L`acqua, dall`immobilità all`eterno cambiamento

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L`acqua, dall`immobilità all`eterno cambiamento
L’acqua, dall’immobilità
all’eterno cambiamento.
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Indice
-Premessa.
-Il mio percorso artistico attraverso l’acqua.
-L’acqua come impressione. L’esempio di
Monet.
-Contestualizzazione storica: da Monet a
Gauguin.
-L’acqua come
Gauguin.
simbolo.
L’esempio
di
-L'arte giapponese. Approfondimento.
-Contestualizzazione filosofica. Lo “slancio
vitale”di Bergson.
-L'acqua come movimento
L’esempio di Balla.
-Fonti.
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vorticoso.
L’ acqua, dall’immobilità all’eterno cambiamento.
- Premessa
«L’acqua che tocchi de’ fiumi è l’ultima di quelle che andò e la prima di quella che
viene. Così il tempo presente». (Leonardo da Vinci)
Ha svolto un ruolo fondamentale nella nascita delle antiche civiltà e, ancora oggi, é
considerata l' "oro blu", proprio per la sua importanza cruciale nella vita di tutti i giorni.
L'acqua é uno degli elementi più affascinanti presenti in natura.
Senza acqua non c'é vita e non é un caso che, fin dai tempi più remoti, sia stato attribuito
ad essa un alto valore simbolico, filosofico e religioso.
Anche nella storia dell'arte l'acqua é stata, in innumerevoli occasioni, la protagonista
principale di grandi capolavori, grazie appunto alle potenzialità simboliche, ma anche e
soprattutto estetiche, che la contraddistinguono.
Basti pensare ai riflessi e ai giochi di luce suggeriti nelle opere di Claude Monet, oppure ai
movimenti veloci e vorticosi del flusso dell'acqua che affascinarono Giacomo Balla o,
ancora, alle linee sinuose della corrente e alle trasparenze immortalate da Paul Gauguin.
Sul ruolo giocato dall'acqua nella storia dell'arte e nella letteratura intendo, dunque,
concentrare il mio lavoro: con questa tesina, infatti, ripercorrerò attraverso immagini e
parole la suggestione che l'acqua ha esercitato su alcuni grandi artisti a partire dalla fine
dell' ‘800.
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- Il mio percorso artistico attraverso l’acqua
«Cioè … vedete lì, dove l’acqua arriva … sale sulla
spiaggia poi ferma … ecco, proprio quel punto, dove
si ferma … dura proprio solo un attimo, guardate,
ecco, ad esempio, lì … Vedete che dura solo un
attimo, poi sparisce, ma se uno riuscisse a fermare
quell’attimo … quando l’acqua si ferma, proprio quel
punto, quella curva … è quello che io studio. Dove l’acqua si ferma.
(…)lì finisce il mare
immenso, l’oceano mare …» (Alessandro Baricco)
Il fascino che l’acqua esercita sulla mia personalità non nasce semplicemente in questa
occasione, per l’esame di maturità.
È qualcosa di ben più profondo, capace di stimolare la mia creatività a trecentosessanta
gradi.
A testimonianza di ciò qui di seguito ho pensato opportuno inserire, riprodotti, alcuni miei
lavori realizzati durante il quarto anno di scuole superiori.
Si tratta di uno studio di progettazione: il tema dato dall’insegnante era quello del
"movimento" e io ho deciso di utilizzare l’onda come simbolo di cambiamento, molteplicità,
trasformazione e continuità.
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-Tavole
Particolare
disegno definitivo onda con
particolare
matite acquerellabili
Particolare e vari moduli
simmetria bilaterale
Simmetria traslatoria
particolare simmetria
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simmetria radiale
simmetria traslatoria
e ripetizione ritmica
- L'acqua come impressione. L’esempio di Monet
«L'acqua, essendo un oggetto in continuo movimento, é un vero problema...Un
uomo può dedicare l'intera vita a un'opera simile». (Claude Monet)
Nel 1872 Claude Monet (Parigi 1840 - Giverny 1926) realizzò l'opera olio su tela intitolata
Impressione: sole nascente, oggi esposta al Musèe Marmottan di Parigi ma allora
stroncata dal noto critico Louis Leroy scrivendo che «una carta da parati al suo stato
iniziale é più rifinita di questa marina». Da allora la critica, con intenzioni ironiche, iniziò a
chiamare quelli che prima Emile Zola soprannominava come "naturalisti" col nome di
"impressionisti". Termine che, nel 1877 - nonostante la riluttanza di Degas poiché lo
riteneva senza senso - fu per la prima volta fatto proprio dagli stessi artisti, in una collettiva
intitolata Exposition des impressionistes. A questa collettiva parteciparono, tra gli altri,
Monet, Cézanne, Degas, Pissarro, Renoir e Sisley...Tutti accomunati dall'obiettivo di
catturare l'effetto complessivo - l'impressione, appunto - di una situazione naturale al di là
della restituzione analitica dei dettagli.
