I CAPPUCCINI A MONTEFIASCONE

Transcript

I CAPPUCCINI A MONTEFIASCONE
V.
T E R Z O Q U A D E R N O DI S T U D I S T O R I C I
RINALDO CORDOVANI
I CAPPUCCINI
A MONTEFIASCONE
OTTAVO CENTENARIO DELLA NASCITA DI S. FRANCESCO
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Centro di Iniziative Culturali - Montefiascone (Viterbo)
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TERZO QUADERNO DI STUDI STORICI
RINALDO
CORDOVANI
I CAPPUCCINI
A MONTEFIASCONE
OTTAVO C E N T E N A R I O DELLA NASCITA DI S. FRANCESCO
Centro di Iniziative Culturali - Montefiascone (Viterbo)
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PRESENTAZIONE
Nati tre secoli dopo la morte di Francesco d'Assisi,
i Cappuccini rimangono particolarmente legati nell'immagine popolare alla figura del loro santo Padre. Essi d'altronde costituiscono una delle « riforme » scaturite in seno
all'Ordine Francescano per vivere più immediatamente il
messaggio e l'esempio di san Francesco: « riformare » per
tornare alle origini.
È quindi giusto che, in inizio di questo libro dedicato
ai Cappuccini di Montefiascone, prima di parlare del loro
più antico insediamento nella zona, risalente al 1599, si
accenni al passaggio nella città, nel 1222, di san Francesco,
che vi lasciò Morico perché anche lì il suo esempio desse
frutto.
Non credo che gli abitanti di Montefiascone
poterono
più dimenticare il Poverello, e infatti nel 1656 invocarono
a difesa dalla peste, insieme a quelli dei santi protettori e
della Vergine, il nome di san Francesco.
Notizie, queste, tra le tante che ci offre il p. Cordovani nella sua ricostruzione dell'opera dei Cappuccini nella
zona di Montefiascone. Una storia locale che — dalla fine
del XVI sec., con lo Stato della Chiesa, al Risorgimento,
all'Unità d'Italia, alle due guerre mondiali, ai notsri giorni
— riflette gli avvenimenti della storia più ampia in per5
sone, luoghi, edifici più vicini e concreti: così anche nel
suo lavoro di storico il p. Rinaldo si pone nella linea di
san Francesco, sempre attento ai casi particolari, a calare
il messaggio ed il suo esempio nella realtà delle singole
persone. Come avvenne una notte nei primi tempi francescani, quando un frate svegliò la piccola comunità gridando
che moriva di fame e Francesco, dopo aver fatto apparecchiare per tutti ed aver mangiato insieme a lui affinché
non si vergognasse, insegnò ai fratelli che il Signore vuole
la misericordia e non il sacrificio, e che perciò ognuno doveva sostenersi a seconda dei propri bisogni, « sicut ei
necesse fuerit » (Specillimi perfectionis 27).
Scorrendo la narrazione del p. Rinaldo, consultando i
documenti, per lo più inediti, che vanno dalle decisioni
papali alle cronache del convento alle affettuose poesie dedicate dalla gente ai frati, vediamo la vita della comunità
cappuccina di Montefiascone
intrecciarsi nei secoli con
quella della popolazione. Vediamo i Cappuccini sacrificare
la loro vita nel servizio degli appestati, soprattutto nell'epidemia del 1657-58, e ci tornano alla mente le commoventi
ed eroiche immagini manzoniane di fra Cristoforo che sostiene, aiuta, cura, prega. Incontriamo un Cappuccino canonizzato in questo 1982, in cui ricorre l'ottavo centenario
della nascita di san Francesco, fra Crispino da Viterbo, che
a Montefiascone rischiò la sua incolumità per il troppo
afetto della folla, che gli strappò i vestiti per avere sue
reliquie da conservare.
Sicché, grazie a p. Rinaldo, vediamo come in questa
zona del Lazio sia fiorita e cresciuta nei secoli la pianta
seminata da Francesco d'Assisi agli inizi del Duecento.
