Confimi Apindustria Bergamo
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CONFIMI Rassegna Stampa del 18/09/2015 La proprietà intellettuale degli articoli è delle fonti (quotidiani o altro) specificate all'inizio degli stessi; ogni riproduzione totale o parziale del loro contenuto per fini che esulano da un utilizzo di Rassegna Stampa è compiuta sotto la responsabilità di chi la esegue; MIMESI s.r.l. declina ogni responsabilità derivante da un uso improprio dello strumento o comunque non conforme a quanto specificato nei contratti di adesione al servizio. INDICE CONFIMI Il capitolo non contiene articoli CONFIMI WEB 18/09/2015 ediliziaterritorio.ilsole24ore.com 08:11 Aniem: contro le infiltrazioni negli appalti bisogna eliminare le Soa e le fideiussioni non bancarie 6 17/09/2015 www.rassegna.it 14:48 Fillea, 24/9 a Milano presentazione Report Osservatorio sulle costruzioni 7 16/09/2015 www.24emilia.com Dalla Fiom di Reggio quasi 800 lettere di diffida all'applicazione del Jobs Act 8 16/09/2015 ansamed.info Show cooking Confimi Industria al Biomed 9 SCENARIO ECONOMIA 18/09/2015 Corriere della Sera - Nazionale Una scelta difficile e obbligata 11 18/09/2015 Corriere della Sera - Nazionale «Il debito vi danneggia» 13 18/09/2015 Corriere della Sera - Nazionale Confindustria, nel 2015 il Pil migliora all'1 per cento 15 18/09/2015 Corriere della Sera - Nazionale L'export continua a trainare la ripresa ma siamo 20 punti dietro la lepre tedesca 16 18/09/2015 Corriere della Sera - Nazionale Intesa Sanpaolo, premio di maggioranza 17 18/09/2015 Corriere della Sera - Nazionale Aperture festive, farmaci, benzina: ancora battaglia sulla concorrenza 19 18/09/2015 Corriere della Sera - Nazionale Banca Mediolanum a dicembre in Borsa Il timone a Doris Jr 20 18/09/2015 Corriere della Sera - Nazionale Bufera sulla Popolare Vicenza Il caso della liquidazione d'oro 21 18/09/2015 Il Sole 24 Ore Perché la Fed ha preferito non correre troppi rischi 22 18/09/2015 Il Sole 24 Ore Bce: l'Italia usi i risparmi da spread per ridurre il debito pubblico 23 18/09/2015 Il Sole 24 Ore «Cresceremo l'1% quest'anno, 1,5% nel 2016» 25 18/09/2015 Il Sole 24 Ore Il Made in Italy balza a livelli record 27 18/09/2015 La Repubblica - Nazionale L'allarme di Bini Smaghi: "Il rinvio causerà instabilità Così si deprime la crescita" 29 18/09/2015 La Repubblica - Nazionale Rai 4 sul satellite porterà 10 milioni come pubblicità "Presto gli ascolti saranno doppi" 30 18/09/2015 MF - Nazionale ManU batte Barcellona e Real Madrid 31 18/09/2015 MF - Nazionale Dieci piccole banche costrette allo stress test 32 18/09/2015 MF - Nazionale Unicredit si accorda col gigante cinese Fosun, sarà il suo advisor in Europa 34 18/09/2015 MF - Nazionale Gli appalti vanno sempre pubblicati 35 18/09/2015 MF - Nazionale Altice compra Cablevision per 10 mld $ 36 SCENARIO PMI 18/09/2015 Il Sole 24 Ore Dote da 400 milioni per favorire il reshoring 38 18/09/2015 Il Sole 24 Ore 21 Investimenti punta 100 milioni sulla Polonia 40 18/09/2015 L'Espresso Jobs Act o no adesso si assume 41 18/09/2015 La Stampa - Nazionale La 21 Investimenti (Benetton) punta 100 milioni sulla Polonia 45 18/09/2015 MF - Nazionale 21 Investimenti lancia fondo da 100 milioni in Polonia 46 CONFIMI WEB 4 articoli 18/09/2015 08:11 Sito Web ediliziaterritorio.ilsole24ore.com La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Aniem: contro le infiltrazioni negli appalti bisogna eliminare le Soa e le fideiussioni non bancarie pagerank: 6 Il presidente dell'associazione delle piccole e medie imprese edili in commissione Lavori pubblici del Senato Eliminare subito le Soa e le fideiussioni non bancarie». Non ha usato mezzi termini il presidente dell'Aniem (piccole e medie imprese edili) Dino Piacentini, ascoltato dalla Commissione Lavori pubblici del Senato, dove è iniziato l'esame del disegno di legge per l'istituzione di una commissione di inchiesta sugli appalti pubblici. «Più riusciamo a spostare i controlli da meri elementi cartacei a in termini sostanziali e pratici e più faremo qualcosa per contrastare le infiltrazioni della malavita e della mafia negli appalti pubblici e privati», ha detto Piacentini. Di qui la richiesta di «eliminare subito le Soa (Società organismi di attestazione) che costano alle imprese 3-4.000 euro all'anno per un controllo che controllo non è». Anche sulle fideiussioni che un'impresa deve presentare per accedere a una gara d'appalto , per Piacentini è l'ora di impostare una svolta radicale. «Le stesse ragioni che hanno portato a limitare a 990 euro l'uso del contate devono portare a imporre che le fideiussioni siano solo bancarie» e non possa essere prestata da finanziarie o altri soggetti. Perchè, ha concluso « le banche sono un filtro molto forte della qualità dell'impresa». CONFIMI WEB - Rassegna Stampa 18/09/2015 6 17/09/2015 14:48 Sito Web www.rassegna.it La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Fillea, 24/9 a Milano presentazione Report Osservatorio sulle costruzioni pagerank: 6 La Fillea Cgil presenterà il 24 settembre a Milano il Report annuale del proprio Osservatorio sulle imprese di costruzioni. L'iniziativa si svolgerà presso la Fondazione Enaip Lombardia, in Via Bernardino Luini 5, con inizio alle ore 10. All'incontro, cui parteciperanno, tra gli altri, Claudio De Albertis, presidente nazionale Ance, Dino Piacentini, presidente nazionale Aniem, Confimi, Elena Lattuada, segretaria generale Cgil Lombardia, Jin Sook Lee segretaria Bwi (federazione mondiale dei sindacati delle costruzioni), Walter Schiavella, segretario generale Fillea nazionale. CONFIMI WEB - Rassegna Stampa 18/09/2015 7 16/09/2015 Sito Web www.24emilia.com La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Dalla Fiom di Reggio quasi 800 lettere di diffida all'applicazione del Jobs Act pagerank: 3 Dalla Fiom di Reggio quasi 800 lettere di diffida all'applicazione del Jobs Act 16/09/2015 - 00:00 In questi giorni, la Fiom Cgil di Reggio, nell'ambito delle iniziative definite e decise a livello regionale in contrasto al Jobs Act, sta inviando lettere di diffida a tutte le imprese industriali del territorio, in cui sia presente almeno un iscritto alla Fiom e, contestualmente, alle associazioni imprenditoriali e ai consulenti e studi professionali che assistono queste imprese. L'iniziativa coinvolge 664 aziende, che complessivamente occupano circa 31.200 lavoratori. Le associazioni imprenditoriali interessate sono 7 (Unindustria/Federmeccanica, Confapindustria, Confimi, Legacoop, Unione Cooperative, Cna e Confartigianato), a cui si aggiungono 128 tra consulenti e studi professionali. Questa è la prima azione di carattere contrattuale, con la quale si chiede alle imprese di non applicare unilateralmente le nuove norme, in particolare per quanto riguarda la tutela contro i licenziamenti arbitrari, sia di natura individuale sia collettiva, il controllo a distanza dei lavoratori e il demansionamento. "Quello che chiediamo, e che il presidente di Unindustria Reggio reputa 'inconcepibile' - spiega Sergio Guaitolini, segretario Fiom provinciale - è di aprire un tavolo di confronto che possa portare a soluzioni contrattuali condivise, che garantiscano pari dignità e pari diritti a tutti i lavoratori, indipendentemente dalla data di assunzione, al fine di evitare l'imbarbarimento dei rapporti e l'apertura di vertenzialità in ogni singola azienda". Il Jobs Act, secondo il sindacato, si caratterizza come un "condono" per le aziende che licenziano illegalmente, 'perché di fatto cancella la sanzione per gli imprenditori che violano la legge'. A Unindustria, la Fiom risponde 'dicendo che chiedere che chi viene licenziato in modo illegittimo possa avere il diritto al reintegro nell'azienda non è incapacità di dialogo ma tutela di un diritto basilare' e che 'cancellare questo diritto e chiamarlo 'Contratto a tutele crescenti' è una truffa, perché non vi è alcuna tutela crescente, anzi le tutele sono smantellate per sempre e resta solo un basso indennizzo monetario". "Riguardo all'accusa di anacronismo rispondiamo che anacronistica è una visione che vorrebbe il lavoro senza diritti e i lavoratori schiavi senza la possibilità di organizzarsi per chiedere migliori condizioni di vita e di lavoro - conclude il segretario dei metalmeccanici reggiani - La Fiom il dialogo lo vuole, lo cerca, lo pratica e lo pretende per il rilancio del sistema industriale attraverso investimenti, ricerca e sviluppo, innovazione, valorizzazione delle professionalità. Siamo pronti a confrontarci sulla ricerca del miglioramento dell'efficienza, della qualità del prodotto e della produttività dell'impresa, nel rispetto però, imprescindibile, della dignità e delle condizioni di tutti i lavoratori". Anche la Cgil reggiana si schiera a sostegno della Fiom. "Con la sua iniziativa la Fiom sta portando avanti come categoria quelle che sono disposizioni della Cgil nazionale di contrasto al Jobs act e noi la sosteniamo" sottolinea Guido Mora, segretario generale della Camera del Lavoro Territoriale di Reggio, che riserva un commento anche al presidente di Unindustria Severi: "Credo non abbia capito quanto sia sia grave e sicuramente negativo non mettersi tutti, sindacato, imprese e associazioni, su un piano di confronto rispetto alle norme introdotte dal Job Act. Inoltre i maggiori organismi europei sottolineano come in Italia i livelli di flessibilità siano elevati, non è quindi proseguendo in questa direzione che ci avviciniamo alla 'normalità europea', come scrive Severi, piuttosto ce ne allontaniamo". CONFIMI WEB - Rassegna Stampa 18/09/2015 8 16/09/2015 Sito Web ansamed.info La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Show cooking Confimi Industria al Biomed Nell'ambito Settimana Dieta Mediterranea promossa da Mipaaf (ANSA) - MILANO, 16 SET - Confimi Industria - Confederazione dell'Industria manifatturiera e dell'impresa privata - è stata tra i protagonisti a Expo della Settimana della Dieta Mediterranea Patrimonio Unesco, in programma dal 14 al 20 settembre. Per l'occasione, diverse aziende associate hanno offerto ai visitatori del cluster Bio-Med uno show cooking in cui hanno preparato dei tipi di pasta tradizionali regionali. "La partecipazione di Confimi Industria Alimentare - ha ricordato il vicepresidente di Confimi Alimentare, Pietro Marcato - è parte di un percorso che vede da alcuni mesi la Confederazione membro effettivo della cabina di regia sulla pasta, istituita presso il Mipaaf".(ANSA). CONFIMI WEB - Rassegna Stampa 18/09/2015 9 SCENARIO ECONOMIA 19 articoli 18/09/2015 Pag. 1 diffusione:619980 tiratura:779916 Una scelta difficile e obbligata Massimo Gaggi «M a cosa vuol dire? Che adesso siamo schiavi dell'economia cinese?» si chiede, sconsolato, un trader . Aveva scommesso che la Federal Reserve sarebbe tornata, nel «conclave» di ieri, ad aumentare per la prima volta i tassi congelati a quota zero fin dalla crisi finanziaria dell'autunno 2008. La stessa Banca centrale aveva creato aspettative in questo senso all'inizio dell'estate, ma le turbolenze di agosto, la crisi cinese, i crolli asiatici e il nervosismo planetario dei mercati, hanno rapidamente modificato lo scenario. Eppure l'economia Usa rimane solida e, nonostante il rafforzamento del dollaro che incide negativamente sulle esportazioni, l'America è relativamente isolata dalle turbolenze internazionali, grazie al suo dinamismo interno. Per questo molti pensavano che, nonostante le nuove difficoltà, Janet Yellen avrebbe tenuto ferma la barra sulle decisioni strategiche prese nei mesi scorsi. Non è stato così: in un incontro con la stampa la presidente della Fed ha cercato di minimizzare il significato di questo ulteriore rinvio del primo passo verso il ritorno alla normalità nei mercati finanziari dopo sette anni di gestione emergenziale delle economie. Ed è ancora possibile che in una delle due prossime riunioni (ottobre e dicembre) del Fomc, il comitato esecutivo della Banca centrale, venga dato il piccolo segnale di un aumento dei tassi dello 0,25 per cento. Ma dalle decisioni prese ieri dalla maggiore istituzione monetaria mondiale emergono almeno tre elementi preoccupanti: 1) L'economia internazionale rimane in condizioni di estrema fragilità. La crisi cinese è gestibile, ma non abbiamo ancora visto il peggio, mentre vi saranno conseguenze negative di lungo periodo anche per il rallentamento delle economie emergenti come quella brasiliana. Il dinamismo interno dell'America può compensare questo impatto negativo ma non completamente (mentre l'Europa è più vulnerabile degli Usa). 2) L'allarme vero adesso si sposta sull'inflazione. Se nell'analisi della Fed i guai estivi sono destinati a rallentare la crescita, col Pil americano che anche nei prossimi due anni non crescerà più del 2,2-2,3%, il vero problema viene dalla dinamica dei prezzi. Rispetto all'obiettivo Fed (+2%) stiamo sfiorando la linea della deflazione. Per quest'anno (segnato anche dall'effetto del forte calo del petrolio), la previsione di un'inflazione allo 0,7% è stata ora rivista e portata allo 0,4. I banchieri centrali ritengono che non torneremo in vista del traguardo del 2% prima del 2018 (1,7 l'anno prossimo e 1,9 quello successivo). Da qui la decisione di muoversi con ancora più prudenza. 