Cèzanne (Aix en Provence, 1839-1904) in particolare portò in mostra l'ormai celebre opera
Bagnanti mentre l'inglese Sisley (Parigi, 1839 - Moret sur Loing, 1899) espose il dipinto
Inondazione a Marly, dove l'artista metteva a punto le ricerche en plein air sui riflessi
dell'acqua già avviate da Renoir e Monet.
La mia attenzione si concentra su Monet, uno degli impressionisti più celebri, che con le
sue opere mise in atto una vera e propria ricerca estetica sull'acqua.
Monet é uno degli artisti impressionisti che applicò con maggior forza il principio del en
plein air, impegnandosi sin dagli anni ’60 con i suoi esercizi di effetti di luce e di colore,
attraverso i quali intendeva educare l'occhio a una visione "ingenua", ossia priva di
convenzioni rappresentative, basata esclusivamente sulla fedele registrazione delle
proprie osservazioni. Ciò che più conta, del resto, per gli impressionisti é l'impressione (il
termine deriva dal latino in, sopra e prèmere, schiacciare e rende, dunque, il concetto di
un atto o di una sensazione che viene a imprimersi nella nostra coscienza) che un certo
stimolo esterno provoca nell'artista che, partendo dalle sue personali sensazioni, dà il via
a una sintesi tendente a eliminare il superfluo per arrivare a cogliere la sostanza delle
cose, l'impressione pura. Da qui l'abolizione quasi totale di disegno e linee di contorno,
della prospettiva geometrica, la tendenza a non utilizzare più forti contrasti di colore
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chiaroscurali opponendo piuttosto l'idea di diluire il colore locale in accostamenti di colori
puri, nella convinzione che ogni colore non esiste di per sé ma in rapporto agli altri colori
che ha vicino. Infine, un'attenzione fortissima nei confronti della luce che cambia
continuamente determinando in noi una percezione diversa dei colori... É per questo del
resto che gli impressionisti cercano di realizzare le loro opere con maggiore
immediatezzapossibile: per dare allo spettatore l'impressione di un attimo fuggente.
Claude Monet, Ninfee 1906, 90x93, Olio
su tela, Chicago
Diletta Lodola, Studio Monet: Ninfee
2011/12, 40x40, Acrilico su tela,La Spezia
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Uno dei cicli più famosi di Monet ha come tema centrale le ninfee del giardino della casa di
Giverny che l'artista dipinse dalla fine dell' '800 fino alla morte, avvenuta nel 1926. Lo
stagno di Giverny - circondato da un giardino progettato dallo stesso Monet secondo
un'impostazione tipicamente giapponese - diventa il fulcro attorno a cui ruota tutta l'ultima
produzione dell'artista, con risultati, specie nelle tele più grandi realizzate dopo il 1917,
che
anticipano
l'astrattismo.
tema
Qui
il
dell'acqua
é
predominante,
del
resto
degli
visto
é
come
proprio
impressionisti,
che
uno
dei
presupposti di questi
artisti
é
rendere
la
transitorietà di tutte le
cose.
E,
sappiamo
bene, che l'acqua non
si acquieta mai, nel suo interminabile scorrere e mutare, nel suo continuo cambiare di
sfumature di colore. Non é davvero un caso che Monet, nel suo soggiorno a Venezia del
1908, sia rimasto folgorato dalla città lagunare, a cui dedicò il bel dipinto Palazzo Ducale
a Venezia, oggi custodito al Brooklyn Museum of art di New York. Scrive, egli stesso, in
riferimento al palazzo veneziano: «l'artista che lo concepì fu il primo degli impressionisti.
