Confimi Apindustria Bergamo

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Confimi Apindustria Bergamo
CONFIMI
Rassegna Stampa del 04/11/2015
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INDICE
CONFIMI
04/11/2015 Gazzetta di Modena - Nazionale
Aimag, i sindaci al lavoro sugli scenari possibili
6
04/11/2015 Cronaca di Verona
GLI SCENARI DELLA FINANZA ORA LA CITTÀ SI INTERROGA
7
04/11/2015 Prima Pagina Modena - Modena
«Carni rosse, da noi controlli strettissimi»
8
CONFIMI WEB
03/11/2015 www.bologna2000.com 16:08
Carni rosse: la categoria alimentari di Confimi sul recente pronunciamento dell'Oms
10
03/11/2015 www.modena2000.it 16:08
Carni rosse: la categoria alimentari di Confimi sul recente pronunciamento dell'Oms
11
03/11/2015 www.reggio2000.it 16:08
Carni rosse: la categoria alimentari di Confimi sul recente pronunciamento dell'Oms
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03/11/2015 www.sassuolo2000.it 16:49
Carni rosse: la categoria alimentari di Confimi sul recente pronunciamento dell'Oms
13
03/11/2015 www.sassuoloonline.it 16:08
Carni rosse: la categoria alimentari di Confimi sul recente pronunciamento dell'Oms
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SCENARIO ECONOMIA
04/11/2015 Corriere della Sera - Nazionale
«I finti presenti vanno licenziati»
16
04/11/2015 Corriere della Sera - Nazionale
La Banca d'Italia sulla manovra «Tagli al debito da non mancare»
18
04/11/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Michelin taglia in Europa E in Italia chiude Fossano
20
04/11/2015 Corriere della Sera - Nazionale
De Castries: il Monte dei Paschi? Sì al piano, più tempo per la fusione
21
04/11/2015 Il Sole 24 Ore
Bce: per imprese e famiglie mobilitati oltre 100 miliardi *
23
04/11/2015 Il Sole 24 Ore
Regioni, maxi-spesa da 153 miliardi
25
04/11/2015 Il Sole 24 Ore
Bankitalia: cruciale ridurre il debito
27
04/11/2015 Il Sole 24 Ore
Fiat Chrysler, a ottobre boom di vendite negli Stati Uniti (+15%)
29
04/11/2015 La Repubblica - Nazionale
La retromarcia di Carlo Messina sui dividendi evita a Intesa l'ira del mercato
30
04/11/2015 La Repubblica - Nazionale
Su Metroweb e Cdp cda ancora diviso La miccia del Brasile
31
04/11/2015 La Repubblica - Nazionale
Derivati sul 15% Telecom la Consob obbliga Niel a informare il mercato
33
04/11/2015 La Repubblica - Nazionale
L'Italia entra in Qwant, l'anti-Google
34
04/11/2015 MF - Nazionale
Tra Sorgenia e A2A c'è l'accordo sullo scambio di due centrali
35
04/11/2015 MF - Nazionale
Il fondo del Kuwait oltre il 2% di Poste
36
SCENARIO PMI
04/11/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Vita in Parlamento I conti dei 5 Stelle
38
04/11/2015 Corriere della Sera - Nazionale
serve più trasparenza nella tassazione delle multinazionali
40
04/11/2015 Corriere della Sera - Bergamo
Cala la produzione industriale Mannaia sulle aziende artigiane
42
04/11/2015 Il Sole 24 Ore
«Così muoiono le pmi del settore biomedicale»
43
04/11/2015 Il Sole 24 Ore
Elite, altre 41 Pmi «studiano» la Borsa
44
04/11/2015 Il Messaggero - Nazionale
Intesa Sp archivia nove mesi record
45
04/11/2015 Libero - Nazionale
Gli incentivi alla produttività andranno solo a una minoranza
47
04/11/2015 Il Foglio
SALVARSI DAI SALVINI
48
CONFIMI
3 articoli
04/11/2015
Pag. 23
diffusione:8474
tiratura:11670
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Aimag, i sindaci al lavoro sugli scenari possibili Dopo la presentazione delle sette manifestazioni di interesse,
i Comuni soci dovranno scegliere come impostare il bando e da lì si intuirà la direzione
Aimag, i sindaci al lavoro sugli scenari possibili
Aimag, i sindaci al lavoro
sugli scenari possibili
Dopo la presentazione delle sette manifestazioni di interesse, i Comuni soci
dovranno scegliere come impostare il bando e da lì si intuirà la direzione
MIRANDOLA C'è chi dice che il futuro di Aimag è già scritto e chi invece confida nel fatto che venga scritto in
questi giorni, dal momento in cui i Comuni soci inizieranno l'istruttoria sulle sette manifestazione d'interesse
pervenute entro i termini per avviare operazioni di partnership con la multiutility. Dal documento reso pubblico
dal Comune di Mirandola si evince chiaramente l'impegno ad assicurare «il controllo pubblico del gruppo»
perseguendo «mediante una crescita industriale di medio lungo periodo», «l'aumento del valore per i soci; un
miglioramento della qualità, efficienza ed economicità dei servizi per gli utenti; il mantenimento di un forte
presidio sul territorio servito; la salvaguardia dei livelli occupazionali e la valorizzazione delle competenze
tecniche e manageriali presenti nel Gruppo Aiamg». «Le finalità sono dunque chiare - ha spiegato il sindaco
di Carpi, Alberto Bellelli, presidente del patto di sindacato - e siamo contenti che intorno ad Aimag si mostri
così tanto interesse, perché significa che l'azienda funziona. A breve potremo dare tempistiche sui passi
successivi». Quali scenari si potrebbero ipotizzare, dunque? La direzione che i sindaci intenderanno prendere
sarà intuibile già dal modello di gara che verrà predisposto. Plausibile pensare che l'ingresso di Hera
potrebbe precludere ad Aimag di partecipare alla maxi gara del gas, poiché teoricamente entrambe non
potrebbero correre e potrebbe prevalere il gruppo di maggiori dimensioni. Qualche anno fa tra gli impegni
espressi dai Comuni soci quando Hera si era aggiudicata il 25% c'era quello di valutare una ulteriore
cessione del 26% per permettere alla spa il controllo di Aimag, ma oggi questo andrebbe contro l'impegno
assunto di recente. D'altra parte se i Comuni permettessero a Hera di arrivare al 51% cedendo un 26% del
loro attuale 65%, rimarrebbero detentori di un 39% che avrebbe ben poche speranze di essere rivenduto in
un futuro, se non alla stessa Hera ma a quel punto a un prezzo deciso dall'acquirente. Tanto varrebbe allora
cedere tutto subito e a caro prezzo per fare cassa. Oppure i Comuni potrebbero cedere alle Fondazioni un
10% mantenendo il 55%, facendo comunque cassa e mantenendo sostanzialmente inalterata la situazione
industriale. Oppure ancora potrebbero mantenere il controllo vendendo un pacchetto ad un'altra azienda o
gruppo mantenendo sempre il controllo, incassando liquidità e puntare su uno sviluppo industriale. Ma,
volendo, ci sono persino ipotesi intermedie. Insomma, al momento le curiosità rimangono senza risposta,
almeno fino a che non si sarà chiarita la situazione e si potrà andare verso una fotografia più precisa delle
mosse future. «Anche a noi fa piacere che ci siano state diverse manifestazioni di interesse - ha detto
Claudio Reggiani che, insieme a Dino Piacentini, Coseam e Gruppo Borsari fa parte di Piacere Aimag, tra chi
ha presentato la manifestazione d'interesse - significa che Aimag è azienda che si è fatta valere. Noi
crediamo nel progetto industriale possibile, ora attendiamo gli sviluppi». In corsa anche la mantovana Tea:
«Noi un piano industriale lo abbiamo, pronto e lungimirante, noi ci crediamo - ha detto il presidente Luigi
Gualerzi - noi e Aimag siamo aziende complementari che sul mercato possono integrarsi e potenziare la
propria forza rimanendo radicati sul territorio». No comment da parte degli altri attori sulla scena; silenzi
comprensibili visto che la fase è delicata e la posta in gioco è parecchio alta.
CONFIMI - Rassegna Stampa 04/11/2015
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04/11/2015
Pag. 3
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EDIZIONE STRAORDINARIA IN GRAN GUARDIA
GLI SCENARI DELLA FINANZA ORA LA CITTÀ SI INTERROGA
Il network ATS VeronaExpo organizza un convegno con gli esponenti delle istituzioni finanziarie. Ci sarà
Bazoli
Sono molte le istituzioni civili e associazioni imprenditoriali di Verona che auspicano la nascita di un distretto
finanziario veronese - centro di eccellenza economico - a supporto dei soci risparmiatori, delle famiglie e delle
imprese, con ruolo trainante delle tre principali istituzioni finanziarie scaligere: Banco Popolare, Cat to lica
Assi curazione e Fonda zio ne Cari verona ma in cui anche gli istituti di credito cooperativo po trebbero dare il
loro contributo. Per questo "ATS VeronaExpo", network di 45 associazioni ed enti veronesi promotrici della
Carta di Verona, in collaborazione con Giornale Pantheon, Apindustria Verona, Feder Ma na ger Verona,
Finval e Innoval, per rafforzare il legame tra Famiglie-Imprese-Territorio e Istituzioni Finanziarie Veronesi e
condividere questo importante progetto che mette al centro i 220.000 soci di Banco Popolare e i 25.000 di
Cattolica e che auspica un importante ruolo catalizzatore della Fondazione Cari verona, organizza una
edizione straordinaria della Setti mana Vero nese della Finanza, Economia e del Lavoro dal titolo "Nuovi
scenari nella finanza veronese e veneta. La città di Verona si interroga". L'ap punta mento è per venerdì 6
Novembre 2015 ore 19.00 alla Gran Guardia. Interverranno Flavio Tosi , Sin daco di Verona, Enrico Zanetti ,
Sottosegretario all'Econ o mia e Finanze, Massi mo Mucchetti , Presi dente 10° Commissione Attività
Produttive del Senato, Arturo Alberti , Presidente Apindustria Verona, Gianfranco Cicolin , Presidente
FederManager Ve ro na, Luca Castagnetti , Presi dente CDO Veneto, Matteo Scolari , Pre sidente Verona
Expo e Ger mano Zanini , Direttore Setti mana Veronese della Finanza. È previsto anche un contributo video
dell'Avv. Giovanni Bazoli , Presidente del Consiglio di Sorveglianza della Banca Intesa San Paolo. Germano
Zanini e Giovanni Bazoli
CONFIMI - Rassegna Stampa 04/11/2015
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04/11/2015
Pag. 13 Ed. Modena
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IL CASO Confimi Emilia dopo l'allarme dell'Oms sui legami col cancro
«Carni rosse, da noi controlli strettissimi»
Conseguenze sulle vendite: a ottobre dati inferiori alle previsioni
MODENA Vogliono dire la loro gli imprenditori alimentari di Confimi Emilia che lavorano nel settore delle carni
rosse e affermano che «la salubrità del prodotto è controllata in modo strettissimo in Italia, dove vengono
applicati standard assolutamente re s t r i t t iv i » . «Come spesso accade, le generalizzazioni, sovente
accompagnate da sensazionalismi fuori luogo, non vanno né nella direzione della corretta informazione, né in
quella di una reale salvaguardia della salute». «Nelle carni conservate la percentuale di conservante è
infinitesima, il minimo indispensabile a scopo c a u t e l a t ivo e preventivo; dopo di ché è evidente che
qualunque alimento, anche il più sano, se assunto in quantità abnormi, nuoce comunque alla salute». «Molti
di noi, piccoli produttori e trasformatori, ritirano la carne personalmente, la macellano in giornata e la
commercializzazione avviene entro due giorni. C'è poi da dire che molti prodotti sono completamente privi di
conservanti: i loro ingredienti sono esclusivamente carne e sale» «Va anche precisato sottolinea Confimi che le stesse garanzie valgono anche per i grandi produttori, i quali, a causa della filiera lunga, sono
sottoposti a controlli ancora più serr at i » . Quanto all'i mm e di at a conseguenza sulle vendite - chiude l'a
ssoc iazione di pmi - , il dato di ottobre risulta, per gli alimentaristi consultati da Confimi, inferiore alle
previsioni. ASSOCIAZIONE PMI il presidente di Confimi Modena Gorzanelli
CONFIMI - Rassegna Stampa 04/11/2015
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03/11/2015 16:08
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Vogliono dire la loro gli imprenditori alimentari di Confimi Emilia che lavorano nel settore delle carni rosse, ed
affermano subito che "La salubrità del prodotto è controllata in modo strettissimo in Italia, dove vengono
applicati standard assolutamente restrittivi".
"Come spesso accade, le generalizzazioni, sovente accompagnate da sensazionalismi fuori luogo, non vanno
né nella direzione della corretta informazione, né in quella di una reale salvaguardia della salute".
"Nelle carni conservate la percentuale di conservante è infinitesima, il minimo indispensabile a scopo
cautelativo e preventivo; dopo di ché è evidente che qualunque alimento, anche il più sano, se assunto in
quantità abnormi, nuoce comunque alla salute".
"Molti di noi, piccoli produttori e trasformatori, ritirano la carne personalmente, la macellano in giornata, e la
commercializzazione avviene entro due giorni. C'è poi da dire che molti prodotti sono completamente privi di
conservanti: i loro ingredienti sono esclusivamente carne e sale".
"Va anche precisato che le stesse garanzie valgono anche per i grandi produttori, i quali, a causa della filiera
lunga, sono sottoposti a controlli ancora più serrati".
Quanto all'immediata conseguenza sulle vendite, il dato di ottobre risulta, per gli alimentaristi consultati da
Confimi, inferiore alle previsioni.
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Carni rosse: la categoria alimentari di Confimi sul recente pronunciamento
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Vogliono dire la loro gli imprenditori alimentari di Confimi Emilia che lavorano nel settore delle carni rosse, ed
affermano subito che "La salubrità del prodotto è controllata in modo strettissimo in Italia, dove vengono
applicati standard assolutamente restrittivi".
"Come spesso accade, le generalizzazioni, sovente accompagnate da sensazionalismi fuori luogo, non vanno
né nella direzione della corretta informazione, né in quella di una reale salvaguardia della salute".
"Nelle carni conservate la percentuale di conservante è infinitesima, il minimo indispensabile a scopo
cautelativo e preventivo; dopo di ché è evidente che qualunque alimento, anche il più sano, se assunto in
quantità abnormi, nuoce comunque alla salute".
"Molti di noi, piccoli produttori e trasformatori, ritirano la carne personalmente, la macellano in giornata, e la
commercializzazione avviene entro due giorni. C'è poi da dire che molti prodotti sono completamente privi di
conservanti: i loro ingredienti sono esclusivamente carne e sale".
"Va anche precisato che le stesse garanzie valgono anche per i grandi produttori, i quali, a causa della filiera
lunga, sono sottoposti a controlli ancora più serrati".
Quanto all'immediata conseguenza sulle vendite, il dato di ottobre risulta, per gli alimentaristi consultati da
Confimi, inferiore alle previsioni.
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affermano subito che "La salubrità del prodotto è controllata in modo strettissimo in Italia, dove vengono
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"Come spesso accade, le generalizzazioni, sovente accompagnate da sensazionalismi fuori luogo, non vanno
né nella direzione della corretta informazione, né in quella di una reale salvaguardia della salute".
"Nelle carni conservate la percentuale di conservante è infinitesima, il minimo indispensabile a scopo
cautelativo e preventivo; dopo di ché è evidente che qualunque alimento, anche il più sano, se assunto in
quantità abnormi, nuoce comunque alla salute".
"Molti di noi, piccoli produttori e trasformatori, ritirano la carne personalmente, la macellano in giornata, e la
commercializzazione avviene entro due giorni. C'è poi da dire che molti prodotti sono completamente privi di
conservanti: i loro ingredienti sono esclusivamente carne e sale".
"Va anche precisato che le stesse garanzie valgono anche per i grandi produttori, i quali, a causa della filiera
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Quanto all'immediata conseguenza sulle vendite, il dato di ottobre risulta, per gli alimentaristi consultati da
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Vogliono dire la loro gli imprenditori alimentari di Confimi Emilia che lavorano nel settore delle carni rosse, ed
affermano subito che "La salubrità del prodotto è controllata in modo strettissimo in Italia, dove vengono
applicati standard assolutamente restrittivi".
