Analogie e corrispondenze nelle Religioni

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Analogie e corrispondenze nelle Religioni
Analogie e corrispondenze nelle Religioni
Parlare di Religioni in Tempio …
Lungi dal voler violare il precetto «vietato intrattenersi in questioni di politica o di religione»,
provo qui a cogliere (e, se ci riuscissi, anche ad accogliere, anzitutto dentro di me) la dimensione
delle Religioni come ricerche, aneliti, valori, fondamenti, percorsi e possibilità.
Nulla, quindi, che possa dividere, creare contrasto od opposizione di sorta!
Non classificazioni, suddivisioni e graduatorie, ma comprensioni (cum-prehèndere, accogliere ed
abbracciare …).
Il cammino, così inteso e ricercato, non è facile!
La Religione è una dimensione tanto universale – propria di ogni esperienza umana, in
ogni luogo, latitudine e tempo –, quanto frammentaria, particolareggiata, specifica,
espressione della dimensione e della coscienza propria dell’Uomo, nelle differenti possibilità consentite dalla sua evoluzione.
Già dalla sua etimologia, la parola “Religione” può prendere strade differenti: sussiste,
infatti, una sua radice derivante da RE-LÈGERE (re – che accenna a frequenza; Lègere – scegliere e,
quindi, scegliere, distinguere le realtà sacre) come pure da RE-LIGÀRE (unire insieme e, pertanto, legare, vincolare, intendendo la religione come vincolo che lega l’uomo a Dio attraverso pratiche ed atteggiamenti).
È ben possibile ritenere che la dimensione della difesa del proprio “credo” (con le sue derive di pretesa di unicità e primazia della propria religione e con le conseguenti necessità di esclusione,
in varie forme e modi, del non ortodosso, del differente, dell’“altro”) affondi le sue radici in un
istinto primario dell’Uomo, l’istinto gregario (per il quale fortissima è la necessità non solo di fare come gli altri, ma che tutti facciano allo stesso proprio modo).
Di qui il forte impulso al (dover) credere fermamente – ed avere conseguentemente necessità di difendere, fino agli estremi – che «extra Ecclesia, nulla salus» (fuori della Chiesa non
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c’è salvezza).
Ma ad una spinta centripeta, di assimilazione e uniformità, corrisponde, in eguale misura,
una centrifuga, di differenziazione e molteplicità.
Cosicché, all’istinto gregario, che tende ad uniformare, si contrappone la dimensione della coscienza ed evoluzione individuale, per cui sono possibili infinite comprensioni.
Nel variegato universo delle Religioni sono, quindi, possibili e contigue infinite possibilità, condizioni, situazioni, storie e riti, in cui giocano ruoli non secondari, tanto
l’antropomorfismo quanto la fisiologica necessità di adattamento alla comprensione –
con i propri occhi, valori, coscienza e cultura – del messaggio rivelato (o, con più precisione, di ogni messaggio rivelato).
Su quale piano operare …
Non so se esistono, per le Religioni, degli equivalenti di quanto è facile trovare per visualizzare l’evoluzione degli animali; quei “diagrammi di flusso”, che consentono di comprendere plasticamente i vari passaggi avvenuti nel corso del tempo e permettono di collegare forme diverse per il tramite dei loro elementi comuni, mostrando i passaggi e gli
sviluppi che si sono realizzati.
È certo, peraltro, che le Religioni si siano susseguite con continuità ininterrotte in alcuni
dei contenuti, anche se, possibilmente, ben “ricollocate” nelle forme.
Il Duomo di Siracusa, che, con le sue evidenti colonne doriche imprigionate nei propri
muri, testimonia ineludibilmente il preesistente Tempio di Minerva, costituisce non solo
l’espressione universale del passaggio e (obbligata) “riconversione” da un culto ad un altro, quanto, soprattutto, della necessità che di culto ne sia uno solo e che il precedente,
quindi, venga in tanto “utilizzato”, in quanto sparisca.
Espressione parimenti plateale di questo necessario passaggio è la trasformazione della
festa del Sol Invictus nel (nostro) Natale, operato dalla Chiesa a partire dai primi decenni
del IV Secolo, come magistralmente illustrato dal Cattabiani 1.
