Le forme della riflessività. Da costrutto epistemologico a practical issue

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Le forme della riflessività. Da costrutto epistemologico a practical issue
LE FORME DELLA RIFLESSIVITA':
da costrutto epistemologico a practical issue1
Giampietro Gobo
Dipartimento di Sociologia
Università di Milano
Giampietro Gobo (1961) è borsista post-dottorato
dipartimento di Sociologia dell'Università di Milano.
presso
il
G. Gobo, Le forme della riflessività: da costrutto epistemologico
a practical issue. La prospettiva teorica nella quale, a grandi
linee,
convergonono
sistemiche
fondazione
e
le
teorie
costruttiviste
oggettiva
della
ermeneutiche,
afferma
scienza.
fenomenologiche,
l'impossibilità
Le
conoscenze
di
una
scientifiche
sono soggette ad un'invalicabile condizione di circolarità che
nega ogni tentativo di una loro fondazione. In tal senso se appare
impossibile
riuscire
a
separare
le
proposizioni
oggettive
da
quelle soggettive, cosí come gli asserti scientifici da quelli di
senso-comune, possiamo però almeno tentare di "problematizzare"
gli asserti e le pratiche di ricerca che li producono. Forse
l'unico modo per separare le conoscenze scientifiche da quelle di
senso-comune è cercare di descrivere riflessivamente il circolo
ermeneutico, di esplicitare i ragionamenti degli scienziati, e di
offrire sistematicamente al lettore i motivi che hanno guidato le
principali decisioni prese nel corso della ricerca. Questi sono
gli
obiettivi
pratici
(practical
riflessivo".
2
issue)
di
una
"metodo
G. Gobo, Forms of riflexivity: from epistemological concept to
practical issue. The paradigm, in which hermeneutics, systemics,
phenomenologies
impossibility
and
of
constructivisms
objective
are
foundation
converging,
of
science.
states
the
Scientific
knowledge is subject to an insuperable condition of circularity
which negates each tenet of its foundation. Because it becomes
impossible to separate objective statements from subjective ones,
as well as scientific statements from common-sense ones, we can at
least try to "problematize" the accounting scientific procedures.
Perhaps the only ways to separate the scientific knowledge from
the common sense is to try to describe the hermeneutic circle
reflexively, to explicate the scientists' reasoning, and to offer
systematically to the reader the reasons for why decisions were
made. These are the practical issues of a "reflexive method".
3
1. INTRODUZIONE
La prospettiva teorica delineata nella prima parte del saggio
appartiene ad una particolare tradizione intellettuale che sembra2
essere l'attuale "koiné filosofica" (Vattimo 1983, XXXV) e che,
segnando
un
punto
di
incrocio
fra
le
rappresentazioni
ermeneutiche, fenomenologiche, sistemiche e costruttiviste, si sta
imponendo
teoreticamente.
Purtroppo
molti
fra
coloro
che
si
dichiarano costruttivisti sembrano essere poco consapevoli della
loro
attività
di
costruzione
e
attraverso
il
paradigma
della
costruzione sostengono di svelare la vera natura della scienza non
tenendo conto che la loro é ancora una... costruzione.
Personalmente, invece, sono convinto della indessicalità (BarHillel 1954; Garfinkel 1967) delle mie affermazioni. Credo che il
presente
saggio
non
sfugga
alla
irrimediabilità
del
circolo
ermeneutico. Anzi esso è il prodotto di un'azione contestualmente
delimitata
da
scopi,
vincoli
e
risorse
sia
cognitivi
che
istituzionali. Le mie affermazioni dovrebbero quindi essere intese
come dipendenti dal contesto di produzione del saggio; in un altro
contesto esse sarebbero probabilmente diverse. Cosí mentre si fa
strada l'idea di una "morale situazionale", dove norme e prescrizioni dovrebbero essere rivedute e proposte in sintonia con le
concrete situazioni sociali, vorrei qui definire operativamente le
ipotesi di un "situazionalismo metodologico" (Knorr-Cetina 1981:
4
2). Questo recente paradigma si propone come tertium genus tra
l'individualismo
metodologico
e
il
collettivismo
metodologico
(Marradi 1984).
2. LINGUAGGIO E REALTÀ'
Il linguaggio non sembra riferirsi direttamente al mondo reale
oppure a quello metafisico. Non sembra cioè esistere un rapporto
diretto o naturale tra un'espressione linguistica (il termine) e
il referente (la realtà extra-linguistica); allo stesso modo non
sembra esistere una relazione naturale né tra un concetto e il suo
referente né tra il concetto e il relativo termine, come già de
Saussure sosteneva. Ciò che li connette è un esteso processo di
costruzione
e
che
possiamo
chiamare
socio-cognitivo.
La
connessione tra l'espressione linguista e l'oggetto diviene allora
puramente
nesso
e
convenzionale.
lo
consideriamo
Spesso
tuttavia
naturale;
dimentichiamo
dimentichiamo
il
questo
ruolo
dei
processi di socializzazione attraverso cui gli adulti educano i
bambini ad unire questi tre piani distinti (concetto, termine,
oggetto). I concetti, quindi, possono essere definiti come ritagli
di esperienze (Marradi 1980: 9-10) e non di realtà.
Nella lingua parlata non troviamo parole ma soltanto rumori che
la
cultura
trasforma
in
parole,
in
contenitori
cioè
di
significato/senso. Cosí in queste pagine non troviamo parole ma
5
soltanto inchiostro su carta che è trasformato in parole dalle
convenzioni sociali3.
La
nostra
scienziati
attività
sociali)
osservativa
appare
quindi
(sia
come
come
una
membri
che
come
costruzione,
una
attribuzione di termini a referenti oggettuali, una descrizione di
stati su proprietà. Le nostre descrizioni sarebbero affer-mazioni
sulla
realtà,
non
la
realtà,
rappresentazioni
(sociali
e/o
sociologiche) di quella che crediamo essere la realtà.
A
partire
dalle
osservazioni
precedenti
possiamo
ragionevolmente dedurre che ogni tipo di conoscenza (compresi i
saperi
scientifici)
non
si
fonderebbe,
in
prima
istanza,
su
elementi extralinguistici ma soltanto linguistici. I fondamenti
delle scienze non starebbero quindi nella realtà ma nei concetti e
quindi nei discorsi. Le teorie sono infatti discorsi4. Da ciò
deriva anche
"l'idea di una generale e insuperabile situazione di circolarità
che frusta ogni tentativo di giustificazione e di autofondazione
della conoscenza scientifica. (...) La sola risposta possibile a
questa situazione di circolarità é la consapevolezza riflessiva
della circolarità e dell'assenza di fondamenti del sapere
scientifico." (Zolo 1988: 133)
3. DISCORSI COME ATTIVITÀ' COSTITUTIVE DEGLI OGGETTI
3.1 Mehan, Hertweek e Meihls (1986, 81-86) hanno proposto una
tipologia
degli
apparterebbero
oggetti
oggetti
suddivisa
in
percepibili
6
tre
classi.
Alla
universalmente;
prima
sono
prevalentemente oggetti fisici, che si offrono direttamente alla
vista e/o al tatto. In mancanza di una relazione diretta fra
l'espressione linguistica e il referente, i discorsi circa le
pretese di verità o falsità degli asserti che dibattono l'oggetto
slitterebbero dalla parola all'oggetto, cioé alla sua presenza o
assenza. La peculiarità di questi oggetti sarebbe la possibilità
di essere ostentati, indicati (pointed out), per risolvere il
conflitto. In altri termini
"ci possono essere discordanze circa i nomi e le etichette da
appioppare agli oggetti (Wittgenstein 1951), ma la presenza fisica
degli oggetti stessi nel mondo materiale é oltre la disputa."