Otto secoli non sono pochi, e bastano a sommergere
il ricordo di grandi personaggi. Ma non di san Francesco;
le sue parole, la sua vita, le sue immagini sembrano ancora
6
quelle di un amico che ci interpella e ci chiama a scuotere
le abitudini della nostra vita. Francesco è ancora vivo grazie
ai tanti figli che continuano ad indossare il suo saio; ma
anche perché ha saputo unire la penitenza ed il canto per
la bellezza della natura, la povertà e la ricchezza di uno
spirito libero, la partecipazione al dolore di Cristo — rivissuto fino alle stimmate — e la gioia di vivere predicata
a tutte le creature, le esigenze profonde del Vangelo e la
semplicità della gente alla quale si rivolgeva.
Quella gente che ancora oggi può ricordarlo come
colui che più di ogni altro cercò di vivere la parola di
Cristo, come già lo videro i contemporanei:
l' « alter
Christus ».
ALFONSO MARINI
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Chiesa ed ex convento di S. Francesco
AVVERTENZA
I Cappuccini, chi sono costoro? Viterbo, 3 luglio 1528,
è la data in cui il Papa Clemente VII approva giuridicamente l'Ordine dei Frati Minori Cappuccini, nati per opera
di tre frati dell'Ordine dei Frati Minori Osservanti: Matteo
da Bascio, Lodovico e Raffaele da Fossombrone, nel 1525.
Il loro desiderio era la vita eremitica.
L'anno successivo all'approvazione papale di Viterbo
erano già 30. Il loro numero crebbe fino al 1754, anno in
cui si giunse a 32.821 cappuccini sparsi per tutto il mondo.
Nel momento in cui essi costruirono il convento a Montefiascone (Viterbo), erano circa 5.953 (dato del 1587).
Al 31 dicembre 1981 i cappuccini in tutto il mondo erano
11.520.
A Montefiascone hanno avuto i loro conventi i francescani delle varie riforme: in S. Francesco, a Monte d'oro,
nell'isola Bisentina e nei quartieri Tartarola e Zepponami.
In particolare la mia ricerca si sofferma sulla riforma
dei Cappuccini e sulla loro presenza nella zona. Mi son
trovato davanti a materiale inedito, di provenienza archivistica. Nel mio tempo libero, come per gioco, ne ho dato
una mia lettura nella prima parte, ho presentato i documenti nell'altra. Per questo mancano ampie sintesi storiche in cui i fatti locali pure si collocano.
Spero di non aver fatto cosa troppo sgradita per chi
s'intende di storia locale, anche questa per molta parte
ancora da scriversi da chi più di me ha tempo e preparazione.
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PRIMA
PARTE
CENNI STORICI
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FRATI MINORI CONVENTUALI
FRATI MINORI CAPPUCCINI
CONVENTI E LUOGHI DEI FRANCESCANI NELLA TUSCIA
I - IL PERIODO DELLE ORIGINI E DEGLI
INSEDIAMENTI
Il convento di S. Francesco
La presenza francescana a Montefiascone (Viterbo),
risale alle origini del movimento stesso, data la collocazione del paese sulla strada Cassia, ai confini della Toscana
e dell'Umbria.
S. Francesco lasciò qui nel 1222 Mòrico, per iniziare
i cittadini al suo modo d'intendere e di vivere il Vangelo (*).
Nel 1291 il papa Nicolò IV donò ai frati l'orto che
guardava verso Viterbo ( 2 ) e già nel 1337 quei francescani
erano in lite con i canonici di S. Flaviano ( 3 ). Il 27 luglio
1348 Accursio Mancia lasciò una vigna ai frati per la costruzione di un luogo più ampio, come attesta il legato
firmato dal notaio Angelo di Bartolomeo ( 4 ).
(1) Theuli-Coccia, La provincia romana dei frati minori, Roma 1967,
p. 159-164. Il Ciatti in Annales Minorum, voi. I, fol. 36, scrive: « Anno
1222... il Padre S. (Francesco) passò per Montefiascone... dove il suo comportamento e le sue parole gli attrassero la simpatia di molti e dove,
grazie alla fede degli abitanti, potè fissare un luogo per i suoi seguaci,
là dove in seguito è stato costruito un convento molto piccolo per i
Frati Minori ».