3) In questo cambio di traiettoria la Fed si è divisa. L'unanimità che la Yellen era riuscita a recuperare nella prima parte dell'anno, è saltata. Si era capito già ad agosto quando, davanti alla crisi cinese, il capo della Fed di New York aveva caldeggiato il rinvio dell'intervento sul costo del denaro, mentre il vice della Yellen, Stanley Fischer, aveva giudicato dannoso uno slittamento. Ieri quattro dei 17 governatori della Fed hanno detto che i tassi non devono salire prima del 2016-17, mentre 12 hanno continuato a considerare opportuno un piccolo intervento alla fine di quest'anno e uno ha votato per un aumento immediato. In passato la Yellen ha invitato più volte i mercati e i «media» a non sovrastimare il momento in cui i tassi verranno alzati per la prima volta, e a guardare di più ai processi di lungo periodo. Qualcuno sostiene che ieri ci sarebbero state le condizioni per un ritocco del costo del denaro: la Fed avrebbe rinunciato per il timore che, in una situazione di grande nervosismo dei mercati con voci ricorrenti di bolle speculative pronte a scoppiare qua e là, anche un intervento minimo potesse diventare il detonatore di crolli delle Borse. Passando dalle ipotesi ai fatti: fino a ieri la prospettiva era quella di aumenti graduali dei tassi con la Fed che, non potendo fermarsi al primo gradino dello 0,25%, sarebbe arrivata, mese dopo mese, ad aumentare il costo del denaro di un punto o un punto e mezzo percentuale da qui alla metà del prossimo anno. Il nuovo quadro di bassissima inflazione è corredato da uno scenario tracciato dai banchieri centrali che prevede una crescita molto più lenta del costo del denaro anche nel medio-lungo periodo: non più del 2,6% a fine 2017 (l'ipotesi precedente era del 2,9), mentre ora l'attesa è che anche i tassi a lungo termine non vadano oltre il 3,5%. SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 18/09/2015 11 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Banche centrali 18/09/2015 Pag. 1 diffusione:619980 tiratura:779916 SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 18/09/2015 12 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Denaro quasi gratis ancora per molto tempo: è tutto quello che le Banche centrali possono fare per cercare di aiutare una ripresa dell'attività produttiva che, però, sembra dipendere sempre meno dalla disponibilità di credito a buon mercato. Mentre la vera ombra che spaventa (per i salari troppo bassi e anche la miniinflazione) è l'eccesso di capacità produttiva inutilizzata, ovunque in giro per il mondo. © RIPRODUZIONE RISERVATA 2,1 per cento la stima di crescita del Pil Usa quest'anno secondo la Federal Reserve che ieri ha rivisto al rialzo le proprie previsioni, che indicavano una crescita dell'1,9% La parola FOMC Il Federal open market Committee, in sigla Fomc, è l'organismo della Federal Reserve incaricato di sorvegliare le operazioni di mercato aperto negli Stati Uniti. In sostanza è il braccio monetario della Fed in quanto regola la politica monetaria degli Usa attraverso la fissazione del livello dei federal funds rate, ovvero livello dei tassi d'interesse. Ogni anno ne fanno parte 12 membri della Fed scelti tra i 20 governatori del sistema della Federal Reserve 1,13 il cambio euro-dollaro alla chiusura dei mercati ieri. Il rafforzamento del dollaro è tra le ragioni che hanno indotto la Federal Reserve a non toccare i tassi nella riunione di ieri 18/09/2015 Pag. 1 diffusione:619980 tiratura:779916 «Il debito vi danneggia» Francesca Basso «L' Italia è un grande Paese dell'Unione Europea al quale si applicano le stesse regole degli altri. Va riconosciuto lo slancio riformista del governo». Il commissario Ue agli Affari economici, Pierre Moscovici, in visita a Roma, aggiunge: «Non definirei l'Italia un sorvegliato speciale». a pagina 6 DALLA NOSTRA INVIATA Bruxelles «Non definirei l'Italia un sorvegliato speciale: è un grande Paese dell'Unione Europea, al quale si applicano le stesse regole che si applicano agli altri». Il commissario Ue agli Affari economici, Pierre Moscovici, oggi è in visita ufficiale a Roma. Il Consiglio dei ministri ha sul tavolo la Nota di aggiornamento al Documento di finanza pubblica (Def) ed entro il 15 ottobre il governo dovrà inviare la legge di Stabilità a Bruxelles. Lo scorso anno abbiamo rischiato la bocciatura e ora stiamo trattando per ottenere altra flessibilità. Che idea si è fatta la Commissione del taglio delle tasse annunciato da Renzi? «Mi sento regolarmente con il ministro Pier Carlo Padoan. Va riconosciuto lo slancio riformista del governo. L'Italia sta facendo una serie di riforme che stanno avendo un impatto positivo sulla crescita, sull'occupazione e attirano investimenti. La riforma del mercato del lavoro comincia a dare i frutti. Rimane molto da fare ma la situazione è incoraggiante. Aspettiamo di vedere la legge di Stabilità». L'Italia è stata il primo Paese a godere della flessibilità prevista dal patto di Stabilità. Ora vorrebbe ricorrervi ancora, usando la clausola sugli investimenti. Che margini ci sono? «La flessibilità è prevista in caso di crescita negativa di un Paese o sotto il suo potenziale, quando fa riforme importanti o se ha bisogno di una spinta per investire in progetti cofinanziati dai fondi europei e dal Piano Juncker. L'Italia gode già della clausola per le riforme strutturali per lo 0,4% del Pil. Esamineremo la legge di Stabilità in base alle regole europee, tenendo conto di tutti i fattori pertinenti e di un fattore centrale per l'Italia che è l'alto debito pubblico. Tutte le domande eventuali saranno esaminate una volta ricevuto il testo e in base alle nostre previsioni economiche. È troppo presto per pronunciarsi». I ministri finanziari della Ue vi hanno chiesto di valutare l'impatto economico sui bilanci degli Stati delle misure adottate per far fronte all'emergenza rifugiati. Come intendete intervenire? «La Commissione è la guardiana dei Trattati, applica le regole del patto di Stabilità. Le regole includono la flessibilità per poter reagire alle circostanze impreviste e agli eventi eccezionali. Ma è troppo presto per dire se la crisi dei rifugiati possa essere considerata rilevante in questa circostanza dal punto di vista dei bilanci pubblici. La Commissione esaminerà la questione con il Consiglio». L'Europa cambierà rotta sull'austerity? «Non c'è austerità in Europa. Non c'è in Francia né in Italia. L'austerità si ha quando i salari dei dipendenti pubblici vengono abbassati e i dipendenti statali fortemente diminuiti, quando lo Stato si ritrova incapace di far fronte ai propri obblighi. Invece si stanno facendo le riforme perché lo Stato sia più efficiente e l'economia più competitiva. Sono un socialdemocratico e non ho mai fatto parte del partito dell'austerità ma penso che chi rifiuta le riforme e l'Europa faccia della demagogia. La Germania all'inizio degli anni Duemila ha fatto le riforme strutturali che le hanno permesso di diventare la più forte d'Europa. Non dico che sia l'unico modello, ma senza riforme non c'è crescita né progresso sociale». Per il presidente Juncker la ripresa è troppo debole. «La ripresa europea è solida e su basi robuste, le riforme strutturali fatte in Europa stanno dando i frutti, la nostra competitività è migliorata, ci siamo dotati di strumenti anticrisi che non avevamo nel 2007-2008. Non c'è motivo per mettere in dubbio le previsioni per il 2015. Per il 2016-2017 pubblicheremo le nostre previsioni a novembre. Ma come ha detto il presidente Juncker la ripresa è troppo lenta e ineguale, per questo stiamo lavorando alla convergenza economica. È il senso della flessibilità e del Piano Juncker per gli investimenti». Tra le misure annunciate c'è anche una riforma fiscale. SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 18/09/2015 13 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Il commissario europeo, Moscovici INTERVISTA 18/09/2015 Pag. 1 diffusione:619980 tiratura:779916 SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 18/09/2015 14 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato «Diamo grande importanza al principio della tassazione effettiva: bisogna tassare i profitti là dove sono prodotti. Questo si tradurrà in una proposta legislativa della Commissione, riprenderemo il progetto della Base imponibile comune consolidata per l'imposta sulle società. Inoltre entro fine anno speriamo di raggiungere un accordo sulla cooperazione rafforzata per l'imposizione di una tassa sulle transazioni finanziarie». Domenica si vota in Grecia. Cosa vi aspettate? L'Esm non è d'accordo con chi ritiene che il debito greco sia insostenibile. Cioè il Fmi... «Rispetto l'esito delle urne qualunque sia. Credo però che gli elettori saranno con una larga maggioranza a favore dei partiti che hanno sostenuto l'accordo per il programma che ha messo a disposizione della Grecia 85 miliardi e permesso le riforme necessarie per la crescita e la competitività. Aspettiamo queste elezioni con grande serenità. Affronteremo la questione del debito nei prossimi mesi: abbiamo gli elementi tecnici e politici per una risposta soddisfacente; il Fmi ha tutto il suo spazio, la sua partecipazione è essenziale per assicurare la solidità del programma. Ho parlato con Christine Lagarde, sono fiducioso». La crisi greca ha messo in evidenza i limiti della Ue. «Serve una riforma della governance. La Commissione ha il monopolio legislativo, lanceremo una prima fase di riforme che permetta la convergenza delle economie prevista dal Rapporto dei cinque presidenti. Quanto al dopo, sono favorevole a una democratizzazione forte della zona euro, con un ruolo specifico e maggiore per il Parlamento europeo e una sorta di governo dell'eurozona che possa gestire un bilancio comune, spero nella creazione di un ministro delle Finanze della zona euro che sia un membro della Commissione e infine un Tesoro europeo. Sono le mie idee personali». Come vede la futura Ue? «Non c'è soluzione alla crisi greca o all'emergenza dei migranti che non sia europea. Dobbiamo fare un salto politico e mettere in atto dei meccanismi efficaci di decisione e azione. Se saremo capaci di rispondere a queste crisi, di fare il salto politico e ottenere dei risultati in campo economico sono fiducioso per l'avvenire. Altrimenti ci saranno dei partiti di estrema destra e sinistra che proporranno lo smantellamento della Ue. Come ho scritto tempo fa in un testo sull'Europa: o si cambia o si muore ». Francesca Basso © RIPRODUZIONE RISERVATA WIKTOR DABKOWSKI / PICTURE-ALLIANCE / DPA / AP IMAGES Chi è Pierre Moscovici, membro del Partito socialista francese, è il commissario Ue agli Affari economici e monetari e oggi è in visita ufficiale a Roma È stato ministro dell'Economia e delle finanze nei governi Ayrault dal 2012 al 2014 e ministro degli Affari europei dal 1997 al 2002 Il Consiglio dei ministri ha sul tavolo la Nota di aggiornamento al Documento di finanza pubblica (Def) ed entro il 15 ottobre il governo dovrà inviare la legge di Stabilità a Bruxelles. Lo scorso anno l'Italia ha rischiato la bocciatura e ora sta trattando per ottenere altra flessibilità Padoan Ci sentiamo con regolarità, clima costruttivo Juncker Ha ragione quando dice che la crescita è ancora troppo lenta Tsipras I greci sosterranno chi ha lavorato per il piano di aiuti 18/09/2015 Pag. 5 diffusione:619980 tiratura:779916 Confindustria, nel 2015 il Pil migliora all'1 per cento Andrea Ducci U no scenario che vede il Prodotto interno lordo crescere dell'1% nel 2015 e dell'1,5% l'anno prossimo, un biennio al termine del quale saranno creati 494 mila nuovi posti di lavoro. La stima è contenuta nell'analisi del Centro studi di Confindustria. Secondo Viale dell'Astronomia l'economia italiana è destinata a crescere più del previsto. Tanto da modificare al rialzo le indicazioni sia per il 2015 sia per il 2016. La scelta di ritoccare dello 0,2% verso l'alto la stima di crescita del Pil per quest'anno discende dal risparmio di 21 miliardi di euro sulla bolletta energetica e dal buon andamento dell'ultima stagione turistica. Fattori a cui si aggiungono i benefici derivanti dal successo dell'Expo e dalla cosiddetta ricomposizione del bilancio pubblico. Sono previsioni comunque prudenti «alla luce del potenziale effetto complessivo sull'economia del Paese dei bassi livelli dei tassi di interesse, del cambio dell'euro e del prezzo del petrolio» fa sapere il Centro studi di Confindustria. Un avvertimento che serve a rimarcare come si tratti «di spinte una tantum» e come il beneficio congiunturale sia destinato a esaurirsi nell'arco di un paio di anni. Un recupero dell'economia, insomma, è indubbio ma il direttore del Centro studi di Confindustria, Luca Paolazzi, ne ricorda la fragilità. Nel rapporto viene, del resto, specificato che l'Italia brilla più di luce riflessa che per meriti propri. Vale inoltre considerare che il Pil italiano segna ancora una flessione dell'8,9% rispetto ai livelli pre crisi del 2007 e che sono stati persi 720 mila posti di lavoro. L'invito del presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, è che si faccia di più cogliendo le favorevoli opportunità del momento. «L'1% come anche l'1,5% di crescita sono sicuramente un buon risultato. Ma dobbiamo puntare più in alto e crescere almeno al 2%» ha detto, specificando che per ridare slancio all'economia servono «politiche e provvedimenti ambiziosi». © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 18/09/2015 15 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Le stime 18/09/2015 Pag. 41 diffusione:619980 tiratura:779916 Dario Di Vico La notizia è buona e viene dall'Istat: l'export continua a tirare (+6,3% di luglio 2015 su luglio 2014) nonostante il rallentamento dei Bric e l'embargo verso la Russia. Sono gli Stati Uniti - un mercato che continua a valere per noi tre volte la Cina - a dare spazio alle nostre merci con un +22,9% fatto registrare nello stesso periodo. Negli States cresciamo non solo per il rapporto più equilibrato tra euro e dollaro ma anche per la qualità delle nostre produzioni visto che viaggiamo a una velocità doppia rispetto alla media dei Paesi euro. Vale la pena sottolineare come la crescita complessiva dell'export (Usa e non) non sia un exploit del solo luglio, infatti confrontando gli interi primi sette mesi del 2015 con il periodo equivalente del 2014 l'incremento è comunque elevato: +5,2%. Le buone notizie si completano con il saldo positivo della bilancia commerciale che ha fatto segnare il record di più 26,5 miliardi di euro. In un Paese come il nostro attentissimo ai decimali di incremento del Pil un rinnovato slancio delle esportazioni costituisce un ottimo viatico. Al di là dei dati quantitativi cerchiamo però di focalizzare il rapporto tra export e incremento del Pil. L'Italia è un Paese trasformatore ed è quindi «condannato» ad avere un livello di importazioni elevato, quando scendono ci si deve preoccupare perché vuol dire che servono meno munizioni (leggi beni intermedi) e l'economia sta cadendo. Un esempio tipico è quello dell'industria alimentare debitrice con l'estero per molte materie prime ma capace poi di ri-esportare in grandi quantità e con un ottimo valore aggiunto. Ed è appunto ciò che è avvenuto negli ultimi due anni: le esportazioni italiane hanno preso via via a sorpassare le importazioni al rialzo e in virtù della crescente integrazione delle medie imprese nelle catene globali del valore è cresciuto anche il contributo al Pil. Reso possibile anche da un progressivo spostamento delle produzioni italiane verso l'alto di gamma. Ma l'export potrà darci un contributo ancora maggiore ai fini della crescita auspicata? Gli esperti sostengono che ci sono tutte le potenzialità. Se nel rapporto export/Pil prendiamo come