Alta macelleria
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CON LE MONDE DIPLOMATIQUE + EURO 1,50 SPED. IN ABB. POST. - 45% ART.2 COMMA 20/ BL 662/96 - ROMA ISSN 0025-2158 ANNO XLII . N. 160 . VENERDÌ 6 LUGLIO 2012 LA POLITICA ASSENTE Livio Pepino D unque la Corte di cassazione ha deciso e ora quel che già sapevamo, nella accezione pasoliniana del termine, è verità giudiziaria Molte sensazioni si rincorrono. Mi tornano alla mente le parole di Sepulveda il giorno dell’arresto del generale Pinochet: «Scrivo queste righe perché non so fare altro. Abbraccio mia moglie e tutti e due piangiamo. Piangiamo il pianto liberatorio di quanti non abbiamo mai dimenticato, di quelli che non hanno mai smesso di credere nel giorno della minima giustizia. Carmen ed io usciremo a fare un passeggiata, e sentiremo che la pioggia sui nostri volti comincia finalmente a lavare le vecchie ferite». È questo il primo pensiero. La condanna non solo degli esecutori materiali del massacro della Diaz ma anche dei funzionari che hanno coordinato le operazioni e sono ricorsi al falso per giustificare la mattanza è la vittoria delle vittime che non hanno mai smesso di credere che un minimo di giustizia poteva essere assicurato anche in questo disgraziato Paese. Di quelle vittime e di chi le ha assistite e sostenute. Il secondo pensiero va ai pubblici ministeri che – spesso soli, osteggiati, isolati nel loro stesso ufficio – hanno continuato, ostinatamente a cercare la verità. Senza di loro oggi avremmo solo il proscioglimento per prescrizione degli autori materiali. Al pensiero si accompagna una riflessione che dovremmo ricordare sempre. Nella nostra storia i frammenti di verità sulle vicende oscure delle istituzioni del Paese sono emersi sempre grazie all’intervento contrastato di alcuni piccoli giudici o pubblici ministeri, mentre gli apparati depistavano. Il terzo pensiero va al fatto che la decisione dei giudici si è dovuta fermare di fronte alle lesioni per l’intervento della prescrizione. Fatto non casuale ma frutto della scelta della politica di evitare l’introduzione del reato di tortura, pur richiesto dall’Europa e dalle disposizioni internazionali. Si tratta di una responsabilità della politica che non sarà lavata dalle lacrime delle vittime di fronte alla sentenza. Detto questo, va aggiunto che ora tocca al governo fare la sua parte. Le condanne dei funzionari portano con sé la pena accessoria della interdizione dei pubblici uffici. Ciò significa che la catena di comando della polizia sarà decimata o comunque toccata in punti nevralgici. Ciò che la politica non ha voluto fare, pur a fronte delle richieste di tutti i democratici, è ora imposto da una sentenza. Guai se la politica cercasse di ricorrere ad escamotages per evitarlo. Sarebbe un atteggiamento eversivo. Al contrario, i cambiamenti imposti dalle condanne dovranno essere l’occasione per un intervento riformatore della polizia. I fatti della Diaz non sono stati un "incidente" ma l’esito di una strategia e di una concezione dell’ordine pubblico che è tuttora assai radicata. Attendiamo dal Governo un intervento immediato e profondo. Sono in gioco le sorti della nostra democrazia. E, ancora una volta, c’è voluto un giudice per ricordarlo! EX di Alberto Piccinini Chiavistello La finestra che si era aperta nel febbraio del 1992 è in via di chiusura, sento già muoversi il chiavistello (Gherardo Colombo, 9 aprile 1998) EURO 1,50 Alta macelleria Dopo nove ore di camera di consiglio, la Cassazione conferma le condanne per il massacro della scuola Diaz. I vertici della polizia colpiti dall’interdizione dai pubblici uffici, ma non c’è il reato di tortura e per i pestaggi degli agenti scatta la prescrizione. Ora tocca al governo prendere provvedimenti PAGINE 2, 3 La proposta di assemblea costituente per cancellare la Costituzione IL COMMENTO Gianni Ferrara pagina 15 EUROCRACK-BCE Draghi riduce i tassi. Ma vanno giù le borse REVISIONE DELLA SPESA EUROPA-USA Spari sulla Sanità pubblica Salvi solo gli armamenti L e spese militari non si toccano, restano inamovibili. Sparito dalle bozze del decreto il taglio di cento milioni in due anni sugli armamenti. Dopo un lungo (e incerto) consiglio dei ministri, nella notte il governo ha varato il testo della manovra di revisione della spesa. La mannaia si è abbattuta invece sulla sanità e sui dipendenti pubblici, sui tribunali e sull’informazione locale. Le regioni non apprezzano: «Tagli insostenibili». E minacciano la rivolta: «L’intervento del governo è unidirezionale, contrariamente a quanto prescritto dalla Carta costituzionale». E un rapporto dell’Aifa sull’uso dei farmaci in Italia rivela: nel 2011 i cittadini hanno pagato il 34% in più di ticket sanitari rispetto all’anno precedente SERVIZI |PAGINA 4 VIALE MAZZINI Eletti i nove consiglieri La Rai ha il suo cda, ma ora come allora è targato Berlusconi ANDREA FABOZZI |PAGINA 5 Modelli di welfare tra le due sponde Antonio Lettieri N el confronto con la crisi, l’asse Francoforte-Bruxelles si muove lungo il doppio binario dell’austerità e delle riforme strutturali. C’è un punto in cui i due binari s’incontrano per diventare uno solo. E’ il punto dove il taglio della spesa pubblica (austerità) si risolve nel taglio di alcuni capitoli della spesa sociale (riforme strutturali). In tutta l’Unione europea, i due capitoli sui quali s’interviene sono le pensioni e la sanità. In Italia è stata utilizzata la mannaia per le pensioni. Ora s’intensifica l’opera di erosione del sistema sanitario pubblico. CONTINUA |PAGINA 14 GRECIA Memorandum? Samaras fa anche peggio La troika a Atene chiede di accelerare le manovre imposte dall’Unione europea, ma il governo va oltre con un generoso pacchetto di privatizzazioni che mira alla svendita del patrimonio pubblico. E Syriza inizia la sua trasformazione in partito di massa |PAGINA 9 PROPOSTA DI LEGGE POPOLARE | PAGINA 6 IL 9 LUGLIO DI ROMA La democrazia e l’Europa. Seconda tappa del forum Il presidente della Bce riduce i tassi allo 0,75%, ma le borse precipitano e lo spred decolla. La decisione perché «la crescita nell’area euro resta debole, compresi i paesi che prima crescevano, con elevati livelli d’incertezza». Insomma, va peggio |PAGINA 9 STUDIOS IN CRISI Cinecittà «okkupata» dalle maestranze Reddito minimo, parte la campagna SANDRO MEDICI, SILVANA SILVESTRI l PAGINA 7 Giulio Marcon Dopo il Consiglio Europeo del 28 e 29 giugno, l’Europa naviga in acque tempestose, nonostante le diplomatiche riappacificazioni (con la Merkel) e qualche passo indietro (Olanda e Finlandia). Il conflitto tra governi e schieramenti di stati (Italia, Spagna, in parte la Francia da una parte e Germania, Gran Bretagna, Olanda, Finlandia dall’altra) prosegue. CONTINUA |PAGINA 15 DOCUMENTARI Una Lisbona surreale al festival di Marsiglia CRISTINA PICCINO l PAGINA 12 Al via la raccolta di firme, ne servono 50mila. Nichi Vendola ci mette la sua. «È l’unica misura possibile contro la ricattabilità e il destino di precarietà che hanno di fronte le giovani generazioni», dice il governatore della Puglia tra i primi a sponsorizzare l’iniziativa pagina 2 il manifesto VENERDÌ 6 LUGLIO 2012 ALTA MACELLERIA G8 • Gratteri, attuale capo del dipartimento centrale anticrimine, Luperi, al vertice del reparto analisi dell'Aisi, Caldarozzi, capo servizio centrale operativo, saranno sospesi per 5 anni I falsi della Diaz Polizia decapitata La sentenza di Cassazione conferma le condanne del secondo grado per gli alti dirigenti. Prescritte le lesioni per gli altri agenti coinvolti nei pestaggi alla scuola nel luglio genovese del 2001 Alessandra Fava D opo otto ore e mezzo di camera di consiglio c’è stata la lettura del dispositivo, dieci pagine che verranno depositate oggi nella cancelleria della V sezione penale della Cassazione. Alle diciannove la notizia è ufficiale, rimbalza in rete e sui network alla velocità della luce: la quinta sezione della corte di Cassazione presieduta da Giuliana Ferrua ha confermato le condanne comminate in secondo grado per l’assalto alla scuola Diaz durante il G8 genovese, avvenuto la notte del 21 luglio 2001. I dirigenti di polizia non andranno in carcere ma saranno sospesi dagli incarichi per cinque anni. Le lesioni sono archiviate, «sono stati assolti per prescrizione otto fra dirigenti, poliziotti e capisquadra, compresi Canterini e Fournier – spiega il loro avvocato difensore, Silvio Romanelli – mentre sono stati condannati Nucera e Panzieri», i due poliziotti coinvolti nell’accoltellamento, un falso secondo la procura. Dei 25 condannati in primo grado, ne restano dunque 17. Come dire i responsabili di quella notte non furono gli esecutori materiali, ma i mandanti. E i mandanti sono accusati di falso perché i verbali sono stati taroccati come hanno sempre sostenuto i pm genovesi Enrico Zucca e Francesco Albini Cardona. Era difficile crederci. A metà giugno quando sembrava che si fosse all’ultima udienza, ottimismo ce n’era veramente poco. Anche l’altro ieri, Lorenzo Guadagnucci, giornalista e vittima del pestaggio, non ci poteva credere. Ieri dopo la lettura: «C’è un po’ di giustizia, la verità c’è sempre stata – dice – La Cassazione ha dimostrato indipendenza, Zucca e Cardona hanno condotto un’inchiesta contro tutti, con l’ostilità palese dei vertici di polizia. È mancato un intervento dei parlamenti, delle istituzioni, che hanno avvallato un comportamento irresponsabile. Noi siamo stati ignorati e derisi quando dicevamo nel 2004 o nel 2010 che i poliziotti andavano sospesi dagli incarichi, oggi ci trovia- mo con i dirigenti più importanti che se ho capito bene domani non potranno presentarsi in ufficio». Ora con le condanne confermate il Viminale dovrebbe aprire i provvedimenti disciplinari perché a questo punto scatta anche la pena accessoria: la sospensione dagli incarichi per cinque anni per i mandanti di quella notte scellerata, la «macelleria messicana» come disse Fournier ai magistrati già negli interrogatori durante le indagini. In questi anni sono stati tutti promossi. A partire dal capo della polizia di allora, oggi sottosegretario alla presidenza del consiglio dei ministri col governo Monti, Gianni De Gennaro che fu coinvolto solo di striscio nelle indagini per le dichiarazioni ritrattate e secondo la procura manipolate ad arte, rilasciate dall’allora questore di Genova Francesco Colucci proprio durante il processo Diaz. Ma l’impianto non ha tenuto in un altro processo in Cassazione: poche settimane fa i magistrati della suprema corte hanno assolto De Gennaro giudicandolo estraneo alle dichiarazioni di Colucci. Gli altri però nella scuola c’erano: si vedono in un filmato intorno a un sacchetto blu con le molotov dentro, quelle portate da corso Italia alla scuola, per poter dimostrare che c’erano i black bloc ed erano anche armati. Nel famoso video, trovato dalla procura tra le riprese dell’emittente genovese Primocanale e messo agli atti come Blue Sky, si vedono Giovanni Luperi, Spartaco Mortola, Pietro Troiani, Gilberto Caldarozzi e Francesco Gratteri allora vice e capo dello Sco, Lorenzo Murgolo. Il prefetto Arnaldo La Barbera (morto nel 2002), che secondo le ricostruzioni della procura genovese era stato mandato sabato mattina da Roma per procedere ad arresti consistenti, è poco lontano. Che strana operazione, con tutti i vertici della polizia italiana davanti al «luogo del delitto»! Sono loro a essere condannati oggi. Eppure anche i figuranti di Blue Sky «Il Viminale ottempererà a quanto disposto dai giudici», dice Cancellieri. In attesa dei provvedimenti sui «prescritti» hanno fatto carriera: Luperi allora vicedirettore dell’Ucigos, è asceso a capo dipartimento analisi dell’Aisi. Gratteri al tempo capo dello Sco oggi è alla direzione anticrimine. Gilberto Caldarozzi, che nel 2001 era vice di Gratteri, oggi è alla direzione dello Sco. Mortola, nonostante avesse due processi in corso è stato promosso, ministro dell’interno Maroni, questore. Ieri è stato condannato, mentre poche settimane fa era stato assolto insieme a De Gennaro per le dichiarazioni di Colucci. La sentenza d’appello del maggio 2010 aveva ribaltato la sentenza di primo grado del 13 novembre 2008 che di fatto aveva condannato solo 13 poliziotti, fra cui il capo del VII nucleo, Vincenzo Canterini e i suoi, quelli che avrebbero pestato duro insomma, assolvendo i «papaveroni» Luperi, Caldarozzi, Mortola, Gratteri. In secondo grado, fra lo stupore degli astanti, nell’aula bunker di Genova, a tarda notte, era stata letta la sentenza che condannava 25 dei 28 poliziotti a oltre 85 anni di carcere: Gratteri a quattro anni, Canterini a cinque anni, Luperi a quattro anni, Mortola a tre anni e otto mesi, l’ex vicecapo dello Sco Gilberto Caldarozzi a tre anni e otto mesi. I due dirigenti, Pietro Troiani e Michele Burgio, accusati di aver portato le molotov nella scuola, sono stati condannati a tre anni e nove mesi. «La sentenza della Corte di Cassazione va rispettata come tutte le decisioni della magistratura. Il ministero dell’Interno ottempererà a quanto disposto dalla Suprema Corte», dichiara in serata con una nota la ministra dell'interno Annamaria Cancellieri». «La sentenza - prosegue mette la parola fine a una vicenda dolorosa che ha segnato tante vite umane in questi 11 anni». Daniele Vicari / PARLA IL REGISTA DEL FILM «DIAZ» «Le istituzioni che hanno taciuto adesso devono prendere posizione» Luce Manara MILANO T utti sanno cosa è successo. Ma Daniele Vicari, con il suo film Diaz, quei poliziotti ce li ha fatti vedere all’opera. Ha fatto bene, ci ha fatto male. Basta questa sentenza per dire che giustizia è fatta dopo le torture alla Diaz? La conferma dell’impianto accusatorio pone le istituzioni di fronte a una grave difficoltà. Stiamo parlando di alti funzionari della polizia italiana che sono stati condannati. La loro sospensione deve creare un grosso problema non solo ai vertici delle forze dell’ordine ma anche alla politica. Adesso le istituzioni hanno il dovere di dire qualcosa, dopo che per undici anni non hanno voluto affrontare la questione. La polizia che tortura, con la copertura delle istituzioni, è immagine e sostanza della sospensione della democrazia. L’Italia adesso ti sembra uno stato democratico? Continuo a nutrire dei dubbi, intanto perché queste cose sono accadute. Mi sentirò più tranquillo solo quando ci saremo dotati di strumenti legislativi che possano impedire il ripetersi di certe situazioni. Sotto il profilo dell’ordine pubblico, dobbiamo avere il coraggio di affrontare la questione seriamente, altrimenti ci poniamo fuori dalla democrazia. E’ incredibile che in Italia non esista il reato di tortura, dobbiamo arrivarci senza giochetti di prestigio per garantire l’impunità delle forze dell’ordine. Non ci vuole molto, basta notificare le norme dell’Onu. Questa sentenza potrebbe rappresentare una buona occasione. Visto che alcuni hanno criticato il tuo film perché non avrebbe sottolineato la responsabilità dei politici, oggi in che modo le istituzioni potrebbero recuperare un minimo di credibilità rispetto a quello che è successo a Genova? Sono convinto che sia necessario agire in parlamento per dotarsi di strumenti legislativi chiari e inequivocabili per ribadire chiaramente che tutti noi cittadini dobbiamo essere uguali davanti alla legge. Deve essere chiaro che qualunque cittadino ha il diritto di manifestare il proprio dissenso. Sembra una cosa scontata e invece sa- rà un processo lungo e molto faticoso perché è evidente che all’interno delle nostre istituzioni ci sono delle culture e delle pulsioni decisamente non democratiche. Questa battaglia non deve essere condotta da questo o quel pezzo di movimento o associazione, deve diventare un impegno e una responsabilità di tutti noi, di tutta la società nel suo complesso. Il movimento, o la sinistra, accontentandosi di restare aggrappata alla memoria di Genova non rischia di perdere per strada ciò che accade qui e ora? Oltre ai casi dei ragazzi uccisi dalle varie polizie, o in carcere, ogni giorno le cronache raccontano aggressioni che non lasciano tracce di reazione o mobilitazione. So che molti pezzi del movimento non la pensano così, ma io sono convinto che la chiave di volta per ribaltare questa situazione sia la battaglia per i diritti civili. Non è la lotta di una piccola parte della borghesia intellettuale, tutt’altro, è il modo per riconquistare la democrazia. Penso che i diritti civili siano alla radice di ogni democrazia. Se una persona viene denudata, picchiata, umiliata, la questione politica passa in secondo piano, perché prima di tutto è l’agibilità democratica che viene meno. Il diritto a esistere come essere umano. Con il film ho voluto porre il problema: la repressione che abbiamo visto a Genova non colpisce solo il dissenso o chi dissente, è la negazione della dignità dell’essere umano. Il movimento di fronte all’urgenza di una crisi che sta cambiando le nostre vite dov’è finito? Perché questa incapacità di reazione? La richiesta di più giustizia non può certo passare solo da un’aula di tribunale. L’aula di un tribunale sanziona un reato. Punto. Ma se non siamo liberi di manifestare il nostro dissenso, in un periodo come questo, la questione diventa decisiva. Dobbiamo superare l’afasia, approfondire il tema coinvolgendo tutta la società, evitare che gruppi e gruppetti ne facciano una questione quasi privata. Sicuramente non bastano le ragioni del passato, dobbiamo riuscire a capire qual è oggi il luogo democratico dove poter esercitare il nostro diritto di riappropiarci del futuro. Mi ripeto: ritengo che il complesso di tutte le questioni che riguardano i diritti civili sia il nocciolo della questione. GIOVANNI LUPERI «L’uomo delle molotov» Giovanni Luperi nel luglio 2001 ricopriva il ruolo di vicedirettore dell’Ucigos (Ufficio centrale per le investigazioni generali e per le operazioni speciali) il suo capo era Arnaldo La Barbera (morto nel 2002). Nel 2007 è stato promosso a capo della sezione analisi Aisi (Servizio Segreto Interno). Accusato di falso aggravato, reato per cui è stato assolto nella sentenza di primo grado del 13 novembre 2008 perché il fatto non sussiste, ma condannato in appello il 18 maggio 2010 a 4 anni e 5 mesi di interdizione. In primo grado è stato assolto anche per i reati di calunnia e arresto arbitrario, reati caduti in prescrizione due anni dopo in appello. Durante il G8 era da considerarsi riferimento per gli operatori appartenenti alle Digos come Francesco Gratteri era da ritenersi il punto di riferimento delle squadre mobili, erano i più alti funzionari presenti durante l’irruzione alla Diaz. I due, insieme a La Barbera, sono considerati i capi dell'operazione. Anzi, saranno proprio loro due a tentare, in un primo tempo, di scaricare tutte le responsabilità su alcuni sottoposti (Mortola e Dominici). Luperi, ripreso da Primocanale, è passato alla storia come l’uomo delle molotov. il manifesto VENERDÌ 6 LUGLIO 2012 pagina 3 ALTA MACELLERIA 10X100 • La prossima settimana la suprema Corte deciderà se confermare 100 anni di carcere per 10 no-global FRANCESCO GRATTERI Nel luglio 2001 era direttore del Servizio centrale operativo (Sco). Nel 2005 fu nominato questore di Bari, per poi passare a capo della Direzione Centrale Anticrimine nel 2007, fino a ieri era in odore di diventare capo della polizia. Una carriera fulminante la sua. Accusato di falso aggravato, arresto arbitrario e calunnia, in primo grado nel 2008 è stato assolto perché il fatto non sussiste. In appello, due anni dopo, la sentenza è stata ribaltata: 4 anni e 5 mesi di interdizione per il primo reato, per gli altri due è valsa la prescrizione. Ieri la quinta sezione penale della Cassazione ha confermato la condanna d’appello per i falsi verbali prodotti nella vicenda della scuola Diaz, Gratteri dovrebbe venire sospeso immediatamente dai pubblici uffici. SOCCORSI DOPO LA «MACELLERIA MESSICANA» ALLA DIAZ A SINISTRA LA SCUOLA DEVASTATA DOPO L’IRRUZIONE DELLA POLIZIA /FOTO EMBLEMA MOVIMENTO · Continua la campagna per i manifestanti sotto processo Aspettando il 13 luglio Giorgio Salvetti LEGAL FORUM M ina alla Diaz c’era. Adesso è emozionata. «Sono abbastanza soddisfatta anche se è stato un percorso lungo e molto duro per noi e anche se si tratta solo di un condanna a metà. Ormai dalla giustizia non ci aspettavamo più niente, non credevo che andasse così. Oggi è il momento di essere contenti. Ma settimana prossima c’è un altro processo importante». Il 13 luglio, infatti, la Cassazione si pronuncerà ancora sui fatti del G8 di Genova. Questa volta dovrà giudicare dieci manifestanti condannati in appello complessivamente a oltre 100 anni di carcere. La legge non è mai stata uguale per tutti. Chi aveva una divisa e dava gli ordini per conto dello Stato ha comunque avuto un trattamento privilegiato, anche se aveva torto marcio, come ha stabilito la sentenza di ieri. E a questo punto la Cassazione, se fosse coerente, non potrebbe accettare le pene durissime che sono state comminate a un gruppetto di manifestanti presi nel mucchio, in molti casi solo per il fatto di essere stati fotografati nei pressi di una piazza dove ci sono stati scontri. Per l’occasione, nel corso dei processi di primo e secondo grado, è stato riesumato un articolo del codice Rocco di epoca Commento Vogliamo le scuse dello Stato O ra il presidente Napolitano deve chiedere scusa a nome di tutte le istituzioni alle vittime della Diaz, di Bolzaneto, a tutti i cittadini italiani; deve chiedere scusa per le violenze commesse da rappresentanti dello stato, per il vergognoso silenzio mantenuto per undici anni dalle istituzioni, per aver promosso coloro che erano stati condannati per fatti gravissimi. Napolitano lo deve fare anche per il rispetto verso il pubblico ministero Enrico Zucca, verso quei cinque giudici che emettendo la sentenza hanno certamente «semplicemente» compiuto il loro dovere, ma un dovere reso difficilissimo dai ricatti di ogni genere che sono scattati in queste settimane. «Se confermate le condanne decapitate le istituzioni di sicurezza del nostro paese», si sono sentiti ripetere incessantemente da chi con forza ha lavorato perché la ragione di Stato prevalesse sul diritto. Con la loro decisione i giudici hanno liberato le istituzioni da chi le occupava indegnamente, con la complicità dell’insieme del mondo politico. Ed è bene non dimenticarsi delle responsabilità politiche, sia di chi in quelle ore si trovava immotivatamente nella caserma centrale dei carabinieri, sia di chi ha tentato in ogni modo di coprire i reati, sia di chi ha reso impossibile la for- Vittorio Agnoletto mazione di una commissione d’inchiesta. Ed è bene ricordare che le responsabilità non sono tutte solo del centrodestra. La sentenza di oggi è stata possibile perché per ora in questo paese vi è ancora, seppure limitata e ferita, l’autonomia dei diversi poteri, a cominciare dall’indipendenza della magistratura dal potere politico. Oggi comprendiamo meglio quali rischi abbiamo corso recentemente, rischi mai del tutto superati, con il tentativo di modificare l’ordine costituzionale. Tutti i condannati devono ora lasciare il loro posto; è vero, il numero uno, quello che allora era il capo della polizia, Gianni De Gennaro, non è stato condannato. Non era imputato in questo processo: ma sono stati condannati tutti i suoi più stetti collaboratori, coloro che da lui prendevano ordini e che a lui rispondevano. La sua responsabilità sia sul piano etico che professionale è fuori discussione. Deve immediatamente essere rimosso dall’incarico di sottosegretario con delega ai servizi segreti. Non possiamo però dimenticare che la stragrande maggioranza degli autori delle violenze alla Diaz non sono stati individuati: avevano il volto coperto dal fazzoletto e dal casco. Alcune centinaia di poliziotti hanno agito contem- poraneamente al di fuori e contro la legge. Questo è un enorme segno di allarme; va rilanciata la campagna per l’inserimento sulle divise dei codici di riconoscimento, vanno ridiscusse le modalità di formazione, va modificato il reclutamento dei poliziotti che oggi avviene soprattutto tra chi ha svolto anni di servizio militare in scenari di guerra: non è un caso che poi si pensi di gestire l’ordine pubblico come in guerra. E’ necessario tornare alle origini della lotta condotta negli anni ’70 e ’80 per un sindacato democratico nella polizia. Oggi, per una volta, il diritto, la legalità hanno vinto contro la ragione di stato. Questa sentenza parla anche a noi, a coloro che in questi anni si sono battuti per ottenere verità e giustizia, a coloro che, anche a sinistra, hanno preferito voltare la testa dall’altra parte pensando che fosse possibile continuare nelle proprie attività sociali e politiche rimuovendo quanto avvenuto in quelle giornate. Ora abbiamo il dovere di riprendere insieme, perché questa era la nostra forza principale, il filo interrotto allora. Insieme a coloro che a Genova non c’erano, anche per ragione anagrafica, ma che oggi stanno sperimentando sulla propria pelle proprio le conseguenze di quel sistema che noi a Genova, undici anni fa, volevamo completamente cambiare. Eppure fu tortura Ezio Menzione L GENOVA 2001 /FOTO REUTERS fascista (il 419), «saccheggio e devastazione», che prevede dagli 8 ai 15 anni di carcere. E così una vetrina rotta o un motorino rubato sono stati puniti come una rapina a mano armata o un omicidio. E senza nessuna possibilità di proscrizione. Contro questo abuso è nata in la campagna 10x100. In meno di un mese l’appello ha raccolto in rete 15 mila firme. E ieri sera a Roma, in piazza Trilussa, è stata organizzata una kermesse - fra gli altri si sono esibiti i 99 Posse e gli attori del teatro Valle occupato - per accogliere e commentare la sentenza sulla Diaz, per rilanciare la campagna e ribadire che «Genova non è finita qui». Il movimento adesso chiede che la Cassazione rimandi al mittente la sentenza del 2008 del tribunale di Genova contro i dieci manifestanti. Quel processo in origine aveva individuato 25 imputati, 15 però vennero scagionati perché fu riconosciuto che gli scontri di cui loro malgrado sono stati protagonisti furono innescati dalle cariche delle forze dell’ordine. Per questo gli è stato riconosciuto il «diritto di resistenza» e sono stati prosciolti. Gli altri dieci in questi 11 anni si sono ricostruiti una vita. Per la maggior parte si tratta di giovani, molti di loro non sono militanti politici. E non possono pagare per tutti. Per gli animatori della campagna 10X100 non si tratta solo di battersi per dei compagni. «Quello che è successo a Genova - spiegano - riguarda tutti, non solo il movimento, qui e ora. Basta vedere il modo in cui viene gestito il dissenso in val di Susa, ma anche le proteste per il posto di lavoro o contro i tagli di Monti». Dopo 11 anni, infatti, appare evidente che i 300 mila che manifestarono al G8 di Genova avevano ragione. Il mondo governato da quegli otto grandi è in crisi e il loro modello economico e politico ha fallito. Col senno di poi, chi si stupirebbe o si scandalizzerebbe più se oggi qualcuno se la prendesse con la vetrina di una banca? Condannare quei dieci serve solo da esempio e da precedente per chi protesta oggi. Se allora chi manifestava aveva delle fondate ragioni per farlo, adesso quei ragionamenti sono diventati cruda realtà. Solo che il movimento, soprattutto in Italia, dopo Genova si è progressivamente sfaldato. Mancano obiettivi politici credibili, sbocchi possibili che non inclinino paurosamente verso il populismo, mentre a pagare i costi dei disastri del neoliberismo sono sempre i più deboli. Questa rassegnazione sarebbe stata impossibile senza Genova. Fu allora che lo Stato con una brutalità mai vista ha trasformato il conflitto politico e sociale in una