi eccessi, si guardano interrogativi rigirandosi tra le mani il
volantino neofascista che recita: “1 milione+6 milioni per la campagna elettorale tanto loro la crisi non la paganoVota FN Mantovani sindaco”.
Il blitz di Forza Nuova in sala
Intristisce Palmeri pensando al suo nanobudget terzopolista, sorride mesto Pisapia, che forse viaggerà verso un
finanziamento elettorale di meno di un milione che il Pd ancora malfidente fatica a rimpolpare, pensando non ai 6
milioni che donna Letizia spese nel 2006, ma ai 20 che stavolta dicono abbia in scarsella. Il marito Gianmarco è
generoso, tanto che Tremonti alla richiesta dei denari per quella sarabanda dell'Expo 2015 la fulminò: ”Letizia, il
governo non è tuo marito!”. Ma il 15 maggio a Milano non si giocano più le ambizioni politiche familiari di un potente
clan petrolifero o la vittoria del candidato vendoliano che alle primarie ha sconfitto il candidato ufficiale
sorprendendo come al solito la nomenklatura democrat.
I candidati sindaco e le liste
Si gioca assai di più: l'apertura della breccia che può davvero compromettere la stabilità del bastione berlusconiano,
fatto di un cemento che mescola affarismo, leghismo, ciellismo, avventurismo, complottismo, trasversalismo del
malaffare, in una caduta generale della capacità d'indignarsi di quella che fu la capitale morale. Ciò che secondo Bobo
Craxi, che pure ha naturalmente una lettura benevola delle vicende paterne, fa ormai di Milano “una città
senz'anima, tutta persa nelle baruffe immobiliari , perché quando non c'è più la politica confliggono soltanto gli
interessi”. Concorda in qualche modo Bruno Tabacci, che avrebbe potuto essere il candidato di tutte le opposizioni e
che forse ci fece un pensierino quando Corrado Passera di Banca Intesa gli disse: ”Bruno candidati, è arrivato il tuo
momento”: “Gli anni Sessanta e Settanta a Milano – dice - furono duri. Scorreva il sangue, altro che i neosanbabilini di
oggi. Ma c'era una società aggregata, socialmente stabile, uno spirito civico solido, una cultura di civismo di cui nella
disintegrazione di questi anni non si vede più traccia, in un'assenza di sogni e in un pozzo di amarezza che rende i
milanesi indifferenti e passivi, ormai persino incapaci d'indignarsi”.
Il programma 'copia e incolla' di Letizia
Una sorta di “introversione regressiva”, come qualcuno l'ha chiamata, di fronte allo spadroneggiare delle lobby
neofeudali in lotta tra loro per la contesa di quote di potere: le Fondazioni bancarie, la Scala, la Fiera, l'Expo, le aree
edificabili, gli appalti, i tunnel, la sanità. I plenipotenziari berlusconiani, da Bruno Ermolli in giù, che con tratto
padronale impongono arroganti i loro diktat e i loro ciambellani. I ciellini che costruiscono instancabilmente i propri
affari. Il pio Formigoni che invece di chiedere scusa di fronte all'imbroglio svelato delle firme false, rivendica i
risultati elettorali come un lavacro che tutto monda, secondo l'invalsa concezione populista berlusconiana. Guido
Podestà, berlusconiano della prima ora, che indossa il cappello di presidente della Provincia e quello di socio dei
Cabassi, la famiglia venditrice dei terreni dell'Expo.
Ignazio La Russa, famiglio di Salvatore Ligresti, con le sue intemperanze veterofasciste. Il potere arrogante esibito da
personaggi incredibili come l'ex ministro Lucio Stanca, che per mesi ha bloccato il presunto storico appuntamento
espositivo del 2015 pretendendo di fare, da Palazzo Reale, il manager di una sfida quasi impossibile e anche il
parlamentare. I leghisti come quell'onnipresente Matteo Salvini che quotidianamente arricchiscono lo stupidario
nazionale. Dinanzi ai nuovi feudatari, la borghesia illuminata delle famiglie si è come fulminata. Quando Cesare
Geronzi, centurione della romanità politica deteriore, espugnò Mediobanca , quasi tutti, dimentichi di Vincenzo
Maranghi e della milanesità discreta e fattiva, corsero a baciargli la pantofola proprio nel giorno del ricordo pubblico
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di Enrico Cuccia. Nessuno più osò invocare, come aveva fatto il banchiere Alessandro Profumo, un grande direttore
d'orchestra per Milano, capace di far suonare tutti insieme, come vagheggiava il finanziere Francesco Micheli.
Fu invece Letizia. L'incompetenza al potere, che di fronte ai poveri scout cattolici racconta cinque anni dopo di aver
già diminuito considerevolmente le code agli sportelli comunali, ma che ha deciso di ricandidarsi perché “sente” di
non aver completato il suo lavoro, come invece è convinta di aver fatto da presidente della Rai, che per la verità
lasciò boccheggiante, e da ministro della Pubblica Istruzione, ruolo nel quale non l'ha fatta rimpiangere nemmeno la
Gelmini. E infatti il suo programma è nient'altro che il copia e incolla delle promesse del 2006 non mantenute.
Berlusconi fa scuola. La M1 e la M4 ? Al palo. I due grandi musei, tra cui quello di Libeskind a City Life? Sulla carta
copiativa. Ma Letizia continua a tagliare nastri del niente. Come quello di qualche giorno fa che doveva inaugurare
una fermata della linea gialla. Ma, a nastro tagliato, sbucando dal tunnel della metropolitana c'è soltanto un cantiere
polveroso in ritardo di molti anni.
Immigrazione
L'“accoglienza nella legalità”? La racconta meglio il suo avversario Pisapia, tra le citazioni di Antonio Greppi, primo
sindaco di Milano dopo la Liberazione, e il cardinal Martini: ”Cinquecento sgomberi, con una spesa di 7 milioni. Milioni
solo per spostare il problema, invece di usare quei soldi per dare casa e scuola a tutti”. E la sicurezza vera, non quella
a carico dei Rom ? Un negozio milanese su cinque paga il pizzo alla 'ndrangheta, che ha già allungato le mani sull'Expo.
Ma la costituzione di una commissione di vigilanza sugli appalti, proposta dall'opposizione, è stata respinta. Se c'è una
cosa che funziona è l'anarchia urbanistica, cui il sindaco ha lasciato briglia sciolta non solo nelle grandi speculazioni,
ma anche nelle ristrutturazioni di fabbriche dismesse. Si calcola che a Milano ci siano ormai 70 mila loft illegali, come
quello del giovane Moratti-Batman nei cinque capannoni di via Ajraghi.
Borghesia illuminata
Con Pisapia, che a sorpresa alle primarie sconfisse l'archistar Stefano Boeri, ora capolista del Pd, un pezzetto di
borghesia sembra aver ritrovato dopo diciotto anni un po' di energia, per iniziativa di Piero Bassetti, primo
presidente democristiano della Lombardia, che ha dichiarato apertamente di votare per il candidato vendoliano. Con
lui nel Gruppo d'iniziativa per il 51 per cento, tra gli altri, Piero Schlesinger, professore della Cattolica, Mario Artali,
vicepresidente della Banca Popolare di Milano, l'economista Marco Vitale, l'ex commissario della Consob Salvatore
Bragantini, il sociologo Guido Martinotti. “Pisapia – dice Bassetti - è figlio delle professioni liberali, ha dimostrato
attenzione al dialogo e andrà sicuramente al ballottaggio in una Milano che è sempre stata anticipatrice in politica”.
Come nel 1961, quando con la giunta del socialdemocratico Gino Cassinis, ex rettore del Politecnico, succeduto al
tisiologo Virgilio Ferrari, un gentiluomo d'altri tempi che andò a morire al Pio Albergo Trivulzio, si aprì la strada alla
nascita del Centrosinistra, defunto trent'anni dopo, nel 1993, con Tangentopoli e con la decisione di Achille Occhetto
di candidare a Milano Nando Dalla Chiesa. Pisapia non è Dalla Chiesa.
Gli ultimi sondaggi
Gli ultimi sondaggi, per quel che valgono, sono fausti: Moratti al 43, Pisapia al 42 e Palmeri all'8 per cento. Se sarà
così, ballottaggio assicurato. “ Con Berlusconi capolista che s'impegnerà forte a Milano – ragiona Tabacci - può andare
in questo modo, con una sconfitta del centrodestra. E sa perché? Perché ormai lui non è più un valore aggiunto, ma un
valore sottratto, tanto che la Moratti spera che qui si veda il meno possibile”. Non la pensa così l'ex sindaco Gabriele
Albertini, molto rivalutato ai tempi della Moratti, certo che gran parte dei centristi non potrà votare un ex deputato
di Rifondazione comunista. Dice che forse si andrà sì al ballottaggio, ma infine prevarrà la signora, nonostante la
scarsa propensione degli elettori berlusconiani a partecipare al secondo turno.
Allora solo sogni in libertà di una fresca serata di primavera? Solo un miraggio evanescente che dalla culla del
socialismo municipale turatiano, dopo 18 anni di sconfitte del centrosinistra, nutre l'illusione dell'imminente Waterloo
del berlusconismo?
MILANO E NON SOLO.
COME SOTTRARSI AL GIOCHETTO DI BERLUSCONI DELLA PERSONALIZZAZIONE DELLA CAMPAGNA
AMMINISTRATIVA, SENZA MINIMIZZARE LA PORTATA DELLA PARTITA MILANESE.
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Verso l’associazionismo di valori e di interessi
Francesco Somaini
Presidente del Circolo Rosselli
Milano 20 aprile 2011
Si dice che Berlusconi stia cercando di fare di tutto per "personalizzare" la campagna elettorale di Milano, perché
penserebbe in questo modo di recuperare un'elezione che la Moratti da sola starebbe rischiando seriamente di
perdere, e perché d'altro canto si sarebbe reso conto che la partita di Milano rischia, ove la Moratti (come ci
auguriamo) dovesse essere mandata a casa, di aprire una falla non più contenibile nella tenuta della Destra al
governo. A Milano, non c'è dubbio, Berlusconi si gioca molto. Se la Destra dovesse perdere a Milano la maggioranza che
sostiene il governo potrebbe squaccherarsi.
Se ciò dovesse accadere, il governo potrebbe non reggere, e a quel punto Berlusconi potrebbe non essere più in grado
di riprendere il controllo della situazione (il che per lui costituirebbe un problema molto serio, essendo la sua
permanenza al potere ormai prevalentemente votata alla produzione di leggi che lo tutelino dai suoi guai personali e
che gli consentano di acquisire una sostanziale condizione di impunita). Dunque, Berlusconi ed i suoi fedelissimi,
avendo ben chiara la portata della posta in gioco, devono aver pensato di trasformare il voto milanese in una sorta di
ordalia (o con Berlusconi povero perseguitato, o con i giudici rossi e cattivi), nella speranza di poterla spuntare ancora
una volta. Francamente, non sono in grado di stabilire se questo calcolo berlusconiano possa ancora rivelarsi vincente.
Ci sarebbe da dubitarne, perché è indubbio che l'immagine di Berlusconi č ormai molto logorata. E' vero che esiste uno
"zoccolo duro" di irriducibili; ed č vero, altresì, che l'esasperazione estrema dei toni produce comunque degli effetti (e
toglie soprattutto spazio alle posizioni "terze"). Però mi pare che il Paese, sia pure con una certa lentezza, si stia
infine svegliando dalla grande sbornia berlusconiana, per cui il gioco della personalizzazione del voto potrebbe anche
non essere più in grado di funzionare. Il fatto del resto che la Moratti abbia deciso di non cavalcare la spinta
all'esasperazione dei toni, prendendo con nettezza le distanze dai famosi manifesti di quel tal Lassini, sembrerebbe
dimostrare che anche a Destra non tutti debbano essere cosě convinti che questa volta possa essere utile - dal loro
punto di vista - seguire il pifferaio di Arcore sulla strada, a lui particolarmente congeniale, di una campagna sempre
più urlata e scomposta. E' ben vero che ci deve essere anche un bel po' di manfrina in tutta questa faccenda: una
sorta di gioco delle parti, per cui uno veste il ruolo dell'esagitato, con le sue sparate sempre più grosse e le
battutacce sempre più grevi e volgari, e l'altra quella della signora di buona famiglia, con il filo di perle al collo e il
sorriso rassicurante (dopodiché entrambi lavorano in realtà per la stessa, pessima, causa). Però, malgrado tutto, la
sensazione in effetti č che anche a Destra si stiano cominciando seriamente a domandare se Berlusconi, stavolta, non
se li stia in realtà portando tutti quanti verso una cocente sconfitta. Vedremo. In ogni caso a me pare che, a fronte di
questi sviluppi, per Giuliano Pisapia e per coloro che lo sostengono sia il caso di evitare due errori. Da un lato,
ovviamente, quello di seguire Berlusconi nel suo solito giochetto, e dunque di consentire che questa elezione
amministrativa venga trasformata in un referendum pro o contro il magnate-premier, con il rischio, oltre tutto, di
dare modo alla potenza di fuoco della macchina mediatica berlusconiana di etichettare la coalizione di CentroSinistra berlusconiana come un'accozzaglia di "feroci comunisti" in combutta con la procura "eversiva". Di fronte a
questo pericolo, mantenere un atteggiamento di compostezza non cadere nella trappola dei toni urlati, mi parrebbe
al riguardo una scelta quanto mai oculata. Il ben noto garantismo di Giuliano potrebbe del resto essere un
bell'antidoto rispetto al tentativo di appiccicargli addosso l'etichetta del forcaiolo. D'altro canto, perň, io considererei
egualmente un errore l'opzione di fare quelli che minimizzano, che dicono cioè che questa elezione ha una valenza
puramente locale, in cui in gioco ci sono solo i problemi amministrativi della città senza implicazioni politiche più
generali. No. Tutti quanti sappiamo bene che non č cosě. Intanto perche Milano č una realtà che incide su una
dimensione che va ben al di là dei confini del territorio comunale. E poi perche č inutile nascondere quanto Milano
abbia in realtà sempre guidato ed anticipato i processi politici generali. Dai tempi della lotta con il Barbarossa (anzi a
ben vedere anche prima) la storia d'Italia si č sempre giocata in buona misura proprio a Milano. Minimizzare la portata
della posta in gioco non mi pare quindi una scelta vincente. Io credo invece che si dovrebbe onestamente trasmettere
agli elettori un messaggio di consapevolezza: bisogna cioè far capire che si è consapevoli di cosa c'è in ballo e fare in
modo che i cittadini a loro volta si rendano ben conto di come il nodo del governo della città e quello più in generale
del Paese siano in fondo profondamente connessi. Si tratta di far cogliere come, al di là del luccichio della
propaganda, e al di là della roboanza degli annunci, Milano in questi due decenni sia declinata, e come il declino
della Milano albertiniana e morattiana abbia coinciso in realtà con il declino dell'Italia berlusconiana. Occorre in altre
parole trasmettere la consapevolezza che la rinascita di Milano con Pisapia può diventare il segnale della rinascita del
Paese. Io credo che convenga insomma impostare una campagna elettorale che abbia sě Milano al centro del discorso,
ma che nel contempo si sforzi di far capire come Milano e il Paese siano due ambiti fortemente intrecciati. Si tratta
certamente di mostrare agli elettori milanesi quanto la Destra in questi > vent'anni abbia più che altro venduto fumo
(mi pare eccellente a questo > proposito la scelta di contrapporre con insistenza al poco e al nulla che è stato fatto
dal duo Albertini - Moratti, il molto che avevano saputo progettare e realizzare le grandi amministrazioni espressione
del Socialismo Municipale, alle quali fa bene Pisapia a richiamarsi con insistenza). E si tratta, altresì, di far capire
come pochi interessi potenti siano i soli ad essere stati beneficiati dalle scelte di queste amministrazioni. Ma nel
contempo non ci si dovrebbe nascondere il fatto che dietro la scelta per una Milano migliore, più aperta, più
democratica, più tollerante, più accogliente, più cosmopolita, e più vicina ai cittadini, c'č in realtà anche la scelta di
un'alternativa chiara rispetto all'esasperazione dell'egoismo gretto ed ottuso del Leghismo e del Berlusconismo, al loro
provincialismo senza respiro, e alla loro incapacità di suscitare energie positive. Dietro la volontà di ritrovare una
forte dimensione partecipativa, che coinvolga l'intera comunità in grandi scelte condivise, non c'č insomma solo l'idea
di un'altra Milano, ma anche l'idea di un'altra Italia e perfino di un'altra Europa. E di questo non credo che ci si debba
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schermire. Voglio dire, per concludere, che consentire alla Destra di trasformare questa elezione amministrativa in un
referendum pro o contro Berlusconi sarebbe uno sbaglio. Ma evitare di dare un respiro alto a questa campagna,
insistendo nel presentarla come un puro fatto locale, sarebbe a mio avviso egualmente sbagliato. I problemi specifici
della città (scelte urbanistiche, cultura, servizi, sicurezza, accoglienza, inquinamento, traffico, trasporti, Expo, ecc.
ecc.) devono restare ovviamente al centro del discorso. Ma deve essere egualmente ben chiaro che Milano non è
un'isola sperduta. Agli elettori va quindi spiegato che la Moratti è il berlusconismo: č quel sistema di potere calato nel
contesto locale. E che Pisapia non rappresenta solo una proposta diversa di governo della città, ma anche,
oggettivamente, un'alternativa a quel sistema di potere che non ha fatto bene né a Milano né alla società italiana.
22 aprile
Giuliano Pisapia affiancato da Davide Corritore presenta proposte innovative di Finanza Civica
DA MILANO, GLI EXPO-BOND DI SERVIZI:
UNA NUOVA FINANZA „DI SCOPO‟, PER FARE CRESCERE LA CITTA‟.
Nel 2015 Milano (capitale finanziaria del Paese) ospiterà per 6 mesi l‟Expo, che ha un potenziale di
visitatori– secondo il dossier di candidatura – superiore ai 20 milioni di visitatori.
Sarà l‟occasione per portare a Milano milioni di stranieri, europei e non; un afflusso turistico generabile
con una diffusa opera di marketing territoriale da parte della città.
La leadership milanese nel settore finanziario potrà contribuire a questa operazione di marketing con
un‟innovazione concretamente realizzabile già nei primi mesi del nuovo Governo civico del 2011:
un‟emissione obbligazionaria sui mercati esteri (UN EXPO-BOND DI SERVIZI ) che offra al suo
possessore, oltre al rendimento del Titolo, l‟accesso a servizi e incentivi per visitare l‟Esposizione
Universale del 2015.
In particolare l‟emissione speciale di EXPO-BOND di SERVIZI , da progettare con un consorzio di operatori
specializzati, potrà contenere condizioni di favore per:
pass di accesso all‟Esposizione (in convenzione con SOGE, società che gestisce l‟evento EXPO)
voli aerei e accoglienza turistica (in convenzione con compagnie aeree e operatori del settore
alberghiero e della ristorazione, anche micro (es. Restaurant),
pass di accesso alla programmazione culturale e sportiva (Scala, mostre, eventi calcistici a San
Siro, etc.), e a itinerari turistici nell‟intera nazione.
Sarebbe la prima volta nel mondo che uno strumento finanziario viene direttamente associato a
servizi non finanziari, e per di più il Comune di Milano tornerebbe per la prima volta sui mercati esteri
(nelle nazioni Europee più interessate all‟Expo, ma anche in Cina, Giappone, nei paesi emergenti e in USA)
dopo l‟ultima emissione del 2005 che generò le note vicende legate all‟utilizzo di strumenti derivati
(attualmente oggetto di un processo penale per truffa a carico di 4 banche)
Il senso di questa proposta è anche proporre, da parte della capitale economica d‟Italia, un utilizzo della
finanza finalizzato alla crescita del territorio: un approccio alla grande finanza più legato all‟utilità
sociale e alla crescita, che all‟identità speculativa che ha provocato le crisi degli ultimi anni.
Per altro questa proposta è coerente con l‟approccio complessivo dato da Giuliano Pisapia al suo
programma per la finanza civica e „di scopo‟: l‟emissione di buoni comunali da offrirsi ai risparmiatori
milanesi finalizzati alla realizzazione di progetti di utilità municipale , tra cui ad esempio:
un WI-FI Bond per realizzare una rete municipale Internet a banda larga)
emissioni legati a piani di sviluppo territoriali (es. gli Ortica-Bond per realizzare gli interventi
necessari in quel quartiere)
Il dibattito si apre presto attorno al Rapporto tra centro sinistra e Terzo Polo
Lettera aperta di Piero Bassetti a Masssimo Cacciari (il Riformista la pubblica il 26 aprile)
Il Riformista (26 aprile 2011)
Lettera aperta a Massimo Cacciari
Milano, 23 aprile 20011
Caro Cacciari,
come sempre ti leggo con interesse. Come giustamente deve fare un filosofo, dici spesso cose giuste e impopolari.
Vedo per esempio L‟Espresso (23 aprile) in cui analizzi la tendenza della sinistra urlante antiberlusconiana come
fattore di chiamata alle armi per la destra a difesa di “sacri principi”. Di fronte a questa radicalizzazione sterile si
colloca, da parte di alcuni opinionisti negli ultimi tempi, la mitologia di un centro decisivo. Perché alternativo al
bipolarismo fallito, perché capace di intercettare la ragionevolezza italiana, perché in grado di rimescolare le carte a
destra e a sinistra. Non voglio entrare nello schema “nazionale” di questo ragionamento. Per ancora una ventina di
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giorni guardo strettamente a Milano. Negli ultimi tempi, per ragioni credo di radicamento universitario, hai detto la
tua anche sulle cose di Milano. Dove, come certamente sai, la sinistra – quella impegnata elettoralmente – non urla
contro Berlusconi, ma propone un cambiamento netto nella guida della città perché il blocco politico laceroconfuso
che governa la città non risolve più i problemi. Quella sinistra guidata da Giuliano Pisapia – indipendente dai partiti e
vincitore a sorpresa di primarie anche rispetto al candidato del PD – ha convinto anche una parte della borghesia
milanese per la quale ho ritenuto di chiamare a raccolta manager, imprenditori, ricercatori scientifici, professori
universitari ed esponenti dell‟associazionismo civile e professionale per dire che al ballottaggio (è questo il nodo) non
c‟è da restare indecisi. E ciò – pur apprezzando lo sforzo del Terzo Polo di prendere le distanze da una destra ormai
poco valoriale e poco efficiente – tenendo conto che quel Terzo Polo, a Milano, dovendo seguire gli amici di Casini che
in parte optano per la Moratti in parte non dicono chiaramente cosa fare, oppure gli amici di Fini e Rutelli che
opterebbero per Pisapia, si propone come un “non soggetto politico”, anche per questo fermo nei sondaggi al 6-7%
(che è una soglia tuttavia importante per assicurare il ballottaggio). Di fronte a questo quadro, un filosofo che è stato
a lungo sindaco e dunque è anche necessariamente pragmatico, non penserebbe di fare prima e dopo il primo turno
dichiarazioni nette? Dal momento che l‟esito di Milano non è detto che rovesci il quadro nazionale (come appunto dice
una certa sinistra sognante) ma è certo che davvero rimescola carte a sinistra, al centro e a destra, rilanciando un
laboratorio politico che fatto finora all‟interno del palazzo romano non ha molto funzionato.
Con vecchia amicizia
Piero Bassetti
Il 4 maggio Giuliano Pisapia incontro le associazioni imprenditoriali
E‟ una fase di forte presidio che viene sviluppato da Iniziativa per il 51, che partecipa
attivamente al documento di posizionamento economico che il Candidato Sindaco presenta
nel corso degli incontri
Il Sole 24 ore, 4 maggio 2011
Gli impegni di Pisapia con gli imprenditori su Expo e competitività. E alla Moratti: «Ci diamo il cambio»
di Sara Bianchi
Lui esce dalla sala Camerana, lei entra. I due si incrociano appena, giusto il tempo di una stretta di mano. «Ci diamo
il cambio», dice Giuliano Pisapia a Letizia Moratti e subito dopo, tra lo stupore e il divertimento dei presenti si rende
conto del doppio senso del suo saluto. Chissà se porterà bene al candidato sindaco del centrosinistra. Che, come
Manfredi Palmeri e il sindaco in carica, ha incontrato la giunta di Assolombarda, il presidente Alberto Meomartini e il
direttore generale Antonio Colombo. Moratti ha invitato Pisapia a un incontro per rispondere alle "dieci domande
scomode" degli elettori Pdl, lui ha invitato lei in Piazza San Babila per replicare alle 100 questioni poste da elettori del
centrosinistra. Entrambi hanno declinato. Mancano una decina di giorni al voto e i punti che li separano (stando agli
ultimi sondaggi) oscillano tra i 3 e i 6. Quasi tutte le rilevazioni delle intenzioni di voto sono concordi nel ritenere
probabile il ballottaggio, anziché una vittoria al primo turno di Letizia Moratti, come era stato 5 anni fa. Pisapia non
ama i sondaggi, si fida dell'incontro diretto con i cittadini, è attento a chi e come gli stringe la mano per strada, al
modo col quale lo guardano negli occhi, gli fanno domande. Lo seguo per una giornata intera negli ultimi bocconi di
campagna elettorale. L'incontro più importante, o forse il più difficile, è proprio quello in Assolombarda, nel tardo
pomeriggio di ieri. Gli imprenditori hanno presentato ai candidati sindaco un decalogo fatto di proposte per
promuovere competitività e attrattività del sistema Milano, per mantenere nel tempo la leadership della città (a
livello europeo e mondiale). In primo piano c'è la questione Expo: Assolombarda chiede che sia un'opportunità per le
imprese. Giuliano Pisapia sgombra subito il campo da possibili misunderstanding e assicura che tutti nella sua
coalizione sono convinti che Expo sia un'occasione da non perdere. Promette un assessorato dedicato o comunque, se
tra i 12 assessorati non ci fosse spazio sufficiente, una figura con delega specifica. Sulla gestione Moratti non tralascia
un affondo: Milano - dice - non è più una città con forte valenza politica e credibilità tale da incidere sulle scelte di
governo, nonostante la comunanza di partito. L'associazione imprenditoriale guarda anche al governo del territorio e
considera fondamentale che il nuovo Pgt sia attuato in tutte le sue componenti. L'attenzione va pure alla macchina
comunale. Su questo Giuliano Pisapia promette maggiore efficienza e meno burocrazia, con la valorizzazione delle
competenze interne, per rendere il rapporto con i cittadini più immediato. E in fatto di decentramento
amministrativo ricorda il suo progetto di trasformare i consigli di zona in municipalità. Dal confronto con gli
imprenditori il candidato sindaco del centrosinistra esce convinto che il dialogo con l'attuale amministrazione in questi
anni non sia stato abbastanza intenso. E assicura, da parte sua, un percorso comune a tutte le realtà che compongono
la città per lo sviluppo economico. Ma soprattutto un robusto assessorato per economia e lavoro, oltre a un delegato
permanente del sindaco per le relazioni con il sistema di impresa. Al palazzo di via Pantano Pisapia arriva dopo una
mattina passata a stringere mani di lavoratori in difficoltà: i bancari Cgil. «Speriamo di farcela», gli dice una signora.
«Giuliano è uno di noi, ha fatto il nostro mestiere», ricorda un altro. A loro l'avvocato (bancario da giovanissimo)
esprime solidarietà per lo sciopero generale del 6 maggio e vicinanza particolare per la vertenza in atto. «Sono
categorie ritenute privilegiate, ma questo era vero in passato, ora non lo è più. Sono stati colpiti anche loro da
licenziamenti massicci e hanno subito il depauperamento del valore del loro stipendio, che non è più alto come un
tempo». Dai bancari ai dirigenti dell'Aldai. Anche qui Pisapia è accolto con sorrisi e strette di mano, che si sciolgono
in un lungo applauso alla fine dell'incontro. Si parla di Expo, di sviluppo economico della città, di traffico,
inquinamento. E di valorizzazione delle donne manager. L'avvocato ricorda il suo impegno per la democrazia paritaria
e formula nuovamente la sua promessa per una giunta composta al 50% da donne. Poi assicura il suo lavoro per la
valorizzazione delle competenze femminili nei consigli di amministrazione delle partecipate. Un messaggio alle donne
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Pisapia lo ha lanciato da subito, anche con la composizione della sua lista civica che elenca per primi tutti i nomi di
candidate femmine. Pure nella lista del Pd, subito dopo il capolista Stefano Boeri c'è una donna: Maria Grazia Guida,
direttore della Casa della carità. E le candidate del centrosinistra mercoledì sera incontrano alla Casa della cultura le
donne di 'Se no ora quando' e le elettrici. Mobilità sostenibile, ambiente, inquinamento, polveri sottili, particolato
sono le parole più ripetute nell'incontro con i Verdi. Che lanciano una class action anti inquinamento contro le
istituzioni locali. 175 cittadini citano per danni il sindaco Moratti e il governatore della Lombardia Formigoni. Per i
danni da smog negli anni compresi tra il 2005 e il 2010 chiedono seimila euro a testa. Colpevoli: le polveri sottili
contro le quali l'Unione Europea ha imposto ai Paesi membri regole precise (soglia massima: 35 giorni in un anno con
concentrazioni di particolato oltre la soglia dei 50 microgrammi al metrocubo). «Il primo obbligo di un sindaco - dice
Pisapia - è la tutela della salute dei cittadini» e «se finora non è stato fatto vanno risarciti i danni patrimoniali».
L'avvocato ribadisce come «l'ecopass non sia servito a nulla». Soluzioni alternative se arriverà a Palazzo Marino?