"Come spesso accade, le generalizzazioni, sovente accompagnate da sensazionalismi fuori luogo, non vanno
né nella direzione della corretta informazione, né in quella di una reale salvaguardia della salute".
"Nelle carni conservate la percentuale di conservante è infinitesima, il minimo indispensabile a scopo
cautelativo e preventivo; dopo di ché è evidente che qualunque alimento, anche il più sano, se assunto in
quantità abnormi, nuoce comunque alla salute".
"Molti di noi, piccoli produttori e trasformatori, ritirano la carne personalmente, la macellano in giornata, e la
commercializzazione avviene entro due giorni. C'è poi da dire che molti prodotti sono completamente privi di
conservanti: i loro ingredienti sono esclusivamente carne e sale".
"Va anche precisato che le stesse garanzie valgono anche per i grandi produttori, i quali, a causa della filiera
lunga, sono sottoposti a controlli ancora più serrati".
Quanto all'immediata conseguenza sulle vendite, il dato di ottobre risulta, per gli alimentaristi consultati da
Confimi, inferiore alle previsioni.
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Carni rosse: la categoria alimentari di Confimi sul recente pronunciamento
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affermano subito che "La salubrità del prodotto è controllata in modo strettissimo in Italia, dove vengono
applicati standard assolutamente restrittivi".
"Come spesso accade, le generalizzazioni, sovente accompagnate da sensazionalismi fuori luogo, non vanno
né nella direzione della corretta informazione, né in quella di una reale salvaguardia della salute".
"Nelle carni conservate la percentuale di conservante è infinitesima, il minimo indispensabile a scopo
cautelativo e preventivo; dopo di ché è evidente che qualunque alimento, anche il più sano, se assunto in
quantità abnormi, nuoce comunque alla salute".
"Molti di noi, piccoli produttori e trasformatori, ritirano la carne personalmente, la macellano in giornata, e la
commercializzazione avviene entro due giorni. C'è poi da dire che molti prodotti sono completamente privi di
conservanti: i loro ingredienti sono esclusivamente carne e sale".
"Va anche precisato che le stesse garanzie valgono anche per i grandi produttori, i quali, a causa della filiera
lunga, sono sottoposti a controlli ancora più serrati".
Quanto all'immediata conseguenza sulle vendite, il dato di ottobre risulta, per gli alimentaristi consultati da
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CONFIMI WEB - Rassegna Stampa 04/11/2015
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Carni rosse: la categoria alimentari di Confimi sul recente pronunciamento
dell'Oms
SCENARIO ECONOMIA
14 articoli
04/11/2015
Pag. 1,6
diffusione:298071
tiratura:412069
«I finti presenti vanno licenziati»
Lorenzo Salvia
D opo i vigili di Roma assenti a Capodanno e quello di Sanremo che timbrava in mutande, la ministra Madia è
netta: «Chi dice che va a lavorare e non lo fa va licenziato» . a pagina 6
ROMA «Un dipendente pubblico che dice di andare a lavorare e poi non ci va, deve essere licenziato».
Sembra una frase scontata, persino banale, quella pronunciata ieri dal ministro della Pubblica
amministrazione Marianna Madia. Ma non lo è. Perché «non è vero che tutti i dipendenti della Pubblica
amministrazione sono fannulloni», come ricorda la stessa Madia. Ma dai vigili urbani di Roma assenti in
massa la notte di Capodanno al loro collega di Sanremo, ripreso mentre timbrava in ciabatte e mutande per
ottimizzare i tempi, gli esempi poco edificanti fioccano un giorno sì e l'altro pure. E invece i licenziamenti sono
una rarità assoluta. Gli ultimi dati disponibili dicono che nel 2013 i procedimenti disciplinari avviati negli uffici
pubblici sono stati poco meno di 7 mila. E i licenziamenti 220. Su un totale di 3 milioni e passa di dipendenti
pubblici siamo allo 0,007%. O abbiamo la burocrazia migliore del mondo oppure i conti non tornano. Ed è per
questo che il governo Renzi si prepara rendere se non più severe almeno più semplici e veloci le regole che
possono portare al licenziamento.
Già oggi la legge prevede la risoluzione del contratto per motivi disciplinari. Le cause possibili sono sette,
dopo l'ultima riforma del 2009. E la prima è proprio la «falsa attestazione delle presenza in servizio». «C'è già
tutto, basta applicare la legge e avere la giusta volontà politica», dice Brunetta, autore di quella riforma
portata a casa al tempo della campagna sui tornelli e sul tabelle messe su interne con il tasso di assenze
ufficio per ufficio. La legge c'è. Ma secondo il governo Renzi qualcosa non va nella macchina che la dovrebbe
applicare. Ed è su questo punto che il ministro Madia vuole correggere il tiro. Su tre punti. Il primo è la durata
massima del procedimento disciplinare. Oggi, quando può portare al licenziamento, può arrivare al massimo
a 160 giorni. Dovrebbero scendere a 120. Il secondo correttivo è sulle conseguenze per chi sfora i tempi. Già
oggi è prevista una durata massima per ogni passaggio della procedura: 40 giorni per la contestazione, altri
20 per la convocazione. Il punto è che se queste scadenze vengono sforate non succede nulla. E quindi
raramente vengono rispettate. Sarebbe introdotta, invece, una sanzione per il responsabile del procedimento
che non riesce a tenere la pratica nei tempi. L'ultimo correttivo è più tecnico ma forse più importante. Oggi i
dirigenti sono prudenti quando devono far partire il procedimento, addirittura prudentissimi se possono
arrivare al licenziamento. E questo perché se il dipendente allontanato impugna il provvedimento in tribunale
e vince la causa, è proprio lui, il dirigente, ad essere responsabile di danno erariale. Deve pagare di tasca
sua, insomma. E la tentazione di lasciar perdere rischia di avere la meglio su tutto il resto. Per questo è
possibile che il dirigente venga sollevato per legge dalla responsabilità personale. Lasciando naturalmente
che, in caso di licenziamento annullato in tribunale, a pagare i danni sia solo lo Stato.
I correttivi dovrebbero trovare posto nel decreto che il governo emanerà nelle prossime settimane per dare
attuazione alla riforma della Pubblica amministrazione, approvata quest'estate.
Lorenzo Salvia
lorenzosalvia
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Già oggi la legge prevede la possibilità di licenziare il dipendente pubblico. I motivi possibili per il taglio sono
sette. L'ultima riforma è del 2009 Tra le cause di possibile licenziamento c'è anche la falsa attestazione della
presenza in servizio. Cioè chi timbra e poi non è in ufficio Nel 2013 i procedimenti disciplinari avviati per i
dipendenti pubblici italiani sono stati 6.935. Di questi 1.366 sono stati archiviati Sempre nel 2013 i dipendenti
pubblici licenziati per motivi disciplinari sono stati 220. Di questi 81 nella scuolaLa riforma della Pubblica
amministrazione prevede che vengano accelerati e resi certi i tempi di espletamento dell'azione disciplinare
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 04/11/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
LA MINISTRA MADIA
04/11/2015
Pag. 1,6
diffusione:298071
tiratura:412069
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 04/11/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Oggi la durata massima di un procedimento disciplinare che può portare al licenziamento è di 160 giorni.
Scenderanno a 120 Saranno previste sanzioni per il dirigente che non rispetta i tempi fissati per le singole
tappe del procedimento Oggi non ci sono Il dirigente non sarà responsabile sul piano personale se il
licenziamento verrà annullato dal tribunale in un secondo momento
Foto: Il ministro della Pubblica amministrazione, Marianna Madia
04/11/2015
Pag. 2
diffusione:298071
tiratura:412069
La Banca d'Italia sulla manovra «Tagli al debito da non mancare»
Critiche dalla Corte dei conti. Il presidente del Piemonte: le mie dimissioni restano, sistema a rischio Il
ministro Padoan: le riforme colpiscono nel segno. Ue verso l'ok alle stime italiane su deficit/pil
Francesco Di Frischia
ROMA Due giudizi importanti arrivano sulla legge di Stabilità in discussione al Senato: per la Banca d'Italia,
che vede il Pil 2015 vicino all'1%, il taglio del debito pubblico «è un impegno chiave e non va mancato» ed è
meglio eliminare le tasse «sulla produzione, rispetto a alleggerire le imposte sulla casa». Più severo il
commento della Corte dei conti: «La manovra utilizza al massimo gli spazi di flessibilità disponibili, ma riduce i
margini di protezione dei conti pubblici e lascia sullo sfondo nodi irrisolti, come clausole di salvaguardia,
pensioni e contratti pubblici, e questioni importanti, come un definitivo riassetto del sistema di finanziamento
degli enti locali». Intanto Pier Carlo Padoan, ministro dell'Economia, che oggi riferisce della manovra in
Senato, taglia corto: «In Parlamento di resistenza ne troverò tanta, segno che le riforme sono utili».
L'indicazione che si raccoglie nella Commissione Ue, invece, è di uno scenario di conferma della ripresa, «in
linea con le attese» e con le stime formulate dall'Italia per Pil e deficit. Nel frattempo il governatore del
Piemonte, Sergio Chiamparino, per protesta contro i tagli alle Regioni ha detto che «restano le dimissioni»
dalla presidenza della Conferenza delle Regioni: «Voglio avere le mani libere dal punto di vista politico». E a
Renzi ha replicato: «Non vado all'incontro col governo con spirito di divertimento ma di lavoro».
Ieri alle commissioni congiunte Bilancio di Senato e Camera, Luigi Federico Signorini, vice direttore generale
della Banca d'Italia, ha ricordato che «la ripresa si è avviata, ma va consolidata» perché «sono ancora elevati
i rischi provenienti dall'economica globale». Parlando della diminuzione delle imposte prevista nella Stabilità,
Signorini ha aggiunto: «È finanziata solo in parte con riduzioni di spesa: sono infatti previste maggiori entrate,
in buona parte derivanti dalla voluntary disclosure (il rientro dall'estero dei capitali in nero ndr )». E sia queste
entrate che quelle scaturite dal settore giochi hanno natura «temporanea». I vertici di Bankitalia hanno
insistito sul debito pubblico: la riduzione dal 2016 «non deve essere un episodio isolato, ma l'inizio di un
percorso». E per fare questo «è necessario attuare in pieno le misure di copertura, realizzare le
privatizzazioni e conseguire una crescita del pil in linea con le previsioni». Secondo le stime più recenti di
Bankitalia, l'andamento dell'onere per interessi passivi nel 2015-2019 sarebbe inferiore a quello delle Note di
aggiornamento del Def, cioè produrrebbe un tesoretto: per il 2015 «la differenza rispetto alla stima
governativa è di circa 1,5 miliardi per salire a 6,7 nel 2016, arrivare a 9,4 nel 2018 e infine ridursi a 7,6 nel
2019».
Criticità sono state segnalate da Raffaele Squitieri, presidente della Corte dei conti: tra gli esempi, la
tassazione degli immobili che «risulta ancora senza una fisionomia definita». Squitieri è preoccupato «per le
ripercussioni negative sulla qualità dei servizi» visto che l'aggiustamento dei conti «verrebbe a gravare
prevalentemente» sugli enti locali.
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I numeri della legge di Stabilità e i conti pubblici Importo totale, potrebbe salire a 29,5 miliardi se la Ue
permetterà di alzare il deficit dal 2,2 al 2,4% totale valore del bonus da 80 euro che diventa uno sgravio fondi
stanziati nel triennio per il contrasto della povertà, di cui 600 milioni nel 2016 3.000 euro tetto massimo dei
pagamenti in contante il contributo dello Stato per i contratti a tempo indeterminato; scenderà a 1.600 euro
nel 2017. Nel 2015 era di 8.060 euro 140% 3.200 euro la franchigia Irap per le partite Iva 13.000 euro il tetto
sui ricavi dei lavoratori autonomi per rientrare nel regime forfettario 30.000 euro super ammortamento
previsto per chi investe in macchinari, impianti e altri beni strumenti della propria azienda CdS 26,5 miliardi 10
miliardi 2,9 miliardi OPZIONE DONNA PIL INFLAZIONE (ottobre) +0,2% su settembre e +0,3% tendenziale
DISOCCUPAZIONE (settembre) 11,8% ENTRATE TRIBUTARIE (nei primi 7 mesi 2015): 224,9 miliardi Le
donne potranno andare in pensione a 57 anni con 35 anni di contributi, ma l'assegno viene calcolato con il
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Primo piano La legge di Stabilità
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 04/11/2015
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metodo contributivo 100 euro il canone Rai che si pagherà a rate nella bolletta elettrica 42,6% la pressione
fiscale in discesa dal 43,1% 1° trim 2° trim +0,3%* +0,3%** 2015 *(sul 4° trimestre 2014) e invariato sul 1°
trimestre 2014 **(sul 1° trimestre 2015) e +0,7% (sul 2° trimestre 2014)
I punti
La legge di Stabilità, composta da 52 articoli e per un ammontare totale di circa 26,5 miliardi, prevede tra le
cose principali l'abolizione della tassazione sulla prima casa, ad eccezione delle abitazioni signorili (categoria
catastale A1), ville con giardino (A8), palazzi e castelli storici (A9). Queste ultime erano state incluse nella
cancellazione ma sono poi state escluse dopo la rivolta anche all'interno del Pd Un altro punto critico della
legge di Stabilità è l'innalzamento del tetto del contante a 3 mila euro. Secondo alcuni esperti, ma anche per
alcuni esponenti della minoranza Pd, la decisione favorirebbe l'evasione e la criminalità organizzata. Il
premier Renzi invece difende la misura come un incentivo ai consumi
Le Regioni
A lanciare l'allarme sugli effetti negativi della legge di Stabilità sui bilanci delle Regioni è Sergio Chiamparino,
durante l'audizione in Commissione Bilancio al Senato, sia in veste di governatore del Piemonte che di
presidente della conferenza Stato Regioni. «I tagli dal 2017 al 2019 configurano una situazione che mette a
rischio la sopravvivenza del sistema Regioni», ha detto Secondo Chiamparino «due terzi della spending
review sono a carico delle regioni». Tradotto nel 2016 vuole dire circa 4 miliardi di risparmi, su un totale di 5,9
miliardi, a carico delle Regioni
Foto: Il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, da Berlino, sostiene che le riforme sono utili perché
colpiscono dove devono
04/11/2015
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Michelin taglia in Europa E in Italia chiude Fossano
Michelangelo Borrillo
tre poli da chiudere in Europa. Con 1.500 posti di lavoro a rischio, di cui 578 in Italia. Sono i numeri del piano
strategico 2016-2020 di Michelin. In Italia è prevista la chiusura dello stabilimento di Fossano (Cuneo) con il
taglio di 400 posti, a causa del calo dei volumi di produzione (-45%): più conveniente acquistare i cavi
metallici che produrli. Gli altri esuberi ad Alessandria (30), Torino (120) e Tribano (Padova, 28). Annunciate
per oggi quattro ore di sciopero per ogni turno. Con il sito di Fossano, entro il 2016 chiuderà anche quello di
Oranienburg in Germania (180 dipendenti) e nel 2018 quello di Ballymena in Irlanda del Nord (860 posti).
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 04/11/2015
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La Lente
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De Castries: il Monte dei Paschi? Sì al piano, più tempo per la fusione
Il numero uno di Axa: nel 2018 lascio. La successione? «Abbiamo ottimi manager»
Sergio Bocconi
Tassi negativi, mondo digitale, big data, clima e grandi rischi: oggi per guidare una compagnia di
assicurazioni sembra siano necessarie competenze di finanza, ma soprattutto di tecnologia e geopolitica.
Impressione confermata dal colloquio con Henri de Castries, numero uno di Axa, secondo player mondiale
del settore per asset con oltre 92 miliardi di ricavi, 1.300 miliardi di patrimonio gestito e 100 milioni di clienti
nel mondo. Forse anche per questo il top manager, che proviene da un'antica famiglia della nobiltà francese,
è presiedente del gruppo Bilderberg, alle cui conferenze i megatrend sono abituali, e dell'Institut Montaigne,
think tank sull'innovazione fondato da Claude Bébéar.
Come si "sopravvive" nell'era dei tassi negativi e del Quantitative easing?
