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160 DIREZIONE DEL PERSONALE TRIMESTRALE DI INFORMAZIONE E CULTURA DELL’ASSOCIAZIONE ITALIANA PER LA DIREZIONE DEL PERSONALE Dp dal 1980 NUMERO MARZO 2012 160 d 44 STRUMENTI IN ATTESA DI UNA RIFORMA CHE CAMBI GLI SCENARI 64 STORIE UN DIALOGO NEL BUIO PER VINCERE LE PAURE Direzione del Personale IDEE DIRETTORE DEL PERSONALE 72 IL TRA PASSATO E FUTURO Adattarsi al contesto in evoluzione. Sfruttare le nuove opportunità offerte dalla tecnologia. Ecco alcune delle sfide che dobbiamo affrontare METTIAMO A FUOCO LA SELEZIONE Siamo lieti di annunciare che Toffoletto e Soci e lo Studio del Prof. Avv. De Luca Tamajo e Soci si uniscono. 4 sedi, 90 professionisti e una nuova realtà per il diritto del lavoro italiano. { 53 SPECIALE Congresso AIDP 2012 Badesi } sommario editoriale 02. 2012 un anno selettivo di Maria Emanuela Salati coverstory 06. Selezione flessibile di Piergiorgio Argentero 10. La vita segreta delle parole al lavoro di Francesco Varanini 11. Alla ricerca della qualità perduta di Roberto Ferrari 14. Le regole per un buon inizio di Rafaella Mazzoli 18. Neolaureati cercasi da testare sul campo di Marina Pastorelli 21. Cacciatori sì, ma anche consulenti di Paolo Calori 22. Paura di volare di Enrico Cazzulani 24. L'assessment da sfogliare di Andrea Castiello d’Antonio 26. Quando la crescita passa dall'ascolto di Paolo Augugliaro 27. Signori, in carrozza di Luca Mori strumenti 32. MONDO LEGALE/1 Work in progress di Franco Toffoletto 36. MONDO LEGALE/2 Pensioni, si cambia di Pietro Gremigni 41. Un impegno da non sottovalutare di Maurizio Manicastri e David Trotti 42. Una pratica diffusa da gestire con attenzione di Bernardina Calafiori 44. In carcere per imparare di Maurizio Bertoli e Stefano Bertolina 47. La sfida della bellezza, oggi di Massimiliano Santoro 48. Le differenze che ci rendono uguali di Duilio Cau 50. Il gruppo nasce in armonia di Patrizia Farnetti e Ira Orsini 53. SPECIALE Congresso AIDP 2012 Badesi storie 62. Non sei felice? È anche colpa tua di Alessio De Santa 64. Un dialogo nel buio per vincere le paure di Roberto Monti idee 68. SGUARDI SUL PERSONALE HR: la trappola dorata di Maria Emanuela Salati, Julio Gonzalez e Giancarlo Traini 71. 2011, odissea nel lavoro di Francesco Caggio 72. Tra passato e futuro di Giuseppe Varchetta 75. A ognuno il suo mestiere di Marco Lombardi lettera del Presidente 76. Un contributo concreto di Filippo Abramo Dp d Direzione del Personale Direttore Responsabile Maria Emanuela Salati - Direttore Scientifico Paolo Iacci - Coordinamento Redazionale Sonia Rausa Rubrica Mondo Legale a cura di Paola De Gori - Comitato di Redazione Filippo Abramo • Domenico Butera • Andrea Camera • Lara Carrese • Enrico Cazzulani • Isabella Covili Faggioli • Paola De Gori • Massimo Ferrario • Julio Gonzalez • Marco Lombardi • Ernesto Longo • Ezio Nardini • Marina Pastorelli • Pietro Santi • Massimiliano Santoro • Gilda Serafini • Giancarlo Traini • Dario Tripodo • Claudio Tronconi • Giuseppe Varchetta • Cristina Volpi • Elio Vera • Danilo Villa Proprietà AIDP Associazione Italiana per la Direzione del Personale Direzione Redazione Pubblicità Via Cornalia, 26 - 20124 Milano tel. 02 6709558 - 02 67071293 Fax 02 66716588 - email [email protected] Registrazione Tribunale di Milano n. 386 del 17 ottobre 1981 - Periodicità trimestrale Progetto grafico e impaginazione Pub - www.pubcreativepublishing.it - Stampa Rubbettino industrie grafiche ed editoriali - Soveria Mannelli (Cz) Abbonamenti Rinnovo Italia 60 euro - Estero 70 euro - Nuova sottoscrizione Italia 70 euro - Estero 80 euro Arretrati (a copia) Italia 20 Euro - Estero 30 Euro - Gratuita ai soci AIDP IN COPERTINA Along the Wall. Berlin 2009 (particolare) di Alessandro Vicario - www.alessandrovicario.eu editoriale Direttore selezione, formazione e comunicazione interna di ATM di Maria Emanuela Salati { [email protected] 201 2 un anno SELETT è appena iniziato un anno che si preannuncia difficile. Ma è il momento giusto per far tornare ai giovani la fiducia nel lavoro. Come? Riscoprendo la valenza educativa della selezione, un momento decisivo ma spesso trascurato 02 «Comprendo e sento molto, in questo momento, le difficoltà di chi lavora e di chi rischia di perdere il lavoro, come quelle di chi ha concluso o sta per concludere la sua vita lavorativa » Giorgio Napolitano, discorso di fine anno, 31 dicembre 2011 «Ieri mi sono comportata male nel cosmo. Ho passato tutto il giorno senza fare domande, senza stupirmi di niente. Ho svolto attività quotidiane come se ciò fosse tutto il dovuto» Wislawa Szymborska IVO A ll’inizio di un anno che, se possibile, si annuncia ancor più pesante per l’economia rispetto a quelli che lo hanno preceduto, abbiamo scelto come tema del giorno uno strumento che sta alla base del mercato del lavoro: la selezione. Selezione è una parola chiave del management, che tuttavia sembrava ormai dimenticata (la nostra stessa rivista non ne parla da anni): quasi un lusso, in una fase di stagnazione del mercato. Ma è proprio ora che questo processo, se svolto al meglio, potrà rivelarsi decisivo per superare la crisi. La qualità del reclutamento sarà un elemento decisivo per guadagnare vantaggio, per scegliere persone che rimangano nel tempo, senza sprechi e investimenti a perdere. Ma non solo. Giovani senza sogni Il tema del lavoro e di come trovarlo è il vero problema di oggi e del prossimo futuro, soprattutto per i giovani. Ci troviamo di fronte non solo a una domanda debole e senza garanzie, ma anche a un’offerta di giovani sfiduciati che non credono nel lavoro. Ormai chiedere a un candidato in sede di colloquio quali Cari lettori La rivista che avete in mano - lo avrete notato - è una rivista nuova. È stata ridisegnata e ricalibrata per renderla più leggibile, più immediata nella consultazione, più semplice nella lettura. Inoltre con questo primo numero del 2012 Direzione del Personale torna ad avere una distribuzione indipendente, dopo anni di sinergia con l’Impresa. Questo cambiamento ci consente di consolidare quell’autonomia che ci ha sempre contraddistinto e che da più di trent’anni fa di Direzione del Personale un riferimento per il mondo delle risorse umane. Tante novità, insomma, ma non fini a se stesse. La nuova veste di Direzione del Personale, che peraltro non intende rinunciare al suo stile sobrio e di sostanza, rispecchia la scelta di una maggiore praticità per i suoi lettori: ad esempio attraverso sezioni chiaramente distinte, o una maggiore attenzione alla titolazione, che consentono di individuare immediatamente i contenuti salienti dell’articolo. Il tutto per accompagnare al meglio il ruolo che la nostra organizzazione vuole continuare a interpretare. sono i suoi progetti per il futuro è una domanda che genera sconforto per l’assenza di risposta. I giovani non sentono di potersi permettere più un progetto e tanto meno un sogno, e non credono più alle promesse delle aziende. Il 38% dei giovani trova ancora lavoro attraverso le conoscenze, il che non agevola né il merito né la mobilità sociale. Selezionatori più attenti Per questo riparlare di selezione oggi può voler dire parlare di un’etica della selezione che ha un fine più alto del mero “reclutamento”. Forse i selezionatori dovrebbero sentirsi responsabilizzati di una nuova e più alta missione, quella di far rinascere la fiducia nei loro candidati, di ricostruire quel filo spezzato tra giovani generazioni, mercato professionale e azienda. La ricerca di un lavoro (e non di un impiego, come dice Pierluigi Celli) è un momento molto delicato e denso di aspettative per tutti. Un momento di passaggio in cui ci si espone con più fragilità ma che può essere anche un momento importante di apprendimento. La vera sconfitta, se un colloquio “va male”, non è perdere il posto di lavoro, ma perdere l’occasione di imparare da questo evento. E noi selezionatori possiamo fare qualcosa: possiamo riscoprire una valenza educativa del momento di selezione in cui non vale solo la logica astratta di ciò che è utile all’organizzazione in quel momento, ma il saper “riconoscere” un candidato e mettergli a disposizione ciò che abbiamo potuto vedere di lui (così decisivo per il suo futuro) e ciò che possiamo osservare del mercato. Se servono competenze per misurarsi con la sfida di un mercato “mobile” come l’attuale (come la capacità di leggere i “segnali deboli” o di interpretare i sistemi relazionali complessi) abbiamo il dovere di informarne i nostri candidati, specie i giovani che non sono certo preparati dalla scuola ad affrontare il contesto lavorativo. E allo stesso modo occorre interrogarci su quali saranno le competenze chiave per il mondo di domani per il quale, ad esempio, i nativi digitali saranno molto meglio preparati di noi. Insomma: servono più aiuto, più autoconsapevolezza, più informazioni per orientarsi nel mercato del lavoro, più “tenuta antropologica” nell’incertezza. Per noi questo comporta qualche rischio in più, meno business, meno specialismo di facciata e più generosità. n 03 Partner in law. Davvero era necessario un nuovo studio legale? Uno dei tanti specializzati nel diritto del lavoro? Ma noi non siamo uno dei tanti. Siamo Lexellent. Di nome e di fatto. E non siamo nati ieri. In 4 soci sommiamo 216 anni di età, dei quali 116 di esperienza nel settore, iniziata nel 1975. La nostra forza di partner delle aziende, oltre alla competenza, oggi internazionale e completa, è sempre stata quella di aver voglia di ricominciare. Con l’entusiasmo degli esordienti. ‘Esordienti’ tra virgolette, naturalmente. Lexellent nasce da un’idea e dall’esperienza degli avvocati Benvenuto, Bergamaschi, Barozzi e Scherini. La nostra sede è in Via della Moscova 10, a Milano, MM Turati. A Roma siamo a Palazzo Valadier, Piazza del Popolo 18, M Flaminio. Tel. 02 8725171 | [email protected] | www.lexellent.it « coverstory {06. {10. Selezione flessibile di Piergiorgio Argentero} La vita segreta delle parole al lavoro di Francesco Varanini} {11. Alla ricerca della qualità perduta di Roberto Ferrari} {14. {18. Le regole per un buon inizio di Rafaella Mazzoli} Neolaureati cercasi da testare sul campo « {21. Cacciatori sì, ma anche consulenti di Paolo Calori} {22. {24. {26. di Marina Pastorelli} Paura di volare di Enrico Cazzulani} L'assessment da sfogliare di Andrea Castiello d’Antonio} Quando la crescita passa dall'ascolto di Paolo Augugliaro} {27. Signori in carrozza di Luca Mori} «L’uomo giusto al posto giusto: focus sul posto. / L’uomo giusto al posto che gli è giusto: focus sull’uomo. / Un pronome: / e cambia tutto» di Massimo Ferrario coverstor y la globalizzazione e i cambiamenti SELEZIONE FLES ‘ Docente di Psicologia del lavoro e delle organizzazioni Università di Pavia La sua attività di ricerca si è sviluppata principalmente su selezione, orientamento professionale, motivazione e soddisfazione sul lavoro. è inoltre autore di nove monografie e oltre 120 articoli. 06 L di Piergiorgio Argentero { [email protected] attuale momento economico porta con sé anche conseguenze, oggi molto evidenti e discusse in varie sedi, che si riflettono sulla gestione del personale. Per limitare le considerazioni sulle attività di selezione e assessment, e volendo approfondire in particolare alcuni problemi metodologici, è possibile individuare tre nuclei tematici principali, che si riferiscono alla globa- lizzazione delle attività economiche e industriali, all’utilizzo di strumenti valutativi online, alle problematiche etiche che ne possono derivare. 1. Mercati globali, strumenti locali Le organizzazioni che si muovono oltre i loro confini nazionali affrontano la necessità di implementare pratiche di gestione delle risorse umane, maturate in un contesto nazionale specifico, su scala mondiale. Alcune procedure e metodologie di selezione del personale sono state progettate e ideate per uno specifico contesto socio-culturale o per un certo gruppo di individui; ma strumenti sviluppati in un determinato Paese non possono essere utilizzati in altri senza essere sottoposti a un processo di verifica e adattamento locale. In generale, si dovrebbe migliorare la comprensione di cosa comporti l’impiego di metodi di selezione in contesti internazionali diversi da quello originario. È infatti necessario riuscire a sviluppare sistemi HR che possano essere utilizzati nei diversi Paesi riuscendo però, al contempo, a riconoscere le specificità delle singole realtà locali, valutando la reale trasferibilità delle procedure adottate. In effetti, molte esperienze indicano che la validità di una determinata procedura di selezione non è generalizzabile a situazioni diverse (per attività lavorative, gruppi professionali, organizzazioni e Paesi). Applicato a un contesto internazionale, questo significa che le procedure di selezione potrebbero essere valide in un certo Paese ma non in un altro, per più di una ragione. Possono essere innanzitutto presenti differenze nei quadri giuridico-normativi, per cui ciò che è consentito o praticato, in un certo paese, non lo è in altri. Per esempio, in Nord America viene posta grande attenzione nei processi di selezione per evitare discriminazioni su base razziale, di Le aziende multinazionali possono utilizzare le stesse procedure in tutti i Paesi? Gli strumenti di valutazione professionale presenti online sono affidabili? Due domande a cui è importante dare una risposta. Perché un errore può costare caro SIBILE etnia o di genere; una sensibilità, questa, che ha contribuito a sviluppare procedure obiettive di assessment come ad esempio, nel campo delle interviste di selezione, quelle strutturate. In altri Paesi, invece, le attività di selezione e assessment risentono di minori vincoli normativi: ad esempio in Giappone o in molti Paesi europei dove, anche se sono presenti degli standard “professionali”, questi non rappresentano obbligo di legge e, dunque, spesso non vengono adeguatamente osservati. Un secondo aspetto riguarda il grado di familiarità con i diversi metodi di selezione: la conoscenza di determinate procedure può determinarne l’utilizzo, a sfavore di strumenti alternativi e magari più rilevanti nel nuovo contesto. Naturalmente l’utilizzo di una meto- “Sono da tenere in considerazione i valori culturali caratteristici di uno specifico Paese e come questi possano determinare, nei candidati, l’accettazione dell’iter selettivo al quale sono sottoposti” dologia poco familiare in un certo Paese implica una maggiore attenzione nella formazione di chi deve impiegarla. Inoltre, sono da tenere in considerazione i valori culturali caratteristici di uno specifico Paese e come questi possano determinare, nei candidati, l’accettazione dell’iter selettivo al quale sono sottoposti. Nei Paesi in cui è presente una mentalità individualistica e orientata al successo personale, è possibile impiegare procedure di selezione altamente competitive e focalizzate sui risultati individuali, che non apparirebbero giustificate in altri Paesi in cui sia presente una cultura collettivistica volta a privilegiare comportamenti più cooperativi e collaborativi. Infine, l’utilizzo in Paesi diversi di strumenti sviluppati all’interno di un contesto specifico pone il doppio problema del contenuto di ciò che viene valutato e delle modalità di valutazione utilizzate. Mentre è ormai assodato che le seconde debbano subire un processo di adattamento locale, non è ancora del tutto noto se i costrutti misurati nei candidati di un certo paese possano anche essere ricercati e valutati in soggetti di Paesi culturalmente e socialmente molto diversi. Quando si fa riferimento in un certo ambito ad aspetti quali, ad esempio, l’”estroversione” o la “coscienziosità”, occorre essere consapevoli del rischio di darne una definizione particolare, “nazionale”, culturalmente determinata, e che per Paesi diversi può rendersi necessaria una sua ridefinizione, quanto meno in riferimento agli indicatori comportamentali che la contraddistinguono. ➤ 07 coverstor y la globalizzazione e i cambiamenti “Una cultura attenta agli aspetti tecnici dell’assessment potrebbe assicurare alle aziende un utilizzo di test e metodi adeguati” 2. Strumenti tradizionali, strumenti online Secondo recenti stime, sul mercato internazionale sono presenti più di 2.500 strumenti per la selezione del personale, la maggior parte dei quali sono disponibili su internet e, spesso, non rispondono ai criteri di qualità (validità e affidabilità) richiesti a uno strumento professionale di valutazione. La possibilità di somministrare test e questionari via internet conferisce un aspetto di legittimità anche a quelli privi di una reale validità, permettendo a chi non possiede sufficienti competenze specifiche di impiegare strumenti valutativi che non garantiscono risultati accettabili; è stato notato che, oggi, l’uso errato o impreciso di strumenti valutativi, più che l’eccezione, è diventata la norma, con costi elevati (anche se difficili da quantificare) Un processo, tanti strumenti per le aziende in termiLa selezione sta diventando un processo sempre più ni di decisioni errate sul strutturato e articolato che richiede senza dubbio l’intervento personale. Solo la difdi professionisti esperti. I quali si avvalgono di strumenti fusione di una cultura in grado di assicurare risultati obiettivi e facilmente valutativa attenta agli monitorabili. Tra questi strumenti figurano, ad esempio, aspetti anche tecnici test per valutare le attitudini e le abilità dei candidati; dell’assessment – ad questionari di personalità e motivazione per conoscere il opera di professionisti candidato dal punto di vista del suo stile di pensiero, del suo qualificati, società prorapporto con gli altri e sotto il profilo emotivo; esercizi di fessionali, editori con simulazione, individuali e di gruppo, finalizzati a misurare le esperienza nel settore specifiche competenze lavorative; colloqui e interviste che – potrebbe assicurare possono essere, ad esempio, di tipo motivazionale, mirati ad alle aziende un utilizzo esempio a valutare la coerenza tra la posizione da ricoprire di test e metodi di value le motivazioni e le esperienze del candidato, o strutturati tazione più adeguato al sulle competenze, con l’obiettivo cioè di verificare se il loro specifico contesto candidato possiede le competenze necessarie per ricoprire lavorativo. Ovviamente con successo quel determinato ruolo. 08 alcune particolari tipologie di strumenti di valutazione saranno sempre destinati a professionisti con specifica formazione teorico-pratica; tuttavia, alcuni test e questionari sviluppati appositamente per chi è privo di una specifica formazione professionale, ad esempio quelli utilizzabili nelle situazioni di selezione su grandi numeri di persone, è importante che garantiscano un livello accettabile (e documentato) di risultati per le aziende che li utilizzano, magari anche attraverso un minimo di formazione per l’utilizzatore. 3. Facilità d’utilizzo, standard etici La facile accessibilità a strumenti disponibili online implica anche alcune questioni etiche che interessano i professionisti qualificati che si avvalgono di internet nella loro pratica. Molte di queste questioni sono state definite in codici di condotta promossi da associazioni professionali presenti in diversi paesi del mondo, che hanno sottolineato alcuni importanti punti comuni e due elementi fondamentali. Un primo elemento è quello che limita l’utilizzo degli strumenti a chi effettivamente possiede i requisiti formativi necessari. Internet ha reso molto facile per chiunque pubblicare qualsiasi tipo di materiale. Questa possibilità ha portato molti a pensare in maniera errata che qualsiasi tool valutativo divulgato sul web abbia una sua validità, oppure che possa essere copiato e utilizzato a proprio piacimento, con il risultato che anche strumenti validi siano utilizzati in maniera erronea. È necessario dunque che gli editori e gli autori di strumenti per l’assessment aziendale LA SCHEDA mantengano i loro prodotti sotto stretto controllo e segnalino eventuali violazioni del copyright. Un secondo punto importante riguarda la necessità, per chi offre servizi di somministrazione, scoring e interpretazione di strumenti testistici, di descrivere accuratamente le finalità, le norme, la validità e l’affidabilità delle procedure impiegate, anche quando queste sono completamente automatizzate. Fornire, e richiedere, informazioni può essere fondamentale per superare la confusione che si osserva nella massa di proposte presente su internet (e non solo). Gli elementi di primaria importanza sono sicuramente quelli riferiti al processo di costruzione dello strumento, ai dati ottenuti, alla corrispondenza tra risultati del test/ questionario e risultati sul lavoro, all’equivalenza tra i test automatizzati e gli strumenti originari di tipo tradizionale. Andrebbero anche chiariti i limiti e i problemi relativi a un utilizzo on-line di strumenti valutativi. Dai punti fin qui richiamati, possono derivare alcune implicazioni per il ruolo degli specialisti che agiscono come consulenti nella selezione e nell’assessment del personale. Innanzitutto possono svolgere una funzione più attiva nel partecipare alla progettazione e al miglioramento dei processi di selezione, dando un contributo alle organizzazioni per sviluppare procedure selettive efficaci, attente anche ai vantaggi economici che queste possono comportare nel breve-lungo periodo e non solo immediato. Secondariamente lo specialista di selezione, interno o esterno all’organizzazione, può essere un facilitatore dei processi di valutazione in cui intervengono numerosi attori aziendali, che possono essere La selezione che parla arabo Una testimonianza di come cambia il processo di selezione da Paese a Paese? Ce la fornisce ATM, l’azienda di trasporto pubblico milanese che già da qualche anno gestisce la metropolitana leggera di Copenhagen e, da marzo 2011, anche il sistema metropolitano automatico del nuovo campus Princess Noura University, prestigioso ateneo femminile della capitale dell’Arabia Saudita, Riyadh. Il primo compito di ATM era selezionare il personale che poi si sarebbe occupato del servizio. Un lavoro tutt’altro che semplice: in Arabia, infatti, maschi e femmine non possono frequentare gli stessi luoghi. E quindi, in un'università femminile il personale di servizio non poteva che essere composto da sole donne. Altra piccola difficoltà: vincere la diffidenza iniziale delle donne e delle famiglie, visto che il mestiere di conducente della metropolitana è svolto perlopiù da personale maschile. «Ai colloqui – racconta Carlo Bianco, Responsabile ATM del progetto Riyadh – si presentavano o donne saudite, ovviamente ricchissime, annoiate dalla routine quotidiana o donne di altre nazionalità, egiziane o indiane ad esempio, più bisognose di lavoro». Niente affatto semplice, però, valutare donne il cui volto era completamente coperto dal velo. «Ci siamo avvalsi – continua Bianco – di una società di consulenza locale per una prima scrematura dei curricula, e poi ci siamo basati sui pochi elementi a disposizione: la conoscenza della lingua inglese e l’attenzione al linguaggio non verbale». assistiti nella loro attività di valutazione sia nella fase di concettualizzazione del problema, sia nei momenti di scelta di procedure e strumenti. Sono molti, come si è visto, i problemi da tenere in considerazione che possono influenzare gli esiti della selezione, ed è opportuno presentarli agli attori coinvolti nel processo di selezione affinché ne siano consapevoli. Anche nella fase conclusiva della valutazione, in cui il processo di decisione finale viene normalmente condotto dal management, lo specialista può offrire un contributo di metodo utile per ridurre i rischi di una decisione errata. n 09 coverstor y LINGUAGGIO IN UFFICIO La vita segreta delle parole al lavoro Manager e dirigenti parlano in codice. Parole talvolta poco intellegibili ai non addetti, spesso prestiti dall’inglese. Ma non si tratta di semplici convenzioni G « Viaggio intorno all’azienda La vita in azienda è fatta di comunicazione. La comunicazione è fatta di parole. Termini oramai codificati, entrati nel gergo e nel clima di ogni organizzazione. Conoscere il significato delle parole che usiamo quotidianamente vuol dire riappropriarsi delle proprie azioni. E scoprire che ogni parola non corrisponde a una semplice convenzione, perché ha una sua storia, spesso sorprendente. «Ogni voce – scrive Francesco Varanini in Nuove parole del manager (Guerini e associati, euro 16,50) – è una narrazione con un suo ritmo, un suo sviluppo». iovanotto, posso chiedere informazioni su di lei a chi di dovere?», chiede il libraio. «No, signore», risponde il ragazzo in cerca di lavoro, Simon, un trasparente alter ego di Robert Walser, eccentrico narratore svizzero, autore dei Fratelli Tanner (1907). «Le informazioni di regola non valgono un soldo bucato», continua Simon. «Se lei pensa di impiegarmi, la prego di dimostrare un po’ più di coraggio della maggior parte degli altri padroni coi quali ho avuto a che fare, e di assumermi semplicemente in base all’impressione che le faccio». Il datore di lavoro è sorpreso. Ma riflette. La proposta è strana, ma vantaggiosa. «La sua sincerità mi piace, la farò lavorare otto giorni in prova. Se lei vale qualcosa, se le andrà di rimanere ancora da me, ne riparleremo insieme». Simon sceglie, non subisce scelte altrui. Dall’idea espressa dall’indeuropeo leg-: “cose raccolte per uno scopo”, discendono lexis: “discorso”, logos, “parola”. E lignum: “legna da ardere”, in origine “ciò che viene raccolto”. Di qui legere, “raccogliere le parole”. E quindi eligere (ex legere), “scegliere tra”. E ancora seligere (sed ligere), “scegliere “Con il tempo abbiamo capito che Darwin, più che di scelta, ci parlava di adattamento. Sopravvive chi trova l’ambiente adatto, chi si adatta all’ambiente ’’ 10 Francesco Varanini [email protected] consulente, formatore, docente universitario, giornalista e critico letterario esperto di letteratura ispanoamericana allontanandosi da”: da un esempio, da un modello. Di qui il latino selectio. Che riappare nelle lingue moderne come termine scientifico. è Darwin a coniare nel 1857 l’espressione natural selection, originariamente in italiano selezione naturale. Con il tempo abbiamo capito che Darwin, più che di “scelta”, ci parlava di “adattamento”. Sopravvive chi trova l’ambiente adatto, chi si adatta all’ambiente, e anche - per i neo-darwinisti del ventesimo secolo - chi meglio adatta l’ambiente a se stesso. Qualcosa in più ci dice il reclutamento. Poco importa se abbiamo relegato la parola italiana nel vecchio lessico militare, e preferiamo recruitment. Inglese e italiano derivano dal francese recrue, “ricrescita”, “ricrescita delle forze armate”, prima in senso collettivo (1550), e poi rivolta alla scelta attenta della singola persona (1824). Il recruitment, in fondo, conferma la selection intesa come adattamento: ci parla di alimentazione di un sistema aperto. Far continuamente ricrescere il gruppo di persone che lavorano in una organizzazione. Arare e concimare per favorire lo sviluppo. E potare magari, come quando si devono “tagliare” risorse. Crescere, non a caso, discende dalla radice indeuropea kre-, da cui cereale, ma anche creazione. La “ricrescita” porterà alla fioritura, e darà frutti solo al termine di un ciclo che ha i suoi tempi e le sue intrinseche leggi. Un ciclo che non può essere ignorato o contraddetto. n Tratto da: Nuove parole del manager. 