benchmark la Germania la distanza tra la nostra propensione a vendere (fuori) merci/servizi e la loro è ancora di circa 20 punti. E' possibile recuperarli? Si può ridurre il gap rafforzando l'integrazione internazionale delle 15 mila aziende italiane che esportano stabilmente e estendendo la presenza delle circa 60 mila che hanno appena cominciato. Secondo il professor Fabrizio Onida dell'università Bocconi anche da questo versante si arriva però a fare i conti con la ridotta dimensione media delle nostre imprese, laddove per essere presenti almeno su due mercati ci vuole massa critica. Quanto ai mercati di sbocco continueremo a scommettere sugli Usa perché le potenzialità oltre-oceano sono giudicate ancora largamente inespresse. © RIPRODUZIONE RISERVATA Flussi commerciali con l'estero Fonte: Istat d'Arco Da luglio 2014 a luglio 2015 Saldo (scala di sinistra, in milioni di euro) Esportazioni (var. % tendenziali) Importazioni (var. % tendenziali) 22,9 per cento l'aumento dell'export negli Stati Uniti. La presenza italiana negli Usa cresce non solo per il rapporto euro/dollaro ma anche per la qualità delle produzioni italiane che viaggiano a una velocità doppia rispetto alla media dei Paesi euro 6,3 per cento l'incremento delle esportazioni italiane a luglio rispetto allo stesso mese dell'anno scorso, nonostante il rallentamento dei Paesi emergenti e l'embargo verso la Russia. Anche nei primi sette mesi del 2015 l'export ha fatto +5,2% SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 18/09/2015 16 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'export continua a trainare la ripresa ma siamo 20 punti dietro la lepre tedesca 18/09/2015 Pag. 41 diffusione:619980 tiratura:779916 Soci a consulto sulla bozza dello Statuto, l'opzione di un sistema proporzionale corretto Colloqui con i grandi investitori, ipotesi di elezione in assemblea del comitato di controllo Paola Pica Il proporzionale con premio di maggioranza è la formula elettorale che sembra fin qui avere le maggiori chance per mettere d'accordo i soci tutti di Intesa Sanpaolo, dagli azionisti stabili come le Fondazioni ai grandi investitori istituzionali stranieri ormai stabilmente maggioritari (60%) nel capitale. Ma il voto, così come i controlli e i poteri nella futura superbanca, sono questioni più politiche che tecniche. E il consenso va trovato prima di passare la palla agli esperti incaricati della stesura del nuovo Statuto: il consiglio di gestione con l'ufficio legale e i tecnici della banca. La squadra interna coordinata da Paolo Grandi, chief governance officer e responsabile delle segreterie dei consigli e assistita dagli studi di Piergaetano Marchetti e del torinese Marco Weigmann. Il «sondaggio» sull'orientamento dei soci italiani e internazionali lo stanno svolgendo personalmente il presidente della sorveglianza, Giovanni Bazoli, che ha guidato negli ultimi mesi anche la commissione di lavoro sulla governance, e il presidente del consiglio di gestione Gian Maria Gros-Pietro. Al board operativo spetta, come detto, il compito di recepire in prima battuta il via libera arrivato ai primi di agosto dal consiglio di sorveglianza sul passaggio dal modello dualistico introdotto otto anni fa con la fusione delle banche di Milano e Torino al cosiddetto monistico. La strada è tutt'altro che spianata. Com'era stato nel primo caso con l'adozione dal primo gennaio del 2007 del doppio livello, gestione e sorveglianza, una novità assoluta per il sistema bancario italiano, così è oggi con l'introduzione di un modello del tutto inedito per il nostro Paese (ma collaudato e considerato efficiente sui mercati anglosassoni dove peraltro si muovono gli istituzionali). La sua principale attrattiva è l'organo di controllo interno. A differenza del collegio sindacale previsto dal consiglio di amministrazione tradizionale, questo comitato dovrebbe poter contare su una grande autonomia e prevedere per i suoi componenti profili di provata competenza, oltre ovviamente ai requisiti di onorabilità e indipendenza. Sulla modalità di nomina del comitato di controllo sulla gestione e sul suo ruolo di contrappeso ai (super) poteri che il monistico attribuisce all'amministratore delegato si ragiona a tutto campo. E si fa largo in queste ore l'ipotesi che il comitato di controllo sulla gestione sia eletto direttamente dall'assemblea degli azionisti. Nel consiglio che non potrà prevedere complessivamente meno di 19 componenti per assicurare un numero di figure sufficienti a evitare doppie cariche negli altri tre comitati, rischi, parti correlate e remunerazioni e a garantire la presenza di indipendenti. Gli investitori esteri hanno già fatto sapere di non voler partecipare alla governance ma è chiaro che il sistema di voto dovrà essere adeguato alla nuova realtà del gruppo guidato da Carlo Messina che in due anni, dalla fine di settembre 2013 quando è stato nominato, ha raddoppiato la capitalizzazione a 56 miliardi. Un capo azienda «che non è in discussione» hanno fatto sapere per tempo tanto Giuseppe Guzzetti, presidente della Cariplo, quanto Luca Remmert, numero uno della Compagnia di San Paolo. Si discute invece di elezioni e tra le opzioni sul tavolo, proporzionale puro, maggioritario secco, proporzionale con premio di maggioranza, sembra quest'ultima quella che assicura uno spazio adeguato all'assemblea. © RIPRODUZIONE RISERVATA Un anno a Piazza Affari d'Arco Soci sopra il 2% Azionista Quote Compagnia di San Paolo BlackRock Inc. Fondazione Cariplo Fondazione C.R. Padova e Rovigo 9,374% 4,894% 4,838% 3,351% Ente C.R. Firenze Norges Bank People's Bank of China 2,615% 2,090% 2,003% +0,88% Ieri 3,20 euro 3,5 3,0 2,5 2,0 Nov Gen Mar Mag Lug Set 2014 2015 La vicenda Intesa Sanpaolo ha deciso di adottare il sistema di governance «monistico» che prevede un unico consiglio a cui saranno demandate anche le funzioni di controllo proprie del collegio sindacale Il nuovo statuto entrerà in SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 18/09/2015 17 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Intesa Sanpaolo, premio di maggioranza 18/09/2015 Pag. 41 diffusione:619980 tiratura:779916 SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 18/09/2015 18 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato vigore l'anno prossimo dopo l'ok di Bce e azionisti Foto: In alto il presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo, Giovanni Bazoli e (sotto) il presidente del consiglio di gestione Gian Maria Gros-Pietro 18/09/2015 Pag. 41 diffusione:619980 tiratura:779916 Aperture festive, farmaci, benzina: ancora battaglia sulla concorrenza Rita Querzé L' introduzione dell'obbligo di abbassare la saracinesca in dodici giorni festivi l'anno non è l'unico terreno di scontro tra grande e piccola distribuzione in materia di concorrenza. La partita si sta giocando anche su altri fronti. Prendiamo di disegno di legge concorrenza. La grande distribuzione non nasconde delusione e disagio. Prendiamo i distributori di carburante. Nella prima stesura i centri commerciali avrebbero potuto aprire pompe di benzina senza introdurre per forza anche il terzo carburante (gas metano o gpl). Poi il testo è stato corretto e l'opportunità tolta. Per quanto riguarda la vendita dei libri la grande distribuzione auspica, per ora senza successo, che venga tolto l'attuale limite allo sconto (15%). Poi c'è la richiesta - inascoltata anche nel ddl concorrenza - di poter vendere i farmaci di fascia C. A fare più male a super , iper e centri commerciali, però, resta comunque la questione delle chiusure festive obbligate. «Le città d'arte come Firenze avranno l'obbligo di chiudere sei festività l'anno, che senso ha?», si chiede Giovanni Cobolli Gigli, a capo di Federdistribuzione. Ma il problema per il settore sarà anche un altro: «Amazon ha già iniziato a vendere online prodotti alimentari confezionati. Questa normativa avvantaggia questo tipo di commercio». © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 18/09/2015 19 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato La Lente 18/09/2015 Pag. 42 diffusione:619980 tiratura:779916 Via al riassetto, Ennio Doris cede il passo al figlio La quotazione La banca arriverà a Piazza Affari il 28 dicembre dopo la fusione con la holding Fausta Chiesa MILANO Il passaggio del comando da Ennio Doris al figlio Massimo. La quotazione della banca, dopo l'incorporazione della capogruppo. E la possibile apertura dell'azionariato ad altri soci, se il Consiglio di Stato confermerà a Fininvest l'obbligo di cedere il 20 per cento. Sarà una fine d'anno all'insegna del riassetto per Mediolanum. Si comincia con la fusione inversa: la holding, che è quotata, sarà assorbita dalla controllata banca. La ratio della fusione è la semplificazione. Da quando la holding è diventata capogruppo del gruppo bancario, nel luglio del 2014, tutte le decisioni del business bancario devono passare al vaglio di due consigli di amministrazione. Un doppio passaggio che rallenta i tempi. L'assemblea straordinaria per l'approvazione dell'operazione - che è già stata approvata dalla Banca centrale europea, da Bankitalia e dall'Ivass - è fissata per il 29 settembre. Dopodiché ci sarà la fase degli adempimenti informativi al mercato. Il completamento è previsto per il 28 dicembre, giorno in cui la banca sbarcherà in Borsa. «È la figlia che incorpora la madre. Abbiamo scelto questa ipotesi perché ci sembra la più efficiente. Avere la banca come quotata è meglio dal punto di vista della trasparenza», ha detto ieri Massimo Doris, ceo della banca. Ed è grazie all'operazione di incorporazione della capogruppo nella banca che si attuerà il passaggio generazionale: con la fusione rimarrà un solo board e sarà quello della società quotata, cioè la banca, che è guidata da Massimo Doris e presieduta dal padre Ennio. «Deciderà l'assemblea - ha detto Massimo Doris ma è probabile che le cariche rimangano quelle attuali». Anche perché in assemblea non sono molte le voci a parlare. Attualmente il primo socio di Mediolanum, con il 40,27% del capitale, è la finanziaria della famiglia Doris. Il secondo azionista (con cui è stato siglato un patto di sindacato) è la Fininvest, che ha il 30,26%, ma con la perdita dei requisiti di onorabilità di Silvio Berlusconi, Bankitalia ha congelato i diritti di voto e disposto la cessione della quota di partecipazione eccedente il 9,9% del capitale, cioè il 20,1 per cento. Il Tar ha già dato torto al ricorso di Fininvest e ora si attende la sentenza del Consiglio di Stato, che si riunirà il 14 gennaio 2016. Se sarà confermato l'obbligo di vendere, Mediolanum è disposta a comprare un 3-4% di azioni proprie, ma non di più. Si apre, quindi, l'ipotesi dell'ingresso di nuovi soci. Al momento si parla di investitori istituzionali . © RIPRODUZIONE RISERVATA 40,2 quota di capitale del gruppo Mediolanum in mano alla famiglia Doris La vicenda Massimo Doris, 48 anni, è l'erede scelto dal fondatore Ennio Doris, per la guida di Mediolanum, di cui è ceo. È nel gruppo dal 1999 come promotore dopo essere stato sales assistant in Ubs, Merrill Lynch, Credit Suisse SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 18/09/2015 20 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Banca Mediolanum a dicembre in Borsa Il timone a Doris Jr 18/09/2015 Pag. 43 diffusione:619980 tiratura:779916 Bufera sulla Popolare Vicenza Il caso della liquidazione d'oro Il Tesoro: possibili azioni di vigilanza da parte della Bce Sergio Bocconi È bufera sulla Popolare di Vicenza. Ieri nel question time alla Camera il sottosegretario all'Economia Pier Paolo Baretta ha sottolineato che «quando l'iter ispettivo sarà formalmente concluso la Bce, nell'ambito del single supervisory mechanism, cui partecipa Banca d'Italia, valuterà» per l'istituto «l'adozione di ulteriori azioni sotto il profilo della vigilanza». Sembra poi rafforzarsi l'ipotesi di un'azione di responsabilità contro l'ex amministratore delegato Samuele Sorato, che secondo alcune agenzie avrebbe incassato una buonuscita vicina a 5 milioni, anche se fonti vicine al board fanno sapere che «tale argomento non è ancora stato oggetto di discussione in consiglio». Nel corso dell'interrogazione pubblica, relativa agli accertamenti i cui «risultati saranno formalizzati nelle prossime settimane», il Tesoro ha ricostruito la vicenda, rilevando come la Popolare vicentina in relazione alle prime evidenze e dietro sollecitazione della Vigilanza «ha provveduto alla nomina di un nuovo amministratore delegato», Francesco Iorio, «in sostituzione del precedente e rinnovato le prime linee del management», e che l'azione degli ispettori è stata recepita «integralmente nella semestrale approvata» a fine agosto chiusa con perdite per oltre un miliardo, e «dove i coefficienti patrimoniali sono scesi sotto il minimo dell'8%» in seguito al «disconoscimento del capitale delle azioni oggetto di finanziamento da parte della stessa Vicenza». Sotto la lente i finanziamenti per quasi un miliardo erogati ai clienti della banca per l'acquisto di azioni dell'istituto, azioni che non possono però far parte del patrimonio di vigilanza. Contestualmente, rileva ancora il ministero dell'Economia, sono state avviate misure per rafforzare il patrimonio «quali l'emissione di uno strumento finanziario subordinato e la delibera di un'operazione di aumento di capitale». Infine Baretta ha sottolineato che la cessione dell'ex sede di Bankitalia a Vicenza alla Popolare presieduta da Giovanni Zonin è «stata condotta tramite procedure di vendita con asta rivolte all'intero mercato nazionale» e le procedure «sono state condotte con l'ausilio di un advisor selezionato con asta pubblica». «Un film horror», è stato definito il dossier vicentino dai deputati M5s, mentre il leghista Filippo Busin ha accusato il governo di «vergognosi silenzi». © RIPRODUZIONE RISERVATA I vertici Danièle Nouy (in alto ), alla presidenza del Consiglio di vigilanza della Bce. Gli ex vertici della popolare di Vicenza, presieduta dal '96 da Gianni Zonin (foto ), rischiano un'azione di responsabilità SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 18/09/2015 21 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Credito 18/09/2015 Pag. 1 diffusione:334076 tiratura:405061 Perché la Fed ha preferito non correre troppi rischi Fabrizio Galimberti Disse Keynes: «Quel che ci si aspetta non succede mai: è sempre l'inatteso che accade». Di solito le esternazioni del grande economista vengono citate per esaltarle, ma questa volta è diverso. Quel