Partiranno dalle «indicazioni dei referendum ecologisti». Un impegno però vale da subito: «prevedere adesso cosa
fare per l'inverno, pianificare le misure da adottare evitando di arrivare con l'acqua alla gola ai momenti di maggiore
difficoltà».
Ampio documento programmatico messo a disposizione dell’Associazione degli imprenditori dopo l’incontro
Una Milano-network davvero capace di attrarre risorse, di fare interessi generali sull’Expo, di mettere la
questione giovani al centro delle sinergie tra istituzioni ed economia
Giuliano Pisapia incontra in Assolombarda il sistema di imprese milanese.
“Il cambiamento è interesse vostro e dell‟economia. Assicuro dialogo, innovazione e valutazione seria delle politiche
pubbliche messe in atto. Un robusto assessorato all‟economia e lavoro e un delegato permanente del sindaco per le
relazioni con il sistema di impresa”
Milano, 3 maggio 2011 - Giuliano Pisapia, candidato sindaco del centro-sinistra, premette al trattamento
programmatico due chiose politiche: dopo vent‟anni di centro-destra il cambiamento è un interesse liberale,
rimuove vizi e produce rinnovamento, siamo pronti a un tavolo di dialogo per delinearlo insieme; questo rinnovamento
rispetto alla stagnazione del centro-destra gli imprenditori italiani lo hanno chiesto a livello nazionale, tanto più sarà
significativo se verrà attuato nel territorio in cui operano 150 mila imprese molte proiettate nel paese e nel mondo.
Poi dieci temi che guardano a una profonda riorganizzazione del governo comunale e rispondono, con vari consensi,
alle posizioni di Assolombarda raccolte in un documento in vista delle elezioni amministrative a Milano. Per ciascuno
dei quali qui una citazione significativa.
Governance.
Per governare la città le mie intenzioni sono quelle della “democrazia decidente”, cioè di puntare su
un‟organizzazione molto costruita sull‟ascolto e sul dialogo, ma anche regolata da un principio che si fa carico delle –
diciamolo pure, amare - lezioni di alcune esperienze di governo del centro-sinistra. Esperienze che hanno mostrato
che si può arrivare a non decidere o a decidere male accettando ruoli di ricatto di soggetti minori che erano in realtà
espressione del trasformismo oggi divenuto fenomeno in larga scala. Arrivo al voto, oggi, con una coalizione assai
più compatta che è regolata da due cose semplici: da un lato la mia indipendenza dai partiti; dall‟altro lato una
coesione che da molti anni non era così netta nel centro-sinistra, soprattutto a Milano.
Istituzioni-imprese.
C‟è chi dice che il Comune nulla possa in materia di economia e lavoro. C‟è chi pensa invece (questa è anche la voce
emergente nelle indagini demoscopiche sulle ”attese” che sono quelle che stiamo preferendo in questo momento
rispetto al puro dato sulle intenzioni di voto che per altro, come sapete, ci premia) che esso possa tutto. Noi
sappiamo che la verità sta in mezzo, che l‟economia moderna non è generabile in un quadro dirigistico o di
pianificazione top-down, ma che la dinamica del mercato diviene virtuosa e più forte se sono attivate politiche
pubbliche orientate alla crescita e allo sviluppo, se la domanda pubblica è generata a scopi collettivi e non
clientelari, se il rapporto istituzione/sistema di impresa è costruito nel quadro di ascolto programmato e attraverso
tavoli per temi attorno a cui – è uno sforzo che orienta una delle nostre novità – si possa esercitare una trasparente
valutazione dei risultati.
Modello organizzativo del governo municipale.
Gli assessorati propriamente economici saranno quattro, cioè un terzo dello schema generale di governo, tutti
robusti e impostati per evitare al massimo conflitti di competenze che paralizzano le decisioni. Uno di essi è poi di
carattere congiunturale ed è concepito con un team inter-assessorile e sarà dedicato in via permanente all‟Expo.
Rappresenta un metodo che potrebbe essere ragionevolmente esteso anche ad altri grandi progetti per Milano per la
criticità dell‟interdipendenza delle variabili in gioco. Ma l‟anticipazione vera che riguarda il lavoro del Sindaco
riguarda l‟intenzione di nominare un delegato permanente alle relazioni con il sistema dell’impresa e il mondo
del lavoro, così da configurare una porta aperta in tempo reale attorno ai temi della rappresentanza socioeconomica degli interessi della collettività.
Punti essenziali sull‟economia.
piano di sviluppo
crescita e benessere
coesione sociale
attrazione risorse
semplificazione burocratica
La trasformazione di Milano.
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Dobbiamo capire a fondo le dinamiche e gli apporti della impresa, ma in un quadro evolutivo del portafoglio
tecnologico e produttivo che la lega da una parte a piattaforme di piccole e medie imprese in forme variegate di
networking (basti pensare ai distretti o aree produttive locali di cui Milano è circondata) e/o in alleanza con imprese
medio-grandi, nazionali o internazionali, per comprendere a fondo i processi in corso e il ruolo dell‟area
metropolitana nell‟apporto di risorse pregiate - infrastrutture info-mediali e logistiche, di formazione e
qualificazione del personale - esplorando i rapporti complessi tra nuova manifattura e servizi e ai bisogni di
incremento di intensità comunicativa e di riduzione del costo energetico. Propongo che in autunno si svolga promosso
dal Comune e concepito da un tavolo di lavoro con associazioni di impresa, sistema camerale e sindacati, un grande
incontro di analisi sulla trasformazione economica del territorio per mettere a fuoco l‟impiego delle leve
decisionali e incidere sul bilancio del 2012 e del triennio successivo. Non penso a un‟iniziativa per fare repertorio.
Già molto è detto e scritto. Penso soprattutto a valutare insieme come l’innovazione taglia già trasversalmente
tutto questo processo e come sia necessario immaginare incentivi e stimoli per chi voglia innovare assicurando
radicamenti e occupazione.
Lavoro e occupazione.
Rivedere dispersione e precariato che non rendono forte né una società né il contesto strutturale in cui si può
produrre ricchezza. Ciò soprattutto nel quadro dinamico ed evolutivo dei rapporti intersettoriali che vede un
rilevante cambiamento del ruolo che le grandi aree metropolitane possono svolgere incentivando e orientando quei
connettori di sistema urbano ed extra-urbano che possono facilitare l‟accesso alle risorse e la qualificazione e
riqualificazione di quelle esistenti e residenti.
Expo.
Registro molte criticità. Mi dispiace sentirle. Credo di essere riuscito fino a qui a contenere critiche anche più
radicali che parti politiche – molte delle quali mi sostengono - rivolgono alla gestione e ai rapporti fin qui intervenuti
tra Comune, Provincia e Regione. Ma il cambiamento di indirizzo è necessario e urgente sia sotto il profilo del
metodo verso una programmazione condivisa perché possa poi stabilizzare l’efficacia dei propri effetti in
futuro; e sia sotto il profilo del contenuto. In estrema sintesi Expo rappresenta molto per Milano, in particolare
proprio nel quadro dei rapporti sopra accennati tra nuova manifattura, mondo dei servizi e infrastrutture di sistema
locale/multilocale al servizio delle imprese, dei network del valore che le promuovono e delle comunità degli utenti.
Ma è necessario trovare presto il modo di fare migliore sintesi tra tutti i ruoli che questo intreccio indica.
Risorse migratorie.
La parola “risorse migratorie” è quella che spiega meglio la tendenza ormai a breve a vedere il nostro sistema di
impresa con molta iniziativa in capo ad operatori etnicamente diversi. Il loro peso economico è sempre più rilevante
tanto che eroghiamo a loro favore 9 mil. di euro ma ne incassiamo 11 e che ormai mobilitano dinamicamente tanto i
consumi quanto i mercati immobiliari. Dobbiamo sempre più vedere la nostra scuola popolata in forma ampiamente
plurale. Dobbiamo vedere il mercato del lavoro alimentato e stimolato da offerte che sono tanto più qualificate
quanto le comunità di origine trovano adattamenti civili, culturali e di rispetto identitario assicurati da autorità
proprio per questo credibili quando chiedono rispetto delle regole e dei principi generali della convivenza.
Città metropolitana.
Noi vorremmo assumere il dossier “Milano città metropolitana” non con le finzioni che hanno finora caratterizzato
ogni accenno, ma come un dato moderno della identità concreta di una città che se vuole avere un posto al mondo
deve presentarsi per quel che è, per quel che vale e non per l‟autoconsolazione di ceti conservatori che faticano
persino a considerare le cerchie ulteriori alle mura spagnole come ambiti legittimi della “milanesità”.
Insieme per il brand di Milano.
Immaginiamo un clima di confronto leale che ha al cuore il nodo del patrimonio comune. Al tempo stesso un
patrimonio materiale, di cultura materiale, innanzi tutto. Fatto di una città con la sua storia, il suo immenso tesoro
culturale (da valorizzare molto di più secondo il doppio schema della cultura come capitale sociale e della cultura
come leva economica), i suoi radicamenti di operosità e di ingegno, la dedizione al lavoro della stragrande
maggioranza dei cittadini e dei city users. Ma noi sappiamo che vi è parimenti un patrimonio simbolico da
difendere, ovvero da studiare, consolidare e riqualificare.
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In campo aperto per l’orientamento al voto
Dal msg di Valerio Onida
1 Maggio 2011
Alcuni aspetti “tecnici”
Approfitto, incidentalmente, per ricordare alcuni aspetti particolari del sistema elettorale che è bene tener presenti.
L‟elettore dispone di un voto per il Sindaco, di un voto per una delle liste che concorrono all‟elezione del consiglio, e
di un voto di preferenza per uno dei candidati della lista votata. Si può anche votare solo per il Sindaco, e in questo
caso non si influirà sulla composizione del consiglio (se non nel senso che si concorre a determinare l‟attribuzione del
premio di maggioranza a favore delle liste collegate al Sindaco vincente) ma solo sulla scelta del Sindaco. Non si può
invece votare solo per il consiglio, perché la scelta di una lista comporta automaticamente l‟attribuzione del voto
anche al candidato sindaco cui la lista votata è collegata (ogni lista è collegata necessariamente a un candidato
sindaco). Si può, inoltre, ricorrere al cosiddetto “voto disgiunto”: cioè si può votare per un candidato sindaco e
contemporaneamente per una lista c he non sia collegata a lui ma ad un altro candidato sindaco. In questo caso i due
voti conteranno separatamente, rispettivamente per l‟elezione del sindaco e per l‟elezione del consiglio comunale.
Quindi è possibile, ad esempio, che un elettore il quale ci tiene a votare per un certo partito o per un certo candidato
al consiglio comunale, collegati (poniamo) al candidato sindaco Moratti, voti egualmente per Pisapia come sindaco. Il
suo voto contribuirà a determinare la rappresentanza di quel partito nel consiglio, e insieme a far vincere Pisapia
come sindaco.Il voto di preferenza è invece facoltativo. Ma gli elettori che non esprimono alcun voto di preferenza
(ma votano una lista) semplicemente rinunciano a scegliere fra i candidati della stessa lista: l‟ordine di elezione di
questi sarà determinato non dall‟ordine in cui sono inseriti nella lista (e dunque dal fatto che ad esempio una persona
sia capolista), ma dalle preferenze espresse dagli altri elettori. Allora, perché rinunciare?
Ricordo che i consiglieri da eleggere quest‟anno sono solo 48, e non più 60 com‟era prima. Il 60% di essi (29
consiglieri) sono assegnati, in base al premio di maggioranza, alle liste collegate al sindaco eletto (ovvero alle liste fra
loro collegate che hanno ottenuto più del 50% dei voti), il 40% sono distribuiti fra le altre liste.
L‟elezione dei consigli di zona
Il 15 e 16 maggio eleggeremo anche i consigli delle nove zone in cui tuttora Milano è suddivisa. I consiglieri sono 41
per ogni zona, salvo che nella zona 1 (più piccola) il cui consiglio è formato da 31 componenti. Sulla relativa scheda
l‟elettore potrà esprimere solo il voto di lista e potrà altresì esprimere un voto di preferenza ad uno o ad una soltanto
dei candidati della lista votata. Anche questo voto avrà significato, in quanto i consiglieri di zona, benché oggi i
consigli esercitino scarsi poteri, avranno la possibilità di fungere da tramiti verso i consiglieri comunali e
l‟amministrazione sui problemi della zona e di attivarsi per sollecitare e organizzare la partecipazione dei cittadini
alla vita del Comune.
Nomine dentro e fuori il Comune di Milano: fatti e misfatti
Martedì 3 maggio 2011 Società Svizzera, Via Palestro 2 - Milano h. 18.30 Proposta di Città Costituzione
Introduce Beniamino Andrea Piccone, Nextam Partners SGR Investimenti Indipendenti. Intervengono Paolo
Bertaccini, delegato di Transparency International, Daniela Bollino, amministratore delegato di Key2people,
Stefano Rolando professore alla Università Iulm di Milano. Conclude, Valerio Onida, già presidente della Corte
Costituzionale
Intervento di Stefano Rolando
“Fuori dal comune” qui immagino voglia dire fuori norma, a dispetto della norma, contro la norma. Insomma
siamo qui per dire la nostra preoccupazione, fondata ormai su una vasta e prolungata documentazione, sui
criteri di nomina nel sistema pubblico guardando alle responsabilità che tra poco toccheranno ai nuovi
amministratori di Milano.
Parlo non tanto come professore, appartengo al raggruppamento di Economia e gestione dell‟impresa, mi occupo
da anni di “modelli organizzativi” e potrei cavarmela con un contributo diciamo così metodologico. Ma in realtà
mi sono impegnato con Beniamino Piccone a fare una sorta di testimonianza personale. Raccontando
brevemente cose che non dico spesso. Rispetto ai temi fin qui toccati, soprattutto in ordine ai consigli di
amministrazione del sistema delle aziende di servizio e delle partecipate, io affronterò piuttosto il nodo che mi
sembra centrale e cioè quello della qualità manageriale delle line operative dell‟Amministrazione, cioè la
dirigenza apicale della PA.
Ho fatto, per l‟appunto, per più di venti anni il direttore generale nelle pubbliche amministrazioni (insieme
anche ad esperienze di azienda). Ho vissuto quelle vicende con senso forte di appartenenza, la bandiera dietro il
tavolo era un simbolo altamente responsabilizzante. Ma credo influissero anche alcune culture di una
generazione che credeva nel fatto che fosse necessario “riformare lo Stato”. E che proprio attorno a questo tema
(partecipare a progetti di cambiamento, elaborare il rinnovamento, eccetera) aveva qui un modo di costruire
un percorso poi destinato anche alla cooptazione, ma attorno a sperimentati rapporti con maestri, con figure
capaci di produrre pedagogia civile. Lezione viva – per chi credeva nelle riforme dello Stato e della politica –
venivano da un Massimo Severo Giannini o da un Norberto Bobbio, per esempio. E non era dunque per caso se una
figura come Giuliano Amato, assunta una responsabilità di governo a metà degli anni ‟80, scegliesse tra i giovani
partecipanti a quella stagione elaborativa qualcuno cui affidare per altro l‟attuazione di un programma di
trasformazione di competenze “dormienti” alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, un progetto che appunto
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ebbi l‟incarico di realizzare da “tecnico” come partner di una personalità giuridica – che al prof. Onida dice
certamente molto – come Enzo Cheli. E poi chiamato come direttore generale per metterlo in esecuzione.
Non si veniva nominati direttori generali per concorso, la verità va detta, ma vi erano processi di selezione della
classe dirigente pubblica che rispondevano almeno in parte a parametri che oggi possiamo rubricare come
virtuosi. Certo, quel “riformismo” fu in parte attuabile, in altra parte si arenò per causa di una burocrazia ancora
“monumento del no” e per causa di una politica luci e ombre, che avanzava verso la fine del secolo come un
gambero. Abbiamo fatto in tempo a vedere la differenza tra teoria e pratica, a vedere la compresenza di
patologie e fisiologie negli apparati pubblici. Ma una regola ancora guidava il rapporto tra alta amministrazione e
politica: quella dell‟”io propongo tu decidi”. Netta separazione, ma anche obbligo di negoziato per far
convergere dossier e decisione. Ho lasciato quella carriera all‟inizio del nuovo secolo, per fare un concorso a
cattedra che mi confermasse un principio di libertà e di indipendenza personale, perché il nuovo ceto politico con
cui – dopo una prima felice legislatura - mi ero misurato (qui nel sistema regionale, come coordinatore dei
direttori generali del Consiglio regionale della Lombardia ) mi aveva spiegato che la regola era cambiata: “io
propongo quello che tu mi dici di proporre e poi tu decidi”. Fine della “conflittualità temperata dentro le
procedure” e costruzione del vertice amministrativo non come fattore di equilibrio ma come cane da guardia
silente.
Pongo dunque la questione delle regole e delle prassi attorno a cui oggi si svolge – nella PA centrale e
territoriale – l‟ingaggio e la condizione di lavoro del management che ha la stragrande responsabilità di assicurare
i profili costituzionali di “imparzialità e buon andamento” delle amministrazioni, profili che hanno ispirato
questo convegno riferito al caso Milano. Regole e prassi che sono state alcuni anni fa modificate da una legge che
ha assicurato alla politica il diritto di poter rimuovere dall‟incarico una “burocrazia” eventualmente giudicata
incapace o frenante. Una assicurazione chiamata “spoil system” che – lo dico pensando alle motivazioni a suo
tempo addotte dal ministro Franco Bassanini (il presidente Onida sa che si tratta di persona che viene dalla sua
stessa formazione e quindi sa la buona fede delle motivazioni all‟origine) – partito come provvedimento “positivo”
si è trasformato in un passaporto per la politica (di destra, di sinistra o di centro) di togliere di mezzo buoni e
cattivi, per piazzare i propri “nominati”. In una stagione in cui la politica ha pensato di trasferire sull‟onere
pubblico il costo di personale (attivisti, amici, collaboratori, eccetera) a suo tempo pagato dai partiti.
Ciò ha significato introdurre una marea di incompetenti, spesso privi di qualunque omogeneità con le culture
giuridiche ed economiche proprie dell’amministrazione (naturalmente non dico che la PA sia oggi fatta solo di
incompetenti, dico che quelli bravi vivono con disagio e spesso frustrazione il loro ruolo). A questo punto – negli
alti ranghi – queste nuove figure di dirigenti risultano strapagate rispetto ai modesti compensi che erano usuali in
precedenza anche per gli alti gradi della PA. Io ho avuto per esempio dieci anni di servizio alla Presidenza del
Consiglio, confermato da dieci governi e poi uscito volontariamente (anche a causa delle basse retribuzioni) per
altra scelta, e sono uscito con 40 milioni di lire di liquidazione, pari a 20 mila euro, dunque pari a una
retribuzione, fino alla metà degli anni ‟90, di 4 milioni di lire al mese pari a 2 mila euro di oggi; i pari livello di
oggi hanno aumentato fino a dieci volte le retribuzioni, non sta a me dire se è aumentato di dieci volte il loro
grado di competenza, responsabilità, affidabilità e indipendenza.
Ora, spostandoci sul profilo generale della questione, io mi rendo conto che la cultura del NO non è una buona
leva. Può essere talvolta una “legittima difesa”. Ma saldare il No puramente antagonista di certa politica al No
burocratico provoca quasi sempre paralisi. D‟altra parte c‟è il SI solo per gli amici e il Si a condizione di
contropartite. Regolato da alti funzionari che hanno un atteggiamento reverenziale nei confronti del vertice
politico che li ha messi a quel posto. Se posso dire in una battuta, io ho il ricordo nitido di avere quasi sempre
“litigato” con i miei presidenti del Consiglio. Ho scritto anche qualche episodio. Naturalmente la parola “litigato”
è ricondotta alle forme di una procedura possibile di rapporto di conflitto temperato tra un funzionario e un
vertice politico: lealtà, correttezza nel rapporto riservato, argomentazione all‟interno della legge, sforzo di
individuare soluzioni alternative. E‟ evidente che – sia a Roma che a Milano – sono necessarie soluzioni regolate
della responsabilità e dalla cultura della valutazione a cui si intende preparare una classe dirigente. E qui – in
ordine soprattutto alla formazione critica – si aprirebbe un capitolo ampio e importante sul ruolo
dell‟università, che al riguardo offre soluzioni disomogenee e troppo dipendenti dalle qualità individuali dei
docenti e non “di sistema”.
Su questo punto della valutazione si apre comunque un altro capitolo doloroso. La valutazione in Italia non si
riesce a svolgere sui processi. E per cedimenti nei confronti delle resistenze individuali a farsi seriamente
valutare – resistenze difese sciaguratamente dai sindacati – la valutazione è diventato un piccolo atto burocratico
che serve quasi sempre a legittimare la scomposizione dello stipendio. Ne ho fatte a bizzeffe e malgrado sforzi di
innovazione, malgrado qualche risultato metodologico, mi sono quasi sempre vergognato di questa condizione,
anche subendola. Così viene a mancare la gamba dell‟accountability a cui Paolo Bertaccini si è prima riferito
invocando una delle soluzioni per i guai che stiamo qui denunciando.
Vorrei anche fare una chiosa “ambrosiana” al tema del rapporto di una società con il lavoro nella pubblica
amministrazione. La presenza qui di Piero Bassetti stimola anche a lanciare un tema che è quello della
“preoccupazione” della società civile, diciamo pure della borghesia, di una città propriamente borghese, verso il
lavoro pubblico. Un po‟ ha contato per i milanesi il lavoro nella propria amministrazione locale, ma quando essa
ha perso il suo bel carattere “asburgico”, la sua nota competenza ed efficienza, quella borghesia non ne ha
proprio fatto una questione di vita o di morte. Non ha tolto il voto a chi ha contribuito a mortificare la qualità e
l‟efficienza dell‟amministrazione. Insomma ha lasciato fare. Con lo stesso spirito con cui si è da sempre
disinteressata circa la priorità – sarebbe certamente una priorità per la borghesia francese o inglese o tedesca – di
dare i propri figli ai lavori nelle carriere dello Stato. Per dirla in un solo aneddoto mia madre – figlia di un
perfetto del Regno (a Milano) e sorella di un generale di Corpo d‟armata(il 3° Corpo d‟armata a Milano), che
dunque doveva pur sapere che cosa fosse lo Stato - il giorno del mio trasferimento per chiamata da un‟azienda
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pubblica (la Rai) alla Presidenza del Consiglio dei Ministri mi ha telefonato per dirmi: “ragazzo mio ma dove sei
finito?”.
Sulla “cura” delle società civili europee per il lavoro nello Stato – inteso come “il proprio Stato” - c‟è una
sterminata letteratura e una aneddotica anche divertente (in Gran Bretagna era famoso un “fumetto” venduto in
edicola Yes minister sulla figura di un alto funzionario, un capo di gabinetto, che dicendo sempre yes minister in
realtà imponeva l‟interesse generale al politico, abilmente subendolo ma in realtà creando argomentazioni di
equilibrio) che in Italia ha seguito una storia a se stante su cui hanno molto pesato le vicende conflittuali nordsud.
Quello che interessa al nostro dibattito è tuttavia cogliere meglio – proprio nel senso del titolo che è stato dato
all‟incontro – cosa sia “la norma”. Le nomine di “classe dirigente” hanno criteri di sistema da sempre:
cooptazione (ampiezza del novero di chi copta relazionata a importanza dell‟incarico, possibilmente
con decisione non monocratica);
rapporto tra oggettiva condizione relazionale e rapporto fiduciario (metà precedente, metà
generata nel potere di nomina);
“paletti formali” rispettati: precedenti omogenei e finalizzati alla competenza nel ruolo, titoli veri
e non fasulli (i cv pieni di docenze universitarie finte, fatte di qualche ora di lezione, senza
pubblicazioni scientifiche, sono all‟ordine del giorno); argomenti a cui si è riferita Paola Bollino nel
delineare condizioni razionali di base per la selezione;
a cui aggiungerei anche regole di ingaggio con la capacità di fissare obiettivi raggiungibili ( e quindi
valutabili).
Insisto sul trattamento di questo tema all‟interno della nomina dei dirigenti, come una priorità assoluta circa il
buon andamento. Mi rendo conto che i media e quindi l‟opinione pubblica sono più mobilitati attorno al tema
delle nomine di amministratori di enti vigilati e partecipati (il cosiddetto “sottogoverno”), ma rispetto a cui –
salvo il ruolo di presidente, ad e dg – quasi sempre i CdA sono un po‟ “panna montata”, cioè non hanno grande
influenza gestionale e hanno un carattere meramente compensatorio per mancato ruolo politico o per
insufficiente retribuzione nel ruolo politico. Così da rendere molto apprezzabile il decreto limitativo che a suo
tempo è stato promosso al riguardo dall‟allora ministro degli Affari regionali Linda Lanzillotta.
Le nomine apicali della gestione amministrativa hanno seguito dunque negli anni tre diversi filoni
metodologici:
il concorso, con esiti misti tra qualità e non qualità ed esiti misti tra raccomandati e non
raccomandati;
il piazzamento puramente politico a scopo fiduciaristico;
la selezione di merito all‟interno di aree interessanti per la formazione di percorsi
dinamici in grado di creare innovazione negli ambiti di operatività pubblica
Questi filoni hanno creato equilibri e squilibri, in cui – è stata una mia vecchia tesi – un bravo dirigente, per far
funzionare davvero la macchina, ha sempre saputo di portarsi in spalle, 24 ore su 24, un collega, come Enea con
il padre Anchise. Ma malgrado questo appesantimento, il sistema, non sempre e non dappertutto, ha prodotto
anche qualche risultato. Ora credo che l‟equilibrio sia fatalmente arretrato e che la rarità dei concorsi ha anche
alimentato l‟idea che l‟ingresso nella PA avvenga solo per oscure raccomandazioni senza altra possibilità. Cosa
all‟origine gravissima e foriera di trasferimenti “dentro” di culture sociali sbagliate sul lavoro pubblico. Letta con
ottiche meridionali (che stanno arrivando anche al nord) ciò assume caratteri sinistri.
E‟ diventato non impossibile ma assai meno frequente vedere un alto dirigente rispondente – essendo l‟interesse
del sistema un equilibrio vero tra grado di relazionalità e grado di indipendenza critica - a questi tre requisiti:
essere un punto di vera mediazione tra politica e amministrazione, capace di connessioni con una
certa indipendenza;
essere, secondo la costituzione, fattore di buon andamento e di imparzialità, dunque un punto di
mediazione tra interesse delle istituzioni e interesse della società;
essere proattivo nel promuovere la trasparenza (che nella mia esperienza ha significato la
rivoluzione della legge 241 cioè la fuoriuscita dalla cultura “del segreto e del silenzio”) :
procedura e cultura del controllo e dell‟accesso.
E‟ dunque uno sguardo generale alla ricomposizione di regole di qualità nella delineazione del management
pubblico a cui deve tendere il momento partecipativo che c‟è attorno alla campagne elettorale in questo
momento a Milano con una tensione locale ma anche nazionale. E‟ importante tornare a dare speranza e fiducia
ad operatori pubblici depressi e smarriti. E‟ importante assicurare i cittadini che le amministrazioni – che loro
pagano per avere servizi – non sono una patologia dominata dalla politica.
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Quale glocalcity, quale modello di sviluppo per Milano
Incontro promosso da Iniziativa per il 51
con il sostegno di Milano Civica per Pisapia
Salone degli Affreschi della Società Umanitaria
martedì 10 maggio 2011
Sono intervenuti : Piero Bassetti, Valerio Onida, Michele Achilli, Guido Aghina, Mario Artali, Luca Beltrami
Gadola, Otto Bitjoka, Massimo Bordignon, Elio Borgonovi, Lorenzo Boscarelli, Salvatore Bragantini, Rossella
Carbotta, Adalberto Castagna, Giorgio Cavalca, Daniele Checchi, Davide Corritore, Franco d‟Alfonso,
Fiorella De Cindio, Carlo Dell‟Aringa, Antonio De Lillo, Antonio Duva, Gianni Fabri, Francesca Floriani,
Carlo Fontana, Giuseppe Fossati, Linda Gilli, Susanna Mantovani, Guido Martinotti, Adriana Nannicini,
Giuliana Nuvoli, Luciano Pilotti, Paolo Prota, Anna Puccio, Emanuele Ranci Ortigosa, Pippo Ranci,
Maurizio Rolando, Stefano Rolando, Fulvio Ronchi, Alessandra Tedeschi Toschi.
Giuliano Pisapia (nel documento ad Assolombarda: “una grande conferenza in autunno sulle strategie per lo
sviluppo del territori, programmata con le associazioni imprenditoriali, sociali e sindacali della città”.
(Milano 10 maggio 2011) - Ha osservato il designer milanese Fulvio Ronchi (storico vivaio Olivetti) al termine
dell‟intenso convegno dell‟Umanitaria sui temi dello sviluppo economico e sociale di Milano, promosso da Iniziativa
per il 51 (rete animata da Piero Bassetti) e sostenuto da Milano Civica per Pisapia , che “la situazione ricorda la
famosa scena della presa di Aquaba – nel tratto di costa giordana sul Mar Rosso – il 6 luglio del 1917 quando Lawrence
d‟Arabia conquistò da dietro la città, con i cammelli stremati dal viaggio di centinaia di chilometri nel deserto
privati dal colonnello dell‟acqua per spronare all‟impossibile conquista, mentre i poteri coloniali avevano schierato
un‟imponente artiglieria sulla riva aspettandosi solo l‟attacco dal mare: oggi i cammelli sono le idee e le intelligenze
che si possono mettere in campo contro l‟apparente strapotere delle artiglierie mediatiche prive di proposta”.