Le analogie tra le Religioni (di cui al titolo della Tavola) possono, quindi, essere colte sia come elementi comuni frutto delle stratificazioni (causate dai successivi “passaggi”), che
come contemporanea presenza di elementi simili.
E qui lo sguardo rischia di perdersi nell’infinito!
Molti temi – dall’indiarsi neoplatonico alla resurrezione e salvezza cristiana, dalla contemporanea presenza del maschile e del femminile di Dio al culto (debitamente controllato)
della Madonna, dalla “Dabar YHWH” (parola di Dio) ad ogni forma di rivelazione spiri1
Cattabiani Alfredo, Calendario – “Le feste, i miti, le leggende e i riti dell’anno”, Mondadori, 2011.
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tuale – sono “nuclei caldi”, patrimoni universali, che, pur differentemente declinati, conservano ampi elementi comuni.
Riuscendo ad uscire dall’angusto, anche se naturale, concetto di mio (“Mia Religione”), per
passare alla dimensione del nostro (le Religioni di noi uomini), accogliendo legittimità
dell’esistenza dell’altro (tolleranza), consentendogli la possibilità di esistere o co-esistere
(libertà) e giungendo al riconoscimento del suo pari od omologo valore e dignità (uguaglianza), si schiudono orizzonti meravigliosi.
Con queste premesse, ripercorrere il filo d’oro che collega – spesso, nascostamente –
differenti tradizioni o rivelazioni consente di raggiungere liberanti comprensioni.
Questo cammino di apertura e di accoglimento può essere percorso se si riconosce che:
«Parliamo un linguaggio che non abbiamo creato;
Usiamo strumenti che non abbiamo inventato;
Invochiamo diritti che non abbiamo conquistato;
Ad ogni generazione viene trasmesso un patrimonio di conoscenze che non si è guadagnato»2.
In questo quadro, se tutto quanto si riceve è un dono, può essere fatto proprio solo accogliendolo con cuore libero, mente aperta e mani attente.
Penetrare l'essenza delle Religioni attraverso gli infiniti rivoli dei paradigmi e degli archetipi
Per la nostra vicinanza, culturale e storica, al Cristianesimo è facile cominciare da questa
dimensione e tradizione religiosa.
Il Segno della Croce, centro identificativo e simbolo principale, costituisce espressione e
manifestazione di più profonde dimensioni, che si collocano nel solco di tradizioni ben
precedenti a quella cristiana (basti solo riferirsi alla croce ansatica egiziana, alla swastika tibetana od
alla croce atzeca di Tlaloc).
Il segno della croce usa essere tracciato con due gesti: il primo, verticale, dall’alto verso il
basso ed il secondo orizzontalmente.
Il segno espresso dall’alto verso il basso rappresenta la discesa del Primo Logos (o Amore), il calare dall’alto della primigenia dimensione di energia creatrice che dà inizio al tutto.
La linea orizzontale è l’espressione della vibrazione del Secondo Logos, identificabile
con il principio della dualità, indicato anche come «l’orditura stessa del Cosmo».
L’incontro delle due dimensioni o forze crea la Mente Universale, il Terzo Logos …
Infiniti sono, comunque, i richiami e i significati che possono ricondursi al segno della
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- Durkheim E., “The Elementary Forms of the Religiuous Life”, 1912.
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croce: l’incontro e la sintesi dei complementari (la linea verticale del principio attivo con
l’orizzontale del passivo) o l’incontro del maschile (verticale) con il femminile (orizzontale) e la
conseguente idea di fecondazione (anche a livello simbolico, l’idea, penetrando nell’intelligenza ricettiva, la feconda, ovvero il rapporto tra razionalità ed intuizione), la presenza delle quattro direzioni spaziali, la coesistenza dei quattro elementi, la congiunzione ed armonia nell’incontro degli opposti, ecc.
Non è un caso, forse, che il numero romano dieci, come somma e summa del principio
dell’uno (1), della dualità (2), della trinità (3) e del quaternario (4), laddove 1+2+3+4=10,
sia rappresentato da una X (croce appena rovesciata).
