Alta macelleria

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Alta macelleria
CON LE MONDE DIPLOMATIQUE + EURO 1,50
SPED. IN ABB. POST. - 45% ART.2 COMMA 20/
BL 662/96 - ROMA ISSN 0025-2158
ANNO XLII . N. 160 . VENERDÌ 6 LUGLIO 2012
LA POLITICA
ASSENTE
Livio Pepino
D
unque la Corte di cassazione
ha deciso e ora quel che già
sapevamo, nella accezione pasoliniana del termine, è verità giudiziaria Molte sensazioni si rincorrono. Mi tornano alla mente le parole
di Sepulveda il giorno dell’arresto
del generale Pinochet: «Scrivo queste
righe perché non so fare altro. Abbraccio mia moglie e tutti e due piangiamo. Piangiamo il pianto liberatorio di quanti non abbiamo mai dimenticato, di quelli che non hanno
mai smesso di credere nel giorno della minima giustizia. Carmen ed io
usciremo a fare un passeggiata, e sentiremo che la pioggia sui nostri volti
comincia finalmente a lavare le vecchie ferite».
È questo il primo pensiero. La condanna non solo degli esecutori materiali del massacro della Diaz ma anche dei funzionari che hanno coordinato le operazioni e sono ricorsi al
falso per giustificare la mattanza è la
vittoria delle vittime che non hanno
mai smesso di credere che un minimo di giustizia poteva essere assicurato anche in questo disgraziato Paese. Di quelle vittime e di chi le ha assistite e sostenute.
Il secondo pensiero va ai pubblici
ministeri che – spesso soli, osteggiati, isolati nel loro stesso ufficio – hanno continuato, ostinatamente a cercare la verità. Senza di loro oggi
avremmo solo il proscioglimento
per prescrizione degli autori materiali. Al pensiero si accompagna una riflessione che dovremmo ricordare
sempre. Nella nostra storia i frammenti di verità sulle vicende oscure
delle istituzioni del Paese sono emersi sempre grazie all’intervento contrastato di alcuni piccoli giudici o
pubblici ministeri, mentre gli apparati depistavano.
Il terzo pensiero va al fatto che la
decisione dei giudici si è dovuta fermare di fronte alle lesioni per l’intervento della prescrizione. Fatto non
casuale ma frutto della scelta della
politica di evitare l’introduzione del
reato di tortura, pur richiesto dall’Europa e dalle disposizioni internazionali. Si tratta di una responsabilità della politica che non sarà lavata
dalle lacrime delle vittime di fronte
alla sentenza.
Detto questo, va aggiunto che ora
tocca al governo fare la sua parte. Le
condanne dei funzionari portano
con sé la pena accessoria della interdizione dei pubblici uffici.
Ciò significa che la catena di comando della polizia sarà decimata o
comunque toccata in punti nevralgici. Ciò che la politica non ha voluto
fare, pur a fronte delle richieste di tutti i democratici, è ora imposto da
una sentenza. Guai se la politica cercasse di ricorrere ad escamotages
per evitarlo. Sarebbe un atteggiamento eversivo.
Al contrario, i cambiamenti imposti dalle condanne dovranno essere
l’occasione per un intervento riformatore della polizia. I fatti della
Diaz non sono stati un "incidente"
ma l’esito di una strategia e di una
concezione dell’ordine pubblico
che è tuttora assai radicata. Attendiamo dal Governo un intervento
immediato e profondo. Sono in gioco le sorti della nostra democrazia.
E, ancora una volta, c’è voluto un
giudice per ricordarlo!
EX
di Alberto Piccinini
Chiavistello
La finestra che si era aperta nel
febbraio del 1992 è in via di chiusura,
sento già muoversi il chiavistello
(Gherardo Colombo, 9 aprile 1998)
EURO 1,50
Alta macelleria
Dopo nove ore di camera di consiglio, la Cassazione conferma le condanne per il massacro della scuola
Diaz. I vertici della polizia colpiti dall’interdizione dai pubblici uffici, ma non c’è il reato di tortura
e per i pestaggi degli agenti scatta la prescrizione. Ora tocca al governo prendere provvedimenti PAGINE 2, 3
La proposta
di assemblea
costituente
per cancellare
la Costituzione
IL COMMENTO
Gianni Ferrara
pagina 15
EUROCRACK-BCE
Draghi riduce
i tassi. Ma vanno
giù le borse
REVISIONE DELLA SPESA
EUROPA-USA
Spari sulla Sanità pubblica
Salvi solo gli armamenti
L
e spese militari non si toccano, restano inamovibili. Sparito dalle bozze del decreto il taglio di
cento milioni in due anni sugli armamenti. Dopo un lungo (e incerto) consiglio dei ministri, nella notte il governo ha varato il testo della manovra di revisione della spesa. La mannaia si è abbattuta invece sulla
sanità e sui dipendenti pubblici, sui tribunali e sull’informazione locale. Le regioni non apprezzano: «Tagli
insostenibili». E minacciano la rivolta: «L’intervento
del governo è unidirezionale, contrariamente a quanto
prescritto dalla Carta costituzionale». E un rapporto
dell’Aifa sull’uso dei farmaci in Italia rivela: nel 2011 i
cittadini hanno pagato il 34% in più di ticket sanitari rispetto all’anno precedente
SERVIZI |PAGINA 4
VIALE MAZZINI
Eletti i nove consiglieri
La Rai ha il suo cda,
ma ora come allora
è targato Berlusconi
ANDREA FABOZZI |PAGINA 5
Modelli di welfare
tra le due sponde
Antonio Lettieri
N
el confronto con la crisi, l’asse Francoforte-Bruxelles si
muove lungo il doppio binario dell’austerità e delle riforme strutturali. C’è un punto in cui i due binari
s’incontrano per diventare uno solo.
E’ il punto dove il taglio della spesa
pubblica (austerità) si risolve nel taglio di alcuni capitoli della spesa sociale (riforme strutturali). In tutta l’Unione europea, i due capitoli sui quali
s’interviene sono le pensioni e la sanità. In Italia è stata utilizzata la mannaia per le pensioni. Ora s’intensifica
l’opera di erosione del sistema sanitario pubblico. CONTINUA |PAGINA 14
GRECIA
Memorandum?
Samaras
fa anche peggio
La troika a Atene chiede di accelerare le manovre imposte dall’Unione europea, ma il governo va oltre con un generoso pacchetto di
privatizzazioni che mira alla svendita del patrimonio pubblico. E Syriza inizia la sua trasformazione in
partito di massa
|PAGINA 9
PROPOSTA DI LEGGE POPOLARE | PAGINA 6
IL 9 LUGLIO DI ROMA
La democrazia
e l’Europa.
Seconda tappa
del forum
Il presidente della Bce riduce i
tassi allo 0,75%, ma le borse precipitano e lo spred decolla. La
decisione perché «la crescita nell’area euro resta debole, compresi
i paesi che prima crescevano, con
elevati livelli d’incertezza». Insomma, va peggio
|PAGINA 9
STUDIOS IN CRISI
Cinecittà «okkupata»
dalle maestranze
Reddito minimo,
parte la campagna
SANDRO MEDICI, SILVANA SILVESTRI l PAGINA 7
Giulio Marcon
Dopo il Consiglio Europeo del 28 e
29 giugno, l’Europa naviga in acque
tempestose, nonostante le diplomatiche riappacificazioni (con la Merkel) e
qualche passo indietro (Olanda e Finlandia). Il conflitto tra governi e schieramenti di stati (Italia, Spagna, in parte la Francia da una parte e Germania, Gran Bretagna, Olanda, Finlandia
dall’altra) prosegue.
CONTINUA |PAGINA 15
DOCUMENTARI
Una Lisbona surreale
al festival di Marsiglia
CRISTINA PICCINO l PAGINA 12
Al via la raccolta di firme, ne servono 50mila. Nichi
Vendola ci mette la sua. «È l’unica misura possibile
contro la ricattabilità e il destino di precarietà che hanno di fronte le giovani generazioni», dice il governatore
della Puglia tra i primi a sponsorizzare l’iniziativa
pagina 2
il manifesto
VENERDÌ 6 LUGLIO 2012
ALTA MACELLERIA
G8 •
Gratteri, attuale capo del dipartimento centrale anticrimine, Luperi, al vertice del reparto
analisi dell'Aisi, Caldarozzi, capo servizio centrale operativo, saranno sospesi per 5 anni
I falsi della Diaz
Polizia decapitata
La sentenza di Cassazione conferma le condanne
del secondo grado per gli alti dirigenti. Prescritte
le lesioni per gli altri agenti coinvolti nei pestaggi
alla scuola nel luglio genovese del 2001
Alessandra Fava
D
opo otto ore e mezzo di camera
di consiglio c’è stata la lettura del
dispositivo, dieci pagine che verranno depositate oggi nella cancelleria
della V sezione penale della Cassazione.
Alle diciannove la notizia è ufficiale, rimbalza in rete e sui network alla velocità
della luce: la quinta sezione della corte di
Cassazione presieduta da Giuliana Ferrua ha confermato le condanne comminate in secondo grado per l’assalto alla
scuola Diaz durante il G8 genovese, avvenuto la notte del 21 luglio 2001. I dirigenti di polizia non andranno in carcere ma
saranno sospesi dagli incarichi per cinque anni. Le lesioni sono archiviate, «sono stati assolti per prescrizione otto fra
dirigenti, poliziotti e capisquadra, compresi Canterini e Fournier – spiega il loro
avvocato difensore, Silvio Romanelli –
mentre sono stati condannati Nucera e
Panzieri», i due poliziotti coinvolti nell’accoltellamento, un falso secondo la procura. Dei 25 condannati in primo grado, ne
restano dunque 17. Come dire i responsabili di quella notte non furono gli esecutori materiali, ma i mandanti.
E i mandanti sono accusati di falso perché i verbali sono stati taroccati come
hanno sempre sostenuto i pm genovesi
Enrico Zucca e Francesco Albini Cardona. Era difficile crederci. A metà giugno
quando sembrava che si fosse all’ultima udienza, ottimismo ce n’era veramente poco. Anche l’altro ieri, Lorenzo
Guadagnucci, giornalista e vittima del
pestaggio, non ci poteva credere. Ieri
dopo la lettura: «C’è un po’ di giustizia,
la verità c’è sempre stata – dice – La Cassazione ha dimostrato indipendenza,
Zucca e Cardona hanno condotto un’inchiesta contro tutti, con l’ostilità palese
dei vertici di polizia. È mancato un intervento dei parlamenti, delle istituzioni, che hanno avvallato un comportamento irresponsabile. Noi siamo stati
ignorati e derisi quando dicevamo nel
2004 o nel 2010 che i poliziotti andavano sospesi dagli incarichi, oggi ci trovia-
mo con i dirigenti più importanti che se
ho capito bene domani non potranno
presentarsi in ufficio».
Ora con le condanne confermate il Viminale dovrebbe aprire i provvedimenti
disciplinari perché a questo punto scatta
anche la pena accessoria: la sospensione
dagli incarichi per cinque anni per i mandanti di quella notte scellerata, la «macelleria messicana» come disse Fournier ai
magistrati già negli interrogatori durante
le indagini. In questi anni sono stati tutti
promossi. A partire dal capo della polizia
di allora, oggi sottosegretario alla presidenza del consiglio dei ministri col governo Monti, Gianni De Gennaro che fu
coinvolto solo di striscio nelle indagini
per le dichiarazioni ritrattate e secondo
la procura manipolate ad arte, rilasciate
dall’allora questore di Genova Francesco
Colucci proprio durante il processo Diaz.
Ma l’impianto non ha tenuto in un altro
processo in Cassazione: poche settimane fa i magistrati della suprema corte
hanno assolto De Gennaro giudicandolo
estraneo alle dichiarazioni di Colucci. Gli
altri però nella scuola c’erano: si vedono
in un filmato intorno a un sacchetto blu
con le molotov dentro, quelle portate da
corso Italia alla scuola, per poter dimostrare che c’erano i black bloc ed erano
anche armati. Nel famoso video, trovato
dalla procura tra le riprese dell’emittente
genovese Primocanale e messo agli atti
come Blue Sky, si vedono Giovanni Luperi, Spartaco Mortola, Pietro Troiani, Gilberto Caldarozzi e Francesco Gratteri allora vice e capo dello Sco, Lorenzo Murgolo. Il prefetto Arnaldo La Barbera (morto nel 2002), che secondo le ricostruzioni
della procura genovese era stato mandato sabato mattina da Roma per procedere ad arresti consistenti, è poco lontano.
Che strana operazione, con tutti i vertici
della polizia italiana davanti al «luogo del
delitto»! Sono loro a essere condannati
oggi. Eppure anche i figuranti di Blue Sky
«Il Viminale ottempererà
a quanto disposto dai
giudici», dice Cancellieri.
In attesa dei provvedimenti
sui «prescritti»
hanno fatto carriera: Luperi allora vicedirettore dell’Ucigos, è asceso a capo dipartimento analisi dell’Aisi. Gratteri al tempo capo dello Sco oggi è alla direzione anticrimine. Gilberto Caldarozzi, che nel
2001 era vice di Gratteri, oggi è alla direzione dello Sco. Mortola, nonostante
avesse due processi in corso è stato promosso, ministro dell’interno Maroni, questore. Ieri è stato condannato, mentre poche settimane fa era stato assolto insieme a De Gennaro per le dichiarazioni di
Colucci.
La sentenza d’appello del maggio 2010
aveva ribaltato la sentenza di primo grado del 13 novembre 2008 che di fatto aveva condannato solo 13 poliziotti, fra cui il
capo del VII nucleo, Vincenzo Canterini e
i suoi, quelli che avrebbero pestato duro
insomma, assolvendo i «papaveroni» Luperi, Caldarozzi, Mortola, Gratteri. In secondo grado, fra lo stupore degli astanti,
nell’aula bunker di Genova, a tarda notte, era stata letta la sentenza che condannava 25 dei 28 poliziotti a oltre 85 anni di
carcere: Gratteri a quattro anni, Canterini a cinque anni, Luperi a quattro anni,
Mortola a tre anni e otto mesi, l’ex vicecapo dello Sco Gilberto Caldarozzi a tre anni e otto mesi. I due dirigenti, Pietro
Troiani e Michele Burgio, accusati di aver
portato le molotov nella scuola, sono stati condannati a tre anni e nove mesi.
«La sentenza della Corte di Cassazione
va rispettata come tutte le decisioni della
magistratura. Il ministero dell’Interno ottempererà a quanto disposto dalla Suprema Corte», dichiara in serata con una nota la ministra dell'interno Annamaria
Cancellieri». «La sentenza - prosegue mette la parola fine a una vicenda dolorosa che ha segnato tante vite umane in
questi 11 anni».
Daniele Vicari / PARLA IL REGISTA DEL FILM «DIAZ»
«Le istituzioni che hanno taciuto
adesso devono prendere posizione»
Luce Manara
MILANO
T
utti sanno cosa è successo. Ma Daniele Vicari,
con il suo film Diaz, quei poliziotti ce li ha fatti vedere all’opera. Ha fatto bene, ci ha fatto male.
Basta questa sentenza per dire che giustizia è fatta
dopo le torture alla Diaz?
La conferma dell’impianto accusatorio pone le istituzioni di fronte a una grave difficoltà. Stiamo parlando di alti funzionari della polizia italiana che sono stati condannati. La loro sospensione deve creare un
grosso problema non solo ai vertici delle forze dell’ordine ma anche alla politica. Adesso le istituzioni hanno il dovere di dire qualcosa, dopo che per undici anni non hanno voluto affrontare la questione.
La polizia che tortura,
con la copertura delle
istituzioni, è immagine
e sostanza della sospensione della democrazia. L’Italia adesso
ti sembra uno stato democratico?
Continuo a nutrire dei
dubbi, intanto perché
queste cose sono accadute. Mi sentirò più tranquillo solo quando ci saremo dotati di strumenti
legislativi che possano
impedire il ripetersi di
certe situazioni. Sotto il profilo dell’ordine pubblico,
dobbiamo avere il coraggio di affrontare la questione seriamente, altrimenti ci poniamo fuori dalla democrazia. E’ incredibile che in Italia non esista il reato di tortura, dobbiamo arrivarci senza giochetti di prestigio per
garantire l’impunità delle forze dell’ordine. Non ci vuole molto, basta notificare le norme dell’Onu. Questa sentenza potrebbe rappresentare una buona occasione.
Visto che alcuni hanno criticato il tuo film perché non
avrebbe sottolineato la responsabilità dei politici, oggi in
che modo le istituzioni potrebbero recuperare un minimo
di credibilità rispetto a quello che è successo a Genova?
Sono convinto che sia necessario agire in parlamento per dotarsi di strumenti legislativi chiari e inequivocabili per ribadire chiaramente che tutti noi cittadini dobbiamo essere uguali davanti alla legge. Deve essere chiaro che qualunque cittadino ha il diritto di manifestare il
proprio dissenso. Sembra una cosa scontata e invece sa-
rà un processo lungo e molto faticoso perché è evidente
che all’interno delle nostre istituzioni ci sono delle culture e delle pulsioni decisamente non democratiche.
Questa battaglia non deve essere condotta da questo o
quel pezzo di movimento o associazione, deve diventare un impegno e una responsabilità di tutti noi, di tutta
la società nel suo complesso.
Il movimento, o la sinistra, accontentandosi di restare aggrappata alla memoria di Genova non rischia di
perdere per strada ciò che accade qui e ora? Oltre ai
casi dei ragazzi uccisi dalle varie polizie, o in carcere,
ogni giorno le cronache raccontano aggressioni che
non lasciano tracce di reazione o mobilitazione.
So che molti pezzi del movimento non la pensano così, ma io sono convinto che la chiave di volta per ribaltare questa situazione sia la battaglia per i diritti civili.
Non è la lotta di una piccola parte della borghesia
intellettuale, tutt’altro, è
il modo per riconquistare
la democrazia. Penso che
i diritti civili siano alla radice di ogni democrazia.
Se una persona viene denudata, picchiata, umiliata, la questione politica
passa in secondo piano,
perché prima di tutto è
l’agibilità
democratica
che viene meno. Il diritto
a esistere come essere
umano. Con il film ho voluto porre il problema: la repressione che abbiamo visto a Genova non colpisce solo il dissenso o chi dissente, è la negazione della dignità dell’essere umano.
Il movimento di fronte all’urgenza di una crisi che sta
cambiando le nostre vite dov’è finito? Perché questa
incapacità di reazione? La richiesta di più giustizia
non può certo passare solo da un’aula di tribunale.
L’aula di un tribunale sanziona un reato. Punto. Ma
se non siamo liberi di manifestare il nostro dissenso, in
un periodo come questo, la questione diventa decisiva.
Dobbiamo superare l’afasia, approfondire il tema coinvolgendo tutta la società, evitare che gruppi e gruppetti
ne facciano una questione quasi privata. Sicuramente
non bastano le ragioni del passato, dobbiamo riuscire a
capire qual è oggi il luogo democratico dove poter esercitare il nostro diritto di riappropiarci del futuro. Mi ripeto: ritengo che il complesso di tutte le questioni che
riguardano i diritti civili sia il nocciolo della questione.
GIOVANNI LUPERI
«L’uomo
delle molotov»
Giovanni Luperi nel luglio
2001 ricopriva il ruolo di
vicedirettore dell’Ucigos (Ufficio centrale per le investigazioni generali e per le operazioni speciali) il suo capo
era Arnaldo La Barbera (morto nel 2002). Nel 2007 è
stato promosso a capo della
sezione analisi Aisi (Servizio
Segreto Interno). Accusato
di falso aggravato, reato per
cui è stato assolto nella sentenza di primo grado del 13
novembre 2008 perché il
fatto non sussiste, ma condannato in appello il 18
maggio 2010 a 4 anni e 5
mesi di interdizione. In primo grado è stato assolto
anche per i reati di calunnia
e arresto arbitrario, reati
caduti in prescrizione due
anni dopo in appello. Durante il G8 era da considerarsi
riferimento per gli operatori
appartenenti alle Digos come Francesco Gratteri era
da ritenersi il punto di riferimento delle squadre mobili,
erano i più alti funzionari
presenti durante l’irruzione
alla Diaz. I due, insieme a
La Barbera, sono considerati
i capi dell'operazione. Anzi,
saranno proprio loro due a
tentare, in un primo tempo,
di scaricare tutte le responsabilità su alcuni sottoposti
(Mortola e Dominici). Luperi,
ripreso da Primocanale, è
passato alla storia come
l’uomo delle molotov.
il manifesto
VENERDÌ 6 LUGLIO 2012
pagina 3
ALTA MACELLERIA
10X100 •
La prossima settimana la suprema Corte deciderà
se confermare 100 anni di carcere per 10 no-global
FRANCESCO GRATTERI Nel luglio 2001 era direttore del Servizio centrale operativo
(Sco). Nel 2005 fu nominato questore di Bari, per poi passare a capo della Direzione
Centrale Anticrimine nel 2007, fino a ieri era in odore di diventare capo della polizia. Una
carriera fulminante la sua. Accusato di falso aggravato, arresto arbitrario e calunnia, in
primo grado nel 2008 è stato assolto perché il fatto non sussiste. In appello, due anni
dopo, la sentenza è stata ribaltata: 4 anni e 5 mesi di interdizione per il primo reato, per
gli altri due è valsa la prescrizione. Ieri la quinta sezione penale della Cassazione ha
confermato la condanna d’appello per i falsi verbali prodotti nella vicenda della scuola
Diaz, Gratteri dovrebbe venire sospeso immediatamente dai pubblici uffici.
SOCCORSI DOPO LA «MACELLERIA MESSICANA» ALLA DIAZ
A SINISTRA LA SCUOLA DEVASTATA DOPO L’IRRUZIONE DELLA POLIZIA /FOTO EMBLEMA
MOVIMENTO · Continua la campagna per i manifestanti sotto processo
Aspettando il 13 luglio
Giorgio Salvetti
LEGAL FORUM
M
ina alla Diaz c’era.
Adesso è emozionata.
«Sono abbastanza soddisfatta anche se è stato un percorso lungo e molto duro per
noi e anche se si tratta solo di
un condanna a metà. Ormai
dalla giustizia non ci aspettavamo più niente, non credevo
che andasse così. Oggi è il momento di essere contenti. Ma
settimana prossima c’è un altro processo importante».
Il 13 luglio, infatti, la Cassazione si pronuncerà ancora sui
fatti del G8 di Genova. Questa
volta dovrà giudicare dieci manifestanti condannati in appello complessivamente a oltre
100 anni di carcere. La legge
non è mai stata uguale per tutti. Chi aveva una divisa e dava
gli ordini per conto dello Stato
ha comunque avuto un trattamento privilegiato, anche se
aveva torto marcio, come ha
stabilito la sentenza di ieri. E a
questo punto la Cassazione, se
fosse coerente, non potrebbe
accettare le pene durissime
che sono state comminate a un
gruppetto di manifestanti presi
nel mucchio, in molti casi solo
per il fatto di essere stati fotografati nei pressi di una piazza
dove ci sono stati scontri.
Per l’occasione, nel corso dei
processi di primo e secondo
grado, è stato riesumato un articolo del codice Rocco di epoca
Commento
Vogliamo le scuse dello Stato
O
ra il presidente Napolitano
deve chiedere scusa a nome di tutte le istituzioni alle vittime della Diaz, di Bolzaneto,
a tutti i cittadini italiani; deve chiedere scusa per le violenze commesse da rappresentanti dello stato,
per il vergognoso silenzio mantenuto per undici anni dalle istituzioni, per aver promosso coloro che
erano stati condannati per fatti
gravissimi.
Napolitano lo deve fare anche
per il rispetto verso il pubblico ministero Enrico Zucca, verso quei
cinque giudici che emettendo la
sentenza hanno certamente «semplicemente» compiuto il loro dovere, ma un dovere reso difficilissimo dai ricatti di ogni genere che
sono scattati in queste settimane.
«Se confermate le condanne decapitate le istituzioni di sicurezza
del nostro paese», si sono sentiti ripetere incessantemente da chi
con forza ha lavorato perché la ragione di Stato prevalesse sul diritto. Con la loro decisione i giudici
hanno liberato le istituzioni da
chi le occupava indegnamente,
con la complicità dell’insieme del
mondo politico.
Ed è bene non dimenticarsi delle responsabilità politiche, sia di
chi in quelle ore si trovava immotivatamente nella caserma centrale
dei carabinieri, sia di chi ha tentato in ogni modo di coprire i reati,
sia di chi ha reso impossibile la for-
Vittorio Agnoletto
mazione di una commissione d’inchiesta. Ed è bene ricordare che le
responsabilità non sono tutte solo
del centrodestra. La sentenza di
oggi è stata possibile perché per
ora in questo paese vi è ancora,
seppure limitata e ferita, l’autonomia dei diversi poteri, a cominciare dall’indipendenza della magistratura dal potere politico. Oggi
comprendiamo meglio quali rischi abbiamo corso recentemente, rischi mai del tutto superati,
con il tentativo di modificare l’ordine costituzionale.
Tutti i condannati devono ora lasciare il loro posto; è vero, il numero uno, quello che allora era il capo della polizia, Gianni De Gennaro, non è stato condannato. Non
era imputato in questo processo:
ma sono stati condannati tutti i
suoi più stetti collaboratori, coloro
che da lui prendevano ordini e
che a lui rispondevano. La sua responsabilità sia sul piano etico
che professionale è fuori discussione. Deve immediatamente essere
rimosso dall’incarico di sottosegretario con delega ai servizi segreti.
Non possiamo però dimenticare che la stragrande maggioranza
degli autori delle violenze alla
Diaz non sono stati individuati:
avevano il volto coperto dal fazzoletto e dal casco. Alcune centinaia
di poliziotti hanno agito contem-
poraneamente al di fuori e contro
la legge. Questo è un enorme segno di allarme; va rilanciata la
campagna per l’inserimento sulle
divise dei codici di riconoscimento, vanno ridiscusse le modalità di
formazione, va modificato il reclutamento dei poliziotti che oggi avviene soprattutto tra chi ha svolto
anni di servizio militare in scenari
di guerra: non è un caso che poi si
pensi di gestire l’ordine pubblico
come in guerra. E’ necessario tornare alle origini della lotta condotta negli anni ’70 e ’80 per un sindacato democratico nella polizia.
Oggi, per una volta, il diritto, la
legalità hanno vinto contro la ragione di stato. Questa sentenza
parla anche a noi, a coloro che in
questi anni si sono battuti per ottenere verità e giustizia, a coloro
che, anche a sinistra, hanno preferito voltare la testa dall’altra parte
pensando che fosse possibile continuare nelle proprie attività sociali e politiche rimuovendo quanto
avvenuto in quelle giornate.
Ora abbiamo il dovere di riprendere insieme, perché questa era la
nostra forza principale, il filo interrotto allora. Insieme a coloro che
a Genova non c’erano, anche per
ragione anagrafica, ma che oggi
stanno sperimentando sulla propria pelle proprio le conseguenze
di quel sistema che noi a Genova,
undici anni fa, volevamo completamente cambiare.
Eppure
fu tortura
Ezio Menzione
L
GENOVA 2001 /FOTO REUTERS
fascista (il 419), «saccheggio e
devastazione», che prevede dagli 8 ai 15 anni di carcere. E così
una vetrina rotta o un motorino rubato sono stati puniti come una rapina a mano armata
o un omicidio. E senza nessuna possibilità di proscrizione.
Contro questo abuso è nata in
la campagna 10x100. In meno
di un mese l’appello ha raccolto in rete 15 mila firme. E ieri sera a Roma, in piazza Trilussa, è
stata organizzata una kermesse
- fra gli altri si sono esibiti i 99
Posse e gli attori del teatro Valle occupato - per accogliere e
commentare la sentenza sulla
Diaz, per rilanciare la campagna e ribadire che «Genova
non è finita qui».
Il movimento adesso chiede
che la Cassazione rimandi al
mittente la sentenza del 2008
del tribunale di Genova contro
i dieci manifestanti. Quel processo in origine aveva individuato 25 imputati, 15 però vennero scagionati perché fu riconosciuto che gli scontri di cui
loro malgrado sono stati protagonisti furono innescati dalle
cariche delle forze dell’ordine.
Per questo gli è stato riconosciuto il «diritto di resistenza» e
sono stati prosciolti. Gli altri
dieci in questi 11 anni si sono ricostruiti una vita. Per la maggior parte si tratta di giovani,
molti di loro non sono militanti
politici. E non possono pagare
per tutti. Per gli animatori della
campagna 10X100 non si tratta
solo di battersi per dei compagni. «Quello che è successo a
Genova - spiegano - riguarda
tutti, non solo il movimento,
qui e ora. Basta vedere il modo
in cui viene gestito il dissenso
in val di Susa, ma anche le proteste per il posto di lavoro o
contro i tagli di Monti».
Dopo 11 anni, infatti, appare
evidente che i 300 mila che manifestarono al G8 di Genova
avevano ragione. Il mondo governato da quegli otto grandi è
in crisi e il loro modello economico e politico ha fallito. Col
senno di poi, chi si stupirebbe
o si scandalizzerebbe più se oggi qualcuno se la prendesse
con la vetrina di una banca?
Condannare quei dieci serve solo da esempio e da precedente
per chi protesta oggi. Se allora
chi manifestava aveva delle fondate ragioni per farlo, adesso
quei ragionamenti sono diventati cruda realtà. Solo che il movimento, soprattutto in Italia,
dopo Genova si è progressivamente sfaldato. Mancano obiettivi politici credibili, sbocchi
possibili che non inclinino paurosamente verso il populismo,
mentre a pagare i costi dei disastri del neoliberismo sono sempre i più deboli.
