Abaco e notazione posizionale - Università degli Studi di Parma
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Abaco e notazione posizionale - Università degli Studi di Parma
Abaco e notazione posizionale: storie di internalizzazione Bianca Betti, Rita Canalini (N. R. S. D. M. - Modena) 1. Introduzione La presente comunicazione intende proporre alcune riflessioni sul ruolo che l’abaco può assumere, nei processi di insegnamento - apprendimento, come strumento di mediazione semiotica relativamente alla costruzione del concetto di valore posizionale. Ampio spazio sarà dato all’analisi di protocolli relativi ad attività che hanno coinvolto (novembre- dicembre 2000) una classe seconda e una classe quarta elementare. Secondo Rabardel (1995), ogni strumento tecnico ha almeno due possibili interpretazioni: da un lato è stato costruito secondo una conoscenza specifica che assicura la realizzazione di certi obiettivi (parleremo, in questo caso, di artefatto culturale), dall’altro è usato dal soggetto secondo schemi di utilizzazione di carattere individuale (parleremo, in questo caso, di strumento). Rabardel (1995) parla di processi di strumentalizzazione, relativi all’emergenza e all’evoluzione delle componenti dell’artefatto, distinguendoli dai processi di strumentazione, relativi all’emergenza e all’evoluzione degli schemi di utilizzazione e di azione. Gli schemi di utilizzazione non necessariamente conservano tutte le connessioni relative agli scopi pratici e culturali per cui l’artefatto è stato costruito. Inoltre, poiché tali schemi sono in costante rapporto con l’esperienza fenomenologica personale (l’azione di chi agisce e relativo feedback del quale l’artefatto è un componente), costituiscono dei processi e sono, in quanto tali, passibili di modificazioni e integrazioni. L’approccio Vygotskiano introduce un nuovo elemento. Un artefatto/strumento può, nell’interazione sociale a scuola, utilmente assumere anche un’altra funzione, collegata con l’intenzione di insegnare: esso può mediare significati relativi ai saperi che vi sono incorporati, fino dall’origine (nel nostro caso saperi relativi alle tecniche di calcolo costruite dagli abacisti) o in conseguenza di un arricchimento avvenuto nel tempo (nel nostro caso saperi relativi alla scrittura del numero secondo il sistema di notazione posizionale). Se l’attribuzione dei significati afferisce ai saperi che l’artefatto/strumento incorpora, non necessariamente essi vengono identificati da chi lo utilizza ( l’artefatto può essere opaco per questi saperi); fondamentale, perché esso divenga trasparente è l’attività per mezzo della quale si realizzano i processi di strumentazione e di mediazione semiotica. Come insegnanti siamo particolarmente interessati a far emergere quei significati riconoscibili come sapere matematico legati, nel caso specifico, all’abaco come strumento che incorpora il concetto di valore posizionale. Va osservato che, nella storia, questo non è stato il sapere incorporato inizialmente, poiché l’abaco era utilizzato per eseguire calcoli, i cui risultati venivano poi trascritti in sistemi di notazione non necessariamente posizionale. Un altro fondamentale elemento che non appartiene alla tradizione storica dell’abaco e che, invece, caratterizza più o meno consapevolmente gli attuali processi di trasposizione didattica è la rappresentazione grafica dell’abaco. Alluderemo a questo nuovo artefatto/strumento con il termine abaco grafico. L’abaco grafico non è semplicemente un disegno dell’abaco, poiché “passare dall’abaco al foglio significa spostarsi da un medium gestuale (nel quale i movimenti sono dati in modo ostensivo e temporaneo in relazione ad un apparato esterno) a un medium grafico (nel quale i segni permanenti, che hanno la loro origine in questi movimenti, sono soggetti ad una sintassi data indipendentemente da ogni interpretazione fisica”(cfr. Rotman, 1993). 