Ottobre 2015

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Ottobre 2015
Ottobre 2015 anno 6 - n°40 5 €
Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale –70% CB-NO /GENOVA n.40 anno 2015
economia
IL PROBLEMA DEI PORTI
a pag. 18
politica
LA LIGURIA ALL’EXPO
a pag. 20
sanità
RIVISTA DI ECONOMIA, POLITICA E CULTURA IN LIGURIA
Roberta
Pinotti
La prima donna
ministro della difesa
ottimista e decisa
LA BATTAGLIA DEI MEDICI
a pag. 26
40
In copertina Roberta
Pinotti ritratta
da Marcello Scavo
editoriale – La fretta di Renzi (ma gli altri non hanno progetti) di Paolo Lingua 04 | bébert - La battaglia
dei mercanti la vince il Duca di Rossiglione 05 | l'economista - Usa o Cina: la ripresa per il momento
passa solo per la finanza di Mario Margiocco 06 | la finestra sul mondo – L’Europa, “idea” e unione
politica, vacilla sotto i passi dei migranti di Luciano Clerico 07 | ritratto – ROBERTA PINOTTI di Paolo
Lingua 8 | politica – Toti “dream”: norme nuove per decidere di Caffaro di Rustico 14 | economia - Made
in Italy: eccellenze in digitale di Liguria 15 | salone nautico - Dopo la crisi aspettiamo la primavera
del Nautico di Michela Serra 16 | transport - La riforma dei porti e le concessioni “congelate” di Matteo
Cantile 18 | expo - Expo: tutta la Liguria “bella” in una settimana di Redazione Il Potere 20 | expo Alleanze “incrociate” per rilanciare il Nord Ovest di Paolo Lingua 24 | sanità - Medicina italiana, la
A
UNIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI SAVONA
SETTANTANNI DI LAVORO INSIEME
1945 - 2015
mannaia sulle diagnosi di Matteo Cantile 26 | sport - “Ferraris” restyling e altro... di Maurizio Michieli
28 | sport - La perfezione in ogni movimento, in ogni istante di Carlo Brozzo 30 | gastronomia – La
strana storia della pesca nel mar Ligure di Lucullo 36 | letteratura - Andrea Doria l’abile principe
“understatement” di Paolo Lingua 39 | teatro – Stabile, ecco il calendario 40 | appuntamenti –
Autunno d’arte e di gastronomia di Valentina De Riz 42 | turismo – Il fascino discreto della BIO-vacanza
di Valentina De Riz 44 | bitgeneration – L’ultima rivoluzione di internet di Fabrizio Cerignale 48 | moda
– Stagione che vai, moda che trovi di Valentina De Riz 50 | agenda di Valentina De Riz 51 |
Fondata il 5 luglio 1945 l'Unione Industriali della provincia di Savona ha celebrato il 70° anno di attività a sostegno
delle imprese savonesi. Nel corso della cerimonia pubblica che ha avuto luogo il 16 luglio 2015 a Savona con il
conferimento di un diploma di benemerenza alle 52 aziende associate già in attività nel 1945 e tutt'ora operative.
Le aziende premiate: 3f Di Ferrecchi Silvano S.P.A. Millesimo, A.G.S. Costruzioni S.R.L. Vado Ligure, Accinelli S.R.L. Finale Ligure, Acquedotto Di Savona
S.P.A. Savona, Albino Chiesa S.R.L. Finale Ligure, Albis S.R.L. Vado Ligure, Amaretti Virginia S.R.L. Sassello, Bombardier Transportation Italy S.P.A. Vado Ligure,
Campostano Group S.P.A. Savona, Cassa Di Risparmio Di Savona S.P.A. Savona, Craviotto G.B. S.R.L. Varazze, Esso Italiana S.R.L. Vado Ligure, F.lli Grondona
Di G. Grondona Viola & C. S.A.S. Savona. F.lli Sambin S.N.C. Cairo Montenotte, Ferrania Technologies S.P.A. Ferrania - Cairo Montenotte, Ferrovie Dello Stato
- Soc. Di Trasporti E Servizi P.A. Savona, Francesco Baglietto & Figlio Di G.B. & C. S.A.S. Vado Ligure, Fresia S.P.A. Millesimo, Funivie S.P.A. Savona, Grafiche
Fratelli Spirito S.N.C. Cosseria, Grendi Trasporti Marittimi S.P.A. Vado Ligure, I Turre’ Di Panizza Luigi & C. S.A.S. Loano, Icose S.P.A. Cisano Sul Neva, Impresa
Costruzioni Edili Ligure - Sicel S.P.A. Stella, Impresa Ligure Costruzioni Ed Esercizi - I.L.C.E. S.P.A. Albenga, Impresa Paroldi Giuseppe & C. S.R.L. Ponti, Italgas
Gruppo Esercizi Ponente Ligure S.P.A. Savona, Italiana Coke S.R.L. Cairo Montenotte, Marco Sabatelli Editore S.R.L. Savona, Matrunita Mediterranea S.R.L.
Vado Ligure, Mondo Marine S.P.A. Savona, Noberasco S.P.A. Albenga, Olmo Giuseppe S.P.A. Celle Ligure, Opere Sociali Servizi S.P.A. Savona, Petrolig S.R.L.
Vado Ligure, Piaggio Aero Industries S.P.A. Villanova D’Albenga, Poste Italiane S.P.A. Savona, Saint Gobain Vetri S.P.A. Dego, Salvo S.R.L. Stella, Sanac S.P.A.
Vado Ligure, Schneider Electric S.p.A. - Cairo Montenotte, Stabilimento Farmaceutico “CAV. G.Testa” S.R.L. Bastia Di Albenga, Syndial S.P.A. Cengio, Totalerg
S.P.A. Savona, Tpl Linea S.R.L. Savona, Trench Italia S.R.L. Cairo Montenotte, Trevisiol S.R.L. Varazze, Valdora Cesare Savona, Valle S.R.L. Finale Ligure,
Vetreria Etrusca S.R.L. Altare, Vico S.R.L. Cairo Montenotte, Zincol Ossidi S.P.A. Vado Ligure, Zunino Ing. Giovanni Dario S.A.S. Albenga
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editoriale
bébert
La fretta di Renzi (ma gli
altri non hanno progetti)
PAOLO LINGUA
“N
atura non facit saltus”,
quindi si dovrebbe sempre procedere, come nelle
trasformazioni geologiche, vegetali e
biologiche, con un procedimento progressivo, a ingranaggi integrati pezzo
per pezzo, in chiave logica, verrebbe da
dire aristotelica. Ma la battaglia, perché
di battaglia senza esclusione di colpi si
tratta, per la riforma della Costituzione
(Senato, legge elettorale, riequilibrio tra
i poteri) procede per acrobazie. Certe
volte Matteo Renzi fa venire alla mente il famoso passaggio delle “Nozze di
Figaro” del primo atto: “Se vuoi venire
alla mia scuola/ la capriola t’insegnerò…” È così? È questo muoversi a scatti
e per accelerazioni con toni concitati,
limitando al minimo le mediazioni, che
induce molti sussiegosi commentatori a
criticare una certa approssimazione del
Presidente del Consiglio? Le critiche,
trattandosi di materia delicata come la riforma costituzionale, non sono del tutto
prive di fondamento. C’è, nella vicenda,
un “ma”, un autentico macigno che, alla
fin dei conti, fa pendere la bilancia della
logica e della politica a favore di Matteo Renzi. Facciamo un passo indietro.
La Costituzione italiana del 1948 è stata
frutto della sapienza giuridica e politica
d’un ceto dirigente intellettuale, ingessato per più di vent’anni. Il testo è stato
steso in gran parte in indiscussa buonafede, ma non poteva non risentire dell’esigenza assoluta di prendere le distanze
dal fascismo. Il limite, che nel corso del
tempo, soprattutto nei momenti di crisi,
è emerso riguarda i limitati poteri del
Governo e del Primo Ministro (ovvero
l’esecutivo) rispetto agli altri poteri dello
Stato (legislativo e giudiziario). Non si è
mai trovata una legge elettorale adeguata
che garantisse solide maggioranze, tanto è vero che il tentativo ingiustamente
definito “legge truffa” fallì già nel 1953.
4
La riforma della
Costituzione sarà
una vera e propria
battaglia senza
esclusione di colpi
Inoltre il bicameralismo perfetto è una
anomalia solo italiana nel contesto delle democrazie occidentali e ha sempre
bloccato, ritardato e fatto sorgere infiniti
cavilli e ripensamenti su qualunque decisione importante.
Se ripensiamo a tutti coloro che, bene
o male, ritennero di razionalizzare o
raddrizzare alcuni cardini della nostra
Carta Fondamentale, ci rendiamo conto
che andiamo a enumerare una serie di
fallimenti: da De Gasperi a Fanfani, da
Craxi a De Mita sino a tutti gli sforzi,
sovente contraddittori, accennati nella
Seconda Repubblica grazie solo alla tenacia di Giorgio Napolitano, anche lui
però “vox clamans in deserto”. In realtà
oggi Renzi, che ha capito che la riforma
costituzionale è determinante per dar
vita a un Paese che decide e lo fa in fretta perché la realtà socio politica ed economica contemporanea non consentono
altro comportamento, usa l’unico mezzo possibile, mettendosi in gioco ogni
giorno. Il doppione del Senato deve saltare a tutti i costi; la legge elettorale che
consenta di governare va fatta in fretta;
il Governo deve poter agire non come
una dittatura asiatica ma semplicemente
come avviene in Francia, in Germania e
in Inghilterra, nonché negli Stati Uniti.
Persino democrazie più recenti, come
la Spagna e il Portogallo, hanno superato la cosiddetta “democrazia dei tempi
morti”. È ovvio che tutto potrebbe, per
dirla in parole povere, essere fatto molto meglio e con un più raffinato tecnicismo. Però, nella discussione in corso,
ricca purtroppo di elementi folkloristici
per i limiti culturali e comportamentali
dei membri del Parlamento, è difficile cogliere autentiche controproposte,
osservazioni intelligenti e sottili, non
emerge sapienza giuridica. In realtà le
opposizioni a Renzi non hanno, spiace
doverlo ammettere, un progetto alternativo o proposte di modifiche razionali.
Ci sono solo dei “no” generici o ridicoli
e strumentali microprogetti di modifica
giocati provocatoriamente sulla moltiplicazione delle parole e delle virgole.
Di fronte a tutto ciò Matteo Renzi finisce per avere buon gioco. Ha da percorrere un sentiero irto di trappole, ma
molte sono solo spauracchi da cartone
animato. In realtà le opposizioni di destra e di sinistra sanno che se alla fine
il Presidente del Consiglio la spunterà
sulla grande riforma, finirà per dimostrare di essere l’uno uomo politico del
Paese e che potrebbe davvero andare a
un grosso successo elettorale. Ci sarà
allora da voltare pagina. Questo spiega
anche una certa tensione mediatica che
alberga in molti ambienti trasversali
che temono, nel volgere di pochi anni,
in un cambio epocale. L’Italia abituata ai compromessi di vecchia matrice
“andreottiana” e una politica parolaia
innamorata delle infinite trattative notturne, di scelte mediate e atomizzate per
dimensione è dura a morire. Dovremmo
ricordare la vecchia leggenda legata
alla caduta di Costantinopoli del 1453:
gli Ottomani facevano la breccia nelle mura, mentre nel palazzo imperiale
prelati, dotti e principi discutevano sul
sesso degli angeli.
La battaglia dei mercanti la
vince il Duca di Rossiglione
E
rano scaduti tutti termini e
la Confraternita dei Mercadanti e dei Fatturieri doveva
nominare il Sommo Priore. Da tempo
immemorabile la potente confraternita
– che accoglieva anche i fabbricatori,
i cambiavalute e i reggitori dei banchi
de’ prestiti – era governata da Oddo
duca di Rossiglione, ben consigliato
dal Patriarca Kavil (Gran Conestabile,
Gran Siniscalco, Gran Cancelliere) e
dal sommo artigiano Can de’ Neri. Ora
era nate pesanti liti tra gli uomini di
denaro della Repubblica e il capo della
corporazione dei fabbricatori, Zampa
di Bronzo, aveva insidiato il potere del
duca Oddo. Questi piangeva sconsolato
nel suo palazzo tutto oro e cristallo,
mentre le pie donne velate con sete e
velluti gli asciugavano gli occhi.
Kavil e Cane de’ Neri mandarono in
giro i loro informatori e seppero ben
presto che l’assemblea che sarebbe
stata riunita al suon delle campane della Cattedrale era incerta ma
che, piuttosto che cattive sorprese,
avrebbe preferito affidare lo scettro
d’ulivo, simbolo della carica al duca
Oddo, signore di Rossiglione, ritenuto mite e affidabile nonché incapace
di sorprese sgradevoli. Kavil mandò
prudenti messaggi anche al Podestà il Marchese Cremisi e al nuovo
Imperatore Ioannes, appena eletto.
Ebbe ampie rassicurazioni, tanto più
che nel consesso degli elettori era
appena entrato l’uomo più dovizioso
della Repubblica, il grande banchiere
principe Taspettoalvarco.
Pure, nei giorni che precedevano
l’assemblea per l’elezione, il Duca di
Rossiglione era in gramaglie. Temeva
colpi di mano, assalti imprevisti,
tradimenti per mano di astuti nemici
prezzolati. Le pie donne velate pure
gli preparavano gustose merende,
I fabbricatori
vengono sconfitti
dall`astuzia di
Kavil e dal valore
del Duca...
dolcetti speziati e, durante il giorno,
lo rifornivano di coppe di idromele.
E gli ponevano sul tavolo da lavoro
coppe di frutta fresca e anche fichi
secchi, datteri e noci sgusciate. Il
Patriarca Kavil alla Compieta veniva
a recitare con lui le orazioni incitandolo alla virtù. Inoltre il Patriarca
decise che il Duca avrebbe avuto
un vicario più giovane, un facoltoso
artigiano detto da tutti Piccolo Far-
setto, energico e giocoso. Ma il Duca
ritenne che il giorno decisivo avrebbe
dimostrato il proprio valore con una
prova di forza e di coraggio. Fece
così montare nel chiostro previsto
per l’assemblea un grande altare
con un imponente crocifisso. Prima
della riunione Kavil celebrò una
messa solenne, al termine della quale
i comandanti e gli armigeri, che nel
frattempo erano stati convocati, si
comunicarono e poi circondarono il
Duca in processione cantando laudi
e preghiere. Il Duca aveva rivestito
una armatura d’argento forgiata a
sbalzi, frutto del lavoro degli artigiani più prestigiosi, istruiti dal Piccolo
Farsetto. Kavil benedisse una spada
dalla impugnatura preziosa in oro
e pietre dure e gliela offerse come
simbolo del “defensor fidei”. Con il
brando in pugno il Duca si inoltrò
in mezzo all’assemblea dei fabbricatori, dei mercanti, dei cambiavalute. Il principe Taspettoalvarco
lo abbracciò e gli consegnò uno
scrigno d’avorio pieno di zecchini
d’oro. Gli zecchini commossero il
Duca sino alle lacrime. “Domine
non sum dignus” e gridò agitando la
spada “ma mi assumo ogni fardello e
ogni dovere”. I fabbricatori che non
erano d’accordo batterono in ritirata
frettolosamente. “Va bene, va bene”
borbottarono. “Et verbum carum
factum est” disse Kavil dall’altare.