Questa rassegnazione sarebbe stata impossibile senza Genova. Fu allora che lo Stato con
una brutalità mai vista ha trasformato il conflitto politico e
sociale in una questione di ordine pubblico, quasi di guerra,
che va risolta con la forza. Fu
l’inizio della crisi anche del movimento. E per questo oggi di
quella storia ci rimangono solo
i processi. La politica infatti ha
abdicato da Genova. Anche durante i governi di centrosinistra
non si è più voluto aprire quel
capitolo per timore di apparire
vicini ai «facinorosi» che con le
mani alzate o con una bombola di gas in mano gridavano il
loro no all’ingiustizia del mondo. Così tutto ciò che resta di
quel G8 è una giustizia che giusta non è, nonostante la sentenza di ieri. E resta il ricordo delle
botte dei poliziotti e dei carabinieri, diventate quasi un feticcio per un’intera generazione
che poi non ha più saputo o potuto sognare un altro mondo
possibile, proprio mentre il
mondo gli crollava addosso.
HEIDI GIULIANI · «C’è un barlume di giustizia»
La sentenza della Cassazione, che ha confermato le condanne per falso dei
vertici della polizia coinvolti nel pestaggio e negli arresti illegali dei manifestanti alla scuola Diaz durante il G8 di Genova del 2001, dimostra che «la
giustizia c’è benché incompleta». Lo ha detto Heidi Giuliani, madre di Carlo,
ucciso con un colpo di pistola durante il G8. «In verità le responsabilità sono più ampie - ha aggiunto Giuliani - e penso all’assoluzione dell’allora capo della polizia e al mancato processo per la morte di mio figlio. Una notizia
positiva. Succede di rado, ma quando accade bisogna accoglierla con soddisfazione. Vuol dire che in questo paese c’è ancora un barlume di giustizia».
Giuliano Giuliani, padre di Carlo, commenta così il verdetto della Cassazione
che inchioda alle loro responsabilità i vertici della polizia. «Ora speriamo che
ci siano altre pagine di questo genere. Cercheremo in tutti i modi di ottenere
verità e giustizia anche sull’assassinio di Carlo».
a Cassazione chiude il capitolo
Diaz confermando che quella
notte fra il 21 e 22 luglio 2001, a
Genova, a G8 ormai concluso, l'irruzione nella scuola fu deliberatamente programmata per giungere ad un bel numero di arresti di dimostranti, indipendentemente dal fatto che nessuno di
loro avesse commesso delitti, ma solo
per "riscattare" l'immagine del loro
corpo. La mattanza che ne seguì, il sangue e la violenza, furono un di più forse all'inizio non intenzionale, ma alla
fin fine necessario per giustificare l'irruzione.
Intenzionali furono sicuramente i
falsi posti in essere per "coprire" le violenze perpetrate nei confronti di giovani inermi, non certo black block: le bottiglie molotov portate da fuori dalla polizia stessa, picconi e sbarre di un attiguo cantiere, una presunta aggressione all'arma bianca contro un singolo
poliziotto. Tutto inventato per giustificare l'irruzione e il macello. Tutto firmato e controfirmato dai funzionari,
come i verbali di arresto (non uno, ma
ben 93!) basati su quelle false prove costruite dalla polizia stessa. Così la Cassazione ha deciso: in linea con quanto
aveva deciso la Corte d'Appello di Genova con una sentenza che, dunque,
non era affatto figlia di una teoria del
complotto contro i bravi servitori dello
Stato, come essi dicevano, ma era invece una ricostruzione solida, provata e
inattaccabile. Lontana mille miglia dalla sentenza di primo grado, tutta attenuazioni e dubbi, pur di salvare i gradi
intermedi della polizia che diressero
l'operazione e addossare ogni responsabilità ad una squadretta di semplici
poliziotti esaltati.
Nemmeno le generiche meritano
questi funzionari che mai hanno riconosciuto le proprie responsabilità, con
un comportamento processuale ben
oltre i limiti della decenza; soggetti che
avrebbero dovuto tenere, proprio per
il loro status, comportamenti che dovrebbero essere ancor più specchiati
di quelli dei semplici cittadini. Ora
molti funzionari di polizia che all'epoca erano quadri intermedi ed ora ne sono ai vertici dovranno lasciare il servizio perché le condanne confermate implicano per legge la interdizione dai
pubblici uffici per cinque anni. Compreso quel potente Gratteri in odore di
assurgere al vertice della polizia stessa
e che ora dovrà rimanere al palo. La
legge con questa sentenza realizza ciò
che i governi in 11 anni non avevano
inteso fare: rimuovere, invece che promuovere, funzionari indegni, falsari e
infedeli al loro stesso compito: non
possono continuare ad agire come rappresentanti dello Stato.
Abbiamo un unico rimpianto: se
in Italia vi fosse il reato di tortura,
imprescrittibile, anche il comportamento materiale di questi poliziotti
sarebbe stato duramente sancito,
mentre, nonostante la bestialità, è
andato prescritto.
La Cassazione, comunque, ha fatto
giustizia di uno Stato che non ha mai
inteso nemmeno chiedere scusa o fare
un gesto di pentimento e riconciliazione nei confronti delle vittime di quella
notte atroce, quando ogni diritto dei
suoi cittadini fu sospeso e calpestato.
* Avvocato del Genova Legal Forum
pagina 4
il manifesto
VENERDÌ 6 LUGLIO 2012
ITALIA
Governo •
Dalla bozza del decreto escono ed entrano varie misure, ma non si toccano
le spese militari. Pare sicura la «pagella» per gli statali, slitterebbe al luglio 2013 l’aumento dell’Iva
SALUTE · Contro i tagli alla sanità pubblica
La rivolta delle regioni
Appello a Napolitano
la natura stessa del Ssn e la tipologia dei servizi offerti. Fra i governaè un governo che fa il
tori presenti all’incontro – De Figioco delle tre carte sui
lippo, Vendola, Polverini, Marini
piccoli ospedali e un mie Rossi – quello che ha più espenistro della Salute che fa il polirienza in materia è il toscano Enriziotto buono, lasciando al resto
co Rossi, che per dieci anni è stato
dell’esecutivo il ruolo di quello
assessore regionale al Diritto alla
cattivo. Ma quando nel tardo posalute. Da lui arrivano i numeri.
meriggio sta per iniziare il ConsiQuelli complessivi: «Se sommiaglio dei ministri, i numeri della
mo tutti i tagli fatti, compresi quelspending review di Mario Monti
li del precedente ministro Treper la sanità pubblica sono quelli
monti, il complesso a regime nel
di un miliardo di tagli per l’anno
corso dell’ultimo anno è di 10,5
in corso, e due miliardi di tagli –
miliardi di euro, a cui vanno somogni anno, ultima brutta novità –
mati i due miliardi di Irpef regioa partire dal 2013. Tanto da conale introdotta di recente, su un
stringere i presidenti regionali,
ammontare di spesa sanitaria di
che hanno la responsabilità di far
109 miliardi. Quindi è lecito dire
quadrare i conti del comparto, a
che il governo ha varato un taglio
denunciare l’insostenibilità della
alla sanità nazionale del 10%». La
/FOTO EIDON
manovra. Con una rottura istituconclusione è tanto amara quanzionale che ha ben pochi preceto inevitabile: «Se il taglio previsto
denti. Tanto da far
riamente conto del rapporto tra dipendal 2013 in poi dopartire un appello
denti e popolazione residente».
vesse essere confer«L’intervento
a Giorgio NapolitaPrecari: dal 2013 «le società direttamato, l’offerta dei
no, perché svolga
mente o indirettamente controllate
servizi subirebbe
del governo
un ruolo di garandalle amministrazioni pubbliche posun drastico camè unidirezionale, biamento».
zia: «L’intervento
sono avvalersi di personale a tempo dedel governo in materminato ovvero collaborazione coorAl ministro Balcontro
il
dettato
teria sanitaria è unidinata e continuativa nel limite del
duzzi, che nell’inlaterale – osserva50% della spesa sostenuta per le rispetcostituzionale». contro ha detto di
no i governatori –
tive finalità nell’anno 2009».
non voler imporre
I governatori
mentre per la CostiTribunali: sono destinati a sparire o
le chiusure dei pictuzione ogni tipo
ad essere accorpati 259 uffici giudiziacoli ospedali ma
denunciano:
di decisione su queri: 37 tribunali, 38 procure e 220 sezioha aggiunto che le
sta materia dovrebni distaccate.
regioni devono ra«manovra
be essere il prodotRadio e Tv locali: dal 2013 viene rizionalizzare i serviinsostenibile»
to di una concertadotto di 30 milioni il contributo statale
zi, Renata Polverizione tra governo e
alle emittenti locali.
ni concede l’onore
regioni».
Tra le misure inizialmente previste
delle armi: «Lo ringraziamo, è staL’incontro della vigilia tra la
dal governo c’era l’aumento dell’Iva
to l’unico a tentare un negoziato».
Conferenza delle Regioni e il minisui beni di consumo. L’aumento non
Al tempo stesso la governatrice lastro della Salute Renato Balduzzi,
scompare, viene però posticipato al
ziale scopre uno dei principali
organizzato per cercare una improssimo al prossimo anno, 1 luglio
bluff del governo: «Voglio vedere
probabile sintesi fra i diktat gover2013. Riduzioni della spesa toccheranbene la norma, perché ancora
nativi e i suggerimenti di chi gestino il «funzionamento dei singoli mininon ho capito se gli ospedali non
sce materialmente il Servizio sanisteri senza portafoglio» ai quali saranvengono chiusi dal governo e batario nazionale, si chiude con una
no ridotti gli stanziamenti «per un rista, o se il governo assegna alle refumata nera, nerissima. Pur apsparmio complessivo non inferiore a
gioni questo ruolo». Duro anche il
prezzando l’impegno del mini20 milioni per il 2012 e di 40 milioni a
pugliese Nichi Vendola: «L’esecustro al dialogo, i presidenti regiodecorrere dal 2013. La riduzione delle
tivo sta realizzando una controrinali ribadiscono che il governo
«spese di funzionamento di Palazzo
forma che viola l’accordo sottonon si sta comportando con la neChigi» comporterà invece un «risparscritto sul Patto della salute per il
cessaria chiarezza. E denunciano
mio di 5 milioni per il 2012 e 10 milio2012. E voglio ricordare che i tagli
che, con la cura Monti, cambierà
ni a decorrere dal 2013».
messi in cantiere dal governo,
con un forte centralismo che non
calcola il lavoro delle regioni, valgono a livello economico quanto
sei aerei F35». Se poi l’umbra KatiItalia: nel 2011 il Ssn ha risparmiato, i cittadini no
uscia Marini ribadisce che si tratta di tagli lineari, «senza che il governo faccia i conti con quanto le
regioni hanno già fatto sul riordino ospedaliero», il lucano Vito De
Filippo mette il dito nella piaga
più dolorosa: «Siamo costretti a
ne: al nord, e soprattutto tra le donnotare una contraddizione tra un
ne, si consumano più antidepressivi
paese che in Europa dice di avere
(+5,4% rispetto al 2003, come media
energie per farcela, e che in patria
nazionale) e al sud più antidiabetici.
chiede queste energie ai più deboGli immigrati mediamente usano
li».
meno farmaci degli italiani, in partiLa controproposta dei presidencolare meno antidepressivi.
ti regionali esiste: «Chiediamo al
Ma il peso maggiore per le tasche
governo di fare subito un nuovo
dei pazienti italiani è quello dei tic"Patto per la salute", magari entro
ket – quelli fissi per ricetta e/o confeagosto, stralciando le previsioni
zione, confermati da 12 regioni, e
di taglio previste dal 2013 in poi.
quelli introdotti per la prima volta
Anni che ancora devono assorbil’anno scorso dalle regioni Emilia Rore i tagli del governo Berlusconi.
magna, Toscana, Umbria e Basilicata
Questo in modo da "costruire" in– che «raggiunge nel 2011 un’incidensieme i risparmi, e non penalizzaza della spesa farmaceutica lorda del
re il sistema». Quanto al miliardo
10,8% (era del 4,2% nel 2007)», come
previsto per quest’anno, a nome
/FOTO TAMTAM
si legge ancora nel rapporto dell’Aifa.
di tutti i presidenti regionali Enrila spesa privata per i medicinali con
«Ma la nostra preoccupazione priorico Rossi spiega: «In via straordinaricetta e per l’automedicazione
taria – ha detto ieri il direttore generaria siamo disponibili a discutere,
(+0,4%). Consumiamo però più farle dell’Aifa, Luca Pani – è la salute dei
perché capiamo le difficoltà del
maci generici: il 55,7% del consumo
malati e quindi l’appropriatezza delpaese in questo momento. Ma vototale (oltre 1,8 miliardi di confezioni
le prescrizioni, non siamo interessati
gliamo essere noi a decidere dove
di medicinali acquistate nel 2011, 30
solo al dato quantitativo ma soprate come tagliare». Alle 20,30 il Conpro capite in media) riguarda i cosidtutto alla qualità delle prescrizioni».
siglio dei ministri era ancora in
detti farmaci «a brevetto scaduto»,
Motivo in più per temere la spending
corso. Preceduto da un lungo inossia quelli che vengono prodotti da
review: «Ci adatteremo alla decisioni
contro a Palazzo Chigi fra Mario
diverse case farmaceutiche, che codel governo, cercheremo di far quaMonti e Renato Balduzzi. Più di
stano il 32,2% della spesa totale. Ma
drare i conti ma – ha aggiunto Pani –
venti minuti, durante i quali il mianche nell’uso dei medicinali c’è
si potrebbero creare dei problemi rinistro della Salute ha spiegato al
una forte disomogeneità tra nord e
guardo una serie di farmaci innovatipresidente del Consiglio l’esito
sud della Penisola: la Sicilia ha il revi che stanno arrivando, per un valodell’incontro con i governatori, e
cord massimo di consumi, la Provinre complessivo di 300 milioni, e dobquanto sia diventata alta la tempecia autonoma di Bolzano il minimo.
biamo sapere se il Ssn intenderà conratura nel rapporto fra il governo
Diverse anche le tipologie di medicitinuare a coprirli o no».
centrale e le regioni.
R.C.
C’
SPENDING REVIEW · Mannaia su dipendenti pubblici, tribunali e informazione
Si salvano solo
gli armamenti
Marina Della Croce
L
e spese militari non si toccano,
restano inamovibili. Il taglio di
cento milioni in due anni agli armamenti, previsto in una delle tante
bozze della spending review circolate
in questi giorni, è infatti sparito dal testo entrato ieri sera al consiglio dei ministri. Al momento in cui scriviamo la
riunione del governo non si è ancora
conclusa, ma tutto lascia credere che il
dietrofront venga confermato. Dalla
bozza del decreto, che sarà discusso in
parlamento alla fine di luglio, è sparita
anche l’annunciata riduzione del numero delle Province (che dovrebbe essere però ripristinato in un secondo decreto estivo) e il blocco delle tariffe.
La mannaia si è invece abbattuta in
particolare sulla sanità, dipendenti
pubblici, tribunali e informazione locale. Settori sui quali regioni e sindacati
minacciano «rotture istituzionali» e
scioperi.
Ecco quali sono (o sarebbero, a trat-
rigenziali di livello generale e di livello
non generale, e delle relative dotazioni
organiche in misura non inferiore, per
ciascuna dotazione, al 20 per cento di
quelli esistenti». Il decreto prevede
inoltre «rideterminazione delle dotazioni organiche del personale non dirigenziale, apportando una ulteriore riduzione non inferiore al 10 per cento
della spesa complessiva relativa al numero dei dipendenti».
Per gli statali arriva anche la cosiddetta «pagella», ovvero «criteri per la
valutazione organizzativa e individua-
le dei dipendenti pubblici».
Buoni pasto: dal prossimo ottobre il
«valore dei buoni pasto attribuiti al personale, anche di qualifica dirigenziale,
delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico non può superare il valore nominale di 7 euro».
Concorsi: vengono «sospesi fino al
2015 per dirigenti di prima fascia».
Enti locali: oltre ai tagli già previsti
dai precedenti provvedimenti, «entro
il 2012 verranno stabiliti i parametri di
virtuosità per la determinazione delle
dotazioni organiche, tenendo priorita-
RAPPORTO · I dati dell’Aifa sull’uso dei farmaci in
Il costo delle cure: +34% di ticket
Eleonora Martini
Lungo (e incerto)
consiglio dei
ministri notturno per
varare la revisione
della spesa pubblica
tativa ancora aperta) le misure previste dai 17 articoli del decreto che ridisegna per l’ennesima volta la spesa pubblica dello Stato ci sono molte cose.
Ospedali: stando alle indiscrezioni
pre-consiglio dei ministri, la soppressione delle strutture con meno di 120
posti letto dovrebbe essere effettuata il
prossimo mese di ottobre. Non lo farà
il governo, ma dovranno farlo le regioni comprese quelle a statuto speciale.
Pubblica amministrazione: «Con decreti del presidente del consiglio dei
ministri, da emanare di concerto con il
ministro dell’economia e delle finanze
entro il 31 ottobre 2012 e fermo restando l’obbligo di adottare entro i successivi sei mesi i regolamenti di organizzazione secondo i rispettivi ordinamenti,
si provvede nei confronti delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, delle agenzie, degli enti pubblici non economici, degli
enti di ricerca, degli enti pubblici ad
apportare una riduzione degli uffici di-
ROMA
A
lcuni dati contenuti nel rapporto dell’Osservatorio sull'impiego dei medicinali
(Osmed) dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa), presentato ieri a Roma
nella sede di via del Tritone, sono illuminanti per capire le conseguenze
dei tagli lineari sulla spesa pubblica
non accompagnati da una appropriata politica di riassetto dei servizi. Nel
2011 la spesa farmaceutica a carico
del Ssn è diminuita del 4,6%, mentre
per i cittadini – malati o ipocondriaci
che siano – è aumentata rispetto all’anno precedente del 5%. Non solo:
la proliferazione di ticket – fissi, regionali, addizionali, ecc. – ci è costata il
34% in più rispetto al 2010.
Dunque lo Stato ha risparmiato
anche grazie allo sconto obbligatorio
imposto alle farmacie dal precedente governo che ha permesso una diminuzione dei prezzi del 6,1%: dei
26,3 miliardi di euro di fatturato annuo del mercato farmaceutico totale, la spesa territoriale a carico del
Ssn è stata di 12,4 miliardi (-4,6%).
Malgrado l’incremento (+0,2%) delle
prescrizioni verso categorie di medicinali più costose e un lieve aumento
dei consumi (+0,7%). Anche se oltre
un quarto della spesa complessiva
nel 2011 riguarda i farmaci erogati attraverso le strutture pubbliche (ospedali, Asl, ecc), ed è pari a 7,5 miliardi.
In totale, a carico del Ssn c’è il 76%
della spesa farmaceutica totale.
Contemporaneamente
però
l’esborso a carico dei cittadini è aumentato fino a raggiungere la cifra di
6,3 miliardi di euro (+5%). Non solo
perché la coperta è stretta, ma anche
perché è cambiato il modo di comperare medicinali da parte degli italiani, probabilmente a causa di un maggiore fai-da-te: infatti, l’acquisto privato dei farmaci di fascia A (cioè quelli rimborsabili dal Ssn) è aumentato
del 21%, mentre è cresciuta del 3,7%
il manifesto
VENERDÌ 6 LUGLIO 2012
pagina 5
ITALIA
Arbitri •
Schifani sotto attacco: è accusato di aver favorito gli interessi economici del Cavaliere.
Debole difesa in senato, duro scontro istituzionale: per Fini «ha fischiato un rigore per la sua squadra»
/FOTO EMBLEMA
NOMINE · I berlusconiani hanno la maggioranza e di colpo l’attesa finisce
Ok il voto è giusto
Rai a misura Pdl
NUOVO CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE
Sostituito il senatore dissidente,
Arriva il vero Gasparri,
la vecchia maggioranza azzurri-Lega
restano i fidati di Arcore conquista quattro consiglieri a viale
E Di Pietro adesso critica
Mazzini. Il Pd ne vota due e uno l’Udc, poi
l’ex collega Colombo
ci sono i componenti indicati dal governo.
Sono sette i consiglieri di amministrazione che la commissione di Vigilanza sulla
Bersani protesta, ma poteva bloccare
Rai ha votato ieri, così come prevede la
legge Gasparri. La novità è proprio l’uomo
le nomine favorendo il commissariamento
che è considerato il vero autore della leg-
ge che durante gli anni del secondo governo Berlusconi ha dettato le nuove regole
della tv così come piaceva al Cavaliere e
alle sue aziende. Si tratta di Antonio Pilati, ex componente dell’Agcom e anche
dell’Antitrust. Con lui il Pdl ha confermato
due consiglieri uscenti, il berlusconiano
Antonio Verro, che prima di approdare a
viale Mazzini era stato deputato di Forza
Italia, e Guglielmo Rositani, scelto invece
tra gli ex An e considerato vicino anche lui
a Gasparri. La quarta poltrona del centrodestra invece è andata a una donna e la
novità è stata permessa dalla confluenza
dei voti leghisti, anche se i padani avevano giurato di non voler partecipare alle
nomine e ancora ieri strillavano contro la
lottizzazione. Si tratta di Maria Luisa Todini, anche lei ex parlamentare berlusconiana. «Ci sono tanti problemi da affrontare ha detto ieri - ma la Rai è una grande
eccellenza a prescindere dal quadro ideologico di riferimento». Non passerà inosservata. Anche l’Udc ha confermato il suo
consigliere uscente, Rodolfo De Laurentiis, mentre il Pd ha scelto di votare due
candidati indicati da alcune associazioni
(Se non ora quando, Libera, Comitato per
la libertà e il diritto d'informazione, Libertà e Giustizia), Benedetta Tobagi e Gherardo Colombo. Che ha subito ricevuto
una stoccata piuttosto pesante dal suo ex
collega di Mani Pulite Antonio Di Pietro:
«Dispiace che una persona di specchiata
moralità - ha detto l’ex pm - debba trovarsi a fare da spettatore come chi in banca
deve assistere muto ad una rapina». In
aggiunta a questi sette, il governo ha nominato un ottavo consigliere, Marco Pinto, e la presidente designata del cda, Anna Maria Tarantola.
Andrea Fabozzi
T
ra consentire l’elezione - forse
irregolare - del consiglio di amministrazione della Rai secondo i voleri di Berlusconi, per poi gridare e protestare, e invece bloccare ancora la nomina del vertice di viale
Mazzini, favorendone il commissariamento, il partito democratico e con
esso l’Idv e l’Udc hanno scelto la prima soluzione. E così, con la commissione di vigilanza ridisegnata in base
alle richieste del Pdl e alle manovre di
Schifani, ieri mattina dopo mesi sono
finite all’improvviso tutte le manovre
dilatorie. Nessuno ha fatto mancare il
numero legale e il Pdl e la Lega hanno
facilmente eletto i loro quattro consiglieri, il Pd i suoi due secondo le indicazioni ricevute dalle associazioni a
cui aveva delegato la scelta, un posto
se l’è garantito l’Udc. Poi tutti e tre
questi partiti del teorico centrosinistra hanno ripreso le proteste, dal
punto in cui le avevano interrotte
mercoledì quando si era diffusa la notizia che Schifani aveva sostituito il
rappresentante del Pdl dissidente, il
senatore Amato, con il più docile senatore Viespoli. Ma più di tutti ha alzato la voce di nuovo Fini che ha definito il collega Schifani «arbitro che fischia un rigore per la sua squadra del
cuore». Scontro istituzionale così violento tra la terza e la seconda carica
dello stato non si era mai visto e probabilmente su una cosa, una sola,
hanno ragione i colonnelli berlusconiani: il presidente della camera esa-
gera per riscaldare un po’ la difficile
campagna elettorale del suo piccolo
partito.
Aggiungono anche, i berlusconiani, che Fini è particolarmente arrabbiato perché erano stati proprio i suoi
di Futuro e libertà ad architettare un
«complotto» (Gasparri), «golpe» (La
Russa), «intrigo» (Quagliariello). Cioè
un patto a cinque tra la finiana Perina, i due consiglieri della vigilanza dell’Idv, la democratica Melandri e appunto il «traditore» Paolo Amato. Per
eleggere la cattolica Flavia Piccoli
Nardelli al posto del berlusconiano
Antonio Pilati. La ricostruzione degli
007 del Pdl - La Russa annuncia di
avere le prove fotografiche dei contatti tra Perina e Melandri avvenuti addirittura nell’aula della camera - zoppica un po’ considerando che il golpista Amato ha in realtà svelato tutto,
annunciando il suo voto contrario alle indicazioni del Pdl prima di poterlo davvero esprimere. Permettendo
così al presidente del senato di sostituirlo in corsa.
Proprio Schifani, richiesto da Pd,
Udc e Idv, ha dovuto spiegare ieri pomeriggio la sua spericolata operazione ai senatori. «Tutto corretto», ha assicurato dalla sua poltrona di presidente. Però si è limitato a ricordare
l’ovvio: il gruppo di Viespoli, «Coesione nazionale» (in pratica ex del Pdl)
aveva chiesto di essere rappresentato
in vigilanza da più di un mese, ma
guarda un po’ è stato accontentato solo un’ora dopo che Amato aveva annunciato il suo dissenso. Il vicepresidente dei senatori Pdl, Quagliariello,
ha provato a scaricare tutto su Viespoli: «È molto probabile abbia fatto ciò
anche tenendo conto delle dichiarazioni del senatore Amato. Ma questo
rientra nella convenienza politica».
Quanto al Pdl, è riuscito a dire, è stato
solo «per combinazione» se ha perso
un commissario ma ha guadagnato
un voto. Dopo di lui ha parlato il protagonista, il senatore Amato, che già
in rotta con Verdini e il vertice del suo
partito ha pronunciato un breve discorso che sancisce il suo definitivo
addio al Pdl: «Non c’è stato nessuno
complotto, semplicemente la volontà
di un parlamentare di riaffermare la
propria autonomia».
Ma più di tutti è stato il Pd ad attaccare Schifani. Bersani ha parlato una
situazione «invereconda» e ha detto
che «così non si può continuare». Ma
non ha chiesto ai suoi di far saltare la
votazione in vigilanza. La presidente
dei senatori Finocchiaro ha detto che
Schifani «ha abbandonato l’imparzialità». Il vicepresidente Zanda è stato
il più duro, accusando la seconda carica dello stato di essere «un giocoliere più che un interprete del diritto» e
di aver inciso «su un’azienda che ha
una diretta connessione non con gli
interessi politici (anche, ma non solo) del leader a cui lei, se mi permette, deve tutto».
Dalle parole però sarà difficile passare ai fatti con una denuncia perché
c’è traccia di precedenti sostituzioni
forzate nelle commissioni bicamerali.
E intanto già litigano Pd e radicali. Il
rappresentante dei radicali in vigilanza, Beltrandi, peraltro indicato dal Pd,
attacca infatti il presidente della commissione Zavoli perché avrebbe dovuto invalidare il voto. Il Pd considera invece Beltrandi responsabile della vittoria berlusconiana, avendo contribuito a far mancare il numero legale
mercoledì, quando ancora si poteva
contare sul voto in più di Amato. Più
ottimista invece sul possibile annullamento del voto in vigilanza è l’ex ministro delle comunicazioni Paolo Gentiloni, del Pd. Che ricorda il caso dell’ex
direttore generale della Rai Meocci:
Berlusconi volle imporlo contro ogni
regola, ma un anno dopo fu dichiarato incompatibile.
SERVIZIO PUBBLICO · «È una trappola»
Santoro firma per La7,
preoccupazione in Rete
Alberto Piccinini
I
l popolo della Rete, si sa, non
è disposto a far sconti. E perciò, senza peli sulla lingua,
mostra preoccupazione e un po’
di delusione per la mossa di Michele Santoro, che porta Servizio
Pubblico a La7. «Dei miei 20 euro
non ho mai saputo nulla, caro Michele, questa non la digerisco», si
arrabbia Pierluigi. «E’ una trappola, dopo due puntate li faranno
chiudere così non avranno più il
tempo di riorganizzarsi», lancia
l’allarme Gianluigi.
Ma intanto, in attesa di altri
chiarimenti (un intervento di Michele Santoro è atteso da ieri sera), con l’annuncio in diretta della
«firma» dato l’altro ieri al tg di Enrico Mentana, l’orologio torna indietro di un anno esatto. Nel luglio
del 2011 la stessa trattativa data
per conclusa e annunciata dallo
stesso Mentana si interruppe infatti all’improvviso, per «problemi
nella definizione dei rapporti operativi tra editore ed autore,» come
annunciava allora un sibillino comunicato. Santoro diede inizio poco dopo al suo esperimento multipiattaforma.
«Già diedi una volta questa notizia – ha precisato ora Mentana – e
non andò bene, ma questa volta
ho verificato». Nel tardo pomeriggio di ieri, ancora, un’agenzia rilancia la dichiarazione di Giovanni Stella, amministratore delegato
di Timedia: «Santoro ha libertà
d’autore, ma paga i danni». Piuttosto minacciosa, almeno nel titolo.
Continua Stella: «Lo scorso anno
Michele Santoro voleva assicurata
piena libertà autoriale, senza assumersi responsabilità e garanzie rispetto ai danni che avrebbe potuto portare».
A dire il vero quando Santoro
denunciò il fallimento della sua
trattativa l’anno scorso tirò in ballo il «conflitto d’interessi», e annunciò la sua disponibilità «a farsi
carico delle conseguenze legali
nella sostanziale autoproduzione
del programma», ma non servì a
molto. Difficile a questo punto valutare le virgole. La dichiarazione
di Stella, ieri, finisce così: «Quest'anno, evidentemente, io gli ho
dato libertà autoriale e lui in cambio mi ha assicurato qualcosa».
