gestione delle espatriate mast er ru o 2013/14

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gestione delle espatriate mast er ru o 2013/14
GESTIONE DELLE ESPATRIATE
MASTER RUO 2013/14
Candidati:
Daniela Carrozza
Antonio De Pascali
Marica Di Marino
Marika Gurnale
Bianca Traina
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Indice
Introduzione .................................................................................................................................. 3
Capitolo 1
Processi di internazionalizzazione: il rapporto tra casa madre e sussidiarie
1.1 Modalità operativa per gestione delle relazioni inter-aziendali ............................................. 5
1.2 La diffusione della corporative culture ................................................................................. 6
Capitolo 2
Expatriates management: reclutamento e selezione
2.1 Tecniche di selezione .......................................................................................................... 7
2.2 Reclutamento e selezione: i casi aziendali .......................................................................... 8
Capitolo 3
Formazione multiculturale (cross-cultural training)
3.1 Il culture shock .................................................................................................................. 11
3.2 Le tecniche di formazione.................................................................................................. 12
3.3 Dalla teoria alla pratica: i case studies ............................................................................... 13
Capitolo 4
La gestione operativa degli espatriati
4.1 I sistemi salariali ................................................................................................................ 15
4.2 La politica retributiva ......................................................................................................... 16
4.3 Politiche di neutralità fiscale .............................................................................................. 17
4.4Trattamento economico in sede estera .............................................................................. 18
Capitolo 5
Il rientro nel Paese d’origine: superare il re-entry shock e portare valore all’organizzazione
5.1 Il processo di riadattamento .............................................................................................. 19
5.2 Il supporto organizzativo alla gestione del rientro .............................................................. 20
Conclusioni ................................................................................................................................ 22
Allegati ........................................................................................................................................ 23
Bibliografia ................................................................................................................................. 25
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INTRODUZIONE
FORME DI ESPATRIO: LO SVILUPPO DI CARRIERA IN UN CONTESTO GLOBALE
L’IHRM viene oggi considerata come una delle principali attività aziendali per il successo delle
strategie internazionali, infatti nel corso dell’ultimo decennio si è assistito ad uno sviluppo sempre
maggiore degli studi della gestione delle risorse umane in missioni internazionali.
Molteplici sono le ragioni che spingono a studiare questo fenomeno, prime tra tutte la crescita della
competizione globale che ha portato ad un incremento delle aziende multinazionali e, di
conseguenza, ad uno sviluppo e diffusione del concetto di “mobilità” (infatti alcune aziende che
precedentemente non erano coinvolte nei fenomeni di internazionalizzazione oggi lo sono).
Le tematiche fondamentali sono, dunque, connesse ai problemi legati alla gestione delle persone
inviate in missione all’estero da organizzazioni internazionali e si dividono principalmente tra
selezione e reclutamento, formazione e sviluppo, sistemi di remunerazione, trattamento fiscale e
giuslavoristico in sede estera. A queste si devono poi aggiungere quegli elementi di complessità
che derivano dai diversi contesti nazionali e dalle differenze linguistiche e culturali in campo
aziendale.
L’ambiente economico globale è molto cambiato negli ultimi decenni grazie a diversi fattori quali le
molteplici opportunità offerte dalla tecnologia e i nuovi canali distributivi, la crescita della capacità
produttiva nei Paesi emergenti e l’apertura di nuovi mercati, ma soprattutto la consapevolezza di
essere parte di un inesorabile processo di internazionalizzazione. La crescita internazionale delle
imprese, dunque, richiede sempre più la capacità di formare “manager globali” che siano in grado
di confrontarsi con contesti culturali, organizzativi e competitivi diversi, e di conseguenza il
management ha dovuto rapidamente attrezzarsi per far fronte alla portata dei cambiamenti.
La gestione delle risorse umane infatti è stata chiamata, da un lato, a fronteggiare la necessità di
avere personale qualificato, dall’altro, a coordinare flussi sempre più importanti non solo di persone
ma anche di idee e competenze. La più grande sfida che la gestione delle risorse umane deve
affrontare è quella di standardizzare il più possibile e, al tempo stesso, riuscire ad adattarsi ai
nuovi mercati e ai contesti socio-politici, al fine di conservare un alto livello di competitività.
In questo panorama, la gestione del personale espatriato resta un elemento fondamentale e in
campo internazionale rappresenta ancora un importante pratica di HRM, che dovrebbe essere
sempre congruente con la strategia aziendale. Nell’espatrio tradizionale, il lavoratore si trasferisce
in modo semi-permanente nel paese di destinazione, portando con sé il partner e/o la famiglia per
un periodo di tempo medio-lungo, con conseguenti problemi di adattamento sia nella fase di
partenza che in quella di rientro. Gli espatri tradizionali comportano un notevole investimento di cui
è difficile misurare i ritorni. I costi elevati associati a questo tipo di incarico hanno perciò portato
alla ricerca di soluzioni alternative, ovvero forme di espatrio meno costose per le aziende:
Espatrio a breve termine.
Può variare a seconda delle aziende, ma in generale si definisce come una missione più lunga
rispetto ad un semplice viaggio di lavoro ma di durata inferiore a un anno, che generalmente non
prevede l’espatrio della famiglia. Tali incarichi vengono generalmente realizzati per risolvere
problemi temporanei o per trasferire conoscenze, effettuare controlli sulle sussidiarie, sviluppare
qualità manageriali o realizzare progetti specifici. Essi hanno il vantaggio di incrementare
flessibilità ed efficienza dello spostamento, eliminando i costi monetari e psicologici del
trasferimento della famiglia. Le difficoltà consistono in problemi di tassazione, relativi al prolungato
distacco dalla famiglia e nelle difficoltà di stabilire relazioni efficaci con i colleghi e i clienti locali.
Espatrio frequent flyer o International Business Traveller (IBT).
Si tratta di persone per le quali il viaggio di lavoro è una componente essenziale dell’incarico.
Questa forma di espatrio permette di ottenere i vantaggi della relazione diretta senza gli svantaggi
derivanti dalla necessità di trasferire fisicamente i manager e le loro famiglie con tutti i problemi
che ne conseguono. Tuttavia, viaggi molto frequenti incrementano lo stress e perciò diventa
difficile il bilanciamento della vita privata con quella lavorativa.
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Pendolari e incarichi a rotazione.
Si definiscono pendolari quei dipendenti che lavorano sia nel paese d’origine, sia in quello
ospitante, trasferendosi da un luogo all’altro una o due volte la settimana; si parla di incarichi a
rotazione, invece, quando vi è alternanza di brevi periodi in entrambe le sedi. In tal modo vengono
mantenute strettissime relazioni sia con l’headquarters che con la sede estera. Pur avendo il
vantaggio di evitare le difficoltà dovute alla ricollocazione del nucleo familiare, vi sono
problematiche legate allo stress e a difficili relazioni interpersonali tra un Paese e l’altro.
Global virtual team.
Questi sono gruppi di lavoro internazionali virtuali che si compongono di un team di persone
collocate in aree geograficamente distanti tra loro che operano e coordinano il lavoro attraverso
l’uso delle ICT. Le persone così impiegate, pur restando nel Paese d’origine, hanno la
responsabilità di gestire il personale dislocato all’estero. Questi team hanno il difetto di non poter
essere utilizzati in attività in cui è richiesta una comunicazione face to face.
In conclusione, l’aumento di complessità dovuto al sovrapporsi di diverse forme di espatrio richiede
alle Direzioni Risorse Umane di adeguarsi sia in termini di gestione amministrativa e burocratica
sia in termini di politiche e di pratiche di supporto attivo.
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1. PROCESSI DI INTERNAZIONALIZZAZIONE: IL RAPPORTO TRA CASA MADRE E
SUSSIDIARIE
1.1 MODALITA’ OPERATIVE PER LA GESTIONE DELLE RALAZIONI INTER-AZIENDALI
La struttura di una multinazionale si presenta caratterizzata da un tipo di burocrazia con una forte
funzione di comando centrale e di controllo su una struttura geograficamente disomogenea ma
unificata dal punto di vista organizzativo.
In tale scenario, il controllo informale e gli aspetti gerarchici sono divenuti un tema fondamentale,
che ha consentito alle aziende di possedere, al contempo, una funzione di integrazione e una
imprenditoriale. Di conseguenza, la casa madre può orientarsi verso economie di scala, essere in
grado di valorizzare le sussidiarie capaci e far leva sulla conoscenza distribuita in azienda.
I processi di internazionalizzazione cambiano in base al grado di centralizzazione o
decentralizzazione dell’azienda. Nel primo caso si tende a mantenere la cultura dominante e il
controllo centrale, mentre nel secondo viene lasciata autonomia e spazio alle sussidiarie.
Le modalità di gestione del rapporto tra casa madre e sussidiarie influenzano notevolmente anche
le scelte inerenti al personale stesso. In merito a ciò, infatti, sono stati emersi vari approcci che
determinano un peculiare tipo di “atteggiamento” dell’azienda rispetto ai processi di
internazionalizzazione. Gli studiosi Howard V. Perlmutter e David H. Heenan (1979), esperti in
sviluppo delle imprese internazionali, hanno ideato l’EPGR Model, il cui acronimo è appunto
basato sui tre mindsets fondamentali di un IHR manager:

Approccio etnocentrico: le posizioni più rilevanti nelle filiali estere sono ricoperte da
personale proveniente dalla casa madre (PCN: Parent-Country Nationals).
Questo si presenta caratterizzato da:
- diretto controllo della filiale estera;
- impossibilità di sviluppare manager locali;
- rischio di uno scarso adattamento e performance poco produttiva dell’espatriato.
Tale approccio si riscontra principalmente nei casi in cui il Paese ospitante non offre
competenze manageriali al livello locale capaci di garantire il controllo della sussidiaria.
Pertanto, la figura dell’espatriato risulta la soluzione più efficace per esportare la
metodologia lavorativa dell’azienda e la cultura e i valori che appartengono ad essa.