2. I dati sperimentali 2.1. L’esperienza in classe seconda (5 dicembre, insegnante Bianca Betti) I bambini di questa classe, di livello medio, utilizzano l’abaco da alcune settimane, hanno individuato ed esplorato alcune possibili funzioni e regole d’uso dello strumento, “ L’abaco aiuta a contare più velocemente…”,”…serve per calcolare…”, “non posso mettere più di 9 palline bianche, cambio e ne metto una rossa”, “ si tirano indietro le nove palline e si mette una pallina che è una decina”. In generale, nella classe, è consolidata la “regola del cambio”. Si è convenuto di utilizzare sul quaderno stanghette lunghe 9 quadretti. Ettore dice : “…devo stare attento a non disegnare l’asta dieci quadretti o otto quadretti perché poi sbaglio…” A questo punto (5 dicembre 2000), alla classe viene assegnata la seguente consegna: Sulla mensola della nostra classe è appoggiato l’abaco. Oggi è entrata Tecla, una bimba di prima, ed ha chiesto: “Che cosa è? A cosa serve?” Cosa risponderesti per farle capire che cosa è e a che cosa serve? Puoi usare parole e disegni. Tecla è una bambina della scuola e l’episodio è accaduto realmente. L’obiettivo dell’insegnante è il seguente: far emergere alcuni indicatori dei processi di mediazione semiotica relativi all’artefatto/strumento abaco e al concetto di valore posizionale delle cifre. 2.2 Analisi dei protocolli in classe seconda. SILVIA E LA DECINA INCINTA L’abaco è un oggetto che ti “L’abaco è un oggetto” è un enunciato di carattere aiuta a contare. Così fai prima generale che Silvia ha potuto interiorizzare durante le frequenti discussioni collettive che coinvolgono la a fare il risultato classe. L’abaco grafico di Silvia presenta due aste , quelle e solo quelle necessarie a rappresentare i numeri che conosce. Silvia prende in considerazione esclusivamente quegli elementi dello strumento Le decine servono a formare un numero con anche le unità. In una sono Nascoste 10 u. e’ incinta. L’abaco ha dei fili con dentro le palline decine e le unità. Le decine sono rosse le unità sono blu. “aderenti” a ciò che sa (del resto, ciò che sa è strettamente connesso all’uso dello strumento stesso). Cita tre funzioni relative all’abaco: il contare, il fare il risultato e il rappresentare che, pur non essendo citato, viene esemplificato con numeri “illustrati” attraverso abaci grafici. La sequenza contare, calcolare, rappresentare non sembra essere casuale: appartiene all’evoluzione culturale non soltanto di Silvia (cfr. il contributo di Franca Ferri). La metafora della decina incinta, questa sorta di unità “più potente”, capace di generarne altre nove è molto suggestiva. Testimonia quanto le metafore siano efficaci nel comunicare nuove idee e scoperte grazie anche alla loro capacità di correlarsi in modo creativo. La parola “nascosta” che, fin dalla classe prima evoca il valore della decina, sembra suggerire la rappresentazione grafica che, a sua volta, probabilmente, rimanda all’essere incinta. FILIPPO: L’EVOCATORE DEL GESTO L’abaco serve a contare più veloce è composto da una tavoletta e da 4 aste una delle unità un’altra delle decine e una delle centinaia e una delle migliaia. E ti faccio vedere il numero 23.Illustro E si usa tirando le palline avanti. Non bisogna tirarne fuori più di 9 se no scatta la regola del cambio cioè devi tirare indietro tutte le unità e viene fuori una pallina rossa delle decine e nella pallina rossa ci sono nascoste 10 unità Il protocollo di Filippo mostra chiaramente la capacità di descrivere lo strumento senza lasciarsi condizionare dagli aspetti estetici, la sua osservazione è guidata da ciò che conosce: l’abaco serve per contare. Nella gran parte dei protocolli i bambini ricorrono a verbi che costituiscono sinonimi di rappresentare (illustro, ti faccio vedere, disegno…). Prima ancora che ve ne sia consapevolezza, l’abaco grafico è per i bambini strumento di comunicazione della notazione posizionale. Quello di Filippo, inoltre, “fotografa” lo strumento, nel suo caso, l’abaco grafico mantiene tutti gli elementi costitutivi dell’abaco fisico ed entrambi vengono dotati di una precisa regola di funzionamento: la regola del cambio alla quale ricorrere se si hanno più di 9 unità (La generalità di questa regola agisce solo all’interno del campo numerico che Filippo domina). Filippo immagina di agire con l’abaco, lo strumento è come se fosse fisicamente presente, infatti, disegna la mano che compie queste azioni: tira fuori e tira indietro . La regola del cambio agisce tanto nella mente quanto nel gesto che lui rappresenta con la mano e le frecce. La decina che “nasconde” 10 unità è metafora operante e “costruttrice” di significati anche per Filippo: appartiene alla storia culturale della classe. 