Il Duca di Rossiglione, emozionato,
fradicio di sudore sotto la pesante
armatura, si ritirò nel Palazzo delle
Compere. Le pie donne velate lo
spogliarono, lo misero in un grande
mastello e lo lavarono con erbe e oli
profumati portati dall’Oriente. Infine
il Duca, affamato, si sedette al desco
dove era già stato spiedato un pingue
cinghiale.
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opinioni
l'economista
la finestra sul mondo
USA O CINA: LA RIPRESA
PER IL MOMENTO PASSA
SOLO PER LA FINANZA
L’EUROPA, “IDEA” E
UNIONE POLITICA,
VACILLA SOTTO I PASSI
DEI MIGRANTI
MARIO MARGIOCCO
S
ono anni che l’economia domina
in modo preoccupante la notizia,
e siamo tutti in attesa di una vera
inversione di marcia. Qualcosa in questo
senso sta avvenendo. Ma è un piccolo
sollievo o sarà una svolta? È molto difficile rispondere. Tuttavia è possibile indicare due passaggi cruciali, con epicentri
molto lontani, che peseranno in buona
misura su quanto accadrà anche da noi.
Primo, come la Cina uscirà dalla sua
fase attuale, che è di precario riequilibrio
dopo una crescita galoppante con pochi
precedenti storici nell’era industriale
più recente, dal 1900, e durata circa 20
anni. In Cina si produce meno, si acquistano meno materie prime e qui sta una
ragione importante del crollo dei prezzi
di petrolio, minerali e semilavorati, e
dei relativi noli marittimi, e soprattutto
c’è una situazione finanziaria difficile,
come sempre quando la corsa che aveva
abituato a rendimenti crescenti rallenta:
i debitori hanno serie difficoltà a rientrare, con tutte le conseguenze a catena.
Quindi, il nocciolo della questione sono
le banche cinesi.
Le banche cinesi sono state protagoniste di una incredibile crescita. Le cinque
maggiori sono tutte pubbliche, la mano
pubblica poi si estende ben oltre questo,
tra banche e governi regionali (cioè il
Pc cinese locale) ci sono infiniti legami,
e una costellazione di finanziarie più
o meno private si è creata per gestire,
anche raccogliendo risparmio, attività
a rischio che le regole dettate nel 2010
dalla Banca centrale cinese rendono da
allora difficili per le banche. Alla fine, il
risultato è stata un’esplosione del settore
bancario: le attività, prestiti e altro, sono
aumentate del 400% dal 2007 e arriva-
6
Mario Margiocco,
genovese,
giornalista esperto
di economia
internazionale.
no a un totale, tra esigibili e sofferenze
distinzione quanto mai opaca in Cina
(spesso lo è anche in occidente, ma in
Cina è assai peggio), di 31mila miliardi
di dollari. E questo su un’economia da
10mila miliardi di dollari, quanto a Pil,
valore quadruplicato rispetto al 2006.
Secondo una valutazione di Kyle Bass,
direttore di Hayman Capital, un Fondo
di Dallas molto attivo nell’area del Pacifico, più che la Borsa di Shanghai occorre guardare il settore bancario e finanziario cinese dove ipotizzare una perdita
pari al 10% delle attività nei prossimi
due-tre anni è ragionevole. Quindi, 3
mila miliardi di dollari. Per colmare le
perdite la Banca Centrale venderà parte
delle sue enormi riserve di oltre 3mila e
600 miliardi di dollari, alle quali in effetti
ha già incominciato ad attingere diventando probabilmente nei mesi prossimi
venditore netto. Se tutto avverrà senza
panico, l’effetto cinese sarà forse solo
quello di contribuire a un rallentamento
globale. Se no, sarà peggio.
Gli Stati Uniti sono, in modo assai diverso è vero, l’altra punta dell’enigma
perché pur essendo usciti quanto a Pil
meglio di tutti da una crisi finanziaria
che nel 2007-2008 aveva avuto proprio
in America la sua matrice e il suo epi-
centro, non ne sono ancora usciti del
tutto. La prova, nonostante un Pil che
ha superato e da circa 3 anni i livelli del
2008 (l’Italia è ancora sotto), sta nel fatto
che a metà settembre la Federal Reserve, la Banca Centrale di Washington, ha
preferito rinviare per l’ennesima volta
l’aumento dei tassi, già atteso da quasi
un anno. E questo dopo 80 mesi di costo
del denaro a zero, un record storico. La
giustificazione è che ci sono preoccupazioni per la situazione internazionale
(vedi Cina, e situazioni simili in altre
economie chiamate emergenti) e un rafforzamento ulteriore del dollaro, probabile dopo un aumento dei tassi, potrebbe
esasperarle. Ma non convince del tutto.
La realtà è che un’economia americana
tenuta dal 2007-2008 sotto cura intensiva e con la bombola a ossigeno del costo
del denaro ai minimi sempre aperta, non
offre ancora la certezza di poter camminare con le proprie gambe.
Il quadro, andando all’osso, è semplice:
dei quasi 4 mila miliardi di liquidità immessi con il Quantitative Easing, l’acquisto cioè di titoli da parte della Fed, più
costo a zero del denaro, poco è arrivato a
Main Street, cioè all’economia reale alle
medie e piccole imprese e alle famiglie.
Il grosso si è fermato a Wall Street, cioè
nei circuiti finanziari di élite. Il risultato
è che delle tre condizioni poste dalla Fed
per l’aumento dei tassi, disoccupazione
salari e inflazione attorno al 2% segno di
domanda robusta, solo la prima si è verificata. Ci sono gli occupati, ma a salari
spesso bassi, e non c’è ombra di inflazione. Anzi c’è deflazione.
Se l’America non esce da questo canyon anche per noi le cose restano più
difficili.
LUCIANO CLERICO
Q
uanto sta succedendo in Europa
è di portata storica: “un’idea”,
quella di Europa appunto, si
sta sfaldando sotto i colpi della Storia.
È un’idea su cui ci si dibatte da oltre
mezzo secolo e che ha garantito per
60 anni pace e prosperità, si trova oggi
messa in crisi dall’esodo a cui stiamo
assistendo dal Nord Africa e dal medio
Oriente. Fiumi di persone scappano dalla desolazione umana delle loro terre e
cercano di raggiungere quella “idea” di
cui hanno tanto sentito parlare. Solo che
quell’“idea” non corrisponde alla realtà
di ciò che incontrano. Per coloro che seguono la cosiddetta “rotta dei Balcani”,
l’Europa ha la faccia di un poliziotto ungherese munito di manganello e occhi
duri. Per quelli che attraversano il Mediterraneo, nel migliore dei casi l’Europa
si concretizza nella confusione tutta italiana di un centro di accoglienza stipato
oltre le sue capacità.
L’Europa, per la prima volta nella sua
storia, si trova alle prese con un problema
che mina alla radice la sua stessa identità.
L’“idea”, quella avuta da Altiero Spinelli
e faticosamente portata avanti dai governi più volenterosi, vacilla sotto il peso di
domande fondanti della sua stessa identità: può l’Europa prescindere dall’accoglienza? Dai diritti umani? Chiaro che
no, è l’idea stessa da cui nasce. Però è
proprio di fronte a queste domande che
l’Europa sta venendo meno.
Una riflessione su quelli che per convenzione definiamo “migranti” si impone.
Riguarda fisicamente anche casa nostra.
Per la prima volta
alle prese con un
problema che
mina alla radice
la sua stessa
identità si
dimostra troppo
“giovane” per
gestire un esodo
biblico
Luciano Clerico,
caposervizio ANSA
è stato a lungo
corrispondente
dagli Stati Uniti.
Perché averne paura? “Perché delinquono”, dicono in molti. È vero, molti dei
cosiddetti immigrati finiscono per gonfiare le statistiche dei casi di microcriminalità. Non dico che sia legittimo, ma
dico che è “normale” che quando ci troviamo di fronte a un volto “diverso ” ci
rapportiamo a lui con una iniziale diffidenza. Lo fanno anche i bambini: quando incontrano qualcuno che non hanno
mai visto prima, lì per lì sono diffidenti.
Ma è vero anche che quando con quel
“diverso ” riescono (riusciamo) a trovare il modo di scambiare due parole, allora la sua diversità fa meno paura. I bambini trovano il modo di dialogare nel
giro di pochi minuti. Gli adulti no. Perché per un bambino è così facile e per un
adulto no? Perché viviamo bloccati dal
pregiudizio. Per un adulto il marocchino resta – nel migliore dei casi – un “vu
cumprà”. Ci rifiutiamo di considerarlo
una persona con un nome, un’identità,
una storia. Se noi fossimo capaci di fare
questo, non dico che avremmo risolto
il problema, ma certamente vivremmo
meglio. Tutto questo per dire che trovo
assolutamente inspiegabili le polemiche
riguardanti la pubblicazione del piccolo Aylan morto sulla riva del mare. La
commozione universale che quella foto
ha suscitato deriva esattamente da questo: tutti hanno visto quel corpicino non
come un “migrante”, ma come una persona. Un bambino. Innocente in quanto
bimbo. E – nella foto – assolutamente
solo. Ancora una volta, è dai bambini
che dobbiamo imparare.
7
ritratto
Professoressa di lettere,
formata nei boy scout
in ambiente cattolico (un
aspetto che la accomuna
a Matteo Renzi), assessore
in Provincia e nel Comune
di Genova, ROBERTA PINOTTI
ha subito politicamente
una battuta d’arresto con
le “primarie” comunali
del 2012. Ma ha saputo fare
tesoro dell’esperienza con
saggezza. Ora, ministro
della difesa, è considerata
il leader Pd in Liguria
PAOLO LINGUA
8
9
ritratto
Dalla scuola
al governo
La sua sconfitta alle
primare del 2012 non
ha ridimensionato,
come in altri casi, il
suo ruolo nel panorama
politico italiano
F
orse l’aspetto più interessante della
personalità di Roberta Pinotti, accanto
all’aspetto sereno d’una ragazza sana e
sportiva non a caso proveniente dall’esperienza
adolescenziale dei boy scout, è stato la capacità di assorbire una sconfitta politica che, in altri
casi, avrebbe ridimensionato il ruolo di molti
politici del nostro tempo. Dico del nostro tempo,
perché, salvo rari casi, le fortune politiche oggi
sono assai più caduche di quelle dei vecchi leader del passato. Non val la pena di scomodare
personaggi di livello internazionale come Winston Churchill o Charles De Gaulle o persino di
Richard Nixon, ma, se restiamo al solo livello
italiano, ricordiamo gli alti e bassi di personalità
come Amintore Fanfani, Aldo Moro, Pietro Nenni, Giuseppe Saragat o Giulio Andreotti. Eravamo abituati e vederli crescere o risorgere. Negli
ultimi tempi, a partire dal giro di boa della prima
metà degli anni Novanta, chi è caduto o ha subito
una sconfitta politica non ha praticamente mai
avuto una seconda chance. Roberta Pinotti, però,
ha dimostrato il contrario. Nel 2011 il Pd genovese ha avuto una della sua contorsioni interne
auto flagellanti. Il partito non era soddisfatto dei
cinque anni di gestione del comune di Genova da
parte di Marta Vincenzi, un po’ per le dilazioni
sui grandi fatti decisionali (Scarpino, Terzo Valico, Gronda), un po’ (soprattutto) per la drammatica vicenda dell’alluvione con la conseguente
inchiesta da parte della magistratura. Non ci fu
quindi l’opzione automatica per il secondo mandato (come era avvenuto in Regione per Claudio
Burlando), ma si andò, un po’ sgangheratamente
alle primarie. La Vincenzi decise di presentarsi
alla sfida, mentre emerse la candidatura alternativa di Marco Doria sostenuto dai partiti e gruppetti di ecologisti e partitini di sinistra radicale (oltre
che da nostalgici del vecchio Pci e da sparuti
drappelli di borghesia più o meno snob). All’interno della dirigenza del Pd erano in moti a pensare che i sostenitori di Marco Doria avrebbero
sottratto suffragi a Marta Vincenzi, favorendo la
vittoria di Roberta Pinotti ritenuta un sindaco più
affidabile per equilibrio, moderazione e capacità
10
di mediazione. Roberta Pinotti si era dimostrata, sia
in Provincia, sia in Comune, un assessore affidabile e capace perché univa la vitalità della gioventù e
l’entusiasmo femminile a una buona predisposizione alla prudenza e alla concretezza.
Il calcolo si dimostrò sbagliato come sovente avviene per le pensate troppo furbe. L’elettorato delle
primarie, un po’ confuso, si divise in tre e nessuno,
alla fin dei conti, conquistò la maggioranza. Doria
la spuntò e poi, come tutti sanno, ebbe la fortuna di
affrontare un centrodestra sgangherato diviso in tre
candidature e quasi desideroso di perdere.
Roberta Pinotti, arrivata terza,incassò la sconfitta
personale. Successivamente ha raccontato soprattutto a livello privato che la vicenda era stata per
lei bruciante. La sua carriera e la sua immagine ne
avevano risentito. Sembrava destinata a un declino.
Invece dimostrò che chi la riteneva saggia ed equicontinua a pag. 12
X
Negli anni Novanta
si dimostra assessore
affidabile e capace
sia in Provincia sia
in Comune
Roberta Pinotti è nata il 20 maggio 1961 a
Genova, è sposata e ha due figlie. Laureata in
lettere, insegnante negli istituti superiori, è
attualmente senatrice del gruppo del Partito
Democratico.
Ha iniziato il suo percorso politico dal basso,
negli anni Novanta, accumulando esperienze
sia all’interno del suo partito (Pci-Pds-Ds-Pd)
sia in campo amministrativo, fino ad arrivare
a ricoprire ruoli di particolare delicatezza e
responsabilità nel settore della Difesa, ritenuti
fino a quel momento monopolio maschile.
Dopo l’esordio in politica avvenuto con l’elezione
a consigliere nella circoscrizione genovese di
Sampierdarena, ha conciliato l’attività nel partito
con quella di amministratrice.
Dal 1993 al 1997 ha ricoperto l’incarico di
assessore provinciale alla Scuola e alle Politiche
Giovanili e Sociali della Provincia di Genova
e dal 1997 al 1999 è stata assessore alle
Istituzioni scolastiche del Comune di Genova.
Nel frattempo ha continuato la sua militanza
nei Democratici di Sinistra, fino a diventare
segretaria provinciale a Genova, dal 1999 al 2001.