Intanto il titolo di Tmedia è balzato in borsa di parecchi punti percentuali. Era già successo l’anno
scorso. Ma l’anno scorso non
c’era la comunità di Servizio Pubblico, i sottoscrittori che con 10 euro a testa hanno dato sostegno al
programma di Santoro trasmesso
per tutta la scorsa stagione da un
network di tv private e dal webcast. E’ rivolto a loro il comunicato apparso ieri sulla pagina face-
book della trasmissione: «Servizio Pubblico resterà produttore
autonomo, indipendente e soprattutto proprietario dei suoi
contenuti. L'unico vincolo che
avremo è il rispetto delle leggi!
Questo anche grazie ai 100.000 di
voi che avete donato per accendere le luci dello studio per una stagione tv, e che oggi prosegue in
un progetto sociale che si chiama
Servizio Pubblico».
Ma il dibattito e il maldipancia
non si fermano. «Bene così continuerete a invitare i Mussolini, Santanche, Tremorti, ecc. - si lamenta
Massimo - Rivoglio indietro i miei
10 euro». Di più, le preoccupazioni, vere o infondate, per l’omologazione del programma, si fondono
a preoccupazioni di altro tipo, del
tutto inedite nello scenario televisivo italiano «Un salto indietro. - dice Massimo - Io non ho la televisione, non potrò più vederlo».
Paul: «Dovete rimanere assolutamente in streaming, per principio». Enrico: «Avete fatto 10 passi
avanti e ora ne fate 10 indietro... i
pantofolai dell'etere saranno felici
di pensare che Internet è solo un
passatempo per giovani bastian
contrari». E infine Andrea: «La tv è
morta! Avete dimostrato che senza media tradizionali non potete
esistere. Esperimento fallito, ora
potete tornare alla preistoria».
La scoperta di un pubblico fedele della tv via web non è novità,
ma fa impressione vederla in maniera così netta e militante si direbbe. A quel che si sa Servizio Pubblico, o come si chiamerà la trasmissione di Santoro si alternerà nella
stagione con quella di Formigli,
evitando zapping imbarazzanti.
FINANZIAMENTO PUBBLICO
NAPOLI
Partiti: è legge la mezza riforma
Meno soldi, un po’ ai terremotati
Spavento per Bassolino
Ricovero urgente, sta meglio
Promessa come antidoto all’antipolitica, è legge la
riforma del finanziamento pubblico dei partiti. Una
mezza riforma, perché precede la scrittura delle regole di funzionamento dei partiti e anticipa solo un
taglio «lineare» del 50% dei fondi. Resta in piedi il
meccanismo dei rimborsi elettorali, che rimborsi propriamente non sono, ma dai 182 milioni si passa a 91, di cui 27 secondo il criterio del cofinanziamento (50 centesimi dallo stato per ogni euro ricevuto dai privati). Previsto un incentivo a candidare le donne: se più di
due terzi delle persone in lista sono dello stesso sesso il partito soffre una decurtazione
del 5%. Ci sarà una commissione «per la trasparenza» composta da 5 magistrati (3 della
Corte dei conti, uno del Consiglio di stato e uno della Cassazione) che vigilerà sui bilanci
delle formazioni politiche, che dovranno anche essere soggetti alla revisione contabile di
società iscritte alla Consob. Ultima novità, i partiti hanno rinunciato a parte dei finanziamenti previsti per quest’anno e l’anno prossimo, facendo il bel gesto di devolvere 165 milioni alle popolazioni colpite dai terremoti. Gli emiliani, ma non solo: valgono tutti i terremoti dopo il 2009. La definitiva approvazione del senato è arrivata con 17 voti contrari (l’Idv),
22 astenuti (la Lega e due senatori del Pd, Ferrante e Della Seta) e 187 sì.
Un brutto spavento ieri per le condizioni di salute
di Antonio Bassolino. L’ex sindaco di Napoli ed ex
presidente della Campania si è sentito male mentre saliva le scale del palazzo che nel capoluogo
partenopeo ospita la sua fondazione, Sudd. Uno
sforzo imprevisto dovuto a un guasto dell’ascensore, poi un mancamento e la corsa
all’ospedale Loreto Mare. I medici hanno appurato che la causa del malore è da attribuire a un’ulcera duodenale che ha provocato un’emorragia interna, in corso da alcuni giorni. Bassolino si era già sentito poco bene lunedì ma aveva trascurato di dare
troppo peso alla faccenda. Adesso dovrà restare in ospedale due o tre giorni, ma ha
già recuperato le forze e ieri sera anche il buonumore. Accanto a lui la moglie, la senatrice Anna Maria Carloni e molti amici. In ospedale sono arrivate le telefonate delle
alte cariche dello stato e quella dei compagni di partito, in primo luogo il segretario
del Pd Pierluigi Bersani e Massimo D’Alema. Anche l’ex sindaca Rosa Russo Iervolino
che proprio da Bassolino ereditò la guida di palazzo San Giacomo ha chiamato per
informarsi, così come il sindaco de Magistris e il governatore della Campania Caldoro.
A questi messaggi aggiungiamo gli auguri del manifesto per una pronta guarigione.
pagina 6
il manifesto
VENERDÌ 6 LUGLIO 2012
ITALIA
Reddito minimo • Al via la campagna per una legge di iniziativa popolare promossa
da associazioni, movimenti, camere del lavoro e partiti. Obiettivo: 50 mila firme entro dicembre
WELFARE STATE · Nuovi diritti sociali per sfuggire al ricatto del precariato e della disoccupazione
Il primo obiettivo:
proteggere le persone
Roberto Ciccarelli
ROMA
C
inquantamila firme per chiedere l’introduzione del reddito minimo garantito in Italia, unico paese europeo - insieme alla Grecia - a non prevedere alcuna
forma di tutela universale in caso di disoccupazione o di transizione lavorativa. È l’obiettivo della campagna per la proposta di una legge di iniziativa popolare promossa da 34 associazioni, movimenti, comitati e partiti (dal Basic Income Network-Italia, a Tilt, da San Precario al Popolo Viola, da Sel al Prc di Roma)
che ieri hanno iniziato a raccogliere le firme
in un gazebo eretto sotto un sole cocente in
largo Torre Argentina a Roma.
Pubblicata sul sito redditogarantito.it, dove
Vendola (Sel): «Il reddito
minimo garantito,
oltre ad essere giusto,
è anche una misura
antirecessiva»
verranno raccolte le adesioni, le idee, le iniziative e i luoghi dove firmare, la proposta di legge prevede l’erogazione di un reddito pari a
7200 euro all’anno, 600 euro al mese rivalutati
annualmente sul costo della vita elaborati dall’Istat, e intende garantire ai cittadini con residenza in Italia da due anni, iscritti ai centri
per l’impiego, una base economica al di sopra
della soglia di povertà. La proposta di legge riconosce inoltre un sussidio annuale, rinnovabile, a tutte le categorie dei lavoratori indipendente, autonomi con partita Iva, precari, flessibili, come accade nella stragrande maggioranza dei paesi europei. Di nuovo, nella proposta, c’è anche il «salario minimo orario»,
cioè un tetto minimo sotto il quale non è possibile pagare i collaboratori e prevede una riforma degli ammortizzatori sociali. Una volta
DANIMARCA
PARLAMENTO EUROPEO
MESSAGGIO A SINISTRA
Una risoluzione
tra le più avanzate
Giustizia sociale
per uscire dalla crisi
(e dal coma)
Il 21 ottobre 2010 il Parlamento europeo
ha varato, con una maggioranza «bulgara» (
540 voti a favore, 30 contro) una risoluzione sul «reddito minimo nella lotta contro la
povertà» tra le più avanzate al mondo (il
testo è consultabile sul sito www.bin-italia.
org). In Europa vigono due modelli di sostegno al reddito. Da una parte c’è il sussidio
di disoccupazione che viene riconosciuto a
tutti i lavoratori, compresi i «flexworkers» e
le partite Iva. Questo sussidio ha una durata
variabile, ma contingentata: in alcuni
casi dura 4 anni, in
altri 2 o 3. Terminato il sussidio di
disoccupazione, chi
non è riuscito a
trovare un impiego
stabile entra nel
regime del reddito
minimo garantito
che riguarda anche
gli inattivi, gli studenti, le ragazze madri,
oltre che i disoccupati di lunga durata. C’è
il modello centro europeo, con Belgio e
Olanda con leggi che risalgono agli anni
settanta del Novecento. C’è il modello anglosassone, che risente della cosiddetta svolta
«workfare» che restringono i criteri di accesso al reddito vincolandoli all’accettazione di
un lavoro che penalizza l’autonomia degli
individui. Il modello scandinavo prevede un
ampio ventaglio di interventi ra i quali il
sostegno al reddito è uno dei capisaldi. E,
infine, il modello mediterraneo, con l'Italia e
la Grecia che non hanno mai approvato forme di reddito minimo. La Spagna, un altro
dei paesi europei travolti dalla crisi, può
invece contare su forme di reddito sociale.
FOTO SIMONA GRANATI
approvata, il governo sarà obbligato a creare
un sussidio unico di disoccupazione esteso a
tutti i lavoratori, al di là della tipologia contrattuale e lo obbliga a riordinare tutte le prestazioni assistenziali. Per quanto riguarda le Regioni e gli altri enti locali, la proposta prevede
l’erogazione di un «reddito indiretto» attraverso l’ affitto, servizi culturali o trasporti.
Ricavata dalla legge sul reddito approvata
dalla Regione Lazio nel 2009 che vide l’adesione di oltre 115 mila persone, mai più rifinanziata dalla giunta Polverini, la proposta di legge fa
proprio il suo concetto più importante, quello
di «congruità». Questo significa che l’accettazione di un’offerta di lavoro è valida solo se
congrua con gli studi e le competenze acquisi-
GRECIA
te da una persona nei suoi lavori precedenti. Il
beneficiario del reddito minimo potrà dunque
rifiutare un’offerta di lavoro sottopagato, esposto al ricatto e non coerente con la sua formazione. La prospettiva dello scioglimento delle
Camere non spaventa i promotori. Sono, anzi,
convinti che l’iniziativa sia uno stimolo per la
prossima maggioranza ad adottare una vera riforma del Welfare. E auspicano l’adesione dai
sindacati che si dichiarano favorevoli al reddito garantito, come ad esempio la Fiom stando
alle parole del segretario Landini ha rilasciato a
Il Manifesto il 4 luglio. «Crediamo che questa
sia l’occasione per imporre il reddito nell’agenda politica del paese - afferma Sandro Gobetti
del Bin - l’urgenza di questa proposta viene evi-
BELGIO
Indennità d’avanguardia Nessuna garanzia
senza condizioni
per chi perde l’impiego
Cittadini o apolidi,
«minimax» per tutti
La Danimarca è uno dei paesi europei all’avanguardia nelle politiche sul reddito.
Più volte presa ad esempio nel dibattito
italiano, prima che il ministro del Welfare
Elsa Fornero facesse marcia indietro sulla
proposta di introdurre il reddito minimo,
nel paese guidato dalla 44enne Helle Thorning-Schmidt, prevede un’indennità di
1325 euro al mese (dati 2010). Per riceverlo i cittadini stranieri devono avere vissuto in Danimarca durante 7 degli ultimi 8
annui. Le indennità superiori ai 6 mesi
vengono erogate solo ai cittadini danesi. I
beneficiari possono essere i single, le coppie e anche i figli.
Per ricevere il reddito non vengono
imposte condizioni
legate all’età, ma
solo di rado viene
riconosciuto ai
minori che sono
mantenuti dai propri genitori. L’indennità viene riconosciuta temporaneamente quando una persona versa in
particolari condizioni di disagio, ad esempio la malattia o la disoccupazione. Sono
previste integrazioni, e indennità una tantum, per persone sopra i 25 anni che devono affrontare spese importanti per il sostegno della famiglia o per la casa. Altro capitolo è quello che prevede contributi specifici per chi non riesce a coprire cure mediche, odontoiatriche, o l’istruzione dei figli.
Il versamento del reddito è sospeso se il
beneficiario, o il suo partner, si allontana
dal luogo di lavoro assegnato nel quadro
di un progetto occupazionale.
In Belgio il reddito minimo, o reddito di
integrazione sociale, viene chiamato «minimax». L’erogazione di questa indennità
viene regolata da una legge del 2002 sul
diritto che stabilisce un diritto individuale
che garantisce un’indennità di 725 euro a
chi non dispone di risorse sufficienti per
vivere. Ne può usufruire chiunque, i cittadini belgi, gli apolidi con permesso di soggiorno, i rifugiati e gli stranieri dopo sei
mesi dal loro trasferimento nel paese. Il
reddito minimo anche chi ha appena smesso di ricevere il sussidio di disoccupazione.
L’ammontare del cosiddetto «reddito d’integrazione» viene
stabilito a livello
nazionale, a dispetto di un paese fortemente caratterizzato da differenze
regionali, culturali
e linguistiche. I
destinatari possono essere i single,
coloro che vivono
con un familiare a
carico, che sia un convivente o un coniuge,
ma anche un figlio minore a carico. La particolarità del welfare belga è data dal fatto
che il reddito viene erogato alle persone
che si prendono cura di un figlio minore
non sposato. Misure paragonabili esistono
in Lussemburgo, dove il reddito viene definito « revenue minimum guaranti» e viene
riconosciuto «fino al raggiungimento di una
migliore condizione personale». L'importo
è di 1.100 euro mensili. In Austria c'è la
sozialhilfe che viene aggiunta al sostegno
per il cibo, il riscaldamento, l'elettricità e
l'affitto per la casa.
Leggere il rapporto del Missoc, il sistema
informativo europeo sulla protezione sociale, sulla situazione della Grecia lascia senza fiato. Dal 2005, anno dell’ultima pubblicazione, poco o nulla è cambiato per quanto riguarda le tutele e le garanzie a sostegno di chi ha perso il lavoro. E la crisi ha
peggiorato sicuramente la situazione. Non
esiste nessuna legislazione, né vengono
delineati i principi generali, senza parlare
delle risorse che ieri, come oggi, non solo
non vengono stanziate, ma nemmeno previste. Non sono previste misure a sostegno
dell’assistenza sanitaria, per l’alloggio. In
compenso, si prevede un sussidio di
disoccupazione per
chi è alla ricerca di
prima occupazione
e per alcune categorie di «rimpatriati». C’è un forfait
per i bambini non
protette, alcune
misure per le madri senza supporto
finanziario, un assegno per il riscaldamento per le persone disabili. La Spagna, invece, è in una situazione lievemente migliore
rispetto agli altri paesi del mediterraneo.
Le 17 comunità autonome che compongono il paese non seguono una legge nazionale e combattono la povertà mediante
indennità in contanti per i fabbisogni minimi delle persone e spesso il diritto soggettivo al reddito è condizionato dalle disponibilità di bilancio, lo sviluppo dell’indice dei
prezzi al consumo e dipende dalle decisioni delle comunità autonome . L’indennità
dura in genere 12 mesi.
denziata ogni giorno dai dati che raccontano
un default sociale sempre più grave, 36 per cento di disoccupazione giovanile, un tasso reale
di disoccupazione ben più alto di quello ufficiale, che sfiora il 20 per cento». »Quando si evoca
l'Europa - ha dichiarato il segretario di Sel Nichi Vendola, tra i primi firmatari della proposta
di legge - si dimentica che c'e' un voto del Parlamento europeo che chiede l'introduzione del
reddito minimo che, oltre ad essere una misura
giusta è anche una misura anticiclica». Per Mariapia Pizzolante, portavoce nazionale di Tilt, il
reddito è «un argine contro il ricatto in cui vivono le donne sul lavoro e in famiglia. Il reddito è
uno strumento per liberarci dai vincoli economici che diventano poi culturali e di pensiero».
PAROLE · Dibattito vivace e molte definizioni
A inizio dicembre, il ministro del Welfare Elsa Fornero ha espresso un «giudizio
personale, ma non del governo» a favore del reddito minimo garantito. Poi ha
desistito, preferendo la mediocre riforma del sussidio di disoccupazione ribattezzato «Aspi» e «mini-Aspi». Ciononostante il dibattito sul reddito è sempre stato
vivace e molte sono le definizioni. C’è quella neo-liberista di Milton Friedmanbasata sull'idea di un'«imposta fiscale negativa» e sullo smantellamento dello stato sociale, con l'eccezione della giustizia e della difesa. Ci sono Philippe Van
Parijs o Guy Standing che propongono l’idea che ogni individuo, a prescindere
da qualsiasi altra condizione (sesso, religione, età, condizione professionale),
ha diritto ad un reddito incondizionato. Chi riflette sul capitalismo cognitivo ritiene che il «basic income» sia il corrispettivo del salario in epoca fordista. Ancora
di recente, l’economista Tito Boeri ha proposto un reddito minimo a fronte di
una maggiore flessibilità del lavoro. Da sempre al centro delle rivendicazioni dei
movimenti sociali (come la Mayday milanese), il reddito è un riconoscimento
dell’autonomia dell’individuo ed è ispirato ad un modello di welfare attivo.
Giuseppe Allegri
N
ella depressione sociale ed
esistenziale che pervade questo Paese è da salutare con
una notevole dose di entusiasmo la
proposta di legge di iniziativa popolare per introdurre il reddito minimo
garantito nella nostra legislazione,
ancora priva di una misura così fondamentale per la tutela della dignità
personale. Soprattutto dinanzi a una
crisi che condanna milioni di donne
ed uomini al rischio povertà e alla miseria economica e sociale, in una vita asservita all'ossessione del lavoro
e della sua mancanza.
Questa iniziativa dovrebbe anche
scuotere il coma letale, riguardo alla
previsione di politiche sociali minimamente garantistiche, in cui è
sprofondato il centro-sinistra al governo nell'attuale, rimodellata, unità nazionale per salvare il Paese a
suon di politiche recessive e di austerity imposte dall'Unione europea.
Ma una volta tanto i leader – o quel
che ne rimane – della sinistra parlamentare potrebbero avere l'intuizione di osservare – e possibilmente dire, nelle loro quotidiane e logorroiche dichiarazioni stampa – che proprio la garanzia di un reddito di base ci è richiesta dall'Unione europea, per lo meno da un ventennio, a
cominciare da una celebre raccomandazione del 1992 (la 92/441
Cee), rispetto alla quale rimaniamo
tuttora inadempienti.
Soprattutto un'iniziativa popolare
di tale tenore permetterebbe di parlare all'intera società e non è per nulla
un caso che questa proposta parta
proprio con una spinta dal basso di
quell'associazionismo consapevole
che sul tema del reddito minimo garantito si gioca non solo la lotta alla
povertà e all'esclusione sociale, ma
la concreta possibilità di affermare
una nuova idea di società e un radicale ripensamento del nostro sistema di Welfare; tutelare la persona
«nel mercato del lavoro» – come va
di moda dire – o, piuttosto, nella società in cui la persona vive, si organizza e tesse le sue relazioni; portare le
garanzie aldilà dell’impiego tradizionale. Questi sono i modi per rilanciare un progetto egualitario di garanzia intergenerazionale.
Il reddito minimo garantito può essere inteso come un nuovo diritto
fondamentale: uno ius existentiae,
per realizzare una rete di protezione
che affronti meglio la crisi sociale
che stiamo attraversando. Ed è un rimedio alla crisi esistenziale che impedisce di abbandonare le persone
nei momenti di difficoltà. Insomma
il reddito minimo garantito è uno
strumento di eguaglianza delle persone (nelle tutele) e di sviluppo dell'autodeterminazione esistenziale di ciascuno. E prospetta una società realmente garantista che metta nelle
condizioni di rilanciare la propria
esperienza e quindi contribuire al miglioramento sociale. Il reddito è, infine, l'affermazione di un modello sociale che permetta di sfuggire ai ricatti e investire collettivamente su forme di buona e degna vita, ancor più
in un contesto di impoverimento generalizzato e intollerante populismo.
Tutto questo dovrebbe parlare in
modo evidente e ineludibile a quel
che resta della sinistra. La riappropriazione di un tradizionale strumento di democrazia diretta, per imporre alle sorde rappresentanze parlamentari scelte di politiche sociali più
garantistiche – a partire dall'introduzione di un reddito minimo garantito – ci parla della possibilità di praticare un'uscita dalla crisi affermando
una reale giustizia sociale, a fronte di
un uso retorico che invoca un’equità
che si trasforma nel suo opposto. Lo
capirà l'agonizzante sinistra sindacale e parlamentare? Intanto quel che
di meglio si muove nella società sembra averlo capito.
il manifesto
VENERDÌ 6 LUGLIO 2012
pagina 7
ITALIA
I lavoratori degli
Studios in crisi
pilotata, da tempo
in agitazione,
si oppongono
alla distruzione del
simbolo del cinema
Aumento Iva, che spettacolo
Nella stanza dei bottoni montiana sull'Iva ne inventano
una al giorno. L'ultima é aumentare di due punti
le aliquote del 10 e del 21%, ma solo da luglio 2013
a dicembre 2013. Poi, da gennaio 2014, sarebbe prevista
la riduzione "definitiva" di un punto, che stabilizzerebbe
l'Iva all'11 e al 22%. Se questa idea passerà,
sugli scaffali dei supermercati la confusione sui prezzi sarà totale.
Prezzi che salgono, prezzi che scendono...
E come al solito qualcuno sfrutterà l'occasione per guadagnarci.
alka seltzer
Silvana Silvestri
E
ra stato annuncato già da alcune settimane l’occupazione di
Cinecittà come estrema iniziativa da parte dei lavoratori contro il ritorno del progetto Abete di snaturamento degli studi in versione alberghi, resort, ristoranti e la delocalizzazione
dei lavoratori: non la semplice la compravendita della forza lavoro verso altre società, ma l’offesa di essere inviati
per lo più a lavorare in un parco giochi. Contro la distruzione del più famoso centro di produzione del mondo la
risposta è l’occupazione, lo striscione
«Cinecittà occupata» che campeggia,
tre lavoratori che hanno iniziato lo
sciopero della fame, un presidio all’esterno e all’interno degli stabilimenti: iniziano ad arrivare le adesioni, cominciano ad organizzarsi le categorie
per sostenere la lotta dei lavoratori:
Vendola, Rifondazione, Pedica (Idv)
annuncia un presidio davanti a Palazzo Chigi, Di Pietro chiede l’intervento
di Ornaghi e Fornero, il Movem, il coordinamento di tutte le asociazioni
professionali si organizza per essere
sul posto e coinvolgere i politici.
Ma in questo momento i protagonisti sono i reparti di scenotecnica, i lavoratori che ormai possono essere trasferiti dagli studios da un giorno all’altro
come ci spiega il sindacalista Massimo
Corridori poco prima dell’annunciata
assemblea pubblica. Tenteremo tutti i
passi, parleremo con i politici, ci aveva
detto qualche settimana fa. Cosa è successo per decidere l’occupazione? «Abbiamo fatto incontri con i politici e i risultati non sono stati positivi, ci dice.
Tra l’altro l’azienda ha avviato le procedure di legge e domani o dopodomani
finiscono quelle dei lavoratori delle costruzioni scenografiche. Una volta finite le procedure i lavoratori possono es-
POLEMICHE
Perché va in scena
questo abbandono?
«C
GLI STABILIMENTI DI CINECITTÀ/FOTO EIDON
MOBILITAZIONE · Contro la cementificazione dei terreni pubblici
Le maestranze
occupano Cinecittà
sere trasferiti il giorno dopo. In questa
situazione abbiamo deciso di forzare
la mano per richiamare l’attenzione
dei mass media, delle forze politiche e
di tutto il mondo dello spettacolo che
si dice pronto a sostenere le manifestazioni quando vedono minacciato il
mondo della cultura, ma queste forze
non le vediamo». Dal momento in cui
è stato lanciato l’allarme si è fatto vedere qualcuno? «Quelli del mondo dello
spettacolo sono praticamente inisistenti, al di là delle dichiarazioni, per
esempio Vecchioni che ci ha mandato
un messaggio, sarebbe stato disposto
a venire, qualche altra lettera di sostegno, molte chiacchiere e nessuna cosa
tangibile. Noi stiamo facendo un blocco e tre lavoratori sono in sciopero della fame, non solo per difendere il posto di lavoro, ma per manifestare al
mondo quello che noi riteniamo un delitto, la morte dell’azienda più importante del settore cinematografico.
I registi, gli attori, le comparse, i musicisti, non c’è nessuno, non si fanno
sentire, sembrano tutti scomparsi. E
questo già da un mese, è strano». Ma
Società/ I RISULTATI DELL’ULTIMO RAPPORTO
Se i figli assistono alla violenza.
I dati e la ricerca di Telefono Rosa
Luisa Betti
L’
87% delle donne che si sono rivolte al Telefono Rosa l’anno scorso, hanno
subito violenza domestica. A dirlo
è la stessa associazione, che da anni lavora contro la violenza di genere in Italia, e che ieri ha presentato a Roma il rapporto «Le voci
segrete della violenza», sottolineando che in sei mesi i femmicidi
sono arrivati a 71, in una mattanza eseguita per lo più da partner
o parenti stretti. Dati che rimarcano l’inadeguatezza del governo e
che - malgrado le rassicurazioni
della consigliera Patrizia De Rose
(capo del Dpo, Dipartimento Pari
Opportunità) che ha elencato
con dovizia le misure prese del
Dpo – hanno spinto la presidente
di Telefono Rosa, Gabriella Moscatelli, a sottolineare come di
fronte a una emergenza di queste
dimensioni sia necessaria non
una delega, come quella affidata
a Fornero (ministra del Lavoro)
sulle pari opportunità ma «la presenza di un ministero con pieni
poteri e con portafoglio».
In più dall’indagine emerge un
dato interessante, e cioè che
l’80% delle donne che hanno chiesto aiuto al Telefono Rosa, aveva
figli al momento della violenza.
Donne che durante i colloqui hanno dichiarato di aver subito per
anni botte, maltrattamenti e abusi in silenzio, pur di non allarmare
i bambini. «Molte di loro – ha detto Paola Matteucci, a capo dell’equipe psicologhe – ci hanno detto di non aver denunciato per
non impaurire i figli, dichiarando
che in quel momento erano convinte che un padre, anche se violento, era meglio di niente».
In realtà i dati sugli effetti che la
violenza assitita ha sui minori sono devastanti. Poco tempo fa uno
studio dell’University College di
Londra, coordinato dal dottor Eamon McCrory del dipartimento di
Psicologia e Scienze del Linguaggio, ha provato scientificamente
come l’effetto della violenza domestica sul cervello del bambino che
vi assiste sarebbe uguale al trauma subito da un reduce di guerra.
L’Onu nel 2006 stimava «che i
bambini spettatori di violenza domestica fossero tra i 133 e i 275 milioni all’anno», mentre in Italia lo
studio del progetto europeo Daphne III, ci dice che su quasi 7 milioni di donne che hanno subito almeno una forma di violenza, almeno 700mila avevano figli al momento del fatto, un dato che porta
a un’ipotesi di «circa 400mila»
bambini «spettatori».
Il Coordinamento Italiano dei
Servizi contro il Maltrattamento e
l’Abuso all’Infanzia (Cismai) fa
un’impressionante lista di cosa
s’intenda per violenza assistita in
ambito familiare: dal «fare esperienza di qualsiasi forma di maltrattamento compiuto attraverso
atti di violenza fisica come percosse con mani oppure oggetti», a
«impedire di mangiare, bere e dormire, segregare in casa, chiudere
fuori casa, impedire l’assistenza e
le cure in caso di malattia, assistere a violenza verbale, psicologica,
svalutare, insultare, isolare dalle relazioni parentali e amicali, minacciare di picchiare, di abbandonare, uccidere, suicidarsi o fare stragi». Un elenco a cui si aggiunge la
violenza economica, sessuale, e le
violenze messe in atto da minori
su altri minori o su altri membri
della famiglia. Di questi abusi il mi-
nore può fare esperienza direttamente e indirettamente, percependone gli effetti come il sentire percosse, rottura di oggetti, grida, insulti, minacce, pianti: tutti atti che
hanno un impatto devastante sul
minore che percepisce la disperazione e il terrore della vittima.
Alessandra Palatella, psichiatra
del Telefono Rosa, segue la violenza assitita e/o subita dai minori
che accompagnano le mamme in
cerca di aiuto perché vittime di violenza domestica: «Nella mia esperienza – racconta - posso dire che
il 75% dei minori che si sono presentati era evidentemente affetto
da disturbi legati a questo problema, anche se in realtà posso dire
che tutti i bambini con cui ho parlato avevano percepito la violenza
in casa. Basta vedere un oggetto
rotto, la mamma con un occhio nero. Ma la cosa più grave è che i genitori non si accorgono del disagio
dei figli, acuito dal fatto che a scuola, invece di aiutare e capire, gli insegnanti spesso scambiano il disagio con un comportamento caratteriale». Gli effetti della violenza assitita dai minori vanno dai disturbi
alimentari, alla euresi, ma anche
ansia, depressione, paura, difficoltà a scuola, iperattività, aggressività, difficoltà dell’attenzione, insonnia, incubi, reazioni acute come
pianto, grida, tremori, fino a blocchi della crescita e ritardi mentali.