(Mehan et al. 1986: 83)
Alla seconda classe apparterebbero gli oggetti
parzialmente
culturali; la loro particolarità consisterebbe nell'impossibilità
di essere esibiti o toccati direttamente anche se potremmo vedere
gli effetti della loro presenza. Farebbero parte di questa classe
le malattie: possiamo vedere delle macchie rosse sulla pelle ma
non
possiamo
varicella
infatti
oppure
osservare
un'allergia.
direttamente
I
concetti
(o
di
toccare)
`varicella'
la
e
`allergià sarebbero riferiti ad oggetti parzialmente culturali, i
quali non si possono vedere, ma si possono vedere e/o sentire i
loro effetti: ci sentiamo male, non riusciamo a dormire, abbiamo
delle chiazze che prima non c'erano, ecc. Lo stesso può valere per
altri
fenomeni:
possiamo
vedere
che
gli
oggetti
sollevati
da
terra, se lasciati cadono nuovamente raggiungendo la superficie
anche se la forza di gravità e il peso specifico non si possono
7
vedere.
Quindi
mentre
potremmo
non
essere
d'accordo
sulla
definizione dell'oggetto stesso, i suoi effetti rappresenterebbero
qualcosa che è oltre la disputa poiché, come per gli oggetti
universali, essi potrebbero essere indicati.
Alla terza classe apparterebbero i concetti riferiti a oggetti
interamente culturali5. Per essi non solo l'oggetto non sarebbe
visibile ma nemmeno i sintomi o effetti potrebbero essere esibiti.
Mentre le altre due classi di oggetti possono, in qualche misura,
esistere autonomamente (avrebbero, in parte, una realtà propria)
questi ultimi non sembrano indipendenti dall'attività dei membri
della società. Essi paiono oggetti che acquistano vita soltanto
attraverso
un
membri/osservatori,
sociali
(il
insieme
un
di
insieme
matrimonio,
il
convenzioni
di
condivise
significati.
divorzio,
ecc.),
Le
dai
istituzioni
le
malattie
psichiatriche (la schizofrenia, la demenza, la psicosi, ecc.), le
motivazioni,
l'anima,
l'intelligenza,
apparterebbero
a
questa
del
tutto
classe.6
La
classificazione
proposta
da
Mehan
non
appare
soddisfacente per varie ragioni che ho esposto altrove7, ma risulta
sufficientemente adeguata ai fini di questo saggio (vedi sez. 4)
3.2 M.B. Hesse (1987) sostiene che le tesi dei costruttivisti
radicali, quali H. Collins, non sono sufficienti a spiegare il
generale successo delle aspettative su cui possiamo confidare per
8
le
nostre
esigenze
pratiche
quotidiane.
Secondo
Hesse
alcune
abitudini sociali si sarebbero sviluppate, almeno parzialmente,
conformandosi ad una realtà esterna. Il fatto che un certo numero
di malattie mortali sia stato ridotto e controllato attraverso
l'identificazione
ostentato,
di
un
qualcosa
dimostrerebbe
la
(es.
capacità
virus)
degli
che
può
esseri
essere
umani
di
conformarsi ad una realtà esterna e il successo rappresenterebbe
una
testimonianza
esisterebbe
una
della
riuscita
base
di
biologica
un
della
adeguamento.
E
ancora
percezione
che
deve
riferirsi, per sopravvivere, a reali regolarità del mondo; la
sopravvivenza testimonierebbe un successo, la dimostrazione che
non tutte le induzioni e i procedimenti cognitivi sono puramente
arbitrari
o
completamente
convenzionali.
Ma
allora
esiste
una
realtà accessibile indipendentemente dall'osservatore8? Credo che
non possa esserci un responso assoluto, cioè indipendente dal
contesto
di
risposta.
Questa
pare
una
domanda
(o
meglio
un
domandare, cioé un'azione conoscitiva) posta all'interno di un
preciso codice comunicativo: in questo caso è una proposizione
interna
ad
un
ragionamento
sociologico
inserito
nei
modi
di
pensare della cultura occidentale di fine `900. La risposta pare
ancora un discorso interno a quel codice per cui non possiamo
astrarci dalla situazione storica e contingente in cui parliamo
della
realtà.
affrontare
La
realtà
non
sembra
un argomento
dall'esterno
ma
solo
internamente
9
che possiamo
al
codice,
all'idioma9. Il concetto stesso di `realtà', come viene trattato
nel
dibattito
sociale
e
epistemologico
scientifico
contemporaneo,
moderno
non
pare
condiviso,
ad
un
costrutto
esempio,
dai
greci. Platone, Aristotele, gli Stoici e gli Epicurei, convinti
dell'identità fra uomo e natura, credevano che ciò che i sensi
percepivano era reale. Soltanto nel II sec. a.C., per opera degli
Scettici, il tema dell'illusorietà delle sensazioni venne posto
come un problema gnoseologico. Attraverso il codice, quindi, gli
oggetti
acquisterebbero
caratteristiche
Sembra
sia
significato,
ostensive
sempre
il
da
diventebbero
codice
a
semplici
materiali
oggetti
significativi.
renderli
con
significativamente
evidenti, intersoggettivamente osservabili. La realtà diverrebbe
quindi evidenza culturalmente costruita.
4.
LE SCIENZE SOCIALI COME DISCORSI
La
precedente
classificazione
degli
oggetti
sottolinea
la
natura interamente culturale dei concetti e dei termini usati
anche nelle scienze sociali quali `classe', `conflitto', `status',
`integrazione', `ruolo', ecc. Anche nelle sociologie
"la costruzione di fenomeni sociali e costruzione di conoscenza
stanno fra loro in relazione circolare" (Melucci 1990: 2).
Parlando ad esempio dell'oggetto `movimenti collettivi' Melucci
afferma che ad essi
"viene imposta in maniera fittizia una unità sociologica e una
consistenza
reale,
che
appartengono
invece
ai
presupposti
dell'osservatore" (1990: 10)
10
In secondo luogo, molti concetti sociologici sembrano metafore
particolari
nel
senso
che
mentre
le
metafore
tradizionali
consisterebbero nell'attribuire ad una cosa il nome che è proprio
di un'altra (`il mare mugola' - come se fosse un essere vivente;
`se n'è andato' - come se il morto fosse partito; `divorare un
libro' - come se fosse stato mangiato) molti concetti sociologici
sembrano
soltanto
termine
proprio.
sociale'10,
concetti
I
`élite',
figurati
termini
poiché
`società',
`organizzazione',
non
esisterebbe
`sistema',
`cultura',
un
`classe
`potere',
`prestigio', ecc. necessitano per esser utilizzati di una serie di
istruzioni culturali che permettano di guardarli come oggetti, i
quali
non
potrebbero
altrimenti
essere
visti
al di fuori del
codice comunicativo in cui i termini sono adoperati.11
In
terzo
luogo,
gli
oggetti
sociologici
sono
solitamente
comportamenti di membri. Rispetto ad altri oggetti studiati dalle
scienze biologiche e fisiche (piante, minerali, forze, energie,
ecc.) essi avrebbero la peculiarità di produrre significati. Le
discipline
sociali
vengono
anche
definite
scienze
semiotiche
poiché si occupano dei significati che i loro oggetti producono.
