Frida Kahlo e l`espressione delle emozioni. L`arte

Transcript

Frida Kahlo e l`espressione delle emozioni. L`arte
CIPA – Scuola di Counseling Integrato per la Professione d’Aiuto
Antonella Farinaro
Frida Kahlo e l’espressione delle emozioni.
L’arte come uno strumento di terapia “ante litteram”.
Frida Kahlo, The Frame, 1938. Olio su alluminio e vetro, Parigi, Museo Nazionale d’Arte Moderna,
Centro Georges Pompidou
1
Introduzione
“I miei temi sono stati sempre le mie emozioni,
i miei stati d’animo e le profonde dinamiche che la vita
andava producendo in me,
e ho sempre oggettivato tutto questo
in rappresentazioni di me stessa,
che erano quanto di più sincero e vero potessi fare
per esprimere quel che sentivo di me e davanti a me.”
Frida Kahlo
In poche altre circostanze, come nell’atto di contemplare un dipinto, osservare una
scultura o soffermarsi ad ascoltare una sinfonia musicale, l’animo umano può
predisporsi verso il recupero di una dimensione che potremmo definire “intima”,
sottolineando un aspetto dell’arte che contribuisce a consolidare insieme la sua
forza e il suo fascino.
Fin dai tempi più antichi l’arte è stata utilizzata come strumento “catartico”, come
elemento curativo e di protezione dal male. L’uomo ha infatti iniziato a comunicare
visivamente attraverso la produzione di segni e di simboli, da sempre considerati
elementi necessari nei riti finalizzati al sollievo e alla guarigione dalle malattie.
Ancora oggi vi sono popolazioni tribali, come il popolo nativo americano dei Navajo,
che utilizzano la pittura, la danza e il canto con finalità curative.
Tuttavia il concetto di utilizzo dell’arte come tecnica terapeutica e riabilitativa, si è
sviluppato solo in tempi a noi recenti, a partire dagli anni ’40 e ’50 del XX secolo,
soprattutto in seguito ai successi ottenuti dall’utilizzo di attività creative nell’ambito
dell’assistenza e della riabilitazione sanitaria1.
1
A. Ursoleo, L’Arte-Terapia, 2007/2008, pp. 1-29, www.slowmind.net/albertalbert/alessandra1.pdf. ;
2
Il concetto di Arte-Terapia è dunque relativamente recente, lo stesso termine
implica una riflessione sul legame esistente tra due discipline distinte e allo stesso
tempo complementari all’interno di un approccio di tipo terapeutico.
La riconosciuta importanza dell’arte come forma di comunicazione privilegiata, che
riesce ad esprimere e ad arrivare la dove le parole non riescono a giungere, ha fatto
sì che fosse spesso oggetto di interesse e di studio nel campo della psicologia.
E’ soprattutto con l’avvento della psichiatria moderna, tra la fine del XIX e gli inizi del
XX secolo, che si assiste ad un riconoscimento dell’”interiorità” dell’individuo e allo
svilupparsi dell’interesse verso le unioni tra immagini ed inconscio.
Lo stesso Sigmund Freud (1856-1939), attraverso le sue teorie sull’inconscio e
l’immagine onirica, colse la straordinaria peculiarità dell’arte come strumento
privilegiato di accesso al mondo interiore dell’individuo. Se si studiano con
attenzione la sua vita e le sue opere, si prende atto di come l’arte abbia rivestito in
esse una posizione rilevante, con una netta preferenza per la letteratura2.
Il prodotto artistico per Freud si rivela specchio del mondo interno del soggetto, dei
suoi processi psichici. Tuttavia, anche se emerge dai suoi scritti la concezione
dell’arte come espressione della patologia, per il padre della psicoanalisi l’attenzione
verte più sul prodotto artistico finito che sul processo artistico che ha condotto a
quello specifico risultato. Inoltre Freud concepisce ancora l’arte come espressione di
individui dalla sensibilità non comune e quindi non adatta per un uso terapeutico.