Si perdonerà l‟attacco letterario, ma esso rende lo spirito di questo serio, vivace e creativo evento a ridosso del voto
del primo turno per le amministrative a Milano nel giorno in cui il Cav. riempie le case dei milanesi con una lettera
personale in cui preannuncia tasse e malvagità dei "comunisti” se al potere a Palazzo Marino e in cui entra nelle case
degli italiani proponendo di trasferire le immondizie di Napoli dentro la Procura di Milano.
Aperto e chiuso da Piero Bassetti – attorno alla chiamata a raccolta del sistema sociale e professionale di una città che
rivendica un progetto globale per la polis – con un contributo conclusivo anche di Valerio Onida (sulla necessità di
rovesciare il principio di una minoranza che governa per “premi” senza ottenere la vera maggioranza) l‟incontro sulla
prospettiva delle politiche per lo sviluppo collocato nel pieno della campagna elettorale è stato moderato da Stefano
Rolando (che ha inquadrato i documenti di partenza sul posizionamento economico e sociale di Giuliano Pisapia e i
contributi che sulla materia Iniziativa per il 51 ha fin qui prodotto, soprattutto con Marco Vitale, Guido Martinotti,
Riccardo Cappelin e altri). Anna Puccio e Davide Corritore hanno toccato i temi programmatici sull‟economia e la
finanza civica, mentre una importante sequenza di interventi di autorevoli esponenti delle università milanesi
(Daniele Checchi, Luciano Pilotti della Statale; Antonio De Lillo, Susanna Mantovani oltre allo stesso Martinotti della
Biccocca; Elio Borgonovi della Bocconi, Massimo Bordignon, Pippo Ranci e Carlo Dell‟Aringa della Cattolica e altri) e di
esperti ed operatori (come Mario Artali vicepresidente BPM, Salvatore Bragantini ex commissario Consob, Emanuele
Ranci Ortigosa dell‟IRS, Otto Bitjoka presidente di Ethnoland e altri presenti con interventi o con contributi e opinioni
scritte assicurate nel lavoro di rete che Iniziativa per il 51 sta sviluppando) hanno fatto emergere l‟insieme di
argomenti per far ripartire una politica di attrazione delle risorse, di buon governo fiscale e federalista, di
rigenerazione dell‟approccio all‟Expo, di politiche sociali per l‟integrazione, di rovesciamento delle politiche per
riportare i giovani al centro della città, di centralità dell‟innovazione nel rapporto tra istituzioni e mercato. Franco
d‟Alfonso (MIlano Civica per Pisapia) ha inquadrato il clima di partecipazione che caratterizza l‟investimento che
partiti e società stanno provocando per generare ora il cambiamento. “Milano storicamente ha espresso polemica –
ha detto Piero Bassetti in chiusura – con i poteri che la governavano in modo scadente. Giuliano Pisapia ha
dimostrato di essere una breccia a disposizione di un ascolto responsabile per soggetti e forze che possono esprimere
idee nuove al servizio degli interessi generali della città”.
Documenti e altre informazioni : [email protected]
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Il 10 maggio i lettori di Arcipelago trovano una nota di Antronio Duva che illustra l‟Iniziativa.
http://www.arcipelagomilano.org/archives/11042
IL “COMITATO PER IL 51” OLTRE IL VOTO
10-5-2011 by Antonio Duva
La campagna elettorale sta entrando nella sua ultima, decisiva fase. L‟iniziativa della destra tende con tutta la forza
della sua macchina organizzativa e delle sue massicce disponibilità finanziarie a oscurare il tema “Milano” e a
trasformare l‟appuntamento nel quale i cittadini sono chiamati a decidere a chi affidare la responsabilità di gestione
amministrativa del proprio Comune in qualcosa di totalmente diverso: l‟ennesima richiesta di cieca fiducia per Silvio
Berlusconi e un nuovo mandato, senza il vaglio di un confronto esauriente, per Letizia Moratti. E‟ una preoccupazione
comprensibile: si tratta infatti di tornare a sollecitare consensi dopo cinque anni di promesse mancate; cinque anni
segnati da episodi di malcostume amministrativo e da contrasti paralizzanti (e dannosi per la città) come quelli emersi
nell‟opera di preparazione all‟Expo. Cinque anni conclusi con un bilancio che è così negativo da aver suscitato
osservazioni critiche e inviti a una gestione più accorta da parte degli stessi revisori dei conti di Palazzo Marino. Molto
meglio perciò cercare di stornare l‟attenzione degli elettori da un confronto nel merito e tornare a sbandierare
illusorie promesse e vecchi spauracchi (attenti ai “comunisti”; “no” alla patrimoniale, etc.). Intendiamoci: il voto di
una metropoli dell‟importanza di Milano ha un indubbio rilievo politico e l‟esito della competizione ambrosiana sarà
importante per l‟intero Paese. Ma lo sarà soprattutto se il voto dei milanesi esprimerà una scelta, di testa e non di
pancia, legata ai problemi veri della città e alle scelte per il suo futuro. Per questo la candidatura di Giuliano Pisapia
– che sin dall‟inizio ha impresso un carattere nettamente “civico” al suo impegno – è quella su cui un vasto
schieramento di forze di sinistra e di centrosinistra ha meglio potuto e saputo ritrovarsi in una ragionata aspirazione di
successo. Per dare concretezza a quest‟obiettivo, che resta oggettivamente arduo, è tuttavia necessario che la
mobilitazione dei cittadini conquisti anche settori di opinione indecisi su come votare. In altre parole è necessario
acquisire consensi più estesi di quelli prevedibilmente raccolti dall‟arco dei partiti che hanno dichiarato il proprio
sostegno per Pisapia; appare dunque essenziale un‟azione che – in tutta onestà intellettuale – induca a considerare
preminente il valore amministrativo del voto del 15 e 16 maggio prossimi.
E‟ questo il lavoro nel quale si sono impegnati molti ambienti della cultura, del volontariato e dell‟associazionismo
milanesi. Fra gli altri il “Comitato per il 51″ promosso da Piero Bassetti: un organismo al quale hanno aderito sia
cittadini che militano in uno dei partiti schierati pro Pisapia sia personalità indipendenti di varo orientamento ideale
ma accomunate dalla convinzione che Milano ha urgente bisogno di un cambiamento radicale. L‟attività svolta dal
Comitato, pur nel breve periodo durante il quale ha operato, ha suscitato interesse e consensi che potranno rivelarsi
preziosi specialmente nella fase – che è da augurarsi si apra lunedì prossimo – del ballottaggio. Affinché ciò avvenga
nel modo migliore, sembra a chi scrive importante che si realizzino due condizioni. La prima è che l‟impegno del
Comitato, nato per sostenere Pisapia, continui a svolgersi come contributo operativo e propositivo a suo diretto ed
esclusivo vantaggio. Si tratta di un‟esigenza evidentemente connessa alle modalità con le quali il Comitato è nato e
alle differenze di origine che caratterizzano quanti al Comitato stesso hanno liberamente aderito e che – altrettanto
liberamente – stanno, a titolo individuale, operando a sostegno non solo di Pisapia ma di candidati consiglieri inseriti
in una delle diverse liste in campo. La seconda più che una condizione è una proposta. In questa difficile stagione
della vita milanese si può ritenere che l‟attività di un organismo come il “Comitato per il 51″ possa essere utile anche
oltre la scadenza elettorale. Si tratta di un‟opera che andrebbe svolta non certo in alternativa e tanto meno in
contrasto con i partiti ma per contribuire a un dibattito civile su Milano e sul suo ruolo lontano da logori stereotipi e
animato dall‟ambizione di cogliere gli elementi reali di novità che una realtà complessa ma dinamica e ricca di
fermenti come quella attuale, ogni giorno ci propone.E‟ uno sforzo che la società civile milanese ha più volte
compiuto con successo durante la sua lunga storia e che oggi potrebbe tradursi in uno stimolo positivo anche per gli
stessi partiti e per la loro vita interna non di rado alquanto asfittica. L‟obiettivo principale da perseguire dovrebbe
essere soprattutto quello di favorire un profondo rinnovamento dello scenario politico cittadino che la consultazione
in atto, di là dai suoi esiti, ha comunque rimesso in moto. L‟elemento che si coglie, da questo punto di vista, è che in
settori in crescita dell‟opinione pubblica sembra farsi strada la convinzione che le soluzioni più vantaggiose per il
futuro delle cittadine e dei cittadini di Milano risulteranno legate più all‟individuazione di equilibrati punti di
convergenza, basati su analisi rigorose e concrete dei problemi della metropoli lombarda, piuttosto che agli esiti del
mero conflitto bipolare, almeno nella versione “militarizzata” e rissosa che è risultata sinora prevalente. Milano ha
bisogno di un‟alternativa decisa al modo con cui è stata da anni governata; ha bisogno, prima di tutto, di contare su
un Comune che svolga un‟effettiva azione di spinta per politiche pubbliche orientate allo sviluppo, al lavoro e alla
crescita. E‟ questo il senso profondo della sfida di Pisapia. Che essa abbia successo, come ci auguriamo, o meno, non
si tratta comunque di una sfida destinata a esaurirsi a fine mese. Pisapia ha, infatti, dichiarato che non sarà, come
altri purtroppo in passato, un candidato “mordi e fuggi”: da Sindaco o in quanto esponente di punta dell‟opposizione,
starà in ogni caso in Consiglio comunale e contribuirà all‟emergere di una nuova generazione per cambiare Milano. In
questo, che è un lavoro di lunga prospettiva, avrà certo bisogno dell‟apporto delle forze politiche; ma gli potrà essere
anche utile la vicinanza di cittadini attivi e partecipi come quelli che si sono impegnati nel “Comitato per il 51″.
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Il ruolo del Comune di Milano per lo sviluppo economico della città
Lorenzo Boscarelli
11 maggio 2011
Coloro che sono intervenuti nel dibattito organizzato ieri all‟Umanitaria da “Per il 51” hanno dato diversi spunti di
elevato interesse; qui di seguito affronto alcuni dei temi emersi.
Le società partecipate dal Comune
Da alcuni lustri la parola d‟ordine è “privatizzare”. Di norma il precetto è accompagnato dalla giustificazione che così
facendo si liberano risorse da spendere in attività più consone al ruolo istituzionale del Comune (e della P.A. in
generale). Se si spendesse bene, tanto tanto; spesso quelle risorse servono solo a coprire buchi di bilancio.
Ritengo invece che un‟istituzione pubblica che possieda un patrimonio (sia esso costituito da società, da proprietà
immobiliari, da altri beni) in termini patrimoniali abbia come primo dovere quello di aumentarne il valore. Beninteso,
con un vincolo: creare valore dando un servizio ai cittadini, non come fine in sé. Faccio un esempio, i trasporti
pubblici. Nel caso di Milano, l‟ATM deve essere gestita bene per limitare al massimo il costo per la collettività (gli
introiti da vendita dei biglietti coprono una quota di gran lunga inferiore al 50% del costo dell‟azienda, il resto è
pagato dagli enti locali e da trasferimenti dello Stato) e al tempo stesso occorre che il servizio fornito dall‟ATM
soddisfi quanto più possibile l‟esigenza di mobilità dei cittadini. Avrebbe senso privatizzare l‟ATM? Non credo; di certo
non prima di avere fatto il possibile per migliorarne l‟efficienza, per aumentare il valore di cessione. Lo stesso si
potrebbe dire per ALER, SEA, A2A, … In senso lato sono convinto che compito del Comune sia aumentare il valore del
suo patrimonio, perché questa ricchezza appartiene alla collettività. Questo precetto, anziché quello che indirizza a
privatizzare, dovrebbe guidare le scelte degli amministratori pubblici.
Aumentare il valore per la collettività significa anche vendere e reinvestire, beninteso, purché ciò sia fatto
nell‟interesse di tutti, non di chi utilizzerà i beni privatizzati per crearsi rendite di posizione (vedi il caso delle
autostrade).Il “trasferimento tecnologico” Molti di noi sono convinti che senza la capacità di innovare, creando
prodotti di elevato valore, non ci sia futuro per i paesi a economia “matura”, come l‟Italia. Milano dispone di centri di
ricerca prestigiosi e viene spontaneo chiedersi come mai ciò non si traduca in un ampio numero di aziende che
facciano della ricerca e dell‟innovazione il motore del proprio sviluppo. Un motivo risiede nel fatto che fare ricerca è
solo la lontana, a volte non necessaria, premessa per creare un‟azienda innovativa e di successo. Una buona ricerca
non diventa la base di un‟azienda, cioè di una vicenda economica, se mancano altri ingredienti: l‟imprenditorialità,
cioè l‟intuito per capire se quella specifica innovazione tecnologica potrà diventare un prodotto valido; l‟energia per
assumersi i rischi conseguenti; la capacità manageriale per coprire il lungo cammino che separa una nuova tecnologia
di laboratorio dalla produzione industriale; un ambiente finanziario di supporto all‟innovazione, cioè banche e altri
prestatori di capitale, nonché investitori, capaci di valutare le nuove tecnologie e disponibili ad assumersi i rischi che
investire nell‟innovazione comporta. In un simile contesto, quale può essere il ruolo del Comune? Quello di facilitatore
della nascita di nuove iniziative imprenditoriali basate sulla ricerca e sull‟innovazione, mettendo a disposizione spazi
per l‟insediamento di aziende start-up, attività di consulenza gestionale e finanziaria, sollecitando le istituzioni
finanziarie che hanno sede a Milano a sostenere le aziende neonate, creando forme di finanziamento mirate ad esse.
Sono invece contrario all‟ipotesi che il Comune crei delle strutture di valutazione della ricerca che porti a scegliere
chi finanziare – con denaro pubblico – e chi no; è un compito difficilissimo anche per gli esperti degli specifici settori
tecnologici, può essere solo lasciato a costoro.
Il primato della, buona, politica
Infine, una nota. Per gestire bene il patrimonio pubblico e sostenere lo sviluppo economico basato sulla ricerca e
sull‟innovazione occorre una forte capacità di indirizzo, che ponga le scelte dell‟istituzione pubblica al di sopra di
interessi di parte. Occorre cioè fare buona politica, creando il consenso e le alleanze nella e con la società, che
sostengano quelle scelte e la gestione della loro attuazione.
L‟11 maggio il famoso faccia a faccia tra Moratti e Pisapia su Sky.
Giuliano Pisapia querela Letizia Moratti per diffamazione aggravata.
Pisapia: “ La Moratti mente. Milano non merita un sindaco bugiardo”
È evidente che Letizia Moratti è disperata. Fidandosi di qualche manina sporca che fabbrica dossier ad arte è
incappata in un clamoroso errore. Ha diffamato Giuliano Pisapia alla fine della registrazione del confronto su Sky
TG24, pensando di approfittare come in un agguato del diritto di parlare per ultima.
Letizia Moratti ha accusato Giuliano Pisapia di essere responsabile di un furto, citando una sentenza della Corte
d‟Assise, che dichiarava il reato estinto per amnistia. Nonostante l‟amnistia, Giuliano Pisapia presentò appello,
accolto. La III Corte d‟Assise d‟Appello di Milano presieduta dal dott. Luigi Maria Guicciardi nel procedimento n.76 del
1985 ha assolto Giuliano Pisapia per non aver commesso il fatto. La sentenza recita alle pagine 1562 e 1563: “In
conclusione non vi è prova – né vi sono apprezzabili indizi – di una partecipazione del Pisapia, sia pure solo sotto il
profilo di un concorso morale, al fatto per il quale è stata elevata a suo carico l‟imputazione di furto, dalla quale
l‟appellante va pertanto assolto per non aver commesso il fatto”. Tale sentenza di assoluzione con formula piena è
passata in giudicato ed è quindi definitiva.
Milano, 11 maggio 2011
Ufficio Stampa - Giuliano Pisapia
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Piero Bassetti dice al Corriere della Sera e a vari giornali la sua indignata opinione.
(Il Riformista, 12 maggio 2011)
Come giudica l'attacco sferrato da Letizia Moratti a Giuliano Pisapia nel corso del confronto su Sky?
L‟argomento di chi ha pochi argomenti. Giuliano Pisapia parlando del PGT ha evitato di evocare la bat-caverna del figlio della
Moratti. Lei ha detto una falsità perdendo il controllo di “clima”.La Letizia mi ha fatto pena, accettando di farsi strumento di
un‟operazione premeditata e maliziosa.
Il primo cittadino di centrodestra sembrava aver scelto un ruolo più moderato. Come si spiega questo affondo in
controtendenza rispettato al passato della campagna elettorale?
Verrebbe da dire che c‟è un po‟ di affanno sull‟esito. Il “tutto per tutto”, credo ordinato da Berlusconi, per non andare al
ballottaggio ha dei limiti. Oggi resi evidenti.
Mentre il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano chiede rispetto reciproco tra gli esponenti politici, a Milano le cose
sembrano andare diversamente.
Non mi pare per tutti. Noi (Iniziativa per il 51) rivendichiamo proprio la ricomposizione di un clima di rispetto. E abbiamo trovato
in Giuliano Pisapia un interlocutore affidabile.
Nel capoluogo lombardo c'è già stato il caso dei manifesti di Roberto Lassini. Perchè il Pdl e in particolare il presidente del
Consiglio Silvio Berlusconi continuano a calcare la mano sul fronte della giustizia?
Perché il tema è sentito dalla gente, molti hanno avuto problemi e talvolta anche guai immeritati. Ma farlo diventare “il problema”
della campagna elettorale a Milano è offendere la qualità degli argomenti da cui dipende il futuro dell‟Amministrazione della città.
Guadagneranno più voti?
Ma ne perderanno pure, con „sti sistemi.
L'anima moderata di Milano voterà per Pisapia?
L‟importante è che l‟anima moderata – che ha varie connotazioni – consenta di semplificare il confronto portandolo al ballottaggio.
Lì ci saranno due visioni che dovranno pure un po‟ convergere, proprio su quell‟elettorato indeciso e con propensione
all‟astensione. Chi ha alzato illogicamente i toni ora sarà in quel momento penalizzato.
Dove seguirà i risultati elettorali?
A casa, con mia moglie. Che è meno moderata di me.
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L’appello dei “51” sul Corriere della Sera – 13 maggio
Il 13 maggio una mezza pagina del Corriere della Sera, due giorni prima del voto, pubblica –
a pagamento sottoscritto dai firmatari (divenuti nel frattempo 101) l‟appello “Care e cari
milanesi”. E‟ l‟efficace sintesi di una riflessione che guarda al ballottaggio e che esprime
sentimenti diffusi nella classe dirigente e nella società civile milanese.
Corriere della Sera, venerdì 13 maggio 2011
Care, cari milanesi
dopodomani si vota, a Milano come in altre città italiane.
Per qualcosa che da sempre ci sta a cuore:
il governo non solo dei luoghi di vita e lavoro, ma anche dell‟ambiente e della salute,
della condizione del nostro benessere, del sistema che ci assicura coesione e sviluppo.
Salute, benessere, coesione e sviluppo non sono beni garantiti.
Se quel governo manca gli obiettivi, tradisce gli elettori, si dimostra incompetente,
possono trasformarsi in malessere e crisi.
Noi non siamo candidati, pochi di noi hanno oggi una vera e propria militanza politica,
viviamo nella società delle professioni, nel campo della ricerca e dell‟università,
nelle imprese, nell‟associazionismo sociale ed economico.
Molti di noi hanno servito istituzioni, governo, parlamento, regioni, la nostra città.
Con esperienze che ci aiutano a capire chi promette a vanvera per cercare voti e consenso
e chi metterà tutto il suo impegno per assicurare un patto tra istituzioni ed economia e a
migliorare i nostri prossimi anni.
Facendo dell’attrazione delle risorse un obiettivo per mantenere la competitività.
Facendo dell’Expo una cosa seria e non una corsa per posti senza ricadute utili.
Facendo dell’ambiente un bene da salvaguardare per noi e i nostri figli.
Facendo della cultura un valore e un simbolo.
Facendo della solidarietà un vanto collettivo.
Abbiamo ascoltato personalità di questa città, con prolungate esperienze nelle istituzioni,
farci un discorso chiaro: “la società civile di questa città ora è per il cambiamento”.
E‟ per il cambiamento perché, dopo venti anni di governo di una parte politica,
le coalizioni mostrano debolezze e vizi, incrostano poteri, esauriscono spinte propulsive.
Questa è la democrazia, quella liberale.
Quella dell‟alternanza, nel rispetto gli uni degli altri. Questo è il clima che vogliamo per Milano.
Non la rissa, l‟evocazione di fantasmi, la caccia ai nemici, le bugie premeditate.
Per nascondere poi quel clima di scarsi risultati, di errori, di manchevolezze visibili.
A Palazzo Marino l‟Amministrazione è depressa e irritata, non è più quella di una volta.
I provvedimenti sono oggetto di violente lotte di potere. Milano conta meno in Italia e nel mondo.
Sì, siamo per il cambiamento.
E abbiamo sottoscritto l‟appello di Piero Bassetti che auspica che il cambiamento avvenga ora.
Un cambiamento che si può manifestare con molti modi di votare.
Per un diritto a criticare le cose. Sapendo che vi sono le condizioni per un nuovo dialogo
tra Comune e cittadini, tra amministratori e sistema economico e professionale,
tra responsabili dei servizi pubblici e interessi di giovani, lavoratori, donne, famiglie.
Abbiamo letto i progetti di chi si candida a governare diversamente la città.
Troviamo alcuni di questi progetti sensati e interessanti. Al ballottaggio sarà il programma di
Giuliano Pisapia
a doversi confrontare con l‟attuale coalizione e a guardare ad alleanze più vaste.
Per cercare di rappresentare poi una vera maggioranza di cittadini e di interessi generali.
Molti di noi – così come molti giovani anche – credono meno alla rissa tra destra e sinistra.
E credono molto di più a chi da prova di mandare avanti la città (e anche il Paese).
Anziché fermare le cose, spesso per tornaconto. Ricacciando il bisogno di progresso e di futuro.
Che i più sperano di vedere presidiato da amministratori seri, come Giuliano Pisapia,
impegnati – secondo un‟antica tradizione di Milano – nel bene comune.
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Con Piero Bassetti, primo pres. Reg. Lombardia, già parlamentare e presidente Camera Commercio
e Valerio Onida, prof. em. Diritto Costituzionale Università Milano, già pres. Corte Costituzionale
Michele Achilli, architetto, già parlamentare di Milano
Guido Aghina, operatore culturale, già assessore Cultura Comune di Milano
Luigi Amman, progettista impianti, già consigliere comunale e presidente ATM
Giuseppe Amoroso, avvocato
Danilo Annoni, professore Dipartimento di Architettura Politecnico
Ezio Antonini, avvocato
Rosellina Archinto, editore, già consigliere comunale Milano
Mario Artali, vice-presidente BPM, già ad SME e già parlamentare di Milano
Guido Artom, già assessore Bilancio del Comune, già presidente Poldi Pezzoli
Giovanni Baccalini, già assessore Edilizia Comune di Milano
Claudia Balotta, professore Malattie Infettive, Facoltà Medicina Università di Milano
Giampiero Bellini, manager nel settore farmaceutico
Luca Beltrami Gadola, docente Architettura, imprenditore, editorialista Repubblica
Giuseppe Berger, collezionista d‟arte
Felice Besostri, avvocato, già parlamentare di Milano
Otto Bitjoka, presidente Fondazione Ethnoland
Sergio Bologna, storico movimento operaio e presidente LUMHI
Elio Borgonovi, professore Economia pubblica Università Bocconi Milano
Lorenzo Boscarelli, partner GEA, promotore Associazione Milano Riparte
Giovanna Bossotti, avvocato
Salvatore Bragantini, operatore finanziario, già commissario CONSOB
Mauro Buscaglia, direttore Maternità-Infanzia Ospedale San Carlo
Sandro Cabrini, architetto e pittore
Paola Calvetti, operatrice culturale e editoriale
Riccardo Cappellin, professore Economia politica Tor Vergata Roma
Claudio Casaletti, dirigente di banca
Mariagiulia Castagnone, direttore editoriale Piemme
Leonardo Castellano, fisico, già docente Fisica Numerica Univ. Milano
Piero Castellini, architetto
Giorgio Cavalca, dottore commercialista
Luigi Cella, avvocato
Daniele Checchi, preside Scienze politiche Università degli Studi Milano
Giovanni Cominelli, esperto politiche educazione, già cons. Regione Lombardia
Francesca Crippa Floriani, presidente Associazione Amici Fondazione Floriani
Achille Cutrera, avvocato, già senatore lombardo
Carlo dalla Chiesa, imprenditore
Remo Danovi, avvocato
Clara De Braud, docente Cattolica di Milano, segretario generale AICIB
Antonio De Lillo, preside di Sociologia Università Milano-Bicocca
Cesare Degli Occhi, avvocato
Carlo Dell'Aringa, professore Cattolica, membro CdA BPM
Andrea De Micheli, comunicatore, produttore di spot ed eventi
Davide Diamantini, docente Scienze Formazione Università Milano Bicocca
Ottavio Di Blasi, architetto
Lino Duilio, parlamentare, già dirigente Cisl e Inail, direttore Popolarea
Antonio Duva, giornalista, già parlamentare di Milano, già presidente AEM
Anna Paola Fascetti, collezionista arte
Giusi Ferrè, giornalista
Paolo Ferri, professore Tecnologie didattiche, Università Milano-Bicocca
Carlo Fontana, vice-presidente Fond. Balzan, già sovr. Scala e parlamentare Milano
Giuseppe Fossati, notaio
Mario Gandini, senior private banker Banca Ifigest
Mariapia Garavaglia, già ministro Sanità e presidente CRI, senatrice della Repubblica
Jacopo Gardella, architetto
Luciano Gattinoni, direttore Anestesia e Rianimazione Policlinico
Giovanna Giampà, avvocato
Linda Gilli, imprenditrice e manager
Umberto Giovine, consulente, giornalista, già parlamentare lombardo
Laura Hoesch, avvocato
Alessandra Kusterman, Direttore PS Ostetricia Ginecologia Mangiagalli
Lodovico Isolabella, avvocato
Gianni Locatelli, giornalista e manager, già dir. Sole24Ore, già dg della RAI
Susanna Mantovani, pro-rettore Univ. Milano-Bicocca, già assessore Educazione Milano
Francesco Marena, avvocato
Alberto Martinelli, professore Università degli Studi Milano, già preside Scienze Politiche
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Gianna Martinengo, imprenditrice nel settore ICT
Guido Martinotti, professore Istituto Italiano di Scienze Umane di Firenze
Piergiuseppe Merlo, dirigente di azienda
Agostino Migone de Amicis, avvocato, presidente Fondazione mons. A. Ghetti
Vincenzo Monaci, imprenditore, già commissario AGCOM
Paola Mosconi Galeazzi, ricercatore settore biomedico
Fabrizio Onida, professore Economia int. Università Bocconi, già presidente ICE e IRS
Fulvio Papi, filosofo, scrittore e giornalista
Luciano Pilotti, professore Economia imprese Università degli Studi Milano
Alessandro Profumo, banchiere
Paolo Prota Giurleo, imprenditore e manager, presidente Jakala Group, già ad Autogrill
Anna Puccio, manager
Pippo Ranci, professore Università Cattolica, già pres. Autorità energia elettrica e gas
Emanuele Ranci Ortigosa, direttore scientifico IRS, già presidente ACLI Milano
Bianca M. Ranzi Lebano, professore em. di Scienze, resp. Associazione Vozza M. Melloni
Sabina Ratti, dirigente di azienda
Carlo Alberto Rinolfi, manager
Stefano Rolando, prof. Univ. IULM, già dg Pres. Cons. Ministri e Cons.Reg.Lombardia
Sandra Rocchi, pubblicista e assistente sociale
Fulvio Ronchi, designer, docente di Identità visuale
Ennio Rota, medico, già presidente Legambiente Milano
Mario Sanchini, ingegnere
Fulvio Scaparro, psicoterapeuta
Piero Schlesinger, avvocato, professore em. Cattolica, già presidente BPM
Giovanni Scirocco, docente Storia contemporanea Università di Bergamo
Francesco Somaini, docente Storia medioevale, presidente Circolo Carlo Rosselli
Annamaria Testa, pubblicitaria, docente e saggista
Maurizio Trezzi, fisico, docente universitario comunicazione sociale
Giuseppe Varchetta, manager personale e organizzazione, docente Milano-Biciocca
Sergio Vicario, imprenditore comunicazione
Franco Moro Visconti, avvocato
Marco Vitale, economista, docente, già assessore Bilancio e pres. Ferrovie Nord.
Mario Viviani, avvocato, già CdA ISAP
Umberto Voltolina, ingegnere, presidente Fondazione Sandro Pertini.
