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160
DIREZIONE DEL PERSONALE
TRIMESTRALE DI INFORMAZIONE E CULTURA DELL’ASSOCIAZIONE ITALIANA PER LA DIREZIONE DEL PERSONALE
Dp
dal 1980
NUMERO
MARZO 2012 160
d
44
STRUMENTI
IN ATTESA DI UNA RIFORMA
CHE CAMBI GLI SCENARI
64
STORIE
UN DIALOGO NEL BUIO
PER VINCERE LE PAURE
Direzione
del
Personale
IDEE
DIRETTORE DEL PERSONALE
72 IL
TRA PASSATO E FUTURO
Adattarsi al contesto
in evoluzione. Sfruttare
le nuove opportunità
offerte dalla tecnologia.
Ecco alcune delle sfide
che dobbiamo affrontare
METTIAMO
A FUOCO LA
SELEZIONE
Siamo lieti di annunciare che Toffoletto e Soci e lo Studio del Prof. Avv. De Luca Tamajo e Soci si uniscono.
4 sedi, 90 professionisti e una nuova realtà per il diritto del lavoro italiano.
{
53 SPECIALE Congresso AIDP 2012 Badesi
}
sommario
editoriale
02. 2012 un anno selettivo di Maria Emanuela Salati
coverstory
06. Selezione flessibile di Piergiorgio Argentero
10. La vita segreta delle parole al lavoro di Francesco Varanini
11. Alla ricerca della qualità perduta di Roberto Ferrari
14. Le regole per un buon inizio di Rafaella Mazzoli
18. Neolaureati cercasi da testare sul campo di Marina Pastorelli
21. Cacciatori sì, ma anche consulenti di Paolo Calori
22. Paura di volare di Enrico Cazzulani
24. L'assessment da sfogliare di Andrea Castiello d’Antonio
26. Quando la crescita passa dall'ascolto di Paolo Augugliaro
27. Signori, in carrozza di Luca Mori
strumenti
32. MONDO LEGALE/1 Work in progress di Franco Toffoletto
36. MONDO LEGALE/2 Pensioni, si cambia di Pietro Gremigni
41. Un impegno da non sottovalutare di Maurizio Manicastri e David Trotti
42. Una pratica diffusa da gestire con attenzione di Bernardina Calafiori
44. In carcere per imparare di Maurizio Bertoli e Stefano Bertolina
47. La sfida della bellezza, oggi di Massimiliano Santoro
48. Le differenze che ci rendono uguali di Duilio Cau
50. Il gruppo nasce in armonia di Patrizia Farnetti e Ira Orsini
53. SPECIALE Congresso AIDP 2012 Badesi
storie
62. Non sei felice? È anche colpa tua di Alessio De Santa
64. Un dialogo nel buio per vincere le paure di Roberto Monti
idee
68. SGUARDI SUL PERSONALE
HR: la trappola dorata di Maria Emanuela Salati, Julio Gonzalez e Giancarlo Traini
71. 2011, odissea nel lavoro di Francesco Caggio
72. Tra passato e futuro di Giuseppe Varchetta
75. A ognuno il suo mestiere di Marco Lombardi
lettera del Presidente
76. Un contributo concreto di Filippo Abramo
Dp
d
Direzione
del
Personale
Direttore Responsabile Maria Emanuela Salati - Direttore Scientifico Paolo Iacci - Coordinamento Redazionale Sonia Rausa
Rubrica Mondo Legale a cura di Paola De Gori - Comitato di Redazione Filippo Abramo • Domenico Butera • Andrea Camera • Lara Carrese • Enrico
Cazzulani • Isabella Covili Faggioli • Paola De Gori • Massimo Ferrario • Julio Gonzalez • Marco Lombardi • Ernesto Longo • Ezio Nardini • Marina Pastorelli • Pietro
Santi • Massimiliano Santoro • Gilda Serafini • Giancarlo Traini • Dario Tripodo • Claudio Tronconi • Giuseppe Varchetta • Cristina Volpi • Elio Vera • Danilo Villa
Proprietà AIDP Associazione Italiana per la Direzione del Personale
Direzione Redazione Pubblicità Via Cornalia, 26 - 20124 Milano tel. 02 6709558 - 02 67071293 Fax 02 66716588 - email [email protected]
Registrazione Tribunale di Milano n. 386 del 17 ottobre 1981 - Periodicità trimestrale
Progetto grafico e impaginazione Pub - www.pubcreativepublishing.it - Stampa Rubbettino industrie grafiche ed editoriali - Soveria Mannelli (Cz)
Abbonamenti
Rinnovo Italia 60 euro - Estero 70 euro - Nuova sottoscrizione Italia 70 euro - Estero 80 euro
Arretrati (a copia) Italia 20 Euro - Estero 30 Euro - Gratuita ai soci AIDP
IN COPERTINA Along the Wall. Berlin 2009 (particolare) di Alessandro Vicario - www.alessandrovicario.eu
editoriale
Direttore selezione,
formazione
e comunicazione
interna di ATM
di Maria Emanuela Salati
{
[email protected]
201
2
un anno
SELETT
è appena iniziato
un anno che si preannuncia
difficile. Ma è il momento
giusto per far tornare ai
giovani la fiducia nel lavoro.
Come? Riscoprendo
la valenza educativa
della selezione,
un momento decisivo
ma spesso trascurato
02
«Comprendo e sento molto, in questo
momento, le difficoltà di chi lavora e di chi
rischia di perdere il lavoro, come quelle di chi
ha concluso o sta per concludere la sua vita
lavorativa
»
Giorgio Napolitano,
discorso di fine anno, 31 dicembre 2011
«Ieri mi sono comportata male nel cosmo.
Ho passato tutto il giorno senza fare domande,
senza stupirmi di niente. Ho svolto attività
quotidiane come se ciò fosse tutto il dovuto»
Wislawa Szymborska
IVO
A
ll’inizio di un anno che, se possibile,
si annuncia ancor più pesante per l’economia rispetto a quelli che lo hanno
preceduto, abbiamo scelto come tema
del giorno uno strumento che sta alla base del mercato del lavoro: la selezione.
Selezione è una parola chiave del management,
che tuttavia sembrava ormai dimenticata (la nostra
stessa rivista non ne parla da anni): quasi un lusso,
in una fase di stagnazione del mercato. Ma è proprio
ora che questo processo, se svolto al meglio, potrà
rivelarsi decisivo per superare la crisi. La qualità del
reclutamento sarà un elemento decisivo per guadagnare vantaggio, per scegliere persone che rimangano
nel tempo, senza sprechi e investimenti a perdere.
Ma non solo.
Giovani senza sogni
Il tema del lavoro e di come trovarlo è il vero problema di oggi e del prossimo futuro, soprattutto per i
giovani. Ci troviamo di fronte non solo a una domanda
debole e senza garanzie, ma anche a un’offerta di
giovani sfiduciati che non credono nel lavoro. Ormai
chiedere a un candidato in sede di colloquio quali
Cari
lettori
La rivista che avete
in mano - lo avrete
notato - è una rivista
nuova. È stata ridisegnata
e ricalibrata per
renderla più leggibile,
più immediata nella
consultazione, più
semplice nella lettura.
Inoltre con questo
primo numero del
2012 Direzione del
Personale torna ad
avere una distribuzione
indipendente, dopo anni
di sinergia con l’Impresa.
Questo cambiamento
ci consente di consolidare
quell’autonomia che ci
ha sempre contraddistinto
e che da più di trent’anni
fa di Direzione del
Personale un riferimento
per il mondo delle risorse
umane. Tante novità,
insomma, ma non fini a
se stesse. La nuova veste
di Direzione del Personale,
che peraltro non intende
rinunciare al suo stile
sobrio e di sostanza,
rispecchia la scelta
di una maggiore praticità
per i suoi lettori:
ad esempio attraverso
sezioni chiaramente
distinte, o una maggiore
attenzione alla titolazione,
che consentono
di individuare
immediatamente
i contenuti salienti
dell’articolo.
Il tutto per accompagnare
al meglio il ruolo che
la nostra organizzazione
vuole continuare
a interpretare.
sono i suoi progetti per il futuro è una domanda che
genera sconforto per l’assenza di risposta. I giovani
non sentono di potersi permettere più un progetto
e tanto meno un sogno, e non credono più alle promesse delle aziende. Il 38% dei giovani trova ancora
lavoro attraverso le conoscenze, il che non agevola
né il merito né la mobilità sociale.
Selezionatori più attenti
Per questo riparlare di selezione oggi può voler dire
parlare di un’etica della selezione che ha un fine più
alto del mero “reclutamento”. Forse i selezionatori
dovrebbero sentirsi responsabilizzati di una nuova
e più alta missione, quella di far rinascere la fiducia
nei loro candidati, di ricostruire quel filo spezzato
tra giovani generazioni, mercato professionale e
azienda. La ricerca di un lavoro (e non di un impiego, come dice Pierluigi Celli) è un momento molto
delicato e denso di aspettative per tutti. Un momento
di passaggio in cui ci si espone con più fragilità ma
che può essere anche un momento importante di
apprendimento. La vera sconfitta, se un colloquio
“va male”, non è perdere il posto di lavoro, ma perdere l’occasione di imparare da questo evento. E
noi selezionatori possiamo fare qualcosa: possiamo
riscoprire una valenza educativa del momento di
selezione in cui non vale solo la logica astratta di
ciò che è utile all’organizzazione in quel momento,
ma il saper “riconoscere” un candidato e mettergli
a disposizione ciò che abbiamo potuto vedere di lui
(così decisivo per il suo futuro) e ciò che possiamo
osservare del mercato. Se servono competenze per
misurarsi con la sfida di un mercato “mobile” come
l’attuale (come la capacità di leggere i “segnali deboli” o di interpretare i sistemi relazionali complessi)
abbiamo il dovere di informarne i nostri candidati,
specie i giovani che non sono certo preparati dalla
scuola ad affrontare il contesto lavorativo. E allo
stesso modo occorre interrogarci su quali saranno
le competenze chiave per il mondo di domani per
il quale, ad esempio, i nativi digitali saranno molto
meglio preparati di noi.
Insomma: servono più aiuto, più autoconsapevolezza, più informazioni per orientarsi nel mercato
del lavoro, più “tenuta antropologica” nell’incertezza. Per noi questo comporta qualche rischio in più,
meno business, meno specialismo di facciata e più
generosità.
n
03
Partner in law.
Davvero era necessario un nuovo studio legale? Uno dei tanti specializzati nel diritto del lavoro?
Ma noi non siamo uno dei tanti. Siamo Lexellent. Di nome e di fatto. E non siamo nati ieri.
In 4 soci sommiamo 216 anni di età, dei quali 116 di esperienza nel settore, iniziata nel 1975.
La nostra forza di partner delle aziende, oltre alla competenza, oggi internazionale e completa,
è sempre stata quella di aver voglia di ricominciare. Con l’entusiasmo degli esordienti.
‘Esordienti’ tra virgolette, naturalmente.
Lexellent nasce da un’idea e dall’esperienza degli avvocati Benvenuto, Bergamaschi, Barozzi e Scherini.
La nostra sede è in Via della Moscova 10, a Milano, MM Turati.
A Roma siamo a Palazzo Valadier, Piazza del Popolo 18, M Flaminio.
Tel. 02 8725171 | [email protected] | www.lexellent.it
«
coverstory
{06.
{10.
Selezione flessibile di Piergiorgio Argentero}
La vita segreta delle parole al lavoro di Francesco Varanini}
{11.
Alla ricerca della qualità perduta di Roberto Ferrari}
{14.
{18.
Le regole per un buon inizio di Rafaella Mazzoli}
Neolaureati cercasi da testare sul campo
«
{21.
Cacciatori sì, ma anche consulenti di Paolo Calori}
{22.
{24.
{26.
di Marina Pastorelli}
Paura di volare di Enrico Cazzulani}
L'assessment da sfogliare di Andrea Castiello d’Antonio}
Quando la crescita passa dall'ascolto di Paolo Augugliaro}
{27.
Signori in carrozza di Luca Mori}
«L’uomo giusto al posto giusto: focus
sul posto. / L’uomo giusto al posto
che gli è giusto: focus sull’uomo.
/ Un pronome: / e cambia tutto»
di Massimo Ferrario
coverstor y la globalizzazione e i cambiamenti
SELEZIONE
FLES
‘
Docente
di Psicologia
del lavoro e delle
organizzazioni
Università di Pavia
La sua attività
di ricerca si è sviluppata
principalmente
su selezione, orientamento
professionale, motivazione
e soddisfazione
sul lavoro. è inoltre autore
di nove monografie
e oltre 120 articoli.
06
L
di Piergiorgio Argentero
{
[email protected]
attuale momento economico porta con sé anche conseguenze, oggi
molto evidenti e discusse in varie sedi, che si riflettono sulla gestione
del personale. Per limitare le considerazioni sulle attività di selezione e
assessment, e volendo approfondire in particolare alcuni problemi metodologici, è
possibile individuare tre nuclei tematici principali, che si riferiscono alla globa-
lizzazione delle attività economiche e industriali,
all’utilizzo di strumenti valutativi online, alle
problematiche etiche che ne possono derivare.
1. Mercati globali, strumenti locali
Le organizzazioni che si muovono oltre i loro
confini nazionali affrontano la necessità di implementare pratiche di gestione delle risorse umane,
maturate in un contesto nazionale specifico, su
scala mondiale. Alcune procedure e metodologie
di selezione del personale sono state progettate e
ideate per uno specifico contesto socio-culturale
o per un certo gruppo di individui; ma strumenti
sviluppati in un determinato Paese non possono
essere utilizzati in altri senza essere sottoposti
a un processo di verifica e adattamento locale.
In generale, si dovrebbe migliorare la comprensione di cosa comporti l’impiego di metodi di
selezione in contesti internazionali diversi da
quello originario. È infatti necessario riuscire a
sviluppare sistemi HR che possano essere utilizzati nei diversi Paesi riuscendo però, al contempo, a riconoscere le specificità delle singole
realtà locali, valutando la reale trasferibilità delle
procedure adottate.
In effetti, molte esperienze indicano che la
validità di una determinata procedura di selezione non è generalizzabile a situazioni diverse
(per attività lavorative, gruppi professionali, organizzazioni e Paesi). Applicato a un contesto
internazionale, questo significa che le procedure
di selezione potrebbero essere valide in un certo
Paese ma non in un altro, per più di una ragione.
Possono essere innanzitutto presenti differenze
nei quadri giuridico-normativi, per cui ciò che
è consentito o praticato, in un certo paese, non
lo è in altri. Per esempio, in Nord America viene
posta grande attenzione nei processi di selezione
per evitare discriminazioni su base razziale, di
Le aziende multinazionali possono utilizzare le stesse procedure
in tutti i Paesi? Gli strumenti di valutazione professionale
presenti online sono affidabili? Due domande a cui è importante
dare una risposta. Perché un errore può costare caro
SIBILE
etnia o di genere; una sensibilità, questa, che
ha contribuito a sviluppare procedure obiettive di assessment come ad esempio, nel campo
delle interviste di selezione, quelle strutturate.
In altri Paesi, invece, le attività di selezione e
assessment risentono di minori vincoli normativi: ad esempio in Giappone o in molti Paesi
europei dove, anche se sono presenti degli standard “professionali”, questi non rappresentano
obbligo di legge e, dunque, spesso non vengono
adeguatamente osservati.
Un secondo aspetto riguarda il grado di familiarità con i diversi metodi di selezione: la
conoscenza di determinate procedure può determinarne l’utilizzo, a sfavore di strumenti
alternativi e magari più rilevanti nel nuovo
contesto. Naturalmente l’utilizzo di una meto-
“Sono da tenere
in considerazione
i valori culturali
caratteristici
di uno specifico
Paese e come questi
possano determinare,
nei candidati,
l’accettazione dell’iter
selettivo al quale sono
sottoposti”
dologia poco familiare in un certo Paese implica
una maggiore attenzione nella formazione di chi
deve impiegarla.
Inoltre, sono da tenere in considerazione i valori culturali caratteristici di uno specifico Paese
e come questi possano determinare, nei candidati, l’accettazione dell’iter selettivo al quale
sono sottoposti. Nei Paesi in cui è presente una
mentalità individualistica e orientata al successo
personale, è possibile impiegare procedure di
selezione altamente competitive e focalizzate
sui risultati individuali, che non apparirebbero giustificate in altri Paesi in cui sia presente
una cultura collettivistica volta a privilegiare
comportamenti più cooperativi e collaborativi.
Infine, l’utilizzo in Paesi diversi di strumenti
sviluppati all’interno di un contesto specifico
pone il doppio problema del contenuto di ciò che
viene valutato e delle modalità di valutazione
utilizzate. Mentre è ormai assodato che le seconde debbano subire un processo di adattamento
locale, non è ancora del tutto noto se i costrutti
misurati nei candidati di un certo paese possano
anche essere ricercati e valutati in soggetti di
Paesi culturalmente e socialmente molto diversi. Quando si fa riferimento in un certo ambito
ad aspetti quali, ad esempio, l’”estroversione” o
la “coscienziosità”, occorre essere consapevoli
del rischio di darne una definizione particolare,
“nazionale”, culturalmente determinata, e che
per Paesi diversi può rendersi necessaria una
sua ridefinizione, quanto meno in riferimento
agli indicatori comportamentali che la contraddistinguono. ➤
07
coverstor y la globalizzazione e i cambiamenti
“Una cultura attenta agli aspetti
tecnici dell’assessment potrebbe
assicurare alle aziende un utilizzo
di test e metodi adeguati”
2. Strumenti tradizionali, strumenti online
Secondo recenti stime, sul mercato internazionale sono presenti più di 2.500 strumenti per
la selezione del personale, la maggior parte dei
quali sono disponibili su internet e, spesso, non
rispondono ai criteri di qualità (validità e affidabilità) richiesti a uno strumento professionale di
valutazione. La possibilità di somministrare test
e questionari via internet conferisce un aspetto
di legittimità anche a quelli privi di una reale validità, permettendo a chi non possiede sufficienti
competenze specifiche di impiegare strumenti valutativi che non garantiscono risultati accettabili;
è stato notato che, oggi, l’uso errato o impreciso
di strumenti valutativi, più che l’eccezione, è
diventata la norma, con
costi elevati (anche se
difficili da quantificare)
Un processo, tanti strumenti
per le aziende in termiLa selezione sta diventando un processo sempre più
ni di decisioni errate sul
strutturato e articolato che richiede senza dubbio l’intervento
personale. Solo la difdi professionisti esperti. I quali si avvalgono di strumenti
fusione di una cultura
in grado di assicurare risultati obiettivi e facilmente
valutativa attenta agli
monitorabili. Tra questi strumenti figurano, ad esempio,
aspetti anche tecnici
test per valutare le attitudini e le abilità dei candidati;
dell’assessment – ad
questionari di personalità e motivazione per conoscere il
opera di professionisti
candidato dal punto di vista del suo stile di pensiero, del suo
qualificati, società prorapporto con gli altri e sotto il profilo emotivo; esercizi di
fessionali, editori con
simulazione, individuali e di gruppo, finalizzati a misurare le
esperienza nel settore
specifiche competenze lavorative; colloqui e interviste che
– potrebbe assicurare
possono essere, ad esempio, di tipo motivazionale, mirati ad
alle aziende un utilizzo
esempio a valutare la coerenza tra la posizione da ricoprire
di test e metodi di value le motivazioni e le esperienze del candidato, o strutturati
tazione più adeguato al
sulle competenze, con l’obiettivo cioè di verificare se il
loro specifico contesto
candidato possiede le competenze necessarie per ricoprire
lavorativo. Ovviamente
con successo quel determinato ruolo.
08
alcune particolari tipologie di strumenti di valutazione saranno sempre destinati a professionisti con specifica formazione teorico-pratica;
tuttavia, alcuni test e questionari sviluppati
appositamente per chi è privo di una specifica
formazione professionale, ad esempio quelli utilizzabili nelle situazioni di selezione su grandi
numeri di persone, è importante che garantiscano un livello accettabile (e documentato) di
risultati per le aziende che li utilizzano, magari
anche attraverso un minimo di formazione per
l’utilizzatore.
3. Facilità d’utilizzo, standard etici
La facile accessibilità a strumenti disponibili
online implica anche alcune questioni etiche che
interessano i professionisti qualificati che si avvalgono di internet nella loro pratica. Molte di
queste questioni sono state definite in codici di
condotta promossi da associazioni professionali
presenti in diversi paesi del mondo, che hanno
sottolineato alcuni importanti punti comuni e
due elementi fondamentali.
Un primo elemento è quello che limita l’utilizzo
degli strumenti a chi effettivamente possiede i
requisiti formativi necessari. Internet ha reso
molto facile per chiunque pubblicare qualsiasi
tipo di materiale. Questa possibilità ha portato
molti a pensare in maniera errata che qualsiasi
tool valutativo divulgato sul web abbia una sua
validità, oppure che possa essere copiato e utilizzato a proprio piacimento, con il risultato che
anche strumenti validi siano utilizzati in maniera
erronea. È necessario dunque che gli editori e gli
autori di strumenti per l’assessment aziendale
LA SCHEDA
mantengano i loro prodotti sotto stretto controllo
e segnalino eventuali violazioni del copyright.
Un secondo punto importante riguarda la necessità, per chi offre servizi di somministrazione,
scoring e interpretazione di strumenti testistici, di
descrivere accuratamente le finalità, le norme, la
validità e l’affidabilità delle procedure impiegate,
anche quando queste sono completamente automatizzate. Fornire, e richiedere, informazioni può
essere fondamentale per superare la confusione
che si osserva nella massa di proposte presente
su internet (e non solo). Gli elementi di primaria
importanza sono sicuramente quelli riferiti al
processo di costruzione dello strumento, ai dati
ottenuti, alla corrispondenza tra risultati del test/
questionario e risultati sul lavoro, all’equivalenza
tra i test automatizzati e gli strumenti originari
di tipo tradizionale. Andrebbero anche chiariti i
limiti e i problemi relativi a un utilizzo on-line
di strumenti valutativi.
Dai punti fin qui richiamati, possono derivare
alcune implicazioni per il ruolo degli specialisti
che agiscono come consulenti nella selezione e
nell’assessment del personale. Innanzitutto possono svolgere una funzione più attiva nel partecipare alla progettazione e al miglioramento dei
processi di selezione, dando un contributo alle
organizzazioni per sviluppare procedure selettive efficaci, attente anche ai vantaggi economici
che queste possono comportare nel breve-lungo
periodo e non solo immediato. Secondariamente lo specialista di selezione, interno o esterno
all’organizzazione, può essere un facilitatore
dei processi di valutazione in cui intervengono
numerosi attori aziendali, che possono essere
La selezione
che parla arabo
Una testimonianza di come cambia il processo di selezione da Paese a Paese? Ce la fornisce
ATM, l’azienda di trasporto pubblico milanese che già da qualche anno gestisce la metropolitana
leggera di Copenhagen e, da marzo 2011, anche il sistema metropolitano automatico del nuovo
campus Princess Noura University, prestigioso ateneo femminile della capitale dell’Arabia Saudita,
Riyadh. Il primo compito di ATM era selezionare il personale che poi si sarebbe occupato del
servizio. Un lavoro tutt’altro che semplice: in Arabia, infatti, maschi e femmine non possono
frequentare gli stessi luoghi. E quindi, in un'università femminile il personale di servizio non
poteva che essere composto da sole donne. Altra piccola difficoltà: vincere la diffidenza iniziale
delle donne e delle famiglie, visto che il mestiere di conducente della metropolitana è svolto
perlopiù da personale maschile. «Ai colloqui – racconta Carlo Bianco, Responsabile ATM del
progetto Riyadh – si presentavano o donne saudite, ovviamente ricchissime, annoiate dalla
routine quotidiana o donne di altre nazionalità, egiziane o indiane ad esempio, più bisognose di
lavoro». Niente affatto semplice, però, valutare donne il cui volto era completamente coperto dal
velo. «Ci siamo avvalsi – continua Bianco – di una società di consulenza locale per una prima
scrematura dei curricula, e poi ci siamo basati sui pochi elementi a disposizione: la conoscenza
della lingua inglese e l’attenzione al linguaggio non verbale».
assistiti nella loro attività di valutazione sia nella fase di concettualizzazione del problema, sia
nei momenti di scelta di procedure e strumenti.
Sono molti, come si è visto, i problemi da tenere
in considerazione che possono influenzare gli
esiti della selezione, ed è opportuno presentarli agli attori coinvolti nel processo di selezione
affinché ne siano consapevoli. Anche nella fase
conclusiva della valutazione, in cui il processo
di decisione finale viene normalmente condotto
dal management, lo specialista può offrire un
contributo di metodo utile per ridurre i rischi
di una decisione errata.
n
09
coverstor y LINGUAGGIO IN UFFICIO
La vita segreta
delle parole al lavoro
Manager e dirigenti parlano in codice. Parole talvolta
poco intellegibili ai non addetti, spesso prestiti
dall’inglese. Ma non si tratta di semplici convenzioni
G
«
Viaggio intorno all’azienda
La vita in azienda è fatta
di comunicazione. La comunicazione
è fatta di parole. Termini oramai codificati,
entrati nel gergo e nel clima
di ogni organizzazione. Conoscere
il significato delle parole che usiamo
quotidianamente vuol dire riappropriarsi
delle proprie azioni. E scoprire che ogni
parola non corrisponde a una semplice
convenzione, perché ha una sua storia,
spesso sorprendente. «Ogni voce – scrive
Francesco Varanini in Nuove parole
del manager (Guerini e associati, euro
16,50) – è una narrazione con un suo
ritmo, un suo sviluppo».
iovanotto, posso chiedere informazioni su di lei a chi di dovere?»,
chiede il libraio. «No, signore»,
risponde il ragazzo in cerca di lavoro, Simon,
un trasparente alter ego di Robert Walser,
eccentrico narratore svizzero, autore dei
Fratelli Tanner (1907).
«Le informazioni di regola non valgono
un soldo bucato», continua Simon. «Se lei
pensa di impiegarmi, la prego di dimostrare
un po’ più di coraggio della maggior parte
degli altri padroni coi quali ho avuto a che
fare, e di assumermi semplicemente in base
all’impressione che le faccio». Il datore di
lavoro è sorpreso. Ma riflette. La proposta
è strana, ma vantaggiosa. «La sua sincerità
mi piace, la farò lavorare otto giorni in prova.
Se lei vale qualcosa, se le andrà di rimanere
ancora da me, ne riparleremo insieme».
Simon sceglie, non subisce scelte altrui.
Dall’idea espressa dall’indeuropeo leg-:
“cose raccolte per uno scopo”, discendono
lexis: “discorso”, logos, “parola”. E lignum:
“legna da ardere”, in origine “ciò che viene
raccolto”. Di qui legere, “raccogliere le parole”. E quindi eligere (ex legere), “scegliere
tra”. E ancora seligere (sed ligere), “scegliere
“Con il tempo abbiamo
capito che Darwin, più
che di scelta, ci parlava
di adattamento. Sopravvive
chi trova l’ambiente adatto,
chi si adatta all’ambiente
’’
10
Francesco Varanini
[email protected]
consulente, formatore,
docente universitario,
giornalista e critico
letterario esperto
di letteratura
ispanoamericana
allontanandosi da”: da un esempio, da un
modello.
Di qui il latino selectio. Che riappare nelle
lingue moderne come termine scientifico.
è Darwin a coniare nel 1857 l’espressione
natural selection, originariamente in italiano
selezione naturale. Con il tempo abbiamo
capito che Darwin, più che di “scelta”, ci parlava di “adattamento”. Sopravvive chi trova
l’ambiente adatto, chi si adatta all’ambiente,
e anche - per i neo-darwinisti del ventesimo
secolo - chi meglio adatta l’ambiente a se
stesso.
Qualcosa in più ci dice il reclutamento.
Poco importa se abbiamo relegato la parola
italiana nel vecchio lessico militare, e preferiamo recruitment. Inglese e italiano derivano
dal francese recrue, “ricrescita”, “ricrescita
delle forze armate”, prima in senso collettivo
(1550), e poi rivolta alla scelta attenta della
singola persona (1824). Il recruitment, in
fondo, conferma la selection intesa come
adattamento: ci parla di alimentazione di
un sistema aperto.
Far continuamente ricrescere il gruppo di
persone che lavorano in una organizzazione.
Arare e concimare per favorire lo sviluppo.
E potare magari, come quando si devono
“tagliare” risorse. Crescere, non a caso,
discende dalla radice indeuropea kre-, da
cui cereale, ma anche creazione.
La “ricrescita” porterà alla fioritura, e darà
frutti solo al termine di un ciclo che ha i suoi
tempi e le sue intrinseche leggi. Un ciclo che
non può essere ignorato o contraddetto. n
Tratto da: Nuove parole del manager.