«L'impatto dei tassi per noi è graduale perché i nostri investimenti sono di lungo termine e quindi meno
sensibili. Lavoriamo su pricing e mix offerto: i prodotti unit in quattro anni sono passati dal 15-20% al 30%
della raccolta (con un aumento del 22% negli ultimi nove mesi) mentre il peso delle gestioni separate, le
polizze più classiche, è sceso dal 40% al 15%. Detto questo, le politiche espansive della Bce sono
benvenute: senza, il declino sarebbe inevitabile. Devono però essere accompagnate da riforme strutturali».
Che "voto" dà all'Italia, anche come investitore importante in bond governativi (a fine giugno 22 miliardi a
valore di mercato)?
«A partire dal governo Monti, poi con Letta e in modo accelerato con Renzi, la volontà di riforma è chiara,
come dimostrano Jobs act e Senato».
Come valuta la vicenda Telecom, che rinnova "vecchie" questioni finanziarie (e non sol o) fra Italia e
Francia?
«Il business di Axa è proteggere i propri clienti, non le telecomunicazioni!».
Lei è stato critico verso Solvency II. Conferma?
«E' un sistema imperfetto con il quale dobbiamo convivere. Non ci consente di svolgere pienamente il ruolo di
investitori di lungo periodo, con i contributi a crescita e società».
I maggiori player assicurativi investono risorse in digital e big data. Voi a che punto siete?
«Digital e big data stanno cambiando alla radice il nostro mestiere. Non rimpiazzano gli agenti, anzi. Sono
strumenti a loro disposizione che rivoluzionano il rapporto con i clienti, e sono fondamentali per la
comprensione dei rischi e delle necessità dei consumatori. Nella trasformazione digitale abbiamo investito
950 milioni negli ultimi tre anni. A San Francisco e a Shanghai operiamo con Axa Lab, strumento per essere
"connessi" con le regioni più innovative del mondo e costruire digital partnership. A Parigi e Singapore opera
Data innovation lab, centro di eccellenza del gruppo nei big data».
Il mercato mondiale assicurativo è poco concentrato: la vostra quota è del 3%. Si va verso aggregazioni?
«Anzitutto non sempre chi è più grande è migliore. E poi la rivoluzione digitale suggerisce il contrario: siamo
al passaggio dal cavallo all'automobile, perché comprare un altro cavallo? Noi vogliamo crescere con il
digitale e diventare la Ferrari delle assicurazioni».
Puntate sull'Asia, Cina in particolare. Piani?
«L'obiettivo è 100 milioni di clienti in Asia, gran parte dei quali in Cina, entro il 2030».
E la "crisi" cinese? La strategia non cambia?
«No».
Axa è sponsor di Cop21, la Conferenza internazionale sul clima a Parigi in dicembre. Quali sono i vostri
impegni?
«Entro il 2015 disinvestiamo dalle società più legate al carbone per 500 milioni ed entro il 2020 triplicheremo
a 3 miliardi gli investimenti "green". Del resto spinte di mercato e regolamentari faranno perdere valore agli
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 04/11/2015
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Intervista
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 04/11/2015
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asset più inquinanti. Un impegno condiviso da altri investitori come il fondo sovrano norvegese».
E il petrolio?
«Beh, è diverso dal carbone e un ragionamento sulle società oil richiede più tempo».
Quando scadrà il suo mandato nel 2018 non si candiderà per il rinnovo. Sarà una successione interna come
nel passaggio da Bébéar a lei?
«Nel 2018 avrò 64 anni. Abbiamo piani di successione strutturati, un management team molto forte e
numerosi talenti».
Quindi?
«Lo vedrete quando sarà il momento».
In Montepaschi siete il terzo socio con il 3,17%. Cosa farete in caso di aggregazione?
«Fabrizio Viola e Alessandro Profumo hanno ristrutturato, la banca ha un business profittevole, la rete è
buona e legata al territorio. Il problema è il portafoglio sofferenze. Va cercata una soluzione ma alla banca va
dato il tempo necessario per trovare un partner. Noi diamo supporto pieno al presidente Massimo Tononi e al
board».
La Bce però spinge per un'aggregazione rapida.
«A capo della Bce c'è una persona molto ragionevole».
Volete crescere ancora in Italia?
«Siamo molto soddisfatti di quanto già fatto: la combinazione di rete agenziale, joint venture con Mps e Quixa
ci posiziona estremamente bene. Sforzi e investimenti sono diretti a offrire servizi migliori e più competitivi».
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3,17 per cento La quota che Axa possiede nel Montepaschi. La compagnia ha anche il 50% della joint
venture Axa-Mps
Foto: Henri de Castries, amministratore delegato del gruppo assicurativo francese Axa, azionista di Mps
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Bce: per imprese e famiglie mobilitati oltre 100 miliardi *
Alessandro Merli
Uno studio della Bce indica che le Tltro, le operazioni di finanziamento a lungo termine alle banche
dell'Eurozona, hanno mobilitato oltre 100 miliardi nuovi prestiti a imprese e famiglie. Il presidente Mario
Draghi ha ribadito che la Bce è pronta ad agire contro il rischio di deflazione o di inflazione troppo bassa.
Merli pagina 3 FRANCOFORTE. Dal nostro corrispondente La Banca centrale europea è decisa a
combattere il rischio di deflazione o di inflazione troppo bassa che può essere altrettanto dannosa di
un'inflazione troppo alta. Il presidente della Bce Mario Draghi, in un breve intervento all'annuale ricevimento
della banca alla Alte Oper di Francoforte, ha ribadito che la Bce è pronta ad agire se le prospettive
d'inflazione si riveleranno insufficienti. Il prossimo appuntamento è la riunione del consiglio del 3 dicembre:
riesamineremo la situazione allora, ha riaffermato Draghi. Molti osservatori ritengono che la Bce amplierà il
suo programma di acquisto di titoli,o ne allungherà i termini, e taglierà il tasso sui depositi delle banche
presso la Bce stessa, oppure che intraprenderà tutte queste azioni contemporaneamente. Draghi non è
sceso nei dettagli, ma ha ancora una volta difeso la politica dei tassi bassi, oggetto di critiche soprattutto in
Germania ma necessaria a causa della profonda crisi dell'Eurozonae un rialzo prematuro precipiterebbe
nuovamente l'economia in recessione. Draghi ha anche ripetuto come nell'intervista al Sole 24 Ore pubblicata
sabato- che se la Bce ha il compito di assicurare la stabilità dei prezzi, tocca ai governi fare le riforme per
spingere la crescita dell'economia. E a un mese esatto dal consiglio del3 dicembre, la Bce ha pubblicato uno
studio in cuii due principali strumenti utilizzati finora, i prestiti a lungo termine alle banche e l'acquisto di titoli,
vengono promossi a pieni voti. L'analisi, condotta dagli economisti della banca e avallata dal comitato
esecutivo presieduto da Draghi, evidenzia il miglioramento nelle condizioni e nei volumi del credito
all'economia reale per effetto delle misure "non convenzionali" adottate nell'ultimo annoe mezzo. Emerge tra
l'altro che le cosiddette Tltro, i finanziamenti a lungo termine alle banche mirati alla concessione di credito
all'economia reale, hanno generato finora 100 miliardi di nuovi prestiti al settore privato. Lo studio non
esamina però gli effetti sulla crescita e sull'inflazione: è su quest'ultima che si concentra il mandato della Bce
e, per il momento, le politiche attuate non sembrano aver avuto un impatto significativo. L'ultimo dato segnala
un'inflazione a zero, mentre l'obiettivo della Bce è di avvicinarsi al 2%.È probabile anzi che, alla riunione di
dicembre, lo staff della banca riveda al ribasso le sue previsioni per l'inflazione 2017, che a settembre erano
dell'1,7%: secondo la maggior parte degli osservatori questo dovrebbe indurre il consiglio all'azione, che
potrebbe comprendere, oltre a maggiorie più prolungati acquisti di titoli, anche un ulteriore taglio del tasso
d'interesse, già oggi negativo, sui depositi delle banche presso la Bce. Nonè ancora chiaro se le modifiche al
Qe e il taglio dei tassi verranno messi in atto contemporaneamente. I comitati tecnici della Bce sono al lavoro
su tutte le opzioni. Nelle prime 5 Tltro le banche hanno ottenuto finanziamentia tassi bassissimi per poco
meno di 400 miliardi di euro. Li hanno utilizzati sia sul fronte della raccolta, sostituendo prestiti a più breve
scadenza dalla Bce stessa (i cui termini sono passati in media da 180a 800 giorni)o fondi più costosi, come
l'interbancarioo le obbligazioni, sia sul lato degli impie- ghi destinando finora circa 100 miliardi di euro ai
prestitia impresee famiglie. Questa tendenza dovrebbe proseguire, secondo la Bce, ora che molte banche
hanno portato avanti il processo di deleveraging seguito alla crisi. Finora, l'aumento del credito è avvenuto
soprattutto nei Paesi che non erano stati investiti direttamente dalla crisi, come la Germania. In base ai
termini delle Tltro, le banche devono restituire i fondi alla Bce dopo due anni se non ne avranno fatto uso per
concedere prestiti all'economia reale. È probabile tuttavia, anche per effetto del lancio del Qe, l'acquisto di
titoli pubblici da parte della Bce, che le banche facciano minor ricorso alle prossime Tltro. Lo studio rileva
anche che le misure adottate hanno consentito di sbloccare la trasmissione della politica monetaria: nella
fase più acuta della crisi, il taglio dei tassi d'interesse ufficiali da parte della Bce non si trasmetteva
all'economia, soprattutto nei Paesi in difficoltà, come Italia e Spagna, in quanto il canale bancario era
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Dossier dell'Eurotower. Draghi: pronti ad agire contro l'inflazione troppo bassa
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 04/11/2015
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bloccato. Ora, anche il costo del credito siè ridotto, di circa 150 punti base dal giugno 2014, quando sono
state introdotte le nuove misure, in linea con il taglio dei tassi ufficiali, anche nei Paesi sotto stress. Le banche
che hanno partecipato alle Tltro sono quelle che hanno ridotto di più i tassi praticati alla clientela, osserva il
rapporto,e soprattutto nei Paesi "vulnerabili". L'acquisto di titoli da parte della Bce, che ha compresso i
rendimenti sui titoli di Stato, si è a sua volta riflesso su condizioni migliori dei prestiti, secondo il sondaggio sui
prestiti bancari condotto trimestralmente dall'istituto di Francoforte. In Paesi come Italia e Spagna, per effetto
del Qe, si è inoltre ridotto l'incentivo per le banche ad acquistare titoli pubblici invece di estendere credito
all'economia reale. AP
miliardi
100 Credito all'economia reale I nuovi prestiti al settore privato generati dalle operazioni Tltro
L'impatto del Qe sui prestiti bancari 20 35 Imprese Imprese Famiglie per acquisto casa Famiglie per
acquisto casa 0 5 10 15 25 30 Credito al consumo e altri prestiti Credito al consumo e altri prestiti Termini e
condizioni Standard di concessione del credito Sondaggio aprile 2015. Percentuale netta* delle risposte Sei
mesi precedenti Sei mesi successivi
* È la differenza tra la percentuale di quanti ritengono che sia più facile concedere prestiti o concederli a
condizioni migliori e quanti ritengono invece il quadro peggiorato Fonte: Bce
Foto: Appuntamento il 3 dicembre. Il governatore della Bce, Mario Draghi
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Regioni, maxi-spesa da 153 miliardi
Gianni Trovati
Non è certo un caso che la tensione fra Renzi e le Regioni sia salita ai massimi proprio mentre si discute di
misure «salva-Sicilia» e di decreto «salva-Piemonte», che al di là del titolo è in verità un più generale
provvedimento «salva-Re- gioni». Dall'altra parte del tavolo il premier osserva giocatori in affanno, schiacciati
da una spesa che negli anni si è gonfiata fino a 153 miliardi e ha moltiplicato le tasse più dei servizi. Continua
pagina 6 Continua da pagina 1 Proprio il «salva-Regioni», già saltato due volte e ieri riesaminato nella riunione
tecnica di preparazione al consiglio dei ministri, è il segno più recente di un problema tutt'altro che nuovo. Il
decreto non offrirebbe nuovi soldi cash, ma permetterebbe di ripianare in 30 anni i disavanzi (9 miliardi di
euro secondo le stime circolate in queste settimane) che si sono aperti negli anni scorsi dalla gestione dei
fondi sblocca-debiti, anticipati dal Governo per consentire alle Regioni di pagare le fatture arretrate, ma
dirottati in molti casi ad aumentare gli spazi di spesa corrente. Questo escamotage, alimentato due anni fa
anche da una norma non troppo chiara e da istruzioni non proprio cristalline da parte dei tavoli governativi
sulla sua applicazione, è crollato a giugno con la sentenza della Corte costituzionale che ha giudicato
illegittimi i bilanci 2013 del Piemonte, facendo però risuonare l'allarme anche lontano da Torino. Spesa senza
limiti Alla base del problema c'è infatti il vizio consolidato dei conti regionali: una spesa corrente che negli
anni si è ingigantita fino a 153 miliardi di euro e ha trascinato con sé la pressione fi- scale, fatta non solo delle
tasse "regionali" anche nel nome (71,2 miliardi nel 2013), ma anche delle quote di tasse, Iva in primis, girate
dallo Stato, che sono raddoppiate in dieci anni portando le entrate tributarie regionali a sfiorare i 130 miliardi
all'anno. Sul fondo sanitario, che assorbe i tre quarti delle uscite regionali, la battaglia è ancora concentrata
sulla dinamica degli aumenti (si veda l'altro articolo in pagina), ma anche lontano da aziende sanitarie e
ospedali si incontrano voci che negli ultimi anni si sono dimostrate più riottose del previsto nei confronti dei
vari tentativi di spending review. Beni e servizi Gli acquisti, protagonisti immancabili di ogni manovra intitolata
alla «revisione della spesa», nelle ultime tabelle elaborate dall'Istat e relative al 2013 sono volati a 6,28
miliardi, contro i 4,58 dell'anno prima, e va sottolineato che l'Istituto di statistica guarda agli impegni, e non ai
pagamenti effettivi influenzati proprio dagli sbloccadebiti varati due anni fa per onorare le vecchie fatture. Nel
loro complesso, a fine 2013 gli impegni relativi alla spesa corrente si sono quindi fermati pochi spiccioli sotto i
153 miliardi di euro, con un aumento dell'1,75% rispetto all'anno prima. Per il 2014 mancano ancora i dati
organici sui consuntivi riorganizzati dall'Istat, ma i segnali che arrivano dalla cassae monitorati dal sistema
informatico dell'Economia (Siope) parlano di un altro aumento, di poco inferiore al miliardo. Senza le manovre
di finanza pubblica degli ultimi anni, com'è ovvio, la dinamica sarebbe stata assai più vivace, ma a frenarla
sono state scelte prese fuori dalle Regioni: prima di tutto l'accoppiata prodotta dal congelamento dei contratti
del pubblico impiego e dai limiti al turn over, che hanno imposto la marcia indietro alla spesa di personale. Da
Torino a Napoli Certo, come sempre quando si parla di finanza locale è bene ricordare che non tutti i casi
sono uguali. Chiamparino, presidente "congelato" della conferenza delle Regioni, si trova a gestire un
super-disavanzo da 5,8 miliardi creato dalle bocciature costituzionali dei bilanci 2013, chiusi
dall'amministrazione a guida leghista, e dall'emergere di debiti extra nati ancora prima, ai tempi della vecchia
giunta di centrosinistra. Nel Lazio la montagna dei debiti accumulati con i fornitori era tale che alla Regione
sono arrivati 8,7 dei 20,1 miliardi distribuiti in tutta Italia dal ministero dell'Economia, e anche lì la gestione
delle prime tranche ha sollevato più di un'obiezione da parte dei magistrati contabili. Nella classifica dei
prestiti da Via XX Settembre arriva la Campania, che nei propri bilanci mostra più di un indicatore
problematico: la spesa per l'acquisto di beni e servizi nel 2013 (i dati sono sempre quelli rielaborati dagli ultimi
report dell'Istat) è stata di 133,5 euro ad abitante, cioè il 62% in più della media delle Regioni ordinarie, e
anche nelle spese del personale Napoli primeggia fra le grandi Regioni. Il caso Sicilia Fuori gara, da questo
punto di vista, è la Sicilia, «speciale» più nello Statuto che nelle funzioni esercitate in modo davvero
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 04/11/2015
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L'INCHIESTA
04/11/2015
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SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 04/11/2015
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autonomo. Nell'Isola gli stipendi regionali viaggiano vicini ai 200 euro ad amministrato, un dato che non
conosce rivali se non nelle piccole Autonomie del Nord - Valle d'Aosta e Trentino Alto Adige - che però
svolgono in prima persona anche funzioni statali, con meccanismi generosi e finanziati dalle tasse che
rimangono sul territorio. E siccome anche nella finanza locale la forza dei numeri è difficile da aggirare, la
Sicilia dagli organici giganti e dai servizi zoppicanti vive una perenne crisi di liquidità che proprio in queste
settimane vive una delle ricadute più gravi: il primo compito del neonato Crocetta-quater sarà quello di
tornarea chiedere un salvagente allo Stato, dopo che le riunioni delle scorse settimane a Palazzo Chigi non
hanno chiuso la partita e hanno visto il sottosegretario Claudio De Vincenti limitarsi a dichiarare, con gusto
per l'eufemismo, che in Sicilia «la situazione è complessa». Il risultato dipende ovviamente anche da come si
svilupperà la finanziaria regionale, che nel «bozzone» preparato dall'assessore all'Economia Alessandro
Baccei (riconfermato) prevede tagli per 300 milioni. La manovra In questo quadro, come ha spiegato anche
ieri la Corte dei conti, non basta rivedere le previsioni di spesa, ma occorre anche trovare misure pratiche di
«efficientamento». Altrimenti il «sostanziale raddoppio» evocato dai magistrati rischia di allargare le «già
ampie eccezioni» al blocco delle aliquote. E a pagare, ancora una volta, saranno i contribuenti.