questione di ordine pubblico, quasi di guerra, che va risolta con la forza. Fu l’inizio della crisi anche del movimento. E per questo oggi di quella storia ci rimangono solo i processi. La politica infatti ha abdicato da Genova. Anche durante i governi di centrosinistra non si è più voluto aprire quel capitolo per timore di apparire vicini ai «facinorosi» che con le mani alzate o con una bombola di gas in mano gridavano il loro no all’ingiustizia del mondo. Così tutto ciò che resta di quel G8 è una giustizia che giusta non è, nonostante la sentenza di ieri. E resta il ricordo delle botte dei poliziotti e dei carabinieri, diventate quasi un feticcio per un’intera generazione che poi non ha più saputo o potuto sognare un altro mondo possibile, proprio mentre il mondo gli crollava addosso. HEIDI GIULIANI · «C’è un barlume di giustizia» La sentenza della Cassazione, che ha confermato le condanne per falso dei vertici della polizia coinvolti nel pestaggio e negli arresti illegali dei manifestanti alla scuola Diaz durante il G8 di Genova del 2001, dimostra che «la giustizia c’è benché incompleta». Lo ha detto Heidi Giuliani, madre di Carlo, ucciso con un colpo di pistola durante il G8. «In verità le responsabilità sono più ampie - ha aggiunto Giuliani - e penso all’assoluzione dell’allora capo della polizia e al mancato processo per la morte di mio figlio. Una notizia positiva. Succede di rado, ma quando accade bisogna accoglierla con soddisfazione. Vuol dire che in questo paese c’è ancora un barlume di giustizia». Giuliano Giuliani, padre di Carlo, commenta così il verdetto della Cassazione che inchioda alle loro responsabilità i vertici della polizia. «Ora speriamo che ci siano altre pagine di questo genere. Cercheremo in tutti i modi di ottenere verità e giustizia anche sull’assassinio di Carlo». a Cassazione chiude il capitolo Diaz confermando che quella notte fra il 21 e 22 luglio 2001, a Genova, a G8 ormai concluso, l'irruzione nella scuola fu deliberatamente programmata per giungere ad un bel numero di arresti di dimostranti, indipendentemente dal fatto che nessuno di loro avesse commesso delitti, ma solo per "riscattare" l'immagine del loro corpo. La mattanza che ne seguì, il sangue e la violenza, furono un di più forse all'inizio non intenzionale, ma alla fin fine necessario per giustificare l'irruzione. Intenzionali furono sicuramente i falsi posti in essere per "coprire" le violenze perpetrate nei confronti di giovani inermi, non certo black block: le bottiglie molotov portate da fuori dalla polizia stessa, picconi e sbarre di un attiguo cantiere, una presunta aggressione all'arma bianca contro un singolo poliziotto. Tutto inventato per giustificare l'irruzione e il macello. Tutto firmato e controfirmato dai funzionari, come i verbali di arresto (non uno, ma ben 93!) basati su quelle false prove costruite dalla polizia stessa. Così la Cassazione ha deciso: in linea con quanto aveva deciso la Corte d'Appello di Genova con una sentenza che, dunque, non era affatto figlia di una teoria del complotto contro i bravi servitori dello Stato, come essi dicevano, ma era invece una ricostruzione solida, provata e inattaccabile. Lontana mille miglia dalla sentenza di primo grado, tutta attenuazioni e dubbi, pur di salvare i gradi intermedi della polizia che diressero l'operazione e addossare ogni responsabilità ad una squadretta di semplici poliziotti esaltati. Nemmeno le generiche meritano questi funzionari che mai hanno riconosciuto le proprie responsabilità, con un comportamento processuale ben oltre i limiti della decenza; soggetti che avrebbero dovuto tenere, proprio per il loro status, comportamenti che dovrebbero essere ancor più specchiati di quelli dei semplici cittadini. Ora molti funzionari di polizia che all'epoca erano quadri intermedi ed ora ne sono ai vertici dovranno lasciare il servizio perché le condanne confermate implicano per legge la interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. Compreso quel potente Gratteri in odore di assurgere al vertice della polizia stessa e che ora dovrà rimanere al palo. La legge con questa sentenza realizza ciò che i governi in 11 anni non avevano inteso fare: rimuovere, invece che promuovere, funzionari indegni, falsari e infedeli al loro stesso compito: non possono continuare ad agire come rappresentanti dello Stato. Abbiamo un unico rimpianto: se in Italia vi fosse il reato di tortura, imprescrittibile, anche il comportamento materiale di questi poliziotti sarebbe stato duramente sancito, mentre, nonostante la bestialità, è andato prescritto. La Cassazione, comunque, ha fatto giustizia di uno Stato che non ha mai inteso nemmeno chiedere scusa o fare un gesto di pentimento e riconciliazione nei confronti delle vittime di quella notte atroce, quando ogni diritto dei suoi cittadini fu sospeso e calpestato. * Avvocato del Genova Legal Forum pagina 4 il manifesto VENERDÌ 6 LUGLIO 2012 ITALIA Governo • Dalla bozza del decreto escono ed entrano varie misure, ma non si toccano le spese militari. Pare sicura la «pagella» per gli statali, slitterebbe al luglio 2013 l’aumento dell’Iva SALUTE · Contro i tagli alla sanità pubblica La rivolta delle regioni Appello a Napolitano la natura stessa del Ssn e la tipologia dei servizi offerti. Fra i governaè un governo che fa il tori presenti all’incontro – De Figioco delle tre carte sui lippo, Vendola, Polverini, Marini piccoli ospedali e un mie Rossi – quello che ha più espenistro della Salute che fa il polirienza in materia è il toscano Enriziotto buono, lasciando al resto co Rossi, che per dieci anni è stato dell’esecutivo il ruolo di quello assessore regionale al Diritto alla cattivo. Ma quando nel tardo posalute. Da lui arrivano i numeri. meriggio sta per iniziare il ConsiQuelli complessivi: «Se sommiaglio dei ministri, i numeri della mo tutti i tagli fatti, compresi quelspending review di Mario Monti li del precedente ministro Treper la sanità pubblica sono quelli monti, il complesso a regime nel di un miliardo di tagli per l’anno corso dell’ultimo anno è di 10,5 in corso, e due miliardi di tagli – miliardi di euro, a cui vanno somogni anno, ultima brutta novità – mati i due miliardi di Irpef regioa partire dal 2013. Tanto da conale introdotta di recente, su un stringere i presidenti regionali, ammontare di spesa sanitaria di che hanno la responsabilità di far 109 miliardi. Quindi è lecito dire quadrare i conti del comparto, a che il governo ha varato un taglio denunciare l’insostenibilità della alla sanità nazionale del 10%». La /FOTO EIDON manovra. Con una rottura istituconclusione è tanto amara quanzionale che ha ben pochi preceto inevitabile: «Se il taglio previsto denti. Tanto da far riamente conto del rapporto tra dipendal 2013 in poi dopartire un appello denti e popolazione residente». vesse essere confer«L’intervento a Giorgio NapolitaPrecari: dal 2013 «le società direttamato, l’offerta dei no, perché svolga mente o indirettamente controllate servizi subirebbe del governo un ruolo di garandalle amministrazioni pubbliche posun drastico camè unidirezionale, biamento». zia: «L’intervento sono avvalersi di personale a tempo dedel governo in materminato ovvero collaborazione coorAl ministro Balcontro il dettato teria sanitaria è unidinata e continuativa nel limite del duzzi, che nell’inlaterale – osserva50% della spesa sostenuta per le rispetcostituzionale». contro ha detto di no i governatori – tive finalità nell’anno 2009». non voler imporre I governatori mentre per la CostiTribunali: sono destinati a sparire o le chiusure dei pictuzione ogni tipo ad essere accorpati 259 uffici giudiziacoli ospedali ma denunciano: di decisione su queri: 37 tribunali, 38 procure e 220 sezioha aggiunto che le sta materia dovrebni distaccate. regioni devono ra«manovra be essere il prodotRadio e Tv locali: dal 2013 viene rizionalizzare i serviinsostenibile» to di una concertadotto di 30 milioni il contributo statale zi, Renata Polverizione tra governo e alle emittenti locali. ni concede l’onore regioni». Tra le misure inizialmente previste delle armi: «Lo ringraziamo, è staL’incontro della vigilia tra la dal governo c’era l’aumento dell’Iva to l’unico a tentare un negoziato». Conferenza delle Regioni e il minisui beni di consumo. L’aumento non Al tempo stesso la governatrice lastro della Salute Renato Balduzzi, scompare, viene però posticipato al ziale scopre uno dei principali organizzato per cercare una improssimo al prossimo anno, 1 luglio bluff del governo: «Voglio vedere probabile sintesi fra i diktat gover2013. Riduzioni della spesa toccheranbene la norma, perché ancora nativi e i suggerimenti di chi gestino il «funzionamento dei singoli mininon ho capito se gli ospedali non sce materialmente il Servizio sanisteri senza portafoglio» ai quali saranvengono chiusi dal governo e batario nazionale, si chiude con una no ridotti gli stanziamenti «per un rista, o se il governo assegna alle refumata nera, nerissima. Pur apsparmio complessivo non inferiore a gioni questo ruolo». Duro anche il prezzando l’impegno del mini20 milioni per il 2012 e di 40 milioni a pugliese Nichi Vendola: «L’esecustro al dialogo, i presidenti regiodecorrere dal 2013. La riduzione delle tivo sta realizzando una controrinali ribadiscono che il governo «spese di funzionamento di Palazzo forma che viola l’accordo sottonon si sta comportando con la neChigi» comporterà invece un «risparscritto sul Patto della salute per il cessaria chiarezza. E denunciano mio di 5 milioni per il 2012 e 10 milio2012. E voglio ricordare che i tagli che, con la cura Monti, cambierà ni a decorrere dal 2013». messi in cantiere dal governo, con un forte centralismo che non calcola il lavoro delle regioni, valgono a livello economico quanto sei aerei F35». Se poi l’umbra KatiItalia: nel 2011 il Ssn ha risparmiato, i cittadini no uscia Marini ribadisce che si tratta di tagli lineari, «senza che il governo faccia i conti con quanto le regioni hanno già fatto sul riordino ospedaliero», il lucano Vito De Filippo mette il dito nella piaga più dolorosa: «Siamo costretti a ne: al nord, e soprattutto tra le donnotare una contraddizione tra un ne, si consumano più antidepressivi paese che in Europa dice di avere (+5,4% rispetto al 2003, come media energie per farcela, e che in patria nazionale) e al sud più antidiabetici. chiede queste energie ai più deboGli immigrati mediamente usano li». meno farmaci degli italiani, in partiLa controproposta dei presidencolare meno antidepressivi. ti regionali esiste: «Chiediamo al Ma il peso maggiore per le tasche governo di fare subito un nuovo dei pazienti italiani è quello dei tic"Patto per la salute", magari entro ket – quelli fissi per ricetta e/o confeagosto, stralciando le previsioni zione, confermati da 12 regioni, e di taglio previste dal 2013 in poi. quelli introdotti per la prima volta Anni che ancora devono assorbil’anno scorso dalle regioni Emilia Rore i tagli del governo Berlusconi. magna, Toscana, Umbria e Basilicata Questo in modo da "costruire" in– che «raggiunge nel 2011 un’incidensieme i risparmi, e non penalizzaza della spesa farmaceutica lorda del re il sistema». Quanto al miliardo 10,8% (era del 4,2% nel 2007)», come previsto per quest’anno, a nome /FOTO TAMTAM si legge ancora nel rapporto dell’Aifa. di tutti i presidenti regionali Enrila spesa privata per i medicinali con «Ma la nostra preoccupazione priorico Rossi spiega: «In via straordinaricetta e per l’automedicazione taria – ha detto ieri il direttore generaria siamo disponibili a discutere, (+0,4%). Consumiamo però più farle dell’Aifa, Luca Pani – è la salute dei perché capiamo le difficoltà del maci generici: il 55,7% del consumo malati e quindi l’appropriatezza delpaese in questo momento. Ma vototale (oltre 1,8 miliardi di confezioni le prescrizioni, non siamo interessati gliamo essere noi a decidere dove di medicinali acquistate nel 2011, 30 solo al dato quantitativo ma soprate come tagliare». Alle 20,30 il Conpro capite in media) riguarda i cosidtutto alla qualità delle prescrizioni». siglio dei ministri era ancora in detti farmaci «a brevetto scaduto», Motivo in più per temere la spending corso. Preceduto da un lungo inossia quelli che vengono prodotti da review: «Ci adatteremo alla decisioni contro a Palazzo Chigi fra Mario diverse case farmaceutiche, che codel governo, cercheremo di far quaMonti e Renato Balduzzi. Più di stano il 32,2% della spesa totale. Ma drare i conti ma – ha aggiunto Pani – venti minuti, durante i quali il mianche nell’uso dei medicinali c’è si potrebbero creare dei problemi rinistro della Salute ha spiegato al una forte disomogeneità tra nord e guardo una serie di farmaci innovatipresidente del Consiglio l’esito sud della Penisola: la Sicilia ha il revi che stanno arrivando, per un valodell’incontro con i governatori, e cord massimo di consumi, la Provinre complessivo di 300 milioni, e dobquanto sia diventata alta la tempecia autonoma di Bolzano il minimo. biamo sapere se il Ssn intenderà conratura nel rapporto fra il governo Diverse anche le tipologie di medicitinuare a coprirli o no». centrale e le regioni. R.C. C’ SPENDING REVIEW · Mannaia su dipendenti pubblici, tribunali e informazione Si salvano solo gli armamenti Marina Della Croce L e spese militari non si toccano, restano inamovibili. Il taglio di cento milioni in due anni agli armamenti, previsto in una delle tante bozze della spending review circolate in questi giorni, è infatti sparito dal testo entrato ieri sera al consiglio dei ministri. Al momento in cui scriviamo la riunione del governo non si è ancora conclusa, ma tutto lascia credere che il dietrofront venga confermato. Dalla bozza del decreto, che sarà discusso in parlamento alla fine di luglio, è sparita anche l’annunciata riduzione del numero delle Province (che dovrebbe essere però ripristinato in un secondo decreto estivo) e il blocco delle tariffe. La mannaia si è invece abbattuta in particolare sulla sanità, dipendenti pubblici, tribunali e informazione locale. Settori sui quali regioni e sindacati minacciano «rotture istituzionali» e scioperi. Ecco quali sono (o sarebbero, a trat- rigenziali di livello generale e di livello non generale, e delle relative dotazioni organiche in misura non inferiore, per ciascuna dotazione, al 20 per cento di quelli esistenti». Il decreto prevede inoltre «rideterminazione delle dotazioni organiche del personale non dirigenziale, apportando una ulteriore riduzione non inferiore al 10 per cento della spesa complessiva relativa al numero dei dipendenti». Per gli statali arriva anche la cosiddetta «pagella», ovvero «criteri per la valutazione organizzativa e individua- le dei dipendenti pubblici». Buoni pasto: dal prossimo ottobre il «valore dei buoni pasto attribuiti al personale, anche di qualifica dirigenziale, delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico non può superare il valore nominale di 7 euro». Concorsi: vengono «sospesi fino al 2015 per dirigenti di prima fascia». Enti locali: oltre ai tagli già previsti dai precedenti provvedimenti, «entro il 2012 verranno stabiliti i parametri di virtuosità per la determinazione delle dotazioni organiche, tenendo priorita- RAPPORTO · I dati dell’Aifa sull’uso dei farmaci in Il costo delle cure: +34% di ticket Eleonora Martini Lungo (e incerto) consiglio dei ministri notturno per varare la revisione della spesa pubblica tativa ancora aperta) le misure previste dai 17 articoli del decreto che ridisegna per l’ennesima volta la spesa pubblica dello Stato ci sono molte cose. Ospedali: stando alle indiscrezioni pre-consiglio dei ministri, la soppressione delle strutture con meno di 120 posti letto dovrebbe essere effettuata il prossimo mese di ottobre. Non lo farà il governo, ma dovranno farlo le regioni comprese quelle a statuto speciale. Pubblica amministrazione: «Con decreti del presidente del consiglio dei ministri, da emanare di concerto con il ministro dell’economia e delle finanze entro il 31 ottobre 2012 e fermo restando l’obbligo di adottare entro i successivi sei mesi i regolamenti di organizzazione secondo i rispettivi ordinamenti, si provvede nei confronti delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, delle agenzie, degli enti pubblici non economici, degli enti di ricerca, degli enti pubblici ad apportare una riduzione degli uffici di- ROMA A lcuni dati contenuti nel rapporto dell’Osservatorio sull'impiego dei medicinali (Osmed) dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa), presentato ieri a Roma nella sede di via del Tritone, sono illuminanti per capire le conseguenze dei tagli lineari sulla spesa pubblica non accompagnati da una appropriata politica di riassetto dei servizi. Nel 2011 la spesa farmaceutica a carico del Ssn è diminuita del 4,6%, mentre per i cittadini – malati o ipocondriaci che siano – è aumentata rispetto all’anno precedente del 5%. Non solo: la proliferazione di ticket – fissi, regionali, addizionali, ecc. – ci è costata il 34% in più rispetto al 2010. Dunque lo Stato ha risparmiato anche grazie allo sconto obbligatorio imposto alle farmacie dal precedente governo che ha permesso una diminuzione dei prezzi del 6,1%: dei 26,3 miliardi di euro di fatturato annuo del mercato farmaceutico totale, la spesa territoriale a carico del Ssn è stata di 12,4 miliardi (-4,6%). Malgrado l’incremento (+0,2%) delle prescrizioni verso categorie di medicinali più costose e un lieve aumento dei consumi (+0,7%). Anche se oltre un quarto della spesa complessiva nel 2011 riguarda i farmaci erogati attraverso le strutture pubbliche (ospedali, Asl, ecc), ed è pari a 7,5 miliardi. In totale, a carico del Ssn c’è il 76% della spesa farmaceutica totale. Contemporaneamente però l’esborso a carico dei cittadini è aumentato fino a raggiungere la cifra di 6,3 miliardi di euro (+5%). Non solo perché la coperta è stretta, ma anche perché è cambiato il modo di comperare medicinali da parte degli italiani, probabilmente a causa di un maggiore fai-da-te: infatti, l’acquisto privato dei farmaci di fascia A (cioè quelli rimborsabili dal Ssn) è aumentato del 21%, mentre è cresciuta del 3,7% il manifesto VENERDÌ 6 LUGLIO 2012 pagina 5 ITALIA Arbitri • Schifani sotto attacco: è accusato di aver favorito gli interessi economici del Cavaliere. Debole difesa in senato, duro scontro istituzionale: per Fini «ha fischiato un rigore per la sua squadra» /FOTO EMBLEMA NOMINE · I berlusconiani hanno la maggioranza e di colpo l’attesa finisce Ok il voto è giusto Rai a misura Pdl NUOVO CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE Sostituito il senatore dissidente, Arriva il vero Gasparri, la vecchia maggioranza azzurri-Lega restano i fidati di Arcore conquista quattro consiglieri a viale E Di Pietro adesso critica Mazzini. Il Pd ne vota due e uno l’Udc, poi l’ex collega Colombo ci sono i componenti indicati dal governo. Sono sette i consiglieri di amministrazione che la commissione di Vigilanza sulla Bersani protesta, ma poteva bloccare Rai ha votato ieri, così come prevede la legge Gasparri. La novità è proprio l’uomo le nomine favorendo il commissariamento che è considerato il vero autore della leg- ge che durante gli anni del secondo governo Berlusconi ha dettato le nuove regole della tv così come piaceva al Cavaliere e alle sue aziende. Si tratta di Antonio Pilati, ex componente dell’Agcom e anche dell’Antitrust. Con lui il Pdl ha confermato due consiglieri uscenti, il berlusconiano Antonio Verro, che prima di approdare a viale Mazzini era stato deputato di Forza Italia, e Guglielmo Rositani, scelto invece tra gli ex An e considerato vicino anche lui a Gasparri. La quarta poltrona del centrodestra invece è andata a una donna e la novità è stata permessa dalla confluenza dei voti leghisti, anche se i padani avevano giurato di non voler partecipare alle nomine e ancora ieri strillavano contro la lottizzazione. Si tratta di Maria Luisa Todini, anche lei ex parlamentare berlusconiana. «Ci sono tanti problemi da affrontare ha detto ieri - ma la Rai è una grande eccellenza a prescindere dal quadro ideologico di riferimento». Non passerà inosservata. Anche l’Udc ha confermato il suo consigliere uscente, Rodolfo De Laurentiis, mentre il Pd ha scelto di votare due candidati indicati da alcune associazioni (Se non ora quando, Libera, Comitato per la libertà e il diritto d'informazione, Libertà e Giustizia), Benedetta Tobagi e Gherardo Colombo. Che ha subito ricevuto una stoccata piuttosto pesante dal suo ex collega di Mani Pulite Antonio Di Pietro: «Dispiace che una persona di specchiata moralità - ha detto l’ex pm - debba trovarsi a fare da spettatore come chi in banca deve assistere muto ad una rapina». In aggiunta a questi sette, il governo ha nominato un ottavo consigliere, Marco Pinto, e la presidente designata del cda, Anna Maria Tarantola. Andrea Fabozzi T ra consentire l’elezione - forse irregolare - del consiglio di amministrazione della Rai secondo i voleri di Berlusconi, per poi gridare e protestare, e invece bloccare ancora la nomina del vertice di viale Mazzini, favorendone il commissariamento, il partito democratico e con esso l’Idv e l’Udc hanno scelto la prima soluzione. E così, con la commissione di vigilanza ridisegnata in base alle richieste del Pdl e alle manovre di Schifani, ieri mattina dopo mesi sono finite all’improvviso tutte le manovre dilatorie. Nessuno ha fatto mancare il numero legale e il Pdl e la Lega hanno facilmente eletto i loro quattro consiglieri, il Pd i suoi due secondo le indicazioni ricevute dalle associazioni a cui aveva delegato la scelta, un posto se l’è garantito l’Udc. Poi tutti e tre questi partiti del teorico centrosinistra hanno ripreso le proteste, dal punto in cui le avevano interrotte mercoledì quando si era diffusa la notizia che Schifani aveva sostituito il rappresentante del Pdl dissidente, il senatore Amato, con il più docile senatore Viespoli. Ma più di tutti ha alzato la voce di nuovo Fini che ha definito il collega Schifani «arbitro che fischia un rigore per la sua squadra del cuore». Scontro istituzionale così violento tra la terza e la seconda carica dello stato non si era mai visto e probabilmente su una cosa, una sola, hanno ragione i colonnelli berlusconiani: il presidente della camera esa- gera per riscaldare un po’ la difficile campagna elettorale del suo piccolo partito. Aggiungono anche, i berlusconiani, che Fini è particolarmente arrabbiato perché erano stati proprio i suoi di Futuro e libertà ad architettare un «complotto» (Gasparri), «golpe» (La Russa), «intrigo» (Quagliariello). Cioè un patto a cinque tra la finiana Perina, i due consiglieri della vigilanza dell’Idv, la democratica Melandri e appunto il «traditore» Paolo Amato. Per eleggere la cattolica Flavia Piccoli Nardelli al posto del berlusconiano Antonio Pilati. La ricostruzione degli 007 del Pdl - La Russa annuncia di avere le prove fotografiche dei contatti tra Perina e Melandri avvenuti addirittura nell’aula della camera - zoppica un po’ considerando che il golpista Amato ha in realtà svelato tutto, annunciando il suo voto contrario alle indicazioni del Pdl prima di poterlo davvero esprimere. Permettendo così al presidente del senato di sostituirlo in corsa. Proprio Schifani, richiesto da Pd, Udc e Idv, ha dovuto spiegare ieri pomeriggio la sua spericolata operazione ai senatori. «Tutto corretto», ha assicurato dalla sua poltrona di presidente. Però si è limitato a ricordare l’ovvio: il gruppo di Viespoli, «Coesione nazionale» (in pratica ex del Pdl) aveva chiesto di essere rappresentato in vigilanza da più di un mese, ma guarda un po’ è stato accontentato solo un’ora dopo che Amato aveva annunciato il suo dissenso. Il vicepresidente dei senatori Pdl, Quagliariello, ha provato a scaricare tutto su Viespoli: «È molto probabile abbia fatto ciò anche tenendo conto delle dichiarazioni del senatore Amato. Ma questo rientra nella convenienza politica». Quanto al Pdl, è riuscito a dire, è stato solo «per combinazione» se ha perso un commissario ma ha guadagnato un voto. Dopo di lui ha parlato il protagonista, il senatore Amato, che già in rotta con Verdini e il vertice del suo partito ha pronunciato un breve discorso che sancisce il suo definitivo addio al Pdl: «Non c’è stato nessuno complotto, semplicemente la volontà di un parlamentare di riaffermare la propria autonomia». Ma più di tutti è stato il Pd ad attaccare Schifani. Bersani ha parlato una situazione «invereconda» e ha detto che «così non si può continuare». Ma non ha chiesto ai suoi di far saltare la votazione in vigilanza. La presidente dei senatori Finocchiaro ha detto che Schifani «ha abbandonato l’imparzialità». Il vicepresidente Zanda è stato il più duro, accusando la seconda carica dello stato di essere «un giocoliere più che un interprete del diritto» e di aver inciso «su un’azienda che ha una diretta connessione non con gli interessi politici (anche, ma non solo) del leader a cui lei, se mi permette, deve tutto». Dalle parole però sarà difficile passare ai fatti con una denuncia perché c’è traccia di precedenti sostituzioni forzate nelle commissioni bicamerali. E intanto già litigano Pd e radicali. Il rappresentante dei radicali in vigilanza, Beltrandi, peraltro indicato dal Pd, attacca infatti il presidente della commissione Zavoli perché avrebbe dovuto invalidare il voto. Il Pd considera invece Beltrandi responsabile della vittoria berlusconiana, avendo contribuito a far mancare il numero legale mercoledì, quando ancora si poteva contare sul voto in più di Amato. Più ottimista invece sul possibile annullamento del voto in vigilanza è l’ex ministro delle comunicazioni Paolo Gentiloni, del Pd. Che ricorda il caso dell’ex direttore generale della Rai Meocci: Berlusconi volle imporlo contro ogni regola, ma un anno dopo fu dichiarato incompatibile. SERVIZIO PUBBLICO · «È una trappola» Santoro firma per La7, preoccupazione in Rete Alberto Piccinini I l popolo della Rete, si sa, non è disposto a far sconti. E perciò, senza peli sulla lingua, mostra preoccupazione e un po’ di delusione per la mossa di Michele Santoro, che porta Servizio Pubblico a La7. «Dei miei 20 euro non ho mai saputo nulla, caro Michele, questa non la digerisco», si arrabbia Pierluigi. «E’ una trappola, dopo due puntate li faranno chiudere così non avranno più il tempo di riorganizzarsi», lancia l’allarme Gianluigi. Ma intanto, in attesa di altri chiarimenti (un intervento di Michele Santoro è atteso da ieri sera), con l’annuncio in diretta della «firma» dato l’altro ieri al tg di Enrico Mentana, l’orologio torna indietro di un anno esatto. Nel luglio del 2011 la stessa trattativa data per conclusa e annunciata dallo stesso Mentana si interruppe infatti all’improvviso, per «problemi nella definizione dei rapporti operativi tra editore ed autore,» come annunciava allora un sibillino comunicato. Santoro diede inizio poco dopo al suo esperimento multipiattaforma. «Già diedi una volta questa notizia – ha precisato ora Mentana – e non andò bene, ma questa volta ho verificato». Nel tardo pomeriggio di ieri, ancora, un’agenzia rilancia la dichiarazione di Giovanni Stella, amministratore delegato di Timedia: «Santoro ha libertà d’autore, ma paga i danni». Piuttosto minacciosa, almeno nel titolo. Continua Stella: «Lo scorso anno Michele Santoro voleva assicurata piena libertà autoriale, senza assumersi responsabilità e garanzie rispetto ai danni che avrebbe potuto portare». A dire il vero quando Santoro denunciò il fallimento della sua trattativa l’anno scorso tirò in ballo il «conflitto d’interessi», e annunciò la sua disponibilità «a farsi carico delle conseguenze legali nella sostanziale autoproduzione del programma», ma non servì a molto. Difficile a questo punto valutare le virgole. La