paura, ostacolo all`amicizia
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paura, ostacolo all`amicizia
pa S C F I E N Z E U MA NE SCIENZE UMANE PAURA, OSTACOLO ALL’AMICIZIA MARIA POET TO* To r i n o La paura è un’emozione Può anche proteggerci: in vista di un pericolo ci induce alla fuga Essa è collegata con la nostra storia personale e con la sicurezza acquisita Più le nostre relazioni sono state carenti affettivamente, più la paura ha buon gioco su di noi; più siamo insicuri, più gli altri ci fanno paura Se abbiamo paura non abbiamo amici ma l’amicizia, come l’amore, scaccia la paura. La trattazione di questo tema richiede, a mio parere, un passo indietro, cominciando a considerare le paure che possono presentarsi nelle relazioni in generale. Se da una parte noi siamo, per nostra natura, degli esseri sociali, che si costituiscono nella propria identità attraverso relazioni con altri umani, dall’altra la capacità di rapportarsi con gli altri può venire condizionata da alcune paure anche molto intense che arrivano, nei casi più gravi, a impedire l’incontro con altre persone. * Psicologa e psicoterapeuta Cerchiamo innanzitutto di comprendere meglio le paure. ◆ La paura: un’emozione La paura è un’emozione che, come tutti i pianeti della “galassia emotiva”, ha una funzione adattiva e protettiva: ci informa riguardo agli stimoli presenti nell’ambiente in cui ci troviamo. La paura compare in presenza di un pericolo e ci fa assumere dei comportamenti finalizzati a fronteggiare al meglio la situazione, a fd LDC riv famiglia domani 2-12.indd 13 2 I 2012 famiglia domani 13 12-06-2012 15:29:46 S C I E NZE U M A NE volte anche evitando il pericolo attraverso la fuga. La percezione del pericolo però non sempre risulta proporzionata rispetto allo stimolo. Pensiamo a paure piuttosto diffuse, come quelle dei topi, dei pipistrelli o dei ragni. In questi casi non ci troviamo di fronte ad animali pericolosi, ma prevalentemente innocui, benché ripugnanti per la maggior parte delle persone. Soprattutto rispetto alle relazioni personali, la paura va a braccetto con due compagne: da una parte la storia personale, dall’altra la sicurezza di sé, che hanno un forte ascendente su di essa. Fuor di metafora: quanto noi abbiamo vissuto nelle nostre relazioni passate, e in primis con la figura più significativa della nostra infanzia, in genere la madre, condiziona i nostri rapporti attuali. ◆ Le nostre relazioni passate Le esperienze relazionali che abbiamo accumulato nel corso della nostra vita, infatti, influenzano il nostro modo di guardare, di percepire l’altro. Semplificando possiamo dire che se le nostre relazioni passate sono state, in prevalenza, “sufficientemente buone” (secondo un’espressione di Winnicot, famoso psicoanalista britannico), il nostro sguardo verso gli altri sarà altresì positivo, e le nostre attese e disposizioni verso l’altro saranno indirizzate a instaurare un rapporto costruttivo e arricchente. Se, al contrario, le nostre relazioni passate sono state carenti affettivamente, o se abbiamo subìto ripetutamente violenza, anche nelle situazioni attuali la nostra percezione degli altri sarà condizionata dalla paura e dall’insoddisfazione, e tenderemo a pensare ad un rapporto in termini 14 minacciosi o addirittura distruttivi. Le paure più frequenti che si possono presentare in questo caso sono quella di intrusione e quella del lasciarsi andare. La paura di intrusione è caratterizzata dal timore dei legami, soprattutto quando potrebbero diventare stretti. La persona mostra scarso interesse verso gli altri, li tiene a distanza, sembra indifferente agli apprezzamenti o alle critiche. Altre volte si teme che l’altro abbia delle intenzioni malevole, ad esempio volendo esercitare su di noi un controllo, o “usando” la conoscenza che ha di noi a suo vantaggio e ritorcendola contro di