In Italia non esiste una legge
specifica in materia di violenza
assistita e si fa riferimento agli articoli 330 e 333 del codice civile in cui si parla di «grave pregiudizio e violenza psicologica sui
bambini» – e all’art. 572 del codice penale che è «maltrattamento». Una legge che forse sarebbe
ora di scrivere e proporre.
quali sono in questo momento i set al
lavoro? «Quelli delle fiction, ma neanche loro si sono fatti sentire e non è
che siamo invisibili. Noi siamo la parte
che prepara le riprese, l’audio, gli effetti digitali, lo sviluppo e tutti questi reparti sono in sciopero pesante: 8 ore al
giorno proclamato per 5 giorni lavorativi. Stiamo levando alle persone 40
ore di lavoro a stipendi di 1100, 1200
euro. La grande sorpresa è che il mondo del cinema è silenzioso, è assente.
Non solo noi che siamo 250, ma parlo
delle migliaia di persone che lavorano
nel cinema in carne ed ossa, non a parole. Ieri sera siamo stati contenti perché sono venuti dieci ragazzi della
scuola di cinema di scenografia Gian
Maria Volonté. Capiscono che è un
mondo minacciato che rischia di
scomparire ed è anche il loro mondo,
quindi sono disposti a fare qualunque
cosa, hanno fatto le due, le tre di notte.
Vogliamo che tutto un mondo venga a
conoscenza della drammatica situazione: la scomparsa di Cinecittà. In questo senso ho lanciato un appello al presidente della repubblica, perché lui
non può ricevere solo quella che lui
chiama l’Italia migliore, i milionari del
pallone, ma anche la gente come noi
che lotta ogni giorno per il posto di lavoro, che è l’Italia vera, su cui poggia la
ricostruzione. Caro presidente, chiamaci a noi e agli altri lavoratori delle
aziende in crisi. Noi poi non siamo in
crisi, perché questa è una crisi voluta,
pilotata per cementificare Cinecittà su
terreni pubblici da parte di un imprenditore foraggiato dai poteri forti, perché i beni che gli sono stati concessi
dal ministero (perché i diritti edificatori erano del ministero) non erano per
fare alberghi, ma per sviluppare Cinecittà. Uccidere questa azienda è un delitto». Dopo l’assemblea, dice, proietteremo Troppo forte di Verdone. «Avevamo quello e Ben Hur. Ben Hur no, allora Verdone». Verrà a Cinecittà?
inecittà
Sandro Medici
canto. E’ un pezzo
okkupadell’identità naziota». Fa
nale, è un monuuna certa impressione quello
mento del moderno italiano.
striscione disteso sull’architraNon può essere trattata come
ve razionalista, lo storico proun deposito su cui scaricare vospetto degli stabilimenti di Cilumetrie immobiliari. E invece
necittà. Uno stridore, un grafè quel che sta succedendo, in
fio, un grido. Forse un ultimo
un’atmosfera di reticente contentativo per salvare una delle
nivenza o di esplicito consenesperienze artistiche e culturaso. Governo, Regione, Comune
li tra le più rilevanti dell’Italia
hanno già dichiarato il loro socontemporanea. E quel che
stegno: muoia Cinecittà e via lipiù sorprende è che a consubera a ruspe e betoniere.
mare questo gesto così estreI lavoratori si ribellano a quemo, forse disperato, siano i lasto destino, e non lo fanno solo
voratori, gli scenografi, i montaper difendere il loro lavoro: ditori, le sarte e le truccatrici, i famostrano più consapevolezza
legnami, gli impiegati e le imdi molti altri a cui verrebbe inpiegate. Non i registi, gli attori,
vece richiesta. Sostengono che
gli sceneggiatori, i tanti autori
gli stabilimenti potrebbero esseche compongono l’universo cire rilanciati e diventare compenematografico italiano, quei
titivi, se soltanto venissero libenomi che il mondo conosce e
rati dai laccioli aziendalisti di
riconosce per la loro professiouna società che in tanti anni
nalità, il loro vanon è riuscita a
lore, la loro macreare sviluppo
«Governo,
estria.
e ha anzi acuito
Cinecittà sta
Regione, Comune la crisi. Chiedomorendo, frano che la quota
hanno dichiarato
zionata e spacsocietaria pubchettata, subblica residuale
il loro sostegno:
affittata e di(il 20%) venga
muoia Cinecittà
spersa, e sono
loro affidata afpoche, pochisfinché si trasfore via libera a
sime le voci
mi in potenziaruspe e betoniere» le produttivo,
che s’oppongono, s’indignagestito in forma
no. Ad affiancare i lavoratori ci
cooperativistica. Una sorta di
sono i sindacati di categoria,
riappropriazione pubblica alqualche parlamentare e quall’interno di una privatizzazioche consigliere, il locale Munine, da usare come impulso di ricipio, una manciata di associasanamento e di ripresa produttizioni culturali. E tutti gli altri?
va. Esattamente all’opposto di
Le istituzioni, i vertici sindacaquanto oggi si teorizza e si ritieli, i partiti, gli intellettuali? Non
ne, laddove la sfera pubblica
ce n’è traccia.
viene considerata improduttiva
Cosa sta succedendo? Ci si
e parassitaria, mentre quella prideve rassegnare alla definitiva
vata, dinamica e promettente.
dispersione di una realtà tanto
Non è un’ipotesi avventata,
prestigiosa? Il modello a ciclo
un’utopia consolatoria. Ci si poproduttivo completo di Cinecittrebbe provare, se ci fosse una
tà è diventato obsoleto, antivolontà politica lungimirante e
economico e anche un tantino
meno servile. Magari si scopristucchevole? Insomma hanno
rebbe che funziona davvero,
ragione i padroni privatizzatori
che in una Cinecittà riconsea smantellare tutto e trasformagnata alla manifattura e alla tecre gli stabilimenti in aree edifinologia, depurata da ritorni ficabili e in tal modo rimpinguananziari e mire speculative, torre bilanci ed esercizi?
nerebbero le produzioni che
Ma Cinecittà non è soltanto
oggi vagano per il mondo, si poun impianto industriale, più o
trebbe riattivare quella ricerca
meno investito dalla crisi del ciespressiva da tempo smarrita.
nema e non solo. E’ molto, molUn po’ com’è successo al Teato di più. E’ un patrimonio cultro Valle, che mai prima d’ora,
turale difficilmente comprimilungo quest’intero anno di ocbile a mero riscontro contabile.
cupazione, era riuscito a riemE’ storia, è arte, è memoria, è inpire palchi e platee.
MINORENNI STRANIERI
AUTO
Le comunità di accoglienza
denunciano l’insolvenza dello stato
Fallisce (anche) la De Tomaso
di Gianmario Rossignolo
Il Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (Cnca)
denuncia come insostenibile la situazione in cui si trovano le
comunità che hanno dato disponibilità all’accoglienza dei minorenni stranieri giunti in Italia a seguito della cosiddetta
«Emergenza Nord Africa». Le cooperative sociali e le associazioni - molte con sede nel Sud Italia - vantano infatti un credito ingente nei confronti dello stato per la mancata erogazione
delle risorse economiche promesse nel periodo 2011-2012.
Ad esempio tre organizzazioni del Cnca che hanno accolto
circa 150 minorenni devono ricevere 270mila euro. Inoltre
viene lanciato l’allarme sul fatto che nulla è stato previsto in
vista della conclusione della «fase emergenziale», cioè dal
2013 in poi, sulla sorte dei ragazzi. Il Cnca chiede dunque al
governo il saldo totale delle accoglienze sostenute nel periodo
2011-2012 e l’emanazione di atti formali – linee di indirizzo e
adeguata copertura finanziaria – finalizzati a garantire l’assistenza ai minorenni accolti dopo il 31 dicembre 2012.
Il giudice fallimentare di Livorno Luigi Di Franco ha dichiarato il
fallimento dell’industria auto De Tomaso dell’imprenditore Gian
Mario Rossignolo. Per la De Tomaso, marchio storico di auto sportive, è il secondo fallimento dopo quello del 2004. Rossignolo, un
passato importante in Telecom e in Electrolux, aveva rilevato lo
stabilimento Pininfarina di Grugliasco, acquistato con tutti i macchinari, e quello della Delphi di Livorno, grazie anche al sostegno delle rispettive Regioni. L’anno scorso aveva poi provato a prendere la
fabbrica Fiat di Termini Imerese, chiusa l’anno scorso, andata poi
alla Dr Motor dell’imprenditore molisano Di Risio e anche lui per
ora messo fuori, almeno finché non troverà un partner che ripiani
una parte dei debiti. La sentenza di fallimento della De Tomaso è
stata pubblicata ieri, dopo un'unica udienza. Curatore fallimentare
è stato nominato Paolo Carotti, commercialista a Livorno, mentre
giudice delegato è lo stesso Luigi De Franco. Rossignolo non si è
opposto al fallimento né ha chiesto il concordato. A Livorno l'istanza di fallimento è stata presentata da un solo creditore.
pagina 8
il manifesto
VENERDÌ 6 LUGLIO 2012
INTERNAZIONALE
MEDIO ORIENTE · Il presidente iraniano Ahmadi Nejhad all’Egitto: «Mursy venga a Tehran per i Nuovi Allineati»
Un «inaspettato» invito persiano
È
davvero un segnale storico
quello che arriva da Tehran,
solo ricordando che dal 1979
l’Irane l’Egitto avevano rotto le relazioni diplomatiche. Il presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, ha
invitato il neoletto presidente della
repubblica egiziana Mohammed
Mursy a partecipare al summit dei
Paesi Non Allineati che si terrà il 29
agosto a Teheran - ma per ora gli ambienti dei Fratelli musulmani vicini
al nuovo capo dello stato non fanno
trapelare se Mursy ha accettato o me-
che con l'Egitto, ma l'ex governo egiziano, guidato da Hosni Mubarak,
aveva paura dei legami con la Repubblica Islamica», ha spiegato Kazem
Jalali, portavoce del commissione
parlamentare per la Sicurezza Nazionale e la Politica Estera. «I due paesi
- ha aggiunto - facciano tutto il necessario per avere rapporti a livello diplomatico».
Non sorprende quindi la reazione
di Teheran all'annuncio della vittoria di Mursy in Egitto. Secondo il ministero degli Esteri, la sua elezione dimostra un «risveglio islamico» in
Egitto e nella regione. «Il ministero
degli Esteri della Repubblica islamica dell'Iran si congratula con la vittoria della nazione egiziana in queste
elezioni e per la nomina a presidente
di Mohammed Mursi», ha sottolineato una nota ufficiale. «Il movimento
rivoluzionario del popolo egiziano è
il segno del risveglio islamico e di
una nuova era nel Medio Oriente»,
ha proseguito il ministero di Teheran. L'Iran ha quindi lodato le rivolte
della primavera araba come ribellioni all’Occidente ispirate alla «Rivoluzione islamica» del 1979.
e. n.
Verso una svolta,
sia nei rapporti
diplomatici (rotti
dal 1979» che tra
sunniti e sciiti
no l'invito. Secondo i media egiziani,
l'invito rivolto da Ahmadinejad è il
primo contatto ufficiale tra i due presidenti da quando Mursi ha giurato
di fronte alla Corte Costituzionale sabato scorso. L'ennesimo indizio, è
l'opinione di alcuni esperti, che Iran
e Egitto dopo la caduta di Hosni Mubarak stanno tentando di riallacciare
i rapporti diplomatici dopo oltre 30
anni di stop. E sono in molti pronti a
scommettere oggi sull'ipotesi che
presto i due Paesi possano mettersi
definitivamente alle spalle la crisi del
1980, quando l'Egitto firmò la pace
con Israele ratificando gli accordi di
Camp David e sfidò la neonata Repubblica Islamica concedendo asilo
politico allo Shah deposto Reza Pahlevi. Non è un caso che la svolta nelle
relazioni tra i due Paesi avvenga al-
MURSY E AHMADI NEJHAD. SOTTO, CANDIDATA INTEGRALISTA ISLAMICA A TRIPOLI/REUTERS
l'indomani della caduta di Mubarak,
sostituito da nuovi leader politici di
orientamento islamico che, almeno
nelle intenzioni, sembrano voler ridisegnare le loro alleanze nel quadro
dei nuovi equilibri geopolitici mediorientali. Mubarak, infatti, come alleato di Israele e degli Usa, aveva sempre osteggiato l'ascesa della Repubblica Islamica allo status di leader regionale.
Ma le dichiarazioni di alcuni espo-
SIRIA · I curdi: il Cns vuole un regime islamico
Onu: riparte la missione
«N
ei prossimi giorni consolideremo la nostra
missione per supportare al meglio il popolo siriano. Rafforzeremo la nostra presenza nelle
basi regionali per fornire ai team,
una volta riprese le operazioni, la
flessibilità necessaria per lavorare
efficacemente per il dialogo politico e la stabilità». È quanto ha annunciato in una conferenza stampa a Damasco il generale Robert
Mood, capo degli osservatori Onu
in Siria. «Nei prossimi giorni consolideremo le nostre otto squadre locali in basi regionali. La missione
trasferirà personale e risorse da
Homs, Idlib e Tartus per migliorare la nostra presenza in altre località», ha spiegato Mood sottolineando che l'operazione non «influirà»
sul mandato o «sul dispiegamento
complessivo del personale».
Al momento, ha aggiunto il capo degli osservatori, «noi abbiamo
ottenuto i contatti e una visione»
della situazione «ma non abbiamo
il cessate il fuoco». Per questo, occorre «ristrutturare» la missione
per permettere agli osservatori «di
portare avanti i compiti prestabiliti, che richiedono un più lungo pe-
riodo di permanenza in particolari
aree e un più ampio numero di unità». Mood è poi tornato a rivolgersi
alle parti in conflitto. Dopo quanto
deciso a Ginevra, «lo spargimento
di sangue deve finire. Più a lungo
continueranno le violenze, più difficilmente comincerà il periodo di
transizione pacifica», ha evidenziato.
Ieri il presidente siriano Bashar
al-Assad ha ammesso di avere fatto degli errori nella gestione della
crisi esplosa più di un anno fa, ma
ha affermato di avere ancora un sostegno popolare «altrimenti - ha
sottolineato - sarei già stato rovesciato come lo shah d'Iran»: lo ha
detto lo stesso Assad in nuove dichiarazioni al quotidiano turco Cumhuriyet pubblicate ieri.
Intanto il leader dell'opposizione curda al regime di Bashar al Assad Sherkoh Abbas ha accusato in
una intervista al quotidiano turco
Hurriyet il Consiglio Nazionale Siriano, appoggiato da Ankara e considerato dagli occidentali il primo
interlocutore dell'opposizione, di
volere «sequestrare» la rivoluzione
e di puntare a istituire un regime
«islamico».
nenti del governo egiziano, anche
prima dell'elezione di Mursy, sono il
sintomo evidente della volontà di
riallacciare i rapporti con l'Iran. Non
solo, secondo molti analisti, un'alleanza tra il Cairo e Teheran potrebbe
significare anche un miglioramento
dei rapporti all'interno della comunità islamica, infatti, i due Paesi sono rispettivamente l'uno punto di riferimento imprescindibile per la comunità sunnita, l'altro per il mondo sciita. La nuova posizione delle autorità
egiziane ha scatenato un'ondata di
reazioni positive nell'establishment
iraniano. Diversi esponenti politici
iraniani negli ultimi tempi hanno
commentato con entusiasmo le aperture giunte dal governo egiziano, ribadendo la volontà di avviare un percorso che porti alla reciproca apertura di rappresentanze diplmatiche.
«La volontà dell'Iran è sempre stata
quella di avere relazioni diplomati-
AFGHANISTAN-GUERRA
Ripartono da Karachi
i convogli della Nato
Un convoglio di container contenenti rifornimenti per le truppe della Nato hanno lasciato
ieri Karachi diretti in Afghanistan, dopo la
decisione del governo pachistano di riaprire
al transito la frontiera fra i due paesi. Lo riferisce GEO Tv. L'emittente precisa che 135 container sono partiti durante la giornata dal
porto di Karachi sotto strette misure di sicurezza, dopo le minacce formulate contro la
decisione governativa dai talebani pachistani del Tehrek-e-Taliban Pakistan (TTP). Mercoledì, dopo sette mesi di chiusura causati da un incidente in cui morirono 24 soldati
pachistani in un attacco Nato, il governo di Islamabad ha dato l'approvazione finale al
ripristino delle cosiddette Linee di comunicazione terrestri (Gloc) utilizzate per entrare
in Afghanistan dai convogli che trasportano rifornimenti per le truppe della Coalizione
internazionale impegnate a sostegno del presidente Hamid Karzai. E ieri sembra esserte arrivata la risposta statunitense a questa «apertura» pakistana: almeno 79 detenuti
talebani sono stati rilasciati da prigioni gestite direttamente dai generali Usa.
PARAGUAY
Richiamato
l’ambasciatore
in Venezuela
Il governo del Paraguay ha richiamato il proprio ambasciatore in Venezuela «di fronte alle gravi prove
di intervento da parte di funzionari
della Repubblica Bolivariana del
Venezuela negli affari interni» del
paese. Lo comunica una nota ufficiale. Il ministero degli Esteri ha
poi reso noto che «conformemente
con quanto previsto dalla Convenzione di Vienna sulle Relazioni Diplomatiche, lo stato del Paraguay
ha dichiarato persona non grata
l'ambasciatore del Venezuela nel
paese, Josè Javier Arrùe De Pablo».
L'incidente tra i due governi è conseguenza della denuncia effettuata
giovedì dal ministro della Difesa
del Paraguay, Marìa Liz Garcìa, che
ha accusato il ministro degli Esteri
venezuelano, Nicolàs Maduro, di
aver tentato di provocare una sollevazione dei militari del suo paese il
22 giugno, poco prima della decisione da parte del Congresso di destituire il presidente Fernando Lugo.
IRAQ-SIRIA
«Dal nostro confine
passa Al Qaeda»
Gruppi di militanti di al-Qaeda entrano in Siria attraverso il confine
con l'Iraq per condurre attacchi. È
l'allarme lanciato dal ministro degli
Esteri iracheno, Hoshiyar Zebari, in
una conferenza stampa a Baghdad.
«Abbiamo informazioni accertate e
rapporti di intelligence in base ai
quali membri della rete terroristica
di al-Qaeda sono andati in Siria per
aiutare, stringere contatti, condurre
attacchi terroristici», ha detto Zebari. Anche il regime di Bashar al-Assad sostiene che quella in corso nel
paese non è una rivolta per la democrazia, ma l'azione di «gruppi
terroristici armati» che vogliono
destabilizzare il paese e la regione.
Libia/A nove mesi dall’uccisione di Gheddafi e dalla vittoria degli insorti grazie alla Nato
In un clima di violenza, domani al voto
aspettando la vittoria integralista
Geraldina Colotti
I
eri, in Libia, si è chiusa ufficialmente la campagna elettorale.
Domani, 2,7 milioni di cittadini
(l’80% degli aventi diritto, secondo i
dati forniti dall’Alta commissione nazionale per le elezioni – Acnec -) si recano alle urne per il primo scrutinio
nazionale dopo l’uccisione di Muammar Gheddafi e la vittoria - grazie ai
bombardamenti della Nato - delle
milizie insorte. Eleggeranno i 200
membri dell’Assemblea costituente,
l’organo di rappresentanza del popolo libico che sostituirà l’attuale Consiglio nazionale di transizione (Cnt) e
redigerà la nuova Carta magna, da
approvare poi con un referendum.
Della Costituente devono far parte
120 eletti indipendenti, scelti a scrutinio maggioritario fra 3.700 candidati
convalidati (su 4.000 che si erano proposti), e 80 eletti mediante il proporzionale in base alle liste designate dai
partiti in corsa (circa 370). Nelle formazioni politiche si individuano due
correnti principali, una riconducibile
agli islamisti (in un vasto spettro che
va dai moderati ai più estremi), l’altra ai nazionalisti laici. E saranno probabilmente i partiti prossimi ai Fratelli musulmani – più organizzati, sia
sul piano ideologico che su quello logistico – ad avere la meglio nella competizione elettorale. Due i favoriti: il
Partito della giustizia e della costruzione (Hizb al-Adala wal-Bina) di
Mohammad Hassan Sowan, che è
stato in carcere 8 anni per la sua fede
politica ai tempi del Colonnello, e il
Partito della nazione (Hizb al-Watan), fondato dal jihadista pentito Abdelhakim Belhaj, autoproclamatosi
governatore di Tripoli nell’agosto
2011. Il primo ricalca il profilo dei Fratelli musulmani in Egitto. Dopo il tentativo d’insurrezione del 2011, la fratellanza libica (i cui adepti venivano
chiamati dai media di regime «cani erranti») ha adottato una linea più moderata, distanziandosi dai salafiti. Il
comitato centrale di questo partito
conta anche 3 donne (su 45 membri).
A maggio 2012, ha ottenuto un plebiscito a Bengasi - capitale della Cirenaica che chiede la secessione -, roccaforte dei Fratelli, durante le elezioni
municipali: quasi la metà degli elettori lo ha votato e oggi risulta favorito. Il
secondo, fondato ad aprile 2012, sta
conducendo una campagna roboante, basata sulla figura di Belhaji, ex leader del Gruppo islamico combattente in Libia (Gicl), legato ad al-Qaeda:
l’uomo che ha denunciato il governo
britannico per averlo sequestrato in
Thailandia, nel 2004, e poi averlo rimandato in Libia da Gheddafi. Il partito, con 59 candidati (la metà donne)
è contro il federalismo, ma chiede la
decentralizzazione. Entrambi i partiti
godono dell’appoggio del Qatar.
Il partito più conosciuto dell’altra
corrente è l’Alleanza delle forze nazionali (Tahaluf al-Quwwa al-Wataniyya), diretto dal ricco uomo d’affari
Mahmoud Jibril: un tempo a rimorchio di Saif al-Islam Gheddafi (secondogenito del Colonnello) nei piani
neoliberisti imposti al paese negli anni 200, Jibril è stato poi uno dei fondatori del Cnt, insieme a Mustafa Abdel
Jalil. Nella regione dell’est, è presente
il Partito del fronte nazionale (Hizb
al-Jabha al-Wataniyya). Prima si chiamava Partito del fronte nazionale di
salvezza, fondato in esilio nel Regno
unito, nel 1981, da Mohammad Yussef Megharief. Il Cnt, nonostante la
perdita di consenso e di credibilità,
enfatizza le «prime elezioni libere e
democratiche della Libia» (l’ultima rimonta al 1965, quattro anni prima
che Gheddafi prendesse il potere e lo
conservasse per 42 anni). Mette l’accento sulla riconciliazione nazionale
e su una Libia incamminata verso democrazia e prosperità. I paesi occidentali, impegnati nell’intervento armato
contro Gheddafi come «unico ricorso
per proteggere i civili», hanno suonato la stessa grancassa alla fine ufficiale
della guerra civile, il 23 ottobre 2011.
Da allora, però, il paese non è mai apparso così violento e frammentato,
preda dei signori della guerra e delle
milizie armate senza controllo che si
faranno beffe di qualunque risultato
elettorale. Un clima di violenza, torture e impunità denunciato anche da
Amnesty international. L’unica cosa
che funziona, e che assicura il tornaconto ai paesi che hanno voluto l’intervento Nato, è la produzione petrolifera di Eni, Total, Repsol, Exxon…: tornata a 1,6 milioni di barili al giorno,
com’era prima dell’aggressione Nato.
Con la protezione delle milizie tribali
delle diverse zone estrattive.
In questo contesto senza garanzie
è avvenuto l’incredibile arresto dei
funzionari della Corte penale internazionale in Libia per rivendicare la processabilità internazionale di Seif, figlio di Gheddafi, rimasti in carcere
per oltre tre settimane, prima di essere liberati l’altro ieri. Intanto, dopo
quasi un mese, sono tornati in Italia i
19 marinai dei tre pescherecci mazaresi, sequestrati dalle autorità libiche
il 7 giugno. «Le autorità del governo
centrale libico, con la collaborazione
delle autorità locali, riusciranno a portare a compimento con successo
l’operazione di elezioni libere ed
eque», ha subito affermato ieri il ministro degli Esteri, Giulio Terzi.
il manifesto
VENERDÌ 6 LUGLIO 2012
pagina 9
EUROPA
Il presidente della Bce dice che la crescita
economica nell'area euro «resta debole»
con «elevati livelli di incertezza» che pesano
sul clima di fiducia. E «ora vediamo un
indebolimento della crescita in tutta l'area
euro, compresi i paesi che crescevano»
MARIO DRAGHI DURANTE LA CONFERENZA
STAMPA DI IERI/FOTO REUTERS
Francesco Paternò
C
i sono un Draghi 1 e un Draghi 2 nelle azioni di ieri del
presidente della Bce. Con risultati opposti, e i più visibili sono
quelli negativi. Sicuramente positivo è stato l’annuncio, per altro ampiamente previsto, di un taglio dello
0,25% dei tassi interessi, scesi per la
prima volta sotto l’1% (oggi sono a
0,75%). Una decisione presa all’unanimità per arrivare a un minimo storico e soprattutto per provare a ridare un po’ di fiato alla squassata economia reale. Quando però il presidente della Bce prende la parola, il
Draghi 2 dice cose vere ma che non
piacciono ai mercati. La crescita economica nell'area euro, sottolinea
Draghi, «resta debole» con «elevati livelli di incertezza» che pesano sul
clima di fiducia. E non è finita. Il
quadro è peggiorato rispetto a solo
un mese fa: «Ora vediamo un indebolimento della crescita in tutta
l'area euro, compresi i Paesi che prima continuavano a crescere». Draghi, insomma, legge con realismo e
crudezza la situazione, cercando di
frenare appena: la Bce, «non ha
cambiato il suo scenario di base sull'andamento dell'economia dell'Eurozona. Al momento vediamo più
una stabilizzazione che una caduta,
con una graduale e lenta ripresa verso la fine dell'anno». Aggiunge che
la situazione «non è» così cattiva come nel 2008, e che «non siamo assolutamente a quel punto», ma siccome nessuno glielo ha chiesto, essere
La borsa di Milano
perde il 2%, male anche
Madrid, Atene, Parigi
e Francoforte. Solo
Londra chiude positiva
rassicurati su questo punto fa rabbrividire.
Le sue parole sul peggioramento
sono comunque sufficienti perché
le borse europee vadano giù e lo
spread decolli, dopo essere stato
«calmierato» nei giorni scorsi dalla
notizia di uno scudo approvato per
insistenza di Mario Monti dall’ultimo vertice della Ue. Il differenziale
tra i nostri Btp e i Bund tedeschi ha
chiuso a 457 punti base, dopo aver
superato i 460. Male anche i Bonos
spagnoli, con apertura a 494 e chiusura a 534 punti base. Le borse sono
affondate: Milano ha chiuso a
-2,03%, Madrid a -2,99%, Atene a
-2,42%. Male il Cac di Parigi e il Dax
di Francoforte, con l’unico indice
positivo a Londra, +0,14%. I mercati
non apprezzano Draghi anche per
un altro motivo più sostanzioso: per
oggi, annuncia, niente altri soldi a
tasso agevolato per le banche.
«Non posso rispondere alle domande sulle misure non convenzionali decise dalla Bce per sostenere il
settore bancario dell'Eurozona», dice Draghi in conferenza stampa, riferendosi all’ipotesi del varo di un
terzo Ltro (Long term refinancing
operation, prestito agevolato alle
GERMANIA
La Volkswagen vince
e divora la Porsche
La Volkswagen si compra la Porsche,
mettendo fine a una storia infinita di assalti e controassalti tra un gigante e un
topolino, a strascichi giudiziari con richieste di danni da parte di azionisti e dando
la vittoria alla famiglie Piech su quella
Porsche. Nel comunicazto si legge che
lee due case automobilistiche tedesche
hanno raggiunto un'intesa finalizzata a
creare un gruppo integrato a partire dal
prossimo 1 agosto. Volkswagen salirà al
100% di Porsche SE e quest'ultima riceverà 4,46 miliardi di euro più un'azione
ordinaria di Volkswagen in cambio della
cessione da parte di Porche della quota
del 50,1% non ancora controllata da
Volkswagen. Il marchio Porsche diventerà
il decimo del gruppo Volkwagen, un impero sempre più importante.
ROMANIA
Crisi e opposizione,
il presidente Basescu
sempre più in bilico
Gianluca Falco
EUROCRACK · La Bce riduce i tassi allo 0,75%, ma le borse vanno giù e lo spread decolla
Draghi: situazione peggiorata
banche europee). Discorso chiuso,
per adesso: «Abbiamo sempre detto
che sono misure temporanee e non
prendiamo mai impegni ex ante».
Anche perché, aggiunge il presidente della Bce, bisogna ancora vedere
gli effetti del varo dei due precedenti immissioni di liquidità per le banche europee: «Non possiamo aspettarci che siano immediati, specialmente considerando la trasmissione dei Ltro in flussi di credito più alti. Ora però sono passati alcuni mesi e possiamo notare che i flussi di
credito sono deboli in questo momento e restano deboli». La crescita
del credito, dice ancora Draghi, «riflette l'attuale situazione critica,
una crescente avversione per il rischio e l'aggiustamento in corso nei
bilanci dei risparmiatori e delle imprese, che pesano sulla domanda
del credito». Scontati, infine, gli apprezzamenti per le decisioni del vertice Ue di Bruxelles della settimana
scorsa: la via dell’unione finanziaria
è un «passo molto importante», la
Bce sarà «rigorosa e indipendente»
nel suo nuovo impegno di supervisore unico del sistema bancario deciso dalla Ue, si richiede a tutti i leader europei «un forte impegno politico».