dichiarazione di Stella, ieri, finisce così: «Quest'anno, evidentemente, io gli ho dato libertà autoriale e lui in cambio mi ha assicurato qualcosa». Intanto il titolo di Tmedia è balzato in borsa di parecchi punti percentuali. Era già successo l’anno scorso. Ma l’anno scorso non c’era la comunità di Servizio Pubblico, i sottoscrittori che con 10 euro a testa hanno dato sostegno al programma di Santoro trasmesso per tutta la scorsa stagione da un network di tv private e dal webcast. E’ rivolto a loro il comunicato apparso ieri sulla pagina face- book della trasmissione: «Servizio Pubblico resterà produttore autonomo, indipendente e soprattutto proprietario dei suoi contenuti. L'unico vincolo che avremo è il rispetto delle leggi! Questo anche grazie ai 100.000 di voi che avete donato per accendere le luci dello studio per una stagione tv, e che oggi prosegue in un progetto sociale che si chiama Servizio Pubblico». Ma il dibattito e il maldipancia non si fermano. «Bene così continuerete a invitare i Mussolini, Santanche, Tremorti, ecc. - si lamenta Massimo - Rivoglio indietro i miei 10 euro». Di più, le preoccupazioni, vere o infondate, per l’omologazione del programma, si fondono a preoccupazioni di altro tipo, del tutto inedite nello scenario televisivo italiano «Un salto indietro. - dice Massimo - Io non ho la televisione, non potrò più vederlo». Paul: «Dovete rimanere assolutamente in streaming, per principio». Enrico: «Avete fatto 10 passi avanti e ora ne fate 10 indietro... i pantofolai dell'etere saranno felici di pensare che Internet è solo un passatempo per giovani bastian contrari». E infine Andrea: «La tv è morta! Avete dimostrato che senza media tradizionali non potete esistere. Esperimento fallito, ora potete tornare alla preistoria». La scoperta di un pubblico fedele della tv via web non è novità, ma fa impressione vederla in maniera così netta e militante si direbbe. A quel che si sa Servizio Pubblico, o come si chiamerà la trasmissione di Santoro si alternerà nella stagione con quella di Formigli, evitando zapping imbarazzanti. FINANZIAMENTO PUBBLICO NAPOLI Partiti: è legge la mezza riforma Meno soldi, un po’ ai terremotati Spavento per Bassolino Ricovero urgente, sta meglio Promessa come antidoto all’antipolitica, è legge la riforma del finanziamento pubblico dei partiti. Una mezza riforma, perché precede la scrittura delle regole di funzionamento dei partiti e anticipa solo un taglio «lineare» del 50% dei fondi. Resta in piedi il meccanismo dei rimborsi elettorali, che rimborsi propriamente non sono, ma dai 182 milioni si passa a 91, di cui 27 secondo il criterio del cofinanziamento (50 centesimi dallo stato per ogni euro ricevuto dai privati). Previsto un incentivo a candidare le donne: se più di due terzi delle persone in lista sono dello stesso sesso il partito soffre una decurtazione del 5%. Ci sarà una commissione «per la trasparenza» composta da 5 magistrati (3 della Corte dei conti, uno del Consiglio di stato e uno della Cassazione) che vigilerà sui bilanci delle formazioni politiche, che dovranno anche essere soggetti alla revisione contabile di società iscritte alla Consob. Ultima novità, i partiti hanno rinunciato a parte dei finanziamenti previsti per quest’anno e l’anno prossimo, facendo il bel gesto di devolvere 165 milioni alle popolazioni colpite dai terremoti. Gli emiliani, ma non solo: valgono tutti i terremoti dopo il 2009. La definitiva approvazione del senato è arrivata con 17 voti contrari (l’Idv), 22 astenuti (la Lega e due senatori del Pd, Ferrante e Della Seta) e 187 sì. Un brutto spavento ieri per le condizioni di salute di Antonio Bassolino. L’ex sindaco di Napoli ed ex presidente della Campania si è sentito male mentre saliva le scale del palazzo che nel capoluogo partenopeo ospita la sua fondazione, Sudd. Uno sforzo imprevisto dovuto a un guasto dell’ascensore, poi un mancamento e la corsa all’ospedale Loreto Mare. I medici hanno appurato che la causa del malore è da attribuire a un’ulcera duodenale che ha provocato un’emorragia interna, in corso da alcuni giorni. Bassolino si era già sentito poco bene lunedì ma aveva trascurato di dare troppo peso alla faccenda. Adesso dovrà restare in ospedale due o tre giorni, ma ha già recuperato le forze e ieri sera anche il buonumore. Accanto a lui la moglie, la senatrice Anna Maria Carloni e molti amici. In ospedale sono arrivate le telefonate delle alte cariche dello stato e quella dei compagni di partito, in primo luogo il segretario del Pd Pierluigi Bersani e Massimo D’Alema. Anche l’ex sindaca Rosa Russo Iervolino che proprio da Bassolino ereditò la guida di palazzo San Giacomo ha chiamato per informarsi, così come il sindaco de Magistris e il governatore della Campania Caldoro. A questi messaggi aggiungiamo gli auguri del manifesto per una pronta guarigione. pagina 6 il manifesto VENERDÌ 6 LUGLIO 2012 ITALIA Reddito minimo • Al via la campagna per una legge di iniziativa popolare promossa da associazioni, movimenti, camere del lavoro e partiti. Obiettivo: 50 mila firme entro dicembre WELFARE STATE · Nuovi diritti sociali per sfuggire al ricatto del precariato e della disoccupazione Il primo obiettivo: proteggere le persone Roberto Ciccarelli ROMA C inquantamila firme per chiedere l’introduzione del reddito minimo garantito in Italia, unico paese europeo - insieme alla Grecia - a non prevedere alcuna forma di tutela universale in caso di disoccupazione o di transizione lavorativa. È l’obiettivo della campagna per la proposta di una legge di iniziativa popolare promossa da 34 associazioni, movimenti, comitati e partiti (dal Basic Income Network-Italia, a Tilt, da San Precario al Popolo Viola, da Sel al Prc di Roma) che ieri hanno iniziato a raccogliere le firme in un gazebo eretto sotto un sole cocente in largo Torre Argentina a Roma. Pubblicata sul sito redditogarantito.it, dove Vendola (Sel): «Il reddito minimo garantito, oltre ad essere giusto, è anche una misura antirecessiva» verranno raccolte le adesioni, le idee, le iniziative e i luoghi dove firmare, la proposta di legge prevede l’erogazione di un reddito pari a 7200 euro all’anno, 600 euro al mese rivalutati annualmente sul costo della vita elaborati dall’Istat, e intende garantire ai cittadini con residenza in Italia da due anni, iscritti ai centri per l’impiego, una base economica al di sopra della soglia di povertà. La proposta di legge riconosce inoltre un sussidio annuale, rinnovabile, a tutte le categorie dei lavoratori indipendente, autonomi con partita Iva, precari, flessibili, come accade nella stragrande maggioranza dei paesi europei. Di nuovo, nella proposta, c’è anche il «salario minimo orario», cioè un tetto minimo sotto il quale non è possibile pagare i collaboratori e prevede una riforma degli ammortizzatori sociali. Una volta DANIMARCA PARLAMENTO EUROPEO MESSAGGIO A SINISTRA Una risoluzione tra le più avanzate Giustizia sociale per uscire dalla crisi (e dal coma) Il 21 ottobre 2010 il Parlamento europeo ha varato, con una maggioranza «bulgara» ( 540 voti a favore, 30 contro) una risoluzione sul «reddito minimo nella lotta contro la povertà» tra le più avanzate al mondo (il testo è consultabile sul sito www.bin-italia. org). In Europa vigono due modelli di sostegno al reddito. Da una parte c’è il sussidio di disoccupazione che viene riconosciuto a tutti i lavoratori, compresi i «flexworkers» e le partite Iva. Questo sussidio ha una durata variabile, ma contingentata: in alcuni casi dura 4 anni, in altri 2 o 3. Terminato il sussidio di disoccupazione, chi non è riuscito a trovare un impiego stabile entra nel regime del reddito minimo garantito che riguarda anche gli inattivi, gli studenti, le ragazze madri, oltre che i disoccupati di lunga durata. C’è il modello centro europeo, con Belgio e Olanda con leggi che risalgono agli anni settanta del Novecento. C’è il modello anglosassone, che risente della cosiddetta svolta «workfare» che restringono i criteri di accesso al reddito vincolandoli all’accettazione di un lavoro che penalizza l’autonomia degli individui. Il modello scandinavo prevede un ampio ventaglio di interventi ra i quali il sostegno al reddito è uno dei capisaldi. E, infine, il modello mediterraneo, con l'Italia e la Grecia che non hanno mai approvato forme di reddito minimo. La Spagna, un altro dei paesi europei travolti dalla crisi, può invece contare su forme di reddito sociale. FOTO SIMONA GRANATI approvata, il governo sarà obbligato a creare un sussidio unico di disoccupazione esteso a tutti i lavoratori, al di là della tipologia contrattuale e lo obbliga a riordinare tutte le prestazioni assistenziali. Per quanto riguarda le Regioni e gli altri enti locali, la proposta prevede l’erogazione di un «reddito indiretto» attraverso l’ affitto, servizi culturali o trasporti. Ricavata dalla legge sul reddito approvata dalla Regione Lazio nel 2009 che vide l’adesione di oltre 115 mila persone, mai più rifinanziata dalla giunta Polverini, la proposta di legge fa proprio il suo concetto più importante, quello di «congruità». Questo significa che l’accettazione di un’offerta di lavoro è valida solo se congrua con gli studi e le competenze acquisi- GRECIA te da una persona nei suoi lavori precedenti. Il beneficiario del reddito minimo potrà dunque rifiutare un’offerta di lavoro sottopagato, esposto al ricatto e non coerente con la sua formazione. La prospettiva dello scioglimento delle Camere non spaventa i promotori. Sono, anzi, convinti che l’iniziativa sia uno stimolo per la prossima maggioranza ad adottare una vera riforma del Welfare. E auspicano l’adesione dai sindacati che si dichiarano favorevoli al reddito garantito, come ad esempio la Fiom stando alle parole del segretario Landini ha rilasciato a Il Manifesto il 4 luglio. «Crediamo che questa sia l’occasione per imporre il reddito nell’agenda politica del paese - afferma Sandro Gobetti del Bin - l’urgenza di questa proposta viene evi- BELGIO Indennità d’avanguardia Nessuna garanzia senza condizioni per chi perde l’impiego Cittadini o apolidi, «minimax» per tutti La Danimarca è uno dei paesi europei all’avanguardia nelle politiche sul reddito. Più volte presa ad esempio nel dibattito italiano, prima che il ministro del Welfare Elsa Fornero facesse marcia indietro sulla proposta di introdurre il reddito minimo, nel paese guidato dalla 44enne Helle Thorning-Schmidt, prevede un’indennità di 1325 euro al mese (dati 2010). Per riceverlo i cittadini stranieri devono avere vissuto in Danimarca durante 7 degli ultimi 8 annui. Le indennità superiori ai 6 mesi vengono erogate solo ai cittadini danesi. I beneficiari possono essere i single, le coppie e anche i figli. Per ricevere il reddito non vengono imposte condizioni legate all’età, ma solo di rado viene riconosciuto ai minori che sono mantenuti dai propri genitori. L’indennità viene riconosciuta temporaneamente quando una persona versa in particolari condizioni di disagio, ad esempio la malattia o la disoccupazione. Sono previste integrazioni, e indennità una tantum, per persone sopra i 25 anni che devono affrontare spese importanti per il sostegno della famiglia o per la casa. Altro capitolo è quello che prevede contributi specifici per chi non riesce a coprire cure mediche, odontoiatriche, o l’istruzione dei figli. Il versamento del reddito è sospeso se il beneficiario, o il suo partner, si allontana dal luogo di lavoro assegnato nel quadro di un progetto occupazionale. In Belgio il reddito minimo, o reddito di integrazione sociale, viene chiamato «minimax». L’erogazione di questa indennità viene regolata da una legge del 2002 sul diritto che stabilisce un diritto individuale che garantisce un’indennità di 725 euro a chi non dispone di risorse sufficienti per vivere. Ne può usufruire chiunque, i cittadini belgi, gli apolidi con permesso di soggiorno, i rifugiati e gli stranieri dopo sei mesi dal loro trasferimento nel paese. Il reddito minimo anche chi ha appena smesso di ricevere il sussidio di disoccupazione. L’ammontare del cosiddetto «reddito d’integrazione» viene stabilito a livello nazionale, a dispetto di un paese fortemente caratterizzato da differenze regionali, culturali e linguistiche. I destinatari possono essere i single, coloro che vivono con un familiare a carico, che sia un convivente o un coniuge, ma anche un figlio minore a carico. La particolarità del welfare belga è data dal fatto che il reddito viene erogato alle persone che si prendono cura di un figlio minore non sposato. Misure paragonabili esistono in Lussemburgo, dove il reddito viene definito « revenue minimum guaranti» e viene riconosciuto «fino al raggiungimento di una migliore condizione personale». L'importo è di 1.100 euro mensili. In Austria c'è la sozialhilfe che viene aggiunta al sostegno per il cibo, il riscaldamento, l'elettricità e l'affitto per la casa. Leggere il rapporto del Missoc, il sistema informativo europeo sulla protezione sociale, sulla situazione della Grecia lascia senza fiato. Dal 2005, anno dell’ultima pubblicazione, poco o nulla è cambiato per quanto riguarda le tutele e le garanzie a sostegno di chi ha perso il lavoro. E la crisi ha peggiorato sicuramente la situazione. Non esiste nessuna legislazione, né vengono delineati i principi generali, senza parlare delle risorse che ieri, come oggi, non solo non vengono stanziate, ma nemmeno previste. Non sono previste misure a sostegno dell’assistenza sanitaria, per l’alloggio. In compenso, si prevede un sussidio di disoccupazione per chi è alla ricerca di prima occupazione e per alcune categorie di «rimpatriati». C’è un forfait per i bambini non protette, alcune misure per le madri senza supporto finanziario, un assegno per il riscaldamento per le persone disabili. La Spagna, invece, è in una situazione lievemente migliore rispetto agli altri paesi del mediterraneo. Le 17 comunità autonome che compongono il paese non seguono una legge nazionale e combattono la povertà mediante indennità in contanti per i fabbisogni minimi delle persone e spesso il diritto soggettivo al reddito è condizionato dalle disponibilità di bilancio, lo sviluppo dell’indice dei prezzi al consumo e dipende dalle decisioni delle comunità autonome . L’indennità dura in genere 12 mesi. denziata ogni giorno dai dati che raccontano un default sociale sempre più grave, 36 per cento di disoccupazione giovanile, un tasso reale di disoccupazione ben più alto di quello ufficiale, che sfiora il 20 per cento». »Quando si evoca l'Europa - ha dichiarato il segretario di Sel Nichi Vendola, tra i primi firmatari della proposta di legge - si dimentica che c'e' un voto del Parlamento europeo che chiede l'introduzione del reddito minimo che, oltre ad essere una misura giusta è anche una misura anticiclica». Per Mariapia Pizzolante, portavoce nazionale di Tilt, il reddito è «un argine contro il ricatto in cui vivono le donne sul lavoro e in famiglia. Il reddito è uno strumento per liberarci dai vincoli economici che diventano poi culturali e di pensiero». PAROLE · Dibattito vivace e molte definizioni A inizio dicembre, il ministro del Welfare Elsa Fornero ha espresso un «giudizio personale, ma non del governo» a favore del reddito minimo garantito. Poi ha desistito, preferendo la mediocre riforma del sussidio di disoccupazione ribattezzato «Aspi» e «mini-Aspi». Ciononostante il dibattito sul reddito è sempre stato vivace e molte sono le definizioni. C’è quella neo-liberista di Milton Friedmanbasata sull'idea di un'«imposta fiscale negativa» e sullo smantellamento dello stato sociale, con l'eccezione della giustizia e della difesa. Ci sono Philippe Van Parijs o Guy Standing che propongono l’idea che ogni individuo, a prescindere da qualsiasi altra condizione (sesso, religione, età, condizione professionale), ha diritto ad un reddito incondizionato. Chi riflette sul capitalismo cognitivo ritiene che il «basic income» sia il corrispettivo del salario in epoca fordista. Ancora di recente, l’economista Tito Boeri ha proposto un reddito minimo a fronte di una maggiore flessibilità del lavoro. Da sempre al centro delle rivendicazioni dei movimenti sociali (come la Mayday milanese), il reddito è un riconoscimento dell’autonomia dell’individuo ed è ispirato ad un modello di welfare attivo. Giuseppe Allegri N ella depressione sociale ed esistenziale che pervade questo Paese è da salutare con una notevole dose di entusiasmo la proposta di legge di iniziativa popolare per introdurre il reddito minimo garantito nella nostra legislazione, ancora priva di una misura così fondamentale per la tutela della dignità personale. Soprattutto dinanzi a una crisi che condanna milioni di donne ed uomini al rischio povertà e alla miseria economica e sociale, in una vita asservita all'ossessione del lavoro e della sua mancanza. Questa iniziativa dovrebbe anche scuotere il coma letale, riguardo alla previsione di politiche sociali minimamente garantistiche, in cui è sprofondato il centro-sinistra al governo nell'attuale, rimodellata, unità nazionale per salvare il Paese a suon di politiche recessive e di austerity imposte dall'Unione europea. Ma una volta tanto i leader – o quel che ne rimane – della sinistra parlamentare potrebbero avere l'intuizione di osservare – e possibilmente dire, nelle loro quotidiane e logorroiche dichiarazioni stampa – che proprio la garanzia di un reddito di base ci è richiesta dall'Unione europea, per lo meno da un ventennio, a cominciare da una celebre raccomandazione del 1992 (la 92/441 Cee), rispetto alla quale rimaniamo tuttora inadempienti. Soprattutto un'iniziativa popolare di tale tenore permetterebbe di parlare all'intera società e non è per nulla un caso che questa proposta parta proprio con una spinta dal basso di quell'associazionismo consapevole che sul tema del reddito minimo garantito si gioca non solo la lotta alla povertà e all'esclusione sociale, ma la concreta possibilità di affermare una nuova idea di società e un radicale ripensamento del nostro sistema di Welfare; tutelare la persona «nel mercato del lavoro» – come va di moda dire – o, piuttosto, nella società in cui la persona vive, si organizza e tesse le sue relazioni; portare le garanzie aldilà dell’impiego tradizionale. Questi sono i modi per rilanciare un progetto egualitario di garanzia intergenerazionale. Il reddito minimo garantito può essere inteso come un nuovo diritto fondamentale: uno ius existentiae, per realizzare una rete di protezione che affronti meglio la crisi sociale che stiamo attraversando. Ed è un rimedio alla crisi esistenziale che impedisce di abbandonare le persone nei momenti di difficoltà. Insomma il reddito minimo garantito è uno strumento di eguaglianza delle persone (nelle tutele) e di sviluppo dell'autodeterminazione esistenziale di ciascuno. E prospetta una società realmente garantista che metta nelle condizioni di rilanciare la propria esperienza e quindi contribuire al miglioramento sociale. Il reddito è, infine, l'affermazione di un modello sociale che permetta di sfuggire ai ricatti e investire collettivamente su forme di buona e degna vita, ancor più in un contesto di impoverimento generalizzato e intollerante populismo. Tutto questo dovrebbe parlare in modo evidente e ineludibile a quel che resta della sinistra. La riappropriazione di un tradizionale strumento di democrazia diretta, per imporre alle sorde rappresentanze parlamentari scelte di politiche sociali più garantistiche – a partire dall'introduzione di un reddito minimo garantito – ci parla della possibilità di praticare un'uscita dalla crisi affermando una reale giustizia sociale, a fronte di un uso retorico che invoca un’equità che si trasforma nel suo opposto. Lo capirà l'agonizzante sinistra sindacale e parlamentare? Intanto quel che di meglio si muove nella società sembra averlo capito. il manifesto VENERDÌ 6 LUGLIO 2012 pagina 7 ITALIA I lavoratori degli Studios in crisi pilotata, da tempo in agitazione, si oppongono alla distruzione del simbolo del cinema Aumento Iva, che spettacolo Nella stanza dei bottoni montiana sull'Iva ne inventano una al giorno. L'ultima é aumentare di due punti le aliquote del 10 e del 21%, ma solo da luglio 2013 a dicembre 2013. Poi, da gennaio 2014, sarebbe prevista la riduzione "definitiva" di un punto, che stabilizzerebbe l'Iva all'11 e al 22%. Se questa idea passerà, sugli scaffali dei supermercati la confusione sui prezzi sarà totale. Prezzi che salgono, prezzi che scendono... E come al solito qualcuno sfrutterà l'occasione per guadagnarci. alka seltzer Silvana Silvestri E ra stato annuncato già da alcune settimane l’occupazione di Cinecittà come estrema iniziativa da parte dei lavoratori contro il ritorno del progetto Abete di snaturamento degli studi in versione alberghi, resort, ristoranti e la delocalizzazione dei lavoratori: non la semplice la compravendita della forza lavoro verso altre società, ma l’offesa di essere inviati per lo più a lavorare in un parco giochi. Contro la distruzione del più famoso centro di produzione del mondo la risposta è l’occupazione, lo striscione «Cinecittà occupata» che campeggia, tre lavoratori che hanno iniziato lo sciopero della fame, un presidio all’esterno e all’interno degli stabilimenti: iniziano ad arrivare le adesioni, cominciano ad organizzarsi le categorie per sostenere la lotta dei lavoratori: Vendola, Rifondazione, Pedica (Idv) annuncia un presidio davanti a Palazzo Chigi, Di Pietro chiede l’intervento di Ornaghi e Fornero, il Movem, il coordinamento di tutte le asociazioni professionali si organizza per essere sul posto e coinvolgere i politici. Ma in questo momento i protagonisti sono i reparti di scenotecnica, i lavoratori che ormai possono essere trasferiti dagli studios da un giorno all’altro come ci spiega il sindacalista Massimo Corridori poco prima dell’annunciata assemblea pubblica. Tenteremo tutti i passi, parleremo con i politici, ci aveva detto qualche settimana fa. Cosa è successo per decidere l’occupazione? «Abbiamo fatto incontri con i politici e i risultati non sono stati positivi, ci dice. Tra l’altro l’azienda ha avviato le procedure di legge e domani o dopodomani finiscono quelle dei lavoratori delle costruzioni scenografiche. Una volta finite le procedure i lavoratori possono es- POLEMICHE Perché va in scena questo abbandono? «C GLI STABILIMENTI DI CINECITTÀ/FOTO EIDON MOBILITAZIONE · Contro la cementificazione dei terreni pubblici Le maestranze occupano Cinecittà sere trasferiti il giorno dopo. In questa situazione abbiamo deciso di forzare la mano per richiamare l’attenzione dei mass media, delle forze politiche e di tutto il mondo dello spettacolo che si dice pronto a sostenere le manifestazioni quando vedono minacciato il mondo della cultura, ma queste forze non le vediamo». Dal momento in cui è stato lanciato l’allarme si è fatto vedere qualcuno? «Quelli del mondo dello spettacolo sono praticamente inisistenti, al di là delle dichiarazioni, per esempio Vecchioni che ci ha mandato un messaggio, sarebbe stato disposto a venire, qualche altra lettera di sostegno, molte chiacchiere e nessuna cosa tangibile. Noi stiamo facendo un blocco e tre lavoratori sono in sciopero della fame, non solo per difendere il posto di lavoro, ma per manifestare al mondo quello che noi riteniamo un delitto, la morte dell’azienda più importante del settore cinematografico. I registi, gli attori, le comparse, i musicisti, non c’è nessuno, non si fanno sentire, sembrano tutti scomparsi. E questo già da un mese, è strano». Ma Società/ I RISULTATI DELL’ULTIMO RAPPORTO Se i figli assistono alla violenza. I dati e la ricerca di Telefono Rosa Luisa Betti L’ 87% delle donne che si sono rivolte al Telefono Rosa l’anno scorso, hanno subito violenza domestica. A dirlo è la stessa associazione, che da anni lavora contro la violenza di genere in Italia, e che ieri ha presentato a Roma il rapporto «Le voci segrete della violenza», sottolineando che in sei mesi i femmicidi sono arrivati a 71, in una mattanza eseguita per lo più da partner o parenti stretti. Dati che rimarcano l’inadeguatezza del governo e che - malgrado le rassicurazioni della consigliera Patrizia De Rose (capo del Dpo, Dipartimento Pari Opportunità) che ha elencato con dovizia le misure prese del Dpo – hanno spinto la presidente di Telefono Rosa, Gabriella Moscatelli, a sottolineare come di fronte a una emergenza di queste dimensioni sia necessaria non una delega, come quella affidata a Fornero (ministra del Lavoro) sulle pari opportunità ma «la presenza di un ministero con pieni poteri e con portafoglio». In più dall’indagine emerge un dato interessante, e cioè che l’80% delle donne che hanno chiesto aiuto al Telefono Rosa, aveva figli al momento della violenza. Donne che durante i colloqui hanno dichiarato di aver subito per anni botte, maltrattamenti e abusi in silenzio, pur di non allarmare i bambini. «Molte di loro – ha detto Paola Matteucci, a capo dell’equipe psicologhe – ci hanno detto di non aver denunciato per non impaurire i figli, dichiarando che in quel momento erano convinte che un padre, anche se violento, era meglio di niente». In realtà i dati sugli effetti che la violenza assitita ha sui minori sono devastanti. Poco tempo fa uno studio dell’University College di Londra, coordinato dal dottor Eamon McCrory del dipartimento di Psicologia e Scienze del Linguaggio, ha provato scientificamente come l’effetto della violenza domestica sul cervello del bambino che vi assiste sarebbe uguale al trauma subito da un reduce di guerra. L’Onu nel 2006 stimava «che i bambini spettatori di violenza domestica fossero tra i 133 e i 275 milioni all’anno», mentre in Italia lo studio del progetto europeo Daphne III, ci dice che su quasi 7 milioni di donne che hanno subito almeno una forma di violenza, almeno 700mila avevano figli al momento del fatto, un dato che porta a un’ipotesi di «circa 400mila» bambini «spettatori». Il Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l’Abuso all’Infanzia (Cismai) fa un’impressionante lista di cosa s’intenda per violenza assistita in ambito familiare: dal «fare esperienza di qualsiasi forma di maltrattamento compiuto attraverso atti di violenza fisica come percosse con mani oppure oggetti», a «impedire di mangiare, bere e dormire, segregare in casa, chiudere fuori casa, impedire l’assistenza e le cure in caso di malattia, assistere a violenza verbale, psicologica, svalutare, insultare, isolare dalle relazioni parentali e amicali, minacciare di picchiare, di abbandonare, uccidere, suicidarsi o fare stragi». Un elenco a cui si aggiunge la violenza economica, sessuale, e le violenze messe in atto da minori su altri minori o su altri membri della famiglia. Di questi abusi il mi- nore può fare esperienza direttamente e indirettamente, percependone gli effetti come il sentire percosse, rottura di oggetti, grida, insulti, minacce, pianti: tutti atti che hanno un impatto devastante sul minore che percepisce la disperazione e il terrore della vittima. Alessandra Palatella, psichiatra del Telefono Rosa, segue la violenza assitita e/o subita dai minori che accompagnano le mamme in cerca di aiuto perché vittime di violenza domestica: «Nella mia esperienza – racconta - posso dire che il 75% dei minori che si sono presentati era evidentemente affetto da disturbi legati a questo problema, anche se in realtà posso dire che tutti i bambini con cui ho parlato avevano percepito la violenza in casa. Basta vedere un oggetto rotto, la mamma con un occhio nero. Ma la cosa più grave è che i genitori non si accorgono del disagio dei figli, acuito dal fatto che a scuola, invece di aiutare e capire, gli insegnanti spesso scambiano il disagio con un comportamento caratteriale». Gli effetti della violenza assitita dai