2.3. L’esperienza in classe quarta (30 novembre 2000, insegnante Rita Canalini) In questa classe, anch’essa di livello medio, l’abaco era stato oggetto in classe terza, di una discussione. Tra le diverse ipotesi formulate dai bambini, si era valorizzata quella relativa all’abaco come strumento che rappresenta il valore posizionale delle cifre (In quel periodo la classe era impegnata nell’ampliamento del campo numerico). L’abaco era stato utilizzato quasi esclusivamente per quest’ultimo scopo e frequente era stato il ricorso all’abaco grafico, a sua volta, divenuto strumento di mediazione semiotica almeno per i bambini di livello medio e alto.(cfr. i protocolli). Durante la discussione era inoltre emerso, in modo chiaro, che il colore delle palline è un elemento del tutto accessorio: ciò che conta è la loro posizione. In classe quarta, quindi dopo un anno, viene assegnata la seguente consegna: In questo manoscritto medioevale puoi vedere alcuni numeri. Potrebbe essere stato un novizio a scriverli. Forse, il novizio aveva la tua età ed era lo scolaro di un maestro monaco. A noi piace immaginare che si chiamasse Tiberio. Come puoi notare, sono usate le cifre da 0 a 9, ma anche il numero romano X che significa 10. 1) Secondo te, come ha ragionato Tiberio? 2) Come avrebbe potuto scrivere il numero cinquantadue? E centonove oppure centoventi? 3) Non è difficile immaginare che lo scolaro, se potesse leggere i nostri numeri, si troverebbe in difficoltà. AIUTALO! SPIEGA IL SIGNIFICATO DEI NOSTRI NUMERI CON PAROLE, RAPPRESENTAZIONI GRAFICHE E STRUMENTI ADEGUATI. L’obiettivo dell’insegnante è il seguente: porre i bambini di fronte ad un problema relativo alla notazione posizionale e, senza citare l’abaco, verificare se e come vi ricorrono per argomentare le loro conoscenze sul nostro sistema di rappresentazione dei numeri. 2.4. Analisi dei protocolli in classe quarta BIANCA E IL SUO PERCORSO DI AFFRANCAMENTO DALLO STRUMENTO (Viene proposto uno stralcio di protocollo) …elenco alcuni oggetti che usiamo Il primo abaco grafico che compare nel per contare: protocollo di Bianca è decisamente stilizzato. Dell’oggetto resta lo scopo convenzionale che gli è stato attribuito: 4 stanghette per indicare altrettante posizioni. E’ interessante notare Le mani sono molto utili per che Bianca ripercorre la sua storia personale comporre la decina e quindi puoi (che include quella della classe) rispetto al vedere le unità che formano la concetto di valore posizionale: contare, decina:9+1/8+2/7+3/6+4/5+5, formare la decina, assegnare diverso valore quando io ero in prima li chiamavo alle cifre (nuovamente in questo ordine!). gli amici del 10. L’abaco invece serve Ciascuna di queste funzioni viene assegnata per vedere il valore posizionale delle ad un preciso strumento mediatore: gli oggetti cifre. di casa, le mani e l’abaco. Le sue esemplificazioni sono interessanti: nella prima non compare lo 0, assegna un valore “tangibile” a tutte le posizioni; nella seconda sceglie il numero maggiore che un abaco con 4 aste può rappresentare, in un certo senso, è Esempio il numero che “contiene” tutti gli altri possibili ed è anche quello al limite delle capacità dello strumento. Successivamente: - dell’abaco restano le marche; - l’abaco viene sostituito da una tabella; Ingrandisco una parte dell’esempio. -l’incolonnamento lo elimina definitivamente. Queste trasformazioni successive sembrano avere la stessa funzione che hanno le metafore nei protocolli dei bambini di seconda rispetto al concetto di decina: Per capire consentono l’esplicitazione del valore Se si scrive 50+9 il risultato non è posizionale. Inoltre possono essere 509 quello 0 non va lì interpretate come traccia del processo di Perché lo 0 indica il internalizzazione (cfr. paragrafo 