[email protected]
04/11/2015
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Bankitalia: cruciale ridurre il debito
Da Via Nazionale e Corte dei conti dubbi sulle coperture temporanee
Rossella Bocciarelli
ROMA «Il Governo prevede di cominciare a ridurre l'incidenza del debito sul prodotto giàa partire dall'anno
prossimo.È un impegno chiave, di cui terranno conto osservatori, mercati, autorità e partner europei: non va
mancato». La Banca d'Italia raccomanda l'assoluta necessità di rispettare l'obiettivo della riduzione del debito
pubblico nel 2016 attraverso le parole di Luigi Federico Signorini, vicedirettore generale, ascoltato ieri dalle
commissioni Bilancio di Senato e Camera. Dal canto suo, la Corte dei conti esprime dubbi sull'impianto della
politica di bilancio, sottolineando che «la manovra in deficit lascia nodi irrisolti» ovvero le clausole di
salvaguardia,i contratti pubblici, le pensioni. Gran parte delle coperture della manovra sono temporanee,ha
argomentato ieri il presidente Raffaele Squitieri; sono delle una tantum non replicabilie rappresentano per
questo dei rischi inevitabili per la tenuta dei conti nei prossimi anni, è in pratica la diagnosi della magistratura
contabile. Sul fronte delle entrate i dubbi non mancano, perché la spending review riesce a coprire solo
parzialmente il taglio delle tassee perché nel 2017 le clausole di salvaguardia si riproporranno, con nuovi
aumenti dell'Iva da scongiurare. Tornando a Bankitalia, Signorini, dopo aver rilevato che il traguardo della
riduzione dello stock del debito «è stato più volte previstoe poi posticipato» negli anni recenti, ha rimarcato
che «il quadro economico oggi in sensibile miglioramento, le condizioni finanziarie distese offrono l'occasione
per realizzare stavolta l'obiettivo». La ripresa permetterà infatti di avvicinarsi quest'anno a un incremento del
Pil dell'uno per cento. Inoltre «grazie alla politica monetaria eccezionalmente espansiva della Banca centrale
europea,i tassi di interesse sono oggi ai minimie gli spread sui titoli italiani sono ridotti. In queste settimane,
per la prima volta, la Repubblica ha emesso titoli a tassi negativi». Spezzare la spirale del debito pubblico è
dunque possibile, dice Bankitalia. Signorini ha anche chiarito come sia altrettanto necessario ottenere un
tasso di crescita in linea con le previsioni del governo:«Il tasso minimo di crescita nominale del prodotto
perché il rapporto tra debito e Pil scenda nel 2016 è appena inferiore al 2%» ha spiegato, ricordando che
nello scenario programmatico del governo l'obiettivo di crescita nominaleè del 2,6%. «I margini non sono
elevati- ha aggiunto -. Non si possono escludere venti contrari in arrivo da un eventuale peggioramento della
congiuntura globale». Tanto più importante, secondo Bankitalia, è proseguire sulla strada delle riforme
strutturali. Da questo punto di vista, Bankitalia puntualizza che «le misure che riducono il carico fiscale sui
fattori della produzione appaiono meglio in grado, rispetto ad alleggerimenti di imposte sul patrimonio, di
innalzare la crescita anche nel medio periodo». Inoltre, Signorini ha spiegato che dallo stop alle tasse sulla
prima casa potrebbero derivare effetti limitati: «L'abolizione della tassazione sulla proprietà dal punto di vista
macroeconomico potrebbe avere effetti di incentivazione dei consumi circoscritti alle famiglie soggettea
vincoli di liquidità». Bankitalia ha puntualizzato anche sull'innalzamento del tetto per il contante:il tetto all'uso
del contante va mantenuto basso per ostacolare fenomeni di criminalità ed evasione, ha detto Signorini,
anche se non c'è una «base analitica o empirica sufficiente per precisarne il valore ottimale». E ha aggiunto:
«un limite al trasferimento del contante, anche basso, va mantenuto» e, in particolare, occorre mantenere un
regime più severo peri money transfer.
Conti pubblici sotto la lente
-5.666
-21.852
-3.466
-18.048 140 130 120 110 100 90 -5.000 -10.000 -15.000 -20.000 -25.000 -4.084 -23.265 In milioni di euro In
percentuale del Pil Fonte: elaborazioni Banca d'Italia Variazione netta delle uscite Variazione netta delle
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 04/11/2015
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La ripresa difficile Via Nazionale «L'obiettivo di riduzione del debito sul Pil l'anno prossimo non può essere
mancato» Il premier «Per la prima volta dal 2007 scende il rapporto debito/Pil, assurdo dire che manovra è in
deficit» LA LEGGE DI STABILITÀ
04/11/2015
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entrate 2016 2017 2018 DEBITO DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE Fonte: per il Pil, Istat (comunicato
stampa del 23 settembre 2015) LEGGE DI STABILITÀ: GLI EFFETTI SUI CONTI DELLA PA 1995 2000 2005
2010 2014
04/11/2015
Pag. 23
diffusione:150811
tiratura:209613
Fiat Chrysler, a ottobre boom di vendite negli Stati Uniti (+15%)
A.Mal.
Servizio pagina 27 Fiat Chrysler chiude il mese di ottobre con un rialzo del 15% delle vendite di auto sul
mercato Usa. Le consegne hanno superato le 195mila unità rispetto alle 170mila di un anno prima; il dato dei
primi dieci mesi del 2015 vede 1,85 milioni di veicoli venduti contro gli 1,72 dello stesso periodo del 2014
(+7%). Alla crescita delle consegne - per il sessantasettesimo mese consecutivo - hanno contribuito soprattutto
Jeep (+33% a 73.500 unità) e Dodge (+12%); rialzi anche per Ram (+3%), Chrysler e Fiat (+1% ciascuna).
Per quanto riguarda il marchio italiano, l'arrivo in forze della 500X (quasi 2.200 consegne nel mese) ha
compensato la frenata della 500 (vendite più che dimezzate a meno di 1.300 unità). Bene anche la Jeep
Renegade prodotta a Melfi e consegnata in quasi 7.800 esemplari (oltre 44mila dall'inizio dell'anno. La
crescita di Jeep ha fatto salire oltre l'80% la quota dei truck (SUV, €monovolume e pick up) sul totale dei
veicoli venduti dal gruppo, rispetto al 20% scarso delle auto vere e proprie; una tendenza in atto da tempo e
favorita dal basso costo del carburante. Il balzo delle consegne Fca è in linea con un vero e proprio boom
delle vendi- te negli Usa: General Motors è cresciuta del 16%, Ford, Toyota e Nissan del 13%; Honda dell'8,6
per cento. Sia Gm che Fca stimano per il mercato a ottobre un dato annualizzato attorno a 18,1-18,2 milioni di
unità, simile ai 18,17 milioni di settembre. Il dato dell'intero 2015 dovrebbe quindi superare i 17,4 milioni del
2000: «Abbiamo ufficialmente superato la modalità "ripresa" e siamo in territorio da record» dice Karl Brauer,
analista alla Kelley Blue Book. «Tutti i fattori chiave - domanda accumulata, tassi di interesse bassi, credito
facile e benzina a buon mercato hanno contribuito a un ottobre da primato».
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 04/11/2015
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AUTO/2
04/11/2015
Pag. 24
diffusione:289003
tiratura:424634
La retromarcia di Carlo Messina sui dividendi evita a Intesa l'ira del
mercato
Conti da record nei 9 mesi ma la banca deve chiarire che ci sarà un'extra cedola
ANDREA GRECO
MILANO. L'apertura verbale di Carlo Messina sul possibile dividendo "cresciuto" evita a Intesa Sanpaolo un
tonfo borsistico nel giorno in cui la banca ha diffuso dati contabili tra i migliori dalla decennale fondazione. La
protesta è arrivata neanche troppo gentilmente dai soci istituzionali proprietari del 60% del gruppo e che in
aprile decreteranno l'esito del cambio di governance con l'addio al duale e l'adozione del sistema monistico.
Eppure la giornata non era cominciata male. Con due consigli filati lisci, e un comunicato stampa confortante:
utili più che raddoppiati a 2,72 miliardi tra gennaio e settembre, grazie a rettifiche su crediti calate di 1,1
miliardi - miglior dato dal 2011 e commissioni salite del 12,6% (il top dalla fusione). Un patrimonio Cet1 al
13,4%, livello tra i più alti in Europa. Solo un numero era rosso: il margine di interesse sui prestiti, schiacciato
dai tassi a zero e sceso a 5,86 miliardi (-7%). Eppure all'ora di pranzo a Piazza Affari si è visto lo sprofondo
del grafico Intesa Sanpaolo, fin sotto il 4% di ribasso. Il movimento si è compreso meglio dopo le 15, quando
l'ad Messina ha iniziato la conferenza con gli investitori.
«Io sono un ad che ama pagare dividendi agli azionisti - ha detto - per questo dico che 2 miliardi di euro, per
me, è la cifra minima che pagheremo. Non posso dire che pagheremo extra dividendi perchè devo aspettare i
risultati finali, ma è chiaro che siamo in ottima posizione per essere in linea con le attese del mercato».
La nota stampa mattutina si limitava a confermare la cedola da 2 miliardi: così l'azione ha ripreso quota. Il
banchiere ha rimarcato che «i risultati sono i migliori dalla creazione del gruppo», e Ca' de Sass «è l'unica
banca in Europa pronta a pagare cedole in contanti agli azionisti e non a chiedere loro soldi». Nelle stesse
ore, in effetti la britannica Standard Chartered si aggiungeva alla lista degli aumenti di capitale miliardari, e
Ubs allungava i tempi per cogliere gli obiettivi del suo piano. Nel finale le vendite si sono allentate, e Intesa
Sanpaolo ha chiuso la seduta in linea con il settore, in calo dell'1,1%.
«Essere in linea con le attese del mercato», per i manager italiani, is the new black.
Foto: IL BANCHIERE Carlo Messina, amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, che in due anni ha
rilanciato
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 04/11/2015
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IL PUNTO
04/11/2015
Pag. 24
diffusione:289003
tiratura:424634
Su Metroweb e Cdp cda ancora diviso La miccia del Brasile
I consiglieri in quota Telco sono contrari ad accordi con gruppi di matrice pubblica
GIOVANNI PONS
MILANO. L'arrivo di Xavier Niel nell'azionariato di Telecom Italia è stato un fulmine a ciel sereno per tutti,
azionisti e manager del gruppo. Ma quel che forse l'imprenditore francese non sa è che il consiglio di
amministrazione della società telefonica non è così compatto come può apparire all'esterno. Le tensioni tra
presidente e amministratore delegato, che durante l'estate sembravano ammorbidite complice la crescita fino
al 20% della Vivendi di Vincent Bollorè, sono riaffiorate più forti di prima in autunno. E la questione è la stessa
di qualche mese fa, il possibile accordo con Metroweb per realizzare il Piano della banda larga. Quando
Claudio Costamagna e Fabio Gallia, freschi di nomina al vertice della Cassa Depositi e Prestiti, a settembre
hanno riproposto a Telecom un accordo per la cablatura anche delle aree C e D del paese con incentivi
pubblici, Patuano ha colto la palla al balzo riproponendolo al voto del cda che a fine aprile l'aveva bocciato.
Questa volta le condizioni sembravano favorevoli poichè gli azionisti di Metroweb (i fondi F2i e Fsi partecipati
dalla Cdp)si sono dichiarati disponibili a far salire Telecom al 100% di Metroweb una volta conclusi gli
investimenti. Ma il cda ha messo i bastoni tra le ruote dell'accordo per la seconda volta, con gli interventi
contrari del presidente Recchi, di Flavio Cattaneo (ad di Ntv), di Laura Cioli (neo ad di Rcs), sostenuti anche
da Giorgina Gallo, Lucia Calvosa, Giorgio Valerio e Luca Marzotto, cioè quasi tutti quei consiglieri che
nell'aprile 2014 sono stati indicati da Telco-Mediobanca quando questa era ancora azionista. In sostanza
questi consiglieri non ritengono nell'interesse di Telecom un accordo con una controparte pubblica come Cdp
e per far cadere la proposta hanno posto come nuova condizione l'avere fin da subito il 67% di Metroweb
oltre a un business plan dettagliato che indichi quale quale possa essere il contributo finanziario a carico della
Cdp.
E' evidente come questa nuova bocciatura abbia fatto indispettire Costamagna e Gallia, e anche
indirettamente Palazzo Chigi che da tempo sta sollecitando un accordo con Telecom per velocizzare
l'esecuzione del piano sulla banda larga. E così, alla luce di queste dinamiche, ecco che la recente incursione
di Niel nell'azionariato Telecom, potrebbe avere ripercussioni sui rapporti di forza all'interno del cda. Se fosse
infatti confermato che Niel gioca una sua partita in antitesi a quella del connazionale Bollorè, potrebbe trovare
più facilmente una sponda nell'amministratore delegato e nel governo attraverso la Cdp. Andando a
riequilibrare l'asse che in questo momento vede convergere Vivendi, Mediobanca, il presidente Recchi
insieme ad alcuni consiglieri, e che politicamente è più vicino a Silvio Berlusconi che a Matteo Renzi. (Recchi
è tra i cinque imprenditori che insieme a Berlusconi hanno versato 30 mila euro a testa per salvare la
Fondazione Einaudi).
I contatti tra Niel e i vertici della Cdp non si sono ancora sviluppati, anzi sono stati smentiti, ma sono in
agenda una volta chiariti con la Consob alcuni dettagli tecnici. E poi si potranno capire meglio quali sono gli
obbiettivi e la tabella di marcia del secondo francese sceso in Telecom. Senza escludere qualche ricambio in
cda, visto che i consiglieri Cattaneo e Cioli sono in potenziale conflitto di interesse (sia Ntv sia Rcs hanno in
corso o possono avere rapporti commerciali o di vario tipo con Telecom).
Un altro banco di prova importante, dove gli azionisti potrebbero avere idee diverse o convergenti, riguarda il
Brasile. Patuano da tempo sta cercando la via per una fusione tra Tim Brasil e Oi che possa far crescere
ulteriormente il gruppo in un mercato strategico come quello sudamericano. Ora è arrivata la proposta dei
russi di LetterOne disposti a investire 4 miliardi di dollari ma in cambio chiedono la gestione del nuovo
gruppo. Una condizione che Patuano ha già rispedito al mittente, poichè tale diritto spetterebbe a Tim Brasil
quale primo azionista. Inoltre il governo dovrebbe allungare le concessioni a Oi per permettere il giusto ritorno
sugli investimenti. Su tutta questa partita, però, il cda non sembra compatto e nuove tensioni potrebbero
sorgere richiedendo un orientamento chiaro da parte degli azionisti.