che è successo- la Fed ha lasciatoi tassi vicini a zero - è quel che la maggioranza si aspettava. Ma la battuta di Keynes rientra dalla finestra perché quella che lui chiamava "irriducibile incertezza" colora l'analisi della Banca centrale americana sul sentiero futuro dei tassi-guida. Ed è da notare che, più che nel passato, l'incertezza si estende a quel che succede nel resto del pianeta. L'analisi del comunicato non lascia dubbi sul fatto che la decisione della Fed di lasciare i tassi a minimi storici riposa sui timori di avversi sviluppi all'estero, specie nelle economie emergenti. La Fed non è ancora la "Banca centrale del mondo», ma certo tiene conto più che nel passato di quel che succede fuori dai confini. Come è normale, specie da quando l'America ha perso, a vantaggio della Cina, la qualifica di "la più grande economia del mondo". La decisione della Fed riflette una "asimmetria dei rischi". La Fed poteva alzare i tassi o poteva lasciarli invariati. Ma alzarli voleva dire correre un rischio maggiore (turbolenza nei mercati e/o rallentamento dell'economia) rispetto al rischio di lasciarli bassi (in quest'ultimo caso si può sempre intervenire più tardi). Si può anche argomentare che i mercati hanno già fatto opera di restrizione. Le condizioni monetarie non sono influenzate solo dai tassi: bisogna anche prendere in considerazione gli andamenti valutari (il dollaro forte degli ultimi mesi è restrittivo per l'economia), gli andamenti della Borsa (un mercato azionario più debole innalza il costo del capitale di rischio) e gli spread fra tassi-guida e tassi di mercato. Indici che tengono conto di tutto questo rivelano già da qualche tempo un irrigidimento nei mercati del credito. Quel che è importante, tuttavia,è che l'economia americanaè solidamente installata su un sentiero di crescita, e che possibili futuri aumenti dei tassi saranno in presa diretta con ulteriori conferme di una espansione che fa da locomotiva al resto del mondo. Foto: [email protected] SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 18/09/2015 22 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato TASSI E CRESCITA 18/09/2015 Pag. 1 diffusione:334076 tiratura:405061 Bce: l'Italia usi i risparmi da spread per ridurre il debito pubblico Davide Colombo Marco Rogari pagina 8 pUna maggior crescita rispetto alle stime di primavera (Pil dallo 0,7% allo 0,9% quest'anno e oltre l'1,4% nel 2016)e la conferma di un indebitamento netto al 2,6% quest'annoe in discesa il prossimo, sia pure non più al 1,8 del quadro programmatico attuale, come ha confermato ieri il consigliere economico del premier, Yoram Gutgeld. Soprattutto ci sarà la riduzione del debito (attualmente previsto al 132,5% del Pil nel 2015e al 130,9% nel 2016), il primo calo dopo nove anni di salita visto che l'ultima deviazione verso il basso della curva risale al 2007. Sarà su questi numeri che oggii ministri si confronteranno prima del varo della Nota di aggiornamento del Def, che sarà poi trasmessa alle Camere. Il testo si compone del nuovo quadro macroeconomico tendenziale che dovrà essere validato dall'Ufficio parlamentare di Bilancio, e dai nuovi saldi programmatici, dai quali si leggerà la portata della futura manovra, già preannunciata di 27 miliardi. Nel nuovo quadro programmatico l'altra conferma attesa riguarda l'indebitamento strutturale, che dovrebbe essere leggermente più elevato dell'attuale (0,4% per il 2016). Il maggiore disavanzo verrebbe fissato in virtù degli ulteriori margini di flessibilità cui l'Italia farà ricorso beneficiando della clausola per le riforme (il margine inutilizzato è dello 0,1%) e della clausola per gli investimenti(potrebbe essere un ulteriore 0,2% di Pil). Margini che serviranno, come ha spiegato l'altro ieri il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, a costruire una legge di stabilità per il 2016 che faciliterà l'ulteriore e definitiva uscita da una fase prolungata di recessione: «Non semplicemente un'uscita ciclica ma un'uscita strutturale che richiede appropriati sforzi». Oggi il ministro vedrà il commissario Ue agli Affari economici e monetari, Pierre Moscovici. Ieri la Banca centrale europea, in una sezione del Bollettino economico dedicata alle raccomandazioni dell'Ue a ciascun Paese nell'ambito del semestre europeo 2015, ha suggerito invece a Italia, Belgio, Francia, Irlanda e Portogallo di utilizzare tutta la minore spesa per interessia riduzione del disavanzo, uno spazio fiscale che la Commissione europea in primavera aveva quantificato in uno 0,4% del Pil nel biennio 2015-2016. Un'indicazione in linea con la strategia del Governo. L'Italia ha davanti una doppia sfida, sostenere una maggiore crescitae ridurre il debito, ha detto ieri Gerry Rice, portavoce del Fmi. «Dato che le tasse su lavoroe sui capitali restano elevate, tagli alle tasse finanziati con i proventi della spending review sarebbero favorevoli alla crescita - ha detto Rice -. Un uso modesto della flessibilità prevista dal Patto di Stabi- litàe di crescita potrebbe supportare l'agenda di riforme strutturali, mentre una accelerazione sulle privatizzazioni potrebbe aiutare il compito di ridurre il debito». Intantoi tecnici del Governo hanno avviato il lavoro di sintesi delle varie opzioni sul tappeto per giungere alla composizione definitiva della manovra, che dovrà essere varata entro il 15 ottobre. Oltre al capitolo fiscale, che spazia dalla cancellazione di Tasi sulla prima casa al possibile decollo della digital tax forse già dal 2016, sotto la lente dei tecnici c'è anche il piano di spending review da 10 miliardi, che in alcuni punti potrebbe essere anche blindato con miniclausole di salvaguardia. Tra le ultime ipotesi che si stanno valutando c'è quella di convogliare direttamente nella legge di stabilità una fetta delle misure attuative della riforma Pa, senza quindi ricorrere ai decreti attuativi. Questa operazione, che dovrebbe garantire 1-1,5 miliardi di risparmi, potrebbe riguardare la stretta su partecipatee enti inutilie l'eliminazione di uffici interni delle Authority considerati doppioni di uffici ministeriali. Potrebbero essere inserite direttamente nella stabilità anche le norme sulle Forze di polizia riguardanti la razionalizzazione degli acquisti di benie servizio della gestione di servizi di supporto ma non quelle sull'accorpamento del Corpo forestale. Che scatterebbero per decreto legislativo così come le altre misure della riforma Pa. Da sciogliere c'è poi il nodo del rinnovo dei contratti del pubblico impiego. La dote per il 2016 dovrebbe essere limitata (dai 500 milioni al miliardo al "netto")e potrebbe essere coperta anche con un nuovo blocco del turn over. Crescita e conti pubblici Pil (var.%) 2015 2016 2015 2016 2015 2016 0,9* 1,4** 0,7 1,3 -2,6 -2,0 0,6 1,4 -2,6 -2,0 0,7 1,2 -0,40 Deficit/Pil (%) Debito/Pil (%) -2,6 -1,8 Governo 132,2 131,1 133,1 130,6 132,5 130,9 0,25 0,10 0,30 -0,20 0 -0,30 L'andamento per l'Italia 2015 2016 PREVISIONI SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 18/09/2015 23 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato CONTI 18/09/2015 Pag. 1 diffusione:334076 tiratura:405061 SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 18/09/2015 24 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato A CONFRONTO Le ultime stime su Pil, deficit e debito Ocse Commissione Ue Istat Previsioni di primavera 2015 della Commissione Ue Variazione del deficit strutturale in percentuale del Pil LA PARTITA CON LA UE SULLA CORREZIONE STRUTTURALE Impegno previsto dal Patto di stabilità Variazione del deficit strutturale in percentuale del PIL, se l'OMT (obiettivo di medio termine) non è stato raggiunto Divario rispetto al risanamento annuo Differenza tra previsioni di primavera 2015 della Commissione europea e impegni, se l'OMT non è stato raggiunto Fonte: Bollettino Bce- Raccomandazioni per paese 2015 e previsioni di primavera Commissione Ue Variazione della spesa per interessi in percentuale del Pil tra il 2014 e il 2016 Previsioni di primavera 2015 della Commissione europea Aprile 2015 S ettembre 2015 Maggio 2015 Maggio 2015 (*) crescita attesa r ispetto alla previsione del Def dello 0,7%; (**) nella nota di aggiornamento al Def è attesa una revisione al r ialzo 18/09/2015 Pag. 6 diffusione:334076 tiratura:405061 «Cresceremo l'1% quest'anno, 1,5% nel 2016» Conti pubblici Più indebitamento quest'anno (2,8%) e in calo verso il 2,1% nel 2016 Gli interventi sul lavoro Da riforma del lavoro, sgravi contributivi e taglio Irap fiducia a imprese e famiglie Confindustria: 500mila nuovi posti nel biennio - Paolazzi: l'economia accelera ma restano fattori di rischio internazionali A pesare sulla congiuntura la frenata del commercio internazionale, le mosse cinesi sui cambi e la coda della crisi greca Rossella Bocciarelli pC'è un'occasione che la politica economica non può permettersi di perdere: la possibilità di due anni di recupero dell'economia, da trasformare in sviluppo stabile e robusto. Muove da queste considerazioni l'ultimo rapporto del Centro studi Confindustria, che rivede leggermente verso l'alto le sue stime d'incremento del prodotto interno lordo, portandolo a +1% nel 2015 (contro il precedente +0,8%) e +1,5% nel 2016(a fronte di un +1,4 %stimato nel mese di giugno). Le previsioni, precisa il Centro studi Confindustria, continuano ad essere prudenti e questo riavvio dell'attività produttiva mantiene la sua costituzione «fragile » e modesta. «L'analisi della situazione attuale - si osserva del resto nel rapporto, presentato ieri dal direttore del Csc, Luca Paolazzi - suggerisce che in questo momento il Paese risplende più di luce riflessa che per meriti propri». In altri termini,i venti alisei che in questo momento sospingono l'economia italiana provengono tutti dall'esterno. Si tratta infatti di quel cocktail a base di bassi tassi d'interesse mini euro e basso prezzo del petrolio, con la prospettiva di una nuova accelerazione del commercio mondiale l'anno prossimo che per un paese trasformatore come l'Italia rappresenta, sì, un toccasana, ma è un insieme di spinte positive "una tantum". Per questo, si sostiene «provvedimenti inseriti in primo luogo nella legge di stabilità cheè in cantiere possono rafforzare l'intensità del recupero dell'economia italiana, che rimane fragile e modesto rispetto al terreno perduto, nelle spinte che arrivano dall'esterno e ai ritmi che sono necessari per chiudere la voragine di produzione, reddito e occupazione scavata dalle due profonde e consecutive recessioni» che abbiamo alle spalle. Il rapporto spiega che nel corso dell'estate sono cambiati parecchi elementi del panorama interno e internazionale. Sul piano nazionale, in particolare, è maturata, attraverso i nuovi dati pubblicati dall'Istat, una percezione della dinamica dell'attività economica migliore di quanto si sapeva: quel +0,2 di Pil in più registrato nei primi due trimestri 2015, insieme alla revisione apportata dall'Istat anche al profilo del 2014, ha spiegato Paolazzi, hanno mostrato un'economia italiana in accelerazione. Una spinta visibile , anche nei dati della nuova occupazione che sono positivi a partire da marzo, da quando cioè la messa in opera del Jobs act e della decontribuzione per i nuovi assunti ha dato un impulso forte e simultaneo ad occupazione e Pil. «Nel biennio si sottolinea nel rapporto - avverrà la creazione di 494mila posti di lavoro». Quanto alla disoccupazione, nel 2015 sarà in media del 12,2% e scenderà all'11,8% nel 2016, nonostante una forza lavoro che accelera (+0,5% in media d'anno). «Stimare oggi una crescita dell'un per cento per il 2015 non è una previsione particolarmente ottimistica- ha spiegato Paolazzi - visto che la crescita acquisita per l'anno dalla nostra economia è pari a +0,7%». A meno di non ipotizzare un blocco dell'attività produttiva per i mesi prossimi, dunque, a produrre quello 0,3% in più potrebbero essere sufficienti gli effetti ritardati del risparmio sulla bolletta petrolifera( pari a 21 miliardi) del cambio favorevole o dei tassi bassi. Inoltre, è stato ricordato ieri, le informazioni sulla stagione turistica, a detta degli imprenditori parlano di un+10% rispetto allo scorso anno. La riforma del mercato del lavoro, gli sgravi contributivi e la riduzione dell'Irap hanno avuto un «ruolo importante nel catalizzare la fiducia delle imprese, in prima battuta, e delle famiglie, in seguito», sottolinea il CsC. Le stime del rapporto parlano di un +0,9% per la spesa delle famiglie nel 2015e un +1,5% nel 2016. Anche gli investimenti tornano ad accelerare nel 2015 e nel 2016: +1,2% e +2,7% rispettivamente. «Si va dunque consolidando l'uscita dell'economia dalla recessione» iniziata nell'estate del 2011 e «proseguita fino all'autunno del 2014». Anche se il livello del Pil «rimane, comunque, inferiore dell'8,9% nei confronti del massimo pre-crisi e del 4,7% rispetto al precedente picco del secondo trimestre del 2011 ed è al livello del primo trimestre del 2000. La strada del recupero appare, perciò, lunga, in assenza di politiche che accelerino la crescita». Del resto, «sul piano della sostenibilità dei conti pubblici, l'Italia ha compiuto grandi progressi ed SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 18/09/2015 25 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato La ripresa difficile LE PREVISIONI DEL CSC 18/09/2015 Pag. 6 diffusione:334076 tiratura:405061 SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 18/09/2015 26 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato è in condizioni più solide di quasi tutti gli altri paesi europei» si legge nel rapporto, che pure prevede un indebitamento netto più alto di quello stimato dal governo: 2,8 quest'anno e 2,1% per l'anno prossimo. La crescita economica, invece, resta vulnerabile, anche perché, sempre nel corso dell'estate, sul piano internazionale non sono mancate le nubi. Paolazzi le ha riassunte ieri: abbiamo avuto, ha ricordato« una frenata del commercio mondiale dovuto al rallentamento dei Paesi emergenti, in particolare della Cina, che ha comportato una fibrillazione dei mercati finanziari, con oscillazioni viste solo nella crisi del 2008 2009, abbiamo avuto il problema grecia Grecia, le incertezze sui tassi Fed. E abbiamo tuttora, nel mondo, una minaccia di deflazione». IL RAPPORTO DEL CENTRO STUDI CONFINDUSTRIA/1 48,5 48,3 25,0 25,8 27,4 28,2 29,0 26,6 1 .600 1 .650 1 .700 1 .550 1 .450 1 .500 3,9 4,1 2,6 0,5 2016 2015 2014 2013 Pressione fiscale apparente Pressionre fiscale effettiva 48,6 