3) dello struniente cioè è un mento che rende trasparente e autonomo il numero neutro perciò sapere incorporato nello strumento stesso. se ci aggiungi 9 non diventa 09 ma, semplicemente9 … non devi confondere le cifre con i numeri 549424 è un numero a 6 cifre, le cifre sono i singoli simboli un gruppo di cifre forma un numero. Tranne nei numeri da 0 a 9. Con l’abaco puoi rappresentare tanti numeri ma solo fino a 9999. L’ultima affermazione contenuta nel protocollo conferma quest’ultima chiave di lettura. Bianca sottolinea i limiti dell’abaco fisico, ormai, la scrittura convenzionale del numero agisce autonomamente offrendo alle operazioni mentali le potenzialità di un sistema simbolico. Bianca possiede ciò che possiamo definire abaco mentale. MATTEO E L’ABACO CHE SI ESPANDE SUL FOGLIO (Si analizza un breve stralcio) Il numero rappresentato in questo strumento è 3647 Questo oggetto è l’abaco Il colore delle palline può non c’entrare niente è la posizione delle cifre…Provo a dimostrarti il numero 1400 Quando usi l’abaco che Ci possono stare solo 9 palline e sai perché? Perché se ce ne metti 10 vai in riporto e devi andare nella colonna successiva: No, non c’è e non ci sarà mai un abaco con cui ci stanno 10 palline. Il primo abaco che compare nel protocollo di Matteo è disegnato. Col disegno, interagiscono: • una didascalia che esplicita la funzione dello strumento; • le marche che sottolineano il valore posizionale; • una legenda per spiegare ciò che viene attribuito del tutto arbitrariamente: il valore assegnato al colore. Il secondo e il terzo abaco che compaiono sono, invece, stilizzati e costituiscono parte integrante dell’argomentazione di Matteo sulla notazione posizionale. Il primo abaco è un modo per scrivere 1400 serve a dimostrare la necessità di segnalare le posizioni vuote, ma qui l’esplorazione va oltre. Matteo vuole mostrare, cancellando il decimo quadretto, le regole del cambio in base 10 ma, così facendo, manipola la rappresentazione e contemporaneamente compie un esperimento mentale rispetto alle regole che la governano ipotizzando un sistema in base 11. L’idea di valore posizionale agisce indipendentemente da qualsiasi condizionamento fisico e vere e proprie esplorazioni mentali trovano nell’abaco- grafico un potente supporto. Il sapere incorporato nello strumento è internalizzato e suggerisce prime interpretazioni di carattere teorico: Matteo è Le posizioni vuote così lontano dal concetto di notazione indicano la cifra posizionale svincolato dalle regole della base 10 0 (può esistere che lui conosce e utilizza? ma dovresti contare in base 11) Discussione In seconda, i protocolli, nel loro aspetto linguistico e grafico testimoniano che lo strumento mantiene forti tracce di fisicità con presenza di metafore che si riferiscono al corpo. Il richiamo all’oggetto abaco convive con enunciati di carattere generale e contenenti puntuali descrizioni di tipo analitico (“l’abaco è un oggetto per…”,”l’abaco è composto da una tavoletta e da 4 aste una delle unità, un’altra delle decine…” (presenti in almeno 16 protocolli su 18). Inoltre l’abaco grafico a cui ricorrono i bambini rispetta alcune convenzioni costruite e condivise all’interno della classe. Sia tali convenzioni sia gli enunciati, di cui sopra, sono la esternalizzazione di quanto internalizzato durante le discussioni collettive “orchestrate” dall’insegnante “voce” del sapere adulto che qualifica costantemente l’attività. In classe quarta, di fronte ad un problema relativo alla notazione posizionale, gli alunni (12 su15) ricorrono, senza che sia esplicitamente richiesto, all’abaco grafico. Questa prestazione è spostata sul piano metacognitivo, in quanto l’oggetto abaco non è più presente da almeno un anno nella classe, ma appartiene alla sua storia culturale in relazione alla costruzione del concetto di valore posizionale; proprio per questo può spiegare, come richiesto nella consegna, il significato dei nostri numeri. Le operazioni sull’abaco grafico sono la esternalizzazione di operazioni mentali che, a loro volta, sono il risultato di internalizzazioni di operazioni compiute all’esterno sull’abaco