Tornando alla politica monetaria,
la decisione della Bce di tagliare i
tassi dello 0,25% è stata accompagnata da altre iniziative che hanno
lo stesso sapore, cioè provare a tenere sotto controllo la complicata situazione economica. La Banca d'Inghilterra ha lasciato invariato il tasso di riferimento allo 0,5% ma ha approvato una misura che prevede
l'iniezione di ulteriori 50 miliardi di
sterline per stimolare l'economia,
tramite l'acquisto di bond dalle banche. Dall’altra parte del mondo, la
banca centrale cinese ha invece deciso di tagliare dello 0,25% il tasso
sui depositi a un anno (scendono al
3%) e dello 0,31% il tasso sui prestiti
(scendono al 6%). Un taglio a sorpresa, perché è il secondo in un mese,
causa rallentamento dell’economia.
MUTUI
Rate più leggere per chi
li ha fatti con i tassi Bce
La notizia che la Banca centrale europea taglia
i tassi dello 0,25% portandoli allo 0,75% per
la prima volta nella sua storia può essere una
boccata di ossigeno per chi ha comprato casa
con un mutuo variabile. Le rate diventano più
leggere, anche se questo varrà per chi ha agganciato il suo mutuo al tasso
della Bce, anziché agli Euribor (la maggioranza opera però sugli Euribor). Questo nel giorno in cui Altroconsumo denuncia il comportamento delle banche
quando si tratta di erogare un mutuo. Secondo l’associazione dei consumatori, le banche ignorano le agevolazioni governative. In una inchiesta, è venuto
fuori che solo nove agenzie su 71 hanno proposto il mutuo a una coppia, con
uno dei due a contratto di lavoro a termine, nei termini previsti dal Fondo di
Garanzia governativo per i mutui ai giovani precari istituito nel 2011. Fondo a
cui aderivano tutte le banche visitate. Non solo: nonostante il Regolamento
Isvap vieti alle banche di vendere polizze danni o vita legate al mutuo di cui
sono beneficiarie, nel 68% dei casi, su 185 agenzie bancarie, è stata offerta
una polizza incendio e scoppio, nel 22% dei casi una copertura vita a prezzi
esorbitanti. Altroconsumo ha denunciato la vicenda all'Isvap, con una segnalazione formale dei risultati dell’indagine, svolta in 12 città.
Grecia/ LA TROIKA METTE FRETTA SUL MEMORANDUM, MA IL GOVERNO VA OLTRE
Via ai tagli e alla svendita
del patrimonio pubblico
Argiris Panagopoulos
ATENE
A
ltro che rinegoziazione del Memorandum. Samaras, tornato dopo due
settimane al palazzo della presidenza del governo, a causa dell’operazione all’occhio, ha promesso ieri ai rappresentanti della troika l’accelerazione del programma delle riforme strutturali per sostenere
l’economia e l’occupazione e garantire la
coesione sociale.
Samaras ha assunto già la veste del macellaio, promettendo ai rappresentanti della troika che il suo governo presenterà un
generoso pacchetto di privatizzazioni, tagli
nel settore pubblico e una riforma fiscale.
Secondo Samaras le privatizzazioni saranno maggiori da quelle che prevede il Memorandum. Cercando di addolcire la minaccia di svendita del patrimonio pubblico, Samaras ha detto che l’economia greca
non può sopportare nuovi tagli degli stipendi e delle pensioni, né nuove tasse.
Il nuovo governo "tripartitico" di Samaras sente già una doppia pressione. La
troika e la Germania premono sulla Grecia
per applicare le misure micidiali previste
dal Memorandum, mentre la società si prepara a resistere ai nuovi tagli e all’annunciata svendita del paese, sulla nuova ondata
di austerità che dilaga quasi in tutta l’Europa del Sud.
Il nuovo governo ha una schiacciante
maggioranza in parlamento e i tre partiti
che lo sostengono hanno eletto il presidente della camera con una votazione da record. Paradossalmente però il governo di
Samaras è cosi debole e contraddittorio creando le prime liti interne nella Sinistra Democratica, visto che alcuni suoi dirigenti si
ricordano ancora la loro appartenenza alla
sinistra. La verità è che la Sinistra Democratica dovrà fare spesso un bagno di coscienza, visto che dovrà accettare un mare di privatizzazioni nel periodo prossimo.
Il nuovo ministro “tecnico” delle Finanze Giannis Stournaras ha fatto presente ieri
che la troika ha avvertito il governo che il
programma è uscito fuori dai suoi obbiettivi dopo le due tornate elettorali. «Noi non
vediamo i membri della troika come conquistatori ma come nostri colleghi che rappresentano i creditori con i quali siamo ob-
bligati a convivere», ha detto Stournaras,
mentre quando i rappresentanti della
troika lo hanno avvertito che lunedì non sarà facile per Atene nell’Eurogruppo lui ha risposto: «Lo so».
Il professor Stournaras ha avvertito anche i greci che li aspettano anni duri. «Da
oggi entriamo in acque profonde. Ci aspettano tempi difficili e promettiamo solo una
lavoro duro. Vedo una luce nel fondo del
tunnel, anche se è lungo», ha detto Stournaras
Syriza ha già dato i primi segnali per una
opposizione dura contro la nuova macelleria sociale che si prepara, denunciando anche il fatto che il primo ministro greco prima di presentare il suo programma di go-
verno in parlamento si era incontrato ieri
con i rappresentanti della troika ad Atene.
Secondo la coalizione - partito di sinistra radicale Nuova Democrazia, Pasok e Sinistra
Democratica - che sostiene il governo di Samaras, sarebbero già state dimenticate le
premesse pre-elettorali per la rinegoziazione del Memorandum, sostenendo l’applicazione dei tagli senza modifiche.
Il portavoce del governo Simos Kedikoglou ha risposto che «l’esecutivo vuole la
permanenza della Grecia in Europa e nell’euro. Syriza e gli interessati alla dracma
possono aspettare le prossime elezioni».
Anche se le urne non sono per il momento all’ordine del giorno,
Syriza sfiderà il solleoL’ASSEDIO A ATENE
ne e le altissime tempeALL’HOTEL CHE OSPITA
rature per tornare nelle
I MEMBRI DELLA TROIKA
piazze e trovare con la
/FOTO REUTERS
sua gente modi di resistenza contro il nuovo
governo e forme di solidarietà e partecipazione cittadina attraverso
i movimenti. La coalizione di sinistra vuole
trasformarsi in un partito di massa in due tappe, con scedenze a ottobre e in primavera,
mentre ha già aperto le
sue porte a migliaia di
simpatizzanti.
Da parte sua Samaras ha chiuso ieri il ristorante del palazzo presidenziale, che costava 63 mila euro ogni anno, mentre il deputato del Pasok Kremastinos ha detto che i
deputati «fanno la fame» e ha denunciato
come populisti i deputati che hanno rifiutato la macchina offerta dal parlamento, i bonus di 150 euro per ogni partecipazione in
una commissione o ancora peggio hanno
rifiutato la scorta.
Da parte loro, uno dopo l’altro i neodeputati di Syriza hanno già cominciato a rinunciare ai tanti extra a cui hanno diritto i
parlamentari, mostrando una grande preferenza per le loro macchine da comuni cittadini e dichiarandosi assolutamente non a
loro agio di fronte all’evenienza di essere
accompagnati da poliziotti.
BUCAREST
Q
uattro mesi e due cambi di premier
non sono bastati alla Romania per
trovare la necessaria tranquillità durante questo delicato momento della sua
storia politica. A gennaio, le insistenti manifestazioni di piazza portarono alle dimissioni del primo ministro, fedelissimo del presidente Basescu, Emil Boc, il cui sostituto,
l’intellettuale vicino al partito di potere Pdl,
Ungureanu, è durato solo 84 giorni. Al suo
posto, un esponente dell’allora opposizione, quel Victor Ponta leader del Psd che da
quel giorno ha continuato con sempre più
veemenza la sua battaglia contro il presidente Basescu. Una battaglia che sembra
poter dare i suoi frutti proprio in questi giorni in cui il Parlamento voterà la sfiducia del
presidente Basescu che sarà, dunque, costretto a rimettersi alla volontà popolare, come previsto dalla costituzione rumena.
Sarà il secondo referendum che sottoporrà il presidente, al comando del paese
dal dicembre del 2004, alla volontà dei romeni, ma mentre nel 2007 fu confermato a
furor di popolo con il 74% dei voti a favore,
stavolta, nel caso in cui dovesse essere votata la sfiducia, le cose andranno molto diversamente, se non altro in termini numerici.
La sua popolarità è in netto calo, la società
civile è in grave difficoltà e soffre per le misure di austerità adottate dal governo ed
imposte da Fmi e Banca Mondiale ed il vento politico è cambiato dopo i risultati delle
ultime elezioni amministrative che hanno
visto il trionfo dell’Usl. Il governo è nelle
mani dell’opposizione dell’Usl, un’ibrida
coalizione formata da Partito Socialdemocratico, Partito Liberale e Partito Conservatore, dopo che lunedì scorso sia la camera
dei deputati, con il passaggio da Anastase
(Pdl) a Zgonea (Psd), sia il Senato, con il liberale Crin Antonescu che ha avvicendato
il pidiellista Vasile Blaga, altro uomo del
presidente, sono passate nelle sue mani.
In questi giorni, l’ultimo deciso attacco
al potere che conta con la richiesta di sfiducia e il tentativo di organizzare il referendum per defenestrare quello che viene definito un dittatore dagli avversari politici. Di
sicuro, nel caso si vada al voto, saranno
due settimane di grandissima tensione politica. Basescu resterà sospeso e il suo posto verrà preso dal presidente del Senato, il
neo-eletto Antonescu, sul quale già si fanno pressioni sulla potenziale grazie che potrebbe concedere al suo alleato politico Nastase, l’ex presidente rumeno condannato
a due anni per finanziamento illecito della
campagna presidenziale del 2004 (quella
persa contro Basescu) e che la settimana
scorsa è stato coinvolto in uno "strano" tentativo di suicidio, prima di essere rinchiuso
nel carcere di Jilava per scontare la sua pena. Nella mozione di sfiducia in discussione al Parlamento, l’Usl attacca il presidente accusandolo «di aver preso la maggior
parte delle decisioni politiche degli ultimi 3
anni, in maniera anti-democratica e contro la volontà del popolo».
I sette punti del documento preparato
dai giuristi dell’opposizione si muovono
nella direzione della deriva autoritaria intrapresa dalla politica del presidente che, negli
ultimi anni, non ha avuto nemmeno un
qualcosa di valido per rafforzare il suo populismo da parte della "sua" squadra di governo. L’esecutivo rumeno, un po’ come la
stragrande maggioranza dei governi europei, ha dovuto infatti piegarsi alla volontà
delle banche che di fatto controllano la situazione politica in Europa. Come dimostra anche l’allarme ingiustificato, e a difesa
di Basescu e dei suoi uomini, dell’Ing, uno
dei principali gruppi finanziari in Romania,
secondo cui il passaggio del potere nelle
mani dell’Usl metterebbe a gravissimo rischio inflazionistico la moneta nazionale.
In ogni caso, le misure di austerità hanno
minato la popolarità di Basescu e dei suoi
uomini ed è ragionevole pensare che al
prossimo referendum la Romania voti contro il suo condottiero. Nel frattempo aumenta la pressione da parte di Parigi e dell’Europa sulle istituzioni finanziarie rumene.
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il manifesto
VENERDÌ 6 LUGLIO 2012
CULTURA
CODICI APERTI
MANIFESTAZIONE DI ANONYMOUS CONTRO IL TRATTATO ACTA FOTO REUTERS
Le antiche mappe
dei mondi digitali
La perdita della spinta propulsiva delle controculture digitali
dopo la grande trasformazione del web. La scommessa
di una rinnovata teoria critica della Rete che parta
dalle ambivalenze che contraddistinguono i social network
e dai modi di produzione dominanti dell’opinione pubblica
Benedetto Vecchi
L
a rete, questa nostra conosciuta. Di Internet, infatti, si sa ormai tutto. Che è
diffusa in ogni parte del mondo, che i
punti di accesso più numerosi sono negli Stati Uniti e in Europa, anche la gli internauti cinesi sono molti di più di quelli statunitensi.
Che esiste il digital divide, ma che se si guarda alla Rete come medium comunicativo
che vede la convergenza tra computer e telefoni cellulari, l’Africa non è certo tagliata fuori, visto che i telefoni cellulari che consentono di navigare su Internet hanno una diffusione di poco inferiore a quella europea. Infine, che la Rete è talmente entrata nella vita
quotidiana che la distinzione tra mondo virtuale e mondo reale è da consegnare definitivamente alla critica roditrice dei topi, perché è fuorviante e non aiuta a comprendere
la grande trasformazione che è alle nostre
spalle e il tempo presente. Se l’accento si sposta sulle controculture digitali, la necessità
di aggiornare la cassetta degli attrezzi teorica
è altrettanto evidente. Prendiamo, ad esempio, l’affermazione che l’«informazione vuol
essere libera», cavallo di battaglia dell’attitudine hacker.
In Rete viene prodotta, distribuita, elaborata una quantità stratosferica di informazione con una difficoltà crescente da parte dei
media mainstream a controllare sia la sua
produzione che la sua distribuzione. L’informazione è dunque libera, ma occorre intendersi su cosa si intende per libera. Se si analizza il contenuto dei milioni di blog, le fonti
a cui attingono sono quasi sempre riconducibili ai tanto odiati media mainstream. E tuttavia, i commenti sono liberi, cioè non hanno filtri. Peccato che un post in un blog riceve in media, due commenti, che quasi mai
esprimono punti di vista critici rispetto il dominante spirito del tempo. In altri termini è
una libertà solipsistica.
L’acquario dei social network
L’ambivalenza tra libertà e omologazione
emerge in tutta la sua potenza nei social
network. Con Facebook, Twitter sono costruite comunità virtuali di ogni genere e tipo.
Ma ultimamente la policy dei due social
network cominciano a porre evidenti limiti a
forme di socialità «eterodosse», come ha documentato il gruppo milanese Ippolita nel
volume autoprodotto Nell’acquario di Facebook. Quello che viene incentivato è infatti
la costituzione di gruppi di uomini e donne
«simili» nei gusti, consumi culturali, preferenze sessuali, opinione politiche. La libertà
concessa è dunque la libertà di incontro tra
simili, cancellando così quell’elemento che i
social network avevano indicato come loro
obiettivo, creare cioè le condizioni per l’incontro con l’Altro.
Ma questi aporie, contraddizioni sono
l’esito della diffusione della Rete. È sue questi elementi che dovrebbe concentrarsi
un’attitudine critica. Come evidenzia Geert
Lovink nel suo ultimo saggio Le ossessioni
collettive (Università Bocconi Editore) per fare i conti con la grande trasformazione occorre assumere l’ambivalenza del presente
e, magica parola, destrutturarla. Operazione
semplice a dirsi, ma difficile a farsi. Un modo per compiere questo «movimento critico» è partire dalla constatazione che l’ambivalenza è un fattore dinamico della Rete. Il
fatto che Internet si presenti contemporaneamente come spazio di libertà, ma anche si
assoggettamento consente di avviare un circolo virtuoso che favorisce l’innovazione del
software, dell’hardware e dei processi di produzione dei contenuti. Detto più semplicemente, la tensione è tra strategie di controllo
da parte delle multinazionale e tattica di sottrazione, defezione da parte degli utenti.
Le tattiche di sottrazione si manifestano
in mille rivoli. Può essere l’anonimato per co-
municare on line, la condivisione dei file musicali e video, lo streaming dove il confine tra
lecito e illecito è così sfumato da risultare inesistente. Ma ci sono altri fattori che fuoriescono da progetti, come la produzione di software non legati alle norme della proprietà intellettuale o di dare vita a strumenti informativi
on-line alternativi a quelli dominanti - i media indipendenti, il citizen journalism. Le
on line/ DIECI ANNI DI HACKTIVISMO. UN SAGGIO PER AGENZIA X
Le cangianti connessioni
di un’attitudine ribelle
Massimiliano Guareschi
N
ell’era del narcisismo di massa, dell’esibizionismo compulsivo che
spinge lasciare traccia di sé ovunque, tramite Facebook, Linkedin o Flicker,
parole d’ordine quali privacy, riservatezza
e anonimato in rete possono apparire strane e inattuali. Eppure è proprio intorno a
tali polarità che si è disegnato l’itinerario di
Autistici/Inventati, collettivo di tecnici e comunicatori al servizio della dissidenza. Dopo una decina di anni di attività, è arrivato
il momento di autostoricizzarsi, in maniera plurale, assemblando più voci, come si
conviene a un’impresa basata sulla condivisione dei saperi e delle competenze. Il risultato è +Kaos 10 anni di hacking e mediattivismo, curato da Laura Beritelli, allo stesso tempo narrazione di uno specifico intreccio e occasione per riconsiderare, a partire da una prospettiva techie, questi ultimi
dieci e più anni di movimento, fra salti in
avanti, impasse, ondate repressive, ripartenze improvvise (Agenzia X, pp. 288, euro
14).
Ovviamente si parte dalla preistoria, dai
primi computer che fra mille diffidenze si
fanno largo negli spazi controculturali e
nei luoghi dell’antagonismo. Affinché ciò
avvenisse è stata necessaria una profonda
opera di evangelizzazione, ma anche di apprendimento, per non lasciarsi sovradeterminaredalle procedure standardizzate, per
aprire la scatola nera e individuare soluzioni adeguate alle proprie esigenze. È l’attitudine hacker a «metterci le mani dentro» a
partire dall’idea che per ogni problema c’è
una soluzione, e la si può trovare. A prefigurare il futuro saranno poi le Bbs, ossia le bacheche elettroniche che offrono la possibilità di depositare e raccogliere informazioninonché di creare le prime reti tematiche,
fra cui la grande scommessa diEcn, un
network dell’antagonismo europeo che in
realtà conoscerà un pieno sviluppo solo in
Italia. Poi con la generalizzazione dell’accesso a Internet e l’invenzione del Web tutto cambia. Si transita su nuove piattaforme. A partire da qui gli intrecci narrati da
+Kaos si fanno sempre più intricati, le matrici si moltiplicano, ibridandosi l’una con
l’altra. La questione del free software emerge con prepotenza: copyleft vs copyright. A
Firenze nel 1998, al Cpa, si tiene l’hackmeeting, che offre un’occasione di incontro fisi-
«Tecnici» e «comunicatori».
L’esperienza del gruppo
italiano Autistici/Inventati.
Che ha accompagnato
la diffusione di Internet
co alle comunità virtuali di smanettoni dell’hardware e del software. Sarà replicato
ogni anno, in città diverse, l’ultima vola a
l’Aquila pochi giorni fa, consolidandosi come punto di riferimento imprescindibile
per le culture hacker. Ma il digitale conosce plurime declinazioni. La sempre maggiore accessibilità delle telecamere digitali
e della telefonia mobile, in connessione
con la rete, aprenuove incredibili possibilità per fare informazione dal basso, bypassando il sistema dei media ufficiali. Alla figura dell’hacktivista si affianca, o sovrappone, quella del mediattivista, all’interno di
un processo che troverà un punto notevole
nella nascita di Indymedia Italia, a ridosso
del G8 di Genova.
È in questo magmatico fascio di connessioni che si definisce l’itinerario di Autistici/
Inventati, collettivo duplice sia di nome sia
di fatto. Autistici, basato a Milano, è formato soprattutto da «tecnici», a patto di assumere la definizione in termini assai particolari, le cui esperienze da Ecn si diramano
attraverso luoghi quali Deposito Bulk, Breda Okkupata, Pergola e aggregazioni quali
HackLab e Loa e ReLOAd. Diverso è il percorso dei fiorentini di Inventati (resta imprecisato dove vada messo l’accento), un
gruppo la cui vocazione è invece maggiormente incentrata sulla comunicazione.
«Tecnici» e «comunicatori» si incontrano e
concordano sull’esigenza di creare un server autonomo per le realtà di movimento
al fine di fornire servizi, quali la mail, in alternativa agli operatori commerciali garantendo condizioni di anonimato e riservatezza che questi ultimi non forniscono di certo. Il primo server, chiamato Paranoia, è assolutamente bricolé a partire da una vecchia «macchina» acquistato da una banca
per 15.000 lire. Successivamente si passerà
all’hosting su un server commerciale, che
tuttavia si rivela inattendibile appena le forze dell’ordine manifestano il proposito di
«metterci il naso». Scatta così il Piano B.,
con la disseminazione su server amici in giro per l’Europa. La storia di Autistici/Inventati procede poi, in relazione a una vertiginosa mutazione del panorama mediatico,
attraverso l’attivazione di nuovi servizi dall’anonymous remailer alla piattaforma Noblogs, il fronteggiamento di ondate repressive di vario tipo, il protagonismo in avventure quali la costruzione del mediacenter
del Genova social forum.
In +Kaosle questioni tecniche restano
sullo sfondo. A emergere in primo piano sono gli incontri, le sfide con cui ci si è misurati, le ragioni, politiche ed esistenziali, che
hanno permesso il consolidarsi di un gruppo intorno alla risoluzione di un problema
o al lancio di un progetto. Ne emerge un
racconto incalzante, emotivamente coinvolgente per chi in qualche modo c’era, affascinante per chi lo incrocia dall’esterno. I
risultati raggiunti dalla scena alternativa
italiana, con pochi mezzi e tanta intelligenza, hanno dell’incredibile. Eppure nel libro
non emerge nessun tronfio autocompiacimento, anzi a percorrerlo è un registro ironico ma allo stesso tempo malinconico. A
pesare è la consapevolezza di una sconfitta. Non ci riferiamo a quella dei movimenti
di questo decennio ma a qualcosa che ha
più a che vedere con lo specifico ambito su
cui l’esperienza di Autistici/Inventati ha insistito. In fondo, le priorità su cui ha puntato la scena digitale alternativa sembrano
parlare un linguaggio del tutto estraneo all’antropologia del fruitore della rete nell’era dei social network, del feticismo per le
app, del clouding. La figura dell’utente consapevole ed esigente, critico, diffidente consapevole delle conseguenze di ogni click è
rimasta marginale. Diversamente a proliferare è la dimensione del cliente, che in virtù del proprio profiling, riceve, e paga, quello che gli serve, o gli fanno pensare che gli
serva, senza l’onere di faticose ricerchee
rassicurato negli spazi protetti prodotti dalle nuove enclosure del territorio digitale.
strategie di controllo puntano invece a «normalizzare» la Rete. Delle policy sempre più
restrittive si è gia detto. Tradizionale è l’opera di lobby delle multinazionali high-tech o
dell’intrattenimento affinché i governi nazionali e gli organismi internazionali definiscano norme sempre più congeniali ai loro interessi economici. È questa una tendenza che
può conseguire risultati, ma anche sonore
sconfitte, come quella di ieri, dove il parlamento europeo ha bocciato la proposta di
trattato chiamato Acta, considerato così liberticida che anche gran parte dei politici
conservatori lo ha bocciato.
Capitalismo senza proprietà
Meno indagata è invece un’altra tendenza,
che farebbe alzare il sopracciglio a molti teorici radical, ma che invece costituisce un terreno di conflitto niente affatto decifrabile.
Yoachai Benkler, filosofo del diritto statunitense, l’ha definito il progetto di un capitalismo senza proprietà privata che vede come
protagonisti alcune multinazionali, come
Google, Ibm, Facebook e più recentemente
Twitter. Un progetto che valorizza l’uso di
programmi informatici open source , che incensa la circolazione delle informazioni senza limiti, che ritiene la proprietà intellettuale
un limite allo sviluppo capitalistico, perché
inibisce la produzione di contenuti da parte
degli utenti. Si propongono cioè come società di servizio, che raggruppano le informazioni attraverso dispositivi di cloud computing,
le cosiddette nuvole di dati che vincolano i
singoli a una specifica «piattaforma» per
quanto riguarda l’accesso alla Rete e il reperimento dei programmi informatici per scrivere, elaborare dati, ascoltare musica, vedere
un film, partecipare a un social network.
Non sono però dei buoni samaritani, bensì
imprese che fanno profitti con le inserzioni
pubblicitarie o con le consulenze organizzative. Dunque, nessuna proprietà su alcuni
mezzi di produzione - il software è open
source - ma costruzione di una architettura
software e hardware che consenta la sussunzione della cooperazione sociale. È su que-
il manifesto
VENERDÌ 6 LUGLIO 2012
pagina 11
CULTURA
RENZO PIANO
Dopo tre anni di lavori, è stato inaugurato a Londra il più alto
grattacielo dell'Europa occidentale. Si chiama «The Shard» e il suo
«disegno» porta la firma dell’architetto italiano Renzo Piano.
L'edificio, a forma piramidale e alto 310 metri, fa parte di un più
ampio progetto di rinnovamento urbano in gran parte finanziato
dall’emirato del Qatar. Al suo interno ospiterà uffici, abitazioni
(hanno suscitato polemiche gli appartamenti in vendita a 50 milioni
di sterline), ristoranti e un albergo. Nel 2013, verrà aperta anche
una piattaforma panoramica. All'evento, a poche settimane
dall'apertura dei giochi Olimpici, hanno partecipato il primo ministro
del Qatar, Sheij Hamad bin Yasim al Thani e il principe Andrea, figlio
della Regina Elisabetta II. Il record di più alto grattacielo dell'Europa
occidentale durerà per poco: il Mercury City Tower di Mosca, di
prossima apertura, raggiungerà i 332 metri di altezza.
SAGGI · Fausto Bertinotti e Dario Danti rileggono «Le occasioni mancate»
Un’alternativa senza lampedieri
Norma Rangeri
L
e occasioni mancate del Pci, di Rifondazione, del movimento, le occasioni
mancate della sinistra. Nell’impegnativo pellegrinaggio si misura Le Occasioni
mancate (edizioni ETS, pp. 192, euro 10) di
Fausto Bertinotti e Dario Danti, un libro
complesso sulle questioni che ci portiamo
dietro, in parte direi sempre le stesse (a cominciare dalla più antica: la guerra), in parte
nuove perché l’ultima ospite del viaggio è la
post-democrazia con l’abito nuovo della rivolta.
Il libro è un coro a tre voci. Quella narrante, di Dario Danti, interroga i fatti, facendoli
correre sul doppio binario: complessità dei
contesti storico-culturali e riflessione soggettiva. Punti d’appoggio per i tre dialoghi con
Fausto Bertinotti. Le foto di Tano D’Amico
legano le tappe delle occasioni mancate con
il filo della violenza in divisa contrapposta alla non violenza del movimento che ha sempre il volto dei ragazzi, fino alla foto conclusiva dove, invece, siamo alla manifestazione
di Roma del 15 ottobre, la violenza è generale, viene anche dal movimento, con blocchi
neri dentro la manifestazione.
La prima occasione mancata ci riporta al
1991, alle conseguenze italiane post ’89. Mi
pare interessante il passaggio sulla spaccatura tra partito e popolo di sinistra che Bertinotti origina per il Pci in un periodo indefinito comunque molto precedente la svolta di
Occhetto. C’è l’occasione mancata all’inizio
degli anni ’60, nella difficoltà di capire la società dei consumi, l’occasione mancata dell’XI congresso quando vengono sconfitte le
tesi eretiche dell’ingraismo con il gruppo del
futuro Manifesto, occasione mancata conclamata con la primavera di Praga, quando
nasce la rivista, il manifesto, con il titolo «Praga è sola» e poi il quotidiano comunista.
Perdere senza snaturarsi
sto terreno che si misura la capacità di una
rinnovata attitudine critica dentro e contro
la Rete.
Un’attitudine critica che riguarda sia il modo di produzione dei manufatti hardware e
software che il modo di produzione dell’opinione pubblica, cioè quella socialità, quelle
informazioni, quei contenuti che scandiscono la vita dentro e fuori lo schermo. È su questo crinale che temi come il lavoro, la precarietà, la produzione della ricchezza diventano parole chiave per accedere una teoria critica della Rete.
Geert Lovink, nel suo già ricordato Ossessioni collettive, sostiene che una teorica critica della Rete deve certo misurarsi con le trasformazioni indotte dalla Rete, ma restando
però fortemente ancorata agli ambiti transdisciplinari che l’ha da sempre caratterizzata.
Dunque sociologia, filosofia, economia, ma
anche antropologia, psicologia cognitiva, et-
nologia, architettura. Una teoria critica della
Rete ha infatti necessità di comprendere come sono cambiati i modi di vivere, quali le relazioni sociali, la percezione di sé, ma anche
come la dimensione spaziale e l’intervento
«manipolatorio» del cyberspazio abbia molto a che fare con Internet, non solo per svelare i rapporti di potere vigenti, ma anche per
sfuggire alla tentazione di una interpretazione economicista o scientista della vista sociale. Dunque nessun revival di una tranquillizzante dicotomia tra apocalittici e integrati,
ma un una pratica teorica ben più ambiziosa che distruttora appunto l’ambivalenza della vita dentro e fuori lo schermo. In altri termini, la sfida intellettuale da giocare è di immaginare lo sviluppo di una teoria critica della Rete come componente di quel movimento critico che punta a una critica dell'economia politica non solo di Internet, ma del capitalismo contemporaneo.
Ma qual è il tarlo che consuma dall’interno
il movimento operaio più forte dell’Occidente? Il tarlo si chiama, sintetizzo spero non
troppo, «voglia di vincere». Progressivamente, sostiene Bertinotti, si accetta la tesi per
cui la vittoria ha un valore in sé e la sconfitta
è un disvalore. Ma a che prezzo si vince una
guerra (in Iraq o in Libia), a che prezzo si arriva al governo? Giusto chiederselo, ma non
sarebbe vano se, mentre si vola nei cieli della strategia, lo sguardo si volgesse alla palude della corruzione, snodo antropologico
cruciale a proposito di voglia di vincere, e oggi, nella condizione in cui siamo, sempre
più fattore di decomposizione di sistema (sinistra ovviamente compresa).