113 voci per capire l’azienda
coverstor y AZIENDE E CONSULENTI
Alla ricerca
della qualità perduta
Gli specialisti aziendali della selezione potevano contare
sull’aiuto di altri professionisti esterni. Oggi l’arrivo di
nuovi strumenti (web) e una maggiore attenzione ai costi
hanno cambiato le cose. Ma non sempre in meglio
‘
Responsabile Area
Sistemi manageriali
e servizio in
outsourcing di Ismo
Pluriennale esperienza
prima come professional,
poi come HR manager
in multinazionali italiane,
statunitensi e giapponesi.
C
di Roberto Ferrari
{
[email protected]
era una volta… “l’uomo giusto al posto giusto”, motto della selezione nei manuali di gestione del personale, nei documenti dei
corsi per selezionatori, nel comune dialogo tra HR e manager.
Motto impreciso: il posto “giusto” non c’è, l’uomo “giusto” nemmeno. Ma la
prassi di identificare il profilo ideale del ruolo professionale o manageriale da
ricoprire, la ricerca di fonti e canali appropriati
per reclutare candidati “in linea con il profilo”
erano comportamenti ricorrenti dei recruiter
delle funzioni risorse umane, che a volte si avvalevano di consulenti di selezione o head hunter.
La relazione interfunzionale tra la linea (capo
diretto del futuro neoassunto) e la funzione hr
(specialisti della selezione) ha da sempre generato
conflittualità sui tempi (la linea chiedeva candidati “per ieri”, la funzione hr voleva stanziare
un tempo adeguato al processo), sui contenuti
(la linea voleva il “più esperto”, quasi in valori
assoluti, gli specialisti della funzione del personale cercavano un equilibrio tra domanda e
offerta di lavoro), sulle retribuzioni (per la linea
l’urgenza di inserimento giustificava stipendi più
elevati del valore del ruolo ricoperto, per l’hr
l’equità era un “vincolo” non superabile). I selezionatori della funzione del personale spesso si
avvalevano di buoni rapporti di partnership con
società specializzate in consulenza di selezione,
che supportavano non solo il processo di selezione, ma anche l’integrazione interfunzionale
della committenza. Gli specialisti aziendali di
selezione potevano contare su un’ampia gamma
di consulenti, a seconda dei profili di ricerca, del
livello gerarchico, del settore merceologico di ➤
“I selezionatori della
funzione del personale
spesso si avvalevano
di buoni rapporti
di partnership con
società specializzate
in consulenza di
selezione, che
supportavano non solo
il processo di selezione,
ma anche l’integrazione
interfunzionale della
committenza”
11
coverstor
y
coverstor y AZIENDA E CONSULENTI
“La quantità di ricerche di personale
è diminuita negli ultimi anni per
le difficoltà economico-finanziarie
delle imprese, ma ciò che appare
maggiormente in crisi è la qualità”
riferimento, dei costi fissi e variabili della consulenza stessa. La funzione hr poteva contare su
una molteplicità di consulenti di selezione che
garantiva notevole specializzazione ed evitava
monopoli di fornitura. Spesso tra committenza
e consulenza si consolidava una relazione professionale di una certa stabilità, basata sulla
conoscenza reciproca e sulla fiducia.
La situazione attuale
Nel recente passato l’attenzione delle funzioni hr
e della linea manageriale è stata posta innanzitutto sulla sostenibilità di poter avviare ricerche
di personale in momenti di crisi. La quantità di
ricerche di personale è diminuita negli ultimi
anni per le difficoltà economico-finanziarie delle
imprese, ma ciò che appare maggiormente in
crisi è la qualità dei proIn aiuto delle imprese
cessi, dei sistemi e degli
Negli ultimi anni, vista la complessità del processo
strumenti di selezione.
di selezione e le minori risorse a disposizione delle aziende,
Numerose criticità casono diventate sempre più protagoniste le agenzie
ratterizzano questa vaper il lavoro, che affiancano le imprese alla ricerca di nuovo
lutazione. Innanzitutto
personale, anche per quanto riguarda i profili medio-alti.
le fonti. Molte società di
Fino a pochissimi anni fa il core business delle agenzie
somministrazione di laper il lavoro era quasi esclusivamente la somministrazione,
voro hanno sostituito i
un contratto che prevede l’assunzione del lavoratore presso
consulenti di selezione,
l’agenzia, che poi lo “impiegava” presso un’azienda che
specie per le tipologie di
lo richiedeva e con cui l’agenzia stipulava un contratto
ricerca di profili mediodi lavoro. Oggi queste agenzie hanno allargato il proprio
bassi. A volte vengono
portfolio di servizi e sono molto attive – oltre alla
fornite candidature che
somministrazione di lavoro – anche nel servizio di ricerca
per uno, due, tre mesi
e selezione finalizzato all’assunzione, a tempo determinato
lavorano presso il como indeterminato, del candidato in azienda.
12
mittente. Se la prestazione è ok, l’azienda assume direttamente. Lo screening avviene “sul
campo”. Infatti a volte si inseriscono due o tre
persone. Chi performa meglio viene “stabilizzato”. La consulenza è gratuita (o quasi). Numerosi
professional aziendali di selezione si rivolgono
alle major companies di somministrazione, anche per risparmiare tempo e prevedere budget
molto contenuti per realizzare processi di recruitment che possono basarsi sull’enorme quantità
di candidature. Grandi velocità, qualche volta
sbrigatività: «tanto… se non va, è prevista la
sostituzione».
La non esclusività dell’incarico
Alcuni committenti hanno convinto certi consulenti di selezione che a volte l’incarico non possa
essere assegnato in esclusiva. La motivazione
risiede nella volontà di percorrere più strade,
più conoscenze, più canali con tempestività,
contestualmente e con ampia copertura del
mercato del lavoro. Nei casi di questa natura
si generano potenziali conflitti concorrenziali tra
i consulenti e precarietà nella relazione con la
committenza. Ma ciò che non appare è il problema più grave. Numerosi manager e professional
ci hanno raccontato di recente di essere stati
contattati da tre società di consulenza quasi
contestualmente e dall’azienda stessa direttamente! Le conseguenze generano negatività
nella relazione istituzionale, incomprensioni
sui punti di riferimento, qualche aggressività
in caso di insuccesso e qualche dubbio sull’etica
professionale.
Il problema del success fee
Con una certa frequenza accade di incontrare richieste di collaborazione consulenziale per il recruitment subordinate all’accettazione del “compenso a risultato”. è noto che in una certa misura
quasi tutti i contratti di consulenza di selezione
hanno previsto e prevedono step graduali di riconoscimento dei compensi alla società incaricata
di supportare la committenza. Come è noto, di
solito gli step sono: 33% all’assegnazione dell’incarico, 33% alla presentazione della “rosa finale”,
34% all’assunzione del candidato prescelto. Vi è
inoltre l’impegno a effettuare, senza altri oneri per
il committente, una nuova ricerca nel caso in cui la
persona assunta risultasse inadeguata o lasciasse
la società durante il periodo di prova. Il success
fee cui tendono sovente i committenti oggi intende
invece riconoscere il compenso solo se il candidato
presentato dalla consulenza verrà assunto, senza
acconti intermedi. A volte non viene concessa l’esclusiva. è opinione diffusa tra parecchi consulenti
di selezione che tale formula “deresponsabilizzi” il
committente, che si sente relativamente poco impegnato nel favorire le condizioni più appropriate
per attuare un processo di selezione organico, ben
tempificato, efficace. è tra l’altro possibile che tale
formula “deresponsabilizzi” anche il consulente, il
quale al momento dell’acquisizione della commessa
di selezione accetta l’incarico per ampliare potenzialmente il volume di affari e successivamente
disinveste sui progetti a maggior rischio (quelli a
success fee appunto) per concentrare le attenzioni
su quelli a “valore”.
L’e-recruitment: croce e delizia
Da molti anni i selezionatori (aziendali e non)
possono beneficiare di strumenti di supporto
web-based che hanno consentito di velocizzare
il processo di comunicazione della domanda di
lavoro, di intercettare tempestivamente l’offerta,
di ridurre significativamente i costi e gli investimenti per le notorietà della ricerca, per la
Al lavoro vince...
l’amore
Attitudini. Conoscenze.
Professionalità.
Sono tanti gli aspetti
che un selezionatore deve
tenere in considerazione
quando si appresta
a scegliere un candidato.
Ma sapere se una persona
è produttiva pare sia
molto più semplice: basta
chiedere se è innamorata.
Così, almeno, sostiene una
ricerca condotta da una
nota agenzia per il lavoro
francese su oltre 1.100
impiegati e candidati
italiani e 100 responsabili
hr di aziende clienti.
L’85% degli impiegati
intervistati e l’87%
dei responsabili hr, infatti,
è certo che l’amore abbia
un effetto positivo sulla
produttività lavorativa,
perché la serenità
favorisce la produttività.
Però le stesse persone
dichiarano che
i single hanno più
possibilità di fare carriera
rispetto agli altri.
L’amore fa bene
alla produttività
e non alla carriera?
raccolta e la gestione delle candidature. Tutto
ciò rappresenta un punto forte del recruitment
grazie all’uso delle tecnologie informatiche. Non
mancano però alcune criticità che influenzano
l’efficacia del processo di selezione con l’uso di
tale strumento:
1. l’acquisizione delle candidature è quantitativamente rilevante e lo screening è assai oneroso,
in quanto una prima selezione dei cv è fortemente
time consuming;
2. l’enorme facilità di risposta genera risposte
multiple dei candidati che, spesso, in occasione di un primo contatto con la committenza o
la consulenza non ricordano di aver risposto
all’annuncio;
3. l’e-recruitment in virtù di un costo contenuto
e di una velocità di contatto rischia di diventare
“il canale” del recruitment, cioè la “moda” di riferimento cui non ci si può sottrarre, limitando
quindi la ricerca diretta, le relazioni professionali,
altre forme di placement.
Possiamo migliorare in futuro?
è quasi certo che non ci ritroveremo nelle situazioni espansive del mercato del lavoro che
abbiamo vissuto negli anni ‘70 e ‘90 dello scorso
millennio. è altrettanto indubitabile che le imprese avranno sempre bisogno di inserire nuove risorse nel proprio organico per un naturale
ricambio e per situazioni in crescita.
Il miglioramento necessario nella definizione
e gestione dei processi di selezione rispetto alla
situazione attuale sarà possibile, a mio parere, se
i vari ruoli coinvolti sapranno ricercare “maggiore
parità”. Cioè meno subalternità tra selezionatore
e candidato (reciproca, peraltro), tra committenza
e consulenza, tra linea manageriale e funzione
hr. Saper costruire una nuova relazione di interdipendenza e di fiducia potrà restituire alla
selezione del personale quel ruolo relazionale, di
scambio, di “misurazione reciproca” che recenti
eventi hanno fatto un (bel) po’ svanire. n
13
coverstor y Integrazione di risorse manageriali
le regole
per un buon inizio
L’inserimento di un nuovo professionista
in azienda è un momento delicato.
Sia per la persona, sia per l’impresa. Strumenti
idonei aiutano tuttavia a gestire efficacemente
di Rafaella Mazzoli
‘
Executive Search
Consultant
di Egon Zendher
International
Egon Zendher International
è una società fondata
del 1964 con una chiara
visione: mettere al primo
posto gli interessi
dei propri clienti,
consentendo loro
di accrescere il proprio
valore attraverso
il reclutamento
di management di alto
livello. Oggi può contare
su 410 consulenti dislocati
in 38 paesi.
14
L
{
[email protected]
integrazione di risorse manageriali in azienda dall’esterno è un momento
delicato sia per la persona che entra nella nuova realtà aziendale sia
per la società che la accoglie. I fattori concreti che aumentano la com-
plessità dell’inserimento – e il livello delle aspettative – possono essere diversi:
un nuovo incarico che copre geografie non conosciute; il mandato di portare
forte cambiamento; l’ingresso in un’azienda in
evoluzione; l’inserimento in un’azienda familiare
per chi ha operato in aziende multinazionali.
In tutte queste situazioni, gli obiettivi cui puntano sia l’azienda sia il manager inserito sono la
piena efficacia nel ruolo nel minor tempo possibile. Il manager dovrà dimostrare da subito
la capacità di focalizzarsi sulle giuste priorità
dando prova del suo potenziale e ripagando l’investimento che l’azienda ha fatto su di lui. Ciò
vale ancora di più per le posizioni senior.
Ottenere questi benefici in modo rapido è
l’obiettivo di tutti, ma nella pratica può rivelarsi
difficile.
Abbiamo esperienza diretta del problema:
ricerchiamo sul mercato risorse da inserire in
azienda, e, in molti casi, assumiamo anche l’incarico specifico di supportare l’inserimento. I casi
di maggior successo sono quelli in cui riusciamo
ad applicare un processo rigoroso che consente
di accelerare l’integrazione della persona nella
nuova situazione lavorativa.
Ogni integrazione è a suo modo unica, però
possono essere individuati alcuni momenti chia-
ve e, in parallelo, strumenti idonei per gestire
efficacemente ogni fase.
Iniziamo dal definire il successo: un’integrazione ben riuscita si misura attraverso la velocità
con cui il manager inserito riesce a impadronirsi
di cinque aspetti fondamentali:
1. assumere la leadership operativa: mostrare
di essere padrone delle leve operative del ruolo,
attribuendo, in modo graduale, le giuste priorità. Nei casi migliori, il manager si concentra da
subito sulle priorità e mostra in questo modo
padronanza del ruolo e credibilità;
2. prendere la guida del team: conoscere il team
e guidarlo. Nei casi migliori, il manager in breve
tempo sviluppa una connessione personale con il
team, ne padroneggia le dinamiche e interviene
quasi da subito per introdurre miglioramenti;
3. allinearsi con gli stakeholder: accertarsi che
i propri obiettivi di business e personali siano
allineati con le aspettative dei decisori chiave,
costruendo progressivamente l’allineamento. Nei
casi migliori, il manager dedica attenzione a questo aspetto anche prima di entrare in azienda,
ne fa oggetto di indagine esplicita, ed è in grado
di posizionarsi correttamente da subito;
4. inserirsi nella cultura: capire le regole – scritte
e non scritte – di “come ci si comporta” in quella
azienda. Nei casi migliori, il manager entra in
azienda avendo già sviluppato una sensazione di
come comportarsi, quindi è percepito da subito
come un elemento costruttivo e integrato con
la cultura;
5. definire una strategia di lungo termine: capire
e comunicare quali saranno le azioni da realizzare
per portare risultati nel medio-lungo termine.
Nei casi migliori, il manager ha già una visione
strategica sul lungo termine fin dai primi giorni
in azienda, e la usa esplicitamente per dare forma
al proprio comportamento.
Prima del debutto
La strada per il successo passa da azioni che
partono già prima dell’inserimento del manager.
Quando interveniamo per accelerare l’integrazione di un manager che abbiamo selezionato,
raggruppiamo le attività in tre fasi distinte:
1. la preparazione dell’inserimento: investire
ex ante sul successo. In questa fase il manager
ha l’unica chance di riflettere, prima di trovarsi
travolto dal day-by-day, su aspetti chiave come
l’allineamento con gli stakeholder, le specificità
della cultura e la strategia di lungo termine;
“La diagnosi della
cultura aziendale
e il confronto con
la cultura di provenienza
consentono
di evidenziare
le possibili trappole
comportamentali da
evitare e i comportamenti
che saranno apprezzati
dall’organizzazione”
Manager in rosa?
Quanta strada
da fare...
Lo chiamano “tetto
di vetro”. È il fenomeno
per cui, a parità di
competenze e potenziale,
le donne manager
non riescono ancora oggi
a raggiungere gli stessi
livelli gerarchici dei
colleghi uomini. Il motivo?
Fondamentalmente
culturale. Perché
l’integrazione delle
risorse manageriali
in una nuova azienda
passa anche attraverso il
riconoscimento del valore
specifico che le donne
dirigenti possono offrire.
Lo scorso novembre
il quinto Forum Cultura
d’impresa organizzato
dal Sole 24 Ore ha
fatto luce sul tema della
leadership femminile.
Ricordando come, a fronte
di un tasso di occupazione
che distanzia le donne
dagli uomini di 13 punti
percentuali e di retribuzioni
nettamente inferiori
per le signore a parità
di mansioni dei colleghi
di sesso maschile,
la redditività delle aziende
con un miglior equilibrio
tra donne e uomini
nel top management
sia statisticamente
migliore. La leva
da azionare? Costruire
nuovi paradigmi di gestione
delle risorse umane,
hanno spiegato i relatori.
2. i primi trenta giorni: massimizzare l’impatto
iniziale. Le prime azioni che il manager realizza
avranno un’influenza sproporzionata su come la
persona sarà percepita, quindi sono un elemento
cardine per l’integrazione;
3. dai 30 ai 90 giorni: dimostrare la capacità di
ottenere risultati. Il manager deve mostrare di
aver individuato azioni che impattano sui risultati
di business. Le fasi precedenti servono a ridurre
il tempo per arrivare a questa fase.
Mappare i collaboratori
Nella fase di preparazione dell’inserimento, sono
consigliati strumenti idonei a rendere esplicite
e trasferibili al manager informazioni normalmente “nascoste” nelle pieghe del funzionamento
aziendale.
Ad esempio la “diagnosi” della cultura aziendale e il confronto con la cultura di provenienza della persona consentono di evidenziare le
possibili trappole comportamentali da evitare e
i comportamenti che saranno apprezzati dall’organizzazione. In molti casi, l’organizzazione che
riceve il manager vuole utilizzare l’inserimento anche per far evolvere la propria cultura: in
questi casi, è utile descrivere anche la cultura
“obiettivo”, per individuare e condividere gli
elementi su cui il nuovo manager può incidere
positivamente.
Suggeriamo di utilizzare strumenti di “mappatura” sia degli stakeholder chiave e delle loro
attese, sia del gruppo dei collaboratori e delle sue
dinamiche. Questi strumenti consentono di esplicitare una serie di elementi “soft” preziosissimi
per il manager, permettendogli di posizionarsi
in modo rapido e coerente verso gli stakeholder, di acquisire credibilità con i collaboratori
e padronanza delle dinamiche del proprio team.
Inoltre, è opportuna una tempestiva riflessione sull’impostazione dell’agenda dei primi
giorni, per iniziare velocemente a concentrarsi
sugli interlocutori e sulle attività essenziali per
conseguire gli obiettivi del ruolo e rassicurare
l’organizzazione mediante comportamenti coerenti e focalizzati.
Nei primi trenta giorni, il manager inserito inizia a gestire il business, ma contemporaneamente
continua il suo percorso di apprendimento. In
questa fase suggeriamo strumenti che consentono
al manager di acquisire efficacia sugli aspetti
chiave della gestione, in particolare:
1. analisi degli early wins, ovvero una riflessione
sull’identificazione di azioni che possono essere ➤
15
coverstor y integrazione di risorse manageriali
INTERVENTO IN TRE FASI PER ACCELERARE L’INTEGRAZIONE NEL NUOVO RUOLO
Leadership
1 operativa
Guida
2 del team
con
3 Allineamento
gli stakeholders
Integrazione
4 nella cultura
Focus sul
5 lungo termine
Veloci.
Ma con metodo
Cosa si chiede a un
manager appena arrivato
in azienda? Di integrarsi
nel nuovo ruolo il più
velocemente possibile,
individuando subito
le priorità sulle quali
focalizzarsi. Una missione
davvero difficile.
Però è possibile ottenere
un buon risultato basando
le proprie azioni
su un processo rigoroso
in grado di individuare
e definire i momenti chiave
dell’integrazione e fornire
gli strumenti idonei
per gestire in maniera
efficace ogni fase.
FASE 1 PReparazione
FASE 2 30 giorni
FASE 3 90 giorni
Investire
sul successo
Massimizzare
l’impatto iniziale
Dimostrare la capacità
di ottenere risultati
analisi della situazione
check a 30 giorni
review a 90 giorni
diagnosi culturale
primi successi
mappatura degli
stakeholder
workshop con il team
analisi del team
priorità e decisioni
dei “primi giorni”
messe in campo da subito per ottenere risultati e allo stesso tempo consolidare la credibilità
del manager, in quanto chiare e coerenti con le
aspettative degli stakeholder;
2. analisi e miglioramento delle dinamiche di
team, tramite ad esempio interviste ai principali
collaboratori e un workshop di discussione tra
collaboratori e manager, per rendere esplicito ciò
che funziona e ciò che va messo a punto.
A valle dei primi 90 giorni, l’attività che consideriamo fondamentale è raccogliere un feedback
approfondito sui primi tre mesi di attività del
manager per capire quali sono stati i risultati
ottenuti, sia per quanto concerne il business, sia
per le dimensioni soft, quali la guida del team,
l’allineamento con gli stakeholder e l’integrazione
con la cultura aziendale.
Tutti questi strumenti si basano sulla stretta
collaborazione tra manager inserito, hiring manager e HR manager, che devono essere disposti a
discutere apertamente e genuinamente su temi a
“Spesso in azienda è difficile
rendere esplicite le dimensioni
soft che tutti danno per scontate;
per farle emergere è necessario
un rapporto di stretta fiducia
tra tutti gli interlocutori”
16
volte delicati. Peraltro, l’investimento fatto dall’azienda in questa fase si ripaga immediatamente
in termini di rapido return on investment. In
questa fase, il nostro ruolo è quello di facilitatori
di questo sensibile dialogo, grazie alla fiducia che
ci concedono sia l’azienda, sia il manager che
abbiamo selezionato.
Integrazione: serve il facilitatore
In conclusione: le nostre osservazioni sul campo
ci portano a ritenere che adottare un approccio
strutturato come quello che abbiamo descritto
consente una riduzione drastica nei tempi di integrazione, fino a dimezzarli rispetto alla norma.
Talvolta l’importanza del processo di integrazione è sottovalutato, sottostimando i benefici
derivanti da una rapida integrazione. Spesso in
azienda è difficile rendere esplicite le dimensioni
soft che tutti danno per scontate; per farle emergere è necessario un rapporto di stretta fiducia tra
tutti gli interlocutori. Inoltre, nella maggior parte
delle aziende – non solo italiane – è difficile trovare
una solida “cultura del feedback” che consente
di fornire esplicite indicazioni su aree di forza e
di sviluppo senza che ciò venga percepito come
una “aggressione” all’individuo. A volte, molto
semplicemente, c’è difficoltà nel trovare il tempo
di allineare tutte le parti coinvolte.
Un ruolo chiave è quello dell’HR manager, che
in questi interventi può esercitare un ruolo critico ponendosi come “facilitatore” tra il manager
inserito e l’azienda. Affiancando la linea manageriale in questa fase, l’HR può garantire la riuscita
dell’inserimento e contribuire in modo visibile al
successo del business. n
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coverstor y aziende che assumono
Neolaureati cercasi
da testare sul campo
La revisione, core business di KPMG, è per sua natura
un’attività anticiclica. Ma basta questo a spiegare
perché una delle aziende più appetibili per i giovani
laureati è alla continua ricerca di candidati?
di Marina Pastorelli
Principal Executive
Search
di KPMG Advisory
I
{
[email protected]
n uno scenario generale caratterizzato da dati drammatici sulla disoccupazione giovanile in Italia e in particolare in alcune aree del Paese,
abbiamo voluto approcciare una realtà che, nonostante la crisi, non
ha rallentato il suo processo di assunzione di neolaureati ma, invece, intende proseguire massicciamente la campagna di recruiting anche nel 2012.
Abbiamo affrontato il tema con Francesco Spadaro, Partner Responsabile Risorse Umane di
KPMG, network internazionale di servizi professionali alle imprese, presente in Italia con 28
uffici e oltre 3mila dipendenti.
Francesco Spadaro
Partner Responsabile
Risorse Umane
di KPMG Italia
[email protected]
18
In un contesto macroeconomico così complesso,
KPMG continua a offrire opportunità professionali ai giovani?
grande numero di inserimenti riguarda anche
giovani laureati del sud».
«Vorrei partire sul tema della selezione con un
commento positivo. In KPMG abbiamo chiuso
il 2011 inserendo circa mille nuove risorse e ci
attendiamo di ripetere questo risultato anche
nel 2012.
Un ulteriore spunto positivo: il trend di crescita
o almeno di mantenimento del flusso di ingressi
rispetto al 2011 è presente su tutto il territorio
nazionale, visibile quindi in tutti i 28 uffici dove
KPMG opera in Italia. Noi facciamo selezione su
tutto il territorio, in moltissime università italiane, cercando il potenziale non solo negli istituti
più blasonati. Questo ci permette di entrare in
contatto con la componente più dinamica del
Paese qualunque sia l’area di provenienza. Un
Perché, nonostante lo scenario recessivo, KPMG
continua ad assumere un numero così significativo di risorse?
«Occorre premettere che uno dei caratteri distintivi del servizio professionale di KPMG deriva
dalla multidisciplinarietà che si esplica nelle
quattro maggiori aree disciplinari della revisione,
dell’advisory, dell’accounting e della consulenza fiscale e societaria. Proprio per mantenere e
rafforzare tale componente multidisciplinare,
gli ingressi del 2012 sono previsti in tutte le discipline indicate. Peraltro ci sono alcuni fattori
specifici che vanno considerati: la revisione, che
rappresenta la nostra principale area disciplinare,
è un’attività di tipo contabile, pubblicistica, per
I MESTIERI DI KPMG
Audit
Tax & Legal
Advisory Services
ATTIVITà
SPECIALIZZAZIONE PER SETTORE
FINANCAL
SERVICES
Consumer
Markets
Industrial
Markets
Information
Communications
Infrastructure
Government
Banking
Apparel/Textiles
Consumer
Products
Automotive
Aerospace/Defence
Printing/
Publishing
Building
Consumer Finance
Chemicals
Advertising
Electronics
Hotels/Travel
Engineering
Leisure/Tourism
Retail
Pharmaceutical
Healthcare
Media/Marketing
Catering
Oil & Gas/Mining
Software/
Computer Services
Steel/Other metals
Telecommunications
Insurance
Investment
Management
Leasing
Food, Beverages
& Tobacco
Paper/Packaging
Construction
Property
Outsourcing
Support services
Transportation/
Logistics
Utilities
sua natura anticiclico; la nostra offerta così ampia
di servizi riesce inoltre a intercettare fabbisogni
emergenti legati a momenti congiunturali, come
ristrutturazioni, internazionalizzazione, gestione
del rischio per citarne alcuni».
Vi è comunque qualche disciplina che esigerà
nel 2012 una maggiore alimentazione di nuove
risorse?
«Il risk and compliance e l’information risk management nell’advisory, il trasfer pricing e il
custom duty nella consulenza fiscale certamente
rappresenteranno alcune delle priorità di ricerca
nel 2012. Teniamo comunque presente che la
revisione continuerà a rappresentare il maggiore
canale di ingresso e quindi di priorità di ricerca
e selezione per il nostro network».
Quali caratteristiche vengono selezionate nei
candidati a queste posizioni?
«Per quanto concerne la formazione, cerchiamo prevalentemente laureati in economia e in
ingegneria con un ottimo curriculum scolastico
e con una buona conoscenza dell’inglese. Relativamente alle soft skills, testiamo le capacità
analitiche e di problem solving, le doti relazionali, la predisposizione a lavorare in team. Non
Una storia lunga
più 50 anni
KPMG è uno dei principali
network di servizi
professionali alle imprese,
leader nella revisione
e organizzazione
contabile, nella consulenza
manageriale e nei
servizi fiscali, legali e
amministrativi. Il network
KPMG è attivo in 150
Paesi del mondo con oltre
138mila professionisti.
L’obiettivo di KPMG è
trasformare la conoscenza
in valore per i clienti, per
la propria comunità e per
i mercati finanziari. Le
società aderenti a KPMG
forniscono alle aziende
clienti una vasta gamma
di servizi multidisciplinari
secondo standard
d’eccellenza omogenei
a livello internazionale.
Presente in Italia da oltre
50 anni, KPMG conta più
di 3mila professionisti,
166 partner e 28 sedi
sul territorio nazionale.
ultimo, cerchiamo anche un imprinting eticovaloriale della persona, in grado di recepire in
tempi rapidi la nostra cultura».
Vengono messe in atto particolari prassi di
selezione?
«A questo proposito vorrei citare un’iniziativa
particolare, a cui teniamo molto, che ha come
target gli studenti del primo e secondo anno della laurea specialistica. Si tratta di un concorso
internazionale, l’International case competition,
che KPMG ha ideato per far competere giovani
preparati di tutte le nazionalità su Business Cases.