Approccio policentrico: le posizioni chiave della sussidiaria sono selezionate dal Paese
ospitante (HNC: Host-Country Nationals).
- Sono fortemente valorizzate le differenze culturali per poter aiutare i manager locali a
gestire al meglio le caratteristiche dei mercati e dei Paesi in cui opera l’azienda.
- Presenta numerosi vantaggi economici derivanti dall’assunzione in loco e fa si che si
riducano di gran lunga i problemi di comunicazione interculturale.

Approccio globale: si va oltre ogni distinzione culturale perché mira al reclutamento dei
profili migliori prescindendo dalla nazionalità (Third Country Nationals).
- Permette la creazione di un team perfettamente internazionale giacché casa madre e
sussidiare collaborano costantemente nella trasmissione di politiche e pratiche di risorse
umane;
- Può rivelasi particolarmente dispendioso.

Approccio regiocentrico: prevede che all’interno di una stessa area geografica vi siano
persone di nazionalità della casa madre, del posto e provenienti da Paesi terzi. Le attività
sono dunque divise per area geografica.
La scelta tra questi tipi di approccio dipende dal livello di internazionalizzazione dell’azienda ma
anche dal suo orientamento culturale e dai tipi di settore e mercati serviti.
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In allegato 1 si presenta uno schema utile per comprendere le conseguenze nei processi
decisionali di una organizzazione in base al livello di autorità dell’headquarter.
1.2 LA DIFFUSIONE DELLA CORPORATE CULTURE
Nell’insieme degli elementi che caratterizzano il processo di internazionalizzazione la letteratura
tende ad attribuire sempre maggiore importanza alla cosiddetta corporate culture, ovvero alla
“cultura aziendale” intesa come vero e proprio DNA dell’impresa. Tale caratterizzazione si rivela
particolarmente determinante per la definizione delle scelte strategiche sia in un contesto locale
che in ambito internazionale. Pertanto, le imprese multinazionali stanno imparando a trasferire gli
elementi culturali oltre i confini nazionali per creare quella che sarà la propria cultura uniforme,
efficace in tutto il mondo.
Portare la corporate culture in un Paese straniero rappresenta un sfida per l’impresa poiché gli
orientamenti del core strategico non possono affatto determinare le politiche delle unità periferiche,
né i sistemi di gestione interni possono rimanere totalmente radicati alla cultura d’origine.
La capacità di gestire questi rapporti si realizza attraverso un processo in continua evoluzione,
basato sul grado di collaborazione e di coordinamento tra le varie unità coinvolte.
A tal proposito si possono individuare alcuni aspetti problematici della gestione internazionale delle
risorse umane nei rapporti tra casa madre e sussidiarie, tra cui:
- la difficoltà nel costruire un rapporto di fiducia;
- l’equilibrio tra decentramento e accentramento organizzativo e decisionale;
- le complessità nei processi di comunicazione.
In questo processo di trasmissione di valori culturali, la figura dell’espatriato svolge una funzione di
“ponte” giacché ha come missione anche quella di sviluppare le specificità locali senza perdere di
vista la prospettiva globale.
Un studio effettuato da AIDP (Associazione italiana per la direzione del personale) riguardo la
relazione tra HQ straniero e la sua sede locale cinese, rileva come, talvolta, per trovare le qualità
di adattabilità al contesto sia preferibile inviare “in frontiera” manager giovani, di potenziale, che
però spesso non possiedono doti di leadership ben consolidate. Questi, allo stesso tempo,
mostrano buone capacità di adattamento che permettono loro di decodificare al meglio le rispettive
realtà e di fare da ponte di collegamento nelle dinamiche aziendali, “parlando lo stesso linguaggio
della corporate”.
Oltre a possedere competenze tecniche, chiaramente richieste dalla tipologia d’impiego,
l’International manager deve possedere la capacità di far comprendere le differenze culturali,
fornire informazioni sul modo in cui un’organizzazione può coordinare tali variazioni, assicurarsi
che gli altri manager abbiano competenze cross-cultural e ovviamente comprendere il marketing e
la finanza internazionale. Ѐ dunque interessante analizzare come quelle che si definiscono soft
skills quali la sensibilità alle differenze culturali, la curiosità o la predisposizione all’ascolto,
possano facilitare non soltanto la relazione tra personale straniero e locale ma anche quella tra
sede locale e casa madre.
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2. EXPATRIATE MANAGEMENT: RECLUTAMENTO E SELEZIONE
2.1 TECNICHE DI SELEZIONE
La gestione delle risorse umane internazionali (IHRM) evidenzia come esista un elemento senza il
quale nessun modello di business, strategia aziendale e innovazione può essere attivata: “le
persone”. Nello specifico, “avere le persone giuste al posto giusto” è un classico tema per le
Risorse Umane che si arricchisce di elementi quali le caratteristiche dei Paesi di destinazione, il
coordinamento e il controllo tra la sussidiaria locale e la casa madre, la conoscenza e lo sviluppo
di talenti globali che sostengano le diversità interculturali.
Il successo di un IHRM necessita di un sistema coerente tra strategia, struttura e reclutamento
(Holtbrugge, Mohr, 2011): non esistono metodi di recruitment, compensation e sviluppo di per sé
eccellenti, ma l’ eccellenza è dovuta al fatto che essi siano collegati tra loro e con gli altri elementi
dell’organizzazione, in modo da rispondere in maniera tempestiva alle opportunità offerte dalla
globalizzazione. La coerenza tra le diverse attività delle risorse umane internazionali diventa
complessa, essendo mossa da due esigenze apparentemente opposte quali la personalizzazione
delle proprie prassi di selezione e la necessità di avere degli standard globali di riferimento. La
letteratura scientifica sul tema della selezione delle espatriate evidenzia quali possano essere gli
standard principali su cui riflettere.
Gli elementi che consentono una performance di successo sono raggruppabili in macrocategorie
quali:

Tecnical and Managerial Skills
Le competenze tecniche e manageriali sono spesso il primo, talvolta anche l’unico, criterio
di selezione delle aziende. La scelta della persona avviene attraverso la valutazione delle
capacità, delle conoscenze e delle abilità relative allo svolgimento tecnico della mansione
richiesta. Le competenze tecniche sono tipiche per ogni specifica professione e sebbene si
correlino positivamente con performance di eccellenza, tendono tuttavia ad essere un
criterio sopravvalutato: il fatto di saper svolgere il proprio lavoro non è sufficiente a
comprendere se la persona sia adatta un incarico internazionale (Caligiuri et all, 2009).

Personality Traits
Questi sono considerati come caratteristiche psicologiche, cioè tendenze individuali
relativamente stabili e durature dal punto di vista emotivo e comportamentale. Il modello del
“Big Five” risulta essere la tassonomia più utilizzata per evidenziare quali caratteristiche
psicologiche siano predittive di performance di successo. Tale modello evidenzia 5
macrofattori:
 Estroversione; valuta la tendenza ad avere numerosi ed intensi rapporti
interpersonali, agevolando nel formare legami più forti con locali, con altri espatriati
e le persone in genere (Shaffer, et all 2006).
 Amabilità: intesa come capacità di prendersi cura degli altri, essere di supporto
permette agli espatriati di gestire situazioni conflittuali in termini più collaborativi, si
sforzano di promuovere la comprensione reciproca e sono meno competitivi,
favorendo il successo dell’ incarico (Pranstraller, 2010).
 Coscienziosità: fa riferimento a caratteristiche come la precisione, l’accuratezza e la
volontà di aver successo.
 Stabilità emotiva: intesa come capacità di gestione delle proprie emozioni.
 Apertura mentale: fa riferimento all'apertura verso nuove idee, verso i valori degli
altri favorisce il vivere in un ambiente nuovo, ambiguo e scarsamente familiare.
I fattori evidenziati sono predittivi di un adattamento positivo dell’ espatriato al contesto
cross-culturale, ma non di sicuro successo nel raggiungimento degli obiettivi del lavoro.
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
Family situation
Presenta diverse sfaccettature quali il trasferimento di un eventuale coniuge e dei figli, che
devono cambiare scuola ed inserirsi in nuovo contesto sociale. Questi, talvolta, sono tra i
principali motivi di fallimento di un incarico internazionale (Hill, 2013). Un sistema di
selezione dovrebbe includere una valutazione della situazione familiare, in termini di
adattabilità, motivazione al trasferimento (Halsberger, Brewester, 2008) caratteristiche di
personalità del coniuge (Mol, 2007) e brackground nazionale e culturale familiare: essere
parte fin dalla nascita di una famiglia multiculturale è predittore di successo in incarichi
internazionali (Caligiuri, Tarique, 2009).