113 voci per capire l’azienda coverstor y AZIENDE E CONSULENTI Alla ricerca della qualità perduta Gli specialisti aziendali della selezione potevano contare sull’aiuto di altri professionisti esterni. Oggi l’arrivo di nuovi strumenti (web) e una maggiore attenzione ai costi hanno cambiato le cose. Ma non sempre in meglio ‘ Responsabile Area Sistemi manageriali e servizio in outsourcing di Ismo Pluriennale esperienza prima come professional, poi come HR manager in multinazionali italiane, statunitensi e giapponesi. C di Roberto Ferrari { [email protected] era una volta… “l’uomo giusto al posto giusto”, motto della selezione nei manuali di gestione del personale, nei documenti dei corsi per selezionatori, nel comune dialogo tra HR e manager. Motto impreciso: il posto “giusto” non c’è, l’uomo “giusto” nemmeno. Ma la prassi di identificare il profilo ideale del ruolo professionale o manageriale da ricoprire, la ricerca di fonti e canali appropriati per reclutare candidati “in linea con il profilo” erano comportamenti ricorrenti dei recruiter delle funzioni risorse umane, che a volte si avvalevano di consulenti di selezione o head hunter. La relazione interfunzionale tra la linea (capo diretto del futuro neoassunto) e la funzione hr (specialisti della selezione) ha da sempre generato conflittualità sui tempi (la linea chiedeva candidati “per ieri”, la funzione hr voleva stanziare un tempo adeguato al processo), sui contenuti (la linea voleva il “più esperto”, quasi in valori assoluti, gli specialisti della funzione del personale cercavano un equilibrio tra domanda e offerta di lavoro), sulle retribuzioni (per la linea l’urgenza di inserimento giustificava stipendi più elevati del valore del ruolo ricoperto, per l’hr l’equità era un “vincolo” non superabile). I selezionatori della funzione del personale spesso si avvalevano di buoni rapporti di partnership con società specializzate in consulenza di selezione, che supportavano non solo il processo di selezione, ma anche l’integrazione interfunzionale della committenza. Gli specialisti aziendali di selezione potevano contare su un’ampia gamma di consulenti, a seconda dei profili di ricerca, del livello gerarchico, del settore merceologico di ➤ “I selezionatori della funzione del personale spesso si avvalevano di buoni rapporti di partnership con società specializzate in consulenza di selezione, che supportavano non solo il processo di selezione, ma anche l’integrazione interfunzionale della committenza” 11 coverstor y coverstor y AZIENDA E CONSULENTI “La quantità di ricerche di personale è diminuita negli ultimi anni per le difficoltà economico-finanziarie delle imprese, ma ciò che appare maggiormente in crisi è la qualità” riferimento, dei costi fissi e variabili della consulenza stessa. La funzione hr poteva contare su una molteplicità di consulenti di selezione che garantiva notevole specializzazione ed evitava monopoli di fornitura. Spesso tra committenza e consulenza si consolidava una relazione professionale di una certa stabilità, basata sulla conoscenza reciproca e sulla fiducia. La situazione attuale Nel recente passato l’attenzione delle funzioni hr e della linea manageriale è stata posta innanzitutto sulla sostenibilità di poter avviare ricerche di personale in momenti di crisi. La quantità di ricerche di personale è diminuita negli ultimi anni per le difficoltà economico-finanziarie delle imprese, ma ciò che appare maggiormente in crisi è la qualità dei proIn aiuto delle imprese cessi, dei sistemi e degli Negli ultimi anni, vista la complessità del processo strumenti di selezione. di selezione e le minori risorse a disposizione delle aziende, Numerose criticità casono diventate sempre più protagoniste le agenzie ratterizzano questa vaper il lavoro, che affiancano le imprese alla ricerca di nuovo lutazione. Innanzitutto personale, anche per quanto riguarda i profili medio-alti. le fonti. Molte società di Fino a pochissimi anni fa il core business delle agenzie somministrazione di laper il lavoro era quasi esclusivamente la somministrazione, voro hanno sostituito i un contratto che prevede l’assunzione del lavoratore presso consulenti di selezione, l’agenzia, che poi lo “impiegava” presso un’azienda che specie per le tipologie di lo richiedeva e con cui l’agenzia stipulava un contratto ricerca di profili mediodi lavoro. Oggi queste agenzie hanno allargato il proprio bassi. A volte vengono portfolio di servizi e sono molto attive – oltre alla fornite candidature che somministrazione di lavoro – anche nel servizio di ricerca per uno, due, tre mesi e selezione finalizzato all’assunzione, a tempo determinato lavorano presso il como indeterminato, del candidato in azienda. 12 mittente. Se la prestazione è ok, l’azienda assume direttamente. Lo screening avviene “sul campo”. Infatti a volte si inseriscono due o tre persone. Chi performa meglio viene “stabilizzato”. La consulenza è gratuita (o quasi). Numerosi professional aziendali di selezione si rivolgono alle major companies di somministrazione, anche per risparmiare tempo e prevedere budget molto contenuti per realizzare processi di recruitment che possono basarsi sull’enorme quantità di candidature. Grandi velocità, qualche volta sbrigatività: «tanto… se non va, è prevista la sostituzione». La non esclusività dell’incarico Alcuni committenti hanno convinto certi consulenti di selezione che a volte l’incarico non possa essere assegnato in esclusiva. La motivazione risiede nella volontà di percorrere più strade, più conoscenze, più canali con tempestività, contestualmente e con ampia copertura del mercato del lavoro. Nei casi di questa natura si generano potenziali conflitti concorrenziali tra i consulenti e precarietà nella relazione con la committenza. Ma ciò che non appare è il problema più grave. Numerosi manager e professional ci hanno raccontato di recente di essere stati contattati da tre società di consulenza quasi contestualmente e dall’azienda stessa direttamente! Le conseguenze generano negatività nella relazione istituzionale, incomprensioni sui punti di riferimento, qualche aggressività in caso di insuccesso e qualche dubbio sull’etica professionale. Il problema del success fee Con una certa frequenza accade di incontrare richieste di collaborazione consulenziale per il recruitment subordinate all’accettazione del “compenso a risultato”. è noto che in una certa misura quasi tutti i contratti di consulenza di selezione hanno previsto e prevedono step graduali di riconoscimento dei compensi alla società incaricata di supportare la committenza. Come è noto, di solito gli step sono: 33% all’assegnazione dell’incarico, 33% alla presentazione della “rosa finale”, 34% all’assunzione del candidato prescelto. Vi è inoltre l’impegno a effettuare, senza altri oneri per il committente, una nuova ricerca nel caso in cui la persona assunta risultasse inadeguata o lasciasse la società durante il periodo di prova. Il success fee cui tendono sovente i committenti oggi intende invece riconoscere il compenso solo se il candidato presentato dalla consulenza verrà assunto, senza acconti intermedi. A volte non viene concessa l’esclusiva. è opinione diffusa tra parecchi consulenti di selezione che tale formula “deresponsabilizzi” il committente, che si sente relativamente poco impegnato nel favorire le condizioni più appropriate per attuare un processo di selezione organico, ben tempificato, efficace. è tra l’altro possibile che tale formula “deresponsabilizzi” anche il consulente, il quale al momento dell’acquisizione della commessa di selezione accetta l’incarico per ampliare potenzialmente il volume di affari e successivamente disinveste sui progetti a maggior rischio (quelli a success fee appunto) per concentrare le attenzioni su quelli a “valore”. L’e-recruitment: croce e delizia Da molti anni i selezionatori (aziendali e non) possono beneficiare di strumenti di supporto web-based che hanno consentito di velocizzare il processo di comunicazione della domanda di lavoro, di intercettare tempestivamente l’offerta, di ridurre significativamente i costi e gli investimenti per le notorietà della ricerca, per la Al lavoro vince... l’amore Attitudini. Conoscenze. Professionalità. Sono tanti gli aspetti che un selezionatore deve tenere in considerazione quando si appresta a scegliere un candidato. Ma sapere se una persona è produttiva pare sia molto più semplice: basta chiedere se è innamorata. Così, almeno, sostiene una ricerca condotta da una nota agenzia per il lavoro francese su oltre 1.100 impiegati e candidati italiani e 100 responsabili hr di aziende clienti. L’85% degli impiegati intervistati e l’87% dei responsabili hr, infatti, è certo che l’amore abbia un effetto positivo sulla produttività lavorativa, perché la serenità favorisce la produttività. Però le stesse persone dichiarano che i single hanno più possibilità di fare carriera rispetto agli altri. L’amore fa bene alla produttività e non alla carriera? raccolta e la gestione delle candidature. Tutto ciò rappresenta un punto forte del recruitment grazie all’uso delle tecnologie informatiche. Non mancano però alcune criticità che influenzano l’efficacia del processo di selezione con l’uso di tale strumento: 1. l’acquisizione delle candidature è quantitativamente rilevante e lo screening è assai oneroso, in quanto una prima selezione dei cv è fortemente time consuming; 2. l’enorme facilità di risposta genera risposte multiple dei candidati che, spesso, in occasione di un primo contatto con la committenza o la consulenza non ricordano di aver risposto all’annuncio; 3. l’e-recruitment in virtù di un costo contenuto e di una velocità di contatto rischia di diventare “il canale” del recruitment, cioè la “moda” di riferimento cui non ci si può sottrarre, limitando quindi la ricerca diretta, le relazioni professionali, altre forme di placement. Possiamo migliorare in futuro? è quasi certo che non ci ritroveremo nelle situazioni espansive del mercato del lavoro che abbiamo vissuto negli anni ‘70 e ‘90 dello scorso millennio. è altrettanto indubitabile che le imprese avranno sempre bisogno di inserire nuove risorse nel proprio organico per un naturale ricambio e per situazioni in crescita. Il miglioramento necessario nella definizione e gestione dei processi di selezione rispetto alla situazione attuale sarà possibile, a mio parere, se i vari ruoli coinvolti sapranno ricercare “maggiore parità”. Cioè meno subalternità tra selezionatore e candidato (reciproca, peraltro), tra committenza e consulenza, tra linea manageriale e funzione hr. Saper costruire una nuova relazione di interdipendenza e di fiducia potrà restituire alla selezione del personale quel ruolo relazionale, di scambio, di “misurazione reciproca” che recenti eventi hanno fatto un (bel) po’ svanire. n 13 coverstor y Integrazione di risorse manageriali le regole per un buon inizio L’inserimento di un nuovo professionista in azienda è un momento delicato. Sia per la persona, sia per l’impresa. Strumenti idonei aiutano tuttavia a gestire efficacemente di Rafaella Mazzoli ‘ Executive Search Consultant di Egon Zendher International Egon Zendher International è una società fondata del 1964 con una chiara visione: mettere al primo posto gli interessi dei propri clienti, consentendo loro di accrescere il proprio valore attraverso il reclutamento di management di alto livello. Oggi può contare su 410 consulenti dislocati in 38 paesi. 14 L { [email protected] integrazione di risorse manageriali in azienda dall’esterno è un momento delicato sia per la persona che entra nella nuova realtà aziendale sia per la società che la accoglie. I fattori concreti che aumentano la com- plessità dell’inserimento – e il livello delle aspettative – possono essere diversi: un nuovo incarico che copre geografie non conosciute; il mandato di portare forte cambiamento; l’ingresso in un’azienda in evoluzione; l’inserimento in un’azienda familiare per chi ha operato in aziende multinazionali. In tutte queste situazioni, gli obiettivi cui puntano sia l’azienda sia il manager inserito sono la piena efficacia nel ruolo nel minor tempo possibile. Il manager dovrà dimostrare da subito la capacità di focalizzarsi sulle giuste priorità dando prova del suo potenziale e ripagando l’investimento che l’azienda ha fatto su di lui. Ciò vale ancora di più per le posizioni senior. Ottenere questi benefici in modo rapido è l’obiettivo di tutti, ma nella pratica può rivelarsi difficile. Abbiamo esperienza diretta del problema: ricerchiamo sul mercato risorse da inserire in azienda, e, in molti casi, assumiamo anche l’incarico specifico di supportare l’inserimento. I casi di maggior successo sono quelli in cui riusciamo ad applicare un processo rigoroso che consente di accelerare l’integrazione della persona nella nuova situazione lavorativa. Ogni integrazione è a suo modo unica, però possono essere individuati alcuni momenti chia- ve e, in parallelo, strumenti idonei per gestire efficacemente ogni fase. Iniziamo dal definire il successo: un’integrazione ben riuscita si misura attraverso la velocità con cui il manager inserito riesce a impadronirsi di cinque aspetti fondamentali: 1. assumere la leadership operativa: mostrare di essere padrone delle leve operative del ruolo, attribuendo, in modo graduale, le giuste priorità. Nei casi migliori, il manager si concentra da subito sulle priorità e mostra in questo modo padronanza del ruolo e credibilità; 2. prendere la guida del team: conoscere il team e guidarlo. Nei casi migliori, il manager in breve tempo sviluppa una connessione personale con il team, ne padroneggia le dinamiche e interviene quasi da subito per introdurre miglioramenti; 3. allinearsi con gli stakeholder: accertarsi che i propri obiettivi di business e personali siano allineati con le aspettative dei decisori chiave, costruendo progressivamente l’allineamento. Nei casi migliori, il manager dedica attenzione a questo aspetto anche prima di entrare in azienda, ne fa oggetto di indagine esplicita, ed è in grado di posizionarsi correttamente da subito; 4. inserirsi nella cultura: capire le regole – scritte e non scritte – di “come ci si comporta” in quella azienda. Nei casi migliori, il manager entra in azienda avendo già sviluppato una sensazione di come comportarsi, quindi è percepito da subito come un elemento costruttivo e integrato con la cultura; 5. definire una strategia di lungo termine: capire e comunicare quali saranno le azioni da realizzare per portare risultati nel medio-lungo termine. Nei casi migliori, il manager ha già una visione strategica sul lungo termine fin dai primi giorni in azienda, e la usa esplicitamente per dare forma al proprio comportamento. Prima del debutto La strada per il successo passa da azioni che partono già prima dell’inserimento del manager. Quando interveniamo per accelerare l’integrazione di un manager che abbiamo selezionato, raggruppiamo le attività in tre fasi distinte: 1. la preparazione dell’inserimento: investire ex ante sul successo. In questa fase il manager ha l’unica chance di riflettere, prima di trovarsi travolto dal day-by-day, su aspetti chiave come l’allineamento con gli stakeholder, le specificità della cultura e la strategia di lungo termine; “La diagnosi della cultura aziendale e il confronto con la cultura di provenienza consentono di evidenziare le possibili trappole comportamentali da evitare e i comportamenti che saranno apprezzati dall’organizzazione” Manager in rosa? Quanta strada da fare... Lo chiamano “tetto di vetro”. È il fenomeno per cui, a parità di competenze e potenziale, le donne manager non riescono ancora oggi a raggiungere gli stessi livelli gerarchici dei colleghi uomini. Il motivo? Fondamentalmente culturale. Perché l’integrazione delle risorse manageriali in una nuova azienda passa anche attraverso il riconoscimento del valore specifico che le donne dirigenti possono offrire. Lo scorso novembre il quinto Forum Cultura d’impresa organizzato dal Sole 24 Ore ha fatto luce sul tema della leadership femminile. Ricordando come, a fronte di un tasso di occupazione che distanzia le donne dagli uomini di 13 punti percentuali e di retribuzioni nettamente inferiori per le signore a parità di mansioni dei colleghi di sesso maschile, la redditività delle aziende con un miglior equilibrio tra donne e uomini nel top management sia statisticamente migliore. La leva da azionare? Costruire nuovi paradigmi di gestione delle risorse umane, hanno spiegato i relatori. 2. i primi trenta giorni: massimizzare l’impatto iniziale. Le prime azioni che il manager realizza avranno un’influenza sproporzionata su come la persona sarà percepita, quindi sono un elemento cardine per l’integrazione; 3. dai 30 ai 90 giorni: dimostrare la capacità di ottenere risultati. Il manager deve mostrare di aver individuato azioni che impattano sui risultati di business. Le fasi precedenti servono a ridurre il tempo per arrivare a questa fase. Mappare i collaboratori Nella fase di preparazione dell’inserimento, sono consigliati strumenti idonei a rendere esplicite e trasferibili al manager informazioni normalmente “nascoste” nelle pieghe del funzionamento aziendale. Ad esempio la “diagnosi” della cultura aziendale e il confronto con la cultura di provenienza della persona consentono di evidenziare le possibili trappole comportamentali da evitare e i comportamenti che saranno apprezzati dall’organizzazione. In molti casi, l’organizzazione che riceve il manager vuole utilizzare l’inserimento anche per far evolvere la propria cultura: in questi casi, è utile descrivere anche la cultura “obiettivo”, per individuare e condividere gli elementi su cui il nuovo manager può incidere positivamente. Suggeriamo di utilizzare strumenti di “mappatura” sia degli stakeholder chiave e delle loro attese, sia del gruppo dei collaboratori e delle sue dinamiche. Questi strumenti consentono di esplicitare una serie di elementi “soft” preziosissimi per il manager, permettendogli di posizionarsi in modo rapido e coerente verso gli stakeholder, di acquisire credibilità con i collaboratori e padronanza delle dinamiche del proprio team. Inoltre, è opportuna una tempestiva riflessione sull’impostazione dell’agenda dei primi giorni, per iniziare velocemente a concentrarsi sugli interlocutori e sulle attività essenziali per conseguire gli obiettivi del ruolo e rassicurare l’organizzazione mediante comportamenti coerenti e focalizzati. Nei primi trenta giorni, il manager inserito inizia a gestire il business, ma contemporaneamente continua il suo percorso di apprendimento. In questa fase suggeriamo strumenti che consentono al manager di acquisire efficacia sugli aspetti chiave della gestione, in particolare: 1. analisi degli early wins, ovvero una riflessione sull’identificazione di azioni che possono essere ➤ 15 coverstor y integrazione di risorse manageriali INTERVENTO IN TRE FASI PER ACCELERARE L’INTEGRAZIONE NEL NUOVO RUOLO Leadership 1 operativa Guida 2 del team con 3 Allineamento gli stakeholders Integrazione 4 nella cultura Focus sul 5 lungo termine Veloci. Ma con metodo Cosa si chiede a un manager appena arrivato in azienda? Di integrarsi nel nuovo ruolo il più velocemente possibile, individuando subito le priorità sulle quali focalizzarsi. Una missione davvero difficile. Però è possibile ottenere un buon risultato basando le proprie azioni su un processo rigoroso in grado di individuare e definire i momenti chiave dell’integrazione e fornire gli strumenti idonei per gestire in maniera efficace ogni fase. FASE 1 PReparazione FASE 2 30 giorni FASE 3 90 giorni Investire sul successo Massimizzare l’impatto iniziale Dimostrare la capacità di ottenere risultati analisi della situazione check a 30 giorni review a 90 giorni diagnosi culturale primi successi mappatura degli stakeholder workshop con il team analisi del team priorità e decisioni dei “primi giorni” messe in campo da subito per ottenere risultati e allo stesso tempo consolidare la credibilità del manager, in quanto chiare e coerenti con le aspettative degli stakeholder; 2. analisi e miglioramento delle dinamiche di team, tramite ad esempio interviste ai principali collaboratori e un workshop di discussione tra collaboratori e manager, per rendere esplicito ciò che funziona e ciò che va messo a punto. A valle dei primi 90 giorni, l’attività che consideriamo fondamentale è raccogliere un feedback approfondito sui primi tre mesi di attività del manager per capire quali sono stati i risultati ottenuti, sia per quanto concerne il business, sia per le dimensioni soft, quali la guida del team, l’allineamento con gli stakeholder e l’integrazione con la cultura aziendale. Tutti questi strumenti si basano sulla stretta collaborazione tra manager inserito, hiring manager e HR manager, che devono essere disposti a discutere apertamente e genuinamente su temi a “Spesso in azienda è difficile rendere esplicite le dimensioni soft che tutti danno per scontate; per farle emergere è necessario un rapporto di stretta fiducia tra tutti gli interlocutori” 16 volte delicati. Peraltro, l’investimento fatto dall’azienda in questa fase si ripaga immediatamente in termini di rapido return on investment. In questa fase, il nostro ruolo è quello di facilitatori di questo sensibile dialogo, grazie alla fiducia che ci concedono sia l’azienda, sia il manager che abbiamo selezionato. Integrazione: serve il facilitatore In conclusione: le nostre osservazioni sul campo ci portano a ritenere che adottare un approccio strutturato come quello che abbiamo descritto consente una riduzione drastica nei tempi di integrazione, fino a dimezzarli rispetto alla norma. Talvolta l’importanza del processo di integrazione è sottovalutato, sottostimando i benefici derivanti da una rapida integrazione. Spesso in azienda è difficile rendere esplicite le dimensioni soft che tutti danno per scontate; per farle emergere è necessario un rapporto di stretta fiducia tra tutti gli interlocutori. Inoltre, nella maggior parte delle aziende – non solo italiane – è difficile trovare una solida “cultura del feedback” che consente di fornire esplicite indicazioni su aree di forza e di sviluppo senza che ciò venga percepito come una “aggressione” all’individuo. A volte, molto semplicemente, c’è difficoltà nel trovare il tempo di allineare tutte le parti coinvolte. Un ruolo chiave è quello dell’HR manager, che in questi interventi può esercitare un ruolo critico ponendosi come “facilitatore” tra il manager inserito e l’azienda. Affiancando la linea manageriale in questa fase, l’HR può garantire la riuscita dell’inserimento e contribuire in modo visibile al successo del business. n Se pensi ad una Soluzione per il Personale, stai pensando a noi. Per ogni azienda la giusta soluzione per gestire, sviluppare e amministrare il Personale. Un’offerta completa Gestione e Sviluppo Risorse Umane In Licencing, SaaS e Outsourcing, calibrati Cruscotto Aziendale sulle tue specifiche esigenze. Paghe e Budget del Personale Soluzioni sostenibili, processi del Personale Note Spese e Trasferte ottimizzati e rapido ritorno dell’investimento. Controllo Accessi e Sicurezza www.it-adp.com Presenze e Assenze coverstor y aziende che assumono Neolaureati cercasi da testare sul campo La revisione, core business di KPMG, è per sua natura un’attività anticiclica. Ma basta questo a spiegare perché una delle aziende più appetibili per i giovani laureati è alla continua ricerca di candidati? di Marina Pastorelli Principal Executive Search di KPMG Advisory I { [email protected] n uno scenario generale caratterizzato da dati drammatici sulla disoccupazione giovanile in Italia e in particolare in alcune aree del Paese, abbiamo voluto approcciare una realtà che, nonostante la crisi, non ha rallentato il suo processo di assunzione di neolaureati ma, invece, intende proseguire massicciamente la campagna di recruiting anche nel 2012. Abbiamo affrontato il tema con Francesco Spadaro, Partner Responsabile Risorse Umane di KPMG, network internazionale di servizi professionali alle imprese, presente in Italia con 28 uffici e oltre 3mila dipendenti. Francesco Spadaro Partner Responsabile Risorse Umane di KPMG Italia [email protected] 18 In un contesto macroeconomico così complesso, KPMG continua a offrire opportunità professionali ai giovani? grande numero di inserimenti riguarda anche giovani laureati del sud». «Vorrei partire sul tema della selezione con un commento positivo. In KPMG abbiamo chiuso il 2011 inserendo circa mille nuove risorse e ci attendiamo di ripetere questo risultato anche nel 2012. Un ulteriore spunto positivo: il trend di crescita o almeno di mantenimento del flusso di ingressi rispetto al 2011 è presente su tutto il territorio nazionale, visibile quindi in tutti i 28 uffici dove KPMG opera in Italia. Noi facciamo selezione su tutto il territorio, in moltissime università italiane, cercando il potenziale non solo negli istituti più blasonati. Questo ci permette di entrare in contatto con la componente più dinamica del Paese qualunque sia l’area di provenienza. Un Perché, nonostante lo scenario recessivo, KPMG continua ad assumere un numero così significativo di risorse? «Occorre premettere che uno dei caratteri distintivi del servizio professionale di KPMG deriva dalla multidisciplinarietà che si esplica nelle quattro maggiori aree disciplinari della revisione, dell’advisory, dell’accounting e della consulenza fiscale e societaria. Proprio per mantenere e rafforzare tale componente multidisciplinare, gli ingressi del 2012 sono previsti in tutte le discipline indicate. Peraltro ci sono alcuni fattori specifici che vanno considerati: la revisione, che rappresenta la nostra principale area disciplinare, è un’attività di tipo contabile, pubblicistica, per I MESTIERI DI KPMG Audit Tax & Legal Advisory Services ATTIVITà SPECIALIZZAZIONE PER SETTORE FINANCAL SERVICES Consumer Markets Industrial Markets Information Communications Infrastructure Government Banking Apparel/Textiles Consumer Products Automotive Aerospace/Defence Printing/ Publishing Building Consumer Finance Chemicals Advertising Electronics Hotels/Travel Engineering Leisure/Tourism Retail Pharmaceutical Healthcare Media/Marketing Catering Oil & Gas/Mining Software/ Computer Services Steel/Other metals Telecommunications Insurance Investment Management Leasing Food, Beverages & Tobacco Paper/Packaging Construction Property Outsourcing Support services Transportation/ Logistics Utilities sua natura anticiclico; la nostra offerta così ampia di servizi riesce inoltre a intercettare fabbisogni emergenti legati a momenti congiunturali, come ristrutturazioni, internazionalizzazione, gestione del rischio per citarne alcuni». Vi è comunque qualche disciplina che esigerà nel 2012 una maggiore alimentazione di nuove risorse? «Il risk and compliance e l’information risk management nell’advisory, il trasfer pricing e il custom duty nella consulenza fiscale certamente rappresenteranno alcune delle priorità di ricerca nel 2012. Teniamo comunque presente che la revisione continuerà a rappresentare il maggiore canale di ingresso e quindi di priorità di ricerca e selezione per il nostro network». Quali caratteristiche vengono selezionate nei candidati a queste posizioni? «Per quanto concerne la formazione, cerchiamo prevalentemente laureati in economia e in ingegneria con un ottimo curriculum scolastico e con una buona conoscenza dell’inglese. Relativamente alle soft skills, testiamo le capacità analitiche e di problem solving, le doti relazionali, la predisposizione a lavorare in team. Non Una storia lunga più 50 anni KPMG è uno dei principali network di servizi professionali alle imprese, leader nella revisione e organizzazione contabile, nella consulenza manageriale e nei servizi fiscali, legali e amministrativi. Il network KPMG è attivo in 150 Paesi del mondo con oltre 138mila professionisti. L’obiettivo di KPMG è trasformare la conoscenza in valore per i clienti, per la propria comunità e per i mercati finanziari. Le società aderenti a KPMG forniscono alle aziende clienti una vasta gamma di servizi multidisciplinari