49,2 42,8 43,0 43,0 43,5 2013 2014 2015 2016 LE ESPORTAZIONI ACCELERANO Nello scenario CsC l'export, dopo un +2,6% nel 2014, aumenterannoa prezzi costanti del 4,1% nel 2015e del 3,9% nel 2016. La crescita delle importazioni, pari all'1,8% nel 2014, accelererà al 5,0% quest'annoe si attesterà al 4,2% nel 2016. Di conseguenza, l'export netto fornirà un piccolo contributo negativo al Pil. SI RIDUCE LA PRESSIONE FISCALE Anche senza conteggiare il bonus di 80 euro, la pressione fiscale si attesta al 43,6% del Pil nel 2015e al 43,3% nel 2016, il livello più basso dal 2011. Tenendone conto, scende al 43% nel 2015e al 42,8% nel 2016. La pressione fiscale depurata dal sommerso salirà al 49,2% quest'anno e nel 2016 tornerà al 48,9%. IL PIL DEVE ANCORA RECUPERARE Il livello del Pil rimane inferiore dell'8,9% nei confronti del massimo pre-crisi e del 4,7% rispetto al precedente picco (secondo trimestre del 2011) ed è pari a quello del primo trimestre 2000 (misurato in valori costanti). Il Pil pro capite resta invece agli stessi livelli del 1997 '97 '99 '01 '03 '05 '07 '09 '11 '13 '15 '16 PIL , (mld di euro , scala sinistra) PIL pro-capite (mgl di euro; scala destra) Le nuove previsioni di Confindustria 12,2 11,8 3,5 3,1 2,7 1,2 1,2 1,0 0,7 0,7 0,2 0,7 1,0 0,9 1,5 1,5 6 12 0 6 0 12 6 0 12 6 0 12 6 0 12 6 0 12 6 0 12 2016 2015 2016 2015 2016 2015 Saldo commerciale 2016 2015 Prezzi al consumo 2016 2015 2016 2015 2016 2015 2016 2015 Prodotto interno lordo Investimenti fissi lordi Retr ibuzione totale economia Occupazione totale (Ula) Tasso di disoccupazione Consumi delle famiglie residenti Variazioni % eccetto il tasso di disoccupazione LA PAROLA CHIAVE Forza lavoro 7 È l'insieme delle persone occupate e disoccupate, da cui sono invece esclusi gli inattivi (ovvero colo che non sono classificati come occupati o disoccupati). Rappresenta il valore che viene utilizzato per misurare il tasso di disoccupazione che è dato dal rapporto tra i disoccupati di una determinata classe di età (in generale 15-64 anni e 15-24 per quello giovanile) e l'insieme di occupati e disoccupati della stessa classe di età (forza lavoro) 18/09/2015 Pag. 13 diffusione:334076 tiratura:405061 Il Made in Italy balza a livelli record In sette mesi dai mezzi di trasporto più ricavi per 4,6 miliardi - Sesto aumento per l'import Germania e Francia avanti adagio ma nel resto d'Europa la crescita è robusta. Russia a picco, da gennaio persi 1,7 miliardi di commesse Luca Orlando pMai nella storia. Per la prima volta le vendite di made in Italy sui mercati internazionali superano in un mese la soglia dei 40 miliardi di euro (41,06), il top in valori correnti ma il massimo di sempre anche tenendo conto dell'inflazione. Risultato ancora più rimarchevole perché ottenuto in presenza di performance solo appena accettabili da parte dei nostri due maggiori mercati di sbocco, Germania e Francia, mentre la crisi russa continua ad aprire voragini nelle commesse aziendali. Freni tuttavia insufficienti per arginare la corsa a pieni giri dei due motori che sostengono ormai da mesi export e produzione industriale nazionale: Stati Uniti e auto. Lo scatto del 6,3% dell'export tricolore (un decimale in più rispetto alla Germania), sesto aumento consecutivo nel 2015 (poco conta la frenata su base mensile destagionalizzata, targata quasi esclusivamente energia) vede infatti ancora una volta Washington come principale protagonista, capace di far crescere gli acquisti del 22,9%, ancora oltre nel trend dall'inizio dell'anno. Il che porta ormai gli Stati Uniti a valere il 9% del nostro export globale, dal 7,5% dello scorso anno. La crescita Usa ovviamente aiuta ma determinante è l'effetto cambio, in grado da un lato di far lievitare gli incassi in euro, dall'altro di aprire comunque spazi per la discesa dei listini in dollari, sconti utili per l'aumento dei volumi, che in effetti si verifica. In sette mesi dagli Usa arrivano commesse aggiuntive per 4,6 miliardi, aumento per oltre un terzo legato all'auto. Dai nuovi modelli Fca arriva in effetti una spinta determinante, con effetti che non si limitano a Washington, vendite aggiuntive in grado in sette mesi di far lievitare la voce "mezzi di trasporto" registrata dall'Istat di ben 4,25 miliardi rispetto al 2014. Sul fronte geografico l'altra buona notizia arriva dalla Cina, protagonista di una crescita certamente inferiore (+3,8%) che tuttavia almeno per il momento allontana i timori legati alla frenata di Pechino. In area extra-Ue corrono anche Turchia , Medio Oriente e India mentre l'unico vero buco nero resta Mosca, giù nel mese di quasi 35 punti. Una voragine che colpisce tutti i settori del made in Italy, con picchi enor- mi per le auto (-91%, anche se i volumi di partenza erano comunque minimi), e che ha già fatto svaporare per l'Italia dall'inizio dell'anno commesse per 1,7 miliardi di euro, due miliardi se al conto si aggiunge anche l'Ucraina. Alla crescita degli acquisti dai paesi più remoti si aggiunge un progresso di quasi sei punti in Europa, frenata tuttavia dal- la performance solo accettabile di Germania e Francia, in aumento di poco più di due punti percentuali. Altrove però i risultati sono decisamente migliori, in qualche caso a doppia cifra, come in Belgio (determinante qui la vendita di farmaci) e Spagna, ormai stabilmente tornata a comprare a piene mani made in Italy, un miliardo in più in sette mesi. Dal lato settoriale invece per fortuna un "caso" Russia non esiste, nessun comparto a luglio presenta il segno meno, in alcuni casi (auto, elettronica, farmaceutica) la crescita supera il 20%. Uno sviluppo confortante perché riguarda non solo i valori ma anche i volumi, in progresso a luglio ma anche dall'inizio dell'anno per ciascun macro-comparto, dai beni di consumo a quelli strumentali, ed area geografica, in Europa ma anche nei mercati extra-Ue. La ripresa della domanda interna trova ulteriori conferme nel sesto aumento consecutivo delle importazioni, il che si traduce per l'Italia in maggiori acquisti di prodotti manifatturieri nell'anno per 17 miliardi di euro. Una crescita che andrebbe ad oscurare nei saldi il progresso dell'export (+12,2 miliardi tra gennaio e luglio) se non intervenisse il "bonus" del greggio low-cost, in grado di più che bilanciare la risalita del dollaro producendo in sette mesi uno sconto di ben sette miliardi di euro nei nostri acquisti di energia dall'estero. L'avanzo commerciale - ricorda il Vice Ministro allo Sviluppo Economico Carlo Calenda - sale così in sette mesi al livello record di 26,5 miliardi. Così come da record è l'andamento delle vendite estere dei primi sette mesi dell'anno, 248 miliardi. Il che, in assenza di nuovi shock, proietterebbe il totale annuo per la prima volta oltre la soglia dei 400 miliardi di euro. Dollaro, greggio, auto. Speriamo che duri. SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 18/09/2015 27 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Congiuntura. A luglio per la prima volta le esportazioni oltre quota 40 miliardi in un mese - Crescita del 6,3% grazie al boom degli Usa, tiene la Cina 18/09/2015 Pag. 13 diffusione:334076 tiratura:405061 SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 18/09/2015 28 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Le performance del commercio estero a luglio 419 369 108 291 0 450 400 350 300 250 200 150 100 50 E' il picco pre-cr isi, l'Italia esporta 369 miliardi, 412 ai prezzi di oggi L'Italia esporta merce per 108 miliardi di euro, ai prezzi di oggi sarebbero 191 miliardi A luglio record stor ico di vendite, 41,1 miliardi, il top di sempre in valori correnti ma anche tenendo conto dell'inflazione. La cr isi innescata da Lehman Brothers abbatte l'export nazionale di quasi 80 miliardi di euro, il 20% Proiettando per l'intero anno il trend gennaioluglio, il 2015 chiuderebbe con esportazioni per 419 miliardi EXPORT ITALIANO: ANNI MOBILI 1991-2015 Dati in miliardi di euro 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 LA PAROLA CHIAVE Dati destagionalizzati 7 Vengono definiti dati destagionalizzati quei dati statistici che vengono "depurati" dagli effetti stagionali, appunto. Un'operazione che si rende necessaria per ottenere un quadro maggiormente omogeneo e non influenzato da sbalzi che potrebbero falsare le valutazioni sul periodo essendo indipendenti dal mercato. Un caso tipico è, ad esempio, il calo dei dati manifatturieri durante il mese di agosto, quando molti settori hanno livelli di produzione ed export ridotti in conseguenza delle ferie. 445 2.509 4.442 1.265 2.131 7.673 4.257 2.385 17 2.780 5.404 807 1.173 2.673 2.151 Gas naturale Legno, carta e stampa Prodotti in metallo Apparecchi elettr ici Tessili, pelli, abbigliamento Petrolio greggio Agr icoltura, Silvicoltura, Pesca Alimentar i, bevande e tabacco Coke e prodotti petroliferi raffinati Sostanze e prodotti chimici Macchine ed apparecchi Altre attività manifattur iere Energia elettr ica, gas, vapore e a/c Apparecchi elettronici e ottici Mezzi di trasporto Trattamento r ifiuti e r isanamento Articoli in gomma e mater ie plastiche Farmaceutici, medicinali, botanici Fonte: Elaborazione Il Sole 24 Ore su dati Istat I SETTORI Esportazioni per settori di attività economica (milioni di euro) 18/09/2015 Pag. 13 diffusione:556325 tiratura:710716 L'allarme di Bini Smaghi: "Il rinvio causerà instabilità Così si deprime la crescita" I tassi più alti avrebbero drenato un po' di liquidità in eccesso che è causa della volatilità delle Borse EUGENIO OCCORSIO ROMA. «Sarà anche stata una mossa orientata a favorire i Paesi emergenti che hanno tante difficoltà, ma alla fine danneggerà anche loro». Lorenzo Bini Smaghi, economista e banchiere, già membro del board della Bce, non ritiene che la Fed abbia fatto la scelta giusta. «Sarebbe stato più opportuno dare finalmente questo tante volte annunciato ritocco ai tassi». Perché? La Yellen ha citato la volatilità, l'effetto-Cina, l'inflazione ancora lontana dal target. Tutte considerazioni fondate. Dove sta l'errore? «Rinviare ancora una volta l'incremento dei tassi aumenta anziché diminuire l'instabilità mondiale. Il rinvio è esso stesso un ennesimo fattore di incertezze e di volatilità. E di questo non ne faranno le spese né l'America che è abbastanza forte né l'Europa che era assolutamente preparata all'aumento, ma proprio le economie più deboli e più esposte. Per l'Europa, non a caso Draghi aveva annunciato a chiarissime lettere il potenziamento del quantitative easing proprio in risposta all'atteso aumento dei tassi Usa». In forza di quale simmetria? «Un aumento dei tassi americani avrebbe trascinato al rialzo anche i tassi europei per la "fuga verso la qualità" che avrebbe convogliato maggiori capitali mondiali a investire nel dollaro e nei titoli in esso denominati, divenuti più vantaggiosi. Come conseguenza, anche sui titoli europei si sarebbe creata una corrente di vendite abbastanza forte, perché gli investitori li avrebbero venduti per andare a comprare i titoli Usa. Quest'ondata di offerta avrebbe comportato una riduzione del valore dei titoli europei stessi e quindi simmetricamente l'aumento dei tassi per un motivo di mercato assolutamente indipendente da qualsiasi volontà della banca centrale. Perciò a questo punto la Bce era pronta a contrastare quest'offerta di massa con un potenziamento dei suoi acquisti, quindi della domanda, che avrebbe compensato le vendite e riequilibrato i tassi europei. Ovviamente gli altri mercati che questo meccanismo non sono in grado di attivarlo avrebbero avuto invece tutto da rimetterci». Parlando allora dell'Europa, non è meglio che la Yellen abbia evitato questi esborsi eccessivi da parte della Bce? «No, perché comunque i tassi sono destinati ad aumentare, e allora tanto valeva sbloccare questa situazione e cominciare a farlo ora in modo ordinato. C'è anche un'altra considerazione: il rialzo dei tassi Usa avrebbe drenato un po' di liquidità, e proprio l'eccesso di liquidità in circolazione nel mondo è una causa primaria della volatilità dei mercati, perché ci sono queste grandi masse di denaro che si muovono, ora comprano, ora vendono. Ridurle ridurrebbe gli sbalzi nelle quotazioni». Però la robusta ripresa americana è stata dovuta proprio ai tassi così bassi. «Sì, infatti è stata una misura benefica finché è servita. Ora rischia viceversa di essere controproducente. Un dosaggio eccessivo di una buona medicina. Bisognava alzare i tassi, sia pure in modo limitato, per assecondare l'andamento dell'economia e mettere una parola di chiarezza nell'attuale fase di instabilità globale». www.federalreserve.gov www.ecb.europa.eu PER SAPERNE DI PIÙ Foto: EX BCE Lorenzo Bini Smaghi, ex membro del board della Banca centrale europea SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 18/09/2015 29 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL BANCHIERE CONTRO FED: "DRAGHI PRONTO AD AUMENTARE L'ACQUISTO TITOLI" 18/09/2015 Pag. 28 diffusione:556325 tiratura:710716 Rai 4 sul satellite porterà 10 milioni come pubblicità "Presto gli ascolti saranno doppi" Un documento riservato in commissione di Vigilanza "Solo film extraeuropei" ALDO FONTANAROSA ROMA. Dieci milioni di pubblicità in più nel prossimo bilancio; quindici milioni in più, entro due anni. Eccolo il "tesoretto" che Viale Mazzini conta di portare a casa grazie all'operazione Rai 4. Da domenica, e per almeno un anno e mezzo, la tv di Stato ha sistemato il suo canale dei film e delle serie sul tasto 104 del telecomando di Sky (lo stesso che la berlusconiana Rete 4 ha liberato il 7 settembre). Sul piano formale, la pay-tv di Murdoch rilancia Rai 4 senza pagare un solo euro a Viale Mazzini, che dunque non incassa niente come diritti di ritrasmissione della rete. Ma sul piano sostanziale la televisione di Stato "vede" un utile significativo che viene ben descritto nel documento "Stime ascolti e pubblicità". Si tratta di uno di quei documenti interni ultra-riservati, che però finiscono spesso tra le mani dei deputati o dei senatori della Commissione di Vigilanza. Bene, il documento "segreto" calcola che Rai 4 incasserà, nel 2015, circa 500 mila euro di pubblicità. Una miseria. D'altra parte, prima dell'accordo con Sky, il canale era visibile solo sul tasto 10 del decoder TivùSat e sul 21 del digitale terrestre. Adesso, con la promozione sul satellite di Sky, la stessa rete dovrebbe fatturare 10 milioni di spot (nel 2016) e addirittura 15 (nel 2017). La fiammata nelle entrate sarà effetto della crescita degli ascolti. Viale Mazzini