Sostenitrice fin dal suo nascere dell’avventura
politica dell’Ulivo, Roberta Pinotti entra in
Parlamento nel maggio 2001, eletta alla
Camera dei Deputati. Rieletta nelle liste
dell’Ulivo nell’aprile 2006, diviene Presidente
della Commissione Difesa della Camera dei
Deputati, prima donna italiana a ricoprire
questo ruolo. Nel Partito Democratico, è stata
prima responsabile nazionale per la sicurezza,
poi ministro ombra della Difesa e infine capo
del Dipartimento Difesa. Rieletta in Senato nel
2008, è stata eletta nel 2010 vicepresidente
della Commissione Difesa del Senato.
In tale ambito è stata promotrice di molteplici
atti parlamentari tra cui la riforma del codice
penale militare e la messa al bando delle
bombe a grappolo. Sempre in tale veste ha
presentato diversi disegni di legge tra i quali
una legge quadro sulle missioni internazionali
e una relativa ai benefici a favore del personale
militare esposto ad amianto.
Nell’ottobre 2008 è stata insignita della
Legione d’onore presso l’Ambasciata di Francia
in Italia, proprio per i meriti connessi con
l’esercizio delle sue funzioni.
Dal 3 maggio 2013 al 21 febbraio 2014 è stata
Sottosegretario di Stato alla Difesa.
Dal 22 febbraio 2014 ha assunto la carica
di Ministro della Difesa.
11
ritratto
L’esperienza ha reso
prudente Roberta
Pinotti ma è indubbio
che il suo peso politico
e la sua leadership
sono notevolmente
cresciuti
librata non sbagliava. Fece tesoro degli errori personali e dei suoi sostenitori e decise, serenamente, di
concentrarsi sulla vita parlamentare. Stava scoprendo nella Commissione Difesa, un mondo nuovo e
interessante e soprattutto in profondo cambiamento. Chiusa l’era storica della leva obbligatoria, il
mondo militare assumeva via via una dimensione,
se non addirittura un mutamento genetico, di dimensione epocale. Ecco una esercito di volontari
specialisti remunerati inviati in missioni, sia di fatto
di guerra sia di pace e di solidarietà internazionale,
assai delicate. Ecco il complesso rapporto d’un ruolo anche di prevenzione dell’ordine pubblico, ecco
l’attenzione alla evoluzione tecnologica (che vale
egualmente per esercito, marina e aviazione) che
dall’ambito militare ha una profonda interconnessione anche per gli aspetti civili. In qualche modo,
Roberta Pinotti si rese conto che doveva studiare,
approfondire, capire, entrare in una realtà moderna, nuova, in continuo cambiamento e in vorticosa
evoluzione. Questo impegno ebbe il merito di farle
dimenticare, anche per il respiro culturale che la
sua esperienza le rivelava arricchendola, la infelice
esperienza delle primarie del 2012.
Nello stesso tempo il Pd era scosso dall’escalation di
Matteo Renzi. Renzi e la Pinotti avevano in comune la medesima origine formativa nel movimento
scoutistico. Lui veniva dall’ambiente del movimento cattolico, figlio di padre democristiano. Lei aveva
aderito al partito direttamente, senza però rinnegare
la sua formazione cattolica. Ce n’era già abbastanza
per simpatizzare e per trovare argomenti di dialogo.
Il pragmatismo, la modernità e lo spirito combattivo di Renzi attrassero la parlamentare ligure. E poi
Renzi, a livello nazionale, aveva vissuto una esperienza parallela. Aveva perduto le primarie contro
Pier Luigi Bersani, pur con un risultato onorevole.
Ma aveva incassato, non aveva piagnucolato e s’era
rimesso al lavoro senza impennate di rancore. Tanto
è vero che nel volgere di breve tempo, l’ex sindaco
di Firenze aveva invece fatto “filotto” conquistando
la segretaria nazionale del partito e poi la presidenza
del consiglio. Nel Governo di Renzi, Roberta Pinotti ha ottenuto il ministero della Difesa dopo aver
presieduto la commissione parlamentare e dopo
12
Il ministro della difesa
Roberta Pinotti con
il Presidente della
Repubblica Italiana
Sergio Mattarella e in
alcune uscite ufficiali.
La signora ministro della
difesa è apprezzata in
molti ambienti anche
non necessariamente
simpatizzanti per la sinistra
essersi fatta stimare e apprezzare dai vertici militari.
Nel corso dell’ultimo anno il peso politico nazionale e ligure di Roberta Pinotti è cresciuto. Considerato che l’altro ministro ligure, Andrea Orlando,
titolare della Giustizia, è vicino alla minoranza del
partito, la senatrice del ponente genovese è di fatto la leader dei renziani in Liguria. In questa chiave, correttamente, ha sostenuto la poco fortunata
campagna elettorale di Raffaella Paita alle elezioni regionali. Ora il Pd in Liguria, ma a Genova in
particolare, si lecca le ferite ma non sembra ancora
pronto alla ripresa e alla rivincita. Roberta Pinotti
è presente in Liguria, ma resta ferma sul suo ruolo e sul suo compito nazionale e istituzionale. Se la
sentirà, nei prossimi mesi (in primavera si elegge il
sindaco di Savona e nel 2017 si voterà per il comune di Genova) di assumere un ruolo più legato alla
sua regione non tanto come candidata ma piuttosto
come regista, suggeritrice e ispiratrice di un profondo cambiamento di mentalità in un partito ancora
travagliato non solo da visioni politiche contrastanti, ma anche da vecchi rancori e contrasti personali?
L’esperienza ha reso prudente Roberto Pinotti, ma è
indubbio che il suo peso politico, la sua leadership,
per dirla in senso anglosassone, sono notevolmente
cresciuti. La signora ministro della difesa è apprezzata in molti ambienti anche non necessariamente
simpatizzanti per la sinistra. Il suo comportamento
e i suoi interventi trovano sempre maggiori consensi. Ma la sfida da Ventimiglia a Lerici è una vera e
propria corsa a ostacoli. Ma Roberta Pinotti è, con
la sua lunga falcata, una maratoneta. Forse tornerà
a correre, come già in passato, a New York. Ecco le
premesse per una sfida affascinante.
13
politica
economia
Giovanni Toti è presidente della
regione Liguria: la riforma
portuale è uno dei temi di cui si
sta occupando in prima persona.
Toti “dream”:
norme nuove
per decidere
CAFFARO DI RUSTICO
“L
a definitiva riforma della organizzazione portuale non arriva ancora,
dopo tanti annunci, ma, per essere
franco, l’accorpamento di Genova e di Savona in
un’unica Autorità Portuale non mi convince. Savona è stato sempre uno scalo ben governato, ordinato e che ha molti progetti in via di decollo. In Italia,
soprattutto nel Sud, ci sono molti porti che hanno
caratteristiche decisamente inferiori e rimangono
autonomi. Non chiedetemi il perché”. Il presidente
della Regione Liguria, Giovanni Toti, nelle scorse
settimane, ha compiuto non pochi andirivieni tra
Roma e Genova per incontrare membri del Governo e in particolare il ministro Graziano Del Rio
nelle cui mani sta anche – problema delicatissimo
– la sorte del prossimo presidente dell’Autorità
Portuale di Genova, dal momento che Luigi Merlo, come più volte annunciato, sta per lasciare con
qualche mese di anticipo il suo mandato.
14
Toti insiste
sulla
possibilità
di prendere
in tempo
utile
decisioni
strategiche
per lo
sviluppo
regionale
Toti insiste da tempo per una decisione rapida.
Ha pubblicamente indicato come possibile nuovo
presidente l’onorevole Sandro Biasotti, esponente di primo piano di Forza Italia, ex imprenditore
nel settore dei trasporti portuali. Ma, al di là delle
tattiche politiche, il presidente della Regione insiste sulla possibilità di prendere in tempo utile
decisioni strategiche importanti per l’avvenire
dello scalo. Occorre infatti stringere i tempi per
l’operazione di messa a punto della Diga Foranea
con l’allargamento a mare e il dragaggio dei fondali per consentire l’approdo delle navi portacontainer di ultima generazione. C’è poi il complesso
rapporto di interconnessione tra il porto il Porto
Antico e l’area fieristica per la realizzazione del
“blue print” di Renzo Piano. C’è – e sarebbe un
problema delicatissimo da risolvere subito – l’esigenza di mettere a punto, come del resto hanno
fatto molti porti (come Livorno, La Spezia e Savona), il rinnovo delle concessioni a terminalisti e
operatori. Ci sono imprenditori del settore portuale, logistico o trasportistico alla vigilia di compiere importanti investimenti (il caso della società di
Aldo Spinelli è evidente, dopo l’ingresso di soci
internazionali e i dichiarati progetti di espansione
e potenziamento). Ma Genova, per mille complessi motivi, latita e rinvia.
Giovanni Toti incalza su tutti i fronti. Si rende
conto che il rilancio della Liguria passa attraverso,
sulla base d’un “cronoprogramma” che si è pubblicamente dato per i prossimi sei mesi, soprattutto
attraverso la riforma dei sistema dei trasporti pubblici, della crescita in escalation della raccolta differenziata dei rifiuti, della riforma dei piani urbanistici “della casa” e sopra ogni cosa, su quella che
lui definisce “una riforma della burocrazia e dei
processi di decisione della pubblica amministrazione”. Senza idee chiare e schemi rapidi di approvazione industria, turismo, servizi di linea resteranno
fermi al palo come nello scorso ventennio.
In questa chiave vanno visto gli accordi a due (con
la Lombardia) o a tre (anche con il Piemonte) in
alcuni settori-chiave. “Non mi stancherò di dire –
precisa il presidente – che non possiamo perdere un
attimo per la realizzazione del Terzo Valico ferroviario, del raddoppio della Genova-Ventimiglia e
del decollo della ‘Gronda’ autostradale”. Per quel
che riguarda invece la sanità l’asse con la Lombardia “non sarà uno spot propagandistico”. Le due
regioni hanno eccellenze che possono integrarsi. I
fatti, conclude il presidente, nel giro di pochi mesi
lo dimostreranno. La sfida è aperta.
Come far crescere il proprio
business grazie al digitale: lezioni
e consulenze gratuite alle imprese
di Genova, La Spezia e Savona con
i giovani digitalizzatori di Google e
Unioncamere.
I
l progetto Made in Italy – Eccelenze digitali è partito a Genova l’anno scorso, e ne hanno beneficiato
56 imprese della “old economy”: artigiani, botteghe storiche, ristoratori. Dopo 6
mesi di affiancamento questi imprenditori hanno aperto 32 profili Facebook, 54
Google Plus, 15 Instagram. Ma, quel che
conta di più, tutte le loro imprese sono
digitalizzate e 31 di queste sono state catalogate come “attive sulla rete”.
Le Camere di commercio che aderiscono quest’anno sono ancora quella di
Genova (che ha scelto di digitalizzare le
imprese dei settori turismo e commercio
estero), La Spezia e Savona. La Spezia
ha aderito al progetto perché offre un
servizio concreto e utile alle imprese e i
settori su cui la Camera ha puntato sono
nautica/cantieristica e agroalimentare,
entrambi strategici per l’economia del
territorio. Per la Camera di Commercio
di Savona si tratta della seconda annualità: quest’anno i settori prescelti sono
alimentare, turismo e cultura.
Nel mondo, d’altronde, l’interesse per
il Made in Italy continua a crescere:
un’analisi delle ricerche effettuate dagli utenti, condotta con Google Trends,
ha mostrato che i settori dell’economia
tradizionale sono in crescita costante:
+22% nell’ultimo anno su smartphone
e tablet. Tra il 2011 e il 2014, sia da
computer che da mobile, l’incremento è stato del 20%. In più, il maggiore interesse viene dall’Est e dai paesi
tradizionalmente interessati al Made In
Italy (Gran Bretagna, Germania e Usa).
Se questi consumatori non troveranno
ciò che vogliono, si affideranno al corrispettivo straniero o a un’imitazione.
Ricordiamoci che, se in Italia compriamo ancora poco online, in Germania lo
fanno l’80% dei consumatori, in Francia il 75% e negli Usa siamo a pochi
passi dal 100%.
In tutta Italia sono 64 le Camere di Commercio che hanno aderito all’iniziativa,
per un totale di 128 consulenti. Concretamente, i ragazzi potranno supportare le
aziende singolarmente ascoltando le proprie esigenze, organizzare workshop di
Made in Italy:
eccellenze
in digitale
di Liguria
gruppo sui temi maggiormente richiesti
(e-commerce, Social Network, branding
identity...) e soprattutto far conoscere in
ogni modo le potenzialità della Rete per
incrementare il proprio business.
A Genova i nuovi borsisti sono Serena Pagliosa e Matteo Sivori: la prima,
27enne, più legata al mondo dell’informatica con conoscenze tecniche ed
esperienza nella creazione di siti; l’altro,
28 anni, traslato dal mondo del giornalismo, è focalizzato sulla comunicazione e
il marketing Web.
A Savona Noemi Reina, 27 anni laureata
in Scienze delle Comunicazione specializzata in food marketing e promozione
del territorio; e Federica Traversa, 29
anni, ha esperienze nel settore del giornalismo e degli uffici stampa.
Sono invece Tiziano Pucci, 23 anni
laureando in Informatica Umanistica
e con esperienza di promozione territoriale, e Leandro Sanfilippo, 28 anni
già laureato in Informatica Applicata
ed esperto di sicurezza informatica, i
borsisti di La Spezia.
Ma non ci sono soltanto i consulenti;
attraverso una piattaforma digitale,
www.eccellenzeindigitale.it, le imprese possono seguire percorsi formativi
per acquisire competenze per il web e
iniziare a esplorare le potenzialità dei
mercati stranieri attraverso semplici
strumenti online.
15
salone nautico
Il Salone di Genova resta
un evento faro e di fama
internazionale con
i suoi cinquantacinque
anni di storia
Dopo la crisi
aspettiamo
la primavera
del Nautico
MICHELA SERRA
S
e il Salone Nautico internazionale
di Genova 2015 è stato quello del
rilancio, quello del 2016 potrebbe essere la rassegna del cambiamento:
è questa la prima grande novità annunciata da Ucina, la Confindustria nautica
e da Saloni Nautici. Complice il sole tornato a baciare il quinto giorno di nautico,
complice un mercato che ha una voglia
matta di ripartire, Carla Demaria e Anton
Francesco Albertoni puntano sul colpo a
effetto e calano il tris di assi: anticipo
del Salone Nautico di Genova (sempre
sei giorni, dal 20 al 25 settembre), nuovo evento dedicato al settore a Venezia
(dal 21 al 25 aprile), Salone dell’usato
nella darsena della Fiera (dall’1 al 10
aprile). Scelte dettate da un mercato in
ripresa: fino a un anno fa sarebbe stato
impossibile per gli associati partecipare
a un altro boat show, ma sono stati proprio loro a chiederlo nel momento in
cui il comparto ha finalmente iniziato a
risalire la china. Intanto, senza usare la
16
macchina del tempo, il 2015 è stato archiviato con soddisfazione e una ventata
di positività rispetto al ben più plumbeo
clima dell’anno scorso. A parlare sono i
numeri: la manifestazione ha accolto nel
capoluogo ligure 760 espositori (65%
Italia, 35% estero) e 115.180 visitatori
(+ 5,4% rispetto ai visitatori dello scorso
anno) provenienti da tutto il mondo che
hanno potuto ammirare, attraversando i
200 mila metri quadrati a disposizione,
le oltre 1000 imbarcazioni, numero che,
rispetto allo scorso anno, segna la crescita del 20% delle barche esposte in acqua.