(2) Wadding, Annales Minorum, t. V, p. 305, n. 35.
(3) Archivio capitolare di Montefiascone, pergamene n. 2 e 19.
(4) Theuli-Coccia, citato, p. 159.
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La chiesa fu restaurata nel 1523 dal superiore fra
Bartolomeo de Baronis, bolognese, vi aggiunse il coro, il
pulpito e altre cose. Il P. Vincenzo Pinieri nel 1600 restaurò il convento adornandolo di « camere ed altre comodità ».
Il 23 settembre 1653 i Priori, il popolo e il vescovo
supplicarono che il convento non venisse soppresso, cosa
che avvenne invece durante il periodo napoleonico, ma fu
subito riaperto. La soppressione definitiva avvenne il 12
settembre 1874, quando lo stabile tornò alla comunità locale che lo trasformò nell'attuale ospedale.
Attualmente la chiesa, dedicata a S. Francesco, è stata
del tutto trasformata. Solo le strutture esterne rivelano il
disegno antico. All'interno è stato riportato alla luce un
piccolo ambiente nel quale è stata ricavata la cappella interna dell'ospedale ( 5 ).
I francescani a Monte d'oro (Monte Moro)
Sulla via che porta a Marta, già prima del 1523 esisteva una edicola quattrocentesca, dove il Pastura — il
viterbese Antonio del Massaro — aveva dipinto l'immagine della Vergine contornata dagli angeli verso il 14201430. Il progetto del Sangallo comprendeva chiesa e convento ( 6 ); chiesa voluta dai Santesi del comune falisco
(5) Zucconi, La provincia romana dei frati minori dei SS. Apostoli
Pietro e Paolo, Roma 1972, p. 76. L'edificio fu ufficialmente destinato ad
ospedale civico con delibera n. 236, presa nel consiglio comunale di
Montefiascone del 22 maggio 1875. Cf. Finauro, Profilo storico dell'ospedale di Montefiascone, Roma 1973, p. 61.
(6) Cinzia Capuani, La chiesa di S. Maria di Monte Moro presso
Montefiascone, Tesi di laurea.
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Cupola della
Chiesa del
convento
verso il 1 5 2 6 . Il comune l'affidò ai francescani P8 maggio 1 5 5 6 , quando ancora tutto o quasi era ancora da costruire, come risulta dagli atti del comune:
« In nome di Dio, così sia. Questo strumento pubblico
attesta a tutti che l'anno dell'incarnazione di nostro Signore
Gesù Cristo 1556, l'otto marzo, nell'indizione decima, essendo
Papa Paolo IV... a lode ed onore di Dio onnipotente e della
sua gloriosa sempre vergine madre Maria, per comodità e
soddisfazione e per comodo e benefìcio ed esaltazione della
città e di tutta la religione dei frati minori di S. Francesco,
volgarmente detti Zoccolanti... la detta città e comunità ha
dato, ceduto e concesso una certa chiesa e luogo volgarmente
chiamata la Madonna di Monte Doro, situata ed esistente sulla
strada pubblica che conduce da Montefiascone a Toscanella
e a Marta con tutti i suoi beni mobili ed immobili, per costruirvi la chiesa e il luogo predetti... Ricevette la detta proprietà e comodi il venerabile acutissimo teologo il Maestro
Berno Tiburtino, ministro della provincia Romana. Stipulato
davanti alla chiesa o porta della chiesa di S. Maria di Monte
d'oro » (7).
I francescani lasciarono il luogo il 2 8 aprile 1 5 7 4
e furono sostituiti dai Carmelitani; la costruzione era ancora da farsi ( 8 ) .
I francescani all'Isola Bisentina
« In passato il nostro predecessore Eugenio IV, di cara
memoria, in nome della Sede Apostolica, concesse al prete
Onofrio di Suessa, la chiesa non parrocchiale di S. Giovanni
nell'isola Vigentina o Bisentina nel lago di Bolsena nella diocesi di Montefiascone. Onofrio la restaurò e il Papa, su ri-
(7) Riformanze, voi. 8, p. 248, traduzione dal testo latino.