stima che lo share tra gli abbonati alla pay-tv si attesterà presto sull'1,5 per cento (contro lo 0,6 per cento attuale). Il nuovo direttore generale Campo Dall'Orto punta, tra le altre cose, a ringiovanire il pubblico di Rai4, che oggi ha un'età media di oltre 49 anni. Operazione che richiede una messa a punto dell'offerta della rete. Il documento arrivato in Vigilanza rivela che la televisione di Stato lancerà dei programmi di lifestyle (di quelli che parlano di cucina, moda, tempo libero) e di "factual tv" (con pezzi di realtà descritti senza filtri). E se Rai 4 confermerà la «grande serialità» per almeno il 50% del palinsesto, a questa si affiancheranno «film mirati quasi esclusivamente internazionali». Foto: IL NUOVO DG Antonio Campo Dall'Orto, direttore generale della Rai, ha portato Rai4 sul tasto 104 della pay-tv Sky SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 18/09/2015 30 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato IL PUNTO 18/09/2015 Pag. 1 diffusione:104189 tiratura:173386 Andrea Di Biase I Red Devils puntano a 700 mln di ricavi dopo i 540 senza Champions Di Biase a pag. 12 Quasi 140 milioni di euro investiti nell'ultimo calciomercato, di cui 50 solo per il giovane talento francese Anthony Martial (in gol sabato nel 3-1 contro il Liverpool), cifre che lo stesso tecnico dei Red Devils, Louis Van Gaal, non ha esitato a definire esagerate, ma che il Manchester United, alla luce delle indicazioni arrivate ieri sul fronte dei ricavi può senza dubbio permettersi. Nel comunicato depositato alla Security and Exchange Commission (Sec) in occasione dell'approvazione del bilancio al 30 giugno 2015, la dirigenza del Manchester United ha infatti indicato di attendersi per questa stagione ricavi compresi tra 500 e 510 milioni di sterline. Al cambio di ieri si tratta di una cifra vicina a 700 milioni di euro, che se raggiunta farebbe del Manchester United il club più ricco del mondo, superando il Real Madrid, che per l'esercizio in corso si attende ricavi al netto delle plusvalenze per 582 milioni, e facendo meglio anche dei campioni d'Europa del Barcellona, che nei giorni scorsi hanno approvato il budget per l'esercizio 2015/16 indicando in 633 milioni di euro il target di ricavi (il club non l'ha specificato ma in questa cifra dovrebbe essere compresa anche la plusvalenza di circa 27 milioni legata alla cessione di Pedro al Chelsea). Siderale diventerebbe la distanza con i club della Serie A. La Juventus, che venerdì ha approvato i conti al 30 giugno 2015, con ricavi per 325 milioni e un utile di 2,3 milioni, ha quest'anno la possibilità di raggiungere una soglia di fatturato di 350 milioni (al netto delle plusvalenze su Vidal e sull'area della Continassa). Ma molto dipenderà dal cammino in Champions League della squadra guidata da Massimiliano Allegri. Da questo punto di vista, il bilancio al 30 giugno 2015 del Manchester United ha dimostrato che i Red Devils non sono affatto Champions dipendenti. Il club controllato dalla famiglia Glazer e quotato al New York Stock Exchange ha infatti chiuso l'esercizio 2014/15, coinciso con la mancata partecipazione alle coppe europee, con ricavi pari a 395,2 milioni di sterline (541,5 milioni di euro), in flessione rispetto ai 433,2 milioni di sterline dell'esercizio precedente. La flessione dei ricavi riportata nel bilancio Manchester United 2015 è legata proprio alla mancata partecipazione alla scorsa edizione della Champions League. Se i ricavi commerciali sono infatti cresciuti a 196,9 milioni di sterline, rispetto ai 189,3 milioni del 2013/14, i proventi da diritti tv sono scesi a 107,7 milioni di sterline dai 135,8 milioni di un anno prima. Le minori gare disputate nella scorsa stagione ad Old Trafford hanno pesato anche sui ricavi da gare, scesi a 90,6 milioni dai 108,1 milioni della stagione conclusa al 30 giugno 2014. L'esercizio si è chiuso con una leggera perdita (1,2 milioni di sterline, 1,64 milioni di euro) a causa dei maggiori oneri finanziari legati al riacquisto degli strumenti di debito (senior secured notes). A fine giugno il debito finanziario netto dello United era pari a 255 milioni (da 275,4 milioni) a fronte di un patrimonio netto di 477 milioni. (riproduzione riservata) I RICAVI DEI TOP CLUB EUROPEI Real Madrid Barcellona Manchester United Juventus 549,6 437,9 593,9 279,3 577,7 504,6 541,5 324,7 582 633 700 350 0 200 400 600 800 GRAFICA MF-MILANO FINANZA Ricavi in milioni di euro (*) Real Madrid, Barcellona e Manchester United hanno comunicato i target per il 2015/16 La stima relativa alla Juventus non è un dato ufficiale della società 2013/2014 2015/2016* 2014/2015 Foto: Anthony Martial Quotazioni, altre news e analisi su www.milanofinanza.it/juventus SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 18/09/2015 31 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato ManU batte Barcellona e Real Madrid 18/09/2015 Pag. 1 diffusione:104189 tiratura:173386 Dieci piccole banche costrette allo stress test Claudia Cervini Potrebbero aggiungersi anche CariAsti e Unipol Banca. Esami possibili all'inizio del prossimo anno (Cervini a pag. 4) La decisione non è ancora stata presa. La Bce sta però seriamente valutando l'ipotesi di sottoporre anche le banche cosiddette non significative (cioè quelle con attivi inferiori a 30 miliardi di euro) al comprehensive assessment, procedura che prevede sia la revisione della qualità degli attivi sia una sorta di stress test, cioè la valutazione di come le banche reggerebbero all'impatto di un ipotetico ambiente economico più difficile rispetto a quanto attualmente previsto. L'ipotesi allo studio secondo quanto risulta a MFMilano Finanza prevede già un calendario di massima. L'idea è partire a inizio 2016 mettendo sotto esame gli istituti cosiddetti «ad alta priorità». In Europa gli istituti classificati come high priority sono poco più di un centinaio, selezionati per dimensioni, livello di rischio e interconnessioni (dovute nello specifico alla loro funzione di infrastruttura dei mercati finanziari o di provider di sistemi di pagamento). In Italia gli istituti con attivi inferiori a 30 miliardi di euro considerati ad alta priorità sono una dozzina. La lista, poco prima dell'estate, comprendeva banche di standing come il Credito Valtellinese, Credem, Banca Sella, Banco Desio, l'Istituto Centrale delle Banche Popolari Italiane, la Banca popolare dell'Etruria (oggi commissariata e quindi presumibilmente esclusa)), la Banca popolare di Bari, Volksbank e Banca Mediolanum. Alle quali potrebbero aggiungersi Unipol Banca e CariAsti. Ma è probabile che, nel corso del mese di settembre, l'elenco venga aggiornato. Solo in un secondo momento, a partire dal mese di aprile, gli esami Bce potrebbero estendersi anche alle banche di minori dimensioni, compresi alcuni istituti di credito cooperativo. La stesura di un doppio calendario risponderebbe a due ragioni. Esaminare un numero così ampio di banche (le less significant in Europa sono 3.500) richiede tempo: per la valutazione dei 131 istituti di grandi dimensioni effettuata lo scorso anno ci sono voluti diversi mesi. Perciò si starebbe pensando di agire in più tranche. Oltre a essere molto nutrita, la categoria è anche eterogenea poiché comprende sia banche con pochi sportelli sia istituti con attivi considerevoli. Anche per questo motivo la metodologia è ancora allo studio. Secondo alcuni osservatori in questi casi è possibile procedere in due modi: identificando quello che in statistica viene definito un campione stratificato (selezionando, in questo caso, alcune banche del Nord, del Centro e del Sud del Paese), come potrebbe avvenire per le Bcc, oppure procedere con un campione non stratificato (come nel caso delle high priority). Di certo anche l'identificazione dei parametri da applicare nel corso dell'analisi è un compito arduo. Sotto il profilo tecnico, quello che potrebbe mettere in difficoltà alcune di queste banche sono gli accantonamenti sui crediti in bonis, che di norma sono effettuati su base di valutazioni statistiche. La partita più delicata potrebbe infatti essere l'individuazione dei ratio da applicare alla svalutazione fofettaria degli attivi. La Banca centrale europea non ha vigilanza diretta sulle banche con attivi inferiori a 30 miliardi di euro, la cui competenza rimane in capo alle banche centrali nazionali. Per questo motivo le linee guida di questi test sarebbero stabilite da Francoforte, ma l'attuazione avverrebbe in collaborazione con le banche centrali nazionali. Lo scopo dell'operazione è armonizzare tali istituti sotto il profilo dei parametri utilizzati. La novità risiederebbe infatti nell'adozione di una cornice metodologica uniforme nella valutazione di tutte le banche del sistema Ue. Non sorprende che i vigilanti stiano pensando di uniformare, sotto il profilo delle regole, l'intero sistema bancario europeo: l'operazione sarebbe condotta per rendere effettiva l'unione bancaria. Per le grandi banche, considerate significative per numero di attivi, i test sono iniziati due anni fa e non sembrano avere fine. È cominciato tutto nel 2013 con gli stress test e con l'asset quality review cui sono state sottoposte 15 banche italiane, le cui pagelle sono arrivate soltanto a ottobre 2014. Successivamente è arrivato un nuovo acronimo: lo Srep, il processo di revisione e valutazione prudenziale cui sono state sottoposte le grandi banche in queste settimane. E, nei primi mesi del 2016, per gli istituti con attivi superiori a 30 miliardi di euro, è in calendario una nuova tornata di stress test. Ora potrebbe SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 18/09/2015 32 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato GLI ISTITUTI ITALIANI SONO CREDEM, CREVAL, ICBPI, POP BARI, SELLA, VOLKSBANK, DESIO E BANCA MEDIOLANUM 18/09/2015 Pag. 1 diffusione:104189 tiratura:173386 SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 18/09/2015 33 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato essere venuto anche il turno delle piccole. (riproduzione riservata) LA NUOVA PLATEA DI BANCHE SOTTO LA LENTE BCE GRAFICA MF-MILANO FINANZA LESS SIGNIFICANT: Con attivi inferiori a 30 miliardi di euro di cui ad alta priorità: 100 in Europa ... e una dozzina in Italia Creval Credem Banca Sella Banco Desio Icbp Popolare Etruria e Lazio* Banca Popolare di Bari Volksbank Mediolanum LE ITALIANE CHE SI STUDIA DI ESAMINARE DAL 2016 * Oggi commissariata 18/09/2015 Pag. 1 diffusione:104189 tiratura:173386 Andrea Montanari (Montanari a pagina 8) Prima l'acquisto della ex sede di Unicredit in piazza Cordusio, nel centro di Milano, rilevando la proprietà dell'immobile da Idea Fimit sgr per un controvalore di 345 milioni di euro. Ora la firma di un memorandum of understanding per fare di Unicredit uno dei punti di riferimento, in Italia e non solo, della futura campagna acquisti.Nei giorni scorsi, secondo quanto riferito a MF-Milano Finanza da fonti vicine alla trattativa, Fosun, la maggiore conglomerata cinese (banche, assicurazioni, industria mineraria, immobiliare, materie prime e farmaceutica), e Unicredit hanno definito un accordo di collaborazione globale che fa dell'istituto di credito italiano uno dei principali referenti del gruppo asiatico nei mercati in cui la banca è presente. La firma è avvenuta nell'ambito della presentazione istituzionale che Fosun ha organizzato per una platea di investitori italiani (oltre 100 invitati) martedì 15 settembre all'hotel Four Season di Milano. All'evento erano presenti i vertici del colosso asiatico, presieduto da Guo Guangchang (19° uomo più ricco di Cina, con un patrimonio di 6,4 miliardi di dollari), l'amministratore delegato di Unicredit Federico Ghizzoni (affiancato dai vicedirettori generali Paolo Fiorentino e Gianni Franco Papa), l'ambasciatore cinese in Italia Li Ruiyu (che si è soffermato sull'importanza dell'investimento immobiliare di Fosun in piazza Cordusio e sulla strategicità dell'accordo siglato con la banca italiana) e l'assessore allo Sviluppo Economico del Comune di Milano Cristina Tajani. In occasione della firma dell'accordo è emerso il forte interesse di Fosun per l'Italia (di recente ha rilevato anche il 35% della casa di moda Caruso) e per gli altri principali mercati europei, a cominciare dalla Francia (a inizio 2015 ha comprato il gruppo turistico Club Med e in primavera è entrato nel capitale del Cirque du Soleil). Nel prossimo futuro il settore immobiliare italiano potrebbe continuare a essere uno dei target principali di Fosun, vista l'ampia offerta sul mercato, in particolare di immobili di pregio a destinazione commerciale. Per esempio, a Milano ci sono altri palazzi che potrebbero fare gola alla conglomerata cinese. Quanto a Palazzo Broggi, ossia l'ex sede di Unicredit in piazza Cordusio acquisita da Fosun, nelle intenzioni dei manager del gruppo asiatico avrà una doppia destinazione: i piani bassi saranno dedicati ad attività retail, mentre quelli alti verranno trasformati in un albergo. (riproduzione riservata) Foto: Guo Guangchang Federico Ghizzoni SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 18/09/2015 34 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Unicredit si accorda col gigante cinese Fosun, sarà il suo advisor in Europa 18/09/2015 Pag. 7 diffusione:104189 tiratura:173386 Gli appalti vanno sempre pubblicati Antonio Satta «Ha ragione Cantone, la trasparenza paga sempre». Lelio Alfonso, numero due di Italia Unica, il movimento fondato dall'ex ministro Corrado Passera, condivide le tesi del presidente dell'Autorità anticorruzione contenute nell'intervista pubblicata su questo giornale mercoledì 16 settembre. Alfonso è convinto che sia importante anche mantenere l'obbligo di pubblicare i bandi pubblici, «anzi secondo me gli editori dovrebbero battersi perché vengano pubblicate sui giornali tutte la gare d'appalto, non solo quelle a bando ma anche quelle a trattativa privata». Non solo. «La trasparenza, come dice Cantone, va comunque oltre la questione dei bandi, è trasparenza l'anagrafe pubblica degli incarichi, delle nomine e delle forniture, come noi di Italia Unica sosteniamo dall'inizio della nostra esperienza. Abbiamo stilato un decalogo e vediamo con piacere che quei punti sono pressoché gli stessi che sollecita Cantone». Domanda. Pensa che il governo non stia facendo abbastanza? Risposta. Renzi pensa che la questione si risolva inasprendo le pene, non è così. La corruzione la blocchi con la prevenzione. Servono regole chiare, che oggi non ci sono, e non solo