Questo non avviene nelle scienze fisiche, come non avveniva nella
sociologia
comtiana,
poiché
esse
poggiano
sulla
proposizione
incorreggibile12 che gli oggetti fisici producano effetti ma non
significati.
credenza
Se
resa
però
eliminassimo
assiomatica
dalla
(come
11
nostra
invece
cultura
sembra
questa
avvenire
nell'esoterismo,
dell'Africa,
bambini
nelle
del
culture
Messico,
occidentali)
le
animiste
di
dell'Australia
scienze
fisiche
alcune
e...
popolazioni
di
moltissimi
diverrebbero
anch'esse
discipline semiotiche. Si può allora, forse, ipotizzare che il
"successo"
nelle
anche
trattare
dal
competenze
scienze
gli
comunicative,
fisiche
oggetti
non
e
biologiche
studiati
potessero
come
sia
se
discutere
determinato
non avessero
gli
esiti
conoscitivi di queste stesse scienze. Nelle scienze semiotiche,
invece,
(Rickert,
dopo
la
Dilthey,
svolta
operata
Cassirer),
dagli
agli
studiosi
oggetti
neo-kantiani
studiati
vengono
assegnate competenze comunicative per cui gli oggetti stessi sono
considerati capaci di discutere, criticare e definire errate o
imprecise le analisi sociologiche. E dal momento che la cultura
occidentale, in cui le scienze semiotiche sono inserite, assegna
questo ruolo agli oggetti sociali val la pena valorizzarli fino in
fondo come preziosa risorsa e farli parlare (vedi sezz. 6.1 e 6.2). Il "successo" in sociologia diverrebbe cosí non trasformazione
e
controllo
degli
oggetti
(come
nelle
scienze
fisiche)
ma
comprensione degli stessi (Weber 1913)13.
5.
RENDERE RIFLESSIVA L'OSSERVAZIONE
5.1 I fenomeni di cui si occupano le scienze sociali sembrano
profondamente simili a quelli di cui si occupano i membri della
12
società (coincidenza meno frequente che nel caso delle scienze
fisiche o di quelle naturali).
"L'insieme dei fatti a cui la ricerca sociologica é indirizzata
coincide, tranne che per lievi differenze, con l'insieme dei fatti
a cui sono rivolte le ricerche dei non specialisti. Per es. le
gerarchie di status, le relazioni sociali, la struttura delle
organizzazioni e la delinquenza minorile interessano sia i
ricercatori
professionisti
sia
quelli
non
specializzati."
(Zimmerman e Pollner 1970: 91) (come giornalisti, politici,
operatori sociali, etc.).
Le scienze sociali sembrano attingere, quindi, i propri fondamenti
conoscitivi
dalle
strutture
della
vita
quotidiana
e
spesso
sembrano utilizzare le stesse risorse (categorizzazioni sociali di
senso-comune
cristalizzate
nel
linguaggio)
degli
altri
membri
della società per riconoscere, codificare ed indagare le strutture
sociali.
Se
i
socialmente
ricercatori
distribuite
condividono
degli
altri
le
stesse
membri
della
conoscenze
comunità
linguistica, che differenza esiste allora fra i due gruppi? Detto
in altri termini,
le descrizioni dei ricercatori hanno uno status
diverso dalle descrizioni compiute dai membri?
Una risposta potrebbe essere cosí formulata: se i ricercatori,
nelle
loro
ricerche,
risorse/vincoli
descrizioni
sono
non
utilizzate
indagano
per
anche
il
conoscere,
qualitativamente
identiche
piano
allora
a
quelle
delle
le
loro
di
altri
membri (da qui l'epiteto di folk sciences assegnato alle scienze
sociali dagli etnometodologi). I particolari strumenti tecnici e
metodi
usati
nella
sociologia
non
13
la
rendono
una
conoscenza
superiore alle altre, ma soltanto un tipo di conoscenza fra le
altre:
una
conoscenza
specializzata
(al
pari
di
ogni
altra
conoscenza prodotta all'interno di una professione) e non una
speciale conoscenza. Le scienze sociali non sembrerebbero avere
quindi fondamenti cognitivi più solidi di quelli dei soggetti da
esse analizzati (Pollner 1987).
Una linea di demarcazione fra gli asserti dei ricercatori e
quelli
dei
membri
potrebbe
realizzarsi
attraverso
una
"problematizzazione" dell'osservazione (Cicourel 1964: 128; 1976:
XX).
Il
ricercatore
dovrebbe
cioè
de-naturalizzare
il
mondo
sociale che indaga, in contrasto con l'atteggiamento del membro
che lo osserva come naturale, ovvio, scontato, normale. Questo
potrebbe
costituire
asserti
scientifici
secondi,
dovrebbero
l'elemento
dagli
cruciale
altri:
presentarsi
i
come
per
distinguere
gli
differenza
dei
primi,
a
asserti
problematizzati
e
riflessi, anche se fondati sulle medesime strutture del linguaggio
ordinario.
5.2 Purtroppo la riflessività non viene quasi mai concepita come
problema dagli scienziati sociali, nemmeno dai sociologi della
scienza dai quali potremmo aspettarci una certa attenzione a tale
argomento. Anzi
"la maggior parte di questi studiosi tace su propri metodi e le
condizioni di produzione (delle proprie analisi)" (Latour e
Woolgar 1979, cit. in Ashmore 1989: 84-85)
14
Fra i sociologi della scienza convive una notevole diversità di
posizioni rispetto al ruolo della riflessività (vedi Ashmore 1989:
26). H. Collins e Pinch cercano di bandirla vedendola come un
elemento
paralizzante
delle
loro
pratiche
di
ricerca;
Barnes,
Bloor, Law, pur ponendosi il problema a livello teorico, non vanno
al di là di generali affermazioni "programmatiche"; Mulkay (1984),
Latour (1988), e specialmente Woolgar (1988) e Woolgar e Ashmore
(1988),
sembrano
riflessività
incorporare
avanzato
gli
come
ad
"problema
nelle
alcune
unici
procedure
proposte
aver
pratico"
di
tentato
di
(pratical
ricerca.
Questi
narrativo-retoriche
che
porre
la
issue)
da
ultimi
hanno
tratterò
alla
fine.
5.3 Il ricercatore convinto della necessità di differenziare
dal senso-comune le proprie pratiche di ricerca potrebbe dotarsi
di un diverso atteggiamento che distingua sistematicamente gli
"oggetti"
di
indagine
dalle
"risorse"
da
lui
adoperate
per
indagarli. Gli oggetti delle scienze sociali non sembrano delle
datità, auto-disponibili ed auto-evidenti, ma:
a) si coglierebbero sempre in una relazione sociale, quella
fra
il
azione.
ricercatore
Il
tipo
e
l'oggetto,
particolare
di
e
quindi
relazione
all'interno
sociale
di
una
instaurata
produrrebbe molte delle proposizioni contenute nel rapporto di
ricerca
del
sociologo.
Sembra
15
perdere
consistenza
anche
la
rigidità
della
distinzione
fra
atteggiamenti
e
comportamenti.
Molte indagine sociologiche sono orientate alla rilevazione di
atteggiamenti;
ma
ciò
che
un
intervistatore
rileva
è
sempre
un'azione del rispondente. Dare un parere su un argomento, fornire
un'opinione, esprimere delle idee, sono modalità del dire. E il
dire
é
una
forma
particolare
di
azione (Austin 1962; McLuhan
1962). Anche il pensare é un'azione (l'azione di pensare, appunto)
che avviene sempre in un contesto particolare, limitato da vincoli
e risorse come tutte le azioni. Già Lazarsfeld (1958) sottolineava
come il rapporto tra atteggiamento e comportamento di risposta
fosse
di
tipo
considerarsi
probabilistica
soltanto
come
per
un
cui
la
indizio
risposta
di
un
era
da
possibile
atteggiamento.
Allo stesso modo non si potrebbero conoscere in modo "puro"
le categorie cognitive (rappresentazioni sociali) dei rispondenti
poiché esse sono esibite sempre in contesti e mai in situazioni
pure per cui risulta difficile valutare fino a che punto esse
siano
indizi
di
un
tratto
attitudinale
oppure
di
un'azione
pragmatica.
b) Gli oggetti delle scienze sociali sarebbero, quindi, una
continua
realizzazione
(accomplishment)
ricercatori
con
gli
oggetti
costruzione
ci
accorgiamo
studiati.
nelle
dell'interazione
Di
questo
situazioni
di
dei
"lavoro"
di
anormalità
o
imbarazzo. Tuttavia esso è presente anche nelle situazioni usuali
16
di a-problematicità routinizzata; anche se non siamo consapevoli
dello sforzo interpretativo fatto per rendere stabili gli oggetti,
per mantenere un ordine cognitivo;
c)inoltre gli oggetti delle scienze sociali
"non
sono
indipendenti
e
non
possono
essere
distaccati
dall'attività situata con la quale e per mezzo della quale (il
ricercatore) li ha resi osservabili" (Zimmerman e Pollner 1970:
109).