Come Freud, anche Carl Gustav Jung (1875-1961), fa riferimento all’arte come un
mezzo per contattare ed esprimere le immagini appartenenti all’inconscio, ma a
differenza del primo, egli porta l’attenzione sul processo creativo, che consiste, a
suo parere, nell’attivare le immagini archetipe inconsce, rielaborarle e trasformarle
in un prodotto finito. Attraverso la sua teoria sugli archetipi universali e
sull’inconscio collettivo, Jung, lontano dal concetto patologico elaborato da Freud,
2
Freud dedica all’arte diversi saggi, tra cui: Il poeta e la fantasia (1908), Un ricordo d’infanzia di Leonardo da Vinci
(1910), Totem e tabù (1913), Il Mosè di Michelangelo (1913), Un disturbo di memoria sull’Acropoli (1936).
3
attribuisce all’arte un valore sociale: essa rappresenta un mezzo di comunicazione
fondamentale in cui le emozioni individuali diventano generali e collettive.
Jung spingeva i pazienti a disegnare le loro immagini oniriche: “Dipingere ciò che
vediamo davanti a noi e’ un’arte diversa dal dipingere ciò che vediamo dentro”.3
L’Arte-Terapia è dunque il risultato di un lungo periodo di “gestazione” all’interno
della teoria psicoanalitica, il frutto di una incessante ricerca di nuove possibilità e
strumenti da utilizzare all’interno della prassi terapeutica. L’arte stessa, così come il
campo della critica d’arte, hanno subito, d’altra parte, l’influenza e il fascino delle
scoperte e delle teorie della psicoanalisi, talvolta indicandole come fonti primarie di
riferimento: un esempio emblematico è costituito dal movimento artistico del
“Surrealismo”.
Il suo principale teorico e promotore, il poeta Andrè Breton (1896-1966), fu
particolarmente influenzato da Freud e nello specifico dalla lettura de
“L’interpretazione dei sogni” del 18994. La stessa Frida Kahlo (1907-1954), la cui
opera è stata accostata di sovente al Surrealismo, conservava nella propria
biblioteca tutte le opere di Freud apparse fino ad allora5. Nel suo quadro
raffigurante il Mosè (1946) (Ill. num. 1) non solo elabora una vera e propria
illustrazione figurativa del libro di Freud “Der Mann Moses und die monotheistische
Religion” apparso nel 1937, ma, attraverso di essa affronta le paure e i sensi di colpa
sviluppati in seguito ai vari aborti subiti6.
3
C. A. Malchiodi, Arteterapia, L’arte che cura, Giunti, Firenze, 2009, p.34
4
A. Breton, Il Surrealismo e la pittura, E. Capriolo (a cura di), Marchi, Firenze, 1966, pp. 141-144.
Breton ebbe il merito di avere fatto conoscere Frida Kahlo come artista di valore internazionale, promuovendo nel
1940 una mostra a Parigi in cui vennero esposti i suoi dipinti. In quell’anno Frida scriveva. “Il Surrealismo è la sorpresa
di trovare un leone nell’armadio che si era aperto per prendere della biancheria”, in Frida Kahlo, H. Prignitz-Poda (a
cura di), Electa, Milano, 2014, p. 36. Breton dal canto suo affermò: “L’arte di Frida Kahlo è un nastro intorno a una
bomba”, in A. Breton, op. cit., 1966, pp.141-144.
5
O. Westheider, Frida Kahlo e l’avanguardia in Europa, in Frida Kahlo, H. Prignitz-Poda (a cura di) Electa, Milano, 2014,
pp. 44-57.
6
H. Prignitz-Poda, Frida Khalo e il mondo dell’arte, in Frida Khalo, H. Prignitz-Poda (a cura di), Electa, Milano, 2014,
pp.35-36
4
I surrealisti rimasero affascinati dall’arte-terapia, basti pensare alla definizione che
venne data alla stessa corrente nel primo Manifesto Surrealista pubblicato nel 1924:
“Automatismo psichico puro, attraverso il quale ci si propone di esprimere, con le
parole, o la scrittura, o in altro modo, il reale funzionamento del pensiero. Comando
del pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di
ogni preoccupazione estetica e morale”7.
L’incontro fra arte figurativa e “follia” si sviluppa successivamente sotto il profilo
artistico, all’interno del movimento denominato Art Brut, fondato nel 1945 dal
pittore francese Jean Dubuffet8. L’arte-terapia affonda parte delle sue radici in
questo movimento di pensiero, al cui interno venivano proposte opere artistiche
realizzate da non-professionisti che operavano al di fuori delle norme estetiche
convenzionali (autodidatti, psicotici, carcerati, ecc.) e che dunque si caratterizzavano
per l’assenza di riflessione e di pretese culturali.