Il Salone Nautico di Genova ha consolidato ulteriormente il suo ruolo strategico
per la promozione del Made in Italy e si
conferma punto di riferimento della nautica a livello mondiale: non è un caso,
infatti, che l’interesse dei media e degli
operatori verso la manifestazione si sia
rivelato così alto: oltre 1300 giornalisti e
collaboratori italiani ed esteri accreditati,
migliaia di operatori esteri tra cui 140 tra
i più importanti influencer da 36 paesi
(+27% rispetto al 2014) selezionati con
ITA agenzia ICE. “Già da marzo si era
rafforzato in noi e negli operatori l’ottimismo su questa edizione – ha commentato Carla Demaria, presidente di Ucina
– In una situazione di recupero del mercato la nostra ambizione è di aggiungere
iniziative che possano portare maggiore
business ai nostri soci. Per questo abbiamo accolto la proposta di Venezia di
cooperare alla realizzazione di un grande
evento nautico. Il Salone di Genova resta
per noi l’evento faro: con i suoi 55 anni
di storia, il suo avviamento e la passione
che il pubblico dimostra nei suoi confronti conserva una forza straordinaria.
L’iniziativa che abbiamo pensato per
Venezia, porta d’Oriente, è destinato a
diventarne il naturale complemento”. Ce
n’è abbastanza per sconvolgere gli assetti della nautica: il primo segnale di ripresa è arrivato nei 2014, timido ma presente. Nel 2015 questo segnale si è fatto
via via più forte e consolidato. E allora
è arrivato il momento di lanciarsi verso
oriente, devono aver pensato gli operatori, cavalcare l’onda del successo per
arrivare dritti in Laguna. “A nome della
città confermo il pieno supporto alla realizzazione di questo nuovo progetto mettendo a disposizione le sue migliori risorse. Sono certo che le competenze e il
know how de ‘I Saloni Nautici’ sapranno
valorizzarle efficacemente dando vita a
un evento di prestigio internazionale per
il quale Venezia rappresenterà una cornice unica. Arrivederci a Venezia”. Parola
del primo cittadino Luigi Brugnaro, che
dalla Laguna invia una lettera di sostegno. Ora non resta che archiviare i dissapori tra gli enti: diventa fondamentale
che Fiera di Genova e Ucina ritrovino
l’armonia di un tempo, anche perché
in ballo ci sono le concessioni e la fiera
dell’usato: “L’appuntamento sarà dal 10
al 15 aprile nella nuova darsena” spiega
Albertoni. Fondamentale, però, sarà un
passaggio propedeutico con la Fiera di
Genova, che proprio in quei giorni ha
in programma la Fiera Primavera e che
ha già manifestato la sua intenzione di
chiedere la concessione della darsena,
in scadenza ai Saloni Nautici alla fine
dell’anno. In questo clima più primaverile che autunnale, arriva un ultimo dato:
gli italiani sono tornati ad acquistare barche di tutte le dimensioni. E è questa la
vera sorpresa dell’edizione numero cinquantacinque.
17
transport
RIFORMA DEI PORTI
La riforma
dei porti e le
concessioni
“congelate”
MATTEO CANTILE
Il porto di
Genova è alle
prese con un
complicato
passaggio
di consegne
tra l’attuale
presidente
Merlo e il
suo successore
18
In alto Lorenzo Forcieri
presidente dell’authority
spezzina e sotto Luigi
Merlo, autorità portuale
di Genova.
I
terminalisti dei porti italiani non sono legalmente proprietari delle aree sulle quali sorgono i loro insediamenti produttivi: moli e
banchine sono di proprietà del demanio, cioè di
tutti noi, e vengono assegnati alle imprese portuali
attraverso una concessione.
Si tratta, dunque, di un affitto a tempo che le autorità portuali, insieme al Ministero dei Trasporti,
concedono alle aziende che ne fanno richiesta. La
legge che regola questo meccanismo è la numero
84 del 28 gennaio 1994, successivamente integrata: di questo dispositivo è l’articolo 18, in particolare, quello che norma le concessioni.
Le concessioni sono affidate, previa determinazione
dei relativi canoni, anche commisurate all’entità dei
relativi traffici portuali, sulla base di idonee forme di
pubblicità stabilite dal Ministero dei Trasporti e della
Navigazione, di concerto con il Ministero delle Finanze, con un proprio decreto. In questo documento
sono indicati la durata della concessione, i poteri di
vigilanza e controllo delle autorità concedenti, le
modalità di rinnovo della concessione o la cessione
degli impianti a un nuovo concessionario e i limiti
minimi dei canoni che i concessionari sono tenuti a
versare. Le concessioni sono dunque diverse, in tutti
i loro dettagli, da caso a caso: il tema è inevitabilmente spinoso poiché ad esso è collegata la stabilità
dei terminalisti e dei loro dipendenti ma anche lo
sviluppo industriale e tecnologico degli stessi porti,
con quello che ne consegue sulla loro produttività e
competitività nazionale e internazionale.
È quindi naturale che con l’approssimarsi della
scadenza delle concessioni diventi impossibile (o
quanto meno sconsigliabile) investire e programmare: nella riforma della portualità e della logisti-
ca, attualmente allo studio del ministro Graziano
Delrio, dovrebbe essere inserito uno speciale regolamento da affiancare alla legge 84/94, così da
limitare casi singoli e interpretazioni.
Lo ha affermato lo stesso ministro che, a più riprese,
l’ultima in occasione della visita al Salone Nautico,
ha annunciato il testo definitivo in tempi brevi.
La polemica, in particolare, ha investito proprio
il porto di Genova, alle prese con un complicato passaggio di consegne tra l’attuale presidente
dell’Autorità Portuale, Luigi Merlo, e il suo successore: Merlo si era impegnato a restare al timone di Palazzo San Giorgio fino alla definitiva
approvazione della riforma Delrio ma contrasti
insanabili con la nuova giunta Toti hanno spinto
il presidente a presentare le proprie irrevocabili
dimissioni. A questo punto non è ancora chiaro se
alla guida dell’Autorità genovese sarà nominato
un commissario fino alla messa in opera della nuo-
va legge o se, invece, sarà scelto un vero e proprio
presidente ad interim.
Nel mentre i terminalisti genovesi sono preoccupati che la partita delle concessioni possa ulteriormente slittare e pressano affinché il tutto venga
deciso dai vertici attuali.
“Noi siamo stati chiari e trasparenti – sostiene dal
suo punto di vista Merlo – abbiamo avviato le pubblicazioni e ora vedremo se il Ministero procederà
con un regolamento, che aspettiamo da vent’anni,
oppure darà delle indicazioni per fornire risposte
adeguate alle legittime domande dei terminalisti.
In assenza di un regolamento – continua il presidente – valgono i precedenti ma a questo proposito
andranno correttamente comparati, per confrontare
le singole realtà, gli investimenti proposti, i valori
assoluti, i progetti industriali. È comunque ovvio
che i porti che hanno già esteso le loro concessioni
stanno facendo scuola”.
Merlo, insomma, non nega di osservare con attenzione il lavoro di quelle autorità, come Trieste o La
Spezia, che hanno scelto di decidere.
E Lorenzo Forcieri, presidente dell’Autority spezzina, si mostra sereno: “Non vedo alcun problema,
la legge è chiarissima e le Autorità hanno tutti gli
strumenti per procedere. Una volta garantita la
trasparenza e la correttezza delle procedure i porti garantiscono le concessioni sulla base del programma di investimenti e del piano di impresa”.
Del resto è proprio La Spezia che guida la squadra
dei porti che non hanno perso tempo.
Anche i lavoratori portuali spingono per un’accelerazione delle concessioni: “È naturale che i
terminalisti che hanno investito denaro, garantito
occupazione e portato ricchezza, debbano vedersi
riconosciuto questo impegno con una concessione
della giusta durata”, sostiene il Vice Console della
Compagnia Unica di Genova.
19
expo
L’
hanno definita “cabina di regia”: un accostamento lessicale azzeccato per indicare l’accordo tra le tre regioni del Nord Ovest
(Liguria, Piemonte, Lombardia) che è
sfociato in un protocollo d’intesa, dopo
un dibattito all’Expo di Milano tra i tre
presidenti, Giovanni Toti, Sergio Chiamparino e Roberto Maroni.
La “cabina di regia” è una metaforica
pilotina che deve idealmente collegare il
sistema portuale ligure che ha come assi
portanti gli scali di Genova, Savona e La
Spezia (con un piccolo ma non trascurabile complemento del porto di Oneglia)
con le aree “ricche” del Piemonte e della
Lombardia, aree destinatarie del traffico
merceologico. Il sistema portuale ligure
ha non solo la massima rilevanza nazionale ma è un sistema strategico – tutti gli
interventi al dibattito lo hanno sottolineato – europeo e mondiale. È l’approdo
naturale per il nuovo flusso di traffici
che vengono attraverso il raddoppiato Canale di Suez dai terminal del Far
East. Pure è emerso dalla discussione
che l’area piemontese e lombarda è raggiunta in termine di quantità e di velocità
commerciale assai più frequentemente
dai trasporti che provengono dagli attrezzatissimi porti del Nord Europa. La
Svizzera ha già predisposto tunnel alpini
e raccordi che certamente un domani potranno avvantaggiare questo flusso, ma
che se il sistema dovesse essere “capovolto” da nuove strategie sarebbero le
merci provenienti dal Mediterraneo a
raggiungere il Centro Europa prima e a
prezzi più vantaggiosi rispetto a quelle
provenienti dall’Olanda, dal Belgio e
dalla Germania.
I tre presidenti regionali, sul piano pratico e operativo, hanno convenuto di
stabilire incontri operativi per chiarire i
reciproci rapporti e anche i collegamenti con il Governo in materia portuale in
modo da rendere il sistema più produttivo ed efficiente. Alla fine di ottobre la
prima riunione organizzativa si svolgerà
a Genova.
Turismo
“Turismo sull’acqua” è l’accordo suggestivo che ha portato a una operatività
20
Liguria, Piemonte e Lombardia hanno
siglato un protocollo d’intesa per
migliorare l’efficienza del sistema
portuale ligure al fine di ottimizzare
il traffico merceologico tra questi
strategici territori del Nord
Expo:
tutta la Liguria
“bella” in
una settimana
REDAZIONE IL POTERE
I tre presidenti
regionali hanno
in programma
incontri operativi
per chiarire i
reciproci rapporti,
il primo sarà a
Genova verso la
fine di ottobre
complementare, con la relativa firma
d’un protocollo d’intesa, tra la Regione Lombardia e la Regione Liguria. Il
documento è stato firmato nella sede
della Regione Lombardia dai presidenti
Giovanni Toti e Roberto Maroni. Sarà
una interessante operazione di ricerca di
mercato e di applicazione di proposte di
promozione e di servizio, giocando sulle
“diversità” per certi aspetti complementari tra i due territori. La Liguria, come
è noto, ha quasi trecento chilometri di
costa ed è uno dei punti di riferimenti
nazionale e internazionale del turismo
balneare. La Lombardia, fatte le debite
proporzioni con gli USA e con il Canada, può essere definita in Italia “la
regione dei grandi laghi”, una realtà geografica che ha un fascino del tutto parti-
L’albero della vita è il simbolo
del Padiglione Italia, richiamo
per migliaia di visitatori
che stanno affollando
l’esposizione universale
di Milano.
colare. L’assessore regionale al turismo,
Giovanni Berrino si è detto “orgoglioso
e soddisfatto” al momento della sigla
dell’accordo. Secondo Berrino “è importante mettere a fuoco nuove strategie
e nuove proposte” al fine di far crescere e
di migliorare la qualità “di una realtà che
può solo offrirsi in maniera più moderna
e più articolata come l’offerta turistica”.
La promozione di due “prodotti” diversi, ma legati dal fascino dell’acqua, può
quindi trovare stimoli e nuove idee per
un pubblico tradizionale da non perdere
e di un pubblico “nuovo” da acquisire.
Infrastrutture
Nella palazzina accogliente di Pianeta
Lombardia, nei giorni intensi nei quali
la Liguria è stata protagonista all’Expo,
si è firmato un protocollo d’intesa operativa, come in altri casi, tra Liguria,
Lombardia e Piemonte sul tema delle
infrastrutture. L’accordo è collegato, o
meglio interconnesso, alla “cabina di
regia” per la politica portuale. Le infrastrutture – viarie e ferroviarie – sono
l’asse portante del funzionamento del
sistema portuale e, anche, del collegamento dei passeggeri, sia per quelli che
si spostano per lavoro, sia per quel che
concerne il turismo (da week end o di
tempi più estesi). Giovanni Toti, Sergio
Chiamparino ed Roberto Maroni hanno
osservato che una strada o una ferrovia
non può “interrompersi” sul filo del confine tra due regioni e comunque non può
passare schematicamente da una gestione amministrativa all’altra. Occorre un
ragionamento coordinato, che non esula
dalle strategie nazionali e internazionali,
ma proprio in questa logica deve tenere
conto del gioco economico e di servizio
pubblico in cui operano tre regioni (quattro con la Valle d’Aosta, se si vuole) che
hanno oltre sedici milioni di abitanti e
svolgono un ruolo pesante nel contesto
della produzione di ricchezza nazionale.
Sono in corso imponenti opere pubbliche
seguite dalla stessa Unione Europea. Sul
piano ferroviario è in corso di completamento del raddoppio della linea GenovaVentimiglia; tra mille difficoltà procedono i lavori per la linea d’alta velocità in
Val di Susa che dovrebbe consentire il
collegamento tra Lione, Torino e quindi Milano. Sull’asse Genova-TortonaMilano si sta lavorando al cosiddetto
Terzo Valico di alta velocità (o alta capacità) funzionale per merci e passeggeri.
Il Terzo Valico raggiungerà la frontiera
svizzera al Traforo del Sempione e si intersecherà con la Lione-Torino-Milano,
destinata poi a dar vita a una linea di alta
velocità che dovrebbe raggiungere Venezia e forse Trieste. È in corso poi una
razionalizzazione e una messa a punto
del comparto autostradale. Nell’area
genovese, per uscire dalle strettoie del
traffico è importante realizzare la famosa “bretella”. Ha detto Chiamparino sul
filo dell’ironia che per completare tutte
questa grandi opere ci vorranno più di
continua a pag. 22
X
21
expo
vent’anni. Ma il senso dell’incontro di
Milano e le prospettive del protocollo
con fini operativi e di coordinamento va
al di là degli aspetti contingenti.