Committenti responsabili: Franco d‟Alfonso e Pierfrancesco Barletta
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Ricadute, riprese di dibattiti, opinioni in rete
Appello ai naviganti (e un grazie)
Ho la sensazione forte di un movimento crescente di simpatia, quasi di euforia, attorno a Giuliano
Pisapia
Inviato da Franco Bomprezzi il 11-05-2011 alle 10:37
Oggi è mercoledì 11 maggio. Mancano davvero pochi giorni al voto milanese. Ho la sensazione forte di un movimento
crescente di simpatia, quasi di euforia, attorno a Giuliano Pisapia, che piace per la sua umanità, per la sua fragilità, per
la sua onestà, per la sua chiarezza semplice. Mi stupisce molto la partecipazione, ai tanti eventi di queste settimane, da
parte di cittadini di ogni età e di ogni ceto sociale. Vecchie barbe un po' imbiancate che rimandano a battaglie del
passato accanto a ragazze in leggins e sciarpa leggera arancione, donne che si vede che hanno appena finito di
lavorare (quanto sono stanche le donne milanesi oggi?), ragazzi che sorridono (!) quando ti incontrano. Volti puliti (ci
laviamo molto), stranamente sereni. Mai sentito rabbia, quasi sempre allegria, spesso ironia e leggerezza. Una
generazione di fenomeni. Un nuovo mondo, forse. E ora sono lì, sospeso tra la sensazione che forse dovrei fare ancora
molto per diffondere il materiale che suggerisce come e perché votarmi, e la convinzione che ora è il tempo solo del
passaparola convinto, ossia del libero ragionare fra amici, colleghi di lavoro, parenti, frequentatori di bar, magari anche di
happy hour. Questa Milano sorniona, un po' sciatta, è come una signora che non vuol far sapere i fatti propri. Ha le sue
idee, questa signora abbastanza benestante e un po' demodé, ma non ama rivelarle. Forse è pigrizia, forse è quieto
vivere. In questi giorni molti, secondo me, si stanno rendendo conto che hanno in mano, fra le dita, uno strumento per
giocare al cambiamento, e vedere l'effetto che fa. Ci stanno pensando: sanno bene che così Milano non va, non
funziona. E' grigia, priva di colore, triste (altro che letizia). Lo sanno, perché basta uscire di casa e vedere quel piccolo
degrado diffuso, in centro e in periferia, che significa soprattutto una cosa: la gente non sente la città come cosa propria.
Non ci mette amore, non si spende, neppure un minuto, per il proprio metro quadrato, o per quello accanto, non dico del
vicino, ma del passante. Viviamo senza progetto, come automi cronometrati per produrre qualcosa che ci consenta di
sopravvivere, non di vivere. E dunque adesso i milanesi ci stanno pensando, l'idea è suggestiva: andare in cabina
elettorale e, senza dirlo a nessuno, neppure agli amici più fidati, mettere una bella X sul nome di Giuliano Pisapia. Ci
vuole poco, giusto un pizzico di coraggio e di passione per il gioco. Non gioco d'azzardo, quasi un investimento sicuro,
questo i milanesi lo sanno bene. Pisapia è uno di loro, un borghese, di famiglia borghese, dai modi educati. Certo, è di
sinistra (e chi non vorrebbe, dentro di sé, essere almeno un po' di sinistra, senza che questo comporti la radiazione
sociale?). Ma Pisapia è di quella pasta di sinistra che sa di buono, di accettabile, di buon senso. Dalla parte di chi ha
meno, certo. Ma con l'occhio vispo rivolto al mondo, che chiede a Milano di essere competitiva, di essere sul mercato.
Ma non con merce vecchia o avariata, solo con prodotti nuovi, con se stessa, città ricca di cultura, di storia, persino di
fascino, di glamour, come si dice negli ambienti giusti. Questi sono i giorni del dubbio, del piccolo rovello mentale, prima
di decidere come votare e per chi. Allora, forse, ecco che la scelta di un nome, di un consigliere comunale della porta
accanto, o comunque di una persona che si conosce e si stima per davvero, perché la sua vita, la sua storia, parlano per
lui, e non c'è bisogno di manifesti con la faccia da pirla per dimostrarlo, può essere il grimaldello del cambiamento a
portata di coscienza. Mi piacerebbe essere dunque un ambasciatore di Pisapia. Votare me per avere meno paura di
cambiare. Chi mi conosce credo si fidi, sa quello che penso e quello che faccio. Ora chiedo ai naviganti di passare
parola agli incerti, agli indecisi, senza colpevolizzarli, con calma, pazienza, un sorriso, un po' di tempo da dedicare.
Come votarmi non è difficile. Grande scheda a lenzuolo, la si apre per bene, si scorre l'elenco dei candidati sindaci,
quando si trova l'ampio spazio di Giuliano Pisapia si mette una bella X sul suo nome, poi si scorre la fila dei simboli delle
liste che lo appoggiano, fino a trovare l'ultima del riquadro, quella con la scritta Milano Civica per Pisapia. La si riconosce
per quel bel simbolo del Duomo di Milano stilizzato, e colorato di arancione. Ci mettete un'altra bella X , giusto per non
sbagliare, e poi, con calma, scrivete a stampatello, con la matita copiativa che vi hanno dato al seggio, senza fretta,
perché il voto è una cosa seria, e importante: BOMPREZZI. Con due zeta, mi raccomando, e la "M" davanti alla "P",
come insegnavano una volta alle elementari. Grazie amici miei, grazie soprattutto di avermi aiutato, virtualmente, ad
affrontare in modo lieve questa nuova avventura della mia vita, una vita che non finisce mai di sorprendermi.
Elezioni a Milano
Nando Dalla Chiesa
15 maggio 2011
D‟accordo. E allora visto che finora non l‟ha scritto nessuno, diciamolo qui: a Milano erano decenni che non si
vedeva una qualità così alta dei candidati al consiglio comunale. Nel centrosinistra, si intende, perché dall‟altra
parte sembrano obbligati a tirar fuori dal cilindro conigli sempre più spelacchiati. Nelle case, nei gruppi di amici,
circola da settimane sempre la stessa battuta. Non si sa per chi votare. E non per l‟impresentabilità o la mediocrità
delle candidature, ma per l‟abbondanza di quelle buone. Ce n‟è per tutti i gusti. Buoni o ottimi consiglieri comunali
uscenti, professionisti, intellettuali, ecologisti; esponenti delle associazioni di volontariato più prestigiose o outsider
delle associazioni giovanili più effervescenti. Mai tante persone note della società civile organizzata avevano dato
la disponibilità a metterci la faccia. Non i nomi grandissimi, i mostri sacri usati ogni tanto come specchietto per le
allodole, sapendo che avrebbero prima o poi dato le dimissioni o che non si sarebbero impegnati. Ma i nomi di livello,
conosciuti e apprezzati nei cosiddetti mondi vitali: la scuola, l‟università, la musica, i comitati di quartiere, le
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comunità di recupero, le libere professioni. Molti i giovani, e non i portaborse dei deputati, ma i giovani veri, quelli
che si guadagnano sul campo la stima dei loro coetanei. Per questo non girano molte sponsorizzazioni dei singoli
candidati. Per non dispiacere ad altri che meriterebbero appoggio uguale o maggiore. Lo stesso succede nei consigli di
zona, di solito improbabili arene per perfetti sconosciuti. E anche i comuni dell‟hinterland (in particolare Rho, quasi
sessantamila abitanti) vivono uguale, spumeggiante stagione. E d‟altronde non si era avuto il primo segnale proprio
con la candidatura alle primarie - spontanea, non contrattata- di tre grandi professionisti come Giuliano Pisapia,
Valerio Onida e Stefano Boeri? In autunno purtroppo, presi dalle polemiche intestine, non si è saputo trasmettere
all‟esterno il grande valore di quella competizione. Oggi si capisce che è stata la prima spia del cambiamento. Un
cambiamento importante. Vuol dire che Pisapia non è il candidato di bandiera con cui nascondere o compensare una
politica mediocre, ma il punto più alto di una risalita collettiva. Che il deserto politico sofferto da Milano dopo
Tangentopoli si va riempiendo, e non raschiando nelle nomenclature di partito, ma grazie a linfa ed energie nuove.
Comunque vada a finire, non ci sarà più l‟usa e getta, il ricomincio da tre. Perché sta nascendo qualcosa di nuovo.
Con una unità di consensi, dalla borghesia moderata, quella vera, ai centri sociali, che non è mai stata così ampia.
Hanno ben scavato, per giungere a questo risultato, l‟amministrazione Moratti, il delirio berlusconiano, la xenofobia
leghista. E ci ha messo del suo Giuliano Pisapia, difensore dei ragazzi di Bolzaneto ma gradito alla classe dirigente
colta della città, compresi alcuni suoi segmenti ex socialisti.Avremo il giudizio di Dio per Berlusconi? Oppure bisogna
“solo” scegliere tra Moratti e Pisapia? Su questo c‟è ampia discussione. In città e a livello nazionale. Ma a Milano, dove
ben si conosce lo strapotere del capo del governo quando riesce a imporre il vento delle ideologie e degli scontri
epocali, la maggioranza della sinistra pensa che sia meglio, molto meglio tenere i toni bassi, quasi far finta che non
si vada a votare. Non è un caso se la destra vuole parlare, come nel ‟93, di centri sociali e di pericolo comunista; o se
il suo leader farnetica di bierre in procura, o di sinistra che non si lava. Meglio, molto meglio parlare delle buche: già,
le infinite e clamorose buche nelle strade che danno tanto fastidio pure a Bossi. E anche dei i buchi vertiginosi nei
conti delle società collegate al Comune. Dei servizi che peggiorano. Di una valanga di metri cubi in verticale dove
nessuno andrà mai ad abitare o a lavorare, ma che stanno soffocando ogni spazio della città. Meglio parlare del
bisogno di cultura, di buona creanza e di solidarietà, perché quando è troppo è troppo. E ricordare che la politica è
nata in fondo per sottrarre le società all‟imperio dei ricchi mentre qui una coppia di ricchi, Berlusconi e Moratti,
pretende per sé pure la politica.
Che dietro i due candidati principali ci sono mondi diversi. Chi vuole restituire decoro civile a Milano, chi la vuole
servire, insomma, e chi vuole servirsi di Milano per arricchirsi e arricchire gli amici. L‟effetto sarà nazionale, non c‟è
dubbio. E ci mancherebbe. Ma è su questo che si vota.
http://www.linkiesta.it/blogs/cammello-l-ago-e-mercato/bancomat-letizia-e-le-tasche-dei-milanesi
Blog Il cammello, l'ago e il mercato
Il bancomat di Letizia e le tasche dei milanesi
Salvatore Bragantini
11 maggio 2011
Davanti ad una richiesta del Sindaco Moratti che trovava eccessiva, il ministro Tremonti sbottò a dire: "Letizia, il
governo non è tuo marito", con trasparente riferimento alle fortune economiche della di lei famiglia acquisita. Queste
fortune le servono certo nella campagna elettorale di Milano, dove la sua immagine deborda da ogni muro, schermo
Tv, o radio. Si vede che la legge che imponeva dei tetti di spesa, concepita da un'Italia più civile per evitare la vittoria
di chi ha semplicemente più soldi da spendere, proprio non vige più! Ma siamo davvero entrati a tutti gli effetti,
nell'era della vittoria del più ricco? Aspettiamo a vedere cosa succederà il 16 maggio, a Milano e altrove.
A sostegno della berlusconiana Moratti, intanto, Berlusconi ha inviato a tutti i milanesi una lettera nella quale tocca
vette di rara inciviltà politica. Parte dicendo: “La nostra scelta è quella di riconfermare Letizia Moratti”; qui forse è
superfluo far notare che il presidente del Consiglio dei ministri pro tempore (PDCMPT) non può “riconfermare” il
Sindaco di una città, fosse pure Pizzighettone. Il bello però deve ancora venire: dopo aver elencato i presunti successi
del Sindaco, fra cui quello di non aver messo “le mani nelle tasche dei milanesi”, il PDCDMPT della Repubblica
Italiana attacca “l'altra parte” in questi inauditi termini “Introdurranno (col che fa capire di aver timore di perdere,
nota mia!) l'addizionale comunale sull'Ici per le attività commerciale e artigianali e tutte le tariffe e i tributi locali.
Vogliono la liberalizzazione delle droghe, le moschee nei quartieri, vogliono Milano città aperta ai clandestini e ai
campi Rom”.
Immagino che la compunta maestrina Moratti sarà avvampata di rabbia; chissà quanta fatica le sarà costata mordersi
la lingua per restare zitta e mostrarsi superiore a questa prosa barbara, a questa volgarità da club ultrà milanista, lei
interista (sempre per matrimonio).
Cosa ha fatto, però, il Comune di Milano per “non mettere le mani nelle tasche dei milanesi”, per citare il PDCDMPT?
Il Sole 24 Ore di ieri, in un bel pezzo leggibile anche online, dà conto della messe di dividendi che le ultime
amministrazioni comunali hanno estorto alle società partecipate. In sostanza, per non mettere le mani nelle
tasche dei milanesi, il Comune ha messo le mani nelle casse delle società dei milanesi, spremendole come limoni.
Queste, per fronteggiare tali esborsi, devono fare i salti mortali.
Volete un esempio di queste acrobazie? Lo troviamo nel caso della Sea, la società comunale che gestisce gli aeroporti
milanesi. Per evitare di mettere le mani etc etc., il Comune vuol vendere parte del suo pacchetto azionario. C'è però
il rischio che, in questi termini, il ricavato della vendita del pacchetto non possa andare a coprire le spese correnti;
dovrebbe andare ad investimenti, in una buona amministrazione, vero? Non è il nostro caso, evidentemente. Questo,
però non è ostacolo davanti al quale tremino i consulenti dell'amministrazione comunale che ha prima negato, poi
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nascosto, poi alfine ammesso, lo scandalo derivati denunciato a lungo e inutilmente da Davide Corritore. Serve un
piccolo gioco di prestigio, roba da fiera paesana. Pronti!
A) La Sea paga un maxi dividendo straordinario, così rimpinguando le casse del Comune e rinviando un aumento delle
tasse comunali.
B) La Sea chiede al mercato finanziario un aumento di capitale per azzerare il debito contratto per pagare il maxi
dividendo.
C) Il mercato subentra quindi al Comune, da quale di fatto rileva una quota di minoranza.
Il trucco è semplice; il dividendo è un provento corrente e fronteggia spese correnti. Basta allora travestire una
vendita da dividendo, e il gioco è fatto. E l'anno prossimo? Domani è un altro giorno, l' anno prossimo chi vivrà, cioè
chi vincerà, vedrà. Sono uomini, e donne, del fare, loro operano, ma in base al noto motto del PDCMPT: che anche i
milanesi abbiano l'età mentale degli undicenni.
Se le tasche dei cittadini, svuotate di nascosto da questi giochi di prestigio, sono invece piene di questa politica, lo
sapremo il 16 maggio.
Un ampio contributo del prof. Guido Martinotti
Cari Amici,
era inevitabile che mi rivolgessi nuovamente alle persone alle quali avevo scritto qualche settimana fa. Mi scuso
nuovamente. Credo che abbiate tutti seguito le vicende della campagna per le elezioni del 15 e 16 Maggio – stento a
chiamarle amministrative: non lo sono mai o quasi, ma questa volta men che meno – e non sto quindi a ripetere cose
note. Voglio però sottolineare che, indipendentemente dall‟esito è successo qualcosa di importante nella nostra città
Per la prima volta in anni un ampio schieramento che non è di sinistra e neppure di centro sinistra, si è trovato
unito nel sostenere un candidato che non è l‟espressione di un partito in particolare, ma che è riuscito a
convogliare i consensi di diversi partiti della sinistra, ma non solo.
Massimo Cacciari non è l‟unico a sostenere che senza una alleanza con il centro la sinistra non può vincere: i numeri
gli danno ragione, ma l‟elettorato non è un abaco con le palline che si lasciano mettere in fila facilmente, perché non
sono di legno,ma di mercurio. Questa strategia è stata seguita almeno due volte in passato a Milano, e non è riuscita a
raccogliere un numero sufficiente di voti del centro, da compensare la perdita di consensi delle porzioni
dell‟elettorato che si erano sentite escluse, e forse anche tradite.
Oggi Pisapia è riuscito a convogliare su di sé molti consensi di ceti e gruppi che non si riconoscono normalmente
in raggruppamenti di sinistra, senza perdere la sua identità di persona progressista di pensiero e moderata nei
modi e nei valori. In questo riuscendo a percorrere buona parte del percorso astratto che Cacciari delinea, ma
evitando le scelte concrete da lui proposte (la candidatura di Albertini) che avrebbero, come in passato, implicato lo
spostamento di un elettorato che si riconosce in valori progressisti su candidati o forze politiche di centro. Non, come
mi sembra sia riuscito a fare Pisapia ad attrarre su temi progressisti persone, gruppi e ceti normalmente di centro
moderato, ma profondamente disgustati del comportamento sguaiato e indecente della compagine Moratti. In questo
la presenza del nuovo raggruppamento politico, il terzo polo, ci aiuta a definire un confine preciso e ad evitare
confusioni.
Con il Terzo polo si potranno eventualmente, al caso, stabilire alleanze, fa parte del gioco, ma è comunque
prematuro discutere ora questo argomento. Il percorso fatto da Pisapia è importante in se, ha fatto emergere una
Milano stanca del teatrino della politica berlusconiano e del circo mediatico della Moratti. Ma è sufficiente perché
Pisapia vinca e, in primo luogo, riesca a impedire alla Moratti di superare il 50% al primo colpo?
Speriamo di sì, ma non lo sappiamo e in larga misura dipenderà da ciascuno di voi o, se preferite, di noi e
dall‟impegno che ognuno di noi vorrà e potrà dedicare alla campagna e al convincimento degli indecisi.
Una buona notizia: questi indecisi, almeno per me, questa volta sono piuttosto difficili da trovare.
La cattiva notizia: dobbiamo darci da fare e muovere qualche passo fuori dalla porta. Ma ne vale la pena.
Siamo sul filo di lana perché anche dall‟altra parte ci sono novità.
Il blocco che ha fatto vincere l‟ultima volta la Moratti, con non tantissimi voti in più di un candidato che negli
ultimi giorni della scorsa campagna era stato ignominiosamente abbandonato da quegli stessi partiti e
sindacati che l‟avevano proposto, non è più lo stesso. Una parte si è staccata, grande o piccola che sia lo
vedremo, ma il fatto in sé è importante.
Anche se la cosa più importante, io credo, è che le porzioni di elettorato più eticamente avvertite della Lega
e degli alleati della Moratti non possono essere indifferenti alla “immoralità di alto (si fa per dire) bordo” e
alla “eversione dall‟alto”, cui abbiamo assistito in questi giorni, e sicuramente non è finita. Nessuno si
scandalizza se in una campagna elettorale si menano fendenti. Fa parte della regle du jeu, ma qui la tecnica
della violazione dei limiti è diventata veramente insopportabile. Un Primo Ministro ridotto a dire che i suoi
avversari non si lavano, è innanzitutto un povero cristo, e se riceve qualche applauso da una platea di coatti
le cose non migliorano di molto.
Non c‟è molto da aggiungere alla vicenda Moratti-Pisapia, chi aveva una minima capacità di intendere ha inteso
benissimo. L‟esponente milanese della Lega Nord Matteo Salvini, da molti considerato come il probabile
vicesindaco in caso di rielezione della Moratti, ha infatti dichiarato giovedì a “Un giorno da pecora”
(Radio2):“Pisapia era un ladro in primo grado ma è stato assolto, quindi la Moratti ha detto una bugia”,“Quindi
la Moratti è bugiarda?”,“Si, visto che gli atti giudiziari sono quelli”. Noto solo che nel dopo-gaffe, la signora
Brichetto ha cercato di salvarsi sostenendo che si trattava di un giudizio “politico”, parola ripetuta come una
macchinetta, ma io credo che si sia solo tirata la zappa sui piedi, perché ha ribadito la premeditazione e nei
reati
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La signora Santanché si è presentata in televisione ad AnnoZero dicendo una tale serqua di falsità, tutte
scoperchiate durante la trasmissione, che avrebbero tacitato un automa con la faccia di molibdeno.
Prima accusa Manfredi Palmeri, capo del terzo Polo, di essere stato di Alleanza Nazionale: giunge poco dopo
la smentita. Quisquilie, volevo dire Forza Italia.
Poi si lancia in una filippica contro Casini accusandolo di essere ondivago, purtroppo nessuno dei presenti o
per tardità o per signorilità le fa presente che lei aveva detto che non “l‟avrebbe mai data a Berlusconi. Non
si sa se poi abbia cambiato opinione su tutta la linea o solo politicamente. Poi si lancia in una invettiva
contro i salotti (i famosi salotti! Ma dove cavolo stanno?) e di nuovo i presenti sono stati così signori che
obliano di ricordarle gli anni di Billionaire e la frequentazione del supersalotto milanese della Letizia Moratti
dove si tengono persino le riunioni del governo della città. Ultima clamorosa figuraccia: sventolando una
pagina di Repubblica in cui si vede sventolare in un angolo di una piazza con 25mila persone una (di numero)
bandiera che la Santanchè mette sotto il naso dei suoi contradditori e comincia a strillare, ovviamente rivota
soprattutto a Gad Lerner, “ E‟ la bandiera di Hamas! E‟ la bandiera di Hamas! Che vuol distruggere lo Stato
di Israele!”. A parte il fatto che qualcuno un giorno mi dovrebbe spiegare come mai sono diventati tanto
filoisraeliani questi borghesi di destra che sono gli unici a raccontarsi le barzellette contro gli ebrei (vedrete
che prima o poi ne scapperà una anche al B.), purtroppo agli astanti è mancata la prontezza di spirito di
stopparla subito facendole notare che in una piazza con 25.000 persone una bandiera non la può controllare
nessuno. Così è andata avanti un bel pezzo, prima che Santoro ricevesse la informazione che non era la
bandiera di Hamas, ma di una NGO che aiuta gli abitanti di Gaza e che, udite udite, il logo sulla bandiera
l‟aveva disegnato Vauro. Ma la signora non si è scomposta e sfoderando uno chutzpah in lega ha cominciato a
insultare Vauro dicendogli che aveva le mani sporche di sangue. Per un momento ho temuto che il pugno di
Vauro si abbattesse sul volto imbellettato, meno male che si è trattenuto: si sarebbe fatto male alla mano. Il
conduttore di prima pagina del venerdì mattina, rispondendo alle domande di una ascoltatrice che diceva di
provare vergogna, ha detto due volte che si trattava di “indecenza”.
Ed è proprio questo il termine esatto, noi vogliamo una città decente.
Che vuol dire decente? Viene dal verbo latino Decére, convenire e da una radice greca e sanscrita che contiene il
senso di onore, riconoscere limiti comuni. Ed è proprio la decenza che manca a questa destra impunita che non
riconosce alcun limite comune, ma definisce un proprio confine in cui tutto è permesso purché serva a far vincere
consenso. Mancanza del senso dell‟onore, che sconfina ne ridicolo, perché se non riconosci limiti comuni (cum-venire,
convenienza) puoi anche non accorgerti che qualcosa che narcisisticamente ritieni spiritoso o divertente, da altri
punti di vista è ridicolo o grottesco. Pensate alla battuta assolutamente cretina oltreché come sempre di cattivo
gusto, di Berlusconi sulla Jervolino che è sempre triste perché la mattina si guarda nello specchio. Tutti pensano
subito che lui di questo sentimento se ne deve intendere, ammenocchè non abbia fatto velare di nero tutti gli specchi
i casa sua. E‟ patetico, oltreché leggermente ripugnante a un occhio normale il modo con cui B. si atteggia a giovane
zanza.
Nelle ultime ore credo che dobbiamo tutti impegnarci: ricordo che Aldo Aniasi, che di faccende elettorali si
intendeva, diceva sempre che negli ultimi giorni occorre attaccarsi al telefono e ricordarsi di tutti, la ex-fidanzata,
una vecchia zia odiosa, il portinaio, un compagno di scuola dimenticato da anni eccetera. Fateli votare. I sondaggi
sono abbastanza concordi nel dare un testa a testa e nella elevata probabilità del ballottaggio, che rimetterebbe
molte carte in gioco. Si parla di “colpo maestro” di Santanché e Berlusconi per guadagnare i voti degli occupanti di
costruzione abusive. Ma questi colpi maestri costano caro. Chi ha vissuto la seconda guerra mondiale ( o ne ha letto,
per esempio l‟eccezionale De Profundis di Satta) sa che Mussolini fece, con grande successo, di tutto, per non fare
sentire gli italiani in guerra, tanto che a due anni dall‟inizio della guerra non aveva ancora introdotto il razionamento
(unica nazione in Europa, con il solito mantra che sentiamo anche ora tutti i giorni e cioè che noi stiamo meglio degli
altri) poi vennero i primi bombardamenti su Milano (ottobre ‟42) e una inflazione devastante, perché l‟Italia non
aveva riserve e si era mangiato tutto il mangiabile nei due anni di berlusconiano e ilare mussolinismo.
E‟ vero che il tema delle costruzioni abusive (che per anni i sociologi da campo hanno chiamato “autocostruzioni”) e
dei loro abitanti è un problema serio, e la sinistra avrebbe dovuto occuparsene, almeno come attenzione per le
famiglie sfrattate, ma con il metodo Sun-ki-mi di Berlusconi gran parte delle città italiane rischiano di assomigliare
ad Abbottabad.
La Lega lo ha capito subito e su questo come su molti altri temi si è smarcata.
La verità è che la base leghista vuole una società decente e odia Berlusconi e la Moratti non meno degli elettori di
sinistra, ecco perché il voto disgiunto sarà piuttosto frequente. Pare che molti leghisti siano inclini a votare Lega e
Pagliarini, ma ne ho trovati che non disdegnano una accoppiata Salvini/Pisapia. Ho scritto una lettera agli amici
leghisti su Arcipelago, e vi incollo qui la parte finale.
“Guarda, caro Armando, io so benissimo che quei 3 o 4 milioni d‟italiani che votano o simpatizzano per la Lega,
Berlusconi non lo possono vedere, proprio come succede a me. E‟ facile saperlo perché basta ricordarsi cosa ha
sempre detto Bossi di Berlusconi e fino a una certa data a Gemonio, patria del Bossi, sul muro della cartiera SoffriciBinda, un bel 100metri di muro, proprio di fronte al semaforo del bivio da Laveno c‟era scritto “Berlusconi terrone”,
definizione quanto mai appropriata e l‟insulto peggiore che nella Lega si può immaginare. Poi Bossi ha fatto la
famosa visita ad Arcore in canottiera e ne è uscito vestito da Boggi, con un bel pacchettino di fogli firmati e,
supponiamo anche qualche soldino, non per lui che fino a prova contraria è morigerato, (salvo raccattare qualche
cadreghino per la famiglia, ma lo fanno tutti!) ma per ripianare la voragine che alcuni dei vostri dirigenti avevano
fatto con i vostri soldi. Ma ora siete costretti a sostenerlo e a mangiare delle catene belle arrugginite come i 500
milioni per sabotare il referendum sul nucleare, che voi non volete e che ve lo infileranno di nuovo dal di dietro tra
un paio d‟anni, e i 3 milioni per comperare i nuovi sottosegretari (ma non vi lamentavate del governo Prodi che di
sottosegretari ne aveva troppi?) e gli stipendi con i soldi nostri e vostri per dare un posto gratis (per lui) a
massaggiatori e massaggiatrici della sua casa.
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Insomma, caro Armando, se proprio volete mandare Berlusconi a casa dovete votare contro la Moratti: votate il
vostro candidato preferito della Lega per il Consiglio Comunale, ma votate un altro candidato sindaco – a me sembra
che Pisapia dovrebbe andarvi bene, ma non importa, basta che non sia la Moratti. Così si prendono due piccioni con
una fava: si manda a casa la Moratti e il Berlusca, come tutti voi o quasi desiderate fare, e date voti in più alla Lega.
Senza Berlusconi la Lega può ricominciare a pensare più liberamente alle proprie idee e non deve pagare il dazio
morale in cambio dei bigliettoni. La Lega ha qualche buona idea, ma gli assegni li ha il Berlusca e fin che va avanti
così, decide lui e voi dovete abbozzare.”
Citato da http://www.arcipelagomilano.org/archives/category/06
Il problema è che POCHISSIMI conoscono il meccanismo del “voto disgiunto”, che è stato bene illustrato da Valerio
Onida nel suo messaggio circolato alcuni giorni orsono. In chiusura alla riunione di L&G allo spazio Crizia ho
menzionato il meccanismo del VOTO DISGIUNTO, che ovviamente ha un senso quantitativamente significativo solo per
indecisi simpatizzanti della destra e soprattutto della Lega (l‟inverso è molto improbabile). MOLTI NON NE AVEVANO
SENTITO PARLARE E SONO CADUTI DALLE NUVOLE. Invece occorre fare il possibile per far sapere agli indecisi che
esiste anche questa possibilità .
Fate il possibile e IN BOCCA AL LUPO,
Aver messo una "comunicazione pubblica" sul Corriere comporta anche ricevere dissensi. Metto in
rete - per trasparenza e attaccamento all'idea della democrazia liberale - l'opinione del signor Giorgio
Bruni (in arte George Brown) che così scrive:
Da: George Brown <[email protected]>
Date: 15 maggio 2011 12:35
Oggetto: democrazia liberale
A: [email protected]
Cari finanzieri e prof universitari,l'intenzione di affidare le sorti della "democrazia, quella liberale" (citazione testuale
dal vostro proclama sul Corriere) ad un comunista dichiarato di vecchia data come Pisapia fa proprio ridere. Con
profonda disistima,
Giorgio Bruni, Milano
Su Facebook oggi
15 maggio 2011
Marcello Gobbi
Vi chiedo cortesemente di prendervi due minuti e di leggere attentamente le parole del grande Michele Serra perché
sono parole durissime ma molto toccanti, Il Giornale ha veramente passato il segno
Michele Serra da La Repubblica del 15 maggio 2011
“Se i figli delle vittime difendono i carnefici: Tobagi Alessandrini e Rossa stanno con Pisapia amico dei terroristi che
uccisero i loro genitori”. Vi prego di annotarvi questo titolo (prima pagina del “Giornale” di ieri) che è riuscito, dopo
una vita che leggo i giornali, a farmi venire le lacrime agli occhi dal dolore. Avrei preferito scrivere: dall´ira, o dal
disgusto. Ma era proprio dolore, dolore per la morte profanata, per gli affetti sconciati, per la verità brutalizzata, per
quei tre padri e quei tre figli. Tre padri di sinistra (il socialista Tobagi, il comunista Rossa, il magistrato progressista
Alessandrini) ammazzati dal terrorismo rosso che odiava la sinistra democratica quasi quanto la odiano, oggi, quelli
del “Giornale”. Tre figli rimasti di sinistra anche in memoria di quella lotta per difendere lo Stato e la democrazia,
anche per onorare i loro padri. Che oggi si sentono rinfacciare di “difendere i carnefici dei loro genitori” – non so se
riuscite a cogliere la leggerezza dell´accusa, ad apprezzare lo stile raffinato – perché votano a sinistra e non a destra,
come farà mezza Milano, mezza Milano dunque “amica dei terroristi”. Perché comunisti, sinistra, terroristi, brigatisti,
per questi avvelenatori della memoria, della storia, della politica, del giornalismo, sono la stessa cosa, lo stesso
infame branco da spazzare via, come ripete del resto da vent´anni il loro capo. Mi chiedo quanto irrisarcibile,
incolmabile odio possa partorire un titolo così.