In Italia selezioniamo ogni anno venti studenti
che vanno a comporre cinque squadre che si
sfidano a livello nazionale. La squadra vincente
rappresenterà poi KPMG Italia nella finale internazionale che si svolgerà a Hong Kong. La case
competition consente di testare efficacemente le
capacità dei candidati di lavorare su situazioni
reali, immaginando soluzioni e mettendo alla
prova l’agilità di pensiero».
Per garantire obiettivi di selezione così ambiziosi,
quali sono i principali fattori di attrazione che
vengono messi in campo?
«Innanzitutto proponiamo un’immediata of- ➤
19
coverstor y aziende che assumono
ASSUNZIONI KPMG
584
614
1081
FY2008-09
FY2009-10
FY2010-11
ferta formativa professionale di grande portata
e interesse per i neolaureati, che si sostanzia in
tre settimane di formazione in aula nel primo
semestre dall’ingresso in KPMG. Nel secondo
semestre la formazione si completa con ulteriori due settimane in aula e alcune sessioni di
e-learning focalizzate su competenza linguistica
e temi di compliance normativa.
A questo si accompagna una proposta contrattuale, quella dell’apprendistato professionalizzante, solida e motivante, con vincolo di
assunzione minima del 95% al termine del periodo
di apprendistato.
In termini più generali, una realtà come la
nostra viene percepita comunque come una palestra, un’ottima opportunità di acquisire quella
strumentazione di base tecnica, organizzativa
e relazionale che diventa bagaglio di valore del
proprio percorso professionale. Entrando in un
network multidisciplinare, il mestiere scelto
all’ingresso può essere anche solo una prima
esperienza professionale dalla quale partire per
ulteriori frontiere di competenza».
Quali sono i canali che vengono privilegiati
per avvicinare i candidati?
«L’inserimento di 600 neolaureati all’anno presuppone la messa a punto di una macchina organizzativa in grado di valutare circa 10mila potenziali
20
Le Big Four
Kpmg è a oggi, insieme
a Pricewaterhouse
Coopers, Deloitte &
Touche e Ernst & Young,
una delle più importanti
società di revisione
e consulenza al mondo.
I risultati collocano
la multinazionale olandese
al vertice di queste grandi
realtà: secondo una
recente analisi del Sole
24 Ore è infatti KPMG
a guidare la classifica
con un 28,1%
di quota di mercato.
candidati. In questa ottica i canali sempre attivi
sono molteplici e vanno dagli incontri organizzati
da università e altre istituzioni per promuovere
la conoscenza tra studenti e mondo del lavoro
(job meeting, career days, off campus ecc.) all’attuazione di stage curriculari capaci di avvicinare
lo studente prossimo al completamento del suo
percorso di studi alla sperimentazione di differenti discipline per aiutarlo nel suo orientamento. Un’efficace azione di recruiting deriva anche
dalla presenza di partner e manager KPMG in
seminari e corsi di laurea nelle materie affini alle
proprie esperienze professionali, in grado quindi
di svolgere un’attività continua di informazione
sui nostri mestieri. Siamo poi attivi sui principali
social network di natura professionale o privati.
Adottiamo quindi una strategia integrata multicanale, proponendoci comunque sempre al target
di ricerca come l’azienda dell’eccellenza tecnicoprofessionale. Questo impegno peraltro sembra
confermato dai risultati del recente sondaggio
internazionale condotto dalla società Universum
che, su un campione di 83mila studenti di 12 Paesi, posiziona KPMG al secondo posto nel mondo,
dopo Google, tra le società migliori dove iniziare
la propria carriera lavorativa».
Quali sono le eventuali difficoltà che si incontrano nel processo di recruiting?
«Momento congiunturale e di incertezza come
l’attuale rappresenta comunque una sfida di rilievo per l’azienda che assume. Da un lato infatti
la minor competizione presente sul mercato del
lavoro rende più facile il compito per effetto di
una crescente numerosità di candidature. D’altro
canto tuttavia risulta più difficile valutare la
vera motivazione del candidato che si rivolge
a una determinata professione anche a causa
della scarsità di offerte alternative sul mercato
del lavoro.
In questo momento si gioca quindi un’ulteriore sfida di qualità: c’è infatti la possibilità di
attrarre risorse di livello e competenze differenziate che in altri momenti congiunturali si
sarebbero rivolte ad altre professionalità. Sta
quindi all’azienda sostanziare e valorizzare con
formazione, esperienza, contenuti professionali,
prospettive di carriera e di crescita personale
la scelta del candidato. Con la crisi si entra in
una nuova fase dove il valore della competenza
torna centrale. KPMG in questa prospettiva vuole
posizionarsi come una delle realtà di riferimento
per il terziario avanzato». n
coverstor y scenari
STRUMENTI
Cacciatori sì
ma anche consulenti
Le società di selezione, in particolare quelle di head
hunting, si stanno evolvendo per offrire alle aziende
un servizio più ampio. In una parola: consulenza
I
l processo di ricerca e selezione affidato, in particolare,
alle società di head hunting è
strutturato in sei fasi principali.
1. Analisi della posizione
e del contesto organizzativo
in cui è inserita
Raccolta delle informazioni relative all’azienda cliente, al contesto organizzativo
e alla posizione da ricercare. Definizione
del profilo ideale e del “branding” della
posizione.
2. Definizione della strategia
di ricerca e avvio della ricerca
Individuazione degli strumenti/metodi di
ricerca: database e sito internet della società, annunci, “caccia diretta” e network
dei consulenti. Individuazione delle aziende
di riferimento e delle posizioni organizzative
per la “caccia diretta”.
3. Valutazione dei candidati
e presentazione della posizione
e dell’azienda cliente
Selezione delle candidature: screening dei
curricula, interviste telefoniche, colloqui
personali, individuali e/o di gruppo, test
psicologici. Analisi delle competenze professionali, delle caratteristiche personali e
delle motivazioni per valutare l’alternativa
professionale proposta.
4. Presentazione della “rosa” dei
candidati e scelta del candidato
Scelta dei candidati da presentare al cliente
e predisposizione di schede di presentazione per ogni candidatura. Individuazione
della candidatura preferita dal cliente.
5. Assistenza per l’illustrazione
e l’eventuale negoziazione
del pacchetto retributivo
con la candidatura prescelta
6. Supporto al cliente e al
candidato nei primi sei mesi
dall’ingresso nell’organizzazione
aziendale
Alcune società di selezione e, in particolare, quelle di head hunting, sono evolute o stanno evolvendo verso la fornitura
alle organizzazioni clienti di un servizio
più ampio, che va al di là della ricerca e
selezione: un servizio consulenziale. La
motivazione principale di questa evoluzione è da ricercare nella volontà di fornire
un valore aggiunto maggiore al cliente
o di differenziarsi rispetto ai concorrenti.
Il servizio di consulenza si articola nelle
seguenti tipologie principali:
Paolo Calori
[email protected]
Senior Consultant
di People Directions
a) Analisi e valutazioni organizzative.
Partendo da una ricerca di personale è
possibile approfondire aspetti organizzativi
sul ruolo da ricoprire e sulle funzioni organizzative coinvolte. Si possono dare risposte, per esempio, alle seguenti domande:
esiste il ruolo da ricercare o è preferibile
modificarlo? Quali sono le caratteristiche
del ruolo presso le organizzazioni concorrenti? Come sono organizzate le funzioni
aziendali coinvolte nell’ambito della struttura
organizzativa della concorrenza? Possiamo
modificare il ruolo organizzativo per inserire
nell’organizzazione un talento?
b) Analisi e valutazione
del mercato di riferimento per
specifiche posizioni organizzative.
Le organizzazioni possono avere l’esigenza
di comprendere meglio – per esempio prima
di un’eventuale ricerca di personale – quale sia la situazione del mercato del lavoro
riguardo a una o più posizioni organizzative
specifiche. In questo caso la società di selezione è chiamata a realizzare una mappatura
del “bacino” di riferimento. n
“Con i servizi di
consulenza la società
di selezione vogliono
fornire valore aggiunto
o differenziarsi
dalla concorrenza”
21
coverstor y situazioni e paradossi
Paura
di volare
In molti si dichiarano insoddisfatti della propria
situazione lavorativa. Dicono di voler cambiare aria.
Ma poi si tirano indietro. I motivi? Il timore
di andare incontro a incertezze dovute anche
a un comportamento non sempre etico delle aziende
di Enrico Cazzulani
Partner
di Arethusa
Dirigente aziendale
dal 1978, ha ricoperto
la carica di responsabile
del personale in importanti
imprese multinazionali.
Oggi è segretario
nazionale AIDP e partner
di Arethusa, società
specializzata in ricerca,
consulenza e selezione.
22
M
{
[email protected]
isurarsi con la realtà concreta, avere a che fare con i problemi
quotidiani, spesso ti fa toccare con mano l’esistenza di paradossi insospettati e insospettabili per chi non li vive da vicino.
Prendiamo il mercato del lavoro di cui tanto si parla in questi giorni. Il problema
all’attenzione generale è la mancanza di occasioni di lavoro, ma che cosa accade
quando le occasioni ci sono? Qui entra in gioco,
spesso, una situazione paradossale. Infatti da un
lato sempre più persone esprimono la propria
insoddisfazione, il desiderio di cambiare aria e
ambiente, la voglia di crescere e di affrontare
nuove sfide. Ma poi, al dunque, molti si tirano
indietro.
Nella mia esperienza professionale mi è capitato e sempre più spesso mi capita di avere a
che fare con questo problema: come convincere
i candidati ad accettare le sfide implicite nelle
nuove opportunità. Il tema non è la posizione,
non è la retribuzione, ma è la paura del cambiamento, la paura di spiccare il volo.
Sembra incomprensibile. Ma è davvero incomprensibile? Davvero le persone di questa generazione hanno meno confidenza in se stessi e più
paura del nuovo rispetto al passato?
In realtà, se solo cerchiamo di andare dentro
al fenomeno e di comprenderne le ragioni, vediamo che tali comportamenti spesso non sono
infondati, non derivano da blocchi psicologici
o da irrazionali paure, ma sono una risposta
difensiva a problemi reali.
Innanzitutto, la situazione di incertezza generale che, oramai da diversi anni, pervade la
nostra società, non può non generare un atteggiamento difensivo e conservatore. Crisi economica, ristrutturazioni aziendali, alto livello
di disoccupazione, difficoltà di trovare valide
opportunità occupazionali in caso di necessità,
insicurezza economica, timori per il futuro, sono
tutti elementi che creano un senso di precarietà
cui si tende a rispondere tenendosi stretto quanto già si ha e si conosce bene (il mio lavoro, la
mia azienda, i miei capi, i miei colleghi). Meglio
stare in un ambiente noto e, pur con tutti i suoi
difetti, percepito come sicuro che affrontare il
mare aperto.
A questa ragione derivante dalla situazione
Talent Management
come cultura aziendale
I
generale di scenario, se ne aggiunge un‘altra di
cui è responsabile il comportamento di alcune
aziende, spesso non molto etico. Mi riferisco ai
casi di modifica dei contenuti della posizione rispetto a quanto prospettato in sede di assunzione,
ai cambiamenti organizzativi che intervengono
prima del completamento del periodo di prova
(merger, acquisizioni, fusioni, ristrutturazioni) che impattano direttamente sulle persone
neoassunte, fino ai licenziamenti “ad nutum”
che intervengono in periodo di prova e che non
derivano da un oggettiva analisi delle capacità
professionali, ma da tutt’altre considerazioni,
comprese le esigenze di contenimento costi.
Anche questi elementi, spesso derivanti non
da esperienze dirette ma da racconti di amici e
colleghi (e quindi forse un po’ enfatizzati), naturalmente contribuiscono a generare e rafforzare
la “paura di volare”.
Questa sindrome, oramai abbastanza diffusa,
non rappresenta solo un problema per gli head
hunter, o un fastidio per i responsabili della selezione, spesso alle prese con spiacevoli rinunce dell’ultima ora. Viceversa, questo fenomeno
pone un problema più ampio ai responsabili
del personale in termini di motivazione: come
motivare chi è in azienda affinché vi rimanga
per scelta e non per timore dell’ignoto e come
motivare i candidati a “comprare” la nuova sfida
e la propria azienda.
La risposta può essere data, a mio parere, soltanto costruendo una forte credibilità aziendale
fondata su principi etici solidi e condivisi che
siano la base di un nuovo contratto sociale. n
l Talent Management sta emergendo
anche nel nostro Paese come strumento fondamentale per il successo
e per la stessa sopravvivenza delle aziende
nei prossimi anni.
Per comprendere l’importanza del feVittorio Maffei
nomeno, InfoJobs.it, in collaborazione con
[email protected]
la MIB School of Management ha realizManaging Director
zato un’indagine conoscitiva (settembre/
di InfoJobs.it
ottobre 2011) su un campione di aziende di medio-grandi dimensioni. L’intero report è consultabile al link
www.infojobs.it/aziende/indagine-gestione-dei-talenti.
L’indagine rileva che il livello di sviluppo delle pratiche di gestione dei
talenti in Italia è ancora molto legato alle competenze e alla creatività
delle persone che in azienda hanno la responsabilità su tali processi,
mentre non appare ancora incidere in modo significativo sulle pratiche
aziendali il lavoro di sistematizzazione e ricerca svolto delle fonti esterne
quali le università, i centri di ricerca e le grandi società di consulenza.
Al di là del segnale chiaro emerso riguardo alla correlazione positiva
tra l'utilizzo di pratiche esplicite di Talent Management e le performance
dell'impresa in termini di tassi di crescita sui mercati, dai dati possono
essere estrapolate alcune tendenze, ancor più interessanti se confrontate con i dati della survey Mercer (http://dld.bz/mercer2010) relativi
ai trend europei e mondiali del Talent Management.
L’HRM in Italia pare ancora
piuttosto conservativo
Solo il 25% delle imprese straniere si dichiara ancora in recessione,
contro il 40% di quelle italiane. Questo farebbe pensare che le imprese italiane abbiano maggiori necessità di far evolvere i loro sistemi
di gestione dei talenti verso soluzioni innovative. Eppure, sorprendentemente, mentre le imprese straniere che giudicano adeguati i loro
attuali sistemi sono il 20%, quelle italiane sono tra il 40 e il 60% del
nostro campione.
Se comparato a quello delle imprese dei Paesi occidentali più evoluti,
l'approccio italiano al Talent Management è ancora un passo indietro.
La ricerca però ha evidenziato che il 42% delle imprese intervistate
sta pianificando di introdurre a breve questo processo e la previsione
è di un ulteriore incremento di priorità nei prossimi 3-5 anni.
Il Talent Management non riguarda solo l’élite ma anche i blue e white
collars. Da un lato la pressione della crisi spinge verso la regressione
del rapporto impresa-lavoratore che torna in molte realtà a diventare
un mero costo da minimizzare, dall'altro lo skill shortage e talent gap
mettono le imprese di fronte all’evidente necessità di considerare tutti
i lavoratori delle risorse su cui investire per garantirsi operatività e
crescita nel futuro. Questo dualismo, che vivono molte direzioni del
personale, è destinato sempre più a creare tensioni e spinte innovative
i cui risultati vedremo nei prossimi anni.
23
coverstor y psicologia del lavoro
L’assessment
da sfogliare
Pilastri della capacità decisionale, approcci psicometrici,
valutazione e metodi applicativi. Un libro da non
perdere per chi si occupa di selezione del personale
di Andrea Castiello d’Antonio
Psicologo
del lavoro e delle
organizzazioni,
consulente di
gestione & sviluppo
delle risorse umane
e coach
è
{
da poco uscita la seconda edizione di un testo che ha visto originariamente la luce nel 1997, mai tradotto in italiano. L’autore, che è
uno dei maggiori esponenti internazionali della psicologia applicata
al lavoro, è professore emerito presso la Bowling Green State University (Dipartimento di Psicologia): questo è il suo terzo volume specificatamente dedicato
alle questioni della selezione e della valutazione
delle risorse umane e ha diverse caratteristiche
di interesse. I quindici capitoli che compongono
Assessment, Measurement, and Prediction for Personnel Decisions di Robert M. Guion sono suddivisi
in tre sezioni dedicate ai “fondamentali” della presa
di decisione nell’ambito degli staff delle risorse
umane, agli approcci psicometrici alla valutazione,
e ai metodi applicativi. Oltre cinquanta pagine di
bibliografia e un utilissimo indice analitico completano quest’opera che probabilmente diverrà
uno dei testi di riferimento per i prossimi anni nel
campo dell’assessment psicologico del personale.
Detto ciò, conviene ricollegarsi a quanto sopra
accennato, cioè alle caratteristiche di interesse
e di utilità che un testo ampio come questo (630
pagine) può avere agli occhi di coloro che si occupano di selezione e valutazione.
L’importanza di saper decidere
Innanzitutto va evidenziato un aspetto inconsueto
che lo rende originale rispetto alla gran parte di
volumi sull’argomento, e cioè l’enfasi sulla presa
di decisione. Tutti sappiamo che “l’ultimo atto”,
per così dire, di ogni processo di assessment è
24
[email protected]
costituito dalla presa di decisione finale che, il
più delle volte, è di carattere binario: il soggetto
selezionato entra o non entra nell’organizzazione,
e il soggetto valutato – tipicamente in valutazione del potenziale – è inserito in un percorso di
mobilità, sviluppo e quant’altro, oppure è indirizzato verso altri iter, come il consolidamento
o la ricollocazione su ruoli meno impegnativi.
Il problema è dunque quello di giungere a tale,
ultima fase avendo compiuto una serie di passi
affidabili, metodologicamente fondati, che diano
– nella sostanza – una ragionevole sicurezza di
compiere la scelta giusta. Non si tratta di un problema da poco (anche se è spesso affrontato nella
pratica con poca attenzione) e Guion si sofferma a
sottolineare la necessità di unire tecnica e teoria,
azione concreta e ipotesi verificabili: in una parola,
unire lo spirito “scientifico” con l’orientamento
“applicativo”. Si tratta di un buon suggerimento,
da non trascurare, dato che nel nostro Paese è da
sempre presente la dannosa dicotomia che vede
da un lato lo spirito “accademico”, tutto rivolto
a tecnicalità che sono perlopiù percepite come
astruse da chi opera nelle Direzioni del Personale e, all’estremo opposto, lo spirito “pragmatico”
di coloro che nulla sanno, ma fanno, applicando
pseudo-teorie e approcci inventati sul momento,
funzionali a cogliere lo spirito dei tempi: velocità
di attuazione e costi bassi. è consigliabile diffidare
delle scoperte e delle grandi innovazioni declamate e ingigantite come l’ultima novità nel campo
dell’assessment. Come afferma Guion, il più delle
volte si tratta di pseudo-novità, di rivisitazioni di
cose ampiamente conosciute o, peggio, di vere e
proprie invenzioni che nulla hanno di scientifico,
da tradurre operativamente con: non garantiscono
alcuna affidabilità nei risultati.
Aggiornarsi sempre
A tutto ciò aggiungerei il doppio aspetto problematico delle “mode”, da un lato, e dei “prodotti
da vendere”, dall’altro: l’insieme di tali variabili
altamente inquinanti ha fatto slittare il campo
della psicologia applicata all’assessment delle
risorse umane in una sorta di terra di nessuno,
ove chiunque può proporre ciò che vuole, con
qualche speranza di essere ascoltato e seguito.
Da tale punto di vista è da rilevare la necessità
di un aggiornamento professionale continuo per
tutti coloro che si occupano di personale in ottica
valutativa, soprattutto se si tratta di risorse che
“Sarebbe davvero utile
che i professionisti
e i responsabili delle
risorse umane nelle
organizzazioni avessero
chiare nella loro mente
le differenze sostanziali
dei vari approcci e,
soprattutto, le loro
ricadute pratiche”
Psicologia
a stelle e strisce
Assessment,
Measurement, and
Prediction for Personnel
Decisions
di Robert M. Guion
(Routledge, Taylor &
Francis Group, 2011).
Seconda edizione
di un testo scritto
nel 1997 e mai tradotto
in italiano. si tratta
di un libro dedicato alla
selezione e alla valutazione
delle risorse umane.
Il suo autore, Robert M.
Guion, è docente
alla Bowling Green State
University (Usa).
non possiedono, di base, una conoscenza e una
competenza di stampo psicologico applicato alla
vita organizzativa.
Passaggi “frettolosi”
Tornando al testo di Guion, in alcuni casi si ha
la sensazione che l’autore avrebbe potuto essere
più specifico nel formulare le proprie opinioni
su particolari aspetti: ad esempio, il Modello
delle Competenze è trattato sbrigativamente e
con l’unico riferimento al suo fondatore, David
McClelland, ignorando tutto ciò che dopo di lui è
stato sviluppato, mentre una critica interessante
è indirizzata verso la Teoria dei Big Five che,
applicata in selezione e valutazione del personale
per mezzo dei test e questionari oggi in commercio, rivela non pochi problemi (a cui l’autore fa
solo alcuni cenni). In ultimo, una nota un poco
più tecnica. Ciò che Guion accenna di sfuggita
(ed è noto solo ad alcuni specialisti dell’assessment) è il suo posizionamento teorico: egli, infatti, è esponente dell’approccio “psicometrico”
che rappresenta uno degli approcci di base della
psicologia e che si concretizza – in pratica, nel
mondo del lavoro – nel dare maggiore credibilità
ai “sistemi di misura” e quindi alle tecniche di
assessment considerate oggettive.
Tanti approcci, tutti legittimi
Altri approcci enfatizzano con identica legittimità
gli aspetti psicosociali o psicodinamici, rivolgendosi verso metodologie e tecniche differenti oppure
utilizzate in modo molto diverso. Sarebbe davvero
utile che i professionisti e i responsabili delle risorse umane nelle organizzazioni avessero chiare
nella loro mente le differenze sostanziali dei vari
approcci e, soprattutto, le loro ricadute pratiche. Ad
esempio, troppo spesso le direzioni del personale
accettano di effettuare un behavioral assessment
(valutazione del comportamento organizzativo)
invece di un personality assessment (valutazione
della personalità organizzativa), o viceversa, senza
rendersi conto di ciò che significa una simile scelta,
sia in fase applicativa e tecnica che nell’ottenimento
dei risultati di valutazione. Risultati sui quali, come
Guion sempre sottolinea, è basata la decisione del
responsabile delle risorse umane. n
25
coverstor y development center
Quando la crescita
passa dall’ascolto
Laboratori e seminari sono alla base di una
tecnica di gestione delle risorse umane focalizzata
sullo sviluppo invece che sulla valutazione
N
onostante il Development Center
sia oggi una metodologia piuttosto diffusa in ambito aziendale,
ricca di testimonianze circa la sua applicazione e il suo utilizzo, non sempre il senso
attribuito risulta univoco. Partendo dalla disamina di alcune delle più rilevanti pubblicazioni apparse sull’argomento, proveremo a
tracciare una classificazione delle forme e dei
tipi di Development sperimentati negli ultimi
vent’anni, ben consapevoli della difficoltà di
annoverare tutte le pratiche che rientrano
in questa categoria di strumenti.
Le tipologie
Una ormai tipica classificazione delle tipologie di Development Center è quella di
Griffith e Goodge che, adottando un criterio cronologico di apparizione sul mercato,
propongono la divisione tra Development
Center di prima, seconda e terza generazione. Considerando la difficoltà di far rientrare tutte le applicazioni che si trovano in
letteratura nella classificazione degli autori,
proponiamo nei Development Center di seconda generazione tre diverse formule, che
descriveremo di seguito.
I Development Center di prima
generazione o “diagnostici”
Rientrano nel primo tipo i Development
Center caratterizzati da un assessment di
forma classica, composti da una sessione
di valutazione della durata variabile di una o
due giornate e da una successiva sessione
di feedback, immediatamente dopo l’evento.
La gestione del processo è totalmente di
responsabilità dell’azienda: tanto la valutazione che l’elaborazione del Piano di Sviluppo
sono infatti appannaggio dell’azienda che
26
rimane la detentrice dei dati e l’ultimo arbitro
della loro applicazione.
I Development Center di seconda
generazione o “di sviluppo”
Distingueremo, in questo ambito, tre forme:
i Development Center intesi come Laboratorio, come seminario e come work trial.
1. Laboratorio. è forse la forma più vicina
al concetto di development, in cui l’evento
cessa di essere una prova per divenire esso
stesso un momento di training e di sviluppo. Un primo elemento che lo distingue è
l’uso delle prove non come test ma come
occasioni in cui sperimentare se stessi.
La restituzione del feedback subito dopo
la prova e la possibilità di risperimentare
se stessi in prove similari o parallele è ciò
che nel particolare caratterizza tale formula,
rendendo l’evento una palestra o laboratorio
più che una situazione di esame.
“Tanto la valutazione
che l’elaborazione
del Piano
di Sviluppo sono
appannaggio
dell’azienda che
rimane la detentrice
dei dati e l’ultimo
arbitro della loro
applicazione”
Paolo Augugliaro
[email protected]
Laureato in Psicologia,
è partner dello studio a&m
che opera nella consulenza
alla direzione del personale.
2. Seminari. Sono tipologie di eventi costruite sulla formula di un seminario o workshop,
finalizzate alla definizione di un piano di sviluppo. Sono caratterizzati da un momento di
assessment classico (prima giornata) seguito
da un momento di feedback (seconda giornata) e di preparazione/formazione all’impostazione di un Personal development plan
(Pdp). Quello successivo (terza giornata) è
un momento di sintesi in cui i partecipanti
vengono invitati a formulare il Pdp e a condividerlo con gli osservatori.
3. Work Trial. Tali forme di Development
Center, se pur rappresentano una parte
residuale delle applicazioni, hanno una
notevole rilevanza sul piano dell’efficacia e
dell’originalità, in queste situazioni di lavoro
vere e proprie utilizzate a fini di sviluppo. In
tali formule i partecipanti vengono inseriti
in ambienti di lavoro virtuali o reali, con la
videoregistrazione delle performance tenute
dai soggetti e la successiva discussione
con un assessor/trainer.
I Development Center di terza
generazione o “di autosviluppo”
Sono Development Center in tutto e per
tutto simili a quelli di laboratorio già descritti,
salvo l’assenza degli assessor e la gestione in autonomia dell’evento da parte dei
partecipanti. Rari nella loro diffusione, sono
caratterizzati da una durata in genere non
inferiore ai cinque giorni e dalla presenza di
un assessor nel ruolo di facilitatore. Sono
chiamati di autosviluppo poichè la decisione
sulle dimensioni da sviluppare e il modo in
cui sperimentarsi sono a carico dei partecipanti. Così l’azienda gioca un ruolo del tutto
accessorio quale “sponsor” dell’evento. n
coverstor y costruire un'azienda
signori
in carrozza
Sono in partenza i treni di NTV,
azienda che in meno di quattro
anni ha inserito più di 500
persone nelle diverse direzioni
di Luca Mori
Senior Consultant
di Hdu (Human
development unit),
divisione
di consulenza hr
di Giunti O.S.
S
{
[email protected]
e siete viaggiatori abituali “ad alta velocità”, non vi sarà sicuramente
sfuggita la novità di questo inizio d'anno: parte Italo, il treno veloce
di NTV. Per far muovere i treni è stato necessario un grande lavoro,
creando da zero tutta la struttura della nuova società. In questa sfida la funzione
risorse umane ha avuto un ruolo fondamentale, rispondendo alle esigenze dei
clienti interni con un’attività di selezione continua e intensa che a partire dal 2008 fino a oggi
ha portato all’inserimento di oltre 500 persone
distribuite in tutte le direzioni aziendali.
Abbiamo chiesto a Ilaria Alfonso, Responsabile Selezione e Sviluppo di NTV, di raccontare
in esclusiva a Direzione del Personale questa
esperienza. Ecco la sua testimonianza.
La partenza
«La nostra è stata, ed è tutt’ora, una sfida nella
sfida. Come è facilmente immaginabile, costruire una nuova realtà di così grande rilevanza
e impatto è un qualcosa di molto stimolante e
complesso. Ci siamo mossi da subito con l’idea
di ricercare persone in grado di coniugare competenze tecnico-specialistiche con competenze
comportamentali, privilegiando tutte quelle risorse che avessero lavorato in contesti differenti
e d’eccellenza, per creare un’azienda eterogenea,
dove la diversità di esperienze e provenienze
diventasse un forte valore aggiunto per la realizzazione di nuovi modelli di servizio.
Grazie anche all’aiuto di alcuni partner fra
i quali Studio Staff e Giunti O.S., abbiamo implementato, per tutte le figure professionali che
stavamo ricercando, un iter di selezione mi- ➤
“Ci siamo mossi
da subito con l’idea
di ricercare persone
in grado di coniugare
competenze
tecnico-specialistiche
con competenze
comportamentali,
privilegiando tutte
quelle risorse che
avessero lavorato
in contesti differenti
e d’eccellenza”
27
coverstor y costruire un'azienda
1
L'ultimo treno
Italo rappresenta l'ultima
frontiera del treno.