Fino agli anni ’50-’60 tuttavia i laboratori artistici venivano ancora posti in essere
principalmente per tenere occupati i pazienti, in assenza di un profilo terapeutico
ben preciso. Sarà soprattutto con il lavoro svolto negli anni ’60 da Margaret
Naumburg (1890-1983), che l’arte-terapia si connota come una tecnica di intervento
terapeutico autonomo e peculiare9. Per la Naumburg, psichiatra e psicoanalista,
l’arte diventa uno strumento finalizzato alla terapia, e non quindi arte come terapia.
Il processo artistico era funzionale alla produzione verbale, senza una particolare
attenzione ai materiali utilizzati e al processo artistico. La Naumburg utilizzava il
disegno spontaneo, detto degli “scarabocchi” come strumento di accesso
all’inconscio, incoraggiando i suoi pazienti a fare delle libere associazioni rispetto a
quello che vedevano nei propri lavori. Le immagini quindi, come nella procedura
7
S. Mistura, Il Surrealismo di fronte alla Psicoanalisi, in S. Mistura (a cura di), Figure del feticismo, Einaudi, Torino,
2001, pp.123-172.
8
L. Trucchi, Dubuffet, Inserto Art Dossier, Giunti, Firenze, 2001.
9
M. Naumburg, An introduction to art therapy: studies of “free” art expression of behavior problem children and
adolescents as a means of diagnosis and therapy, Theacher College Press, London-New York, 1973.
5
psicoanalitica, hanno a che fare con i sogni, le fantasie, le paure, i conflitti e le
memorie dell’infanzia.
La storia dell’arte-terapia resta legata al modello psicoanalitico anche nel decennio
successivo con la figura di Edith Kramer (1916-2014), considerata madre dell’arteterapia. Proveniente da una formazione artistica e dall’ ambiente psicoanalitico
viennese essa, a differenza della Naumburg, concentra la sua attenzione sul
processo creativo vero e proprio, ritenuto di per sé uno strumento terapeutico.
L’espressione artistica del paziente non è vista solo come mezzo per l’espressione
dei conflitti inconsci, ma come strumento per la loro risoluzione e come risorsa per
la crescita e la maturazione personale. Arte, dunque, finalmente come terapia, dove
è la creatività del cliente ad essere utilizzata in una duplice funzione: come
espressione
dell’attività
dell’inconscio
e
come
attività
promotrice
del
cambiamento10.
Rispetto ai suoi esordi e alle prime teorizzazioni, oggi l’arte-terapia è qualcosa di
profondamente diverso: si assiste da un lato ad una compenetrazione profonda tra i
due ambiti (arte e terapia), dall’altro ad una multidisciplinarietà del terapeuta che
tende sempre più ad avvalersi di un modello integrato e quindi sempre più a
“misura” del cliente.
Il setting di arte-terapia si configura come un luogo in cui le esperienze primarie,
difficili da esprimere in forma verbale, emergono attraverso il mezzo artistico. L’atto
di creare, attraverso il gesto, il contatto con i materiali, non è solo la traduzione di
un pensiero astratto, ma è anche l’espressione inconscia di un vissuto e l’atto
creativo riattiva e rielabora un processo che potrebbe essere stato inadeguato o
distorto.
L’arte-counseling, nel contesto arte-terapeutico, si connota per la componente
dialogica-verbale che viene instaurata con il cliente: le immagini e la formazione di
immagini, sono importanti perché attraverso il fare arte i clienti sono invitati a
10
E. Kramer, Arte come terapia nell’infanzia, La nuova Italia, Firenze, 1977.
6
riformulare quello che sentono, a prendere consapevolezza sul come rispondono ad
un evento o ad esperienze,
producendo su di esso cambiamenti emotivi e
comportamentali. Fare arte comporta, per il cliente, il provare attivamente,
sperimentare, o riprovare un cambiamento desiderato attraverso un disegno, dipinto,
o collage; ossia, comporta il produrre un oggetto che può essere fisicamente alterato,
modificato, conservato, utilizzato. Gli strumenti e le diverse possibilità di intervento
del terapeuta, così come il diverso significato dei materiali adoperati, o le molteplici
funzioni dell’oggetto creato, possono essere compresi adeguatamente solo all’interno
della relazione che si stabilisce tra cliente, terapeuta e prodotto artistico.