Stefano Rolando
Si, c'è un pensiero che da anni accompagna molti di noi. Il vero nemico dei terroristi e dei reazionari è da anni la
sinistra moderata, riformista, democratica. Piombo di pistole o piombo di tipografia fa lo stesso.
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Pisapia-Moratti, sette punti di distacco – Analisi del voto
Il 17 maggio acclarati gli esiti del primo turno una prima analisi del voto scritta da Marco
Vitale per l‟Espresso
l’Espresso
Milano 17 maggio 2011
GRAZIE MILANO!
Marco Vitale
L‟esito del primo turno delle elezioni comunali a Milano ha sorpreso tutti, non solo i sondaggisti ma anche i più stretti
collaboratori di Pisapia nella campagna elettorale. Con l‟eccezione di Berlusconi tutte le persone informate sugli
umori cittadini erano convinti che si sarebbe arrivati al ballottaggio, ma nessuno pensava di vedere Pisapia
saldamente in testa. Dunque, grazie Milano!
Mi sembra che i punti chiave per cercare di capire cosa sta succedendo siano quattro:
1) Insoddisfazione per la gestione di Suor Letizia
Non vi è dubbio che l‟esito di questa tornata elettorale esprima una larga insoddisfazione per la gestione
Moratti. Questa non è una sorpresa ma era stata già misurata alcuni mesi fa anche da ricerche di opinione.
L‟insoddisfazione è certamente giustificata perché l‟unica cosa positiva che ha fatto la Moratti è stata l‟Expo
2015, che resta un importante risultato per la città ma che è stata gestita nel modo peggiore possibile. Qui la
responsabilità non è solo della Moratti ma la stessa ci ha messo molto del suo. Inoltre è stato un errore
schiacciare la prospettiva della città solo nell‟indirizzo strategico dell‟Expo che, pur importante è, da solo,
limitativo per Milano. Quindi questo voto esprime una ribellione contro il vuoto strategico, contro un piano
territoriale al servizio esclusivo o quasi della cementificazione ulteriore della città, all‟insufficienza degli
interventi in materia di ambiente e mobilità e tante altre cose che rendono l‟abitabilità di Milano sempre più
insoddisfacente. Sarebbe ingiusto dimenticare che sono state fatte anche alcune cose positive, soprattutto
nel settore degli affari sociali dove c‟è un assessore competente e positivo. Ma si tratta di troppo poca cosa
a fronte della montagna di negatività.
2) Svolta politica
L‟insoddisfazione per la gestione Moratti non sarebbe stata peraltro assolutamente sufficiente a determinare
la svolta importante che il primo turno elettorale ha evidenziato. Qui siamo di fronte a una vera e propria
svolta culturale e politica. Milano, città inserita in tanti nodi internazionali, ha capito che la combinazione
micidiale di un populismo plebeo (Lega) e di un populismo plutocratico (Berlusconi) la stava portando in una
direzione non soltanto contraria al suo DNA ma contraria ai suoi interessi. Perciò Milano si è ribellata a questi
due populismi e ha ricominciato a pensare. Questo era percepibile già da almeno un anno e forse qualcosa di
più per chi è attento ai movimenti profondi della città. La sensazione precisa la si è avuta quando il Corriere
della Sera lanciò il Manifesto per Milano che suscitò un interesse e delle reazioni molto superiori a quelle che
si attendevano. E nel frattempo si andavano organizzando piccoli centri di opinione, associazioni culturali e
soggetti dove si è ricominciato a pensare la città e il suo futuro. Credo poi che abbia avuto un peso
importante l‟estremismo dei “moderati”. Milano città moderata e responsabile ha respinto quelle forme di
estremismo dei “moderati” che hanno contraddistinto la campagna elettorale e il periodo immediatamente
precedente. I manifesti che chiedevano l‟espulsione delle BR dagli uffici giudiziari sono stati un boomerang
pesantissimo, così come un boomerang pesantissimo sono state le concioni che Berlusconi ha rifilato a
quattro sfegatati sostenitori di fronte al Palazzo di Giustizia. Così come un autogol micidiale è stata la
calunnia lanciata da Suor Letizia contro Pisapia che si era comportato durante tutta la campagna elettorale
come un gentiluomo quale è. Questa svolta culturale e umorale della città è un dato acquisito, è un dato
molto buono non solo per Milano ma per tutto il Paese e il fatto che Pdl e Lega si rifiutino di guardare dentro
le vere ragioni della svolta ma si attacchino a spiegazioni superficiali e quasi tecnicistiche è un elemento di
conforto per chi crede che questa svolta sia positiva. Comunque vada a finire grazie ancora Milano !
3) Corretto posizionamento di Pisapia
Pisapia si è collocato bene e si è mosso molto bene sin da quando è sceso in campo anticipatamente in vista
delle primarie ha saputo senza tradire le sue radici di sinistra, proporsi come una persona capace di unire
componenti diverse della città, senza farsi mettere il cappello in testa da nessuno dei partiti. Nemmeno da
quelli, come il PD, che sin dall‟inizio, hanno cercato di boicottarlo. I maldestri tentativi di mettere su Pisapia
un cappello partitico sono subito ricominciati dopo la vittoria al primo turno ma sono molto fiducioso che
Pisapia continuerà a respingerli. Pisapia è stato equilibrato e il suo equilibrio ha fatto risaltare ancora di più
l‟estremismo dei “moderati”. Ha cercato di parlare al popolo vero e ci è riuscito ed ha cercato anche di
parlare con la parte più sofisticata e professionale e ci è riuscito anche se solo in parte.
4) La borghesia si muove
Il corretto posizionamento di Pisapia non sarebbe peraltro stato sufficiente a chiudere il cerchio se una parte
significativa della borghesia professionale responsabile alla fine non avesse preso l‟iniziativa di muoversi lei
verso Pisapia. Il più vistoso e il più utile di questi movimenti è stato quello del Gruppo dei 51 promosso
soprattutto da Piero Bassetti che ha avuto un ruolo molto importante. Molti di quelli che si sono riuniti nel
“Gruppo dei 51 attendevano una presenza forte e chiara del Nuovo Polo. Questa non c‟è stata e man mano
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che il tempo passava la delusione cresceva. E quando si è capito che il Nuovo Polo non era ancora maturo per
una azione seria allora ci si è mossi verso Pisapia con l‟obiettivo di unire le forze in un movimento trasversale
civico e vincente di rinnovamento della città.
Questi sono i quattro punti chiave che in connessione tra loro spiegano ciò che è avvenuto e ciò che sta avvenendo.
Ciò che è avvenuto è già molto importante ed è una acquisizione definitiva per il rinnovamento di Milano e io credo
attraverso Milano dell‟intero Paese. Ma forse le cose sono messe in modo tale che, se non si fanno sbagli, se si
mantiene alta la tensione morale e intellettuale e l‟impegno operativo la Milano del rinnovamento può vincere e
consolidare quindi tutto il lavoro fin qui svolto. Ma è importantissimo che Pisapia e gli uomini che gli sono più vicino
capiscano la differenza tra vincere una tornata elettorale e costituire un nuovo blocco sociale e culturale nella città.
Per raggiungere questo obiettivo occorre ancora molto lavoro, molta pazienza, molta capacità di ascolto, molta
dignità, molto amore. Comunque per ora, grazie Milano per aver dimostrato a tutti che non è con i soldi ma è con le
idee, la dignità e la serietà che si vincono le elezioni in un Paese democratico. In sostanza Milano ha detto no alla
Signoria.
Lettera del prof. Piero Schlesinger
17 maggio 2011
Bisogna davvero fare grandi congratulazioni all'Amico Giuliano Pisapia, per la sua splendida conduzione del confronto,
che ha messo ottimamente in risalto il suo garbo, la sua discrezione, la sua fermezza, la ricchezza delle idee, gli
intelligenti programmi per il futuro.
E' ora indispensabile continuare a sostenerlo allargando il più possibile il consenso che già lo circonda, giustamente, e
che deve proprio dare vita ad una nuova Milano, o meglio, far rivivere la vecchia Milano, che non ama le
scostumatezze e le prepotenze che hanno purtroppo prosperato negli ultimi anni, ma che si spera sul serio siano state
definitivamente stroncate.
Ci sentiamo tutti impegnati in questa finalità, pienamente meritevole di sostegno.
Piero Schlesinger
Mercoledì 18 maggio. Dieci giorni al ballottaggio.
Lettura dei giornali, attenta almeno di alcuni giornali.
Stefano Rolando (mail)
Qualche considerazione, nella giornata di ridisegno organizzativo dei giorni che abbiamo davanti. Aritmetica a parte i conteggi sminuenti di Gabriele Albertini sono completamente decontestualizzati, cioè non raccontano le due Milano
assai diverse in questi cinque anni nel rapporto tra politica e società; su questo si è già segnalata l‟analisi di Piero
Bassetti nella lunga intervista a Radioradicale ieri
http://www.facebook.com/l.php?u=http%3A%2F%2Fwww.radioradicale.it%2Fscheda%2F327792%2Felezioni-comunalidi-milano-il-successo-di-pisapia-al-primo-turno-intervista-a-piero-bassetti&h=b1ad8 )
- ora sembrano profilarsi tre temi nella caratterizzazione del ballottaggio:
1. Il rapporto tra voti recuperabili e voti ulteriormente perdibili (flussi elettorali).
2. L‟evoluzione dell‟etichetta “estremista” per GP (profilo della comunicazione).
3. Eventuali modifiche delle rispettive aree di sostegno (schema simbolico delle alleanze).
Voti
GP rischia (poco, ma senza scherzare) che parti di elettorato che lo hanno votato al primo turno allentino la
tensione dando per scontato il risultato al ballottaggio.
LM rischia (molto di più) che parti di elettorato che non l‟amavano molto e che sono state indotte al voto al
primo turno, visto il tracollo (80 mila voti in meno) mollino la presa al secondo turno (sentito testimonianze
dirette di persone addentro).
GP amplia verso grillini e parte del TP. LM amplia verso TP e listine di destra. Potrebbero essere ampliamenti
equilibrati, ma il distacco è tale da portare evidentemente al risultato.
Nella corsa al centro e alla fetta di indecisi e astensionisti LM cercherà nuovamente di elencare risultati. Noi
dovremo dare concretezza ad alcune proposte rassicuranti e chiare.
Estremista
Ottimo profilo comparato sul Corriere (Goffredo Buccini a pag. 16) che segnala le grandi differenze tra
Pisapia garantista e De Magistris giustizialista. E‟ l‟articolo che spiega meglio perché – in sé – GP non è un
estremista.
Ferrara (Il Foglio) critica Bassetti per aver parlato di “aria da 25 aprile” ma ammette la lezione di “clima
popolare” di sdegno e di festa.
Altro che revisione moderata della campagna di LM ! Sulla linea dell‟estremismo di Pisapia continuano politici
e giornali. Il Giornale : “moderati unitevi o con Pisapia vincerà il clan degli estremisti”. E molti politici in tv
(Cicchitto tra i primi) su questa linea.
Furbo e scandaloso il Tg1 : “Milano miracolo rosso” a mo‟ di festone.
Aree di sostegno
Valerio Onida (Repubblica) insiste giustamente sul coinvolgimento del voto cattolico per GP.
La disponibilità dei grillini e il silenzio politico del Terzo Polo verso GP va bene elettoralmente ma sposta un
po‟ a sinistra l‟asse simbolica del sostegno a GP. Va mantenuto l‟equilibrio valorizzando gli ambienti (laici,
repubblicani, civici, cattolici, socialisti moderati, imprenditoriali, associativi, eccetera) che nel frattempo si
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sono palesati, hanno detto la loro, hanno mandato segnali (alcuni dei quali e molto significativi in direzione
di Iniziativa per il 51).
A proposito del “51”: Il siluramento della SEC (società di area CL, gestione della comunicazione della
campagna di LM ) e il richiamo in campo di Glisenti – a parte fratture ulteriori nel rapporto con il sistema
formigoniano – porterà a qualche iniziativa di endorsment di esponenti borghesi e rispettabili nei confronti di
LM. Ma non avranno il tempo e il modo di costruire un fronte altrettanto credibile.
In pomeriggio alcune valutazioni operative. A fine giornata comunicazioni. Grazie a tutti.
SR
Da [email protected] [email protected]
rispondi a"[email protected]" <[email protected]>
aStefano Rolando <[email protected]>
ccPiero Bassetti <[email protected]>
data20 maggio 2011 15:21
Milano, 20 Maggio 2011
Egr. Signor Dott. Stefano ROLANDO
p.c.
Egr. Signor Dott. Piero BASSETTI
Caro Rolando,
intervengo ancora brevemente sulle vicende elettorali, ovviamente molto contento che il nostro candidato abbia
ottenuto un risultato così lusinghiero; complimentandomi anche con Lei per l‟efficace coordinamento dei rapporti. Ho
apprezzato sin dall‟inizio due caratteri della campagna: da un lato il fatto che Pisapia, anche di fronte alle
provocazioni più gravi, non è mai sceso a livello dei suoi avversari, dimostrando che si può fare una campagna
vincente nel rispetto non solo di tutti ma anche delle regole di buona educazione. Voglio inoltre ricordare la scelta di
puntare come elemento principale sul contatto diretto con le persone, specie nelle periferie abbandonate anche dalla
Lega (che ha fatto la sua festa in centro); ciò che sicuramente è stata una scelta destinata a premiare anche in
termini di voti. Ciò premesso, credo siamo consapevoli che il “piccolo passo” per ottenere il 2% in più è il momento
più delicato e difficile. Fra le direzioni in cui cercare, vorrei ricordarne una sola. Come Lei sa, in qualità di Garante
del FAI abbiamo non solo approfondito i temi del PGT attraverso estese osservazioni, ma successivamente nel mio
studio è stata coordinata anche con i Consiglieri di minoranza e con altre Associazioni milanesi quali Italia Nostra, la
strategia giudiziaria per evitare che lo strumento urbanistico che è destinato a stravolgere ulteriormente questa città,
divenga definitivo. In questo senso, abbiamo fra l‟altro tenuto alcune riunioni collaborando con la Signora Milly
Moratti ed i suoi bravi avvocati, per promuovere il primo ricorso (già proposto) con cui i consiglieri di minoranza della
passata amministrazione hanno contestato la violazione delle loro prerogative nella procedura.
Ora, gli associati e i simpatizzanti del FAI e delle altre Associazioni Ambientaliste a Milano sono sicuramente un buon
numero, e più di una volta mi è stato chiesto come mai Pisapia non abbia detto praticamente nulla sul presente e sul
futuro urbanistico di questa città, e quali siano i suoi valori e le sue scelte in proposito.
Se il nostro candidato avesse deciso di stare zitto e abbottonato, sarebbe stata una scelta. Ciò che invece non è
accettabile e appare controproducente, è che altri parlino per lui come ha fatto sul Corriere di ieri Claudio De
Albertis. De Albertis sembra dall‟articolo il portavoce di Pisapia, e dice che Pisapia gli ha assicurato che i PGT “non
verrà stravolto”: il che in bocca ad un interlocutore come De Albertis (che non è solo il presidente della Associazione
Costruttori ma anche promotore di alcune iniziative discutibili e sgradite ai milanesi come il parcheggio sotto Piazza
S. Ambrogio) sta a significare che tutto resterà come prima. Non vedo perché si debba continuare ad accreditare
questa conclusione, che sarà inevitabile se non ci saranno interventi diversi.
Vorrei anche capire chi si occupa delle strategie di Pisapia sul settore urbanistico ed edilizio di Milano. Ovviamente
non è solo un argomento da architetti, e in particolare sarebbe importante sottolineare la ferita inferta non solo ai
milanesi ma alle stesse prerogative del Consiglio Comunale, con il mancato esame delle 4.700 osservazioni.
Non si può a mio avviso passare sopra a questa palese violazione anche delle regole democratiche oltre che giuridiche,
e approvare il PGT pensando di studiare qualche variante da adottare in un futuro imprecisato, quando ormai i giochi
più pericolosi saranno fatti.
Sul Corriere di oggi, Masseroli dice che il PGT non può essere cambiato senza stravolgerlo: ciò che è una pretesa del
tutto assurda, dato che in questo caso non si vede perché la legge preveda una partecipazione dei cittadini attraverso
le osservazioni, se lo strumento urbanistico è un monolite da considerare immutabile. Io credo che qualche
dichiarazione rassicurante di Pisapia sulla condivisione di questi argomenti potrebbe essere utile. I voti del FAI e di
Italia Nostra
sono sicuramente “di nicchia” ma in una situazione come la nostra anche un voto
singolo guadagnato è utile.
Cordiali saluti
Ezio Antonini
L‟arch. Jacopo Gardella (sulla questione)
La lettera dell'avv. Antonini in data 20 Maggio 2011 mi sembra del tutto encomiabile. Il tema del P.G.T. è prioritario.
Il futuro urbanistico di Milano ne sarà condizionato per sempre. Pisapia non può restare indeciso e vago su questo
importantissimo tema. Può invece, dopo aver stabilito i principali obiettivi urbanistici della sua politica (meno
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cubatura, più verde, trasporto pubblico, biciclette), tentare con l'Associazione Costruttori un dialogo propositivo per
dirottare l'edilizia di lusso ancora troppo imperante (e non si sa se sarà mai pagante) verso una edilizia sociale sempre
più urgente; e anche verso opere infrastrutturali utili e ragionevoli (e non folli, come il tunnel Idroscalo-San Siro).
Il dialogo con la controparte va tentato; anche per assaggiare la buona volontà di quest'ultima. Ma va tentato solo
dopo essersi ben chiariti gli obiettivi da raggiungere.
Devo dire che il pletorico, confuso, pretenzioso testo di "officina" non aiuta a chiarirli. Aspettiamo che Pisapia si
faccia presto sentire; e per ora gli diamo tutto il nostro appoggio per una meritata vittoria.
Un contributo di Felice Besostri
(18 maggio 2011)
MILANO-OLBIA SOLO ANDATA PER BERLUSCONI
La sconfitta al primo turno del candidato di Berlusconi alle comunali di Olbia è un segnale altrettanto impoprtante del
48,6% di Pisapia a Milano. C'è il ballottaggio da fare ma in condizioni di partita aperta, anzi apertissima per il centrosinistra. Tuttavia sarebbe ingeneroso e politicamente sbagliato imputare al minore sex-appeal del Cavaliere le due
sonanti sconfitte: il merito principale è della candidatura di Pisapia.
Una candidatura capace, dopo primarie vere, di riunire tutto il suo campo potenziale e non come De Magistris a Napoli
di sperare un'unità anti-berlusconiana al secondo turno. Pisapia, l'ha ricordato nel comizio con Vendola, ha annunciato
la sua candidatura l'11 settembre 2010 a Volpedo nel convegno internazionale del Gruppo di Volpedo, una rete di
associazioni socialiste e libertarie del Nord Ovest con un espresso richiamo alle giunte a guida socialista di Milano e
qlle grandi città europee con Sindaco socialista. Suo grande sponsor è stato Piero Bassetti protagonista a Milano e in
Lombardia delle migliori espressioni del centro-sinistra, basato sul rapporto PSI-DC. Ad un candidato così non si poteva
appiccicare l'etichetta di estremista di sinistra: un'accusa talmente ridicola, che quando la Moratti ha cercato di
accreditarla con un falso, si è rivelata un boomerang. Un'altra differenza con De Magistris è la capacità di Pisapia di
attirare subito voti dal centro: a Milano il Terzo Polo è la metà di Napoli. C'è un solo tratto comune, tra Pisapia e De
Magistris quello di ridurre i consensi dei grillini del Movimento 5 Stelle: a Milano e Napoli sono sotto ai risultati di
Torino e soprattutto di Bologna. I candidati PD, tanto più quando appaiono vecchia p'olitica e nomenklatura scatenano
le pulsioni populiste e demagogiche dei grillini. La controprova si è avuta anche a Cagliari con la candidatura di
Zedda, altro vincitore di primarie e attribuibile a SEL, a differenza di Pisapia. Pisapia si deve concentrare su Milano,
ma indubbiamente c'è un modello Pisapia, che può insegnare qualcosa alla sinistra nel resto d' Italia. Chi fosse alla
ricerca di un'Epinay italiana non ha bisogno di andare in Francia.
Felice Besostri, portavoce del Gruppo di Volpedo, Network per il Socialismo Europeo
Un contributo di Maria Giulia Marini
Anziani, salute e sistema famiglia
Desidero contribuire al discorso sugli anziani; sono pienamente d'accordo all'attenzione delle politiche sanitarie che li
riguardano. Da ricerche e interviste svolte loro vogliono meno ospedali e ricoveri e più' cure domiciliari, meno filtri
burocratici all'accesso e più' posta recapitata a casa. Più' gli anziani stanno bene a casa loro (e quindi si pone il tema
del badantato qualificato a oggi carente in quanto le badanti tuttora non seguono alcun corso di formazione e si
improvvisano nell'assistenza a casa) e più' si ritarda il possibile ricorso all'istituzionalizzazione, ovvero al ricorso a case
di cura per anziani. Le farmacie comunali possono avere un ruolo cruciale nella territorializzazione a livello di
quartiere per il monitoraggio di semplici funzioni vitali e nella fornitura di ausili specifici. I centri diurni attualmente
a rischio come i consultori pediatrici si sono dimostrati scientificamente una terapia verso la fragilità . Bisogna poi
ricordarsi dei figli degli anziani che spesso hanno in Carico le loro cure e che senza strumenti di conciliazione vita
lavoro (soprattutto le donne) si trovano nel dilemma di come gestire famiglia e professione. I figli possono essere
aiutati con le tecnologie che sanno usare, gli anziani attraverso una rete di volontariato attivo, buone regole e spazi
di vicinato e quartierato per aiuto e socializzazione. Insomma ricordarsi degli anziani e' fondamentale ma anche del
sistema famiglia.
Un contributo di Giuliana Nuvoli
E il lupo si travestì da agnello per poter passare
Adesso è il momento di avere un solo obiettivo in mente: VINCERE IL BALLOTTAGGIO!
Non è scontato, e non sarà semplice. La politica richiede pazienza, lungimiranza e molta attenzione al "fuori da
sé". L'ascolto è necessario, così come la cultura dell'"insieme".
La strategia che mi pare di poter suggerire è la seguente.
La comunicazione dell'area morattiana punterà, sempre di più su due termini: ESTREMISTA e MODERATO:
indicando noi come estremisti e loro come moderati.
La partita del ballottaggio si giocherà, quindi, sulla comprensione, ed esatta attribuzione, dei due termini.
Letizia Moratti, nell‟intervista su Sky, ripeté per tre volte il termine MO-DE-RA-TO, MO-DE-RA-TO, MO-DE-RATO, perché si imprimesse con forza nella testa dello spettatore. Voleva rassicurare, indicare una nicchia sicura,
invitare all‟abbandono: poi la pelle dell‟agnello scivolò allo scadere del tempo, e il lupo mostrò le zanne. Poco
importa fossero posticce, prese in prestito per l‟occasione: erano zanne.
Che vuol dire moderato? Vuol dire essere nella giusta misura, nel “convenevole”, in ciò che deve essere fatto.
Pisapia, in questo senso, è moderato. Noi, la nostra lista, è moderata. Dobbiamo far intendere a chi
avvicineremo una cosa fondamentale, che non è stata messa in sufficiente rilievo:
MODERATO è chi opera nel rispetto delle regole per il bene di tutti.
ESTREMISTA è chi viola le regole nell‟interesse di una parte, di pochi.
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L‟opposizione non ci mai nominato la Lista Civica, da lunedì a oggi. Cita i centri sociali (poche centinaia di
ragazzi); cita Di Pietro che avrà 1 consigliere; cita anche SEL (!) che avrà 3 consiglieri: davvero numeri da colpo
di stato....
Dobbiamo ribadire con forza la nostra presenza, perché noi incarniamo un‟anima diffusa nella città
ambrosiana, figlia del connubio fra morale laica e autentica morale cristiana: quella che esige
La città dei diritti rispettati
La città delle regole non violate
La città del lavoro destinato al bene individuale che non è scisso da quello comune
La civitas dei di quell‟Agostino che, guarda caso, fu un fervente discepolo di Ambrogio.
Il lupo, nei prossimi giorni, tornerà a coprirsi con la pelle dell‟agnello: ma qualche ciuffo, qualche orecchio,
qualche zanna spunterà fuori. Per noi salrà più facile. La moderazione è nel nostro DNA; non la moderazione di
obiettivi. Quelli sono alti, chiari, luminosi. La nostra moderazione è quella vera, lo spazio laico in cui tutti
hanno posto e ascolto, perché il tono di voce è fermo, ma basso. Muoviamoci, dunque, pensando che in questo
momento il bene comune è, in primo luogo, l‟elezione di Giuliano. Per tutto il resto… a lunedì 30 maggio.
Guido Martinotti
Assi portanti
A me sembra che noi dovremo trovare alcuni assi portanti.
Pisapia è per la città. Niente vendette, niente “non faremo prigionieri”, niente “spoil system all‟americana”,
niente “rivoltare come un calzino”.
Prima di tutto si deve “ricostruire” dopo le devastazioni, non aggiungere devastazioni alle rovine.
Ripuliamo le macerie con garbo e spirito critico, quello che serve davvero sarà riutilizzato.
Innanzitutto dobbiamo ricostituire la cittadinanza e quindi ricostruire la fiducia, che si farà con ascolto,
trasparenza ed “empowerment”, cioè ridando ai cittadini i potere politico che gli è stato sottratto. Potere
politico, rivolto alla Res publica, non potere corporativo di fare i propri affari.
In secondo luogo, ma in effetti da subito perché è uno strumento, ricostruiamo l‟amministrazione della città.
Milano è sempre stata nota per la sua efficiente e comprensiva amministrazione comunale. Il berlusconismo
e prima ancora l‟albertinismo hanno spezzato la spina dorsale all‟amministrazione con i precari e i
consulenti. Occorre ridare dignità, fiducia, competenze e risorse alla spina dorsale del Comune, con due
strumenti fondamentali: la trasparenza e l‟ascolto. La trasparenza per controllare e auto controllarsi e
l‟ascolto per sentire cosa non va.
In terzo luogo occorre investire nella città intelligente, per far partecipare, per permettere alla
amministrazione di ben funzionare, per regolare armonicamente mobilità e tempi per offrire ai cittadini,
soprattutto giovani, ma anche a industria e ricerca l‟empowerment che porta a possibilità di sviluppo, di
utilizzazione delle intelligenze, di risparmi energetici e di una socialità migliore.
Dicono che il programma di Pisapia è confuso e contraddittorio, ma se noi estraiamo tre o quattro assi prioritari e
strumentali siamo capiti. Poi toccherà al consiglio di elaborare i contenuti.
Mario Viviani
Possibile rimonta?
Ho letto la giusta invettiva di Guido Martinotti sulla frequente falsificazione dei risultati elettorali, abitudine
inveterata dei grandi giornali ... indipendenti che, ad esempio, comunicano le percentuali solo sui voti validi e non su
tutti i voti espressi (per misurare il peso dei voti nulli) e – men che meno- sugli aventi diritto al voto (per misurare il
peso delle astensioni). Ma né questo ricorrente ed abbondante contrabbando né le tendenziose allusioni (il Corriere,
in un titolo della cronaca, ha scritto –ad esempio- “possibile rimonta” e non “possibile rimonta?” per la Moratti) non
servono ad oscurare il successo di Pisapia e degli organizzatori della sua prudente ed efficace campagna elettorale. A
questo punto, dobbiamo lavorar tutti di più: l‟importanza della posta (pensa ad Expo od al PGT od alle società
comunali) scatenerà SB e LM e non sarà facile, anche se il vento nuovo si sente già, sempre più forte.
Un contributo di Riccardo Cappellin
Interpretare il cambiamento senza rinunciare a valori di base
Ringrazio molto per avermi inviato la relazione di Giuliano Pisapia all'Assolombarda, che ho letto con grande
interesse e trovo dimostri grande cultura e sensibilità politica, oltre ad essere anche aggiornata dal punto di vista
tecnico. E' davvero apprezzabile che ciascuno di noi cerchi di interpretare in modo nuovo una realtà che continua ad
evolvere e si dimostri disposto a rinunciare agli schemi ideologici validi fino ad alcuni decenni fa, senza peraltro
rinunciare a taluni valori di base, che sono tuttora validi e che mi sembra fanno la differenza tra la destra e la
sinistra. In particolare, per quanto riguarda l'analisi dei fattori dello sviluppo economico della città trovo molto
coincidenze tra l'analisi di Pisapia e la mia. In particolare, negli interventi che ho elaborato ho cercato di sottolineare
il ruolo della domanda e dei servizi e non solo come spesso si fa il ruolo dell'offerta e della competitività
dell'industria. Dal punto di vista politico questo porta a focalizzare l'attenzione sulla qualità della vita dei cittadini
piuttosto che solo sulla produttività dei lavoratori. In sintesi come ho scritto nell'articolo: Cappellin, R. (2009), La
governance dell'innovazione: libero mercato e concertazione nell'economia della conoscenza, Rivista di Politica
Economica, 99, 4-6: 221-282.