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 04/11/2015
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IL RETROSCENA
04/11/2015
Pag. 24
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tiratura:424634
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 04/11/2015
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Foto: GUIDA OPERATIVA Marco Patuano è ad di Telecom e vuole rafforzare la presenza in Brasile
attraverso Tim
Foto: PRESIDENTE Giuseppe Recchi si è opposto in cda all'accordo con Metroweb per il Piano banda larga
04/11/2015
Pag. 24
diffusione:289003
tiratura:424634
Lanzillotta (Pd) chiede un'audizione in Senato dei soci francesi Cipolletta: "La società doveva ricapitalizzarsi
per non finire preda" LA GIORNATA
(s.b.)
MILANO. Telecom Italia si ferma in Borsa in attesa di sapere quali sono le intenzioni di Xavier Niel, neo
azionista del gruppo con opzioni e diritti sul 15% del capitale. Ieri, mentre il miliardario francese era in Consob
a chiarire i suoi progetti e la natura delle sue partecipazioni, il titolo in Borsa ha perso lo 0,55% fermandosi a
quota 1,26 euro, ovvero i valori su cui galleggia l'azione da quanto il patron di Iliad ha annunciato di aver
investito in Telecom. A breve Niel, che si è presentato come un investitore industriale e non finanziario, su
richiesta della Commissione si appresta a precisare la sua quota in Telecom, quale tipo di derivati ha
acquistato (se americani e quindi esercitabili in continua, o europei) e se è in contatto con altri azionisti, (in
particolare con la francese Vivendi).
Pare invece che, almeno per il momento, non sarà comunicato al mercato il prezzo di esercizio del derivato
sul 5,1% del capitale ( total return equity swap) che Niel ha stipulato con Credit Suisse. Anni fa sullo stesso
tipo di strumento che dava diritto alla famiglia Agnelli di comprare da Merrill Lynch il 10% di Fiat per non farsi
diluire, la Consob chiese e ottenne che venisse comunicato al mercato anche il prezzo di esercizio
dell'opzione. Secondo fonti finanziarie, Niel avrebbe investito in derivati Telecom oltre un miliardo di euro, di
cui la maggior parte (circa 800 milioni) per parcheggiare presso Credit Suisse quel 5,1% di Telecom che dà
diritto ai soci di convocare un'assemblea. Nel 2013 Marco Fossati (socio al 5%) chiese di convocare
un'assemblea per revocare il cda di Telecom, ma il mercato bocciò le richieste. Inoltre, ora che ben due
gruppi francesi paiono molto determinati a investire in Telecom, sale l'allarme in ambienti politici. La senatrice
del Pd Linda Lanzillotta, durante i lavori della commissione Industria di Palazzo Madama, ha chiesto
l'audizione dei vertici Telecom e dei nuovi azionisti. Più pragmatico invece Innocenzo Cipolletta, presidente
dell'Aifi e del Fondo Italiano d'investimento. «Se Telecom fosse stata ricapitalizzata sarebbe potuta diventare
una public company e non una preda - ha detto Cipoletta - sono sicuro che il mercato alla fine selezionerà il
miglior investitore».
Foto: IN CONSOB L'imprenditore francese Xavier Niel lascia la Consob dopo l'incontro di ieri
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 04/11/2015
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Derivati sul 15% Telecom la Consob obbliga Niel a informare il mercato
04/11/2015
Pag. 25
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Grandi banche e tlc tricolori valutano l'aumento da 30 milioni nel motore di ricerca europeo Dossier seguito a
Palazzo Chigi. E Cdp la settimana scorsa ha creato con Kfw e Caisse un fondo hi-tech
ANDREA GRECO
MILANO. L'offensiva europea contro lo strapotere di Google prosegue. Anche con mezzi imprenditoriali,
meno solenni di quelli legal-politici in atto da cinque anni ma che possono rivelarsi più efficaci, rosicchiando
quote di un mercato che in Europa vale 20 miliardi e colpevolmente lasciato al monopolista Usa per il 97%.
Una delle idee che si stanno materializzando è quella di un motore di ricerca europeo, con un algoritmo più
"agnostico" e discreto di quello del colosso di Mountain View, partecipato dalle maggiori aziende continentali
e benedetto dai grandi stati membri: Francia, Germania, e presto, si dice, l'Italia. La scatola societaria c'è già:
è Qwant, società fondata nel 2011 in Francia e rilanciata l'anno scorso imbarcando Axel Springer, grande
editore tedesco che ne ha comprato il 20% sborsando 5 milioni più altri in pubblicità.
Il terzo giro di raccolta fondi di Qwant passa sotto le Alpi. Secondo fonti di mercato, infatti, con probabilità
l'aumento di capitale in agenda entro fine marzo 2016 - data di lancio di Qwant in Italia - sarà versato da soci
tricolori. Il dossier, seguito dalla Presidenza del consiglio, è su tavoli importanti. Quello di grandi operatori
delle tlc nazionali e del credito, i settori per i quali l'attività di Qwant è più strategica. Si dice sul mercato che
importanti gruppi italiani stiano valutando con interesse la proposta, di investimento e di partnership
industriale in una tecnologia proprietaria utile alle loro ricerche di mercato, e che ha il vento in poppa delle
istituzioni comunitarie.
Il 27 ottobre all'Eliseo, nella Digital Conference franco-tedesca, Qwant è stata tra le aziende protagoniste:
davanti al ministro francese dell'Economia Emmanuel Macron e al vicecancelliere di Berlino Sigmar Gabriel è
stato annunciato un finanziamento da 25 milioni a suo favore, erogato dalla Banca europea degli investimenti,
dopo un esame durato sei mesi e su multipli che implicano una valutazione di Qwant già superiore a 100
milioni. Tale cifra comunque è già quadruplicata dalle stime iniziali, e secondo documenti interni dell'azienda
ciò si deve alla crescita continua dei dati di traffico nell'area d'origine franco-tedesca, con percentuali a due
cifre mese dopo mese e «senza forme di marketing». Sempre a Parigi, il 27, è stata annunciata un'altra
iniziativa che attesta come le istituzioni europee vogliano dare risposte politiche e di mercato rapide a
Google. Le tre casse nazionali dei paesi più sensibili alle istanze di cui Qwant è portatrice - la Caisse des
depots francese, la tedesca Kfw e la Cassa depositi e prestiti nostrana - hanno stanziato alcuni milioni di euro
per costituire un fondo che investa in nuove imprese del settore tecnologico. Ormai nelle stanze del comando
europee è a tutti chiaro quale grave errore sia stato concedere il "safe harbor" alle multinazionali Usa, che dal
1998 con questo accordo hanno trasferito a piacimento miliardi di dati di cittadini europei con l'argomento che
tanto gli Stati Uniti erano un porto sicuro (ma il caso Snowden ha mostrato che sicuro non era, e quanto
potere avessero le autorità Usa su Facebook, Apple, Google, Microsoft). Anche le pratiche commerciali
aggressive del motore californiano sono nel mirino dell'antitrust Ue, da aprile. Google, che rischia multe fino a
6,6 miliardi di dollari, avrebbe replicato, in un documento anticipato dal Wall Street Journal, che «non c'è
base legale per imporre sanzioni», e «le conclusioni preliminari della Commissione Ue sono così ambigue
che la stessa per tre volte diede per risolta la contesa».
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 04/11/2015
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L'Italia entra in Qwant, l'anti-Google
04/11/2015
Pag. 1
diffusione:98970
tiratura:162805
Tra Sorgenia e A2A c'è l'accordo sullo scambio di due centrali
(servizio a pagina 15) A2A e Sorgenia hanno siglato due accordi della durata di cinque anni per l'utilizzo della
capacità produttiva di due centrali turbogas a ciclo combinato. I contratti prevedono da una parte che
Sorgenia utilizzi la centrale da 800 megawatt di proprietà di A2A situata a Gissi, in provincia di Chieti, e
dall'altra parte che a sua volta la multiutility lombarda utilizzi la centrale di Lodi da 800 megawatt di Sorgenia.
I contratti, come anticipato da MF-Milano Finanza il 17 settembre scorso, prevedono che gli impianti non
cambino proprietà, senza alcun impatto occupazionale. L'acquisto del gas e la vendita dell'energia prodotta
saranno invece gestiti da Sorgenia per la centrale di Gissi e da A2A per l'impianto di Lodi. In uno scenario di
mercato in cui la forte presenza di energie rinnovabili non programmabili richiede che le moderne centrali a
ciclo combinato svolgano un esercizio sempre più flessibile per garantire la sicurezza del sistema, questi
contratti consentono una maggiore efficienza delle risorse di produzione presenti sul territorio. Secondo
quanto trapela, le due aziende poi potrebbero studiare accordi simili per altri impianti: Sorgenia possiede altre
due centrali a ciclo combinato e A2A altri nove impianti termoelettrici. Nel frattempo va segnalato che A2A sta
portando a termine le trattative con Linea (la holding che raggruppa le ex municipalizzate di Cremona, Pavia,
Lodi e Crema) per la creazione di una nuova società che rappresenti una realtà ancora più forte in
Lombardia. Nei fatti A2A comprerebbe Linea. L'operazione, secondo indiscrezioni, dovrebbe concludersi la
settimana prossima. In virtù di questa aggregazione l'utility sorta dalla fusione delle ex municipalizzate di
Brescia e Milano amplierebbe il proprio raggio di azione alla Bassa Lombardia rafforzando il suo ruolo
egemone non solo nella regione ma in tutto il Nord Italia. Il consolidamento nel settore utility è uno dei cavalli
di battaglia del governo Renzi, convinto della necessità di aumentare le dimensioni degli operatori del settore.
Foto: L'anticipazione pubblicata su MF-Milano Finanza il 17 settembre scorso
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 04/11/2015
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ANTICIPAZIONI MF
04/11/2015
Pag. 1
diffusione:98970
tiratura:162805
Anna Messia
(Messia a pagina 12) Il ministero dell'Economia aveva ribadito in più occasioni che nessuno dei 222 investitori
istituzionali che avevano aderito all'offerta di azioni di Poste Italiane avrebbe avuto più del 2% del capitale.
Ma qualcuno in verità quella soglia l'ha già superata, come emerso dalle rilevazioni della Consob comunicate
ieri e riferite al 27 ottobre scorso, primo giorno di negoziazione dei titoli a Piazza Affari. Si tratta del Kuwait
Investment Office (Kio), che, in qualità di agente del governo dello Stato del Kuwait, detiene il 2,058% delle
azioni del gruppo guidato da Francesco Caio. È dunque il secondo azionista dopo il Tesoro (65,3%). Un
legame, quello tra l'Italia e il Kuwait, che si fa sempre più stretto. Nel 2014 il Kuwait Investment Authority (Kia)
ha puntato 500 milioni di euro sull'Italia. Il fondo sovrano del Kuwait, uno dei primi al mondo con un
patrimonio di 410 miliardi di dollari, ha siglato un accordo con il Fondo Strategico Italiano (Cdp e Banca
d'Italia) per la costituzione di una newco che è stata capitalizzata per il 20% da Kia e per il restante 80% da
Fsi, con l'obiettivo di finanziare, rilanciare e aiutare le imprese italiane. E sempre il Kia era stato tra i soggetti
interessati a rilevare una quota di minoranza di Cdp Reti, finita poi ai cinesi di State Grid. Questa volta
l'investimento in Poste non è stato realizzato dal Kia ma dal suo braccio finanziario londinese, il Kio, che
finora non ha avuto grandi soddisfazioni. Dalla quotazione (a 6,75 euro) Poste ha perso poco meno del 3%
(chiudendo ieri a 6,55 euro, -0,3%). Ma «noi abbiamo il passo del montanaro», aveva detto Caio il giorno del
debutto riferendosi alle performance del titolo. E il Kuwait è di certo un investitore di lungo termine.
(riproduzione riservata)
POSTE ITALIANE
27 ott '15 3 nov '15 6,4 6,6 6,5 6,7 quotazioni in euro 6,58 € -0,3% IERI Francesco Caio
SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 04/11/2015
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Il fondo del Kuwait oltre il 2% di Poste
SCENARIO PMI
8 articoli
04/11/2015
Pag. 15
diffusione:298071
tiratura:412069
Ogni eletto rinuncia a parte dello stipendio Ma la politica costa: c'è chi spende tutta la diaria e chi restituisce 3
mila euro Casa e collaboratori Il personale costa dai 3 ai 5 mila euro. E per l'affitto le cifre sono intorno ai
1.500 euro
Renato Benedetto
Milano La politica costa: anche per chi ha fatto del taglio ai costi della politica un cavallo di battaglia, come i
Cinque Stelle. Costa vivere a Roma, ad esempio, e pagare lo staff. E questo fa sì che ogni mese una buona
parte dei rimborsi venga trattenuta, anche dai pentastellati.
Tra diaria e fondi per l'esercizio del mandato, le Camere versano mediamente dai 7 ai 10 mila euro al mese
circa per parlamentare. Pochi emettono regolarmente bonifici «di restituzione» della diaria che superano i 2
mila euro, stando ai dati 2015. Di più invece, una cinquantina (sui 127 tra Camera e Senato), i 5 stelle che
non rimandano indietro, in media, più di mille euro al mese. E il resto, quei 6-7 mila euro mensili di rimborso?
Sono i costi della politica. Legittimi, anche per un Movimento che si è definito «francescano» e che, in
passato, ha deciso espulsioni portando agli atti gli scontrini. Ma il M5S in questi anni ha avuto una sua
evoluzione. E forse anche l'integralismo sui soldi può essere rivisto.
Premessa: i pentastellati fanno a meno ogni mese di parte dello stipendio. Esempio: un deputato a cui
spettano 5.034 euro ne incassa 3.283. La differenza (1.751) va al fondo per le piccole imprese (dove il M5S
ha versato finora 14 milioni). I bonifici sono sul sito Tirendiconto , con i dati su diaria e rimborsi, cioè la parte
dei compensi parlamentari che, per il M5S, va trattenuta solo per le spese rendicontate: il resto va al fondo
per il microcredito. Da qui, fuori dallo stipendio base, si pagano casa (solitamente nelle dichiarazioni M5S si
legge di affitti per circa 1.500 euro al mese), pasti, telefono, trasporti, staff (di norma tra i 3 e i 5 mila euro),
consulenze, eventi sul territorio e spese varie. Che prendono buona parte dei 7-10 mila euro a disposizione.
Quanto di questo viene restituito? Nei rendiconti 2015 (molti aggiornati fino a maggio) si scorgono disparità
di spesa. Ci sono, appunto, i pochi (circa 25) che versano con regolarità cifre che si attestano in media sopra
i 2 mila euro o, in certi casi, oltre i 3: al Senato, Sergio Puglia restituisce spesso più di 4 mila euro; Loredana
Lupo ha ridato in un mese oltre 6 mila euro; alla Camera, Massimiliano Bernini è tra i più virtuosi. C'è poi
un'ampia fascia che versa in media tra mille e duemila euro. Il resto è sotto i mille .
Per otto parlamentari, le restituzioni mensili sul sito segnano «zero». Daniele Del Grosso, deputato, ha
ricevuto rimborsi forfettari che variano da 7 a 10 mila euro al mese: non ne ha restituito nulla, fino a maggio.
Così Nunzia Catalfo (i rendiconti si fermano a marzo, mese in cui ha segnato oltre 700 euro di taxi). Zero per
Federica Dieni, Dalila Nesci, Claudia Mannino, con 1.800 euro di spese per il vitto in un mese, Maria Edera
Spadoni, con 1.600 euro tra pranzi, cene e bar solo a febbraio (il vitto, ristoranti inclusi, supera i mille euro per
diversi parlamentari, nonostante Camera e Senato abbiano servizi a prezzi convenzionati. Zero restituzione
per Gianni Girotto e Nicola Morra: tra le spese dell'ex capogruppo un affitto da 2.155 al mese . Il rendiconto di
Arianna Spessotto a gennaio mostra la restituzione di 3 euro e 59 centesimi contro 10 mila euro di rimborso.
Marta Grande, tra gennaio e maggio, ha restituito in tutto 333 euro di diaria: è di Civitavecchia, paga un
appartamento a Roma 1.800 euro al mese, ma le spese per l'alloggio, con pulizia e bollette anche sopra 400
euro, superano i 2.200 eur o.