Realizzato nelle officine
Alstom AGV, ha una
motorizzazione distribuita
su tutto il convoglio:
non ci sono le motrici
di testa e di coda e questo
consente un aumento
della capienza di bordo
del 20%. Più spazio,
quindi, ma anche più
comfort (foto 1 e 3)
e sicurezza: ampi corridoi,
grande luminosità,
una Carrozza cinema
(foto 2) e consumi
energetici ridotti del 30%.
Il comfort non è solo
sui treni, ma anche
a terra: in ogni stazione
infatti ci sarà una Casa
Italo in cui acquistare
biglietti, lavorare in wi-fi,
informarsi sui servizi
o semplicemente rilassarsi
(foto 4).
rato a valutare le caratteristiche individuali in
un’ottica sistemica, al fine di comprendere come
queste potessero essere compatibili con il contesto, il gruppo e i valori aziendali. Per ciascun
ruolo siamo partiti dalla costruzione del profilo
ideale (un vero e proprio identikit del candidato)
per poi passare alla pubblicazione della ricerca,
allo screening dei curricula, alle convocazioni e
alla selezione in sede.
Il percorso
Colloqui, dinamiche e test sono solo alcune delle attività che hanno fatto parte del processo,
basato su una metodologia che punta sul lavoro
congiunto di più valutatori per limitare il più
possibile la soggettività a vantaggio dell’organizzazione. Abbiamo infatti creato un team che
fosse in grado di valutare le candidature su diversi
aspetti, cercando di individuare il potenziale, soffermandoci su caratteristiche che potessero farci
scegliere le migliori candidature immaginandole
in un contesto di lavoro fortemente dinamico,
dove la crescita personale sarà il miglior riconoscimento dei risultati che ciascuno conseguirà.
Il welfare aziendale sarà personalizzabile
secondo le esigenze di ciascuno e l’ambiente di
lavoro sarà sicuramente coinvolgente e tecnologicamente all’avanguardia.
Due grandi progetti
1. La selezione Allievi macchinisti, condotta dalle Direzioni Produzione e Personale da aprile a
settembre 2010, ha permesso di individuare 100
candidati tra le 13mila candidature. Responsabilità e capacità di intervento sono i requisiti
fondamentali richiesti a questa figura professionale in cui le caratteristiche personologiche e
28
2
comportamentali giocano un ruolo fondamentale
accanto a competenze cognitive (problem solving
operativo e flessibilità), realizzative (orientamento al risultato e iniziativa) e relazionali (capacità
comunicative, relazionali e gestione dei conflitti).
Le metodologie utilizzate (test psicoattitudinali, di personalità e assessment center), unite alle
differenti competenze dei selezionatori (tecniche
e psicologiche), hanno portato al risultato sperato: comprendere l’attitudine al ruolo di giovani
neodiplomati senza esperienza specifica e individuare le loro potenzialità. In questo caso test
attitudinali creati ad hoc e test di valutazione
della personalità quali il 16PF e il BFQ (Big Five
“Per ciascun
ruolo siamo partiti
dalla costruzione
del profilo ideale,
un vero e proprio
identikit del candidato,
per poi passare
alla pubblicazione
della ricerca,
allo screening
dei curricula, alle
convocazioni e alla
selezione in sede”
L'azienda ai raggi X
Partito grazie all'iniziativa di quattro soci
e a ingenti investimenti, il progetto NTV
ha grandi ambizioni. All'insegna della qualità
È
3
4
Questionnaire) hanno contribuito a rendere il
processo più veloce e oggettivo.
2. La selezione del Personale operativo viaggiatori, in tutto 650 persone da dedicare ai servizi
in stazione e bordo treno, è un progetto ancora
in corso. Le Direzioni Personale e Viaggiatori
hanno definito i profili ideali delle figure ricercate
(hostess e steward, train manager, station manager, train specialist) che costituiscono l’elemento
guida per l’individuazione dell’equipaggio e del
modello di servizio da erogare. In questo caso
le competenze ricercate variano in funzione
del ruolo e vanno dalle capacità comunicative all’orientamento al cliente, dalla capacità di
gestione dei reclami all’orientamento al risultato, dall’iniziativa alla capacità di leadership
e di negoziazione. Il processo prevede l’invio
della propria candidatura esclusivamente online (compilando un cv form e il test di inglese
nell’area Opportunità di lavoro del sito aziendale)
e la successiva fase di recruiting e di screening
gestita interamente via web con l’ausilio di un
applicativo software che effettua un match tra
profilo ideale e candidature pervenute. I candidati idonei sono poi convocati per effettuare le
diverse prove selettive previste: test psicoattitudinali e di indagine comportamentale quali
il Cst (Customer support test), test di inglese,
assessment center, colloqui con psicologi esperti
e con i responsabili NTV.
"Non perdere questo treno" è stato il primo
slogan utilizzato da NTV nel 2008 per lanciare
le selezioni: a distanza di quasi quattri anni possiamo dire che siamo pronti a ripetere l’invito,
stavolta diretto a tutti coloro che vorranno fare
di Italo il loro treno».
n
Formazione
vincente
Per lavorare in NTV
non basta essere bravi.
Bisogna imparare l'arte
dell'ospitalità. Per questo
l'azienda ha dato vita
alla Scuola di ospitalità
per preparare e formare
figure professionali come
train manager, train
specialist, station manager,
station specialist, hostess
e steward di bordo.
Un ingente investimento
iniziale per 40 corsi che
hanno l'obiettivo di creare
una vera e propria cultura
di servizio e un solido
spirito di squadra.
il primo operatore privato italiano sulla
rete ferroviaria ad alta velocità, ed è il
primo operatore al mondo a utilizzare
il nuovissimo e super tecnologico treno Alstom
AGV, detentore del primato di velocità ferroviaria.
Ai quattro soci fondatori (Luca Cordero di
Montezemolo, Gianni Punzo, Diego Della Valle
e Giuseppe Sciarrone), che detengono complessivamente il 33,5% del capitale, si sono
aggiunti successivamente Intesa Sanpaolo
(20%), Assicurazioni Generali (15%), Alberto
Bombassei (5%), la famiglia Seragnoli (5%) e
infine SNCF (20%). Il servizio, che partirà entro
qualche mese, collegherà a regime, con la sua
flotta di 25 treni chiamati Italo, nove città (Torino,
Milano, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Salerno,
Venezia e Padova) e 12 stazioni, offrendo viaggi di
grandissima qualità, massimo comfort, tecnologia
innovativa e grande varietà di intrattenimento. In
ogni stazione, NTV sarà presente con una Casa
Italo, un centro di servizio multifunzionale in cui i
viaggiatori, assistiti da personale NTV, potranno
acquistare i biglietti, informarsi sui servizi Italo,
rilassarsi o lavorare con il wi-fi.
Un miliardo di opportunità
Al centro di questo progetto, che ha richiesto
un investimento privato di un miliardo di euro,
c'è il sogno di una mobilità ecologica e veloce
e la volontà di offrire un servizio di grandissima
qualità, in cui siano valorizzati il passeggero e il
tempo del suo viaggio. Le tecnologie permettono infatti al cliente business di lavorare sul
pc portatile, proprio come se fosse in ufficio,
grazie alla connessione internet sempre fluida,
garantita da tre differenti sistemi: satellite, wi-fi
e Umts. Chi invece desidera rilassarsi può scegliere la Carrozza cinema e assaporare un film
in prima visione sugli schermi HD con impianto
sonoro di ultima generazione. L’offerta interattiva comprende anche un portale di bordo, con
oltre 250 ore di contenuti audio e video, e un
canale tv live. Insomma, a ciascuno il suo. Che
è poi lo spirito con il quale Italo si presenta sul
mercato: un treno per tutte le esigenze e per
tutti i tipi di viaggiatori.
29
www.infojobs.it
strumenti
{32.
{36.
{41.
{42.
MONDO LEGALE/1 Work in progress di Franco Toffoletto}
MONDO LEGALE/2 Pensioni, si cambia di Pietro Gremigni}
Un impegno da non sottovalutare di Maurizio Manicastri e David Trotti}
Una pratica diffusa da gestire con attenzione di Bernardina Calafiori}
{44.
In carcere per imparare di Maurizio Bertoli e Stefano Bertolina}
{47.
{48.
{50.
{53.
La sfida della bellezza oggi di Massimiliano Santoro}
Le differenze che ci rendono uguali di Duilio Cau}
Il gruppo nasce in armonia di Patrizia Farnetti e Ira Orsini}
SPECIALE Congresso AIDP 2012 Badesi}
«Aprì la riunione di autopresentazione
dicendo ai nuovi collaboratori:
/ l’obbedienza non è più una virtù.
/ Loro sorrisero: / finalmente un capo
col quale si poteva collaborare.
/ Poi aggiunse: purtroppo»
di Massimo Ferrario
strumenti mondo legale/1
Work in
progress
C
ontratto unico, articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, salario
minimo, apprendistato e riorganizzazione degli ammortizzatori sociali. Sono questi i temi intorno a cui gravita il dibatti-
to relativo alla riforma del lavoro al fine di fronteggiare la situazione di crisi
attuale e agevolare l’ingresso nel mondo del lavoro soprattutto dei giovani.
Nel nostro Paese, infatti, la percentuale di giovani
fra i disoccupati è pari al 30,1% (novembre 2011), di
gran lunga superiore alla media europea: in Italia,
2 milioni di giovani sono, infatti, senza lavoro.
Per far fronte a tale situazione, il Governo ha
intenzione di approvare al più presto una riforma
del diritto del lavoro per rilanciare la crescita e
l’occupazione.
Ma prima di procedere alla valutazione delle proposte di riforma, è opportuno analizzare
gli strumenti offerti dall’ordinamento giuridico
vigente.
Il contesto normativo attuale
Anzitutto, una delle tipologie contrattuali istituite
dal legislatore per agevolare l’ingresso dei giovani
nel mondo del lavoro è costituita dal contratto
di apprendistato.
Esso costituisce un contratto di lavoro a tempo
indeterminato ed è finalizzato alla formazione e
all’occupazione dei giovani. Infatti, al termine del
periodo di apprendistato, le parti possono recedere
con preavviso dal contratto, ai sensi dell’articolo
2118 del Codice civile Se, invece, nessuna delle
parti dà disdetta, il rapporto prosegue automa-
32
ticamente come un ordinario rapporto di lavoro
subordinato a tempo indeterminato.
Tale contratto ha subito nel nostro ordinamento
una lunga evoluzione a partire dalla legge n. 25
del 1955 fino ad arrivare al Testo unico dell’apprendistato, approvato con il dlgs n. 167 del 2011.
Questo recente intervento legislativo ha razionalizzato tutte le disposizioni normative in
materia di apprendistato ed ha introdotto alcuni
elementi innovativi.
Il Testo unico conferma la tripartizione dell’apprendistato nelle tre tipologie: apprendistato per la
qualifica e per il diploma professionale, apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere e,
infine, apprendistato di alta formazione e ricerca.
Il contratto di apprendistato ha da sempre
previsto condizioni favorevoli per il datore di
lavoro, in cambio di obblighi formativi. Anche
in quest’ambito, i recenti interventi legislativi
Proseguono le contrattazioni per
la riforma del lavoro. L’obiettivo?
Un contratto unico che agevoli
l’inserimento dei giovani. Sarà
questa la soluzione alla crisi del
mercato e dell’occupazione?
Perché non puntare sugli
strumenti giuridici già esistenti?
hanno introdotto alcune novità.
Anzitutto, è stato previsto l’azzeramento, per
i primi tre anni, della quota di contribuzione a
carico del datore di lavoro che occupi fino a nove
dipendenti, per i contratti di apprendistato stipulati tra il 2012 e il 2016. Inoltre, gli apprendisti non
rientrano nella base di calcolo per l’applicazione
di particolari istituti previsti dalla legge o dalla
contrattazione collettiva. Quanto al trattamento
economico, l’apprendista può essere retribuito
per tutta la durata del rapporto e fino alla trasformazione in contratto a tempo indeterminato
in base a un inquadramento fino a due livelli al
di sotto della categoria spettante. Infine, sotto il
profilo degli incentivi fiscali, le spese sostenute
per la formazione degli apprendisti sono escluse
dalla base di calcolo IRAP.
Accanto all’apprendistato, l’altra tipologia
contrattuale idonea a consentire l’ingresso, soprattutto dei giovani, nel mondo del lavoro è
rappresentata dal contratto di inserimento. Un
contratto a termine, senza necessità di motivazione, diretto a realizzare l’inserimento o il reinserimento di una serie di categorie di persone
considerate particolarmente deboli dal legislatore,
tra i quali i giovani tra i 18 e i 29 anni. Inoltre,
tale disciplina contrattuale può applicarsi ai disoccupati di lunga durata dai 29 ai 32 anni, ai
lavoratori che desiderino riprendere un’attività
lavorativa e che non abbiano lavorato per almeno
due anni, nonché alle donne, di qualunque età,
residenti nelle aree geografiche a elevato tasso di
disoccupazione femminile.
È necessaria, oltre alla forma scritta, la definizione di un progetto individuale di inserimen-
Franco Toffoletto
[email protected]
Studio Toffoletto,
De Luca, Tamajo e soci
Ha ricevuto dal mensile TopLegal
il premio come Professionista
labour dell’anno 2011.
to, allo scopo di garantire l’adeguamento delle
competenze professionali del lavoratore stesso
al contesto lavorativo.
La durata può variare da un minimo di nove
a un massimo di diciotto mesi (a eccezione dei
lavoratori disabili). La formazione non costituisce un elemento essenziale, in quanto può anche
essere effettuata durante l’esecuzione del lavoro.
Anche per tale contratto, il legislatore ha stabilito alcuni incentivi di carattere economico e
normativo: anzitutto, i lavoratori così assunti
sono esclusi dal computo dei limiti numerici ai
fini dell’applicazione delle diverse discipline;
inoltre, come per l’apprendistato, è prevista la
possibilità di inquadrare il lavoratore sino a due
livelli inferiori alla categoria spettante ai lavoratori addetti alle mansioni corrispondenti a quelle
conseguibili con il contratto di inserimento. Sono
altresì previsti alcuni incentivi contributivi e fiscali che si applicano, tuttavia, solo ad alcune
categorie specifiche fra i beneficiari del contratto
di inserimento.
Apprendistato e contratto di inserimento rappresentano, dunque, i principali strumenti istituiti
dal legislatore per agevolare l’entrata nel mercato
del lavoro soprattutto dei giovani. In tale contesto
si inseriscono le recenti proposte di riforma del
mercato del lavoro.
Le proposte di riforma
In materia di riforma del lavoro, oggi si parla
diffusamente del cosiddetto contratto unico, proposto nel 2008 da Tito Boeri e Pietro Garibaldi.
Sulla proposta dei due economisti sono state
redatte diverse proposte di legge, tra cui il pro- ➤
33
strumenti mondo legale/1
getto di legge Madia (Proposta di legge n. 2630/09)
ed il progetto Nerozzi (Disegno di legge n. 2000/10).
Prima di capire in che cosa consista il contratto
unico, è opportuno sgombrare il campo da alcuni
equivoci. Secondo alcuni, ci sarebbero ben 46
tipi di contratti di lavoro. In realtà i sotto-tipi
contrattuali tipici di lavoro subordinato nell’impresa sono solo cinque: il contratto a termine,
che comprende anche il contratto di inserimento
e reinserimento, il part-time, l’apprendistato, il
lavoro intermittente e condiviso. È, infatti, improprio considerare come due diversi contratti il
part-time verticale e quello orizzontale, oppure
il contratto a chiamata con e senza obbligo di risposta. Neppure il contratto di somministrazione
è un sotto-tipo autonomo, trattandosi nei due
casi o di un contratto a termine o di un normale
rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
Semplicemente i diversi sottotipi contrattuali
(che sono sempre esistiti, anche se non regolati
dalla legge) presentano una disciplina variabile
e articolata, al fine di consentire una maggiore
aderenza a quelle che sono le esigenze delle parti:
tornando all’esempio sopra citato, un lavoratore
part-time può decidere di prestare la propria
attività per un tempo ridotto rispetto all’orario
normale giornaliero (ad esempio quattro ore tutti
i giorni) oppure per periodi predeterminati della settimana, del mese o dell’anno (ad esempio
contratti stagionali). Si tratta della stessa fattispecie; quello che cambia è solo la modalità di
esecuzione della prestazione lavorativa.
Occorre, inoltre, precisare che il legislatore
non ha introdotto dal nulla i differenti sottotipi di contratti di lavoro, ma è intervenuto a
disciplinare situazioni di fatto già esistenti che
si sono sviluppate nella pratica per soddisfare
specifiche esigenze. E così è accaduto, per esempio, con il part-time, diffuso nelle aziende già
dagli anni '60 (seppur con l’opposizione fortissima
dei sindacati), ma che è stato regolamentato dal
legislatore soltanto nel 1984 con la legge n. 863
e poi, successivamente, nel 2001 e nel 2003. Ma
lo stesso vale per le collaborazioni coordinate e
continuative (già presenti nella legge nel 1959,
nel 1972 e nel 1973), il job sharing, il job on call
ecc. In questi ultimi casi, la disciplina legale
ha anche consentito l’emersione di lavoro nero.
In ogni caso nessuna norma può vietare né il
part-time né il contratto a termine né il lavoro
intermittente o condiviso. E poi quale sarebbe
il vantaggio?
34
Ciò premesso, il cosiddetto contratto unico
dovrebbe essere un contratto a tempo indeterminato, caratterizzato da due fasi: la prima di
inserimento, con durata variabile fino a un massimo di tre anni e con una tutela “allentata”; la
seconda, caratterizzata da una maggiore stabilità,
successiva al termine del terzo anno.
La fase di inserimento prevederebbe la possibilità per l’azienda di licenziare senza che il
lavoratore possa chiedere la reintegrazione. Ciò
tuttavia avverrebbe solo in caso di licenziamento
per giustificato motivo oggettivo («ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione
del lavoro e al regolare funzionamento di essa»
ai sensi dell’articolo 3 della legge n. 604 del 1966)
per il quale sarebbe prevista la corresponsione
da parte del datore di un’indennità economica.
La determinazione dell’importo da corrispondere
al lavoratore si effettua calcolando cinque giorni
di retribuzione per ogni mese lavorato. E così, ad
esempio, nel caso di recesso dal contratto unico
dopo sei mesi dalla stipulazione, l’indennità sarà
pari a un mese di retribuzione; dopo tre anni,
l’indennità sarà pari a sei mesi di retribuzione.
Nel caso, invece, di licenziamento per giusta
causa o per giustificato motivo soggettivo (licenziamento disciplinare) nulla cambierebbe: in
tal caso trova, infatti, applicazione la disciplina
vigente. Analoghe garanzie sono assicurate in
caso di licenziamento discriminatorio.
Superata la fase di inserimento, il rapporto
prosegue secondo la disciplina dei licenziamenti
attualmente in vigore: e così per le aziende con
più di 15 dipendenti troverà applicazione la tutela reale di cui all’articolo 18 dello Statuto dei
“La soluzione all’attuale
crisi del mercato e
dell’occupazione
non può certamente
essere individuata
nell’introduzione di un
contratto che, di fatto, non
comporta alcun beneficio
per le aziende”
Un occhio ai licenziamenti
come si comportano i paesi europei?
lavoratori, mentre per le aziende con meno di
quindici si applicherà la tutela obbligatoria di
cui alla legge n. 604/1966.
Altre ipotesi di riforma che alimentano la discussione riguardano il contratto a tempo determinato: quest’ultimo potrebbe, infatti, essere
stipulato solo per i dipendenti con una retribuzione annua superiore ai 25mila euro lordi (o
proporzionalmente inferiore se il contratto ha
una durata inferiore di dodici mesi), fatta salva
l’eccezione dei lavori stagionali.
Inoltre è stata proposta la modifica dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, rendendolo
applicabile soltanto ad aziende che occupino più
di 50/100 dipendenti o comunque sempre inapplicabile (Ichino) ai licenziamenti per giustificato
motivo oggettivo.
Conclusioni
Il contesto normativo sopra descritto evidenzia
innanzitutto che il nostro ordinamento dispone
già di strumenti giuridici idonei ad accompagnare
l’ingresso di giovani e non nel mercato del lavoro. La soluzione all’attuale crisi del mercato
e dell’occupazione non può certamente essere
individuata nell’introduzione di un contratto
che, di fatto, non comporta alcun beneficio per le
aziende. Il licenziamento per giustificato motivo
oggettivo, se correttamente eseguito, può essere
effettuato già oggi a costo più basso.
Se si vuole veramente intervenire, forse, non
resta che modificare l’articolo 18 dello Statuto dei
lavoratori, aumentando la soglia di applicazione
a 100 dipendenti e consentendo il recesso, con
le sole garanzie economiche dell’articolo 8 della
legge n. 604 del 1966 (da 2,5 a 6 mesi di risarcimento del danno) in ogni caso di licenziamento,
durante i primi tre anni, anche senza motivazione.
Esclusi sempre i licenziamenti discriminatori.
In realtà, quello di cui hanno veramente bisogno
le aziende è di poter selezionare i propri dipendenti su un tempo più lungo rispetto all’attuale
periodo di prova, e poter recedere dal contratto
nel caso di lavoratori che non svolgono la prestazione come richiesto. Ma sarà ben difficile
ottenere questo risultato. Certo è che il rimedio
della reintegrazione esiste soltanto in pochissimi
paesi in Europa. Oltre alla Germania, seppure
con qualche differenza, solo Italia, Portogallo,
Austria e Lettonia hanno la reintegrazione come
unico rimedio a un licenziamento non motivato.
Forse bisognerebbe chiedersi perché.
n
Anno
Periodo
di prova
Reintegrazione
Risarcimento
alternativo alla
reintegrazione
AUSTRIA
BELGIO
Si
No
6 mesi
Bulgaria
Cipro
Danimarca
Estonia
1 mese
6-12 mesi per
Ral>33.677 c
2 anni
4 mesi
24 mesi
1-6 mesi
6 mesi
Finlandia
francia
4 mesi
-
Si, su richiesta del lavoratore
No
No
Si, su richiesta
del lavoratore
No
No
germania
6 mesi
grecia
Irlanda
italia
6 mesi
Lettonia
lituania
3 mesi
3-6 mesi
LUSSEMBURGO
-
malta
6 mesi
olanda
2 mesi
polonia
3 mesi
portogallo
240 giorni
Regno Unito
-
rep. ceca
rep. slovacca
3 mesi
3 mesi
romania
slovenia
30 giorni
3 mesi
spagna
2-6 mesi
SVEzia
6 mesi
UNGHERIA
3 mesi
Si, ma il giudice su
richiesta può non disporla
No
No
Si
3-24 mesi
6 mesi + 1/10 o 2/10 della
retribuzione mensile per ogni
anno + 1/15 o 2/15 oltre
il decimo anno
-
2 anni
15 mesi alternativi alla
reintegrazione a scelta
del solo dipendente
Si
Si, il giudice può condannare al solo risarcimento
No
5-25 mesi, danno non
patrimoniale 500-12.500 c
Si, solo su richiesta
34.940 c ma non vi è
del dipendente
un limite di legge
Si, su richiesta del
Formula Cantonal Court: anzianità
lavoratore ma
x retribuzione mensile
raramente disposta
lorda x fattore di correzione
Si, il giudice può condannare 3 mesi
al solo risarcimento
Si
15-45 giorni di retribuzione
per ciascun anno di servizio
Si, ma il datore di lavoro può Indennità per le ipotesi di esubero
rifiutare la reintegrazione
e un’indennità risarcitoria pari nel
pagando un compenso
massimo a circa 90mila c
Si, su richiesta del lavoratore Si, ma il giudice può
ritenerla non opportuna
Su richiesta del lavoratore Si, ma il giudice può
ritenerla non opportuna
No
1-45 giorni per ciascun anno
di anzianità. Massimo 42 mesi
No, ma sospensione
16-32 mesi o 24-48 mesi
del licenziamento
se il lavoratore ha 60 anni
o più. In aggiunta danno non
patrimoniale di importo
da 5.400 e 10.800 c
Si, il giudice può condannare 2-12 mesi
al solo risarcimento
35
strumenti mondo legale/2
Pensioni
si cambia
L
a riforma del sistema pensionistico prevista dall’articolo 24 della legge
214/2011 ha determinato rilevanti ripercussioni non solo sugli assicurati, ma anche sullo stesso rapporto di lavoro, influenzandone la
durata e le modalità di recesso in prossimità del compimento dell’età pensionabile.
La norma in vigore dal 6 dicembre 2012 contiene le modifiche al sistema pen-
sionistico in relazione soprattutto ai seguenti
aspetti principali:
• il calcolo della pensione;
• i requisiti per andare in pensione;
• la salvaguardia di alcune categorie
non coinvolte dalle nuove regole;
• i lavori usuranti.
Calcolo della pensione
Dal primo gennaio 2012 anche per i lavoratori
già iscritti alle forme di previdenza obbligatorie,
che alla data del 31 dicembre 1995 potevano far
valere un’anzianità contributiva di almeno diciotto anni e per i quali la pensione sarà calcolata
fino al 31 dicembre 2011 col sistema retributivo,
verrà applicato il sistema di calcolo contributivo
in relazione alle anzianità maturate da tale data
in avanti.
Il nuovo sistema di calcolo complessivo che
risulta dalla Riforma è il seguente:
1. sistema contributivo applicabile ai neoassunti
dal primo gennaio 1996, privi di contributi riferiti
al periodo precedente il primo gennaio 1996;
2. sistema misto applicabile alle seguenti due
situazioni:
a) per quei lavoratori che al 31 dicembre1995 potevano far valere un’anzianità contributiva inferiore
a 18 anni; per questa anzianità contributiva si
36
avrà la liquidazione della quota di pensione con il
sistema retributivo, cioè secondo la normativa in
vigore anteriormente al 31 dicembre1995, mentre
per i contributi successivi al 31 dicembre1995 il
calcolo sarà contributivo;
b) per i lavoratori con un’anzianità contributiva
pari o superiore a 18 anni alla data del 31 dicembre 1995 per i quali la pensione sarà calcolata col
sistema retributivo per le anzianità maturate fino
al 31 dicembre 2011 e col sistema contributivo
per le anzianità maturate dal primo gennaio 2012.
La riforma conferma il meccanismo dell’opzione
per il sistema di calcolo contributivo limitatamente
ai lavoratori interessati al sistema misto per il
calcolo, purché abbiano maturato un’anzianità
contributiva pari o superiore a quindici anni, di
cui almeno cinque nel sistema contributivo. In
questo caso, dopo l’opzione l’intera pensione viene
calcolata col sistema contributivo.
I nuovi requisiti
per andare in pensione
Il sistema pensionistico dal 2012 sarà basato su
Calcolo dell’importo, requisiti, età
pensionabile e salvaguardia di
alcune categorie. Ecco tutto quello
che c’è da sapere sulla nuova
norma che regola i contributi
previdenziali, in vigore dallo scorso
6 dicembre. E i riflessi sul rapporto
di lavoro non sono da poco
due tipologie di trattamenti principali:
1. le pensioni di vecchiaia basate su una certa
età e con un minimo di anzianità contributiva;
2. le pensioni anticipate che sostituiscono le
pensioni di anzianità nella versione della sola
anzianità contributiva massima pari a 40 anni
e in quella mista basate cioè su un mix tra età e
anzianità contributiva.
Al di là dei requisiti anagrafici e contributivi di
partenza dal 2012 che indicheremo poi, il sistema
è imperniato sull’innalzamento degli stessi requisiti in funzione dell’incremento della speranza di
vita. Gli incrementi inizieranno nel 2013 con tre
mesi in più, per essere poi adeguati ogni triennio con un incremento “stimato” di altri quattro
mesi, per passare infine a un adeguamento non
più triennale, ma biennale dal 2019.
Anche tutti i requisiti contributivi che indicheremo saranno soggetti, al pari di quelli anagrafici,
Pietro Gremigni
[email protected]
Consulente aziendale
Ha pubblicato diversi libri su temi
relativi al diritto del lavoro.
alla loro revisione in funzione dell’incremento
della speranza di vita.
Pensione di vecchiaia
Viene abolito il precedente limite di età anagrafica
vigente fino al 31 dicembre 2011 pari a 65 anni per
gli uomini e 60 per le donne del settore privato.
Pertanto nel 2012 l’età anagrafica sarà la seguente:
1. lavoratori uomini dipendenti e autonomi: 66
anni;
2. lavoratrici dipendenti del settore privato: 62
anni;
3. lavoratrici del pubblico impiego: 66 anni;
4. lavoratrici autonome: 63 anni e 6 mesi.