secondo standard d’eccellenza omogenei a livello internazionale. Presente in Italia da oltre 50 anni, KPMG conta più di 3mila professionisti, 166 partner e 28 sedi sul territorio nazionale. ultimo, cerchiamo anche un imprinting eticovaloriale della persona, in grado di recepire in tempi rapidi la nostra cultura». Vengono messe in atto particolari prassi di selezione? «A questo proposito vorrei citare un’iniziativa particolare, a cui teniamo molto, che ha come target gli studenti del primo e secondo anno della laurea specialistica. Si tratta di un concorso internazionale, l’International case competition, che KPMG ha ideato per far competere giovani preparati di tutte le nazionalità su Business Cases. In Italia selezioniamo ogni anno venti studenti che vanno a comporre cinque squadre che si sfidano a livello nazionale. La squadra vincente rappresenterà poi KPMG Italia nella finale internazionale che si svolgerà a Hong Kong. La case competition consente di testare efficacemente le capacità dei candidati di lavorare su situazioni reali, immaginando soluzioni e mettendo alla prova l’agilità di pensiero». Per garantire obiettivi di selezione così ambiziosi, quali sono i principali fattori di attrazione che vengono messi in campo? «Innanzitutto proponiamo un’immediata of- ➤ 19 coverstor y aziende che assumono ASSUNZIONI KPMG 584 614 1081 FY2008-09 FY2009-10 FY2010-11 ferta formativa professionale di grande portata e interesse per i neolaureati, che si sostanzia in tre settimane di formazione in aula nel primo semestre dall’ingresso in KPMG. Nel secondo semestre la formazione si completa con ulteriori due settimane in aula e alcune sessioni di e-learning focalizzate su competenza linguistica e temi di compliance normativa. A questo si accompagna una proposta contrattuale, quella dell’apprendistato professionalizzante, solida e motivante, con vincolo di assunzione minima del 95% al termine del periodo di apprendistato. In termini più generali, una realtà come la nostra viene percepita comunque come una palestra, un’ottima opportunità di acquisire quella strumentazione di base tecnica, organizzativa e relazionale che diventa bagaglio di valore del proprio percorso professionale. Entrando in un network multidisciplinare, il mestiere scelto all’ingresso può essere anche solo una prima esperienza professionale dalla quale partire per ulteriori frontiere di competenza». Quali sono i canali che vengono privilegiati per avvicinare i candidati? «L’inserimento di 600 neolaureati all’anno presuppone la messa a punto di una macchina organizzativa in grado di valutare circa 10mila potenziali 20 Le Big Four Kpmg è a oggi, insieme a Pricewaterhouse Coopers, Deloitte & Touche e Ernst & Young, una delle più importanti società di revisione e consulenza al mondo. I risultati collocano la multinazionale olandese al vertice di queste grandi realtà: secondo una recente analisi del Sole 24 Ore è infatti KPMG a guidare la classifica con un 28,1% di quota di mercato. candidati. In questa ottica i canali sempre attivi sono molteplici e vanno dagli incontri organizzati da università e altre istituzioni per promuovere la conoscenza tra studenti e mondo del lavoro (job meeting, career days, off campus ecc.) all’attuazione di stage curriculari capaci di avvicinare lo studente prossimo al completamento del suo percorso di studi alla sperimentazione di differenti discipline per aiutarlo nel suo orientamento. Un’efficace azione di recruiting deriva anche dalla presenza di partner e manager KPMG in seminari e corsi di laurea nelle materie affini alle proprie esperienze professionali, in grado quindi di svolgere un’attività continua di informazione sui nostri mestieri. Siamo poi attivi sui principali social network di natura professionale o privati. Adottiamo quindi una strategia integrata multicanale, proponendoci comunque sempre al target di ricerca come l’azienda dell’eccellenza tecnicoprofessionale. Questo impegno peraltro sembra confermato dai risultati del recente sondaggio internazionale condotto dalla società Universum che, su un campione di 83mila studenti di 12 Paesi, posiziona KPMG al secondo posto nel mondo, dopo Google, tra le società migliori dove iniziare la propria carriera lavorativa». Quali sono le eventuali difficoltà che si incontrano nel processo di recruiting? «Momento congiunturale e di incertezza come l’attuale rappresenta comunque una sfida di rilievo per l’azienda che assume. Da un lato infatti la minor competizione presente sul mercato del lavoro rende più facile il compito per effetto di una crescente numerosità di candidature. D’altro canto tuttavia risulta più difficile valutare la vera motivazione del candidato che si rivolge a una determinata professione anche a causa della scarsità di offerte alternative sul mercato del lavoro. In questo momento si gioca quindi un’ulteriore sfida di qualità: c’è infatti la possibilità di attrarre risorse di livello e competenze differenziate che in altri momenti congiunturali si sarebbero rivolte ad altre professionalità. Sta quindi all’azienda sostanziare e valorizzare con formazione, esperienza, contenuti professionali, prospettive di carriera e di crescita personale la scelta del candidato. Con la crisi si entra in una nuova fase dove il valore della competenza torna centrale. KPMG in questa prospettiva vuole posizionarsi come una delle realtà di riferimento per il terziario avanzato». n coverstor y scenari STRUMENTI Cacciatori sì ma anche consulenti Le società di selezione, in particolare quelle di head hunting, si stanno evolvendo per offrire alle aziende un servizio più ampio. In una parola: consulenza I l processo di ricerca e selezione affidato, in particolare, alle società di head hunting è strutturato in sei fasi principali. 1. Analisi della posizione e del contesto organizzativo in cui è inserita Raccolta delle informazioni relative all’azienda cliente, al contesto organizzativo e alla posizione da ricercare. Definizione del profilo ideale e del “branding” della posizione. 2. Definizione della strategia di ricerca e avvio della ricerca Individuazione degli strumenti/metodi di ricerca: database e sito internet della società, annunci, “caccia diretta” e network dei consulenti. Individuazione delle aziende di riferimento e delle posizioni organizzative per la “caccia diretta”. 3. Valutazione dei candidati e presentazione della posizione e dell’azienda cliente Selezione delle candidature: screening dei curricula, interviste telefoniche, colloqui personali, individuali e/o di gruppo, test psicologici. Analisi delle competenze professionali, delle caratteristiche personali e delle motivazioni per valutare l’alternativa professionale proposta. 4. Presentazione della “rosa” dei candidati e scelta del candidato Scelta dei candidati da presentare al cliente e predisposizione di schede di presentazione per ogni candidatura. Individuazione della candidatura preferita dal cliente. 5. Assistenza per l’illustrazione e l’eventuale negoziazione del pacchetto retributivo con la candidatura prescelta 6. Supporto al cliente e al candidato nei primi sei mesi dall’ingresso nell’organizzazione aziendale Alcune società di selezione e, in particolare, quelle di head hunting, sono evolute o stanno evolvendo verso la fornitura alle organizzazioni clienti di un servizio più ampio, che va al di là della ricerca e selezione: un servizio consulenziale. La motivazione principale di questa evoluzione è da ricercare nella volontà di fornire un valore aggiunto maggiore al cliente o di differenziarsi rispetto ai concorrenti. Il servizio di consulenza si articola nelle seguenti tipologie principali: Paolo Calori [email protected] Senior Consultant di People Directions a) Analisi e valutazioni organizzative. Partendo da una ricerca di personale è possibile approfondire aspetti organizzativi sul ruolo da ricoprire e sulle funzioni organizzative coinvolte. Si possono dare risposte, per esempio, alle seguenti domande: esiste il ruolo da ricercare o è preferibile modificarlo? Quali sono le caratteristiche del ruolo presso le organizzazioni concorrenti? Come sono organizzate le funzioni aziendali coinvolte nell’ambito della struttura organizzativa della concorrenza? Possiamo modificare il ruolo organizzativo per inserire nell’organizzazione un talento? b) Analisi e valutazione del mercato di riferimento per specifiche posizioni organizzative. Le organizzazioni possono avere l’esigenza di comprendere meglio – per esempio prima di un’eventuale ricerca di personale – quale sia la situazione del mercato del lavoro riguardo a una o più posizioni organizzative specifiche. In questo caso la società di selezione è chiamata a realizzare una mappatura del “bacino” di riferimento. n “Con i servizi di consulenza la società di selezione vogliono fornire valore aggiunto o differenziarsi dalla concorrenza” 21 coverstor y situazioni e paradossi Paura di volare In molti si dichiarano insoddisfatti della propria situazione lavorativa. Dicono di voler cambiare aria. Ma poi si tirano indietro. I motivi? Il timore di andare incontro a incertezze dovute anche a un comportamento non sempre etico delle aziende di Enrico Cazzulani Partner di Arethusa Dirigente aziendale dal 1978, ha ricoperto la carica di responsabile del personale in importanti imprese multinazionali. Oggi è segretario nazionale AIDP e partner di Arethusa, società specializzata in ricerca, consulenza e selezione. 22 M { [email protected] isurarsi con la realtà concreta, avere a che fare con i problemi quotidiani, spesso ti fa toccare con mano l’esistenza di paradossi insospettati e insospettabili per chi non li vive da vicino. Prendiamo il mercato del lavoro di cui tanto si parla in questi giorni. Il problema all’attenzione generale è la mancanza di occasioni di lavoro, ma che cosa accade quando le occasioni ci sono? Qui entra in gioco, spesso, una situazione paradossale. Infatti da un lato sempre più persone esprimono la propria insoddisfazione, il desiderio di cambiare aria e ambiente, la voglia di crescere e di affrontare nuove sfide. Ma poi, al dunque, molti si tirano indietro. Nella mia esperienza professionale mi è capitato e sempre più spesso mi capita di avere a che fare con questo problema: come convincere i candidati ad accettare le sfide implicite nelle nuove opportunità. Il tema non è la posizione, non è la retribuzione, ma è la paura del cambiamento, la paura di spiccare il volo. Sembra incomprensibile. Ma è davvero incomprensibile? Davvero le persone di questa generazione hanno meno confidenza in se stessi e più paura del nuovo rispetto al passato? In realtà, se solo cerchiamo di andare dentro al fenomeno e di comprenderne le ragioni, vediamo che tali comportamenti spesso non sono infondati, non derivano da blocchi psicologici o da irrazionali paure, ma sono una risposta difensiva a problemi reali. Innanzitutto, la situazione di incertezza generale che, oramai da diversi anni, pervade la nostra società, non può non generare un atteggiamento difensivo e conservatore. Crisi economica, ristrutturazioni aziendali, alto livello di disoccupazione, difficoltà di trovare valide opportunità occupazionali in caso di necessità, insicurezza economica, timori per il futuro, sono tutti elementi che creano un senso di precarietà cui si tende a rispondere tenendosi stretto quanto già si ha e si conosce bene (il mio lavoro, la mia azienda, i miei capi, i miei colleghi). Meglio stare in un ambiente noto e, pur con tutti i suoi difetti, percepito come sicuro che affrontare il mare aperto. A questa ragione derivante dalla situazione Talent Management come cultura aziendale I generale di scenario, se ne aggiunge un‘altra di cui è responsabile il comportamento di alcune aziende, spesso non molto etico. Mi riferisco ai casi di modifica dei contenuti della posizione rispetto a quanto prospettato in sede di assunzione, ai cambiamenti organizzativi che intervengono prima del completamento del periodo di prova (merger, acquisizioni, fusioni, ristrutturazioni) che impattano direttamente sulle persone neoassunte, fino ai licenziamenti “ad nutum” che intervengono in periodo di prova e che non derivano da un oggettiva analisi delle capacità professionali, ma da tutt’altre considerazioni, comprese le esigenze di contenimento costi. Anche questi elementi, spesso derivanti non da esperienze dirette ma da racconti di amici e colleghi (e quindi forse un po’ enfatizzati), naturalmente contribuiscono a generare e rafforzare la “paura di volare”. Questa sindrome, oramai abbastanza diffusa, non rappresenta solo un problema per gli head hunter, o un fastidio per i responsabili della selezione, spesso alle prese con spiacevoli rinunce dell’ultima ora. Viceversa, questo fenomeno pone un problema più ampio ai responsabili del personale in termini di motivazione: come motivare chi è in azienda affinché vi rimanga per scelta e non per timore dell’ignoto e come motivare i candidati a “comprare” la nuova sfida e la propria azienda. La risposta può essere data, a mio parere, soltanto costruendo una forte credibilità aziendale fondata su principi etici solidi e condivisi che siano la base di un nuovo contratto sociale. n l Talent Management sta emergendo anche nel nostro Paese come strumento fondamentale per il successo e per la stessa sopravvivenza delle aziende nei prossimi anni. Per comprendere l’importanza del feVittorio Maffei nomeno, InfoJobs.it, in collaborazione con [email protected] la MIB School of Management ha realizManaging Director zato un’indagine conoscitiva (settembre/ di InfoJobs.it ottobre 2011) su un campione di aziende di medio-grandi dimensioni. L’intero report è consultabile al link www.infojobs.it/aziende/indagine-gestione-dei-talenti. L’indagine rileva che il livello di sviluppo delle pratiche di gestione dei talenti in Italia è ancora molto legato alle competenze e alla creatività delle persone che in azienda hanno la responsabilità su tali processi, mentre non appare ancora incidere in modo significativo sulle pratiche aziendali il lavoro di sistematizzazione e ricerca svolto delle fonti esterne quali le università, i centri di ricerca e le grandi società di consulenza. Al di là del segnale chiaro emerso riguardo alla correlazione positiva tra l'utilizzo di pratiche esplicite di Talent Management e le performance dell'impresa in termini di tassi di crescita sui mercati, dai dati possono essere estrapolate alcune tendenze, ancor più interessanti se confrontate con i dati della survey Mercer (http://dld.bz/mercer2010) relativi ai trend europei e mondiali del Talent Management. L’HRM in Italia pare ancora piuttosto conservativo Solo il 25% delle imprese straniere si dichiara ancora in recessione, contro il 40% di quelle italiane. Questo farebbe pensare che le imprese italiane abbiano maggiori necessità di far evolvere i loro sistemi di gestione dei talenti verso soluzioni innovative. Eppure, sorprendentemente, mentre le imprese straniere che giudicano adeguati i loro attuali sistemi sono il 20%, quelle italiane sono tra il 40 e il 60% del nostro campione. Se comparato a quello delle imprese dei Paesi occidentali più evoluti, l'approccio italiano al Talent Management è ancora un passo indietro. La ricerca però ha evidenziato che il 42% delle imprese intervistate sta pianificando di introdurre a breve questo processo e la previsione è di un ulteriore incremento di priorità nei prossimi 3-5 anni. Il Talent Management non riguarda solo l’élite ma anche i blue e white collars. Da un lato la pressione della crisi spinge verso la regressione del rapporto impresa-lavoratore che torna in molte realtà a diventare un mero costo da minimizzare, dall'altro lo skill shortage e talent gap mettono le imprese di fronte all’evidente necessità di considerare tutti i lavoratori delle risorse su cui investire per garantirsi operatività e crescita nel futuro. Questo dualismo, che vivono molte direzioni del personale, è destinato sempre più a creare tensioni e spinte innovative i cui risultati vedremo nei prossimi anni. 23 coverstor y psicologia del lavoro L’assessment da sfogliare Pilastri della capacità decisionale, approcci psicometrici, valutazione e metodi applicativi. Un libro da non perdere per chi si occupa di selezione del personale di Andrea Castiello d’Antonio Psicologo del lavoro e delle organizzazioni, consulente di gestione & sviluppo delle risorse umane e coach è { da poco uscita la seconda edizione di un testo che ha visto originariamente la luce nel 1997, mai tradotto in italiano. L’autore, che è uno dei maggiori esponenti internazionali della psicologia applicata al lavoro, è professore emerito presso la Bowling Green State University (Dipartimento di Psicologia): questo è il suo terzo volume specificatamente dedicato alle questioni della selezione e della valutazione delle risorse umane e ha diverse caratteristiche di interesse. I quindici capitoli che compongono Assessment, Measurement, and Prediction for Personnel Decisions di Robert M. Guion sono suddivisi in tre sezioni dedicate ai “fondamentali” della presa di decisione nell’ambito degli staff delle risorse umane, agli approcci psicometrici alla valutazione, e ai metodi applicativi. Oltre cinquanta pagine di bibliografia e un utilissimo indice analitico completano quest’opera che probabilmente diverrà uno dei testi di riferimento per i prossimi anni nel campo dell’assessment psicologico del personale. Detto ciò, conviene ricollegarsi a quanto sopra accennato, cioè alle caratteristiche di interesse e di utilità che un testo ampio come questo (630 pagine) può avere agli occhi di coloro che si occupano di selezione e valutazione. L’importanza di saper decidere Innanzitutto va evidenziato un aspetto inconsueto che lo rende originale rispetto alla gran parte di volumi sull’argomento, e cioè l’enfasi sulla presa di decisione. Tutti sappiamo che “l’ultimo atto”, per così dire, di ogni processo di assessment è 24 [email protected] costituito dalla presa di decisione finale che, il più delle volte, è di carattere binario: il soggetto selezionato entra o non entra nell’organizzazione, e il soggetto valutato – tipicamente in valutazione del potenziale – è inserito in un percorso di mobilità, sviluppo e quant’altro, oppure è indirizzato verso altri iter, come il consolidamento o la ricollocazione su ruoli meno impegnativi. Il problema è dunque quello di giungere a tale, ultima fase avendo compiuto una serie di passi affidabili, metodologicamente fondati, che diano – nella sostanza – una ragionevole sicurezza di compiere la scelta giusta. Non si tratta di un problema da poco (anche se è spesso affrontato nella pratica con poca attenzione) e Guion si sofferma a sottolineare la necessità di unire tecnica e teoria, azione concreta e ipotesi verificabili: in una parola, unire lo spirito “scientifico” con l’orientamento “applicativo”. Si tratta di un buon suggerimento, da non trascurare, dato che nel nostro Paese è da sempre presente la dannosa dicotomia che vede da un lato lo spirito “accademico”, tutto rivolto a tecnicalità che sono perlopiù percepite come astruse da chi opera nelle Direzioni del Personale e, all’estremo opposto, lo spirito “pragmatico” di coloro che nulla sanno, ma fanno, applicando pseudo-teorie e approcci inventati sul momento, funzionali a cogliere lo spirito dei tempi: velocità di attuazione e costi bassi. è consigliabile diffidare delle scoperte e delle grandi innovazioni declamate e ingigantite come l’ultima novità nel campo dell’assessment. Come afferma Guion, il più delle volte si tratta di pseudo-novità, di rivisitazioni di cose ampiamente conosciute o, peggio, di vere e proprie invenzioni che nulla hanno di scientifico, da tradurre operativamente con: non garantiscono alcuna affidabilità nei risultati. Aggiornarsi sempre A tutto ciò aggiungerei il doppio aspetto problematico delle “mode”, da un lato, e dei “prodotti da vendere”, dall’altro: l’insieme di tali variabili altamente inquinanti ha fatto slittare il campo della psicologia applicata all’assessment delle risorse umane in una sorta di terra di nessuno, ove chiunque può proporre ciò che vuole, con qualche speranza di essere ascoltato e seguito. Da tale punto di vista è da rilevare la necessità di un aggiornamento professionale continuo per tutti coloro che si occupano di personale in ottica valutativa, soprattutto se si tratta di risorse che “Sarebbe davvero utile che i professionisti e i responsabili delle risorse umane nelle organizzazioni avessero chiare nella loro mente le differenze sostanziali dei vari approcci e, soprattutto, le loro ricadute pratiche” Psicologia a stelle e strisce Assessment, Measurement, and Prediction for Personnel Decisions di Robert M. Guion (Routledge, Taylor & Francis Group, 2011). Seconda edizione di un testo scritto nel 1997 e mai tradotto in italiano. si tratta di un libro dedicato alla selezione e alla valutazione delle risorse umane. Il suo autore, Robert M. Guion, è docente alla Bowling Green State University (Usa). non possiedono, di base, una conoscenza e una competenza di stampo psicologico applicato alla vita organizzativa. Passaggi “frettolosi” Tornando al testo di Guion, in alcuni casi si ha la sensazione che l’autore avrebbe potuto essere più specifico nel formulare le proprie opinioni su particolari aspetti: ad esempio, il Modello delle Competenze è trattato sbrigativamente e con l’unico riferimento al suo fondatore, David McClelland, ignorando tutto ciò che dopo di lui è stato sviluppato, mentre una critica interessante è indirizzata verso la Teoria dei Big Five che, applicata in selezione e valutazione del personale per mezzo dei test e questionari oggi in commercio, rivela non pochi problemi (a cui l’autore fa solo alcuni cenni). In ultimo, una nota un poco più tecnica. Ciò che Guion accenna di sfuggita (ed è noto solo ad alcuni specialisti dell’assessment) è il suo posizionamento teorico: egli, infatti, è esponente dell’approccio “psicometrico” che rappresenta uno degli approcci di base della psicologia e che si concretizza – in pratica, nel mondo del lavoro – nel dare maggiore credibilità ai “sistemi di misura” e quindi alle tecniche di assessment considerate oggettive. Tanti approcci, tutti legittimi Altri approcci enfatizzano con identica legittimità gli aspetti psicosociali o psicodinamici, rivolgendosi verso metodologie e tecniche differenti oppure utilizzate in modo molto diverso. Sarebbe davvero utile che i professionisti e i responsabili delle risorse umane nelle organizzazioni avessero chiare nella loro mente le differenze sostanziali dei vari approcci e, soprattutto, le loro ricadute pratiche. Ad esempio, troppo spesso le direzioni del personale accettano di effettuare un behavioral assessment (valutazione del comportamento organizzativo) invece di un personality assessment (valutazione della personalità organizzativa), o viceversa, senza rendersi conto di ciò che significa una simile scelta, sia in fase applicativa e tecnica che nell’ottenimento dei risultati di valutazione. Risultati sui quali, come Guion sempre sottolinea, è basata la decisione del responsabile delle risorse umane. n 25 coverstor y development center Quando la crescita passa dall’ascolto Laboratori e seminari sono alla base di una tecnica di gestione delle risorse umane focalizzata sullo sviluppo invece che sulla valutazione N onostante il Development Center sia oggi una metodologia piuttosto diffusa in ambito aziendale, ricca di testimonianze circa la sua applicazione e il suo utilizzo, non sempre il senso attribuito risulta univoco. Partendo dalla disamina di alcune delle più rilevanti pubblicazioni apparse sull’argomento, proveremo a tracciare una classificazione delle forme e dei tipi di Development sperimentati negli ultimi vent’anni, ben consapevoli della difficoltà di annoverare tutte le pratiche che rientrano in questa categoria di strumenti. Le tipologie Una ormai tipica classificazione delle tipologie di Development Center è quella di Griffith e Goodge che, adottando un criterio cronologico di apparizione sul mercato, propongono la divisione tra Development Center di prima, seconda e terza generazione. Considerando la difficoltà di far rientrare tutte le applicazioni che si trovano in letteratura nella classificazione degli autori, proponiamo nei Development Center di seconda generazione tre diverse formule, che descriveremo di seguito. I Development Center di prima generazione o “diagnostici” Rientrano nel primo tipo i Development Center caratterizzati da un assessment di forma classica, composti da una sessione di valutazione della durata variabile di una o due giornate e da una successiva sessione di feedback, immediatamente dopo l’evento. La gestione del processo è totalmente di responsabilità dell’azienda: tanto la valutazione che l’elaborazione del Piano di Sviluppo sono infatti appannaggio dell’azienda che 26 rimane la detentrice dei dati e l’ultimo arbitro della loro applicazione. I Development Center di seconda generazione o “di sviluppo” Distingueremo, in questo ambito, tre forme: i Development Center intesi come Laboratorio, come seminario e come work trial. 1. Laboratorio. è forse la forma più vicina al concetto di development, in cui l’evento cessa di essere una prova per divenire esso stesso un momento di training e di sviluppo. Un primo elemento che lo distingue è l’uso delle prove non come test ma come occasioni in cui sperimentare se stessi. La restituzione del feedback subito dopo la prova e la possibilità di risperimentare se stessi in prove similari o parallele è ciò che nel particolare caratterizza tale formula, rendendo l’evento una palestra o laboratorio più che una situazione di esame. “Tanto la valutazione che l’elaborazione del Piano di Sviluppo sono appannaggio dell’azienda che rimane la detentrice dei dati e l’ultimo arbitro della loro applicazione” Paolo Augugliaro [email protected] Laureato in Psicologia, è partner dello studio a&m che opera nella consulenza alla direzione del personale. 2. Seminari. Sono tipologie di eventi costruite sulla formula di un seminario o workshop, finalizzate alla definizione di un piano di sviluppo. Sono caratterizzati da un momento di assessment classico (prima giornata) seguito da un momento di feedback (seconda giornata) e di preparazione/formazione all’impostazione di un Personal development plan (Pdp). Quello successivo (terza giornata) è un momento di sintesi in cui i partecipanti vengono invitati a formulare il Pdp e a condividerlo con gli osservatori. 