Lo lasciò galleggiare sull'acqua, sorge dall'acqua e risplende nell'aria di Venezia come il
pittore impressionista lascia risplendere le sue pennellate sulla tela per comunicare la
sensazione dell'atmosfera. Quando ho dipinto questo quadro é l'atmosfera di Venezia che
ho voluto dipingere. Venezia é l'impressionismo in pietra».
Nel suo piccolo Monet cercò di rendere tutto questo nel suo giardino della casa di Giverny,
con un laghetto di ninfee realizzato facendosi addirittura deviare un piccolo torrente di
nome Epte. L'acqua, calma e rasserenante, é la grande protagonista anche se viene
suggerita soprattutto attraverso il riflesso capovolto del cielo e delle fronde.
Scrive
Monet: «ho dipinto tante
di queste ninfee, cambiando sempre punto
d'osservazione, modificandole a seconda delle stagioni dell'anno e adattandole ai diversi
effetti di luce che il mutar delle stagioni crea e naturalmente, l'effetto cambia
costantemente, non soltanto da una stagione all'altra, ma anche da un minuto all'altro,
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poiché i fiori acquatici sono ben lungi da essere l'intero spettacolo, in realtà sono solo il
suo accompagnamento. L'elemento base é lo specchio d'acqua il cui aspetto muta ogni
istante per come brandelli di cielo vi si riflettono conferendogli vita e movimento. Cogliere
l'attimo fuggente, o almeno la sensazione che lascia é già sufficientemente difficile quando
il gioco di luce e colore si concentra su un punto fisso, ma l'acqua, essendo un soggetto
così mobile e in continuo mutamento è un vero problema... un uomo può dedicare l'intera
vita a un'opera simile».
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- Contestualizzazione storica.
Da Monet a Gauguin, la fuga dal mondo.
«Ma ciò che dice una donna all’amante appassionato, scrivilo nel vento e
nell’acqua rapida». (Catullo)
Il secondo Ottocento é segnato dal processo di industrializzazione che, già a partire dal
1700, iniziò a investire la società europea, ovviamente con intensità e soluzioni diverse a
seconda delle particolari situazioni locali. Ne conseguì la nascita di nuove città e la
trasformazione in centri urbani di borghi e paesi situati in zone strategiche da un punto di
vista commerciale e produttivo. Sugli intellettuali influirà molto - in chiave sia positiva che
negativa - il rinnovato ruolo delle grandi città, della condizione dei lavoratori, del paesaggio
urbano, l'esperienza della folla.
Così, se per alcuni la città diviene un polo d'attrazione, fonte di nuovi stimoli, di opportunità
lavorative... al contrario, per altri, la civiltà urbana si tramuta in un luogo da fuggire, alla
ricerca utopica di armonia e serenità.
Si spiega così il giardino giapponesizzante di Giverny di Monet, ma anche il viaggio di
Gauguin in Bretagna e in Polinesia, alla ricerca di modelli estetici ed esistenziali estranei
alla cultura occidentale moderna.
“Aha oe feii?” (Come sei gelosa ?), 1892 , Paul Gauguin
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- L'acqua come simbolo. L’ esempio di Gauguin
«Nulla è più duro d'una pietra e nulla più molle dell'acqua. Eppure la molle acqua
scava la dura pietra». (Ovidio)
Per indicare gli artisti che variamente ripresero gli impressionisti si suole parlare di "post
impressionisti", termine introdotto nel 1910 dall'artista e critico d'arte inglese Roger Fry
(Londra, 1866-1934). Alcuni di questi artisti (come Cézanne, Seurat, Gauguin) avevano
già partecipato a mostre impressioniste ma proseguirono la loro produzione più matura in
forme alternative all'arte di Monet.
I post impressionisti rimproveravano agli impressionisti di interessarsi esclusivamente di
quello che potevano vedere con i loro occhi. I post impressionisti, infatti, volevano
spostare l'interesse dall'ottico al concettuale. Caratteristiche accomunanti i post
impressionisti
erano, per esempio, il rifiuto della semplice impressione visiva e la
tendenza a cercare la solidità dell'immagine, la sicurezza del contorno, la certezza e la
libertà del colore...