Si mostrano proprio in virtù delle conoscenze sociologiche e delle
competenze interazionali del ricercatore14. Le informazioni che
acquisiamo
sembrano
inestricabilmente
vincolate
ai
mezzi
che
usiamo per conoscere.
Il pericolo tautologico insito nel circolo ermeneutico (quello
cioé
di
confondere
schiacciare
tenerli
i
le
concetti
adeguatamente
scongiurato
da
un
nostre
sui
credenze
significati
separati)
atteggiamento
può
e
con
sui
l'oggetto,
termini
essere
metodologico
di
anziché
parzialmente
che
renda
il
ricercatore consapevole che le sue sono sempre asserzioni sulla
realtà,
una
sua
rappresentazione
"professionale",
e
non
una
fotografia della realtà. Considerare il mondo sociale come un
dato15
che
aspetta
di
l'oggetto-mondo-sociale
essere
con
scoperto
la
significa
confondere
risorsa-mondo-sociale,
due
prospettive che dovrebbero, invece, rimanere distinte.
6.
ALCUNE PRESCRIZIONI PER UN "METODO RIFLESSIVO"
Nonostante questi temi siano dibattuti da decenni, gli attuali
metodi
di
ricerca
non
sembrano
17
molto
pervasi
da
forme
di
riflessività.
Negli
metodologiche
di
ambiti
Lazarsfeld
quantitativi
non
paiono
le
esser
osservazioni
state
pienamente
raccolte dai suoi allievi. Ancor oggi la pratica di ricerca di
molti
sociologi
si
fonda
sulla
corrispondenza
automatica
fra
misurazioni e stati degli oggetti sulle proprietà studiate. Negli
ambiti qualitativi, pur essendo le teorie ermeneutiche ampiamente
condivise,
sembra
continuare
a
persistere
una
costante
divaricazione tra filosofie della scienza e pratiche scientifiche.
Cosí la prospettiva metodologica qui delineata sembra ancora poco
presente nelle procedure di ricerca. Essa implicherebbe un atteggiamento
radicale
nell'applicare
le
teorie
epistemologiche
al
metodo e alle tecniche di indagine, un atteggiamento disincantato
nella
considerazione
dei
"risultati"
delle
proprie
ricerche
e
tollerante nella valutazione degli esiti delle ricerche altrui16;
sembra
infatti
differenti
non
pratiche
esserci
un
modello
corretto di analisi ma
che
alcuni
scientifiche
illuminano
aspetti
tralasciandone altri.
A
questa
corrispondere
diversa
anche
prospettiva
alcune
epistemologica
soluzioni
si
pratiche
possono
che
far
possono
risultare utili all'interno di una metodologia riflessiva. Questo
è un pò il senso delle "ricette" indicate nelle prossime pagine;
esse provengono da esperienze di field research, da sociologie
cioè fondate su descrizioni etnografiche. Si tratta ovviamente di
rimedi
tecnici
generali
corrispondenti
18
a
problemi
teorici
generali,
e
andrebbero
calate
nelle
specifiche
situazioni
di
ricerca.
La raccolta di annotazioni etnografiche è un primo strumento
che può mantenere analiticamente distinte le prospettive cognitive
degli
attori
sociali
da
quelle
dei
ricercatori.
Infatti
il
ricercatore si trova costantemente a passare dal codice dello
scienziato a quello proprio dei membri che studia; egli si trova
ad essere dentro e fuori dal loro codice.
6.1
Dentro il codice: la prospettiva degli osservati
Le prospettive cognitive degli attori possono essere studiate
con varie tecniche:
a.
Interviste
in
profondità:
su
questa
tecnica
esiste
una
copiosa letteratura. Non sempre però essa considera l'intervista
come
un'interazione
situata
e
le
risposte
come
prodotti
del
processo relazionale (Cicourel 1964; 1974b). Un utile modo per
distinguere
gli
aspetti
contestuali
più
rilevanti
può
essere
quello di disporre di una tabella a tre colonne cui corrispondano
rispettivamente risorse, vincoli e loro possibili effetti. Nella
prima
colonna
vengono
riportati
i
mezzi
principali
che
il
ricercatore pensa di aver utilizzato per ottenere le risposte e
gestire l'intervista; nella seconda colonna sono descritti gli
accordi/contratti (sia formali che informali) che il ricercatore
ha pattuito con l'intervistato, le difficoltà incontrate e le
19
probabili
restrizioni
istituzionali
ed
interazionali
a
cui
entrambi erano sottoposti; infine, nella terza colonna, vengono
indicati i possibili esiti che risorse e vincoli possono aver
prodotto
sull'andamento
dell'intervista
e
sulle
risposte
(Gobo
1990a).
b. Triangolazione: consiste nel far ascoltare oppure vedere
(nel caso di materiali videoregistrati) alcune attività compiute
dagli attori e nel chiedere loro di descrivere pazientemente tali
attività e il significato da loro attribuito (Cicourel et al.
1974;
Mehan
et
al.
1986:
68-87).
In
questo
modo
è
possibile
ricostruire schemi di ragionamento e di comportamento che sono per
lo più taciti, inconsapevoli, irriflessi e come tali difficili da
ricavare attraverso un'intervista in profondità.
c.
De-naturalizzazione:
l'integrità
del
documento
il
ricercatore
raccolto
e
dovrebbe
poi
fruirlo
dissolve
in
modo
incompleto. Ad esempio se è un nastro audio-registrato, sarebbe
meglio prima leggere il testo trascritto; se è un materiale videoregistrato sarebbe opportuno inizialmente spegnere il video ed
ascoltare
solo
l'audio
o
viceversa;
dal
momento
che
risulta
difficile analizzare un documento studiandolo al tempo reale della
sua produzione, rallentarlo o spezzarne il ritmo naturale può
facilitare il lavoro del ricercatore.
d. L'uso di controffattuali: un utile modo per separare le
componenti invarianti delle interazioni da componenti culturali in
20
senso
esteso
situazione
e
può
da
caratteristiche
essere
l'uso
di
proprie
della
"condizionali
specifica
controfattuali".
Possiamo per esempio chiederci: se il rispondente fosse stato più
giovane, della stessa età o più vecchio dell'intervistatore avremmo ottenuto le medesime risposte? Le domande che il ricercatore si
porrà saranno ovviamente in sintonia con quanto a lui interessa
rilevare e controllare17.
e. Convalida da parte dei soggetti osservati: diversi autori
hanno suggerito alcune tecniche per raccogliere le valutazioni dei
soggetti osservati, circa i risultati ottenuti dai ricercatori,
usando i loro commenti (verbali o scritti) ai rapporti di ricerca.
Questa
procedura
adeguatezza'
é
stata
(Schutz),
variamente
`member
definita:
validation'
`postulato
(Emerson
&
di
Pollner
1988; 1991), `member verification' (Gould et al. 1974), `member
test of validity' (Douglas 1976), `host verification' (Schatzman
and
Strauss
`backtalk'
1973),
(Lanzara
`respondent
1988,
validation'
12-15).
Queste
(Bloor
tecniche
1978),
a
volte
realizzano i loro obiettivi, a volte falliscono: i membri infatti
non
comprendono
il
linguaggio
dei
ricercatori.