Tali requisiti aumenteranno per le donne in
funzione del raggiungimento di quelli previsti per
gli uomini e dal 2013 in relazione dell’incremento
della speranza di vita (vedi grafico in basso). ➤
PENSIONE DI VECCHIAIA
Anno
Lavoratori
dipendenti
e autonomi
Lavoratrici
settore
privato
Lavoratrici
settore
pubblico
Lavoratrici
autonome
2012
2013 2014
2015
2016
2017
2018
2019
2020
2021
66
66 e 3 mesi
66 e 3 mesi
66 e 3 mesi
66 e 7 mesi
66 e 7 mesi
66 e 7 mesi
66 e 11 mesi
66 e 11 mesi
67 e 2 mesi
62
62 e 3 mesi
63 e 9 mesi
63 e 9 mesi
65 e 7 mesi
65 e 7 mesi
66 e 7 mesi
66 e 11 mesi
66 e 11 mesi
67 e 2 mesi
66
66 e 3 mesi
66 e 3 mesi
66 e 3 mesi
66 e 7 mesi
66 e 7 mesi
66 e 7 mesi
66 e 11 mesi
66 e 11 mesi
67 e 2 mesi
63 e 6 mesi
63 e 9 mesi
64 e 9 mesi
64 e 9 mesi
66 e un mese
66 e un mese
66 e 7 mesi
66 e 11 mesi
66 e 11 mesi
67 e 2 mesi
37
strumenti mondo legale/2
L’altra condizione per il diritto alla pensione
di vecchiaia è avere maturato almeno 20 anni
di anzianità contributiva.
Oltre ai due predetti requisiti anagrafici e contributivi per i lavoratori con riferimento ai quali
il primo accredito contributivo decorre successivamente al primo gennaio 1996 (sistema contributivo), l’importo della pensione deve risultare
non inferiore a 1,5 volte l’importo dell’assegno
sociale rivalutato annualmente.
In deroga ai predetti requisiti di età, le lavoratrici possono conseguire il trattamento di
vecchiaia oltre che, se più favorevole, in base ai
requisiti indicati prima, con un’età anagrafica
non inferiore a 64 anni qualora maturino entro
il 31 dicembre 2012 un’anzianità contributiva di
almeno 20 anni e alla medesima data conseguano
un’età anagrafica di almeno 60 anni.
Età pensionabile e recesso
Nei confronti dei lavoratori dipendenti il limite
di età entro il quale è garantita la tutela del
posto di lavoro mediante le garanzie delle leggi
sui licenziamenti individuali e in particolare la
tutela reale dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori è fissato a 70 anni, limite fino al quale
la legge incentiva il proseguimento dell’attività
lavorativa grazie all’erogazione di una pensione
contributiva più elevata in virtù dell’azione di
nuovi coefficienti di trasformazione dei montanti
di calcolo.
Solo dopo il proseguimento oltre i 70 anni di
età (più l’incremento per la speranza di vita) il
recesso dal rapporto potrà essere effettuato ad nutum con il rispetto del solo periodo di preavviso.
Pensione anticipata
La pensione anticipata sostituisce quella di anzianità e dal 2012 spetta in presenza delle seguenti
condizioni agli iscritti in tutti i regimi previdenziali obbligatori che abbiano un’età inferiore ai
limiti di età indicati sopra per avere diritto alla
pensione di vecchiaia:
• dal 2012 almeno 42 anni e un mese per gli uomini
e 41 e un mese per le donne;
dal
2013 almeno 42 anni e 2 mesi per gli uomini
•
e 41 e 2 mesi per le donne;
• dal 2014 almeno 42 anni e 3 mesi per gli uomini
e 41 e 3 mesi per le donne.
Tuttavia per coloro che accederanno al pensionamento anticipato e il cui trattamento risulterà liquidato con il sistema misto sulla quota di
trattamento relativa alle anzianità contributive
maturate prima del 10 gennaio 2012 sarà applicata una riduzione percentuale dell’1% per ogni
anno di anticipo nell’accesso al pensionamento
rispetto all’età di 62 anni; tale percentuale annua è elevata al 2% per ogni anno ulteriore di
anticipo rispetto a due anni.
Ecco l’evoluzione dell’anzianità contributiva in
funzione dell’incremento stimato della speranza
di vita (vedi grafico in basso).
PENSIONE ANTICIPATA
38
Anno
Lavoratori uomini
dipendenti pubblici,
privati e autonomi
Lavoratrici donne
dipendenti pubbliche,
private e autonome
2012
2013
2014
2015
2016
2017
2018
2019
2020
2021
42 anni e un mese
42 anni e 5 mesi
42 anni e 6 mesi
42 anni e 6 mesi
42 anni e 10 mesi
42 anni e 10 mesi
42 anni e 10 mesi
43 anni e 2 mesi
43 anni e 2 mesi
43 anni e 5 mesi
41 anni e un mese
41 anni e 5 mesi
41 anni e 6 mesi
41 anni e 6 mesi
41 anni e 10 mesi
41 anni e 10 mesi
41 anni e 10 mesi
42 anni e 2 mesi
42 anni e 2 mesi
42 anni e 5 mesi
Pensione anticipata
col sistema contributivo
Per i lavoratori che hanno effettuato il primo
accredito contributivo successivamente al primo
gennaio 1996, il diritto alla pensione anticipata
può essere conseguito non solo ricorrendo ai
requisiti indicati in precedenza ma anche al
compimento del requisito anagrafico di 63 anni,
a condizione che:
• risultino versati e accreditati in favore dell’assicurato almeno 20 anni di contribuzione effettiva;
• l’ammontare mensile della prima rata di pensione risulti essere non inferiore a un importosoglia mensile pari, per l’anno 2012, a 2,8 volte
l’importo mensile dell’assegno sociale rivalutato.
In relazione alla pensione anticipata è ammessa una deroga nei confronti di quei lavoratori e
lavoratrici che, senza l’entrata in vigore della
Riforma, sarebbero andati in pensione di anzianità dal 2012 in poi col sistema (abolito) delle
quote. In via eccezionale per tali lavoratori che
maturino un’anzianità contributiva di almeno
35 anni entro il 31 dicembre 2012 sarà possibile
conseguire il trattamento della pensione anticipata al compimento di un’età anagrafica non
inferiore a 64 anni.
Deroghe
Nei confronti dei lavoratori indicati successivamente continuano ad applicarsi le regole previgenti sia in materia di requisiti di accesso che
di decorrenza della pensione:
• lavoratori che hanno maturato i requisiti sulla
base delle regole previgenti entro il 31 dicembre 2011;
alle
lavoratrici dipendenti con almeno 57 anni
•
e autonome con 58 anni con almeno 35 anni
di contributi che vanno in pensione anticipata
fino al 31 dicembre 2015 optando però per il
sistema di calcolo contributivo.
Nei confronti di una serie di lavoratori in mobilità, in esodo con l’aiuto dei Fondi di solidarietà
settoriali (ad aesempio banche) e che hanno ottenuto l’autorizzazione ai versamenti volontari,
sarà possibile andare in pensione con le regole
previgenti anche se la pensione verrà maturata
dal 2012 in poi, a condizione che gli stessi rientrino nel numero massimo di beneficiari che il
Ministero del lavoro dovrà individuare anno per
anno in base alle risorse stanziate e in funzione
della data di cessazione del rapporto di lavoro.
Lavori usuranti
Per i lavoratori addetti ai lavori usuranti, tra
cui coloro che a certe condizioni hanno effettuato lavoro notturno, rimane fermo il diritto
ad andare in pensione prima della maturazione
dei requisiti ordinari. I requisiti continuano a
maturarsi applicando il sistema delle quote (mix
di anzianità contributiva e età anagrafica).
Pertanto i lavoratori usurati potranno accedere
al pensionamento anticipato in base ai seguenti
requisiti:
1. nel 2012: con quota 96 basata sulla somma
dell’età di almeno 60 anni e un’anzianità contributiva minima di 35 anni;
2. dal 2013 in poi: con quota 97 e un’età anagrafica minima di 61 anni (fermo restando almeno
35 anni di anzianità contributiva).
Totalizzazione
Viene infine confermato il sistema della totalizzazione con il quale si permette di sommare
gratuitamente i diversi periodi di attività svolti
in regimi previdenziali differenti ai fini del pagamento di un’unica pensione da parte dell’Inps.
Dal 2012 pertanto i lavoratori con diversi periodi di anzianità contributiva maturati in fondi
previdenziali diversi potranno totalizzarli ai fini
di percepire un’unica pensione, a prescindere
dall’anzianità contributiva minima maturata
in ciascuno di essi. Viene eliminato pertanto il
requisito di almeno tre anni di anzianità contributiva in ciascun Fondo. n
“Per i lavoratori addetti
ai lavori usuranti,
tra i quali chi, a certe
condizioni, ha
effettuato lavoro notturno,
rimane fermo il diritto ad
andare in pensione prima
della maturazione
dei requisiti ordinari”
39
La ricerca Top Employers certifica e promuove le aziende più meritevoli nella
valorizzazione del capitale umano e virtuose per le loro best practices nel campo
HR. Sono aziende che dimostrano un impegno sempre maggiore nell’attrarre,
trattenere e motivare il talento. La preziosa collaborazione con AIDP nel team di
esperti di supporto apporta background professionale ed accresce il valore aggiunto
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coltivare la fiducia nel futuro, che ritroverete nella pubblicazione annuale Top Employer Italia 2012 (ed. Franco Angeli) in libreria a partire da marzo 2012.
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Top Employers Italia 2012
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retributive
Condizioni di
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Cultura aziendale
Formazione
e sviluppo
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Autostrade per l‘Italia
avanade
Birra Peroni
BNL Gruppo BNP Paribas
British American Tobacco Italia
Cariparma
Chiesi Farmaceutici
Conforama Italia
Datalogic
Dedagroup ICT Network
Electrolux
Elica
Enel
Ernst & Young
Finmeccanica
Gruppo Hera
IEO
JT International Italia
Kimberly-Clark
Merck Serono
PepsiCo
Philip Morris Italia
Prysmian Group
Rittal
SAS
SIA
Sigma-Aldrich
Starwood Hotels and Resorts
Technip Italia
Tetra Pak
TNT Express Italy
UniCredit
Valeo
Volkswagen Group Italia
P
Opportunità
di carriera
strumenti IL CENTRO STUDI RISPONDE
Un impegno da
non sottovalutare
Nell’assunzione, se non possono sottoscrivere
subito un contratto, le parti hanno la
possibilità di vincolarsi. Ma attenzione ai rischi
Maurizio
Manicastri
Avvocato e giuslavorista,
oggi è consulente
nell’ambito Hr e
vicepresidente AIDP Lazio
David
Trotti
Fondatore dello studio
di consulenza del lavoro
Trotti, è vicepresidente
esecutivo AIDP Lazio
Stiamo selezionando del personale e molti dei candidati sono già impiegati
e chiedono una lettera d’impegno. di cosa si tratta?
L
a lettera di impegno all’assunzione viene utilizzata quando
una o entrambe le parti (datore
di lavoro o lavoratore), non potendo o volendo stipulare un contratto di lavoro con
efficacia immediata, decidono di vincolarsi
con decorrenza futura.
Il caso più frequente è proprio quello
sottopostoci in questo quesito in cui il
lavoratore, già occupato presso altro datore di lavoro, non è disponibile da subito
poiché vincolato dal periodo di preavviso
che, per alte professionalità, può essere
molto lungo.
L’obbligazione alla futura formalizzazione del contratto di lavoro può essere unilaterale e irrevocabile oppure contrattuale.
Nel caso di inadempimento le conseguenze possono:
a) essere meramente risarcitorie a fronte
di una generica lettera di intenti, oppure
concretizzare una fattispecie di responsabilità precontrattuale laddove le trattative,
pur non formalizzate in un’obbligazione,
abbiano ingenerato un legittimo affidamento sulla conclusione del contratto e
siano state ingiustificatamente interrotte;
b) comportare anche la possibilità di ottenere giudizialmente la costituzione di
un rapporto di lavoro in forza dell’articolo
2932 del Codice civile qualora l’impegno, contenendo gli elementi essenziali
Azienda che applica il ccnl commercio
del contratto di lavoro e cioè la tipologia,
l’inquadramento, la retribuzione e la data
entro la quale è prevista l’assunzione, concretizzi un contratto preliminare.
Va evidenziato che il contratto preliminare deve avere la stessa forma che la
legge prescrive per il contratto definitivo
(ai sensi dell’articolo 1351 del Codice
“Le parti sono
sempre libere
in ogni momento
di modificare quanto
concordato
nel momento
in cui è stato
stilato il contratto
di assunzione”
civile) e comunque, anche se per il contratto a tempo indeterminato la legge non
prevede la forma scritta, questa è sempre opportuna e solitamente prevista dai
Ccnl. Per tutelarsi poi nel caso in cui sia
il lavoratore a non rispettare l’impegno è
bene che la lettera contenga la previsione
di una penale (anche facendo salvo il
maggior danno) perché altrimenti sarà
difficile, anche se possibile, ottenere il
risarcimento da parte del lavoratore.
Queste conseguenze possono essere
diversamente disciplinate o anche impedite dalle parti tramite apposite clausole,
riserve o condizioni sospensive al cui verificarsi venga subordinata l’efficacia della
lettera quali: la consegna di documenti
necessari all’assunzione o l’esito positivo
della visita medica di preassunzione.
Le parti sono sempre libere in ogni momento di modificare quanto concordato nel
momento in cui viene stilato il contratto di
assunzione. In questo caso è consigliabile
indicare nel contratto definitivo (soprattutto
se peggiorativo per il lavoratore) che le
parti hanno di comune accordo modificato
le condizioni della lettera di impegno.
Ulteriore cautela è quella di indicare in
maniera espressa il periodo di prova, in
quanto c’è il rischio che l’assenza della sua
indicazione ne permetta il rifiuto in sede di
firma della lettera di assunzione. n
41
strumenti cessione del quinto
Una pratica diffusa da
gestire con attenzione
Molte eccezioni, casi personali molto diversi tra loro
e rischi concreti per le aziende. Ecco perché questa
situazione va affrontata con particolare cautela
di Bernardina Calafiori
Socio fondatore
dello Studio
Daverio & Florio
È membro della
Commissione Lavoro
presso l’Ordine dei
Commercialisti ed Esperti
Contabili di Milano
e propone, all’interno
della Commissione,
il piano formativo
e gli eventi formativi
su materie di diritto
del lavoro. Nel giugno
2009 ha tenuto il corso
su “Cessione del quinto
e trattamenti spettanti
al coniuge in caso
di divorzio” presso l’Ordine
dei Dottori Commercialisti
ed Esperti Contabili
di Milano.
È socia dell’AGI,
Associazione
Giuslavoristi Italiani.
42
I
{
[email protected]
l fenomeno dei prestiti personali ha dimensioni di massa, tanto più in
momenti di crisi come gli attuali. Questi finanziamenti sono spesso alimentati da uno strumento specifico, noto come “cessione del quinto”,
che per gli uffici del personale e uffici paghe delle aziende implica ricadute
significative dal punto di vista della gestione delle procedure che ne derivano.
Gli istituti di credito e gli intermediari finanziari
autorizzati erogano prestiti personali ai lavoratori
e, a garanzia della restituzione del capitale e degli
interessi, chiedono la cessione di parte della retribuzione del lavoratore stesso, ottenendo così
che il datore di lavoro paghi la quota ceduta della
retribuzione direttamente al finanziatore.
Questa richiesta da parte del lavoratore è assolutamente legittima e sancita dalla legge.
Ogni credito infatti può essere ceduto, salvo che
esso non abbia “carattere strettamente personale”
o “il trasferimento […] sia vietato dalla legge” (articolo 1260, primo comma, del Codice civile) e nella
fattispecie la retribuzione rientra nella categoria
dei crediti “non strettamente personali”.
Il caposaldo normativo che regola la cessione
della retribuzione afferma che i lavoratori «possono
contrarre prestiti da estinguersi con cessione di
quote dello stipendio o del salario fino al quinto
dell’ammontare di tali emolumenti valutato al netto
di ritenute e per periodi non superiori a dieci anni»
(articolo 5, primo comma, Dpr n. 180/1950).
Un obbligo dal quale il datore di lavoro non può
esimersi, come stabilisce l’articolo 1264 del Codice
civile. Una volta che la cessione viene notificata
all’azienda, la titolarità della retribuzione si trasferisce dal lavoratore al finanziatore e il datore
di lavoro si libera dall’obbligazione retributiva nei
confronti del primo, pagando il debito al finanziatore cessionario. Un eventuale pagamento al lavoratore cedente, non libererebbe dall’obbligazione il
datore di lavoro e lo esporrebbe al rischio, se non
alla certezza, di dover pagare due volte. Un problema molto delicato è se il datore di lavoro possa,
all’atto della stipulazione del contratto di lavoro
o successivamente pattuire con il dipendente la
rinuncia di quest’ultimo alla possibilità di cedere
la quota del proprio trattamento retributivo. Un
simile patto non risulta espressamente vietato, ma
si presta a dubbi di legittimità, anche se il tema
non risulta oggetto di precedenti giudiziali.
Inoltre, la pratica solleva una serie di questioni
particolari, spesso difficili da risolvere.
Ad esempio, capita frequentemente che un lavoratore esposto a tensioni o esigenze finanziarie
pressanti stipuli più di una cessione del credito
retributivo. Se la seconda cessione non supera il
limite del quinto essa risulta valida; nel caso in cui
il limite del quinto venga superato ogni successiva
cessione risulta incompatibile con la prima stipulata, che rimarrà l’unica ad essere pagata tramite
cessione della retribuzione.
In caso di pignoramento...
Caso altrettanto frequente è quello in cui la retribuzione del dipendente sia colpita da atti di sequestro
o pignoramento. Se la cessione del quinto viene
notificata al datore di lavoro dopo un eventuale
provvedimento di sequestro o pignoramento, l’articolo 68 del Dpr n. 180/1950 prevede al primo comma
che: «la cessione […] non può essere fatta se non
limitatamente alla differenza tra i due quinti dello
stipendio o salario valutati al netto delle ritenute
e la quota colpita da sequestri o pignoramenti».
Ovvero, ipotizzando una retribuzione al netto delle trattenute pari a 100 e il pignoramento
nel limite del quinto (20), la quota di retribuzione
cedibile sarà pari alla differenza tra i 2/5 di 100
(40) e la quota pignorata (20) e sarà cioè pari a 20.
Viceversa, se la cessione del quinto viene notificata al datore di lavoro prima di un eventua-
“Capita frequentemente
che un lavoratore esposto
a tensioni o esigenze
finanziarie stipuli
più di una cessione
del credito retributivo.
La seconda cessione
risulta valida se non
supera il limite del quinto;
nel caso in cui il limite
del quinto venga superato,
ogni successiva cessione
risulta incompatibile
con la prima stipulata”
La cessione del
quinto perde terreno
Flessione per la cessione
del quinto nei primi
dieci mesi del 2011.
Secondo i dati Assofin,
infatti, tra gennaio
e ottobre dello scorso anno
per questo prodotto
si è verificato un calo
del 5,4%.
I motivi?
Da un lato, la stretta
sul credito attuata dalle
principali compagnie
assicurative, che hanno
inasprito i criteri
per la concessione
del credito ai dipendenti
delle aziende private.
Dall’altro, il divieto
di rinnovare le polizze
prima della scadenza
imposto dalla Banca
d’Italia.
In controtendenza,
invece, i Prestiti personali,
che nel corso dei dieci
mesi in esame hanno
avuto un incremento
del 6%.
le provvedimento di sequestro o pignoramento,
allora lo stesso articolo decreta che: «non si può
sequestrare o pignorare se non la differenza fra
la metà dello stipendio o salario valutati al netto
di ritenute e la quota ceduta». Ipotizzando, in tal
caso, una retribuzione al netto delle trattenute pari
a 100 e una cessione nei limiti del quinto (20), il
pignoramento successivo non potrà superare 30,
pari alla differenza tra 50 (metà dello stipendio
netto) e 20 (cessione pari a un quinto).
...e di riduzione
Si può verificare inoltre il caso in cui lo stipendio subisca una riduzione in virtù del cambio del
rapporto di lavoro in essere come ad esempio il
passaggio a un part-time, sanzioni disciplinari,
sospensioni del rapporto dovuti alla cassa integrazione o malattia. Se la riduzione è in misura
inferiore o pari a 1/3 dello stipendio, la quota da
trattenere resterà invariata; se invece lo stipendio
subisce una riduzione maggiore di 1/3, il datore di
lavoro è tenuto a ricalcolare la trattenuta di un 1/5
sul nuovo stipendio netto e, sarebbe opportuno, che
comunicasse per iscritto al finanziatore l’evento che
ha modificato la retribuzione e l’eventuale nuova
quota da trattenere.
Oltre allo stipendio, il Ministero del lavoro ha
chiarito che la cessione del quinto può interessare
anche il Tfr e non impedisce la relativa devoluzione
alla Previdenza complementare (o all’Inps), fermo
restando che gli enti previdenziali dovranno tener
conto della cessione e pagare il debito al creditore
cessionario. Sarà prudente, da parte del datore
di lavoro, dare debita notizia della cessione a tali
soggetti.
Il tema della cessione del quinto non va mai
sottovalutato dall’azienda, soprattutto quando più
soggetti (società finanziarie, istituti di credito, mogli
separate o divorziate) si presentano al datore di
lavoro in veste di creditori insoddisfatti che vanno gestiti caso per caso, richiedendo talora anche
l’ausilio di un legale.
Per tutti questi motivi, la cessione del quinto
della retribuzione rappresenta per le aziende una
situazione da gestire con molta attenzione date le
molteplici complessità delle condizioni lavorative
e personali dei dipendenti.
n
43
strumenti situazioni insolite
In carcere
per imparare
Le porte della casa di reclusione di Opera
si sono aperte alle aziende. L'obiettivo? Capire
come si lavora in un ambiente pieno di difficoltà
e (solo) all'apparenza poco motivante
di Maurizio Bertoli e Stefano Bertolina
Partner
e Responsabile
Formazione
Aziende di SLO
Direzione Settore
Formazione
Persona e Imprese
di Galdus
44
U
{
[email protected] - [email protected]
n percorso di formazione che porti i manager detenuti, nella Casa di
reclusione di Opera ad ascoltare come se la cavano Direttore e Ispettori
di Polizia penitenziaria nel tenere insieme vincoli ed esigenze anche
drammatiche in un panorama di scarsissime risorse: una nuova follia dell’outdoor
o un progetto unico?
Intanto è un’idea che ha radici e una storia. Nasce
da una collaborazione fra la Casa di reclusione e
due società di formazione e consulenza milanesi:
SLO e Galdus, che hanno realizzato percorsi di
consulenza e formazione accompagnando la Direzione alla creazione di nuove prassi organizzative.
L’intervento è stato riproposto anche alla squadra
degli Ispettori, così da uniformare le prassi a livello
intermedio. Gli Ispettori sono le figure professionali
che gestiscono i reparti (circa 600 detenuti) e una
squadra di agenti di 80 unità, di fatto assimilabili
a dirigenti intermedi, snodi organizzativi fondamentali. Senza il loro contributo il carcere non
funziona. L’idea di aprire il carcere alle aziende
ha preso corpo all’interno di questo intervento,
come progetto di continuità con ricadute positive
sia per il carcere sia per le imprese.
Da una parte infatti la proposta si incastona in
una riflessione condotta dai formatori sulle modalità offerte più frequentemente dal mercato di settore
che privilegiano l’esperienza "diversa" e "forte"
attraverso outdoor sempre più lontani, e anche
più estremi, con il rischio di allontanarsi troppo
dal contesto lavorativo e diventare una vacanza,
nel senso latino del termine, una discontinuità, in
cui si può anche fare esperienza di rapporti diversi
e positivi, difficili però da trasferire nel contesto
organizzativo al ritorno e quindi da spendere realmente.
Anche in questo modello, è vero, ci si allontana
dal proprio contesto, ma si rimane in un’organizzazione molto strutturata, in cui gestione del tempo
e delle emergenze, vincoli organizzativi, sistema
delle regole, gerarchie, autonomia dei singoli si
presentano con molta chiarezza, quasi amplificati.
Si tratta quindi di una modalità formativa che,
pur decontestualizzando, suscitando emozione,
mettendo in gioco le persone, conduce a una riflessione su tematiche proprie di ogni azienda.
Inserita in un percorso di formazione strutturato
e costruito su misura, permette al gruppo che vi
partecipa di cogliere gli aspetti più interessanti e
di farne materiale efficace per il proprio progetto
di apprendimento o di cambiamento.
Abbiamo concepito un setting formativo come
spazio di narrazione, luogo di diverse storie, dove
poter oscillare fra il "qui e ora" e il "là e allora". In
gioco è la possibilità di riconnettere le esperienze e
le storie lavorative e organizzative dei partecipanti
a una prospettiva di costruzione di significati orientati a processi di crescita personale e professionale
(il concetto di sensemaking elaborato da Weick).
Intervistando tre manager HR che hanno partecipato alle diverse edizioni fino a oggi tenute, è
emerso il fatto che ognuno ha colto e sviluppato
aspetti diversi, sebbene connessi.
Barbara Lorenzin sottolinea la riflessione
sulle capacità e professionalità del manager come
gestore della complessità: «In questo caso governare una popolazione numerosa, con tutte le sue
complessità, e quali complessità, da coniugare
con la parte organizzativa (uscite, interrogatori, servizi riabilitativi, visite) in una cornice di
codici rigidi è una sfida quotidiana che richiede
grande flessibilità e capacità creativa, nel senso
di individuare soluzioni ogni giorno diverse, a
volte anche in situazioni di emergenza. Dietro
c’è un vero spessore professionale, legato alla
capacità di essere un manager oltre che un profondo conoscitore delle regole».
Mario Perego, Direttore risorse umane Heineken Italia, ritiene interessante che in un contesto poverissimo, «in contrasto con le molte
risorse tecnologiche dell’azienda, si incontrino
persone che fanno le cose bene semplicemente
perché vanno fatte bene, senza le leve motivazionali classiche e nemmeno un sistema di
Non solo
detenuti
Costruita negli anni '80,
la Casa di reclusione
di Opera è il carcere più
grande d'Europa e ospita
1.400 detenuti. Nonostante
la situazione difficile
dei penitenziari italiani,
sono numerose le attività
organizzate: laboratori
di pittura, lettura
e scrittura creativa.
C'è anche un teatro
e nel carcere si è formata
anche una banda musicale:
gli Opera House.
valutazione. È l’occasione per aprire un filone
di riflessione interessante: cosa fa sì che in una
situazione così faticosa e apparentemente poco
motivante le persone reggano e lavorino bene?
Non si può certo pensare a una gratificazione
classica, in termini di guadagno. E allora cosa
le motiva: un fortissimo senso di appartenenza?
Una cultura organizzativa che porta ad aderire
al proprio mandato?».
Marzia Segato, HR manager di Electrolux
Group, confessa di aver avuto un'iniziale preoccupazione prima di proporre l’esperienza al
management team dello stabilimento di Solaro:
«Temevo che ci fossero troppe similitudini, come
quando ci si lamenta dicendo che si è "imprigionati" da eccessivi legami e condizionamenti…
In realtà la visita alla Casa di reclusione e il
confronto con il Direttore e gli Ispettori hanno
avuto un effetto ridimensionante. Abbiamo visto che c’è chi si muove in ambiti più difficili
del nostro, più rigidi, eppure riesce a muoversi.
Quindi impariamo da loro e andiamo oltre le
lamentele».
In molte altre interviste appare come nell’accettare la sfida costituita da un ambiente difficile, nel mettersi in gioco in questa dimensione
di innovazione, si possa intravedere anche la
possibilità di gestire lo stress in modo positivo.
Un altro tema di non poco peso.
Ma per il carcere che ritorno c’è? «La nostra
immagine è legata a eventi negativi, questa è
un’occasione per vederla da un altro punto di
vista: anche le aziende hanno qualcosa da imparare da noi. E questa lettura positiva, a ricaduta, si riversa su tutta l’organizzazione», spiega
il Direttore della Casa di reclusione Giacinto
Siciliano.
E cosa può insegnare il carcere alle aziende?
«Noi – continua il Direttore – siamo un ottimo
esempio di come si possa "fare" anche con poche risorse: perché noi non possiamo fermarci,
dimettere i detenuti nascondendoci dietro una
mancanza di risorse. Abbiamo imparato a reggere anche in situazioni di tensione, adattandoci.
