Il Comune di Vedeseta la Mostra delle opere di viveka asseMbergs
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Il Comune di Vedeseta la Mostra delle opere di viveka asseMbergs
Vedeseta e l’Arte A partire dal 2000, per iniziativa della Biblioteca Comunale, si sono svolte in Vedeseta una serie di mostre di pittura e scultura che rappresentano un appuntamento estivo ormai obbligato e atteso. Gli artisti proposti di anno in anno, sono di grande prestigio e di alto livello, conosciuti e apprezzati ben oltre i confini della nostra Provincia. La possibilità di esporre, oltre che nella sede municipale, anche nello Scurolo, cripta della chiesa parrocchiale, ha consentito di avere ospiti alcuni dei massimi artisti bergamaschi su temi del sacro con esiti di rara bellezza e intensità. 2000 “Scurol”: opere in vetro e dipinti di Franco Bianchetti. 2001 “La notte di Lazzaro”: ciclo pittorico di Maurizio Bonfanti. 2002 Gli ‘acquarelli’ e le ‘pitture’ di Mario Cornali. 2003 “Il legno della vita”: sculture di Gregorio Cividini. 2004 “Natura e nature”: tele di Candido Baggi. 2005 “Paesaggi”: tele di Maria Grazia Uristani. 2006 “Un uomo un volto”: sculture di Carlo Previtali. 2007 “L’ombra del colore”: pitture di Angelo Capelli. 2008 “ Quadrato per la ricerca”: collettiva. 2009 “Gli spazi sacri” di Franco Normanni. 2010 “L’eleganza della pittura” di Luigi Lizioli. 2011 “I Colori” di Zaccaria Cremaschi. e ora dal 27 luglio al 19 agosto 2013 Il Comune di Vedeseta Proverbio cinese BIOGRAFIA Viveka Assembergs nasce a Stoccolma nel 1959. Si trasferisce in Italia durante l’infanzia. Spirito artistico per natura e formazione famigliare, studia presso il Liceo Artistico Statale di Bergamo. Inizia a lavorare come grafica publicitaria per poi dedicarsi alla decorazione e al restauro. Esegue la scenografia per la mostra dedicata al Bicentenario dell’Accademia Carrara di Bergamo nella ex-chiesa di Sant’Agostino. Realizza il grande murale in Piazzetta Manzù, tratto da un’opera del grande maestro. Raggiunge la giusta condizione per esprimersi attraverso la scultura e, nel 2006, partecipa alla mostra tattile “Un senso per l’arte” allestita negli spazi di Sant’Agostino. La sua prima personale dal titolo “Occorrono le ali”, presentata da Domenico Montalto, viene inaugurata nel 2007 presso il Centro San Bartolomeo di Bergamo. Quale finalista al concorso promosso dalla rivista “Arte” Mondadori, espone uno dei suoi ultimi lavori al Museo della Permanente di Milano nel 2009. Nel 2013 viene invitata dal Centro Biblioteca Comunale a esporre le sue opera alla mostra di arte contemporanea di Vedeseta, giunta alla 14a edizione. Vive e lavora a Torre Boldone, Bergamo. www.vivekaassembergs.com - [email protected] con il patrocinio della Comunità Montana Valle Brembana e del B.I.M. presenta la Mostra delle opere di viveka Assembergs Inaugurazione Sabato 27 luglio 2013, alle ore 18.00 nella Sala Mostre “Centro Don Sabino” di Vedeseta con la presentazione di Fernando Noris Orari: ➟ Lunedì/Venerdì: dalle 15.00 alle 17.30 ➟ Sabato e Domenica: 10.00 -12.00 e 15.00 -17.30 VEDESETA 2013 ecomuseo associazione recente e come tale necessita di continua sperimentazione, pur attingendo alla cultura della sua prima formazione segnata in particolar modo dal felice incontro con Umberto Tibaldi, suo professore al Liceo Artistico Statale di Bergamo. È un’indagine ancora aperta sia da un punto di vista linguistico che materico, ma la necessità autoreferenziale sottende ed è condizione ineludibile del suo discorso. Questo racconto personale trova nell’immagine del corpo ora in bronzo ora in ceramica raku la sua espressione più convincente; immagini plastiche che risentono certo delle suggestioni della storia della scultura del XX secolo, ma che riescono a muoversi lungo un proprio percorso, carico di vibrazioni e di tensioni. Assembergs conosce i materiali e ne esaspera le potenzialità, fino a rovesciarne le intrinseche qualità e questa azione le consente di esprimere la coesistenza di inclinazioni tra loro opposte ma inscindibili nella determinazione del suo stesso carattere: l’apparente arrendevole “duttilità” e l’imposta solidità della presenza fisica, ecco allora nella scultura il bronzo, per sua natura una lega “forte”, durevole, farsi cavo e ridursi ad elemento debole accolto dalla lamina di ferro che si fa struttura portante, o presente come pretesto ornamentale nelle ceramiche raku. Vi è un senso di indeterminatezza che lega tutte le prove scultoree finora realizzata da Viveka, questo deriva certo dalla fragilità del terreno da cui sorgono, un terreno memoriale, ma vi è in più la necessità di aspirazione ad una dimensione