Tra i più acuti interpreti del post impressionismo troviamo Gauguin (Parigi 1848- Hiva Oa
1903) particolarmente interessante per il tema qui proposto proprio perché in molte sue
opere incluse l’acqua come elemento pittorico.
“L’ onda” 1888
Paul Gauguin
49x58
Olio su tela
Collezione privata New York
“L’ onda” 2011/12
Diletta Lodola (studio su Gauguin)
35x45
Acrilico su tela
La Spezia
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Importante da analizzare al fine della mia ricerca é il dipinto L'onda che Gauguin realizzò
nel 1888. I motivi lineari attraverso cui l'artista realizza i gorghi dell'acqua, il punto di vista
notevolmente rialzato risentono dell'influenza della pittura giapponese, a quei tempi di
gran moda per via delle numerose stampe a colori che circolavano in tutta Europa. In
particolar modo il dipinto guarda alla lezione del grande Utagawa Hiroshige basti
confrontare il dipinto di Gauguin con l'opera Mare, luna e fiori: viaggio da Naruto ad Awa
realizzata nel 1857 dall'artista giapponese.
In maniera simile alla stampa
giapponese Gauguin realizza
l'incresparsi delle onde e i
piccoli
gorghi come se
si
trattasse di giochi lineari. La
schiuma che va a lambire gli
scogli resta chiusa entro una
sottile linea scura che la contorna. Dando vita ai movimenti ondeggianti dell'acqua.
Tuttavia nel quadro Gauguin non utilizza colori naturali: sembra anzi puntare
sull'innaturalità della composizione creando grandi zone piatte e giustapponendo colori
contrastanti tra loro: la spiaggia, per esempio, é rossa mentre l'acqua é gialla e verde.
Così l'artista riproduce la realtà non come la vedeva ( secondo il modello intrapreso da
Monet) ma bensì come la sentiva.
Cioè: sintetica, bidimensionale, soggettiva, innaturale …
L'acqua rappresentata da Gauguin é ben lontana dal senso di serenità e calma suggerita
nei dipinti di Monet: diviene invece "simbolo" della potenza irrefrenabile degli elementi
naturali.
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- L'arte giapponese. Approfondimento
«Anche sulle acque del fiume Sumida / la neve cadendo non riesce a sciogliersi /
oppure potrebbero essere gabbiani?».
(dalla poesia che compare in alto a sinistra di "Inverno", dalla serie "Famose vedute
di Edo nelle quattro stagioni", 1834-35, di Hiroshige)
Uno degli aspetti ricorrenti della ricerca artistica contemporanea é la necessità di superare
le forme tradizionali appartenenti alla cultura europea e attingere dal serbatoio di civiltà
lontane nello spazio e nel tempo.
Un fatto decisivo per l'arte occidentale, in questo senso, è stata l'apertura dei porti
giapponesi al commercio europeo, avvenuta intorno a metà '800.
La cultura giapponese, infatti, inizia a diffondersi prepotentemente in Europa attraverso le
Esposizioni Universali del 1862 a Londra e poi a Vienna nel 1873, fino a quelle parigine
del 1876, 1878, 1889 e 1890.
L'arte giapponese, inoltre, si diffonde anche attraverso alcune riviste che risentono del
giapponesismo sia per i criteri d'impaginazione sia per le illustrazioni che avevano come
protagoniste immagini o argomenti esotici: ne sono un esempio The hobby house, The
Studio, Pan e molte altre ancora...
Gli aspetti che gli artisti occidentali più ammiravano del giapponesismo riguardavano il
segno, la composizione, il colore, la tecnica utilizzata (in particolare l'immediatezza del
disegno a china attraverso l'uso del pennello), l'aspetto esotico e decorativo e l'eleganza
delle composizioni, sempre raffinatissime.
Una profonda attenzione era rivolta all'essenzialità delle forme: gli artisti occidentali, infatti,
guardano agli esempi giapponesi con uno spirito quasi liberatorio, amando molto ( specie
gli impressionisti, che cercano di rendere la visione in movimento) la composizione
asimmetrica delle opere, in cui le figure si possono muovere liberamente nello spazio:
qualcosa di molto lontano dalle pose accademiche tipiche della cultura occidentale, che
bloccava l'oggetto nella propria determinazione spaziale.
Insomma, il fascino del giapponesismo veniva inteso non solo come gusto esotico nei
confronti di una cultura lontana ma anche come vera e propria lezione di pittura.