Membri
e
ricercatori attribuiscono significati differenti al rapporto di
ricerca per cui, mentre i ricercatori lo vedono come "neutrale", i
membri
lo
produrre
considerano
cambiamenti
un
documento
"politico"
nell'organizzazione
dove
perché
potrebbe
essi
lavorano
(Emerson e Pollner 1988). Le risposte dei soggetti sono ambigue
21
per
cui
alla
fine
i
ricercatori
non
capiscono
se
esse
siano
confermative oppure critiche nei confronti delle descrizioni dei
ricercatori (Emerson e Pollner 1988). In questi casi nessun compromesso sembra raggiungibile. Il divario pare epistemologicamente
incolmabile poiché frutto di prospettive non commensurabili.
Le tecniche finora esposte non si prefiggono di cogliere la
realtà,
o
soltanto
di
di
dipingerne
migliorare
un
le
quadro
attuali
completo
ed
procedure
esaustivo,
ma
ricerca
nel
di
tentativo di "comprendere", di avvicinarsi alle prospettive degli
attori. Pensiamo solamente quanto l'interpretazione delle risposte
dei
questionari
precedute
da
potrebbe
migliorare
descrizioni
se
etnografiche
queste
ultime
relative
ai
fossero
significati
attribuiti dai rispondenti agli item proposti o se i ricercatori
analizzassero
l'intervista
come
interazione
situata
(Sormano
1988).
6.2
Fuori dal codice: la prospettiva dei ricercatori
Per ogni livello di interazione (del ricercatore con gli
attori,
con
gli
ricercatori,
livelli
assumere
di
ecc.)
si
osservazione
una
completezza
informatori,
possono
con
dare
rendendo
posizione
dell'analisi.
super
i
con
virtualmente
cosí
partes
Inoltre
dati,
se
da
risulta
altri
infiniti
teoricamente
tale
gli
impossibile
garantire
di
n+1
una
la
certa
difficoltà indagare la prospettiva degli attori sociali, ancor più
22
difficile
si
preannuncia
l'analisi
della
prospettiva
del
ricercatore. Essa richiede uno sforzo auto-riflessivo che ha molti
limiti18. Se sembra praticamente impossibile uscire dal proprio
codice,
non
è
da
meno
rendere
membro/osservatore/ricercatore
la
nostra
trasparente
e
attività
di
riflessivamente
penetrabile. Dei rimedi però sono forse possibili, anzi auspicabili. Collocarci all'interno di un diverso atteggiamento significa,
in primo luogo, acquisire uno schema cognitivo che possa guidare,
successivamente, particolari tecniche e strumenti di indagine. Può
essere utile servirsi di training che addestrino il ricercatore a
ripulire lo sguardo dalle abituali griglie osservative (Melucci
1981: 59-60), a depurare le attività di comprensione dalle incrostazioni
stereotipate
del
linguaggio
a
lui
familiare.
Queste
abilità non sono però finalizzate ad acquisire competenze per
particolari verifiche di ipotesi o per migliori standardizzazioni,
secondo il mito scientista della replicabilità, ma a dilatare la
consapevolezza
della
inesorabile
attività
di
costruzione
e
a
mantenere quest'ultima parzialmente sotto controllo.
Assunta come invalicabile la circolarità, un'altra serie di
modalità
possono
"rimediare
parzialmente
l'irrimediabile
indicalità delle pratiche di ricerca". Esse possono essere di due
tipi: extra-testuali e testuali. Le prime ricorrono per esempio ad
un diverso utilizzo dell'èquipe di ricerca: i ricercatori possono
analizzare separatamente gli stessi materiali e poi confrontare
23
gli esiti delle loro analisi. In questo modo possono esperire
consapevolmente
i
l'intersoggettività.
passaggi
Oppure
i
dalla
soggettività
ricercatori
possono
al-
chiedere
ai
soggetti studiati di fornire descrizioni su come loro hanno visto
le attività di ricerca, come abbiano interpretato gli stimoli dei
ricercatori e come abbiano vissuto la presenza degli stessi. O
ancora
alcuni
osservatori
esterni
(altri
scienziati
sociali)
potrebbero monitorare criticamente le fasi di ricerca.
Fra le modalità testuali rientrano le strategie di scrittura,
compresi tutti i tentativi di descrivere il circolo ermeneutico
per ridurne la viziosità.
7.
SCIENZA SOCIALE COME TESTO
7.1
La
triangolazione,
la
member
validation,
l'uso
di
osservatori esterni all'èquipe di ricerca, non sembrano cautelarci
in
modo
definitivo
dalla
possibilità
del
verificarsi
di
un
consenso puramente ideologico sul lavoro dei ricercatori. In altre
parole può verificarsi il caso-limite in cui tutti (committente,
ricercatori, attori sociali studiati e osservatori esterni) siano
d'accordo sui risultati della ricerca, soprattutto quando oggetto
di
indagine
sociali
e
trascendere
siano
argomenti
politiche.
il
Dal
non
privi
momento
circolo
che
di
forti
non
ermeneutico
aspettattive
sembra
possibile
in
cui
l'osservatore/ricercatore é coinvolto, non rimane che tentare di
descriverlo.
24
A
quali
criteri
può
appellarsi
il
lettore
nel
valutare
i
risultati di un ricerca? La risposta più ovvia sembrerebbe quella
di riferirsi ai metodi usati nella ricerca e alle trascrizioni su
cui
sono
state
condotte
le
analisi.
Riproporre al lettore il
metodo adoperata appare però ancora un proposito troppo vago se
non
é
accompagnato
da
una
presentazione
delle
situazioni
di
applicazione della metodo stesso, come esplicitare le principali
decisioni che i ricercatori hanno preso durante le fasi della
ricerca e i momenti salienti del loro ragionare. Fornire alla
comunità
scientifica
le
basi
delle
proprie
inferenze
sembra
l'ultima ratio di una scienza che non crede più (perché si tratta
pur sempre di credenze) nelle possibilità di una verità oggettiva
e che nonostante ciò, tenta di emanciparsi dai ragionamenti di
senso-comune.
7.2
Alla domanda se sia possibile una ricerca oggettiva su un
problema come la devianza Cicourel risponde
" ...l'unico modo in cui è possibile usare la parola oggettivo
sta... nel dichiarare come si é giunti a svolgere una determinata
ricerca, come alcune persone ti hanno o non ti hanno aiutato nel
portarla avanti, chi sono queste persone, e come nel corso della
ricerca alcuni fatti appaiono più importanti di altri (...),
mettere in luce i limiti che abbiamo nell'analisi dei dati ed
evidenziare quante volte noi facciamo affermazioni basate su
nostre esperienze passate non esplicitate... e che non sono rese
note al lettore. Il lettore non conosce le condizioni in cui noi
traiamo alcune deduzioni circa le informazioni che abbiamo."
(1986, 51-52)
25
I
risultati
di
una
ricerca
non
sembrano emergere, in modo
automatico, dal campo. La realtà non ha "un suo idioma" (Geertz
1988: 151). Gli antropologi da tempo hanno rilevato che fare un
rapporto di ricerca,
"Scrivere un'etnografia è un lavoro a tavolino, da ufficio, non un
fieldwork" (Marcus 1980, cit. in Van Maanen 1988: 4).
A tavolino il ricercatore costruisce e ordina in dati il caos
delle informazioni. La cultura dei soggetti osservati viene cosí
ricreata attraverso lo scritto, anzi diviene lo scritto. E il
testo scritto è, di solito, il mezzo principale attraverso cui un
autore comunica i "risultati" delle proprie ricerche alla comunità
scientifica e, in definitiva, "fa scienza sociale".
Anche per questo ulteriore livello di riflessione si possono
usare alcune avvertenze tecniche al fine di esplicitare i processi
inferenziali salienti o decisivi del ricercatore. Eccone alcune.
Gli
interessi
teorici:
il
ricercatore
potrebbe
chiarire
dettagliatamente quali aspetti si proponeva di indagare; se e come
questi siano cambiati nel corso della ricerca, in base a quali
eventi e considerazioni; quali ipotesi guida (top down) lo abbiano
orientato.