(8) Instrumenta, 28 aprile 1574, p. 87-88 nell'archivio comunale di
Montefiascone.
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chiesta di Onofrio, concesse che fosse assegnata ai frati minori
dell'Osservanza della Provincia Romana e per sempre al loro
Ordine, la chiesa, l'isola con tutti i diritti e spettanze; inoltre
concesse che vi potessero costruire uno stabile con la chiesa,
il campanile, la campana, case, cimitero, dormitorio, orti ed
officine... Ma ora, per cause a noi note, è conveniente allontanare dall'isola i predetti frati minori Osservanti e vorremmo
inviare nella chiesa e nell'isola alcuni Cappuccini. Perciò conoscendo personalmente la situazione, spontaneamente con questo
atto revochiamo ed annulliamo la concessione apostolica della
chiesa e dell'isola fatta ai frati minori Osservanti. Con la presente comandiamo a te di allontanare dalla chiesa e dall'isola,
con prudenza, i frati minori Osservanti, incaricandone anche
altri, e di sostituirli con i frati della congregazione dei Cappuccini, almeno 10, nella chiesa e nell'isola... Roma, in S. Pietro,
sotto l'anello del Pescatore, 7 luglio 1599, anno ottavo del
nostro pontificato » (9).
Così scriveva il papa Clemente V I I al cardinale
Odoardo Farnese ripercorrendo sommariamente le vicende
della presenza francescana nell'isola Bisentina del lago di
Bolsena. Il luogo era stato concesso da Martino V ( 1 4 1 7 1 4 3 0 ) ad un certo prete Onofrio di Suessa, eremita; poi
Ranuccio Farnese lo restaurò insieme alle chiese dell'isola
e chiese ad Eugenio I V che vi ponesse gli Osservanti, i
quali vi rimasero fino al 1 5 9 9 , anno in cui Clemente V I I
incaricò, come abbiamo visto, Odoardo Farnese di chiamarvi i Cappuccini, i quali vi rimasero fino al 1 6 3 1 ( 1 0 ) .
I n nota al testo riportato dal Bullarium è scritto: « La
casa in quel luogo ameno fu abbandonata dai nostri frati
(9) Bullarium O.F.M.Cap., voi. II, p. 22-23, Roma 1743. La lettera
di Eugenio IV è firmata in S. Pietro il 20 ottobre 1431.
10) Annali manoscritti dei Cappuccini, Archivio provinciale dei Cappuccini, Roma, voi. I, pp. 170-174. Nello stesso archivio, nella cartella
Montefiascone, si conserva un curioso « Inventario delle Robbe che sono
nel luogo di Montefiascone portate dall'Isola », insieme ad una Bolla
di Paolo II Farnese che concesse l'indulgenza delle sette chiese di Roma
nel 1539, su richiesta di Pier Luigi Farnese.
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sia perché il dominio del Ducato di Castro fu devoluto
dalla Serenissima famiglia Farnese, che provvedeva completamente al vitto dei dodici frati ivi residenti, alla S. Sede
sia perché nella vicina città di Montefiascone, o Montefalcone, fu fondata un'altra casa, nella quale fu trasferita la
suppellettile e la biblioteca; mentre temporaneamente il
vescovo di Montefiascone amministrava sia l'isola che il
monastero ».
Il convento in città
I Cappuccini poterono stabilirsi in città « appena
fuori della porta Romana per la strada di Monte d'oro, a
man sinistra poco discosto dalla Città per la devotione che
anticamente ha hauta alla Religione » ( u ) .