Il ruolo dei cittadini e delle istituzioni nella società della conoscenza
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Nuovi tipi di conflitti emergono tra gli attori di una società della conoscenza moderna. Mentre la tipica società
industriale era caratterizzata dal conflitto tra lavoratori e proprietari, tale conflitto è stato sostituito nella società
post industriale dalla cogestione o dall‟“alleanza tra produttori” o tra i managers e il sindacato, soprattutto
all‟interno ed attorno al mondo della grandi imprese. D‟altro lato, i managers delle imprese si rendono sempre più
conto che gli stakeholders più rilevanti non sono solo quelli interni, come gli azionisti e i lavoratori, ma quelli esterni,
come i cittadini e le istituzioni. Questo crea la necessità di rendere compatibili gli interessi della grande impresa con
quelli dei cittadini e delle istituzioni, che rappresentano altre due componenti strategiche in una moderna società
della conoscenza, oltre al sistema delle grandi imprese ed al sistema delle piccole imprese dei settori terziari e
industriali. Infatti, un ruolo importante nella società della conoscenza è svolto non solo dalla imprese e dalle
istituzioni ma anche dalle persone. Le persone non sono solo dei lavoratori o dei lavoratori della conoscenza
(knowledge workers), interessati a maggiori livelli di salario e migliori condizioni di lavoro, ma anche individui con
maggiori livelli di conoscenza, maggiori livelli di reddito e soprattutto una maggiore disponibilità di tempo libero da
dedicare ad attività molteplici, diverse da quelle lavorative in senso stretto e che contribuiscono alla realizzazione
della loro personalità e relazioni sociali. I cittadini e consumatori sono sempre più interessati al valore di acquisto
reale del loro reddito e al contenimento dell‟inflazione, all‟innovazione e alla garanzia della qualità dei prodotti e
servizi privati acquistati, come anche al contenimento della pressione fiscale e al miglioramento e diversificazione dei
servizi pubblici, ed infine alla partecipazione a molteplici iniziative collettive sostanzialmente auto-organizzate dagli
stessi utilizzatori. Libertà, autoregolazione, creatività, qualità, salute, sicurezza, ambiente, interattività, senso di
appartenenza, identità sono esigenze per i cittadini in una moderna società della conoscenza ormai altrettanto
importanti o più importanti del livello dei salari e della qualità del lavoro.......
Il rapporto tra la grande impresa industriale e dei servizi e la comunità dei consumatori e dei cittadini è quello in cui
stanno emergendo i maggiori cambiamenti. I cittadini e consumatori hanno un ruolo sempre più attivo nel processo di
innovazione. Non solo le innovazioni sono spesso trainate dalla domanda (demand pull) degli utilizzatori, che le
imprese devono individuare e interpretare, ma spesso le innovazioni sono il risultato di un‟iniziativa diretta ed
autonoma degli utilizzatori che auto producono nuovi beni o servizi (user innovation).
Peraltro, la soddisfazione di questi bisogni nuovi e complessi, individuali e collettivi, dei cittadini è fonte di migliaia
di posti di lavoro in un'economia che per 4/5 è fatta di servizi come quella Italiana e a maggior ragione in una grande
area metropolitana come Milano.
Credo che anche Bassetti e parte del mondo cattolico sia d'accordo con il modello che indico come "governance" e
che può anche essere definito come "concertazione". Anche la tradizione socialista democratica ovviamente è
d'accordo con il modello del patto sociale e della negoziazione. Il problema credo sia come includere in questo
modello anche i cittadini/consumatori/comunità di persone e non solo le imprese ed i rappresentanti dei lavoratori
e le istituzioni pubbliche. Se hai tempo potresti leggere quell'articolo e mi piacerebbe discuterne con te anche per
vedere quali progetti strategici proporre per lo sviluppo dell'economia milanese.
Paolo Prota Giurleo
Anziani e moschee
Due brevi considerazioni:
-penso sia giusto che si parli un po' di più degli anziani:gli over 65 sono 400.000,molti di più rispetto ai giovani,sono un
bacino elettorale importante con gravi problemi(salute,reddito basso,mobilità ridotta,ecc...),e una chiara politica di
sostegno rivolta a loro è in grado di orientare anche il voto dei cittadini di 45-50 anni che questo problema lo sentono
direttamente in prima persona
- l'intervento del leghista Galli(presidente provincia Varese) stamattina alle 8.30 su La7 ha espresso chiaramente la
strategia di recupero della destra:'se i milanesi eleggeranno Pisapia avranno più tasse,Milano sarà città aperta agli
emigrati irregolari,e ci sarà una moschea in ogni quartiere'.Pisapia probabilmente queste cose se le aspetta e non ha
bisogno di consigli,sulle moschee vorrei però citare la posizione ufficiale della Chiesa Cattolica espressa per bocca di
un alto prelato(non ricordo il nome) responsabile per le relazioni interconfessionali,sul Corriere o Repubblica di sabato
scorso:'oggi la vera differenza è tra chi vuole dialogare con il mondo musulmano e chi non vuole dialogare;noi abbiamo
scelto di dialogare,e questo significa garantire un luogo di culto alle centinaia di migliaia di musulmani residenti in
Italia'.Secondo me questo è anche il modo migliore per integrarli,evitando che siano attratti da posizioni estreme.
Luciano Pilotti
Contro la lista della spesa della Moratti
Cari amici di "Oltre51%”, sono molto d'accordo con le notazioni di "metodo" di Annamaria Testa che confermano
ancora una volta - se fosse necessario - che in questi 15 gg. sarà più rilevante il "contenitore" ( il profilo di
presentazione personale, i toni quieti e sereni, l'interazione moderatamente ironica ma ferma verso i contendenti
concorrenti e tuttavia con uno stile dialogante - contro quello da "lista della spesa" della Moratti - e rivolgendosi ai
"milanesi") rispetto al "contenuto" di per sè ( connettivi peraltro di questioni milanesi e di grandi scenari emergenti cultura, conoscenza, demografia, crescita con sviluppo, verde, inquinamento, istruzione, social cohesion,
infrastrutture, urban wi-fi, ecc..) per una grande area metropolitana sottolineati anche da Cappellin ma citati anche
nel documento dell'incontro con Assolombarda).
Clara de Braud
Voti recuperabili e da confermare: maggior voce al mondo imprenditoriale
Una riflessione sui voti recuperabili e da confermare. Per cercare di allontanarsi dai riferimenti all‟ estremismo +
centri sociali etc. che verranno sicuramente utilizzati da LM, credo che sarebbe utile dar maggior voce al mondo
imprenditoriale, tradizionalmente cauto nell‟esporsi, fortemente interessato a una città e a un sistema integrato
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della grande Milano, in grado di dare risposte rapide e prospettive a una città non più cosmopolita. Basta guardare
nelle classifiche internazionali il posizionamento del grado di attrattività (anche di capitali e investimenti) di Milano
rispetto ad altre città europee. Bisognerebbe coinvolgere e far testimoniare rappresentanti della seconda
generazione, gente giovane di 35-40 anni, tecnologicamente evoluti che possano rappresentare un ideale passaggio
dalla generazione di Bassetti. GP non è necessariamente il rappresentante della sinistra, ma di un modo e un sistema
nuovo di gestire la città. E questa competenza non ha etichette politiche. In questo senso l‟industria, la finanza (già
presente in parte), la scuola (c‟è Borgonovi che conosco ma forse altri) la concretezza tradizionale di Milano deve
essere in prima fila.
Un contributo di Fiorello Cortiana
(Europa, 19 maggio 2011)
L‟appello di Berlusconi ai 53mila milanesi che lo avevano mandato in consiglio comunale cinque anni fa ha trovato una
magra conferma di 27972 preferenze. Le altre 25mila non c‟erano più e lui, come il Palo nella Banda dell‟Ortica, dice:
«Ma come, a me mi lascian qui di fuori e loro, loro chissà quand‟è che vengon su». Berlusconi non è stato l‟unico ad
essere spiazzato dai milanesi i quali, una volta di più, hanno confermato il senso di concretezza e pragmatismo della
città e negli anni hanno visto che dietro al fumo non c‟era l‟arrosto.
Ciò ha riguardato il piano locale, dall‟inquinamento alla speculazione dei parcheggi, dagli scontri fondiari ed
immobiliari sull‟Expo alle mancanti infrastrutture e politiche digitali per l‟innovazione. Così quando Berlusconi ci ha
messo il carico nazionale spettacolarizzando gli appuntamenti al Palazzo di giustizia e paragonando i magistrati ai
terroristi, la misura è stata colma. Giovenale diceva che il popolo desidera ansiosamente due sole cose, “pane e
circensi”, e i circensi hanno celebrato lo scudetto in corteo fino a piazza del Duomo tra ali festanti e fumogeni proprio
il giorno prima del voto. Non è un popolo ingrato quello milanese, il fatto è che manca il pane, mancano tanto le
politiche capaci di accompagnare la città del design, della moda, dell‟Ict, lungo le sfide della globalizzazione, così
come mancano l‟attenzione e la cura per la città, per le periferie e i Navigli e per la sussidiarietà nella capitale del
volontariato.
Roma “ladrona” ha il decentramento organizzato per municipalità con una sovranità concreta, la Milano dei federalisti
della Piccola patria padana ne ha uno di facciata buono per i portaborse in cordata.
Anche per questo 17mila elettori milanesi hanno scelto di non votare la Lega dalle regionali di un anno fa. I milanesi
hanno detto basta, sorprendendo sondaggisti e politici Pisapia va all‟auspicato ballottaggio addirittura con più di sei
punti di vantaggio. I milanesi sono andati oltre i malumori di primarie poco partecipate, oltre le divisioni e le
ricollocazioni in vista del prossimo congresso: Pisapia, il candidato gentile non espresso da interessi organizzati e forti
ha consentito ad un ampio spettro di elettori di votarlo con convinzione per cambiare rotta, per ridare una dignità, un
ruolo ed una funzione protagoniste a Milano.
I milanesi hanno visto una antipatica simulazione dietro i milioni investiti dalla Moratti in una operazione di marketing
umanizzante, con riprese e foto sul filobus (per quante fermate? Una?), con le borse al mercato (a chi passate subito
dopo?) fino all‟apoteosi della sperata empatia ballando con la sinuosità di un palo sulle note di “Viva la mamma” (in
un Palasharp riempito con pullman arrivati da tutta la Lombardia). Il suo spin doctor, forse lo stesso dei manifesti che
indicavano la procura come covo delle Br, le ha proposto la chiave della diffamazione contro Pisapia da usare come un
coltello nella schiena in chiusura di confronto televisivo. Lei, ineffabile, l‟ha usata e riusata, lasciando intendere che
questo era solo l‟antipasto dei quindici giorni di confronto per il ballottaggio. La felicità incredula che ha portato
migliaia di milanesi a debordare dal teatro Puccini fino a riempire corso Buenos Aires e a fare notte guardando i
risultati dello spoglio in tv, non deve dimenticare che il Caimano ha ormai avviato il cupio dissolvi delle architravi
costituzionali repubblicane. Per questo, oltre alla consapevolezza immediata che a Milano per vincere basterà
confermare i voti del primo turno, è necessario avere uno sguardo più lungo ed una responsabilità politica adeguata
per costruire un blocco sociale per l‟innovazione qualitativa. Per andare oltre la deriva personalistica, populistica e
plebiscitaria del berlusconismo occorrono apertura e inclusione, qualità e competenze, pratiche di ascolto e
partecipazione informata, non autosufficenza e manuale Cencelli. Questa domanda è la ragione del risultato del primo
turno elettorale, il fatto che i partiti nazionali del Terzo polo scelgano di non scegliere significa che al livello
nazionale non si è in grado di riconoscere che a Milano il cambiamento in atto consente alla “questione
settentrionale” di non declinarsi solo come deriva leghista e berlusconiana.
È quindi significativo il ritrovato protagonismo politico milanese che vede da tempo protagoniste le associazioni come
il Comitato 51 per cento promossa da Bassetti. C‟è quindi una piena consapevolezza “glocal” nell‟incontro promosso
per lunedì prossimo, alle 18, al teatro Franco Parenti da personalità e associazioni che vedono nel processo di
cambiamento avviato in città dalla candidatura di Pisapia l‟apertura di uno spazio il cui indirizzo è contendibile anche
dalle culture riformiste, laiche e liberal. Un‟aspirazione trasversale promossa da associazioni come il Centro di
formazione politica, La Fabrichetta, il Manifesto di ottobre, la fondazione Benetton e personalità come Massimo
Cacciari, Giulio Giorello, Massimo Venturi Ferriolo e Sergio Scalpelli.
Se Milano vuole essere la città dell‟innovazione dentro la competizione internazionale, a partire dall‟Expo, deve
occuparsi di politica locale e nazionale, altrimenti ne avrà solo le incertezze e le incomprensioni riflesse.
Lettera al Direttore della Stampa in polemica con articolo di Luca Ricolfi
Guido Martinotti
Cari Amici ho appena mandato questa lettera alla Stampa. Non ho l‟indirizzo del direttore e quindi ho mandato allo
specchio dei tempi, ma forse qualcuno di voi mi può aiutare a far pervenire il msg al Direttore, perché mi sembra
giusto informarlo, visto che sto preparando un articolo più ampio sulle falsificazioni dei risultati da parte della stampa
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cosiddetta indipendente che ha immediatamente recepito e rilanciato il mantra berlusconiano. Nelle parole
dell‟occhiello sulla Stampa nell‟articolo “scientifico” di Ricolfi si legge “ha ragione Ferrara. Il centro-destra è alle
corde, ma fa male la sinistra a cantare vittoria, è egemonizzata dalle estreme” p. 13. A parte il ridicolo (che
dovremmo fare metterci a piangere perché l‟elettorato ha dato un cazzotto in faccia a Berlusconi e Moratti?) una
affermazione così la può fare Ferrara che ha un rapporto piuttosto vago con la realtà (si permette di chiamare la sua
trasmissione Radio Londra, con cui non ha nulla a che fare perché lui non proprio nulla a che spartire con il
carismatico colonnello Stevens, ma semmai è la brutta copia di Mario Appelius ("Dio stramaledica gli Inglesi!")) ma non
può essere ripresa da chi si picca di essere preciso. Fassino sarebbe un estremista? Fa ridere. Il Pd di Bologna sarebbe
composto di estremisti? C‟è da sganasciarsi. Chi l‟estremista? Bersani? Il più estremo della compagine è Vendola che al
i là delle aree parole non l‟ho mai sentito dire nulla di lontanamente comparabile alle volgarità estreme dette da
Berlusconi, con le sue barzellette sulle cameriere, dalla Moratti, dalla Santanchè eccetera. Sarebbe estremista
Pisapia? L‟elettorato milanese ha già risposto con un NOOO! da 80 pollici. Andiamo a vedere i nomi dei consiglieri
comunali già eletti con Pisapia. Estremisti Boeri o Majorino? Estremista la Daniela Benelli? Il più estremista di tutti
potrebbe essere Basilio Rizzo che di estremo ha solo il rigore con cui ha sempre contestato le porcherie del potere,
anche prima della Moratti. Forse Calise? Staremo a vedere, ma a me sembra uno che assomiglia al Trota, con la
differenza che lui il posto se lo è guadagnato. Ah ho capito forse l‟estremista è De Magistris, ma se lo sono voluto
quelli che la pensano come Ricolfi e a parte il fatto che non vedo in che modo De Magistris stia “egemonizzando la
sinistra” a me sembra piuttosto uno che è stato cacciato via perché aveva scoperchiato alcune pentole fetenti la dove
comanda la ndrangheta. Ma di cosa sta parlando Ricolfi? Che queste cose le dica Ferrara è normale, che diventino il
mantra dei terzini o mezzale lo dobbiamo contestare con voce alta. Basta con le falsificazioni! Non l‟hanno ancora
capito? Forse no. GM
A: '[email protected]' - Inviato: mercoledì 18 maggio 2011 12.21
Oggetto: all'attezione del direttore-. Dati errati nell'articolo di Ricolfi..
Signor direttore,
mi permetto di segnalarle che l‟articolo di Luca Ricolfi, su La Stampa del 13 Maggio 2011 contiene almeno un paio di
gravi inesattezze sui dati, a sfavore della sinistra. Ricolfi, i dati li conosce bene, ma li sa anche manipolare
abilmente, guarda caso quando si tratta di mettere in luce sfavorevole la sinistra. Faccio un esempio, a p. 12 della sua
articolessa sul voto, Luca Ricolfi scrive che Pisapia ha vinto “ma (sic, ndr) in termini assoluti Pisapia ha preso 4000
voti in meno del candidato sindaco del centrosinistra alle precedenti elezioni, Bruno Ferrante”. Intanto non sono 4000
ma solo 3625 (da 319.487 a 315.862, se i dati del sito del Comune sono veritieri) e con i numeri non si scherza,
soprattutto quando si gioca sul filo di lana e si è pignoli come Ricolfi. Che però omette di far sapere al lettore che in
quello stesso periodo il corpo elettorale si è ridotto di 34.699, quindi del 3,65%, e che perciò in ogni caso la differenza
va “deflazionata” di questo indice; così facendo si scopre che Pisapia ha diminuito i propri voti, ma meno della
diminuzione del totale e, più precisamente, solo dell‟ 1,13%. Quindi ha in effetti guadagnato o fatto meglio di
Ferrante del 2,23%, rispetto alle comunali del 2006 – ammesso che sia un giusto confronto, ma io mi limito a seguire
la linea proposta da Ricolfi. Il quale, mentre presenta Pisapia come un pochino perdente, invece che un pochino
vincente, usa la tecnica opposta per la Moratti, cui fa uno sconto (facendo forza persino a una elementare
sottrazione) di ben diecimila voti. “Lunedì a Milano ha più che altro perso la Moratti: da 353.409 voti è precipitata a
273.401 voti: settantamila voti in meno” (corsivo mio,p. 12 seconda colonna,primo capoverso). Anche un bambino
vede subito a occhio che i voti persi sono ottantamila e otto, non “settantamila”, e anche deflazionando del 3% circa
sono uno su cinque in meno. L‟ideologia gioca brutti scherzi anche a uno preciso come Ricolfi. Guido Martinotti
Il 21 maggio si riceve questo documento
I Liberali a Milano Votano Pisapia
[email protected]
Il berlusconismo si definisce “liberale”, ma è l‟opposto del liberalismo, come dimostra la sua totale estraneità al
movimento liberale europeo. Liberalismo significa governo della legge, separazione dei poteri, indipendenza dei
giudici, laicità dello Stato, libera concorrenza, lotta ai monopoli, equità fiscale e sociale, uguaglianza delle
opportunità, rispetto di ogni opinione, pluralismo dell'informazione.
Il governo Berlusconi agisce sistematicamente contro tutti questi principi, isolando l'Italia ogni giorno di più dal novero
dei paesi a democrazia liberale.
Oggi l'alternativa non è destra-sinistra, ma salvare la liberaldemocrazia italiana o rassegnarsi alla sua crisi. In queste
elezioni amministrative, in città-chiave come Milano, un voto significativo per Giuliano Pisapia darà un contributo
decisivo a scongiurare la deriva, già troppo avanzata, provocata dal berlusconismo.
Massimo Alberizzi – Giornalista
Ilaria Angelone - Giornalista
Anna Bartolini - Giornalista
Angelica Baslini – Imprenditrice
Amedeo Bellini - Professore universitario
Amelia Beltramini – Giornalista
Maddalena Brunasti - Libera Professionista
Carlo Biasco - Cittadino
Elena Biasco – Architetto
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Maria Luisa Bonacchi – Giornalista
Bruno Brugnoni – Ingegnere
Lina Butti -Avvocato
Valeria Casnati - Pensionata
Fabio Cavalera – Giornalista
Emma Chiaia - Giornalista
Paola Emilia Cicerone - Giornalista
Rita Dalla Rosa - Giornalista
Lavinia Di Gianvito - Giornalista
LuisaEspanet - Giornalista
Alessandra Fanelli Giornalista
Simona Fossati -Giornalista
Fabio Gibellino - Giornalista
Pete Kercher – Consulentein Design Strategico
Mariangela Maritato - Giornalista
Enzo Marzo –Giornalista
Nicoletta Morabito - Giornalista
Corrado Ocone – Filosofo
Pino Nicotri – Giornalista
Paolo Manazza – Giornalista
Cristina Muccioli - Critico d'arte e docente
Paolo Palillo – Pensionato
Massimo Piccaluga - Giornalista
Angelo Proserpio - Avvocato
Emanuela Provera - Scrittrice
Beatrice Rangoni Machiavelli –Filantropo
Franco Rebolini – Giornalista
Giuliano Sacchi - medico
Giosi Sacchini - Giornalista
Anna Tagliacarne - Giornalista
Sandra Tognarini - Giornalista
Venanzio Traversa - Giornalista
GiulianaValcavi – Giornalista
Gloria Vanni - Giornalista
Luciano Visco – Commercialista
Leonella Zupo - Giornalista
Don Virginio Colmegna (Casa della Carità, Milano)
fa giungere un suo documento
DON VIRGINIO COLMEGNA, fondatore della Casa della Carità di Milano, ha inviato questa lettera al settimanale
“Tempi”
Sono convinto che ogni scelta amministrativa è soprattutto legata a problemi concreti di gestione del territorio, di
sviluppo economico, dove il criterio di valutazione è certamente plurale. Ma credo comunque che uno dei criteri
importanti sia anche la cura per le persone con fragilità, le persone povere, le famiglie in difficoltà, l'ospitalità a chi
viene da un Paese lontano e chiede di essere accolto.
Sappiamo bene che ci sono questioni più complesse, scelte eticamente sensibili che mettono in gioco la coscienza dei
credenti, il loro ascolto dell'insegnamento magisteriale e su questi valori non regalo allo schierarsi politico la mia
coscienza credente. Anche se ho imparato dalla lezione conciliare, e da una seria cultura di laicità, che la politica
deve avere il compito di trovare convergenze con il bene possibile e per questo confrontarsi e impegnarsi per
promuovere un clima culturale, direi educativo, che favorisca scelte coerenti con il Vangelo.
Ed è su questo punto che non concordiamo. Il modo di propagandare stili di vita che irridono alla morale, sostenere
identità egoistiche e chiuse che non si lasciano attrarre dalla logica evangelica dell'ospitalità, mina alla radice la
motivazione più profonda che mi fa scegliere giorno per giorno di stare e condividere prossimità con chi nella città
soffre, è escluso, è povero.
La propaganda che fa gioire perché non si accolgono profughi, la povertà culturale che accompagna scelte
amministrative che irridono alla solidarietà e ai diritti dei più deboli, la crescita di uno stile di confronto aggressivo,
rancoroso, polemico e irriguardoso mi fa scegliere di stare da una parte o, per lo meno, di non poter condividere e
DICHIARARE IL MIO CONTRASTO A QUANTO LA AMMINISTRAZIONE MORATTI DICE E PROPAGANDA.
Soprattutto in questa scadenza elettorale dove la Moratti, che pure nella tornata precedente aveva promosso una lista
civica autonoma dai partiti ed ora invece si presenta con uno schieramento partitico, con un capolista che conosciamo
e con un legame dichiarato con una impostazione della Lega, che non solo non posso condividere, ma che contrasta
con la scelta mia di vivere solidarietà…
…..Per questo ho deciso di indicare, come fanno del resto altri, la mia scelta che ha tutta la parzialità e il valore di
una responsabilità che in questa fase sento doveroso rendere pubblica.
Non credo proprio che lo stile di vita non c'entri con una scelta e con un orientamento politico. Il degrado etico e
barzellettiero che stiamo vivendo mi preoccupa a tal punto che non mi permette di stare zitto.
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Questo proprio perché quegli stili di vita dis-educano e quindi dichiarare pubblicamente che non si condividono per
me chiede, dal punto di vista amministrativo, di indicare un'altra opzione.
INVITARE A NON VOTARE LA MORATTI, LA RITENGO UNA SCELTA NON DOGMATICA, LIBERA E INDICATRICE DI UNA
COERENZA CHE INVITO A CONSIDERARE E A PROPORRE ANCHE AI CATTOLICI, A CHI FREQUENTA E PRATICA, AI PRETI E
AI RELIGIOSI.
Scelta parziale? Certamente, come lo è per tutte le scelte di politica amministrativa, ma per questo invito
l'articolista a non richiamare il rapporto tra fede e vita per criticare questa indicazione perché è proprio da lì che
nasce la mia responsabilità e la mia scelta di indicare di NON VOTARE LA MORATTI e il suo capolista.
Don Virginio Colmegna
La sen. Mariapia Garavaglia trasmette la lettera di un “centrista convinto”
Perché io, “centrista” convinto, voterò Giuliano Pisapia il 29 maggio
Amo Milano, città nella quale sono nato 65 anni fa e nella quale ho sempre vissuto, ho alle spalle una lunga militanza
nella Democrazia Cristiana, lo scorso 15 maggio ho votato per Manfredi Palmeri sindaco e per la lista dell‟Unione di
Centro. Il 29 maggio voterò per Giuliano Pisapia. Lo farò principalmente per due motivi.
Perché Letizia Moratti non vuole aprire Milano all‟area metropolitana milanese per difendere gli interessi di pochi
Il comune di Milano, così come è oggi, è una realtà arcaica che non è in grado di rispondere né alle esigenze di chi lo
abita né a quelle di chi lo usa, talvolta quotidianamente, per motivi di studio o di lavoro venendo dall‟hinterland o da
più lontano. Nonostante che Milano sia stata in prima linea, fin dagli anni ‟70, nel dibattito sull‟istituzione della Città
Metropolitana, da quando si sono realizzate le condizioni giuridiche (nel 1990) e costituzionali (nel 2001) per
realizzarla il Comune non ha fatto assolutamente nulla. Ma questa inerzia è dovuta ad una precisa scelta politica della
maggioranza che governa Milano. Una scelta che privilegia interessi consolidati all‟interno della cinta daziaria di
Milano, a scapito delle fasce più deboli della popolazione milanese e di quanti vivono al di fuori di essa, compresi
quanti – cittadini milanesi - l‟hanno dovuta abbandonare. Per questo il Comune ha rinunciato al dialogo con i comuni
dell‟area metropolitana e ha fatto le proprie scelte in perfetta solitudine, come è evidente nell‟impostazione che ha
voluto dare al Piano di Governo del Territorio.
Un Piano che non saprà cucire la città, il suo hinterland e i comuni della provincia per la riqualificazione delle
periferie, il recupero delle aree industriali dismesse e la valorizzazione dei centri urbani, vanificando in tal modo le
potenzialità strategiche di questo strumento urbanistico per la crescita dell‟intera area metropolitana e il
miglioramento della qualità della vita di tutti i suoi abitanti.
Perché Letizia Moratti e i suoi sostenitori sono incapaci di gestire i cambiamenti di Milano
L‟attuale maggioranza, per un calcolo miope e ormai controproducente, ha fatto finta di non accorgersi che nel 1990,
a fronte di una popolazione residente di 1.432.184 persone, Milano contava “soltanto” 39.729 stranieri, pari al 2,8%
degli abitanti della città, mentre nel 2010, 20 anni dopo, i residenti ufficiali in città erano scesi a 1.310.384 mentre
quelli stranieri erano saliti a 217.902, pari al 16,6% degli abitanti ufficiali della città: cioè 1 su 6.
Ancora più grave è che l‟attuale maggioranza non abbia prestato alcuna attenzione alle previsioni del Settore
Statistica del Comune di Milano che indicano che nel 2020, cioè al termine del decennio, i residenti ufficiali a Milano
sono destinati (sulla base di un‟ipotesi media) a scendere a 1.292.220 e di questi ben 314.539, cioè 1 su 4 residenti
ufficiali, saranno stranieri (per poi salire a quasi 1 su 3 nel 2028).
Letizia Moratti, e tanto meno le forze che la sostengono, non hanno fornito alcuna indicazione su come gestire queste
trasformazioni, benché da esse dipendano il benessere e la sicurezza dei milanesi residenti, presenti e futuri, nonché
dei suoi abitanti stranieri che diventeranno in gran parte cittadini a tutti gli effetti.
Giuliano Pisapia, invece, ha dimostrato in questi mesi, a differenza di Letizia Moratti in tutti questi 5 anni, non
soltanto una grande capacità di ascolto e di dialogo con i cittadini di Milano, con gli immigrati, con le comunità
dell‟area metropolitana, ma anche un forte impegno per risolvere i problemi degli abitanti di Milano, a partire, come
spero, da quelli che ho qui indicato.
Massimo Gargiulo
Antonio Del Pennino, esponente storico del PRI milanese, già vice-sindaco, a lungo
parlamentare nell'area berlusconiana,
attualmente presidente della federazione PRI Lombardia, non potendo essere presente al De Amicis il 24
maggio, ha fatto pervenire la sua dichiarazione di voto, pubblicata il 24 maggio da Il Riformista : non l'ho
votato al primo turno, ma al ballottaggio voto Pisapia
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Si affianca Giuliano Pisapia nel progetto di riorganizzazione delle
competenze di governo dell’Amministrazione
Il 20 maggio al Circolo della Stampa Giuliano Pisapia a sorpresa illustra una proposta
preliminare ma articolata, analitica e innovativa di riorganizzazione delle competenze di
governo dell‟Amministrazione Municipale messa a punto con la collaborazione di Iniziativa
per il 51. Il prof. Stefano Rolando affianca Pisapia nell‟illustrazione del progetto.