Inoltre c’è una sfida da raccogliere: trovare il
modo per organizzare e gestire questa attività in
un’istituzione molto rigida e molto grande», aggiunge il Direttore. Uno che di sfide se ne intende.
In conclusione, dunque, tornando alla domanda iniziale: è follia o unicità? Certamente nel
progetto un pizzico di follia c’è, quanto basta
per accettare una sfida innovativa e unica, che
le aziende potrebbero raccogliere, soprattutto
in questo periodo di crisi e di sfiducia.
n
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La sfida della
bellezza, oggi
Il libro di Giuseppe Varchetta offre la possibilità
di riflettere su una delle virtù più discusse, molto
presente nelle nostre vite. Anche in azienda
LA SCHEDA
TITOLO Trame di bellezza. Individuo, organizzazione,
progettualità
AUTORE Giuseppe Varchetta
ANNO 2011
CASA EDITRICE Guerini e Associati
COLLANA Libri di Ariele
PAGINE 125
PREZZO 16,50 euro
D
ella difficile sfida della bellezza
tratta l’ultimo, affascinante saggio di Giuseppe Varchetta, Trame di bellezza (Guerini e Associati, 2011).
Un percorso acronico e inusuale che ci
conduce, sotto la guida del maestro Gino
Pagliarani, alla scoperta di tratti poetici e
non solo, di una vicenda umana e manageriale di indubbia sensibilità.
Le trame di bellezza sono frammenti,
pezzi di magia estrapolate da un manifesto
strappato dai muri (come quello in copertina), testi distanti nel tempo e nello spazio:
un epitaffio artistico di Fabio Mauri, un
appunto di Ettore Sotsass, un paragrafo
delle lettere a Lucillo e la sua immagine
speculare ritrovata, duemila anni dopo,
in Camus, per una di quelle coincidenze impossibili che tanto affascinavano il
vecchio Pagliarani. Una raccolta preziosa che si configura come una sorta di
«dono, un rimandare a territori misteriosi,
inesplorati, necessariamente a [...] radici
molto lontane».
Sono pezzi di una storia intellettuale
che si confonde continuamente tra quella
dell'autore e quella del suo homo faber, che
può essere di volta in volta poeta, manager,
artista, uomo di mondo, ma che è sempre
l'esploratore di una dimensione infantile mai
rinnegata. Per questa ragione del tutto
diverso dall'uomo mancato, da colui che
non ha osato inseguire la propria bellezza
nel timore di un fallimento possibile e per
questo si è condannato a vivere di continuo
l'inevitabile confronto tra quanto realizzato
e le potenzialità continuamente percepite di quello che avrebbe potuto essere
Massimiliano Santoro
massimiliano.santoro@
gruppoprospecta.it
Antropologo e Senior Partner
di Gruppo Prospecta
ma che non ha neppure osato pensare.
A chi si rivolge allora questa raccolta di
trame invisibili che ci richiamano costantemente a questa bellezza agita e mancata,
vissuta e temuta? A noi tutti, immagino.
Certamente anche alle donne e agli uomini
che vivono le organizzazioni e che, troppo
spesso, si nascondono, negandosela, questa opportunità di bellezza. Una bellezza che
stupisce e affascina, testimonianza possibile
di un saper essere che continua a sfuggire
ai grandi testi manageriali e di cui invece si
trovano tracce chiarissime nel linguaggio
poetico, dal John Keats delle lettere sulla
poesia al Philip Roth di Nemesi che attribuisce al piccolo Alan la capacità di vivere
ogni giorno della sua vita meravigliandosi di
ogni cosa e traendo diletto da tutto.
Forse è questo il senso del libro, al
tempo stesso una promessa e un monito. Ma anche la speranza sobria di un
uomo che assapora ogni giorno la vita e
ne conosce il valore. Queste, in fondo,
sono le trame di bellezza che Varchetta
ha appuntato con puntigliosa precisione
per una vita, sapendo restituircele intatte
in questo breve e illuminante libro. n
“La speranza sobria di un uomo
che assapora ogni giorno la vita
e ne conosce il valore: questo
il senso del libro di Varchetta”
47
strumenti COACHING INTEGRATIVO
le differenze
che ci rendono uguali
I contrasti sono una ricchezza per tutti. Qualcosa
che ci unisce c'è sempre: una sorta di alfabeto
comune che è alla base di ogni organizzazione
di Duilio Cau
Comunicatore
e formatore
Q
{
[email protected]
uando un Tuareg nel deserto incontra un altro Tuareg, lo saluta.
I Tuareg partono dal presupposto che è di gran lunga più difficile
uccidere una persona con la quale hai già stretto conoscenza. È
più difficile uccidere e, conseguentemente, è più difficile essere uccisi. In termini
sistemici si tratta di un tipico approccio strategico.
L’approccio tattico considererebbe quale è la
mia forza rispetto a quella della persona che incontro. Se sono apparentemente più forte, non
accetterò il saluto per essere libero di prevalere
sul mio interlocutore. Se sono apparentemente più
debole cercherò il saluto per evitare di soccombere.
I Tuareg scommettono sul fatto che una relazione nella quale nessuno rischia di essere ucciso
può portare benefici a entrambe le parti. E per loro
non ha nessuna importanza se chi incontrano è
una persona o un gruppo di persone, se è un capo
tuareg o meno, se non è un tuareg o un membro
della stessa tribù.
Poi litigano, se è il caso, e anche tanto. Per
certi aspetti sono più litigiosi perché sanno che,
a qualunque livello arrivi, la loro divergenza non
avrà mai conseguenze disgregative, sarà pura dialettica senza rischi.
Nelle nostre organizzazioni, nelle aziende, il
saluto ha ormai perso questa funzione scivolando progressivamente verso una ritualità fine a
se stessa.
Ma la reciproca conoscenza può ancora fare
miracoli.
Franco Basaglia, lo psichiatra che ha riportato
48
la psichiatria a essere cura e non segregazione,
partiva sempre da una sola considerazione: «Visto da vicino, nessuno è normale». Voleva porre
in evidenza che ciascuno di noi dimostra la sua
anormalità, intesa come non riducibilità a uno
standard, la sua specificità e, soprattutto, che
questo nostro essere ciascuno specifico rispetto
agli altri ci rende tutti uguali.
La forma di conoscenza più autentica è il riconoscimento di questo nostro essere tutti uguali
e tutti specifici.
E il riconoscimento avviene sempre "a priori".
È come dirsi tra sé e sé: «Io penso che tu sei come
me indipendentemente da quello che pensi, da
quello che vuoi, dal ruolo che occupi, dal contesto
in cui siamo, da quello che succederà».
Niente di diverso, in fondo, da quello che avviene tra i tuareg.
Quante volte succede questo nelle nostre organizzazioni?
Quante volte invece, anziché unirsi, ci si di-
“Questo qualcosa
che ci rende uguali
e ci unisce esiste e si può
trovare e mettere
in luce in modo tale
che non sia a rischio
il legame organizzativo
e la libertà di ricercare
le soluzioni
e i comportamenti migliori”
vide “a priori” prima ancora che siano le vere e
concrete divergenze a dividerci?
E quante volte si adottano comportamenti e
procedure volti a circoscrivere e limitare i momenti dialettici solo perché se ne teme il rischio
disgregativo?
Tutti concordano sul fatto che le differenze
sono una ricchezza. Ebbene, anche i contrasti e
le contrapposizioni sono una ricchezza perché
apportano nuova linfa, idee e soluzioni imprevedibili e, quindi, ad alto valore aggiunto.
Perché spesso succede che, pur di evitare un
potenziale conflitto, si tende a evitare di affrontare
un reale problema, con risorse che si impegnano
per limitare e risorse che non si liberano per creare.
Già, ma cosa ci rende fondamentalmente uguali
gli uni agli altri al di là della nostra specificità?
Jung lo chiamava “inconscio collettivo”, l’idea
che ognuno di noi contenesse al suo interno degli
archetipi, degli schemi di ragionamento e comportamento come fossero le lettere di un alfabeto
uguale per tutti, con le quali ciascuno di noi può
scrivere ciò che vuole.
Non è importante definirlo adesso e non è neanche il mio compito. È importante sapere che
questo qualcosa che ci rende uguali e ci unisce
esiste, e si può trovare e mettere in luce in modo
tale che non sia a rischio né il legame organizzativo né la libertà di ricercare le soluzioni e i
comportamenti migliori.
Sappiamo che esiste e vogliamo metterlo in
luce. Ma dove si trova?
Per dirla con la similitudine precedente, se abbiamo lo stesso alfabeto dobbiamo parlare sempre
la stessa lingua, anche se diciamo cose diverse.
Dove si trova questo “alfabeto umano”?
Si trova dentro ciascuno e si trova in profondità, non occorre portarlo dentro, ma è sufficiente farlo venire alla luce. Come se ogni persona
Alla testa
dell'umanità
Secondo Jung l'inconscio
collettivo appartiene a tutti
gli uomini. Si tratta di una
sorta di “alfabeto comune”
che racchiude in sé le
forme e i simboli presenti
in tutti i popoli di tutte
le culture. La sfida,
nelle nostre organizzazioni,
è far venire alla luce
questo linguaggio condiviso
in modo da facilitare
l'integrazione all'interno
di un gruppo. In fondo,
basta prendere esempio
dai Tuareg che, quando
si incontrano nel deserto,
si salutano anche
se non si conoscono.
desse e ricevesse simultaneamente il saluto dei
tuareg, così è possibile spolverare ogni individuo e ritrovare le condizioni preliminari perché
un’organizzazione acquisisca solide dinamiche
integrative.
La tecnica di spolvero esiste e si chiama coaching integrativo, una modalità articolata che ho
sviluppato cercando di conciliare la peculiarità del
coaching individuale con le necessità di sviluppo
organizzativo.
Il suo fondamento è che, in termini di coesione e integrazione organizzativa, le tattiche
sono molte ma la strategia è una sola, e che le
tattiche si possono imparare mentre la strategia
è già dentro di noi.
Il coaching integrativo sviluppa un percorso di
integrazione a vari livelli aziendali, indipendentemente tanto dai contesti economici che da quelli
relazionali, massimizzando il potenziale integrativo
in ogni circostanza proprio perché lavora a priori
sulle condizioni che generano integrazione. n
49
strumenti qualità autentiche
Il gruppo nasce
in armonia
I punti di forza di una persona, se portati
all'eccesso, rischiano di rivelarsi una trappola.
È fondamentale quindi trovare un equilibrio
di Patrizia Farnetti e Ira Orsini
Executive Consultant
& Coach
di Reiss Romoli
S
{
[email protected]
[email protected]
quadra, senso d’appartenenza, identità di gruppo. È possibile raggiungere questi obiettivi senza parlare di culture organizzative da
un lato e di consapevolezza individuale dall’altro? La risposta è no,
non è possibile. Il tema semmai è un altro: come coniugare la rappresentazione
del singolo con la mappa della collettività? L’intervento formativo realizzato con
Progettista
e Docente
Area Comportamenti
Organizzativi Service
Unite Formazione
di Telecom Italia
50
HR-Services di Telecom Italia, per un team composto da 16 persone della struttura NWS della
stessa azienda, costituisce un esempio di risposta
a questo interrogativo.
Il team presenta alcune peculiarità:
1. le attività portate avanti dalla funzione sono
sostanzialmente riconducibili a due diversi filoni e
la tipologia di job non richiede interazioni particolarmente “spinte” tra le persone. Si tratta di attività
contrassegnate da un alto livello di specializzazione
e autonomia;
2. la composizione della funzione nell’attuale
“formazione” è recente, come anche il cambio di
leadership intervenuto.
L’esigenza della committenza era quella di creare un’identità di team forte e riconoscibile anche
all’esterno e di costruire una prospettiva comune attraverso il confronto e l’adozione di modelli
condivisi.
L’intento che è stato rappresentato al team di
progetto era quello di lavorare su queste finalità
partendo dal rafforzamento delle identità personali,
attraverso l’emersione e la valorizzazione delle
potenzialità individuali.
Il modello delle core qualities sviluppato da Da-
niel Ofman ci è sembrato lo strumento adeguato per
rispondere coerentemente alle finalità dichiarate e
attivare processi di consapevolezza a diversi livelli. Il modello, infatti, fornisce una prospettiva di
analisi e comprensione delle eccellenze e dei punti
di caduta delle persone, dei gruppi e delle culture
organizzative e può essere utilizzato con successo
in programmi di sviluppo dei comportamenti organizzativi quando l’obiettivo è proprio quello di
agire su tre dimensioni: prospettiva individuale,
relazioni tra i membri, prospettiva organizzativa.
Equilibrio cercasi
Ofman parte dal presupposto che persone, gruppi
e aziende siano connotati dalle loro "qualità autentiche" che, diversamente da capacità apprese,
ne caratterizzano il nucleo, l’essenza. Esempi di
Qualità autentiche personali sono la flessibilità,
la determinazione, il coraggio. Ma ogni qualità
autentica è accompagnata dalla sua ombra, dalla
sua distorsione che altro non è che l’eccesso della
qualità stessa. La distorsione della qualità autentica
di una persona è anche la sua trappola. E così chi
è flessibile rischia di diventare incoerente, chi è
risoluto rischia di diventare insistente e così via.
Cosa fare per evitare la trappola? Il modello offre
una soluzione: sviluppare la sfida, la qualità positiva diametralmente opposta alla trappola. Ad
esempio, la trappola dell’insistenza potrebbe offrire
la pazienza come sfida. Quello che conta è trovare
il giusto equilibrio tra risolutezza e pazienza. Non
si tratta di diventare meno risoluti per il timore di
essere insistenti, ma di sviluppare una risolutezza
paziente.
Ma attenzione, le persone sembrano perdere la
calma quando entrano in contatto con l’eccesso
della propria sfida. Quanto più un’altra persona ci
mette a contatto con la nostra allergia, tanto più
sarà probabile che cadiamo nella nostra trappola.
Nel progetto Dal perimetro al centro: percorso
di sviluppo del team abbiamo utilizzato il modello
di Ofman, affiancando al quadrante delle qualità
autentiche un'esperienza che consentisse ai partecipanti di cogliere – non solo dal punto di vista
cognitivo, ma anche da quello emotivo – il rapporto
tra qualità individuali e identità del team: l’esperienza proposta consisteva nella realizzazione di
una mostra pittorica.
Siamo partiti dalla presentazione e dalla condivisione del modello, abbiamo lavorato sull’individuazione delle qualità autentiche personali.
Sono emerse le qualità autentiche personali dei
16 membri della funzione quali la flessibilità, la
determinazione, il coraggio, la pazienza. Questa
partenza ha creato un prezioso cambio di paradigma in quanto ha costretto tutti a ragionare sui
punti di forza.
Il lavoro sui quadranti individuali si è anche
dimostrato uno strumento potente per creare, in
Anima e arte
Una specie di
rivoluzionario. Così può
essere definito Daniel
Ofman, fondatore di Core
Quality, agenzia che
si occupa di sviluppo
organizzativo. In un
ambiente dominato
da un approccio
tecnocratico, Ofman
ha concentrato la sua
attenzione sull'importanza
delle "qualità autentiche"
che ciascuno possiede,
accompagnate dal loro
opposto che rischia
di diventare una trappola.
In questo progetto,
realizzato per Telecom,
è stato utilizzato il modello
di Ofman per l'allestimento
di una mostra pittorica: i
partecipanti hanno prodotto
alcune tele (nelle foto)
a dimostrazione che
il gruppo, quando funziona,
produce cose concrete.
un tempo relativamente breve, un forte senso di
intimità e profondità. Ciò ha consentito di passare
facilmente a ragionare sulle relazioni tra i membri
del gruppo e, attraverso il doppio quadrante, a evidenziare il ruolo della fiducia e della collaborazione
nella costruzione di un clima autentico di squadra.
Il tema dell’equilibrio è stato il fil rouge con
cui si è intrapresa l’attività di painting: l’arte è
un prezioso gioco di equilibri e armonia. Quali
sono le qualità autentiche che caratterizzano i due
filoni di attività della funzione? Quali le trappole,
le allergie e le sfide? I partecipanti, divisi in due
gruppi, hanno realizzato due tele: la propria qualità
autentica (l’eccellenza) e la propria sfida (l’attesa
degli stakeholder).
Un quadro della situazione
Sono stati proprio gli stakeholder più significativi (i
responsabili delle altre funzioni) a raggiungerci nel
pomeriggio della seconda giornata e ad assistere
alla presentazione delle opere e del loro significato
da parte dei partecipanti.
È stata un’esperienza intensa, emozionante,
densa di significati. Ci siamo aperti all’esterno
interrogandoci su come siamo percepiti dai nostri
interlocutori, ci siamo chiusi e guardati dentro in
un gioco di specchi intimo. Abbiamo effettuato
un percorso che è andato dal centro al perimetro
e di nuovo dal perimetro al centro nella preziosa
scoperta di un potenziale personale e di gruppo.
Le tele infine hanno rappresentato un manufatto
concreto, qualcosa che il gruppo ha prodotto e
che, appeso alle pareti della Funzione, continuerà
a costituire nel tempo un potente simbolo di identificazione e appartenenza. n
Si ringrazia Nunzia Puglisi (Referente HR National Wholesales di Telecom Italia) per l’effettivo
contributo all’iniziativa.
51
P
congressoAIDP2012Badesi
Competitività
e Persone
In Italia stiamo facendo i conti
con un sistema definito poco
competitivo. In questo contesto,
il capitale umano sarà sempre
più determinante e unire
produttività e sviluppo
delle persone sarà
la sfida più ambiziosa.
Quindi la competitività
rappresenta per la nostra
associazione, per le
imprese e per il sistema
Italia il tema centrale
a cui è dedicata
questa edizione
53
congressoAIDP2012Badesi
DEDICATO A: Top manager, Direttori del Personale, Professionisti HR, Professionisti d’azienda,
VENERDÌ 8 giugno 2012
8.00
Mauro Sirani Fornasini
REGISTRAZIONE PARTECIPANTI
Amministratore Delegato Intertaba Philip Morris
Francesca Pasinelli
Direttore Generale Telethon
Coordina
8.45
APERTURA LAVORI
BENVENUTO E INTRODUZIONE
Severino Salvemini
Andrea Sorgia
SDA Bocconi School of Management,
Professore Area Organizzazione e Personale
Presidente AIDP Sardegna
Filippo Abramo
Presidente Nazionale AIDP
13.00
9.15
QUESTION TIME
a cura di Andrea Sorgia
Presidente AIDP Sardegna
COMPETITIVITÁ E PERSONE NELLE TESI CONGRESSUALI
Paolo Iacci Comitato Scientifico Sardegna 2012
Giorgio Sangiorgi Coordinatore Scientifico Sardegna 2012
13.30
CHIUSURA LAVORI
9.45
MEGA TREND GLOBALI
SFIDE E IMPLICAZIONI SULLE RISORSE UMANE
13.45
LUNCH
Gennaro Casale
17.00
Vice President Managing Director, Boston Consulting Group
PRESENTAZIONE DEI RISULTATI DEL “GIRO D’ITALIA”
10.30
coffee break
CAPRI COMPETERE VALORIZZANDO LE PERSONE
Franco Cipriano Presidente AIDP Campania
Severino Nappi Assessore Formazione & Lavoro Regione Campania
11.00
ORGANIZZAZIONI, COMPETENZE E MOTIVAZIONI
Dino Ruta SDA Bocconi School of Management,
Professore Area Organizzazione e Personale
ORVIETO LA GESTIONE DEL PERSONALE NELLE PMI
Approcci e testimonianze tra normativa e fattori competitivi
Michele Tripaldi Presidente AIDP Lazio
Marina Scatena Direttore Risorse Umane Braccialini
11.45
TAVOLA ROTONDA - IL LAVORO DEL FUTURO
Federica Dallanoce
GENOVA HR E NUOVE TECNOLOGIE
L’impatto delle tecnologie sull’organizzazione del lavoro
Stefano Ferraro Presidente AIDP Liguria
Bianca Falcidieno Presidente Area Ricerca CNR Genova
Amministratore Delegato Ferrari Ventilatori Industriali
Graziella Gavezotti
Presidente e Amministratore Delegato Edenred Italia
Partner AIDP 2012
54
imprenditori e studiosi dell’area risorse umane di organizzazioni pubbliche e private
CERVIA PERSONE: VALORE, SPRECO, COMPETITIVITÁ
Isabella Covili Faggioli Presidente AIDP Emilia Romagna
Enzo Spaltro Fondatore Università delle Persone
Coordina
18.45
Giorgio Sangiorgi
CENA DI GALA
PREMIAZIONE CONCORSI
Università di Cagliari, Professore Psicologia delle Organizzazioni
Presentazione dell'International Positive Business Forum
Marco Masella Presidente Scuola di Palo Alto
21.00
SABATO 9 giugno 2012
8.30
Patrizia Bonometti
Incontri in area sponsor
HR Regional Director Europe Tenaris Dalmine
Angelo Maria Manzi
9.30
Capo Risorse Umane Agenzia delle Entrate Direzione RAS
VIDEO PRESENTATO DA SEVERINO SALVEMINI
Luca Vignaga
Direttore Risorse Umane Marzotto Group
10.00
Alexandra Young
TAVOLA ROTONDA
IL FUTURO DEL LAVORO SECONDO I RESPONSABILI
DELLE RISORSE UMANE: LE STRUTTURE E LE REGOLE
Direttore Risorse Umane Mediobanca
Coordina
Gustavo Bracco
Presidente di BCC Credito al Consumo
Senior Advisor Human Resources Pirelli
Fernando Ferri Direttore Risorse Umane Saras
e Presidente Sartec
Danilo Villa Direttore Risorse Umane Coop Italia
Coordina
Paolo Iacci
12.30
SINTESI DEI LAVORI DEL CONGRESSO E DEI GRUPPI REGIONALI
Giorgio Sangiorgi
Coordinatore Scientifico Sardegna 2012
Massimo Giuliberti
Direttore del Personale e Organizzazione Martini & Rossi
12.45
CHIUSURA LAVORI
11.00
Filippo Abramo Presidente Nazionale AIDP
coffee break
13.00
11.30
ASSEMBLEA NAZIONALE AIDP
TAVOLA ROTONDA
LA COMPETITIVITÁ SECONDO I RESPONSABILI
DELLE RISORSE UMANE: LE PERSONE E I COMPORTAMENTI
13.45
LIGHT LUNCH
55
congressoAIDP2012Badesi
DEDICATO A: Top manager, Direttori del Personale, Professionisti HR, Professionisti d’azienda,
Il lavoro del futuro
AIDP, nell'ambito del proprio congresso, lancia due iniziative rivolte ai giovani: un concorso nazionale
per laureati e laureandi sul tema della funzione HR e uno rivolto a potenziali nuovi imprenditori sardi
«
C
hi si affaccia al lavoro rischia di non
riuscire a esprimere le proprie capacità prima di lunghi anni. Contemporaneamente, l’ascensore della mobilità
sociale rallenta o si ferma del tutto, finendo per
consolidare un sistema nel quale le opportunità
di crescita sembrano più legate alle risorse della
famiglia che alla professionalità individuale. Tutto
questo nuoce sia all’impresa, che si priva di potenzialità eccellenti, sia agli individui, soprattutto ai
migliori, che nel livellamento vedono compromessa la propria possibilità di crescita e di carriera.
Occorre adottare strategie che valorizzino le caratteristiche individuali attraverso l’affermazione
di criteri gestionali di tipo meritocratico».
Come diventare un paese per giovani? Il
41° Congresso Nazionale AIDP nasce con una
visione ottimistica del futuro. Perché il nostro
Paese dispone delle risorse, delle competenze
e della creatività necessarie per costruirlo in
maniera attenta alle sfide che abbiamo davanti
e alle esigenze di coloro che vivono, con ruoli
diversi, la quotidiana realtà del lavoro.
Per costruire il lavoro del futuro, tuttavia,
occorre incominciare a immaginarlo partendo
anche dalle attese, dalle visioni e dai talenti
di coloro che saranno impegnati presto ad
accompagnare i processi di cambiamento e
la sfida della crescente competitività.
Il concorso Nazionale Giovani 2012 Pensando al futuro è un piccolo tassello per costruire
il futuro del lavoro di domani.
Partecipanti
Laureati e laureandi dell’ultimo anno in tutte le
discipline di età inferiore ai 28 anni al momento
della pubblicazione del Bando.
Oggetto del Bando
Il lavoro consiste in un elaborato originale composto da un massimo di 10 cartelle (1.800 battute
spazi inclusi a cartella) o slide che illustri il tema
del Congresso (Pensando al futuro, Compe-
La Sardegna
fa l'impresa
Per agevolare i giovani
sardi di non oltre 28 anni
con idee e progetti che
coniugano visione del
futuro e senso pratico,
AIDP bandisce il concorso
"Progetto di nuova PMI
innovativa", che premierà
e sosterrà lo spirito
imprenditoriale di chi vuole
fare ingresso nel mondo
del lavoro con una propria
idea di impresa. Il concorso,
inserito nell’ambito delle
attività del congresso AIDP
2012, ha l’obiettivo di
sostenere l’avvio di un’idea
imprenditoriale connotata
da fattori di R&S di forte
innovazione e compatibile
con le prospettive di nuovo
sviluppo della Sardegna.
Per partecipare, occorrerà
inviare il proprio progetto
descritto in sei cartelle
entro il 30 aprile 2012
ad [email protected] citando
il titolo del concorso nonché
i propri riferimenti. Una
giuria nominata da AIDP
valuterà il miglior progetto.
Il premio è una borsa di
studio che coprirà i costi
di accompagnamento,
tutoraggio e consulenza
specializzata, per l’avvio
dell’attività di impresa.
Il premio è subordinato
al finanziamento
dello stesso da parte
del partner individuato.
56
titività e Persone) sotto il profilo scientifico o
professionale. Potrà consistere in una riflessione
scientifica, in uno studio tematico, in un progetto
comunque riferiti alla problematica della gestione e dello sviluppo delle Risorse Umane, con
particolare riferimento alla funzione HR.
Modalità
di partecipazione
Gli elaborati dovranno essere inviati alla Segreteria Nazionale AIDP entro e non oltre il 20
aprile 2012.
Registrazione e invio materiale, compilando
il form al sito www.aidp.it.
Il form, di semplice compilazione, richiede informazioni anagrafiche, titolo del lavoro proposto,
sintesi/abstract (massimo una cartella/slide) ed
elaborato completo.
Premio
Le tesi prescelte dalla Commissione Scientifica
saranno premiate con un master in ambito HR
a completamento del percorso di studi e/o uno
stage in azienda.
Commissione di Selezione
Un’apposita commissione di valutazione composta da AIDP, dai partner e dagli enti promotori
dell’iniziativa valuterà i lavori proposti e procederà
alla designazione dei vincitori.
Premiazione
La premiazione pubblica avrà luogo a Badesi
(Ot) l’8 giugno 2012 durante la Cena di Gala.
La tesi vincitrice e i migliori elaborati verranno
pubblicati nei Quaderni del Congresso, sul sito
nazionale dell’Associazione e verranno segnalati
alle aziende del network AIDP.
Tutte le informazioni su modalità di partecipazione, commissione di valutazione, partner
ed enti promotori sul sito www.aidp.it alla voce
Pensando al futuro, Concorso giovani 2012. n
imprenditori e studiosi dell’area risorse umane di organizzazioni pubbliche e private
Storie (positive) di tutti i giorni
Concorso nazionale aziende: buone pratiche HR per competere
C
'
è un Paese non raccontato che
insegue e raggiunge risultati
positivi, composto da tantissime
aziende, anche di piccole e medie dimensioni, che esprimono un’instancabile voglia di
crescere.
Si tratta di voci di esperienze imprenditoriali
e gestionali di grande vitalità che raramente
cadono sotto i riflettori dei media. AIDP ha
deciso di raccogliere queste storie e di raccontare e premiare quelle più rappresentative in
occasione del suo 41° Congresso Nazionale.
Con un obiettivo: capire come si può consolidare un successo in anni difficili e come
nonostante la crisi si possa continuare a
offrire ai propri collaboratori rinnovati motivi
per tenere alto l’impegno e forti i legami
all’azienda, all’insegna di una filosofia manageriale che decide di puntare sulle persone.
AIDP, da sempre, si pone l’obiettivo di
contribuire, anche attraverso lo scambio e
la contaminazione di esperienze diverse, al
continuo miglioramento di politiche, strumenti,
pratiche di gestione delle risorse umane. Il
Congresso Nazionale rappresenta un’occa-
per saperne
di più
Dettagli
e informazioni
sul sito
www.aidp.it
o contattando
la Segreteria
Nazionale AIDP
02 6709558
02 67071293
sione unica di condivisione e diffusione delle
migliori esperienze.