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Non è dunque un caso che
tra
gli
artisti
rappresentativi
più
nella
collezione di Monet figuri
Hokusai
Katsushika
con
Sotto l’onda al largo di
Kanagawa
e Hiroshige
Utagawa, o che Van Gogh
invidi ai giapponesi il segno
rapido con cui tracciavano
le forme e la chiarezza esecutiva dichiarando
addirittura, a proposito di un suo famoso autoritratto,
di assomigliare a un monaco giapponese.
Numerosi poi sono i riferimenti stilistici all'arte
giapponese in Paul Gauguin e può essere utile
ricordare che, nel 1893, Pissarro si spinse a dire:
«Hiroshige é un meraviglioso impressionista».
E proprio Hiroshige é uno degli artisti giapponesi che
più mi interessano
al fine della mia
tesina.
Mary
McNeil Fenellosa moglie del più noto Ernesto Fenellosa, uno dei primi
specialisti occidentali in arte giapponese - in una
monografia del 1901 definì infatti
Hiroshige come
«artista della foschia, della neve e della pioggia». Per
capire un'affermazione del genere basta osservare
opere come Kanbara. Neve di sera o Shoro. Scroscio
improvviso: spesso, infatti, nelle opere dell'artista,
questi elementi appaiano fisicamente all'interno dei
paesaggi ritratti, di cui Hiroshige riesce a trasmettere
con abilità l'atmosfera all'osservatore.
Inoltre Hiroshige, in più di un'occasione, dipinse mari e fiumi giapponesi: basti pensare alla
bella serie Tra le cinquantatré stazioni di posta del Tokaido, composta da cinquantacinque
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fogli che rappresentavano, oltre alle cinquantatré
stazioni,
anche
una
stampa
raffigurante
Nihonbashi, il "ponte del Giappone" a Edo e da
un'altra dedicata al ponte sul fiume Kamo, a
Kyoto, andando così a delineare un percorso tra
le due capitali (Edo, che rappresenta il Nuovo
Giappone e Kyoto, che simboleggia la tradizione)
attraverso il Tokaido, che letteralmente significa
«la strada del mare orientale».
Interessante anche l'opera Il mare a Satta nella
provincia di Sugura, dalla serie Trentasei
vedute del monte Fuji: evidente qui è il richiamo
all'omonima serie di Hokusai, di oltre vent'anni
precedente.
Di grande ispirazione, in questo caso, é stata la Grande Onda di Hokusai
.
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- Contestualizzazione filosofica.
Lo “slancio vitale” di Bergson.
La definizione di un nuovo concetto di tempo portato avanti da Henri Bergson (Parigi,
1859 - Auteuil 1941) porta inevitabilmente ad una rinnovata visione dell’esistenza.
Henri Bergson, approfondendo l’indagine sul concetto del tempo, giunge ad una visione
originale e suggestiva che interpreta l’uomo, la natura e il mondo interno in chiave
spiritualistica, togliendo ogni residuo meccanicistico.
Egli si affida all’intuizione per cogliere la vita nell’immediatezza del suo fluire, il tempo della
coscienza è il flusso continuo senza distinzione di passato, presente, futuro
“è lo svolgersi di un rotolo, perché non c’è essere vivente che non si senta arrivare, a poco
a poco, al termine della parte che deve recitare …
è anche un arrotolarsi continuo, come quello del filo di un gomitolo, perché il nostro
passato ci insegue si ingrossa nel presente; coscienza significa memoria.
Per Bergson la vita è totipotenza cioè possibilità di divenire.
Ognuno di noi è un “frammento di vita”: potevamo essere diversi, ma siamo così non per
necessità ma per libertà dell’energia vitale.
«La vita è una corrente di coscienza (slancio vitale) “stream of consciousness”».
«La vita si presenta come una corrente che va da una cellula germinale all’altra con l’
intermediazione di un organismo sviluppato».
«La vita, sin dalla sua origine, è la continuazione di un solo e medesimo slancio che si è
diviso in linee di evoluzione divergenti».
«Quando parlo di un centro donde i mondi zampillerebbero come raggi di un ‘ immensa
girandola … non postulo tale centro come una cosa, ma come una continua sorgente.