A me piace cogliere, nel simbolo della croce, il richiamo all’equilibrio ed alla giusta misura e, quindi, all’armonia ed alla musicalità.
Tornando, poi, al richiamo cristiano della Croce come simbolo di morte (passo necessario
per la successiva resurrezione), come indica magistralmente il Fulcanelli 3 la croce era il geroglifico alchemico del crogiolo, il che, oltretutto, spiega l’etimologia della parola, dal momento che il crogiolo, in tardo latino, era detto crucibulum, parola dalla cui radice deriva
crux, croce.
Il crogiolo è lo strumento in cui la materia prima, trasformata dal calore del fuoco, conosce la sua morte per risuscitare trasformata in una nuova e più elevata dimensione.
La morte, quindi, iniziaticamente intesa, costituisce il passaggio dell’abbandono del materiale, dell’effimero e dell’apparenza, per il raggiungimento della pienezza della Vita.
Questo processo è ben leggibile nella croce, immaginandone le braccia in quattro differenti posizioni, corrispondenti ai quattro punti cardinali.
Posti di fronte a questa pluralità di significati e di possibilità, è bene ricordare le sagge
considerazioni del Guenon, che ricorda come «i molteplici sensi simbolici» rinvenibili in qualunque elemento o dimensione «sono ben lungi dall’escludersi l’un l’altro. Anzi essi concordano
perfettamente tra loro, in quanto, in realtà, non fanno che esprimere le applicazioni di uno stesso principio a livelli diversi e, così, si completano a vicenda, integrandosi nell’armonia della sintesi totale»4.
Tornando alle analogie rinvenibili tra le varie religioni, per gente che si incontra «nel punto
noto solo ai figli della Vedova», non si può non accennare alla dimensione trasversale (se non
universale) del concepimento verginale del Dio.
Il concetto della nascita della dimensione divina nella forma fisica, che non avviene mediante l’unione della dimensione umana maschile e del femminile, ma per concepimento
virginale, non è patrimonio della sola fede cristiana.
Da sempre, in ogni culto e luogo, le Vergini sono al servizio della Divinità, consacrate
nei Templi; espressioni della vigoria e della bellezza della giovinezza, costituiscono
l’archetipo ideale e assoluto della devozione, unica ed incondizionata, alla dimensione
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- Fulcanelli, Il mistero delle Cattedrali,
- Guénon René, “Il Simbolismo della croce”, Rusconi, 1973, pag. 16.
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della Sacralità.
La figura della Santa Vergine cristiana ricorda Iside, dea egizia, che, chinatasi su pezzi del
corpo di Osiride, concepisce Horus.
Iside, dea della fertilità, in quanto, collegata alle inondazioni del Nilo che consentivano la
fertilità – e quindi la vita – di grandi territori e considerata colei che aveva insegnato agli
uomini il segreto del frumento, era definita Vergine Madre.
In epoca greco-romana, la stessa dimensione viene espressa da Demetra, la Dea del grano e dell'agricoltura.
Più ad oriente, Krishna, incarnazione del grande dio Vishnu, è stato partorito dalla vergine Devaki, la Divina. Parimenti, Buddha è nato dalla vergine Maya, considerata come
la regina dei cieli.
L’idea della Vergine Madre, della Dea, della Regina del Cielo, si ritrova in pressoché ogni
tradizione, ben prima dell’era cristiana.
Ishtar era la divinità suprema presso i Sumeri ed i Babilonesi; Madre di tutti è la dea
dell'amore e della bellezza, la personificazione delle forze più profonde della natura.
Passando al termine della vita terrena del Cristo, dell’esperienza cristiana, l’esperienza
della Resurrezione del Cristo richiama antichi cenni di Osiride fatto a pezzi e poi resuscitato, come anche Dioniso, anch’esso fatto a pezzi dai titani e quindi rigenerato.