Frida Kahlo e l’espressione delle emozioni.
Premessa
Pur provenendo da una formazione artistica, non sapevo molto su Frida Kahlo, né mi
sono appassionata alle sue opere durante gli anni dell’università, prediligendo
all’arte contemporanea, lo studio della società e dell’arte moderna, germogliata nel
periodo del Rinascimento italiano. La curiosità e il personale avvicinamento alla
figura di Frida,”(…) l’unica donna in grado di esprimere nella sua opera d’arte i
sentimenti, le funzioni e la potenza creativa femminile (…)”11, per citare le parole del
marito ed artista Diego Rivera, è avvenuto nel periodo della mia formazione come
counselor presso la scuola CIPA e dunque in un contesto che potrebbe
erroneamente apparire, agli occhi di chi come me possedeva una prospettiva rivolta
a cogliere prevalentemente gli aspetti estetici, storici ed artistici dell’opera d’arte,
un ambiente estraneo o poco attinente con quello di uno storico dell’arte.
Approfondendo gli studi relativi al counselig, grazie anche ad un approccio di tipo
integrato che caratterizza CIPA, ho potuto constatare come in realtà, la mia
formazione poteva diventare un valido substrato al percorso formativo affrontato in
11
M. C. Secci (a cura di), Frida Kahlo, Doppio ritratto, Diego Rivera, con testo di P. Cavalli, Nottetempo, Roma, 2008,
p.65.
7
questi anni, un bagaglio propedeutico nell’ottica dell’utilizzo dell’arte-terapia come
strumento a me affine.
Partendo quindi dalla consapevolezza che da sempre l’arte ha viaggiato in parallelo
con la psicologia, spesso anticipandone alcune tematiche, la domanda che mi sono
posta a monte di questa ricerca è la seguente: se l’arte permette all’individuo di
esprimere l’inconscio attraverso la produzione di immagini, di significati e di simboli,
ponendosi come “strumento terapeutico” nell’atto stesso della creazione, quanto i
grandi artisti, riconosciuti come tali, nell’esigenza del fare artistico, hanno
beneficiato di quelle tecniche e di quegli aspetti ascrivibili oggi nell’alvèo dell’arte
terapia?
Questo punto di domanda mi ha condotto ad una serie di riflessioni che si sono
dapprima concretizzate in un articolo che ha avuto come focus la figura di Lorenzo
Lotto12, artista veneziano rinascimentale, per poi riproporsi con più determinazione,
anche sulla scorta delle maggiori informazioni di prima fonte
da cui potere
attingere, con l’affascinante figura di Frida.
La straordinaria concomitanza della retrospettiva intitolata “Frida Kahlo”, la più
completa sull’opera dell’artista mai presentata finora in Italia, organizzata a Roma
presso gli spazi delle Scuderie del Quirinale, mi ha ulteriormente coadiuvato
nell’affrontare questa ricerca, offrendomi l’opportunità di poter visionare dal vivo
oltre 160 opere tra dipinti, disegni, fotografie e filmati dell’epoca. E’stato durante
tale visita che mi sono effettivamente imbattuta nella sua straordinaria figura di
donna e di pittrice in primis, e, in modo del tutto inaspettato quanto fondamentale
ai fini del presente studio, in un corpus di disegni intitolato “Emozioni”
semisconosciuto al grande pubblico e di cui io stessa ne ignoravo l’esistenza.
12
A. Farinaro, Lorenzo Lotto indagatore dell’anima. Un approccio artistico alla relazione d’aiuto. V. Aucone ( a cura di),
Quaderni CIPA, 2012. www.cipacounseling.eu/materiale-e-dowload/newsletter/finish/7-newsletter/26-Lorenzo-Lottohtml.
8
Magdalena Carmen Frida Kahlo Calderòn nasce a Coyoacàn, un sobborgo di Città del
Messico il 6 luglio 1907, terzogenita dei coniugi Matilde e Guillermo Kahlo, che
avevano quattro figlie.
