uomo bestia e virtu

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uomo bestia e virtu
L’UOMO, LA BESTIA E LA VIRTU’
di Luigi Pirandello
regia di Enzo Vetrano e Stefano Randisi
luci di Maurizio Viani
scenografia di Marc’Antonio Brandolini
costumi di Ursula Patzak
Con
Enzo Vetrano
:
Il trasparente signor Paolino
Ester Cucinotti
:
La virtuosa signora Perella
Giovanni Moschella
:
Il Capitano Perella
Stefano Randisi
:
Nonò, figlio dei Perella
Antonio Lo Presti
:
Il dottor Nino Pulejo, medico e suo
fratello Totò, farmacista
Margherita Smedile
:
Rosaria, governante di Paolino e
Grazia, domestica dei Perella
Giuliano Brunazzi
:
Giglio, scolaro e primo marinaio
Francesco Pennacchia
:
Belli, scolaro e secondo marinaio
Direttore di scena: Giuliano Toson
Capo elettricista e datore luci: Gianluca Bergamini
Fonico: Luca Tognacci
Assistente alla regia: Massimiliano Buldrini
Grafico: Luca Rondoni
Organizzazione: Emilio Vita
“…Esilarante, eh, lo so! Esilarantissimo. Lo so. La vista chiara, aperta, delle passioni – e
siano anche le più tristi, le più angosciose – ha il potere, lo so, di promuovere le risa di
tutti!…”
L’uomo, la bestia e la virtù – atto I – scena VII
Il nostro lavoro su Pirandello, cominciato con uno studio sulle Novelle e portato
avanti con Il berretto a sonagli, giunge adesso alla prova di un testo molto
particolare - L’uomo, la bestia e la virtù - quasi un unicum della produzione
pirandelliana.
Mai come in questo testo infatti la drammaturgia del grande Maestro incontra e si
esprime col linguaggio del grottesco e genera una favola allegorica, o meglio un
apologo, come lui stesso ha voluto definirlo.
La situazione che ci racconta è di quelle, care al nostro Autore, al limite del
possibile eppure credibilissime, paradossale risvolto di quella società
claustrofobica e piena di convenzioni che Pirandello ha saputo scardinare pezzo
dopo pezzo coi suoi affondi letterari e teatrali.
Nasce da una novella, Richiamo all’obbligo, e si sviluppa incarnandosi in
personaggi/animali immaginati e descritti come maschere grottesche. Paolino,
rispettabile professore privato, è l’uomo della vicenda: trasparente, come lo
definisce l’Autore, ma con una doppia vita; è infatti l’amante della signora Perella,
la virtù in persona, moglie trascurata e infelice del Capitano di marina Francesco
Perella, la bestia.
La tresca fra il professore e la signora potrebbe continuare a lungo e senza
intoppi, dato che l’indegno Capitano - violento e irascibile, da anni lontano dal
letto della moglie e con una seconda famiglia in un altro porto - è sempre per
mare, e torna a casa raramente e malvolentieri.
Ma un incidente - un’inattesa quanto inopportuna gravidanza della signora
Perella - minaccia di sconvolgere quest’ordine e costringe il professore a cercare
una soluzione ad ogni costo: nell’unica notte che il Capitano trascorrerà a casa,
tra un porto e l’altro, dovrà assolutamente ottemperare agli obblighi coniugali, e
rendere così apparentemente legittimo il frutto dell’amore proibito.
Comincia una febbrile corsa contro il tempo, per far sì che gli istinti sessuali della
bestia vengano risvegliati al momento opportuno, e in questa cieca frenesia il
professore calpesta e travolge pudore, dignità e sentimenti: pretende pozioni
afrodisiache, compra la complicità del petulante figlio della coppia e spinge la
casta signora Perella a mettere in mostra i tesori di grazia e bellezza del suo corpo,
così gelosamente e santamente custoditi. E così l’uomo, per difendere la virtù e
farsene paladino contro le offese coniugali della bestia, è costretto fatalmente e
paradossalmente a negare la propria umanità.
Affollano la scena domestiche scorbutiche, vicini invadenti e studenti bistrattati,
personaggi descritti, anche loro, con consolanti aspetti bestiali.
Nella nostra lettura lo spettacolo è tutto come contenuto, fin dall’inizio, in un
grande armadio che sta sul fondo della scena. A poco a poco le ante di questo
armadio fanno saltar fuori le voci, i gesti e le azioni dei personaggi, come da un
arsenale delle apparizioni in cui le evocazioni prendono corpo per assecondare e
servire la narrazione: paure, desideri, passioni diventano visibili; gli ingressi dei
personaggi si mescolano a incarnazioni visionarie ; le musiche, gli oggetti, lo stesso
armadio sul fondo prendono vita autonoma, partecipano al racconto della
vicenda e assumono funzione di coro.
Il grottesco si esaspera in momenti di forte comicità o si stempera nella poesia, si
addentra nel dramma e poi se ne libera con slittamenti surreali, consentendoci di
utilizzare registri recitativi a noi congeniali. Eppure, come sempre nel nostro modo
di andare in scena, rimanendo credibili, e tornando ad ascoltare le parole del
grande Maestro, che chiedeva ai suoi attori di agire sempre per mosse d’animo,
innescando una perfetta circolarità tra personaggio e interprete.
Enzo Vetrano e Stefano Randisi