noi. Prevale allora un atteggiamento sospettoso o diffidente. La paura del lasciarsi andare riguarda l’apertura del cuore, la confidenza, l’intimità. Qui la persona teme di non venire accolta e amata per quello che veramente è, per cui non si rivela in modo autentico, soprattutto nelle parti di sé che lo fanno sentire più vulnerabile o che non ha pienamente accettato. ◆ La sicurezza Non va sottovalutato, però, il ruolo giocato dall’altro aspetto precedentemente evidenziato, la sicurezza. La sicurezza che abbiamo in noi stessi influenza la paura che possiamo avere nei confronti degli altri. Più siamo sicuri di noi, meno temiamo di rapportarci agli altri; al contrario, più siamo insicuri, più temeremo gli altri, li percepiremo come “potenzialmente pericolosi”. Di conseguenza, il nostro accostarci alle persone sarà improntato da fiducia, apertura e maturità nel primo caso, da diffidenza, chiusura e immaturità nel secondo. La sicurezza personale si esprime 2 I 2012 famiglia domani LDC riv famiglia domani 2-12.indd 14 12-06-2012 15:29:47 ◆ Dare fiducia? Occorre a questo punto fare una precisazione importante riguardo al dare fiducia. La fiducia, come ci insegna anche un detto popolare, va meritata, non può essere data in modo acritico e incondizionato perché in tal caso non possiamo più parlare di fiducia, ma di ingenuità. Ora, le persone dipendenti che abbiamo considerato sopra tendono a comportarsi ingenuamente, a dare facilmente e con superficialità “fiducia”, nella fretta di trovare qualcuno a cui appoggiarsi. Viene a mancare un discernimento su di sé e sull’altra persona, necessario per costruire un rapporto solido e duraturo che, come una pianta, cresce e resiste alle intemperie del tempo se affonda in profondità le radici, in una conoscenza che sappia considerare le qualità e i limiti, propri e altrui. In caso contrario, potremo trovarci a inseguire illusoriamente una relazione ideale, mai raggiungibile per noi comuni esseri mortali, e a vivere pertanto la frustrazione e l’insoddisfazione ogni volta che si fa esperienza della realtà umana, per sua natura limitata. Ci vuole il coraggio di guardare con onestà e sincerità ciò che siamo, ognuno con le proprie risorse e difficoltà, con la possibilità di migliorarci, ma senza stravolgere la nostra natura, le caratteristiche personali e temperamentali che ci rendono unici e irripetibili. La diversità a volte genera un’altra paura, quella di chi è diverso da noi, perché mette in gioco le nostre insicurezze mentre ci sentiamo rassicurati da chi è uguale a noi. Possiamo pensare alla paura degli stranieri, alla tendenza, favorita anche dai media, a trovare in loro dei capri espiatori, a considerarli responsabili di delitti, omicidi (per poi dover riconoscere amaramente che i colpevoli sono spesso tra noi, famigliari delle vittime). La paura del diverso (considerato tale secondo vari criteri: il genere, il livello sociale o culturale, le scelte politiche, l’orientamento sessuale, la nazionalità, la religione,…) ci impedisce di riconoscere e sperimentare la ricchezza che ci offre lo scambio e l’incontro con chi è “altro da noi”. L’ultimo romanzo di Alessandro Perissinotto “Semina il vento”, ambienta- fd LDC riv famiglia domani 2-12.indd 15 S C I E N Z E U MA NE anche nella capacità di autonomia, di “stare in piedi” da soli, senza il bisogno di puntelli, di stampelle per reggersi sulle gambe. La persona autonoma non ha paura di scegliere secondo i propri ideali e di vivere coerentemente con essi, anche quando non riceve l’approvazione degli altri. È aperta e sa godere della ricchezza delle relazioni, ma non ne ha un bisogno eccessivo. In termini tecnici, questo bisogno eccessivo si chiama dipendenza affettiva e porta a rapporti non maturi perché l’altro è funzionale ai nostri bisogni e viene considerato finché “serve” a soddisfarli. Da quanto affermato possiamo dunque comprendere che, sul piano relazionale, l’immaturità sfocia o nella paura dell’altro che viene pertanto evitato, o nella paura di non stare in piedi da soli, che porta ad aggrapparsi agli altri. In quest’ultimo caso la relazione non nasce né cresce in una graduale conoscenza reciproca, ma si instaura rapidamente, con “il primo che passa” e che risponde ai miei bisogni, per poi finire altrettanto velocemente quando viene meno la soddisfazione dei bisogni che l’hanno determinata. 