3. Work Trial. Tali forme di Development Center, se pur rappresentano una parte residuale delle applicazioni, hanno una notevole rilevanza sul piano dell’efficacia e dell’originalità, in queste situazioni di lavoro vere e proprie utilizzate a fini di sviluppo. In tali formule i partecipanti vengono inseriti in ambienti di lavoro virtuali o reali, con la videoregistrazione delle performance tenute dai soggetti e la successiva discussione con un assessor/trainer. I Development Center di terza generazione o “di autosviluppo” Sono Development Center in tutto e per tutto simili a quelli di laboratorio già descritti, salvo l’assenza degli assessor e la gestione in autonomia dell’evento da parte dei partecipanti. Rari nella loro diffusione, sono caratterizzati da una durata in genere non inferiore ai cinque giorni e dalla presenza di un assessor nel ruolo di facilitatore. Sono chiamati di autosviluppo poichè la decisione sulle dimensioni da sviluppare e il modo in cui sperimentarsi sono a carico dei partecipanti. Così l’azienda gioca un ruolo del tutto accessorio quale “sponsor” dell’evento. n coverstor y costruire un'azienda signori in carrozza Sono in partenza i treni di NTV, azienda che in meno di quattro anni ha inserito più di 500 persone nelle diverse direzioni di Luca Mori Senior Consultant di Hdu (Human development unit), divisione di consulenza hr di Giunti O.S. S { [email protected] e siete viaggiatori abituali “ad alta velocità”, non vi sarà sicuramente sfuggita la novità di questo inizio d'anno: parte Italo, il treno veloce di NTV. Per far muovere i treni è stato necessario un grande lavoro, creando da zero tutta la struttura della nuova società. In questa sfida la funzione risorse umane ha avuto un ruolo fondamentale, rispondendo alle esigenze dei clienti interni con un’attività di selezione continua e intensa che a partire dal 2008 fino a oggi ha portato all’inserimento di oltre 500 persone distribuite in tutte le direzioni aziendali. Abbiamo chiesto a Ilaria Alfonso, Responsabile Selezione e Sviluppo di NTV, di raccontare in esclusiva a Direzione del Personale questa esperienza. Ecco la sua testimonianza. La partenza «La nostra è stata, ed è tutt’ora, una sfida nella sfida. Come è facilmente immaginabile, costruire una nuova realtà di così grande rilevanza e impatto è un qualcosa di molto stimolante e complesso. Ci siamo mossi da subito con l’idea di ricercare persone in grado di coniugare competenze tecnico-specialistiche con competenze comportamentali, privilegiando tutte quelle risorse che avessero lavorato in contesti differenti e d’eccellenza, per creare un’azienda eterogenea, dove la diversità di esperienze e provenienze diventasse un forte valore aggiunto per la realizzazione di nuovi modelli di servizio. Grazie anche all’aiuto di alcuni partner fra i quali Studio Staff e Giunti O.S., abbiamo implementato, per tutte le figure professionali che stavamo ricercando, un iter di selezione mi- ➤ “Ci siamo mossi da subito con l’idea di ricercare persone in grado di coniugare competenze tecnico-specialistiche con competenze comportamentali, privilegiando tutte quelle risorse che avessero lavorato in contesti differenti e d’eccellenza” 27 coverstor y costruire un'azienda 1 L'ultimo treno Italo rappresenta l'ultima frontiera del treno. Realizzato nelle officine Alstom AGV, ha una motorizzazione distribuita su tutto il convoglio: non ci sono le motrici di testa e di coda e questo consente un aumento della capienza di bordo del 20%. Più spazio, quindi, ma anche più comfort (foto 1 e 3) e sicurezza: ampi corridoi, grande luminosità, una Carrozza cinema (foto 2) e consumi energetici ridotti del 30%. Il comfort non è solo sui treni, ma anche a terra: in ogni stazione infatti ci sarà una Casa Italo in cui acquistare biglietti, lavorare in wi-fi, informarsi sui servizi o semplicemente rilassarsi (foto 4). rato a valutare le caratteristiche individuali in un’ottica sistemica, al fine di comprendere come queste potessero essere compatibili con il contesto, il gruppo e i valori aziendali. Per ciascun ruolo siamo partiti dalla costruzione del profilo ideale (un vero e proprio identikit del candidato) per poi passare alla pubblicazione della ricerca, allo screening dei curricula, alle convocazioni e alla selezione in sede. Il percorso Colloqui, dinamiche e test sono solo alcune delle attività che hanno fatto parte del processo, basato su una metodologia che punta sul lavoro congiunto di più valutatori per limitare il più possibile la soggettività a vantaggio dell’organizzazione. Abbiamo infatti creato un team che fosse in grado di valutare le candidature su diversi aspetti, cercando di individuare il potenziale, soffermandoci su caratteristiche che potessero farci scegliere le migliori candidature immaginandole in un contesto di lavoro fortemente dinamico, dove la crescita personale sarà il miglior riconoscimento dei risultati che ciascuno conseguirà. Il welfare aziendale sarà personalizzabile secondo le esigenze di ciascuno e l’ambiente di lavoro sarà sicuramente coinvolgente e tecnologicamente all’avanguardia. Due grandi progetti 1. La selezione Allievi macchinisti, condotta dalle Direzioni Produzione e Personale da aprile a settembre 2010, ha permesso di individuare 100 candidati tra le 13mila candidature. Responsabilità e capacità di intervento sono i requisiti fondamentali richiesti a questa figura professionale in cui le caratteristiche personologiche e 28 2 comportamentali giocano un ruolo fondamentale accanto a competenze cognitive (problem solving operativo e flessibilità), realizzative (orientamento al risultato e iniziativa) e relazionali (capacità comunicative, relazionali e gestione dei conflitti). Le metodologie utilizzate (test psicoattitudinali, di personalità e assessment center), unite alle differenti competenze dei selezionatori (tecniche e psicologiche), hanno portato al risultato sperato: comprendere l’attitudine al ruolo di giovani neodiplomati senza esperienza specifica e individuare le loro potenzialità. In questo caso test attitudinali creati ad hoc e test di valutazione della personalità quali il 16PF e il BFQ (Big Five “Per ciascun ruolo siamo partiti dalla costruzione del profilo ideale, un vero e proprio identikit del candidato, per poi passare alla pubblicazione della ricerca, allo screening dei curricula, alle convocazioni e alla selezione in sede” L'azienda ai raggi X Partito grazie all'iniziativa di quattro soci e a ingenti investimenti, il progetto NTV ha grandi ambizioni. All'insegna della qualità È 3 4 Questionnaire) hanno contribuito a rendere il processo più veloce e oggettivo. 2. La selezione del Personale operativo viaggiatori, in tutto 650 persone da dedicare ai servizi in stazione e bordo treno, è un progetto ancora in corso. Le Direzioni Personale e Viaggiatori hanno definito i profili ideali delle figure ricercate (hostess e steward, train manager, station manager, train specialist) che costituiscono l’elemento guida per l’individuazione dell’equipaggio e del modello di servizio da erogare. In questo caso le competenze ricercate variano in funzione del ruolo e vanno dalle capacità comunicative all’orientamento al cliente, dalla capacità di gestione dei reclami all’orientamento al risultato, dall’iniziativa alla capacità di leadership e di negoziazione. Il processo prevede l’invio della propria candidatura esclusivamente online (compilando un cv form e il test di inglese nell’area Opportunità di lavoro del sito aziendale) e la successiva fase di recruiting e di screening gestita interamente via web con l’ausilio di un applicativo software che effettua un match tra profilo ideale e candidature pervenute. I candidati idonei sono poi convocati per effettuare le diverse prove selettive previste: test psicoattitudinali e di indagine comportamentale quali il Cst (Customer support test), test di inglese, assessment center, colloqui con psicologi esperti e con i responsabili NTV. "Non perdere questo treno" è stato il primo slogan utilizzato da NTV nel 2008 per lanciare le selezioni: a distanza di quasi quattri anni possiamo dire che siamo pronti a ripetere l’invito, stavolta diretto a tutti coloro che vorranno fare di Italo il loro treno». n Formazione vincente Per lavorare in NTV non basta essere bravi. Bisogna imparare l'arte dell'ospitalità. Per questo l'azienda ha dato vita alla Scuola di ospitalità per preparare e formare figure professionali come train manager, train specialist, station manager, station specialist, hostess e steward di bordo. Un ingente investimento iniziale per 40 corsi che hanno l'obiettivo di creare una vera e propria cultura di servizio e un solido spirito di squadra. il primo operatore privato italiano sulla rete ferroviaria ad alta velocità, ed è il primo operatore al mondo a utilizzare il nuovissimo e super tecnologico treno Alstom AGV, detentore del primato di velocità ferroviaria. Ai quattro soci fondatori (Luca Cordero di Montezemolo, Gianni Punzo, Diego Della Valle e Giuseppe Sciarrone), che detengono complessivamente il 33,5% del capitale, si sono aggiunti successivamente Intesa Sanpaolo (20%), Assicurazioni Generali (15%), Alberto Bombassei (5%), la famiglia Seragnoli (5%) e infine SNCF (20%). Il servizio, che partirà entro qualche mese, collegherà a regime, con la sua flotta di 25 treni chiamati Italo, nove città (Torino, Milano, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Salerno, Venezia e Padova) e 12 stazioni, offrendo viaggi di grandissima qualità, massimo comfort, tecnologia innovativa e grande varietà di intrattenimento. In ogni stazione, NTV sarà presente con una Casa Italo, un centro di servizio multifunzionale in cui i viaggiatori, assistiti da personale NTV, potranno acquistare i biglietti, informarsi sui servizi Italo, rilassarsi o lavorare con il wi-fi. Un miliardo di opportunità Al centro di questo progetto, che ha richiesto un investimento privato di un miliardo di euro, c'è il sogno di una mobilità ecologica e veloce e la volontà di offrire un servizio di grandissima qualità, in cui siano valorizzati il passeggero e il tempo del suo viaggio. Le tecnologie permettono infatti al cliente business di lavorare sul pc portatile, proprio come se fosse in ufficio, grazie alla connessione internet sempre fluida, garantita da tre differenti sistemi: satellite, wi-fi e Umts. Chi invece desidera rilassarsi può scegliere la Carrozza cinema e assaporare un film in prima visione sugli schermi HD con impianto sonoro di ultima generazione. L’offerta interattiva comprende anche un portale di bordo, con oltre 250 ore di contenuti audio e video, e un canale tv live. Insomma, a ciascuno il suo. Che è poi lo spirito con il quale Italo si presenta sul mercato: un treno per tutte le esigenze e per tutti i tipi di viaggiatori. 29 www.infojobs.it strumenti {32. {36. {41. {42. MONDO LEGALE/1 Work in progress di Franco Toffoletto} MONDO LEGALE/2 Pensioni, si cambia di Pietro Gremigni} Un impegno da non sottovalutare di Maurizio Manicastri e David Trotti} Una pratica diffusa da gestire con attenzione di Bernardina Calafiori} {44. In carcere per imparare di Maurizio Bertoli e Stefano Bertolina} {47. {48. {50. {53. La sfida della bellezza oggi di Massimiliano Santoro} Le differenze che ci rendono uguali di Duilio Cau} Il gruppo nasce in armonia di Patrizia Farnetti e Ira Orsini} SPECIALE Congresso AIDP 2012 Badesi} «Aprì la riunione di autopresentazione dicendo ai nuovi collaboratori: / l’obbedienza non è più una virtù. / Loro sorrisero: / finalmente un capo col quale si poteva collaborare. / Poi aggiunse: purtroppo» di Massimo Ferrario strumenti mondo legale/1 Work in progress C ontratto unico, articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, salario minimo, apprendistato e riorganizzazione degli ammortizzatori sociali. Sono questi i temi intorno a cui gravita il dibatti- to relativo alla riforma del lavoro al fine di fronteggiare la situazione di crisi attuale e agevolare l’ingresso nel mondo del lavoro soprattutto dei giovani. Nel nostro Paese, infatti, la percentuale di giovani fra i disoccupati è pari al 30,1% (novembre 2011), di gran lunga superiore alla media europea: in Italia, 2 milioni di giovani sono, infatti, senza lavoro. Per far fronte a tale situazione, il Governo ha intenzione di approvare al più presto una riforma del diritto del lavoro per rilanciare la crescita e l’occupazione. Ma prima di procedere alla valutazione delle proposte di riforma, è opportuno analizzare gli strumenti offerti dall’ordinamento giuridico vigente. Il contesto normativo attuale Anzitutto, una delle tipologie contrattuali istituite dal legislatore per agevolare l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro è costituita dal contratto di apprendistato. Esso costituisce un contratto di lavoro a tempo indeterminato ed è finalizzato alla formazione e all’occupazione dei giovani. Infatti, al termine del periodo di apprendistato, le parti possono recedere con preavviso dal contratto, ai sensi dell’articolo 2118 del Codice civile Se, invece, nessuna delle parti dà disdetta, il rapporto prosegue automa- 32 ticamente come un ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Tale contratto ha subito nel nostro ordinamento una lunga evoluzione a partire dalla legge n. 25 del 1955 fino ad arrivare al Testo unico dell’apprendistato, approvato con il dlgs n. 167 del 2011. Questo recente intervento legislativo ha razionalizzato tutte le disposizioni normative in materia di apprendistato ed ha introdotto alcuni elementi innovativi. Il Testo unico conferma la tripartizione dell’apprendistato nelle tre tipologie: apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale, apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere e, infine, apprendistato di alta formazione e ricerca. Il contratto di apprendistato ha da sempre previsto condizioni favorevoli per il datore di lavoro, in cambio di obblighi formativi. Anche in quest’ambito, i recenti interventi legislativi Proseguono le contrattazioni per la riforma del lavoro. L’obiettivo? Un contratto unico che agevoli l’inserimento dei giovani. Sarà questa la soluzione alla crisi del mercato e dell’occupazione? Perché non puntare sugli strumenti giuridici già esistenti? hanno introdotto alcune novità. Anzitutto, è stato previsto l’azzeramento, per i primi tre anni, della quota di contribuzione a carico del datore di lavoro che occupi fino a nove dipendenti, per i contratti di apprendistato stipulati tra il 2012 e il 2016. Inoltre, gli apprendisti non rientrano nella base di calcolo per l’applicazione di particolari istituti previsti dalla legge o dalla contrattazione collettiva. Quanto al trattamento economico, l’apprendista può essere retribuito per tutta la durata del rapporto e fino alla trasformazione in contratto a tempo indeterminato in base a un inquadramento fino a due livelli al di sotto della categoria spettante. Infine, sotto il profilo degli incentivi fiscali, le spese sostenute per la formazione degli apprendisti sono escluse dalla base di calcolo IRAP. Accanto all’apprendistato, l’altra tipologia contrattuale idonea a consentire l’ingresso, soprattutto dei giovani, nel mondo del lavoro è rappresentata dal contratto di inserimento. Un contratto a termine, senza necessità di motivazione, diretto a realizzare l’inserimento o il reinserimento di una serie di categorie di persone considerate particolarmente deboli dal legislatore, tra i quali i giovani tra i 18 e i 29 anni. Inoltre, tale disciplina contrattuale può applicarsi ai disoccupati di lunga durata dai 29 ai 32 anni, ai lavoratori che desiderino riprendere un’attività lavorativa e che non abbiano lavorato per almeno due anni, nonché alle donne, di qualunque età, residenti nelle aree geografiche a elevato tasso di disoccupazione femminile. È necessaria, oltre alla forma scritta, la definizione di un progetto individuale di inserimen- Franco Toffoletto [email protected] Studio Toffoletto, De Luca, Tamajo e soci Ha ricevuto dal mensile TopLegal il premio come Professionista labour dell’anno 2011. to, allo scopo di garantire l’adeguamento delle competenze professionali del lavoratore stesso al contesto lavorativo. La durata può variare da un minimo di nove a un massimo di diciotto mesi (a eccezione dei lavoratori disabili). La formazione non costituisce un elemento essenziale, in quanto può anche essere effettuata durante l’esecuzione del lavoro. Anche per tale contratto, il legislatore ha stabilito alcuni incentivi di carattere economico e normativo: anzitutto, i lavoratori così assunti sono esclusi dal computo dei limiti numerici ai fini dell’applicazione delle diverse discipline; inoltre, come per l’apprendistato, è prevista la possibilità di inquadrare il lavoratore sino a due livelli inferiori alla categoria spettante ai lavoratori addetti alle mansioni corrispondenti a quelle conseguibili con il contratto di inserimento. Sono altresì previsti alcuni incentivi contributivi e fiscali che si applicano, tuttavia, solo ad alcune categorie specifiche fra i beneficiari del contratto di inserimento. Apprendistato e contratto di inserimento rappresentano, dunque, i principali strumenti istituiti dal legislatore per agevolare l’entrata nel mercato del lavoro soprattutto dei giovani. In tale contesto si inseriscono le recenti proposte di riforma del mercato del lavoro. Le proposte di riforma In materia di riforma del lavoro, oggi si parla diffusamente del cosiddetto contratto unico, proposto nel 2008 da Tito Boeri e Pietro Garibaldi. Sulla proposta dei due economisti sono state redatte diverse proposte di legge, tra cui il pro- ➤ 33 strumenti mondo legale/1 getto di legge Madia (Proposta di legge n. 2630/09) ed il progetto Nerozzi (Disegno di legge n. 2000/10). Prima di capire in che cosa consista il contratto unico, è opportuno sgombrare il campo da alcuni equivoci. Secondo alcuni, ci sarebbero ben 46 tipi di contratti di lavoro. In realtà i sotto-tipi contrattuali tipici di lavoro subordinato nell’impresa sono solo cinque: il contratto a termine, che comprende anche il contratto di inserimento e reinserimento, il part-time, l’apprendistato, il lavoro intermittente e condiviso. È, infatti, improprio considerare come due diversi contratti il part-time verticale e quello orizzontale, oppure il contratto a chiamata con e senza obbligo di risposta. Neppure il contratto di somministrazione è un sotto-tipo autonomo, trattandosi nei due casi o di un contratto a termine o di un normale rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Semplicemente i diversi sottotipi contrattuali (che sono sempre esistiti, anche se non regolati dalla legge) presentano una disciplina variabile e articolata, al fine di consentire una maggiore aderenza a quelle che sono le esigenze delle parti: tornando all’esempio sopra citato, un lavoratore part-time può decidere di prestare la propria attività per un tempo ridotto rispetto all’orario normale giornaliero (ad esempio quattro ore tutti i giorni) oppure per periodi predeterminati della settimana, del mese o dell’anno (ad esempio contratti stagionali). Si tratta della stessa fattispecie; quello che cambia è solo la modalità di esecuzione della prestazione lavorativa. Occorre, inoltre, precisare che il legislatore non ha introdotto dal nulla i differenti sottotipi di contratti di lavoro, ma è intervenuto a disciplinare situazioni di fatto già esistenti che si sono sviluppate nella pratica per soddisfare specifiche esigenze. E così è accaduto, per esempio, con il part-time, diffuso nelle aziende già dagli anni '60 (seppur con l’opposizione fortissima dei sindacati), ma che è stato regolamentato dal legislatore soltanto nel 1984 con la legge n. 863 e poi, successivamente, nel 2001 e nel 2003. Ma lo stesso vale per le collaborazioni coordinate e continuative (già presenti nella legge nel 1959, nel 1972 e nel 1973), il job sharing, il job on call ecc. In questi ultimi casi, la disciplina legale ha anche consentito l’emersione di lavoro nero. In ogni caso nessuna norma può vietare né il part-time né il contratto a termine né il lavoro intermittente o condiviso. E poi quale sarebbe il vantaggio? 34 Ciò premesso, il cosiddetto contratto unico dovrebbe essere un contratto a tempo indeterminato, caratterizzato da due fasi: la prima di inserimento, con durata variabile fino a un massimo di tre anni e con una tutela “allentata”; la seconda, caratterizzata da una maggiore stabilità, successiva al termine del terzo anno. La fase di inserimento prevederebbe la possibilità per l’azienda di licenziare senza che il lavoratore possa chiedere la reintegrazione. Ciò tuttavia avverrebbe solo in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo («ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa» ai sensi dell’articolo 3 della legge n. 604 del 1966) per il quale sarebbe prevista la corresponsione da parte del datore di un’indennità economica. La determinazione dell’importo da corrispondere al lavoratore si effettua calcolando cinque giorni di retribuzione per ogni mese lavorato. E così, ad esempio, nel caso di recesso dal contratto unico dopo sei mesi dalla stipulazione, l’indennità sarà pari a un mese di retribuzione; dopo tre anni, l’indennità sarà pari a sei mesi di retribuzione. Nel caso, invece, di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo (licenziamento disciplinare) nulla cambierebbe: in tal caso trova, infatti, applicazione la disciplina vigente. Analoghe garanzie sono assicurate in caso di licenziamento discriminatorio. Superata la fase di inserimento, il rapporto prosegue secondo la disciplina dei licenziamenti attualmente in vigore: e così per le aziende con più di 15 dipendenti troverà applicazione la tutela reale di cui all’articolo 18 dello Statuto dei “La soluzione all’attuale crisi del mercato e dell’occupazione non può certamente essere individuata nell’introduzione di un contratto che, di fatto, non comporta alcun beneficio per le aziende” Un occhio ai licenziamenti come si comportano i paesi europei? lavoratori, mentre per le aziende con meno di quindici si applicherà la tutela obbligatoria di cui alla legge n. 604/1966. Altre ipotesi di riforma che alimentano la discussione riguardano il contratto a tempo determinato: quest’ultimo potrebbe, infatti, essere stipulato solo per i dipendenti con una retribuzione annua superiore ai 25mila euro lordi (o proporzionalmente inferiore se il contratto ha una durata inferiore di dodici mesi), fatta salva l’eccezione dei lavori stagionali. Inoltre è stata proposta la modifica dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, rendendolo applicabile soltanto ad aziende che occupino più di 50/100 dipendenti o comunque sempre inapplicabile (Ichino) ai licenziamenti per giustificato motivo oggettivo. Conclusioni Il contesto normativo sopra descritto evidenzia innanzitutto che il nostro ordinamento dispone già di strumenti giuridici idonei ad accompagnare l’ingresso di giovani e non nel mercato del lavoro. La soluzione all’attuale crisi del mercato e dell’occupazione non può certamente essere individuata nell’introduzione di un contratto che, di fatto, non comporta alcun beneficio per le aziende. Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, se correttamente eseguito, può essere effettuato già oggi a costo più basso. Se si vuole veramente intervenire, forse, non resta che modificare l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, aumentando la soglia di applicazione a 100 dipendenti e consentendo il recesso, con le sole garanzie economiche dell’articolo 8 della legge n. 604 del 1966 (da 2,5 a 6 mesi di risarcimento del danno) in ogni caso di licenziamento, durante i primi tre anni, anche senza motivazione. Esclusi sempre i licenziamenti discriminatori. In realtà, quello di cui hanno veramente bisogno le aziende è di poter selezionare i propri dipendenti su un tempo più lungo rispetto all’attuale periodo di prova, e poter recedere dal contratto nel caso di lavoratori che non svolgono la prestazione come richiesto. Ma sarà ben difficile ottenere questo risultato. Certo è che il rimedio della reintegrazione esiste soltanto in pochissimi paesi in Europa. Oltre alla Germania, seppure con qualche differenza, solo Italia, Portogallo, Austria e Lettonia hanno la reintegrazione come unico rimedio a un licenziamento non motivato. Forse bisognerebbe chiedersi perché. n Anno Periodo di prova Reintegrazione Risarcimento alternativo alla reintegrazione AUSTRIA BELGIO Si No 6 mesi Bulgaria Cipro Danimarca Estonia 1 mese 6-12 mesi per Ral>33.677 c 2 anni 4 mesi 24 mesi 1-6 mesi 6 mesi Finlandia francia 4 mesi - Si, su richiesta del lavoratore No No Si, su richiesta del lavoratore No No germania 6 mesi grecia Irlanda italia 6 mesi Lettonia lituania 3 mesi 3-6 mesi LUSSEMBURGO - malta 6 mesi olanda 2 mesi polonia 3 mesi portogallo 240 giorni Regno Unito - rep. ceca rep. slovacca 3 mesi 3 mesi romania slovenia 30 giorni 3 mesi spagna 2-6 mesi SVEzia 6 mesi UNGHERIA 3 mesi Si, ma il giudice su richiesta può non disporla No No Si 3-24 mesi 6 mesi + 1/10 o 2/10 della retribuzione mensile per ogni anno + 1/15 o 2/15 oltre il decimo anno - 2 anni 15 mesi alternativi alla reintegrazione a scelta del solo dipendente Si Si, il giudice può condannare al solo risarcimento No 5-25 mesi, danno non patrimoniale 500-12.500 c Si, solo su richiesta 34.940 c ma non vi è del dipendente un limite di legge Si, su richiesta del Formula Cantonal Court: anzianità lavoratore ma x retribuzione mensile raramente disposta lorda x fattore di correzione Si, il giudice può condannare 3 mesi al solo risarcimento Si 15-45 giorni di retribuzione per ciascun anno di servizio Si, ma il datore di lavoro può Indennità per le ipotesi di esubero rifiutare la reintegrazione e un’indennità risarcitoria pari nel pagando un compenso massimo a circa 90mila c Si, su richiesta del lavoratore Si, ma il giudice può ritenerla non opportuna Su richiesta del lavoratore Si, ma il giudice può ritenerla non opportuna No 1-45 giorni per ciascun anno di anzianità. Massimo 42 mesi No, ma sospensione 16-32 mesi o 24-48 mesi del licenziamento se il lavoratore ha 60 anni o più. In aggiunta danno non patrimoniale di importo da 5.400 e 10.800 c Si, il giudice può condannare 2-12 mesi al solo risarcimento 35 strumenti mondo legale/2 Pensioni si cambia L a riforma del sistema pensionistico prevista dall’articolo 24 della legge 214/2011 ha determinato rilevanti ripercussioni non solo sugli assicurati, ma anche sullo stesso rapporto di lavoro, influenzandone la durata e le modalità di recesso in prossimità del compimento dell’età pensionabile. La norma in vigore dal 6 dicembre 2012 contiene le modifiche al sistema pen- sionistico in relazione soprattutto ai seguenti aspetti principali: • il calcolo della pensione; • i requisiti per andare in pensione; • la salvaguardia di alcune categorie non coinvolte dalle nuove regole; • i lavori usuranti. Calcolo della pensione Dal primo gennaio 2012 anche per i lavoratori già iscritti alle forme di previdenza obbligatorie, che alla data del 31 dicembre 1995 potevano far valere un’anzianità contributiva di almeno diciotto anni e per i quali la pensione sarà calcolata fino al 31 dicembre 2011 col sistema retributivo, verrà applicato il sistema di calcolo contributivo in relazione alle anzianità maturate da tale data in avanti. Il nuovo sistema di calcolo complessivo che risulta dalla Riforma è il seguente: 1. sistema contributivo applicabile ai neoassunti dal primo gennaio 1996, privi di contributi riferiti al periodo precedente il primo gennaio 1996; 2. sistema misto applicabile alle seguenti due situazioni: a) per quei lavoratori che al 31 dicembre1995 potevano far valere un’anzianità contributiva inferiore a 18 anni; per questa anzianità contributiva si 36 avrà la liquidazione della quota di pensione con il sistema retributivo, cioè secondo la normativa in vigore anteriormente al 31 dicembre1995, mentre per i contributi successivi al 31 dicembre1995 il calcolo sarà contributivo; b) per i lavoratori con un’anzianità contributiva pari o superiore a 18 anni alla data del 31 dicembre 1995 per i quali la pensione sarà calcolata col sistema retributivo per le anzianità maturate fino al 31 dicembre 2011 e col sistema contributivo per le anzianità maturate dal primo gennaio 2012. La riforma conferma il meccanismo dell’opzione per il sistema di calcolo contributivo limitatamente ai lavoratori interessati al sistema misto per il calcolo, purché abbiano maturato un’anzianità contributiva pari o superiore a quindici anni, di cui almeno cinque nel sistema contributivo. In questo caso, dopo l’opzione l’intera pensione viene calcolata col sistema contributivo. I nuovi requisiti per andare in pensione Il sistema pensionistico dal 2012 sarà basato su Calcolo dell’importo, requisiti, età pensionabile e salvaguardia di alcune categorie. Ecco tutto quello che c’è da sapere sulla nuova norma che regola i contributi previdenziali, in vigore dallo scorso 6 dicembre. E i riflessi sul rapporto di lavoro non sono da poco due tipologie di trattamenti principali: 1. le pensioni di vecchiaia basate su una certa età