Julien Blaine e Marsiglia

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Julien Blaine e Marsiglia
Dal catalogo, JULIEN BLAINE, a cura di Enrico Mascelloni, Fondazione Berardelli, 2008
Julien Blaine e Marsiglia
di Sarenco
Marsiglia è Julien Blaine come Parigi è Jean-François Bory. Sintesi delle culture mediterranee, araba,
africana, siciliana, napoletana, corsa ed infine provenzale. Questa è Marsiglia, miei cari, culla della rivolta
e dell’emarginazione, delle vittorie storiche e delle miserie dell’angiporto. E’ la Marsiglia di Carlo Rim e di
Julien Blaine, di Gaston Defferre e del sottoscritto. Si, perché io mi sento un po’ marsigliese, lo confesso,
e ogni tanto, quando vado a trovare Julien al Moulin de Ventabren, lo convinco poi a passeggiare con me
al vecchio porto e passare davanti alla sede della Legione Straniera. La legione è il simbolo del poeta
clerico-vagante, della sua costante tensione verso i lidi inquieti della trasgressione delle barriere. Ecco:
commetti un omicidio, uccidi il tuo peggior nemico e poi ti arruoli e scompari per alcuni anni nei deserti
africani. Marsiglia conserva questo spessore, questa muffa dei ricordi e dei presentimenti. E di là c’è la
Corsica che ti aspetta, che se ne intende di poeti banditi. Non so perché ma tutte le volte che vado a
Marsiglia mi torna in mente “La complainte des infidèles”: musica di George Van Parys e parole di Carlo
Rim. “Amici, ascoltate il ritornello degli amanti randagi in preda ai tormenti.
Perché hanno amato donne infedeli che li hanno traditi ignomignosamente”. E’ l’idea del tradimento che
mi affascina a Marsiglia, l’idea del clandestino, di tutto ciò che può sparire senza lasciare tracce e ricordi.
E’ lo stagno di Berre con le sue saline, la montagna che sovrasta, l’isola del Chateau d’If, che ha
imprigionato poeti e libertini e a cui Man Ray ha dedicato una serie di splendidi disegni.
E’ la bouillabaisse che ha tutto il mare dentro e tutto il calore del vino bianco provenzale. Marsiglia, città
grande, puoi girarla a piedi in caduta verticale, dall’alto di Cours Julien al vecchio porto, traversando vicoli
oscuri e antri di contrabbandieri, tamburi arabi e la violenza del Mistral. Eccolo il Mistral, vento-poeta che
scombina le rime tranquille dell’associazione dei letterati della Costa Azzurra. Marsiglia è il suo vento.
“State attente, donne crudeli, che vi si faccia altrettanto. Il dolore non è eterno. Anche voi a vostra scelta
conoscerete disperazione e lacrime di gelosia. Cuore per cuore, dente per dente, questa è la legge degli
amanti”.
I “Poemi Metafisici” (che nulla hanno a che fare con De Chirico) (che sono molto meglio dei dipinti di De
Chirico perché sono più intelligenti) hanno preso la mano e la penna a Julien Blaine da alcuni anni a
questa parte. Oggi in Francia ci sono solo quattro grandi poeti: Julien Blaine, Jean-François Bory, Pierre
Garnier, Bernard Heidsieck. Vi sembra poco? Julien, l’astuto, è il primo in ordine alfabetico. Si è cambiato
nome apposta per non finire ultimo del poker. Lui si chiama in realtà Christian Poitevin. Avrebbe potuto
mettersi nome Ablaine, ma sarebbe stato troppo sfacciato ed il gioco era scoperto. Blaine va bene; è
giusto un posto prima di Bory. Jean-François è furioso e geloso come un pazzo per non essersi messo Ary
come nome d’arte. Garnier e Heidsieck l’hanno presa meglio e non si sono scomposti più di tanto.
L’astuto, il furbacchione marsigliese, dorme la notte con un occhio solo e col coltello fra i denti (quando
era Assessore alla Cultura e Vicesindaco del Comune di Marsiglia, i Burocrati dell’Arte e i Direttori di
Musei della Costa Azzurra si erano messi a studiare tutti i testi teorici usciti al mondo sulla Poesia Visiva).
L’antidoto al Paradiso è la Parodia.
Caro Julien, dovrei parlare di te, della nostra amicizia, del nostro lavoro comune che dura da più di
trent’anni. Ho appena scritto un’introduzione a un tuo bellissimo libro che è piaciuto enormemente (e
questo è la prima volta che succede) al mio fotolitista (mi ha detto infatti: “questo signore marsigliese,
oltre ad essere un bravo artista, è uno che ci capisce con i libri”).
Dovrei sottolineare il fatto che siamo due pazzi scatenati, due imbecilli che corrono da un appuntamento
all’altro, da una cena all’altra: e tutto per guadagnare quelle poche migliaia di euro che ci permettono di
realizzare noi stessi e di favorire i nostri amici del cuore.
Dovrei dichiarare che la migliore bouillabaisse del mondo l’ho mangiata con te al ristorante “La Mer” di
Marsiglia. Dovrei mettermi ad analizzare il perché dopo trent’anni di lavoro intenso, contrariamente a tutti
gli altri, non abbiamo raggiunto quel livello di successo tale da farci sentire importanti (ma sarà poi
vero?). Dovrei anche spiegarmi perché abbiamo affidato alla nostra paranoia il compito di fare il giro del
mondo. Dovresti anche dirmi perché, fin da giovani, ci siamo messi in arte invece che in politica o perché
non abbiamo seguito una regolare carriera universitaria. Dovresti anche dirmi perché tutte le volte che ci
siamo lasciati, ci siamo ritrovati subito dopo. Dovresti dirmi se è vero che “un poeta scrive per avere
qualcosa da leggere”. Dovresti parlarmi della nostra solitudine che cerchiamo continuamente di
esorcizzare frequentando cattive compagnie. Dovresti spiegarmi perché, tutte le volte che penso a te, mi
viene in mente un verso di Alexander Petofi: “non voglio imputridire come il salice nella palude, voglio
ardere come quercia tra le infiammate nuvole”. Dovresti anche dirmi se sei d’accordo con Milan Kundera
quando dice che “la vita è altrove” oppure con me quando dico che “l’altrove è vita”.
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