Gli interessi sostantivi: egli potrebbe esplicitare per quale
motivo si sia occupato di quel preciso argomento, quali interessi
ed obiettivi concreti o contingenti lo abbiano spinto a prestare
attenzione ad esso piuttosto che ad un altro; quali siano stati i
suoi intenti extra-scientifici.
26
Le relazioni affettive e il background culturale e ideologico:
raccogliere descrizioni che tentino di catturare le emozioni del
ricercatore
definisce
nei
confronti
tale
interazioni
personali
relazione
avute
di
dell'oggetto
con
"equazione
esso
adattamento
(Corsaro
al
campo
studiato
(Borgogno
personale")
1985:
295),
(Goward
e
i
1984:
delle
problemi
104-107).
Ovviamente vi è una rilevante parte privata dei ragionamenti del
ricercatore
che
esplicitare.
Però
sezione
privata,
non
sempre
è
opportuno
l'aver
in
qualche
modo
permette
al
ricercatore
di
ed
obbligatorio
evidenziato
questa
correggere
alcune
osservazioni.
Pare radicata in molti sociologi la convinzione secondo cui
queste dimensioni sarebbero esclusivamente psicologiche. Invece
esse sembrano a pieno titolo componenti sociologiche: le risonanze
emozionali dell'osservatore rispetto all'oggetto, le reazioni che
egli
nutre
guidare
la
nei
suoi
confronti,
costruzione
ragionevolmente
chiedere:
e
se
hanno
l'analisi
il
un
ruolo importante nel
dei
ricercatore
dati.
fosse
Ci
possiamo
bevitore
o
fumatore abituale (o se non lo fosse) che influenza avrebbe questo
suo stato nei confronti di una ricerca sull'alcolismo e le droghe?
Se fosse cattolico che tipo di reazioni emozionali avrebbero per
lui oggetti di indagine quali i fenomeni religiosi contemporanei,
i comportamenti e le abitudini sessuali, i sistemi di credenze? E
cosí per innumerevoli argomenti di ricerca.
27
Le note metodologiche: narrazioni su come il ricercatore sia
giunto
a
riconoscere
particolari
come
determinate
congruenti
ed
risposte,
appropriati
suggerimenti
ai
suoi
e
interessi
(Zimmermann e Pollner 1970); come abbia ritenuto ragionevoli e
convincenti le sue interpretazioni (Sormano 1988); in che modo sia
giunto
a
stabilire
gli
eventi
selezionati
come
rilevanti
ed
adeguati al fine di accettare o escludere determinate ipotesi ed
interpretazioni. (Mehan et al. 1986; Gobo 1992: 28ss)
Le
conoscenze
consultata,
gli
teoriche:
enucleare
approcci
teorici
il
tipo
seguiti
di
e
letteratura
le
categorie
sociologiche utilizzate per codificare gli eventi e classificarli.
Le tecniche: descrivere le tecniche adottate e i problemi sorti
nella loro applicazione (Gobo 1992: 39-43; fornire i principali
materiali utilizzati per l'individuazione dei risultati in modo
tale
che
altri
ricercatori
possano
ripetere
l'analisi
(Mehan
1979).
Le
risorse
ricerca,
sulle
e
i
vincoli:
difficoltà
1974a),
sulle
richieste,
negate
(Sjoberg
1967),
e
narrazioni
sulle
facilitazioni
permessi
sulle
e
condizioni
incontrate
finanziamenti19
reazioni,
della
(Cicourel
ottenute
incoraggiamenti
e
e
dissuasioni da parte dei colleghi20; in una parola sulle risorse e
i vincoli che hanno delimitato il campo delle azioni conoscitive
del sociologo.
28
Contatti: resoconti su contatti informali (impressionist tales)
(Van Maanen 1988); racconti su interviste e colloqui avvenuti
(Cicourel
1974b:
telefonate
significative,
prime
stesure
cap.3),
dei
corrispondenze
suggerimenti
"risultati"
informazioni
provenienti
all'insieme
delle
da
(Ashmore
queste
conoscenze
e
e
critiche
seguiti
1989:
220-226).
interazioni
tacite,
conversazioni,
del
si
alle
Le
congiungono
background
del
ricercatore, che probabilmente svolge un ruolo non trascurabile
nell'interpretazione dei dati.
L'indessicalità
del
rapporto
di
ricerca:
riconoscere
"la
contingenza dei propri dati" (Madella 1989: 64), considerare i
discorsi degli scienziati sociali come asserzioni dipendenti dal
contesto
di
sottostanti
produzione,
alle
stesse
cioé
discorsi
restrizioni
legati
dei
all'occasione
discorsi
dei
e
soggetti
studiati. Questo mancato riconoscimento può condurre a situazioni
paradossali
come
quelle
descritte
da
Ashmore
rivisitando
gli
scritti dei sociologi della scienza. Essi, analizzando i discorsi
degli scienziati, hanno notato una triplice variabilità:
"[1] Non solo le descrizioni di scienziati diversi differiscono
(rispetto ad uno stesso evento osservato); [2] non solo le
descrizioni di uno stesso scienziato variano a seconda che siano
riportate in lettere, appunti di laboratorio, interviste, atti di
convegni, rapporti di ricerca, etc.; [3] ma gli scienziati
forniscono
anche
versioni
abbastanza
differenti
di
eventi
all'interno di una singola intervista registrata o una medesima
conferenza" (Gilbert & Mulkay 1984, cit. in Ashomore 1989, 147).
Ashmore documenta in modo ironico e puntuale (1989: 148-159) come
tale variabilità sia presente anche nei discorsi dei... sociologi
29
della scienza: essi parlano e scrivono in modi diversi a seconda
di differenti contesti; le descrizioni di uno stesso studioso
variano da contesto a contesto; il medesimo sociologo fornisce
versioni differenti all'interno di un stesso contesto: non solo in
uno stesso libro, non solo nello stesso capitolo, ma addirittura
nella stessa pagina.
Uno
stile
metodologica
diverso
post-retorico:
sarebbe
procedere
a
preferibile
argomentativo
questa
differente
far
corrispondere
che
rispecchi
il
prospettiva
anche
un
cambiamento
epistemologico. Un diverso modello argomentativo potrebbe quindi
guidare la stesura dei "risultati" della ricerca. Ridimensionando
la
tradizione
retorica
che
sin
dai
greci
s'é
occupata
delle
strategie argomentative al fine di persuadere gli ascoltatori (Perelman 1977; Billig 1987), l'obiettivo principale dovrebbe essere
quello di rendere possibile, al lettore del rapporto di ricerca,
la proliferazione di tesi diverse da quelle proposte dall'autore;
un modo quindi argomentativo, che stimoli la nascita di "altre"
costruzioni/interpretazioni al posto di "persuadere" semplicemente
il lettore.
Un diverso stile letterario: infine, uno stile post-retorico
potrebbe essere realizzato attraverso un diverso modo di "scrivere
scienza
sociale".
Recentemente
alcuni
autori
si
sono
occupati
dell'argomento proponendo alcune forme letterarie (New literary
forms) al fine di superare la rigidità e l'irriflessività delle
30
conclusioni scientifiche standard: usare parentesi all'interno di
parentesi (utilizzato spesso dagli etnometodologi rendendo però
difficilmente
leggibile
un
testo),
scrivere
un
testo
in
modo
ironico o in forma di
"commedia (play) (Mulkay 1984a; Heaton 1985), di filastrocca
(limerick) ([Collins; pubblicato anonimamente] 1984a), di parodia
(Latour 1980b), di dialogo (Mulkay 1985; Ashomore 1989; Pinch e
Pinch 198821; Ashmore, Mulkay e Pinch 1989), con una controprefazione (Mulkay 1985), una contro-introduzione (Woolgar e
Ashmore 1988), un testo parallelo, analitico e meta-analitico
(Wynne 1988; Ashmore 1989: cap.6; Woolgar 1983c), un collage
narrativo (Ashmore 1989: cap.1; Ashmore, Mulkay e Pinch 1989), di
conferenza (Ashmore 1989: cap.7), l'enciclopedia (Ashmore 1989,
cap.2), di prova d'esame (Ashmore 1989: cap.7), in stile
giornalistico (press report) (Ashmore, Mulkay e Pinch 1989), (...)
e con strumenti auto-referenziali quali self-engulfing photograph
e note a pié di pagina auto-riferite (Woolgar 1984, 1988b;
Hofstadter 1980), strange loop (Mulkay 1984a; Ashmore 1989:
cap.5). Critiche a tali tentativi sono contenute in Walker 1986,
Wynne 1986, Oehler e Mullins 1986, Pinch e Pinch 1988, Latour 1988
e Halfpenny 1988" (Ashmore 1989: 66).