Questa la nota per la stampa
“Una concreta e innovativa visione organizzativa
dell’Amministrazione comunale”.
Giuliano Pisapia illustra il profilo generale del progetto di riordino
delle competenze di governo del Comune di Milano
Nota per la stampa
Milano, 20 maggio 2011 - “Dedichiamo un‟attenzione specifica ai profili generali gestionali del “mestiere di
Sindaco”. Per varie ragioni avrei anche potuto fare queste comunicazioni il giorno dopo aver acquisito il risultato.
Penso però che sia giusto far sapere ai cittadini milanesi, agli elettori, alcune cose prima. Proprio per la natura
della mia candidatura legata all‟amore per la città e all‟idea davvero di un “buon governo”, gli elettori meritano
che si dia loro conto subito non solo di preoccupazioni generiche, ma di un approccio serio e concreto
all‟organizzazione; che ha riguardato analisi e discussioni con l‟apporto di esperti, molti che hanno reso servizi
importanti alle istituzioni (authority, parlamento, governo, regioni, la nostra città), altro che estremisti
facinorosi!, e soprattutto per dare senso strategico al modello organizzativo che abbiamo in testa”.
Questo l‟attacco della presentazione che Giuliano Pisapia, nel confronto ormai diretto con gli elettori che
decideranno al ballottaggio, ha dedicato oggi al Circolo della Stampa al progetto di riordino delle competenze di
governo del Comune.
Tre le idee di fondo.
1. Nessun affastellamento, ma una razionale chiara e semplice riorganizzazione degli assessorati che passano
(vicesindaco compreso) da 16 a 12 inquadrati in tre equilibrate macro-aree: quella delle competenze
istituzionali, quella delle competenze economiche, quella delle competenze sociali. “La mia idea di base – ha
detto Pisapia - è partire dai bisogni di efficienza per arrivare alle competenze, partire dalle competenze per
arrivare alle persone. Non il contrario”.
2. Assessorati robusti con competenze equilibrate, accorpate con l‟obiettivo di ridurre al massimo i conflitti di
competenza interni. Sindaco con ruolo nelle strategie, nel coordinamento generale e nelle relazioni. Vicesindaco controller dell‟attuazione del programma e sviluppo relazionale verso il Consiglio, le zone cittadine e la
città metropolitana. Tre delegati del sindaco in ascolto e dialogo permanente con mondi essenziali: cittadini e
diritti di partecipazione, imprese e mondo del lavoro; Chiesa diocesana e tutte le religioni praticate. Sul mondo
giovanile lo stesso Sindaco eserciterà in proprio la funzione relazionale “perché è prioritario il rilancio delle
politiche di ringiovanimento della città”.
3. Tre aree di garanzia: il presidente del Consiglio comunale a cui farà capo anche il board scientifico delle
valutazioni delle politiche pubbliche municipali; un‟autorità municipale per le garanzie civiche con regolazione
anche della trasparenza e del dibattito pubblico; una consulta di associazioni e soggetti significativi sul tema
dell‟internazionalizzazione del sistema Milano.
Molti gli spunti per assicurare innovazione e adeguatezza agli assessorati che spesso cambiano nome o accorpano
competenze prima diversamente distribuite. Si crea (a termine) un assessorato delegato all‟Expo con un team interassesorile che assicuri il miglior presidio all‟evento e agli organi preposti per la gestione.
Una visione generale, che sarà oggetto di naturali approfondimenti prima di trovare la via del disegno definitivo,
che lega il futuro alla tradizione: “la Municipalità deve tornare ad essere il vanto dei milanesi: credibile
all‟interno, restituendo fiducia e rispetto per la professionalità dei funzionari (pur con i bisogni formativi e di
rilancio che ci sono); seria ed efficace all‟esterno, come chiedono i cittadini, le imprese, le associazioni; capace di
assicurare a Milano il ruolo nazionale e internazionale che spetta a questa città”.
Ha affiancato il candidato sindaco Giuliano Pisapia nell‟illustrazione del progetto, il professor Stefano Rolando
(Economia e gestione delle imprese nell‟area del management pubblico, allo Iulm; e già direttore generale alla
Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Consiglio regionale della Lombardia), espressione del Comitato per il 51
animato da Piero Bassetti che è stato ambito di analisi e discussione sul rapporto tra contenuti programmatici e
innovazione della gestione.
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L’apertura alla “larga maggioranza”.
La fase finale della campagna per il ballottaggio
In occasione dell‟evento programmato da Iniziativa Oltre il 51 martedì 24 maggio al Circolo
De Amicis viene reso noto l‟ultimo elenco degli aderenti: 151.
Pisapia Sindaco. Iniziativa Oltre il 51
(152 aderenti al 24 maggio 2011)
Con Piero Bassetti, primo pres. Reg. Lombardia, già parlamentare e presidente Camera Commercio
e Valerio Onida, prof. em. Diritto Costituzionale Università Milano, già pres. Corte Costituzionale
Michele Achilli, architetto, già parlamentare di Milano
Paola Acht, medico
Guido Aghina, operatore culturale, già assessore Cultura Comune di Milano
Luigi Amman, progettista impianti, già consigliere comunale e presidente ATM
Ennio Amodio, avvocato , presidente Ass.ne studiosi del processo penale G.D.Pisapia
Giuseppe Amoroso, avvocato
Lucia Angelini, neuropsichiatra Infantile primario Fondazione Don Gnocchi, già primario al Besta
Danilo Annoni, professore Dipartimento di Architettura Politecnico
Ezio Antonini, avvocato
Giuseppe Antonini, dirigente d‟azienda
Rosellina Archinto, editore, già consigliere comunale Milano
Mario Artali, vice-presidente BPM, già ad SME e già parlamentare di Milano
Guido Artom, già assessore Bilancio del Comune, già presidente Poldi Pezzoli
Giovanni Baccalini, già assessore Edilizia Comune di Milano
Laura Balbo, professore di Sociologia università di Padova,già parlamentare e Ministro Pari opportunità
Luciano Balbo, presidente della Fondazione Oltre, fondatore di Permicro Spa
Claudia Balotta, professore Malattie Infettive, Facoltà Medicina Università di Milano
Giampiero Bellini, manager nel settore farmaceutico
Luca Beltrami Gadola, docente Architettura, imprenditore, editorialista Repubblica
Giuseppe Berger, collezionista d‟arte
Guido Bersellini, avvocato, vice presidente naz. FIAP
Felice Besostri, avvocato, già parlamentare di Milano
Velia Bianchi, psicologa psicoterapeuta, Vicepresidente EATGA
Otto Bitjoka, presidente Fondazione Ethnoland
Sergio Bologna, storico movimento operaio e presidente LUMHI
Elio Borgonovi, professore Economia pubblica Università Bocconi Milano
Lorenzo Boscarelli, partner GEA, promotore Associazione Milano Riparte
Giovanna Bossotti, avvocato
Salvatore Bragantini, operatore finanziario, già commissario CONSOB
Rizziero Breviglieri, dirigente bancario
Mauro Buscaglia, direttore Maternità-Infanzia Ospedale San Carlo
Sandro Cabrini, architetto e pittore
Georgia Cadenazzi, professionista nel marketing editoriale internazionale,
Paola Calvetti, operatrice culturale e editoriale
Eva Cantarella, professore em. Istituzioni diritto romano Università degli Studi
Riccardo Cappellin, professore Economia politica Tor Vergata Roma
Claudio Casaletti, dirigente di banca
Franco Casarano, avvocato, presidente Assocond (Associazione nazionale Condomini)
Mariagiulia Castagnone, direttore editoriale Piemme
Leonardo Castellano, fisico, già docente Fisica Numerica Univ. Milano
Piero Castellini, architetto
Giorgio Cavalca, dottore commercialista
Paolo Ceccarelli, professore di architettura, cattedra UNESCO, Università di Ferrara, ex rettore IUAV
Luigi Cella, avvocato
Daniele Checchi, preside Scienze politiche Università degli Studi Milano
Fiorello Cortiana, esperto tecnologie dell‟informazione, già parlamentare Milano
Giovanni Cominelli, esperto politiche educazione, già cons. Regione Lombardia
Enrica Correale Santacroce, avvocato
Antonio Crea, blogger
Francesca Crippa Floriani, presidente Associazione Amici Fondazione Floriani
Achille Cutrera, avvocato, già senatore lombardo
Carlo dalla Chiesa, imprenditore
Nando dalla Chiesa, professore Sociologia Università di Milano, già parlamentare e sottosegretario
Remo Danovi, avvocato
Marco Daverio, direttore artistico in ambito musicale
Clara De Braud, docente Cattolica di Milano, segretario generale AICIB
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Fiorella De Cindio, professore Dip. Informatica e comunicazione, Univ. degli Studi Milano
Antonio De Lillo, preside di Sociologia Università Milano-Bicocca
Cesare Degli Occhi, avvocato
Carlo Dell'Aringa, professore Università Cattolica, membro CdA BPM
Andrea De Micheli, comunicatore, produttore di spot ed eventi
Carlo De Michelis, imprenditore, presidente Soconomar
Davide Diamantini, docente Scienze Formazione Università Milano Bicocca
Ottavio Di Blasi, architetto
Vittorio Dotti, avvocato, già parlamentare di Milano
Lino Duilio, parlamentare, già dirigente Cisl e Inail, direttore Popolarea
Antonio Duva, giornalista, già parlamentare di Milano, già presidente AEM
Edoardo Fabbri, manager finanziario
Anna Paola Fascetti, collezionista arte
Giusi Ferrè, giornalista
Paolo Ferri, professore Tecnologie didattiche, Università Milano-Bicocca
Carlo Fontana, vice-presidente Fond. Balzan, già sovr. Scala e parlamentare Milano
Enrica Galli Fossati, professore emerito Università degli Studi di Milano
Giuseppe Fossati, notaio
Paolo Fossati, commercialista
Valeria Fossati Bellani, architetto
Mario Gandini, senior private banker Banca Ifigest
Mariapia Garavaglia, già ministro Sanità e presidente CRI, senatrice della Repubblica
Jacopo Gardella, architetto
Luciano Gattinoni, direttore Anestesia e Rianimazione Policlinico
Jole Garuti, direttore Centro Studi Saveria Antiochia Omicron
Giovanna Giampà, avvocato
Linda Gilli, imprenditrice e manager
Doia Giovanola, giornalista
Umberto Giovine, consulente, giornalista, già parlamentare lombardo
Mattia Granata, storico dell‟economia, Università degli Studi Milano
Luigi Maria Guffanti, architetto
Laura Hoesch, avvocato
Alessandra Kusterman, Direttore PS Ostetricia Ginecologia Mangiagalli
Ludovico Isolabella, avvocato
Cristina Jucker, giornalista
Alessandro Lentati, manager finanziario
Gianni Locatelli, giornalista e manager, già dir. Sole24Ore, già dg della RAI
Luigi Lunari, scrittore e drammaturgo
Susanna Mantovani, pro-rettore Univ. Milano-Bicocca, già assessore Educazione Milano
Francesco Marena, avvocato
Alberto Martinelli, professore Università degli Studi Milano, già preside Scienze Politiche
Mario Martinelli, pubblicitario
Gianna Martinengo, imprenditrice nel settore ICT
Guido Martinotti, professore Istituto Italiano di Scienze Umane di Firenze
Giovanni Marzi, manager già AD Hermès Italie
Piergiuseppe Merlo, dirigente di azienda
Agostino Migone de Amicis, avvocato, presidente Fondazione mons. A. Ghetti
Edoardo Mollona, professore Economia aziendale Università di Bologna
Vincenzo Monaci, imprenditore, già commissario AGCOM
Nicola Montano. professore Medicina Interna, Facoltà Medicina, Università di Milano
Paola Mosconi Galeazzi, ricercatore settore biomedico
Giuliana Nuvoli, professore Letteratura italiana Università degli Studi Milano
Fabrizio Onida, professore Economia int. Università Bocconi, già presidente ICE e IRS
Renato Palmieri, avvocato
Fulvio Papi, filosofo, scrittore e giornalista
Ferruccio Parri, avvocato
Luciano Pilotti, professore Economia imprese Università degli Studi Milano
Eros Prina, commercialista, presidente Associazione Mazziniana Milano
Alessandro Profumo, banchiere
Paolo Prota Giurleo, imprenditore e manager, presidente Jakala Group, già ad Autogrill
Anna Puccio, manager
Pippo Ranci, professore Università Cattolica, già pres. Autorità energia elettrica e gas
Emanuele Ranci Ortigosa, direttore scientifico IRS, già presidente ACLI Milano
Bianca M. Ranzi Lebano, professore em. di Scienze, resp. Associazione Vozza M. Melloni
Sabina Ratti, dirigente di azienda
Ida Regalia, professore di Sociologia dei processi economici Università degli Studi Milano
Marino Regini, prorettore dell'Università degli Studi di Milano.
Carlo Alberto Rinolfi, manager
50
Stefano Rolando, prof. Univ. IULM, già dg Pres. Cons. Ministri e Cons.Reg.Lombardia
Sandra Rocchi, pubblicista e assistente sociale
Fulvio Ronchi, designer, docente di Identità visuale
Augusto Rossari, docente Politecnico di Milano
Ennio Rota, medico, già presidente Legambiente Milano
Raffaele Sacco, dirigente ospedaliero
Mario Sanchini, ingegnere
Fulvio Scaparro, psicoterapeuta
Piero Schlesinger, avvocato, professore em. Cattolica, già presidente BPM
Giovanni Scirocco, docente Storia contemporanea Università di Bergamo
Francesco Somaini, docente Storia medioevale, presidente Circolo Carlo Rosselli
Gianpiero Spagnolo, architetto
Lorenzo Strik Lievers, professore Storia contemporanea, Università Milano-Bicocca
Alessandra Tedeschi Toschi, docente Dipartimento Scienze Informazione, Università degli Studi
Annamaria Testa, pubblicitaria, docente e saggista
Maurizio Trezzi, fisico, docente universitario comunicazione sociale
Giuseppe Varchetta, manager personale e organizzazione, docente Milano-Biciocca
Sergio Vicario, imprenditore comunicazione
Alfredo Viola, ingegnere, BNP Paribas
Federico Viola, grafico pubblicitario
Iacopo Viola, avvocato penalista
Franco Moro Visconti, avvocato
Guido Roberto Vitale, presidente società finanziaria
Marco Vitale, economista, docente, già assessore Bilancio e pres. Ferrovie Nord.
Mario Viviani, avvocato, già CdA ISAP
Umberto Voltolina, ingegnere, presidente Fondazione Sandro Pertini
Questo il programma del De Amicis. Il dialogo continua – con premesse ormai radicate nel tempo e molti sviluppi –
tra varie componenti della società civile e della società politica che stimano opportuno il cambiamento.
Circolo De Amicis
Via Edmondo De Amicis, 17 – Milano - Martedì 24 maggio 2011, h. 20.30
Pisapia Sindaco
Milano civica, Milano riparte
Contenuti innovativi per governare la città a larga maggioranza
Apertura
Mario Artali, presidente del Circolo De Amicis : Perché qui, ora
Introduzione
Piero Bassetti, promotore Iniziativa Oltreil51: Milano riparte nel mondo
Tre ambiti di progetto e di governo
Daniele Checchi
L‟istituzione - Il “buon andamento” coincide con i diritti del cittadino
Emanuele Ranci Ortigosa
La società - La coesione è cultura più welfare
Marco Vitale
L‟economia - Impresa-lavoro-sviluppo. Generare benessere e qualità
Il laboratorio di questa campagna elettorale
Franco d‟Alfonso
Discussione
Hanno assicurato la loro partecipazione
Guido Aghina, Piervito Antoniazzi, Otto Bitjoka, Stefano Boeri, Salvatore Bragantini, Marco Cappato, Barbara
Ciabò, Davide Corritore,Fiorello Cortiana, Marilisa D‟Amico, Carlo Dell‟Aringa, Carlo Fontana, Massimo Venturi
Feriolo, Maria Pia Garavaglia, Maria Ida Germontani, Linda Gilli, Alessandra Kusterman*, Ilaria Li Vigni, Gianna
Martinengo*, Susanna Mantovani*, Enrico Marcora, Alberto Martinelli, Guido Martinotti, Franco Morganti, Cristiana
Muscardini, Giancarlo Pagliarini*, Giacomo Properzj, Anna Puccio, Beatrice Rangoni Machiavelli *, Pippo Ranci,
Dario Rivolta, Marco Romano, Anna Scavuzzo, Elisabetta Strada, Piero Schlesinger*, Carlo Scognamiglio*, Bruno
Tabacci, Guido Roberto Vitale*, Francesca Zajczyk.
* In attesa di conferma definitiva
Conclusioni
Valerio Onida
Coordina l‟incontro
Stefano Rolando
Interverrà, compatibilmente con gli impegni di questi serrati ultimi giorni della campagna elettorale, Giuliano
Pisapia
51
questa sera sul campanello della mia bicicletta...
...incatenata a un palo ho trovato un bigliettino quasi illeggibile, 5cm x 3cm, inserito nel campanello. Poco lontano
chi lo aveva messo proseguiva la sua solitaria campagna, cercando piccoli interstizi, sui muri, nelle auto, per dire il
suo punto di vista, in un quartiere poco frequentato di Milano. Un signore di mezza età in giacca e cravatta. L'ho visto
da lontano e l'ho guardato con civile tenerezza. Un evidente esemplare di una razza nota e additata: i facinorosi,
rissosi, zingaropolisti, moscheisti, estremisti di Giuliano Pisapia.
(pubblicata da Stefano Rolando su Facebook il giorno lunedì 23 maggio 2011 alle ore 0.02)
23 maggio 2011
VALERIO ONIDA: LA STRATEGIA DIVISIVA DI LETIZIA MORATTI
La Moratti divide. Divide i residenti a Milano dai residenti nell‟hinterland che vengono in città a lavorare. Ai primi
promette l‟esenzione dall‟ecopass; i secondi continueranno a pagarlo (magari aumentato). Ma l‟automobile del
milanese che risiede alla periferia della città, quando entra nella cerchia dei bastioni, inquina forse meno
dell‟automobile di chi abita a Corsico o a Rozzano? Non intasa il traffico, come l‟altra? L‟ecopass, avevano detto,
serve per ridurre l‟inquinamento e il traffico. In questo modo aumenterà ancora l‟inquinamento e aumenterà ancora il
traffico, e l‟ecopass sarà solo una tassa iniqua sui residenti nell‟hinterland. In attesa che i Comuni di Sesto
S.Giovanni, di Settimo Milanese, di Rozzano e di Corsico si “vendichino” facendo pagare una tassa agli automobilisti
milanesi che attraversano il loro territorio.
Qual è la logica di tutto questo? Ovvio: i residenti a Milano, a differenza dei residenti nell‟hinterland, votano a Milano:
e la Moratti ha un disperato bisogno di “comprare” i loro voti. Per questo sta studiando anche un “condono” delle
multe stradali. Siamo ridotti a questo. La Moratti divide. Divide chi risiede da più tempo a Milano da chi pure vi
risiede, vi abita e vi lavora, ma da meno tempo. Dal sito del Comune si ricava che per usufruire del “bonus bebè”
durante il primo anno di vita del bambino è requisito richiesto “la residenza nella città di Milano da almeno tre anni
di entrambi i genitori che hanno riconosciuto il bambino, ovvero della sola mamma se è l'unica ad averlo
riconosciuto”; per usufruire del “bonus cicogna” per le donne in gravidanza i requisiti richiesti sono che “la
richiedente deve aver perso il lavoro in gravidanza” (ma non era vietato licenziare le donne incinte?), e che
“entrambi i genitori, o la madre se unico genitore, devono essere residenti da almeno tre anni nel Comune di
Milano”. E sappiamo che la Lega, alleata e “padrona” della Moratti, ha già annunciato che vuole aumentare il numero
di anni di residenza necessari per usufruire di certi benefici sociali. Ma perché, se risiedi e abiti a Milano da meno di
tre anni (o di cinque, o di dieci) - e magari sei straniero, perché, si sa, gli stranieri fanno più figli - tuo figlio ha
meno diritti? La madre ha meno bisogno? E‟ questo il modo in cui Milano accoglie le “giovani coppie” con difficoltà
economiche? Forse la Moratti non sa che la Costituzione italiana garantisce a tutti i cittadini (e anche agli stranieri
con titolo di soggiorno) la libertà di circolare e stabilirsi in tutto il territorio nazionale. La Moratti divide. Divide i
cittadini dagli stranieri. Non si parla qui degli stranieri cosiddetti clandestini, spauracchio della Lega, ma di quelli
regolarmente residenti, che a Milano vivono e lavorano. L‟assegno per le famiglie a basso reddito con almeno tre figli
minori e conviventi, erogato dal Comune della Moratti, prevede come requisito “essere residente nel Comune di
Milano nel momento in cui si presenta la richiesta; essere cittadino italiano, comunitario o extra-comunitario in
possesso dello status di rifugiato politico o di protezione sussidiaria”; “non possono presentare la richiesta i cittadini
extracomunitari, anche se in possesso della Carta di Soggiorno” (fonte: sito del Comune). Ma perché, lo straniero a
basso reddito e con famiglia numerosa è meno bisognoso del cittadino nelle stesse condizioni? La Moratti divide.
Cerca di dividere cattolici da “laici”. Il suo comitato elettorale scrive sui volantini che nel ballottaggio si
contrappongono, niente meno, “due concezioni radicalmente diverse dell‟uomo e della società”. Buttandola
sull‟ideologia, cerca di far dimenticare che non stiamo scegliendo fra due “concezioni dell‟uomo” ma fra due
candidati Sindaci chiamati a provvedere alla città dell‟uomo, e alle persone che la abitano, rispettandole e
trattandole egualmente, qualunque sia il loro credo e la loro posizione culturale o politica. Non so quale sia la
“concezione dell‟uomo e della società” che piace alla Moratti: forse quella secondo cui è la ricchezza materiale ciò
che conta e che fa la posizione dell‟individuo nella società. (infatti la prima affermazione del suo programma è la
promessa di non aumentare per cinque anni, a nessuno, tasse e tariffe. Poi uno naturalmente si chiede da dove pensa
di prendere i soldi per tutti gli aumenti di servizi che pure promette: forse dal mitico “federalismo”, cioè, tradotto in
soldoni, dal rifiuto dei “ricchi” milanesi di contribuire con i loro redditi all‟economia e alla solidarietà nazionale?).
Ma ciò che è peggio è che, per denigrare l‟avversario, la Moratti non esita a travisare la realtà. Un esempio? Scrive (o
fa scrivere): nel programma di Pisapia c‟è il “sostegno a chi vuole interrompere la gravidanza”. Oibò! Uno si immagina
che Pisapia voglia incoraggiare e incentivare gli aborti. Poi va a leggere il suo programma e ci trova scritto: “Il diritto
all‟assistenza in caso di interruzione volontaria di gravidanza deve essere garantito attraverso la corretta attuazione
52
della Legge 194”: la quale, come è noto, prevede sì la possibilità, a certe condizioni, di interrompere la gravidanza,
garantendo l‟assistenza sanitaria, ma prevede anche i consultori, fra i cui compiti c‟è quello di contribuire “a far
superare le cause che potrebbero indurre la donna all‟interruzione della gravidanza”. La Moratti non vuole la
“corretta attuazione della legge 194”? Un altro esempio: la Moratti scrive che secondo il programma di Pisapia “i
redditi familiari sopra i 30.000 euro saranno più tassati”. Poi va a leggere il programma, e trova solo che, parlando di
tariffe dei servizi per l‟infanzia (nidi e scuole materne) si prevede una “revisione della politica tariffaria, con una
progressiva riduzione dei costi per le famiglie nell‟arco dei prossimi cinque anni, differenziando in più scaglioni le
quote contributive per le famiglie con Isee superiore ai 12.500, e aumentando il numero delle gratuità”: cioè, in
concreto, tariffe più differenziate in base al reddito familiare. E perché, non è forse giusto? Quale sarà la “concezione
dell‟uomo e della società” che si nasconde dietro queste affermazioni?
In realtà dietro la candidatura di Pisapia ci sono cattolici e laici, liberali che un tempo si sarebbero detti di destra e
socialisti di tutte le sfumature, prudenti conservatori e audaci
progressisti. L‟unico vero “estremismo”
concretamente in campo è quello di un Sindaco uscente prigioniera dell‟ideologismo leghista fautore di egoismi
territoriali, e prigioniera dell‟ideologismo berlusconiano, che ad una visione equanime ed equilibrata dei problemi
istituzionali (come quella espressa dal Presidente Giorgio Napolitano) oppone lo svilimento della funzione
parlamentare e l‟assalto all‟arma bianca contro ogni istituzione di garanzia.
23 maggio 2011
Secondo turno
Borghesia ambrosiana, Rispetto e valori condivisi nel voto per Pisapia
Luciano Pilotti
Una domanda che emerge dalle ultime note e dal dibattito sulla stampa è perché la “Borghesia Ambrosiana” peraltro
molto differenziata al suo interno ha votato e (se) ri-voterà per Pisapia ?
La risposta che mi sono dato è che questa borghesia che agisce nei mercati e per mercati efficienti così quanto da
sempre attenta e osmotica alla solidarietà e ad un civismo non opportunistico trova una discriminante forte nella
categoria del “rispetto”, una ( non la sola) delle motivazioni forti del voto a Pisapia. Un Rispetto che peraltro è finora
stato carattere “naturale” della campagna di GP anche delle ultime ore con la forte risposta alle provocazioni scusandosi comunque - ma offrendo cristianamente e civicamente l‟ALTRA GUANCIA !
Con il “Rispetto di sé e dell‟altro” GP ha toccato le corde di questa Borghesia in modo profondo di fronte al
“meccanicismo funzionalistico e behaviorista” (che cerca di sommare specifici blocchi di interesse come i costruttori
e i commercianti-artigiani con segmenti di finanza) , emerso anche nelle ultime ore, con i vari “voti di scambio” (
dalle multe all‟Eco-Pas alla discussione sul PRG ) alla ricerca di un “consenso a somma zero”.
Un pezzo non marginale di questa Borghesia ha sempre connesso il Rispetto (individuale e collettivo) all‟Equità e
dunque alle politiche che la città ha rivolto in tema di “riconoscimento reciproco” e di welfare metropolitano. Anche
perché è da qui che si estende l‟interesse primario della città verso le risorse creative e innovative che derivano da un
incontro “tollerante e dialogante” tra culture e comportamenti, tra storie e valori condivisi verso una accoglienza non
semplicemente chiusa nei limiti della charity, ma in un disegno più ampio e strategico di valorizzazione, integrazione
e promozione delle reciprocità come veicoli di potenziali emergenti dall‟incontro tra “molteplici diversità” che superi
le “flessibilità a tutti i costi senza contrappesi”. Riaffermando un uomo pubblico e solidale vs. un uomo flessibile e
atomistico o autistico dipendente da poison pills quotidiane sparse da media compiacenti e da istituzioni politiche
rappresentative occupate da un potere economico pervasivo e opprimente.
Nel Rispetto infatti – cui è sensibile anche questa “borghesia ambrosiana” - possiamo ritrovare modalità non
destabilizzanti di re-incontro tra identità sospinte negli ultimi anni da forti diseguaglianze con marker artificiali di
differenziazione ( i simboli e della Lega agganciati alle paure emergenti da società multietniche e pressate da squilibri
demografici planetari) più che di punti in comune e trasformazioni delle società democratiche “evolute” sottoposte a
frammentazione e che richiedono “nuovi collanti “ per ritrovare senso in un fare per sé non disgiunto nel “fare per
gli altri e soprattutto con gli altri “.
Ciò significa riaprire al città ad un cantiere per ricostruire spazi pubblici come luoghi di incontro tra molteplici
identità e tra esperienze come cuneo di sfida positiva verso compatibilità sostenibili di un inarrestabile processo di
globalizzazione alla ricerca esplorativa di nuovi collanti della coesione sociale senza i quali ogni democrazia è
destinata a soccombere. Esiti dei quali buona parte di questa Borghesia è consapevole come emerge da molti degli
argomenti letti sulla stampa e ripresi dal dibattito nel gruppo “oltre il 51”.
Questa Borghesia , come buona parte della società milanese, hanno compreso che se il Rispetto è una configurazione
performante di relazione per gli altri e soprattutto con gli altri à la Sennet allora ciò che deve emergere è questo
riconoscimento reciproco che non può vestirsi solo di aspetti morali e cognitivi ma espressione di fattori emozionali e
passionali, dunque relazionali profondi. Fattori che sono stati tragicamente manomessi negli ultimi anni e che devono
essere ripristinati per ridare senso al nostro riconoscerci falsamente distorti da diffusi impasti mediatici orientati ad
un consenso “ a tutti i costi”, populista e straccione.