C'è chi spende più per voci «politiche» che per vitto e alloggio. Roberta Lombardi, romana, non ha il
problema della casa. Nei primi sei mesi dell'anno registra una sola restituzione della diaria da 514 euro, poi
zero. Dichiara a volte spese superiori ai circa 7 mila euro di rimborsi mensili: a parte la curiosità di un 1.054
euro alla voce «Ztl», il grosso va via tra collaboratori (circa 5 mila euro) e consulenze (oltre mille).
Così come quello di Luigi Di Maio. Che ha rinunciato ai trattamenti da vicepresidente della Camera, ma ha
restituito meno di 476 euro complessivamente nei primi 5 mesi dell'anno. «Francescane» le spese di alloggio
e vitto: il grosso, per uno dei volti più noti del M5S, è soprattutto sulla partecipazione a eventi sul territorio (in
SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 04/11/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Vita in Parlamento I conti dei 5 Stelle
04/11/2015
Pag. 15
diffusione:298071
tiratura:412069
SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 04/11/2015
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alcuni mesi per quasi 5 mila euro ).
Altri membri del direttorio si mostrano più solerti nella restituzione, come Alessandro Di Battista, spesso oltre i
2 mila euro di rimborso, e Roberto Fico. Ma anche per loro le spese sono soprattutto tra staff e consulenze. I
costi della politica, appunto.
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Diaria e rimborsi restituiti nei primi cinque mesi del 2015
0 Federica Dieni
Deputata, non ha restituito diaria da gennaio a maggio: quando, a fronte di 6.686 euro di rimborsi, ha segnato
spese per 8.547 euro (2.179 per la casa)
0 Maria Edera Spadoni
Deputata, zero diaria al fondo per le imprese nei primi 5 mesi del 2015: a maggio la sua pagina segna 6.986
euro di rimborsi e 8.098 di spese (per collaboratori 3.960)
514 Roberta Lombardi
Nel 2015, la deputata
ha restituito 514 euro di rimborsi a marzo: negli altri mesi zero. Tra le spese anche 1.054 euro per permessi
ztl nella Capitale
476 Luigi Di Maio
In 5 mesi ha ridato 476 euro di diaria non usata: 7.193 euro i rimborsi a maggio; spese dichiarate 7.426 (poco
per casa e vitto, quasi 5 mila per eventi sul territorio)
10.627 Alessandro Di Battista
Deputato, ha versato oltre 10 mila euro
in 5 mesi: a maggio
ha ricevuto rimborsi
per 6.573 euro; il suo bonifico di restituzione diaria è di 1.973
16.635 Loredana Lupo
Da gennaio a maggio 2015 ha restituito più di 16 mila euro. Ad aprile la cifra record: ha dato indietro 6.164
euro tra rimborsi forfettari e diaria
17.086 Sergio Puglia
Oltre 17 mila euro restituiti da gennaio a maggio: mese in cui ha segnato zero come spese di affitto (è
residente a Portici, Napoli)
13.674 Daniele Pesco
Rimborsi non utilizzati e dati indietro per oltre 13 mila euro nei primi cinque mesi del 2015: a gennaio il suo
bonifico segna 4.787 euro
334 Marta Grande
La deputata nel 2015 ha reso parte della diaria solo a gennaio (284) e marzo (50). L'affitto è di 1.800 euro,
ma con le spese si arriva a 2.200
6.585 Roberto Fico
Il deputato ha restituito zero rimborsi a marzo, oltre 3 mila il mese dopo: nei 5 mesi oltre 6.500 euro. Ha
speso in tutto 2.971 euro di taxi
04/11/2015
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serve più trasparenza nella tassazione delle multinazionali
Priorità Passato un anno dallo scandalo Luxleaks manca una riforma per combattere l'elusione fiscale messa
in atto da molte aziende L'Unione Europea deve agire subito a tutela delle piccole imprese
Sergio Cofferati
I l 5 novembre 2014 un consorzio internazionale di giornalisti rivelò pubblicamente che più di 500
multinazionali avevano concluso accordi segreti con il Lussemburgo tra il 2002 e il 2010 - i cosiddetti tax
rulings - per abbattere la loro pressione fiscale. Nasceva così lo scandalo Luxleaks, che ha suscitato
fortissima indignazione in Europa e nel mondo. Alcune imprese con miliardi di euro di entrate avevano infatti
beneficiato di una tassazione effettiva di meno dell'1% sui profitti trasferiti in Lussemburgo, mentre le piccole
e medie imprese non beneficiavano dello stesso trattamento di favore e dovevano subire una concorrenza
sleale.
L'inchiesta resa pubblica nel novembre 2014 ha sollevato dunque un velo sulla situazione fiscale in Europa.
Gli Stati europei hanno sviluppato in questi anni un'impropria competizione nell'offerta di una varietà di misure
fiscali, inclusi tax rulings , per attrarre imprese multinazionali e aumentare artificialmente i loro introiti. Questa
pratica sottrae però importanti entrate fiscali agli altri Paesi europei e diminuisce le risorse complessive
derivanti dalla tassazione, che potrebbero essere usate per migliorare i servizi pubblici, la sanità o il sistema
scolastico, a vantaggio di tutti i cittadini.
Un anno è passato e nessun passo avanti significativo è stato raggiunto per ottenere un cambiamento reale.
Nonostante alcuni annunci infatti l'Unione Europea non è ancora riuscita a dare risposte ai suoi cittadini e alle
sue piccole e medie imprese.
Il 6 ottobre di quest'anno, i ministri delle finanze dell'Ue hanno perso anzi l'opportunità di dimostrare di aver
imparato la lezione dello scandalo di Luxleaks. Il loro accordo sull'istituzione di un sistema di scambio
automatico d'informazione tra i 28 Stati membri dell'Ue sui tax rulings non assicura nessuna trasparenza su
questi accordi segreti e indebolisce fortemente la già timida proposta della Commissione.
La situazione attuale sta indebolendo pesantemente i sistemi fiscali nazionali e il progetto europeo: un
mercato unico efficace può infatti funzionare correttamente solo in un quadro per la tassazione delle imprese
più trasparente, coordinato e cooperativo. Non si può quindi continuare ad andare avanti come fatto finora:
l'Unione Europea deve assicurare che le multinazionali paghino le loro tasse dove realizzano i profitti.
Noi richiediamo riforme ambiziose per contrastare evasione ed elusione fiscale, eliminare le scappatoie legali
utilizzate dalle multinazionali, sanzionare efficacemente i paradisi fiscali, combattere la corruzione e il
riciclaggio e migliorare la trasparenza e la cooperazione transfrontaliera.
In questo quadro, invitiamo pubblicamente i governi europei a supportare l'obbligo di rendicontazione Paese
per Paese pubblica attualmente in discussione nella Direttiva sui diritti degli azionisti.
Questa misura richiederebbe alle grandi imprese ed alle imprese quotate di rendere pubblici i dati su alcune
loro attività e, soprattutto, sulle tasse che pagano in ogni Paese in cui operano. Questo permetterebbe alle
autorità fiscali, agli investitori e agli altri stakeholders , inclusi i cittadini, di intraprendere iniziative in caso di
comportamenti inappropriati o illeciti da parte delle multinazionali. Le banche europee sono già soggette a
tale requisito, che non ha diminuito la loro competitività, come dimostrato da una ricerca ufficiale
commissionata dalla Commissione europea.
A un anno da Luxleaks, cittadini e imprese responsabili aspettano ancora risposte. C'è urgente bisogno di
un'azione coordinata a livello europeo. La rendicontazione Paese per Paese rappresenterebbe uno
strumento importante per combattere evasione ed elusione fiscale e un passo avanti significativo nella
creazione di un quadro fiscale più trasparente in Europa.
È giunta l'ora che gli Stati membri imparino la lezione dello scandalo di Luxleaks e mettano fine all'elusione
fiscale delle multinazionali, costruendo un sistema corretto di tassazione delle imprese. Questa è una
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l'appello
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SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 04/11/2015
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condizione necessaria per rivitalizzare l'economia europea, a beneficio di cittadini e imprese responsabili.
Relatore del Parlamento Europeo per la Direttiva sui diritti degli azionisti ; Gianni Pittella, Presidente del
Gruppo dei Socialisti e Democratici al Parlamento Europeo ; Roberto Gualtieri, Presidente della Commissione
Economica del Parlamento Europeo ; Romano Prodi, ex Presidente della Commissione Europea ed ex
Presidente del Consiglio italiano ; Thomas Piketty, Paris School of Economics ; Jean-Paul Fitoussi, CoPresidente del Consiglio Scientifico della Progressive Economy ;Josep Borrell, ex Presidente del Parlamento
Europeo ; Luca Visentini, Segretario Generale della Confederazione Sindacale Europea ;Elio Di Rupo,
Presidente del Partito Socialista belga ed ex Primo Ministro ; Vincenzo Visco, ex Ministro italiano del Tesoro
e delle Finanze ; Jutta Urpilainen, ex Ministro finlandese delle Finanze ; Paul Magnette, Ministro-Presidente
della Wallonia-Belgio ; Virgilio Dastoli, Presidente Consiglio Italiano Movimento Europeo ; Richard Murphy,
Anastasia Nesvetailova e Ronen Palan, City University ; Jill Rubery, Kate Pickett, Irene Ring, Andras Inotai,
Ilene Grabel, Henning Meyere Heikki Patomäki, Membri del Consiglio Scientifico della Progressive Economy
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04/11/2015
Pag. 17 Ed. Bergamo
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Ridotte di un quinto dal 2008. Su gli ordini dall'estero, commercio in ripresa
Donatella Tiraboschi
Avvertenza prima della lettura dell'indagine congiunturale del terzo trimestre, diffusa dalla Camera di
Commercio: il periodo feriale può comportare qualche incertezza sul piano statistico. Ciò premesso (tenendo
pure presente che i dati sono stati elaborati su un campione di 230 imprese della Bergamasca ), si segnala
un -1% nei tre mesi nella produzione industriale. È la peggiore performance dal 1° trimestre del 2013
(identico -1% anche allora), e del -2,1% su base annua. In un contesto regionale con due segni più (0,2% nel
trimestre e 1,7% su base annua), i due segni negativi della Bergamasca mettono la nostra provincia dietro la
lavagna. Tutte le altre tengono o crescono. Rallenta la produzione e scende il fatturato (-0,8% nel trimestre e
-2,3% su base annua) , ma l'equazione non torna del tutto perché nel terzo trimestre aumentano i settori con
variazioni positive (7 contro 4), mentre 6 sono in contrazione contro 9.
Pur decelerando, è ancora in crescita di produzione e di vendite la meccanica, comparto centrale
dell'industria locale, bene la chimica, miglior performance dell'anno per il tessile, mentre galleggia il settore di
gomma e plastica. Annus più o meno horribilis per il settore dell'abbigliamento a quota -17,1%. Migliora
l'indicatore prospettico degli ordini dall'estero che sono in crescita - in linea con i risultati dell'export
manifatturiero di Bergamo dei primi due trimestri dell'anno - sia su base trimestrale (+1%) che su base
annuale (+3,3%) e compensano la dinamica ancora debole e altalenante degli ordini interni (-1,1% su base
trimestrale e +0,6% annuale). Il saldo tra ingressi e uscite degli addetti delle imprese è impercettibilmente
negativo (-0,2%) in linea con il trend annuale del periodo e, dato confortante, scende ulteriormente al 2,2%
del monte ore trimestrale (rispetto al 2,6% del trimestre precedente) la cassa integrazione. Cristallizzato
l'artigianato manifatturiero sul quale, dal 2008 ad oggi, si è abbattuta la mannaia della crisi che ha ridotto le
imprese di un quinto; l'emorragia mantiene ora il loro numero stabile (11.200 in flessione dello 0,5%), e chi ha
tenuto adesso assume (+0,9% gli ingressi). Tirano un sospirino di sollievo i commercianti, con una ripresa,
sia a Bergamo che a livello generale, del giro d'affari del commercio al dettaglio in aumento del +1,8% in linea
con lo standard regionale: il carrello della spesa degli alimentari sorride, e si riempie di un +2,4% (contro lo
0,4% in Lombardia). Si rafforza pure il non alimentare che si attesta al 3,2% contro un 2,6% a livello
lombardo. Nel commercio non specializzato il giro d'affari risultante dal campione è in crescita del +0,2% ma i
risultati a consuntivo delle vendite negli ipermercati e supermercati di Bergamo segnano un più marcato
aumento del +3,5% dei valori e del +1,4% dei volumi. Il giro d'affari è in calo su base annua a Bergamo del 1,4% mentre a livello regionale la variazione è del +2,2% e in accelerazione.
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L'andamento Produzione industriale Fonte: Camera di Commercio d'Arco 85 93 101 109 -25,0 -20,0 -15,0 10,0 -5,0 0,0 5,0 10,0 15,0 20,0 I II III IV I II III IV I II III IV I II III IV I II III IV I II III 2010 2011 2012 2013 2014
2015 var % var trimestrale var annua Indice della produzione (scala dx) -1,0 -2,1 95 -17,1% per il settore
dell'abbigliamento +2,9% per il settore del legno
3,3% l'aumento
degli ordini provenienti dall'estero su base annuale. Più 0,6% quelli dal mercato interno
1,8% l'incremento
del giro d'affari del commercio al dettaglio contro lo 0,4 lombardo. Nello specifico +2,4% per
gli alimentari
SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 04/11/2015
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Cala la produzione industriale Mannaia sulle aziende artigiane
04/11/2015
Pag. 6
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tiratura:209613
«Così muoiono le pmi del settore biomedicale»
R. Tu.
Le gare super centralizzate al massimo ribasso, il pay back, la rinegoziazione dei contratti: una tagliola che
potrà costare 10mila posti di lavoroe un colpo mortale alle pmi del biomedicale. Luigi Boggio, presidente di
Assobiomedica, contesta la morsa che rischia di far scomparire «un tessuto vivoe fervido» dell'imprenditoria
tecnologica made in Italy. Presidente Boggio, il biomedicale è di nuovo nel mirino dei risparmi. Preoccupati?
A dir poco. Questa corsa feroce agli acquisti supercentralizzati lascia senza parole. Provocherà dannia
pazienti, operatori, imprese. Non tutto nel nostro settore è standardizzabile. Si andrà a gare alle quali
finiranno per poter partecipare solo poche aziende, le più grandi, tagliando fuori le pmi che sono il tessuto
essenziale in Italia. Col risultato? Di creare monopoli e oligopoli. Così assolutamente non va bene. Però le
grandi imprese investono di piùe sono più avanzate... Le pmi sono fondamentali. Innovano, incrociano bene il
mercato. E rappresentano l'80% delle 4.440 imprese di settore. Se le cose non cambiano, per molte è la fine.
Rischiamo 10mila posti di lavoro. Le gare centralizzate fanno chiarezza e risparmi. Le gare che guardano
principalmente ai prezzi fanno perdere di vista la qualità e l'efficacia delle prestazioni sanitarie. Rischiano di
annullare la speranza di portare in sanità l'eccellenzae l'innovazione. Non guardano alla qualità. Tolgono
certezze ai medici. Trascurano la sicurezza e l'aggiornamento professionale che le stesse imprese
assicurano. Pensi, oggi esistono aghi dotati di sistemi di sicurezza che impediscono a chi li usa di pungersi e
di contrarre malattie gravissime. Sa quanti infermieri abbiamo formato? Ben 12mila. Intanto arrivano pay back
e rinegoziazione dei contratti. Siete pronti? Rinegoziazione dei contratti e pay back causeranno la drastica
riduzione delle forniture di servizi aggiuntivi indispensabili. Le imprese dovranno pagare 1 miliardo nel
2015-2017. Si dovrebbe ridurre la spesa di un ulteriore 15%, tre volte più di quella per altri beni e servizi. Ma
come si può? E proprio mentre il fondo sanitario sale solo di 1 miliardo. Così le imprese muoiono. È troppo
sperare che qualcuno ci ascolti?
Foto: IMAGOECONOMICA
Foto: Assobiomedica, Luigi Boggio
SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 04/11/2015
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Luigi Boggio Presidente Assobiomedica INTERVISTA
04/11/2015
Pag. 23
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Elite, altre 41 Pmi «studiano» la Borsa
Giovanni Vegezzi
Sono 41 le nuove società 26 in Italia e 15 in Gran Bretagna - che entrano in Elite, il programma ideato da
Borsa Italiana nel 2012 per accelerare la crescita delle imprese. Tra queste anche Alpitour e Panino Giusto.