2 I 2012 famiglia domani 15 12-06-2012 15:29:48 S C I E N Z E U MA NE 16 to in un paesino piemontese, affronta questo tema narrando proprio come la straniera diventi una nemica da rifiutare, da escludere, nonostante abbia inizialmente dato un suo contributo positivo alla comunità. ◆ Paura e amicizia Quanto affermato fin qui vale ancor più per l’amicizia, che è una relazione profonda, basata sull’apertura, la confidenza, la fiducia, l’accoglienza e l’accettazione reciproche, il rispetto per la diversità. Proprio per il valore grande che ha, come ben sa chi possiede un vero amico, essa è stata definita da Aristotele come “il sentimento più necessario per vivere”. A volte c’è una pretesa di universalità dell’amicizia, il voler essere amico di tutti. In realtà dobbiamo riconoscere che talvolta ci sono tra le persone delle incompatibilità, delle difficoltà che persistono nostro malgrado, nonostante gli sforzi di venirsi incontro. Se possiamo cercare di instaurare dei rapporti cordiali e rispettosi con tutti, non va comunque dimenticato che l’amicizia è un dono prezioso e raro, come ci ricorda il Siracide: “chi trova un amico fedele, trova un tesoro”. L’amicizia è un tesoro che va cercato, che va meritato superando delle prove e che va custodito, non dato per scontato una volta per tutte. La sapienza del libro del Siracide, che risale a più di 2200 anni fa e che rivela una grande conoscenza dell’animo umano, ci suggerisce anche l’importanza del discernimento, come abbiamo precedentemente considerato: “Se intendi farti un amico, mettilo alla prova; e non fidarti subito di lui. C’è infatti chi è amico quando gli fa comodo…c’è anche l’amico che si cambia in nemico…l’amico compagno di tavola…se sarai umiliato si ergerà contro di te…”. Occorre dunque darsi un tempo per conoscersi reciprocamente, un avvicinamento graduale in cui cresce la relazione sperimentando accoglienza, apertura e sintonia al di là delle diversità, nella libertà, nutrendo affetto sincero per quello che l’altro è, con le sue qualità e le sue debolezze, senza volerlo perfetto. E si arriva allora a riconoscere che, se è vero che la paura è un ostacolo all’amicizia, è altrettanto vero il suo inverso, cioè che l’amicizia diventa un antidoto alla paura. Troviamo uno splendido esempio di amicizia nel film “Il discorso del re”. Al di là del meritatissimo successo cinematografico, riconosciuto anche dall’assegnazione di ben quattro Oscar, a noi interessa soffermarci sulla particolare relazione che si instaura tra Bertie, duca di York, in seguito re Giorgio VI, balbuziente, e Lionel, il suo logopedista. Il rapporto, pur se si scoprirà carente di credenziali sul piano prettamente professionale, risulterà di fatto pienamente terapeutico, basandosi sulla fiducia e sulla sincerità. Lionel aiuterà Bertie ad affrontare e a superare le sue paure (“Non devi farti governare dalla paura. Non devi aver paura delle cose come quando avevi cinque anni”), trasmettendogli la stima e la fiducia che non aveva ricevuto in famiglia (“Sei la persona più coraggiosa che io conosca e sarai un ottimo re”). La loro relazione, iniziata con una richiesta di aiuto, sfocerà in una autentica e profonda amicizia, riconosciuta tale da entrambi, con gratitudine. L’amicizia cura le ferite, vince sulla paura! 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