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Dio,così definito, non ha nulla di completamente realizzato; è vita incessante, azione,
libertà».
«La vita ci appare complessivamente come un’ onda immane propagantesi da un centro,
onda che quasi ovunque sulla sua superficie d’ espansione si arresta mutandosi in
oscillazione locale senza progresso: in un solo punto l’ostacolo è stato abbattuto, la spinta
è passata liberamente, ed è da questa libertà che viene contraddistinta la specie umana».
«La vita intera sin dalla spinta iniziale che la introdusse nel mondo, sembrerà alla filosofia
intuitiva un’onda che sale e si oppone al movimento discendente della materia.
Sulla maggior parte della sua superficie di espansione a diverse altezze, la corrente è
dalla materia mutata in un vorticare su se stessa; in un solo punto ha libero sfogo, e
trascina con sé l’ostacolo, che appesantirà il suo andare, ma non perverrà ad arrestarlo. In
questo punto si trova l’ umanità, questo è il nostro privilegio. Del resto quest’onda che sale
è la coscienza».
«Il movimento di una corrente è distinto dal mezzo attraversato, benché debba
necessariamente assumerne le sinuosità».
Da «L’ evoluzione creatrice».
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- L'acqua come movimento vorticoso. L’esempio di Balla.
«Sabbia a perdita d'occhio, tra le ultime colline e il mare - il mare - nell'aria fredda
di un pomeriggio quasi passato, e benedetto dal vento che sempre soffia da
nord. La spiaggia. E il mare». (Alessandro Baricco)
É il 1909 quando Filippo Tommaso Marinetti pubblica su Le Figarò il Manifesto del
futurismo, firmato nel 1910 da Boccioni, Carrà, Russolo, Severini e Balla.
Il Manifesto si contrapponeva al cosiddetto "passatismo", ovvero la cultura tradizionale,
per promuovere un rinnovamento totale, tanto nell'arte quanto nella vita politica.
Un cambiamento che i futuristi reputavano inevitabile alla luce della nuova realtà della
civiltà industriale - caratterizzata dal predominio della macchina - e dai miti della velocità e
del progresso.
Tra tutti i futuristi, prendiamo in esame Giacomo Balla, autore di un'opera dedicata
all'acqua: Libecciata del 1919. Balla, che risente della tecnica fotografica di Anton Giulio
Bragaglia e dei suoi studi per riprodurre il movimento in fotografia (ovvero, la fotodinamica)
rappresenta il movimento con un approccio analitico, contemplando nel tempo lo
spostamento spaziale dell'oggetto.
Si tratta di una serie di dipinti elegantissimi che propongono il tema dell’irruzione cinetica
di un evento esterno nella natura, realizzati all’interno di una struttura vagamente liberty,
talvolta quasi monocromi o comunque realizzati in diverse tonalità di svariati colori.
Siamo nel 1919 e Balla si trova a Viareggio per due settimane, dal 15 sino alla fine di
settembre, con la moglie e le figlie, ospite di un’amica di famiglia di nome Elisa.
Nelle cartoline inviate a Livorno, all’attenzione di Virgilio Marchi (Livorno, 1895 - Roma
1960), uno dei più importanti scenografi e architetti italiani legati al secondo futurismo, e a
Roma, dove viveva la madre, l’artista descrive le sensazioni suggerite dalla vista del mare:
disegna schizzi colorati di vele al vento e dà vita a un nuovo ciclo: Le linee forza di mare
che segue quello della Linea di velocità.
Scrive Virgilio Marchi: «passava delle ore fermo sul molo prendendo appunti sui suoi
taccuini, su quei piccoli foglietti di carta segnava la cresta di un’onda, il disegno del ricamo
della spuma bianca del mare, la linea esatta di una vela, la forma di una nube
all’orizzonte, e quei piccolissimi segni erano la chiave con la quale lui solo sapeva aprire
la visione di nuove opere ispirate al mare».
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Particolarissime e interessanti inoltre, in queste opere, sono le cornici che racchiudono
l’opera, di cui diventano un’ideale estensione: per Balla, infatti, le cornici erano il modo per
far sì che la pittura uscisse dalla tela.
Le cornici regalano al dipinto una grande qualità decorativa, con le loro forme concave e
convesse, ondulate in modo da richiamare il soggetto dell’opera e rendere, attraverso
poche linee essenziali, il dinamismo.