e con un minimo di anzianità contributiva; 2. le pensioni anticipate che sostituiscono le pensioni di anzianità nella versione della sola anzianità contributiva massima pari a 40 anni e in quella mista basate cioè su un mix tra età e anzianità contributiva. Al di là dei requisiti anagrafici e contributivi di partenza dal 2012 che indicheremo poi, il sistema è imperniato sull’innalzamento degli stessi requisiti in funzione dell’incremento della speranza di vita. Gli incrementi inizieranno nel 2013 con tre mesi in più, per essere poi adeguati ogni triennio con un incremento “stimato” di altri quattro mesi, per passare infine a un adeguamento non più triennale, ma biennale dal 2019. Anche tutti i requisiti contributivi che indicheremo saranno soggetti, al pari di quelli anagrafici, Pietro Gremigni [email protected] Consulente aziendale Ha pubblicato diversi libri su temi relativi al diritto del lavoro. alla loro revisione in funzione dell’incremento della speranza di vita. Pensione di vecchiaia Viene abolito il precedente limite di età anagrafica vigente fino al 31 dicembre 2011 pari a 65 anni per gli uomini e 60 per le donne del settore privato. Pertanto nel 2012 l’età anagrafica sarà la seguente: 1. lavoratori uomini dipendenti e autonomi: 66 anni; 2. lavoratrici dipendenti del settore privato: 62 anni; 3. lavoratrici del pubblico impiego: 66 anni; 4. lavoratrici autonome: 63 anni e 6 mesi. Tali requisiti aumenteranno per le donne in funzione del raggiungimento di quelli previsti per gli uomini e dal 2013 in relazione dell’incremento della speranza di vita (vedi grafico in basso). ➤ PENSIONE DI VECCHIAIA Anno Lavoratori dipendenti e autonomi Lavoratrici settore privato Lavoratrici settore pubblico Lavoratrici autonome 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 66 66 e 3 mesi 66 e 3 mesi 66 e 3 mesi 66 e 7 mesi 66 e 7 mesi 66 e 7 mesi 66 e 11 mesi 66 e 11 mesi 67 e 2 mesi 62 62 e 3 mesi 63 e 9 mesi 63 e 9 mesi 65 e 7 mesi 65 e 7 mesi 66 e 7 mesi 66 e 11 mesi 66 e 11 mesi 67 e 2 mesi 66 66 e 3 mesi 66 e 3 mesi 66 e 3 mesi 66 e 7 mesi 66 e 7 mesi 66 e 7 mesi 66 e 11 mesi 66 e 11 mesi 67 e 2 mesi 63 e 6 mesi 63 e 9 mesi 64 e 9 mesi 64 e 9 mesi 66 e un mese 66 e un mese 66 e 7 mesi 66 e 11 mesi 66 e 11 mesi 67 e 2 mesi 37 strumenti mondo legale/2 L’altra condizione per il diritto alla pensione di vecchiaia è avere maturato almeno 20 anni di anzianità contributiva. Oltre ai due predetti requisiti anagrafici e contributivi per i lavoratori con riferimento ai quali il primo accredito contributivo decorre successivamente al primo gennaio 1996 (sistema contributivo), l’importo della pensione deve risultare non inferiore a 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale rivalutato annualmente. In deroga ai predetti requisiti di età, le lavoratrici possono conseguire il trattamento di vecchiaia oltre che, se più favorevole, in base ai requisiti indicati prima, con un’età anagrafica non inferiore a 64 anni qualora maturino entro il 31 dicembre 2012 un’anzianità contributiva di almeno 20 anni e alla medesima data conseguano un’età anagrafica di almeno 60 anni. Età pensionabile e recesso Nei confronti dei lavoratori dipendenti il limite di età entro il quale è garantita la tutela del posto di lavoro mediante le garanzie delle leggi sui licenziamenti individuali e in particolare la tutela reale dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori è fissato a 70 anni, limite fino al quale la legge incentiva il proseguimento dell’attività lavorativa grazie all’erogazione di una pensione contributiva più elevata in virtù dell’azione di nuovi coefficienti di trasformazione dei montanti di calcolo. Solo dopo il proseguimento oltre i 70 anni di età (più l’incremento per la speranza di vita) il recesso dal rapporto potrà essere effettuato ad nutum con il rispetto del solo periodo di preavviso. Pensione anticipata La pensione anticipata sostituisce quella di anzianità e dal 2012 spetta in presenza delle seguenti condizioni agli iscritti in tutti i regimi previdenziali obbligatori che abbiano un’età inferiore ai limiti di età indicati sopra per avere diritto alla pensione di vecchiaia: • dal 2012 almeno 42 anni e un mese per gli uomini e 41 e un mese per le donne; dal 2013 almeno 42 anni e 2 mesi per gli uomini • e 41 e 2 mesi per le donne; • dal 2014 almeno 42 anni e 3 mesi per gli uomini e 41 e 3 mesi per le donne. Tuttavia per coloro che accederanno al pensionamento anticipato e il cui trattamento risulterà liquidato con il sistema misto sulla quota di trattamento relativa alle anzianità contributive maturate prima del 10 gennaio 2012 sarà applicata una riduzione percentuale dell’1% per ogni anno di anticipo nell’accesso al pensionamento rispetto all’età di 62 anni; tale percentuale annua è elevata al 2% per ogni anno ulteriore di anticipo rispetto a due anni. Ecco l’evoluzione dell’anzianità contributiva in funzione dell’incremento stimato della speranza di vita (vedi grafico in basso). PENSIONE ANTICIPATA 38 Anno Lavoratori uomini dipendenti pubblici, privati e autonomi Lavoratrici donne dipendenti pubbliche, private e autonome 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 42 anni e un mese 42 anni e 5 mesi 42 anni e 6 mesi 42 anni e 6 mesi 42 anni e 10 mesi 42 anni e 10 mesi 42 anni e 10 mesi 43 anni e 2 mesi 43 anni e 2 mesi 43 anni e 5 mesi 41 anni e un mese 41 anni e 5 mesi 41 anni e 6 mesi 41 anni e 6 mesi 41 anni e 10 mesi 41 anni e 10 mesi 41 anni e 10 mesi 42 anni e 2 mesi 42 anni e 2 mesi 42 anni e 5 mesi Pensione anticipata col sistema contributivo Per i lavoratori che hanno effettuato il primo accredito contributivo successivamente al primo gennaio 1996, il diritto alla pensione anticipata può essere conseguito non solo ricorrendo ai requisiti indicati in precedenza ma anche al compimento del requisito anagrafico di 63 anni, a condizione che: • risultino versati e accreditati in favore dell’assicurato almeno 20 anni di contribuzione effettiva; • l’ammontare mensile della prima rata di pensione risulti essere non inferiore a un importosoglia mensile pari, per l’anno 2012, a 2,8 volte l’importo mensile dell’assegno sociale rivalutato. In relazione alla pensione anticipata è ammessa una deroga nei confronti di quei lavoratori e lavoratrici che, senza l’entrata in vigore della Riforma, sarebbero andati in pensione di anzianità dal 2012 in poi col sistema (abolito) delle quote. In via eccezionale per tali lavoratori che maturino un’anzianità contributiva di almeno 35 anni entro il 31 dicembre 2012 sarà possibile conseguire il trattamento della pensione anticipata al compimento di un’età anagrafica non inferiore a 64 anni. Deroghe Nei confronti dei lavoratori indicati successivamente continuano ad applicarsi le regole previgenti sia in materia di requisiti di accesso che di decorrenza della pensione: • lavoratori che hanno maturato i requisiti sulla base delle regole previgenti entro il 31 dicembre 2011; alle lavoratrici dipendenti con almeno 57 anni • e autonome con 58 anni con almeno 35 anni di contributi che vanno in pensione anticipata fino al 31 dicembre 2015 optando però per il sistema di calcolo contributivo. Nei confronti di una serie di lavoratori in mobilità, in esodo con l’aiuto dei Fondi di solidarietà settoriali (ad aesempio banche) e che hanno ottenuto l’autorizzazione ai versamenti volontari, sarà possibile andare in pensione con le regole previgenti anche se la pensione verrà maturata dal 2012 in poi, a condizione che gli stessi rientrino nel numero massimo di beneficiari che il Ministero del lavoro dovrà individuare anno per anno in base alle risorse stanziate e in funzione della data di cessazione del rapporto di lavoro. Lavori usuranti Per i lavoratori addetti ai lavori usuranti, tra cui coloro che a certe condizioni hanno effettuato lavoro notturno, rimane fermo il diritto ad andare in pensione prima della maturazione dei requisiti ordinari. I requisiti continuano a maturarsi applicando il sistema delle quote (mix di anzianità contributiva e età anagrafica). Pertanto i lavoratori usurati potranno accedere al pensionamento anticipato in base ai seguenti requisiti: 1. nel 2012: con quota 96 basata sulla somma dell’età di almeno 60 anni e un’anzianità contributiva minima di 35 anni; 2. dal 2013 in poi: con quota 97 e un’età anagrafica minima di 61 anni (fermo restando almeno 35 anni di anzianità contributiva). Totalizzazione Viene infine confermato il sistema della totalizzazione con il quale si permette di sommare gratuitamente i diversi periodi di attività svolti in regimi previdenziali differenti ai fini del pagamento di un’unica pensione da parte dell’Inps. Dal 2012 pertanto i lavoratori con diversi periodi di anzianità contributiva maturati in fondi previdenziali diversi potranno totalizzarli ai fini di percepire un’unica pensione, a prescindere dall’anzianità contributiva minima maturata in ciascuno di essi. Viene eliminato pertanto il requisito di almeno tre anni di anzianità contributiva in ciascun Fondo. n “Per i lavoratori addetti ai lavori usuranti, tra i quali chi, a certe condizioni, ha effettuato lavoro notturno, rimane fermo il diritto ad andare in pensione prima della maturazione dei requisiti ordinari” 39 La ricerca Top Employers certifica e promuove le aziende più meritevoli nella valorizzazione del capitale umano e virtuose per le loro best practices nel campo HR. Sono aziende che dimostrano un impegno sempre maggiore nell’attrarre, trattenere e motivare il talento. La preziosa collaborazione con AIDP nel team di esperti di supporto apporta background professionale ed accresce il valore aggiunto di questo importante riconoscimento. Ecco quindi una lista di eccellenze, aziende che rappresentano un coraggioso esempio da seguire e uno stimolo per coltivare la fiducia nel futuro, che ritroverete nella pubblicazione annuale Top Employer Italia 2012 (ed. Franco Angeli) in libreria a partire da marzo 2012. Maggiori informazioni sulla collaborazione, sul progetto e sulla metodologia della ricerca nella sezione progetti del sito www.aidp.it. Top Employers Italia 2012 Politiche retributive Condizioni di lavoro e benefit Cultura aziendale Formazione e sviluppo 3M Italia Abbott Accenture adidas Autostrade per l‘Italia avanade Birra Peroni BNL Gruppo BNP Paribas British American Tobacco Italia Cariparma Chiesi Farmaceutici Conforama Italia Datalogic Dedagroup ICT Network Electrolux Elica Enel Ernst & Young Finmeccanica Gruppo Hera IEO JT International Italia Kimberly-Clark Merck Serono PepsiCo Philip Morris Italia Prysmian Group Rittal SAS SIA Sigma-Aldrich Starwood Hotels and Resorts Technip Italia Tetra Pak TNT Express Italy UniCredit Valeo Volkswagen Group Italia P Opportunità di carriera strumenti IL CENTRO STUDI RISPONDE Un impegno da non sottovalutare Nell’assunzione, se non possono sottoscrivere subito un contratto, le parti hanno la possibilità di vincolarsi. Ma attenzione ai rischi Maurizio Manicastri Avvocato e giuslavorista, oggi è consulente nell’ambito Hr e vicepresidente AIDP Lazio David Trotti Fondatore dello studio di consulenza del lavoro Trotti, è vicepresidente esecutivo AIDP Lazio Stiamo selezionando del personale e molti dei candidati sono già impiegati e chiedono una lettera d’impegno. di cosa si tratta? L a lettera di impegno all’assunzione viene utilizzata quando una o entrambe le parti (datore di lavoro o lavoratore), non potendo o volendo stipulare un contratto di lavoro con efficacia immediata, decidono di vincolarsi con decorrenza futura. Il caso più frequente è proprio quello sottopostoci in questo quesito in cui il lavoratore, già occupato presso altro datore di lavoro, non è disponibile da subito poiché vincolato dal periodo di preavviso che, per alte professionalità, può essere molto lungo. L’obbligazione alla futura formalizzazione del contratto di lavoro può essere unilaterale e irrevocabile oppure contrattuale. Nel caso di inadempimento le conseguenze possono: a) essere meramente risarcitorie a fronte di una generica lettera di intenti, oppure concretizzare una fattispecie di responsabilità precontrattuale laddove le trattative, pur non formalizzate in un’obbligazione, abbiano ingenerato un legittimo affidamento sulla conclusione del contratto e siano state ingiustificatamente interrotte; b) comportare anche la possibilità di ottenere giudizialmente la costituzione di un rapporto di lavoro in forza dell’articolo 2932 del Codice civile qualora l’impegno, contenendo gli elementi essenziali Azienda che applica il ccnl commercio del contratto di lavoro e cioè la tipologia, l’inquadramento, la retribuzione e la data entro la quale è prevista l’assunzione, concretizzi un contratto preliminare. Va evidenziato che il contratto preliminare deve avere la stessa forma che la legge prescrive per il contratto definitivo (ai sensi dell’articolo 1351 del Codice “Le parti sono sempre libere in ogni momento di modificare quanto concordato nel momento in cui è stato stilato il contratto di assunzione” civile) e comunque, anche se per il contratto a tempo indeterminato la legge non prevede la forma scritta, questa è sempre opportuna e solitamente prevista dai Ccnl. Per tutelarsi poi nel caso in cui sia il lavoratore a non rispettare l’impegno è bene che la lettera contenga la previsione di una penale (anche facendo salvo il maggior danno) perché altrimenti sarà difficile, anche se possibile, ottenere il risarcimento da parte del lavoratore. Queste conseguenze possono essere diversamente disciplinate o anche impedite dalle parti tramite apposite clausole, riserve o condizioni sospensive al cui verificarsi venga subordinata l’efficacia della lettera quali: la consegna di documenti necessari all’assunzione o l’esito positivo della visita medica di preassunzione. Le parti sono sempre libere in ogni momento di modificare quanto concordato nel momento in cui viene stilato il contratto di assunzione. In questo caso è consigliabile indicare nel contratto definitivo (soprattutto se peggiorativo per il lavoratore) che le parti hanno di comune accordo modificato le condizioni della lettera di impegno. Ulteriore cautela è quella di indicare in maniera espressa il periodo di prova, in quanto c’è il rischio che l’assenza della sua indicazione ne permetta il rifiuto in sede di firma della lettera di assunzione. n 41 strumenti cessione del quinto Una pratica diffusa da gestire con attenzione Molte eccezioni, casi personali molto diversi tra loro e rischi concreti per le aziende. Ecco perché questa situazione va affrontata con particolare cautela di Bernardina Calafiori Socio fondatore dello Studio Daverio & Florio È membro della Commissione Lavoro presso l’Ordine dei Commercialisti ed Esperti Contabili di Milano e propone, all’interno della Commissione, il piano formativo e gli eventi formativi su materie di diritto del lavoro. Nel giugno 2009 ha tenuto il corso su “Cessione del quinto e trattamenti spettanti al coniuge in caso di divorzio” presso l’Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Milano. È socia dell’AGI, Associazione Giuslavoristi Italiani. 42 I { [email protected] l fenomeno dei prestiti personali ha dimensioni di massa, tanto più in momenti di crisi come gli attuali. Questi finanziamenti sono spesso alimentati da uno strumento specifico, noto come “cessione del quinto”, che per gli uffici del personale e uffici paghe delle aziende implica ricadute significative dal punto di vista della gestione delle procedure che ne derivano. Gli istituti di credito e gli intermediari finanziari autorizzati erogano prestiti personali ai lavoratori e, a garanzia della restituzione del capitale e degli interessi, chiedono la cessione di parte della retribuzione del lavoratore stesso, ottenendo così che il datore di lavoro paghi la quota ceduta della retribuzione direttamente al finanziatore. Questa richiesta da parte del lavoratore è assolutamente legittima e sancita dalla legge. Ogni credito infatti può essere ceduto, salvo che esso non abbia “carattere strettamente personale” o “il trasferimento […] sia vietato dalla legge” (articolo 1260, primo comma, del Codice civile) e nella fattispecie la retribuzione rientra nella categoria dei crediti “non strettamente personali”. Il caposaldo normativo che regola la cessione della retribuzione afferma che i lavoratori «possono contrarre prestiti da estinguersi con cessione di quote dello stipendio o del salario fino al quinto dell’ammontare di tali emolumenti valutato al netto di ritenute e per periodi non superiori a dieci anni» (articolo 5, primo comma, Dpr n. 180/1950). Un obbligo dal quale il datore di lavoro non può esimersi, come stabilisce l’articolo 1264 del Codice civile. Una volta che la cessione viene notificata all’azienda, la titolarità della retribuzione si trasferisce dal lavoratore al finanziatore e il datore di lavoro si libera dall’obbligazione retributiva nei confronti del primo, pagando il debito al finanziatore cessionario. Un eventuale pagamento al lavoratore cedente, non libererebbe dall’obbligazione il datore di lavoro e lo esporrebbe al rischio, se non alla certezza, di dover pagare due volte. Un problema molto delicato è se il datore di lavoro possa, all’atto della stipulazione del contratto di lavoro o successivamente pattuire con il dipendente la rinuncia di quest’ultimo alla possibilità di cedere la quota del proprio trattamento retributivo. Un simile patto non risulta espressamente vietato, ma si presta a dubbi di legittimità, anche se il tema non risulta oggetto di precedenti giudiziali. Inoltre, la pratica solleva una serie di questioni particolari, spesso difficili da risolvere. Ad esempio, capita frequentemente che un lavoratore esposto a tensioni o esigenze finanziarie pressanti stipuli più di una cessione del credito retributivo. Se la seconda cessione non supera il limite del quinto essa risulta valida; nel caso in cui il limite del quinto venga superato ogni successiva cessione risulta incompatibile con la prima stipulata, che rimarrà l’unica ad essere pagata tramite cessione della retribuzione. In caso di pignoramento... Caso altrettanto frequente è quello in cui la retribuzione del dipendente sia colpita da atti di sequestro o pignoramento. Se la cessione del quinto viene notificata al datore di lavoro dopo un eventuale provvedimento di sequestro o pignoramento, l’articolo 68 del Dpr n. 180/1950 prevede al primo comma che: «la cessione […] non può essere fatta se non limitatamente alla differenza tra i due quinti dello stipendio o salario valutati al netto delle ritenute e la quota colpita da sequestri o pignoramenti». Ovvero, ipotizzando una retribuzione al netto delle trattenute pari a 100 e il pignoramento nel limite del quinto (20), la quota di retribuzione cedibile sarà pari alla differenza tra i 2/5 di 100 (40) e la quota pignorata (20) e sarà cioè pari a 20. Viceversa, se la cessione del quinto viene notificata al datore di lavoro prima di un eventua- “Capita frequentemente che un lavoratore esposto a tensioni o esigenze finanziarie stipuli più di una cessione del credito retributivo. La seconda cessione risulta valida se non supera il limite del quinto; nel caso in cui il limite del quinto venga superato, ogni successiva cessione risulta incompatibile con la prima stipulata” La cessione del quinto perde terreno Flessione per la cessione del quinto nei primi dieci mesi del 2011. Secondo i dati Assofin, infatti, tra gennaio e ottobre dello scorso anno per questo prodotto si è verificato un calo del 5,4%. I motivi? Da un lato, la stretta sul credito attuata dalle principali compagnie assicurative, che hanno inasprito i criteri per la concessione del credito ai dipendenti delle aziende private. Dall’altro, il divieto di rinnovare le polizze prima della scadenza imposto dalla Banca d’Italia. In controtendenza, invece, i Prestiti personali, che nel corso dei dieci mesi in esame hanno avuto un incremento del 6%. le provvedimento di sequestro o pignoramento, allora lo stesso articolo decreta che: «non si può sequestrare o pignorare se non la differenza fra la metà dello stipendio o salario valutati al netto di ritenute e la quota ceduta». Ipotizzando, in tal caso, una retribuzione al netto delle trattenute pari a 100 e una cessione nei limiti del quinto (20), il pignoramento successivo non potrà superare 30, pari alla differenza tra 50 (metà dello stipendio netto) e 20 (cessione pari a un quinto). ...e di riduzione Si può verificare inoltre il caso in cui lo stipendio subisca una riduzione in virtù del cambio del rapporto di lavoro in essere come ad esempio il passaggio a un part-time, sanzioni disciplinari, sospensioni del rapporto dovuti alla cassa integrazione o malattia. Se la riduzione è in misura inferiore o pari a 1/3 dello stipendio, la quota da trattenere resterà invariata; se invece lo stipendio subisce una riduzione maggiore di 1/3, il datore di lavoro è tenuto a ricalcolare la trattenuta di un 1/5 sul nuovo stipendio netto e, sarebbe opportuno, che comunicasse per iscritto al finanziatore l’evento che ha modificato la retribuzione e l’eventuale nuova quota da trattenere. Oltre allo stipendio, il Ministero del lavoro ha chiarito che la cessione del quinto può interessare anche il Tfr e non impedisce la relativa devoluzione alla Previdenza complementare (o all’Inps), fermo restando che gli enti previdenziali dovranno tener conto della cessione e pagare il debito al creditore cessionario. Sarà prudente, da parte del datore di lavoro, dare debita notizia della cessione a tali soggetti. Il tema della cessione del quinto non va mai sottovalutato dall’azienda, soprattutto quando più soggetti (società finanziarie, istituti di credito, mogli separate o divorziate) si presentano al datore di lavoro in veste di creditori insoddisfatti che vanno gestiti caso per caso, richiedendo talora anche l’ausilio di un legale. Per tutti questi motivi, la cessione del quinto della retribuzione rappresenta per le aziende una situazione da gestire con molta attenzione date le molteplici complessità delle condizioni lavorative e personali dei dipendenti. n 43 strumenti situazioni insolite In carcere per imparare Le porte della casa di reclusione di Opera si sono aperte alle aziende. L'obiettivo? Capire come si lavora in un ambiente pieno di difficoltà e (solo) all'apparenza poco motivante di Maurizio Bertoli e Stefano Bertolina Partner e Responsabile Formazione Aziende di SLO Direzione Settore Formazione Persona e Imprese di Galdus 44 U { [email protected] - [email protected] n percorso di formazione che porti i manager detenuti, nella Casa di reclusione di Opera ad ascoltare come se la cavano Direttore e Ispettori di Polizia penitenziaria nel tenere insieme vincoli ed esigenze anche drammatiche in un panorama di scarsissime risorse: una nuova follia dell’outdoor o un progetto unico? Intanto è un’idea che ha radici e una storia. Nasce da una collaborazione fra la Casa di reclusione e due società di formazione e consulenza milanesi: SLO e Galdus, che hanno realizzato percorsi di consulenza e formazione accompagnando la Direzione alla creazione di nuove prassi organizzative. L’intervento è stato riproposto anche alla squadra degli Ispettori, così da uniformare le prassi a livello intermedio. Gli Ispettori sono le figure professionali che gestiscono i reparti (circa 600 detenuti) e una squadra di agenti di 80 unità, di fatto assimilabili a dirigenti intermedi, snodi organizzativi fondamentali. Senza il loro contributo il carcere non funziona. L’idea di aprire il carcere alle aziende ha preso corpo all’interno di questo intervento, come progetto di continuità con ricadute positive sia per il carcere sia per le imprese. Da una parte infatti la proposta si incastona in una riflessione condotta dai formatori sulle modalità offerte più frequentemente dal mercato di settore che privilegiano l’esperienza "diversa" e "forte" attraverso outdoor sempre più lontani, e anche più estremi, con il rischio di allontanarsi troppo dal contesto lavorativo e diventare una vacanza, nel senso latino del termine, una discontinuità, in cui si può anche fare esperienza di rapporti diversi e positivi, difficili però da trasferire nel contesto organizzativo al ritorno e quindi da spendere realmente. Anche in questo modello, è vero, ci si allontana dal proprio contesto, ma si rimane in un’organizzazione molto strutturata, in cui gestione del tempo e delle emergenze, vincoli organizzativi, sistema delle regole, gerarchie, autonomia dei singoli si presentano con molta chiarezza, quasi amplificati. Si tratta quindi di una modalità formativa che, pur decontestualizzando, suscitando emozione, mettendo in gioco le persone, conduce a una riflessione su tematiche proprie di ogni azienda. Inserita in un percorso di formazione strutturato e costruito su misura, permette al gruppo che vi partecipa di cogliere gli aspetti più interessanti e di farne materiale efficace per il proprio progetto di apprendimento o di cambiamento. Abbiamo concepito un setting formativo come spazio di narrazione, luogo di diverse storie, dove poter oscillare fra il "qui e ora" e il "là e allora". In gioco è la possibilità di riconnettere le esperienze e le storie lavorative e organizzative dei partecipanti a una prospettiva di costruzione di significati orientati a processi di crescita personale e professionale (il concetto di sensemaking elaborato da Weick). Intervistando tre manager HR che hanno partecipato alle diverse edizioni fino a oggi tenute, è emerso il fatto che ognuno ha colto e sviluppato aspetti diversi, sebbene connessi. Barbara Lorenzin sottolinea la riflessione sulle capacità e professionalità del manager come gestore della complessità: «In questo caso governare una popolazione numerosa, con tutte le sue complessità, e quali complessità, da coniugare con la parte organizzativa (uscite, interrogatori, servizi riabilitativi, visite) in una cornice di codici rigidi è una sfida quotidiana che richiede grande flessibilità e capacità creativa, nel senso di individuare soluzioni ogni giorno diverse, a volte anche in situazioni di emergenza. Dietro c’è un vero spessore professionale, legato alla capacità di essere un manager oltre che un profondo conoscitore delle regole». Mario Perego, Direttore risorse umane Heineken Italia, ritiene interessante che in un contesto poverissimo, «in contrasto con le molte risorse tecnologiche dell’azienda, si incontrino persone che fanno le cose bene semplicemente perché vanno fatte bene, senza le leve motivazionali classiche e nemmeno un sistema di Non solo detenuti Costruita negli anni '80, la Casa di reclusione di Opera è il carcere più grande d'Europa e ospita 1.400 detenuti. Nonostante la situazione difficile dei penitenziari italiani, sono numerose le attività organizzate: laboratori di pittura, lettura e scrittura creativa. C'è anche un teatro e nel carcere si è formata anche una banda musicale: gli Opera House. valutazione. È l’occasione per aprire un filone di riflessione interessante: cosa fa sì che in una situazione così faticosa e apparentemente poco motivante le persone reggano e lavorino bene? Non si può certo pensare a una gratificazione classica, in termini di guadagno. E allora cosa le motiva: un fortissimo senso di appartenenza? Una cultura organizzativa che porta ad aderire al proprio mandato?». Marzia Segato, HR manager di Electrolux Group, confessa di aver avuto un'iniziale preoccupazione prima di proporre l’esperienza al management team dello stabilimento di Solaro: «Temevo che ci fossero troppe similitudini, come quando ci si lamenta dicendo che si è "imprigionati" da eccessivi legami e condizionamenti… In realtà la visita alla Casa di reclusione e il confronto con il Direttore e gli Ispettori hanno avuto un effetto ridimensionante. Abbiamo visto che c’è chi si muove in ambiti più