in campo giudiziario. D. In che senso? R. Vediamo come si concretizzerà la riforma Madia della Pubblica amministrazione. C'è un nodo importantissimo che riguarda la valutazione e gli sviluppi di carriera dei dirigenti. Per noi è fondamentale che l'unico criterio sia il merito ed è chiaro che la lotta alla corruzione passa anche da qui, come passa dall'introduzione di meccanismi analoghi al False claims act, introdotto negli Stati Uniti fin dal 1986, che premia con una percentuale dei rimborsi ottenuti dallo Stato chi denuncia i comportamenti fraudolenti dei funzionari o degli amministratori pubblici. Questi sono atti concreti che vanno a colpire la corruzione. D. Però adesso si sta discutendo un nuovo codice degli appalti. R. Buona cosa, ma non basta. Vede, Giorgio Napolitano, nel suo ultimo discorso, e Sergio Mattarella, nel suo primo intervento, hanno detto entrambi che la prima emergenza è la corruzione, ma ancora non c'è l'anagrafe delle nomine, degli incarichi e delle forniture, non sono state tagliate le partecipazioni pubbliche (da 10 mila si può scendere a poche centinaia). E non sono nemmeno state ridotte le stazioni appaltanti. Cantone dice che non si sa nemmeno quante siano. Glielo diciamo noi: sono 35 mila e si possono ridurre a 350. D. Cantone ha insistito anche sul nesso forte tra trasparenza e informazione. R. Ha ragione I giornalisti e gli editori devono rivendicare l'essenza stessa del loro lavoro che è quello di essere i guardiani dell'opinione pubblica. Fare inchieste, scavare nei documenti, cercare la notizia, questa è la buona informazione che serve, ma trasparenza è anche togliere ogni velo all'informazione legale, andare a nascondere chissà dove le informazioni sugli appalti è il contrario di ciò che serve. Ma ovviamente c'è bisogno anche d'altro. D. Che cosa? R. Il meccanismo che i francesi hanno chiamato débat public e che Passera ha cercato di introdurre in Italia quando era ministro dello Sviluppo, cioè il principio che la realizzazione di opere pubbliche deve essere preceduta da un confronto con le comunità e i territori interessati, cui debbano essere fornite tutte le informazioni necessarie per prendere la decisione, in modo che quando questa venga presa si possa procedere, celermente senza più ripensamenti. D. Ma il codice degli appalti le piace? R. È un buon punto di partenza, che dovrebbe spazzare via il meccanismo delle deroghe. Servono appalti chiari, con penali pesanti per chi ritarda i lavori. Il gioco del massimo ribasso per accaparrarsi l'appalto e poi delle revisioni in corso d'opera va cancellato per sempre. (riproduzione riservata) Foto: Lelio Alfonso SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 18/09/2015 35 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato INTERVISTA ALFONSO ( ITALIA UNICA): LA CORRUZIONE SI BATTE CON LA TRASPARENZA 18/09/2015 Pag. 12 diffusione:104189 tiratura:173386 Rosario Murgida MF-DowJones Prosegue lo shopping di Altice negli Stati Uniti. La holding lussemburghese ha infatti siglato un accordo definitivo per acquistare l'operatore via cavo statunitense Cablevision con un'operazione dal valore di 10 miliardi di dollari circa. L'operazione, che porterà alla creazione del quarto operatore sul mercato delle telecomunicazioni via cavo negli Usa, prevede che la holding del magnate franco-israeliano Patrick Drahi paghi 34,9 dollari per ogni azione Cablevision, società con 3,1 milioni di abbonati a servizi televisivi, di telefonia fissa e di banda larga erogati in tutta l'area metropolitana di New York. L'accordo, raggiunto sulla base di un enterprise value di Cablevision di 17,7 miliardi di dollari, è solo l'ultimo di una lunga serie di transazione che hanno portato Altice ad assumere un ruolo da protagonista nel consolidamento del mercato delle telecomunicazioni sia in Usa che in Europa. Dopo una campagna di espansione nel Vecchio Continente culminata con la fusione in Francia tra Numericable e Sfr, Altice ha aperto un nuovo fronte della sua offensiva negli Usa siglando a maggio un'intesa da 9 miliardi di dollari per rilevare Suddenlink Communications, un altro operatore via cavo statunitense di piccole dimensioni. Cablevision, quinta realtà del settore statunitense dei servizi via cavo e ottava nel campo della pay-tv, è stata sempre vista come possibile preda nel quadro del rapido consolidamento del settore che ha portato At&T a rilevare a luglio DirecTV. Drahi ha peraltro tentato il colpo grosso negli Usa puntando le sue attenzioni su Time Warner Cable ma in questo caso la battaglia è stata vinta da Charter Communications con un'intesa da 55 miliardi di dollari che deve ancora ottenere il via libera delle autorità competenti. (riproduzione riservata) Foto: Patrick Drahi SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 18/09/2015 36 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Altice compra Cablevision per 10 mld $ SCENARIO PMI 5 articoli 18/09/2015 Pag. 14 diffusione:334076 tiratura:405061 Dote da 400 milioni per favorire il reshoring Le misure comprendono anche interventi a favore della ricapitalizzazione, delle start-up e delle imprese femminili Barbara Ganz pIl caso Fiamm, l'azienda vicentina che ha chiuso lo stabilimento Ceco e scommesso sull'Abruzzo, è stato analizzato pochi giorni fa nell'assemblea degli industriali di Torino come uno dei casi da manuale di rientro delle produzioni in Italia. Un fenomeno in crescita - complici i costi di produzione in aumento e la ricerca di qualitàe made in Italy garantiti da parte dei committenti-e che in Veneto viene incoraggiato da un accordo innovativoe finanziato con un plafond di 400 milioni di euro- erogabili con modalità e durate variabili a condizioni vantaggiose per le aziende delle province interessate- per riportare entroi confini veneti l'industria localizzata all'estero sostenendo lo sviluppo, la produzione e l'occupazione nel territorio. L'intesa è stata firmata fra Antonveneta-MPS e Confindustria Padova, Confindustria Vicenza e Unindustria Treviso. Le imprese aderenti alle tre territoriali potranno avvalersi di questa opportunità fino a dicembre 2015 (l'accordo è eventualmente rinnovabile); si tratta di sei finanziamenti agevolati concepiti per rispondere alle più varie esigenze. In particolare sono stati previsti: un finanziamento per l'incremento del capitale circolantee supporto di investimenti da realizzare o in corso di realizzazione con Cassa depositi e prestiti; finanziamenti specifici finalizzati allo sviluppo delle imprese; prestiti agevolati anche per eventuali necessità di ricapitalizzazione. A disposizione delle imprese anche un finanziamento dedicato alle start-upe uno per l'imprenditoria femminile. «Nonostante la congiuntura italiana ancora non sia del tutto favorevole, il Veneto e le province di Treviso, Padovae Vicenza si distinguono come vere e proprie locomotive dell'economia nazionale - dice Massimo Fontanelli, responsabile Area territoriale Antonveneta di Banca Monte dei Paschi -. La grande forza di questa regione sono il suo capitale umanoe l'alta propensione a investire, innovare, affrontare le fasi più difficili con creativitàe coraggio». Con una attenzione particolare alle "rilocalizzazioni", cioè il rientro di produzioni in patria, «che possono rappresentare un incredibile volano di crescitaosserva Fontanelli -. Noi vogliamo confermarci al fianco di quelle imprese che, insieme ad Antonveneta, hanno costruitoi distretti manifatturieri più dinamici d'Italia, prima di una fase difficile che ha costretto molti a spostare la produzione oltrefrontiera. La partnership con le tre Confindustrie può essere l'occasione per ricreare le condizioni per riattrarre investimenti. Un territorio senza nuovi investimenti è destinato al declino». Secondo Massimo Finco, presidente di Confindustria Padova, «per irrobustirei primi accenni di ripresa dobbiamo rianimare il tessuto connettivo dell'economia reale, facendo affluire alle Pmi la maggiore liquidità immessa nel sistema bancario dalla Bce. Da qui il valore dell'accordo con Antonveneta-MPS che, con soluzioni flessibili e dinamiche, finanzia in particolare gli investimenti legati al rientro di produzioni dall'estero, quel reshoring che può contare nel nostro territorio su filiere di fornitura di prim'ordine, capitale umanoe know-how di eccellenza e capacità di innovare». Per la presidente di Unindustria Treviso, Maria Cristina Piovesana, «è un accordo che coglie le opportunità di questa fase in cui si fanno più concretii segnali di ripresa, grazie all'export, tradizionale punto di forza delle nostre imprese, ma anche nel mercato interno.E puntaa favorire i progetti di investimento industriale nel territorio, all'insegna dell'innovazione e della sostenibilità». «Con questa collaborazione dichiara Giuseppe Zigliotto, presidente di Confindustria Vicenza - ci fa piacere, dopo anni di ristrettezze nel credito, poter lanciare una proposta di sostegno finanziario per le imprese che investono e che crescono, cercando così di riavviare un nuovo volano di sviluppo per la nostra economia». IN CIFRE 400 rovince L'accordo interessa le associate alle associazioni industriali di Treviso, Padovae Vicenza, che potranno avvalersi di questa opportunità fino a dicembre 2015 Milioni Il plafond messoa disposizione da Antonveneta -MPS per le necessità delle imprese: fra gli obiettivi sostenere il reshoring, rientro di produzioni SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 18/09/2015 38 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Strumenti. Accordo tra Mps e tre Confindustrie venete La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato 39 SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 18/09/2015 diffusione:334076 tiratura:405061 18/09/2015 Pag. 14 delocalizzate Foto: .@Ganz24Ore 18/09/2015 Pag. 33 diffusione:334076 tiratura:405061 21 Investimenti punta 100 milioni sulla Polonia R.Fi. 21 Investimenti, gruppo europeo fondato e guidato da Alessandro Benetton, dopo aver lanciato il programma 21 Investimenti III da 330 milioni di euro che sosterrà la crescita delle medie imprese italiane, annuncia in Polonia il closing di 21 Concordia, un nuovo programma d'investimento che ha raccolto 100 milioni di euro da primari investitori istituzionali internazionali. Gli investimenti di 21 Concordia, gestito da un team locale basato a Varsavia, si concentreranno principalmente in medie imprese polacche con ricavi annuali tra i 10 e i 50 milioni di euro con l'obiettivo di stimolarne un nuovo percorso di sviluppo. Tra questi EGB (recupero crediti) e TxM (outlet) mentre, si legge in una nota, sono in corso di valutazione due nuove operazioni che potrebbero essere completate a breve. «Tra il 2008 e il 2014, gli anni della crisi più profonda delle economie mondiali, la Polonia è cresciuta di oltre il 20%, e il paese dispone di un sistema politico stabile oltre che di un Capital market sviluppato. L'economia polacca, inoltre, è guidata da forti consumi interni e da un export in crescita. Per questo rappresenta un mercato di sicuro sviluppo anche per le imprese italiane che noi sosteniamo nella loro crescita internazionale e che ha catalizzato l'interesse degli investitori istituzionali», ha spiegato Alessandro Benetton. Foto: IMAGOECONOMICA Foto: Private equity. Il fondatore di 21 Investimenti, Alessandro Benetton SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 18/09/2015 40 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Fondi. A supporto delle pmi italiane 18/09/2015 Pag. 30 N.38 - 24 settembre 2015 diffusione:369755 tiratura:500452 Jobs Act o no adesso si assume I dati dicono che l'occupazione sta ripartendo. E le imprese apprezzano la riforma. Ma molto dipende dagli incentivi, che scadono a fine anno. E per rendere stabile il segno più si deve puntare su formazione e investimenti Luca Piana e Gloria Riva AURIZIO LANDINI non ha dubbi: per lui il Jobs Act è «una legge sbagliata, che dev'essere contrastata e cancellata ». Sergio Marchionne, invece, lo apprezza tantissimo: grazie alla riforma del mercato del lavoro avviata a inizio anno dal governo, ha detto, l'Italia «ha smesso di essere una realtà anomala». Un giorno sì e un giorno no, il dibattito politico italiano si infiamma su una delle più discusse riforme del premier Matteo Renzi, il cosiddetto Jobs Act. Nove mesi di vita non sono infatti bastati per consolidare il consenso e placare le polemiche sulla rivoluzione voluta dal governo per cambiare il mondo del lavoro. Sindacati, imprenditori e economisti stanno elaborando dati e valutazioni sugli effetti della riforma, e per i partiti le sfumature di ogni colore sono tutte buone per esaltarne i pregi o attaccarne i difetti. Una delle ragioni di tanta agitazione è semplice: il numero delle persone che hanno un lavoro sta crescendo in misura molto progressiva, senza la fiammata che forse si augurava Renzi. C'è però una seconda ragione, meno analizzata della precedente ma in prospettiva più importante: al di là degli effetti immediati sull'occupazione, infatti, il Jobs Act sta cambiando il lavoro in maniera profonda, con conseguenze sui contratti, la cassa integrazione, le ristrutturazioni aziendali e il ricollocamento, che diventeranno sempre più cruciali con il passare del tempo. Lo certificano, ognuno a modo suo, i giudizi di persone con opinioni molto lontane fra loro, come gli stessi Landini e Marchionne. Il leader del sindacato metalmeccanico Fiom ha rilanciato l'idea di un referendum abrogativo del Jobs Act, che considera una specie di Belzebù per aver dato alle imprese la possibilità di licenziare in modo più semplice. Un punto che il numero uno di Fiat-Chrysler vede in maniera opposta. «Il fatto che ci sia un sistema di regole per gestire anche una potenziale contrazione del mercato aiuta moltissimo», ha ammesso Marchionne, che ha appena assunto con il nuovo contratto a tempo indeterminato e tutele crescenti 1.600 giovani, in gran parte ( 1.478) nello stabilimento di Melfì, ribaltando però la prospettiva con cui guardare al Jobs Act: se è più facile licenziare, è altrettanto vero che si assume più facilmente quando le cose vanno bene. IL MOMENTO PEGGIORE: UN ANNO E MEZZO FA I numeri, dunque. Dal punto di vista dell'occupazione il momento più nero della recessione è stato toccato a inizio 2014. Nel buio trimestre invernale gennaio-marzo, guardando i dati grezzi dell'Istat, non depurati dagli effetti stagionali, il numero degli occupati in Italia era crollato a 22 milioni di persone. Poi è iniziata la ripresa. Nel