Si riafferma e si riscopre dunque la necessità di riappropriarci di interdipendenze come chiavi di riconoscimento per
governare i processi ecologici di una Grande Area metropolitana che deve ritrovare una mission, ma soprattutto un
senso del proprio cammino verso una Modernità tutta da configurare e rispetto alla quale ritrovare un posizionamento
appropriato e che l‟esperienza dell‟Expo offre come una delle prime opportunità., ma non la sola e forse nemmeno la
più rilevante. Infatti, non la sola e non la più rilevante, se non saprà per esempio invertire la tendenza al “rientro dei
cervelli e delle competenze ” di una generazione di giovani istruiti che è stata espulsa e costretta a trovare
opportunità oltr‟alpe e oltre oceano, nelle imprese, nella ricerca, nelle organizzazioni internazionali,profit e non
53
profit. Oggi questa Borghesia richiede dunque con una società più ampia un riconoscimento che diventi realizzazione
di diffusi diritti di cittadinanza che valorizzi le diversità e che le rimetta al centro di un processo di creazione di
valore collettivo che sia generatore di esternalità perse da tempo di una Milano spenta da un individualismo egoistico
collassato dai fumi di diffusi ideologismi vuoti che ne hanno imprigionato gli “animal spirit “ del fare rimossi o
disaccoppiati dalle loro autonomie per essere meglio “controllati” in una illusoria autosufficienza. Un esito che ha
prodotto un welfare metropolitano (oltre che nazionale) come pura delega ai tanti volontariati e/ o come funzione
erogatoria di somme di denaro a seconda delle cessioni di “consenso” al capo ( o al Partito come negli anni „30 e „40)
di un istituzionalismo “compassionevole” spesso connesso ad un capitalismo “assistito”, attraverso concessioni , nuovi
clientelismi e sottogoverno localistico! Rispetto e autonomia individuale per valorizzare le interdipendenze di una
società che corre e che richiede apertura e identità non-localistiche o, forse, glocalistiche con pratiche sociali di una
Governance che parta dal basso , di una Amministrazione pubblica che si faccia co-partecipativa e co-progettuale che
porti ogni soggetto a riconoscersi come Soggetto-Attore-Agente! Soggettività attive nella gestione della loro
“protezione” e della loro “assistenza” come dei loro “progetti di vita”, cioè del loro Futuro oltre un “rispetto a
somma zero” che esclude e produce marginalità ( la Lega ? o pezzi dello stesso Popolo della Libertà , o ex-Forza
Italia) come con forza ci dice Karin Knorr Cetina. Questa Borghesia congiuntamente ad una società metropolitana
dinamica – mobile, meticcia e nomade - ha ritrovato nel Rispetto come stima di sé , perché accettata per quel che è
e riscoprendo antiche e non assopite forze la fiducia nelle proprie capacità collettive e personali. Da qui si sono
reinforced il rispetto dell‟altro non tanto in vecchie forme compassionevoli ma di co-progettazione partecipata che –
solo per fare un esempio - istituzioni come quelle di Don Colmegna confermano. Questa Borghesia “buona” ha votato
Pisapia e lo confermerà anche al secondo turno perché le pratiche di questa amministrazione funzionalistiche ed
erogatorie per un “rispetto a somma zero” hanno fallito. Pratiche incompatibili con efficienza, mercati ed equità
solidaristica , insomma troppo distanti da una qualche pur vaga visione di un Futuro credibile e sostenibile!
Mondoperaio Blog
23 maggio 2011
Milano metafora di nuovi equilibri politici nel paese?
Stefano Rolando
Milano, 23 maggio 2011 - Ritorno ai lettori di Mondoperaio e del suo blog, dopo aver scritto qui un‟analisi degli
scenari del voto a Milano quaranta giorni prima del voto al primo turno.
E ci torno oggi, quattro giorni prima del ballottaggio. Molte incertezze si sono chiarite all‟interno di due evidenze:
Letizia Moratti – anche per inconsistenza politica propria – ha ceduto allo stravolgimento della sua campagna che
avrebbe potuto, per lei più fruttuosamente, stare sul terreno dello stile e della rendicontazione (terreno in cui la
propaganda è abile a non sembrare tale); Giuliano Pisapia – anche per consistenza di intuizione, di staff e di tenuta
psicologica e relazionale – ha aggregato il bisogno di “normalità” di una città come Milano e al tempo stesso il bisogno
di cambiamento “ragionevole” ovvero di controllo di politiche e di apparati, di buona indipendenza dai partiti e di
capacità di ascolto. Quelle incertezze sono state colmate dal sentimento civico diffuso e dall‟opinione “in proprio” di
elettori che hanno fatto i conti con la realtà. Nel quadro del ballottaggio ciò è evidente rispetto al profilo impacciato
di un Terzo polo che – come avevamo detto – sotto il 6% qui non riesce ad essere soggetto politico, perdendo
l‟occasione di diventare – non solo elettoralmente - ma anche politicamente parte di una vasta alleanza capace di
allargare l‟ambito in cui fare del sindaco un nuovo baricentro.
E‟ così l‟iniziativa civica – quella stimolata da Piero Bassetti a cui alcuni di noi hanno dato un contributo – a svolgere
ora, in questi giorni a tempo pieno, una funzione di raccordo e quindi a promuovere non le operazioni astratte di
cartelli antiberlusconiani di palazzo, ma l‟accoglienza di tanti frammenti e realtà che hanno mantenuto una loro
identità culturale e politica in crescente disagio rispetto all‟antipolitica crescente della destra.
La serata al Circolo De Amicis, programmata il 24 maggio, per fare incontrare il gruppo di progetto di “Iniziativa per il
51” e molti esponenti (laici e cattolici, socialisti e liberali, di nuova destra costituzionale o di più antica sinistra
libertaria), segna dunque un approdo nel corso di una campagna altrove dominata dagli insulti, qui e in tanti settori
del consenso a Giuliano Pisapia dominata dal fervore, dalla proposta, dal ritorno alla partecipazione.
Dai media oggi si colgono dunque segnali interessanti.
Scrive Pier Luigi Battista sul Corriere della Sera che la campagne elettorale a Milano – che ormai è scelta dai
media e anche, per qualcuno che teme il palazzo romano a malincuore, dal sistema politico italiano come
metafora dei nuovi equilibri negli orientamenti politici del paese – segna la trasformazione antropologica del
centro-destra. Da antico posizionamento liberale a cettolaqualunque.
L‟editoriale della Stampa, sempre di oggi, a firma di Luigi La Spina, si affianca a quell‟idea, portando lo
sguardo di Torino un po‟ esterno alle cose milanesi; e mette infatti i punti esclamativi a questa lettura.
Facendo a pezzi ogni possibilità della linea Moratti di riprendere eventualmente qualche contenuto razionale
per salvare il salvabile. Aspettiamo un altro editoriale da La Spina per rivedere la sua idea che Pisapia vinca
solo per colpa della Moratti, non facendo per ora lo sforzo necessario per vedere in Giuliano Pisapia –
argomento non banale nella vicenda della sinistra italiana - le ragioni di tenuta della sua coalizione e la
capacità di costruzione di un baricentro responsabile della sua campagna e della sua proposta.
La pagina domenicale della Repubblica ha poi fatto uscire dal riserbo la figura del cardinale Tettamanzi
segnalando la sintesi di scenario del mondo cattolico milanese (che tuttavia realisticamente Marco Garzonio,
nell‟editoriale sul Corriere Milano, continua a vedere equamente diviso tra le due parti). Dice l‟arcivescovo:
il cambiamento è ora necessario ed è auspicabile la rinascita della città.
54
Se insomma si può considerare Milano esperienza-laboratorio non solo per le conseguenze sulla politica nazionale ma
anche per il problema di cosa sono oggi – al fondo – “destra” e “sinistra” (poco accettabile essendo ormai l‟invito di
Massimo Cacciari a considerare pari l‟involuzione, pari lo smarrimento, pari la perdita di valorialità; argomento che ha
avuto un banco di prova nella costituzione del Terzo Polo ma che a Milano dopo pochi mesi permette realistici giudizi
di fragilità al centro e di rigenerazione a sinistra) si capisce l‟entusiasmo di alcuni ambienti di cultura politica
(università, associazioni, professioni, eccetera) a pensare ad un ritorno in auge di quella che fu la Milano del “Circolo
Turati”. Si muterà tutto ciò che la storia chiede di mutare, ma lo spirito e la tensione che si leggono negli eventi non
vanno sottovalutati.
Alla fine di una minoritaria (e sconfitta ancor prima di andare al voto) esperienza di campagna elettorale alle ultime
regionali (come capolista indipendente con i radicali), ma dopo un mese di serrata analisi critica del sistema di potere
politico-istituzionale al nord e a Milano, scrissi su Mondoperaio un articolo che avevo intitolato “Ora la riscossa
borghese”. Gigi Covatta lo pubblicò col titolo più sfumato (pur sempre in una testata che continua a chiamarsi
“Mondoperaio”) Classe generale cercasi (n.3/2010). Al fondo l‟idea di riscossa era legata, più modernamente di
quanto non sembri, al rapporto tra patria e etica pubblica. Capacità di guardare agli interessi generali e ritorno alla
sobrietà nella politica e nella gestione. Per l‟Italia un auspicio, per Milano una necessità.
Il successo di Habemus Papam di Nanni Moretti (anche se per me un film in parte irrisolto) sta soprattutto nella grande
metafora dell‟insopportabilità dell‟ostentazione del potere. Nella campagna elettorale di Milano tra gli apparati
ministeriali e municipali di macchine blu, scorte, elicotteri, ville e case di Batman – tutto insieme a ben altro – lo
straordinario bisogno di normalità, di biciclette, di famiglie come le altre, di foto in mezzo ai libri e non in mezzo ai
soldi, è stato finora una bandiera di una borghesia (anche se si dovrebbe dire di una parte di borghesia) che su questo
è tornata a dire la sua anche ai ceti medi accecati dalla mitologia – tutta televisiva e propagandistica – del successo a
portata di mano da contrapporre alla sinistra piagnona e guastafeste.
In questi ultimi tempi una parte dello schieramento politico della destra ha cercato di cavalcare ancora la bandiera
della responsabilità, rispetto al propagandiamo del “facci sognare”. L‟occasione del referendum Fiat ha fatto dire che
– nella crisi economica e tra gli irrisolti di sistema – era meglio la destra per evitare demagogia. Alcuni socialisti che
hanno scelto la destra – e in particolare lo scudo di Berlusconi - hanno tentato questo indirizzo. La partita di Milano
segna la loro sconfitta, perché al loro modo di ragionare (che avrebbe anche potuto portare a un confronto tra liberali
e progressisti all‟europea) è stato preferito tutto ciò che discende dalla difesa a oltranza compiuta nella guerra del
Bunga-Bunga. La sola Stefania Craxi – vedendo la solitudine e la denigrazione internazionale dell‟immagine dell‟Italia –
ha dato un segnale coraggioso. Poi l‟ordine di scuderia – con le elezioni in vista – è stato di militarizzare la
comunicazione. A Milano si è scelto anche di fascistizzarla. Troppo, per il cuore “moderato” di Milano. Carlo Tognoli,
alla finestra da un pezzo, pochi giorni fa è stato lapidario e chiaro: "Sono convinto che certi toni e un certo
involgarimento abbiano indotto una parte degli elettori a spostarsi dal centro-destra al centro-sinistra. Pisapia è
rimasto tranquillo, non ha nemmeno troppo parlato di politica, è rimasto sui problemi della città. E la gente lo ha
premiato perché lo stile violento non è nelle corde di Milano. Milano è sempre stata moderata. La sinistra, qui, era
riformista, non massimalista. E la destra erano i liberali di Malagodi. Oggi Milano ha ribadito la sua vocazione alla
moderazione e ha dato un segnale a tutto il Paese".
E così mentre il centrosinistra milanese si riarticola, non lascia egemonie difficili (per la sua storia riformista) al solo
PD, allarga alleanze sociali e politiche convergendo con ambienti che sono critici con la partitocrazia e cerca di
rispondere alla chiamata di responsabilità con classe dirigente adeguata (qui si aprirà la vera partita a breve), il
centro-destra chiama “responsabili” ciò che per tutti i soggetti che abbiamo fin qui evocato sono i protagonisti
dell‟irresponsabilità nazionale. L‟economista Luciano Pilotti ha chiamato il primo fronte quello “dell‟equilibrio tra
rispetto e equità”, l‟ex presidente della Corte Costituzionale Valerio Onida ha chiamato il secondo fronte quello
“dell‟unico vero estremismo in campo con un Sindaco uscente prigioniera dell‟ideologismo leghista”.
Come è noto – salvo stravolgimenti e cause di immensa incidenza – ai ballottaggi non si sovverte l‟immagine e il
posizionamento maturato nel più lungo confronto del primo turno. Così che – a quattro giorni dal voto – nel giudizio
degli ambienti più responsabili della città un fronte ritrova il riavvicinamento di molti ambienti indotti ad avere
fiducia perché non c‟è comunità moderna che non abbia bisogno di governo. Mentre l‟altro fronte viene congedato e
invitato al suo purgatorio. Pena fatale e indispensabile alla natura della democrazia stessa. Con l‟auspicio che il
tempo di rimeditazione riconsegni un soggetto rinnovato, riqualificato e responsabile anche a destra nel prossimo
confronto elettorale.
Il contributo di un giovane assegnista universitario
Appello riformista. Alle culture di governo
24 maggio 2011
Mattia Granata
A Milano, in questi giorni, si è visto il futuro.
L‟affermazione potrà sembrare apocalittica e poco realistica ma è più attinente al vero e meno opinabile a seconda
del punto di vista da cui la si guardi, di quanto non possa sembrare a tutta prima.
Il fatto che il velo del tempo sia stato sollevato per un momento e oltre ad esso sia possibile intravvedere il
futuro per via dell‟azione di Giuliano Pisapia, infatti, è un fatto del tutto contingente.
Il fatto che il futuro che si può osservare sia prossimo o remoto è, allo stesso modo, un fatto incidentale e
può, persino, non influenzare il nostro giudizio, se non le nostre aspirazioni di persone che stanno in un
preciso momento storico.
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Quel che è certo, tuttavia, è che da questo scorcio che ci si presenta oltre la siepe che fino ad ora escludeva del tutto
lo sguardo (non l‟intuizione) possiamo attingere elementi, dati di osservazione del reale, utili a comprendere meglio il
presente e a formulare idee e azioni. Dal principio degli anni novanta, si era costituito e consolidato il consistente
blocco di potere che ha sorretto l‟Italia nel corso di tutta la famigerata e mai troppo vituperata “seconda repubblica”.
Un “blocco” che aveva riorganizzato quel che restava di una prima repubblica finita in frantumi per l‟esaurirsi delle
conseguenze dilazionate ed effettive della seconda guerra mondiale sul piano economico e politico anche
internazionale. Un blocco che aveva riorganizzato componenti sociali, politiche ed economiche attorno ad un perno di
abilissima e spregiudicata mediazione che, infine, si incarnava in una sola persona, l‟attuale presidente del consiglio,
non uomo di governo, ma uomo di potere in grado di coordinare e dare un equilibrio alle forze pur disordinate del
paese. Che questo equilibrio fosse statico, che la somma di queste forze non producesse dinamica, che tutto questo
potere non si traducesse nella propulsione in grado di garantire il futuro, ma nella sterile coazione a ripetere del
presente che nella storia significa regresso, è oggi evidente, troppo evidente per essere ribadito.
La città di Milano, come sovente è accaduto nella storia italiana, per molti versi, purtroppo, ha rappresentato un
paradigma di questo paese per alcuni significativi aspetti di tale vicenda. Da essa, infatti, sorgeva come era avvenuto
in passato, il ciclo politico nazionale che questa volta da Berlusconi ha preso il nome. In essa, al di là e dietro
all‟apparente dinamicità, velocità, bagliore estetico del sogno italiano di questo ventennio, ha covato la frustrazione
di un regresso reale, di un invecchiamento precoce, di una staticità inesorabile. Non per caso i dati più autorevoli
hanno misurato una staticità nella crescita della città nell‟ultimo quindicennio (allo specchio dell‟affaticamento del
paese), un arretramento in tutte le classifiche delle metropoli europee e dei paesi sviluppati, uno sfaldamento della
coesione sociale che non poteva non avere conseguenze dirette pure sugli indicatori economici.
Ovviamente non si è trattato solamente di una lentezza sociale, né solo di un rallentamento economico, non esistendo
sfere isolate e non interagenti. E‟ la assenza di una cultura della città in grado di indicare un orizzonte di sviluppo di
medio lungo periodo, che ha soffocato ogni spinta. Una cultura in senso ampio ovviamente, una cultura politica,
cultura economica, cultura sociale, “cultura cultura”. Una cultura di sostegno alla responsabilità delle classi dirigenti
in grado di guidare, orientare, assecondare la completa e costante transizione che è la vita degli organismi viventi, e
quindi anche dell‟organismo metropoli. Una cultura del passato che giorno per giorno si fa futuro, metabolizzando,
mescolando, integrando e generando energie vitali. Per questo motivo nel precedente appello facevo richiamo, a
titolo di esempio, della catena di relazioni snodata in quasi un secolo di storia socialista milanese. Relazioni personali,
che si facevano relazioni fra ambienti della città, storia di enti e imprese e organizzazioni e quindi storia cittadina. Un
filo rosso interrotto e non più riannodato. È parso ad alcuni, ad un certo punto, che la cultura dell‟“amministrazione
del condominio” potesse sostituire tutto questo. È parso che non servisse più una guida, un timone, un progetto di
orientamento nella marcia, ma bastasse coordinare in modo asettico e privo di spigoli, le forze che esistevano, senza
favorirne la riproduzione, senza sostenerne e indirizzarne la spinta. Ma l‟amministrazione di condominio, è ormai
chiaro, ha avuto la conseguenza di imprigionare la città in un eterno presente senza prospettiva e orizzonte, presente
in cui la città affievoliva e ripiegava su se stessa; sempre più. È questo assetto che si è incrinato, nei giorni scorsi. Non
per caso, pur in un dibattito di campagna elettorale e pur se da posizioni diverse, mi sono trovato a condividere
l‟analisi di un ex sindaco milanese attribuendo il risultato del primo turno elettorale ai sintomi dell‟arrestarsi di un
lungo ciclo politico agli sgoccioli. In effetti, nelle settimane passate, quel che sfuggiva ai sondaggi che sondando i
pareri della gente fotografano tutt‟al più uno statico presente, ma che si intuiva confrontandosi forzosamente con gli
esponenti politici al governo, era l‟apparire sempre più manifesto di fratture che lasciavano intravvedere spazi meno
ricomponibili tra di esse. Era come se in questa tettonica, mancasse la solita forza di mediazione e sintesi in grado di
attutire i colpi tra le zolle riconducendole ad un ordine e ad un assetto di stabilità. Ed era come se attraverso queste
fratture ricominciassero a sgorgare energie che covavano sotto quella staticità senza trovare lo spazio per emergere.
Non per caso, infatti, si pone oggi e si porrebbe con ancora maggiore urgenza e prepotenza nel caso in cui non si
riproponesse una restaurazione nel governo della città in occasione del ballottaggio della settimana prossima,
l‟esigenza di trasformare queste energie affluenti da forze disgreganti del precedente ordine, per quanto positive, a
forze costruttrici dell‟ordine venturo. E non per caso le forze più responsabili si pongono il tema, proprio in questo
momento, sia di sostenere con ogni energia il mutamento, sia di intravvedere nel processo della trasformazione punti
di appoggio stabili e progressisti in grado di fornire un orientamento di non breve afflato. Un vigoroso sostegno in tal
senso, che ha agito proficuamente per la vittoria al primo turno del centro sinistra, è venuto certamente dal
cosiddetto comitato “iniziativa per il cinquantuno”, che ha raccolto esponenti della “società civile” matura e
avvertita e si è ampliato nel corso di questi mesi di contributi e arricchimenti, oltreché di sostenitori.
Esso ha, in parte, controbilanciato l‟azione di organizzazioni politiche che negli anni scorsi avevano agito con
effetto centrifugo, allontanando e non catalizzando, culture politiche potenzialmente fertili e le reti
relazionali che attorno ad esse si erano mantenute e pur flebilmente riprodotte.
Esso ha concentrato al suo interno o per lo meno ha contribuito a mostrare in modo limpido l‟esigenza, che
le culture politiche del passato, testimoniate e rappresentate da personalità del mondo della cultura, delle
professioni, della politica, dell‟intellettualità, fossero direttamente coinvolte nel riavvio dei processi politici
resi possibili dal tramonto del ciclo di cui lentamente vediamo l‟esaurirsi.
Esso, infine, ha contribuito ad immettere nel presente politico i contenuti che, troppo spesso, le
organizzazioni politiche a cui è spettata l‟azione di questi anni, non hanno saputo ordinare in base a precise
priorità e inserire nell‟agone del confronto ampliandone gli spazi del consenso.
A questa esperienza dovrebbe ispirarsi una componente dell‟azione dell‟immediato futuro, avendo di mira un tema
essenziale. Come implicitamente sostenevo nel precedente appello, infatti, è necessario che le culture testimoniate
nel “comitato”, si innestino e radichino nuovamente, per sperare di fiorire. I governi venturi necessitano di classi
dirigenti venture, il ruolo del saggio è quello di promuovere l‟educazione e il futuro; solo dalla abnegazione dei
testimoni delle culture politiche della Milano passata potrà risorgere una “cultura di governo” che oggi giace
prosciugata nella storia della città.
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Un ulteriore elemento di costruzione degli assetti futuri, deriva dal riattivare un corretto e fisiologico processo della
rappresentanza che prescinda da ogni logica corporativa e immetta nuovamente nei processi decisionali i settori
sociali ed economici della città.L‟amministrazione di un organismo complesso come una metropoli, infatti, non può
che emergere dal fisiologico snodarsi del flusso della rappresentanza di interessi sociali ed economici che la comunità
genera e riproduce. Questo processo negli ultimi anni è stato interrotto, oltreché dalle logiche prima espresse, anche
dalla storica insufficienza dei partiti politici nell‟esercitare un ruolo che funzionalmente era stato a loro nel passato
imputato. La frammentazione cui questi interessi sono stati sottoposti dalle trasformazioni di questi anni nella società
non solo milanese e non solo italiana, non ha certo semplificato il compito ma è ormai certo che senza una
comprensione e una rappresentanza della società per come è, e non per come categorie e ideologie ormai inservibili
pretenderebbero che essa fosse, anche la politica non troverà sbocco alla crisi di questi anni. In questo senso una
valorizzazione dei corpi intermedi, veicolo di sintesi degli interessi e dei valori di porzioni di società civile e
produttiva, e veicolo di rappresentanza verso l‟esterno di tali valori e principi, e un loro coinvolgimento nella
amministrazione della città, potrebbe certamente contribuire a valorizzare istanze sociali a lungo compresse.
Viceversa un mero affidamento ai partiti, a lungo protagonisti dello stallo citato, contribuirebbe di per sé a
prolungare il circolo vizioso allontanando la soluzione. Una città come Milano, per dimensioni e caratteristiche,
potrebbe effettivamente rappresentare nuovamente un laboratorio empiricamente utile allo sviluppo politico ed
economico del paese. Il buongoverno cittadino potrebbe trovare nella produzione, promozione e diffusione di veri e
propri “esempi”, vie originali alla soluzione di problemi attuali, un ruolo utile all‟intero paese. Il fatto che la forza
agente coagulata attorno e dietro Giuliano Pisapia, abbia permesso di intravvedere per un momento un futuro che
attendiamo confermato dai fatti, e le modalità di disfacimento di un‟epoca politica, non ci deve impedire di
constatare che esso paventa le insufficienze in cui potrebbero incorrere gli attori del presente.Osserviamo questo
scorcio, e chiamiamo a raccolta le forze di ieri e di domani. Il compito è arduo e storico: porre le fondamenta della
Terza Repubblica in cui vivremo e opereremo in comunità.
L’Infedele e Pauropoli: ci prendono per scemi?
Piero Bassetti all‟ Infedele di Gad Lerner il 23 maggio.
Dalla presentazione sul sito di Gad Lerner
http://www.gadlerner.it/2011/05/23/linfedele-e-pauropoli-ci-prendono-per-scemi.html
Zingaropoli islamica: ci prendono per scemi? Scusate la brutalità, ma stasera su La7 alle 21,10 L‟Infedele è chiamato a
misurare il tasso di rispetto per l‟intelligenza dei cittadini manifestato dai politici in campagna elettorale. Milano è
davvero in pericolo di diventare una Mecca dei gay percorsa dalle Brigate Pisapia? O ha ragione Giuliano Ferrara
quando prende le distanze dalle ultime esternazioni del presidente del Consiglio, definendole “discorsi da bettola
strapaesana” e “vaniloquio della disperazione”?
Quanto a Umberto Bossi, siamo sicuri che dietro alle sue sparate contro il “matto” Pisapia, e lo scontro aperto con il
Pdl per strappare due ministeri a Roma, non vi sia ormai solo la ricerca dell‟incidente, pensando al dopo-Berlusconi?
Pure a Napoli l‟anomalia del sindaco-sceriffo Luigi De Magistris, che rifiuta accordi diretti col Pd, sembra mettere in
difficoltà il vincitore del primo turno, l‟imprenditore Gianni Lettieri. Ma questo clima da cambio di stagione, per la
prima volta la netta impressione di inefficacia delle solite tecniche comunicative berlusconiane, rendono centrale il
tema della paura. Spaventare gli elettori chiamati al ballottaggio? Zingari, terroristi, gay, drogati, centro sociali,
Stalingrado, tasse… Davvero tutto fa brodo? Ma può funzionare?
Partecipano alla discussione dell‟Infedele: Piero Bassetti, già primo presidente della Regione Lombardia e oggi fra i
sostenitori di Giuliano Pisapia nella borghesia milanese; Ombretta Colli, senatore Pdl; il leghista Davide Boni; l‟attrice
Lella Costa; lo storico autonomista Gilberto Oneto; Marco Alfieri, giornalista de “La Stampa”. Dal fronte napoletano
avremo il contributo di Conchita Sannino, giornalista di “Repubblica”; e dell‟imprenditore Antonio D‟Amato, ex
presidente della Confindustria. Claudio Bisio ha registrato una sua testimonianza per L‟Infedele.
Vi invito a partecipare numerosi al blog con domande, suggerimenti e commenti.
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Dal Dal Verme al De Amicis
Piero Bassetti
Milano, 24 maggio 2011
E‟ così, nella vita di una città che ritrova l‟energia per criticare, discutere, proporre, scegliere.
Si va nei luoghi, si ascolta, si parla.
Dal primo appuntamento in pubblico,il 26 febbraio, il giorno dell‟avvio della campagna
elettorale di Giuliano Pisapia al Teatro Dal Verme, a questo incontro dedicato a contenuti di
governo per una “larga maggioranza” al Circolo De Amicis il 24 maggio sono passati tre mesi.
Tra una cosa e l‟altra saranno cento giorni di grande impegno per la città, per questa ormai
imminente ipotesi di cambiamento, per riconnettere ambienti e figure individuali che hanno
dimostrato che vi era una immensa riserva di energie intellettuali e civili che la cattiva politica
e la cattiva amministrazione tenevano ai margini.
Il dossier di questa esperienza – almeno i documenti essenziali, le dichiarazioni più significative –
sono state preliminarmente raccolte da Stefano Rolando e collocate provvisoriamente da Luca
Beltrami Gadola in uno spazio di www.arcipelagmilano.it che da domani sarà accessibile.
C‟è dentro fervore per una causa comune, per un‟ipotesi interessante per restituire ruolo alla
città verso i milanesi, verso l‟Italia e verso il mondo.
L‟ho dichiarato fin dal primo giorno: non abbiamo fatto proselitismo, non dovevamo costituire un
partito, un movimento, una fazione in lotta.
Abbiamo messo a disposizione un primo documento che – vi sono giornali che hanno rilevato
questo valore della rete rispetto alla tv nella campagna di Pisapia rispetto alla Moratti – ha
girato e incontrato nella maggiore libertà l‟adesione prima di 51 concittadini di una sicura
reputazione, poi di 101 che hanno firmato alle soglie del primo turno un appello sul Corriere
della Sera, poi oggi di 151 aderenti (all‟ultimo momento ne segnalano altri in arrivo) che hanno
interagito, letto, discusso, proposto, partecipato non solo nella virtualità della rete ma anche
attraverso momenti di confronto serio e maturo. Dal meeting all‟Unione del Commercio del 7
aprile al convegno dell‟Umanitaria il 10 maggio centrato sulle questioni economiche dello
sviluppo della città e del territorio, passando attraverso uno stretto rapporto con il candidato
Sindaco nelle fasi di interlocuzione con il sistema di impresa milanese e poi nell‟impostazione di
un progetto complessivo di riorganizzazione delle competenze di governo dell‟Amministrazione
municipale, di cui Giuliano Pisapia ha fatto materia di una conferenza al Circolo della Stampa il
20 maggio.
Tengo a dire che il dialogo non si è limitato ai saperi tecnici, economici, organizzativi. Ha
riguardato molti profili sociali, culturali, politici, civili. E si è fondato sul contributo colto e
anche appassionato di illustri professori universitari, di imprenditori, manager, intellettuali,
personalità che hanno dato in passato contributi a istituzioni a ogni livello (autorità, parlamento,
governi, regioni, alla nostra città).
Farei torto a molti nominandone solo alcuni. La lista degli aderenti racconta tante - e anche
dissimili, plurali, composite ma componibili - storie di amici vecchi e nuovi, meno giovani e per
fortuna anche molto giovani.
Ambienti di dibattito tradizionale della città – dal De Amicis al Club Tagiura, da Milano Riparte
all‟Ambrosianeum – hanno favorito il confronto con chi al primo turno ha fatto con chiarezza
l‟opzione di Giuliano Pisapia ma anche con chi non l‟ha fatta. E ora converge in una preziosa
volontà di allargamento dello spazio sociale e politico che potrà significare un governo a larga
maggioranza.
Colgo l‟occasione per ringraziare – insieme ai media che hanno reso riconoscibile questa
esperienza - tutti coloro che hanno preso parte ma anche coloro che prenderanno parte ad un
dialogo che non si interrompe.
[email protected]
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