altra, quell’irriducibilità all’Altro sostenuta da Jean Clair, ecco allora che le immagini plastiche di Assembergs, i suoi corpi impronta stimolano in direzione di una lettura attenta e transeunte. Il testo di Marcella Cattaneo viene pubblicato per gentile concessione dell’editore della RIVISTA DI BERGAMO Viveka Assembergs RACCONTI di Marcella Cattaneo «Nella nostra cultura moderna, l’immagine ha la sfortuna non solo di essere riproducibile meccanicamente e di perdere ogni volta l’equivalente in sostanza, ma anche di essere divenuta indefinitamente sostituibile, perennemente transeunte, irrimediabilmente labile. Oggi non ci è più possibile confidare nell’immagine, né trovare riposo in essa». Nel 1995 Jean Clair, direttore della 46a Biennale di Venezia, organizza per il centenario dell’istituzione veneziana una mostra emblematica dedicata alla tematica dell’Identità e Alterità, con l’intento di ricostruire una storia dell’iconografia e dell’iconologia del corpo umano attraverso le arti nel corso di un secolo, dal 1895 al 1995. L’immagine dell’uomo ha sempre affascinato l’artista e tanto più lo scultore, anzi la scultura, proprio per la sua propensione ed espansione nelle tre dimensioni, nasce come ricerca di mimesi della realtà sensibile. Assoggettata alle divine proporzioni, la scultura si è mantenuta a lungo nell’ambito della statuaria, solo nel corso del secolo appena conclusosi è riuscita a darsi una nuova dimensione linguistica abbandonando i canoni classici e aprendosi ad una sensibilità altra. In questo mutare la figura umana non ha mai cessato di esercitare la sua forza ma ora non è più riflesso ma condizione dell’uomo e della sua storia. Le sculture di Viveka Assembergs si muovono in un ambito ancora ancorato al corpo o meglio ad una idea del corpo e dell’essere, sono presenze, proiezioni di stati d’animo e di suggestioni memoriali; il corpo diviene allora pretesto per un racconto introspettivo e autobiografico. Se la realtà non ha più bisogno di essere rappresentata, come ha sostenuto Jean Clair, vi è tuttavia la necessità struggente di fermare la percezione di sé, del proprio vissuto. Le figure che si accampano nell’immaginario assembergsiano sono per lo più femminili, ma solo dettagli ne rivelano la vera natura; i suoi nudi non ostentano alcuna seducente fisicità, sono orme che si ripiegano su loro stesse: il loro ventre si fa cavo e il dorso si apre in scudo, i volti sono raramente definiti in una volontà di prescindere il reale e di precisare all’opposto uno stato emozionale aperto ad una ricercata ma al tempo stesso negata condivisione. In Piove e tira vento del 2009 questa condizione trova piena espressione. Accanto a questa necessità di marca esistenzialista vi è nell’indagine condotta dalla scultrice anche una dimensione di frammento e di parzialità che agisce profondamente nella sua concezione plastica. Non si tratta tuttavia di prelievi, di calchi di parti del corpo poi decontestualizzati e riproposti con valore totemico, sono sculture che vogliono proporsi come impronte di vissuto e dunque per loro stessa natura necessariamente parziali, anatomicamente parziali, così come la natura dei ricordi. In Domani e dopodomani, una delle ultime sculture realizzate dall’artista e presentate in occasione della recente mostra personale tenutasi al Centro San Bartolomeo nell’aprile del 2012, due figure – due lunghi busti che paiono quasi emergere Piove e tira vento dai basamenti squadrati – sono raffigurate reclinate in avanti con le braccia conserte su un ipotetico piedistallo, il loro sguardo è spinto oltre, ma l’intera azione è decantata in una fissità temporale, è come se venisse messa in scena un’azione avvenuta in un tempo passato e per questo immota nel suo proporsi: la scultura agisce una dimensione metareale. Vi è una ricercata antinomia tra iconografia e testo narrativo che specifica e affianca le sculture: i titoli delle opere così volutamente articolati inducono ad una ambiguità di lettura che paradossalmente allontana da una visione corretta perché in fondo le opere sono sentite ancora come parte profondamente intima di sé e in qualche modo percepite come vulnerabili. Così in Bau Cette del 2009, dove compare per la prima volta e fortemente questa idea del corpo che “risale alla luce come frammento della coscienza”, il motivo intrinseco dell’opera è altro rispetto al titolo, nulla di più lontano dall’ingenuità del gioco, offrendosi quale visione disincantata del reale. Viveka Assembergs giunge alla scultura verso la fine degli anni Novanta pur avendo in precedenza continuato ad operare nel campo artistico e grafico; la sua dunque è una ricerca Bau Cette