minori vanno dai disturbi alimentari, alla euresi, ma anche ansia, depressione, paura, difficoltà a scuola, iperattività, aggressività, difficoltà dell’attenzione, insonnia, incubi, reazioni acute come pianto, grida, tremori, fino a blocchi della crescita e ritardi mentali. In Italia non esiste una legge specifica in materia di violenza assistita e si fa riferimento agli articoli 330 e 333 del codice civile in cui si parla di «grave pregiudizio e violenza psicologica sui bambini» – e all’art. 572 del codice penale che è «maltrattamento». Una legge che forse sarebbe ora di scrivere e proporre. quali sono in questo momento i set al lavoro? «Quelli delle fiction, ma neanche loro si sono fatti sentire e non è che siamo invisibili. Noi siamo la parte che prepara le riprese, l’audio, gli effetti digitali, lo sviluppo e tutti questi reparti sono in sciopero pesante: 8 ore al giorno proclamato per 5 giorni lavorativi. Stiamo levando alle persone 40 ore di lavoro a stipendi di 1100, 1200 euro. La grande sorpresa è che il mondo del cinema è silenzioso, è assente. Non solo noi che siamo 250, ma parlo delle migliaia di persone che lavorano nel cinema in carne ed ossa, non a parole. Ieri sera siamo stati contenti perché sono venuti dieci ragazzi della scuola di cinema di scenografia Gian Maria Volonté. Capiscono che è un mondo minacciato che rischia di scomparire ed è anche il loro mondo, quindi sono disposti a fare qualunque cosa, hanno fatto le due, le tre di notte. Vogliamo che tutto un mondo venga a conoscenza della drammatica situazione: la scomparsa di Cinecittà. In questo senso ho lanciato un appello al presidente della repubblica, perché lui non può ricevere solo quella che lui chiama l’Italia migliore, i milionari del pallone, ma anche la gente come noi che lotta ogni giorno per il posto di lavoro, che è l’Italia vera, su cui poggia la ricostruzione. Caro presidente, chiamaci a noi e agli altri lavoratori delle aziende in crisi. Noi poi non siamo in crisi, perché questa è una crisi voluta, pilotata per cementificare Cinecittà su terreni pubblici da parte di un imprenditore foraggiato dai poteri forti, perché i beni che gli sono stati concessi dal ministero (perché i diritti edificatori erano del ministero) non erano per fare alberghi, ma per sviluppare Cinecittà. Uccidere questa azienda è un delitto». Dopo l’assemblea, dice, proietteremo Troppo forte di Verdone. «Avevamo quello e Ben Hur. Ben Hur no, allora Verdone». Verrà a Cinecittà? inecittà Sandro Medici canto. E’ un pezzo okkupadell’identità naziota». Fa nale, è un monuuna certa impressione quello mento del moderno italiano. striscione disteso sull’architraNon può essere trattata come ve razionalista, lo storico proun deposito su cui scaricare vospetto degli stabilimenti di Cilumetrie immobiliari. E invece necittà. Uno stridore, un grafè quel che sta succedendo, in fio, un grido. Forse un ultimo un’atmosfera di reticente contentativo per salvare una delle nivenza o di esplicito consenesperienze artistiche e culturaso. Governo, Regione, Comune li tra le più rilevanti dell’Italia hanno già dichiarato il loro socontemporanea. E quel che stegno: muoia Cinecittà e via lipiù sorprende è che a consubera a ruspe e betoniere. mare questo gesto così estreI lavoratori si ribellano a quemo, forse disperato, siano i lasto destino, e non lo fanno solo voratori, gli scenografi, i montaper difendere il loro lavoro: ditori, le sarte e le truccatrici, i famostrano più consapevolezza legnami, gli impiegati e le imdi molti altri a cui verrebbe inpiegate. Non i registi, gli attori, vece richiesta. Sostengono che gli sceneggiatori, i tanti autori gli stabilimenti potrebbero esseche compongono l’universo cire rilanciati e diventare compenematografico italiano, quei titivi, se soltanto venissero libenomi che il mondo conosce e rati dai laccioli aziendalisti di riconosce per la loro professiouna società che in tanti anni nalità, il loro vanon è riuscita a lore, la loro macreare sviluppo «Governo, estria. e ha anzi acuito Cinecittà sta Regione, Comune la crisi. Chiedomorendo, frano che la quota hanno dichiarato zionata e spacsocietaria pubchettata, subblica residuale il loro sostegno: affittata e di(il 20%) venga muoia Cinecittà spersa, e sono loro affidata afpoche, pochisfinché si trasfore via libera a sime le voci mi in potenziaruspe e betoniere» le produttivo, che s’oppongono, s’indignagestito in forma no. Ad affiancare i lavoratori ci cooperativistica. Una sorta di sono i sindacati di categoria, riappropriazione pubblica alqualche parlamentare e quall’interno di una privatizzazioche consigliere, il locale Munine, da usare come impulso di ricipio, una manciata di associasanamento e di ripresa produttizioni culturali. E tutti gli altri? va. Esattamente all’opposto di Le istituzioni, i vertici sindacaquanto oggi si teorizza e si ritieli, i partiti, gli intellettuali? Non ne, laddove la sfera pubblica ce n’è traccia. viene considerata improduttiva Cosa sta succedendo? Ci si e parassitaria, mentre quella prideve rassegnare alla definitiva vata, dinamica e promettente. dispersione di una realtà tanto Non è un’ipotesi avventata, prestigiosa? Il modello a ciclo un’utopia consolatoria. Ci si poproduttivo completo di Cinecittrebbe provare, se ci fosse una tà è diventato obsoleto, antivolontà politica lungimirante e economico e anche un tantino meno servile. Magari si scopristucchevole? Insomma hanno rebbe che funziona davvero, ragione i padroni privatizzatori che in una Cinecittà riconsea smantellare tutto e trasformagnata alla manifattura e alla tecre gli stabilimenti in aree edifinologia, depurata da ritorni ficabili e in tal modo rimpinguananziari e mire speculative, torre bilanci ed esercizi? nerebbero le produzioni che Ma Cinecittà non è soltanto oggi vagano per il mondo, si poun impianto industriale, più o trebbe riattivare quella ricerca meno investito dalla crisi del ciespressiva da tempo smarrita. nema e non solo. E’ molto, molUn po’ com’è successo al Teato di più. E’ un patrimonio cultro Valle, che mai prima d’ora, turale difficilmente comprimilungo quest’intero anno di ocbile a mero riscontro contabile. cupazione, era riuscito a riemE’ storia, è arte, è memoria, è inpire palchi e platee. MINORENNI STRANIERI AUTO Le comunità di accoglienza denunciano l’insolvenza dello stato Fallisce (anche) la De Tomaso di Gianmario Rossignolo Il Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (Cnca) denuncia come insostenibile la situazione in cui si trovano le comunità che hanno dato disponibilità all’accoglienza dei minorenni stranieri giunti in Italia a seguito della cosiddetta «Emergenza Nord Africa». Le cooperative sociali e le associazioni - molte con sede nel Sud Italia - vantano infatti un credito ingente nei confronti dello stato per la mancata erogazione delle risorse economiche promesse nel periodo 2011-2012. Ad esempio tre organizzazioni del Cnca che hanno accolto circa 150 minorenni devono ricevere 270mila euro. Inoltre viene lanciato l’allarme sul fatto che nulla è stato previsto in vista della conclusione della «fase emergenziale», cioè dal 2013 in poi, sulla sorte dei ragazzi. Il Cnca chiede dunque al governo il saldo totale delle accoglienze sostenute nel periodo 2011-2012 e l’emanazione di atti formali – linee di indirizzo e adeguata copertura finanziaria – finalizzati a garantire l’assistenza ai minorenni accolti dopo il 31 dicembre 2012. Il giudice fallimentare di Livorno Luigi Di Franco ha dichiarato il fallimento dell’industria auto De Tomaso dell’imprenditore Gian Mario Rossignolo. Per la De Tomaso, marchio storico di auto sportive, è il secondo fallimento dopo quello del 2004. Rossignolo, un passato importante in Telecom e in Electrolux, aveva rilevato lo stabilimento Pininfarina di Grugliasco, acquistato con tutti i macchinari, e quello della Delphi di Livorno, grazie anche al sostegno delle rispettive Regioni. L’anno scorso aveva poi provato a prendere la fabbrica Fiat di Termini Imerese, chiusa l’anno scorso, andata poi alla Dr Motor dell’imprenditore molisano Di Risio e anche lui per ora messo fuori, almeno finché non troverà un partner che ripiani una parte dei debiti. La sentenza di fallimento della De Tomaso è stata pubblicata ieri, dopo un'unica udienza. Curatore fallimentare è stato nominato Paolo Carotti, commercialista a Livorno, mentre giudice delegato è lo stesso Luigi De Franco. Rossignolo non si è opposto al fallimento né ha chiesto il concordato. A Livorno l'istanza di fallimento è stata presentata da un solo creditore. pagina 8 il manifesto VENERDÌ 6 LUGLIO 2012 INTERNAZIONALE MEDIO ORIENTE · Il presidente iraniano Ahmadi Nejhad all’Egitto: «Mursy venga a Tehran per i Nuovi Allineati» Un «inaspettato» invito persiano È davvero un segnale storico quello che arriva da Tehran, solo ricordando che dal 1979 l’Irane l’Egitto avevano rotto le relazioni diplomatiche. Il presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, ha invitato il neoletto presidente della repubblica egiziana Mohammed Mursy a partecipare al summit dei Paesi Non Allineati che si terrà il 29 agosto a Teheran - ma per ora gli ambienti dei Fratelli musulmani vicini al nuovo capo dello stato non fanno trapelare se Mursy ha accettato o me- che con l'Egitto, ma l'ex governo egiziano, guidato da Hosni Mubarak, aveva paura dei legami con la Repubblica Islamica», ha spiegato Kazem Jalali, portavoce del commissione parlamentare per la Sicurezza Nazionale e la Politica Estera. «I due paesi - ha aggiunto - facciano tutto il necessario per avere rapporti a livello diplomatico». Non sorprende quindi la reazione di Teheran all'annuncio della vittoria di Mursy in Egitto. Secondo il ministero degli Esteri, la sua elezione dimostra un «risveglio islamico» in Egitto e nella regione. «Il ministero degli Esteri della Repubblica islamica dell'Iran si congratula con la vittoria della nazione egiziana in queste elezioni e per la nomina a presidente di Mohammed Mursi», ha sottolineato una nota ufficiale. «Il movimento rivoluzionario del popolo egiziano è il segno del risveglio islamico e di una nuova era nel Medio Oriente», ha proseguito il ministero di Teheran. L'Iran ha quindi lodato le rivolte della primavera araba come ribellioni all’Occidente ispirate alla «Rivoluzione islamica» del 1979. e. n. Verso una svolta, sia nei rapporti diplomatici (rotti dal 1979» che tra sunniti e sciiti no l'invito. Secondo i media egiziani, l'invito rivolto da Ahmadinejad è il primo contatto ufficiale tra i due presidenti da quando Mursi ha giurato di fronte alla Corte Costituzionale sabato scorso. L'ennesimo indizio, è l'opinione di alcuni esperti, che Iran e Egitto dopo la caduta di Hosni Mubarak stanno tentando di riallacciare i rapporti diplomatici dopo oltre 30 anni di stop. E sono in molti pronti a scommettere oggi sull'ipotesi che presto i due Paesi possano mettersi definitivamente alle spalle la crisi del 1980, quando l'Egitto firmò la pace con Israele ratificando gli accordi di Camp David e sfidò la neonata Repubblica Islamica concedendo asilo politico allo Shah deposto Reza Pahlevi. Non è un caso che la svolta nelle relazioni tra i due Paesi avvenga al- MURSY E AHMADI NEJHAD. SOTTO, CANDIDATA INTEGRALISTA ISLAMICA A TRIPOLI/REUTERS l'indomani della caduta di Mubarak, sostituito da nuovi leader politici di orientamento islamico che, almeno nelle intenzioni, sembrano voler ridisegnare le loro alleanze nel quadro dei nuovi equilibri geopolitici mediorientali. Mubarak, infatti, come alleato di Israele e degli Usa, aveva sempre osteggiato l'ascesa della Repubblica Islamica allo status di leader regionale. Ma le dichiarazioni di alcuni espo- SIRIA · I curdi: il Cns vuole un regime islamico Onu: riparte la missione «N ei prossimi giorni consolideremo la nostra missione per supportare al meglio il popolo siriano. Rafforzeremo la nostra presenza nelle basi regionali per fornire ai team, una volta riprese le operazioni, la flessibilità necessaria per lavorare efficacemente per il dialogo politico e la stabilità». È quanto ha annunciato in una conferenza stampa a Damasco il generale Robert Mood, capo degli osservatori Onu in Siria. «Nei prossimi giorni consolideremo le nostre otto squadre locali in basi regionali. La missione trasferirà personale e risorse da Homs, Idlib e Tartus per migliorare la nostra presenza in altre località», ha spiegato Mood sottolineando che l'operazione non «influirà» sul mandato o «sul dispiegamento complessivo del personale». Al momento, ha aggiunto il capo degli osservatori, «noi abbiamo ottenuto i contatti e una visione» della situazione «ma non abbiamo il cessate il fuoco». Per questo, occorre «ristrutturare» la missione per permettere agli osservatori «di portare avanti i compiti prestabiliti, che richiedono un più lungo pe- riodo di permanenza in particolari aree e un più ampio numero di unità». Mood è poi tornato a rivolgersi alle parti in conflitto. Dopo quanto deciso a Ginevra, «lo spargimento di sangue deve finire. Più a lungo continueranno le violenze, più difficilmente comincerà il periodo di transizione pacifica», ha evidenziato. Ieri il presidente siriano Bashar al-Assad ha ammesso di avere fatto degli errori nella gestione della crisi esplosa più di un anno fa, ma ha affermato di avere ancora un sostegno popolare «altrimenti - ha sottolineato - sarei già stato rovesciato come lo shah d'Iran»: lo ha detto lo stesso Assad in nuove dichiarazioni al quotidiano turco Cumhuriyet pubblicate ieri. Intanto il leader dell'opposizione curda al regime di Bashar al Assad Sherkoh Abbas ha accusato in una intervista al quotidiano turco Hurriyet il Consiglio Nazionale Siriano, appoggiato da Ankara e considerato dagli occidentali il primo interlocutore dell'opposizione, di volere «sequestrare» la rivoluzione e di puntare a istituire un regime «islamico». nenti del governo egiziano, anche prima dell'elezione di Mursy, sono il sintomo evidente della volontà di riallacciare i rapporti con l'Iran. Non solo, secondo molti analisti, un'alleanza tra il Cairo e Teheran potrebbe significare anche un miglioramento dei rapporti all'interno della comunità islamica, infatti, i due Paesi sono rispettivamente l'uno punto di riferimento imprescindibile per la comunità sunnita, l'altro per il mondo sciita. La nuova posizione delle autorità egiziane ha scatenato un'ondata di reazioni positive nell'establishment iraniano. Diversi esponenti politici iraniani negli ultimi tempi hanno commentato con entusiasmo le aperture giunte dal governo egiziano, ribadendo la volontà di avviare un percorso che porti alla reciproca apertura di rappresentanze diplmatiche. «La volontà dell'Iran è sempre stata quella di avere relazioni diplomati- AFGHANISTAN-GUERRA Ripartono da Karachi i convogli della Nato Un convoglio di container contenenti rifornimenti per le truppe della Nato hanno lasciato ieri Karachi diretti in Afghanistan, dopo la decisione del governo pachistano di riaprire al transito la frontiera fra i due paesi. Lo riferisce GEO Tv. L'emittente precisa che 135 container sono partiti durante la giornata dal porto di Karachi sotto strette misure di sicurezza, dopo le minacce formulate contro la decisione governativa dai talebani pachistani del Tehrek-e-Taliban Pakistan (TTP). Mercoledì, dopo sette mesi di chiusura causati da un incidente in cui morirono 24 soldati pachistani in un attacco Nato, il governo di Islamabad ha dato l'approvazione finale al ripristino delle cosiddette Linee di comunicazione terrestri (Gloc) utilizzate per entrare in Afghanistan dai convogli che trasportano rifornimenti per le truppe della Coalizione internazionale impegnate a sostegno del presidente Hamid Karzai. E ieri sembra esserte arrivata la risposta statunitense a questa «apertura» pakistana: almeno 79 detenuti talebani sono stati rilasciati da prigioni gestite direttamente dai generali Usa. PARAGUAY Richiamato l’ambasciatore in Venezuela Il governo del Paraguay ha richiamato il proprio ambasciatore in Venezuela «di fronte alle gravi prove di intervento da parte di funzionari della Repubblica Bolivariana del Venezuela negli affari interni» del paese. Lo comunica una nota ufficiale. Il ministero degli Esteri ha poi reso noto che «conformemente con quanto previsto dalla Convenzione di Vienna sulle Relazioni Diplomatiche, lo stato del Paraguay ha dichiarato persona non grata l'ambasciatore del Venezuela nel paese, Josè Javier Arrùe De Pablo». L'incidente tra i due governi è conseguenza della denuncia effettuata giovedì dal ministro della Difesa del Paraguay, Marìa Liz Garcìa, che ha accusato il ministro degli Esteri venezuelano, Nicolàs Maduro, di aver tentato di provocare una sollevazione dei militari del suo paese il 22 giugno, poco prima della decisione da parte del Congresso di destituire il presidente Fernando Lugo. IRAQ-SIRIA «Dal nostro confine passa Al Qaeda» Gruppi di militanti di al-Qaeda entrano in Siria attraverso il confine con l'Iraq per condurre attacchi. È l'allarme lanciato dal ministro degli Esteri iracheno, Hoshiyar Zebari, in una conferenza stampa a Baghdad. «Abbiamo informazioni accertate e rapporti di intelligence in base ai quali membri della rete terroristica di al-Qaeda sono andati in Siria per aiutare, stringere contatti, condurre attacchi terroristici», ha detto Zebari. Anche il regime di Bashar al-Assad sostiene che quella in corso nel paese non è una rivolta per la democrazia, ma l'azione di «gruppi terroristici armati» che vogliono destabilizzare il paese e la regione. Libia/A nove mesi dall’uccisione di Gheddafi e dalla vittoria degli insorti grazie alla Nato In un clima di violenza, domani al voto aspettando la vittoria integralista Geraldina Colotti I eri, in Libia, si è chiusa ufficialmente la campagna elettorale. Domani, 2,7 milioni di cittadini (l’80% degli aventi diritto, secondo i dati forniti dall’Alta commissione nazionale per le elezioni – Acnec -) si recano alle urne per il primo scrutinio nazionale dopo l’uccisione di Muammar Gheddafi e la vittoria - grazie ai bombardamenti della Nato - delle milizie insorte. Eleggeranno i 200 membri dell’Assemblea costituente, l’organo di rappresentanza del popolo libico che sostituirà l’attuale Consiglio nazionale di transizione (Cnt) e redigerà la nuova Carta magna, da approvare poi con un referendum. Della Costituente devono far parte 120 eletti indipendenti, scelti a scrutinio maggioritario fra 3.700 candidati convalidati (su 4.000 che si erano proposti), e 80 eletti mediante il proporzionale in base alle liste designate dai partiti in corsa (circa 370). Nelle formazioni politiche si individuano due correnti principali, una riconducibile agli islamisti (in un vasto spettro che va dai moderati ai più estremi), l’altra ai nazionalisti laici. E saranno probabilmente i partiti prossimi ai Fratelli musulmani – più organizzati, sia sul piano ideologico che su quello logistico – ad avere la meglio nella competizione elettorale. Due i favoriti: il Partito della giustizia e della costruzione (Hizb al-Adala wal-Bina) di Mohammad Hassan Sowan, che è stato in carcere 8 anni per la sua fede politica ai tempi del Colonnello, e il Partito della nazione (Hizb al-Watan), fondato dal jihadista pentito Abdelhakim Belhaj, autoproclamatosi governatore di Tripoli nell’agosto 2011. Il primo ricalca il profilo dei Fratelli musulmani in Egitto. Dopo il tentativo d’insurrezione del 2011, la fratellanza libica (i cui adepti venivano chiamati dai media di regime «cani erranti») ha adottato una linea più moderata, distanziandosi dai salafiti. Il comitato centrale di questo partito conta anche 3 donne (su 45 membri). A maggio 2012, ha ottenuto un plebiscito a Bengasi - capitale della Cirenaica che chiede la secessione -, roccaforte dei Fratelli, durante le elezioni municipali: quasi la metà degli elettori lo ha votato e oggi risulta favorito. Il secondo, fondato ad aprile 2012, sta conducendo una campagna roboante, basata sulla figura di Belhaji, ex leader del Gruppo islamico combattente in Libia (Gicl), legato ad al-Qaeda: l’uomo che ha denunciato il governo britannico per averlo sequestrato in Thailandia, nel 2004, e poi averlo rimandato in Libia da Gheddafi. Il partito, con 59 candidati (la metà donne) è contro il federalismo, ma chiede la decentralizzazione. Entrambi i partiti godono dell’appoggio del Qatar. Il partito più conosciuto dell’altra corrente è l’Alleanza delle forze nazionali (Tahaluf al-Quwwa al-Wataniyya), diretto dal ricco uomo d’affari Mahmoud Jibril: un tempo a rimorchio di Saif al-Islam Gheddafi (secondogenito del Colonnello) nei piani neoliberisti imposti al paese negli anni 200, Jibril è stato poi uno dei fondatori del Cnt, insieme a Mustafa Abdel Jalil. Nella regione dell’est, è presente il Partito del fronte nazionale (Hizb al-Jabha al-Wataniyya). Prima si chiamava Partito del fronte nazionale di salvezza, fondato in esilio nel Regno unito, nel 1981, da Mohammad Yussef Megharief. Il Cnt, nonostante la perdita di consenso e di credibilità, enfatizza le «prime elezioni libere e democratiche della Libia» (l’ultima rimonta al 1965, quattro anni prima che Gheddafi prendesse il potere e lo conservasse per 42 anni). Mette l’accento sulla riconciliazione nazionale e su una Libia incamminata verso democrazia e prosperità. I paesi occidentali, impegnati nell’intervento armato contro Gheddafi come «unico ricorso per proteggere i civili», hanno suonato la stessa grancassa alla fine ufficiale della guerra civile, il 23 ottobre 2011. Da allora, però, il paese non è mai apparso così violento e frammentato, preda dei signori della guerra e delle milizie armate senza controllo che si faranno beffe di qualunque risultato elettorale. Un clima di violenza, torture e impunità denunciato anche da Amnesty international. L’unica cosa che funziona, e che assicura il tornaconto ai paesi che hanno voluto l’intervento Nato, è la produzione petrolifera di Eni, Total, Repsol, Exxon…: tornata a 1,6 milioni di barili al giorno, com’era prima dell’aggressione Nato. Con la protezione delle milizie tribali delle diverse zone estrattive. In questo contesto senza garanzie è avvenuto l’incredibile arresto dei funzionari della Corte penale internazionale in Libia per rivendicare la processabilità internazionale di Seif, figlio di Gheddafi, rimasti in carcere per oltre tre settimane, prima di essere liberati l’altro ieri. Intanto, dopo quasi un mese, sono tornati in Italia i 19 marinai dei tre pescherecci mazaresi, sequestrati dalle autorità libiche il 7 giugno. «Le autorità del governo centrale libico, con la collaborazione delle autorità locali, riusciranno a portare a compimento con successo l’operazione di elezioni libere ed eque», ha subito affermato ieri il ministro degli Esteri, Giulio Terzi. il manifesto VENERDÌ 6 LUGLIO 2012 pagina 9 EUROPA Il presidente della Bce dice che la crescita economica nell'area euro «resta debole» con «elevati livelli di incertezza» che pesano sul clima di fiducia. E «ora vediamo un indebolimento della crescita in tutta l'area euro, compresi i paesi che crescevano» MARIO DRAGHI DURANTE LA CONFERENZA STAMPA DI IERI/FOTO REUTERS Francesco Paternò C i sono un Draghi 1 e un Draghi 2 nelle azioni di ieri del presidente della Bce. Con risultati opposti, e i più visibili sono quelli negativi. Sicuramente positivo è stato l’annuncio, per altro ampiamente previsto, di un taglio dello 0,25% dei tassi interessi, scesi per la prima volta sotto l’1% (oggi sono a 0,75%). Una decisione presa all’unanimità per arrivare a un minimo storico e soprattutto per provare a ridare un po’ di fiato alla squassata economia reale. Quando però il presidente della Bce prende la parola, il Draghi 2 dice cose vere ma che non piacciono ai mercati. La crescita economica nell'area euro, sottolinea Draghi, «resta debole» con «elevati livelli di incertezza» che pesano sul clima di fiducia. E non è finita. Il quadro è peggiorato rispetto a solo un mese fa: «Ora vediamo un indebolimento della crescita in tutta l'area euro, compresi i Paesi che prima continuavano a crescere». Draghi, insomma, legge con realismo e crudezza la situazione, cercando di frenare appena: la Bce, «non ha cambiato il suo scenario di base sull'andamento dell'economia dell'Eurozona. Al momento vediamo più una stabilizzazione che una caduta, con una graduale e lenta ripresa verso la fine dell'anno». Aggiunge che la situazione «non è» così cattiva come nel 2008, e che «non siamo assolutamente a quel punto», ma siccome nessuno glielo ha chiesto, essere La borsa di Milano perde il 2%, male anche Madrid, Atene, Parigi e Francoforte. Solo Londra chiude positiva rassicurati su questo punto fa rabbrividire. Le sue parole sul peggioramento sono comunque sufficienti perché le borse europee vadano giù e lo spread decolli, dopo essere stato «calmierato» nei giorni scorsi dalla notizia di uno scudo approvato per insistenza di Mario Monti dall’ultimo vertice della Ue. Il differenziale tra i nostri Btp e i Bund tedeschi ha chiuso a 457 punti base, dopo aver superato i 460. Male anche i Bonos spagnoli, con apertura a 494 e chiusura a 534 punti base. Le borse sono affondate: Milano ha chiuso a -2,03%, Madrid a -2,99%, Atene a -2,42%. Male il Cac di Parigi e il Dax di Francoforte, con l’unico indice positivo a Londra, +0,14%. I mercati non apprezzano Draghi anche per un altro motivo più sostanzioso: per oggi, annuncia, niente altri soldi a tasso agevolato per le banche. «Non posso rispondere alle domande sulle misure non convenzionali decise dalla Bce per sostenere il settore bancario dell'Eurozona», dice Draghi in conferenza stampa, riferendosi all’ipotesi del varo di un terzo Ltro (Long term refinancing operation, prestito agevolato alle GERMANIA La Volkswagen vince e divora la Porsche La Volkswagen si compra la Porsche, mettendo fine a una storia infinita di assalti e controassalti tra un gigante e un topolino, a strascichi giudiziari con richieste di danni da parte di azionisti e dando la vittoria alla famiglie Piech su quella Porsche. Nel comunicazto si legge che lee due case automobilistiche tedesche hanno raggiunto un'intesa finalizzata a creare un gruppo integrato a partire dal prossimo 1 agosto. Volkswagen salirà al 100% di Porsche SE e quest'ultima riceverà 4,46 miliardi di euro più un'azione ordinaria di Volkswagen in cambio della cessione da parte di Porche della quota del 50,1% non ancora controllata da Volkswagen. Il marchio Porsche diventerà il decimo del gruppo Volkwagen, un impero sempre più importante. ROMANIA Crisi e opposizione, il presidente Basescu sempre più in bilico Gianluca Falco EUROCRACK · La Bce riduce i tassi allo 0,75%, ma le borse vanno giù e lo spread decolla Draghi: situazione peggiorata banche europee). Discorso chiuso, per adesso: «Abbiamo sempre detto che sono misure temporanee e non prendiamo mai impegni ex ante». Anche perché, aggiunge il presidente della Bce, bisogna ancora vedere gli effetti del varo dei due precedenti immissioni di liquidità per le banche europee: «Non possiamo aspettarci che siano immediati, specialmente considerando la trasmissione dei Ltro in flussi di credito più alti. Ora però sono passati alcuni mesi e possiamo notare che i flussi di credito sono deboli in questo momento e restano deboli». La crescita del credito, dice ancora Draghi, «riflette l'attuale situazione critica, una crescente avversione per il rischio e l'aggiustamento in corso nei bilanci dei risparmiatori e delle imprese, che pesano sulla domanda del credito». Scontati, infine, gli apprezzamenti per le decisioni del vertice Ue di Bruxelles della settimana scorsa: la via dell’unione finanziaria è un «passo molto importante», la Bce sarà «rigorosa e indipendente» nel suo nuovo impegno di supervisore unico del sistema bancario