difficili del nostro, più rigidi, eppure riesce a muoversi. Quindi impariamo da loro e andiamo oltre le lamentele». In molte altre interviste appare come nell’accettare la sfida costituita da un ambiente difficile, nel mettersi in gioco in questa dimensione di innovazione, si possa intravedere anche la possibilità di gestire lo stress in modo positivo. Un altro tema di non poco peso. Ma per il carcere che ritorno c’è? «La nostra immagine è legata a eventi negativi, questa è un’occasione per vederla da un altro punto di vista: anche le aziende hanno qualcosa da imparare da noi. E questa lettura positiva, a ricaduta, si riversa su tutta l’organizzazione», spiega il Direttore della Casa di reclusione Giacinto Siciliano. E cosa può insegnare il carcere alle aziende? «Noi – continua il Direttore – siamo un ottimo esempio di come si possa "fare" anche con poche risorse: perché noi non possiamo fermarci, dimettere i detenuti nascondendoci dietro una mancanza di risorse. Abbiamo imparato a reggere anche in situazioni di tensione, adattandoci. Inoltre c’è una sfida da raccogliere: trovare il modo per organizzare e gestire questa attività in un’istituzione molto rigida e molto grande», aggiunge il Direttore. Uno che di sfide se ne intende. In conclusione, dunque, tornando alla domanda iniziale: è follia o unicità? Certamente nel progetto un pizzico di follia c’è, quanto basta per accettare una sfida innovativa e unica, che le aziende potrebbero raccogliere, soprattutto in questo periodo di crisi e di sfiducia. n 45 Pub Via Domenico Cucchiari 20 - 20155 Milano - 02 36531141 - [email protected] - www.pubcreativepublishing.it G In Pub realizziamo strategie e strumenti di comunicazione interna per aziende grandi e piccole, italiane e multinazionali. Ci piacerebbe farlo anche per voi. PUBL IS IN All’interno di un’azienda i processi di comunicazione sono sempre in atto, che lo vogliamo o no. Se l’azienda non comunica, il silenzio sarà interpretato come la prova di un problema. Se la comunicazione è reticente, qualcuno inventerà le informazioni mancanti. Se la visione strategica non viene spiegata, si penserà che non esiste. Per questo la comunicazione interna è importante, più che mai nei momenti difficili. Per unire e motivare. Per indicare gli obiettivi prioritari. Per attrarre e trattenere i migliori talenti. VE TI H Se la tua azienda non comunica, lo farà qualcun altro. EA P CR Numero20 “Ho sentito dire che…” PR EMI U M Q UAL ITY coverstor y recensioni STRUMENTI La sfida della bellezza, oggi Il libro di Giuseppe Varchetta offre la possibilità di riflettere su una delle virtù più discusse, molto presente nelle nostre vite. Anche in azienda LA SCHEDA TITOLO Trame di bellezza. Individuo, organizzazione, progettualità AUTORE Giuseppe Varchetta ANNO 2011 CASA EDITRICE Guerini e Associati COLLANA Libri di Ariele PAGINE 125 PREZZO 16,50 euro D ella difficile sfida della bellezza tratta l’ultimo, affascinante saggio di Giuseppe Varchetta, Trame di bellezza (Guerini e Associati, 2011). Un percorso acronico e inusuale che ci conduce, sotto la guida del maestro Gino Pagliarani, alla scoperta di tratti poetici e non solo, di una vicenda umana e manageriale di indubbia sensibilità. Le trame di bellezza sono frammenti, pezzi di magia estrapolate da un manifesto strappato dai muri (come quello in copertina), testi distanti nel tempo e nello spazio: un epitaffio artistico di Fabio Mauri, un appunto di Ettore Sotsass, un paragrafo delle lettere a Lucillo e la sua immagine speculare ritrovata, duemila anni dopo, in Camus, per una di quelle coincidenze impossibili che tanto affascinavano il vecchio Pagliarani. Una raccolta preziosa che si configura come una sorta di «dono, un rimandare a territori misteriosi, inesplorati, necessariamente a [...] radici molto lontane». Sono pezzi di una storia intellettuale che si confonde continuamente tra quella dell'autore e quella del suo homo faber, che può essere di volta in volta poeta, manager, artista, uomo di mondo, ma che è sempre l'esploratore di una dimensione infantile mai rinnegata. Per questa ragione del tutto diverso dall'uomo mancato, da colui che non ha osato inseguire la propria bellezza nel timore di un fallimento possibile e per questo si è condannato a vivere di continuo l'inevitabile confronto tra quanto realizzato e le potenzialità continuamente percepite di quello che avrebbe potuto essere Massimiliano Santoro massimiliano.santoro@ gruppoprospecta.it Antropologo e Senior Partner di Gruppo Prospecta ma che non ha neppure osato pensare. A chi si rivolge allora questa raccolta di trame invisibili che ci richiamano costantemente a questa bellezza agita e mancata, vissuta e temuta? A noi tutti, immagino. Certamente anche alle donne e agli uomini che vivono le organizzazioni e che, troppo spesso, si nascondono, negandosela, questa opportunità di bellezza. Una bellezza che stupisce e affascina, testimonianza possibile di un saper essere che continua a sfuggire ai grandi testi manageriali e di cui invece si trovano tracce chiarissime nel linguaggio poetico, dal John Keats delle lettere sulla poesia al Philip Roth di Nemesi che attribuisce al piccolo Alan la capacità di vivere ogni giorno della sua vita meravigliandosi di ogni cosa e traendo diletto da tutto. Forse è questo il senso del libro, al tempo stesso una promessa e un monito. Ma anche la speranza sobria di un uomo che assapora ogni giorno la vita e ne conosce il valore. Queste, in fondo, sono le trame di bellezza che Varchetta ha appuntato con puntigliosa precisione per una vita, sapendo restituircele intatte in questo breve e illuminante libro. n “La speranza sobria di un uomo che assapora ogni giorno la vita e ne conosce il valore: questo il senso del libro di Varchetta” 47 strumenti COACHING INTEGRATIVO le differenze che ci rendono uguali I contrasti sono una ricchezza per tutti. Qualcosa che ci unisce c'è sempre: una sorta di alfabeto comune che è alla base di ogni organizzazione di Duilio Cau Comunicatore e formatore Q { [email protected] uando un Tuareg nel deserto incontra un altro Tuareg, lo saluta. I Tuareg partono dal presupposto che è di gran lunga più difficile uccidere una persona con la quale hai già stretto conoscenza. È più difficile uccidere e, conseguentemente, è più difficile essere uccisi. In termini sistemici si tratta di un tipico approccio strategico. L’approccio tattico considererebbe quale è la mia forza rispetto a quella della persona che incontro. Se sono apparentemente più forte, non accetterò il saluto per essere libero di prevalere sul mio interlocutore. Se sono apparentemente più debole cercherò il saluto per evitare di soccombere. I Tuareg scommettono sul fatto che una relazione nella quale nessuno rischia di essere ucciso può portare benefici a entrambe le parti. E per loro non ha nessuna importanza se chi incontrano è una persona o un gruppo di persone, se è un capo tuareg o meno, se non è un tuareg o un membro della stessa tribù. Poi litigano, se è il caso, e anche tanto. Per certi aspetti sono più litigiosi perché sanno che, a qualunque livello arrivi, la loro divergenza non avrà mai conseguenze disgregative, sarà pura dialettica senza rischi. Nelle nostre organizzazioni, nelle aziende, il saluto ha ormai perso questa funzione scivolando progressivamente verso una ritualità fine a se stessa. Ma la reciproca conoscenza può ancora fare miracoli. Franco Basaglia, lo psichiatra che ha riportato 48 la psichiatria a essere cura e non segregazione, partiva sempre da una sola considerazione: «Visto da vicino, nessuno è normale». Voleva porre in evidenza che ciascuno di noi dimostra la sua anormalità, intesa come non riducibilità a uno standard, la sua specificità e, soprattutto, che questo nostro essere ciascuno specifico rispetto agli altri ci rende tutti uguali. La forma di conoscenza più autentica è il riconoscimento di questo nostro essere tutti uguali e tutti specifici. E il riconoscimento avviene sempre "a priori". È come dirsi tra sé e sé: «Io penso che tu sei come me indipendentemente da quello che pensi, da quello che vuoi, dal ruolo che occupi, dal contesto in cui siamo, da quello che succederà». Niente di diverso, in fondo, da quello che avviene tra i tuareg. Quante volte succede questo nelle nostre organizzazioni? Quante volte invece, anziché unirsi, ci si di- “Questo qualcosa che ci rende uguali e ci unisce esiste e si può trovare e mettere in luce in modo tale che non sia a rischio il legame organizzativo e la libertà di ricercare le soluzioni e i comportamenti migliori” vide “a priori” prima ancora che siano le vere e concrete divergenze a dividerci? E quante volte si adottano comportamenti e procedure volti a circoscrivere e limitare i momenti dialettici solo perché se ne teme il rischio disgregativo? Tutti concordano sul fatto che le differenze sono una ricchezza. Ebbene, anche i contrasti e le contrapposizioni sono una ricchezza perché apportano nuova linfa, idee e soluzioni imprevedibili e, quindi, ad alto valore aggiunto. Perché spesso succede che, pur di evitare un potenziale conflitto, si tende a evitare di affrontare un reale problema, con risorse che si impegnano per limitare e risorse che non si liberano per creare. Già, ma cosa ci rende fondamentalmente uguali gli uni agli altri al di là della nostra specificità? Jung lo chiamava “inconscio collettivo”, l’idea che ognuno di noi contenesse al suo interno degli archetipi, degli schemi di ragionamento e comportamento come fossero le lettere di un alfabeto uguale per tutti, con le quali ciascuno di noi può scrivere ciò che vuole. Non è importante definirlo adesso e non è neanche il mio compito. È importante sapere che questo qualcosa che ci rende uguali e ci unisce esiste, e si può trovare e mettere in luce in modo tale che non sia a rischio né il legame organizzativo né la libertà di ricercare le soluzioni e i comportamenti migliori. Sappiamo che esiste e vogliamo metterlo in luce. Ma dove si trova? Per dirla con la similitudine precedente, se abbiamo lo stesso alfabeto dobbiamo parlare sempre la stessa lingua, anche se diciamo cose diverse. Dove si trova questo “alfabeto umano”? Si trova dentro ciascuno e si trova in profondità, non occorre portarlo dentro, ma è sufficiente farlo venire alla luce. Come se ogni persona Alla testa dell'umanità Secondo Jung l'inconscio collettivo appartiene a tutti gli uomini. Si tratta di una sorta di “alfabeto comune” che racchiude in sé le forme e i simboli presenti in tutti i popoli di tutte le culture. La sfida, nelle nostre organizzazioni, è far venire alla luce questo linguaggio condiviso in modo da facilitare l'integrazione all'interno di un gruppo. In fondo, basta prendere esempio dai Tuareg che, quando si incontrano nel deserto, si salutano anche se non si conoscono. desse e ricevesse simultaneamente il saluto dei tuareg, così è possibile spolverare ogni individuo e ritrovare le condizioni preliminari perché un’organizzazione acquisisca solide dinamiche integrative. La tecnica di spolvero esiste e si chiama coaching integrativo, una modalità articolata che ho sviluppato cercando di conciliare la peculiarità del coaching individuale con le necessità di sviluppo organizzativo. Il suo fondamento è che, in termini di coesione e integrazione organizzativa, le tattiche sono molte ma la strategia è una sola, e che le tattiche si possono imparare mentre la strategia è già dentro di noi. Il coaching integrativo sviluppa un percorso di integrazione a vari livelli aziendali, indipendentemente tanto dai contesti economici che da quelli relazionali, massimizzando il potenziale integrativo in ogni circostanza proprio perché lavora a priori sulle condizioni che generano integrazione. n 49 strumenti qualità autentiche Il gruppo nasce in armonia I punti di forza di una persona, se portati all'eccesso, rischiano di rivelarsi una trappola. È fondamentale quindi trovare un equilibrio di Patrizia Farnetti e Ira Orsini Executive Consultant & Coach di Reiss Romoli S { [email protected] [email protected] quadra, senso d’appartenenza, identità di gruppo. È possibile raggiungere questi obiettivi senza parlare di culture organizzative da un lato e di consapevolezza individuale dall’altro? La risposta è no, non è possibile. Il tema semmai è un altro: come coniugare la rappresentazione del singolo con la mappa della collettività? L’intervento formativo realizzato con Progettista e Docente Area Comportamenti Organizzativi Service Unite Formazione di Telecom Italia 50 HR-Services di Telecom Italia, per un team composto da 16 persone della struttura NWS della stessa azienda, costituisce un esempio di risposta a questo interrogativo. Il team presenta alcune peculiarità: 1. le attività portate avanti dalla funzione sono sostanzialmente riconducibili a due diversi filoni e la tipologia di job non richiede interazioni particolarmente “spinte” tra le persone. Si tratta di attività contrassegnate da un alto livello di specializzazione e autonomia; 2. la composizione della funzione nell’attuale “formazione” è recente, come anche il cambio di leadership intervenuto. L’esigenza della committenza era quella di creare un’identità di team forte e riconoscibile anche all’esterno e di costruire una prospettiva comune attraverso il confronto e l’adozione di modelli condivisi. L’intento che è stato rappresentato al team di progetto era quello di lavorare su queste finalità partendo dal rafforzamento delle identità personali, attraverso l’emersione e la valorizzazione delle potenzialità individuali. Il modello delle core qualities sviluppato da Da- niel Ofman ci è sembrato lo strumento adeguato per rispondere coerentemente alle finalità dichiarate e attivare processi di consapevolezza a diversi livelli. Il modello, infatti, fornisce una prospettiva di analisi e comprensione delle eccellenze e dei punti di caduta delle persone, dei gruppi e delle culture organizzative e può essere utilizzato con successo in programmi di sviluppo dei comportamenti organizzativi quando l’obiettivo è proprio quello di agire su tre dimensioni: prospettiva individuale, relazioni tra i membri, prospettiva organizzativa. Equilibrio cercasi Ofman parte dal presupposto che persone, gruppi e aziende siano connotati dalle loro "qualità autentiche" che, diversamente da capacità apprese, ne caratterizzano il nucleo, l’essenza. Esempi di Qualità autentiche personali sono la flessibilità, la determinazione, il coraggio. Ma ogni qualità autentica è accompagnata dalla sua ombra, dalla sua distorsione che altro non è che l’eccesso della qualità stessa. La distorsione della qualità autentica di una persona è anche la sua trappola. E così chi è flessibile rischia di diventare incoerente, chi è risoluto rischia di diventare insistente e così via. Cosa fare per evitare la trappola? Il modello offre una soluzione: sviluppare la sfida, la qualità positiva diametralmente opposta alla trappola. Ad esempio, la trappola dell’insistenza potrebbe offrire la pazienza come sfida. Quello che conta è trovare il giusto equilibrio tra risolutezza e pazienza. Non si tratta di diventare meno risoluti per il timore di essere insistenti, ma di sviluppare una risolutezza paziente. Ma attenzione, le persone sembrano perdere la calma quando entrano in contatto con l’eccesso della propria sfida. Quanto più un’altra persona ci mette a contatto con la nostra allergia, tanto più sarà probabile che cadiamo nella nostra trappola. Nel progetto Dal perimetro al centro: percorso di sviluppo del team abbiamo utilizzato il modello di Ofman, affiancando al quadrante delle qualità autentiche un'esperienza che consentisse ai partecipanti di cogliere – non solo dal punto di vista cognitivo, ma anche da quello emotivo – il rapporto tra qualità individuali e identità del team: l’esperienza proposta consisteva nella realizzazione di una mostra pittorica. Siamo partiti dalla presentazione e dalla condivisione del modello, abbiamo lavorato sull’individuazione delle qualità autentiche personali. Sono emerse le qualità autentiche personali dei 16 membri della funzione quali la flessibilità, la determinazione, il coraggio, la pazienza. Questa partenza ha creato un prezioso cambio di paradigma in quanto ha costretto tutti a ragionare sui punti di forza. Il lavoro sui quadranti individuali si è anche dimostrato uno strumento potente per creare, in Anima e arte Una specie di rivoluzionario. Così può essere definito Daniel Ofman, fondatore di Core Quality, agenzia che si occupa di sviluppo organizzativo. In un ambiente dominato da un approccio tecnocratico, Ofman ha concentrato la sua attenzione sull'importanza delle "qualità autentiche" che ciascuno possiede, accompagnate dal loro opposto che rischia di diventare una trappola. In questo progetto, realizzato per Telecom, è stato utilizzato il modello di Ofman per l'allestimento di una mostra pittorica: i partecipanti hanno prodotto alcune tele (nelle foto) a dimostrazione che il gruppo, quando funziona, produce cose concrete. un tempo relativamente breve, un forte senso di intimità e profondità. Ciò ha consentito di passare facilmente a ragionare sulle relazioni tra i membri del gruppo e, attraverso il doppio quadrante, a evidenziare il ruolo della fiducia e della collaborazione nella costruzione di un clima autentico di squadra. Il tema dell’equilibrio è stato il fil rouge con cui si è intrapresa l’attività di painting: l’arte è un prezioso gioco di equilibri e armonia. Quali sono le qualità autentiche che caratterizzano i due filoni di attività della funzione? Quali le trappole, le allergie e le sfide? I partecipanti, divisi in due gruppi, hanno realizzato due tele: la propria qualità autentica (l’eccellenza) e la propria sfida (l’attesa degli stakeholder). Un quadro della situazione Sono stati proprio gli stakeholder più significativi (i responsabili delle altre funzioni) a raggiungerci nel pomeriggio della seconda giornata e ad assistere alla presentazione delle opere e del loro significato da parte dei partecipanti. È stata un’esperienza intensa, emozionante, densa di significati. Ci siamo aperti all’esterno interrogandoci su come siamo percepiti dai nostri interlocutori, ci siamo chiusi e guardati dentro in un gioco di specchi intimo. Abbiamo effettuato un percorso che è andato dal centro al perimetro e di nuovo dal perimetro al centro nella preziosa scoperta di un potenziale personale e di gruppo. Le tele infine hanno rappresentato un manufatto concreto, qualcosa che il gruppo ha prodotto e che, appeso alle pareti della Funzione, continuerà a costituire nel tempo un potente simbolo di identificazione e appartenenza. n Si ringrazia Nunzia Puglisi (Referente HR National Wholesales di Telecom Italia) per l’effettivo contributo all’iniziativa. 51 P congressoAIDP2012Badesi Competitività e Persone In Italia stiamo facendo i conti con un sistema definito poco competitivo. In questo contesto, il capitale umano sarà sempre più determinante e unire produttività e sviluppo delle persone sarà la sfida più ambiziosa. Quindi la competitività rappresenta per la nostra associazione, per le imprese e per il sistema Italia il tema centrale a cui è dedicata questa edizione 53 congressoAIDP2012Badesi DEDICATO A: Top manager, Direttori del Personale, Professionisti HR, Professionisti d’azienda, VENERDÌ 8 giugno 2012 8.00 Mauro Sirani Fornasini REGISTRAZIONE PARTECIPANTI Amministratore Delegato Intertaba Philip Morris Francesca Pasinelli Direttore Generale Telethon Coordina 8.45 APERTURA LAVORI BENVENUTO E INTRODUZIONE Severino Salvemini Andrea Sorgia SDA Bocconi School of Management, Professore Area Organizzazione e Personale Presidente AIDP Sardegna Filippo Abramo Presidente Nazionale AIDP 13.00 9.15 QUESTION TIME a cura di Andrea Sorgia Presidente AIDP Sardegna COMPETITIVITÁ E PERSONE NELLE TESI CONGRESSUALI Paolo Iacci Comitato Scientifico Sardegna 2012 Giorgio Sangiorgi Coordinatore Scientifico Sardegna 2012 13.30 CHIUSURA LAVORI 9.45 MEGA TREND GLOBALI SFIDE E IMPLICAZIONI SULLE RISORSE UMANE 13.45 LUNCH Gennaro Casale 17.00 Vice President Managing Director, Boston Consulting Group PRESENTAZIONE DEI RISULTATI DEL “GIRO D’ITALIA” 10.30 coffee break CAPRI COMPETERE VALORIZZANDO LE PERSONE Franco Cipriano Presidente AIDP Campania Severino Nappi Assessore Formazione & Lavoro Regione Campania 11.00 ORGANIZZAZIONI, COMPETENZE E MOTIVAZIONI Dino Ruta SDA Bocconi School of Management, Professore Area Organizzazione e Personale ORVIETO LA GESTIONE DEL PERSONALE NELLE PMI Approcci e testimonianze tra normativa e fattori competitivi Michele Tripaldi Presidente AIDP Lazio Marina Scatena Direttore Risorse Umane Braccialini 11.45 TAVOLA ROTONDA - IL LAVORO DEL FUTURO Federica Dallanoce GENOVA HR E NUOVE TECNOLOGIE L’impatto delle tecnologie sull’organizzazione del lavoro Stefano Ferraro Presidente AIDP Liguria Bianca Falcidieno Presidente Area Ricerca CNR Genova Amministratore Delegato Ferrari Ventilatori Industriali Graziella Gavezotti Presidente e Amministratore Delegato Edenred Italia Partner AIDP 2012 54 imprenditori e studiosi dell’area risorse umane di organizzazioni pubbliche e private CERVIA PERSONE: VALORE, SPRECO, COMPETITIVITÁ Isabella Covili Faggioli Presidente AIDP Emilia Romagna Enzo Spaltro Fondatore Università delle Persone Coordina 18.45 Giorgio Sangiorgi CENA DI GALA PREMIAZIONE CONCORSI Università di Cagliari, Professore Psicologia delle Organizzazioni Presentazione dell'International Positive Business Forum Marco Masella Presidente Scuola di Palo Alto 21.00 SABATO 9 giugno 2012 8.30 Patrizia Bonometti Incontri in area sponsor HR Regional Director Europe Tenaris Dalmine Angelo Maria Manzi 9.30 Capo Risorse Umane Agenzia delle Entrate Direzione RAS VIDEO PRESENTATO DA SEVERINO SALVEMINI Luca Vignaga Direttore Risorse Umane Marzotto Group 10.00 Alexandra Young TAVOLA ROTONDA IL FUTURO DEL LAVORO SECONDO I RESPONSABILI DELLE RISORSE UMANE: LE STRUTTURE E LE REGOLE Direttore Risorse Umane Mediobanca Coordina Gustavo Bracco Presidente di BCC Credito al Consumo Senior Advisor Human Resources Pirelli Fernando Ferri Direttore Risorse Umane Saras e Presidente Sartec Danilo Villa Direttore Risorse Umane Coop Italia Coordina Paolo Iacci 12.30 SINTESI DEI LAVORI DEL CONGRESSO E DEI GRUPPI REGIONALI Giorgio Sangiorgi Coordinatore Scientifico Sardegna 2012 Massimo Giuliberti Direttore del Personale e Organizzazione Martini & Rossi 12.45 CHIUSURA LAVORI 11.00 Filippo Abramo Presidente Nazionale AIDP coffee break 13.00 11.30 ASSEMBLEA NAZIONALE AIDP TAVOLA ROTONDA LA COMPETITIVITÁ SECONDO I RESPONSABILI DELLE RISORSE UMANE: LE PERSONE E I COMPORTAMENTI 13.45 LIGHT LUNCH 55 congressoAIDP2012Badesi DEDICATO A: Top manager, Direttori del Personale, Professionisti HR, Professionisti d’azienda, Il lavoro del futuro AIDP, nell'ambito del proprio congresso, lancia due iniziative rivolte ai giovani: un concorso nazionale per laureati e laureandi sul tema della funzione HR e uno rivolto a potenziali nuovi imprenditori sardi « C hi si affaccia al lavoro rischia di non riuscire a esprimere le proprie capacità prima di lunghi anni. Contemporaneamente, l’ascensore della mobilità sociale rallenta o si ferma del tutto, finendo per consolidare un sistema nel quale le opportunità di crescita sembrano più legate alle risorse della famiglia che alla professionalità individuale. Tutto questo nuoce sia all’impresa, che si priva di potenzialità eccellenti, sia agli individui, soprattutto ai migliori, che nel livellamento vedono compromessa la propria possibilità di crescita e di carriera. Occorre adottare strategie che valorizzino le caratteristiche individuali attraverso l’affermazione di criteri gestionali di tipo meritocratico». Come diventare un paese per giovani? Il 41° Congresso Nazionale AIDP nasce con una visione ottimistica del futuro. Perché il nostro Paese dispone delle risorse, delle competenze e della creatività necessarie per costruirlo in maniera attenta alle sfide che abbiamo davanti e alle esigenze di coloro che vivono, con ruoli diversi, la quotidiana realtà del lavoro. Per costruire il lavoro del futuro, tuttavia, occorre incominciare a immaginarlo partendo anche dalle attese, dalle visioni e dai talenti di coloro che saranno impegnati presto ad accompagnare i processi di cambiamento e la sfida della crescente competitività. Il concorso Nazionale Giovani 2012 Pensando al futuro è un piccolo tassello per costruire il futuro del lavoro di domani. Partecipanti Laureati e laureandi dell’ultimo anno in tutte le discipline di età inferiore ai 28 anni al momento della pubblicazione del Bando. Oggetto del Bando Il lavoro consiste in un elaborato originale composto da un massimo di 10 cartelle (1.800 battute spazi inclusi a cartella) o slide che illustri il tema del Congresso (Pensando al futuro, Compe- La Sardegna fa l'impresa Per agevolare i giovani sardi di non oltre 28 anni con idee e progetti che coniugano visione del futuro e senso pratico, AIDP bandisce il concorso "Progetto di nuova PMI innovativa", che premierà e sosterrà lo spirito imprenditoriale di chi vuole fare ingresso nel mondo del lavoro con una propria idea di impresa. Il concorso, inserito nell’ambito delle attività del congresso AIDP 2012, ha l’obiettivo di sostenere l’avvio di un’idea imprenditoriale connotata da fattori di R&S di forte innovazione e compatibile con le prospettive di nuovo sviluppo della Sardegna. Per partecipare, occorrerà inviare il proprio progetto descritto in sei cartelle entro il 30 aprile 2012 ad [email protected] citando il titolo del concorso nonché i propri riferimenti. Una giuria nominata da AIDP valuterà il miglior progetto. Il premio è una borsa di studio che coprirà i costi di accompagnamento, tutoraggio e consulenza specializzata, per l’avvio dell’attività di impresa. Il premio è subordinato al finanziamento dello stesso da parte del partner individuato. 