Il violino di Paganini
L’assessore alla cultura Ilaria Cavo ha
spezzato l’ultra decennale “isolamento” di un gioiello musicale che fa parte
della storia e del patrimonio culturale di
Genova, ovvero il violino appartenuto
a Nicolò Paganini, un singolare, raro e
prezioso (anche per la sua singolare fattura) Guarneri del Gesù realizzato verso
la metà del XVIII secolo. Il violino è
conservato con cura meticolosa in una
teca di cristallo a Palazzo Tursi, sede
del Comune di Genova. È stato suonato
nel tempo da grandi solisti. Ilaria Cavo
ha convinto i gelosi “conservatori” del
violino alla trasferta all’Expo. “Ho pensato – ha detto l’assessore – che il violino, al di là d’essere un tesoro genovese,
avesse in sé la caratteristica di unire due
regioni, perché la grande scuola di liutai, che ancor oggi sussiste ed è nota in
tutto il mondo, ha sede a Cremona, dove
appunto gli Stradivari e i Guarneri del
Gesù sono stati realizzati nei secoli. Così
mi è sembrato di compiere un omaggio
alle due regioni, realizzando un concerto
classico nella sua concezione e moderno
nella sua realizzazione”. Così in una sera
magica di settembre una giovane donna,
Laura Marzadori, 26 anni, primo violino dell’orchestra della Scala ha suonato
Bach e Paganini in un clima di emozione
nel piccolo Auditorium della palazzina
del Pianeta Lombardia. Ilaria Cavo ha
avuto ragione perché è stata alta la ricaduta mediatica nei giorni seguenti.
Gaber Faber
Sempre alla fantasia di Ilaria Cavo si
deve un secondo “derby” culturale tra
Lombardia e Liguria e ancora tra le
mura amiche di Pianeta Lombardia. È
stato infatti organizzato un “incontroconfronto” tra due grandi cantautori
degli anni Sessanta-Ottanta che hanno
mescolato ironia, sentimenti, pessimismo, impegno politico e sociale e che
sono stati interpreti del costume e del
cambiamento del nostro Paese. Ovvero Giorgio Gaber, di origini istriane ma
milanese di vita vissuta e Fabrizio De
Andrè, genovese. Il titolo dell’incontro
dibattito è stato, giocando sull’assonanza dei nomi “Gaber-Faber”. Tra l’altro
pochi sanno che Faber è un soprannome
22
Ilaria Cavo, assessore
alla cultura con Francesco
Berti Riboli, amministratore
delegato di Villa Montallegro.
Giovanni Toti e Roberto
Maroni insieme per siglare
un patto in materia di sanità.
dato all’amico da Paolo Villaggio per la
sua passione di disegnare con le matite
“Faber” e ovviamente alludendo a un diminutivo di Fabrizio. Il dibattito ha visto
la vivace presenza, accanto a giornalisti
specializzati nel settore musicale, anche
artisti come Neri Marcorè e Gioele Dix
che si sono anche esibiti nel repertorio
dei due artisti.
Gastronomia
Non sono mancate, con l’intervento delle Camere di Commercio e dei produttori liguri, le performance gastronomiche
in cui sono stati presentati e illustrati i
punti di eccellenza della fantasia ligure
in cucina. C’è stata una giornata dedicata
al “pesto al mortaio”, una salsa che ormai ha raggiunto una dimensione internazionale e per la quale è stata avanzata
la proposta per ottenere dall’Unesco la
Le performance
gastronomiche
non sono mancate
come la giornata
dedicata al “pesto
al mortaio” e
alla focaccia al
formaggio di Recco
definizione di patrimonio immateriale
dell’umanità. Poi è stata la volta della
focaccia al formaggio del consorzio di
Recco di cui sono state distribuite oltre
1500 porzioni. Accanto alla gastronomia di altre parti della Liguria (acciughe
salate, molluschi ecc.) sono stati anche
evidenziati tutti i prodotti eccellenti della
gamma artigianale storica ligure: damaschi di Lorsica, velluti di Zoagli, filigrana di Campoligure e così via.
Parchi liguri
L’assessore Giacomo Giampedrone ha
coordinato, tra le tante iniziative della
Regione Liguria nella settimana a lei dedicata all’Expo di Milano, un convegno
sui parchi del territorio ligure. I parchi
sono un elemento importante per il richiamo turistico, ma hanno anche una
importante funzione per la difesa del
territorio con l’obiettivo di mantenere
la presenza dell’uomo, determinante in
zone geologicamente fragili come l’entroterra e la montagna della Liguria.
Giampedrone ha sottolineato, seguendo anche gli interventi di presidenti e
di direttori che esponevano le loro problematiche, come occorre una politica
non “statica” ma piuttosto “dinamica”
di questa zone che sono ricche di fauna
e flora rare. “dobbiamo superare – ha
spiegato però Giampedrone – una visione troppo rigida e stretta della gestione
dei parchi, soprattutto se vogliamo farne
e una realtà viva e operativa, capace di
operare scambio turistico ma anche vita
reale e produttiva. Non è possibile che il
tirare su un muretto a secco o restaurare
una stalla o anche un muro pericolante
di una abitazione siano equiparati a operazioni sospette di speculazioni immobiliari, così come dobbiamo tenere in
ordine ma operativi, se così si può dire,
non solo le strade asfaltate, ma anche gli
sterrati e i sentieri e intervenire per evitare frane e smottamenti. In parole povere,
un parco non è una realtà immobile e cristallizzata che piuttosto che poterla migliorare qualcuno pensa di fossilizzarla.
Dobbiamo superare un settarismo ideologico che blocca in maniera ottusa tutte
le possibilità di migliorare un territorio
ma anche di produrre lavoro e ricchezza.
L’abbandono dei territori lo paghiamo
caro, quando la meteorologia è nemica e
provoca danni irreparabili”
23
expo
Il presidente Toti
fa un bilancio positivo
dell’impatto ligure
a Expo 2015
I
l presidente della Regione Liguria Giovanni
Toti è soddisfatto di aver “riacciuffato” (tanto
per usare giornalisticamente un verbo sul filo
dell’ironia) un ruolo importante, anche mediaticamente e non solo per i contenuti “spessi”, all’Expo
di Milano, considerato che al momento del decollo
della manifestazione mondiale si era in piena campagna elettorale ed il clima politico (e amministrativo) era teso. Toti evita le polemiche rivolte al passato, ma quando s’è accorto che il peso della Liguria
sotto l’Albero della Vita era esiguo, ha giocato di
sponda. Ha rastrellato i pochi fondi rimasti e ha fatto un accordo con la regione “cugina” e padrona di
casa, la Lombardia. Ne è venuta fuori con poca spesa e massimo rendimento una settimana “piena”.
Spiega Giovanni Toti: “Abbiamo firmato tre protocolli di intesa della massima importanza. Abbiamo
accreditato e movimentato oltre 1500 tra imprenditori, professionisti, associazioni di categoria, studenti, addetti ai lavori e giornalisti. Abbiamo varato 23 eventi culturali, 9 tavole rotonde, 7 incontri
istituzionali, mille degustazioni gratuite al giorno
offerte dalle nostra Camere di Commercio per valorizzare i prodotti liguri, oltre trenta partecipanti alla
cosiddetta “scuola del pesto” e due cene di gala”:
Poi, da giornalista, sorridendo, ci tiene a sottolineare l’aspetto professionale che lo coinvolge di più:
“Nella nostra rassegna stampa abbiamo oltre cento
articoli sui media nazionali e locali, per non parlare
delle notizie sui siti e sui blog e sui servizi televisivi
nazionali e locali”.
La Liguria ha “occupato pacificamente” per otto
giorni spazi strategici a Palazzo Italia e presso l’edificio di Pianeta Lombardia, oltre che, occasionalmente, il Padiglione Italia. All’aperto, con grande
curiosità dei visitatori occasionali, ci sono state performance gastronomiche assai simpatiche, nonché
una allegra marcia degli sbandieratori di Ventimiglia, sotto l’occhio vigile della vicepresidente della
Regione Sonia Viale che è nata e vive nell’estremo
ponente ligure. Sonia Viale, nei giorni dell’Expo dedicati alla Liguria, ha siglato una convenzione, nel
campo della sanità e dell’assistenza, competenza
specifica del suo assessorato, con la Lombardia che
ha fama di eccellenza nel settore. La Lombardia, nel
corso degli anni, ha fatto una intelligente sintesi e
integrazione nell’interesse dei cittadini del sistema
assistenziale medico ed ospedaliero. La Liguria ha
avuto maggiori difficoltà soprattutto a districarsi negli interessi localistici, ha perduto alcune battaglie
24
Alleanze
“incrociate”
per rilanciare
il Nord Ovest
in difesa delle eccellenze, anche da, da parte sua,
soprattutto per gli sforzi della sua direzione, ha salvato il ruolo di leadership dell’ospedale pediatrico
“Gaslini”.
Il presidente Giovanni Toti, tirando le fila dell’esperienza milanese, ha spiegato che la Liguria non
sarà mai succube, al di là delle dimensioni delle
due regioni, della Lombardia: “Sarà un rapporto di
partnership perché anche noi abbiamo importanti
risorse da mettere in campo, in molti settori a cominciare, ovviamente, dal sistema portuale. Ma è
una diversa filosofia amministrativa quella che noi
vogliamo perseguire con il rapporto costruttivo con
la Lombardia. Forse è un modo pragmatico, al di là
delle riforme che poi toccherà ai governi realizzare
sul piano legislativo, per dar vita, negli obiettivi e
negli interessi di cittadini a una serie di interventi di
interesse generale”. p.l.
25
sanità
Costantino Troise
è segretario del più
importante sindacato
di categoria dei dirigenti
medici, l’Anaao –
Assomed.
I
medici italiani dipendenti del
servizio sanitario nazionale sono
preoccupati dalle continue politiche di tagli alla sanità che sembrano
essere rappresentate anche in questo governo. Costantino Troise, segretario del
più importante sindacato di categoria,
l’Anaao – Assomed, è stato ospite della
redazione de “Il Potere” per fare il punto
sulle istanze dei medici che si intrecciano con quelle dei pazienti.
Le preoccupazioni sono notevoli e serie:
“Tra il 2010 e il 2014 – spiega Troise
– sono stati tagliati circa 30 miliardi
dal fondo della sanità italiana e altri 4,7
miliardi sono stati tagliati per il periodo
2015-2016. La politica è quella dei tagli
Medicina
italiana,
la mannaia
sulle diagnosi
MATTEO CANTILE
I tagli alla sanità
colpiscono la
quantità e la
qualità delle
prestazioni e il
numero dei posti
letto ospedalieri
26
lineari, un vero e proprio definanziamento che mette a rischio sia il legittimo
diritto alla salute dei cittadini italiani,
sia la professionalità dei medici che lavorano nel sistema sanitario nazionale.
Questi spaventosi tagli colpiscono la
quantità e la qualità delle prestazioni, il
numero dei posti letto ospedalieri (sostituiti da moderni ‘posti barella’ che
arredano i nostri Pronto Soccorso) e la
qualità delle prestazioni ambulatoriali,
sulle quali il Ministro Beatrice Lorenzin
sta per calare una mannaia che espellerà
oltre 20 milioni di prestazioni pubbliche
dalla tutela del servizio sanitario nazionale, per un totale di 208 prestazioni”.
Numeri pesanti che preoccupano i medici anche sul piano professionale: “I no-
stri giovani medici sono sempre sospesi
tra un continuo precariato e un vero e
proprio sfruttamento, specialmente in
alcune aree del paese. Dobbiamo, in
sostanza, difendere un patrimonio civile
e sociale dell’Italia che queste politiche
governative rischiano di disperdere”.
Il quadro tracciato da Troise contiene
anche dettagli non scontati: “Si parla
sempre di sprechi e tagli – continua il
segretario di Anaao – Assomed – ma
spesso ci si dimentica di ricordare che
l’Italia spende in sanità meno di quanto investa il resto dei paesi dell’Unione
Europea. Si pensi che rispetto alla Germania spendiamo 30 miliardi di euro in
meno, una somma colossale. Se poi ci
confrontiamo all’Olanda, attualmente
la patria del sistema pubblico di riferimento nel vecchio continente, scopriamo che per la tutela della salute di ogni
cittadino spendiamo la metà”.
Troise, inoltre, analizza le differenze,
ancora evidenti, tra le diverse aree del
Paese: “Al sud, per esempio, i cittadini
vengono abbandonati a una deriva in
cui l’esigibilità del diritto alla salute
diventa sostanzialmente impossibile.
Il diritto alla salute, l’unico sancito
dalla nostra Costituzione, è uno e indivisibile ma in Italia viene declinato in
modi diversi a seconda del luogo di residenza e del proprio reddito. È quindi
importante lavorare per standardizzare
su tutto il territorio nazionale il livello
dei costi dei servizi non assistenziali,
come le mense o le lavanderie, agire
su un sistema di consulenze spesso fasulle, lavorare sul settore degli acquisti
pubblici, così da garantire la massima
qualità al prezzo più basso”.
Ma, conclude Troise, ci sono mali tipicamente italiani che andrebbero affrontati prima di ogni altra considerazione:
“Quando si immaginano tagli a un sistema già debole – dice il segretario di
Anaao – Assomed – si deve tenere presente che solo la corruzione in ambito
sanitario produce costi stimati ad almeno 800 milioni di euro”.
Per dire, prima di negare una prestazione ambulatoriale a un malato si agisca
sul mondo dei furbetti che danneggiano
il nostro Paese.
Il diritto alla
salute è sancito
dalla Costituzione
italiana e va
standardizzato su
tutto il territorio
nazionale
27
sport
L'obiettivo è rendere
lo stadio accogliente,
per giocatori, tifosi
e per la città
“Ferraris”
restyling
e altro...
MAURIZIO MICHIELI
D
all’inizio della nuova stagione calcistica
lo stadio “Luigi Ferraris” di Genova può
contare su un nuovo e avveniristico manto
erboso, realizzato con una miscela di erba artificiale
creata con un mix di prodotti naturali ed erba naturale. Il campo, divenuto celebre per subire periodiche devastazioni dovute soprattutto alla pioggia, è
stato realizzato interamente da aziende italiane con
i più avanzati materiali esistenti per questo tipo di
superfici. Da tempo i tecnici del Comune di Genova
lottavano, oltre che con le avverse condizioni atmosferiche, contro l’assenza di luce che favorisse la
ricrescita. “È stato fatto un lavoro profondo e molto
difficile anche per la conformazione dello stadio ‒
ha spiegato l’agronomo della Lega Calcio, l’ingegner Giovanni Castelli ‒. Siamo partiti eliminando
il fondo che era inadeguato tanto da non drenare
più, rifacendo completamente anche la parte inferiore del terreno. Sono stati necessari 500 camion
per eliminare il materiale di scarto sino a creare un
manto erboso innovativo”.
Il nuovo terreno di gioco del Ferraris è costato circa
28
1 milione e 200 mila euro, interamente a carico di
Genoa e Sampdoria, che hanno assunto la gestione
dell’impianto subentrando a Consorzio Stadium.
Tursi resta proprietario dello storico stadio, ma senza doversi più fare carico dei costi per il suo mantenimento, a fronte di canoni non sempre pagati con
puntualità dai due club. Il debito pregresso, infatti,
ammonta a circa 400 mila euro e l’assessore allo
Sport Boero ha garantito che verranno riscossi.