Il premio Buone pratiche HR per competere intende riconoscere e portare all’attenzione quelle aziende che si sono distinte,
nel corso dell’anno, per avere implementato
politiche, approcci o strumenti innovativi o di
particolare efficacia nell’ambito del personale.
Partecipare è semplice: le imprese interessate dovranno trasmettere entro il 20 aprile
2012 una sintetica descrizione di un caso o
di un'esperienza realizzata nell’ambito della
gestione del personale. Inviare il materiale all’indirizzo [email protected] specificando nell’oggetto:
nome azienda - HR per competere. Un’apposita
commissione, composta da AIDP e dai Partner
dell’iniziativa, valuterà gli elaborati.
Le buone pratiche selezionate saranno pubblicate nei Quaderni del Congresso e sul sito
nazionale dell’associazione. Negli spazi del
Congresso sarà allestita un’area apposita con
pannelli descrittivi dell’esperienza.
La premiazione pubblica avrà luogo durante
la cena di gala del Congresso, il giorno 8
giugno, a Badesi. n
Sostenitori AIDP 2012
Media Partner
d
Dp
by
GIUNTI O.S.
57
Direzione
del
Personale
congressoAIDP2012Badesi
DEDICATO A: Top manager, Direttori del Personale, Professionisti HR, Professionisti d’azienda,
Il nostro
giro d'Italia
I
l Congresso Nazionale AIDP 2012 rappresenta il momento di sintesi e di confronto di
un anno fatto di relazioni, approfondimenti
e convegni preparatori. Segna la tappa conclusiva di un giro d'Italia che mobilita le principali
aree territoriali del Paese su alcuni specifici
argomenti che contribuiranno ad arricchire il
dibattito generale promosso da AIDP sul tema
Competitività e Persone.
PROGRAMMI
5a TAPPA Cervia 21 e 22 aprile 2012
Persona: il valore, lo spreco, la competitività
2a TAPPA Milano 10 novembre 2011
Dialogo tra HR e Linea: idee e azioni per essere
(più) strategici
Intervengono tra gli altri: Enzo Spaltro Fondatore Università delle Persone; Filippo Abramo
Presidente Nazionale AIDP; Isabella Covili Faggioli Vicepresidente Nazionale AIDP e Presidente Università delle Persone; Nerio Bentivogli
Presidente Ober; Davide Cervellin Presidente
Tiflosystem; Federica Dallanoce Ad Ferrari Ventilatori Industriali; Paolo Dal Lago Presidente
Liquigas; Renzo Libenzi Ad Gruppo Loccioni;
Andrea Pontremoli Ad Dallara; Mauro Sirani
Fornasini Ad Intertaba Philip Morris; Luisella
Traversi Guerra pittrice e socia Robur; Lauro
Venturi Ceo Cna Milano; Sebastiano Zanolli
Ad 55DSL gruppo Diesel.
3a TAPPA Orvieto 13 marzo 2012
La gestione del personale nelle Pmi
Il convegno si terrà presso il Club Hotel Dante
in via Milazzo, 81 a Cervia (Ra).
4a TAPPA Genova 30 marzo 2012
HR e nuove tecnologie: l’impatto delle tecnologie sull’organizzazione del lavoro
La quota di partecipazione al Convegno iva
inclusa è di 300 euro (200 euro per i soci
AIDP).
La quota comprende: partecipazione al
convegno, pranzo, cena, spettacolo serale,
coffee break e merende.
Per informazioni e iscrizioni contattare
l’Università delle Persone:
[email protected],
telefono: 331 3345048. n
1a TAPPA Capri 14-15 ottobre 2011
Organizzazioni che competono, valorizzando
le persone
Agenda lavori
e informazioni
dettagliate sulle
singole tappe
del Giro nel
calendario eventi
al sito
www.aidp.it
Intervengono: Stefano Ferraro Presidente
AIDP Liguria; Bianca Falcidieno Presidente dell’area della ricerca del Cnr di
Genova; Filippo Abramo Presidente
Nazionale AIDP; Roberto Ferrari Senior
Partner ISMO; Pietro Manenti Product
Manager Monster Italia; Sergio Raimondi
Presidente F.IRE; Massimo Solari Ad
Network Integration & Solutions.
L’evento, rivolto a tutti i Soci, è organizzato dai Gruppi Regionali AIDP Liguria
& AIDP Piemonte.
La partecipazione è gratuita, previa
registrazione alla Segreteria AIDP Liguria:
[email protected].
Il convegno si terrà presso il Cnr di Genova
(Torre di Francia, via De Marini 6, 11° piano),
dalle 17 alle 20.
58
imprenditori e studiosi dell’area risorse umane di organizzazioni pubbliche e private
Appunti per il congresso
Formazione finanziata. Convenzioni. Trasferimenti. Ecco altre informazioni importanti rivolte
a coloro che hanno intenzione di partecipare all'evento in programma a giugno in Sardegna
F
ormazione finanziata. Una grande opportunità per partecipare al Congresso AIDP, un momento di alta formazione e aggiornamento professionale largamente riconosciuto in ambito HR. Per questo motivo può rientrare
tra le opportunità di formazione finanziabili dai Fondi interprofessionali. Se la tua azienda è iscritta a un Fondo
interprofessionale (Fondimpresa, Forte, Fondirigenti, Fondo Banche e Assicurazioni, Fondir e altri ancora) puoi utilizzarli
facilmente per finanziare la tua partecipazione al Congresso. n
Telefona allo 079 292787, i referenti di Consorzio Edugov sono a tua disposizione.
CONVENZIONI
transfer
Navette gratuite
per il resort
Per chi sceglie
Meridiana & Air Italy
C
ondizioni esclusive dai principali
aeroporti nazionali e Olbia sui voli
Meridiana e Air Italy.
Un ufficio booking dedicato è già attivo
dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 13 e dalle
14 alle 16.30. Presso l’aeroporto di Olbia,
inoltre, sarà previsto un servizio di accoglienza riservato agli ospiti AIDP.
La convenzione, valida per voli diretti o
via Cagliari in transito (escluse tasse aeroportuali), prevede a tratta:
• 80 euro per adesioni pervenute entro
e non oltre il 31 marzo 2012;
• 80, 100, 130 euro per adesioni pervenute
successivamente al 31 marzo 2012.
Sul sito www.aidp.it, nella sezione
Arrivi e Partenze del Congresso, trovi i
riferimenti dell’ufficio booking, tutti i dettagli
e le clausole della convenzione, le modalità
di prenotazione e pagamento.
A
Le quote
di partecipazione
Socio AIDP
250 euro
200 euro per
adesioni entro
il 31 marzo 2012
Non Socio
350 euro
300 euro per
adesioni entro
il 31 marzo 2012
Accompagnatore
50 euro
La quota accompagnatore
include la sola cena di
gala di venerdì 8 giugno
e non comprende la
partecipazione alle attività
59
IDP mette a disposizione
un servizio di navette bus
– gratuito per i partecipanti e
gli accompagnatori – per i transfer Olbia - Resort Badesi Le Dune per arrivi
previsti il 7 giugno 2012 e partenze nel
pomeriggio del 9 e il 10 giugno 2012.
Per arrivi e partenze non compresi
nelle date sopra indicate, l’organizzazione
ha previsto convenzioni agevolate per
noleggi auto e/o transfer con autista per
singoli e gruppi con Gruppo Turmotravel
(telefono: 0789 21487, email: congress.
[email protected], referente
Gill Heywood; informazioni complete su
www.aidp.it, sezione Arrivi e Partenze
del Congresso).
Per usufruire del servizio transfer
offerto da AIDP per le giornate sopra
indicate far riferimento all’aeroporto
di Olbia.
L’organizzazione valuterà inoltre –
su eventuali richieste per gruppi numerosi – se mettere a disposizione
servizi aggiuntivi da e per l’aeroporto
di Alghero.
Vi aspettiamo a Badesi per il 41° Congresso Nazionale AIDP
storie
{62.
{64.
Non sei felice? È anche colpa tua di Alessio De Santa}
Un dialogo nel buio per vincere le paure di Roberto Monti}
«Cacciava teste. / Le voleva lucide.
Brillanti. Quadrate. / Godeva quando
trovava cervelli intelligenti. / L’anima?
/ Non si può avere tutto»
di Massimo Ferrario
storie psicologia positiva
NON SEI FELICE?
È anche COLPA TUA
Secondo il professor Tal Ben-Shahar la felicità dipende
in larga parte dal nostro atteggiamento. Il segreto?
Concentrarsi di più su ciò che sappiamo fare bene
di Alessio De Santa
Specialista
Comunicazione
Interna di ATM
S
{
[email protected]
e non sei felice è tutta colpa tua”, recitava un famoso detto tibetano
che ci lascia doppiamente sconfortati: oltre a non essere felici, abbiamo anche il peso della colpa da portare. Ma come funziona la felicità?
Perché alcuni sembrano sempre placidamente baciati dal buonumore, mentre altri
sempre preoccupati e tesi? Il professor Tal Ben-Shahar dell’università di Harvard ha
studiato per diversi anni questo tema, nell’ambito
di quella che viene chiamata psicologia positiva.
In questo campo si è cercato di capire innanzitutto come mai ci sono luoghi dove i livelli di
felicità e soddisfazione della vita sono alti nonostante l’evidente mancanza di risorse, e da qui si
è proceduto ad analizzare come le persone vivono
momenti difficili, scoprendo importanti differenze.
Ho avuto occasione di parlare con il professor
Shahar durante un incontro svoltosi nell’ambito
di un progetto di The European House Ambrosetti al Campus ATM di Milano, in cui il professore
ha incontrato alcuni giovani del gruppo Leader
del Futuro, oltre che dipendenti ATM scelti tra le
nuove leve.
«Siamo abituati all’idea che per fare andare
bene le cose dobbiamo concentrarci su quali siano
i problemi, per cercare di risolverli – sostiene Shahar –. Spesso otteniamo l’opposto, li ingigantiamo
e ci lasciamo abbattere. In campo accademico
succede lo stesso: per ogni articolo che tratti il
tema della felicità se ne trovano ben ventuno su
temi opposti come ansia, depressione, problemi
sul posto di lavoro». Dobbiamo ricordarci che «le
domande creano la realtà, poiché la definiscono»,
62
e se non vogliamo trovarci a vivere in una realtà
fatta di sole preoccupazioni, è bene che cominciamo col chiedere a noi stessi in cosa siamo bravi
e di cosa dobbiamo essere riconoscenti. Non si
tratta di ignorare i problemi, semplicemente di
lavorare su due versanti: quello dei problemi da
risolvere e quello di “ciò che funziona”, che ha
il potere di darci energia e forza ottimistica per
andare avanti.
Nel corso dell’incontro, Shahar ha esposto diverse ricerche, tra cui una in particolare, condotta
su bambini capaci di risultati sopra la media in
diversi campi. «Questi bambini – racconta – non
hanno abilità speciali, ma semplicemente riescono
a produrre da caratteristiche ordinarie risultati
straordinari». La caratteristica fondante per il
successo è la resilienza, la capacità di adattarsi.
Essa si basa, secondo questi studi, su accorgimenti
pratici: la capacità di porsi obiettivi, uno sguardo
concretamente ottimistico, la scelta di modelli da
imitare facilmente identificabili, la focalizzazione
sugli aspetti positivi e, ultimo, l’attività fisica.
È facile comprendere, dunque, come la felicità
sia importantissima per la vita lavorativa: alcuni
studi recenti hanno dimostrato infatti come le
persone più felici siano anche quelle più produttive e più capaci di affrontare e superare momenti
difficili. Comunemente tendiamo a pensare che la
felicità venga dal successo, mentre Shahar sostiene proprio il contrario, cioè che ne sia la causa.
Alla ricerca della semplicità
Interessante anche un altro concetto che Shahar
non ha esposto dal vivo, ma presente in alcuni
suoi scritti, che in realtà è una rielaborazione
della teoria dello studioso americano Peter Senge. Il concetto è semplice: i migliori docenti in
momenti di cambiamento sono i manager stessi.
È risaputo infatti che, mentre come semplice
ascoltatore l’apprendimento è piuttosto basso,
quando ci si prepara a tenere una lezione le informazioni vengono immagazzinate in maniera
più profonda. Ed è anche provato che, secondo la
teoria della dissonanza cognitiva, dire una cosa
e fare l’opposto ci mette in uno stato d’animo
difficile da sopportare. Dunque, far tenere direttamente ai manager la formazione, li obbliga a
diventare loro stessi il motore del cambiamento
aziendale. Nell’ottica di una “learning organization”, l'organizzazione capace di imparare è
fondamentale. Ovviamente anche l’approccio
del consulente è diverso: si passa dall’essere un
insegnante, all'essere un professionista che deve
preparare un manager.
Mi rimane solo un dubbio e, per spiegarlo, devo
partire da lontano. Un’amica americana, quando
“È facile comprendere
come la felicità sia
importantissima per la
vita lavorativa: alcuni
studi hanno dimostrato
che le più felici sono
anche quelle più
produttive e più capaci
di affrontare e superare
momenti difficili ”
Professore
e consulente
Tal Ben Shahar
è Professore
e consulente aziendale
nel campo della psicologia
positiva e della leadership.
Ha ottenuto il PhD
in Organizational Behavior
all’università di Harvard.
Nello stesso ateneo
ha tenuto i corsi
sulla psicologia positiva
che hanno suscitato
una grande attenzione
anche da parte
dei media in quanto hanno
superato, per numero
di iscritti, i corsi
introduttivi di economia.
Ha pubblicato diversi
bestseller che sono
stati tradotti in 25 lingue.
Ad oggi Tal insegna
presso l’Interdisciplinary
Center di Herzliya,
in Israele.
www.talbenshahar.com
le ho chiesto di spiegarmi la sua tesi in biologia
molecolare delle superfici, l’ha fatto velocemente
e in modo incisivo. L’ha fatto portando esempi,
allestendo piccoli esercizi pratici, rendendoli
dei giochi (memorabile lo studio di resistenza
del panino imburrato sul piatto). Quando le ho
fatto notare che non era da tutti esemplificare
una teoria così complessa a un neo-fita quale ero
io, mi ha risposto semplicemente: «We keep it
simple, man», la facciamo semplice, si potrebbe
tradurre. Nel frangente, il “noi” stava per tutti
gli americani, ma anche gli uomini di scienza
americani. E il “farla semplice” tradiva l’idea che
fosse chiaro a tutti, lì, che le discipline hanno il
difetto di complicarsi sempre di più con il passare
del tempo, di staccarsi dalle evidenze e, mano a
mano che si fanno più dettagliate, dimenticarsi
che il loro scopo è farsi capire, diventando idiomi
di ipertecnici che ormai si capiscono solo tra di
loro, e magari neanche troppo spesso.
Occhio
a non banalizzare
Chiaramente quello del “keeping it simple” è un
metodo applicato dal professore, e neanche tacitamente. è anzi una dichiarazione di intenti
che Shahar, abituato a lavorare nel ramo della
consulenza per le aziende, si è posto come scopo.
È indubitabile che questo sia un ottimo approccio. L’unico rischio è un’eccessiva semplificazione
soprattutto laddove il tema è particolarmente
complesso. Penso, ad esempio, all’abitudine tutta
americana di collegare sempre la felicità alla realizzazione dei propri obiettivi, come a dire: felici
perché di successo, o di successo perché felici,
secondo la teoria appena esposta. Se qualcuno
ha mai letto un libro di filosofia orientale o più
banalmente ascoltato una canzone dei Nirvana,
sa che la correlazione non è necessariamente
così diretta. Attento a quello che desideri, dice
il saggio, perché potrebbe avverarsi.
Mi pare che, come diceva il sociologo della
comunicazione Marshall McLuhan, il mezzo sia
il messaggio. E se il mezzo è una lingua forzatamente semplice e semplificativa, può fare da
collo di bottiglia per una teoria che ha invece
una necessità di frastagliarsi, di diversificare
prima di riassumere.
Insomma, il concetto di fondo della psicologia
positiva è intelligente e, ancora più importante, ci aiuta a trovare in noi risorse inattese, soprattutto nei momenti difficili. Poiché qui però
di scienza si parla, restiamo in vigile attesa di
approfondimenti e precisazioni.
n
63
storie percorsi
Un Dialogo nel buio
per vincere le paure
È nata 23 anni fa come mostra in cui il visitatore
si affida alla guida di un non vedente e si muove
nella totale oscurità. Oggi questa esperienza
ha ispirato workshop formativi per manager
di Roberto Monti
‘
Sales Manager
di VisionMind
C
{
[email protected]
è un posto a Milano dove si impara a vedere oltre: si chiama Dialogo nel buio. Si tratta di un luogo in cui adolescenti, famiglie e
organizzazioni aziendali vivono un'esperienza che li cambierà per
sempre. Visitare Dialogo nel buio o partecipare ai suoi workshop non significa
giocare a fare il cieco. Chi vive per qualche ora nel buio di Dialogo nel buio,
potrà vedere di più, dentro di sé, dentro gli altri.
Abbiamo chiesto a Franco Lisi, non vedente, direttore di Dialogo nel buio all'Istituto dei Ciechi
di Milano, di spiegarci in cosa consiste questa
esperienza e che cosa lascia in chi la vive.
Ci può raccontare com'è nato Dialogo nel buio
e di che cosa si tratta?
«Questa mostra nasce dall'idea di Andreas Heinecke, un giornalista tedesco al quale nel 1986 venne
richiesto di sviluppare un programma formativo
per un collega che aveva perso la vista. Al primo
incontro, Andreas si sentì turbato, ma rimase affascinato dal mondo dei non vedenti. Così nel 1986
ideò Dialogue in the dark, mostra che, dal 1988,
fa il giro del mondo presso i più famosi musei ed
è diventata addirittura un marchio registrato. Nel 2003 Dialogo nel buio viene allestito a
Palazzo Reale a Milano, dove riscuote un grandissimo successo grazie a un afflusso di 34mila
visitatori in soli quattro mesi.
Nel 2005 l'Istituto dei Ciechi di Milano apre
Dialogo nel buio all'interno del proprio complesso destinando 700 metri quadri all’allestimento
della mostra.
64
Dopo ventitre anni di vita, Dialogo nel buio
è presente in tutto il mondo con una ventina di
location e ha dato vita a un network standard
che ne fa un sistema collaudato».
Come avviene la visita a questa mostra e quali
sono gli aspetti che emergono?
«Siamo nel buio totale, un buio tecnico, dove i
visitatori in piccoli gruppi sono invitati a entrare
muniti di bastone bianco. I partecipanti, in una
situazione di privazione della vista, si affidano
alla guida non vedente, primo e unico riferimento, e vengono aiutati a riscoprire e apprezzare,
con i sensi extra visivi, una realtà comunque
conosciuta e familiare.
Il visitatore deve imparare a gestire il proprio
stato d’animo e il proprio livello emotivo facendo
leva proprio sull'intelligenza emotiva: il timore,
l’ansia, l'adrenalina ma anche la curiosità e il
coraggio, sono le reazioni più frequenti riscontrate nei visitatori».
Cosa insegna vivere questa esperienza?
«Incredibilmente, il buio si svela come un luogo
in cui ci si sente liberi dalla emozioni negative e
più propensi al dialogo verbale: il buio, come è
nell’immaginario collettivo, non è più considerato
come ciò che imprigiona, come ciò che nasconde
e circoscrive, ma si rivela, sorprendentemente,
una dimensione di assoluta libertà».
In cosa si differenzia Dialogo nel buio dalle
più diffuse esperienze formative aziendali?
«Da diversi anni abbiamo sviluppato percorsi e
workshop per le aziende dal potentissimo valore
formativo. I workshop sono progettati appositamente per le aziende. Sono i risultati di anni
di studio che hanno portato alla produzione di
programmi formativi di altissimo valore.
L'esperienza di Heinecke, la nostra esperienza
in Italia e l'esperienza di tutti i Dialoghi nel buio
presenti nel mondo, ci incora ggiano a proseguire
su questa strada, in considerazione soprattutto
del crescente interesse riscontrato dai partecipanti e dalla domanda del mercato».
Ci racconti brevemente un format tipico di
un workshop?
«Innanzitutto proponiamo al management delle
aziende di affrontare e superare le difficoltà che
caratterizzano il buio, facendo vivere l’esperienza
come metafora del cambiamento che inevitabilmente ogni azienda si trova di fronte.
Noi sappiamo che il cambiamento oggi è qualcosa che può far paura, che può indurre a non
decidere, a stare fermi, a fare le cose che si conoscono, a non assumere iniziative in nome di
una sicurezza terribilmente limitante. Tuttavia,
Un tuffo
nell'incertezza
Quali sono le cose
che fanno più paura in
azienda? I cambiamenti,
senza dubbio. Ci sono
molte persone, anche
valide, che non assumono
iniziative perché hanno
paura di quello che
può accadere. Così,
l'esperienza formativa
di Dialogo nel buio può
aiutare le persone ad
affrontare e a superare
difficoltà impreviste, a
muoversi nell'incertezza
gestendo le proprie
senzazioni e i propri stati
d'animo, a lavorare in
gruppo per un obiettivo
comune. Perché una cosa
è certa: non bisogna mai
smettere di imparare.
dobbiamo fare i conti con il cambiamento, che
nostro malgrado esiste. Durante i workshop i
nostri clienti sono chiamati a svolgere attività
nell’incertezza, individualmente o in sinergia
con i colleghi, imparando a gestire e riconoscere
il proprio stato d’animo, ad assumersi responsabilità, a condividere informazioni e risultati, in
una dimensione in cui il proprio portato emotivo
e la fiducia reciproca possono fare la differenza.
Nei nostri workshop, il dialogo costante costituisce le fondamenta della costruzione di un
gruppo solido per il quale il rispetto reciproco e
il senso di appartenenza conducono inesorabilmente al perseguimento di un obiettivo comune.
I facilitatori che conducono il workshop sono
soprattutto responsabili del fatto che le attività
esperienziali avvengano nel modo corretto favorendo una loro concettualizzazione, creando
in tal modo significative analogie con il proprio
contesto aziendale».
I workshop e i percorsi per le aziende sono
standard?
«I workshop che abbiamo a catalogo hanno più
livelli di approfondimento, ma possono essere
personalizzati consentendo lo sviluppo di una
tematica piuttosto che un’altra: dalla gestione
e riconoscimento del proprio stato d’animo, attività individuali che consentono di esprimere
il proprio potenziale nascosto, alla costruzione
del gruppo, da workshop tesi a valorizzare il
significato di una comunicazione verbale e paraverbale chiara, efficace e inequivocabile, a quelli
in cui ciascuno viene chiamato a decidere, ad
assumersi responsabilità, a guidarsi, al fine di
potersi proporre quale punto di riferimento, ➤
65
storie percorsi
“Questo tipo di esperienza aiuta
a capire quanto è importante oggi
sviluppare competenze sociali,
quanto conti avere capacità
e abilità emotive all'interno
di un'organizzazione aziendale”
leader per tutti gli altri. Contrariamente a quanto
si possa immaginare, molte realtà aziendali ci
chiedono di progettare workshop allo scopo di
abituare i propri dipendenti a lavorare in situazioni di stress, creando volutamente situazioni
impreviste, cambi repentini di task, chiedendo
flessibilità, reattività, e capacità di problemsolving in tempi ristretti».
Come vengono gestite queste situazioni?
«I workshop di Dialogo nel buio generalmente
hanno una durata complessiva di circa mezza
giornata. Le attività possono essere individuali
o di gruppo, al tavolo o in movimento e vengono
individuate di volta in volta a seconda del tema
prescelto. I conduttori del workshop lanciano
le attività e invitano i partecipanti a svolgere
i compiti osservando le regole di svolgimento.
Al termine, vengono condotti debriefing per la
valutazione dei risultati conseguiti.
Il debriefer che ha osservato lo svolgimento
dell’intero workshop coadiuvato dal personale
non vedente, identifica quali strategie sono state
messe in atto nella conduzione delle attività e
stimola uno scambio di riflessioni sulle sensazioni
provocate dal buio e su come sono state condotte
le attività, fornendo analogie con ciò che accade
quotidianamente in azienda».
Possiamo dire che avete aperto un business che
non esisteva, trovando un piccolo Oceano blu?
«Non l’avevo mai considerato sotto questo profilo, ma sì, direi che di fatto è successo questo».
66
Può raccontarci un suo episodio o una sua reazione emotiva particolarmente significativa?
«È capitato di lavorare con manager che non
sono riusciti a partecipare al workshop subendo
esageratamente il buio. Ho personalmente riscontrato un timore derivato da episodi accaduti
nell’infanzia come i castighi al buio, ad esempio.
Una frequente reazione di stupore e sconforto
si verifica in mancanza di risultati immaginati
ma non raggiunti perché è venuta meno la fase
di progettazione e di riflessione. Troppo spesso,
oggi, nel mondo del lavoro, si deve fare i conti
con la velocità e con i tempi ristretti per il raggiungimento degli obiettivi, imponendo immediatamente l’azione e riducendo notevolmente
la fase preliminare di analisi».
C'è un netto recupero della percezione del non
dare nulla per scontato in queste esperienze?
«In genere dall'esperienza si esce cambiati. La
fase di debriefing aiuta i partecipanti a compiere
il passaggio da un livello irrazionale a un livello
di consapevolezza, ed è qui il valore dell'esperienza di formazione. Oggi, è altrettanto importante avere capacità e abilità emotiva all'interno
di un'organizzazione aziendale. E allora anche
questo tipo di esperienza aiuta a ragionare dal
punto di vista umano, aiuta a capire quanto è
importante oggi sviluppare competenze sociali.
Quando mi presentano il curriculum non è più
sufficiente chiedere cosa sai fare ma come lo
fai, chi sei, chi c'è dietro questo profilo. Se c’è
dialogo non c’è buio». n
«
idee
{68.
SGUARDI SUL PERSONALE
HR: la trappola dorata di Maria Emanuela Salati, Julio Gonzalez e Giancarlo Traini}
{71.
2011, odissea nel lavoro di Francesco Caggio}
{72.
{75.
Tra passato e futuro di Giuseppe Varchetta}
A ognuno il suo mestiere di Marco Lombardi}
«
«Le persone creative non le compri.
Si comprano. Da sé.
Bastano un lavoro e un contesto:
creativi»
di Massimo Ferrario
idee SGUARDI sul personale
HR: La trappola
dorata
direttori del personale
I nostri interlocutori ci giudicano
C
hi lavora nel personale si pone molte domande relative al suo ruolo, al futuro della professione, alle competenze da sviluppare, alle
migliori scelte di carriera da compiere.
Abbiamo deciso di rivolgere le stesse domande a una serie di interlocutori
tipici dei direttori del personale per verificare se le percezioni che noi viviamo
dall'interno del nostro gruppo professionale coincidono con quelle di chi ci
guarda dall'esterno.
Una specie di Johari window collettiva (chi non se la ricorda faccia un
salto su Wikipedia).
Abbiamo iniziato con gli head hunter, proseguiremo con i capi azienda, gli
avvocati del lavoro, i sindacalisti e i consulenti del lavoro e forse qualcun altro.
A tutti rivolgiamo domande volte a definire quattro temi:
• come cambia il contesto in cui le direzioni del personale debbono operare;
• quali sono le competenze più apprezzate e quali quelle più carenti;
• come funzionano i meccanismi di carriera per chi opera nelle direzioni
del personale;
• cosa si aspettano dal ruolo di direttore del personale e come evolveranno
queste aspettative.
Nessuna pretesa scientifica, nessun dato quantitativo: solo opinioni di addetti
ai lavori, analizzate e sintetizzate da un piccolo gruppo redazionale (Maria
Emanuela Salati, Julio Gonzalez e Giancarlo Traini).
La sintesi ha imposto delle generalizzazioni, ma senza dubbio le considerazioni dei colleghi, che gentilmente si sono prestati alle interviste, ci hanno
offerto molti spunti di riflessione che vi riproponiamo.
Hanno offerto il loro contributo di idee: Luca Pacces e Pierluigi Fattori
di Spencer Stuart, Luca Temellini di EXS, Alberto Amaglio
di Russel Reynolds, Massimo Picca di Eric Salmon, Giordano Tamagni
di K2People, Aldo Magnone di Arethusa.
68
R
apidità e flessibilità nel
supportare il business.
Chi entra oggi nell'ufficio di una società di head
hunting alla ricerca di un nuovo direttore del personale (Dp) sembra avere in
mente solo questi due obiettivi.
L'imperativo è muovere l'organizzazione, renderla più agile, più reattiva,
pronta a muoversi in un mondo in cui
l'imprevedibilità è la cifra delle attività
quotidiane.