deciso dalla Ue, si richiede a tutti i leader europei «un forte impegno politico». Tornando alla politica monetaria, la decisione della Bce di tagliare i tassi dello 0,25% è stata accompagnata da altre iniziative che hanno lo stesso sapore, cioè provare a tenere sotto controllo la complicata situazione economica. La Banca d'Inghilterra ha lasciato invariato il tasso di riferimento allo 0,5% ma ha approvato una misura che prevede l'iniezione di ulteriori 50 miliardi di sterline per stimolare l'economia, tramite l'acquisto di bond dalle banche. Dall’altra parte del mondo, la banca centrale cinese ha invece deciso di tagliare dello 0,25% il tasso sui depositi a un anno (scendono al 3%) e dello 0,31% il tasso sui prestiti (scendono al 6%). Un taglio a sorpresa, perché è il secondo in un mese, causa rallentamento dell’economia. MUTUI Rate più leggere per chi li ha fatti con i tassi Bce La notizia che la Banca centrale europea taglia i tassi dello 0,25% portandoli allo 0,75% per la prima volta nella sua storia può essere una boccata di ossigeno per chi ha comprato casa con un mutuo variabile. Le rate diventano più leggere, anche se questo varrà per chi ha agganciato il suo mutuo al tasso della Bce, anziché agli Euribor (la maggioranza opera però sugli Euribor). Questo nel giorno in cui Altroconsumo denuncia il comportamento delle banche quando si tratta di erogare un mutuo. Secondo l’associazione dei consumatori, le banche ignorano le agevolazioni governative. In una inchiesta, è venuto fuori che solo nove agenzie su 71 hanno proposto il mutuo a una coppia, con uno dei due a contratto di lavoro a termine, nei termini previsti dal Fondo di Garanzia governativo per i mutui ai giovani precari istituito nel 2011. Fondo a cui aderivano tutte le banche visitate. Non solo: nonostante il Regolamento Isvap vieti alle banche di vendere polizze danni o vita legate al mutuo di cui sono beneficiarie, nel 68% dei casi, su 185 agenzie bancarie, è stata offerta una polizza incendio e scoppio, nel 22% dei casi una copertura vita a prezzi esorbitanti. Altroconsumo ha denunciato la vicenda all'Isvap, con una segnalazione formale dei risultati dell’indagine, svolta in 12 città. Grecia/ LA TROIKA METTE FRETTA SUL MEMORANDUM, MA IL GOVERNO VA OLTRE Via ai tagli e alla svendita del patrimonio pubblico Argiris Panagopoulos ATENE A ltro che rinegoziazione del Memorandum. Samaras, tornato dopo due settimane al palazzo della presidenza del governo, a causa dell’operazione all’occhio, ha promesso ieri ai rappresentanti della troika l’accelerazione del programma delle riforme strutturali per sostenere l’economia e l’occupazione e garantire la coesione sociale. Samaras ha assunto già la veste del macellaio, promettendo ai rappresentanti della troika che il suo governo presenterà un generoso pacchetto di privatizzazioni, tagli nel settore pubblico e una riforma fiscale. Secondo Samaras le privatizzazioni saranno maggiori da quelle che prevede il Memorandum. Cercando di addolcire la minaccia di svendita del patrimonio pubblico, Samaras ha detto che l’economia greca non può sopportare nuovi tagli degli stipendi e delle pensioni, né nuove tasse. Il nuovo governo "tripartitico" di Samaras sente già una doppia pressione. La troika e la Germania premono sulla Grecia per applicare le misure micidiali previste dal Memorandum, mentre la società si prepara a resistere ai nuovi tagli e all’annunciata svendita del paese, sulla nuova ondata di austerità che dilaga quasi in tutta l’Europa del Sud. Il nuovo governo ha una schiacciante maggioranza in parlamento e i tre partiti che lo sostengono hanno eletto il presidente della camera con una votazione da record. Paradossalmente però il governo di Samaras è cosi debole e contraddittorio creando le prime liti interne nella Sinistra Democratica, visto che alcuni suoi dirigenti si ricordano ancora la loro appartenenza alla sinistra. La verità è che la Sinistra Democratica dovrà fare spesso un bagno di coscienza, visto che dovrà accettare un mare di privatizzazioni nel periodo prossimo. Il nuovo ministro “tecnico” delle Finanze Giannis Stournaras ha fatto presente ieri che la troika ha avvertito il governo che il programma è uscito fuori dai suoi obbiettivi dopo le due tornate elettorali. «Noi non vediamo i membri della troika come conquistatori ma come nostri colleghi che rappresentano i creditori con i quali siamo ob- bligati a convivere», ha detto Stournaras, mentre quando i rappresentanti della troika lo hanno avvertito che lunedì non sarà facile per Atene nell’Eurogruppo lui ha risposto: «Lo so». Il professor Stournaras ha avvertito anche i greci che li aspettano anni duri. «Da oggi entriamo in acque profonde. Ci aspettano tempi difficili e promettiamo solo una lavoro duro. Vedo una luce nel fondo del tunnel, anche se è lungo», ha detto Stournaras Syriza ha già dato i primi segnali per una opposizione dura contro la nuova macelleria sociale che si prepara, denunciando anche il fatto che il primo ministro greco prima di presentare il suo programma di go- verno in parlamento si era incontrato ieri con i rappresentanti della troika ad Atene. Secondo la coalizione - partito di sinistra radicale Nuova Democrazia, Pasok e Sinistra Democratica - che sostiene il governo di Samaras, sarebbero già state dimenticate le premesse pre-elettorali per la rinegoziazione del Memorandum, sostenendo l’applicazione dei tagli senza modifiche. Il portavoce del governo Simos Kedikoglou ha risposto che «l’esecutivo vuole la permanenza della Grecia in Europa e nell’euro. Syriza e gli interessati alla dracma possono aspettare le prossime elezioni». Anche se le urne non sono per il momento all’ordine del giorno, Syriza sfiderà il solleoL’ASSEDIO A ATENE ne e le altissime tempeALL’HOTEL CHE OSPITA rature per tornare nelle I MEMBRI DELLA TROIKA piazze e trovare con la /FOTO REUTERS sua gente modi di resistenza contro il nuovo governo e forme di solidarietà e partecipazione cittadina attraverso i movimenti. La coalizione di sinistra vuole trasformarsi in un partito di massa in due tappe, con scedenze a ottobre e in primavera, mentre ha già aperto le sue porte a migliaia di simpatizzanti. Da parte sua Samaras ha chiuso ieri il ristorante del palazzo presidenziale, che costava 63 mila euro ogni anno, mentre il deputato del Pasok Kremastinos ha detto che i deputati «fanno la fame» e ha denunciato come populisti i deputati che hanno rifiutato la macchina offerta dal parlamento, i bonus di 150 euro per ogni partecipazione in una commissione o ancora peggio hanno rifiutato la scorta. Da parte loro, uno dopo l’altro i neodeputati di Syriza hanno già cominciato a rinunciare ai tanti extra a cui hanno diritto i parlamentari, mostrando una grande preferenza per le loro macchine da comuni cittadini e dichiarandosi assolutamente non a loro agio di fronte all’evenienza di essere accompagnati da poliziotti. BUCAREST Q uattro mesi e due cambi di premier non sono bastati alla Romania per trovare la necessaria tranquillità durante questo delicato momento della sua storia politica. A gennaio, le insistenti manifestazioni di piazza portarono alle dimissioni del primo ministro, fedelissimo del presidente Basescu, Emil Boc, il cui sostituto, l’intellettuale vicino al partito di potere Pdl, Ungureanu, è durato solo 84 giorni. Al suo posto, un esponente dell’allora opposizione, quel Victor Ponta leader del Psd che da quel giorno ha continuato con sempre più veemenza la sua battaglia contro il presidente Basescu. Una battaglia che sembra poter dare i suoi frutti proprio in questi giorni in cui il Parlamento voterà la sfiducia del presidente Basescu che sarà, dunque, costretto a rimettersi alla volontà popolare, come previsto dalla costituzione rumena. Sarà il secondo referendum che sottoporrà il presidente, al comando del paese dal dicembre del 2004, alla volontà dei romeni, ma mentre nel 2007 fu confermato a furor di popolo con il 74% dei voti a favore, stavolta, nel caso in cui dovesse essere votata la sfiducia, le cose andranno molto diversamente, se non altro in termini numerici. La sua popolarità è in netto calo, la società civile è in grave difficoltà e soffre per le misure di austerità adottate dal governo ed imposte da Fmi e Banca Mondiale ed il vento politico è cambiato dopo i risultati delle ultime elezioni amministrative che hanno visto il trionfo dell’Usl. Il governo è nelle mani dell’opposizione dell’Usl, un’ibrida coalizione formata da Partito Socialdemocratico, Partito Liberale e Partito Conservatore, dopo che lunedì scorso sia la camera dei deputati, con il passaggio da Anastase (Pdl) a Zgonea (Psd), sia il Senato, con il liberale Crin Antonescu che ha avvicendato il pidiellista Vasile Blaga, altro uomo del presidente, sono passate nelle sue mani. In questi giorni, l’ultimo deciso attacco al potere che conta con la richiesta di sfiducia e il tentativo di organizzare il referendum per defenestrare quello che viene definito un dittatore dagli avversari politici. Di sicuro, nel caso si vada al voto, saranno due settimane di grandissima tensione politica. Basescu resterà sospeso e il suo posto verrà preso dal presidente del Senato, il neo-eletto Antonescu, sul quale già si fanno pressioni sulla potenziale grazie che potrebbe concedere al suo alleato politico Nastase, l’ex presidente rumeno condannato a due anni per finanziamento illecito della campagna presidenziale del 2004 (quella persa contro Basescu) e che la settimana scorsa è stato coinvolto in uno "strano" tentativo di suicidio, prima di essere rinchiuso nel carcere di Jilava per scontare la sua pena. Nella mozione di sfiducia in discussione al Parlamento, l’Usl attacca il presidente accusandolo «di aver preso la maggior parte delle decisioni politiche degli ultimi 3 anni, in maniera anti-democratica e contro la volontà del popolo». I sette punti del documento preparato dai giuristi dell’opposizione si muovono nella direzione della deriva autoritaria intrapresa dalla politica del presidente che, negli ultimi anni, non ha avuto nemmeno un qualcosa di valido per rafforzare il suo populismo da parte della "sua" squadra di governo. L’esecutivo rumeno, un po’ come la stragrande maggioranza dei governi europei, ha dovuto infatti piegarsi alla volontà delle banche che di fatto controllano la situazione politica in Europa. Come dimostra anche l’allarme ingiustificato, e a difesa di Basescu e dei suoi uomini, dell’Ing, uno dei principali gruppi finanziari in Romania, secondo cui il passaggio del potere nelle mani dell’Usl metterebbe a gravissimo rischio inflazionistico la moneta nazionale. In ogni caso, le misure di austerità hanno minato la popolarità di Basescu e dei suoi uomini ed è ragionevole pensare che al prossimo referendum la Romania voti contro il suo condottiero. Nel frattempo aumenta la pressione da parte di Parigi e dell’Europa sulle istituzioni finanziarie rumene. pagina 10 il manifesto VENERDÌ 6 LUGLIO 2012 CULTURA CODICI APERTI MANIFESTAZIONE DI ANONYMOUS CONTRO IL TRATTATO ACTA FOTO REUTERS Le antiche mappe dei mondi digitali La perdita della spinta propulsiva delle controculture digitali dopo la grande trasformazione del web. La scommessa di una rinnovata teoria critica della Rete che parta dalle ambivalenze che contraddistinguono i social network e dai modi di produzione dominanti dell’opinione pubblica Benedetto Vecchi L a rete, questa nostra conosciuta. Di Internet, infatti, si sa ormai tutto. Che è diffusa in ogni parte del mondo, che i punti di accesso più numerosi sono negli Stati Uniti e in Europa, anche la gli internauti cinesi sono molti di più di quelli statunitensi. Che esiste il digital divide, ma che se si guarda alla Rete come medium comunicativo che vede la convergenza tra computer e telefoni cellulari, l’Africa non è certo tagliata fuori, visto che i telefoni cellulari che consentono di navigare su Internet hanno una diffusione di poco inferiore a quella europea. Infine, che la Rete è talmente entrata nella vita quotidiana che la distinzione tra mondo virtuale e mondo reale è da consegnare definitivamente alla critica roditrice dei topi, perché è fuorviante e non aiuta a comprendere la grande trasformazione che è alle nostre spalle e il tempo presente. Se l’accento si sposta sulle controculture digitali, la necessità di aggiornare la cassetta degli attrezzi teorica è altrettanto evidente. Prendiamo, ad esempio, l’affermazione che l’«informazione vuol essere libera», cavallo di battaglia dell’attitudine hacker. In Rete viene prodotta, distribuita, elaborata una quantità stratosferica di informazione con una difficoltà crescente da parte dei media mainstream a controllare sia la sua produzione che la sua distribuzione. L’informazione è dunque libera, ma occorre intendersi su cosa si intende per libera. Se si analizza il contenuto dei milioni di blog, le fonti a cui attingono sono quasi sempre riconducibili ai tanto odiati media mainstream. E tuttavia, i commenti sono liberi, cioè non hanno filtri. Peccato che un post in un blog riceve in media, due commenti, che quasi mai esprimono punti di vista critici rispetto il dominante spirito del tempo. In altri termini è una libertà solipsistica. L’acquario dei social network L’ambivalenza tra libertà e omologazione emerge in tutta la sua potenza nei social network. Con Facebook, Twitter sono costruite comunità virtuali di ogni genere e tipo. Ma ultimamente la policy dei due social network cominciano a porre evidenti limiti a forme di socialità «eterodosse», come ha documentato il gruppo milanese Ippolita nel volume autoprodotto Nell’acquario di Facebook. Quello che viene incentivato è infatti la costituzione di gruppi di uomini e donne «simili» nei gusti, consumi culturali, preferenze sessuali, opinione politiche. La libertà concessa è dunque la libertà di incontro tra simili, cancellando così quell’elemento che i social network avevano indicato come loro obiettivo, creare cioè le condizioni per l’incontro con l’Altro. Ma questi aporie, contraddizioni sono l’esito della diffusione della Rete. È sue questi elementi che dovrebbe concentrarsi un’attitudine critica. Come evidenzia Geert Lovink nel suo ultimo saggio Le ossessioni collettive (Università Bocconi Editore) per fare i conti con la grande trasformazione occorre assumere l’ambivalenza del presente e, magica parola, destrutturarla. Operazione semplice a dirsi, ma difficile a farsi. Un modo per compiere questo «movimento critico» è partire dalla constatazione che l’ambivalenza è un fattore dinamico della Rete. Il fatto che Internet si presenti contemporaneamente come spazio di libertà, ma anche si assoggettamento consente di avviare un circolo virtuoso che favorisce l’innovazione del software, dell’hardware e dei processi di produzione dei contenuti. Detto più semplicemente, la tensione è tra strategie di controllo da parte delle multinazionale e tattica di sottrazione, defezione da parte degli utenti. Le tattiche di sottrazione si manifestano in mille rivoli. Può essere l’anonimato per co- municare on line, la condivisione dei file musicali e video, lo streaming dove il confine tra lecito e illecito è così sfumato da risultare inesistente. Ma ci sono altri fattori che fuoriescono da progetti, come la produzione di software non legati alle norme della proprietà intellettuale o di dare vita a strumenti informativi on-line alternativi a quelli dominanti - i media indipendenti, il citizen journalism. Le on line/ DIECI ANNI DI HACKTIVISMO. UN SAGGIO PER AGENZIA X Le cangianti connessioni di un’attitudine ribelle Massimiliano Guareschi N ell’era del narcisismo di massa, dell’esibizionismo compulsivo che spinge lasciare traccia di sé ovunque, tramite Facebook, Linkedin o Flicker, parole d’ordine quali privacy, riservatezza e anonimato in rete possono apparire strane e inattuali. Eppure è proprio intorno a tali polarità che si è disegnato l’itinerario di Autistici/Inventati, collettivo di tecnici e comunicatori al servizio della dissidenza. Dopo una decina di anni di attività, è arrivato il momento di autostoricizzarsi, in maniera plurale, assemblando più voci, come si conviene a un’impresa basata sulla condivisione dei saperi e delle competenze. Il risultato è +Kaos 10 anni di hacking e mediattivismo, curato da Laura Beritelli, allo stesso tempo narrazione di uno specifico intreccio e occasione per riconsiderare, a partire da una prospettiva techie, questi ultimi dieci e più anni di movimento, fra salti in avanti, impasse, ondate repressive, ripartenze improvvise (Agenzia X, pp. 288, euro 14). Ovviamente si parte dalla preistoria, dai primi computer che fra mille diffidenze si fanno largo negli spazi controculturali e nei luoghi dell’antagonismo. Affinché ciò avvenisse è stata necessaria una profonda opera di evangelizzazione, ma anche di apprendimento, per non lasciarsi sovradeterminaredalle procedure standardizzate, per aprire la scatola nera e individuare soluzioni adeguate alle proprie esigenze. È l’attitudine hacker a «metterci le mani dentro» a partire dall’idea che per ogni problema c’è una soluzione, e la si può trovare. A prefigurare il futuro saranno poi le Bbs, ossia le bacheche elettroniche che offrono la possibilità di depositare e raccogliere informazioninonché di creare le prime reti tematiche, fra cui la grande scommessa diEcn, un network dell’antagonismo europeo che in realtà conoscerà un pieno sviluppo solo in Italia. Poi con la generalizzazione dell’accesso a Internet e l’invenzione del Web tutto cambia. Si transita su nuove piattaforme. A partire da qui gli intrecci narrati da +Kaos si fanno sempre più intricati, le matrici si moltiplicano, ibridandosi l’una con l’altra. La questione del free software emerge con prepotenza: copyleft vs copyright. A Firenze nel 1998, al Cpa, si tiene l’hackmeeting, che offre un’occasione di incontro fisi- «Tecnici» e «comunicatori». L’esperienza del gruppo italiano Autistici/Inventati. Che ha accompagnato la diffusione di Internet co alle comunità virtuali di smanettoni dell’hardware e del software. Sarà replicato ogni anno, in città diverse, l’ultima vola a l’Aquila pochi giorni fa, consolidandosi come punto di riferimento imprescindibile per le culture hacker. Ma il digitale conosce plurime declinazioni. La sempre maggiore accessibilità delle telecamere digitali e della telefonia mobile, in connessione con la rete, aprenuove incredibili possibilità per fare informazione dal basso, bypassando il sistema dei media ufficiali. Alla figura dell’hacktivista si affianca, o sovrappone, quella del mediattivista, all’interno di un processo che troverà un punto notevole nella nascita di Indymedia Italia, a ridosso del G8 di Genova. È in questo magmatico fascio di connessioni che si definisce l’itinerario di Autistici/ Inventati, collettivo duplice sia di nome sia di fatto. Autistici, basato a Milano, è formato soprattutto da «tecnici», a patto di assumere la definizione in termini assai particolari, le cui esperienze da Ecn si diramano attraverso luoghi quali Deposito Bulk, Breda Okkupata, Pergola e aggregazioni quali HackLab e Loa e ReLOAd. Diverso è il percorso dei fiorentini di Inventati (resta imprecisato dove vada messo l’accento), un gruppo la cui vocazione è invece maggiormente incentrata sulla comunicazione. «Tecnici» e «comunicatori» si incontrano e concordano sull’esigenza di creare un server autonomo per le realtà di movimento al fine di fornire servizi, quali la mail, in alternativa agli operatori commerciali garantendo condizioni di anonimato e riservatezza che questi ultimi non forniscono di certo. Il primo server, chiamato Paranoia, è assolutamente bricolé a partire da una vecchia «macchina» acquistato da una banca per 15.000 lire. Successivamente si passerà all’hosting su un server commerciale, che tuttavia si rivela inattendibile appena le forze dell’ordine manifestano il proposito di «metterci il naso». Scatta così il Piano B., con la disseminazione su server amici in giro per l’Europa. La storia di Autistici/Inventati procede poi, in relazione a una vertiginosa mutazione del panorama mediatico, attraverso l’attivazione di nuovi servizi dall’anonymous remailer alla piattaforma Noblogs, il fronteggiamento di ondate repressive di vario tipo, il protagonismo in avventure quali la costruzione del mediacenter del Genova social forum. In +Kaosle questioni tecniche restano sullo sfondo. A emergere in primo piano sono gli incontri, le sfide con cui ci si è misurati, le ragioni, politiche ed esistenziali, che hanno permesso il consolidarsi di un gruppo intorno alla risoluzione di un problema o al lancio di un progetto. Ne emerge un racconto incalzante, emotivamente coinvolgente per chi in qualche modo c’era, affascinante per chi lo incrocia dall’esterno. I risultati raggiunti dalla scena alternativa italiana, con pochi mezzi e tanta intelligenza, hanno dell’incredibile. Eppure nel libro non emerge nessun tronfio autocompiacimento, anzi a percorrerlo è un registro ironico ma allo stesso tempo malinconico. A pesare è la consapevolezza di una sconfitta. Non ci riferiamo a quella dei movimenti di questo decennio ma a qualcosa che ha più a che vedere con lo specifico ambito su cui l’esperienza di Autistici/Inventati ha insistito. In fondo, le priorità su cui ha puntato la scena digitale alternativa sembrano parlare un linguaggio del tutto estraneo all’antropologia del fruitore della rete nell’era dei social network, del feticismo per le app, del clouding. La figura dell’utente consapevole ed esigente, critico, diffidente consapevole delle conseguenze di ogni click è rimasta marginale. Diversamente a proliferare è la dimensione del cliente, che in virtù del proprio profiling, riceve, e paga, quello che gli serve, o gli fanno pensare che gli serva, senza l’onere di faticose ricerchee rassicurato negli spazi protetti prodotti dalle nuove enclosure del territorio digitale. strategie di controllo puntano invece a «normalizzare» la Rete. Delle policy sempre più restrittive si è gia detto. Tradizionale è l’opera di lobby delle multinazionali high-tech o dell’intrattenimento affinché i governi nazionali e gli organismi internazionali definiscano norme sempre più congeniali ai loro interessi economici. È questa una tendenza che può conseguire risultati, ma anche sonore sconfitte, come quella di ieri, dove il parlamento europeo ha bocciato la proposta di trattato chiamato Acta, considerato così liberticida che anche gran parte dei politici conservatori lo ha bocciato. Capitalismo senza proprietà Meno indagata è invece un’altra tendenza, che farebbe alzare il sopracciglio a molti teorici radical, ma che invece costituisce un terreno di conflitto niente affatto decifrabile. Yoachai Benkler, filosofo del diritto statunitense, l’ha definito il progetto di un capitalismo senza proprietà privata che vede come protagonisti alcune multinazionali, come Google, Ibm, Facebook e più recentemente Twitter. Un progetto che valorizza l’uso di programmi informatici open source , che incensa la circolazione delle informazioni senza limiti, che ritiene la proprietà intellettuale un limite allo sviluppo capitalistico, perché inibisce la produzione di contenuti da parte degli utenti. Si propongono cioè come società di servizio, che raggruppano le informazioni attraverso dispositivi di cloud computing, le cosiddette nuvole di dati che vincolano i singoli a una specifica «piattaforma» per quanto riguarda l’accesso alla Rete e il reperimento dei programmi informatici per scrivere, elaborare dati, ascoltare musica, vedere un film, partecipare a un social network. Non sono però dei buoni samaritani, bensì imprese che fanno profitti con le inserzioni pubblicitarie o con le consulenze organizzative. Dunque, nessuna proprietà su alcuni mezzi di produzione - il software è open source - ma costruzione di una architettura software e hardware che consenta la sussunzione della cooperazione sociale. È su que- il manifesto VENERDÌ 6 LUGLIO 2012 pagina 11 CULTURA RENZO PIANO Dopo tre anni di lavori, è stato inaugurato a Londra il più alto grattacielo dell'Europa occidentale. Si chiama «The Shard» e il suo «disegno» porta la firma dell’architetto italiano Renzo Piano. L'edificio, a forma piramidale e alto 310 metri, fa parte di un più ampio progetto di rinnovamento urbano in gran parte finanziato dall’emirato del Qatar. Al suo interno ospiterà uffici, abitazioni (hanno suscitato polemiche gli appartamenti in vendita a 50 milioni di sterline), ristoranti e un albergo. Nel 2013, verrà aperta anche una piattaforma panoramica. All'evento, a poche settimane dall'apertura dei giochi Olimpici, hanno partecipato il primo ministro del Qatar, Sheij Hamad bin Yasim al Thani e il principe Andrea, figlio della Regina Elisabetta II. Il record di più alto grattacielo dell'Europa occidentale durerà per poco: il Mercury City Tower di Mosca, di prossima apertura, raggiungerà i 332 metri di altezza. SAGGI · Fausto Bertinotti e Dario Danti rileggono «Le occasioni mancate» Un’alternativa senza lampedieri Norma Rangeri L e occasioni mancate del Pci, di Rifondazione, del movimento, le occasioni mancate della sinistra. Nell’impegnativo pellegrinaggio si misura Le Occasioni mancate (edizioni ETS, pp. 192, euro 10) di Fausto Bertinotti e Dario Danti, un libro complesso sulle questioni che ci portiamo dietro, in parte direi sempre le stesse (a cominciare dalla più antica: la guerra), in parte nuove perché l’ultima ospite del viaggio è la post-democrazia con l’abito nuovo della rivolta. Il libro è un coro a tre voci. Quella narrante, di Dario Danti, interroga i fatti, facendoli correre sul doppio binario: complessità dei contesti storico-culturali e riflessione soggettiva. Punti d’appoggio per i tre dialoghi con Fausto Bertinotti. Le foto di Tano D’Amico legano le tappe delle occasioni mancate con il filo della violenza in divisa contrapposta alla non violenza del movimento che ha sempre il volto dei ragazzi, fino alla foto conclusiva dove, invece, siamo alla manifestazione di Roma del 15 ottobre, la violenza è generale, viene anche dal movimento, con blocchi neri dentro la manifestazione. La prima occasione mancata ci riporta al 1991, alle conseguenze italiane post ’89. Mi pare interessante il passaggio sulla spaccatura tra partito e popolo di sinistra che Bertinotti origina per il Pci in un periodo indefinito comunque molto precedente la svolta di Occhetto. C’è l’occasione mancata all’inizio degli anni ’60, nella difficoltà di capire la società dei consumi, l’occasione mancata dell’XI congresso quando vengono sconfitte le tesi eretiche dell’ingraismo con il gruppo del futuro Manifesto, occasione mancata conclamata con la primavera di Praga, quando nasce la rivista, il manifesto, con il titolo «Praga è sola» e poi il quotidiano comunista. Perdere senza snaturarsi sto terreno che si misura la capacità di una rinnovata attitudine critica dentro e contro la Rete. Un’attitudine critica che riguarda sia il modo di produzione dei manufatti hardware e software che il modo di produzione dell’opinione pubblica, cioè quella socialità, quelle informazioni, quei contenuti che scandiscono la vita dentro e fuori lo schermo. È su questo crinale che temi come il lavoro, la precarietà, la produzione della ricchezza diventano parole chiave per accedere una teoria critica della Rete. Geert Lovink, nel suo già ricordato Ossessioni collettive, sostiene che una teorica critica della Rete deve certo misurarsi con le trasformazioni indotte dalla Rete, ma restando però fortemente ancorata agli ambiti transdisciplinari che l’ha da sempre caratterizzata. Dunque sociologia, filosofia, economia, ma anche antropologia, psicologia cognitiva, et- nologia, architettura. Una teoria critica della Rete ha infatti necessità di comprendere come