56 titività e Persone) sotto il profilo scientifico o professionale. Potrà consistere in una riflessione scientifica, in uno studio tematico, in un progetto comunque riferiti alla problematica della gestione e dello sviluppo delle Risorse Umane, con particolare riferimento alla funzione HR. Modalità di partecipazione Gli elaborati dovranno essere inviati alla Segreteria Nazionale AIDP entro e non oltre il 20 aprile 2012. Registrazione e invio materiale, compilando il form al sito www.aidp.it. Il form, di semplice compilazione, richiede informazioni anagrafiche, titolo del lavoro proposto, sintesi/abstract (massimo una cartella/slide) ed elaborato completo. Premio Le tesi prescelte dalla Commissione Scientifica saranno premiate con un master in ambito HR a completamento del percorso di studi e/o uno stage in azienda. Commissione di Selezione Un’apposita commissione di valutazione composta da AIDP, dai partner e dagli enti promotori dell’iniziativa valuterà i lavori proposti e procederà alla designazione dei vincitori. Premiazione La premiazione pubblica avrà luogo a Badesi (Ot) l’8 giugno 2012 durante la Cena di Gala. La tesi vincitrice e i migliori elaborati verranno pubblicati nei Quaderni del Congresso, sul sito nazionale dell’Associazione e verranno segnalati alle aziende del network AIDP. Tutte le informazioni su modalità di partecipazione, commissione di valutazione, partner ed enti promotori sul sito www.aidp.it alla voce Pensando al futuro, Concorso giovani 2012. n imprenditori e studiosi dell’area risorse umane di organizzazioni pubbliche e private Storie (positive) di tutti i giorni Concorso nazionale aziende: buone pratiche HR per competere C ' è un Paese non raccontato che insegue e raggiunge risultati positivi, composto da tantissime aziende, anche di piccole e medie dimensioni, che esprimono un’instancabile voglia di crescere. Si tratta di voci di esperienze imprenditoriali e gestionali di grande vitalità che raramente cadono sotto i riflettori dei media. AIDP ha deciso di raccogliere queste storie e di raccontare e premiare quelle più rappresentative in occasione del suo 41° Congresso Nazionale. Con un obiettivo: capire come si può consolidare un successo in anni difficili e come nonostante la crisi si possa continuare a offrire ai propri collaboratori rinnovati motivi per tenere alto l’impegno e forti i legami all’azienda, all’insegna di una filosofia manageriale che decide di puntare sulle persone. AIDP, da sempre, si pone l’obiettivo di contribuire, anche attraverso lo scambio e la contaminazione di esperienze diverse, al continuo miglioramento di politiche, strumenti, pratiche di gestione delle risorse umane. Il Congresso Nazionale rappresenta un’occa- per saperne di più Dettagli e informazioni sul sito www.aidp.it o contattando la Segreteria Nazionale AIDP 02 6709558 02 67071293 sione unica di condivisione e diffusione delle migliori esperienze. Il premio Buone pratiche HR per competere intende riconoscere e portare all’attenzione quelle aziende che si sono distinte, nel corso dell’anno, per avere implementato politiche, approcci o strumenti innovativi o di particolare efficacia nell’ambito del personale. Partecipare è semplice: le imprese interessate dovranno trasmettere entro il 20 aprile 2012 una sintetica descrizione di un caso o di un'esperienza realizzata nell’ambito della gestione del personale. Inviare il materiale all’indirizzo [email protected] specificando nell’oggetto: nome azienda - HR per competere. Un’apposita commissione, composta da AIDP e dai Partner dell’iniziativa, valuterà gli elaborati. Le buone pratiche selezionate saranno pubblicate nei Quaderni del Congresso e sul sito nazionale dell’associazione. Negli spazi del Congresso sarà allestita un’area apposita con pannelli descrittivi dell’esperienza. La premiazione pubblica avrà luogo durante la cena di gala del Congresso, il giorno 8 giugno, a Badesi. n Sostenitori AIDP 2012 Media Partner d Dp by GIUNTI O.S. 57 Direzione del Personale congressoAIDP2012Badesi DEDICATO A: Top manager, Direttori del Personale, Professionisti HR, Professionisti d’azienda, Il nostro giro d'Italia I l Congresso Nazionale AIDP 2012 rappresenta il momento di sintesi e di confronto di un anno fatto di relazioni, approfondimenti e convegni preparatori. Segna la tappa conclusiva di un giro d'Italia che mobilita le principali aree territoriali del Paese su alcuni specifici argomenti che contribuiranno ad arricchire il dibattito generale promosso da AIDP sul tema Competitività e Persone. PROGRAMMI 5a TAPPA Cervia 21 e 22 aprile 2012 Persona: il valore, lo spreco, la competitività 2a TAPPA Milano 10 novembre 2011 Dialogo tra HR e Linea: idee e azioni per essere (più) strategici Intervengono tra gli altri: Enzo Spaltro Fondatore Università delle Persone; Filippo Abramo Presidente Nazionale AIDP; Isabella Covili Faggioli Vicepresidente Nazionale AIDP e Presidente Università delle Persone; Nerio Bentivogli Presidente Ober; Davide Cervellin Presidente Tiflosystem; Federica Dallanoce Ad Ferrari Ventilatori Industriali; Paolo Dal Lago Presidente Liquigas; Renzo Libenzi Ad Gruppo Loccioni; Andrea Pontremoli Ad Dallara; Mauro Sirani Fornasini Ad Intertaba Philip Morris; Luisella Traversi Guerra pittrice e socia Robur; Lauro Venturi Ceo Cna Milano; Sebastiano Zanolli Ad 55DSL gruppo Diesel. 3a TAPPA Orvieto 13 marzo 2012 La gestione del personale nelle Pmi Il convegno si terrà presso il Club Hotel Dante in via Milazzo, 81 a Cervia (Ra). 4a TAPPA Genova 30 marzo 2012 HR e nuove tecnologie: l’impatto delle tecnologie sull’organizzazione del lavoro La quota di partecipazione al Convegno iva inclusa è di 300 euro (200 euro per i soci AIDP). La quota comprende: partecipazione al convegno, pranzo, cena, spettacolo serale, coffee break e merende. Per informazioni e iscrizioni contattare l’Università delle Persone: [email protected], telefono: 331 3345048. n 1a TAPPA Capri 14-15 ottobre 2011 Organizzazioni che competono, valorizzando le persone Agenda lavori e informazioni dettagliate sulle singole tappe del Giro nel calendario eventi al sito www.aidp.it Intervengono: Stefano Ferraro Presidente AIDP Liguria; Bianca Falcidieno Presidente dell’area della ricerca del Cnr di Genova; Filippo Abramo Presidente Nazionale AIDP; Roberto Ferrari Senior Partner ISMO; Pietro Manenti Product Manager Monster Italia; Sergio Raimondi Presidente F.IRE; Massimo Solari Ad Network Integration & Solutions. L’evento, rivolto a tutti i Soci, è organizzato dai Gruppi Regionali AIDP Liguria & AIDP Piemonte. La partecipazione è gratuita, previa registrazione alla Segreteria AIDP Liguria: [email protected]. Il convegno si terrà presso il Cnr di Genova (Torre di Francia, via De Marini 6, 11° piano), dalle 17 alle 20. 58 imprenditori e studiosi dell’area risorse umane di organizzazioni pubbliche e private Appunti per il congresso Formazione finanziata. Convenzioni. Trasferimenti. Ecco altre informazioni importanti rivolte a coloro che hanno intenzione di partecipare all'evento in programma a giugno in Sardegna F ormazione finanziata. Una grande opportunità per partecipare al Congresso AIDP, un momento di alta formazione e aggiornamento professionale largamente riconosciuto in ambito HR. Per questo motivo può rientrare tra le opportunità di formazione finanziabili dai Fondi interprofessionali. Se la tua azienda è iscritta a un Fondo interprofessionale (Fondimpresa, Forte, Fondirigenti, Fondo Banche e Assicurazioni, Fondir e altri ancora) puoi utilizzarli facilmente per finanziare la tua partecipazione al Congresso. n Telefona allo 079 292787, i referenti di Consorzio Edugov sono a tua disposizione. CONVENZIONI transfer Navette gratuite per il resort Per chi sceglie Meridiana & Air Italy C ondizioni esclusive dai principali aeroporti nazionali e Olbia sui voli Meridiana e Air Italy. Un ufficio booking dedicato è già attivo dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 13 e dalle 14 alle 16.30. Presso l’aeroporto di Olbia, inoltre, sarà previsto un servizio di accoglienza riservato agli ospiti AIDP. La convenzione, valida per voli diretti o via Cagliari in transito (escluse tasse aeroportuali), prevede a tratta: • 80 euro per adesioni pervenute entro e non oltre il 31 marzo 2012; • 80, 100, 130 euro per adesioni pervenute successivamente al 31 marzo 2012. Sul sito www.aidp.it, nella sezione Arrivi e Partenze del Congresso, trovi i riferimenti dell’ufficio booking, tutti i dettagli e le clausole della convenzione, le modalità di prenotazione e pagamento. A Le quote di partecipazione Socio AIDP 250 euro 200 euro per adesioni entro il 31 marzo 2012 Non Socio 350 euro 300 euro per adesioni entro il 31 marzo 2012 Accompagnatore 50 euro La quota accompagnatore include la sola cena di gala di venerdì 8 giugno e non comprende la partecipazione alle attività 59 IDP mette a disposizione un servizio di navette bus – gratuito per i partecipanti e gli accompagnatori – per i transfer Olbia - Resort Badesi Le Dune per arrivi previsti il 7 giugno 2012 e partenze nel pomeriggio del 9 e il 10 giugno 2012. Per arrivi e partenze non compresi nelle date sopra indicate, l’organizzazione ha previsto convenzioni agevolate per noleggi auto e/o transfer con autista per singoli e gruppi con Gruppo Turmotravel (telefono: 0789 21487, email: congress. [email protected], referente Gill Heywood; informazioni complete su www.aidp.it, sezione Arrivi e Partenze del Congresso). Per usufruire del servizio transfer offerto da AIDP per le giornate sopra indicate far riferimento all’aeroporto di Olbia. L’organizzazione valuterà inoltre – su eventuali richieste per gruppi numerosi – se mettere a disposizione servizi aggiuntivi da e per l’aeroporto di Alghero. Vi aspettiamo a Badesi per il 41° Congresso Nazionale AIDP storie {62. {64. Non sei felice? È anche colpa tua di Alessio De Santa} Un dialogo nel buio per vincere le paure di Roberto Monti} «Cacciava teste. / Le voleva lucide. Brillanti. Quadrate. / Godeva quando trovava cervelli intelligenti. / L’anima? / Non si può avere tutto» di Massimo Ferrario storie psicologia positiva NON SEI FELICE? È anche COLPA TUA Secondo il professor Tal Ben-Shahar la felicità dipende in larga parte dal nostro atteggiamento. Il segreto? Concentrarsi di più su ciò che sappiamo fare bene di Alessio De Santa Specialista Comunicazione Interna di ATM S { [email protected] e non sei felice è tutta colpa tua”, recitava un famoso detto tibetano che ci lascia doppiamente sconfortati: oltre a non essere felici, abbiamo anche il peso della colpa da portare. Ma come funziona la felicità? Perché alcuni sembrano sempre placidamente baciati dal buonumore, mentre altri sempre preoccupati e tesi? Il professor Tal Ben-Shahar dell’università di Harvard ha studiato per diversi anni questo tema, nell’ambito di quella che viene chiamata psicologia positiva. In questo campo si è cercato di capire innanzitutto come mai ci sono luoghi dove i livelli di felicità e soddisfazione della vita sono alti nonostante l’evidente mancanza di risorse, e da qui si è proceduto ad analizzare come le persone vivono momenti difficili, scoprendo importanti differenze. Ho avuto occasione di parlare con il professor Shahar durante un incontro svoltosi nell’ambito di un progetto di The European House Ambrosetti al Campus ATM di Milano, in cui il professore ha incontrato alcuni giovani del gruppo Leader del Futuro, oltre che dipendenti ATM scelti tra le nuove leve. «Siamo abituati all’idea che per fare andare bene le cose dobbiamo concentrarci su quali siano i problemi, per cercare di risolverli – sostiene Shahar –. Spesso otteniamo l’opposto, li ingigantiamo e ci lasciamo abbattere. In campo accademico succede lo stesso: per ogni articolo che tratti il tema della felicità se ne trovano ben ventuno su temi opposti come ansia, depressione, problemi sul posto di lavoro». Dobbiamo ricordarci che «le domande creano la realtà, poiché la definiscono», 62 e se non vogliamo trovarci a vivere in una realtà fatta di sole preoccupazioni, è bene che cominciamo col chiedere a noi stessi in cosa siamo bravi e di cosa dobbiamo essere riconoscenti. Non si tratta di ignorare i problemi, semplicemente di lavorare su due versanti: quello dei problemi da risolvere e quello di “ciò che funziona”, che ha il potere di darci energia e forza ottimistica per andare avanti. Nel corso dell’incontro, Shahar ha esposto diverse ricerche, tra cui una in particolare, condotta su bambini capaci di risultati sopra la media in diversi campi. «Questi bambini – racconta – non hanno abilità speciali, ma semplicemente riescono a produrre da caratteristiche ordinarie risultati straordinari». La caratteristica fondante per il successo è la resilienza, la capacità di adattarsi. Essa si basa, secondo questi studi, su accorgimenti pratici: la capacità di porsi obiettivi, uno sguardo concretamente ottimistico, la scelta di modelli da imitare facilmente identificabili, la focalizzazione sugli aspetti positivi e, ultimo, l’attività fisica. È facile comprendere, dunque, come la felicità sia importantissima per la vita lavorativa: alcuni studi recenti hanno dimostrato infatti come le persone più felici siano anche quelle più produttive e più capaci di affrontare e superare momenti difficili. Comunemente tendiamo a pensare che la felicità venga dal successo, mentre Shahar sostiene proprio il contrario, cioè che ne sia la causa. Alla ricerca della semplicità Interessante anche un altro concetto che Shahar non ha esposto dal vivo, ma presente in alcuni suoi scritti, che in realtà è una rielaborazione della teoria dello studioso americano Peter Senge. Il concetto è semplice: i migliori docenti in momenti di cambiamento sono i manager stessi. È risaputo infatti che, mentre come semplice ascoltatore l’apprendimento è piuttosto basso, quando ci si prepara a tenere una lezione le informazioni vengono immagazzinate in maniera più profonda. Ed è anche provato che, secondo la teoria della dissonanza cognitiva, dire una cosa e fare l’opposto ci mette in uno stato d’animo difficile da sopportare. Dunque, far tenere direttamente ai manager la formazione, li obbliga a diventare loro stessi il motore del cambiamento aziendale. Nell’ottica di una “learning organization”, l'organizzazione capace di imparare è fondamentale. Ovviamente anche l’approccio del consulente è diverso: si passa dall’essere un insegnante, all'essere un professionista che deve preparare un manager. Mi rimane solo un dubbio e, per spiegarlo, devo partire da lontano. Un’amica americana, quando “È facile comprendere come la felicità sia importantissima per la vita lavorativa: alcuni studi hanno dimostrato che le più felici sono anche quelle più produttive e più capaci di affrontare e superare momenti difficili ” Professore e consulente Tal Ben Shahar è Professore e consulente aziendale nel campo della psicologia positiva e della leadership. Ha ottenuto il PhD in Organizational Behavior all’università di Harvard. Nello stesso ateneo ha tenuto i corsi sulla psicologia positiva che hanno suscitato una grande attenzione anche da parte dei media in quanto hanno superato, per numero di iscritti, i corsi introduttivi di economia. Ha pubblicato diversi bestseller che sono stati tradotti in 25 lingue. Ad oggi Tal insegna presso l’Interdisciplinary Center di Herzliya, in Israele. www.talbenshahar.com le ho chiesto di spiegarmi la sua tesi in biologia molecolare delle superfici, l’ha fatto velocemente e in modo incisivo. L’ha fatto portando esempi, allestendo piccoli esercizi pratici, rendendoli dei giochi (memorabile lo studio di resistenza del panino imburrato sul piatto). Quando le ho fatto notare che non era da tutti esemplificare una teoria così complessa a un neo-fita quale ero io, mi ha risposto semplicemente: «We keep it simple, man», la facciamo semplice, si potrebbe tradurre. Nel frangente, il “noi” stava per tutti gli americani, ma anche gli uomini di scienza americani. E il “farla semplice” tradiva l’idea che fosse chiaro a tutti, lì, che le discipline hanno il difetto di complicarsi sempre di più con il passare del tempo, di staccarsi dalle evidenze e, mano a mano che si fanno più dettagliate, dimenticarsi che il loro scopo è farsi capire, diventando idiomi di ipertecnici che ormai si capiscono solo tra di loro, e magari neanche troppo spesso. Occhio a non banalizzare Chiaramente quello del “keeping it simple” è un metodo applicato dal professore, e neanche tacitamente. è anzi una dichiarazione di intenti che Shahar, abituato a lavorare nel ramo della consulenza per le aziende, si è posto come scopo. È indubitabile che questo sia un ottimo approccio. L’unico rischio è un’eccessiva semplificazione soprattutto laddove il tema è particolarmente complesso. Penso, ad esempio, all’abitudine tutta americana di collegare sempre la felicità alla realizzazione dei propri obiettivi, come a dire: felici perché di successo, o di successo perché felici, secondo la teoria appena esposta. Se qualcuno ha mai letto un libro di filosofia orientale o più banalmente ascoltato una canzone dei Nirvana, sa che la correlazione non è necessariamente così diretta. Attento a quello che desideri, dice il saggio, perché potrebbe avverarsi. Mi pare che, come diceva il sociologo della comunicazione Marshall McLuhan, il mezzo sia il messaggio. E se il mezzo è una lingua forzatamente semplice e semplificativa, può fare da collo di bottiglia per una teoria che ha invece una necessità di frastagliarsi, di diversificare prima di riassumere. Insomma, il concetto di fondo della psicologia positiva è intelligente e, ancora più importante, ci aiuta a trovare in noi risorse inattese, soprattutto nei momenti difficili. Poiché qui però di scienza si parla, restiamo in vigile attesa di approfondimenti e precisazioni. n 63 storie percorsi Un Dialogo nel buio per vincere le paure È nata 23 anni fa come mostra in cui il visitatore si affida alla guida di un non vedente e si muove nella totale oscurità. Oggi questa esperienza ha ispirato workshop formativi per manager di Roberto Monti ‘ Sales Manager di VisionMind C { [email protected] è un posto a Milano dove si impara a vedere oltre: si chiama Dialogo nel buio. Si tratta di un luogo in cui adolescenti, famiglie e organizzazioni aziendali vivono un'esperienza che li cambierà per sempre. Visitare Dialogo nel buio o partecipare ai suoi workshop non significa giocare a fare il cieco. Chi vive per qualche ora nel buio di Dialogo nel buio, potrà vedere di più, dentro di sé, dentro gli altri. Abbiamo chiesto a Franco Lisi, non vedente, direttore di Dialogo nel buio all'Istituto dei Ciechi di Milano, di spiegarci in cosa consiste questa esperienza e che cosa lascia in chi la vive. Ci può raccontare com'è nato Dialogo nel buio e di che cosa si tratta? «Questa mostra nasce dall'idea di Andreas Heinecke, un giornalista tedesco al quale nel 1986 venne richiesto di sviluppare un programma formativo per un collega che aveva perso la vista. Al primo incontro, Andreas si sentì turbato, ma rimase affascinato dal mondo dei non vedenti. Così nel 1986 ideò Dialogue in the dark, mostra che, dal 1988, fa il giro del mondo presso i più famosi musei ed è diventata addirittura un marchio registrato. Nel 2003 Dialogo nel buio viene allestito a Palazzo Reale a Milano, dove riscuote un grandissimo successo grazie a un afflusso di 34mila visitatori in soli quattro mesi. Nel 2005 l'Istituto dei Ciechi di Milano apre Dialogo nel buio all'interno del proprio complesso destinando 700 metri quadri all’allestimento della mostra. 64 Dopo ventitre anni di vita, Dialogo nel buio è presente in tutto il mondo con una ventina di location e ha dato vita a un network standard che ne fa un sistema collaudato». Come avviene la visita a questa mostra e quali sono gli aspetti che emergono? «Siamo nel buio totale, un buio tecnico, dove i visitatori in piccoli gruppi sono invitati a entrare muniti di bastone bianco. I partecipanti, in una situazione di privazione della vista, si affidano alla guida non vedente, primo e unico riferimento, e vengono aiutati a riscoprire e apprezzare, con i sensi extra visivi, una realtà comunque conosciuta e familiare. Il visitatore deve imparare a gestire il proprio stato d’animo e il proprio livello emotivo facendo leva proprio sull'intelligenza emotiva: il timore, l’ansia, l'adrenalina ma anche la curiosità e il coraggio, sono le reazioni più frequenti riscontrate nei visitatori». Cosa insegna vivere questa esperienza? «Incredibilmente, il buio si svela come un luogo in cui ci si sente liberi dalla emozioni negative e più propensi al dialogo verbale: il buio, come è nell’immaginario collettivo, non è più considerato come ciò che imprigiona, come ciò che nasconde e circoscrive, ma si rivela, sorprendentemente, una dimensione di assoluta libertà». In cosa si differenzia Dialogo nel buio dalle più diffuse esperienze formative aziendali? «Da diversi anni abbiamo sviluppato percorsi e workshop per le aziende dal potentissimo valore formativo. I workshop sono progettati appositamente per le aziende. Sono i risultati di anni di studio che hanno portato alla produzione di programmi formativi di altissimo valore. L'esperienza di Heinecke, la nostra esperienza in Italia e l'esperienza di tutti i Dialoghi nel buio presenti nel mondo, ci incora ggiano a proseguire su questa strada, in considerazione soprattutto del crescente interesse riscontrato dai partecipanti e dalla domanda del mercato». Ci racconti brevemente un format tipico di un workshop? «Innanzitutto proponiamo al management delle aziende di affrontare e superare le difficoltà che caratterizzano il buio, facendo vivere l’esperienza come metafora del cambiamento che inevitabilmente ogni azienda si trova di fronte. Noi sappiamo che il cambiamento oggi è qualcosa che può far paura, che può indurre a non decidere, a stare fermi, a fare le cose che si conoscono, a non assumere iniziative in nome di una sicurezza terribilmente limitante. Tuttavia, Un tuffo nell'incertezza Quali sono le cose che fanno più paura in azienda? I cambiamenti, senza dubbio. Ci sono molte persone, anche valide, che non assumono iniziative perché hanno paura di quello che può accadere. Così, l'esperienza formativa di Dialogo nel buio può aiutare le persone ad affrontare e a superare difficoltà impreviste, a muoversi nell'incertezza gestendo le proprie senzazioni e i propri stati d'animo, a lavorare in gruppo per un obiettivo comune. Perché una cosa è certa: non bisogna mai smettere di imparare. dobbiamo fare i conti con il cambiamento, che nostro malgrado esiste. Durante i workshop i nostri clienti sono chiamati a svolgere attività nell’incertezza, individualmente o in sinergia con i colleghi, imparando a gestire e riconoscere il proprio stato d’animo, ad assumersi responsabilità, a condividere informazioni e risultati, in una dimensione in cui il proprio portato emotivo e la fiducia reciproca possono fare la differenza. Nei nostri workshop, il dialogo costante costituisce le fondamenta della costruzione di un gruppo solido per il quale il rispetto reciproco e il senso di appartenenza conducono inesorabilmente al perseguimento di un obiettivo comune. I facilitatori che conducono il workshop sono soprattutto responsabili del fatto che le attività esperienziali avvengano nel modo corretto favorendo una loro concettualizzazione, creando in tal modo significative analogie con il proprio contesto aziendale». I workshop e i percorsi per le aziende sono standard? «I workshop che abbiamo a catalogo hanno più livelli di approfondimento, ma possono essere personalizzati consentendo lo sviluppo di una tematica piuttosto che un’altra: dalla gestione e riconoscimento del proprio stato d’animo, attività individuali che consentono di esprimere il proprio potenziale nascosto, alla costruzione del gruppo, da workshop tesi a valorizzare il significato di una comunicazione verbale e paraverbale chiara, efficace e inequivocabile, a quelli in cui ciascuno viene chiamato a decidere, ad assumersi responsabilità, a guidarsi, al fine di potersi proporre quale punto di riferimento, ➤ 65 storie percorsi “Questo tipo di esperienza aiuta a capire quanto è importante oggi sviluppare competenze sociali, quanto conti avere capacità e abilità emotive all'interno di un'organizzazione aziendale” leader per tutti gli altri. Contrariamente a quanto si possa immaginare, molte realtà aziendali ci chiedono di progettare workshop allo scopo di abituare i propri dipendenti a lavorare in situazioni di stress, creando volutamente situazioni impreviste, cambi repentini di task, chiedendo flessibilità, reattività, e capacità di problemsolving in tempi ristretti». Come vengono gestite queste situazioni? «I workshop di Dialogo nel buio generalmente hanno una durata complessiva di circa mezza giornata. Le attività possono essere individuali o di gruppo, al tavolo o in movimento e vengono individuate di volta in volta a seconda del tema prescelto. I conduttori del workshop lanciano le attività e invitano i partecipanti a svolgere i compiti osservando le regole di svolgimento. Al termine, vengono condotti debriefing per la valutazione dei risultati conseguiti. Il debriefer che ha osservato lo svolgimento dell’intero workshop coadiuvato dal personale non vedente, identifica quali strategie sono state messe in atto nella conduzione delle attività e stimola uno scambio di riflessioni sulle sensazioni provocate dal buio e su come sono state condotte le attività, fornendo analogie con ciò che accade quotidianamente in azienda». Possiamo dire che avete aperto un business che non esisteva, trovando un piccolo Oceano blu? «Non l’avevo mai considerato sotto questo profilo, ma sì, direi che di fatto è successo questo». 66 Può raccontarci un suo episodio o una sua reazione emotiva particolarmente significativa? «È capitato di lavorare con manager che non sono riusciti a partecipare al workshop subendo esageratamente il buio. Ho personalmente riscontrato un timore derivato da episodi accaduti nell’infanzia come i castighi al buio, ad esempio. Una frequente reazione di stupore e sconforto si verifica in mancanza di risultati immaginati ma non raggiunti perché è venuta meno la fase di progettazione e di riflessione. Troppo spesso, oggi, nel mondo del lavoro, si deve fare i conti con la velocità e con i tempi ristretti per il raggiungimento degli obiettivi, imponendo immediatamente l’azione e riducendo notevolmente la fase preliminare di analisi». C'è un netto recupero della percezione del non dare nulla per scontato in queste esperienze? «In genere dall'esperienza si esce cambiati. La fase di debriefing aiuta i partecipanti a compiere il passaggio da un livello irrazionale a un livello di consapevolezza, ed è qui il valore dell'esperienza di formazione. Oggi, è altrettanto importante avere capacità e abilità emotiva all'interno di un'organizzazione aziendale. E allora anche questo tipo di esperienza aiuta a ragionare dal punto di vista umano, aiuta a capire quanto è importante oggi sviluppare competenze sociali. Quando mi presentano il curriculum non è più sufficiente chiedere cosa sai fare ma come lo fai, chi sei, chi c'è dietro questo profilo. Se c’è dialogo non c’è buio». n « idee {68. SGUARDI SUL PERSONALE HR: la trappola dorata di Maria Emanuela Salati, Julio Gonzalez e Giancarlo Traini} {71. 2011, odissea nel lavoro di Francesco Caggio} {72. {75. Tra passato e futuro di Giuseppe Varchetta} A ognuno il suo mestiere di Marco Lombardi} « «Le persone creative non le compri. Si comprano. Da sé. Bastano un lavoro e un contesto: creativi» di Massimo Ferrario idee SGUARDI sul personale HR: La trappola dorata direttori del personale I nostri interlocutori ci giudicano C hi lavora nel personale si pone molte domande relative al suo ruolo, al futuro della professione, alle competenze da sviluppare, alle migliori scelte di carriera da compiere. Abbiamo deciso di rivolgere le stesse domande a una serie di interlocutori tipici dei direttori del personale per verificare se le percezioni che noi viviamo dall'interno del nostro gruppo professionale coincidono con quelle di chi ci guarda dall'esterno. Una specie di Johari window collettiva (chi non se la ricorda faccia un salto su Wikipedia). Abbiamo iniziato con gli head hunter, proseguiremo con i capi azienda, gli avvocati del lavoro, i sindacalisti e i consulenti del lavoro e forse qualcun altro. A tutti rivolgiamo domande volte a definire quattro temi: • come cambia il contesto in cui le direzioni del personale debbono operare; • quali sono le competenze più apprezzate e quali quelle più carenti; • come funzionano i meccanismi di carriera per chi opera nelle direzioni del personale; • cosa si aspettano dal ruolo di direttore del personale e come evolveranno queste aspettative. Nessuna pretesa scientifica, nessun dato quantitativo: solo opinioni di addetti ai lavori, analizzate e sintetizzate da un piccolo gruppo redazionale (Maria Emanuela Salati, Julio Gonzalez e Giancarlo Traini). La sintesi ha imposto delle generalizzazioni, ma senza dubbio le considerazioni dei colleghi, che gentilmente si sono prestati alle interviste, ci hanno offerto molti spunti di riflessione che vi riproponiamo. Hanno offerto il loro contributo di idee: Luca Pacces e Pierluigi Fattori di Spencer Stuart, Luca Temellini di EXS, Alberto Amaglio di Russel Reynolds, Massimo Picca di Eric Salmon, Giordano Tamagni di K2People, Aldo Magnone di Arethusa. 