Come
osserva
Ancarani
(1990)
queste
proposte
sembrano
risolversi solamente in un
"tentativo (...) di impostare il tema della riflessività
termini di manipolazione-decostruzione del testo" (p. 122)
in
ed alcune forme letterarie paiono un pò ridicole e narcisistiche,
e non sembrano giovare molto alla costruzione di tecniche testuali
per un modello stilistico riflessivo.
Personalmente,
invece,
propongo
uno
stile
espositivo
che
limiti l'impiego di certe formule impersonali (`si deduce che',
`si nota che', `ne consegue che'), alcune metafore visive (appare
chiaro che, risulta evidente che). Uno stile che nelle deduzioni
riduca
l'uso
dei
modi
verbali
31
indicativi;
questi
indicano
certezza, la presenza di una inferenza deduttiva certa, reale.
Quando
é
possibile,
la
forma
impersonale
potrebbe
essere
sostituita con la prima persona singolare oppure plurale (ma solo
se coloro che scrivono sono effettivamente più di uno). Scrivendo
`io' oppure `noi' i ricercatori dichiareranno come personali le
interpretazioni fornite, nel senso che appariranno come le loro
interpretazioni e non le uniche possibili o le corrette letture
dei dati. Queste considerazioni possono sembrare leziose o di
maniera.
Ma
accade
spesso,
nei
rapporti
di ricerca,
che dati
interpretati da una sola persona vengano esposti al plurale. Se
però, in questo caso, provassimo a sostituire la prima persona
plurale con la più corretta singolare, ci accorgeremmo come le
stesse affermazioni assumono un significato diverso. In effetti il
dispositivo
retorico
trasformare
il
del
proprio
`noi'
permette
pensiero
in
al
opinione
ricercatore
collettiva.
di
Una
interpretazione personale appare come interpretazione condivisa da
molti
senza
ricercatore
asserzioni
che
questo
allontana
sia
cosí
consegnandola
ad
effettivamente
la
un
responsabilità
generico
avvenuto
delle
`noi'.
e
il
proprie
Parafrasando
un'affermazione ironica di Bloch (1980) sul lavoro di èquipe,
potremmo dire che il plurale maiestatico é utile perché permette
di dare sempre la colpa a qualcun altro. L'uso della prima persona
potrebbe poi essere accompagnato da verbi che facciano percepire
la presenza di un autore dietro al testo (Geertz 1988), che diano
32
al lettore l'idea che egli sta leggendo soltanto delle opinioni e
non
delle
affermazioni
certe
o
vere.
A
tal
fine
penso
che
espressioni quali `noi crediamo che', `ci é parso', `ci sembra'
possano utilmente precedere le asserzioni dei ricercatori. I modi
indicativi,
inoltre,
potrebbero
essere
sostituiti
con
forme
verbali condizionali che trasmettano la natura dubbiosa, incerta,
opinabile, possibilista, aperta, delle costruzioni del sociologo.
Oppure in presenza di modi indicativi la scelta potrebbe ricadere
su verbi quali `sembra', `pare', `somiglia' piuttosto che sul
verbo essere. Questo verbo, che spesso semanticamente sostituisce
il verbo `esistere', potrebbe essere accompagnato e preceduto da
verbi servili (potere e dovere) che ne ridimensionino la valenza
di consistenza concreta. Anche gli avverbi di affermazione (in
realtà, naturalmente, esattamente, sicuro e sicuramente, certo e
certamente,
indubbiamente,
perfettamente,
avverbi
di
in
precisamente,
conclusione)
dubbio
potrebbero
(forse,
infine,
essere
probabilmente,
assolutamente,
sostituiti
da
tendenzialmente,
approssimativamente, presumibilmente). I termini come `realtà',
`scoprire',
`mostrare',
`svelare',
`dimostrare',
`provare',
`evidenza', `verità', `vero', `fatti', `dati', potrebbero essere
usati con più parsimonia e con maggiori cautele oppure sostituiti
con
`documentare',
`eventi',
`fenomeni',
`informazioni',
`risultati', `interpretare'. Si potrebbero pensare le informazioni
che acquisiamo e produciamo non come "conoscenze scientifiche"
33
bensí come "credenze scientifiche", "opinioni professionali su"
aspetti
della
Infine,
si
società,
potrebbe
`conclusioni'
non
indirizziamo
evitare
poiché
epistemologico,
cui
di
una
sembra
la
stendere
ricerca,
attenzione.
delle vere e proprie
dal
concludersi
nostra
ma
punto
essere
di
vista
"fermata"
in
funzione degli scopi e delle circostanze pratiche del ricercatore.
La
proposta,
a
mio
avviso,
non
si
esaurisce
in
un
semplice
cambiamento di termini; se il lettore si esercitasse a modificare
il proprio vocabolario, forse accuserebbe una certa fatica nella
realizzazione
poiché
sarebbe
costretto
a
confrontarsi
costantemente con il proprio linguaggio oggettuale. Inoltre la
forza delle sue affermazioni verrebbe trasformata: da un linguaggio assertivo ad uno dubitativo.
8.
SCIENZE SOCIALI
premessa
COME
DISCORSI
LEGATI
ALL'OCCASIONE:
una
Quando un ricercatore inizia una indagine su un determinato
oggetto sociale, si aspetta che questo... esista. Da questa metaaspettativa si diramano molte altre aspettative che trasformano
ingenuamente
una
costruzione
sociologica
dell'osservatore
in
oggetto reale. Diversamente da questa posizione ho cercato di
sviluppare
l'ipotesi
che
siano
soltanto
i
discorsi
a
rendere
visibili ed osservabili gli oggetti sociologici22. Ipotizzando la
mancanza di una relazione "naturale" fra linguaggio e mondo reale
viene
svalutata
"dimostrazione"
la
presunta
poiché
la
autorità
scienza
34
e
sarebbe
cogenza
della
persuasione,
convinzione, credenza, ed i suoi attori diverrebbero i discorsi
scientifici
e
non
i
fatti.
Le
verità si presenterebbero come
verità relazionali, raggiunte in un'arena discorsiva. Il sapere
scientifico sarebbe cosí il prodotto situato di un'interazione
conoscitiva limitata dai vincoli e dalle risorse a disposizione
dei ricercatori, le quali possono essere parzialmente descritte.
Ed
essendo
il
sapere
prodotto
anche
dai
metodi
usati
per
conoscere, tematizzare la riflessività ed occuparsi di metodologia
potrebbero diventare impegni prioritari. Ma anche questa non é
altro che... un'opinione, un semplice account.
Riferimenti bibliografici
ANCARANI V.
(1990)
"Discourse Analysis" e riflessivita'à. Su alcuni recenti
sviluppi nella sociologia della conoscenza, in "Rassegna
Italiana di Sociologia", XXXI, n.1, gennaio-marzo, pp.
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NOTE
1. Desidero ringraziare Barry Saferstein, Andrea Falcon e John
Guice per gli utili consigli e suggerimenti. Un ringraziamento
speciale va ad Alberto Melucci, Anna Lisa Tota, Pier Paolo
Giglioli, Mario Cardano e Enzo Campelli per il sostegno e la
paziente critica di una precedente versione del saggio.