sono cambiati i modi di vivere, quali le relazioni sociali, la percezione di sé, ma anche come la dimensione spaziale e l’intervento «manipolatorio» del cyberspazio abbia molto a che fare con Internet, non solo per svelare i rapporti di potere vigenti, ma anche per sfuggire alla tentazione di una interpretazione economicista o scientista della vista sociale. Dunque nessun revival di una tranquillizzante dicotomia tra apocalittici e integrati, ma un una pratica teorica ben più ambiziosa che distruttora appunto l’ambivalenza della vita dentro e fuori lo schermo. In altri termini, la sfida intellettuale da giocare è di immaginare lo sviluppo di una teoria critica della Rete come componente di quel movimento critico che punta a una critica dell'economia politica non solo di Internet, ma del capitalismo contemporaneo. Ma qual è il tarlo che consuma dall’interno il movimento operaio più forte dell’Occidente? Il tarlo si chiama, sintetizzo spero non troppo, «voglia di vincere». Progressivamente, sostiene Bertinotti, si accetta la tesi per cui la vittoria ha un valore in sé e la sconfitta è un disvalore. Ma a che prezzo si vince una guerra (in Iraq o in Libia), a che prezzo si arriva al governo? Giusto chiederselo, ma non sarebbe vano se, mentre si vola nei cieli della strategia, lo sguardo si volgesse alla palude della corruzione, snodo antropologico cruciale a proposito di voglia di vincere, e oggi, nella condizione in cui siamo, sempre più fattore di decomposizione di sistema (sinistra ovviamente compresa). Citando Marx, tornato d’attualità sulle onde della crisi, è azzeccato il ragionamento di Bertinotti sul marxiano «pensiero dominante come pensiero delle classi dominanti», capace di contaminare anche gli oppositori in evidente stato di debolezza e soggezione culturale. È un nodo molto complesso, ma è il punto di analisi per capire come stiamo messi oggi, dopo vent’anni di contaminazione liberista e populista. La sinistra tutta, moderata e radicale, ha oscillato tra due estremi ugualmente nefasti: negli anni ’50 e ’60 lo scandaloso rock n’ roll non entrava nei luoghi di ritrovo dei lavoratori; negli anni ’70 c’era il vade retro contro la tv a colori, ed era ieri il tempo dei parvenu dell’egemonia sot- FAUSTO BERTINOTTI/FOTO EIDON Dalla svolta dell’Ottantanove al dialogo interrotto con i movimenti sociali. Prove tecniche di una soluzione alla crisi della sinistra toculturale berlusconiana. Bertinotti fa spesso riferimento al pensiero di Walter Benjamin, alla «rammemorazione», che non è appunto solo memoria, ma esplorazione delle ragioni dei vinti, accettazione della sconfitta, il dire «meglio perdere che snaturarsi». Ma così forse si evita la risposta alla domanda vera della svolta occhettiana: comunismo sì o no? Anche perché una risposta c’è stata con la scissione e la nascita di Sel (sinistra, ecologia e libertà) quando Nichi Vendola propone un superamento dell’orizzonte ideologico comunista sgonfiando il paracadute delle due sinistre. Oggi le liste civiche (il laboratorio di Alba, la forza elettorale dei sindaci) battono sullo stesso terreno, affrontano la questione della forma partito alla radice, rifutando l’organizzazione leninista, l’avanguardia che indica la strada e alla fine rischia di parlare solo a se stessa. Il libro ricorda la metafora di Tom Benetollo, storico presidente dell’Arci: «In questa notte scura qualcuno di noi è come quei lampadieri che, camminando innanzi, tengono la pertica rivolta all’indietro, appoggiata alla spalla con il lume in cima. Così il lampadiere vede poco davanti a se ma consente ai viaggiatori di camminare più sicuri». Chi sono i lampadieri di oggi? Alla vivace assemblea della Fiom con Bersani, Vendola, Di Pietro e Ferrero, un intellettuale comunista come Mario Tronti ammoniva a fare attenzione, perché se dietro l’avanguardia Fiom non seguisse poi il grosso dell’esercito, se non ci si misurasse con la prova del governo (naturalmente per Tronti senza snaturarsi, anzi riportando il lavoro nell’economia e l’economia nella politica), si resterebbe testimoni perdenti. Seconda occasione mancata: 2001, Genova, 11 settembre. Ma qui Danti devia improvvisamente sul delitto di Novi Ligure, la strage di Erika e Omar. È il tema della violenza individuale e primoridale, dell’uomo che «di tutte le cose tremende è la più tremenda», come scrive Luigi Pintor, sul manifesto citando Sofocle. Viatico per la violenza poliziesca inedita di Genova, per riflettere sul perché quel movimento non produce un ripensa- mento della sinistra moderata che resta sempre dentro la gabbia della compatibilità economica. E questo è chiaro. Ma, alla fine, perde anche la sinistra radicale perché Rifondazione non si scioglie, non tenta l’osmosi con il movimento, non si sviluppa un processo capace di rigenerare tutta la sinistra. Bertinotti scrive che avrebbe dovuto sciogliere il partito, ma non è chiaro se quello di oggi è un ripensamento o un rimpianto. Arriviamo al 2011, quando ancora scotta il disastro del 2008, Berlusconi è al governo e la sinistra Arcobaleno è fuori dal parlamento proprio mentre in Italia inizia una stragione straordinaria di movimenti di protesta che non trova più sponde politico-parlamentari. Le cause della crisi economica sembrano disporsi quasi naturalmente lungo la linea del pensiero critico, ma la politica, le istituzioni, i partiti non raccolgono, non traducono in atti conseguenti, non danno risposte in sintonia con quel che chiede una parte sempre più larga della società indignata. Neppure 27 milioni di persone che resuscitano il referendum bastano a suggerire un cambiamento nei contenuti e nelle forme della partecipazione democratica: l’autoreferenzialità dei partiti è totale. Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Un po’ come il Quirinale che non sente il grande botto elettorale del Movimento 5 Stelle. Una democrazia esangue La protesta, diffusa e tumultuosa, mette il dito nella piaga della democrazia esangue. Diventa consueta la citazione degli anni ’30. Suggeriscono gli autori: non potendo più colonizzare altri mondi, il capitalismo finanziario si rivolge contro il suo territorio. Si rompe il compromesso dei trent’anni gloriosi tra capitalismo e movimento operaio. Il capitalismo è il padrone assoluto del campo, ma se nel 2001 era al massimo splendore, nel 2011 la globalizzazione è in crisi, e l’altra differenza di fondo segnala una politica non più interlocutrice, «la politica istituzionale non ha alternative nel suo corpo», questa la tesi del libro. Ormai siamo nella generazione di internet senza bisogno di leader, la comunicazione è orizzontale, la forma è il contenuto. Un endorsement per Grillo? Domanda: se in Italia, siamo allo scontro con due soli attori in campo, politica e antipolitica, se quelle a cui andiamo incontro sono elezioni contro la casta dei politici da sostituire con la casta dei tecnici, la proposta di liste civiche o di una lista civica nazionale, embrione di una coalizione radicale, è la risposta? SAGGI · Uscito per Carocci «Polemiche letterarie. Dai Novissimi ai lit-blog» di Gilda Policastro. Oggi la presentazione a Roma La storia culturale del secondo ’900 al filtro del principio di contrapposizione Antonio Loreto G ilda Policastro è studiosa di autori come Sanguineti e Pasolini, scrive per vari giornali; frequenta blog letterari, scatenando a volte, suo malgrado, risse di scarsa dialettica. Chi meglio di lei, dunque, poteva scrivere un libro sulle polemiche letterarie (Polemiche letterarie. Dai Novissimi ai Lit-blog, Carocci, pp. 207, euro 18). In realtà il libro non si occupa di polemiche, o non nel modo che ci si aspetterebbe. Lo si capisce dopo che nell’introduzione viene chiamato in causa Gramsci lasciando credere al lettore di preparare la strada per la nota querelle tra i due maggiori letterati (diversamente) gramsciani della seconda metà del Novecento. Niente di tutto questo: alla polemica occorsa nel- l’estate-autunno del ’57 tra Pasolini e Sanguineti l’autrice non fa cenno se non breve in chiusura di volume.Una scelta precisa, vedrà il lettore. Per Policastro a contare sono anzitutto le opere: l’arco cronologico impostato fa stacco a partire dall’antologia dei Novissimi (1961), e della stagione della neoavanguardia che lì inizia viene messo sul tavolo proprio qualche opera (qualche romanzo, in particolare: e la scelta risulterà funzionale al discorso sulla bibliodiversità condotto nell’ultima parte del libro, se il romanzo è il genere – la voce merceologica – sopra cui si concentrano i massimi investimenti dei gruppi editoriali dominanti e non solo). Una simile impostazione si sostiene proponendo la categoria della «polemica in atto» (tutta da discutere e da difendere), che pretende la propria giustificazione sotto un concetto di cultura e di letteratura, e di storia naturalmente, avente nel principio di contrapposizione (la polemica) il proprio motore, in ricercata coerenza con l’oggetto privilegiato (l’avanguardia, letteratura polemica per definizione) e con i riferimenti eletti e dichiarati, letterari (Sanguineti) e filosofico-politici (Gramsci). Una elezione che permette di recuperare idee attualissime e utili come quella di «letteratura mercantile» proveniente dai Quaderni del carcere, non accolta tuttavia fino in fondo, poiché se il suo autore – che oggi forse interrogherebbe Acciaio di Silvia Avallone – raccomanda di non trascurarne l’indagine per la storia della cultura, Polemiche letterarie si limita a lanciare strali contro il mercato: condivisibili, ma che dovrebbero es- sere accompagnati da una riflessione sulla capacità del mercato di intercettare il gusto della massa. Le note gramsciane vengono del resto stralciate con deliberata tendenziosità, evidente nel piegare, in favore dell’istanza avanguardista, le etichette di «contenutisti» e «calligrafi» a uno schema manicheo estraneo a Gramsci stesso, il quale non mancava di definire il calligrafismo «livrea da maggiordomo» laddove Policastro ne fa «spazio altro e opposto al noto». Calcare la mano sull’avanguardia ha comunque una sua logica ideologicamente speculativa, adottando il principio di contrapposizione quale criterio utile a orientarsi nella storia culturale degli ultimi cinquant’anni, postmoderno compreso, visto come momento di illusoria o dolosa rimozione del conflitto, a tutti i livelli: dentro l’opera, che non sa o non vuole rappresentare le contraddizioni storico-sociali in quanto contraddizioni, tra le opere tra gli autori tra i critici, che non conoscono più lotte di poetica, tra i critici e in generale tra gli intellettuali, che abbandonano la più salutare militanza. Ciò, sia chiaro, con le dovute eccezioni e solo fino a tutta la postmodernità. Il fatto è che, sì, Policastro, con Romano Luperini (altro riferimento di questo studio), la dà per conclusa; però a fronte di una visibile ripresa, entro il cosiddetto «ritorno alla realtà», dell’aspirazione a un momento ideologico antitetico (e in questo il ruolo della rete è ambiguo: incoraggia un posizionamento o solo lo inscena?), rimane da vedere se la tesi da contrastare non continuerà a farsi inafferrabile per liquidità al primo accenno di contrapposizione. pagina 12 il manifesto VENERDÌ 6 LUGLIO 2012 VISIONI Documentari • Al via il festival internazionale di Marsiglia. Apertura affidata al regista portoghese Miguel Gomes con il suo «Tabù» e retrospettiva sul Brasile di Rocha ANA MOREIRA E IVO MÜLLER IN «TABÙ» DI MIGUEL GOMES L ’insegna «Capitale della cultura 2013» campeggia in ogni angolo della città, e suona come la promessa di un premio che compenserà i disagi. Marsiglia è un cantiere aperto dove le automobili suonano il clacson impazzite, mentre i pedoni provano a evitare gli ostacoli come un videogame. Arrivando alla stazione di Saint Charles, si viene risucchiati in una specie di labirinto, scavi, transenne, e anche lì i cartelloni del progetto assicurano un prossimo futuro radioso. Ma sarà davvero così? La crisi non risparmia neppure questa città portuale, incontro di culture, migrazioni, odori e spezie, dove la povertà si mostra sempre più sfacciata e i grandi progetti di restyling somigliano all’ennesima trasformazione urbana in senso opposto alla mescolanza. Il Fid ha aperto ieri sera, e il film scelto per la serata inaugurale è già una dichiarazione di poetica: Tabu di Miguel Gomes, regista e critico portoghese, autore di Mon Cher Moi dut, che è divenuto subito una specie di manifesto della critica tendenziosa atuale. Né omaggio a Murnau, né citazione nella logica della stucchevole e vuotamente modaiola filosofica retrò-nostalgia-vintage, Tabu utilizza la sensualità del bianco e nero per ripartire dall’origine del cinema (e non dal cinema delle origini). Nell’immagine iniziale dell’esploratore, che la fuga da un amore infelice spinge agli estremi del mondo, si racchiude la sostanza profonda della materia che fonda gli immaginari nel loro stesso divenire, mito e affabulazione di una coscienza collettiva. È sempre Boy meets girl, ragazzo incontra ragazza, per un infinito di storie e Tabu è specchio e corrispondenza del magnifico Holy Motors di Carax, un motore celeste da cui si muove tutto. Melò, guerra, giallo, crime story, storia, coscienza di classe s’incontrano nel film di Gomes, che mette da parte i «generi» di una codificazione rispondendo alle esigenze di uno sguardo sincretico e contemporaneo. E così il Fid, Festival del documentario, in cui il racconto della realtà si compone per frammenti «spuri», seguendo il filo di una ricerca sull’immagine e sul suo farsi, sulla relazione fra oggetto e soggetto del filmare, prima che su temi e argomenti più o meno di attualità. I film nel cartellone esprimono anche la necessità di un dialogo costante fra passato e presente, lo stesso ci dice Gomes dove il ritorno al passato è la memoria viva e attuale della sua protagonista Aurora, donna solitaria e angosciata che vive in una Lisbona quasi surreale. Forse è il suo stato d’animo che la rende tale, il senso di minaccia che sente co- La realtà clandestina che infrange la Storia Melò, crime story, coscienza di classe e passioni brucianti s’intrecciano nella memoria di una donna solitaria che vive in una Lisbona surreale stante su di sé, persuasa di essere vittima di complotti. E poi c’è la sua cameriera venuta dalla ex colonia, «Mi avvelena», racconta la donna alla vicina, persona paziente e pia che cerca di fare in ogni modo del bene al mondo ed è per questo frequentatrice assidua di tutti gli eventi di beneficenza. Forse anche lei ha un qual- CULT Tornano «Le Iene» nel circuito The Space La scena è ormai diventata un classico del «nuovo» cinema. Dopo aver discusso sul vero significato di «Like a Virgin» di Madonna, sulle note di «Little Green bag» dei George Baker Selection si presentano in giacca nera e occhiali da sole i «magnifici otto» ovvero Harvey Keitel, Michael Madsen, Chris Penn, Steve Buscemi, Lawrence Tierney, Eddie Bunker, Quentin Tarantino e Tim Roth. Sono «i cani da rapina» ovvero «Le iene» che Tarantino portò su grande schermo nel 1992. Esattamente vent’anni dopo, «Le iene» ritornano in versione integrale. La Paco Pictures ripropone da oggi al 13 luglio in tutti i cinema del circuito The Space. Un film cult con un budget bassissimo, quasi ridicolo se confrontato con i blockbuster odierni, pari a 1200000 dollari, tanto che molti attori usarono semplicemente i vestiti del proprio guardaroba. Gran parte del denaro che è stato usato per il film è stato speso per i vestiti dei sei membri. che peso sul cuore, qualcosa che la opprime, o semplicemente si sente in debito verso l’umanità, e per questo è pronta a ogni istante a rendersi disponibile alle richieste altrui. Un’attitudine che la soddisfa immensamente. C’è però nel passato di Aurora un mistero, un trauma violento che ci viene svelato nella seconda parte del film. Dove giovane e bella la vediamo quando viveva nelle colonie africane portoghesi insieme al marito, una vita serena, prima che lei perdesse la testa per uno dei tanti avventurieri di passaggio. Vero? O è ancora un’altra «ricostruzione» piegata alle esigenze di una rappresentazione senza peccato? La fiamma della passione brucia nei pomeriggi clandestini mentre il marito è lontano. L’uomo sembra non accorgersi di nulla o forse sì ma il conformismo borghese gli impone di tacere. Poi lei è incinta, avranno un figlio, ma chi sarà il padre? Intanto quegli uomini e quelle donne che hanno sempre detto di sì, schiavi dell’impero, cominciano a rivoltarsi... Il colonialismo portoghese feroce, che causò la caduta di Salazar, cacciato dagli stessi militari, stanchi di combattere in Angola, irrompe tra le righe del melodramma di amore e di morte obbligando il nostro occhio a spostare la sua traiettoria: ognuno dei personaggi incarna un riferimento storico estremamente presente, nel quale oltre all’esperienza coloniale si delineano i rapporti di forza, economici ma anche di imposizioni culturali, e il sacchegio dei paesi, e quella costante necessità di seppellire tutto ciò nelle opere di bene. La Storia dunque si fa immagine in ogni sua declinazione, ma è il cinema che Gomes mette al centro della trama nei suoi significati, che si possono ricomporre oltre la dimensione puramente temporale, in un movimento che come quello del coccodrillo - emblema del film mentre scivola sull’acqua rompendo il riflesso dell’esotismo rassicurante che incarna. È il nostro occi- dente di ieri e di oggi, un occidente appagato e sicuro di sé che, forte della sua superiorità, maschera la conquista col romanticismo dell’avventura. Gomes mostra perciò il potenziale di impatto dell’immaginario, la sua dimensione politica, che è proprio laddove non si pensa perché, appunto, nessuna immagine è innocente. E se Tabu racchiude oltre un secolo di cinema, vivo e vivente, seguendo il filo che tende dal Portogallo ci porta diritto nel Brasile di Glauber Rocha, a cui il Fid dedica la retrospettiva, quel cinema novo che aveva come primo obiettivo la riappropriazione dell’immaginario colonizzato - il Brasile è stato colonia portoghese - capovolgendo al tempo stesso il sistema dell’industria. A leggerle oggi le parole di Rocha, sembrano scritte anni luce fa. Ciò che è però interessante, confrontato al nostro tempo, è la dimensione della «prima persona» del colonizzato. Rocha e gli altri registi del cinema novo sono squisitamente cinefili, amano la nouvelle vague e il cine- ma classico e la loro sfida è unirvi la cultura del Brasile, in modo orrizontale e verticale per restituire un immaginario indipendente. Molto cinema del reale, in Italia e non solo, racconta i migranti, lo fa bene o appiattendosi sulla cronaca, ma non è questo il punto. Non il principale almeno. Il fatto è che an- cora una volta siamo «noi» a parlare di «loro», e anche quando le intenzioni sono le migliori, è la «nostra» voce che mostra le «loro» storie. Naturalmente rispetto agli anni 60 le cose si sono complicate, lo scambio in rete, le immagini/immaginari, ha costruito una cifra di rappresentazione virtuale e globale che determina delle identità, anche se fittizie. Pura messa in scena o «auto-finzione». È anche questo uno degli aspetti che il Fid indaga nelle sue scelte. Prendiamo il film italiano scelto per il concorso internazionale, Un mito antropologico televisivo di Alessandro Gagliardo, Maria Helean Bertino, Dario Castelli, un montaggio di immagini raccolte nel corso degli anni 90 da una emittente privata di Catania, Sicilia. Nel montaggio dei tre registi e soprattutto nell’approccio a questa memoria italiana delle «semplici» immagini di repertorio televisivo, si spalancano i conflitti profondi del nostro paese e fuoriesce una violenza e di un vuoto politico rispetto al quale non si è mai più riusciti a trovare un vero superamento. DE LAURENTIIS · «Dico addio al cinepanettone» Aurelio De Laurentiis presenta il listino Universal- rilancia con la produzione di ben 25 titoli contro i soliti 3, ma prende la decisione di fermare i «cinepanettone». Il Natale 2012 sarà all’insegna di «Colpi di fulmine» - che andrà in lavorazione in Trentino i primi di settembre, e sarà diviso in due distinti film, uno con De Sica e uno con Lillo e Greg. Nel primo c'e' un ambasciatore presso la Santa sede, uno che sta sempre con il Papa che deve scegliersi un segretario il più raffinato possibile. De Sica sara' invece uno psichiatra che sta per essere arrestato per sbaglio e così fugge travestendosi da prete. Dal 2013 al 2016 il Natale sarà «appaltato» alle ex iene, Paolo e Luca.L’addio ai cinepanettoni non è preso bene dal regista storico della serie, Neri Parenti: «Non sono d'accordo con Aurelio De Laurentiis per questo colpo di spugna del cinepanettone. Basti pensare che solo l'anno scorso Vacanze di Natale a Cortina vinse il biglietto d'oro e fu uno dei tre migliori incassi. Sono comunque scelte di un imprenditore, vorra' dire che nel 2013 mi troverò un produttore per fare un film di Natale contro quello di Luca e Paolo». VENERDÌ 6 E SABATO 7 LUGLIO a anifest MARSIGLIA IL CIRCOLO DEL MANIFESTO DI BOLOGNA E LA FIOM EMILIA ROMAGNA organizzano ...C’È VITA A SINISTRA? due giorni di politica, incontri, musica, gastronomia, libri e altro VENERDÌ 6 ore 18.00 DEBITO PUBBLICO E POVERTÀ PRIVATA Intervengono A. Burgio, G. Rinaldini, V. Parlato Modera R. K. Salinari ore 20.30 Pièce di teatro da L'Avaro di Goldoni ore 22.00 Concerto rock dei gruppi Jurassic e Deg Herl SABATO 7 ore 10.00 IL FUTURO DEL MANIFESTO Assemblea circoli emiliano romagnoli e nazionali Con V. Parlato, L. Campetti, A. Mastrandrea, G. Ambrosino Coordinano G. Cimino e C. Magliulo ore 18.00 IL TERREMOTO SOCIALE E FISICO TRA CRISI ECONOMICA E NUOVE POVERTÀ, FINE DEL MODELLO EMILIANO? Intervengono B. Papignani, G. Tassinari, F. Corcione Modera G. Marcante ore 21.00 Concerto del duo genovese di jazz tango Alcoba azul Susto e Soranzio m Cristina Piccino BOLOGNA Centro sociale G. Costa, via Azzo Giardino 44 Info [email protected] il manifesto VENERDÌ 6 LUGLIO 2012 pagina 13 VISIONI GUIDO SCARABOTTOLO S’inaugura il 14 luglio, a Castiglioncello (Li) presso La Limonaia la personale dell’illustratore e designer Guido Scarabottolo (in corso fino al 12 agosto) dal titolo «Sotto le copertine». Nato nel 1947 a Sesto san Giovanni, laureatosi in architettura al Politecnico di Milano, ha collaborato con i maggiori editori italiani, le principali agenzie di pubblicità, la Rai, quotidiani e riviste internazionali. LOUIS ARMSTRONG «Addio Satchmo» è il titolo della nuova puntata di Res, in onda alle 18 su Rai Storia - Digitale terrestre e Tivu'Sat. Il 6 luglio 1971 muore a New York Louis Armstrong, il più famoso musicista jazz del XX secolo. Viene ricordato nel quarantunesimo anniversario della scomparsa con video, testimonianze e le collaborazioni, in particolare quella con Ella Fitzgerald. LA 7 · Nel palinsesto anche Corrado Guzzanti TRIENNALE · Un affascinante itinerario nella storia della grafica del Belpaese L’identità italiana a colpi di lettere e immagini MANIFESTO PUBBLICITARIO PIRELLI, OPERA DI LORA LAMM (1959) Arianna Di Genova MILANO P uò dialogare il design cinese ultimo modello, ultratecnologico, con la grafica italiana dell’epoca d’oro, quella che cavalcò il boom economico degli anni Cinquanta, stilizzata, minimal, optical e utopica? Forse no, però i due momenti storici hanno punti di tangenze non indifferenti: la crescita vertiginosa della produzione - in Asia oggi come in Italia allora - stimola la creatività e la espande in tutti i settori. Così alla Triennale di Milano vanno in scena due universi paralleli. Da un lato, quello virtualissimo, su grandi schermi del New Chinese Design and Innovation - la mostra è tutta in digitale, con assenza di oggetti - con tanto di interviste a docenti, artisti, professionisti del settore che raccontano il loro lavoro, le metodologie messe a punto in 80 aziende, illustrano un futuro (si spera ecosostenibile) delle metropoli asiatiche. Dall’altro lato, la quinta edizione del Triennale Design Museum ha dedicato la sua esposizione alla grafica italiana e alla comunicazione visiva (fino al 24 febbraio 2013). In una collaborazione stretta fra archivio fotografico e audiovisivo, vengono ripercorsi gli allestimenti storici di rassegne che hanno segnato i capitoli più importanti della grafica editoriale e pubblicitaria: si va da quella del 1933, alla manifestazione del 1940 curata da Guido Modiano, insieme a Luigi Veronesi e Bruno Munari, fino alla più recente mostra del 1988, con le fotografie a colori di Paolo Rosselli. Nell’itinerario entrano anche le sigle la radio La storia di Felice Maniero e della sua organizzazione criminale, la mala del Brenta, al centro della puntata di «Lucarelli racconta», in onda alle 23.55 su Rai3. Una storia di spietati criminali che, tra la fine degli anni '70 e la metà degli anni '90, mette insieme efferati omicidi, centinaia di rapine, quintali di droga, enormi somme di denaro, servitori dello Stato corrotti, tradimenti, processi e anni di galera. televisive di celebri serie, come la stilizzata segnaletica architettonica e urbana. In uno stretto ordine cronologico, si parte dalla rivoluzione tipografica dei Futuristi per inoltrarsi nella selva di lettere in libertà, seguono poi periodici, libri,poster pubblicitar, filmati. Anche gli standard della tipografia italiana si elevano e godono una loro celebrazione: la nascita dello studio artistico alla Fonderia Nebiolo di Torino sancisce un «carattere» delle lettere, un loro disegno specifico, una ricerca nel campo. Il primo banco di prova per le sperimentazioni tipografiche è naturalmente tra gli scaffali delle libre- rie. La copertina di tascabili e bestseller diventa una superficie simile alla tela dei pittori, un supporto cui regalare una riconoscibilità, una personalità e una raffinata consapevolezza delle tendenze culturali in atto.Si formano coppie indiscindibili: Feltrinelli/ Steiner, Einaudi/Munari (che ha lavorato anche per Bompiani, Editori Riuniti, Rizzoli), Boringhieri/Mari, Garzanti/Bianconi, Vallecchi/Noorda, solo per citarne alcuni tra i più conosciuti. Nella rosa dei «pionieri» del segno grafico che reinventa gli spazi entrano pure i periodici e le riviste: innovano, fanno ricerca, propongono soluzioni inedite al rapporto fra testo e immagine (c’è anche il manifesto delle origini fra i capostipiti). È qui, sulla carta stampata, che si è affinato il senso critico e la capacità di creare nuovi modelli di lettura per molti graphic designer. L’altro settore di eccellenza è stato naturalmente quello pubblicitario. I linguaggi visivi più originali si sono sviluppati a cavallo degli anni Cinquanta e Sessanta, in un rapporto di collaborazione molto stretto fra aziende all’avanguardia come Olivetti o Pirelli e gli artisti. Il made in Italy ha finito così per identificarsi con marchi di riconoscimento ineludibili, trasformando la committenza in un «logo» mondiale. La sezione più eccentrica e divertente è costituita da quella degli Imballaggi. Confezioni del prodotto spicca la Barilla di Carboni (1952-60) - e carte variegate sfruttano le correnti artistiche e i leit motiv geometricooptical dell’arte oltreoceano. C’è anche quella dal sapore pop disegnata per i magazzini Mas allo statuto da Heinz Waibl dal 1955 al ’59. Un capolavoro della decorazione «seriale». IN SCENA · Magna Graecia Teatro Festival C’è una regione meridionale che ha una gran quantità di siti archeologici e ha deciso di utilizzare questi magnifici luoghi come scenari per spettacoli dal vivo. Partirà il prossimo 15 luglio la nona edizione del Magna Graecia Teatro Festival, un progetto culturale della Regione Calabria che ha l’intento di valorizzare le vestigia greche e romane ma anche di presentare spettacoli nuovi e interessanti, che andranno in giro per le varie cittadine e saranno replicati più volte . «Il tema di quest’anno – ha spiegato Giorgio Albertazzi , direttore artistico della rassegna - è il ’Sud del mondo’ e dell’uomo, in cui il Mito si pone come un’utopia praticabile del cambiamento». Così ecco alcune produzioni originali, le donne irachene dello spettacolo Nove parti del desiderio di Eleonora Danco e Manuela Lo Sicco (dal testo di Heather Raffo), il Progetto Odissea di Moni Ovadia (dal testo di Nikos Kazantzakis), Il mare dove nascono i miti con Vanessa Gravina e Edoardo Siravo, da una selezione di pagine scelte da Giuseppe Berto, Corrado Alvaro e altri autori. E anche proposte musicali interessanti come «Spassiunatamente» di Peppe Servillo, una dichiarazione d’amore alla canzone napoletana o i «Canti e Racconti dell’affabulatore» Peppe Barra o «Intraterrae» di Pier Paolo Polcari, sulle zone rurali abbandonate, e Roberto d’Alessandro con lo spettacolo «Terroni» tratto dall’omonimo libro di Pino Aprile che rilegge l’unità d’Italia dalla parte dei perdenti. 