Resta il fatto che ‒ assicurano gli esperti ‒ il nuovo manto potrà sopportare piogge molto intense
ed è progettato per essere in grado di drenare senza difficoltà sino a 36mila mm di pioggia all’ora.
“Abbiamo utilizzato la nuova tecnologia Mapesoil
‒ ha spiegato l’ingegnere Elisa Portigliatti ‒ - un
sistema drenante che se utilizzato durante il derby
del 2015, quando caddero 71 mm di pioggia in
pochissimo tempo, avrebbe comunque permesso
alle due squadre di giocare”. In effetti i primi riscontri sono stati positivi e, rispetto al passato, la
situazione è notevolmente migliorata. Il campo ha
retto, sia la pressione dei calciatori che, soprattutto,
Il nuovo terreno di gioco
del Ferraris è costato
circa 1 milione e 200
mila euro, interamente
a carico di Genoa e
Sampdoria, che hanno
assunto la gestione
dell’impianto
l’acqua caduta copiosa in occasione del rinvio di
Sampdoria-Bologna (per motivi di incolumità pubblica legata allo stato di allerta due).
Risolta finalmente l’annosa questione dell’erba,
adesso si tratta di trasformare il Ferraris da costo a
potenziale ricavo. L’obiettivo è quello di renderlo il
più accogliente possibile per i giocatori, per i tifosi
e per la città. Questo sarebbe un passaggio quasi
epocale. “Non ricordiamo che Genoa e Sampdoria
abbiano mai fatto qualcosa di simile ‒ hanno detto
Romei e Zarbano, in rappresentanza di Sampdoria e Genoa ‒, quindi ci serve il tempo anche per
le piccole cose”. Poi hanno aggiunto: “Lo stadio
è una leva importante, ormai fondamentale per le
società di calcio. Non è possibile anche per esigenze televisive, avere stadi semideserti. Siamo rivali
in campo ma fuori lavoriamo insieme. Lo stadio è
un bene comune e vorremo creare un luogo che sia
all’altezza delle squadre e delle tifoserie”.
E in effetti dall’amministrazione è giunto il via libera alle due società per lo sviluppo dell’impianto.
“Vivrà sette giorni su sette, avrà negozi, punti di
ritrovo e anche musei”, ha commentato il presidente della Sampdoria, Massimo Ferrero. Che poi,
con una punta di polemica, ha aggiunto: “Anche
se i lavori li stiamo facendo noi, mica il Genoa”.
Va ricordato che in origine, esattamente nel 1990,
Marassi era stato progettato proprio in questa ottica avveniristica, sul modello degli stadi inglesi.
Cosa che non si è mai realizzata, anzi, quelle che
erano considerate opere all’avanguardia oggi risultano obsolete o cattedrali nel deserto. Le società
di calcio sono chiamate a lavori di ristrutturazione
importanti per assicurare almeno i servizi di base,
quelli igienici compresi. Da qui a rendere il Ferraris
o altri stadi aperti al pubblico e alla città ce ne corre. Tuttavia. è giusto dare credito alle intenzioni dei
club. La possibilità di organizzare eventi, concerti,
manifestazioni esiste ma si tratta di concretizzarla.
Peraltro il sogno, forse l’illusione, di costruire un
impianto ex novo sembra svanito sotto i colpi della crisi economica e dell’incapacità tutta genovese di programmare il futuro con anticipo. Risulta
difficile immaginare uno stadio sul mare o nel
quartiere fieristico, tanto più che adesso Genoa e
Sampdoria hanno deciso di puntare sul caro, vecchio Ferraris. Il quale mostra tutta le sue crepe
ma almeno si è fatto un maquillage importante:
l’erba non è più un problema. Lo rimangono gli
accessori, che poi tali proprio non sono. Troveranno le risorse necessarie a innescare un circolo virtuoso? Al momento è un po’ come un cane
che si morde la coda. Bisogna prima rimodellare
l’impianto per renderlo in grado di ospitare non
solo partite di calcio e quindi produrre guadagni.
Ma occorrono i guadagni per avere a disposizione le risorse da investire in questo laborioso progetto. La catena va spezzata, forse può riuscirsi la
fantasia creativa di Ferrero, da sposare però con il
pragmatismo di Preziosi.
29
sport
L’
unità di misura della ginnastica artistica femminile è il
millimetro. Bastano una manciata di millimetri in un appoggio o in
una presa per trasformare un esercizio
da ottimo a disastroso. Questo vale per
tutte le specialità: corpo libero; volteggio; parallele asimmetriche e trave.
Quest’ultima è un oggetto lungo cinque
metri, largo dieci centimetri e posto a
poco più di un metro da terra. Avete mai
provato a camminare su un muretto largo dieci centrimetri o su un tronco delle
stesse dimesioni? Già restare in equilibrio richiede coordinazione e sangue
freddo. Adesso immaginate di “volare”
su questo attrezzo come nell’immagine
Campionati Italiani assolti
di ginnastica artistica
femminile: un’occasione
per determinare il livello
di preparazione in vista
dei mondiali di Glasgow.
Bastano pochi
millimetri in un
appoggio o in una
presa per trasformare
un esercizio da ottimo
a disastroso
In senso orario: Vanessa
Ferrari, Carlotta Ferlito
e Elisa Meneghini.
La perfezione
in ogni
movimento,
in ogni istante
CARLO BROZZO
La ginnastica
artistica femminile
è uno degli sport
che richiede più
allenamento
e maggiore forza
di volontà
30
che vedete a fianco. Impossibile? Per
queste atlete si tratta di routine, elementi
provati e riprovati per migliaia di volte
fino a renderli perfetti. L’essenza della
ginnastica artistica femminile è tutta qui,
la ricerca della perfezione, in ogni istante, in ogni movimento. Per raggiungere
questo obiettivo le ore di allenamento
non bastano mai. I giorni di pausa in un
anno si contano sulle dita di due mani. È
evidente che oltre al fisico queste atlete
devono avere una volontà di ferro, un
afflato verso la perfezione che soggioghi
ogni altro desiderio, una voglia infinita
di superare i propri limiti. In questa disciplina, nelle competizioni, non esiste
il terzo o il quarto tempo semplicemente
perché non ce ne bisogno. Un’atleta sale
sulle parallele asimmetriche con la ferma convinzione di dare sempre il massimo. Intorno a lei ci sono le sue avversarie, coloro alle quali potrebbe strappare
il podio e loro cosa fanno? La incitano
a non sbagliare: “gamba!”; “rigida!”;
“respira!”; “dai brava!”. La incitano e la
sostengono in ogni movimento. Allora
capisci che non sono loro le avversarie,
l’unica vera avversaria è l’atleta che si
sta cimentando contro se stessa. Ti rendi
anche conto che le altre atlete capiscono la difficoltà e il rischio insito in ogni
passaggio. La possibilità di cadere e
farsi male è sempre molto elevata nonstante sei o sette ore di allenamento per
sei giorni alla settimana che non di rado
diventano sette quando si avvicinano gli
appuntamenti importanti.Al Palavela di
Torino si sono da poco svolti i Campionati Italiani Assoluti, data importante
anche in considerazione del mondiale
programmato a Glasgow alla fine di
ottobre. In campo le atlete italiane più
blasonate a eccezione di Vanessa Ferrari
in forzato riposo pre mondiale. La “farfalla di Orzinuovi” è riuscita nel 2006
nell’impresa di vincere la medaglia d’oro nel concorso individuale ai mondiali
di Aarhus battendo le atlete dell’Europa
dell’est, le cinesi e le fortissime americane. A questi campionati tutti aspettano le
esibizioni delle proprie beniamine. Carlotta Ferlito e Erika Fasana sono tra le
più attese. Carlotta, nella prima giornata
di qualificazioni, inizia male. Qualcosa
non gira nel verso giusto. Le sue prestazioni alle parallele e alla trave non sono
al suo livello. Carlotta piange ma non
bisogna farsi ingannare, non è un pianto
buttato li a caso ma un sistema terapeutico per scaricare la tensione e buttarsi
alle spalle gli errori commessi. Infatti
dopo trenta minuti ritorna in campo e
stupisce con un’esibizione al corpo libero da manuale. La forza di Carlotta sta
nella sua capacità di risorgere dopo un
errore, quando le capita di commetterne
uno e dare il meglio sotto pressione. Alla
fine della prima giornata Carlotta mi
confessa di essere semplicemente stanca. Anche in questo caso bisogna saper
leggere le sue parole. Per una ragazza
“normale” di vent’anni essere stanchi è
difficilmente comprensibile. Per lei che
si allena tutti i giorni da anni a livelli
da “navy seal” essere stanchi è il minimo che possa accadere. Tanti appuntamenti, tante competizioni, il mondiale
alle porte. Cos’altro si più chiederle? E
Carlotta non smentisce la sua fama e il
giorno dopo porta a casa il primo posto
alla trave con un’esibizione che scuote il
Palavela. Anche Erika nella prima giornata gareggia con il freno tirato, la paura
di compromettere la preparazione è tanta
ma anche la voglia di dimostrare il proprio livello competitivo. Agguanta due
finali e ottiene il primo posto nel corpo
libero. Sono tante le atlete che stupiscono per le loro capacità. Elisa Meneghini
continua a pag. 32
X
31
Forza di volontà
e ricerca della
perfezione
è un colibrì dalle ali d’acciaio. Quando
la incontri a fine gara ti chiedi come sia
possibile che da un fisico così minuto,
che le è valso il nomignolo di “mini”,
possa uscire così tanta potenza dirompente controllata con grazia e raffinatezza. Elisa riesce a qualificarsi per le finali
di tre specialità su quattro confermando
le sue capacità ecclettiche. A chiudere il
poker ci pensano Martina Rizzelli alle
parallele asimmetriche e Sofia Busato al
volteggio. Martina era attesa alla prova
dopo l’ottimo quinto posto agli europei
di Montpellier e non ha deluso le aspettative. Sofia sbalordisce i giudici con un
primo salto superlativo e poi amministra
il vantaggio. Abbiamo detto che l’essenza della ginnastica artistica femminile è
la ricerca della perfezione. Esiste anche
un altro traguardo per queste atlate ed
è rappresentato dalla possibilità di dare
il proprio nome a un nuovo elemento.
Atlete come Svetlana Chorkina, Olga
Korbut e Elisabetta Preziosa ci sono
riuscite. Elisabetta si è da poco ritirata
dall’attività agonistica ma non prima di
aver lasciato il suo “marchio”. La sua
specialità è sempre stata la trave e proprio su questo attrezzo Elisabetta ha creato il “Preziosa”. Spiegarlo è più difficile
che guardarlo, in pratica una rotazione di
trecentosessanta gradi, su una gamba
sola, con l’altra gambe in arabesque dietro la nuca. Chiedo a Elisabetta, che ho
intervistato a Firenze, come mai questo
32
elemento è considerato così complesso
da non essere mai stato tentato prima. La
risposta è semplice: “le atlete sono molto
snodate ma non nell’estensione posteriore delle gambe, propria più di una ballerina. Io ho praticato entrambe le discipline quindi riesco a portare la gamba così
in alto posteriormente. Lavorando con i
miei allenatori ho creato questo movimento che a oggi sono l’unica in grado
di eseguire”.
Carlotta Ferlito, medaglia
d’oro ai Campionati
Italiani Assoluti 2015 nella
specialità che predilige,
la trave.
Spettacoli
&cultura
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36
Gastronomia
40
Teatro Stabile
di Lucullo
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uniquely positioned to leverage the power of networks to
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global marketplace.
44
Bio -vacanze
di Valentina De Riz
gastronomia
Baccalà al verde
Ingredienti:
800 g di baccalà
10 cucchiaio d’olio d’oliva
Un poco di farina
4 patate
1 spicchio d’aglio tritato
8 cucchiai d’olio d’oliva
1 litro di latte
1 cipolla (non troppo grossa)
1 bicchiere di vino bianco secco
Un bel ciuffo di prezzemolo tritato
Pepe
LA STRANA
I
STORIA DELLA
PESCA NEL
MAR LIGURE
LUCULLO
36
n Liguria si è sempre pescato, ma
con moderazione. E il pesce, nel
gusto e nel consumo dei liguri, ha
avuto nella storia i suoi alti e bassi. Il
“boom” del pesce sulle tavole di casa,
nei ristoranti o negli alberghi coincide,
a partire dalla seconda metà del XIX
secolo, con un più diffuso costume
delle vacanze estive e della crescita
progressiva dei bagni di mare, prima
intesi come terapia per i ceti economicamente più elevati, poi, via via, come
divertimento popolare. Il mare come
teatro della vacanza ha fatto crescere
in maniera esponenziale la richiesta e
il consumo di pesce. Né va dimenticata
la coincidenza della invenzione delle
celle frigorifere e della fabbricazione
Ammollare il baccalà, pulirlo privandolo della
pelle (se si preferisce) e metterlo in bagno nel
latte per un paio d’ore (c’è chi lo lascia di più).
In una casseruola di terra, scaldare 6 cucchiai
d’olio d’oliva e lasciare imbiondire la cipolla
tritata finemente. Tagliare il baccalà e passare i
pezzi ottenuti (4-5 cm di lato) nella farina (che
non sia eccessiva, l’infarinatura).
Sistemare il baccalà nella casseruola e farlo
insaporire dai due lati per 3-4 minuti. Cominciare
a bagnare col vino bianco (a fiamma non troppo
elevata) mescolando per evitare che la cipolla
bruci. Portare a cottura (circa 10 minuti).
Intanto, sbollentare le patate. Spellarle e tagliarle
a fette non troppo spesse. Con 2 cucchiai d’olio
ungere il fondo di una teglia da forno e poi
adagiarvi lc tette di patate. Togliere il baccalà
dalla casseruola e stratificarlo sulle patate.
Irrorare con l’olio d’oliva rimasto, cospargere
l’aglio, il pepe e il prezzemolo tritati e passare
in forno (a 180°) per 7-8 minuti. C’è chi usa
anche 2 acciughe sotto sale pulite e diliscate.
Si possono sciogliere in casseruola (insieme
alla cipolla, prima di aggiungere il baccalà)
o disporre sul baccalà, col pepe, aglio e il
prezzemolo (al momento di mandare in forno).
Il mare come
teatro delle
vacanze ha
fatto crescere
in maniera
esponenziale
la richiesta e il
consumo di pesce
industriale del ghiaccio, elemento indispensabile per la conservazione e il
trasporto del pesce, alimento di breve
conservazione.
Il Mar Ligure è profondo e percorso
quasi tutto l’anno da forti correnti e
da folate improvvise di vento. Questo
spiega il rischio e la fatica della pesca,
attività quindi di scarso rendimento e,
sempre per via della rapida corruzione
della carne del pesce, di trasporto solo
su distanze brevi.