Ella però sosteneva di essere nata nel 1910, per far coincidere la propria nascita con
lo scoppio della rivoluzione messicana: evidentemente aveva deciso che lei e il
nuovo Messico, erano nati nello stesso anno, anche se in verità lei era venuta alla
luce tre anni prima13.
Nella sua vita conobbe molto presto la malattia e la sofferenza: a soli 6 anni si
ammala di poliomelite, guarisce, ma la sua gamba destra divenne molto esile e un
piede rimase più piccolo dell’altro. E’ in questo periodo che Frida iniziò a creare un
proprio mondo di fantasia che la preservasse dalle realtà peggiori, trovando i mezzi
e le vie per sfuggirvi. La creazione di un’amica immaginaria, nella quale si rifugiava
nei momenti difficili, viene ampiamente descritta dall’artista nel suo diario:
“Origine delle due Frida=Ricordo.
Dovevo avere sei anni quando vissi intensamente l’amicizia immaginaria con una
bambina…della mia stessa età, più o meno. (…) Sono passati 34 anni da quando ho
vissuto questa magica amicizia e ogni volta che la rammento si ravviva e cresce
sempre più dentro il mio mondo (…)14”. (Ill. num. 2).
Sebbene non ricevette una vera e propria formazione artistica, ella dimostrò ben
presto il suo interesse per le arti figurative. Nell’aiutare il padre fotografo a ritoccare
le fotografie, acquisì la precisione dell’uso del pennello e fu sempre il padre a
mandarla alle sue prime ed uniche lezioni d’arte presso l’amico grafico Fernando
Fernandez15. Il 17 settembre 1925 la vita di Frida venne segnata da un terribile
incidente: l’autobus sul quale viaggiava fu travolto da un tram. Nello scontro Frida
riportò fratture e lesioni gravissime che la costrinsero ad indossare busti ortopedici
13
A. Kettenmann, Frida Kahlo, 1907-1954, Sofferenze e passioni, Taschen, Koln, 2013, p. 6.
14
S. M. Lowea (a cura di), Frida Kahlo, The Diary ok Frida Kahlo, introduzione di C. Fuentes, Harry Abrams Inc. Pupl.,
New York, 1995, pp. 245-247.
15
A. Kettenmann, op. cit., pp. 10-11.
9
per il resto della vita: “(…) Dopo l’incidente iniziai a dipingere, e nacquero
l’autoritratto con le nuvole e i ritratti (…) Sono tutti più o meno dello stesso periodo.
Con gli ultimi portavo il corsetto di gesso. Mi alzavo dal letto di notte per dipingere
(…)16”.
Prima di questa tragica data, nonostante l’inclinazione artistica, non aveva mai
pensato di intraprendere la carriera di pittrice. Fu dunque durante il lungo periodo
trascorso a letto che, per vincere la noia e il dolore, cominciò a dipingere. Raccontò
un giorno allo storico dell’arte Antonio Rodriguez: “ Ritenevo di avere abbastanza
energia per fare qualcos’altro che non fosse studiare per diventare medico. Senza
darvi troppa importanza, cominciai a dipingere. (…) Da quel momento (dopo
l’incidente) fui ossessionata dall’idea di cominciare daccapo, di dipingere le cose
proprio come le vedevo e nient’altro”17.
Il suo letto fu coperto da un baldacchino sul quale venne montato un grande
specchio in cui potersi specchiare e farsi da modello. Questo tipo di autoanalisi
avvenne in un momento in cui, sfuggita dalla morte, cominciava a scoprire e vivere il
suo mondo in un modo nuovo e più consapevole. Gli autoritratti l’aiutarono a
costruirsi un’immagine della propria persona e a ricrearla sia nell’arte sia nella vita,
per trovare una nuova identità. E’ questo forse uno dei motivi per i quali essi
presentano impercettibili varianti, i volti sono sempre uguali, imperturbabili,
impermeabili al trasparire di alcun sentimento o stati d’animo. In essi Frida rivolge i
suoi profondi occhi scuri, incorniciati dalle folte sopracciglia unite alla radice del
naso, direttamente allo spettatore: “Il corpo è il tempio dell’anima. Il volto è il
tempio del corpo. E quando il corpo si spezza, l’anima non ha altro sacrario che il
volto…L’orribile, il penoso, ci può guidare alla verità dell’auto-conoscenza. E allora
16
S. M. Lowea (a cura di), op. cit., p. 73.
17
A. Kettenmann, op. cit., pp. 18-19.
10
diventa bello, semplicemente perché identifica il nostro vero essere, le nostre qualità
più recondite”18.