Il 5 maggio 1568 la signora Armellina (o Armallina)
di Bolsena ( 1 2 ) lasciò « una casetta alli Frati Cappuccini
che servisse per loro hospitio in quella terra. Ma non essendo comodo quel luogo per li detti frati se potesse la
casa vendere e mettere il prezzo in un altro hospitio. Dopo
alcuni anni fu detta casa venduta per ordine delli deputati
della Comunità e disposto il prezzo che fu circa 60 scudi
dove stanno a requisitione di detti frati. Li commissari
della fabrica di S. Pietro di Roma hauendo messe le mani
sopra l'altre robbe, o legati fatti da detta Donna Armellina, vollero pigliar anco la detta Casa o prezzo di essa
ma hauendo inteso che staua ad istanza de frati Cappuccini l'han lasciata stare anzi i signori deputati di Roma
(11) Annali manoscritti, citati, voi: I, p. 175.
(12) Archivio citato, cartella Montefiascone.
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han fatta libera gratia, a i frati di detti denari, et ordinato
che non siano in modo alcuno molestati li compratori e
possessori di detta Casa. Hora i detti frati huendo cominciato a fabricare un conuento in Montefìascone per il che
non disegnano far altro hospitio a Bolsena vorrebbero
voltar i detti 60 scudi a benefitio di detta fabrica e di
questo chieggono licentia da V.S. con la autorità sua far
loro questo benefitio che restaranno in perpetuo obbligo... » ( « ) .
Quei 60 scudi servirono anche per la costruzione del
convento di Viterbo. Ciò risulta da domanda inoltrata allo
stesso Leopardo, vicario del Card. Simoncelli: « che il restante si possa trasferire alla fabbrica di essi Padri Cappuccini da farsi in Viterbo » ( 1 4 ).
La biblioteca fu costituita con i fondi portati da quella
del convento dell'isola Bisentina, molto scarsi ed essenziali ( 1 5 ) e da una generosa donazione del vescovo di Montefìascone Gerolamo Bentivoglio il 3 agosto 1582 ( 1 6 ).
Il Comune da parte sua intervenne ripetutamente sia
nella costruzione del convento che successivamente.
Per la disponibilità del terreno il libro dei Depositi
e Debiti ( 1 7 ) riporta: « m. Vitale Scarizi in Lib. Instrum.
fo.5-7 per la compra de li beni de la Coità de la fratta,
et per la vendita de la sua possne per il sito de Cappuccini f o . 5 + 7 est sup.
(13) Ivi, licenza del vicario generale di Orvieto Gerolamo Leopardo
del 20 febbraio 1579.
(14) Archivio e cartella citati; il documento è autografo, ma senza data.
(15) Stesso archivio e cartella; Inventario.
(16) L'atto di donazione in pergamena si conserva nell'archivio citato
di Roma. Il Bentivoglio, che consacrò anche la chiesa, è sepolto nella
cattedrale di Montefìascone, entrando a destra.
(17) Archivio comunale di Montefìascone, Depositi e Debiti, n. 5.
1580-1593, p. 7.
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m. Menicangelo Scarinzi per la vende de la possne
del sito de Cappuccini per il prezzo di scuti novanta, 90
al libo del Instr. fo.6.
D. Caterina del q(quondam) Martio Catone per la
venditne simile per il prezzo de novantacinque scuti 95.
In libo de Instr. fo.6.
111. del q Nicolai Mariani, per la vendne simile per
prezzo de scuti trenta 30. In libo de Inst. fo.7.
D. Margarita del q. Menicanglo per la vendne simile
per prezzo de scuti X I . In libo Inst. fo.8.
D. Agnila Lazzari Scarlattini per la vendne simile per
prezzo de scuti 26 in libo Inst. fo.8.
D. Pacifica, de Agnilo Giampli per simile vendne per
prezzo de scuti tredici, et baiocchi trentacinque 13-35. In
libo de Inst. fo.8. ».
Le vendite avvennero nei giorni 5, 8, 14 di maggio
e nei giorni 11 e 17 giugno 1579 ( 1 8 ).