Si pescava di più sulle coste delle due
riviere (in particolare a ponente) piuttosto che nei pressi dei maggiori centri abitati, Genova in particolare. Pure
c’erano, sin dal Medioevo, norme severe che riguardavano il commercio
e il trasporto del pescato. Esistevano
articolati statuti sulla pesCa a Genova,
ma anche a Noli, Savona, Celle Ligure.
Albenga, Oneglia, Sarzana e Portovenere. I “Caspitula” del regolamento genovese (1383) parla di pesci “grossi”,
“minuti” “bestinalles” (piuttosto grossi) e, tra i vari tipi di pescato allude a
“sardene” (sardine), “anclude” (acciughe), “boge” (boghe), “toni” (tonni),
“leichie” (lecce) e “dalfini” (delfini).
Sulla pesca nei pressi del capoluogo
dove un grande mercato era allestito grosso modo dove oggi è l’area di
Caricamento, definito “clapa piscium”
(perché i pesci erano distesi su grandi
lastre, le cosiddette “ciappe” di ardesia
e frequentemente bagnati con acqua
di mare per conservarli più freschi),
c’erano norme severe. Il pescato della
notte doveva essere caricato su carcontinua a pag. 38
X
37
gastronomia
ri cui era vietato fermarsi per strada
per vendite occasionali, pena pesanti
multe. Poi sulla “clapa” i controllori
dei Conservatori tenevano d’occhio i
banchi. Dopo un certo numero di ore
occorreva esporre accanto al banco una
lampada rossa. I prezzi così calavano.
I cittadini meno abbienti acquistavano
verso l’imbrunire e il pesce, un po’ di
tutti i tipi finiva in una calderone con
pane secco e verdure: l’antenato della
zuppa di pesce.
Chi cercava di frodare era severamente punito. Gli uomini erano sottoposti
a tratti di corda in pubblico e sbattuto
con violenza sulle lastre d’ardesia. Le
donne erano semidenudate e battute,
in piazza tra i lazzi del popolino, con
doghe di botte.
Nel corso della storia la qualità e il pre-
Nel corso della
storia la qualità
e il pregio del
pesce imbandito
sulle tavole di
ricchi e poveri ha
subito profonde
modificazioni
letteratura
ANDREA DORIA
L’ABILE PRINCIPE
“UNDERSTATEMENT”
Stoccafisso alla
genovese,
accomodato
Ingredienti:
Stoccafisso (almeno 1 kg)
Acciughe salate
Funghi secchi p
Sapori
Aglio
Patate
Olive verdi
Pinoli
Olio
Sale e pepe
gio del pesce che veniva imbandito sulle tavole di ricchi e poveri è un valore
che ha subito profonde modificazioni.
Il boom del pesce, come cibo pregiato
e di alto livello (anche come modello
di comportamento sociale) è andato in
crescendo dalla metà del XIX secolo ai
giorni nostri. Per cui, tanto per fare un
esempio classico, i crostacei e i molluschi da cibo popolare da consumare poche ore dopo la cattura sono diventati un
alimento costoso e sempre più raro. Ma
persino il merluzzo, nelle due variabili
seccato (stoccafisso) e salato (baccalà),
da cibo popolare per eccellenza è diventato una leccornia da ristoranti di lusso o
quasi. È la lezione della storia.
38
È una pietanza prelibata, il cui
segreto sta nell’abilità della
confezione e nell’attenzione
mentre si seguono le diverse fasi di
cottura. E un piatto che premia il
cuoco paziente. E bene esercitarsi
sovente a prepararlo, perché solo
la consuetudine rende l’occhio e il
palato attenti ed esperti. Dato che
questo tipo di preparazione “rende”
poco, consiglio per 4 o 5 persone
almeno 1 kg di stoccafisso (o anche
1 kg e 2 etti per stomaci robusti).
La prima operazione consiste
nello sciogliere, con un mestolo
di legno, in abbondante olio, in
fondo a un tegame (se possibile di
coccio), almeno 3 belle acciughe
salate, lavate e diliscate, senza
arrivare alla ebollizione dell’olio
(l’operazione va svolta a fiamma
molto bassa). Quando le acciughe
sono sciolte, aggiungere un bel
battuto confezionato con: un pizzico
di funghi secchi (ammollati in acqua
tiepida), 1 cipolla grossa, 1 bella
carota e 1 robusta gamba di sedano.
Alzare la fiamma e controllare il
soffritto per evitare che bruci e,
quando l’insieme assume un bel
colore dorato, aggiungere uno
spicchio d’aglio (o più, se non se ne
temono le conseguenze per l’alito).
A questo punto lo stoccafisso (già
lavato, spellato e fatto a pezzi) si
immerge nella casseruola: si abbassa
la fiamma al minino, si aggiusta di
sale e di pepe e si lascia cuocere,
coperto, per circa mezz’ora.
E bene non abbandonare i
fornelli: con il cucchiaio di legno,
lo “stocche” deve essere girato
continuamente affinché non si
attacchi. L’ultima fase è la più
delicata. Si aggiungono olive e
pinoli, a piacere, e si allunga con
un mestolo di acqua tiepida o,
meglio, con brodo vegetale. Si copre
e, sempre mantenendo il fuoco al
minimo, si lascia cuocere per circa
3 ore. Quando sono passate 2 ore
e mezzo circa, si mettono nella
pentola patate crude a tocchetti.
Ancora un avvertimento: lo
stoccafisso si deve un po’ disfare,
ma le scaglie debbono mantenere
una certa consistenza. Le patate
non debbono tendere a trasformarsi
in pure, altrimenti il sugo diventa
farinoso.
Andrea Doria è il personaggio politico
più importante e rilevante vissuto a
Genova tra il XV e il XVI secolo, ma non
è inferiore per cultura politica (collegata
a una notevole intelligenza militare: ma
in lui le due culture si sovrappongono
e si integrano) e soprattutto per il
ruolo giocato a livello internazionale
(mondiale, diremmo oggi) ad altri
personaggi italiani che forse, per motivi
soprattutto letterari e per la peculiare
interpretazione risorgimentale sono più
universalmente noti. Curiosamente,
pochi studiosi e storici liguri si sono
accostati al personaggio e alla sua lunga
esistenza (94 anni), se non per leggerlo in
chiave retorica e localistica o talvolta per
prenderne ideologicamente le distanze.
Andrea Doria è stato certamente l’artefice della sopravvivenza e del
successo – economico, finanziario e comunque di prestigio – del ceto
genovese dominante inserendo un piccolo stato che aveva perduto il
peso militare internazionale nel gioco delle grandi potenze, mantenendo
intatto il ruolo economico e finanziario d’una “gens” portatrice ante
litteram del capitalismo moderno (secondo una geniale definizione di
Fernand Braudel). Ai grandi storici internazionali, francesi, spagnoli,
portoghesi e anglosassoni, non è mancato l’interesse per Andrea Doria
e la sua complessa vicenda. Oggi finalmente una delle maggiori storiche
dell’Università di Genova, specialista delle vicende del Mediterraneo e
delle scoperte geografiche, forse la più importante esperta di Cristoforo
Colombo, Gabriella Airaldi ha messo a punto una puntigliosa biografia, ma
soprattutto una interpretazione scientifica approfondita del personaggio.
Gabriella Airaldi ne ha collocato rigorosamente l’azione e il pensiero a livello
internazionale, tenendo sempre presente il DNA internazionale della “res
publica” genovese sin dal decollo, nel secolo delle cosiddette Crociate, di
quello che è stato definito “il volo del grifo”. Il saggio (Andrea Doria, Salerno
Editore, € 22) è destinato, per gli approfondimenti mai effettuati sinora e le
riflessioni critiche, a restare una pietra miliare della storiografia genovese,
ma è anche una ottima occasione per un pubblico non necessariamente
addetto ai lavori ma di vivaci interessi e curiosità culturale per visitare
un personaggio a tutto tondo della storia dell’Europa rinascimentale,
interlocutore accorto e deciso di protagonisti della scena mondiale di allora
come il re di Francia Francesco I e dell’imperatore Carlo V con il quale ebbe
un rapporto tutto particolare, nato con l’interesse ma poi cresciuto per
la reciproca stima sino alla morte dell’imperatore. Lo studio di Gabriella
Airaldi chiude definitivamente con semplificazioni e schematismi del
passato offrendoci uno squarcio di storia europea ancor oggi di grandissima
attualità per le idee-forza che esprime. p.l.
39
teatro
La stagione 2015/2016 presenta
qualche novità rispetto al
passato: meno titoli e più recite
di produzione
“Minetti”, dal
13 ottobre al 1°
novembre, è la
prima commedia
della Stagione
2015-2016.
Regia di Marco
Sciaccaluga e
interpretata
da Eros Pagni,
Federica Granata,
Marco Avogadro,
Nicolò Giacalone.
P
arte il 13 ottobre la stagione 2015-2016
del Teatro Stabile di Genova, la prima con
Angelo Pastore come direttore. E anche se
è vero che il MIBAC (Ministero dei Beni e delle
Attività Culturali) non ha riconosciuto lo Stabile
di Genova nella categoria dei “Teatri di Interesse
Nazionale”, inserendolo invece nella sezione dei
“Teatri di Rilevante Interesse Culturale”, lo stesso ministero, in considerazione della qualità e dei
contenuti del programma triennale presentato, ha
deliberato un contributo all’attività del Teatro genovese che lo colloca fra i primi teatri più finanziati d’Italia, praticamente terzi ex aequo con il Teatro
di Roma, dopo Milano e Torino.
La stagione 2015/2016, che presenta qualche novità rispetto al passato: meno titoli e più recite di
produzione. In sintesi: 28 spettacoli dei quali 8 riferiti a produzioni del Teatro Stabile di Genova e
20 riferiti a spettacoli ospiti, con 118 repliche di
spettacoli di produzione e 106 di ospitalità, distri-
40
STABILE,
ECCO IL
CALENDARIO
buiti tra il Duse e la Corte.
Le produzioni spaziano dal repertorio classico,
alla drammaturgia contemporanea (sia “brillante”
che di “ricerca”) e sono, nell’ordine di rappresentazione, Minetti di Thomas Bernhard, per la regia
di Marco Sciaccaluga e l’interpretazione di Eros
Pagni; Ivanov di Anton Cechov, coprodotto dal
Teatro Due di Parma, messo in scena da Filippo
Dini con un cast di attori provenienti quasi tutti
dalla Scuola dello Stabile genovese; Le prénom
(Cena tra amici) dei francesi Matthieu Delaporte
e Alexandre de La Patellière (novità pluripremiata in patria), messo in scena da Antonio Zavatteri;
George Dandin di Molière, con Tullio Solenghi
protagonista e Massimo Mesciulam regista; Bésame mucho, spettacolo scritto, diretto e interpretato
da Pino Petruzzelli, che rende omaggio al pensiero
e alla poesia di Edoardo Sanguineti. E poi, ancora,
Demoni di Lars Nóren, coproduzione che segna
l’inizio del sodalizio con la normanna Comédie de
Caen diretta da Marcial Di Fonzo Bo che è anche
il regista dello spettacolo sia a Parigi che a Genova; la messa in scena da parte di Marco Sciaccaluga di Intrigo e amore di Friedrich Schiller e quella
di Macbeth Remix di Edoardo Sanguineti a opera
di Andrea Liberovici, con Paolo Bonacelli ed Elisabetta Pozzi.
Le ospitalità, scelte con cura e passione, comprendono anch’esse i vari “generi” e sono realizzate e
interpretate da professionisti di grande bravura e
affidabilità. Registi e interpreti di questi spettacoli
di ospitalità (firmati da autori quali Oscar Wilde,
Luigi Pirandello, Marivaux, Eschilo, Shakespeare, Sebastiano Vassalli, Alan Bennett, Pier Paolo
Pasolini, Arthur Schnitzler ecc.) saranno: Valerio
Binasco, Glauco Mauri, Sebastiano Lo Monaco,
Alessio Boni e Alessandro Haber, Luca Zingaretti,
Paolo Rossi, Maria Paiato, Franco Branciaroli con
Gianrico Tedeschi e Ugo Pagliai, Lucilla Giagnoni, Ferdinando Bruni ed Elio De Capitani, Stefania
Rocca e molti altri ancora.
Nel corso della stagione 2015/2016, poi, andrà in
tournée in una quindicina di città italiane lo spettacolo Il sindaco del rione Sanità di Eduardo De
Filippo, messo in scena lo scorso anno da Marco
Sciaccaluga, con Eros Pagni e un nutrito numero
di attori scelti tra Napoli e Genova
Il Teatro particolarmente attento al mondo della
scuola ha presentato come ogni anno, agli insegnanti la cosiddetta “Scheda Scuola”: brochure criticoinformativa particolarmente dedicata a insegnanti e
studenti di ogni ordine e grado, che, probabilmente
unica in Italia per la finalità e la ricchezza delle informazioni, si propone ai giovani spettatori teatrali
come uno strumento inteso alla formazione di un
pubblico futuro sempre più culturalmente consapevole. Inoltre, sempre per un pubblico in età scolare,
nel corso della stagione, verranno studiate variegate
e significative iniziative destinate ad avere effetto
anche nelle stagioni prossime.
Contemporaneamente lo Stabile sta lavorando per
costruire un circuito di relazioni europee e, a questo proposito, vanno segnalati gli accordi siglati
con i Teatri di Nizza e Caen. Tali accordi non solo
prevedono coproduzioni tra il teatro genovese e le
istituzioni culturali delle due Città (Nizza e Caen),
ma anche scambi artistici e culturali con l’obiettivo di creare una rete di relazioni che vedano il
Teatro Stabile di Genova trasportato in una dimensione internazionale.
41
appuntamenti
Autunno d’arte
e di gastronomia
18 ottobre
1
4 MARATONA DI AMSTERDAM
MESSAGGI DALLE PARETI
La mostra del Museo di Belle Arti
di Bilbao offre oltre duecento pezzi
appartenenti alla poco conosciuta
collezione di poster antichi del museo.
Tra i protagonisti dell’esposizione
esponenti del poster moderno come
Jules Chéret, Théophile Alexandre
Steinlen e disegnatori di prestigio
internazionale come Leonetto Cappiello.
A questi nomi si aggiungono una folta
rappresentazione di autori baschi.
www.museobilbao.com
VALENTINA DE RIZ
Sei appuntamenti
da non perdere. Ecco
le nostre proposte per
un week-end in Europa
dal 19 ottobre al 21 febbraio 2016
LIGHT
dal 13 ottobre al 31 gennaio 2016
RUNNING
2 MARC CHAGALL:
IL TRIONFO DELLA MUSICA
Amsterdam
Parigi
34
FOOD
2
dal 28 novembre al 17 gennaio
5
Alba 6
Berna
ARTE
Bilbao
Il Philharmonie de Paris ospita
un’esposizione del Marc Chagall che
corso della sua carriera ha creato
interessanti scenografie teatrali alcune
delle quali leggendarie. Questa mostra
internazionale è supportata dalla famiglia
dell’artista e vanta il sostegno d’istituzioni
come la Galleria Tretiakov, il MoMA e il
Centre Georges Pompidou di Parigi.
philharmoniedeparis.fr
3
1
FOOD
AMSTERDAM LIGHT FESTIVAL
Nei mesi di novembre e dicembre
tornano le luci accese sui canali del
suggestivo centro storico. La nuova
edizione del festival propone una
crociera lungo i canali, la Water Colours
e un itinerario a piedi, Illuminade.