Nel 1928 conobbe Diego Rivera (1886-1957), un pittore già molto noto che aveva il
doppio dei suoi anni e nell’agosto dell’anno successivo si sposarono. Sarà un amore
duraturo ma turbolento, fatto di reciproci tradimenti e separazioni. Con l’ironia che
la contraddistinguerà Frida affermò :“Ho subito due gravi incidenti nella mia vita, il
primo è stato quando un tram mi ha travolto e il secondo è stato Diego”19.
Durante il periodo della separazione dal marito, il critico d’arte Mackinley Helm
raccontò: “(…) Un giorno del dicembre 1939, arrivarono nello studio una pila di
documenti che convalidavano la separazione da Rivera (…) Frida era molto
malinconica, triste. Disse che non era stata lei a chiedere la separazione. Stava
lavorando ad una grande tela intitolata Las Dos Fridas (…)”20. (Ill. num. 2)
In esso Frida narra visivamente l’esperienza non oggettiva della sua sofferenza
emotiva legata alla crisi e alla separazione coniugale. La parte di se stessa ammirata
ed amata da Rivera, la Frida con abiti messicani, siede accanto al suo alter-ego, una
Frida con abiti europei, la donna che il marito non ama più. La Frida respinta tenta di
arrestare momentaneamente la fuoriuscita del sangue con un paio di pinze
chirurgiche21. Il contrasto tra le ricche decorazioni dei vestiti, l’acconciature e i volti
chiusi in sé, immobili, crea una particolare tensione, come se i visi rappresentati
fossero maschere dietro cui si nascondono i veri sentimenti della pittrice.
Quando nel 1939 Diego Rivera le ripropose di sposarlo, lei accettò immediatamente
e l’otto dicembre del 1940, in occasione del compleanno del pittore, fu celebrato il
loro secondo matrimonio a San Francisco. Fu in questa occasione che Olga Campos,
psicologa ed amica di Frida Kahlo, ebbe l’opportunità di incontrarla per la prima
18
S. M. Lowea (a cura di), op. cit., pp. 8-16.
19
S. M. Lowea ( a cura di), op. cit., pp. 8-16.
20
A. Kettenmann, op. cit., p 52.
21
S. Grimberg, Frida Kahlo: iconografia. In Frida Kahlo, di H. Prigntz-Dopa (a cura di), Electa, Milano, 2014, p.71.
11
volta22. In quel periodo la Campos studiava psicologia all’università e lavorava
all’ospedale psichiatrico di Città del Messico. Nella clinica psichiatrica Olga aveva
sperimentato nuove terapie basate sulla pittura, e decise di mostrare a Frida i lavori
realizzati dai pazienti.23
Quando alla fine degli anni quaranta Diego Rivera chiede una nuova separazione,
Frida, le cui condizioni di salute nel frattempo andarono notevolmente peggiorando,
entra in crisi. Olga dovette allora proporre all’amica di rielaborare attraverso la
pittura i pensieri di suicidio che iniziarono ad affliggerla, nel tentativo di guarirla.
Nasce così la serie di disegni intitolato Emozioni, realizzati tra il 1949-1950 e che
sono il fulcro della presente ricerca.
Conclusioni
La vita e l’opera di Frida Kahlo furono legate l’una all’altra in modo indissolubile e
caratterizzate da uno stesso principio unitario: “tenere insieme nell’apparenza”. Se
si leggono i suoi scritti o se si contemplano le sue opere, se ne percepisce
l’emozione, il pathos, la tensione, eppure in nessuna di esse si coglie una tendenza
all’”espressività” oltre misura. Il vertice dell’ intensità viene raggiunto nella
compostezza, nel contenere e contenersi. Come sottolinea Patrizia Cavalli24, questo
aspetto della sua produzione è forse anche un riflesso delle sue costrizioni fisiche,