Nella prima fu venduto un terreno « de notabili quantitate denariorum... prò situ conventus Cappuccinorum novissime fabricandum, et construendum, in territorio falisco,
in vocabulo Podij Crucis, intra suos (civitatis) fines ». Il
terreno era posto sulla via « che conduce a Tuscania...; il
prezzo maggiore fu offerto dal signor Vitale, dopo aver
acceso la candela, come è registrato a pagina 140 delle riforme: settantacinque scudi ». Così pure gli altri terreni
erano posti in località Poggio della Croce — toponimo ancora esistente — sulla via che porta a Tuscania, cioè sulla
Verentana. La somma realizzata fu, come si vede, di scudi
327 e 35 baiocchi.
La costruzione fu benedetta il 4 febbraio 1580: « C'è
da registrare che in questo giorno il Capitolo della Catte(18) Instrumenta 1579-1581, p. 5-8.
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clrale di S. Margherita con molte persone di ambo i sessi,
è andato in processione al luogo dei Cappuccini, dove è
stata celebrata una messa solenne in una cappella ivi esistente. Dopo la messa il Canonico Rev. Cristoforo Fabrini (?) di Sasso Corbaro benedisse, a lode e venerazione
di Dio onnipotente e di Maria sua vergine madre, al solito
modo il Monastero in costruzione e non ancora finito » ( 1 9 ).
Ma già il 7 maggio 1576 il vicario generale scriveva
da Roma ai canonici: « . . . poiché questi venerabili, e Religiosi padri Capocini, hanno ottenuto da monsigr. Rm.
nostro, autorità, de Piantar una croce, per dar disegno e
principio a un lor monasterio, in cotesto territorio, pero
non mancarete a questa santa impresa, accompagnandoli
processionalmente, come si costuma a simili opere... » ( 2 0 ).
Il 14 gennaio 1582 il P. Guardiano dei cappuccini
era stato nominato fra i giudici di pace o pacieri ( 2 1 ), ma
fece sapere che non poteva assumersi questo compito ( 2 2 ).
La chiesa fu consacrata il primo settembre 1591 da
Mons. Bentivoglio, come attesta la lapide nella chiesa stessa:
« IL VESCOVO DI MONTEFIASCONE E CORNETO BENTIVOGLIO DI GUBBIO HA CONSACRATO QUESTA CHIESA IN
ONORE DI SANTA FELICITA MARTIRE IL PRIMO SETTEMB R E 1591 ED HA CONCESSO 40 GIORNI DI INDULGENZA
A CHI LA VISITERÀ' NELL'ANNIVERSARIO DELLA CONSACRAZIONE ».
Nelle visite pastorali dell'archivio vescovile si trova
la prima visita fatta dal vescovo alla chiesa nel marzo del
1583: « La chiesa del convento dei frati dell'Ordine dei
cappuccini di S. Francesco è dedicata a Santa Felicita.
(19)
(20)
(21)
(22)
22
Riformanze del comune di Montefiascone, voi. 11, p. 23.
Archivio capitolare, Lettere dei Superiori, voi. A, p. 29.
Riformanze, voi. 11, p. 81.
Ivi, p. 83-84.
Chiesa e convento sono stati costruiti recentemente dalla
magnifica comunità di Montefiascone e il vescovo attuale
li ha ornati di alcuni mobili e soprattutto di una biblioteca
con libri del valore di più di cinquecento scudi.
La chiesa di cui si serve il convento, è a forma allungata con una navata sola e le pareti imbiancate; è mantenuta pulita e nitida. Vi sono due altari decenti e forniti
dignitosamente dei requisiti richiesti. L'altare principale è
costruito nella cappella maggiore, dove è il tabernacolo in
cui si conserva l'eucarestia. Il tabernacolo di legno dorato,
è molto antico, coperto da una tendina verde di seta; all'interno è tappezzato con seta verde, alla base vi è il corporale ed è chiuso con una porticina ben munita di serratura e chiave. L'eucaristia è conservata in una pisside
d'argento dorato con coperchio e coperta con una tendina
di seta decente. Davanti vi arde sempre una lampada.
Sull'altare inoltre vi è una statua di legno ornata di
immagini artistiche. La cappella principale a volta è chiusa
da cancelli di legno ed è separata con un muro dal coro
costruito dietro l'altare.