La tipica devozione cattolica per il “Sacro Cuore” compare nel tardo medioevo e si diffonde per opera dei predicatori Gesuiti. Questa dimensione costituisce, in realtà,
l’espressione rinnovata di una realtà presente fin dal più antico Egitto. Molti geroglifici ci
hanno tramandato la rappresentazione del cuore come un vaso 5. Anche il carattere cinese che indica il cuore è curiosamente disegnato come un vaso, un contenitore che è atto
ad essere costantemente riempito e poi svuotato, sede naturale dello Spirito, che si fa
Coscienza. Nell’esperienza umana, d’altronde, è proprio il cuore il vaso dove nascono ed
operano le passioni, che giungono spesso a dominare la vita. Nelle rappresentazioni del
giudizio dopo la morte, si vede una bilancia, posta accanto al trono di Osiris, incaricato
di giudicare i Morti e circondato dai suoi aiutanti e da Maàt, personificazione divina della
Verità; in uno dei piatti è pesato il cuore del defunto, da solo, con l'aspetto del vaso geroglifico nel quale si trovano le azioni malvagie della vita che sta per essere giudicata,
mentre nell’altro una piuma bianca, segno di candore immacolato. Per l'Egitto religioso,
il cuore era tutto nell'uomo: la sede delle facoltà intellettuali, delle passioni, il vaso dove
risiede l'anima della vita. Nella dimensione religiosa dell’Egitto antico, il Cuore di Dio era
la sede della potenza creatrice, il centro del pensiero divino ed è per mezzo suo che Dio
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- Significativo è anche quanto si trova indicato nella piramide del Faraone Pepi II, dove l’origine del genere umano viene
rappresentata da Atoum, il primo uomo, che estrasse i figli dal proprio seno, dividendo il suo cuore in nove parti, ciascuna delle quali diventò un essere umano completo (e nacquero, così, gli dei e le dee ancestrali Toum, Shou, Tafnouit, Seb,
Nouít, Osiris, Isis, Set e Nephtys.
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possiede la scienza divina di tutte le cose6. Era, infatti, l’unico organo interno che non
veniva rimosso nella mummificazione. È, quindi, possibile tracciare un filo che collega la
considerazione del cuore, per gli Egizi, come il centro della bellezza e delle altre prerogative divine e la devozione al Cuore di Gesù, fonte delle sue qualità e sorgente della Redenzione.
Voltandosi verso altra tradizione religiosa, memori dell’insegnamento di Pico della Mirandola, è ben possibile riconoscere la rilevanza della Cabala ebraica e la sua piena dignità nel saper esprimere le verità della dottrina cristiana od il valorizzare la magia come
scienza naturale, che permette all’uomo di conoscere e sperimentare la natura e le cose
più segrete, rendendosi, in questo, maggiormente vicino a Dio.
Le analogie come declinazioni e coniugazioni di dimensioni originarie e universali
La carrellata fin qui condotta, necessariamente tanto sintetica quanto – ahimè – superficiale, può dare un’idea di quanto ampi, profondi e stratificati siano, non tanto i richiami
o le analogie, quanto le vere e proprie espressioni similari di esperienze e dimensioni
identiche.
Viene spesso, in proposito, utilizzato il concetto di Sincretismo (da SYN – con e KERÂN –
mischiare, fondere insieme7), inteso come la tendenza a conciliare, se non unificare, elementi
simili provenienti da culture differenti.
A mio avviso, più che ritenere che, nelle varie religioni, mescolanze, interazioni o fusioni
di sorta si siano attuate per vicinanza, contatto e scambio tra culture, è possibile sostenere che vi siano principi universali che trovano – differenti e pur simili – declinazioni nelle
diverse culture in cui trovano ad essere espressi.
La moltitudine delle analogie e delle corrispondenze che possono essere riconosciute in
tutte le Religioni, conduce, da un lato, a relativizzare lo sforzo di molte fedi di assurgere
a dimensione universale ove non a unica manifestazione del Vero e, dall’altro lato, obbliga a riconoscere il pieno diritto di cittadinanza ed espressione di ogni fenomeno e dimensione religiosa, così come, peraltro, la Massoneria professa.
a. n.
- Sul papiro di Leida si legge, a proposito di Dio, designato con il nome di Amnon: «Il Suo Cuore conosce tutto, le sue labbra gustano tutto».
7 - È un termine che viene anche utilizzato per esprimere la “coalizione cretese”, ovvero quanto compiuto dai Cretesi che
hanno messo da parte le differenze per coalizzarsi in vista dei pericoli esterni.
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