Ricercare nuove opportunità: l'obiettivo di tutto il management non
risparmia il Dp; anche a lui viene chiesto di muoversi con rapidità, di trovare
nuovi modi, più flessibili (e spesso più
economici) per far fronte ai bisogni di
sempre: sostenere il cambiamento organizzativo, trovare le risorse giuste,
dare il proprio contributo all'efficienza, alla produttività, alla riduzione
dei costi.
Da "business partner", il Dp si trasforma in "business player": esattamente come tutti i suoi colleghi si assume
rischi, partecipa attivamente ai processi di business, si "sporca le mani" nei
processi decisionali. La costruzione di
sistemi di gestione, la pianificazione del
personale a medio termine, l'attenzione
agli equilibri formali interni restano
sullo sfondo. In primo piano emergono
le capacità personali di creazione di
network: reti di rapporti utilizzate per
trovare risorse, competenze, finanziamenti, per condividere buone pratiche,
Così gli head hunter definiscono
il ruolo di direttore del personale: oggi,
infatti, sono rare le crescite verticali.
Il suggerimento è anticipare le richieste
degli imprenditori e porsi come
operatori intelligenti di un network
straordinario: le persone
per risolvere problemi in maniera non
convenzionale. In una parola, per poter
navigare nella complessità.
L'Amministratore delegato che entra
nell'ufficio di un head hunter cerca un
manager, che sappia giocare a tutto
tondo insieme agli altri.
Le competenze
Le competenze tradizionali e tecniche sono date per scontate e perdono
importanza a fronte di una domanda
di maggiore capacità di comprensione
e di partecipazione al business. Nel
"make or buy" prevale decisamente il
"buy", e la vera competenza sta proprio
nel procurare rapidamente all'azienda gli strumenti e le competenze che
Maria Emanuela Salati
mariaemanuela.
[email protected]
Direttore Formazione,
Selezione
e Comunicazione
Interna di ATM
servono davvero.
«Il cliente, anche dell'azienda mediopiccola – sostiene un head hunter –
vuole un Dp che non si spaventa se
deve cercare un responsabile per la
sede di Taipei, un'agenzia di lavoro
temporaneo a Sofia e un sistema di
company car a Dublino».
Superando alcune sfumature, le
persone intervistate convergono in
modo significativo sulle competenze
che vengono espresse in sede di ricerca
di un nuovo Dp.
Conoscere il business. Una delle abilità principali è la capacità di
leggere il contesto e calarsi nella situazione specifica in cui si dovrà lavorare, avendo ben chiari i parametri
Julio Gonzalez
[email protected]
HR Regional
Director
Asia Pacific
di Tenaris
Giancarlo Traini
[email protected]
Amministratore
dello studio
di consulenza
industriale Traini
economici di benchmark.
Influenzare la cultura organizzativa. La capacità concreta di "change
management" organizzativo è indicata
da tutti gli intervistati come un punto
chiave. Si cambia Dp spesso proprio per
questo: «Abbiamo cambiato strategia ed
obiettivi, ma lui (quello di prima) non
è riuscito a far cambiare la mentalità».
Muoversi in contesti internazionali. Per qualsiasi azienda ormai il
riferimento è il mondo, e il Dp non si
sottrae a questa regola. Il suo network
deve dargli la possibilità di giungere
rapidamente dove è necessario che sia,
senza remore o timidezze. «Non ha idea
di quanti dei Dp che incontriamo hanno
ancora seri problemi con l'inglese», ➤
“Le competenze tradizionali e
tecniche sono date per scontate
e perdono importanza a fronte
di una domanda di maggiore
capacità di comprensione
e partecipazione al business”
69
idee SGUARDI sul personale
“Nel nuovo contesto economico
e sociale sarà importante saper
individuare tutti gli stakeholder
e gli interlocutori necessari
e utili all’azienda”
osserva un po' malignamente un intervistato.
Risolvere problemi e fornire servizi. Non è il tempo dei grandi sistemi, conta la capacità di rispondere alle
richieste dell'organizzazione in modo
efficiente, rapido ed anche con un pizzico di “creatività”, di pensiero laterale.
Scovare e gestire potenziali. Da
questo punto di vista la figura del Dp
è insostituibile, ma deve estendersi,
sempre attraverso il network, dall'interno dell'azienda all'esterno.
Ecco un’osservazione stimolante da
parte di uno degli head hunter intervistati: la capacità di creare e gestire
il proprio network richiede due attitudini particolari come la generosità
e la gratitudine.
Sono le qualità necessarie al funzionamento delle reti professionali:
generosità nel dare supporto e condividere know-how e gratitudine nel
saper riconoscere il valore delle persone e quanto abbiamo ricevuto da loro.
I network funzionano sullo scambio
vantaggioso per tutti, non sulla negoziazione al ribasso.
La carriera
Oggi in azienda i Dp non fanno carriera. è scomodo dirlo, ma è la posizione
unanime degli head hunter: i casi in
cui un Dp viene nominato in posizione
70
di vertice sono molto rari.
Si ruota da un'azienda all'altra. A volte il mandato è a termine: creare sistemi
e procedure che permettano di uscire
da una situazione difficile, snellire le
strutture e ridurre i costi, impostare lo
sviluppo e accompagnare la crescita.
Altre volte, quando scatta un alto
livello di fiducia con un Dg, un Ad, un
Presidente, il Direttore del personale
segue il loro destino.
In ogni caso, il raggiungimento del
livello di Direttore del personale rassomiglia un po' a una trappola dorata, da cui si esce per pensionamento
(ormai raro) o per carriera orizzontale
(passaggio a un'altra azienda).
Il forte investimento dei Dp su competenze tecniche specifiche (relazioni
industriali, pianificazione e sviluppo
del personale, compensations) oggi
in calo di importanza o sottoposte a
processi di outsourcing, mette gli head
hunters in una situazione difficile: le
caratteristiche dell'offerta professionale sono spesso discordanti da quelle
della domanda evidenziate sopra e lo
sviluppo complessivo della professione
rischia di essere rallentato.
Un broker relazionale
Le opinioni dei cacciatori di teste sono
piuttosto convergenti: il ruolo del Dp
si avvicina sempre più a quello di un
broker che lavora all'interno e all'esterno dell'azienda, gestendo un network di relazioni, risorse e fonti che
lo mettono in grado di:
1. prendere parte a un progetto strategico e operare per realizzarlo modificando l'organizzazione;
2. fornire, attraverso il suo network,
risorse a questo progetto (competenze,
know-how, servizi, strumenti);
3. garantire la qualità delle prestazioni
e la continuità dei livelli di servizio.
Questa competenza di “trading
relazionale” appare determinante e
non scontata nella sua declinazione.
In particolare nel nuovo contesto economico e sociale, sarà importante saper
individuare tutti gli stakeholder e gli
interlocutori necessari e utili all’azienda, alcuni ancora quasi del tutto sconosciuti a livello di interazione, come
ad esempio il settore no-profit e tutti i
servizi offerti dall’impresa sociale, che
risulteranno elemento imprescindibile
nel nuovo mercato del lavoro.
Gli head hunter, in conclusione,
sembrano darci un consiglio: cambiare
l'offerta per cambiare la domanda.
Anticipare le richieste degli imprenditori proponendosi sempre meno come
specialisti di sistemi e strumenti interni e sempre più come intelligenti
operatori di uno straordinario network:
le persone. n
idee segnalibro
2011, odissea
nel lavoro
Si chiama Alice senza niente ed è un piccolo caso editoriale
che ripercorre le vicende di una ragazza come tante,
alle prese con improduttivi e improbabili colloqui di lavoro
L
e dispiace seguirmi?», conclude la caposettore casse
dell’ipermercato di Torino
dopo una breve presentazione,
sorridendo a bocca larga. «Si!», risponde
Alice con «un sorriso più largo del suo,
senza neanche rendermi conto di averle detto, non volendo, che... mi scoccia
(grassetto e sottolineatura di chi scrive,
ndr) questa cosa di doverla seguire. Lei
non ha colto l’incertezza e ha continuato
a sorridermi».
Copione già scritto
In questo passaggio si apre il gioco stereotipato e consunto della "sceneggiata", di
un colloquio che segue un copione già prestabilito, a cui le due si attengono come
burattine a cui non è permesso essere
o muoversi come sarebbe vitale per chi
chiede lavoro e per chi lo offre. Ognuna
delle due (sarà chiesto dalla caposettore
di darsi del "tu"; e come si potrebbe altrimenti in una società televisivamente
friendly?) non potrà essere che scontatamente una maschera. L’una (Alice: ma in
che paese vive?) mistificata e alienata, e
pateticamente masochista, nella sua vana
ricerca di un lavoro che o non c'è o non
troverà, vista la biografia professionale
che ha e tenuto conto del mercato del
lavoro attuale (ma non si scrivono più
luttuosi, ma salvifici romanzi tipo Le illusioni perdute e il tempo ritrovato?), l’altra
– la caposettore – mistificata e alienata
nella sua fede fittizia nel suo lavoro e
ruolo (oh, i miserabili che diventano dei
LA SCHEDA
Titolo Alice senza niente
Autore Pietro De Viola
Anno 2011
Casa editrice Terre di Mezzo editore
Pagine 94
Prezzo 10 euro
veri sadici per non rischiare di vedere
ciò che sono stati e ciò che ancora sono),
negandosi di essere anch’essa sempre,
come tutti noi, appesa a un filo e di star
giocando una delle poche reali soddisfazioni che le dà il suo lavoro: prendere
in giro gli altri, prendendosi in giro, per
non vedersi ammalata.
Francesco Caggio
[email protected]
Pedagogista, formatore
e consulente, collabora
con l’Università degli Studi
Milano-Bicocca
Esito previsto
Infatti sottolinea e si complimenta
per il 110 di Alice che ringrazia, e
che, avendo – come tutti noi, compresa la caposettore – visto molta
televisione, non solo è euforica, ma
sorride, sorride, e la bocca e la dentatura, lo insegnano tutti i manuali
per il successo, sono importanti (oh,
benedetta etologia). Sorride in attesa
di essere inchiodata da una domanda
che la riporta alla realtà, alla nuda e
cruda realtà della signora che le chiede perché è lì, proprio lì: Alice presa
dal suo film casca sulla domanda che
era già prevista dopo tre battute di
messa a proprio agio della vittima,
che dovrà (ma quale sarà mai l’esito
in termini di comprensione di come
gira il mondo nella testolina di Alice?) poi assentire a un già predisposto
sermoncino pedagogico.
Tempo buttato via, tempo perso,
tempo di alienazione e di mistificazioni, tempo della disconferma delle
reciproche esistenze sia questo e sia
l’altro colloquio che segue, perché il
mondo è fatto a quinte che bisogna
schiudere con la risposta giusta a una
domanda che rimanda sempre a un
“doppio legame”.
Quindi che l’azienda risparmi e che
lavori con il “passaparola” e che Alice impari a fare bene l’orlatrice, che
il fashion made in Italy ne ha molto
bisogno. Meglio essere crudeli che
inautentici. n
71
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idee recensioni
tra passato
e futuro
Q
uando si dice della rilevanza e della carenza
della ricerca sociale nel
nostro Paese… La ricerca sociale nella cultura italiana vive
da tempo una endemica, cronica crisi,
sia rispetto alle potenzialità evase, sia
rispetto alle concrete esigenze, ascrivibili a un Paese come il nostro, che dice
di aver scelto un modello di sviluppo
avanzato.
Di ricerca sociale da noi se ne fa
poca: i committenti sono rari, le istituzioni di ricerca che si possano dire tali
per visione e competenza sono poche
e, per assurdo, quando si arriva a fare
ricerca, sovente gli agognati rapporti
restano nelle mani élitarie di committenti che hanno della diffusione del
dato di ricerca una visione a dir poco
paranoide.
Veniamo alle eccezioni, parlando di
S3Studium, la società di formazione,
sviluppo organizzativo e ricerca psicosociale, voluta e animata ormai da
moltissimi anni da Domenico de Masi.
La ricerca da sfogliare
Il volume che presentiamo – che
inaugura presso Guerini e Associati
la collana “S3.Studium” – è il risultato di un ampio studio sul passato,
il presente e il futuro della Direzione
delle risorse umane in Italia. Lo scenario previsionale è stato realizzato
avvalendosi di una ricerca condotta
secondo il metodo Delphi, capace di
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LA SCHEDA
Titolo HR 2020. Storia e prospettive
Autore Domenico De Masi e Stefano
Palumbo
Anno 2011
Casa editrice Guerini e associati
Pagine 248
Prezzo 19,50 euro
Una ricerca condotta da S3.Studium secondo
il metodo Delphi è lo spunto da cui nasce questo
volume. L'obiettivo? Tracciare le top skill
per le quali dovrà distinguersi il Direttore Risorse
umane del futuro. Che dovrà essere sempre più
in grado di interpretare le innumerevoli variabili
dei sistemi socio-tecnici tipiche del nostro tempo.
analizzare le prospettive probabili di
sviluppo nel periodo 2011-2020. Il progetto di ricerca è stato realizzato dalla
S3.Studium in stretta collaborazione
con due istituzioni, Bosch-Tec e Carter
& Benson, la prima operante nella formazione professionale-manageriale, la
seconda nell’Executive Search.
Il futuro nasce dal presente
Il sottotitolo del volume è “storia e
prospettive”: la visione delle cose di
S3.Studium e del metodo Delphi – metodologia elettiva nella pratica di ricerca psicosociale di S3.Studium – indica
il tempo presente come il riferimento
fondamentale e indispensabile per poter lavorare in termini visionari e di
prospettiva. Inoltre, sottolinea l’esigenza di avere una prospettiva storica,
per non dimenticare e per coltivare
nel presente i talenti che l’immediato passato ci ha donato come eredità
dovuta e non sempre correttamente
percepita.
In altre parole, chi non sa vivere il
presente è falsamente proiettato sul
futuro e, come ha insegnato Albert
Camus, «la vera generosità verso il
futuro consiste nel donare tutto al
presente». In altre parole – ammonisce
S3.Studium attraverso anche quest’ultima ricerca – ancora più spesso le donne e gli uomini vivono di memoria e
di speranza più che di attenzione e
abitano nelle dimensioni immaginarie
del passato e del futuro, piuttosto che
Partendo da una ricerca di S3.Studium, Domenico
De Masi propone un interessante libro dedicato alle
risorse umane. Un viaggio nella storia delle organizzazioni,
le opinioni di 15 Hr Director di tutto il mondo
e un profilo del Direttore del personale del futuro
in quell’unico vero appuntamento col
reale che è il presente.
La ricerca psicosociale, in quanto
autentica pratica riflessiva, è la strada
elettiva e unica per far sì che il rapporto tra passato, presente e futuro
sia pensato e agito in maniera adulta e
consapevolmente collegata, senza pericolose fughe né in avanti, né indietro.
Il metodo Delphi, con la sua “tenace
umiltà”, è la via elettiva per conseguire
tale risultato e avere tra le mani dati
autorevoli capaci di ricongiungerci nel
nostro presente col nostro passato e
con un futuro che possa essere genuinamente nostro.
Il volume, fresco di stampa, è articolato in quattro densi capitoli.
Un inizio "storico"
I primi due, Dalla centralità al declino
e Dal declino al disorientamento, attraverso l’attenta scrittura di Domenico De
Masi prendono per mano il lettore per
un viaggio di rivisitazione della storia
e dell’esperienza delle organizzazioni,
dall’avvio della rivoluzione industriale
al postindustriale degli anni ’90 e alle
prospettive di una riconquista della centralità, in questi anni diluita e
persa, da parte della Direzione delle
risorse umane. Le pagine di De Masi,
contemporaneamente spesse e leggere,
sono capaci di evocare l’iter teorico ed
esperienziale dell’arco storico citato,
con un aggancio costante alle esperienze
di contesto politico, socio-economico da
Giuseppe Varchetta
[email protected]
psicosocioanalista, consulente
di formazione, sviluppo organizzativo,
direttore della rivista
Educazione sentimentale
una parte e organizzativo dall’altra, che
hanno interessato in tutti questi anni
l’esperienza industriale e manageriale
nel nostro Paese.
Il risultato della lettura di questi primi due capitoli è un ricollocarsi all’interno di una cronaca e di una storia
vorticosa, che può averci visto talvolta
come protagonisti e spettatori disattenti: nell’ultima pagina si viene presi da
un sentimento duplice di stupore e di
attenzione; due categorie e prospettive
mentali, queste ultime, indispensabili
per una vera riflessione, che miri a fare
esperienza di quello che si è vissuto,
assistiti in questa operazione di sensemaking dall’autorevolezza delle pagine
che ci hanno accompagnato.
➤
“L'autore prende per mano i lettori
per un viaggio di rivisitazione
della storia e dell'esperienza
delle organizzazioni dall'avvio
della rivoluzione industriale”
73
idee recensioni
AIDP e S3.studium presentano HR2020
Road Show sul futuro delle HR
P
adova, Catania, Napoli, Chieti, Torino e poi Firenze, Milano e Roma sono le otto tappe del Road
Show con cui porteremo in tutta Italia il dibattito
sul futuro delle HR.
Come è cambiata la gestione del personale? Come evolverà il mercato del lavoro nel prossimo decennio? Come
cambieranno i modelli gestionali e il ruolo di HR? Come
saranno gestite le persone, i luoghi, i tempi, le culture, le
diversità, le motivazioni in azienda? Quali saranno le nuove
La parola agli Hr Director
Il terzo capitolo, Le prospettive delle
HR al 2020, curato da Stefano Palumbo,
raccoglie i dati dei quindici esperti sollecitati nell’esprimere le loro opinioni prospettiche dalla metodologia del Delphi.
Gli esperti interpellati sono quindici
HR Director di aziende nazionali e
multinazionali a cui è stato richiesto
di riflettere sulle possibili evoluzioni
future della Direzione risorse umane in
Italia. La metodologia Delphi prevede
che le risposte di ogni esperto siano
sottoposte a tutti gli altri e che solo le
opinioni che hanno ottenuto il consenso della maggioranza confluiscano nel
rapporto conclusivo.
I risultati
Il materiale raccolto attraverso tale metodologia è stato riproposto nel quarto
capitolo da Stefano Palumbo in sei “territori di ricerca”, altrettante direttrici di
un possibile sviluppo della funzione HR
nel nostro Paese nel prossimo decennio.
I “territori di ricerca” proposti sono: il
contesto esterno, l’evoluzione della forza lavoro, il ruolo delle HR in azienda,
sfide e problemi emergenti per l’HR,
funzioni e strumenti dell’HR, profilo
e competenze dell’HR Director.
Rimandando le lettrici e i lettori a
un’analisi puntale – di grandissima utilità anche operativa – dei contenuti di
queste sei agili esplorazioni territoriali,
richiamiamo un’attenzione particolare
sul profilo e competenze dell’HR Di-
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funzioni di HR? e i nuovi strumenti operativi? Quali saranno le competenze richieste al Capo del Personale e quali
gratificazioni gli saranno riservate?
Per rispondere a questi interrogativi, S3.Studium e AIDP
con le sue articolazioni territoriali, in collaborazione con
Carter&Benson e Bosch-TEC, presentano i risultati della
ricerca previsionale con i manager interessati a questa
problematica.
Informazioni e programma sul sito www.aidp.it
rector, che per molti aspetti correggono le aggregazioni attualmente più
autorevoli in tale area, derivanti dalla
“fotocopiatura” passiva di modelli eteropervenuti e non declinati in relazione
alla cultura del nostro Paese e alle sue
problematiche più cogenti: le top skill
indicate dalla ricerca, che nel prossimo decennio dovranno caratterizzare
una efficace ed efficiente Direzione del
Personale, sono in ordine decrescente
quelle di natura empatica, comunicative
e relazionali, la gestione del cambiamento, una capacità interpretativa del
contesto socio-economico, l’employer
branding strategy, quelle economiche,
una capacità risolutiva in tempi velocissimi, capacità organizzative, project
management, comunicazione interna,
“Un direttore del
personale per
rimanere nelle alte
stanze del potere
aziendale deve
riuscire a provare
stupore, attenzione
e empatia verso
l'universo umano
che lo circonda”
capacità di sintesi, sia di dati che di
sensazioni. In altre parole, un Direttore del Personale che possa restare
nelle alte stanze del potere aziendale
deve contemporaneamente riuscire a
provare stupore, attenzione e empatia
verso l’universo umano nel quale vive
e che lo circonda e del cui agio e disagio deve rispondere all’alta direzione e
alla società civile tutta. Senza parlare
di rivoluzione dei modelli di ruolo del
direttore del personale più attualmente seguiti si è, ci sembra, autorizzati a
sottolineare la “raccomandazione” da
parte di S3.Studium e dei suoi partner
di ricerca a un’attenta rivisitazione del
ruolo del Direttore del Personale verso
una capacità più ampia nel contenere
e interpretare le diverse variabili dei
sistemi socio-tecnici, che attraversano
la complessità industriale e organizzativa del nostro tempo.
L'occhio vuole la sua parte
E per finire, il primo volume della collana
"S3.Studium" è anche un bell’oggetto: un
formato tascabile, un publishing esteticamente raffinato, con una sovracopertina che non casualmente riproduce
Vocazione di San Matteo del Caravaggio.
Quasi a indicare che il mondo è sì reale,
ma che le donne e gli uomini, come ricorda Robert Musil, sono anche e soprattutto dei possibili e che una Direzione del
Personale che si possa dire tale si trova
di fronte ai compiti e alle sfide più alte
e più vere. n
idee l’azienda è tutta un film
A ognuno
il suo mestiere
Spesso, anche dopo un iter di selezione complesso,
non si riescono a intuire le reali aspirazioni di una persona.
E così ci sono manager che vorrebbero fare gli impiegati
e viceversa. Proprio come accade in Benvenuti al nord
U
na volta si facevano i test,
poi colloqui su colloqui e
anche delle prove psicoattitudinali. Poi il mondo è
diventato più veloce e più povero, così
a volte ci si accontenta di un cv e di
qualche scambio (di pensieri virtuali)
in Rete. Il risultato è sempre lo stesso: l’assunzione (si fa per dire, forse
è meglio parlare di “collaborazione”),
cioè capire se quella persona specifica
possa andare bene per quel determinato lavoro. Se si trattasse di un mero
discorso esperienziale, basterebbe davvero la semplice analisi del curriculum,
appena condita da qualche telefonata
giusto per verificare se quel candidato millanti credito oppure no, ma il
problema è sapere se quella persona
può sposarsi bene con quell’azienda
e quella posizione, spesso anche con
l’idea di quella gabbia chiamata ufficio dove ogni giorno bisogna rispettare
orari, gerarchie e scrivanie. In effetti,
a prescindere dalla profondità della
selezione, ci si illude – e sempre ci si
è illusi – di poter “capire”, sicché quasi
tutto risulta “semi-inutile”. Ricordo, al
proposito, una cara conoscente che,
LA SCHEDA
Titolo originale Benvenuti al Nord
Nazione Italia Anno 2012
Genere Commedia
Durata 110’ Regia Luca Miniero
Cast Claudio Bisio, Alessandro Siani,
Angela Finocchiaro, Valentina Lodovini,
Nando Paone, Giacomo Rizzo, Nunzia
Schiano, Fulvio Falzarano, Salvatore
Misticone, Paolo Rossi, Ippolita Baldini
Marco Lombardi
[email protected]
Dopo tanti anni di azienda,
ha mollato tutto per fare il giornalista
cinematografico, trasformando
la sua passione in un lavoro.
reincontrata qualche anno fa, dopo
che avevo lasciato l’azienda per il
giornalismo, il cinema e la scrittura,
mi guardò sinceramente preoccupata
perché ai tempi, selezionandomi per
una grande multinazionale, non capì –
nonostante l’accuratezza del processo
selettivo – che io volevo fare altro, nella
vita professionale.
Tutto questo succede mirabilmente
in Benvenuti al nord, secondo capitolo
(riuscito) della saga iniziata dal remake
(Benvenuti al sud) del film francese
Giù al nord. All’interno di un mega
product placement di Poste italiane,
che è il luogo in cui i due protagonisti – Claudio Bisio e Alessandro Siani
– lavorano, si scopre in breve tempo
che Bisio (il direttore) vorrebbe fare il
semplice impiegato, così da avere più
tempo per sé, mentre Siani (l’impiegato)
avrebbe i numeri e le aspirazioni da
mega manager, di quelli che affrontano le mission(s) impossible. Paolo
Rossi, invece, è molto credibile nel
ruolo dell’amministratore delegato.
Mica avrà scoperto – pure lui – che è
quello il mestiere della sua vita, invece
di fare l’attore? n
Nella foto in alto i due protagonisti, da sinistra
Alessandro Siani e Claudio Bisio, che nel film
interpretano gli impiegati delle Poste Mattia Volpe
e Alberto Colombo. In basso Paolo Rossi, nel ruolo
dell'amministratore delegato Palmisan,
e Valentina Lodovini, che interpreta la compagna
di Alessandro Siani, Maria Flagello.
75
lettera del Presidente
un contributo
concreto
Aidp è in prima linea nel dibattito sui temi relativi al mercato
del lavoro. E il Congresso del prossimo giugno sarà una grande
occasione per far emergere nuove idee e proposte
Filippo Abramo
[email protected]
S
iamo entrati in una fase cruciale della crisi del nostro Paese: tra le varie tematiche sul tappeto
una delle più significative è quella relativa al mercato del lavoro. La nostra competitività sui
mercati internazionali passa da una modernizzazione delle regole del lavoro che riesca
a contemplare le esigenze di tutela del lavoratore con quelle della competitività della impresa:
altri paesi europei sono riusciti a farlo, dovremmo assolutamente farlo anche noi.
Come AIDP abbiamo dato il nostro contributo al dibattito sulla riforma preparando un documento che è stato
presentato in un incontro tenuto a Milano lo scorso 6 febbraio, alla presenza di Pietro Ichino (giuslavorista e
senatore) e diffuso a tutti i nostri Soci.
Seguiremo gli sviluppi della trattativa in corso continuando come AIDP a esprimere il nostro punto di vista.
Strettamente connesso con la riforma del mercato del lavoro è il tema della competitività.
Questa parola rischia di diventare un po’ vuota, a forza di usarla, ma essa indica il vero problema italiano oggi:
la scarsa competitività allontana gli investimenti dall’estero e le relative possibili ricadute economiche,
occupazionali e di cultura manageriale.
Anche a questa tematica chiara AIDP vuole dare un contributo di idee e di proposte con il suo prossimo
Congresso Nazionale 2012 dedicato al futuro del lavoro, alla competitività e alle persone:
lo sviluppo delle competenze e la formazione continua, anche in età matura, sono basilari in un mondo
del lavoro in continuo cambiamento e con l’età pensionabile che si allontana sempre di più;
l’impegno e la motivazione delle persone sono indispensabili per il successo: vincono le aziende che riescono
a ottenere tutto ciò dai loro collaboratori;
la questione dei talenti rimane uno dei punti chiave di una strategia competitiva: pur in un’epoca
di alta disoccupazione giovanile, i talenti sono comunque difficili da trovare e, ancora di più, da trattenere;
l’apertura mentale verso il nuovo e il diverso, sia in termini di mercati che di persone:
nell’epoca della globalizzazione sono temi ineludibili e comunque da affrontare;
la nostra sprovincializzazione è un altro obiettivo da porsi a tutti i livelli.
Sono alcuni dei temi che AIDP tratterà nel suo Congresso 2012, che si svolgerà in Sardegna i prossimi
8 e 9 giugno con il contributo di significativi relatori e testimoni aziendali: sarà un'occasione unica di
aggiornamento, di riflessione e di networking per gli operatori delle risorse umane e per tutti coloro che
gestiscono professionalmente persone e gruppi di lavoro. n
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160
DIREZIONE DEL PERSONALE
TRIMESTRALE DI INFORMAZIONE E CULTURA DELL’ASSOCIAZIONE ITALIANA PER LA DIREZIONE DEL PERSONALE
Dp
dal 1980
NUMERO
MARZO 2012 160
d
44
STRUMENTI
IN ATTESA DI UNA RIFORMA
CHE CAMBI GLI SCENARI
64
STORIE
UN DIALOGO NEL BUIO
PER VINCERE LE PAURE
Direzione
del
Personale
IDEE
DIRETTORE DEL PERSONALE
72 IL
TRA PASSATO E FUTURO
Adattarsi al contesto
in evoluzione. Sfruttare
le nuove opportunità
offerte dalla tecnologia.
Ecco alcune delle sfide
che dobbiamo affrontare
METTIAMO
A FUOCO LA
SELEZIONE
Siamo lieti di annunciare che Toffoletto e Soci e lo Studio del Prof. Avv. De Luca Tamajo e Soci si uniscono.
4 sedi, 90 professionisti e una nuova realtà per il diritto del lavoro italiano.
{
53 SPECIALE Congresso AIDP 2012 Badesi
}