Citando Marx, tornato d’attualità sulle onde della crisi, è azzeccato il ragionamento di
Bertinotti sul marxiano «pensiero dominante come pensiero delle classi dominanti», capace di contaminare anche gli oppositori in
evidente stato di debolezza e soggezione culturale. È un nodo molto complesso, ma è il
punto di analisi per capire come stiamo messi oggi, dopo vent’anni di contaminazione liberista e populista. La sinistra tutta, moderata e radicale, ha oscillato tra due estremi
ugualmente nefasti: negli anni ’50 e ’60 lo
scandaloso rock n’ roll non entrava nei luoghi di ritrovo dei lavoratori; negli anni ’70
c’era il vade retro contro la tv a colori, ed era
ieri il tempo dei parvenu dell’egemonia sot-
FAUSTO BERTINOTTI/FOTO EIDON
Dalla svolta dell’Ottantanove
al dialogo interrotto
con i movimenti sociali. Prove
tecniche di una soluzione
alla crisi della sinistra
toculturale berlusconiana.
Bertinotti fa spesso riferimento al pensiero di Walter Benjamin, alla «rammemorazione», che non è appunto solo memoria, ma
esplorazione delle ragioni dei vinti, accettazione della sconfitta, il dire «meglio perdere
che snaturarsi». Ma così forse si evita la risposta alla domanda vera della svolta occhettiana: comunismo sì o no? Anche perché
una risposta c’è stata con la scissione e la nascita di Sel (sinistra, ecologia e libertà) quando Nichi Vendola propone un superamento
dell’orizzonte ideologico comunista sgonfiando il paracadute delle due sinistre. Oggi
le liste civiche (il laboratorio di Alba, la forza
elettorale dei sindaci) battono sullo stesso
terreno, affrontano la questione della forma
partito alla radice, rifutando l’organizzazione leninista, l’avanguardia che indica la strada e alla fine rischia di parlare solo a se stessa. Il libro ricorda la metafora di Tom Benetollo, storico presidente dell’Arci: «In questa
notte scura qualcuno di noi è come quei
lampadieri che, camminando innanzi, tengono la pertica rivolta all’indietro, appoggiata alla spalla con il lume in cima. Così il lampadiere vede poco davanti a se ma consente
ai viaggiatori di camminare più sicuri». Chi
sono i lampadieri di oggi? Alla vivace assemblea della Fiom con Bersani, Vendola, Di Pietro e Ferrero, un intellettuale comunista come Mario Tronti ammoniva a fare attenzione, perché se dietro l’avanguardia Fiom non
seguisse poi il grosso dell’esercito, se non ci
si misurasse con la prova del governo (naturalmente per Tronti senza snaturarsi, anzi riportando il lavoro nell’economia e l’economia nella politica), si resterebbe testimoni
perdenti.
Seconda occasione mancata: 2001, Genova, 11 settembre. Ma qui Danti devia improvvisamente sul delitto di Novi Ligure, la strage di Erika e Omar. È il tema della violenza
individuale e primoridale, dell’uomo che «di
tutte le cose tremende è la più tremenda»,
come scrive Luigi Pintor, sul manifesto citando Sofocle. Viatico per la violenza poliziesca
inedita di Genova, per riflettere sul perché
quel movimento non produce un ripensa-
mento della sinistra moderata che resta sempre dentro la gabbia della compatibilità economica. E questo è chiaro. Ma, alla fine, perde anche la sinistra radicale perché Rifondazione non si scioglie, non tenta l’osmosi con
il movimento, non si sviluppa un processo
capace di rigenerare tutta la sinistra. Bertinotti scrive che avrebbe dovuto sciogliere il
partito, ma non è chiaro se quello di oggi è
un ripensamento o un rimpianto.
Arriviamo al 2011, quando ancora scotta
il disastro del 2008, Berlusconi è al governo e
la sinistra Arcobaleno è fuori dal parlamento
proprio mentre in Italia inizia una stragione
straordinaria di movimenti di protesta che
non trova più sponde politico-parlamentari.
Le cause della crisi economica sembrano disporsi quasi naturalmente lungo la linea del
pensiero critico, ma la politica, le istituzioni,
i partiti non raccolgono, non traducono in
atti conseguenti, non danno risposte in sintonia con quel che chiede una parte sempre
più larga della società indignata. Neppure
27 milioni di persone che resuscitano il referendum bastano a suggerire un cambiamento nei contenuti e nelle forme della partecipazione democratica: l’autoreferenzialità
dei partiti è totale. Non c’è peggior sordo di
chi non vuol sentire. Un po’ come il Quirinale che non sente il grande botto elettorale
del Movimento 5 Stelle.
Una democrazia esangue
La protesta, diffusa e tumultuosa, mette il dito nella piaga della democrazia esangue. Diventa consueta la citazione degli anni ’30.
Suggeriscono gli autori: non potendo più colonizzare altri mondi, il capitalismo finanziario si rivolge contro il suo territorio. Si rompe il compromesso dei trent’anni gloriosi tra
capitalismo e movimento operaio. Il capitalismo è il padrone assoluto del campo, ma se
nel 2001 era al massimo splendore, nel 2011
la globalizzazione è in crisi, e l’altra differenza di fondo segnala una politica non più interlocutrice, «la politica istituzionale non ha
alternative nel suo corpo», questa la tesi del
libro. Ormai siamo nella generazione di internet senza bisogno di leader, la comunicazione è orizzontale, la forma è il contenuto.
Un endorsement per Grillo? Domanda: se in
Italia, siamo allo scontro con due soli attori
in campo, politica e antipolitica, se quelle a
cui andiamo incontro sono elezioni contro
la casta dei politici da sostituire con la casta
dei tecnici, la proposta di liste civiche o di
una lista civica nazionale, embrione di una
coalizione radicale, è la risposta?
SAGGI · Uscito per Carocci «Polemiche letterarie. Dai Novissimi ai lit-blog» di Gilda Policastro. Oggi la presentazione a Roma
La storia culturale del secondo ’900 al filtro del principio di contrapposizione
Antonio Loreto
G
ilda Policastro è studiosa di autori come
Sanguineti e Pasolini, scrive per vari giornali; frequenta blog letterari, scatenando a volte, suo malgrado, risse di scarsa dialettica. Chi meglio di lei, dunque, poteva scrivere un
libro sulle polemiche letterarie (Polemiche letterarie. Dai Novissimi ai Lit-blog, Carocci, pp. 207,
euro 18). In realtà il libro non si occupa di polemiche, o non nel modo che ci si aspetterebbe.
Lo si capisce dopo che nell’introduzione viene
chiamato in causa Gramsci lasciando credere al
lettore di preparare la strada per la nota querelle
tra i due maggiori letterati (diversamente) gramsciani della seconda metà del Novecento. Niente di tutto questo: alla polemica occorsa nel-
l’estate-autunno del ’57 tra Pasolini e Sanguineti
l’autrice non fa cenno se non breve in chiusura
di volume.Una scelta precisa, vedrà il lettore.
Per Policastro a contare sono anzitutto le opere:
l’arco cronologico impostato fa stacco a partire
dall’antologia dei Novissimi (1961), e della stagione della neoavanguardia che lì inizia viene
messo sul tavolo proprio qualche opera (qualche romanzo, in particolare: e la scelta risulterà
funzionale al discorso sulla bibliodiversità condotto nell’ultima parte del libro, se il romanzo è
il genere – la voce merceologica – sopra cui si
concentrano i massimi investimenti dei gruppi
editoriali dominanti e non solo).
Una simile impostazione si sostiene proponendo la categoria della «polemica in atto» (tutta da discutere e da difendere), che pretende la
propria giustificazione sotto un concetto di cultura e di letteratura, e di storia naturalmente,
avente nel principio di contrapposizione (la polemica) il proprio motore, in ricercata coerenza
con l’oggetto privilegiato (l’avanguardia, letteratura polemica per definizione) e con i riferimenti eletti e dichiarati, letterari (Sanguineti) e filosofico-politici (Gramsci).
Una elezione che permette di recuperare idee
attualissime e utili come quella di «letteratura
mercantile» proveniente dai Quaderni del carcere, non accolta tuttavia fino in fondo, poiché se il
suo autore – che oggi forse interrogherebbe Acciaio di Silvia Avallone – raccomanda di non trascurarne l’indagine per la storia della cultura, Polemiche letterarie si limita a lanciare strali contro
il mercato: condivisibili, ma che dovrebbero es-
sere accompagnati da una riflessione sulla capacità del mercato di intercettare il gusto della massa. Le note gramsciane vengono del resto stralciate con deliberata tendenziosità, evidente nel
piegare, in favore dell’istanza avanguardista, le
etichette di «contenutisti» e «calligrafi» a uno
schema manicheo estraneo a Gramsci stesso, il
quale non mancava di definire il calligrafismo «livrea da maggiordomo» laddove Policastro ne fa
«spazio altro e opposto al noto».
Calcare la mano sull’avanguardia ha comunque una sua logica ideologicamente speculativa, adottando il principio di contrapposizione
quale criterio utile a orientarsi nella storia culturale degli ultimi cinquant’anni, postmoderno
compreso, visto come momento di illusoria o
dolosa rimozione del conflitto, a tutti i livelli:
dentro l’opera, che non sa o non vuole rappresentare le contraddizioni storico-sociali in quanto contraddizioni, tra le opere tra gli autori tra i
critici, che non conoscono più lotte di poetica,
tra i critici e in generale tra gli intellettuali, che
abbandonano la più salutare militanza. Ciò, sia
chiaro, con le dovute eccezioni e solo fino a tutta
la postmodernità. Il fatto è che, sì, Policastro,
con Romano Luperini (altro riferimento di questo studio), la dà per conclusa; però a fronte di
una visibile ripresa, entro il cosiddetto «ritorno
alla realtà», dell’aspirazione a un momento ideologico antitetico (e in questo il ruolo della rete è
ambiguo: incoraggia un posizionamento o solo
lo inscena?), rimane da vedere se la tesi da contrastare non continuerà a farsi inafferrabile per liquidità al primo accenno di contrapposizione.
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il manifesto
VENERDÌ 6 LUGLIO 2012
VISIONI
Documentari • Al via il festival internazionale di Marsiglia. Apertura affidata
al regista portoghese Miguel Gomes con il suo «Tabù» e retrospettiva sul Brasile di Rocha
ANA MOREIRA E IVO MÜLLER
IN «TABÙ» DI MIGUEL GOMES
L
’insegna «Capitale della cultura 2013» campeggia in ogni angolo della città, e suona come
la promessa di un premio che compenserà i disagi. Marsiglia è un cantiere aperto dove le automobili suonano il clacson impazzite, mentre i
pedoni provano a evitare gli ostacoli
come un videogame. Arrivando alla
stazione di Saint Charles, si viene risucchiati in una specie di labirinto,
scavi, transenne, e anche lì i cartelloni del progetto assicurano un prossimo futuro radioso. Ma sarà davvero
così? La crisi non risparmia neppure
questa città portuale, incontro di
culture, migrazioni, odori e spezie,
dove la povertà si mostra sempre
più sfacciata e i grandi progetti di restyling somigliano all’ennesima trasformazione urbana in senso opposto alla mescolanza.
Il Fid ha aperto ieri sera, e il film
scelto per la serata inaugurale è già
una dichiarazione di poetica: Tabu
di Miguel Gomes, regista e critico
portoghese, autore di Mon Cher
Moi dut, che è divenuto subito una
specie di manifesto della critica tendenziosa atuale. Né omaggio a Murnau, né citazione nella logica della
stucchevole e vuotamente modaiola filosofica retrò-nostalgia-vintage,
Tabu utilizza la sensualità del bianco e nero per ripartire dall’origine
del cinema (e non dal cinema delle
origini). Nell’immagine iniziale dell’esploratore, che la fuga da un amore infelice spinge agli estremi del
mondo, si racchiude la sostanza profonda della materia che fonda gli immaginari nel loro stesso divenire, mito e affabulazione di una coscienza
collettiva. È sempre Boy meets girl,
ragazzo incontra ragazza, per un infinito di storie e Tabu è specchio e
corrispondenza del magnifico Holy
Motors di Carax, un motore celeste
da cui si muove tutto.
Melò, guerra, giallo, crime story,
storia, coscienza di classe s’incontrano nel film di Gomes, che mette da
parte i «generi» di una codificazione
rispondendo alle esigenze di uno
sguardo sincretico e contemporaneo. E così il Fid, Festival del documentario, in cui il racconto della realtà si compone per frammenti «spuri», seguendo il filo di una ricerca sull’immagine e sul suo farsi, sulla relazione fra oggetto e soggetto del filmare, prima che su temi e argomenti più o meno di attualità.
I film nel cartellone esprimono anche la necessità di un dialogo costante fra passato e presente, lo stesso ci dice Gomes dove il ritorno al
passato è la memoria viva e attuale
della sua protagonista Aurora, donna solitaria e angosciata che vive in
una Lisbona quasi surreale. Forse è
il suo stato d’animo che la rende tale, il senso di minaccia che sente co-
La realtà clandestina
che infrange la Storia
Melò, crime story, coscienza di classe e passioni brucianti s’intrecciano
nella memoria di una donna solitaria che vive in una Lisbona surreale
stante su di sé, persuasa di essere vittima di complotti. E poi c’è la sua cameriera venuta dalla ex colonia, «Mi
avvelena», racconta la donna alla vicina, persona paziente e pia che cerca di fare in ogni modo del bene al
mondo ed è per questo frequentatrice assidua di tutti gli eventi di beneficenza. Forse anche lei ha un qual-
CULT
Tornano «Le Iene»
nel circuito The Space
La scena è ormai diventata un classico
del «nuovo» cinema. Dopo aver discusso sul vero significato di «Like a Virgin» di Madonna, sulle note di «Little
Green bag» dei George Baker Selection si presentano in giacca nera e occhiali da sole i «magnifici otto» ovvero
Harvey Keitel, Michael Madsen, Chris
Penn, Steve Buscemi, Lawrence Tierney, Eddie Bunker, Quentin Tarantino e
Tim Roth. Sono «i cani da rapina» ovvero «Le iene» che Tarantino portò su
grande schermo nel 1992. Esattamente vent’anni dopo, «Le iene» ritornano
in versione integrale. La Paco Pictures
ripropone da oggi al 13 luglio in tutti i
cinema del circuito The Space. Un film
cult con un budget bassissimo, quasi
ridicolo se confrontato con i blockbuster odierni, pari a 1200000 dollari,
tanto che molti attori usarono semplicemente i vestiti del proprio guardaroba. Gran parte del denaro che è stato
usato per il film è stato speso per i
vestiti dei sei membri.
che peso sul cuore, qualcosa che la
opprime, o semplicemente si sente
in debito verso l’umanità, e per questo è pronta a ogni istante a rendersi
disponibile alle richieste altrui.
Un’attitudine che la soddisfa immensamente.
C’è però nel passato di Aurora un
mistero, un trauma violento che ci
viene svelato nella seconda parte
del film. Dove giovane e bella la vediamo quando viveva nelle colonie
africane portoghesi insieme al marito, una vita serena, prima che lei perdesse la testa per uno dei tanti avventurieri di passaggio. Vero? O è ancora un’altra «ricostruzione» piegata alle esigenze di una rappresentazione senza peccato? La fiamma della passione brucia nei pomeriggi
clandestini mentre il marito è lontano. L’uomo sembra non accorgersi
di nulla o forse sì ma il conformismo borghese gli impone di tacere.
Poi lei è incinta, avranno un figlio,
ma chi sarà il padre? Intanto quegli
uomini e quelle donne che hanno
sempre detto di sì, schiavi dell’impero, cominciano a rivoltarsi...
Il colonialismo portoghese feroce,
che causò la caduta di Salazar, cacciato dagli stessi militari, stanchi di
combattere in Angola, irrompe tra
le righe del melodramma di amore
e di morte obbligando il nostro occhio a spostare la sua traiettoria:
ognuno dei personaggi incarna un
riferimento storico estremamente
presente, nel quale oltre all’esperienza coloniale si delineano i rapporti
di forza, economici ma anche di imposizioni culturali, e il sacchegio dei
paesi, e quella costante necessità di
seppellire tutto ciò nelle opere di bene. La Storia dunque si fa immagine
in ogni sua declinazione, ma è il cinema che Gomes mette al centro
della trama nei suoi significati, che
si possono ricomporre oltre la dimensione puramente temporale, in
un movimento che come quello del
coccodrillo - emblema del film mentre scivola sull’acqua rompendo il riflesso dell’esotismo rassicurante che incarna. È il nostro occi-
dente di ieri e di oggi, un occidente
appagato e sicuro di sé che, forte della sua superiorità, maschera la conquista col romanticismo dell’avventura. Gomes mostra perciò il potenziale di impatto dell’immaginario, la
sua dimensione politica, che è proprio laddove non si pensa perché,
appunto, nessuna immagine è innocente. E se Tabu racchiude oltre un
secolo di cinema, vivo e vivente, seguendo il filo che tende dal Portogallo ci porta diritto nel Brasile di Glauber Rocha, a cui il Fid dedica la retrospettiva, quel cinema novo che aveva come primo obiettivo la riappropriazione dell’immaginario colonizzato - il Brasile è stato colonia portoghese - capovolgendo al tempo stesso il sistema dell’industria.
A leggerle oggi le parole di Rocha,
sembrano scritte anni luce fa. Ciò
che è però interessante, confrontato
al nostro tempo, è la dimensione
della «prima persona» del colonizzato. Rocha e gli altri registi del cinema novo sono squisitamente cinefili, amano la nouvelle vague e il cine-
ma classico e la loro sfida è unirvi la
cultura del Brasile, in modo orrizontale e verticale per restituire un immaginario indipendente.
Molto cinema del reale, in Italia e
non solo, racconta i migranti, lo fa
bene o appiattendosi sulla cronaca,
ma non è questo il punto. Non il
principale almeno. Il fatto è che an-
cora una volta siamo «noi» a parlare
di «loro», e anche quando le intenzioni sono le migliori, è la «nostra»
voce che mostra le «loro» storie.
Naturalmente rispetto agli anni 60
le cose si sono complicate, lo scambio in rete, le immagini/immaginari, ha costruito una cifra di rappresentazione virtuale e globale che determina delle identità, anche se fittizie. Pura messa in scena o «auto-finzione». È anche questo uno degli
aspetti che il Fid indaga nelle sue
scelte. Prendiamo il film italiano
scelto per il concorso internazionale, Un mito antropologico televisivo
di Alessandro Gagliardo, Maria Helean Bertino, Dario Castelli, un montaggio di immagini raccolte nel corso degli anni 90 da una emittente
privata di Catania, Sicilia. Nel montaggio dei tre registi e soprattutto
nell’approccio a questa memoria italiana delle «semplici» immagini di
repertorio televisivo, si spalancano i
conflitti profondi del nostro paese e
fuoriesce una violenza e di un vuoto
politico rispetto al quale non si è
mai più riusciti a trovare un vero superamento.
DE LAURENTIIS · «Dico addio al cinepanettone»
Aurelio De Laurentiis presenta il listino Universal- rilancia con la produzione di ben 25 titoli
contro i soliti 3, ma prende la decisione di fermare i «cinepanettone». Il Natale 2012 sarà
all’insegna di «Colpi di fulmine» - che andrà in lavorazione in Trentino i primi di settembre,
e sarà diviso in due distinti film, uno con De Sica e uno con Lillo e Greg. Nel primo c'e' un
ambasciatore presso la Santa sede, uno che sta sempre con il Papa che deve scegliersi
un segretario il più raffinato possibile. De Sica sara' invece uno psichiatra che sta per essere arrestato per sbaglio e così fugge travestendosi da prete. Dal 2013 al 2016 il Natale
sarà «appaltato» alle ex iene, Paolo e Luca.L’addio ai cinepanettoni non è preso bene dal
regista storico della serie, Neri Parenti: «Non sono d'accordo con Aurelio De Laurentiis per
questo colpo di spugna del cinepanettone. Basti pensare che solo l'anno scorso Vacanze
di Natale a Cortina vinse il biglietto d'oro e fu uno dei tre migliori incassi. Sono comunque
scelte di un imprenditore, vorra' dire che nel 2013 mi troverò un produttore per fare un
film di Natale contro quello di Luca e Paolo».
VENERDÌ 6 E SABATO 7 LUGLIO
a
anifest
MARSIGLIA
IL CIRCOLO DEL MANIFESTO DI BOLOGNA E LA FIOM EMILIA ROMAGNA organizzano
...C’È VITA A SINISTRA?
due giorni di politica, incontri, musica, gastronomia, libri e altro
VENERDÌ 6
ore 18.00 DEBITO PUBBLICO E POVERTÀ PRIVATA
Intervengono A. Burgio, G. Rinaldini, V. Parlato Modera R. K. Salinari
ore 20.30 Pièce di teatro da L'Avaro di Goldoni
ore 22.00 Concerto rock dei gruppi Jurassic e Deg Herl
SABATO 7
ore 10.00 IL FUTURO DEL MANIFESTO Assemblea circoli emiliano romagnoli e nazionali
Con V. Parlato, L. Campetti, A. Mastrandrea, G. Ambrosino Coordinano G. Cimino e C. Magliulo
ore 18.00 IL TERREMOTO SOCIALE E FISICO TRA CRISI ECONOMICA E NUOVE POVERTÀ,
FINE DEL MODELLO EMILIANO?
Intervengono B. Papignani, G. Tassinari, F. Corcione Modera G. Marcante
ore 21.00 Concerto del duo genovese di jazz tango Alcoba azul Susto e Soranzio
m
Cristina Piccino
BOLOGNA
Centro sociale G. Costa, via Azzo Giardino 44
Info [email protected]
il manifesto
VENERDÌ 6 LUGLIO 2012
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VISIONI
GUIDO SCARABOTTOLO
S’inaugura il 14 luglio, a Castiglioncello (Li) presso La Limonaia la personale dell’illustratore e
designer Guido Scarabottolo (in corso fino al 12 agosto) dal titolo «Sotto le copertine». Nato nel
1947 a Sesto san Giovanni, laureatosi in architettura al Politecnico di Milano, ha collaborato con i
maggiori editori italiani, le principali agenzie di pubblicità, la Rai, quotidiani e riviste internazionali.
LOUIS ARMSTRONG
«Addio Satchmo» è il titolo della nuova puntata di Res, in onda alle 18 su Rai Storia - Digitale
terrestre e Tivu'Sat. Il 6 luglio 1971 muore a New York Louis Armstrong, il più famoso musicista
jazz del XX secolo. Viene ricordato nel quarantunesimo anniversario della scomparsa con video,
testimonianze e le collaborazioni, in particolare quella con Ella Fitzgerald.
LA 7 · Nel palinsesto anche Corrado Guzzanti
TRIENNALE · Un affascinante itinerario nella storia della grafica del Belpaese
L’identità italiana a colpi
di lettere e immagini
MANIFESTO PUBBLICITARIO PIRELLI, OPERA DI LORA LAMM (1959)
Arianna Di Genova
MILANO
P
uò dialogare il design cinese ultimo modello, ultratecnologico, con la grafica italiana dell’epoca d’oro, quella che cavalcò il
boom economico degli anni Cinquanta, stilizzata, minimal, optical e utopica? Forse no, però i due momenti storici hanno punti di tangenze non indifferenti: la crescita vertiginosa della
produzione - in Asia oggi come in Italia allora - stimola la creatività e la
espande in tutti i settori.
Così alla Triennale di Milano vanno in scena due universi paralleli. Da
un lato, quello virtualissimo, su grandi schermi del New Chinese Design
and Innovation - la mostra è tutta in
digitale, con assenza di oggetti - con
tanto di interviste a docenti, artisti,
professionisti del settore che raccontano il loro lavoro, le metodologie
messe a punto in 80 aziende, illustrano un futuro (si spera ecosostenibile)
delle metropoli asiatiche. Dall’altro lato, la quinta edizione del Triennale
Design Museum ha dedicato la sua
esposizione alla grafica italiana e alla
comunicazione visiva (fino al 24 febbraio 2013).
In una collaborazione stretta fra archivio fotografico e audiovisivo, vengono ripercorsi gli allestimenti storici
di rassegne che hanno segnato i capitoli più importanti della grafica editoriale e pubblicitaria: si va da quella
del 1933, alla manifestazione del 1940
curata da Guido Modiano, insieme a
Luigi Veronesi e Bruno Munari, fino
alla più recente mostra del 1988, con
le fotografie a colori di Paolo Rosselli.
Nell’itinerario entrano anche le sigle
la radio
La storia di Felice Maniero e della sua organizzazione criminale,
la mala del Brenta, al
centro della puntata
di «Lucarelli racconta», in onda alle
23.55 su Rai3. Una
storia di spietati criminali che, tra la fine
degli anni '70 e la
metà degli anni '90,
mette insieme efferati
omicidi, centinaia di
rapine, quintali di droga, enormi somme di
denaro, servitori dello
Stato corrotti, tradimenti, processi e anni
di galera.
televisive di celebri serie, come la stilizzata segnaletica architettonica e urbana.
In uno stretto ordine cronologico,
si parte dalla rivoluzione tipografica
dei Futuristi per inoltrarsi nella selva
di lettere in libertà, seguono poi periodici, libri,poster pubblicitar, filmati.
Anche gli standard della tipografia italiana si elevano e godono una loro celebrazione: la nascita dello studio artistico alla Fonderia Nebiolo di Torino
sancisce un «carattere» delle lettere,
un loro disegno specifico, una ricerca
nel campo. Il primo banco di prova
per le sperimentazioni tipografiche è
naturalmente tra gli scaffali delle libre-
rie. La copertina di tascabili e bestseller diventa una superficie simile alla
tela dei pittori, un supporto cui regalare una riconoscibilità, una personalità e una raffinata consapevolezza delle tendenze culturali in atto.Si formano coppie indiscindibili: Feltrinelli/
Steiner, Einaudi/Munari (che ha lavorato anche per Bompiani, Editori Riuniti, Rizzoli), Boringhieri/Mari, Garzanti/Bianconi, Vallecchi/Noorda, solo per citarne alcuni tra i più conosciuti.
Nella rosa dei «pionieri» del segno
grafico che reinventa gli spazi entrano pure i periodici e le riviste: innovano, fanno ricerca, propongono soluzioni inedite al rapporto fra testo e immagine (c’è anche il manifesto delle
origini fra i capostipiti). È qui, sulla
carta stampata, che si è affinato il senso critico e la capacità di creare nuovi
modelli di lettura per molti graphic
designer. L’altro settore di eccellenza
è stato naturalmente quello pubblicitario. I linguaggi visivi più originali si
sono sviluppati a cavallo degli anni
Cinquanta e Sessanta, in un rapporto
di collaborazione molto stretto fra
aziende all’avanguardia come Olivetti
o Pirelli e gli artisti. Il made in Italy ha
finito così per identificarsi con marchi di riconoscimento ineludibili, trasformando la committenza in un «logo» mondiale.
La sezione più eccentrica e divertente è costituita da quella degli Imballaggi. Confezioni del prodotto spicca la Barilla di Carboni (1952-60)
- e carte variegate sfruttano le correnti artistiche e i leit motiv geometricooptical dell’arte oltreoceano. C’è anche quella dal sapore pop disegnata
per i magazzini Mas allo statuto da
Heinz Waibl dal 1955 al ’59. Un capolavoro della decorazione «seriale».
IN SCENA · Magna Graecia Teatro Festival
C’è una regione meridionale che ha una gran quantità di siti archeologici e ha deciso di
utilizzare questi magnifici luoghi come scenari per spettacoli dal vivo. Partirà il prossimo
15 luglio la nona edizione del Magna Graecia Teatro Festival, un progetto culturale della
Regione Calabria che ha l’intento di valorizzare le vestigia greche e romane ma anche di
presentare spettacoli nuovi e interessanti, che andranno in giro per le varie cittadine e
saranno replicati più volte . «Il tema di quest’anno – ha spiegato Giorgio Albertazzi , direttore artistico della rassegna - è il ’Sud del mondo’ e dell’uomo, in cui il Mito si pone
come un’utopia praticabile del cambiamento». Così ecco alcune produzioni originali, le
donne irachene dello spettacolo Nove parti del desiderio di Eleonora Danco e Manuela
Lo Sicco (dal testo di Heather Raffo), il Progetto Odissea di Moni Ovadia (dal testo di
Nikos Kazantzakis), Il mare dove nascono i miti con Vanessa Gravina e Edoardo Siravo,
da una selezione di pagine scelte da Giuseppe Berto, Corrado Alvaro e altri autori. E
anche proposte musicali interessanti come «Spassiunatamente» di Peppe Servillo, una
dichiarazione d’amore alla canzone napoletana o i «Canti e Racconti dell’affabulatore»
Peppe Barra o «Intraterrae» di Pier Paolo Polcari, sulle zone rurali abbandonate, e Roberto d’Alessandro con lo spettacolo «Terroni» tratto dall’omonimo libro di Pino Aprile che
rilegge l’unità d’Italia dalla parte dei perdenti. 54 rappresentazioni andranno in scena a
partire dal 15 luglio e fino al 9 settembre in 13 siti archeologici calabresi, dal Parco Archeologico di Cirella a Diamante (Cs),all’Abbazia Benedettina di Sant’Eufemia a Lamezia Terme (Cz), al Castello Normanno-Svevo di Vibo Valentia (Rc) e molti altri.