2. Coerentemente ad una costruzione riflessiva del testo, userò
frequentemente le forme `sembra' e `pare' al posto del verbo
`essere'. Ulteriori approfondimenti verrano presentati alla fine
del saggio, nel paragrafo dal titolo "un diverso stile
letterario".
3. Anche riconoscere un segno come inchiostro, carta, rumore, pare
un'attività di costruzione. Però può essere utile sottolineare una
distinzione fra i segni (che possono essere in qualche modo
esperiti) e i simboli, espressioni linguistiche che usiamo per
nominarli e per farli vivere. A volte possiamo non essere
d'accordo se chiamare suono o rumore lo stimolo che colpisce il
nostro udito ma possiamo convenire sulla presenza dello stimolo,
sulla sua esistenza.
4. A queste considerazioni giunge anche l'autocritica del
positivismo logico che W.V.O. Quine, ispirato dalla metafora
nautica di O. Neurath, ha avviato nel corso degli anni `60.
5. Gli autori usano una diversa terminologia: oggetti sensibili,
oggetti mediati e oggetti culturali.
6. Un esempio di mancata percezione di oggetti interamente
culturali è offerto dai resoconti degli ambasciatori cinesi in
visita diplomatica in Europa lo scorso secolo.
"[...] Sulla nave ci sono dei missionari e quando e' domenica
dispongono sul ponte quattro file di sedie e sgabelli, nel mezzo
piantanto una croce, accendono candele e chiamano a raccolta. Chi
vuole andare, uomo o donna, porta con se' la Bibbia e, in piedi o
in ginocchio, recita a bassa voce i testi sacri. Talvolta si
indica con la mano le spalle e gli orifizi, oppure si percuote il
viso facendo sembianze di piangere. Sulla pedana, un uomo chiamato
padre, con un abito lungo e un cappello bianco, legge i testi e la
43
gente gli risponde in coro. Sulla terraferma, nel giorno stabilito
si raccolgono nelle chiese." <Masci 1989, 73>
In questo caso gli osservatori cinesi non riescono a percepire
quegli oggetti rituali perchè non possiedono i concetti di `messa'
e `segno della croce'.
7. Vedi Gobo 1990b.
8. Kant aveva già risposto affermando che la realtà era inconoscibile.
9. Ringrazio Melvin Pollner per questo suggerimento.
10. Vedi Gobo 1993.
11. Osservati sincronicamente, molti eventi e fenomeni sembrano
"fatti" ed "oggetti"; osservati in una prospettiva storica
potremmo notare come essi siano stati "costruiti socialmente" nel
tempo:
`guida
in
stato
di
ubriachezza'
<Gusfield
1981>,
`maternita' <Luker 1984>, `stato di crisi nelle minorenni incinte'
<Luker 1990>, `ritardato mentale' <Mehan 1989>, `mente' <Rorty
1979>, etc. sono concetti e oggetti che hanno fatto la loro
comparsa ad un certo punto della storia delle societa'; non
sembrano essere esisti da sempre. Prima di diventare problemi o
oggetti, essi sembrano appartenere solamente ad uno sfondo informe
di fenomeni. Invece diventano concetti che permettono di
riconoscere e preformare oggetti, soltanto attraverso le pratiche
costitutive degli attori sociali.
12. Gasking <1955, 432> definisce `preposizione incorreggibile'
una credenza che, essendo considerata certa, indiscutibile e nonnegoziabile, diviene assioma. Ad es. nell'aritmetica "7+5=12" è
considerato un assioma vero e indiscutibile; se compiendo questa
addizione qualcuno otterrà un risultato diverso, tutti penseranno
(lui compreso) che c'e' stato un errore nel calcolo poiché nessuno
si sognerebbe di mettere in discussione l'assioma. Per l'utilità
di questa idea nello studio delle ideologie e dei ragionamenti
umani vedi Pollner <1973>, Mehan-Wood <1975>.
13. Anche un'epistemologia della sociologia sembra diversa dalle
epistemologie delle hard sciences. I concetti sociologici di
`rappresentativita'' del campione, `verita'', `attendibilita'',
44
`validita'', `dimostrazione', `teoria', `legge', `dato', ecc. non
sembrano commensurabili con simili concetti usati nelle scienze
fisiche. Per i diversi concetti di `legge' nelle scienze fisiche,
naturali e semiotiche vedi D'Andrade <1986>.
14. I significati di un testo non sembrano stare, in prima
istanza, nel testo ma nel codice del lettore/uditore. Le affermazioni "questa penna scrive bene", "il fucile ha sparato un colpo",
"le travi reggono il tetto", sembrerebbero indicare che colui che
le pronuncia creda veramente che gli oggetti siano capaci di
azione propria. Se i lettori di questo saggio non riscontrano
intenzionalità in tali oggetti ciò avviene non perché lo ricavino
dal testo ma perché è una "preposizione incorreggibile" del loro
codice. Sono quindi le competenze cognitive dell'osservatore ad
attribuire significati ai testi.
15. Il termine `dato' prima di diventare (per la scienza) un
oggetto, una cosa, era soltanto il participio passato del verbo
`dare'; forse proprio in questa forma verbale possiamo trovare il
fondamento epistemologico delle nostre argomentazioni. `Dato'
(donnè in francese) significa infatti "che e' stato offerto,
ceduto da qualcuno, donato". Se prendiamo come esempio una tavola
demografica, una tabella ISTAT, sappiamo che essa non e' stata
trovata `naturalmente' in quella forma, ma e' stata redatta.
Qualcuno ha dovuto chiedere, attraverso un linguaggio, delle
informazioni e qualcun altro ha dovuto rispondere; qualcuno ha
dovuto chiedere permessi per accedere a documenti e fonti, e
qualcun altro ha risposto a queste richieste. Emerge cosí un'ampia
e complessa rete di relazioni, di vere e proprie negoziazioni, il
cui esito diviene, nello stesso tempo, vincolo e risorsa per la
redazione della tavola demografica. E' in questi termini che si
deve considere l'affermazione secondo cui "il dato viene
costruito".
16. Riconoscere la fallibilità ed incompletezza delle nostre
osservazioni non dovrebbe indurci allo sconforto bensí dovrebbe
ridimensionare gli ambiti della loro validità ed estendibilità.
17. Fra le procedure di analisi quantitativa sono stati approntati
alcuni modelli matematici <O'Muircheartaigh 1977; Morton Williams
1979> per il controllo dell'influenza delle caratteristiche
dell'intervistatore (sesso, eta', etc.) all'interno della dinamica
dell'intervista. Purtroppo tali modelli non sono usati quasi da
nessuno.
45
18. C'è anche un paradosso logico riconosciuto da più parti:
sembra che non si possa essere contemporaneamente osservatori ed
osservati.
19. Pare esserci, in molti Paesi, uno stretto legame fra ricerche
e finanziamenti. Percio' gli oggetti di ricerca vengono scelti non
tanto in base agli interessi dei ricercatori quanto all'esistenza
o meno di finanziamenti (grants) per quel tipo di argomenti di
indagine.
20. Ashmore <1989, 20-25> riporta alcuni commenti di sociologi
della scienza che lo consigliavano di cambiare l'argomento della
tesi di dottorato: a loro avviso la riflessività era un tema
sterile o di scarsa rilevanza.
21. Un curioso saggio dove l'autore inventa un dibattito fra sé e
sé, cioè fra un Pinch anti-riflessivo e il suo alter ego a favore
della riflessività.
22. Nelle attività
ricercatore inizia
sensibilizzanti" per
più precisi <Glaser e
di ricerca Blumer <1968> sostiene che il
con pre-comprensioni deboli o "concetti
giungere, in un secondo momento, a concetti
Strauss 1967; Spradley 1980>.
46