della consapevolezza di un corpo fragile, non adatto a contenere l’espressione
22
O. Campos, My memory of Frida, In Song of herself, S. Grimberg (a cura di), Merrell, londra, 2008, pp. 1-3.
23
O. Campos, op. cit., pp.1-3.
L’introduzione della pittura come terapia si sviluppò in concomitanza alle istituzioni psichiatriche, tra il XVIII e il XIX
secolo, quando alcuni medici notarono che il malato mostrava un “urgenza” a creare. E’ del 1919 l’inizio del progetto
di raccolta delle opere prodotte dai pazienti degli istituti psichiatrici che porterà alla pubblicazione nel 1922 in
Germania, di un libro rivoluzionario e denso di illustrazioni, curato dallo psichiatra e critico d’arte Hans Prinzhorn
(1886-1933). Questa collezione, di circa 5000 documenti, sarebbe poi diventata, nel primo dopoguerra, una una
stimolante fonte ispiratrice per il mondo della psichiatria e per non pochi artisti, interessando in particolare il
movimento Surrealista. A. Ursoleo, L’Arte-Terapia, In www.slowmind.net, 2008, pp. 1-30.
24
P. Cavalli, Dietro non c è niente, In Frida Kahlo. Doppio ritratto. Diego Rivera, gransasso nottetempo, Roma, 2008,
pp.69-92
12
dell’esuberanza, limitazioni queste che si aggiungevano a quelle legate alla sua
attitudine nel vestirsi e nell’acconciarsi i capelli secondo i canoni della tradizione
messicana, poco pratici e funzionali al movimento.
Sulla base di questa ulteriore riflessione si può ancora meglio comprendere, a mio
parere, l’eccezionalità del corpus dei disegni sopra citati, i quali, alla luce di quanto
detto, rivestono un ruolo inedito nella produzione dell’artista. Tali disegni,
appartenenti alla collezione Patty e Jim Cownie, non furono concepiti per essere
esposti al pubblico, come i suoi dipinti ad olio, ma servirono all’artista come esercizi
personali, memorie intime condensate in immagini. Proprio in quanto tali, in essi
l’artista si concesse la possibilità di non “contenere” ma di lasciare finalmente spazio
all’espressione delle sue emozioni, in cui l’amore e il dolore appaiono strettamente
vicini tra loro.
In questi disegni, realizzati con matite colorate su carta, vengono rappresentate,
attraverso un linguaggio figurativo astratto, le varie emozioni, correlate da una
scritta, sempre realizzata dall’artista a matita, che ne indica il tema: Amore;
Inquietudine, Paura, Angoscia, Odio, Riso, Pace, Panico, Dolore, Gioia e un “senza
titolo”, per un totale di undici opere (Ill. num. 3). Se il focus principale dell’arte
terapia è posto sul processo creativo, più che sul prodotto artistico finito, il processo
di analisi in questo caso volge a ritroso, dalla lettura del disegno come ci viene
consegnato dall’artista, per risalire all’analisi della tecnica e dei materiali utilizzati, e
poter quindi giungere ad avere quei parametri e quelle indicazioni che sarebbero
oggi , anche alla luce delle recenti teorie, ascrivibili alla pressi arte-terapeutica.
Partendo dalla tecnica adoperata, si potrebbe sottolineare come, la scelta delle
matite conferiscono, a chi le utilizza, la sensazione di un maggiore controllo nella
stesura del disegno, risultando particolarmente idoneo il loro utilizzo da parte di chi
sente la necessità di strutturare meglio le sue emozioni25. Queste impronte creative,
realizzate di getto, senza l’ausilio o la mediazione di altri strumenti o materiali,
25
L. Colonnello, C. Passavanti, Arteterapia: le arti figurative e plastiche, p. 8, www.artiterapie.it/public/upload/arti
figurative.pdf .
13
dovettero permettere a Frida di accedere ulteriormente agli aspetti più intimi e
nascosti di sé, di poter contattare ed esprimere senza inibizioni le emozioni più
recondite, e dunque dovettero rappresentare il punto di partenza per ulteriori
riflessioni. I disegni, e in generale le opere pittoriche, possono configurarsi
contemporaneamente come oggetti transazionali, percepibili fuori di sé e allo
stesso tempo investiti da una parte molto intima di sé: l’immagine diventa un ponte
tra mondo esterno e mondo interno, un veicolo attraverso cui si possono
comunicare le emozioni inconsce.