54 rappresentazioni andranno in scena a partire dal 15 luglio e fino al 9 settembre in 13 siti archeologici calabresi, dal Parco Archeologico di Cirella a Diamante (Cs),all’Abbazia Benedettina di Sant’Eufemia a Lamezia Terme (Cz), al Castello Normanno-Svevo di Vibo Valentia (Rc) e molti altri. Info e contatti: www.magnagraeciateatrofestival.it Nonostante qualche passo falso, La 7 non si ferma e rilancia per il palinsesto 2012-2013. Cristina Parodi con un pomeridiano subito dopo il tg e Michele Santoro con il suo «Servizio Pubblico» sono i due volti nuovi della prossima stagione che prevede anche la conferma di Corrado Formigli. Riconfermati anche Maurizio Crozza con ben tre trasmissioni fra cui un nuovo format di un’ora, mentre Geppi Cucciari raddoppia. In autunno arriva Corrado Guzzanti (fresco di «Aniene 2» su Sky), e nel 2013 probabile ritorno di Saviano. Gad Lerner sempre di lunedì con l’«Infedele» che ospiterà - la novità - le inchieste di Gianluigi Nuzzi. Santoro con «Servizio pubblico» si alternerà con «Piazzapulita» di Formigli. Crozza sta preparando un nuovo format di un’ora in autunno e primavera. Congedate definitivamente le «Invasioni barbariche», Daria Bignardi a gennaio prova il rilancio con una nuova trasmissione. Per la fiction made in Usa arrivano il martedì, da gennaio, «Prime Suspect» (con Maria Bello e Aidan Quinn) incentrata su una detective del dipartimento di polizia di New York, e a novembre «Saving Hope» il medical drama che ha sostituito nel palinsesto della Nbc il Dr. House. Atteso anche un nuovo lavoro di Marco Paolini e il suo «teatro civile». Infine la versione italiana di un format inglese «Non ditelo alla sposa», protagonisti futuri sposi alle prese con l'organizzazione del proprio matrimonio. DEBUTTO SOLISTA DI LUCHE, EX COSANG «L’hip hop? È il nuovo pop tutto italiano» FRANCIA Adriana Pollice Vescovi contro fiction tv «L ’hip hop è il nuovo pop italiano»: la sala gremita di teen-ager, Luche presenta il suo primo lavoro solista L1 (distribuzione Edel). Sono passati appena tre mesi dalla separazione con Nto, insieme hanno segnato la scena anni duemila come CoSang, due album distribuzione Universal, Chi more pe mme e Vita Bona, rap in napoletano a mitraglia che ha raccontato per un decennio la vita della periferia napoletana, zona Marianella, con la prospettiva rovesciata. Non lo sguardo buonista e un po’ condiscendente di chi vive altrove, ma la cruda verità del «rione», «ossaje, ognuno guard’ ‘o suojo”, cioè tutti si occupano dei fatti propri. In pieno fenomeno Gomorra, spiegavano in Momento d’onestà, «fate i nomi del Sistema e non quelli dello stato». Una fan base in crescita, scioccata dall’improvvisa separazione: «Avevamo il cd pronto, poi però sono arrivate dei contrasti artistici con cui abbiamo fatto i conti. Alla fine abbiamo deciso di dividerci, le parti mie sono finite nel nuovo lavoro. L1 è un comando della play station per andare più veloce ma la verità è che si tratta del primo mattone della mia carriera solista, spero arriveranno poi un L 2, 3 e così via» spiega Luche. Ma la differenza con i Cosang è radicale: le ritmiche in «napulegno», lo slang di strada ritmato, duttile, espressivo e musicale quanto l’inglese del ghetto, cede il passo all’italiano, lingua più rigida e molto meno adatta alle pulsazioni rap. «Voglio raggiungere un pubblico più vasto, anche quelli che da Roma in su non mi capivano. È una sfida ma non è una cosa così strana, a Napoli i temi a scuola li facciamo in italiano» scherza Luche. Prodotto da Rosario Castagnola e Geeno, il cd contiene 12 tracce con featuring come Marracash, Emis Killa, Club Dogo, da Blonde acanto a compagni di viaggio della scena partenopea come Franco Ricciardi e Fuossera. Il disco gioca a mischiare un po’ le carte, fondendo i suoni hip hop al rock e alla dance arrivando al pop contemporaneo, che non mette più in fila rima baciate sulla morbidezza della melodia ma salta sui bassi per raccontare un mondo che cerca la sua strada fuori dalla periferia. Così Appena il mondo sarà mio, primo singolo già in programmazione su radio e tv, mette in chiaro le cose: «Esiste l’hip hop italiano, poi esisto io». Marianella, periferia nord, torna in I run Na, ragazzi griffati dell’alta borghesia come quelli di periferia; Dimmi che mi capirai è pop italiano da radio, con il refrain ossessivo del titolo. E poi le collaborazioni con Club Dogo in On fire, Emis Killa in Lo so che non m’ami e Marracash in Rockstar. Collaborazioni che hanno attirato delle critiche, la rabbia dei CoSang, figlia di quel microcosmo, si è trasformata in un racconto dai contorni più sfumati: «Sono rap e pop, sono un ragazzo a cui piacciano molto cose, non mi devo nascondere per questo. Una volta si doveva passare in Tv, dove però dovevi sottostare a molte regole. Con internet è più semplice, questo significa che c’è posto anche per gente senza talento che inflaziona un po’ il settore. Non sono contrario a scaricare la musica per curiosità, così poi se stabilisci che ti piace te la compri». Rai1 Rai2 Rai3 Rete4 Canale5 15:15 NEL FLUSSO DELLA VITA FILM Con Ruth Maria Kubitschek, Charles Brauer, Katerina Jacob 17:15 HEARTLAND Telefilm Con Amber Marshall, Michelle Morgan, Nathaniel Arcand 18:00 IL COMMISSARIO REX Telefilm Con Gedeon Burkhard, Wolf Bachofner 18:50 REAZIONE A CATENA Gioco Conduce Pino Insegno 20:00 TG1 Notiziario 20:30 TECHETECHETÈ Varietà 15:30 GUARDIA COSTIERA Telefilm Con Michael Kind 16:15 THE GOOD WIFE Telefilm Con Julianna Margulies 17:00 ONE TREE HILL Telefilm Con James Lafferty 17:55 RAI TG SPORT Notiziario sportivo 18:15 TG2 Notiziario 18:45 COLD CASE Telefilm Con Kathryn Morris, John Finn 19:35 GHOST WHISPERER Telefilm Con Jennifer Love Hewitt, David Conrad 20:30 TG2 - 20.30 Notiziario 14:55 TOUR DE FRANCE 2012 Evento sportivo 17:30 TOUR REPLAY Rubrica sportiva 18:00 GEO MAGAZINE 2012 Documenti 19:00 TG3 Notiziario 19:30 TG REGIONE - METEO Notiziario 20:00 BLOB Varietà 20:10 COTTI E MANGIATI Telefilm 20:35 UN POSTO AL SOLE Soap opera Con Patrizio Rispo 14:05 FORUM Real Tv Conduce Rita Dalla Chiesa 15:35 MY LIFE - SEGRETI E PASSIONI Soap opera 16:05 I TRE MOSCHETTIERI FILM Con Reginald Owen, Vincent Price, Keenan Wynn, Van Heflin, Gig Young 18:55 TG4 - METEO Notiziario 19:35 TEMPESTA D’AMORE Soap opera 20:30 LA SIGNORA IN GIALLO Telefilm 14:45 EXTREME MAKEOVER HOME EDITION Real Tv 15:45 PARENTHOOD Telefilm Con Peter Krause 16:45 TG5 MINUTI Notiziario 16:50 BACI À LA CARTE FILM Con Janine Kunze, Heikko Deutschmann, Manuel Cortez, Claudio Caiolo 18:45 IL BRACCIO E LA MENTE Gioco Conduce Flavio Insinna 20:00 TG5 - METEO 5 Notiziario 20:30 VELINE Varietà Conduce Ezio Greggio 21:20 21:05 LA STRANIERA FILM Con Kaltoum Boufangacha, Ahmed Hafiene, Sonia Bergamasco, Claudio Gioè, Beauty Obasuvi, Jamil Hammoudi 23:35 TV7 Attualità 00:40 L’APPUNTAMENTO Rubrica Conduce Gigi Marzullo 01:10 TG1 NOTTE - CHE TEMPO FA Notiziario N.C.I.S. Telefilm Con Mark Harmon, Michael Weatherly, Pauley Perrette 22:40 BROTHERS AND SISTERS - SEGRETI DI FAMIGLIA Telefilm Con Sally Field, Dave Annable 23:25 TG2 Notiziario 23:40 EMOZIONI Rubrica 00:55 RAI PARLAMENTO TELEGIORNALE Attualità 21:05 LA GRANDE STORIA Documenti 23:20 TG REGIONE Notiziario 23:25 TG3 LINEA NOTTE ESTATE - METEO 3 Notiziario 00:00 LUCARELLI RACCONTA Documentario Conduce Carlo Lucarelli 01:10 APPUNTAMENTO AL CINEMA Rubrica 01:15 ZETTEL - LA FILOSOFIA IN MOVIMENTO Documenti 21:10 LE INDAGINI DI PADRE CASTELL Telefilm Con Francis Fulton-Smith 23:05 LAW & ORDER CRIMINAL INTENT Telefilm Con Vincent D’Onofrio, Steven Zirnkilton, Kathryn Erbe, Jamey Sheridan 23:55 CINEMA D’ESTATE Rubr. 00:00 SILENT TRIGGER FILM Con Dolph Lundgren, Gina Bellman, Conrad Dunn, Christopher Heyerdahl 21:20 RESTO UMILE WORLD SHOW Varietà Conduce Checco Zalone 23:30 SUPERCINEMA Documenti 23:55 TG5 NOTTE - METEO 5 NOTTE Notiziario 00:25 VELINE Varietà Conduce Ezio Greggio 01:05 MEDIASHOPPING Televendita Italia1 15:55 LE COSE CHE AMO DI TE Telefilm Con Amanda Bynes, Jennie Garth 16:45 MAMMONI SHORT Real Tv 17:10 FRIENDS Telefilm Con Jennifer Aniston 17:35 MERCANTE IN FIERA Gioco Conduce Pino Insegno 18:30 STUDIO APERTO - METEO Notiziario 19:00 STUDIO SPORT Notiziario sportivo 19:25 C.S.I. NY Telefilm Con Gary Sinise, Carmine Giovinazzo 21:10 V Telefilm Con Elizabeth Mitchell, Morris Chestnut, Joel Gretsch, Logan Huffman 00:50 NIP/TUCK Telefilm Con Dylan Walsh, Julian McMahon, John Hensley, Joely Richardson 01:45 SAVING GRACE Telefilm Con Holly Hunter La7 14:05 I LEONI DELLA GUERRA FILM Con Peter Finch, Charles Bronson 16:10 L’ISPETTORE BARNABY Telefilm Con John Nettles, Jane Wymark 18:00 I MENÙ DI BENEDETTA Rubrica Conduce Benedetta Parodi 18:55 CUOCHI E FIAMME Real Tv Conduce Simone Rugiati 20:00 TG LA7 Notiziario 20:30 IN ONDA ESTATE Attualità Conduce Natascha Lusenti e Filippo Facci 21:10 ORIZZONTI DI GLORIA FILM Con Kirk Douglas, Ralph Meeker, Adolphe Menjou, Wayne Morris, George MacReady 23:00 RAPINA A MANO ARMATA FILM Con Sterling Hayden, Coleen Gray, Vince Edwards, Marie Windsor 00:15 HALIFAX Telefilm Con Rebecca Gibney Rainews 19:03 IL PUNTO SETTIMANALE Attualità 19:27 AGRIMETEO Notiziario 19:30 TG3 Notiziario 20:00 IPPOCRATE Rubrica 20:30 TEMPI SUPPLEMENTARI Rubrica 20:57 METEO Previsioni del tempo 21:00 NEWS LUNGHE DA 24 Notiziario 21:27 METEO Previsioni del tempo 21:30 MERIDIANA - SCIENZA 1 Rubrica 21:57 METEO Previsioni del tempo 22:00 INCHIESTA 3 Attualità 22:30 NEWS LUNGHE DA 24 Notiziario 22:57 METEO Previsioni del tempo 23:00 CONSUMI E CONSUMI Rubrica 23:27 METEO Previsioni del tempo Il primo episodio di una serie tv ambientata negli anni dell'Inquisizione, «Inquisitio» andato in onda mercoledì sera su France 2, ha sollevato la protesta del mondo cattolico francese. I vescovi se la prendono in particolare con l’immagine «scandalosa e distorta» che viene data di Santa Caterina da Siena. Oggi diversi blog cattolici parlano di un nuovo attacco anticlericale, alcuni denunciano l'immagine «perversa» e «corrotta» che viene data alla Chiesa. Il regista Nicolas Cuche sostiene di aver agito «in buona fede», che le sue intenzioni erano di «denunciare il fanatismo religioso e non di offendere la Chiesa». PETER HOOK Io, Ian Curtis e i Joy Division Peter Hook, cofondatore nel 1980 insieme a Bernard Sumner dei Joy Division, sta scrivendo un libro sull’avventura della celebre band che si concluse il 18 maggio 1980 con il suicidio del cantante Ian Curtis, salvo poi riprendere poco dopo col nuovo nome di New Order. «Sto facendo il libro sui Joy Division. «Sono arrivato ai due terzi. Inizia con la mia nascita e finisce con la morte di Ian». La data di arrivo nelle librerie e on line è fissata per il prossimo 1˚ottobre. RAITRE Fine giornata a Linea Notte Nel corso della puntata odierna di Tg3 «Linea Notte» - ore 23.15 ospite di Maurizio Mannoni sarà Luciano Del Sette che presenta per l’occasione il suo libro «Riassunto di fine giornata» (Exorma, 2012). RIMINI Giuseppe Bertolucci, un omaggio Domani 7 luglio in anteprima assoluta alla Corte degli Agostiniani, nell’ambito del Festival di Musica e letteratura Assalti al Cuore, verrà presentato «Omaggio a Giuseppe Bertolucci», film-documentario toccante e intenso della durata di 20 minuti dedicato a uno dei registi più importanti della storia del cinema italiano, negli ultimi anni impegnato nel lavoro teatrale proprio insieme a Sonia Bergamasco e Fabrizio Gifuni. I due attori decidono di ricordarlo prima di un loro spettacolo dedicato ai versi del padre, Attilio Bertolucci. Il film è opera di Jacopo Quadri. pagina 14 il manifesto VENERDÌ 6 LUGLIO 2012 COMMUNITY SANITÀ terraterra Il modello americano della spending review Luca Manes Artico ultima frontiera petrolifera L’ Artico è ormai divenuta una delle ultime frontiere del petrolio. La diminuzione delle riserve in numerosi punti del Pianeta sta infatti spingendo le oil corporation a cercare nuove fonti di approvvigionamento. Poco importa se in località "estreme" e con ecosistemi molto delicati. Come appunto la regione dell’Artico, dove in prima linea c’è, tra le altre, l’angloolandese Shell. Le sue attività nei freddi mari dell’estremo nord del globo sono state fortemente criticate da un rapporto appena reso pubblico dalla Ong inglese Platform. In Out in the Cold si denunciano i pesanti impatti ambientali legati alla trivellazione dei fondali dell’Alaska e delle altre località vicine al Polo, dove si celerebbero ingenti quantità di oro nero. La stessa Shell ha voluto dare la sua versione in merito alle possibili conseguenze degli sversamenti di greggio in acqua, di fatto ammettendo in maniera parziale che in quel contesto climatico così complesso più di fare opera di contenimento dei danni non si può. Una volta che il petrolio inzuppa le lastre di ghiaccio presenti nel mare la catastrofe ambientale è bella e servita. Secondo gli esperti, sarebbe già tanto se si riuscisse a recuperare il dieci per cento del greggio fuoriuscito. Una percentuale insignificante, che ben chiarisce quali sono i rischi a cui si va incontro in una situazione del genere. Quasi pleonastico sottolineare come le principali organizzazioni ecologiste del mondo, con Greenpeace in prima fila, si siano mobilitate da tempo per chiedere uno stop alle attività delle compagnie petrolifere. Ma forse questa volta un insperato quanto improbabile aiuto può giungere dal settore bancario. Il mese scorso l’istituto di credito tedesco WestLB ha divulgato le sue nuove politiche ambientali, in cui si dichiara espressamente che non saranno concessi finanziamenti per attività estrattive in acque profonde dove la temperatura non supera i 10 gradi. Così la banca non dovrebbe sostenere in alcun modo lo sfruttamento delle riserve petrolifere nelle regioni artiche. A quanto è dato sapere, le disposizioni della WestLB sono le prime ad avere un carattere così restrittivo e che vanno nella direzione della tutela ambientale di zone dove gli ecosistemi sono molto sensibili. Come confermato dagli stessi vertici dell’istituto di credito, però, è il rischio di natura economica a preoccuparli di più e ad averli spinti a prendere una decisione del genere. Dustin Neuneyer, uno dei top manager, ha affermato che «in caso di sversamenti, i costi per ripulire l’area inquinata sarebbero altissimi». Neuneyer ha aggiunto che altre banche con cui è entrato in contatto sembrano molto interessate all’applicazione di questo tipo di linee-guida. Anche la compagnia di assicurazione londinese dei Lloyd’s in un documento certifica i pericoli di carattere finanziario legati a questo tipo di operazioni, tanto da richiedere alle compagnie coinvolte di «valutare con molta attenzione le conseguenze delle loro azioni». Insomma almeno nella City, anche grazie a gruppi di pressione come Fair Pensions, che stanno facendo sentire la loro voce sulla delicata tematica, sta crescendo la consapevolezza che investire sulla trivellazione dell’Artico è tutt’altro che un buon affare. C’è un ulteriore caso quanto mai esplicativo: solo per le esplorazioni preliminari al largo delle coste della Groenlandia, che poi non hanno dato i risultati sperati, la compagnia di Edimburgo Cairn Energy ha perso oltre un miliardo di dollari. Un buon motivo per lasciare in pace i fondali ghiacciati del profondo Nord. il manifesto DIR. RESPONSABILE norma rangeri VICEDIRETTORE angelo mastrandrea CAPOREDATTORI marco boccitto, matteo bartocci, massimo giannetti, giulia sbarigia, micaela bongi, giuliana poletto (ufficio grafico) il manifesto coop editrice a r.l. in LCA REDAZIONE, AMMINISTRAZIONE, 00153 Roma via A. 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Bargoni 8, 00153 Roma copie arretrate 06/39745482 [email protected] STAMPA litosud Srl via Carlo Pesenti 130, Roma - litosud Srl via Aldo Moro 4, 20060 Pessano con Bornago (MI) CONCESSIONARIA ESCLUSIVA PUBBLICITÀ poster pubblicità srl SEDE LEGALE, DIR. GEN. 00153 Roma via A. Bargoni 8, tel. 06 68896911, fax 06 58179764 E-MAIL [email protected] TARIFFE DELLE INSERZIONI pubblicità commerciale: 368 € a modulo (mm44x20) pubblicità finanziaria/legale: 450€ a modulo finestra di prima pagina: formato mm 65 x 88, colore 4.550 €, b/n 3.780 € posizione di rigore più 15% pagina intera: mm 320 x 455 doppia pagina: mm 660 x 455 DIFFUSIONE, CONTABILITÀ. 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Inoltre CORSO DI FORMAZIONE PER LEGALI E OPERATORI a cura dell’ASGI (Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione) sui temi dei diritti e della tutela dei migranti, con una particolare attenzione alla situazione dei minori. ■ Riace (RC) - www.riaceinfestival.it EMILIA ROMAGNA Venerdì 6 luglio, ore 21 FESTA MULTICULTURALE. Presentazione interattiva, alla presenza dell'autore, del libro di Lorenzo Guadagnucci "PAROLE SPORCHE. Clandestini, nomadi vù cumprà: il razzismo nei media e dentro di noi” (Ed. Altraeconomia, 2010). www.forumsolidarieta.it ■ Parco Nevicati, Collecchio (PR) LAZIO Dal 29 giugno al 10 settembre FONTANONESTATE, 17ma edizione. Venerdì 6 concerto DA HOLLYWOOD A BROADWAY, I PIÙ BEI “CANTABILI” DA FILM E MUSICAL” a cura di Pour le Piano. Concerto del Coro “Castelli Singers” e “Santa Chiara” Rai Senior. Direttore Fabrizio Adriano Neri; pianoforte: Andrea Calvani. Serata “la musica per il sociale” in favore di Emergency e organizzazioni non lucrative di utilità sociale. ■ Giardino della Fontana dell’Acqua Paola, via Garibaldi 30, Roma (R) LIGURIA Dal 6 al 7 luglio dalle ore 17 alle 24 FESTA DELLA TERRA: cibo sostenibile per il corpo e per la mente. Dibattiti su varie tematiche: agricoltura biologica e territorio, altraeconomia tra consumo e pensiero, editoria e strumenti di comunicazione tra proprietà intellettuale e libera fruizione. Inoltre workshop: "La società civile si auto-organizza perché la democrazia non si delega: i movimenti e i comitati del territorio a confronto con amministratori locali e non"; alla sera possibilità di cenare con menù a km 0. Ampio spazio ai laboratori per bambini e di falegnameria con l’utilizzo di materiale di riciclo, dimostrazione di giardinaggio, passeggiata naturalistica; per tutte le due giornate presenza di stand dei produttori locali, di associazioni e comitati. Sabato sera gran finale con l’esibizione musicale di Mauro Avanzini Sextet, i Casamatta e Redelnoir. ■ Parco di Falconara, Lerici (SP) TRENTINO ALTO ADIGE Dal 6 al 14 luglio PERGINE-FESTIVAL SENZA BARRIERE PER I DISABILI, 37.ma edizione. Spettacolo Aperto, dedicato ai cinque sensi e un’offerta di eventi e iniziative senza barriere per chi non vede, non sente o ha disabilità motorie. Programma in Braille e spettacoli accompagnati dalla lingua dei segni per i non udenti. “Sensibilmente” è il titolo dell’edizione di quest’anno che propone oltre trenta eventi pensati per sollecitare in un modo nuovo vista, olfatto, tatto, udito e gusto, offrendo anche occasioni di riflessione e approfondimento, animando le strade, i parchi, le stanze dell’ex ospedale psichiatrico. Si parte con CARNEVALESTATE, con la grande parata dei Sette Peccati e lo spettacolo di circo contemporaneo con cui gli svedesi Cirkus Cirkor. ■ Pergine Valsugana (TN) – Dai primi utensili prolungamento del corpo umano alle tecnologie sofisticate contemporanee, le macchine nascono ambigue: strumento di liberazione o di asservimento? Con la Rivoluzione industriale la loro evoluzione sarà rapidissima. Non fu facile trasformare in operai gli artigiani e i contadini inurbati dopo l’esproprio delle terre comuni, la resistenza è stata ampia e tenace. Il luddismo è passato alla storia come il movimento che distruggeva i nuovi telai meccanici ma il bioregionalista Kirkpatrick Sale interpreta diversamente: i seguaci del fantomatico Ned Lud lottarono per difendere valori, modi di vivere, libertà (1811-13). Gli artigiani non volevano abbandonare le cottage factories dei villaggi e la vita nelle loro comunità per lavorare in opifici scanditi dal ritmo del profitto, con strumenti su cui diverso da un’altra di 20.000 . Gli assistiti non sono tutti uguali, anche se uguali sono le malattie,le disabilità, i bisogni di cura. E, non a caso, a dispetto dall’alto livello di eccellenza Quando le autorità europee dettano che si riscontra al vertice del sistema per chi i canoni delle riforme strutturali, il può accedervi, l’attesa media di vita è al di paradigma di riferimento è la riduziosotto della media dell’Ocse, mentre al di sone della spesa pubblica associata a dosi crepra è la mortalità infantile. scenti di privatizzazione del welfare. In altri Intanto, la voracità del sistema fa crescere termini il modello americano che nei sistemi i costi complessivi a livelli astronomici. Alla fipensionistici, sanitari, educativi è caratterizne del 2011, il costo totale ha raggiunto 2,7 trizato dal crescente predominio del mercato. lioni di dollari, il 18 per cento del Pil americaIn questi giorni, mentre in Italia si discuno. E, secondo le previsioni si avvia a toccare te di ennesimi tagli alla sanità, è stata poril 20 per cento del Pil, come dire che un dollatata all’attenzione la riforma sanitaria amero su cinque della ricchezza prodotta in Americana che, si è salvata dal rischio di essere rica sarà consegnato al complesso assicuraticancellata dalla Corte Suprema - possibilivo-sanitario. Il confronto con i sistemi sanitatà sulla quale contava Mitt Romney, il canri europei di carattere universale e, in linea di didato repubblicano alle elezioni presidenprincipio, gratuiti è clamoroso. Il costo totale ziali di novembre. medio nell’Unione europea è circa la metà di Quando Obama arrivò alla Casa Bianca, quello americano, intorno al 9 per cento del 47 milioni di americani erano privi di assiPil. In Francia e Germania con i sistemi più stenza sanitaria, una vergogna per il paese costosi la spesa totale è intorno all’11,5 per più ricco del mondo. La via più semplice, luncento del Pil. In Italia, la spesa sanitaria totagamente coltivata dall’ala liberal del Partito le è pari al 9,6 per cento del Pil (gli ultimi dati democratico, era la generalizzazione del sicomparativi dell’Ocse sono del 2009), al disotstema di assistenza pubblica, Medicare, into della media europea, più bassa che nel Restaurato da Lyndon Johnson negli anni Sesgno Unito, due punti di Pil al disotto della santa a favore delle persone da 65 anni in su. sti e la diseguaglianza di fronte ai problemi Francia e della Germania. Si sarebbe trattato di un servizio universale a della salute. I costi, infatti, continuano a creSecondo una vecchia graduatoria dell’Ocpiù basso costo. Ma questo modello si sconscere in termini esplosivi. Alla fine del 2011, il se, i sistemi sanitari francese e italiano spiccatò con la violenta opposizione del potente costo medio di una polizza familiare ha supeno per la loro eccellenza a livello mondiale. Il complesso assicurativo-sanitario privato. Lo rato 15.000 dollari annui. La spesa sanitaria è vantaggio derivante dal carattere pubblico scontro proseguì per oltre un anno nel Concresciuta fra il 1999 e il 2011 tre volte di più del sistema è fuori discussione. Questo, ovviagresso e nel paese senza esclusione di colpi. dei salari e quattro volte di più dell’inflazione mente, non significa che nei sistemi pubblici Obama fu accusato di essere un "socialista", media. Poi, dietro le medie si celano profonnon vi siano problemi di efficienza, di spree di voler importare negli Usa un sistema di de diseguaglianze. E’ evidente che,dal punto chi, di corruzione. Certamente vi sono. Ma, welfare di tipo europeo. Il risultato finale fu il di vista della prevenzione e dall’accesso alle come ci ha insegnato Albert Hirshman nel compromesso che oggi, per fortuna di Obacure, una polizza, mettiamo, da 10 mila dollasuo celebre saggio sulla Retorica della reazioma, la Corte suprema ha convalidato. ri ha un contenuto assicurativo radicalmente ne, è un tipico atteggiamento ideologico delSulla base della riforma, la conservazione dare l’assaltrentatré milioni di americato alle conquiste democratini che ne sono privi avranno che e, in particolare, allo stanel corso dei prossimi anni to sociale, denunciandone un’assicurazione sanitaria. gli effetti perversi non per Di questi, 17 milioni saraneventualmente correggerli, no associati a Medicaid, l’asma allo scopo di trarne motisistenza pubblica per i povevo per corroderle e smantelri; mentre altri 16 milioni larle. fruiranno di una sovvenzioIn sostanza, il punto non ne pubblica tramite un crediè ignorare o negare l’insuffiAlcuni giorni fa - la scorsa domenica soffocata da un calore infernale e dall’ansia to d’imposta correlato al licienza o lo scadimento della per l’imminente finale europea fra Italia e Spagna - il Circolo del manifesto della vello di reddito. La riforma, qualità di un servizio pubbliVersilia ha organizzato a Seravezza, provincia di Lucca ai piedi delle Alpi Apuane, cosa non meno importante, co che deve rispondere a biun incontro a sostegno del suo-nostro giornale. Il tema era un’interrogativo prevede anche che le compasogni di massa, ma si tratta «Con la rete l’informazione è più libera?» -, per indagare «a partire dalle rivolte gnie assicuratrici non podi intervenire in modo punarabe» il ruolo e le possibilità offerte dai nuovi media (social network, blog, e via tranno rifiutare o revocare tuale e razionale per corregdiscorrendo). A discuterne erano stati invitati Carlo Sorrentino, docente di sociolol’assicurazione in rapporto gerne le disfunzioni non per gia all’università di Firenze; Giorgio Zanchini, giornalista di Rai3; il sottoscritto alla storia medica o alla patosmembrarlo e, più o meno per conto del manifesto; Serena e Stefania, esponenti del collettivo femminista logia delle persone interessaesplicitamente, avviarne la milanese «leventicinqueundici» impegnatissimo a tener vivo il filo con le madri te. Come contropartita le asprivatizzazione in nome di tunisine dei giovani migranti partiti nel marzo 2011 dalla Tunisa, dopo la caduta sicurazioni hanno chiesto e una superiore efficienza del di Ben Alì, e desaparecidos nel nulla senza che a nessuno, a Tunisi come a Roottenuto l’obbligo per tutti mercato che, come dimostra ma, sembri importare granché. Erano stati invitati anche Filippo Del Bubba e Alesdi contrarre una polizza assil’esempio americano, è un sandro Doranti, autori di «Frammenti di una rivoluzione», di cui hanno proiettato curativa – obbligo che era al puro fantasma ideologico alialcuni spezzoni, reportage di video-racconti sulla Tunisia che cambia, un progetto centro della denuncia alla mentato da precisi interessi per il web e un esempio dei «nuovi media» (in cui si chiede il supporto della rete Corte suprema da parte di alprivatistici. attraverso «Produzioni dal basso», piattaforma che utilizza il metodo di raccolta