International motivation.
Riguarda la reale motivazione di un lavoratore a intraprendere un percorso di carriera
internazionale, che determina la probabilità di accettare un incarico e vivere in un Paese
differente. Per ovviare all’ indagine motivazionale dei candidati, la maggior parte delle
multinazionale, prevede che siano gli stessi candidati ad auto valutarsi ed auto candidarsi
per posizioni internazionali (Mol et all, 2005).

Tolerance for uncertainty.
Riguarda la tendenza individuale ad accettare la possibilità di eventi negativi, e permetta di
essere proattivi nonostante il presentarsi di difficoltà dal punto di vista personale e
lavorativo (Buhr & Dugas, 2002).

Cultural Intelligence.
Si riferisce alla capacità di vivere realtà differenti dal punto di vista culturale, di costumi,
usanze e stili di pensiero (Earley & Ang, 2003). Il costrutto presenta una dimensione
cognitiva, riguardo le conoscenze di norme, pratiche e convenzioni delle differenti culture
(Ang et al. 2007); una dimensione metacognitiva, che riguarda la capacità di riflettere sulle
informazioni acquisite dalla nuova cultura, per lo sviluppo, il monitoraggio e la modifica di
modelli mentali basati sulle nuove norme culturali (Ng & Earley, 2006); una dimensione
motivazionale che riflette il desiderio di vivere una nuova cultura (Ang et al., 2007) ed infine
una componente comportamentale per lo sviluppo di comportamenti in linea con i valori
locali e le specificità del contesto ambientale (Templer, Tay, & Chandrasekar, 2006).