successivo mese di dicembre 2014 le persone con un lavoro erano risalite a 22,3 milioni, per la precisione 349 mila in più rispetto a nove mesi prima (sempre dati non destagionalizzati, mentre nella figura di pagina 32 si trovano quelli corretti). Nel primo trimestre 2015 c'è stato un nuovo contraccolpo della crisi, probabilmente perché le aziende aspettavano l'entrata in vigore del Jobs Act e di valutare lo sconto sui contributi garantito dalla legge di stabilità per le assunzioni fatte nel 2015 (vedi pagina 33). Poi, tra aprile e giugno, la ripresa è tornata a farsi sentire, e gli occupati sono tornati a quota 22,4 milioni, un livello che non si vedeva da fine 2012. L'istituto di statistica ha già annunciato che il recupero è proseguito anche in luglio ma per le cifre definitive occorre attendere. Altri dati dicono che i lavoratori dipendenti aumentano, gli autonomi calano: un segno, assieme all'aumento dei dipendenti over 50, che le imprese stanno inserendo in organico collaboratori già testati, per beneficiare degli incentivi. Su queste cifre, nei mesi passati, si è scatenata la battaglia. Tra calcoli sbagliati del ministero del Lavoro, tweet euforici di Renzi, momenti di godimento da parte dei suoi awersari di fronte a qualsiasi dato non brillante, lo scontro è stato serrato. Sta di fatto che l'Inps ha iniziato a diffondere il numero dei nuovi contratti a tempo indeterminato che vengono comunicati all'istituto di previdenza: nel primo semestre 2015 ne ha contati 470 mila in più rispetto a un anno prima. Facendo la tara alle diverse fonti informative, Bruno Anastasia, economista dell'osservatorio Veneto Lavoro, arriva alla conclusione che nella prima metà dell'anno siano stati «creati 370 SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 18/09/2015 41 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Lavoro 18/09/2015 Pag. 30 N.38 - 24 settembre 2015 diffusione:369755 tiratura:500452 SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 18/09/2015 42 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato mila posti di lavoro stabili», il 40 per cento in più rispetto a quanto era avvenuto nel 2014. Difficile dire, per ora, quanto abbiano influito sul risultato le caratteristiche del nuovo contratto a tutele crescenti e quanto l'ingente taglio di contributi per il primo triennio di lavoro. Anastasia pensa che, in questa fase, abbia pesato più la decontribuzione ma gran parte degli economisti e degli addetti ai lavori ritiene che, alla lunga, gli effetti duraturi del • Jobs Act si faranno sentire. Anche se, per far uscire l'Italia dal tunnel della disoccupazione in cui si è infilata, peseranno in maniera determinante altri fattori. BENEDETTO INCENTIVO Ambra Redaelli è alla guida della Rollwasch, un'azienda monzese che produce macchine utensili, ha 60 dipendenti e nel 2015 ne ha assunti 3 grazie alle detrazioni: «II primo gennaio ho stabilizzato una persona che, altrimenti, non avrei potuto tenere. Ho fatto lo stesso con uno stagista. Adesso sto pensando a un terzo contratto. E più conveniente di un'assunzione a termine. Ma senza sgravi dubito che continuerei ad assumere», dice l'imprenditrice, che non ha dimenticato quanto sia stato difficile guidare l'azienda quando la crisi non lasciava scampo: «È una questione di fiducia e finché quella non c'è, nessuno rischia». Le agevolazioni sono piaciute anche alle multinazionali. A Sant'Agata Bolognese il gruppo Volkswagen-Audi ha dato il via all'assunzione di 500 tute blu che costruiranno il nuovo Suv della Lamborghini, mitico marchio di supercar acquisito qualche anno fa dai tedeschi. Verrà prima esaurito il bacino di lavoratori a termine, poi saranno creati nuovi posti di lavoro, con contratti a tutele crescenti ma anche con l'applicazione dell'articolo 18, che in caso di licenziamento rende più facile ottenere il reintegro. I contributi ridotti ok, ma il Jobs Act ha contato? Chissà. In Lamborghini fanno sapere che l'entrata in vigore della riforma sul lavoro è avvenuta in un momento in cui l'Azienda aveva già un piano di crescita pianificato: «L'intenzione è applicare in modo responsabile le opportunità che il quadro normativo offre. Le persone che lavorano in Lamborghini sono considerate la chiave del successo», dicono. Un nome che conoscono tutti è quello di McDonald's, la catena dei panini. In Italia > quest'anno ha assunto 500 persone, due terzi a tempo indeterminato, il resto con l'apprendistato. Una novità, perché la seconda opzione è da sempre la preferita dal gruppo: «Quando apriamo un ristorante partiamo con un organico sottostimato, circa 25 persone. Ma con la flessibilità del Jobs Act, che ci permette di interrompere il rapporto di lavoro nei primi tre anni, per ogni negozio sono state assunte almeno 30 persone», spiega Stefano Dedola, responsabile delle risorse umane. «L'apprendistato e il contratto a tutele crescenti offrono gli stessi incentivi, ma il secondo è più flessibile e l'abbiamo preferito. Però, se l'anno prossimo non ci sarà la decontribuzione, è probabile che torneremo all'apprendistato», dice Dedola, che solleva la questione più calda, e cioè se il governo Renzi troverà le risorse per confermare anche nel 2016 lo sconto per chi assume. Le ultime indiscrezioni dicono di no, anche se sono allo studio agevolazioni per il Sud, che sta soffrendo da pazzi. NON SPEGNETE IL FUOCO Durerà la ripresa dell'occupazione anche a dicembre, quando al momento è fissata la fine degli incentivi? E riuscirà il Jobs Act a rendere più stabile il lavoro? Stefano Colli Lanza, amministratore delegato di Gi Group, una società di servizi per il lavoro, dalla ricerca di personale al lavoro interinale, fa il paragone con chi accende il barbecue: «Gli incentivi sono come la carta, danno fiamma ma bruciano in fretta; il contratto a tutele crescenti è come la carbonella,che riscalda a lungo», spiega. A suo giudizio il Jobs Act è destinato a disboscare la giungla di contratti a progetto e finte partite Iva. «Aver reso il contratto a tempo indeterminato più flessibile e più semplice lo rimetterà al centro delle scelte delle imprese», sostiene Colli Lanza, che vede un futuro basato sempre più su due pilastri: il contratto fisso e il lavoro interinale, che servirà per le richieste più flessibili. Quel che è certo è che il Jobs Act non è un Bengodi, e non cura da solo le difficoltà in cui l'industria italiana si dibatte da anni. Giuseppe Carbone, direttore dell'Acqua Ferrarelle, ha pesato il falcione delle carte necessarie per ottenere il via libera della nuova fabbrica calabrese che permetterà di riciclare plastica per le bottiglie: «Sono 250 chili», racconta, pur dicendo che «gli enti pubblici si sono dimostrati competenti e disponibili». Ferrarelle assumerà nel 2016 quaranta persone: «Pazienza se gli incentivi non ci saranno. Quello che ci interessa è avere collaboratori da selezionare e valutare nei primi tre anni senza doverli sposare per sempre», dice Carbone. Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria, spiega che nell'ultimo anno le imprese del settore farmaceutico hanno assunto circa 5 mila persone, di cui 2 mila under 30. Il Jobs Act piace, l'export tira ma ora torna un vecchio problema, 18/09/2015 Pag. 30 N.38 - 24 settembre 2015 diffusione:369755 tiratura:500452 SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 18/09/2015 43 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato il timore di tagli alla spesa farmaceutica: «E per la programmazione degli investimenti la stabilità nel tempo delle condizioni economiche conta più della riforma del lavoro», dice. Alla Elesa di Monza, che produce componenti per l'industria dei macchinari, non tutti i 20 collaboratori assunti con il Jobs Act sarebbero stati presi in fretta com'è avvenuto, nonostante dal 2011 l'azienda sia cresciuta a ritmo costante: «La nuova normativa ci ha messo a 1 passo con i Paesi più avanzati», dice l'amministratore delegato Carlo Bertani, per il quale la decontribuzione ha pesato meno, proprio perché occasionale: «Servono provvedimenti strutturali su fiscalità, investimenti, nuove tecnologie. Dobbiamo convincerci che il manifatturiero è il settore che può creare più posti di lavoro, attraendo investimenti», dice Bertani. Che professa sul campo quello che gli economisti vedono a livello generale. Francesco Daveri, professore di Politica economica a Parma, teme che la scommessa di una ripresa capace di trainare da sola l'occupazione già nel 2016 sia prematura: «Sarebbe l'ora di dare una sforbiciata al cuneo fiscale, riducendo il peso di tasse e contributi sul costo del lavoro », dice, osservando che per riuscirvi sono necessarie scelte coraggiose sulla spending review. Mentre Pietro Garibaldi, che insegna Economia politica a Torino, mette nel mirino il duro compito che attende il governo per affrontare questioni determinanti, ad esempio modernizzando le strutture per reinserire chi perde il posto: «Oggi c'è un mercato del lavoro più ordinato, con regole più chiare e un sistema di ammortizzatori sociali più equo. Il punto dolente sono le politiche per la ricerca di lavoro, in mano a uffici di collocamento che non funzionano», dice. Un aspetto su cui Paesi come Germania e Gran Bretagna concentrano gli sforzi e che conterà di più, ora che è cambiata la cassa integrazione (vedi sopra). La rivoluzione irrita i sindacati perché toglie potere di contrattazione e dovrebbe prevenire abusi, riportando «la cassa alla funzione originaria di garantire la continuità di un'azienda in un momento di crisi», dice Maurizio Del Conte, professore della Bocconi che ha collaborato alla stesura del testo. Anche se, forse, il cambio di regime spingerà le aziende decotte a chiudere in tempi più rapidi. E non manca già un caso politico, come l'estensione della cassa alle aziende colpite da interdittive anti-mafia: una misura di cui, come ha scritto la "Gazzetta di Reggio", ha subito beneficiato Cpl Concordia, la grande coop rossa esclusa dagli appalti dopo i legami emersi con la criminalità organizzata. ANCHE IL JOBS ACT HA I SUOI FURBETTI E poi, come sempre quando ci sono incentivi di mezzo, ci sono i furbetti del Jobs Act. Dai sindacati fioccano le segnalazioni di abusi: «II caso è diffuso: si licenzia un dipendente, che viene assunto da un'agenzia interinale, la quale fa un accordo con l'azienda per spartirsi il bonus statale», dice Michele Bulgarelli della Fiom di Bologna. Il sindacato che ha sollevato il caso del colosso delle bistecche Cremonini. Mille addetti alla macellazione hanno perso il posto perché è fallita la cooperativa che se ne occupava, la Gescar. Sono stati riassunti per 6 mesi da un'agenzia interinale. Finito il periodo che cosa succederà? «Temiamo che a quel punto possano essere riassunti da un'altra cooperativa, che così incasserà le agevolazioni», sostiene Marco Bermani della Flai-Cgil. L'azienda, al contrario, dice di essersi ritrovata coinvolta suo malgrado in questa vicenda e assicura che non c'era alcuna premeditazione. • Ma i disoccupati restano tanti 12,: 12,4 201' 12,2 12,2 11,9 2012 f 12 512,8 12,8 2015 12,4 II tasso di disoccupazione in genere diminuisce in ritardo rispetto alla ripresa. Perché diverse persone si mettono in cerca di lavoro solo quando la situazione migliora. E così aumenta il numero di chi è in cerca di occupazione Dati destagionalizzati per trimestre (in %). Fonte: Istat I numeri della ripresa E S E E E E E E E E E E E E l 2 2012 3 4 l 2 2013 3 4 1 2 2014 18/09/2015 Pag. 30 N.38 - 24 settembre 2015 diffusione:369755 tiratura:500452 SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 18/09/2015 44 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato 4 l 2 2015 co Numero di occupati in Italia per trimestre Dati in migliaia Fonte: Istat Più sei vecchio più lavori 15-34 anni 55 anni in poi io 3 ió~ u> oO IO 00 IO 2012 IO O* 2013 tu 0> IO o IO 00 IO o o Andamento del numero degli occupati in Italia. Confronto tra la fascia di età più bassa e quella più atta. Dati per trimestre (in migliaia) Fonte: Istat <M IO 00 M IO 00 0» 2014 2015 18/09/2015 Pag. 23 diffusione:309253 tiratura:418328 La 21 Investimenti (Benetton) punta 100 milioni sulla Polonia 21 Investimenti, gruppo europeo fondato e guidato da Alessandro Benetton, dopo aver lanciato il programma 21 Investimenti III da 330 milioni di euro che sosterrà la crescita delle medie imprese italiane, annuncia in Polonia il closing di 21 Concordia, un nuovo programma d'investimento che ha raccolto 100 milioni di euro da primari investitori istituzionali internazionali. Gli investimenti di 21 Concordia, gestito da un team locale basato a Varsavia, si concentreranno principalmente in medie imprese polacche con ricavi annuali tra i 10 e i 50 milioni di euro con l'obiettivo di stimolarne un nuovo percorso di sviluppo. Tra questi Egb (recupero crediti) e TxM (outlet) mentre sono in corso di valutazione due operazioni da completare a breve. SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 18/09/2015 45 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Panorama 18/09/2015 Pag. 11 diffusione:104189 tiratura:173386 Francesca Chiarano Il gruppo 21 Investimenti, fondato e guidato da Alessandro Benetton, dopo aver lanciato il programma 21 Investimenti III da 330 milioni di euro a sostegno della crescita delle medie imprese italiane, ha annunciato ieri in Polonia il closing di 21 Concordia. Si tratta di un nuovo programma d'investimento che ha raccolto 100 milioni da primari investitori istituzionali internazionali. Gli investimenti di 21 Concordia, gestito da un team basato a Varsavia, si concentreranno in medie imprese polacche con ricavi tra 10 e 50 milioni di euro con l'obiettivo di stimolarne un nuovo percorso di sviluppo. 21 Concordia ha già realizzato due importanti investimenti nel 2014: in Egb, una delle aziende più innovative nel settore del recupero crediti, e in TxM, azienda leader nel settore degli outlet con oltre 300 negozi in Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca. Sono inoltre in corso di valutazione due nuove operazioni che potrebbero essere completate a breve. «Tra il 2008 e il 2014, gli anni della crisi più profonda delle economie mondiali, la Polonia è cresciuta di oltre il 20% e il Paese dispone di un sistema politico stabile, oltre a un capital market sviluppato», ha segnalato Alessandro Benetton. (riproduzione riservata) MF-DowJones SCENARIO PMI - Rassegna Stampa 18/09/2015 46 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato 21 Investimenti lancia fondo da 100 milioni in Polonia