68 R apidità e flessibilità nel supportare il business. Chi entra oggi nell'ufficio di una società di head hunting alla ricerca di un nuovo direttore del personale (Dp) sembra avere in mente solo questi due obiettivi. L'imperativo è muovere l'organizzazione, renderla più agile, più reattiva, pronta a muoversi in un mondo in cui l'imprevedibilità è la cifra delle attività quotidiane. Ricercare nuove opportunità: l'obiettivo di tutto il management non risparmia il Dp; anche a lui viene chiesto di muoversi con rapidità, di trovare nuovi modi, più flessibili (e spesso più economici) per far fronte ai bisogni di sempre: sostenere il cambiamento organizzativo, trovare le risorse giuste, dare il proprio contributo all'efficienza, alla produttività, alla riduzione dei costi. Da "business partner", il Dp si trasforma in "business player": esattamente come tutti i suoi colleghi si assume rischi, partecipa attivamente ai processi di business, si "sporca le mani" nei processi decisionali. La costruzione di sistemi di gestione, la pianificazione del personale a medio termine, l'attenzione agli equilibri formali interni restano sullo sfondo. In primo piano emergono le capacità personali di creazione di network: reti di rapporti utilizzate per trovare risorse, competenze, finanziamenti, per condividere buone pratiche, Così gli head hunter definiscono il ruolo di direttore del personale: oggi, infatti, sono rare le crescite verticali. Il suggerimento è anticipare le richieste degli imprenditori e porsi come operatori intelligenti di un network straordinario: le persone per risolvere problemi in maniera non convenzionale. In una parola, per poter navigare nella complessità. L'Amministratore delegato che entra nell'ufficio di un head hunter cerca un manager, che sappia giocare a tutto tondo insieme agli altri. Le competenze Le competenze tradizionali e tecniche sono date per scontate e perdono importanza a fronte di una domanda di maggiore capacità di comprensione e di partecipazione al business. Nel "make or buy" prevale decisamente il "buy", e la vera competenza sta proprio nel procurare rapidamente all'azienda gli strumenti e le competenze che Maria Emanuela Salati mariaemanuela. [email protected] Direttore Formazione, Selezione e Comunicazione Interna di ATM servono davvero. «Il cliente, anche dell'azienda mediopiccola – sostiene un head hunter – vuole un Dp che non si spaventa se deve cercare un responsabile per la sede di Taipei, un'agenzia di lavoro temporaneo a Sofia e un sistema di company car a Dublino». Superando alcune sfumature, le persone intervistate convergono in modo significativo sulle competenze che vengono espresse in sede di ricerca di un nuovo Dp. Conoscere il business. Una delle abilità principali è la capacità di leggere il contesto e calarsi nella situazione specifica in cui si dovrà lavorare, avendo ben chiari i parametri Julio Gonzalez [email protected] HR Regional Director Asia Pacific di Tenaris Giancarlo Traini [email protected] Amministratore dello studio di consulenza industriale Traini economici di benchmark. Influenzare la cultura organizzativa. La capacità concreta di "change management" organizzativo è indicata da tutti gli intervistati come un punto chiave. Si cambia Dp spesso proprio per questo: «Abbiamo cambiato strategia ed obiettivi, ma lui (quello di prima) non è riuscito a far cambiare la mentalità». Muoversi in contesti internazionali. Per qualsiasi azienda ormai il riferimento è il mondo, e il Dp non si sottrae a questa regola. Il suo network deve dargli la possibilità di giungere rapidamente dove è necessario che sia, senza remore o timidezze. «Non ha idea di quanti dei Dp che incontriamo hanno ancora seri problemi con l'inglese», ➤ “Le competenze tradizionali e tecniche sono date per scontate e perdono importanza a fronte di una domanda di maggiore capacità di comprensione e partecipazione al business” 69 idee SGUARDI sul personale “Nel nuovo contesto economico e sociale sarà importante saper individuare tutti gli stakeholder e gli interlocutori necessari e utili all’azienda” osserva un po' malignamente un intervistato. Risolvere problemi e fornire servizi. Non è il tempo dei grandi sistemi, conta la capacità di rispondere alle richieste dell'organizzazione in modo efficiente, rapido ed anche con un pizzico di “creatività”, di pensiero laterale. Scovare e gestire potenziali. Da questo punto di vista la figura del Dp è insostituibile, ma deve estendersi, sempre attraverso il network, dall'interno dell'azienda all'esterno. Ecco un’osservazione stimolante da parte di uno degli head hunter intervistati: la capacità di creare e gestire il proprio network richiede due attitudini particolari come la generosità e la gratitudine. Sono le qualità necessarie al funzionamento delle reti professionali: generosità nel dare supporto e condividere know-how e gratitudine nel saper riconoscere il valore delle persone e quanto abbiamo ricevuto da loro. I network funzionano sullo scambio vantaggioso per tutti, non sulla negoziazione al ribasso. La carriera Oggi in azienda i Dp non fanno carriera. è scomodo dirlo, ma è la posizione unanime degli head hunter: i casi in cui un Dp viene nominato in posizione 70 di vertice sono molto rari. Si ruota da un'azienda all'altra. A volte il mandato è a termine: creare sistemi e procedure che permettano di uscire da una situazione difficile, snellire le strutture e ridurre i costi, impostare lo sviluppo e accompagnare la crescita. Altre volte, quando scatta un alto livello di fiducia con un Dg, un Ad, un Presidente, il Direttore del personale segue il loro destino. In ogni caso, il raggiungimento del livello di Direttore del personale rassomiglia un po' a una trappola dorata, da cui si esce per pensionamento (ormai raro) o per carriera orizzontale (passaggio a un'altra azienda). Il forte investimento dei Dp su competenze tecniche specifiche (relazioni industriali, pianificazione e sviluppo del personale, compensations) oggi in calo di importanza o sottoposte a processi di outsourcing, mette gli head hunters in una situazione difficile: le caratteristiche dell'offerta professionale sono spesso discordanti da quelle della domanda evidenziate sopra e lo sviluppo complessivo della professione rischia di essere rallentato. Un broker relazionale Le opinioni dei cacciatori di teste sono piuttosto convergenti: il ruolo del Dp si avvicina sempre più a quello di un broker che lavora all'interno e all'esterno dell'azienda, gestendo un network di relazioni, risorse e fonti che lo mettono in grado di: 1. prendere parte a un progetto strategico e operare per realizzarlo modificando l'organizzazione; 2. fornire, attraverso il suo network, risorse a questo progetto (competenze, know-how, servizi, strumenti); 3. garantire la qualità delle prestazioni e la continuità dei livelli di servizio. Questa competenza di “trading relazionale” appare determinante e non scontata nella sua declinazione. In particolare nel nuovo contesto economico e sociale, sarà importante saper individuare tutti gli stakeholder e gli interlocutori necessari e utili all’azienda, alcuni ancora quasi del tutto sconosciuti a livello di interazione, come ad esempio il settore no-profit e tutti i servizi offerti dall’impresa sociale, che risulteranno elemento imprescindibile nel nuovo mercato del lavoro. Gli head hunter, in conclusione, sembrano darci un consiglio: cambiare l'offerta per cambiare la domanda. Anticipare le richieste degli imprenditori proponendosi sempre meno come specialisti di sistemi e strumenti interni e sempre più come intelligenti operatori di uno straordinario network: le persone. n idee segnalibro 2011, odissea nel lavoro Si chiama Alice senza niente ed è un piccolo caso editoriale che ripercorre le vicende di una ragazza come tante, alle prese con improduttivi e improbabili colloqui di lavoro L e dispiace seguirmi?», conclude la caposettore casse dell’ipermercato di Torino dopo una breve presentazione, sorridendo a bocca larga. «Si!», risponde Alice con «un sorriso più largo del suo, senza neanche rendermi conto di averle detto, non volendo, che... mi scoccia (grassetto e sottolineatura di chi scrive, ndr) questa cosa di doverla seguire. Lei non ha colto l’incertezza e ha continuato a sorridermi». Copione già scritto In questo passaggio si apre il gioco stereotipato e consunto della "sceneggiata", di un colloquio che segue un copione già prestabilito, a cui le due si attengono come burattine a cui non è permesso essere o muoversi come sarebbe vitale per chi chiede lavoro e per chi lo offre. Ognuna delle due (sarà chiesto dalla caposettore di darsi del "tu"; e come si potrebbe altrimenti in una società televisivamente friendly?) non potrà essere che scontatamente una maschera. L’una (Alice: ma in che paese vive?) mistificata e alienata, e pateticamente masochista, nella sua vana ricerca di un lavoro che o non c'è o non troverà, vista la biografia professionale che ha e tenuto conto del mercato del lavoro attuale (ma non si scrivono più luttuosi, ma salvifici romanzi tipo Le illusioni perdute e il tempo ritrovato?), l’altra – la caposettore – mistificata e alienata nella sua fede fittizia nel suo lavoro e ruolo (oh, i miserabili che diventano dei LA SCHEDA Titolo Alice senza niente Autore Pietro De Viola Anno 2011 Casa editrice Terre di Mezzo editore Pagine 94 Prezzo 10 euro veri sadici per non rischiare di vedere ciò che sono stati e ciò che ancora sono), negandosi di essere anch’essa sempre, come tutti noi, appesa a un filo e di star giocando una delle poche reali soddisfazioni che le dà il suo lavoro: prendere in giro gli altri, prendendosi in giro, per non vedersi ammalata. Francesco Caggio [email protected] Pedagogista, formatore e consulente, collabora con l’Università degli Studi Milano-Bicocca Esito previsto Infatti sottolinea e si complimenta per il 110 di Alice che ringrazia, e che, avendo – come tutti noi, compresa la caposettore – visto molta televisione, non solo è euforica, ma sorride, sorride, e la bocca e la dentatura, lo insegnano tutti i manuali per il successo, sono importanti (oh, benedetta etologia). Sorride in attesa di essere inchiodata da una domanda che la riporta alla realtà, alla nuda e cruda realtà della signora che le chiede perché è lì, proprio lì: Alice presa dal suo film casca sulla domanda che era già prevista dopo tre battute di messa a proprio agio della vittima, che dovrà (ma quale sarà mai l’esito in termini di comprensione di come gira il mondo nella testolina di Alice?) poi assentire a un già predisposto sermoncino pedagogico. Tempo buttato via, tempo perso, tempo di alienazione e di mistificazioni, tempo della disconferma delle reciproche esistenze sia questo e sia l’altro colloquio che segue, perché il mondo è fatto a quinte che bisogna schiudere con la risposta giusta a una domanda che rimanda sempre a un “doppio legame”. Quindi che l’azienda risparmi e che lavori con il “passaparola” e che Alice impari a fare bene l’orlatrice, che il fashion made in Italy ne ha molto bisogno. Meglio essere crudeli che inautentici. n 71 » idee recensioni tra passato e futuro Q uando si dice della rilevanza e della carenza della ricerca sociale nel nostro Paese… La ricerca sociale nella cultura italiana vive da tempo una endemica, cronica crisi, sia rispetto alle potenzialità evase, sia rispetto alle concrete esigenze, ascrivibili a un Paese come il nostro, che dice di aver scelto un modello di sviluppo avanzato. Di ricerca sociale da noi se ne fa poca: i committenti sono rari, le istituzioni di ricerca che si possano dire tali per visione e competenza sono poche e, per assurdo, quando si arriva a fare ricerca, sovente gli agognati rapporti restano nelle mani élitarie di committenti che hanno della diffusione del dato di ricerca una visione a dir poco paranoide. Veniamo alle eccezioni, parlando di S3Studium, la società di formazione, sviluppo organizzativo e ricerca psicosociale, voluta e animata ormai da moltissimi anni da Domenico de Masi. La ricerca da sfogliare Il volume che presentiamo – che inaugura presso Guerini e Associati la collana “S3.Studium” – è il risultato di un ampio studio sul passato, il presente e il futuro della Direzione delle risorse umane in Italia. Lo scenario previsionale è stato realizzato avvalendosi di una ricerca condotta secondo il metodo Delphi, capace di 72 LA SCHEDA Titolo HR 2020. Storia e prospettive Autore Domenico De Masi e Stefano Palumbo Anno 2011 Casa editrice Guerini e associati Pagine 248 Prezzo 19,50 euro Una ricerca condotta da S3.Studium secondo il metodo Delphi è lo spunto da cui nasce questo volume. L'obiettivo? Tracciare le top skill per le quali dovrà distinguersi il Direttore Risorse umane del futuro. Che dovrà essere sempre più in grado di interpretare le innumerevoli variabili dei sistemi socio-tecnici tipiche del nostro tempo. analizzare le prospettive probabili di sviluppo nel periodo 2011-2020. Il progetto di ricerca è stato realizzato dalla S3.Studium in stretta collaborazione con due istituzioni, Bosch-Tec e Carter & Benson, la prima operante nella formazione professionale-manageriale, la seconda nell’Executive Search. Il futuro nasce dal presente Il sottotitolo del volume è “storia e prospettive”: la visione delle cose di S3.Studium e del metodo Delphi – metodologia elettiva nella pratica di ricerca psicosociale di S3.Studium – indica il tempo presente come il riferimento fondamentale e indispensabile per poter lavorare in termini visionari e di prospettiva. Inoltre, sottolinea l’esigenza di avere una prospettiva storica, per non dimenticare e per coltivare nel presente i talenti che l’immediato passato ci ha donato come eredità dovuta e non sempre correttamente percepita. In altre parole, chi non sa vivere il presente è falsamente proiettato sul futuro e, come ha insegnato Albert Camus, «la vera generosità verso il futuro consiste nel donare tutto al presente». In altre parole – ammonisce S3.Studium attraverso anche quest’ultima ricerca – ancora più spesso le donne e gli uomini vivono di memoria e di speranza più che di attenzione e abitano nelle dimensioni immaginarie del passato e del futuro, piuttosto che Partendo da una ricerca di S3.Studium, Domenico De Masi propone un interessante libro dedicato alle risorse umane. Un viaggio nella storia delle organizzazioni, le opinioni di 15 Hr Director di tutto il mondo e un profilo del Direttore del personale del futuro in quell’unico vero appuntamento col reale che è il presente. La ricerca psicosociale, in quanto autentica pratica riflessiva, è la strada elettiva e unica per far sì che il rapporto tra passato, presente e futuro sia pensato e agito in maniera adulta e consapevolmente collegata, senza pericolose fughe né in avanti, né indietro. Il metodo Delphi, con la sua “tenace umiltà”, è la via elettiva per conseguire tale risultato e avere tra le mani dati autorevoli capaci di ricongiungerci nel nostro presente col nostro passato e con un futuro che possa essere genuinamente nostro. Il volume, fresco di stampa, è articolato in quattro densi capitoli. Un inizio "storico" I primi due, Dalla centralità al declino e Dal declino al disorientamento, attraverso l’attenta scrittura di Domenico De Masi prendono per mano il lettore per un viaggio di rivisitazione della storia e dell’esperienza delle organizzazioni, dall’avvio della rivoluzione industriale al postindustriale degli anni ’90 e alle prospettive di una riconquista della centralità, in questi anni diluita e persa, da parte della Direzione delle risorse umane. Le pagine di De Masi, contemporaneamente spesse e leggere, sono capaci di evocare l’iter teorico ed esperienziale dell’arco storico citato, con un aggancio costante alle esperienze di contesto politico, socio-economico da Giuseppe Varchetta [email protected] psicosocioanalista, consulente di formazione, sviluppo organizzativo, direttore della rivista Educazione sentimentale una parte e organizzativo dall’altra, che hanno interessato in tutti questi anni l’esperienza industriale e manageriale nel nostro Paese. Il risultato della lettura di questi primi due capitoli è un ricollocarsi all’interno di una cronaca e di una storia vorticosa, che può averci visto talvolta come protagonisti e spettatori disattenti: nell’ultima pagina si viene presi da un sentimento duplice di stupore e di attenzione; due categorie e prospettive mentali, queste ultime, indispensabili per una vera riflessione, che miri a fare esperienza di quello che si è vissuto, assistiti in questa operazione di sensemaking dall’autorevolezza delle pagine che ci hanno accompagnato. ➤ “L'autore prende per mano i lettori per un viaggio di rivisitazione della storia e dell'esperienza delle organizzazioni dall'avvio della rivoluzione industriale” 73 idee recensioni AIDP e S3.studium presentano HR2020 Road Show sul futuro delle HR P adova, Catania, Napoli, Chieti, Torino e poi Firenze, Milano e Roma sono le otto tappe del Road Show con cui porteremo in tutta Italia il dibattito sul futuro delle HR. Come è cambiata la gestione del personale? Come evolverà il mercato del lavoro nel prossimo decennio? Come cambieranno i modelli gestionali e il ruolo di HR? Come saranno gestite le persone, i luoghi, i tempi, le culture, le diversità, le motivazioni in azienda? Quali saranno le nuove La parola agli Hr Director Il terzo capitolo, Le prospettive delle HR al 2020, curato da Stefano Palumbo, raccoglie i dati dei quindici esperti sollecitati nell’esprimere le loro opinioni prospettiche dalla metodologia del Delphi. Gli esperti interpellati sono quindici HR Director di aziende nazionali e multinazionali a cui è stato richiesto di riflettere sulle possibili evoluzioni future della Direzione risorse umane in Italia. La metodologia Delphi prevede che le risposte di ogni esperto siano sottoposte a tutti gli altri e che solo le opinioni che hanno ottenuto il consenso della maggioranza confluiscano nel rapporto conclusivo. I risultati Il materiale raccolto attraverso tale metodologia è stato riproposto nel quarto capitolo da Stefano Palumbo in sei “territori di ricerca”, altrettante direttrici di un possibile sviluppo della funzione HR nel nostro Paese nel prossimo decennio. I “territori di ricerca” proposti sono: il contesto esterno, l’evoluzione della forza lavoro, il ruolo delle HR in azienda, sfide e problemi emergenti per l’HR, funzioni e strumenti dell’HR, profilo e competenze dell’HR Director. Rimandando le lettrici e i lettori a un’analisi puntale – di grandissima utilità anche operativa – dei contenuti di queste sei agili esplorazioni territoriali, richiamiamo un’attenzione particolare sul profilo e competenze dell’HR Di- 74 funzioni di HR? e i nuovi strumenti operativi? Quali saranno le competenze richieste al Capo del Personale e quali gratificazioni gli saranno riservate? Per rispondere a questi interrogativi, S3.Studium e AIDP con le sue articolazioni territoriali, in collaborazione con Carter&Benson e Bosch-TEC, presentano i risultati della ricerca previsionale con i manager interessati a questa problematica. Informazioni e programma sul sito www.aidp.it rector, che per molti aspetti correggono le aggregazioni attualmente più autorevoli in tale area, derivanti dalla “fotocopiatura” passiva di modelli eteropervenuti e non declinati in relazione alla cultura del nostro Paese e alle sue problematiche più cogenti: le top skill indicate dalla ricerca, che nel prossimo decennio dovranno caratterizzare una efficace ed efficiente Direzione del Personale, sono in ordine decrescente quelle di natura empatica, comunicative e relazionali, la gestione del cambiamento, una capacità interpretativa del contesto socio-economico, l’employer branding strategy, quelle economiche, una capacità risolutiva in tempi velocissimi, capacità organizzative, project management, comunicazione interna, “Un direttore del personale per rimanere nelle alte stanze del potere aziendale deve riuscire a provare stupore, attenzione e empatia verso l'universo umano che lo circonda” capacità di sintesi, sia di dati che di sensazioni. In altre parole, un Direttore del Personale che possa restare nelle alte stanze del potere aziendale deve contemporaneamente riuscire a provare stupore, attenzione e empatia verso l’universo umano nel quale vive e che lo circonda e del cui agio e disagio deve rispondere all’alta direzione e alla società civile tutta. Senza parlare di rivoluzione dei modelli di ruolo del direttore del personale più attualmente seguiti si è, ci sembra, autorizzati a sottolineare la “raccomandazione” da parte di S3.Studium e dei suoi partner di ricerca a un’attenta rivisitazione del ruolo del Direttore del Personale verso una capacità più ampia nel contenere e interpretare le diverse variabili dei sistemi socio-tecnici, che attraversano la complessità industriale e organizzativa del nostro tempo. L'occhio vuole la sua parte E per finire, il primo volume della collana "S3.Studium" è anche un bell’oggetto: un formato tascabile, un publishing esteticamente raffinato, con una sovracopertina che non casualmente riproduce Vocazione di San Matteo del Caravaggio. Quasi a indicare che il mondo è sì reale, ma che le donne e gli uomini, come ricorda Robert Musil, sono anche e soprattutto dei possibili e che una Direzione del Personale che si possa dire tale si trova di fronte ai compiti e alle sfide più alte e più vere. n idee l’azienda è tutta un film A ognuno il suo mestiere Spesso, anche dopo un iter di selezione complesso, non si riescono a intuire le reali aspirazioni di una persona. E così ci sono manager che vorrebbero fare gli impiegati e viceversa. Proprio come accade in Benvenuti al nord U na volta si facevano i test, poi colloqui su colloqui e anche delle prove psicoattitudinali. Poi il mondo è diventato più veloce e più povero, così a volte ci si accontenta di un cv e di qualche scambio (di pensieri virtuali) in Rete. Il risultato è sempre lo stesso: l’assunzione (si fa per dire, forse è meglio parlare di “collaborazione”), cioè capire se quella persona specifica possa andare bene per quel determinato lavoro. Se si trattasse di un mero discorso esperienziale, basterebbe davvero la semplice analisi del curriculum, appena condita da qualche telefonata giusto per verificare se quel candidato millanti credito oppure no, ma il problema è sapere se quella persona può sposarsi bene con quell’azienda e quella posizione, spesso anche con l’idea di quella gabbia chiamata ufficio dove ogni giorno bisogna rispettare orari, gerarchie e scrivanie. In effetti, a prescindere dalla profondità della selezione, ci si illude – e sempre ci si è illusi – di poter “capire”, sicché quasi tutto risulta “semi-inutile”. Ricordo, al proposito, una cara conoscente che, LA SCHEDA Titolo originale Benvenuti al Nord Nazione Italia Anno 2012 Genere Commedia Durata 110’ Regia Luca Miniero Cast Claudio Bisio, Alessandro Siani, Angela Finocchiaro, Valentina Lodovini, Nando Paone, Giacomo Rizzo, Nunzia Schiano, Fulvio Falzarano, Salvatore Misticone, Paolo Rossi, Ippolita Baldini Marco Lombardi [email protected] Dopo tanti anni di azienda, ha mollato tutto per fare il giornalista cinematografico, trasformando la sua passione in un lavoro. reincontrata qualche anno fa, dopo che avevo lasciato l’azienda per il giornalismo, il cinema e la scrittura, mi guardò sinceramente preoccupata perché ai tempi, selezionandomi per una grande multinazionale, non capì – nonostante l’accuratezza del processo selettivo – che io volevo fare altro, nella vita professionale. Tutto questo succede mirabilmente in Benvenuti al nord, secondo capitolo (riuscito) della saga iniziata dal remake (Benvenuti al sud) del film francese Giù al nord. All’interno di un mega product placement di Poste italiane, che è il luogo in cui i due protagonisti – Claudio Bisio e Alessandro Siani – lavorano, si scopre in breve tempo che Bisio (il direttore) vorrebbe fare il semplice impiegato, così da avere più tempo per sé, mentre Siani (l’impiegato) avrebbe i numeri e le aspirazioni da mega manager, di quelli che affrontano le mission(s) impossible. Paolo Rossi, invece, è molto credibile nel ruolo dell’amministratore delegato. Mica avrà scoperto – pure lui – che è quello il mestiere della sua vita, invece di fare l’attore? n Nella foto in alto i due protagonisti, da sinistra Alessandro Siani e Claudio Bisio, che nel film interpretano gli impiegati delle Poste Mattia Volpe e Alberto Colombo. In basso Paolo Rossi, nel ruolo dell'amministratore delegato Palmisan, e Valentina Lodovini, che interpreta la compagna di Alessandro Siani, Maria Flagello. 75 lettera del Presidente un contributo concreto Aidp è in prima linea nel dibattito sui temi relativi al mercato del lavoro. E il Congresso del prossimo giugno sarà una grande occasione per far emergere nuove idee e proposte Filippo Abramo [email protected] S iamo entrati in una fase cruciale della crisi del nostro Paese: tra le varie tematiche sul tappeto una delle più significative è quella relativa al mercato del lavoro. La nostra competitività sui mercati internazionali passa da una modernizzazione delle regole del lavoro che riesca a contemplare le esigenze di tutela del lavoratore con quelle della competitività della impresa: altri paesi europei sono riusciti a farlo, dovremmo assolutamente farlo anche noi. Come AIDP abbiamo dato il nostro contributo al dibattito sulla riforma preparando un documento che è stato presentato in un incontro tenuto a Milano lo scorso 6 febbraio, alla presenza di Pietro Ichino (giuslavorista e senatore) e diffuso a tutti i nostri Soci. Seguiremo gli sviluppi della trattativa in corso continuando come AIDP a esprimere il nostro punto di vista. Strettamente connesso con la riforma del mercato del lavoro è il tema della competitività. Questa parola rischia di diventare un po’ vuota, a forza di usarla, ma essa indica il vero problema italiano oggi: la scarsa competitività allontana gli investimenti dall’estero e le relative possibili ricadute economiche, occupazionali e di cultura manageriale. Anche a questa tematica chiara AIDP vuole dare un contributo di idee e di proposte con il suo prossimo Congresso Nazionale 2012 dedicato al futuro del lavoro, alla competitività e alle persone: lo sviluppo delle competenze e la formazione continua, anche in età matura, sono basilari in un mondo del lavoro in continuo cambiamento e con l’età pensionabile che si allontana sempre di più; l’impegno e la motivazione delle persone sono indispensabili per il successo: vincono le aziende che riescono a ottenere tutto ciò dai loro collaboratori; la questione dei talenti rimane uno dei punti chiave di una strategia competitiva: pur in un’epoca di alta disoccupazione giovanile, i talenti sono comunque difficili da trovare e, ancora di più, da trattenere; l’apertura mentale verso il nuovo e il diverso, sia in termini di mercati che di persone: nell’epoca della globalizzazione sono temi ineludibili e comunque da affrontare; la nostra sprovincializzazione è un altro obiettivo da porsi a tutti i livelli. Sono alcuni dei temi che AIDP tratterà nel suo Congresso 2012, che si svolgerà in Sardegna i prossimi 8 e 9 giugno con il contributo di significativi relatori e testimoni aziendali: sarà un'occasione unica di aggiornamento, di riflessione e di networking per gli operatori delle risorse umane e per tutti coloro che gestiscono professionalmente persone e gruppi di lavoro. n 76 160 DIREZIONE DEL PERSONALE TRIMESTRALE DI INFORMAZIONE E CULTURA DELL’ASSOCIAZIONE ITALIANA PER LA DIREZIONE DEL PERSONALE Dp dal 1980 NUMERO MARZO 2012 160 d 44 STRUMENTI IN ATTESA DI UNA RIFORMA CHE CAMBI GLI SCENARI 64 STORIE UN DIALOGO NEL BUIO PER VINCERE LE PAURE Direzione del Personale IDEE DIRETTORE DEL PERSONALE 72 IL TRA PASSATO E FUTURO Adattarsi al contesto in evoluzione. Sfruttare le nuove opportunità offerte dalla tecnologia. Ecco alcune delle sfide che dobbiamo affrontare METTIAMO A FUOCO LA SELEZIONE Siamo lieti di annunciare che Toffoletto e Soci e lo Studio del Prof. Avv. De Luca Tamajo e Soci si uniscono. 4 sedi, 90 professionisti e una nuova realtà per il diritto del lavoro italiano. { 53 SPECIALE Congresso AIDP 2012 Badesi }