Il ricco programma include numerose
attività ed eventi collaterali ospitati in
musei, teatri, ristoranti, negozi e in altri
punti di Amsterdam.
www.amsterdamlightfestival.com
La manifestazione compie quarant’anni
e prevede tre distanze a portata di tutti,
runner scafati o neofiti della corsa:
maratona, mezza maratona e otto
chilometri. Con l’occasione si potrà
visitare il celebre museo di Van Gogh,
una delle più grandi collezione d’arte a
livello mondiale.
www.vangoghmuseum.nl
dal 10 ottobre al 15 novembre
23 novembre
5 ZIBELEMARIT, LA FESTA
DELLA CIPOLLA
Il Zibelemärit è una festa popolare che si
svolge nel centro storico di Berna dove
la cipolla è protagonista con cinquanta
tonnellate presentate in tutte le vesti.
Cibo e bancarelle colorate animano
questa cittadina svizzera.
www.bern.com
6
FIERA INTERNAZIONALE
DEL TARTUFO BIANCO D’ALBA
Uno degli happening gastronomici più
celebri in Italia e nel mondo, una rassegna che animerà per un mese la cittadina
piemontese di Alba. “Ci vuole fiuto!” è il
titolo della rassegna che vede protagonista non solo questo raffinato e prelibato oggetto del desiderio ma tutta la
tradizione enogastronomica piemontese.
www.fieradeltartufo.org
ARTE
42
43
turismo
COME SI DIVENTA AGRITURISMO BIO
Occorre essere certificati da un organismo di controllo
accreditato. Fatta la richiesta trascorrono minimo
cinque anni, periodo nel quale l’azienda è in una fase
di conversione. L’ente certificatore analizza il terreno
assicurandosi che tutto ciò che viene coltivato e usato in
agricoltura sia certificato bio. Per verificare se un’azienda
agricola è biologica basta richiedere il certificato di
conformità verificabile sul sito delle politiche agricole.
AGRITURISMO BIO IN LIGURIA:
Il fascino discreto
della BIO-vacanza
VALENTINA DE RIZ
Una angolo
di Maremma
Toscana“tutto BIO”
e sostenibile al cento
per cento
44
P
er qualcuno è mangiar sano e vivere ad
impatto zero. Per altri un modo di rispettare l’ambiente e la biodiversità. Per Erika
e Alessandro, vita e lavoro. Dal gennaio 2010 si
sono trasferiti nella Maremma Toscana per dar
vita ad un progetto ambizioso: costruire un agriturismo biologico in una antica dimora toscana
del Seicento vicino alle Terme di Sorano. L’Agriturismo Sant’Egle è infatti un agriturismo “a tutto
BIO”: sostenibile al cento per cento per energia
elettrica, riscaldamento, acqua, dove ogni pianta
coltivata è una varietà antica che conserva biodiversità. L’amore per questo progetto è l’orgoglio
di questa giovane coppia e di un’attività che il
Il Paradiso di Stella
Si trova ai confini del Parco Naturale del Monte Beigua,
luogo ideale per un pranzo domenicale o una visita al
caseificio, qui si produce la rinomata formaggetta di latte
di capra. Per i più piccoli una divertente mini-escursione in
calesse alla scoperta degli animali che popolano la collina:
caprette, cavalli, maialini, cani pastore, coniglietti e anatre.
www.ilparadisodistella.it
I Lamoi
Vicino a Finale Ligure, è un’azienda a conduzione biologica
con frutteto e un ricco orto a disposizione dei clienti.
In evidenza la produzione di olio DOP, olive ed i prodotti
orticoli. Tutti rigorosamente biologici. L’agriturismo offre
cinque stanze con servizio di bed&breakfast.
Finale Ligure (SV)
www.ilamoi.it
Il Gumo
Ventisette ettari nella Valle del Vara destinati interamente
alla cultura biologica. Ottimo punto di partenza per
raggiungere le Cinque Terre, Levanto, Bonassola, Framura e
Sestri Levante. Nel periodo autunnale, campo-base per la
raccolta funghi. A disposizione degli ospiti, appartamento o
camera matrimoniale.
Varese Ligure (SP)
www.ilgumo.it
L’agriturismo
Sant’Egle è
stato premiato
dal WWF come
migliore in Italia
per sostenibilità
e conservatore
di biodiversità.
WWF ha premiato come miglior agriturismo in
Italia per sostenibilità e conservatore di biodiversità: “Abbiamo partecipato ad un contest indetto
dal WWF quasi per gioco arrivando in finale.
Coltiviamo spirulina, zafferano, stevia, frutta e
verdura secondo il metodo biologico sinergetico
e biodinamico”. Ogni spazio è arredato con cura,
come la stanza Piccioni con letto king size a baldacchino e romantico caminetto. Le stanze dedicate al riposo sono protagoniste dell’iniziativa “A
letto con l’Arte” che offre agli ospiti la possibilità
di apprezzare un’esposizione di oggetti artistici da
tutto il mondo dove tutti i pezzi sono in vendita
continua a pag. 46
X
45
turismo
La bio piscina
esterna ricrea
un laghetto
naturale ed è
a disposizione
degli ospiti
nella stagione
estiva.
LIGURIA.
LA GENTE
CHE CAMBIA
L’agriturismo coltiva
spirulina, zafferano,
stevia, frutta e verdura
secondo il metodo
biologico sinergetico
e biodinamico
46
presso l’agriturismo. Il ristorante propone piatti
con prodotti di stagione colti direttamente dall’orto, pane a lievitazione naturale fatto con la pasta
madre, birre artigianali e vini biologici. Ogni anno
nel periodo di raccolta dello zafferano, variabile
da ottobre a novembre, gli ospiti possono partecipare gratuitamente ed imparare a coltivare questa
spezia preziosa. Nella stagione calda si può trovare refrigerio nella bio piscina esterna che ricrea un
laghetto naturale, in quella invernale vale la pena
immergersi nella vasca d’acqua calda, scaldata da
un fuoco alimentato a legna nell’attesa di gustare
una cena illuminata con la luce del tramonto. Antiche tradizioni e ritorno alla terra si incontrano in
un angolo di Maremma che profuma di macchia
mediterranea. Dove la vita sembra avere un altro
ritmo, dove la sveglia suona la mattina presto e
finisce con il lavoro nei campi. Dove non serve
nulla. Basta la natura.
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per abitare, per star bene, per studiare, per lavorare,
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bitgeneration
Le piante robot si
potrebbero utilizzare per
l’esplorazione di superfici
non terrestri.
L’ultima
rivoluzione
di internet
FABRIZIO CERIGNALE
“Peace” in
poche ore
è diventata
la più
scaricata
app a
pagamento
per iOS con
un ricavo
di oltre
100 mila
euro in
due giorni
48
Le “piante robotiche per esplorare Marte”
potrebbero diventare una realtà così come i
polpi robot che, grazie a uno studio approfondito
sulle ventose, potrebbero trovare impiego nella
scoperta dei fondali marini. Sembra un viaggio nella
fantascienza e invece è realtà quella raccontata
da Barbara Mazzolai, coordinatrice del centro di
ricerca sulla microrobotica dell’Iit, che ha aperto la
quinta edizione dei Caffè Scientifici promossi dalla
Camera di Commercio e dai Giovani di Ascom.
“Noi studiamo le forme della natura per realizzare
nuovi robot ‒ spiega Mazzolai ‒ e quindi
I
l dibattito sui social network e sui forum, almeno sulle pagine dedicate agli addetti ai
lavori, è aperto anche perché la “rivoluzione
epocale” fatta da Apple con l’introduzione del suo
nuovo sistema operativo, è di quelle che non possono passare inosservate e riguarda, forse, il futuro
dell’informazione 2.0. La scelta di far supportare
da Safari, il browser nativo di Apple, gli adblocker,
programmi che permettono di evitare le pubblicità che si aprono ogni volta che si accede a un sito
internet, pone le basi per una ridiscussione globale
del ruolo della rete. E, a dimostrare che questa non
è una semplice discussione accademica, bastano i
dati di “Peace” che, in poche ore, è diventata la più
scaricata app a pagamento per iOS con un ricavo di
oltre 100 mila euro in due giorni. Un successo che
ha portato alla decisione, da parte dello sviluppatore, di rimuoverla dallo store, per non essere “arbitro
di ciò che deve essere bloccato”. Una scelta saggia,
secondo i molti commenti apparsi dopo questa decisione, anche perché la battaglia tra sviluppatori e
produttori di contenuti è sempre più accesa. Tutto,
alla fine, ruota sempre attorno alla solita questione,
la stessa che negli anni 80 aveva investito il mondo
della televisione. Creare contenuti di qualità costa
e, in qualche modo, lo sforzo deve essere ripagato,
attraverso abbonamenti ai siti (strada che in Italia
sembra avere poco successo) o con gli sponsor
che, come nelle TV commerciali, sostengono i costi della produzione. Ma se in televisione la pubblicità ha avuto vita facile, già la Rai, nonostante
il canone, la imponeva ai consumatori attraverso
Carosello, sulla rete non tutto è così semplice. La
stessa Apple, infatti, nel motivare l’apertura verso
gli adblocker, ha fatto diversi distinguo. Si tratta ‒
hanno spiegato ‒ di una soluzione a favore della
privacy o dell’efficienza e non certo un sistema per
fare a meno della pubblicità. E non potrebbe essere
All’IIt è già fantascienza,
piante robot
per esplorare Marte
La scelta di Apple
di “aprire” agli
adblocker, programmi
che permettono di
evitare le pubblicità
su internet, pone
le basi per una
ridiscussione globale
del ruolo della rete
diversamente visto che iOS9 apre la strada all’aggregatore di notizie Apple News, che assicura agli
editori partner la visualizzazione di advertising. Ma,
come sempre succede, anche in questo settore non
è tutto “bianco o nero”. Nella scala dei grigi, infatti,
ci sono produttori che hanno costruito un business
particolare, basato sugli “Accettable Ads”. Un sistema attraverso il quale l’adblocker lascia filtrare
le pubblicità dei suoi partner commerciali, inserite
in una sorta di “white list”, bypassando il blocco.
Alla fine il rischio è che in questa guerra siano solo i
siti più piccoli a rimetterci, quelli che si basano solo
sulla pubblicità per garantirsi la sopravvivenza. La
strada potrebbe essere quella mutuata proprio dalle
TV commerciali, con pubblicità non troppo invasiva che costa poco sforzo all’utente ma garantisce la
sostenibilità economica ai produttori. Insomma, il
dibattito è aperto, e siamo sicuri che porterà a consumare litri di inchiostro, o meglio, milioni di bit,
tra i pro e i contro a questa soluzione.
prendiamo, ad esempio, il polpo per creare
ventose digitali, ma stiamo anche studiando,
per la prima volta, le piante, per realizzare
strutture robotiche che si possano ancorare
al suolo come fanno le radici”. Applicazioni
che, oltre alla curiosità accademica, potranno
trovare sviluppo concreto nell’esplorazione
dei fondali, nel monitoraggio ambientale, per
l’agricoltura, ma anche su altri pianeti. “Abbiamo
una collaborazione con Esa (European Space
Agency) per lo spazio anche perché si potrebbero
utilizzare le piante per l’esplorazione di superfici
non terrestri. Una delle applicazioni su cui stiamo
lavorando, oltre all’esplorazione ‒ prosegue
Mazzolai ‒ è l’ancoraggio perché la prima cosa
che fanno le piante, attraverso le radici, è quello
di ancorarsi al suolo per crescere. L’idea, quindi, è
quella di realizzare un robot che si ossa ancorare
nel substrato e poi esplorare attraverso sensori di
cui è dotato”.
49
Agenda
moda
Ottobre 2015 anno 6 - n°40
COSA SUCCEDE IN LIGURIA
Mostre, fiere,
spettacoli,
gli appuntamenti
più importanti
dell’agenda
dell'autunno
Valentina De Riz
LA BAG È MIA
I modelli di questa borsa, creazione
di Monica Bianco, sono made in Italy
e spaziano dalle clutch alle shopping
bag con stile estroso e personalizzabile. Un’alternativa al classico. Le abbiamo viste addosso a vip e non solo,
rigorosamente con le proprie iniziali.
STAGIONE CHE VAI,
MODA CHE TROVI
BENVENUTO AUTUNNO: COLORI CALDI E MANTELLE
SOFFICI IL GUARDAROBA SI RINNOVA CON LE NUOVE
TENDENZE I CAPI CLASSICI NON MANCANO MAI
Da Milano a New York, le tendenze dell’autunnoinverno sono già scritte. Il rosso sarà il colore
protagonista nelle sue varianti: dal bordeaux al
marsala. Anche lo zebrato si vedrà nei soprabiti e negli
accessori. Colori caldi come il nocciola e il cioccolato
scalderanno le vetrine. Must-have per le signore?
Il classico tubino, femminile e nei tessuti di stagione.
GENERAZIONE K-WAY
Successo indiscusso degli anni Settanta, lo mettevi in tasca o attaccato
alla cintura. Lo avevano i genitori,
oggi lo indossano i figli. Negli anni ha
cambiato modelli e colori. Non solo
per la pioggia è un capo da tenere
nell’armadio, per ogni occasione.
CULTURA
NATURA
FINO AL 30 OTTOBRE
FINO AL 10 GENNAIO 2016
IN LABORE
FRUCTUS.
DALLA TERRA
ALLA TAVOLA
MARE NOSTRUM. GENOVA, DAGLI
L’IMMAGINARIO IMPRESSIONISTI
DEL MARE TRA
A PICASSO
MERAVIGLIA
E PAURA
Un’esposizione di documenti tra il 1400 e
il 1900 che ripercorre indietro nel tempo la
storia scoprendo usi e tradizioni alimentari.
Una mostra documentaria gratuita offerta
dall’Archivio di Stato di Imperia sull’onda di
Expo 2015.
www.asimperia.beniculturali.it
La mostra è ospitata lungo il percorso
espositivo del Galata Museo del Mare ed
esplora la categoria della mostruosità e
dell’orrore in relazione al mare, fa rivivere
nel dettaglio tutte le forme della paura
suscitate dall’ambiente del mare e dalla
navigazione.
www.galatamuseodelmare.it
50
ARTE
FINO AL 10 APRILE 2016
I capolavori di Van Gogh, Gauguin, Monet,
Cézanne, Degas, Renoir, Matisse, Modigliani,
Kandinsky, Picasso sono protagonisti a palazzo
Ducale fino alla prossima primavera con opere
esposte nel suggestivo appartamento del
Doge. Una collezione ricca e prestigiosa tra il
XIX e XX secolo che ripercorre l’arte europea
dall’impressionismo alle avanguardie.
http://www.palazzoducale.genova.it/dagliimpressionisti-a-picasso/