fisico. Queste operazioni grafiche costituiscono parte integrante delle argomentazioni prodotte e, in alcuni casi, offrono il supporto a vere e proprie esplorazioni mentali oltre i limiti della fisicità dello strumento. Alessandro scrive : “l’abaco serve a formare dei numeri fino a 9999 però non posso continuare finchè voglio nella realtà, invece nella mente me lo posso immaginare perché posso aggiungere stanghette quanto mi pare e formerò gruppi da 10”. Si assiste quindi ad un complesso processo dialettico di internalizzazione - esternalizzazione: abaco fisico - abaco mentale - abaco grafico - abaco mentale - abaco grafico. Il processo di internalizzazione può essere ulteriormente analizzato secondo lo schema proposto da Vygotskij nella Storia dello sviluppo delle funzioni psichiche superiori(1960),relativamente al processo di mediazione semiotica. Tutti i casi qui analizzati non si riferiscono al momento iniziale, nel quale per la prima volta l’artefatto/strumento viene inserito (o trascinato secondo la metafora Vygotskiana) nell’operazione da compiere per la soluzione di un problema. Sono invece testimonianze indirette del processo di internalizzazione, così come è ricostruito dall’allievo in forma narrativa. Vygotskij distingue diversi processi di trapianto, usando questa metafora per descrivere il passaggio dell’operazione dall’esterno all’interno: la sutura, in cui c’è un residuo del trasferimento delle proprietà dello strumento (l’artefatto con gli schemi di utilizzazione) nell’operazione mentale; il trapianto globale, in cui una serie globale di operazioni esterne viene trasferita all’interno; la internalizzazione (completa) nella quale gli stimoli interni sono più numerosi e più facili da utilizzare di quelli esterni. E’ difficile stabilire dei confini rigidi tra uno stadio e l’altro, anche perché a scuola si osservano tracce esterne di processi interni nella forma di protocolli prodotti dal bambino e quindi relativi ai soli processi di cui il bambino è cosciente. Vale la pena ricordare che Vygotskij, nel caso degli studi sulla memoria eseguiti in laboratorio, riconosce l’integrazione all’interno del tipo “sutura” dall’abbreviazione dei tempi di reazione (da 500 millesimi di secondo a 150 millesimi di secondo). Pur con questo limite metodologico, non possiamo nasconderci che le tre metafore usate da Vygotskij sembrano adatte ad ordinare con una certa precisione i diversi protocolli che abbiamo presentato. Nella seconda elementare, Silvia ci testimonia un trapianto a sutura, in cui l’oggetto è presente ed evocato con forte fisicità, mentre Filippo descrive una sequenza più complessa di operazioni (la regola del cambio), offrendoci elementi che suggeriscono almeno un avvio di trapianto globale. Nella quarta elementare Bianca e, in ancora maggiore misura, Matteo sono in grado di ripercorrere completamente il processo di affrancamento dallo stimolo esterno, con tutta la libertà offerta dalle operazioni mentali. Se questa storia ideale di internalizzazione troverà conferma nelle altre classi che stanno seguendo percorsi analoghi, sarà interessante interrogarsi sul ruolo (di facilitazione o di ostacolo, di accelerazione o di rallentamento) che le metafore basate su operazioni esterne compiute con il corpo svolgono in questi processi, riprendendo anche gli studi di Lakoff & Nunez (2000) sulle metafore fondanti per le idee della matematica. 4. Ringraziamenti. Ringraziamo tutte le colleghe del Nucleo ed in particolare Rossella Garuti per l’aiuto offerto in tutte le fasi della ricerca. Ringraziamo Anna Loschi per l’aiuto nella preparazione del file. 5. Bibliografia Lakoff & Nunez R. E. (2000), Where mathematics Comes From: How the Embodied Mind Brings Mathematics into Being,basic Books. Rabardel P. (1995), Les Hommes & Les Technologies. Approche cognitive des instruments contemporains, Paris:Armand Colin Rotman b. (1993), Signifying Nothing: The Semiotics of zero, Stanford University Press. Vygotskij L. S. (1992), Pensiero e Linguaggio, Laterza Editore. Vygotskij L. S. (1974), storia dello sviluppo delle funzioni psichiche superiori e altri scritti, Giunti.