Info e contatti: www.magnagraeciateatrofestival.it
Nonostante qualche passo falso, La 7 non si ferma e rilancia per il palinsesto
2012-2013. Cristina Parodi con un pomeridiano subito dopo il tg e Michele Santoro con il suo «Servizio Pubblico» sono i due volti nuovi della prossima stagione
che prevede anche la conferma di Corrado Formigli. Riconfermati anche Maurizio Crozza con ben tre trasmissioni fra cui un nuovo format di un’ora, mentre
Geppi Cucciari raddoppia. In autunno arriva Corrado Guzzanti (fresco di «Aniene
2» su Sky), e nel 2013 probabile ritorno di Saviano. Gad Lerner sempre di lunedì con l’«Infedele» che ospiterà - la novità - le inchieste di Gianluigi Nuzzi. Santoro con «Servizio pubblico» si alternerà con «Piazzapulita» di Formigli. Crozza sta
preparando un nuovo format di un’ora in autunno e primavera. Congedate definitivamente le «Invasioni barbariche», Daria Bignardi a gennaio prova il rilancio
con una nuova trasmissione. Per la fiction made in Usa arrivano il martedì, da
gennaio, «Prime Suspect» (con Maria Bello e Aidan Quinn) incentrata su una
detective del dipartimento di polizia di New York, e a novembre «Saving Hope» il
medical drama che ha sostituito nel palinsesto della Nbc il Dr. House. Atteso
anche un nuovo lavoro di Marco Paolini e il suo «teatro civile». Infine la versione
italiana di un format inglese «Non ditelo alla sposa», protagonisti futuri sposi
alle prese con l'organizzazione del proprio matrimonio.
DEBUTTO SOLISTA DI LUCHE, EX COSANG
«L’hip hop? È il nuovo
pop tutto italiano»
FRANCIA
Adriana Pollice
Vescovi contro
fiction tv
«L
’hip hop è il nuovo pop italiano»: la sala gremita di teen-ager,
Luche presenta il suo primo lavoro solista L1 (distribuzione
Edel). Sono passati appena tre mesi dalla separazione con
Nto, insieme hanno segnato la scena anni duemila come CoSang, due
album distribuzione Universal, Chi more pe mme e Vita Bona, rap in napoletano a mitraglia che ha raccontato per un decennio la vita della periferia napoletana, zona Marianella, con la prospettiva rovesciata. Non
lo sguardo buonista e un po’ condiscendente di chi vive altrove, ma la
cruda verità del «rione», «ossaje, ognuno guard’ ‘o suojo”, cioè tutti si occupano dei fatti propri. In pieno fenomeno Gomorra, spiegavano in Momento d’onestà, «fate i nomi del Sistema e non quelli dello stato».
Una fan base in crescita, scioccata dall’improvvisa separazione: «Avevamo il cd pronto, poi però sono arrivate
dei contrasti artistici con cui abbiamo fatto i conti. Alla fine abbiamo deciso di dividerci, le parti mie sono finite nel nuovo lavoro. L1 è un comando della play station
per andare più veloce ma la verità è che si
tratta del primo mattone della mia carriera solista, spero arriveranno poi un L 2, 3 e
così via» spiega Luche. Ma la differenza
con i Cosang è radicale: le ritmiche in «napulegno», lo slang di strada ritmato, duttile, espressivo e musicale quanto l’inglese
del ghetto, cede il passo all’italiano, lingua più rigida e molto meno adatta alle pulsazioni rap. «Voglio raggiungere un pubblico più vasto, anche quelli che da Roma in su non mi capivano. È una sfida ma non è una cosa così strana, a Napoli i temi a scuola li facciamo in italiano» scherza Luche. Prodotto da Rosario Castagnola e Geeno, il cd contiene 12 tracce con featuring come Marracash,
Emis Killa, Club Dogo, da Blonde acanto a compagni di viaggio della
scena partenopea come Franco Ricciardi e Fuossera.
Il disco gioca a mischiare un po’ le carte, fondendo i suoni hip hop al
rock e alla dance arrivando al pop contemporaneo, che non mette più
in fila rima baciate sulla morbidezza della melodia ma salta sui bassi
per raccontare un mondo che cerca la sua strada fuori dalla periferia.
Così Appena il mondo sarà mio, primo singolo già in programmazione
su radio e tv, mette in chiaro le cose: «Esiste l’hip hop italiano, poi esisto
io». Marianella, periferia nord, torna in I run Na, ragazzi griffati dell’alta
borghesia come quelli di periferia; Dimmi che mi capirai è pop italiano
da radio, con il refrain ossessivo del titolo. E poi le collaborazioni con
Club Dogo in On fire, Emis Killa in Lo so che non m’ami e Marracash in
Rockstar. Collaborazioni che hanno attirato delle critiche, la rabbia dei
CoSang, figlia di quel microcosmo, si è trasformata in un racconto dai
contorni più sfumati: «Sono rap e pop, sono un ragazzo a cui piacciano
molto cose, non mi devo nascondere per questo. Una volta si doveva
passare in Tv, dove però dovevi sottostare a molte regole. Con internet
è più semplice, questo significa che c’è posto anche per gente senza talento che inflaziona un po’ il settore. Non sono contrario a scaricare la
musica per curiosità, così poi se stabilisci che ti piace te la compri».
Rai1
Rai2
Rai3
Rete4
Canale5
15:15 NEL FLUSSO DELLA VITA
FILM Con Ruth Maria
Kubitschek, Charles Brauer,
Katerina Jacob
17:15 HEARTLAND Telefilm Con
Amber Marshall, Michelle
Morgan, Nathaniel Arcand
18:00 IL COMMISSARIO REX
Telefilm Con Gedeon
Burkhard, Wolf Bachofner
18:50 REAZIONE A CATENA
Gioco Conduce Pino
Insegno
20:00 TG1 Notiziario
20:30 TECHETECHETÈ Varietà
15:30 GUARDIA COSTIERA
Telefilm Con Michael Kind
16:15 THE GOOD WIFE Telefilm
Con Julianna Margulies
17:00 ONE TREE HILL Telefilm
Con James Lafferty
17:55 RAI TG SPORT Notiziario
sportivo
18:15 TG2 Notiziario
18:45 COLD CASE Telefilm Con
Kathryn Morris, John Finn
19:35 GHOST WHISPERER
Telefilm Con Jennifer Love
Hewitt, David Conrad
20:30 TG2 - 20.30 Notiziario
14:55 TOUR DE FRANCE 2012
Evento sportivo
17:30 TOUR REPLAY Rubrica
sportiva
18:00 GEO MAGAZINE 2012
Documenti
19:00 TG3 Notiziario
19:30 TG REGIONE - METEO
Notiziario
20:00 BLOB Varietà
20:10 COTTI E MANGIATI
Telefilm
20:35 UN POSTO AL SOLE Soap
opera Con Patrizio Rispo
14:05 FORUM Real Tv Conduce
Rita Dalla Chiesa
15:35 MY LIFE - SEGRETI E
PASSIONI Soap opera
16:05 I TRE MOSCHETTIERI
FILM Con Reginald Owen,
Vincent Price, Keenan Wynn,
Van Heflin, Gig Young
18:55 TG4 - METEO Notiziario
19:35 TEMPESTA D’AMORE
Soap opera
20:30 LA SIGNORA IN GIALLO
Telefilm
14:45 EXTREME MAKEOVER
HOME EDITION Real Tv
15:45 PARENTHOOD Telefilm
Con Peter Krause
16:45 TG5 MINUTI Notiziario
16:50 BACI À LA CARTE FILM
Con Janine Kunze, Heikko
Deutschmann, Manuel
Cortez, Claudio Caiolo
18:45 IL BRACCIO E LA MENTE
Gioco Conduce Flavio
Insinna
20:00 TG5 - METEO 5 Notiziario
20:30 VELINE Varietà Conduce
Ezio Greggio
21:20
21:05
LA STRANIERA
FILM Con Kaltoum
Boufangacha, Ahmed
Hafiene, Sonia Bergamasco,
Claudio Gioè, Beauty
Obasuvi, Jamil Hammoudi
23:35 TV7 Attualità
00:40 L’APPUNTAMENTO Rubrica
Conduce Gigi Marzullo
01:10 TG1 NOTTE - CHE TEMPO
FA Notiziario
N.C.I.S. Telefilm
Con Mark Harmon, Michael
Weatherly, Pauley Perrette
22:40 BROTHERS AND SISTERS
- SEGRETI DI FAMIGLIA
Telefilm Con Sally Field,
Dave Annable
23:25 TG2 Notiziario
23:40 EMOZIONI Rubrica
00:55 RAI PARLAMENTO
TELEGIORNALE Attualità
21:05
LA GRANDE
STORIA Documenti
23:20 TG REGIONE Notiziario
23:25 TG3 LINEA NOTTE ESTATE
- METEO 3 Notiziario
00:00 LUCARELLI RACCONTA
Documentario Conduce
Carlo Lucarelli
01:10 APPUNTAMENTO AL
CINEMA Rubrica
01:15 ZETTEL - LA FILOSOFIA IN
MOVIMENTO Documenti
21:10
LE INDAGINI DI
PADRE CASTELL Telefilm
Con Francis Fulton-Smith
23:05 LAW & ORDER CRIMINAL INTENT Telefilm
Con Vincent D’Onofrio,
Steven Zirnkilton, Kathryn
Erbe, Jamey Sheridan
23:55 CINEMA D’ESTATE Rubr.
00:00 SILENT TRIGGER FILM
Con Dolph Lundgren, Gina
Bellman, Conrad Dunn,
Christopher Heyerdahl
21:20
RESTO UMILE
WORLD SHOW Varietà
Conduce Checco Zalone
23:30 SUPERCINEMA
Documenti
23:55 TG5 NOTTE - METEO 5
NOTTE Notiziario
00:25 VELINE Varietà Conduce
Ezio Greggio
01:05 MEDIASHOPPING
Televendita
Italia1
15:55 LE COSE CHE AMO DI
TE Telefilm Con Amanda
Bynes, Jennie Garth
16:45 MAMMONI SHORT Real Tv
17:10 FRIENDS Telefilm Con
Jennifer Aniston
17:35 MERCANTE IN FIERA
Gioco Conduce Pino
Insegno
18:30 STUDIO APERTO - METEO
Notiziario
19:00 STUDIO SPORT Notiziario
sportivo
19:25 C.S.I. NY Telefilm Con Gary
Sinise, Carmine Giovinazzo
21:10
V Telefilm Con
Elizabeth Mitchell, Morris
Chestnut, Joel Gretsch,
Logan Huffman
00:50 NIP/TUCK Telefilm Con
Dylan Walsh, Julian
McMahon, John Hensley,
Joely Richardson
01:45 SAVING GRACE Telefilm
Con Holly Hunter
La7
14:05 I LEONI DELLA GUERRA
FILM Con Peter Finch,
Charles Bronson
16:10 L’ISPETTORE BARNABY
Telefilm Con John Nettles,
Jane Wymark
18:00 I MENÙ DI BENEDETTA
Rubrica Conduce Benedetta
Parodi
18:55 CUOCHI E FIAMME Real
Tv Conduce Simone Rugiati
20:00 TG LA7 Notiziario
20:30 IN ONDA ESTATE Attualità
Conduce Natascha Lusenti
e Filippo Facci
21:10
ORIZZONTI DI
GLORIA FILM Con Kirk
Douglas, Ralph Meeker,
Adolphe Menjou, Wayne
Morris, George MacReady
23:00 RAPINA A MANO ARMATA
FILM Con Sterling Hayden,
Coleen Gray, Vince Edwards,
Marie Windsor
00:15 HALIFAX Telefilm
Con Rebecca Gibney
Rainews
19:03 IL PUNTO SETTIMANALE
Attualità
19:27 AGRIMETEO Notiziario
19:30 TG3 Notiziario
20:00 IPPOCRATE Rubrica
20:30 TEMPI SUPPLEMENTARI
Rubrica
20:57 METEO Previsioni del
tempo
21:00
NEWS LUNGHE
DA 24 Notiziario
21:27 METEO Previsioni del
tempo
21:30 MERIDIANA - SCIENZA 1
Rubrica
21:57 METEO Previsioni del
tempo
22:00 INCHIESTA 3 Attualità
22:30 NEWS LUNGHE DA 24
Notiziario
22:57 METEO Previsioni del
tempo
23:00 CONSUMI E CONSUMI
Rubrica
23:27 METEO Previsioni del
tempo
Il primo episodio di una serie tv
ambientata negli anni dell'Inquisizione, «Inquisitio» andato in
onda mercoledì sera su France 2,
ha sollevato la protesta del mondo cattolico francese. I vescovi se
la prendono in particolare con
l’immagine «scandalosa e distorta» che viene data di Santa Caterina da Siena. Oggi diversi blog cattolici parlano di un nuovo attacco anticlericale, alcuni denunciano l'immagine «perversa» e «corrotta» che viene data alla Chiesa.
Il regista Nicolas Cuche sostiene
di aver agito «in buona fede», che
le sue intenzioni erano di «denunciare il fanatismo religioso e non
di offendere la Chiesa».
PETER HOOK
Io, Ian Curtis
e i Joy Division
Peter Hook, cofondatore nel 1980
insieme a Bernard Sumner dei
Joy Division, sta scrivendo un
libro sull’avventura della celebre
band che si concluse il 18 maggio
1980 con il suicidio del cantante
Ian Curtis, salvo poi riprendere
poco dopo col nuovo nome di
New Order. «Sto facendo il libro
sui Joy Division. «Sono arrivato ai
due terzi. Inizia con la mia nascita e finisce con la morte di Ian».
La data di arrivo nelle librerie e
on line è fissata per il prossimo
1˚ottobre.
RAITRE
Fine giornata
a Linea Notte
Nel corso della puntata odierna
di Tg3 «Linea Notte» - ore 23.15 ospite di Maurizio Mannoni sarà
Luciano Del Sette che presenta
per l’occasione il suo libro «Riassunto di fine giornata» (Exorma,
2012).
RIMINI
Giuseppe Bertolucci,
un omaggio
Domani 7 luglio in anteprima
assoluta alla Corte degli Agostiniani, nell’ambito del Festival di Musica e letteratura Assalti al Cuore,
verrà presentato «Omaggio a Giuseppe Bertolucci», film-documentario toccante e intenso della durata di 20 minuti dedicato a uno
dei registi più importanti della
storia del cinema italiano, negli
ultimi anni impegnato nel lavoro
teatrale proprio insieme a Sonia
Bergamasco e Fabrizio Gifuni. I
due attori decidono di ricordarlo
prima di un loro spettacolo dedicato ai versi del padre, Attilio Bertolucci. Il film è opera di Jacopo
Quadri.
pagina 14
il manifesto
VENERDÌ 6 LUGLIO 2012
COMMUNITY
SANITÀ
terraterra
Il modello americano della spending review
Luca Manes
Artico ultima frontiera petrolifera
L’
Artico è ormai divenuta una delle
ultime frontiere del petrolio. La diminuzione delle riserve in numerosi punti del Pianeta sta infatti spingendo le
oil corporation a cercare nuove fonti di approvvigionamento. Poco importa se in località "estreme" e con ecosistemi molto delicati. Come appunto la regione dell’Artico,
dove in prima linea c’è, tra le altre, l’angloolandese Shell. Le sue attività nei freddi mari dell’estremo nord del globo sono state
fortemente criticate da un rapporto appena reso pubblico dalla Ong inglese Platform. In Out in the Cold si denunciano i
pesanti impatti ambientali legati alla trivellazione dei fondali dell’Alaska e delle altre
località vicine al Polo, dove si celerebbero
ingenti quantità di oro nero.
La stessa Shell ha voluto dare la sua versione in merito alle possibili conseguenze
degli sversamenti di greggio in acqua, di fatto ammettendo in maniera parziale che in
quel contesto climatico così complesso più
di fare opera di contenimento dei danni
non si può. Una volta che il petrolio inzuppa le lastre di ghiaccio presenti nel mare la
catastrofe ambientale è bella e servita. Secondo gli esperti, sarebbe già tanto se si riuscisse a recuperare il dieci per cento del
greggio fuoriuscito. Una percentuale insignificante, che ben chiarisce quali sono i rischi a cui si va incontro in una situazione
del genere.
Quasi pleonastico sottolineare come le
principali organizzazioni ecologiste del
mondo, con Greenpeace in prima fila, si siano mobilitate da tempo per chiedere uno
stop alle attività delle compagnie petrolifere. Ma forse questa volta un insperato
quanto improbabile aiuto può giungere
dal settore bancario.
Il mese scorso l’istituto di credito tedesco WestLB ha divulgato le sue nuove politiche ambientali, in cui si dichiara espressamente che non saranno concessi finanziamenti per attività estrattive in acque profonde dove la temperatura non supera i 10
gradi. Così la banca non dovrebbe sostenere in alcun modo lo sfruttamento delle riserve petrolifere nelle regioni artiche. A
quanto è dato sapere, le disposizioni della
WestLB sono le prime ad avere un carattere così restrittivo e che vanno nella direzione della tutela ambientale di zone dove gli
ecosistemi sono molto sensibili.
Come confermato dagli stessi vertici dell’istituto di credito, però, è il rischio di natura economica a preoccuparli di più e ad
averli spinti a prendere una decisione del
genere. Dustin Neuneyer, uno dei top manager, ha affermato che «in caso di sversamenti, i costi per ripulire l’area inquinata
sarebbero altissimi». Neuneyer ha aggiunto che altre banche con cui è entrato in contatto sembrano molto interessate all’applicazione di questo tipo di linee-guida.
Anche la compagnia di assicurazione londinese dei Lloyd’s in un documento certifica i pericoli di carattere finanziario legati a
questo tipo di operazioni, tanto da richiedere alle compagnie coinvolte di «valutare
con molta attenzione le conseguenze delle
loro azioni». Insomma almeno nella City,
anche grazie a gruppi di pressione come Fair Pensions, che stanno facendo sentire la
loro voce sulla delicata tematica, sta crescendo la consapevolezza che investire sulla trivellazione dell’Artico è tutt’altro che
un buon affare.
C’è un ulteriore caso quanto mai esplicativo: solo per le esplorazioni preliminari al
largo delle coste della Groenlandia, che poi
non hanno dato i risultati sperati, la compagnia di Edimburgo Cairn Energy ha perso
oltre un miliardo di dollari. Un buon motivo per lasciare in pace i fondali ghiacciati
del profondo Nord.
il manifesto
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CALABRIA
Dal 5 all’8 luglio
A–ACCOGLIENZA RIACEinFESTIVAL-Festival delle migrazioni e delle culture locali –
III edizione. Manifestazione nata sull’onda
della politica di accoglienza e reinsediamento dei rifugiati e richiedenti asilo politico che
l’amministrazione comunale sta attuando da
diversi anni. Oltre alla proiezione delle opere
in concorso saranno organizzati altri eventi
tra arte, letteratura, cinema, teatro e impegno civile. Venerdì 6 incontro TRA EMIGRAZIONE E IMMIGRAZIONE, STORIE DI EMIGRAZIONI IN ARGENTINA. Inoltre CORSO DI FORMAZIONE PER LEGALI E OPERATORI a cura
dell’ASGI (Associazione Studi Giuridici
sull’Immigrazione) sui temi dei diritti e della
tutela dei migranti, con una particolare attenzione alla situazione dei minori.
■ Riace (RC) - www.riaceinfestival.it
EMILIA ROMAGNA
Venerdì 6 luglio, ore 21
FESTA MULTICULTURALE. Presentazione
interattiva, alla presenza dell'autore, del
libro di Lorenzo Guadagnucci "PAROLE SPORCHE. Clandestini, nomadi vù cumprà: il razzismo nei media e dentro di noi” (Ed. Altraeconomia, 2010). www.forumsolidarieta.it
■ Parco Nevicati, Collecchio (PR)
LAZIO
Dal 29 giugno al 10 settembre
FONTANONESTATE, 17ma edizione. Venerdì 6 concerto DA HOLLYWOOD A BROADWAY, I PIÙ BEI “CANTABILI” DA FILM E MUSICAL” a cura di Pour le Piano. Concerto del
Coro “Castelli Singers” e “Santa Chiara” Rai
Senior. Direttore Fabrizio Adriano Neri; pianoforte: Andrea Calvani. Serata “la musica per
il sociale” in favore di Emergency e organizzazioni non lucrative di utilità sociale.
■ Giardino della Fontana dell’Acqua
Paola, via Garibaldi 30, Roma (R)
LIGURIA
Dal 6 al 7 luglio dalle ore 17 alle 24
FESTA DELLA TERRA: cibo sostenibile per
il corpo e per la mente. Dibattiti su varie
tematiche: agricoltura biologica e territorio,
altraeconomia tra consumo e pensiero, editoria e strumenti di comunicazione tra proprietà intellettuale e libera fruizione. Inoltre
workshop: "La società civile si auto-organizza
perché la democrazia non si delega: i movimenti e i comitati del territorio a confronto
con amministratori locali e non"; alla sera
possibilità di cenare con menù a km 0.
Ampio spazio ai laboratori per bambini e di
falegnameria con l’utilizzo di materiale di
riciclo, dimostrazione di giardinaggio, passeggiata naturalistica; per tutte le due giornate
presenza di stand dei produttori locali, di
associazioni e comitati. Sabato sera gran
finale con l’esibizione musicale di Mauro
Avanzini Sextet, i Casamatta e Redelnoir.
■ Parco di Falconara, Lerici (SP)
TRENTINO ALTO ADIGE
Dal 6 al 14 luglio
PERGINE-FESTIVAL SENZA BARRIERE
PER I DISABILI, 37.ma edizione. Spettacolo Aperto, dedicato ai cinque sensi e un’offerta di eventi e iniziative senza barriere per chi
non vede, non sente o ha disabilità motorie.
Programma in Braille e spettacoli accompagnati dalla lingua dei segni per i non udenti.
“Sensibilmente” è il titolo dell’edizione di
quest’anno che propone oltre trenta eventi
pensati per sollecitare in un modo nuovo
vista, olfatto, tatto, udito e gusto, offrendo
anche occasioni di riflessione e approfondimento, animando le strade, i parchi, le stanze dell’ex ospedale psichiatrico. Si parte con
CARNEVALESTATE, con la grande parata dei
Sette Peccati e lo spettacolo di circo contemporaneo con cui gli svedesi Cirkus Cirkor.
■ Pergine Valsugana (TN)
–
Dai primi utensili prolungamento del
corpo umano alle tecnologie sofisticate
contemporanee, le macchine nascono
ambigue: strumento di liberazione o di
asservimento? Con la Rivoluzione industriale la loro evoluzione sarà rapidissima. Non fu facile trasformare in operai
gli artigiani e i contadini inurbati dopo
l’esproprio delle terre comuni, la resistenza è stata ampia e tenace. Il luddismo è passato alla storia come il movimento che distruggeva i nuovi telai
meccanici ma il bioregionalista Kirkpatrick Sale interpreta diversamente: i
seguaci del fantomatico Ned Lud lottarono per difendere valori, modi di vivere, libertà (1811-13). Gli artigiani non
volevano abbandonare le cottage factories dei villaggi e la vita nelle loro comunità per lavorare in opifici scanditi dal
ritmo del profitto, con strumenti su cui
diverso da un’altra di 20.000 . Gli assistiti non
sono tutti uguali, anche se uguali sono le malattie,le disabilità, i bisogni di cura. E, non a
caso, a dispetto dall’alto livello di eccellenza
Quando le autorità europee dettano
che si riscontra al vertice del sistema per chi
i canoni delle riforme strutturali, il
può accedervi, l’attesa media di vita è al di
paradigma di riferimento è la riduziosotto della media dell’Ocse, mentre al di sone della spesa pubblica associata a dosi crepra è la mortalità infantile.
scenti di privatizzazione del welfare. In altri
Intanto, la voracità del sistema fa crescere
termini il modello americano che nei sistemi
i costi complessivi a livelli astronomici. Alla fipensionistici, sanitari, educativi è caratterizne del 2011, il costo totale ha raggiunto 2,7 trizato dal crescente predominio del mercato.
lioni di dollari, il 18 per cento del Pil americaIn questi giorni, mentre in Italia si discuno. E, secondo le previsioni si avvia a toccare
te di ennesimi tagli alla sanità, è stata poril 20 per cento del Pil, come dire che un dollatata all’attenzione la riforma sanitaria amero su cinque della ricchezza prodotta in Americana che, si è salvata dal rischio di essere
rica sarà consegnato al complesso assicuraticancellata dalla Corte Suprema - possibilivo-sanitario. Il confronto con i sistemi sanitatà sulla quale contava Mitt Romney, il canri europei di carattere universale e, in linea di
didato repubblicano alle elezioni presidenprincipio, gratuiti è clamoroso. Il costo totale
ziali di novembre.
medio nell’Unione europea è circa la metà di
Quando Obama arrivò alla Casa Bianca,
quello americano, intorno al 9 per cento del
47 milioni di americani erano privi di assiPil. In Francia e Germania con i sistemi più
stenza sanitaria, una vergogna per il paese
costosi la spesa totale è intorno all’11,5 per
più ricco del mondo. La via più semplice, luncento del Pil. In Italia, la spesa sanitaria totagamente coltivata dall’ala liberal del Partito
le è pari al 9,6 per cento del Pil (gli ultimi dati
democratico, era la generalizzazione del sicomparativi dell’Ocse sono del 2009), al disotstema di assistenza pubblica, Medicare, into della media europea, più bassa che nel Restaurato da Lyndon Johnson negli anni Sesgno Unito, due punti di Pil al disotto della
santa a favore delle persone da 65 anni in su.
sti e la diseguaglianza di fronte ai problemi
Francia e della Germania.
Si sarebbe trattato di un servizio universale a
della salute. I costi, infatti, continuano a creSecondo una vecchia graduatoria dell’Ocpiù basso costo. Ma questo modello si sconscere in termini esplosivi. Alla fine del 2011, il
se, i sistemi sanitari francese e italiano spiccatò con la violenta opposizione del potente
costo medio di una polizza familiare ha supeno per la loro eccellenza a livello mondiale. Il
complesso assicurativo-sanitario privato. Lo
rato 15.000 dollari annui. La spesa sanitaria è
vantaggio derivante dal carattere pubblico
scontro proseguì per oltre un anno nel Concresciuta fra il 1999 e il 2011 tre volte di più
del sistema è fuori discussione. Questo, ovviagresso e nel paese senza esclusione di colpi.
dei salari e quattro volte di più dell’inflazione
mente, non significa che nei sistemi pubblici
Obama fu accusato di essere un "socialista",
media. Poi, dietro le medie si celano profonnon vi siano problemi di efficienza, di spree di voler importare negli Usa un sistema di
de diseguaglianze. E’ evidente che,dal punto
chi, di corruzione. Certamente vi sono. Ma,
welfare di tipo europeo. Il risultato finale fu il
di vista della prevenzione e dall’accesso alle
come ci ha insegnato Albert Hirshman nel
compromesso che oggi, per fortuna di Obacure, una polizza, mettiamo, da 10 mila dollasuo celebre saggio sulla Retorica della reazioma, la Corte suprema ha convalidato.
ri ha un contenuto assicurativo radicalmente
ne, è un tipico atteggiamento ideologico delSulla base della riforma,
la conservazione dare l’assaltrentatré milioni di americato alle conquiste democratini che ne sono privi avranno
che e, in particolare, allo stanel corso dei prossimi anni
to sociale, denunciandone
un’assicurazione sanitaria.
gli effetti perversi non per
Di questi, 17 milioni saraneventualmente correggerli,
no associati a Medicaid, l’asma allo scopo di trarne motisistenza pubblica per i povevo per corroderle e smantelri; mentre altri 16 milioni
larle.
fruiranno di una sovvenzioIn sostanza, il punto non
ne pubblica tramite un crediè ignorare o negare l’insuffiAlcuni giorni fa - la scorsa domenica soffocata da un calore infernale e dall’ansia
to d’imposta correlato al licienza o lo scadimento della
per l’imminente finale europea fra Italia e Spagna - il Circolo del manifesto della
vello di reddito. La riforma,
qualità di un servizio pubbliVersilia ha organizzato a Seravezza, provincia di Lucca ai piedi delle Alpi Apuane,
cosa non meno importante,
co che deve rispondere a biun incontro a sostegno del suo-nostro giornale. Il tema era un’interrogativo prevede anche che le compasogni di massa, ma si tratta
«Con la rete l’informazione è più libera?» -, per indagare «a partire dalle rivolte
gnie assicuratrici non podi intervenire in modo punarabe» il ruolo e le possibilità offerte dai nuovi media (social network, blog, e via
tranno rifiutare o revocare
tuale e razionale per corregdiscorrendo). A discuterne erano stati invitati Carlo Sorrentino, docente di sociolol’assicurazione in rapporto
gerne le disfunzioni non per
gia all’università di Firenze; Giorgio Zanchini, giornalista di Rai3; il sottoscritto
alla storia medica o alla patosmembrarlo e, più o meno
per conto del manifesto; Serena e Stefania, esponenti del collettivo femminista
logia delle persone interessaesplicitamente, avviarne la
milanese «leventicinqueundici» impegnatissimo a tener vivo il filo con le madri
te. Come contropartita le asprivatizzazione in nome di
tunisine dei giovani migranti partiti nel marzo 2011 dalla Tunisa, dopo la caduta
sicurazioni hanno chiesto e
una superiore efficienza del
di Ben Alì, e desaparecidos nel nulla senza che a nessuno, a Tunisi come a Roottenuto l’obbligo per tutti
mercato che, come dimostra
ma, sembri importare granché. Erano stati invitati anche Filippo Del Bubba e Alesdi contrarre una polizza assil’esempio americano, è un
sandro Doranti, autori di «Frammenti di una rivoluzione», di cui hanno proiettato
curativa – obbligo che era al
puro fantasma ideologico alialcuni spezzoni, reportage di video-racconti sulla Tunisia che cambia, un progetto
centro della denuncia alla
mentato da precisi interessi
per il web e un esempio dei «nuovi media» (in cui si chiede il supporto della rete
Corte suprema da parte di alprivatistici.
attraverso «Produzioni dal basso», piattaforma che utilizza il metodo di raccolta
cuni governatori repubblicaSotto questo aspetto, non
fondi e finanziamenti con la formula della sottoscrizione popolare).
ni, e che il presidente John
potrebbe esservi un paradosC’era il fondato timore che stretto fra l’incudine della prima domenica di un luglio
Roberts, nominato da Bush,
so più sconcertante. Mentre
canicolare e la padella dell’attesissima partitita di calcio, nella sala delle bellissirovesciando la maggioranza
i democratici americani some e ristrutturate Scuderie medicee (annesse alla cinquecentesca Villa medicea,
di tendenza conservatrice,
gnano un modello il più posuna delle residenze estive dei Medici), si ritrovassero a malapena i relatori. Inveha sorprendentemente risolsibile europeo, la tecnocrace no. Al via erano presenti una quarantina di partecipanti attenti a seguire seguito, interpretando l’obbligo
zia dell’’asse Francoforteto gli interventi, inframezzati da spezzoni del documentario, che tentavano di dare
assicurativo, di dubbia legitBruxelles, alleata alle destre
una risposta alla domanda di fondo e di spiegare i pro e i contro di quello che da
timità, come una tassa che il
più o meno tecnocratiche
Carlo Sorrentino e Giorgio Zanchini è stato più volte chiamato «l’eco-sistema meCongresso federale poteva
che governano nella maggiodiatico». Alla fine, prima della corsa generalizzata verso le tv per (l’infausta) partiimporre senza ledere l’autoranza dei paesi dell’’Unione,
ta con la Spagna, Gabriele Ciucci - che con Lorenzo Carletti e gli altri compagni
nomia dei singoli stati.
guardano al modello ameridel Circolo della Versilia ha organizzato l’evento e raccolto una decina di abbonaObama ha salvato la riforcano. Va in questa direzione
menti - ha ricordato con forza la difficile lotta del manifesto per la sopravvivenza
ma, e probabilmente il sel’opera di erosione della spee il ruolo che la comunità dei lettori ha avuto e vuole avere nell’operazione di
condo mandato, ma la riforsa sociale del governo Monti
salvezza e rilancio. Ruolo - attivo e propositivo, non (solo) da pronto soccorso e
ma, per quanto salutata con
che, sotto il titolo attraente
portatori d’acquaa - che i Circoli ribadiranno nell’incontro nazionale (il secondo)
comprensibile sollievo dai
quanto ingannevole della
in programma domani a Bologna. Quello di domenica scorsa era solo il primo
democratici, rimane lontana
spending review, il carattere
tempo di un’iniziativa del Circolo del manifesto Versilia destinata a continuare
dalla soluzione dei due fondi attacco allo Stato sociale,
questa sera, sempre a Seravezza (ore 21.30, piazza Carducci), con il nostro Alesdamentali problemi del sistesotto la maschera delle riforsandro Robecchi che parlerà di «informazione e satira». Maurizio Matteuzzi
ma sanitario americano: i come di struttura.