cuni governatori repubblicaSotto questo aspetto, non fondi e finanziamenti con la formula della sottoscrizione popolare). ni, e che il presidente John potrebbe esservi un paradosC’era il fondato timore che stretto fra l’incudine della prima domenica di un luglio Roberts, nominato da Bush, so più sconcertante. Mentre canicolare e la padella dell’attesissima partitita di calcio, nella sala delle bellissirovesciando la maggioranza i democratici americani some e ristrutturate Scuderie medicee (annesse alla cinquecentesca Villa medicea, di tendenza conservatrice, gnano un modello il più posuna delle residenze estive dei Medici), si ritrovassero a malapena i relatori. Inveha sorprendentemente risolsibile europeo, la tecnocrace no. Al via erano presenti una quarantina di partecipanti attenti a seguire seguito, interpretando l’obbligo zia dell’’asse Francoforteto gli interventi, inframezzati da spezzoni del documentario, che tentavano di dare assicurativo, di dubbia legitBruxelles, alleata alle destre una risposta alla domanda di fondo e di spiegare i pro e i contro di quello che da timità, come una tassa che il più o meno tecnocratiche Carlo Sorrentino e Giorgio Zanchini è stato più volte chiamato «l’eco-sistema meCongresso federale poteva che governano nella maggiodiatico». Alla fine, prima della corsa generalizzata verso le tv per (l’infausta) partiimporre senza ledere l’autoranza dei paesi dell’’Unione, ta con la Spagna, Gabriele Ciucci - che con Lorenzo Carletti e gli altri compagni nomia dei singoli stati. guardano al modello ameridel Circolo della Versilia ha organizzato l’evento e raccolto una decina di abbonaObama ha salvato la riforcano. Va in questa direzione menti - ha ricordato con forza la difficile lotta del manifesto per la sopravvivenza ma, e probabilmente il sel’opera di erosione della spee il ruolo che la comunità dei lettori ha avuto e vuole avere nell’operazione di condo mandato, ma la riforsa sociale del governo Monti salvezza e rilancio. Ruolo - attivo e propositivo, non (solo) da pronto soccorso e ma, per quanto salutata con che, sotto il titolo attraente portatori d’acquaa - che i Circoli ribadiranno nell’incontro nazionale (il secondo) comprensibile sollievo dai quanto ingannevole della in programma domani a Bologna. Quello di domenica scorsa era solo il primo democratici, rimane lontana spending review, il carattere tempo di un’iniziativa del Circolo del manifesto Versilia destinata a continuare dalla soluzione dei due fondi attacco allo Stato sociale, questa sera, sempre a Seravezza (ore 21.30, piazza Carducci), con il nostro Alesdamentali problemi del sistesotto la maschera delle riforsandro Robecchi che parlerà di «informazione e satira». Maurizio Matteuzzi ma sanitario americano: i come di struttura. DALLA PRIMA Antonio Lettieri A Seravezza fra canicola e partita Ma il manifesto c’è – AMBIENTE VIZIATO Macchine e vita Giuseppima Ciuffreda non avevano alcun controllo. Rifiuto della servitù (“Rebels Against the Future”, 1995). Sessant’anni più tardi Samuel Butler immagina una civiltà convinta che le macchine avrebbero dominato l’umanità usando gli uomini stessi per evolversi, e le mette fuori legge (“Erewhon”, 1872). La critica della Rivoluzione industriale, con tonalità differenti, segnò l’Inghilterra per tutto l’Ottocento. Marx e Engels ma anche una schiera di intellettuali, artisti, poeti, scrittori, politici, funzionari pubblici per i quali la produzione industriale degradava il lavoro, sfruttava e toglieva dignità ai lavoratori, distruggeva la natura. Il primo discorso di Byron alla Camera dei Lord fu contro la pena di morte invocata per i luddisti e Percy B. Shelley dopo una visita nei distretti industriali scriveva di odiare ogni tipo di fabbrica. L’analisi più lucida e potente la espresse John Ruskin, appassionato cultore del lavoro creativo che vedeva realizzato dall’artigiano medievale, e con lui William Morris, poeta, scrittore, imprenditore, socialista, ispiratore delle Arts and Crafts. Negli Stati Uniti le macchine sono invece al centro dell’utopia socialista di Edward Bellamy (“Looking Backward”, 1888), urbana e centralizzata. La Boston del futuro è una metropoli edificata secondo igiene e ordine, fitta di grandi centri commerciali con merci “per ogni desiderio”. La sua organizzazione militare del lavoro anticipa il “management scientifico” di Frederick W.Taylor. William Morris risponde con “Notizie da nessun luogo” (1891), utopia comunitaria e libertaria in una Londra risanata, senza fumi di fabbrica e colorata di giardini. Rifiuto della produzione in serie. Lavoro libero e potere degli artigiani sul prodotto. Comunità rurali. Estinzione dello stato. Educazio- ne libera, sessualità aperta. Ma le macchine evolvono negli Stati Uniti di Bellamy. Nel 1913-4, a Detroit e Chicago, Henry Ford realizza i principi di organizzazione del lavoro di Taylor che adatta i lavoratori, fermi al loro posto, alle macchine. Nasce la catena di montaggio. Singole operazioni suddivise in gesti elementari e ripetitivi, ogni operaio su un unico pezzo. I movimenti sono “efficienti” e veloci. Tempi ridotti, più produttività, standardizzazione dei prodotti. Domesticazione e controllo degli esseri umani. Henry Ford cercò di industrializzare anche l’Amazzonia. Vi fonda una città e pianta hevea per la gomma dei pneumatici. Un fallimento. Non conosce i principi della vita e allinea gli alberi come le macchine in fabbrica. Parassiti e funghi distruggono le piantagioni. Speranza nel selvatico ribelle. il manifesto VENERDÌ 6 LUGLIO 2012 pagina 15 COMMUNITY La costituente abolisce la Costituzione C IL MANIFESTO E SBILANCIAMOCI Movimenti e associazioni riprendono il discorso DALLA PRIMA Giulio Marcon Un conflitto aperto e le pur timidi novità sul possibile intervento della Bce per calmare lo spread e la realizzazione dell’unione interbancaria rischiano di impantanarsi nelle dispute interpretative (perché il diavolo è sempre nel dettaglio) e nelle farraginose e lunghe procedure attuative. Si vedrà cosa succederà il 9 luglio nella prossima riunione dell’Eurogruppo, che dovrebbe tradurre nella zona dell’euro le misure del Consiglio Europeo. Più che un primo passo, il Consiglio del 28 e 29 giugno è un leggero abbrivio dagli esiti ancora assai incerti e comunque modesti. La crisi non demorde e -proprio a causa dell’inerzia di Bruxelles- potrebbe essere destinata ad aggravarsi ulteriormente in Europa. Nel frattempo bisognerebbe aspettare molti anni per la modifica (in senso positivo, speriamo) dei trattati, o attendere anche meno tempo, un anno e più, per sperare di veder evolvere verso sinistra l’equilibrio politico in Italia (primavera 2013) e in Germania (autunno 2013) e modificare così l’equilibrio europeo. Comunque troppo tempo: frattanto saremo definitivamente travolti dalla crisi, dal fallimento dell’architettura europea e dal declino del modello sociale europeo. Di fronte a questa situazione la sinistra, il sindacato e anche i movimenti sociali europei sono in difficoltà, incapaci di mettere in campo una forte ed incisiva mobilitazione contro le scelte dei governi europei e le politiche di austerity, che altro non sono che la "continuazione del neoliberismo con altri mezzi". Proprio contro il neoliberismo dieci anni fa i movimenti europei erano stati capaci di organizzarsi, coordinarsi, manifestare. E oggi, che di questa mobilitazione ci sarebbe ancora più bisogno, la debolezza della protesta e della capacità di coordinarsi e unirsi risulta paradossale e preoccupante. La crisi sembra avere messo in questione la capacità della società civile globale – in questo caso europea- di organizzarsi e costruire le alternative necessarie. Continuano ad esserci, ma non si coagulano, non fanno "massa critica". Ecco perché assume un particolare rilievo il forum promosso lo scorso 28 Striscia di Gaza Liberate al-Rekhawi PALESTINA-ISRAELE IERI nuova manifestazione a Rafah per chiedere la liberazione dei prigionieri palestinesi rinchiusi nelle carceri di Israele. Nella foto (Reuters) un ragazzo mostra le immagini del calciatore Mahmoud al-Sarsak e di Akram al-Rekhawi, entrambi in gravi condizioni in seguito allo sciopero della fame intrapreso giugno a Bruxelles da il manifesto, Sbilanciamoci e altre reti, forum che è riuscito a mettere insieme tante persone in un’aula del parlamento a discutere sul "che fare", disegnando un’agenda con cinque proposte assai nette e di buon senso (trasformare la Bce in prestatore di ultima istanza, introdurre limiti alla circolazione dei capitali, eliminare i vincoli del "patto fiscale" sul welfare ed i salari, promuovere un "new deal verde", promuovere un’autentica democrazia in Europa) che potrebbero essere la base per costruire la mobilitazione per un’"altra Europa". La seconda tappa di questo confronto comune è quella che si farà a Roma alla Casa delle Donne -proprio in concomitanza con la riunione dell’Eurogruppo- il prossimo 9 luglio (con la promozione della Green European Foundation, di Sbilanciamoci ed il sostegno de il manifesto, per info www.sbilanciamoci. org) e che vuole rilanciare la strada segnata al forum di Bruxelles, affrontando tre temi: la questione della politica (assente) e della democrazia (inesistente), del ruolo della società civile e dei movimenti (in difficoltà) e di come si esce dalla crisi: contro l’austerity per un modello di sviluppo sostenibile ed equo. La vera novità del Consiglio Europeo del 28 e del 29 giugno -al di là delle timidissime e in parte innocue aperture in apparente controntendenza alle scelte dell’ormai defunto asse Sarkozy/ Merkel- è l’apertura di una contraddizione, lo squadernamento di un conflitto, se non di politiche, di interessi e scelte sulla gestione del debito dei paesi. Tutto questo può limitarsi ad essere una contraddizione dentro le dinamiche dell’establishment nella cornice di una indiscussa matrice neoliberista oppure il terreno fecondo che può essere percorso dalla sinistra, il sindacato ed i movimenti per una nuova opzione e aprire un campo di problemi e di conflitti fino ad oggi non emersi, almeno non abbastanza. Servono i soggetti, le forze sociali e politici, i movimenti: solo così si riapre il campo. Ecco perché la moltiplicazione di iniziative come quelle del 28 giugno, del 9 luglio -e poi del forum sociale di Firenze di novembre- possono contribuire a rimettere in moto una dinamica e l’organizzazione di un conflitto -sulla democrazia, l’economia ed i diritti- che da troppo tempo manca in Europa. on plateale vilipendio della volontà popolare espressa il 25-26 giugno di sei anni fa a conferma solenne della Costituzione repubblicana, il senatore Pera annunzia (Il Corriere della Sera del 4 luglio) di avere presentato «in modo del tutto autonomo» un disegno di legge «di revisione costituzionale» diretta a provocare che nella «primavera del prossimo anno si elegga assieme a Camera e Senato un’Assemblea costituente» composta di 75 membri, che, entro dodici mesi, dovrebbe «redigere il testo della nuova Costituzione» da sottoporre nei tre mesi successivi a referendum. A convocare detta assemblea dovrebbe essere il Presidente della Repubblica in carica il cui mandato verrebbe prorogato. Il senatore Pera usa per questa sua proposta la denominazione di «disegno di legge di revisione costituzionale». Evidentemente non sa - o sa anche troppo bene - che non di revisione costituzionale si tratta ma di altro. Di un disegno eversivo, progettato e dichiarato. Un senatore della Repubblica, già Presidente del Senato, dovrebbe infatti sapere, e sa, che quello di revisione è "potere costituito" non è "potere costituente", distinzione ben nota a chi avrà sentito parlare di un certo abate Sieyès. È infatti previsto e regolato dalla Costituzione vigente all’articolo 138. Mira a consentire che il testo della Costituzione possa essere rimodulato, integrato, modificato secondo il procedimento prescritto. Ma non nei suoi principi fondamentali, non nei diritti inviolabili che riconosce, non nella forma di stato che sancisce, non nello spirito, non nel compito che assegna alla Repubblica e, comunque mai nel suo insieme. Il senatore Pera mira invece alla redazione di una "nuova Costituzione", quindi a sostituire la Costituzione vigente, ad abrogarla. Pretende poi di realizzare questo disegno usando un procedimento proprio dell’ordinamento che mira a liquidare. In uno stato di diritto la proposta di Pera sarebbe dichiarata inammissibile. Configura, in modo esemplare, come del resto quella che propone il referendum "di indirizzo" sulla forma di governo, l’uso illegale del potere legale. Ha dei precedenti questa tecnica eversiva, è di quelle sperimentate e praticate con successo in Italia. Fu con leggi ineccepibili dal punto di vista procedurale che si avviò e si compì l’instaurazione del regime fascista. Le leggi liberticide, quelle sui poteri del governo e del suo capo, quella che istituì il tribunale speciale, quelle antiebraiche, quella che sostituì alla camera dei deputati la camera dei fasci e delle corporazioni furono tutte approvate da un parlamento, svuotato di rappresentanza, ma secondo regolamenti e prassi vigenti e furono tutte sanzionate e promulgate dal re fellone, Vittorio Emanuele III. Il senatore Pera conosce questi precedenti. A proporre tuttavia un tale processo eversivo sarebbe l’incapacità dei partiti in Parlamento di procedere sulla via delle riforme della forma di governo avviate in Senato (sulle quali abbiamo riferito su questo gior- – La proposta di Marcello Pera, eleggere nel 2013 anche un’assemblea costituente, è un cavallo di Troia per abolire la natura solidale e sociale del nostro patto repubblicano Gianni Ferrara nale) il cui testo «morirà in Senato il giorno stesso in cui sarà licenziato» non ostante che «Dio solo sa» quanto bisogno se ne abbia, secondo Pera. Ma si è mai chiesto il senatore Pera il perché da trenta anni ci si lamenta della mancanza di potere decisionale del Governo e del Presidente del Consiglio? Ha mai sospettato che si mascherasse in tal modo l’incapacità di governare dimostrata inequivocabilmente anche in caso di maggioranze amplissime e di leadership incontestate ? Non si tratta per caso di inettitudine a governare riversate ignobilmente su carenze delle istituzioni ? IL senatore Pera aggiunge altre motivazioni. L’una attiene alla disattenzione che mostra il Parlamento italiano rispetto a quello degli altri Paesi in ordine alle profonde trasformazioni degli assetti di potere politico che stanno intervenendo tra stati e istituzioni europee. Constatazione ineccepibile. Ma è la Costituzione che lo impedisce o è la qualità mai tanto modesta dei parlamentari italiani non eletti ma nominati dai capipartito? Le altre ragioni addotte sarebbero quelle del fallimento del federalismo del Titolo V, della presunta carenza del potere del Presidente del Consiglio di revocare i suoi ministri, dell’estensione del potere del Presiden- IL BENPENSANTE È chiaro che molti termini stranieri negli ultimi cinquant’anni sono entrati a buon diritto nell’uso della lingua italiana (stop, alt, tilt, ok, drink, cocktail, sandwich, cardigan, golf, tennis ecc.) perché non esisteva l’equivalente nel nostro vocabolario. Ma negli ultimi sei anni, non di più è successa una catastrofe: morti tutti quelli dell’Accademia della Crusca, scomparsi quei poveracci della Dante Alighieri in difesa della lingua italiana, siamo stati investiti da un’onda piena di termini anglosassoni. Hanno tutti, però, un esatto corrispondente italiano: mobbing, molestie di ogni tipo; share, percentuale; audience, ascolto; on-line, in linea; New Age, nuova età; background, retroterra; borderline, al limite; te della Repubblica, del carattere del "regime parlamentare" in cui il governo dipende dalle decisioni dei "gruppi parlamentari". Esaminandole, iniziando da quest’ultima, si può facilmente rilevare che il regime parlamentare è tale proprio perché realizza la dipendenza del governo dal Parlamento e dalle sue articolazioni. Da chi altro potrebbe dipendere, da nessuno? Quanto al Titolo V, è appena il caso di ricordare che il testo vigente non è quello contenuto nella Costituzione del 1948, ma è il prodotto del revisionismo delle istituzioni esibitosi undici anni fa. Ed è o un esempio illuminante dell’insipienza giuridica e politica del revisionismo, riformismo, nuovismo costituzionale. Mobilitarlo per redigere una nuova costituzione è, al minimo, prova di irresponsabilità. Quanto, invece al potere del Presidente del Consiglio di revocare i ministri, non c’è problema. In caso di renitenza può indurre la sua maggioranza ad avanzare la sfiducia individuale e votarla. Il senatore Pera lo sa. Sull’incremento dei poteri del Presidente della Repubblica è da osservare che è opinione del tutto personale quella sulla scarsità dei poteri politici del Presidente della Repubblica. Ma è in netto contrasto con la dottrina costituzionalistica italiana che già dagli inizi degli anni ’50 di poteri politici del Presidente ne ha individuati e studiati molti, qualificandoli tutti come poteri "non di parte". È vero che la gravissima crisi finanziaria ed economica che attraversiamo li ha incrementati ma perché si è congiunta ad una crisi politica derivante da un Parlamento di ridotta forza rappresentativa e da un governo dimissionato per incapacità. La provvida elasticità del regime parlamentare ha consentito che i poteri del Presidente si dispiegassero supplendo le carenze degli altri due organi del sistema parlamentare di governo. Va soprattutto apprezzato che dispiegamento e supplenza si sono sempre caratterizzati da un esercizio "non di parte". Suvvia, le motivazioni addotte dal senatore Pera non sono, francamente, di pregio. Ma, a riflettere, riguardano solo la forma di governo. La proposta di un’assemblea costituente però implicherebbe la redazione di un intero testo costituzionale, abrogativo anche della Prima Parte della Costituzione vigente, quella dei principi fondamentali, dell’eguaglianza materiale, dei diritti, anche di quelli sociali. Desta un sospetto non manifestamente infondato. Con i tempi che corrono, con i tagli del finanziamento del welfare, con la compressione massiccia dei diritti sociali non è che il compito previsto per l’assemblea costituente che propone sia proprio quello di redigere una costituzione che liberi le classi dominanti dalle conseguenze dall’eguaglianza sostanziale, dall’efficacia dai diritti sociali, dalle domande della democrazia incompatibili col capitalismo neoliberista ? – Intelligence, servizi segreti; devolution, decentramento amministrativo. Perché usare parole anglosassoni, spesso incomprensibili soprattutto agli anziani, quando ci sono validissimi corrispondenti nella nostra lingua? Tutti gli usatori di questi termini maledetti se ne sono impossessati con molta fatica, studiandoli e imparando a memoria l’esatta pronuncia nelle notti insonni. Poi, quando li hanno finalmente a disposizione, li usano come feroci armi di offesa per ferire i molti disgraziati che non ne capiscono il significato. pagina 16 il manifesto VENERDÌ 6 LUGLIO 2012 L’ULTIMA Vittorio Tranquilli R storie idare al lavoro la dignità, il prestigio sociale e il riconoscimento economico che gli spettano, ma di cui è semVittorio Tranquilli ha lavorato su pre più deprivato, dovrebbe essere obiettiintuizioni preziose fino a pochi giorni vo centrale delle formazioni politiche di opposizione alle destre, oggi prevalenti in Euprima di lasciarci. «Il manifesto» ropa. Non basta, quindi, inserirlo in procon la rivista online da lui ideata grammi, proclami e discorsi. Né bastano proposte di legge volte a riformulare in va(www.ilpicchioasinistra.it). rio modo gli «ammortizzatori sociali», conpropongono un inedito: l’inizio di un ducendo così, in sostanza, mere battaglie di retroguardia a difesa di quanto resta del saggio sul lavoro che aveva in cantiere «Welfare State». È necessario muoversi realmente per dare vita a una larga, partecipata, vibrata mobilitazione di popolo comprendente sia i disoccupati involontari «di lungo corso», sia gli occupati saltuariamente, precariamente o magari «in nero», esclusi quindi, comunque, da ogni progetto di vita ragionevolmente prefigurabile, sia i sempre più numerosi espulsi dal mondo produttivo per crisi, fallimenti, «ristrutturazioni», «de-localizzazioni» d’imprese. Tutti i detentori di «forza-lavoro», di ogni tipo e livello, sono oggi colpiti da questo trend rovinoso, o a rischio di esserlo; ma lo sono particolarmente i giovani. Conseguito il diploma o la laurea, la maggior parte di loro è condannata a restare a lungo «senza arte né parte»; a doversi arrangiare – i più volenterosi – con lavoretti dequalificanti; a veder quindi divenire obsoleta, di fronte alla crescente furia d’innovazionismo tecnologico, la formazione ricevuta; a rimanere anche per decenni – i più fortunati, ammesso che la si possa considerare una fortuna – a profonde in tale logica e in tali regole. Fino carico dei genitori, nella nebbia più fitta riad oggi è sempre riuscito a rimediare, camguardo a un proprio futuro individuale, fabiandole o riadattandole secondo modalimiliare e sociale. Non c’è da meravigliarsi se tà parzialmente nuove, che hanno portato VITTORIO molti si fanno prendere dallo scoramento, via via a parziali rifacimenti o emendamenTRANQUILLI IN dalla depressione, o peggio. A dirla in breve, ti del sistema. In tal senso si è parlato e si SERBIA IN UNO non sbaglia – a nostro avviso – chi vede in parla di «mutamenti di pelle» del capitaliDEI SUOI VIAGGI una grossa parte dei giovani attuali gli emarsmo, ma sempre nel quadro della sua perDI «SOCCORSO ginati di domani, accostandoli, cioè, alla fimanente logica già detta e relative regole. DIRETTO» gura premoderna del «povero». È stata perciò con ragione criticata teoriAI RAGAZZI *** camente, e smentita dai fatti, ogni previsioADOTTATI Volendo, schematicamente, andare a ne o aspettativa di «crollismo», ossia ogni viA DISTANZA fondo (innanzitutto per capire) bisogna disione del capitalismo come destinato a crolre cose che suonano molto semplici, e solare, di per sé o sotto spinte sociali esterne no difficilissime da affontare. In sintesi: il (di «lotta di classe»), che in realtà sono riuscicapitalismo in tanto si è costituito in sistete soltanto – sebbene non fosse poco – a solma economico-sociale, in quanto ha seguilecitare, con la loro critica e i loro attacchi al to una logica determinata. Questo sistema sistema, i suoi «mutamenti di pelle». (con la sua logica e le sue regole) ha avuto Ma è ancora valido questo tipo di discorfasi alterne di sviluppo e di crisi, dovute al so di fronte alla crisi attuale del capitalismo, progressivo esplicitarsi di sue contraddizioo esso è giunto veramente, questa volta, alla ni interne, ossia al manifestarsi di crepe sua «ultima spiaggia»? Molte cose fanno pro- RICORDO Il lavoro della solidarietà, ma fuori da tutti i cori Oltre IL BUIO pendere nel secondo senso. Già il fatto stesso di una finanziarizzazione così massiccia e completa è contraddittorio rispetto al duplice binario logicamente e storicamente intrinseco al capitalismo: finanza e produzione, la prima in funzione della seconda. È fuori da ogni logica e regola del capitalismo «in sé» l’esclusivizzazione del solo momento finanziario. Ma oggi, per di più, la finanza, dopo essersi mangiata la produzione, e appunto per questo motivo, ha finito per uscire da ogni propria logica e regola. È diventata una finanza senza volto, in balia a un incomprensibile gioco di rendita per la rendita, quindi, alla fin fine, il regno dell’imprevedibile, dell’effimero e del caos. Ormai nessuno riesce più a capire quali sono i caratteri e lineamenti intrinseci a questo Moloch finanziario: si comincia con ragione a sospettare che, semplicemente, non vi siano. Si è portati a dover supporre di esser tutti noi divenuti sudditi di poteri non identificabili, perché privi di una loro figura e logica comunque determinate. Per usare termini che esprimano comunque una qualche realtà: siamo veramente all’ultimo sfascio di un capitalismo che sta mangiando se stesso (il mito di Crono, ma questi mangiava i suoi figli, non se stesso). Era il 2004. Un mare perfido, una piccola barca a motore che imbarcava acqua ad ogni ondata, un viaggio da Bissau a Bubaque, un’isola di fronte alle coste della Guinea Bissau, dove «ABC» aveva un progetto. Un’ora e mezzo di mare e si arriva. Per scendere ci si siede a prua e si scivola sulla terra ferma. Vittorio, invece, quasi ottuagenario, pensa bene di non sbarcare come tutti gli altri ma di saltare. Per la paura chiudo gli occhi e quando li riapro è lì, in piedi. Questo era Vittorio, un vecchio pazzo romantico innamorato della vita! Sono sicuro che vorrebbe sentirmi parlare delle lunghe ore di lavoro passate insieme, in Africa e in Serbia, spesso alla luce di una lampada tascabile a parlare di cosa e come fare. Tanto lavoro appassionato che lui , preciso e orgoglioso, amerebbe richiamare: centomila borse di studio distribuite, decine di pozzi scavati, orti avviati a produzione, giovani e adulti curati, scuole costruite e insegnanti aiutati. Non male per uno che si definiva un ferroviere in pensione. Era uno che cantava, ma fuori dal coro. E se fosse qui chiederebbe aiuto per quel che ABC continua fare e Vittorio è con lei! Franco Della Marra «A, B, C, solidarietà e pace -Onlus» Uscirà dalle fasce un qualche Zeus per ora nascosto? Speriamo. Ha ragione chi dice che, per intanto, dobbiamo fare «come se» ci si possa aspettare che nasca. La storia (ammesso che se ne dia ancora una qualche continuità) ci aveva talora messi di fronte a svolte impreviste. Per esempio: il capitalismo che nasce in Scozia, a motivo del fatto che, ivi, «le pecore mangiarono gli uomini»; l’uscita dalla «grande crisi» del ’29-’33 grazie all’ accoppiata RooseveltKeynes; Hitler che, invece di completare la conquista dell’Occidente occupando anche l’Inghilterra, attacca l’Unione Sovietica, dove le armate tedesche troveranno, come quella napoleonica (di cui evidentemente Hitler era noncurante) la sconfitta e l’annientamento (Stalingrado!); Churchill che, volendo salvare l’Impero inglese, non salva questo, ma salva l’umanità; Lenin che, contro l’intero (o quasi) Comitato centrale bolscevico, ragionante secondo criteri marxiani, fa la Rivoluzione di Ottobre. Allora, spes ultima dea? Molto genericamente parlando, speriamo qualcosa di più e cerchiamo di muoverci in tal senso. *** Per il resto: elezioni anticipate nel prossimo autunno (ma come la si mette con gli ul- timi sei mesi del settennato di Napolitano?...) Il B. che riciccia, arbitro tra Alfano e Maroni; Bersani e Casini ci stanno; Renzi che fa la fronda ed è una vera incognita… per non parlare di altro. Insomma la risposta dell’attuale brodaglia politica alla svolta storica che stiamo vivendo, è quella che ci si poteva aspettare. Nell’insieme: si dà per scontata la (ingloriosa) fine di Monti, schiacciato tra il «rigore» e una «crescita» tra loro incompatibili nel quadro mentale e ed economico della religione neo-liberista? Di questa, e non tanto del povero Monti, mi pare si tratti veramente. Quanto all’ «oltre» l’Europa attuale, della cui agonia stiamo cercando di ragionare, mi pare ci siamo entrati ormai abbondantemente (last but not least: la Merkel che se ne va da Roma per … vedere la partita!). Ci attende un lungo «no ordinary time». Tempi duri, ma aperti ad esiti per adesso imprevedibili. Eppure, dobbiamo parlarne come meglio possiamo. Una nuova Stalingrado è tra il novero delle possibilità concrete. Ricordo ben io come a tutta l’umanità si riaprì allora il cuore, l’entusiasmo … Oggi l’ultimo saluto A VIttorio Tranquilli alle 10,30 presso la chiesa di San Bernadette, Via E. Franceschini 40, Roma (Colli Aniene)