Sarebbe stato interessante se tale lavoro di analisi si fosse potuto condurre ad un
livello di maggiore consapevolezza, sulla base delle odierne tecniche dell’arteterapia, ed interloquire direttamente con la straordinaria creatrice di tali disegni,
applicando nella loro analisi l’interpretazione verbale, con riferimenti al contenuto o
alla
forma
dell’oggetto
rappresentato,
o
adoperando
tecniche
volte
all’amplificazione dell’immagine o di parti di essa, o proponendo l’uso di altri
materiali durante l’esecuzione.
Tuttavia, se si osserva un disegno come quello raffigurante l’Allegria (Ill. num.3.1),
emerge, dall’analisi del segno adoperato, che si condensa ora in cerchi di varie
dimensioni, ora in tratti spezzettati che lambiscono i limiti fisici del foglio, dall’uso di
colori caldi, come il giallo e l’arancione, la forza e il carattere positivo di
quest’artista, della quale, forse, si è invece troppo spesso sottolineato solo l’aspetto
tragico e sventurato. In esso emerge viceversa la sua costante sfida al destino
avverso, restituendoci il ritratto di una donna che, anche grazie al suo umorismo,
con cui dissimula e supera le sofferenze, mantiene ferma la sua voglia di vivere.
Antonella Farinaro
counselor in formazione presso CIPA
14
1. Mosè o Nucleo Solare, Houston, Texas, Collezione privata
2. Le due Frida, 1939, Città del Messico, Museo de arte Moderno
15
3.1 Emozioni, Allegria, 1949-50, Collezione Patty e Jim Cownie
3.2. Emozioni, Risa, 1949-50, Collezione Patty e Jim Cownie
16
3.3. Emozioni, Dolore, 1949-50, Collezione Patty e Jim Cownie
3.4. Emozioni, Panico, 1949-50, Collezione Patty e Jim Cownie
17
Bibliografia
C. Bertelli, G. Briganti, A. Giuliano, Storia dell’Arte Italiana, 4. Dal Romanticismo alle
correnti contemporanee, Mondadori, Milano, 2009;
A. Breton, Il Surrealismo e la pittura, E. Capriolo ( a cura di ), Marchi, Firenze, 1996;
O. Campos, My memory of Frida, in Song of herself, S. Grimberg ( a cura di ), Merrell,
Londra, 2008;
L. Colonnello, C. Passavanti, Arteterapia: le arti figurative e plastiche,
www.artiterapie.it/public/upload/artifigurative.pdf ;
A. Farinaro, Lorenzo Lotto indagatore dell’anima. Un approccio artistico alla
relazione d’aiuto, V. Aucone ( a cura di ), Quaderni CIPA, 2012,
www.cipacounseling.eu/materiale-e-dowload/newsletter/finish/7-newsletter/26Lorenzo-Lotto-html. ;
A. Kettenmann, Frida Kahlo, 1907-1954, Sofferenze e passioni, Taschen, Koln, 2013;
E. Kramer, Arte come terapia nell’infanzia, La nuova Italia, Firenze, 1977.
S. M. Lowea ( a cura di ), Frida Kahlo, The Diary of Frida Kahlo, introduzione di C.
Fuentes, Harry Abrams Inc. Pupl., New York, 1995;
C. A. Malchiodi, Arteterapia, L’Arte che cura, Giunti, Firenze, 2009;
S. Manes ( a cura di ), Strumenti per il lavoro psico-sociale ed educativo, Giochi per
crescere insieme, Manuale di tecniche creative, FrancoAngeli, Milano, 2007;
S. Mistura ( a cura di ), Il Surrealismo di fronte alla Psicoanalisi, Einaudi, Torino,
2001;
M. Naumburg, An introduction to art therapy: studies of “free” art expression of
behavior problem children and adolescents as a means of diagnosis and therapy,
Teacher College Press, London-New York, 1973;
H. Prignitz-Poda ( a cura di ), Frida Kahlo, Electa, Milano, 2014;
M. C. Secci (a cura di ), Frida Kahlo, Doppio ritratto, Diego Rivera, con testo di P.
Cavalli, Nottetempo, Roma, 2008;
L. Trucchi, Dubuffet, Inserto Art Dossier, Giunti, Firenze, 2001;
A. Ursoleo, L’Arte- Terapia, 2007/2008, www.slowmind.it;
18