Language Ability
Ѐ intesa come conoscenza della lingua della casa madre, che è la stessa in tutti i Paese
(generalmente la lingua inglese), per reportistica, procedure e comunicazione interne,
affiancata dalla lingua locale come elemento di maggiore valorizzazione per una più rapida
integrazione ( Bhaskar-Shrivinas et al., 2005).
2.2 RECLUTAMENTO E SELEZIONE: CASI AZIENDALI
La coerenza tra le diverse attività delle IHRM e l’ unicità di ogni organizzazione evidenzia come
non ci sia una “one best way” per le attività di recruitment e selection, ma come ci possano essere
casi di eccellenza nella gestione delle carriere internazionali.
CASO ENI
Le risorse umane internazionali in ENI sono una popolazione eterogenea, composta
per un 10% da espatriati e per un altro 5-10% da International staff in mobilità. ENI è
una multinazionale che presenta oltre il 50% del personale collocato fuori dal
territorio nazionale della casa madre, con un business prevalentemente generato
dalle attività estere. Ogni espatrio dura in media 2/3 anni, ma stanno prendendo vita nuove forme
di mobilità, più flessibili e di breve durata (6 mesi) come il virtual assignment, double desk. Il
reclutamento in ENI, avviene in base ai piani strategici del business, che è principalmente
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orientato verso realtà quali l’Africa Sud-Sahariana e parte del Medio Oriente. Se il reclutamento
avviene tramite canale interno, la linea generalmente individua i candidati con prassi di scambio di
feedback e consensi, arrivando all’ assegnazione. La popolazione di ENI, presenta un ampio
bacino di potenziali espatriati il cui profilo professionale prevede una disponibilità diffusa al
movimento internazionale. Qualora si decidesse di attingere da fonti esterne per le espatriate, nel
caso di missioni di durata di circa 2/3 anni, si procede con gli Assessement Days. Lo screening dei
curricula (si privilegia quelli pervenuti presso la banca dati delle autocandidature, sezione “Lavora
con Noi”) è seguito da una intervista telefonica per comprendere la reale disponibilità del candidato
in base alla posizione aperta. L’ assessement è caratterizzato da una intervista tecnica, un role
playing di gruppo, test di lingua (generalmente inglese) e una prova “In Basket”. In seguito, le
figure migliori per la posizione ricercata vengono convocate per un colloquio finale al quale
partecipa una commissione composta dal personale di riferimento per la posizione desiderata e
personale HR. In prospettiva, le priorità del gruppo sono quelle di selezionare e sviluppare sempre
più risorse locali in un’ ottica di talent pool globale. Per questo, le attività degli HR locali, si
occupano non solo della gestione delle singole sussidiare, ma sono attive nelle fasi di recruitment,
formazione e sviluppo.
CASO LUXOTTICA
Il gruppo Luxottica, leader mondiale nel settore degli occhiali di fascia alta, di
lusso e sportivi, è una realtà globale con una distribuzione in circa 140 paesi nei
cinque continenti, contando su 62.000 dipendenti. Il portafoglio marchi di
Luxottica è il più proficuo del settore, poiché a importanti marchi globali affianca
marchi Leader a livello regionale o in determinati segmenti di mercato e nicchie. La strategia si
basa su un bilanciamento ottimale tra marchi propri ed in licenza, cosi da coniugare la stabilità e i
volumi associati dai primi con il prestigio e l’ elevata marginalità dei grandi nomi della moda e del
lusso. Il modello di business globale è animato da un’ azienda verticalmente integrata. Il processo
di internazionalizzazione prevede un’ esecuzione allineata, in cui le decisioni e la loro esecuzione
vengono delegate primariamente alle organizzazioni locali nei vari Paesi e in seguito l’azienda
svolge attività di controllo ed indirizzo centrale per un’ ottimizzazione di prassi e procedure. I
principali flussi di espatri riguardano Italia e Cina per la produzione, per l’ingegneria ed
innovazione di prodotto; tra Italia e mercati emergenti (Brasile, India, Cina, Sud Africa, Emirati) per
le start up e tra Italia e Stati Uniti per lo sviluppo delle carriere. Il processo di selezione ed
individuazione dei candidati per incarichi internazionali è formale e strutturato e prende in esame
soft skills e valori aziendali condivisi: imprenditorialità, immaginazione, passione, semplicità e
velocità. Ogni anno viene svolta una mappatura delle competenze dei talenti aziendali, in cui viene
preso in esame il potenziale di internazionalità, in modo da avere un pool di profili su base
mondiale per le posizioni internazionali. Il lavoro in questa direzione ha permesso di individuare le
11 dimensioni soft che sono i filtri di selezione dei candidati sia per il reclutamento interno ed
esterno:
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la capacità di cercare opportunità di apprendimento;
l’ integrità nell’azione;
l’ adattabilità alle differenze culturali;
l’ impegno nel fare la differenza;
la capacità di aumentare le proprie conoscenze riguardo al business;
la capacità di lavorare con le persone;
la capacità di mettere a fuoco i problemi e di vederli da angolazione
nuove;
il coraggio di assumere rischi;
l’ abilità di cercare e dare rischi;
la capacità di apprendere dagli errori;
l’ apertura alle critiche.
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Le 11 dimensioni vengono inoltre valutate in base alla coerenza del profilo con le caratteristiche
della cultura del Paese di arrivo e la reale disponibilità al trasferimento. Tale modalità di
recruitment e succession management ha permesso al gruppo di non incorrere negli errori del
passato, laddove il fallimento di alcune espatriate è stato attribuito all’ incapacità del manager di
adattarsi ad una nuova cultura diversa, derivante da un processo di selezione poco strutturato e
basato sulle necessità di ricoprire posizioni senza preavviso e pianificazione.
CASO BARILLA
Barilla, azienda nata dal 1877 come negozio di pane e pasta a Parma, è tra i
leader mondiali della pasta, leader europeo dei sughi e primo attore in
Scandinavia nei pani croccanti. Il gruppo ha oltre 15000 dipendenti di cui
4755 unità in Italia e 10292 unità all’ estero e nel 2009 ha fatturato oltre 4,1
miliardi di euro. Il gruppo esporta i propri prodotti in oltre 150 Paesi e opera
direttamente in 20 Paesi. L’attenzione dell’ azienda verso i temi legati all’internazionalizzazione
delle Risorse Umane è testimoniata dall’ edizione del Barilla Global Players Forum & Workshops,
due giornate in cui si discute di espatri e carriere internazionali. Tale iniziativa prende vita dall’
implementazione da parte del Barilla Lab for Knowledge and Innovation di una nuova figura
professionale nel gruppo, quali i Barilla Global Players, circa 80 dipendenti. La fase di selezione
per i BGP è principalmente affidata ad uno strumento di La fase di selezione per gli espatri è
principalmente affidata ad uno strumento di assessement del potenziale internazionale “TIP” (The
International Profiler), che privilegia il reclutamento interno. Lo strumento prende in esame 10
dimensioni principali quali Openness, Flexibility, Autonomy, Emotional Strenght, Perceptiveness,
Listening orientation, Trasparency, Influencing, Synergy. Il test è una misura standardizzata, il cui
campione corrisponde a 1620 soggetti di circa 76 nazionalità, tra cui il 23% Inglese, 20% Tedesca
ed il 13% Italiana. La coerenza interna è medio-alta (Alpha Cronbach= 0.6). Lo strumento viene
utilizzato per valutare le abilità suddette, al fine di predisporre un piano di sviluppo internazionale e
sessioni di coaching personalizzati. Tale attività è svolta con l’ obiettivo di una prossima entrata in
nuovi mercati emergenti come Brasile e Cina, in modo da avere una squadra di persone preparate
e motivate al successo.
DISCUSSIONE DEI CASI
Le procedure di recruitment e selection delle tre realtà organizzative presentano sostanziali
differenze ed evidenziando come non esista un profilo di manager internazionale ideale e una
prassi condivisa di selezione.
Nella fase di reclutamento interna ENI e LUXOTTICA si avvalgono di sistemi di Job Posting, che
pubblicizzano le posizioni ricercate (Job Description, Job Demand) in modo che i dipendenti
possano manifestare il proprio interesse tramite autocandidature. Ogni dipendente può avere
informazioni dettagliate sulla posizione ricercata e compiere in prima istanza un’autovalutazione
riguardo le proprie competenze e quelle richieste, misurando la realistica disponibilità verso l’
espatrio (sulla base di eventuali problematiche personali, familiari, lavorative). In Barilla il sistema
di reclutamento interno non risulta strutturato, il gruppo dei Barilla Global Players appare come un
gruppo chiuso, il cui accesso sembra avvenire tramite processi decisionali informali (es. “coffeemachine system”, Brewster, 1999). ENI, dopo aver reclutato i candidati interni, si avvale
dell’assessement di competenze tecniche e precedenti esperienze internazionali per
l’individuazione del profilo migliore. Se il reclutamento è avvenuto tramite canale esterno, ENI
utilizza un percorso strutturato (Assessement Days). In Luxottica tramite mappature costanti del
potenziale di internazionalità, si è riusciti ad identificare quelle che sono le specifiche variabili soft
per espatriate di successo (oltre a competenze tecniche e conoscenza della lingua inglese), che si
ancorano ai valori aziendali condivisi quali imprenditorialità, immaginazione, passione e semplicità.
Tale modalità di assessement è utilizzata sia per il reclutamento da canale esterno che interno,
favorendo una massima integrazione tra valori aziendali e prassi organizzative, riducendo il rischio
di fallimento di incarichi internazionali ed aumentando il grado di attrattività verso carriere
internazionali. Barilla, che predilige il recruiting interno (analisi competenze tecniche, esperienze
internazionali) utilizza le pratiche di assessement nell’ ottica di colmare il gap tra competenze
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attese e competenze presenti nei Global Manager (profilo TIP). Tra le tre realtà aziendali, Luxottica
appare come un sistema aperto, che utilizza prassi formalizzate e standardizzate per la selezione
di figure internazionali, sia che provengano dal canale interno che esterno, promuovendo un
elevato livello di coerenza tra le prassi di selezioni, sia che provengano dal canale interno che
esterno, valori organizzativi e strategia aziendale. ENI e Barilla, sebbene si affidino a metodologie
parzialmente affidabili per la selezione (competenze tecniche, esperienze internazionali,
Assessement Day, TIP) presentano un basso livello di integrazione tra i valori aziendali e le
pratiche di valutazione del potenziale internazionale. Eni sembra più interessata alla promozione di
una mentalità internazionale, in un’ottica di “talent global manager”, che da un lato favorisce una
continua mobilità internazionale, dall’altro aumenta il rischio di turnover, riscontrabile nella fase di
rimpatrio a causa di prassi che non valorizzano la coerenza tra gestione delle espatriate e valori
organizzativi (Kreng, Huang, 2009).
Tra i valori organizzativi denunciati sono presenti ad esempio la sostenibilità e la cultura, valori che
sono assenti nelle pratiche di selezione (es. la misura dell’ atteggiamento ecologico dei propri
dipendenti sarebbe una misura in linea con i valori dichiarati). Le prassi di assessement per i
Global Players in Barilla, utilizzando uno strumento standardizzato per il profilo internazionale (TIP)
risultano altamente strutturate, con il vantaggio di poter compiere delle comparazioni con profili
internazionali simili del campione normativo, ma con lo svantaggio di non individuare le soft skills
tipiche del gruppo Barilla per incarichi internazionali.
3. FORMAZIONE MULTICULTURALE (CROSS CULTURAL TRAINING)
La crescita internazionale delle imprese, spinta dal bisogno di confrontarsi con contesti culturali e
organizzativi emergenti, richiede la capacità di formare “manager globali”, puntando a cogliere
vantaggi competitivi nei Paesi esteri e valorizzando, al contempo, l’esperienza internazionale
dell’espatriato. A tal fine, le aziende necessitano di progettare sistemi di supporto e formazione
alla multiculturalità (cross cultural training) unitamente a piani di sviluppo di carriera, aventi l’
obiettivo di sviluppare una mentalità globale (global mindset) [Perlmutter 1969], facilitare le
interazioni culturali e ridurre al minimo il rischio di disadattamento al Paese ospitante.
3.1 IL CULTURE SHOCK
Chi espatria non ha soltanto la necessità di adattarsi ad un luogo nuovo ma deve anche interagire
ed entrare in contatto con una cultura che non gli appartiene. Per questo motivo, se la formazione
alla nuova realtà non viene effettuata adeguatamente, l’interazione con background culturali diversi
può risultare difficile o essere una vera e propria fonte di stress, con conseguente perdita di
riferimenti nella vita emotiva cognitiva e pratica: quello che viene chiamato culture shock. Partendo
da queste premesse, Taft (1977) ha suddiviso il culture shock in cinque aspetti distintivi:
1.
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3.
4.
5.
Difficoltà di adattamento alla nuova cultura;
Senso di perdita;
Confusione nelle aspettative di ruolo e nell’identità del soggetto;
Sentimento di rigetto da parte degli appartenenti alla nuova cultura;
Ansietà e senso di impotenza dovuti all’incapacità di far fronte al nuovo ambiente.
Mentre da un lato questo fenomeno approfondisce la sfera emotiva dell’individuo, dall’altro
analizza il processo evolutivo di adattamento degli espatriati, a seconda che le fasi comprendano
anche il momento di rientro nel Paese d’origine (modello della curva a U o W) [Allegato 2]. Da una
prima fase in cui il nuovo arrivato si sente euforico e affascinato da tutte le novità (“luna di miele”)
si passa ad una seconda fase nella quale l’espatriato incontra difficoltà nella vita quotidiana e nella
comunicazione (“la negoziazione”). I sintomi si accentuano laddove la cultura di arrivo è molto
diversa e le differenze più ostiche da metabolizzare. Il passaggio, come è facile intuire, può essere
11
lungo e doloroso ed è spesso accompagnato da sentimenti di insoddisfazione personale. La fase
che spesso va dai 6 ai 12 mesi è comunemente riconosciuta come la fase di “adattamento”: in
questo stadio la persona comincia a sviluppare routine e capacità che lo aiutano ad interagire con
la nuova cultura (adattamento socio-culturale o culture learning perspective) e a mobilitare risorse
psicologiche ed emotive legate alle sue caratteristiche individuali (adattamento psicologico o stress
and copying perspective). La familiarità con il nuovo ambiente genera un nuovo senso di
appartenenza, si ristabilisce un equilibrio con se stessi e l’individuo inizia a scoprire tutti gli aspetti
positivi e negativi insiti nella nuova cultura. L’ultimo step (re-entry shock o reverse cultural shock)
riguarda la fase di riadattamento nel momento di rientro nel Paese d’origine e può essere avvertito
in maniera più o meno intensa dall’individuo, in relazione al grado di adattabilità alla cultura ospite.
3.2 LE TECNICHE DI FORMAZIONE
Alla base di quanto sopra esposto, la formazione alla multiculturalità, il training pre-partenza e il
supporto aziendale divengono strumenti efficaci nel rendere maggiormente affrontabile questa
esperienza di cambiamento. Tarique e Caligiuri (2003) individuano alcuni elementi che rientrano
nella valutazione sui metodi di apprendimento come ad es. identificare e determinare gli specifici
fabbisogni per il tipo di incarico internazionale; stabilire gli obiettivi e le misure; sviluppare e
mettere in atto un programma di formazione interculturale e infine valutarne l’efficacia. Il fattore che
merita una maggiore riflessione è sicuramente la durata dell’incarico, poiché gli incarichi di lungo
periodo, a differenza degli incarichi a breve termine, richiedono l’uso di tecniche specifiche accanto
ad un programma di orientamento culturale.
Per assistere le persone che assumono un incarico internazionale è sicuramente importante che le
aziende avviino una solida formazione pre-partenza nel paese di origine, attraverso corsi di lingua
e briefing informali , al fine di consolidare una solida formazione alla sensibilità culturale; studi di
area che consistono in programmi di documentazione su geografia, economia, storia sociopolitica
etc.; formazione a distanza (e-learning) attraverso sistemi di intranet dedicata agli espatriati con
l’obiettivo di generare una community per veicolare contenuti formativi a costi relativamente bassi.
A integrazione dei piani di formazione formale è possibile che le aziende organizzino altre forme di
supporto da effettuarsi nel Paese ospitante quali:




Visite pre-partenza: consentono di arrivare in un Paese avendo una minima conoscenza
del contesto e di prendere i primi contatti con la comunità locale;
Affiancamenti: ad appannaggio delle posizioni manageriali più elevate, consentono un
rapido passaggio di consegne e la possibilità di essere presentati ai clienti più importanti;
Shadowing: letteralmente la possibilità di seguire “come un ombra” i temi più importanti
attraverso report, risultati e comunicazioni, incontrando i membri dello staff locale quando
sono in casa madre;
Coaching culturale: mediante l’utilizzo di consulenti, si assiste l’espatriato e si offre uno
spazio confidenziale per un percorso di apprendimento che porti alla risoluzione dei
problemi. A questo intervento si affianca un supporto di e-coaching attraverso l’email, il
telefono e Skype.
Nonostante la maggior parte dei programmi di formazione si tengano prima della partenza,
l’azienda fornisce all’individuo, ed eventualmente alla sua famiglia, un orientamento al momento
dell’arrivo al Paese ospitante, che comporta il disbrigo di alcune pratiche burocratiche e
l’assistenza di prima necessità quali pagamenti, scolarizzazione di bambini, le creazione di un
conto bancario locale, ulteriori visite mediche e idoneità della patente. Durante il periodo
dell’incarico, una figura di mentore (mentoring culturale), individuata nei senior manager
dell’organizzazione, manager locali o ex espatriati, consigliano e seguono l’operato dell’espatriato
su questioni legate al lavoro, con l’effetto positivo in termini di socializzazione e organizzazione del
lavoro stesso.
12
3.3 DALLA TEORIA ALLA PRATICA. I CASE STUDY: Unicredit, Generali, Eni.
Esattamente come nelle procedure di recruitment e selection, anche per la formazione non esiste
un metodo standardizzato e universalmente valido: il metodo non solo differisce da azienda ad
azienda, ma varia soprattutto in funzione delle necessità individuali dei manager di una
determinata organizzazione e soprattutto delle implicazioni sociali che il trasferimento comporta.
Ѐ il caso di Unicredit, che è diventata nel giro di pochi anni uno dei maggiori gruppi
finanziari internazionali con oltre 160 mila dipendenti, che operano in 22 Paesi
europei. Per il gruppo Unicredit la mobilità internazionale è diventata un opportunità
vantaggiosa dal punto di vista professionale e, specialmente nell’ultimo periodo, ha
cercato di trovare un punto di equilibrio tra piani di mobilità e gestione e sviluppo dei talenti.
Questo si è risolto con politiche di cambiamento riguardanti non solo la durata media di un espatrio
(dai 5/7 anni ai 4/3 anni) ma soprattutto attraverso un reclutamento di giovani sotto i 30 anni. Altro
punto di eccellenza rispetto ad aziende dello stesso comparto, è rappresentato da una maggiore
predisposizione culturale alla mobilità delle donne (quasi il 32%). In linea con questa visione, una
grande rilevanza è stata data dalla creazione e inserimento di una mentalità multiculturale e della
gestione della diversità: a questo scopo, Unicredit ha proposto un modulo di formazione
denominato “Cross culture, diversity and inclusion” in cui viene affrontato un percorso specifico per
gestire a distanza team interculturali e piani di formazioni specifici per gli espatriati come il “Cross
culture learning lab” avviato nel 2010. Nell’ambito della formazione pre-partenza e durante
l’assegnazione dell’incarico, Unicredit non offre solo corsi di lingua ma anche un career tutoring e
un servizio di networking, per agevolare l’inserimento dell’espatriato e curare ogni aspetto che
riguarda la dimensione familiare. Anche il rimpatrio è fortemente curato, considerando le esigenze
aziendali e lo sviluppo della risorsa con una forte attenzione alla sfera emotiva dell’individuo.
Particolarmente attenta alla formazione risulta essere il gruppo Generali, presente
in oltre 60 Paesi in Europa con una media di 82 mila persone con una mobilità
internazionale presente a livello globale. La struttura formativa del gruppo è la
Generali Group Innovation Academy che, dalla sua fondazione nel 2005, ha fornito
un ingente numero di ore di formazione (circa 168mila) per gli impiegati di ogni
livello, provenienti da società di gruppo operanti sia in Italia che all’estero. Grazie
alla collaborazione della International Mobility Team presso il Corporate Centre di Trieste e di
alcuni Local Mobility manager, Generali ha sviluppato un corso di formazione, denominato Marco
Polo, che ha saputo fondere teoria, pratica e procedimenti, fornendo ai partecipanti un bagaglio di
conoscenze funzionali ad affrontare con successo le missioni all’estero. In seguito, nel 2011, ha
avviato un programma di formazione parallelo, Pangea, specificatamente rivolto ai manager e
team che ospitano gli expatriates. In questo caso, poiché la platea di utilizzatori sarebbe stata di
gran lunga più vasta, Generali ha pensato che una piattaforma e-learning sarebbe risultata più
efficace con costi più accessibili. Concentrandosi su quattro aree chiare,(1. Aspetti di business
della “diversità”; 2.Le generali nel mondo; 3.La teoria della dimensione culturale; 4.L’inclusione) il
programma punta all’acquisizione di una mentalità internazionale, condividere conoscenze fra
unità operative e fra Paesi e creare una forza lavoro diversificata al servizio di una clientela
sempre più diversificata. Da quanto appena detto, risulta chiaro che la formazione del gruppo
Generali risulta finalizzato ad una formazione di tipo settoriale e specifico, mirante da un lato a
formare e supportare l’espatriato con i colleghi e stakeholders dei Paesi ospitanti e dall’altro a
creare un pool di dirigenti altamente professionali, capaci di gestire l’intera gamma di funzioni
internazionali.
Con Eni il canale per il recruitment e la formazione per il personale operante in Italia e all’ Estero è
affidato a Eni Corporate University, che contribuisce alla valorizzazione e allo sviluppo della
conoscenza, promuovendo sistemi di Knowledge Management e garantendo la diffusione e lo
sviluppo della corporate identity. Parallelamente, la continua formazione in azienda mira a
raggiungere standard di eccellenza, accompagnando e aiutando la persona a costruire un'identità
professionale solida e dinamica. Nello specifico, la formazione in Eni si rivolge principalmente alla
realizzazione di iniziative a supporto dei processi di business, con particolare riferimento ai progetti
estero. Nella fase di pre-partenza l’azienda dapprima invia per e-mail una lista di informazioni utili
13
circa il Paese di destinazione, con l’obiettivo di motivare e coinvolgere i partecipanti; poi invita gli
espatriati ad una giornata informativa con un programma di briefing, riguardante le politiche
salariali, il processo di adattamento, un servizio di tutoraggio e consulenza per i coniugi; le
normative e le politiche culturali; tematiche riguardanti la pensione, sicurezza e assicurazione. La
formazione pre-partenza ha di per sé un carattere generale e prepara l’espatriato ad affrontare
situazioni pratiche; pertanto, non contiene alcuna formazione specifica al Paese ospitante, né è
specializzata all’individuo o all’attività che esso dovrà svolgere. Solo in seguito, al momento
dell’arrivo, tutti gli espatriati e i membri della famiglia verranno registrati e viene fornito loro un
manuale con contatti di emergenza e informazioni utili, al fine di facilitare l’inserimento nel tessuto
sociale e culturale ( trasporti pubblici, ospedali, scuole, farmacie). In seguito, l’espatriato riceverà
da un HR locale un programma più dettagliato relativo all’incarico lavorativo e un programma di
sostegno familiare, unitamente ad un Induction medico-comportamentale e linguistica. La
presenza del dipartimento HR non si limita solo a supporti iniziali, specialmente se il periodo di
permanenza per l’espatriato è considerevole: infatti sono costantemente monitorati al fine di
prevenire stati di disadattamento alla cultura locale, incentivando attività serali nelle quali anche le
famiglie possono sentirsi parte integrante di una cultura nuova e aumentare la loro rete sociale.
Sembra dunque evidente come una politica formativa basata su questi principi abbia il duplice
obiettivo di aumentare la possibilità di una elevata prestazione, supportando l’espatriato ad una più
integrata presenza sul territorio. La vera strategia competitiva per l’azienda, dunque, si gioca sul
piano della mobilità internazionale, come strumento di integrazione culturale e sviluppo delle
risorse; un ampio spettro di interventi è stato dedicato alla valorizzazione delle persone locali, con
l'obiettivo di aumentare nel tempo la loro presenza in posizioni manageriali: lo dimostra il
programma di “nazionalizzazione delle posizioni manageriali” lanciato da Saipem, che assicura
all’azienda un rapido trasferimento delle politiche dalla casa madre all’azienda locale e una
gestione ottimale delle politiche di adattamento. Il programma ha l'obiettivo di sviluppare
professionalità nel campo dell' Oil&Gas, in modo da affiancare gli “espatriati” con personale locale,
a tutti i livelli dell'organizzazione. Ad esempio, in Nigeria, nel 2000, nelle tre compagnie controllate
da Eni il personale era formato da 890 persone locali e 170 espatriati. A sostegno di questa visione
globale, un altro esempio è dato dall'accordo di cooperazione siglato nel febbraio 2010 fra Saipem
Contracting Algérie e l'Université des Sciences e Technologies di Orano (Algeria), volta a formare
risorse locali verso le professionalità di più difficile reperimento sul territorio algerino.
Dai case study effettuati emerge come la forte globalizzazione e la conseguente apertura di nuovi
mercati abbia portato le aziende a rafforzare la propria spinta internazionale in un contesto
dinamico e competitivo, ad “abbattere le barriere” culturali e a potenziare il settore delle risorse
umane. Se per Unicredit e Generali la consapevolezza culturale e la diversità ha rappresentato
una chiave di successo per la costruzione di una solida policy internazionale, che punti a
consolidare la sua presenza sullo scenario mondiale, Eni ha gestito un business incentrato sulla
mobilità internazionale, investendo sulla formazione del personale italiano e implementando il
potenziale proveniente dall’estero, attraverso piani di sviluppo locali e programmi di
internazionalizzazione manageriali, che ha consentito di esportare saperi e valori aziendali, al fine
di creare un bacino di risorse di particolare valore professionale. In uno stadio multinazionale,
come in Eni, non solo il fabbisogno di formazione diventa altamente specializzato, concentrandosi
sulla gestione delle operations a livello globale ma è attribuita maggiore attenzione allo scambio di
informazioni e al trasferimento di valori, aventi lo scopo di promuovere una mentalità internazionale
in un’ ottica di talent global manager.
14
4. LA GESTIONE OPERATIVA DEGLI EXPATRIATES
La crescente mobilità internazionale del personale, per periodi di durata variabile, ha determinato
un progressivo sviluppo delle problematiche connesse alla gestione operativa degli expatriates.
In tale ambito la scelta del pacchetto retributivo da parte dell’azienda non riguarda soltanto la
remunerazione delle competenze tecniche della risorsa espatriata ma anche l’aspetto risarcitorio
riconosciuto al dipendente. Pertanto per definire una politica retributiva degli espatriati l’azienda
può tenere in considerazione quattro fattori:




Equità: ha lo scopo di assicurare al dipendente che le sue condizioni non peggioreranno
rispetto a quelle acquisite nel Paese di provenienza.
Contenimento dei costi: influenza sempre di più la scelta salariale applicabile alla forza
lavoro espatriata. In base a quanto dichiarato dalle aziende, è evidente come l’attenzione ai
costi dell’espatrio sai un elemento di peso crescente.
Competitività: è mossa dalla forte esigenza, da parte delle aziende, di confrontare il costo
delle varie ipotesi di reclutamento.
Globalizzazione: accresce sempre di più l’esigenza da parte delle aziende di armonizzare i
sistemi retributivi.
I principali sistemi di remunerazione del personale espatriato sono stati esaminati dall’ECA
International attraverso l’indagine intitolata “Expatriate Salary Management Survey 2009”(Allegato
3), allo scopo di analizzare le tendenze nel trattamento economico del personale all’estero a livello
internazionale.
4.1 I SISTEMI SALARIALI
Tra i principali sistemi salariali quattro si presentano come i più significativi con le seguenti
caratteristiche:
- Home Country Based Approach (o build up):
 Prende come riferimento la retribuzione nel Paese d’origine dell’espatriato;
 Base di partenza per il computo è lo stipendio figurativo percepito in patria. Tale importo
viene poi adeguato al costo della vita e al carico fiscale e contributivo nel Paese di
destinazione;
 Tale sistema utilizza la retribuzione al netto degli oneri fiscali e previdenziali del Paese di
origine e attraverso queste operazioni ottiene come risultato finale il cosiddetto “netto di
assegnazione”.
- Host Based Approach (o market rate):
 La retribuzione dell’espatriato è basata su livelli salariali pagati nel Paese di destinazione,
per lavori di equivalente livello o valutazione;
 Vengono aggiunte indennità e benefit che compensano oneri finanziari tipici degli espatriati;
 Ѐ particolarmente adottato per assegnazioni di lungo termine.
Selected Country
 La retribuzione si basa su un’unica struttura salariale valida per tutti, indipendentemente dal
fatto che questa sia legata al Paese di origine o di destinazione;
 In genere questo sistema si usa per garantire lo stesso standard all’intera forza lavoro
espatriata.
15
Hybrid – Dual Based Approach
 Prevede la suddivisione del trattamento in due parti distinte, legate sia alla realtà del Paese
di origine che a quella di destinazione; questa influenzerà i trattamenti “esteri” che quindi
saranno equivalenti per tutte le persone, di qualunque origine, che operano in un
determinato Paese;
 La realtà del Paese di provenienza sarà la base per un importo fissato nella valuta di quel
Paese, per coprire le spese sostenute e destinate all’incentivazione
Dall’applicazione di questo sistema deriva un importo che viene calcolato distinguendo due
elementi:
-
Riflette lo stile di vita del Paese d’origine tenendo conto di un pacchetto di consumi
aziendale espresso in valuta locale
Fissa l’importo in valuta nazionale comprendendo gli incentivi e gli impegni finanziari
legati al Paese di provenienza.
4.2 LA POLITICA RETRIBUTIVA
Gestione operativa: scelta contrattuale e gestione fiscale dell’espatriato.
Una delle tematiche più complesse connessa alla movimentazione internazionale di personale
concerne due aspetti di fondamentale importanza, che ruotano attorno alla gestione operativa
dell’espatriato, riconducibili alle scelte di natura giuslavoristica e fiscale.
Struttura contrattuale.
Tra le principali scelte che la società si trova ad affrontare quando decide di trasferire una risorsa
all’estero, vi è quella relativa alla struttura contrattuale. Tale scelta non può prescindere da
alcuni fattori come la durata dell’assegnazione, il tipo di attività che il dipendente andrà a svolgere
nello Stato estero, la forma contrattuale prescelta, l’esistenza o meno di accordi fra le società
coinvolte.
Per quanto riguarda la gestione dell’assegnazione di personale dipendente all’estero il sistema
giuridico italiano individua tre fondamentali strutture contrattuali:



Trasferta: costituisce la temporanea assegnazione ad una diversa unità produttiva per
far fronte ad esigenze aziendali occasionali e contingenti (business trip);
Trasferimento: si concretizza nella modifica definitiva del luogo di prestazione
lavorativa (permanent transfer);
Distacco: si presenta quando il datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse,
pone temporaneamente il lavoratore a disposizione di un altro soggetto per
l’esecuzione di una specifica attività lavorativa (secondment/assignment – short term /
long term).
Occorre fare alcune precisazioni in merito all’ipotesi in cui il lavoratore sia già occupato in Italia
e viene trasferito all’estero. Se si tratta di un trasferimento a breve termine non è obbligatoria per
legge la stipula di un particolare contratto, qualora invece la permanenza sia prolungata (come nei
casi di trasferimento e di distacco) è opportuna la redazione di pattuizioni scritte ai fini del corretto
assoggettamento fiscale dei redditi prodotti all'estero.
Quando, invece, il lavoratore è assunto appositamente per essere inviato all'estero è
obbligatorio per il datore di lavoro formalizzare per iscritto le condizioni d'ingaggio.
Nella prassi in entrambi i casi le parti stipulano una specifica pattuizione che regola il rapporto di
lavoro fuori dai confini nazionali e definisce il trattamento economico e normativo del lavoratore.
16
Gestione fiscale
In Italia, le disposizioni fiscali del rapporto di lavoro prestato all’estero hanno un’origine
interna e convenzionale. Da un punto di vista interno sono rilevanti le norme contenute nel TUIR
(Testo Unico delle Imposte sui Redditi), che tengono conto del principio del World Wide Income
(principio della tassazione su base mondiale). Dal punto di vista transnazionale invece si ricorre a
sistemi convenzionali, tra i quali rientra il modello elaborato dall’OCSE (Organizzazione per la
Cooperazione e lo Sviluppo Economico - altrimenti OECD) in materia di doppie imposizioni, a
causa delle problematiche relative alle “sovrapposizioni” derivanti da differenti ordinamenti
normativi. Per cui aspetto prioritario da considerare ai fini della tassazione del reddito prodotto
all’estero è il principio generale della residenza fiscale.
Sotto l’aspetto formale, la residenza dipende dall’iscrizione all’anagrafe di Stato. Nell’ipotesi di
cancellazione da tale registro e di iscrizione all’AIRE (Associazione Italiani residenti all’estero), si
deve adeguare tale concetto ai sensi del codice civile quando la sede dei propri affari e interessi
morali, affettivi, personali (domicilio) o il fatto di dimorare abitualmente sia mantenuta nello stato
italiano.
La residenza fiscale secondo l’Art. 2 c. 2
TUIR
La residenza fiscale secondo il modello
l’OCSE
Sono considerate fiscalmente residenti in Ha lo scopo di dirimere il conflitto di doppia
Italia le persone che per la maggior parte del residenza.
periodo di imposta (183 giorni) sono:
Se la persona fisica, per le normative
interne, risulta residente fiscale in entrambi
gli Stati, si dovranno considerare quattro
 Iscritte nell’anagrafe della popolazione
criteri noti come tie-breaker rules:
residente
 Hanno il domicilio in Italia
 Abitazione principale
 Hanno la residenza in Italia
 Centro degli interessi
E’ sufficiente anche solo una delle condizioni  Soggiorno abituale
menzionate per essere considerati residenti  Nazionalità
in Italia.
Per quanto riguarda l’ambito temporale il legislatore fa riferimento alla “maggior parte del periodo
di imposta”, che nel caso degli espatriati è riconducibile al concetto dei 183 giorni, la cui regola, di
base fa riferimento al periodo di imposta di 365 giorni divisi successivamente per due (Allegato 4).
Secondo il presupposto oggettivo, in base all’Art.3,c.1 TUIR, l’imposta si applica sul reddito
complessivo del soggetto formato:
 per i residenti in Italia da tutti i redditi posseduti
 per i non residenti soltanto da quelli prodotti nel territorio dello Stato.
4.3 POLITICHE DI NEUTRALITA’ FISCALE
L’assegnazione all’estero di un dipendente per un periodo medio-lungo comporta il radicamento
dello stesso nella realtà socio-culturale del Paese di destinazione con la conseguenza che lo Stato
estero possa chiamare il lavoratore a contribuire alla spesa pubblica mediante la riscossione delle
imposte sui redditi prodotti. In tale circostanza, è sempre emersa la necessità da parte delle
aziende di individuare dei sistemi in grado di neutralizzare, in termini di impatto fiscale, eventuali
differenze che potrebbero determinare oneri fiscali aggiuntivi rispetto al Paese di origine.
Le società generalmente adottano politiche di neutralità fiscale in virtù delle quali al lavoratore
verranno trattenute solo le imposte dovute in Italia. Così la società provvederà a liquidare il debito
tributario locale nei modi che riterrà più opportuni, nel rispetto della normativa fiscale locale. Al
17
termine dell’anno fiscale potranno quindi essere effettuati conguagli fra le imposte estere e quelle
italiane e le eventuali differenze verranno trattenute o rimborsate sulla prima retribuzione utile.
Tra i principali sistemi si possono individuare:
Tax Equalization
Il dipendente è tenuto a sostenere un onere fiscale pari a quello che avrebbe sostenuto se avesse
continuato a lavorare nel Paese di origine.
L’applicazione pratica di questo principio avviene attraverso l’effettuazione di una ritenuta fittizia
(Hypothetical Withholding Tax) operata dal datore di lavoro, per un ammontare pari all’ordinario
debito fiscale cui il lavoratore sarebbe stato soggetto se avesse continuato a svolgere la sua
attività nel Paese di origine.
Al momento della liquidazione delle imposte nello Stato estero, la società utilizzerà l’ammontare
trattenuto al dipendente a tal fine ed eventuali differenze tra gli importi effettivamente versati e gli
importi trattenuti rimarranno a carico/beneficio della stessa.
Tax Protection
Il lavoratore non dovrà sopportare alcun danno economico a seguito della sua assegnazione
all’estero.
Il lavoratore sosterrà l’imposta minore tra l’Hypotetical tax e l’imposta estera effettivamente dovuta
sull’intero trattamento economico. Nel caso in cui costui debba versare delle imposte nel Paese di
assegnazione sui redditi di lavoro dipendente, queste saranno rimborsate o sostenute direttamente
dalla società. Mentre le imposte derivanti dai redditi personali saranno a carico del dipendente.
Per quanto riguarda le imposte sul reddito di lavoro dipendente dovute nel Paese di assegnazione
potranno essere liquidate in base a due diversi metodi:
- Metodo del gross up che prevede il versamento delle imposte da parte della società mediante
ritenuta diretta;
- Metodo del roll over attraverso cui il versamento delle imposte da parte della società avviene
mediante dichiarazione dei redditi e successivo rimborso.
Gross - Net – Gross
Una politica di “Gross-net-Gross” si traduce in una preventiva determinazione del “Trattamento
economico netto di sede estera” da garantire al dipendente distaccato, calcolato come sommatoria
tra le voci retributive italiane Ran Estera (retribuzione annua lorda italiana al netto delle imposte e
contributi italiani) e l’Indennità Netta.Tali importi vengono successivamente lordizzati sulla base
delle aliquote di imposta locali e dei contributi italiani (ed esteri qualora dovuti) e definiti
contrattualmente come importi lordi.
Netto Garantito
La politica del Netto Garantito ha origine dalla Tax Equalization e dal Gross-Net-Gross e si
caratterizza per il fatto di garantire un netto che non subirà variazioni a prescindere da qualsiasi
evento di carattere fiscale che possa verificarsi successivamente. In genere, il Netto garantito è
stabilito contrattualmente assicurando quindi al dipendente un importo netto che non subirà
eventuali variazioni.
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4.4 TRATTAMENTO ECONOMICO IN SEDE ESTERA
Il trattamento economico che viene riconosciuto all’espatriato è dato dalla sommatoria di una serie
di elementi. Oltre la retribuzione base, che è data dall’importo della retribuzione annua lorda
percepita dal dipendente in base alla sua qualifica nel Paese di partenza prima dell’assegnazione
all’estero, si devono considerare gli elementi retributivi corrisposti in maniera continuativa con
esclusione degli eventuali benefit e dei pagamenti “una tantum” erogati a titolo di incentivazione
allo scopo di incoraggiare alla mobilità e premiare la disponibilità del lavoratore e della eventuale
famiglia. I principali incentivi che vengono riconosciuti al personale all’estero sono:
Indennità di espatrio/indennità di servizio estero
 Compensare i dipendenti e la loro famiglia per lo “sradicamento” dal Paese di origine;
 La sua misura non varia a seconda della località di destinazione;
 È calcolata come percentuale del salario lordo di partenza.
Indennità di disagio
 Compensare i dipendenti e la loro famiglia per le disagiate condizioni di vita al di fuori
dell’ambiente di lavoro;
 La sua misura dipende dalla specifica situazione ambientale della località di destinazione e
al suo rapporto con la località di provenienza;
 Dal livello di disagio si ricava la percentuale da applicare al salario di partenza
determinando così l’ammontare.
Indennità costo vita
 Adeguare il differenziale del costo di vita rispetto al Paese di origine;
 Lo strumento utilizzato è quello degli indici di differenziale costo vita;
Nel caso in cui il livello del costo della vita nel paese estero dovesse risultare superiore a
quello del paese di origine, si riconosce al lavoratore un importo addizionale che lo
indennizzi dei maggiori costi a parità di consumi rispetto alla situazione di partenza.
Indennità di prima sistemazione
 Coprire le spese legate, per esempio, all’acquisto di mobilio o vestiario, trasporto di
bagaglio e masserizie, lavori di sistemazione abitativa ecc;
 Alcune società pagano direttamente, in alternativa, le spese di trasferimento.
Altri tipi di indennità
Possono consistere:
 In una indennità supplementare riconosciuta ad un certo punto della carriera in poi;
 In una indennità supplementare per le assegnazioni di lunga durata, esclusa per le
assegnazioni temporanee;
 In una indennità “pionieristica” per le località in Paesi sottosviluppati o in caso di nuove
attività.
19
5. IL RIENTRO NEL PAESE D’ORIGINE: SUPERARE IL RE-ENTRY SHOCK E PORTARE
VALORE ALL’ORGANIZZAZIONE.
Il momento del rientro in patria dopo un incarico internazionale si presenta spesso come uno dei
momenti più duri del processo di espatrio, sia per l’azienda che per l’espatriato stesso.
Ancora oggi questa fase è generalmente sottovalutata nonostante provochi molte conseguenze
sulla capacità di trasferire e utilizzare le conoscenze accumulate dal dipendente, così come sulla
possibilità di attrarre altri candidati per l’espatrio in futuro. Da un’analisi della letteratura
dell’International human resource management emerge come il momento conclusivo dell’espatrio
sia uno dei temi più attuali e che ha ancora molti spunti di analisi da approfondire.
Partendo da una caratterizzazione del processo conclusivo dell’espatrio si possono distinguere tre
fasi principali:
 una fase pre-partenza durante la quale l’azienda e il manager definiscono l’incarico e
chiariscono le proprie aspettative e disponibilità (in questa fase si dovrebbe anche creare
un sistema di comunicazione con il dipendente affinché sia costantemente aggiornato sui
cambiamenti nella casa madre che si possono verificare in sua assenza);
 una fase intermedia in cui si cerca di prevedere le attività di scambio continuo di
informazioni relative al lavoro e agli sviluppi degli Headquarters;
 una fase finale in cui l’azienda fornisce assistenza soprattutto alla ricollocazione lavorativa
e alla reintegrazione aziendale.
5.1 IL PROCESSO DI RIADATTAMENTO
Così come avviene nel processo di avvio dell’esperienza nel Paese ospite anche nella fase di
rientro si possono individuare due principali dimensioni del riadattamento al Paese d’origine: quello
al lavoro vero e proprio e quello all’ambiente e alla cultura generale (Black e Gregersen, 1991).
Studi di casi aziendali rivelano come per chi rientra la situazione professionale spesso non è
soddisfacente, tanto che si riscontra un’alta percentuale d’individui che una volta rientrati a casa
lasciano l’azienda che li ha mandati in missione (i dati di turnover al rientro variano tra il 22 e il
39% tra il primo e il secondo anno dal rientro).
Le problematiche per i manager espatriati nascono, prevalentemente, dallo scostamento tra le
aspettative dell’individuo e la realtà aziendale con cui si trovano a fare i conti una volta rientrati.
Infatti chi espatria si aspetta che la propria esperienza venga trattata come un arricchimento per
l’organizzazione e che di conseguenza tutti gli sforzi effettuati per compiere la missione vengano
riconosciuti e valorizzati in termini di carriera. In realtà diversi studi dimostrano che i manager
rimpatriati restano profondamente delusi su questo fronte, soprattutto perché al momento
dell’accettazione di un incarico internazionale, una delle motivazioni più forti che li spinge alla
partenza è proprio lo sviluppo di carriera. Infatti l’ansietà legata alla propria posizione dopo il
rientro è provocata da vari fattori legati sia alla personalità del singolo che all’azienda stessa, quali:






una mancanza di garanzia di rimpiego al termine dell’incarico (non sempre le aziende sono
in grado di garantire una posizione adeguata al momento del rientro);
eccessive aspettative da parte dell’espatriato che si aspetta un passaggio di carriera al suo
rientro;
perdita di visibilità legata all’assenza (questo avviene principalmente quando gli incarichi
non sono pianificati come parte del percorso di sviluppo della carriera ma semplicemente
come copertura di posizioni per rispondere ad esigenze in filiali estere);
perdita di reddito ( è frequente il ridimensionamento della retribuzione al rientro);
mancata valorizzazione dell’esperienza all’estero;
riadattamento alla cultura e alle pratiche manageriali della casa madre (chi rimpatria può
trovare difficile il riadattamento alla cultura organizzativa e alle pratiche lavorative
dell’organizzazione di partenza).
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Per quanto riguarda invece il riadattamento emotivo e culturale bisogna considerare che di regola
l’espatriato non si aspetta di incontrare difficoltà nel riadattarsi alla propria cultura d’origine. Ma la
realtà è ben diversa, infatti gli individui passano attraverso una nuova fase di assestamento che è
definita reverse culture shock (sembrerebbe inoltre che coloro che si sono adeguati meglio alla
cultura ospite abbiano poi maggiori difficoltà a riadattarsi a quella d’origine). Se è vero che molti
fattori quali la conoscenza della lingua, le esperienze precedenti, la propensione al cambiamento, il
supporto familiare influiscono sulla durata e l’intensità del processo di adattamento, allora sarà
anche vero che l’individuo reagirà in maniera differente alle influenze culturali eterogenee: secondo
il modello di Berry, l’espatriato o si converte alle norme, valori e comportamenti della nuova
cultura (Assimilazione) o le rifiuta rafforzando le norme della cultura di origine (Separazione). Ci
sono casi in cui l’individuo non si senta di appartenere né all’una né all’altra cultura
(Marginalizzazione) oppure divenga un soggetto multiculturale e si senta a suo agio in entrambe
(Integrazione).
La psicologa Nam A. Sussmann (2001) ha studiato un modello che rivela quattro tipologie
d’identità culturale sviluppate in seguito all’adattamento nel Paese ospite e in relazione a queste vi
è un diversa reazione al processo di rientro. Una è l’identità affermativa porta che ad un
rafforzamento dei sentimenti positivi verso il Paese d’origine e quindi ad un processo di rimpatrio
positivo; altre sono quella sottrattiva e quella additiva che appartiene ad individui ben intergrati
che quindi avranno un’esperienza di rientro dura; infine vi l’identità di tipo globale, quella meno
problematica, giacché è abituata ad affrontare culture diverse a causa di ripetuti spostamenti
all’estero e quindi non subisce lo shock né nella fase di adattamento e ancor meno in quella di
rientro.
5.2 IL SUPPORTO ORGANIZZATIVO ALLA GESTIONE DEL RIENTRO
Generalmente le aziende non adottano un atteggiamento particolarmente attento rispetto alla
gestione del rientro e quindi sostanzialmente rispetto all’esigenza di avviare programmi specifici.
Una delle ragioni la si può individuare nel fatto che le aziende non usano l’espatrio come
strumento di sviluppo di carriera e perciò tendono a dimenticare che gli espatriati fanno parte di un
management team. Infatti quasi sempre la valutazione della performance è delegata
all’organizzazione ospite.
Alla luce delle problematiche rilevate nel processo di riassestamento sono state individuate in
letteratura alcune misure tra le più applicate dalle aziende per favorire un buon rientro riducendo
dunque l’impatto (Poe, Solomon, Jasawalla, Dowling):





pianificare il rientro ancora prima della partenza, dunque nel processo di selezione;
fornire programmi di riorientamento al manager e anche alla sua famiglia;
alleviare i problemi di chi rimpatria attraverso l’assegnazione di un mentore;
stabilire una linea di comunicazione costante tra la casa madre e l’espatriato durante l’espatrio;
stabilire procedure e politiche che valutino sistematicamente le abilità acquisite cosicché non
venga tralasciata la fase di valorizzazione della performance.
Tali misure sono finalizzate a diminuire l’ansia e le incertezze di chi espatria prevenendo quali
saranno le condizioni di rientro ed evitando di creare un effetto “sorpresa” nel momento del ritorno
alla posizione originaria. Tali misure si traducono in costi per le aziende, infatti alcune
(principalmente le piccole e medie imprese) adottano consulenti esterni, altre, se si trovano ad
affrontare gli stessi problemi, condividono in network le proprie risorse.
Oltre all’organizzazione anche i rimpatriati e le loro famiglie devono contribuire a minimizzare
l’impatto attraverso alcune strategie proattive come per esempio trovare il modo di condividere la
propria esperienza con chi ci è già passato in modo da poter ottenere suggerimenti sullo stress o
mantenere i contatti con amici e parenti in modo da attutire il distacco emotivo oppure conservare
un interesse costante verso il paese d’origine documentandosi o anche semplicemente
mantenendo alcune delle abitudini che si avevano precedentemente. Questi piccoli atteggiamenti
benché possano apparire banali sono la base per evitare quella sensazione d’intolleranza tipica di
un espatriato che rientra “a casa”.
21
Pare evidente dunque come non vi siano politiche standard in termini di “organizzazione del
rientro” e ogni caso richiede che ne venga studiata una appositamente.
CONCLUSIONI
Lo scopo finale di un’azienda con forte spinta all’internazionalizzazione è quello di diffondere le
conoscenze e le competenze attraverso diversi Paesi e culture: in questo contesto la figura
dell’espatriato svolge un ruolo determinante. Costui infatti ha anche il compito di comprendere
come le differenze culturali e i molteplici “codici etici” possano rivelarsi un fattore determinante per
ottenere una performance di successo. Un’attenta analisi della gestione operativa nel suo
complesso (reclutamento, selezione, formazione, rimpatrio e aspetti burocratici) permette dunque
di rilevare quali siano le chiavi di successo e d’insuccesso per gli expatriates.
La buona riuscita di una missione internazionale non dipende soltanto dalle competenze tecniche,
manageriali e dalle soft skills, ma anche da fattori personali come una situazione familiare
favorevole o da una forte spinta motivazionale ad intraprendere una carriera internazionale.
Spesso, infatti, le ragioni del fallimento risiedono nell’incapacità del manager, e talvolta della sua
famiglia, di adattarsi alla cultura locale e all’ambiente lavorativo o anche nella scarsa volontà di
caricarsi di un eccesso di responsabilità.
Ci sono anche casi in cui l’insuccesso di una espatriata nasce dalla cattiva gestione da parte
dell’organizzazione stessa. Si assiste a pratiche di selezione opache, una formazione frenetica ed
un orientamento talvolta inesistente che non possono soddisfare i bisogni di un incarico
internazionale. La trattazione svolta per la gestione delle espatriate, vuol essere un contributo per il
supporto e la creazione di prassi aziendali che tendano ad interrompere il circolo vizioso
dell’improvvisazione di soluzioni ad hoc, in favore di un virtuosa gestione delle risorse umane
internazionali.
22
ALLEGATI:
Allegato 1
PROCESSI DECISIONALI NELLE ORGANIZZAZIONI
SUSSIDIARIE (adattamento da Tennenbaum):
TRA
HQ
E
Area di controllo
dell’headquarter
Area di controllo a
livello locale
Management
Management di HQ
I manager locali
I manager locali
di HQ prende
prende le decisioni e
presentano problemi
prendono le decisioni
le decisioni e
le raccomanda ai
e soluzioni all’HQ per
e informano l’HQ
informa i
le decisioni
manager locali
manager
Management di HQ
locali
HQ e manager locali
I manager locali
prende le decisioni e
si consultano sulle
prendono le decisioni
le “vende” al
decisioni
e le “vendono” all’HQ
manager delle
sussidiarie
Allegato 2
Culture shock - Modello a curva a U o W
23
Decentralizzato
Autorità dell’unità
locale/sussidiaria
Autorità
dell’headquarter
Centralizzato
INTERNAZIONALI
Allegato 3 :
ECA Italia è una Società costituita nel 1994 per iniziativa di un gruppo di professionisti italiani
accomunati da un'esperienza ventennale nella gestione delle risorse umane,
e di ECA International - società leader a livello mondiale nella consulenza per
la gestione degli espatriati - operante nel mercato internazionale dal 1971.
La mission è quella di garantire supporto personalizzato, continuo e
qualificato, interpretando e anticipando le esigenze delle aziende, chiamate
ad affrontare la sfida dell'internazionalizzazione, attraverso un'attività di
orientamento e consulenza per la gestione del personale espatriato in & out.
ECA Italia vuole essere la migliore scelta per creare una partnership
strategica che garantisca l'ottimizzazione della gestione delle risorse Umane
internazionali. I consulenti di eca entrano in contatto con le Direzioni Risorse Umane diventando
un riferimento tecnico gestionale funzionale all'analisi e soluzione di problemi operativi,
permettendo l'organizzazione del processo di espatrio di risorse aziendali attraverso tecniche
manageriali corrette e nel rispetto delle normative nazionali ed internazionali.
ECA Italia si avvale anche di una propria consociata – Expatriates Key Solutions (EKS)– per
fornire servizi di outsourcing funzionali alla gestione e all’amministrazione del personale espatriato
e del personale internazionale.
ECA fornisce dunque fornisce sistemi di consulenza, international data provider, outsouricing and
compliance services, formazione ed editoria.
Allegato 4
Concetto di Residenza fiscale:
24
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