Elite raggiunge così quota 307 società, tutte in crescita e con piani di sviluppo di lungo periodo. L'espansione
internazio- nale del programma si sta sviluppando anche attraverso accordi con Paesi ad altro potenziale di
crescita: è stata infatti raggiunta un'intesa con il Casablanca Stock Exchange per supportare anche le
imprese marocchine nel loro percorso di crescita e nell'apertura al mercato dei capitali. pagina 29 Elite
aggiunge 41 nuove società al progetto e continua ad accelerare sull'espansione internazionale, annunciando
un accordo con la Borsa di Casablanca. Il vivaio per piccole e medie imprese creato nel 2012 da Borsa
Italiana ha presentato ieri 26 nuovi ingressi di società italiane e, con un evento parallelo a Londra, 15 nuove
aziende del Regno Unito, portando a 307 il numero complessivo di società coinvolte. Ad affacciarsi ieri nella
Sala delle Grida di Palazzo Mezzanotte sono state Pmi di diversi settori (dal food con « Panino Giusto» alla
farmaceutica, passando per l'industria, l'IT e i servizi idrici) e anche qualche nome noto al grande pubblico
come Alpitour, tour operator risanato e ora aperto a diverse opzioni fra cui una futura quotazione. «Questo
progetto ci dà l'opportunità di entrare in contatto diretto con il mondo finanziario sia italiano che
internazionale. Riteniamo che così possa crescere la visibilità di Alpitour sui mercati finanziari anche agli
occhi di possibili investitori e intendiamo gettare le basi per valutare un domani una possibile quotazione» ha
spiegato a Il Sole 24 Ore Stefano Bianchi, CFO di Alpitour. «L'anno scorso abbiamo completato
un'acquisizione e stiamo guardando al consolidamento del settore, magari attraverso nuove acquisizioni
mirate. In particolare vogliamo potenziare la nostra presenza nel settore alberghiero: ci sono margini di
crescita sia in Italia che all'estero dove, in questo momento, guardiamo con particolare attenzione a Cuba».
Del resto, per quanto auspicata da Borsa, l'Ipo non è l'unico destino delle società del progetto che punta
anche a facilitare partnership e progetti di M&A. «Elite non è finalizzata solo alla quotazione, ma anche ad
aprire capitalea terzi per portare avanti progetti ambiziosi» chiarisce l'a.d. di Borsa Raffaele Jerusalmi. Il
programma, intanto, sta crescendo. E dopo essersi espanso in 15 Paesi oltre a Italia e Regno Unito ora
guarda fuori dall'Europa con un accordo di licencing. «Per la prima volta abbiamo fatto un accordo di
partnership con un Paese fuori dall'Europa, in Marocco con l'obiettivo di sviluppare insieme alla Borsa di
Casablanca il progetto Elite per tutto il Nord e Ovest dell'Africa. Il Marocco è un paese in crescita e per noi
molto interessante visto che condivide con l'Italia un gran numero di Pmi» ha spiegato ieri Luca Peyrano,
responsabile primary markets per l'Europa Continentale del London Stock Exchange Group, aggiungendo
che il 10 dicembre ci sarà una nuova cerimonia Elite per annunciare l'ingresso nel progetto di altre società
europee.
SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 04/11/2015
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Investimenti/2. Sale a 307 il numero totale
04/11/2015
Pag. 17
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Intesa Sp archivia nove mesi record
A settembre utile di 2,7 miliardi più che raddoppiato E' il miglior rendiconto dall'atto di nascita dell'istituto
Messina: «Il dividendo sarà di almeno 2 miliardi, siamo noi l'acceleratore della crescita economica» BENE IL
CORPORATE: PIÙ 10,9% I PROFITTI A QUOTA 1.041 MILIONI L'INDICE PATRIMONIALE VOLA AL 13,4%
PIÙ ALTO DEL LIVELLO RICHIESTO
r. dim.
Intesa Sanpaolo fa meglio delle previsioni raddoppiando il risultato del terzo trimestre a 722 milioni che porta i
profitti dei nove mesi a 2,7 miliardi (1,2 miliardi nel 2014). «Siamo la banca dell'Italia tornata a crescere», ha
commentato con palese soddisfazione il ceo Carlo Messina, tra gli artefici della performance. La Borsa però
non ha condiviso l'entusiasmo, e nonostante i numeri record ha punito il titolo che, dopo aver ceduto fino al
4,47%, ha chiuso a 3,144 euro (- 1,13%). La delusione del mercato è probabilmente legata all'unico
indicatore negativo: i proventi operativi scesi del 9,6% a 4,1 miliardi. Resta il fatto che Intesa archivia, con
l'approvazione del cdg presieduto da Gian Maria Gros-Pietro, il miglior rendiconto dalla nascita. «Due miliardi
sarà il minimo di dividendo che pagheremo, invece di chiedere soldi agli azionisti, comunque sono pronto a
pagare un dividendo extra, anche se serve una delibera del board», ha annunciato Messina agli analisti. Nei
nove mesi Intesa ha realizzato un utile ante imposte di 4,4 miliardi (+52,4%), un risultato della gestione
operativa il più alto addirittura del 2007 (che fu 7,2 miliardi) e commissioni nette per 5,5 miliardi. Da
sottolineare il 32,5% in meno di rettifiche (2,3 miliardi), le più basse dal 2011, così come si registra un calo
del 25% dei flussi lordi. Alla luce di tale andamento positivo, l'indice patrimoniale (cet 1) del 13,4% è molto al
di sopra dei requisiti previsti, al netto anche degli 1,5 miliardi di cedole maturate. «I risultati che presentiamo
sono i migliori dalla creazione del nostro gruppo», ha aggiunto con orgoglio Messina. «É il secondo anno di
esecuzione del piano di impresa e se stiamo registrando dei risultati migliori degli obiettivi fissati, il merito va
ai collaboratori tutti che stanno posizionando la nostra banca ai vertici del settore in Europa». E ancora: «In
una fase di netta ripresa del Paese, Intesa rappresenta l'acceleratore della crescita dell'economia reale, con
l'erogazione di 29 miliardi di credito a medio-lungo a famiglie e imprese italiane nei nove mesi dell'esercizio;
la crescita nei confronti di piccole imprese e famiglie è del 66%. Eroghiamo il doppio dei mutui dello scorso
anno; di questi il 30% è andato a coppie giovani». Per quanto riguarda lo stato patrimoniale consolidato, al 30
settembre i crediti verso la clientela erano attestati a 345 miliardi, in calo dell'1,4% rispetto ai nove mesi del
2014. La raccolta diretta bancaria ammontava a 359 miliardi, in diminuzione dello 0,3% rispetto al 31
dicembre 2014 e del 3,9% rispetto al 30 settembre 2014. Entrando nei singoli business, la Banca dei Territori
è calata del 14% nel terzo trimestre a livello di utile (339 milioni) che è Borsa Italiana rilancia il progetto Elite
con un accordo in Marocco e si prepara a quotare 35-40 matricole nel 2016 a partire dalla Ferrari, dopo
averne totalizzate 24 nel corso del 2015, tra cui Poste Italiane. Presentando i nuovi ingressi in Elite, 26 in
Italia e 15 nel Regno Unito, Raffaele Jerusalmi, ad di Borsa Italiana, e Luca Peyrano, responsabile primary
markets per l'Europa continentale del London Stock Exchange, hanno annunciato un accordo con la Borsa di
Casablanca per esportare il programma destinato alla crescita delle piccole e medie imprese, che dal 2012
ha coinvolto 307 aziende. Tra le matricole accolte ieri Alpitour, Almo Nature, Cap Holding, Euroflex, Interporto
Bologna, Panino Giusto, Salumificio Beretta e Viasat Group. In Marocco invece Piazza Affari svilupperà
insieme alla Borsa di Casablanca il progetto Elite con l'obiettivo di vincere le sfide dei mercati internazionali.
invece salito del 20,9% nei nove mesi (989 milioni). Bene la divisione corporate & investment banking nei
nove mesi (profitti in crescita del 10,9% a 1.041 milioni) ma in calo nei tre mesi (- 42,51%). «Prevediamo una
crescita significativa anche per l'anno prossimo» delle commissioni», ha annunciato Messina. «Non so se
posso parlare di una crescita a doppia cifra, che è quello previsto nel budget. Per il margine di interesse
possiamo avere una buona posizione: non posso parlare di crescita significativa, ma le probabilità che salga
sono elevate». Sicurezza del banchiere sullo srep: «Abbiamo un significativo eccesso di capitale. Non
abbiamo preoccupazioni».
SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 04/11/2015
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IL CONSUNTIVO
04/11/2015
Pag. 17
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tiratura:185831
SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 04/11/2015
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2.700 In milioni è l'utile netto tra gennaio e settembre 2015 di Intesa Sp che nel trimestre ha macinato 722
milioni n miliardi di euro è la quota minima di dividendo promessa dal ceo Messina che non esclude anche
una cedola extra Carlo Messina, ceo di Intesa Sanpaolo
04/11/2015
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Gli incentivi alla produttività andranno solo a una minoranza
GIANLUCA BRAGATTO
Ci risiamo, si torna a parlare di incentivi per la produttività delle imprese e per dare più potere d'acquisto alle
famiglie, ma la realtà è che Renzi, dopo gli 80 euro, torna a bluffare. Ormai è risaputo che le risorse per il
welfare state sono sempre meno, e per mantenere la coesione sociale sarà sempre più necessario parlare di
welfare aziendale e comunale. Innanzitutto, la somma che godrà del trattamento fiscale è di soli 2000 euro:
così l'articolo 12 (Regime fiscale dei premi di produttività) darebbe nient'altro che briciole ai cittadini/lavoratori.
Se si vogliono spingere i consumi e dare più potere d'acquisto alle famiglie sarebbe necessario reintrodurre la
quota dei 6000 euro stabilita a suo tempo dall'ex ministro Sacconi durante il governo Berlusconi. Ma detto
questo, tale beneficio dovrebbe essere dato a tutte le categorie e non solo a quelle aziende che firmano il
contratto di secondo livello, in quanto in Italia l'ossatura economica territoriale è fatta da piccole e medie
imprese ma anche dalle microimprese che certamente non possono sottoscrivere, per le loro dimensioni, tale
accordo. Ecco perché il beneficio dovrebbe essere esteso a tutta la platea dei lavoratori e non capisco perché
ciò non si faccia visto che Confindustria già durante il governo Prodi ha ottenuto dei tagli al cuneo fiscale, col
compito di reinvestirli nell'internazionalizzazione, compiendo poi invece una vera e propria delocalizzazione.
Oggi poi con il Jobs Act si è legalizzato il «caporalato» di Stato, un vantaggio per le aziende e non per le
maestranze a cui si sono tolti dei diritti grazie all'aiuto incondizionato della parte sindacale che a tutt'oggi non
si sa chi rappresenti. Per quanto riguarda il welfare aziendale, soluzioni defiscalizzanti sono già previste
alzando qualche soglia, ma in molte aziende mediograndi certamente non si raggiungeranno mai tali cifre di
benefit salvo essere inquadrati come quadri o dirigenti. Però è importante non svelare il tutto altrimenti ci
sarebbe una «sommossa popolare». Mentre i lavoratori nuovamente sono costretti a stringere la cinghia,
Confindustria gongola per le numerose iniziative di defiscalizzazione e decontribuzione che permettono di
avere manodopera spesso specializzata a basso costo, aumentando iprofitti. Non a caso, basta guardare gli
andamenti borsistici di alcuni gruppi industriali per capire come stanno realmente le cose. Ecco invece alcune
soluzioni da approvare subito con immediatezza per dare vigore economico e benessere famigliare: detassazione produttività: aliquota del 10 per cento per un importo complessivo lordo di 6000 euro
(produttività, straordinari, monetizzazione ferie, eccetera) da estendere a tutta la platea lavorativa,
indipendentemente cioè dalla forma e dimensioni aziendali; - quoziente famigliare, necessario per far fronte al
mantenimento delle funzioni vitali della famiglia; - mutuo sociale per l'acquisto della prima casa al tasso del 2
per cento; - codice della partecipazione: destinare una quota di azioni da distribuire ai lavoratoricon annessi
guadagni, defiscalizzando totalmente; - welfare aziendale e territoriale di categoria: offrire benefit di carattere
sociale dando la possibilità alle aziende di detrarli completamente dalle tasse per una cifra uguale o pari ai
2000 euro per dipendente; - welfare comunale: permettere alle aziende, nel territorio in cui espletano la loro
attività, di avere zone a burocrazia zero in cambio di un versamento una tantum, che non sarà conteggiato
nel patto di stabilità ma messo in un fondo ad hoc per tali funzioni, dando al contempo la possibilità alle
aziende di defalcarlo dal loro imponibile. Solo attraverso l'attuazione di una politica sociale possiamo ridare
dignità alle famiglie e riesumare i posti di lavoro persi con la crisi. I posti di lavoro non si creano a colpi di
decreto, bensì spingendo i consumi aumentando il potere d'acquisto delle famiglie. Le risorse possono venire
anche dal dimezzamento dei salari dei politici, visto che i lavoratori spesso sono costretti ad accettare una
riduzione del salario nelle crisi aziendali e visto la crisi che stiamo vivendo. Una classe politica dotata di etica
e morale lo avrebbe già fatto.
SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 04/11/2015
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Intervento
04/11/2015
Pag. 6
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Le larghe intese nate all'interno di questa legislatura non sono un passaggio provvisorio ma hanno un futuro
anche nel post governo Il sostegno al governo da parte delle forze dell'ex centrodestra impone che esse si
diano una programmaticità comune In Italia c'è un nuovo bipolarismo che costringe il vecchio centrodestra a
fare una scelta. Appello per una futura e centrale coalizione con Renzi Il nostro progetto deve nascere sia in
contrapposizione al populismo protestatario sia a quello dei conservatori di
Fabrizio Cicchitto
Se vogliamo capire quello che oggi sta succedendo sia nel centro-destra che nel centro-sinistra dobbiamo
partire da prima delle elezioni del 2013. Anche allora Verdini faceva l'ufficiale di collegamento per Berlusconi
con il Pd, lo faceva tenendo i rapporti con chi era allora il titolare della "ditta", cioè con Bersani e il suo braccio
destro Migliavacca, discuteva con essi di leggi costituzionali e specialmente di legge elettorale rispetto alla
quale di comune intesa fu verificato che non esistevano le condizioni per modificare il porcellum. Allora
Verdini non era il "mostro di Lochness" perché trattava con la "ditta" post-comunista. La ditta post-comunista
che allora controllava il Pd era in perfetta continuità con quel Pds che, attraverso l'uso politico della giustizia,
aveva "picconato" l'area di centrodestra della Dc (salvando invece la sinistra democristiana) e aveva distrutto
Craxi. Fino a poco prima delle elezioni del 2013 quella "ditta" da un lato trattava con Berlusconi e con Verdini
sulla legge elettorale e dall'altro puntava a "smacchiare" il Cavaliere anche attraverso una nuova versione
dell'uso politico della giustizia tramite la legge Severino. Ora sotto la segreteria di Bersani - che violava la
regola non scritta del Pci secondo la quale mai un emiliano poteva essere segretario del partito - sono
avvenuti per il Pd disastri di tutti i tipi. Una specie di maledizione di Tutankhamon per la violazione di quella
legge non scritta. Così nel 2013 il Pd perse le elezioni, che invece tutti i sondaggi davano per vinte, anche per
come Bersani aveva condotto la campagna elettorale. Per di più, sempre Bersani si complicò la vita quando
nella scelta di deputati e senatori procedette a raffazzonate primarie le cui conseguenze furono dei gruppi
parlamentari "incontrollabili" per cui andò incontro al secondo disastro: la mancata elezione di un nuovo
presidente della Repubblica nella persona di uno dei due "mostri sacri" del centrosinistra, cioè di Marini e di
Prodi. La conseguenza di questa catastrofe fu la conferma di Napolitano scongiurato in ginocchio a farsi
rieleggere sia da Bersani sia da Berlusconi (che adesso ne parla come di un golpista ma che allora lo
sostenne senza se e senza ma). In parallelo, però, anche il centrodestra era stato molto attivo nel combinarsi
guai. Nel corso del 2012 aveva passato il tempo a litigare sulle primarie, ma precedentemente, subito dopo le
trionfali elezioni dal 2008, il Pdl si era rivelato un gigante dai piedi d'argilla per due ragioni: perché Forza Italia
e An erano antropologicamente e "razzialmente" non omologabili per cui subito dopo la sua formazione si
manifestò una sorta di reazione di rigetto tamponata con regole burocratiche per la ripartizione delle cariche
interne. Questo ricorso alla mediazione burocratica non evitò una sorta di sfida all'OK Corral fra Berlusconi e
Fini derivante dal fatto che il primo lavorò per acquisire al suo diretto controllo i colonnelli di AN. Fini reagì
organizzando addirittura una scissione sotto il patrocinio mediatico di Repubblica e del TG3 che non risultò il
migliore viatico per costruire una "nuova destra". Entrambi i duellanti andarono incontro a conseguenze assai
negative: Fini è scomparso dalla scena politica, ma il governo Berlusconi fu destabilizzato fin dal 2010 anche
se allora Napolitano fece passare quarantacinque giorni per verificare l'esistenza di una maggioranza
parlamentare. In quegli anni Berlusconi non si fece mancare niente sul terreno degli autogol: per un verso
subì senza sua colpa ben due crisi finanziarie internazionali, ma certamente fu anche per sua colpa che il suo
governo perse sempre più credibilità internazionale a causa delle sue profonde divisioni interne proprio sulla
politica economica (scontri all'arma bianca fra Tremonti, Berlusconi, Renato Brunetta e i ministri del Pdl, la
Lega Nord) e per la celebrazione delle cosiddette feste eleganti (almeno cinquanta, un autentico tour de
force) che certamente non avevano rilievo penale ma che avevano di per sé effetti politici devastanti. Alle
elezioni del 2013 sia il Pdl che il Pd pagarono anche il prezzo del sostegno che avevano dovuto dare alla
politica economica di lacrime e sangue adottata dal governo Monti per evitare il collasso finanziario. I risultati
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SALVARSI DAI SALVINI
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delle elezioni del 2013 segnarono la fine del bipolarismo perché Forza Italia perdette circa 6 milioni di voti, il
Pd ne perse 3 e si affermò con il 25 per cento dei voti un movimento globalmente protestatario quale il
Movimento 5 Stelle. Le cose, però, non si fermarono qui. Per sessanta giorni Bersani accarezzò il folle
disegno di poter fare un cosiddetto "governo del cambiamento" nel quale il Movimento 5 stelle avrebbe
appoggiato un governo Pd. Ciò significava chiedere al Movimento 5 Stelle e al suo leader Grillo il suicidio.