DALLA PRIMA
Antonio Lettieri
A Seravezza fra canicola e partita
Ma il manifesto c’è
–
AMBIENTE VIZIATO
Macchine e vita
Giuseppima Ciuffreda
non avevano alcun controllo. Rifiuto
della servitù (“Rebels Against the Future”, 1995). Sessant’anni più tardi Samuel Butler immagina una civiltà convinta che le macchine avrebbero dominato l’umanità usando gli uomini stessi
per evolversi, e le mette fuori legge
(“Erewhon”, 1872). La critica della
Rivoluzione industriale, con tonalità
differenti, segnò l’Inghilterra per tutto
l’Ottocento. Marx e Engels ma anche
una schiera di intellettuali, artisti, poeti, scrittori, politici, funzionari pubblici
per i quali la produzione industriale
degradava il lavoro, sfruttava e toglieva
dignità ai lavoratori, distruggeva la natura. Il primo discorso di Byron alla Camera dei Lord fu contro la pena di morte
invocata per i luddisti e Percy B. Shelley dopo una visita nei distretti industriali scriveva di odiare ogni tipo di
fabbrica. L’analisi più lucida e potente
la espresse John Ruskin, appassionato
cultore del lavoro creativo che vedeva
realizzato dall’artigiano medievale, e
con lui William Morris, poeta, scrittore,
imprenditore, socialista, ispiratore delle
Arts and Crafts. Negli Stati Uniti le macchine sono invece al centro dell’utopia
socialista di Edward Bellamy (“Looking
Backward”, 1888), urbana e centralizzata. La Boston del futuro è una metropoli edificata secondo igiene e ordine,
fitta di grandi centri commerciali con
merci “per ogni desiderio”. La sua organizzazione militare del lavoro anticipa il
“management scientifico” di Frederick
W.Taylor. William Morris risponde con
“Notizie da nessun luogo” (1891), utopia comunitaria e libertaria in una Londra risanata, senza fumi di fabbrica e
colorata di giardini. Rifiuto della produzione in serie. Lavoro libero e potere
degli artigiani sul prodotto. Comunità
rurali. Estinzione dello stato. Educazio-
ne libera, sessualità aperta. Ma le macchine evolvono negli Stati Uniti di Bellamy. Nel 1913-4, a Detroit e Chicago,
Henry Ford realizza i principi di organizzazione del lavoro di Taylor che adatta i
lavoratori, fermi al loro posto, alle macchine. Nasce la catena di montaggio.
Singole operazioni suddivise in gesti
elementari e ripetitivi, ogni operaio su
un unico pezzo. I movimenti sono “efficienti” e veloci. Tempi ridotti, più produttività, standardizzazione dei prodotti. Domesticazione e controllo degli
esseri umani. Henry Ford cercò di industrializzare anche l’Amazzonia. Vi fonda
una città e pianta hevea per la gomma
dei pneumatici. Un fallimento. Non conosce i principi della vita e allinea gli
alberi come le macchine in fabbrica.
Parassiti e funghi distruggono le piantagioni. Speranza nel selvatico ribelle.
il manifesto
VENERDÌ 6 LUGLIO 2012
pagina 15
COMMUNITY
La costituente
abolisce la Costituzione
C
IL MANIFESTO E SBILANCIAMOCI
Movimenti e associazioni
riprendono il discorso
DALLA PRIMA
Giulio Marcon
Un conflitto aperto e le pur timidi novità sul possibile intervento della Bce per calmare lo
spread e la realizzazione dell’unione interbancaria rischiano di impantanarsi
nelle dispute interpretative (perché il
diavolo è sempre nel dettaglio) e nelle
farraginose e lunghe procedure attuative. Si vedrà cosa succederà il 9 luglio
nella prossima riunione dell’Eurogruppo, che dovrebbe tradurre nella zona
dell’euro le misure del Consiglio Europeo. Più che un primo passo, il Consiglio del 28 e 29 giugno è un leggero abbrivio dagli esiti ancora assai incerti e
comunque modesti. La crisi non demorde e -proprio a causa dell’inerzia
di Bruxelles- potrebbe essere destinata
ad aggravarsi ulteriormente in Europa.
Nel frattempo bisognerebbe aspettare
molti anni per la modifica (in senso positivo, speriamo) dei trattati, o attendere anche meno tempo, un anno e più,
per sperare di veder evolvere verso sinistra l’equilibrio politico in Italia (primavera 2013) e in Germania (autunno
2013) e modificare così l’equilibrio europeo. Comunque troppo tempo: frattanto saremo definitivamente travolti
dalla crisi, dal fallimento dell’architettura europea e dal declino del modello
sociale europeo.
Di fronte a questa situazione la sinistra, il sindacato e anche i movimenti
sociali europei sono in difficoltà, incapaci di mettere in campo una forte ed
incisiva mobilitazione contro le scelte
dei governi europei e le politiche di austerity, che altro non sono che la "continuazione del neoliberismo con altri
mezzi". Proprio contro il neoliberismo
dieci anni fa i movimenti europei erano stati capaci di organizzarsi, coordinarsi, manifestare. E oggi, che di questa mobilitazione ci sarebbe ancora
più bisogno, la debolezza della protesta e della capacità di coordinarsi e
unirsi risulta paradossale e preoccupante. La crisi sembra avere messo in
questione la capacità della società civile globale – in questo caso europea- di
organizzarsi e costruire le alternative
necessarie. Continuano ad esserci, ma
non si coagulano, non fanno "massa
critica".
Ecco perché assume un particolare
rilievo il forum promosso lo scorso 28
Striscia
di Gaza
Liberate
al-Rekhawi
PALESTINA-ISRAELE
IERI nuova manifestazione a
Rafah per chiedere la liberazione
dei prigionieri palestinesi
rinchiusi nelle carceri di Israele.
Nella foto (Reuters) un ragazzo
mostra le immagini del
calciatore Mahmoud al-Sarsak e
di Akram al-Rekhawi, entrambi
in gravi condizioni in seguito allo
sciopero della fame intrapreso
giugno a Bruxelles da il manifesto, Sbilanciamoci e altre reti, forum che è riuscito a mettere insieme tante persone
in un’aula del parlamento a discutere
sul "che fare", disegnando un’agenda
con cinque proposte assai nette e di
buon senso (trasformare la Bce in prestatore di ultima istanza, introdurre limiti alla circolazione dei capitali, eliminare i vincoli del "patto fiscale" sul welfare ed i salari, promuovere un "new
deal verde", promuovere un’autentica
democrazia in Europa) che potrebbero
essere la base per costruire la mobilitazione per un’"altra Europa". La seconda tappa di questo confronto comune
è quella che si farà a Roma alla Casa
delle Donne -proprio in concomitanza
con la riunione dell’Eurogruppo- il
prossimo 9 luglio (con la promozione
della Green European Foundation, di
Sbilanciamoci ed il sostegno de il manifesto, per info www.sbilanciamoci.
org) e che vuole rilanciare la strada segnata al forum di Bruxelles, affrontando tre temi: la questione della politica
(assente) e della democrazia (inesistente), del ruolo della società civile e dei
movimenti (in difficoltà) e di come si
esce dalla crisi: contro l’austerity per
un modello di sviluppo sostenibile ed
equo.
La vera novità del Consiglio Europeo
del 28 e del 29 giugno -al di là delle timidissime e in parte innocue aperture
in apparente controntendenza alle
scelte dell’ormai defunto asse Sarkozy/
Merkel- è l’apertura di una contraddizione, lo squadernamento di un conflitto, se non di politiche, di interessi e
scelte sulla gestione del debito dei paesi. Tutto questo può limitarsi ad essere
una contraddizione dentro le dinamiche dell’establishment nella cornice di
una indiscussa matrice neoliberista oppure il terreno fecondo che può essere
percorso dalla sinistra, il sindacato ed i
movimenti per una nuova opzione e
aprire un campo di problemi e di conflitti fino ad oggi non emersi, almeno
non abbastanza. Servono i soggetti, le
forze sociali e politici, i movimenti: solo così si riapre il campo. Ecco perché
la moltiplicazione di iniziative come
quelle del 28 giugno, del 9 luglio -e poi
del forum sociale di Firenze di novembre- possono contribuire a rimettere in
moto una dinamica e l’organizzazione
di un conflitto -sulla democrazia, l’economia ed i diritti- che da troppo tempo manca in Europa.
on plateale vilipendio della volontà
popolare espressa il 25-26 giugno di
sei anni fa a conferma solenne della
Costituzione repubblicana, il senatore Pera
annunzia (Il Corriere della Sera del 4 luglio)
di avere presentato «in modo del tutto autonomo» un disegno di legge «di revisione costituzionale» diretta a provocare che nella «primavera del prossimo anno si elegga assieme
a Camera e Senato un’Assemblea costituente» composta di 75 membri, che,
entro dodici mesi, dovrebbe «redigere il testo della nuova Costituzione» da sottoporre nei tre
mesi successivi a referendum. A
convocare detta assemblea dovrebbe essere il Presidente della
Repubblica in carica il cui mandato verrebbe prorogato.
Il senatore Pera usa per questa sua proposta la denominazione di «disegno di legge di revisione costituzionale». Evidentemente non sa - o sa anche troppo bene - che non di revisione
costituzionale si tratta ma di altro. Di un disegno eversivo, progettato e dichiarato.
Un senatore della Repubblica,
già Presidente del Senato, dovrebbe infatti sapere, e sa, che
quello di revisione è "potere costituito" non è "potere costituente", distinzione ben nota a chi
avrà sentito parlare di un certo
abate Sieyès. È infatti previsto e
regolato dalla Costituzione vigente all’articolo 138. Mira a consentire che il testo della Costituzione possa essere rimodulato,
integrato, modificato secondo il
procedimento prescritto. Ma
non nei suoi principi fondamentali, non nei diritti inviolabili che
riconosce, non nella forma di stato che sancisce, non nello spirito, non nel compito che assegna
alla Repubblica e, comunque mai nel suo insieme. Il senatore Pera mira invece alla redazione di una "nuova Costituzione", quindi a
sostituire la Costituzione vigente, ad abrogarla. Pretende poi di realizzare questo disegno
usando un procedimento proprio dell’ordinamento che mira a liquidare. In uno stato
di diritto la proposta di Pera sarebbe dichiarata inammissibile. Configura, in modo
esemplare, come del resto quella che propone il referendum "di indirizzo" sulla forma di
governo, l’uso illegale del potere legale.
Ha dei precedenti questa tecnica eversiva,
è di quelle sperimentate e praticate con successo in Italia. Fu con leggi ineccepibili dal
punto di vista procedurale che si avviò e si
compì l’instaurazione del regime fascista. Le
leggi liberticide, quelle sui poteri del governo
e del suo capo, quella che istituì il tribunale
speciale, quelle antiebraiche, quella che sostituì alla camera dei deputati la camera dei
fasci e delle corporazioni furono tutte approvate da un parlamento, svuotato di rappresentanza, ma secondo regolamenti e prassi
vigenti e furono tutte sanzionate e promulgate dal re fellone, Vittorio Emanuele III.
Il senatore Pera conosce questi precedenti. A proporre tuttavia un tale processo eversivo sarebbe l’incapacità dei partiti in Parlamento di procedere sulla via delle riforme
della forma di governo avviate in Senato
(sulle quali abbiamo riferito su questo gior-
–
La proposta di Marcello Pera,
eleggere nel 2013 anche
un’assemblea costituente, è un
cavallo di Troia per abolire
la natura solidale e sociale
del nostro patto repubblicano
Gianni Ferrara
nale) il cui testo «morirà in Senato il giorno
stesso in cui sarà licenziato» non ostante
che «Dio solo sa» quanto bisogno se ne abbia, secondo Pera. Ma si è mai chiesto il senatore Pera il perché da trenta anni ci si lamenta della mancanza di potere decisionale del Governo e del Presidente del Consiglio? Ha mai sospettato che si mascherasse
in tal modo l’incapacità di governare dimostrata inequivocabilmente anche in caso di
maggioranze amplissime e di leadership incontestate ? Non si tratta per caso di inettitudine a governare riversate ignobilmente
su carenze delle istituzioni ?
IL senatore Pera aggiunge altre motivazioni. L’una attiene alla disattenzione che mostra il Parlamento italiano rispetto a quello
degli altri Paesi in ordine alle profonde trasformazioni degli assetti di potere politico
che stanno intervenendo tra stati e istituzioni europee. Constatazione ineccepibile. Ma
è la Costituzione che lo impedisce o è la qualità mai tanto modesta dei parlamentari italiani non eletti ma nominati dai capipartito?
Le altre ragioni addotte sarebbero quelle
del fallimento del federalismo del Titolo V,
della presunta carenza del potere del Presidente del Consiglio di revocare i suoi ministri, dell’estensione del potere del Presiden-
IL BENPENSANTE
È chiaro che molti termini stranieri negli ultimi
cinquant’anni sono entrati a buon diritto nell’uso
della lingua italiana (stop, alt, tilt, ok, drink,
cocktail, sandwich, cardigan, golf, tennis ecc.)
perché non esisteva l’equivalente nel nostro
vocabolario. Ma negli ultimi sei anni, non di più è
successa una catastrofe: morti tutti quelli
dell’Accademia della Crusca, scomparsi quei
poveracci della Dante Alighieri in difesa della
lingua italiana, siamo stati investiti da un’onda
piena di termini anglosassoni. Hanno tutti, però,
un esatto corrispondente italiano: mobbing,
molestie di ogni tipo; share, percentuale; audience,
ascolto; on-line, in linea; New Age, nuova età;
background, retroterra; borderline, al limite;
te della Repubblica, del carattere del "regime parlamentare" in cui il governo dipende
dalle decisioni dei "gruppi parlamentari".
Esaminandole, iniziando da quest’ultima, si
può facilmente rilevare che il regime parlamentare è tale proprio perché realizza la dipendenza del governo dal Parlamento e dalle sue articolazioni. Da chi altro potrebbe dipendere, da nessuno?
Quanto al Titolo V, è appena il caso di ricordare che il testo vigente
non è quello contenuto nella Costituzione del 1948,
ma è il prodotto del revisionismo delle istituzioni esibitosi undici anni fa. Ed è o
un esempio illuminante dell’insipienza giuridica e politica del revisionismo, riformismo, nuovismo costituzionale. Mobilitarlo per redigere una nuova costituzione è, al minimo, prova di irresponsabilità.
Quanto, invece al potere
del Presidente del Consiglio
di revocare i ministri, non
c’è problema. In caso di renitenza può indurre la sua
maggioranza ad avanzare la
sfiducia individuale e votarla. Il senatore Pera lo sa.
Sull’incremento dei poteri del Presidente della Repubblica è da osservare che
è opinione del tutto personale quella sulla scarsità dei poteri politici del Presidente
della Repubblica. Ma è in
netto contrasto con la dottrina costituzionalistica italiana che già dagli inizi degli
anni ’50 di poteri politici del
Presidente ne ha individuati
e studiati molti, qualificandoli tutti come poteri "non
di parte". È vero che la gravissima crisi finanziaria ed economica che attraversiamo li ha incrementati ma perché si
è congiunta ad una crisi politica derivante da
un Parlamento di ridotta forza rappresentativa e da un governo dimissionato per incapacità. La provvida elasticità del regime parlamentare ha consentito che i poteri del Presidente si dispiegassero supplendo le carenze
degli altri due organi del sistema parlamentare di governo. Va soprattutto apprezzato che
dispiegamento e supplenza si sono sempre
caratterizzati da un esercizio "non di parte".
Suvvia, le motivazioni addotte dal senatore Pera non sono, francamente, di pregio.
Ma, a riflettere, riguardano solo la forma di
governo. La proposta di un’assemblea costituente però implicherebbe la redazione di
un intero testo costituzionale, abrogativo anche della Prima Parte della Costituzione vigente, quella dei principi fondamentali, dell’eguaglianza materiale, dei diritti, anche di
quelli sociali. Desta un sospetto non manifestamente infondato. Con i tempi che corrono, con i tagli del finanziamento del welfare,
con la compressione massiccia dei diritti sociali non è che il compito previsto per l’assemblea costituente che propone sia proprio
quello di redigere una costituzione che liberi
le classi dominanti dalle conseguenze dall’eguaglianza sostanziale, dall’efficacia dai diritti sociali, dalle domande della democrazia
incompatibili col capitalismo neoliberista ?
–
Intelligence, servizi segreti; devolution,
decentramento amministrativo. Perché usare
parole anglosassoni, spesso incomprensibili
soprattutto agli anziani, quando ci sono
validissimi corrispondenti nella nostra lingua?
Tutti gli usatori di questi termini maledetti se ne
sono impossessati con molta fatica, studiandoli e
imparando a memoria l’esatta pronuncia nelle
notti insonni. Poi, quando li hanno finalmente a
disposizione, li usano come feroci armi di offesa
per ferire i molti disgraziati che non ne capiscono il
significato.
pagina 16
il manifesto
VENERDÌ 6 LUGLIO 2012
L’ULTIMA
Vittorio Tranquilli
R
storie
idare al lavoro la dignità, il prestigio
sociale e il riconoscimento economico che gli spettano, ma di cui è semVittorio Tranquilli ha lavorato su
pre più deprivato, dovrebbe essere obiettiintuizioni preziose fino a pochi giorni
vo centrale delle formazioni politiche di opposizione alle destre, oggi prevalenti in Euprima di lasciarci. «Il manifesto»
ropa. Non basta, quindi, inserirlo in procon la rivista online da lui ideata
grammi, proclami e discorsi. Né bastano
proposte di legge volte a riformulare in va(www.ilpicchioasinistra.it).
rio modo gli «ammortizzatori sociali», conpropongono un inedito: l’inizio di un
ducendo così, in sostanza, mere battaglie
di retroguardia a difesa di quanto resta del
saggio sul lavoro che aveva in cantiere
«Welfare State». È necessario muoversi realmente per dare vita a una larga, partecipata, vibrata mobilitazione di popolo comprendente sia i disoccupati involontari «di
lungo corso», sia gli occupati saltuariamente, precariamente o magari «in nero», esclusi quindi, comunque, da ogni progetto di
vita ragionevolmente prefigurabile, sia i
sempre più numerosi espulsi dal mondo
produttivo per crisi, fallimenti, «ristrutturazioni», «de-localizzazioni» d’imprese.
Tutti i detentori di «forza-lavoro», di ogni
tipo e livello, sono oggi colpiti da questo
trend rovinoso, o a rischio di esserlo; ma lo
sono particolarmente i giovani. Conseguito
il diploma o la laurea, la maggior parte di loro è condannata a restare a lungo «senza arte né parte»; a doversi arrangiare – i più volenterosi – con lavoretti dequalificanti; a veder quindi divenire obsoleta, di fronte alla
crescente furia d’innovazionismo tecnologico, la formazione ricevuta; a rimanere anche per decenni – i più fortunati, ammesso
che la si possa considerare una fortuna – a
profonde in tale logica e in tali regole. Fino
carico dei genitori, nella nebbia più fitta riad oggi è sempre riuscito a rimediare, camguardo a un proprio futuro individuale, fabiandole o riadattandole secondo modalimiliare e sociale. Non c’è da meravigliarsi se
tà parzialmente nuove, che hanno portato
VITTORIO
molti si fanno prendere dallo scoramento,
via via a parziali rifacimenti o emendamenTRANQUILLI IN
dalla depressione, o peggio. A dirla in breve,
ti del sistema. In tal senso si è parlato e si
SERBIA IN UNO
non sbaglia – a nostro avviso – chi vede in
parla di «mutamenti di pelle» del capitaliDEI SUOI VIAGGI
una grossa parte dei giovani attuali gli emarsmo, ma sempre nel quadro della sua perDI «SOCCORSO
ginati di domani, accostandoli, cioè, alla fimanente logica già detta e relative regole.
DIRETTO»
gura premoderna del «povero».
È stata perciò con ragione criticata teoriAI RAGAZZI
***
camente, e smentita dai fatti, ogni previsioADOTTATI
Volendo, schematicamente, andare a
ne o aspettativa di «crollismo», ossia ogni viA DISTANZA
fondo (innanzitutto per capire) bisogna disione del capitalismo come destinato a crolre cose che suonano molto semplici, e solare, di per sé o sotto spinte sociali esterne
no difficilissime da affontare. In sintesi: il
(di «lotta di classe»), che in realtà sono riuscicapitalismo in tanto si è costituito in sistete soltanto – sebbene non fosse poco – a solma economico-sociale, in quanto ha seguilecitare, con la loro critica e i loro attacchi al
to una logica determinata. Questo sistema
sistema, i suoi «mutamenti di pelle».
(con la sua logica e le sue regole) ha avuto
Ma è ancora valido questo tipo di discorfasi alterne di sviluppo e di crisi, dovute al
so di fronte alla crisi attuale del capitalismo,
progressivo esplicitarsi di sue contraddizioo esso è giunto veramente, questa volta, alla
ni interne, ossia al manifestarsi di crepe
sua «ultima spiaggia»? Molte cose fanno pro-
RICORDO
Il lavoro della solidarietà,
ma fuori da tutti i cori
Oltre
IL BUIO
pendere nel secondo senso. Già il fatto stesso di una finanziarizzazione così massiccia e
completa è contraddittorio rispetto al duplice binario logicamente e storicamente intrinseco al capitalismo: finanza e produzione, la
prima in funzione della seconda. È fuori da
ogni logica e regola del capitalismo «in sé»
l’esclusivizzazione del solo momento finanziario.
Ma oggi, per di più, la finanza, dopo essersi mangiata la produzione, e appunto per
questo motivo, ha finito per uscire da ogni
propria logica e regola. È diventata una finanza senza volto, in balia a un incomprensibile gioco di rendita per la rendita, quindi,
alla fin fine, il regno dell’imprevedibile, dell’effimero e del caos. Ormai nessuno riesce
più a capire quali sono i caratteri e lineamenti intrinseci a questo Moloch finanziario: si
comincia con ragione a sospettare che, semplicemente, non vi siano. Si è portati a dover
supporre di esser tutti noi divenuti sudditi di
poteri non identificabili, perché privi di una
loro figura e logica comunque determinate.
Per usare termini che esprimano comunque una qualche realtà: siamo veramente
all’ultimo sfascio di un capitalismo che sta
mangiando se stesso (il mito di Crono, ma
questi mangiava i suoi figli, non se stesso).
Era il 2004. Un mare perfido, una piccola barca a motore che imbarcava acqua ad ogni ondata, un viaggio da
Bissau a Bubaque, un’isola di fronte alle coste della Guinea Bissau, dove «ABC» aveva un progetto. Un’ora e mezzo di mare e si arriva. Per scendere ci si siede a prua e
si scivola sulla terra ferma. Vittorio, invece, quasi ottuagenario, pensa bene di non sbarcare come tutti gli altri
ma di saltare. Per la paura chiudo gli occhi e quando li
riapro è lì, in piedi. Questo era Vittorio, un vecchio pazzo
romantico innamorato della vita! Sono sicuro che vorrebbe sentirmi parlare delle lunghe ore di lavoro passate
insieme, in Africa e in Serbia, spesso alla luce di una
lampada tascabile a parlare di cosa e come fare. Tanto
lavoro appassionato che lui , preciso e orgoglioso, amerebbe richiamare: centomila borse di studio distribuite,
decine di pozzi scavati, orti avviati a produzione, giovani
e adulti curati, scuole costruite e insegnanti aiutati. Non
male per uno che si definiva un ferroviere in pensione.
Era uno che cantava, ma fuori dal coro. E se fosse qui
chiederebbe aiuto per quel che ABC continua fare e Vittorio è con lei!
Franco Della Marra «A, B, C, solidarietà e pace -Onlus»
Uscirà dalle fasce un qualche Zeus per ora
nascosto? Speriamo. Ha ragione chi dice
che, per intanto, dobbiamo fare «come se»
ci si possa aspettare che nasca. La storia
(ammesso che se ne dia ancora una qualche continuità) ci aveva talora messi di
fronte a svolte impreviste. Per esempio: il
capitalismo che nasce in Scozia, a motivo
del fatto che, ivi, «le pecore mangiarono gli
uomini»; l’uscita dalla «grande crisi» del
’29-’33 grazie all’ accoppiata RooseveltKeynes; Hitler che, invece di completare la
conquista dell’Occidente occupando anche l’Inghilterra, attacca l’Unione Sovietica, dove le armate tedesche troveranno, come quella napoleonica (di cui evidentemente Hitler era noncurante) la sconfitta e
l’annientamento (Stalingrado!); Churchill
che, volendo salvare l’Impero inglese, non
salva questo, ma salva l’umanità; Lenin
che, contro l’intero (o quasi) Comitato centrale bolscevico, ragionante secondo criteri
marxiani, fa la Rivoluzione di Ottobre.
Allora, spes ultima dea? Molto genericamente parlando, speriamo qualcosa di più
e cerchiamo di muoverci in tal senso.
***
Per il resto: elezioni anticipate nel prossimo autunno (ma come la si mette con gli ul-
timi sei mesi del settennato di Napolitano?...) Il B. che riciccia, arbitro tra Alfano e
Maroni; Bersani e Casini ci stanno; Renzi
che fa la fronda ed è una vera incognita…
per non parlare di altro. Insomma la risposta dell’attuale brodaglia politica alla svolta
storica che stiamo vivendo, è quella che ci si
poteva aspettare. Nell’insieme: si dà per
scontata la (ingloriosa) fine di Monti, schiacciato tra il «rigore» e una «crescita» tra loro incompatibili nel quadro mentale e ed economico della religione neo-liberista? Di questa,
e non tanto del povero Monti, mi pare si tratti veramente. Quanto all’ «oltre» l’Europa attuale, della cui agonia stiamo cercando di ragionare, mi pare ci siamo entrati ormai abbondantemente (last but not least: la Merkel
che se ne va da Roma per … vedere la partita!). Ci attende un lungo «no ordinary time».
Tempi duri, ma aperti ad esiti per adesso imprevedibili. Eppure, dobbiamo parlarne come meglio possiamo. Una nuova Stalingrado è tra il novero delle possibilità concrete.
Ricordo ben io come a tutta l’umanità si riaprì allora il cuore, l’entusiasmo …
Oggi l’ultimo saluto A VIttorio Tranquilli alle 10,30 presso la chiesa di San Bernadette,
Via E. Franceschini 40, Roma (Colli Aniene)