Della serie delle Linee forza di mare di particolare interesse sono le Linee forza di mare
libecciata, significative specialmente per i colori intensi che tendono al verde scuro
marino, sintomo di una tempesta.
In primo piano si nota al centro l’apice dell’onda di color bianco ma con delle velature di
grigio mare e nella maggior parte si evidenziano delle linee sinuose più sottili e più
marcate di color grigio azzurrognolo. In primo piano si hanno delle onde definite e molto
articolate di un color verde scuro. La caratteristica principale di questo dipinto è data dalle
linee morbide e dal loro continuo ingarbugliamento,ò riuscendo a catturare il flusso
mutabile, in un continuo correre incessante del moto ondoso, rievocando così il diktat dei
futuristi per cui «tutto si muove, tutto corre, tutto volge al rapido».
Sullo sfondo si hanno sette imbarcazioni a vela ognuna delle quali distinta per forma, per
posizione, per i colori e per le differenti sfumature di grigio.
Anche il cielo si differenzia in singole forme, partendo dal color bianco più chiaro fino ad
arrivare progressivamente a colori più scuri.
L’elemento vitale unico è l’ acqua che racchiude la simbologia degli elementi visti come
potenze misteriose, con un’ ammirazione unita a timore primitivo che ci riporta al tema del
sublime di Caspar David Friedrich (es: Il monaco in riva al mare.)
Linee forza di mare (Libecciata) 1919
Giacomo Balla
70X100cm,85x115cm
Linee forza di mare (Libecciata) 2012
Diletta Lodola, Studio su G. Balla
40x50 cm
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(con cornice sagomata e dipinta da Balla)
Olio su tela
Collezione privata
(con cornice sagomata e dipinta da Lodola)
Acrilico su tela
La Spezia
particolare cornice sagomata e dipinta da Balla
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- Fonti
- Alessandro Baricco, Oceano Mare, Rizzoli Libri s.p.a. (edizione speciale per La
Repubblica), Milano, 1993
- Giorgio Cricco e Francesco Paolo Di Teodoro, Itinerario nell'arte Volume 3
Versione Maior, Zanichelli, Bologna.
- Giovanni Lista, Paolo Baldacci, Livia Velani, Balla. la modernità futurista,
catalogo realizzato in occasione della mostra realizzata a Palazzo Reale nel periodo
15 febbraio - 2 giugno 2008, Skira Editore, Milano, 2008.
- Domenico Massaro, La comunicazione filosofica, Volume 3 Tomo A, Paravia,
Torino, 2002
-Francesco Morena, Hiroshige, Artedossier, numero 254, Giunti editore, Firenze
- Henri Bergson, L'evoluzione creatrice, BUR Biblioteca Universale Rizzoli (Classici
del
(Pensiero), Milano, 2012
- Virgilio Marchi, Giacomo Balla in La stirpe, Roma 1928, pp. 159-163
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I miei ringraziamenti vanno ai miei insegnanti:
-Sonia Patrucco, Storia dell’ arte.
Ci siamo conosciute quest’ anno ma ha subito accettato questo mio progetto sull’
acqua nato già dai primi mesi della quarta liceo e quindi ha corretto le varie “ fasi”
della mia tesina fino alla stesura finale.
-Sandra Baccalini, Filosofia.
Sempre disponibile con la sua dolcezza è riuscita a farmi amare la filosofia e in
particolare per questo lavoro mi ha aiutato ad affrontare le tematiche di Bergson che
tanto si rispecchiano il continuo fluire dell’ acqua, cioè del soggetto da me trattato.
-Maura Jasoni, Discipline pittoriche.
In questi anni ha alimentato la mia passione per la pittura aiutandomi a prendere
piano piano sempre più quella fiducia in me stessa che spesso mi manca .
-Alice Barontini.
Un ringraziamento particolare va ad Alice Barontini, per me una meravigliosa
sorella maggiore, una proiezione di quello che vorrei essere “ da grande”.
Il suo grande amore per l’arte “contagia” chi le è vicino ed io ho veramente avuto
tanto da lei anche nello svolgere questa tesina.
Spero di averla sempre accanto nella mia vita e in quell’ immenso mondo di arte che
vorrei diventasse anche il mio.
Diletta Lodola
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