Ovviamente il Movimento 5 Stelle non si suicidò e a suicidarsi fu proprio Bersani. Diversamente da Bersani,
Berlusconi fu lucidissimo e capì che l'unica via per evitare la catastrofe (cioè le elezioni anticipate) era un
"governo delle larghe intese" fra Forza Italia e il Pd. Dopo sessanta giorni buttati dalla finestra Bersani fu
costretto ad arrendersi (mentre Renzi cresceva dentro il Pd in seguito alla catena di errori del suo gruppo
dirigente tradizionale), e diede via libera, appunto, a un governo delle larghe intese, presieduto da Enrico
Letta. Era la vittoria politica di Berlusconi che non a caso fece il seguente comunicato: "Abbiamo fatto tanto
per dare all'Italia un governo e avviare le riforme per la ripresa e questo non può essere messo in
discussione, in pericolo per una sentenza infondata e iniqua, dobbiamo sforzarci per tenere distinte le
vicende mie personali dal governo e dalle riforme. Mi rendo conto che lo sforzo non è facile soprattutto per
me". Bene, siccome la pulsione per l'autogol era sempre fortissima in entrambi i due partiti maggiori, a quel
punto si scatenò l'estremismo forzista. Per Brunetta, Fitto, Verdini, Sallusti e altri, il governo di Enrico Letta
divenne subito un bersaglio da colpire e abbattere. Ora in tutti questi anni Berlusconi non ha tenuto mai ferma
una linea politica per più di un mese e ha proceduto a zig zag. Così nello spazio di pochi giorni egli decise
che bisognava far cadere il governo Letta salutato poco prima come una vittoria: il 28 settembre del 2013
Alfano e gli altri ministri del Pdl al governo Letta ebbero l'ordine di dimettersi. Ovviamente oggi nessuno
riconosce ad Alfano e ai suoi amici il fatto che essi, prendendosi la responsabilità di rompere con Berlusconi,
evitarono che si andasse dritti a elezioni anticipate per cui se oggi stiamo discutendo di riforme istituzionali o
di una politica economica per la crescita ciò lo si deve alla scelta fatta allora dai "traditori" che diedero vita al
Ncd. Se non ci fosse stata la scelta di rompere il Pdl per salvare il governo, gli spread sarebbero nuovamente
esplosi e l'Italia sarebbe venuta a trovarsi in una situazione simile alla Grecia, ed era assai probabile che le
elezioni sarebbero state vinte dal Movimento 5 Stelle, visto il fallimento politico sia del Pdl sia del Pd.
Comunque anche dall'altra parte, cioè a sinistra, non è che allora rimasero con le mani in mano sul terreno
degli autogol. In effetti, Bersani e lo stesso Enrico Letta furono gli inconsapevoli kingmakers di Renzi: dalla
inusitata scelta fatta da Bersani delle primarie aperte a tutti i cittadini per l'elezione del segretario del partito,
all'astensione da esse di Enrico Letta, che evitò così un fondamentale terreno di battaglia politica, alla stessa
gestione del governo, la conquista della segreteria fu offerta a Renzi su un piatto d'argento. Infatti sul terreno
del governo il metodo del cacciavite (cioè quello di procedere con una gestione della politica economica
minimalista e continuista) innestato su una politica generale subalterna a quella tedesca provocò in tempi
rapidi una sorta di rigetto da parte di quelle stesse forze sociali (in primis Confindustria, Confcommercio,
piccole imprese) che avevano scongiurato Alfano e i suoi amici affinché respingessero la scelta di Berlusconi
di provocare la crisi. A quel punto però nel Pd emersero due tipi di reazione: di fronte all'impasse messo in
evidenza dalla linea di Bersani-Letta, nella memoria storica dei militanti del Pd si rinnovò l'eco della famosa
battuta di Moretti: "Con questi dirigenti non vinceremo mai". Questa evocazione si intrecciò con l'iniziativa
politica svolta da Matteo Renzi che trovava la sua celebrazione mediatico-politico-programmatica nella
assemblea politica e programmatica della Leopolda. Renzi ha sempre evitato, e ciò è stato insieme un pregio
e un limite, di dare una cornice "ideologica" o "culturale" complessiva alla sua iniziativa. Il senso di essa,
però, è stato ed è molto netto: la grande forza di Renzi sta nel fatto che egli ha smantellato "la ditta" con il suo
intreccio di massimalismo sociale, di giustizialismo politico e culturale, di consociativismo neo-corporativo ed
è riuscito nell'impresa nella quale fallirono sia la DC, sia specialmente Bettino Craxi, e cioè quello di
sconfiggere davvero il Pci e poi il Pds facendo emergere finalmente una sinistra su posizioni esplicitamente
socialdemocratiche e riformiste. A suo tempo per esorcizzare questa possibilità, il partito berlingueriano,
come abbiamo visto, non esitò a usare "l'arma segreta" costituita da Mani Pulite. Allora nel '94 il progetto
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politico di Occhetto-D'Alema, insieme cupo nella sua immagine e illiberale nella sostanza, fu bloccato dalla
prima grande novità che esplose nella vita politica italiana e fu costituita dalla discesa in campo di Berlusconi
che coprì il vuoto politico che si era determinato nell'area politica e sociale di centro attraverso l'iniziativa di
un leader fantasioso, imprevedibile ed effervescente che ricorse ad un repertorio straordinario costituito
dall'utilizzazione del mezzo televisivo, dal lancio del messaggio della rivoluzione liberale e anche dalla
valorizzazione di personalità e di suggestioni culturali tipiche sia del revisionismo liberal-socialista sia di
quello cattolico (da Lucio Colletti a Marcello Pera via don Gianni Baget Bozzo). Quindi, a partire dal 1994,
Berlusconi è stato la prima grande novità del sistema politico italiano facendo decollare tutto un nuovo modo
di far politica che scandalizzò e colse di sorpresa sia la sinistra post-comunista sia l'establishment
tradizionale, ma che ha segnato nel profondo la vita politica e culturale del paese. Così Berlusconi riuscì ad
aggregare tutto il centrodestra e giocò una difficilissima partita vincendo tre volte e perdendo due, in sostanza
impattando la partita contro la "ditta". Questa partita fra berlusconismo e antiberlusconismo è durata
vent'anni, si è conclusa in un sostanziale pareggio, che ha finito col logorare entrambi gli avversari.
Berlusconi dal 2011 in poi non è stato più quello del 1994, è diventato ripetitivo nei suoi slogan, il suo carisma
si è appannato, ha proceduto a tentoni e a zig zag. Come spesso avviene la sopravvenuta debolezza politica
ha dato spazio ad un nuovo attacco giudiziario del tutto strumentale realizzato attraverso l'attuazione
retroattiva della legge Severino. Ad un certo punto, fra il 2013 e il 2014 Berlusconi si è ritrovato emarginato
da tutto con il rischio di essere definitivamente affondato. A tirarlo fuori dal baratro è intervenuto Verdini con
la mossa geniale costituita dal patto del Nazareno frutto dell'incontro fra due machiavellismi, quello di "Denis"
e quello di Renzi. Così Verdini tolse Berlusconi dall'isolamento portandolo addirittura, pur essendo un
condannato in espiazione di pena, nel sancta e sanctorum del Pd di Via del Nazareno. A sua volta però Renzi
realizzò una sorta di nuova versione della togliattana svolta di Salerno (la collaborazione del Pci con il re)
ottenendo da Forza Italia una sponda per rilanciare e realizzare le riforme istituzionali in parlamento e anche
la via per sostituire Enrico Letta alla presidenza del Consiglio approfittando del fatto che quest'ultimo si era
arenato sul piano dell'iniziativa politico-programmatica. L'Italia era bloccata, e proprio per salvare il sistema
bisognava smontare il monoblocco di potere che aveva imbalsamato il paese, occorreva un'azione politica
fortissima, durissima, fuori dagli schemi tradizionali. Renzi ha impersonato questa esigenza, dalla
rottamazione alla ricostruzione. Si apriva così una nuova fase, nella quale forse sarebbe anche stato
possibile in un futuro di medio periodo una ricomposizione su nuove basi di un centrodestra moderato e
riformista fra Ncd e Forza Italia, visto che il primo stava al governo e di fatto Forza Italia lo appoggiava
dall'esterno. Invece, ancora una volta l'ala estremista di Forza Italia, questa volta senza Verdini, si scatenò, e
Berlusconi rovesciò di nuovo la sua linea politica rompendo il patto del Nazareno in seguito alle elezioni per il
presidente della Repubblica, quasi che Mattarella rappresenti chissà quale pericolo di stampo giustizialista e
non un intelligente post-democristiano che in Parlamento, addirittura, a suo tempo votò contro l'arresto di
Previti, dando prova della sua onestà intellettuale. Gli effetti negativi di questo procedere a zig-zag sono stati
notevoli. Sul piano politico generale, l'ennesimo soprassalto estremista di Forza Italia ha avuto come
conseguenza il fatto che la leadership del centrodestra è stata presa in mano da Salvini che rispetto a
Berlusconi è più estremista, più populista e ha il vantaggio di essere una "new entry". Questi zig zag sul piano
politico e una gestione del tutto familistica del partito, hanno provocato nel corso di due anni, dal 2013 al
2014, il distacco di ben nove milioni di elettori e la fuoriuscita dal Pdl-Forza Italia di circa due terzi del suo
gruppo dirigente: le due cose, combinate insieme, richiederebbero a qualunque leader una riflessione
autocritica. Ora questa parallela involuzione conservatrice sia del centrodestra sia del centrosinistra e il peso
della recessione economica hanno prodotto l'esplosione di un movimento protestatario privo di qualunque
cultura di governo. Ebbene, nel 2014-2015 l'unica risposta dinamica a questo populismo di nuovo tipo è stata
costituita dalla seconda grande novità emersa nel sistema politico italiano che stavolta è sorta all'interno della
sinistra, con la vittoria di Renzi prima nel partito poi a livello di governo. La novità non è stata di poco conto:
essa ha comportato la rottamazione della sinistra post-comunista e l'affermazione di una nuova leadership
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che certamente mette in campo notevoli forzature mediatiche e comportamentali, ma è fondata su una
posizione innovativa di tipo riformista-blairiano che va al di là delle tradizionali divisioni fra il centrodestra e il
centrosinistra e che addirittura attua una serie di misure istituzionali, politiche, economico-sociali che si
collocano lungo una posizione riformista innovativa che è contrapposta sia a quella della destra reazionaria,
clericale e populista, sia a quella della sinistra post-comunista. Questa linea innovativa si è affermata solo
perché portata avanti da un leader dotato di una grande capacità di comunicazione, da una grande velocità di
realizzazione, da un notevole grado di ferocia nella gestione dello scontro politico. Tutto ciò può piacere o
non piacere sul piano estetico ma allo stato le alternative ad esso sono costituite da un movimento
protestatario privo di cultura di governo, o da un centrodestra a trazione leghista con un Berlusconi indebolito
e ripetitivo o dalla sinistra bersaniana-dalemiana: Dio ce ne scampi e liberi da ognuna di queste tre ipotesi.
Orbene a nostro avviso tutto ciò richiede il sostegno all'azione del governo da parte delle forze moderate e
riformiste che provengono dal centrodestra ma impone che esse si autodefiniscano, si aggreghino, si diano
una soggettività politica e programmatica comune. Allo stato questa soggettività non c'è, e non è neanche
detto che ci sarà. L'esperienza insieme più tormentata e più significativa fra quelle di centro è certamente
quella del Nuovo Centro Destra. Nella fase successiva alla sua nascita ha nuociuto al Ncd un appiattimento
sul governo. Per altro verso, però, quello che sta facendo il governo giustifica Renzi se richiede la presenza
in esso di una compagine moderato-riformista che bilancia le posizioni conservatrici della minoranza di
sinistra del Pd. Ora, in questa che, come dice Quagliariello, è una nuova fase, l'Ncd deve rivedere molte cose
riguardanti il suo modo di essere e la sua stessa denominazione ma in un senso opposto a quelli di chi
vorrebbe tornare vicino a Berlusconi e a Salvini: bisogna prendere atto che il riferimento al centrodestra non
ha più ragion d'essere e invece va definito insieme ad altre forze un "nuovo centro". A nostro avviso
l'eventuale mutamento della legge elettorale deriva non da qualche ultimatum avanzato in modo ricattatorio
nel corso della vicenda parlamentare, ma da qualcosa di più profondo, l'affermazione di una consistente e
unitaria forza di centro in Parlamento e nel paese. Né qualcuno può pensare che la soggettività del Ncd può
basarsi solo su una caratterizzazione di stampo clericale che secondo alcuni sarebbe la ragione ideale della
differenziazione dal leaderismo blairiano di Renzi. Così la differenziazione riguarderebbe solo un nucleo
ideologico del tutto estremista. Il problema va posto in modo del tutto diverso. Rispetto alla permanente
dialettica fra il blairiano Renzi e il suo partito, che è un mix di tante cose compreso ciò che sopravvive della
"ditta" comunista, nessuno oggi collocato nel centro può pensare di collocarsi nel Pd. E' necessario allora che
si coaguli un centro moderato e riformista, cattolico e laico che si dia una soggettività politica e culturale nel
paese, che, forte di ciò, sia un autorevole alleato di governo e che quindi conduca una comune battaglia con
Renzi per la modernizzazione riformista del paese in contrapposizione sia al populismo protestatario, sia a
quello lepenista sia ai conservatori di sinistra.
Foto: "Dal nostro punto di vista - scrive Cicchitto, ex Pdl, ora Ncd - la forza di Renzi sta nel fatto che egli ha
smantellato la ditta con il suo intreccio di massimalismo sociale, di giustizialismo politico e culturale"