C'è un altro altare in una cappella a volta che per
la sua grandezza si estende fuori delle pareti della chiesa
ed è costruita a destra di chi entra, vicino alla porta della
chiesa. Vicino a questa cappella c'è un grande vaso di pietra
sorretto da una colonna anche essa di pietra, per l'acqua
santa » ( 2 3 ).
(23) Archivio vescovile di Montefiascone, Visita Apostolica del 1583,
p. 64 e ss.
La piccola campana della chiesa, porta inciso il nome del fonditore:
Opus Francisci Belli Viterbiensis - A. D. MDCCLXXVII; al margine superiore c'è la scritta: Iesus Nazareno (sic) rex iudeorum adva (sic) nos;
al di sopra e al di sotto vi sono dei fregi; al centro quattro angeli musicanti, la Madonna col Bambino e S. Francesco col crocefisso in ovali.
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Il testo è interessante per la descrizione degli ambienti
quali erano alle origini. Il quadro di cui si parla è quasi
certamente quello che attualmente è collocato sulla volta
della chiesa.
Ma già nel 1616 il convento minacciava di cadere
in qualche parte; la cosa fu fatta presente al consiglio
comunale, che stabilì che « alli padri Cappuccini gli si dia
tutto quello che bisogna, et che si facci l'accatto per la città,
et gli diano diece scudi dell'estraordinario » ( 2 4 ).
Nel 1635 lo stesso consiglio affidò ai cappuccini la
predica quaresimale nella cattedrale per sette anni « per
quella quantità di anni che desiderano, cioè per sette
anni » ( 2 5 ), affinché con il ricavato di questo lavoro si contribuisse a terminare la costruzione.
Dai consigli comunali degli anni seguenti ( 2 6 ) veniamo
a sapere che la predica quaresimale in cattedrale era stata
(24) Il 26 dicembre 1616 fu proposto in consiglio che « li pp. Capni
hanno fatto istanza che una parte del loro Convento minaccia mina,
Però è necessario di ripararlo, et non possono farlo senza qualche elemosina, si pare fargli dare dall'Hosple quell'elemosina che parerà; a ciò
detti Rdi Padri possano continuamente pregare il Signore Dio per utile
di tutti, et anco la Coità dargli dei scudi dello strario — Quid agendium.
— Dnus Ludovicus magginis surgens consuluit super 1° Sarei di parere
che alli padri Cappuccini gli si dia tutto quello che bisogna, et che si
facci l'accatto per la cita, et gli si diano il diece scudi dell'estraordinario » — Riformanze, voi. 20, p. 73.
(25) Riformanze, voi. 22, p. 263 - Die 10 Aprilis 1635. Nel 1630 il vescovo Cecchinelli scrive che due anni prima circa, le pietre della chiesa
rurale di S. Nicola sulla via che porta a Viterbo, fossero trasportate
per costruire il muro di cinta dell'orto e del bosco dei Cappuccini. Cf.
Visita apostolica del 1630, p. 312 - Archivio vescovile di Montefiascone.
(26) Riformanze, voi. 23, p. 132. Il 3 maggio 1640 fu discussa la quinta
proposta sui soldi « già pagati dalla Comunità » ai Cappuccini per la
predica quaresimale a condizione che si « applichino alla fabrica del novo
Dormitorio ». Romeo Pannonio consigliò che « ... anco il Signor Depositario si ritenghi la carità del P. Predicatore finché sia speso il denaro
già sborsato nella fabbrica de PP. Cappuccini, purché al fin dell'anno,
o che sijno spesi, li altri, o no si sborsi dalla Coità a persona legittima
per l'effetto di detta fabbrica, e quando manchi qualche decina de scudi
se ne tratti in altro Consiglio ».
24
Convento dei cappuccini - Lato Est
Nella seduta consiliare del 2 dicembre successivo fu
proposto « che stante che il male del Contaggio si uadi dilatando per molti luoghi et hauendo S.D.M. sin hora preseruato la nostra Città da quelle se pare ad efletto che si
preserui anco per l'auenire ricorrere al suo diuino aiuto
con recurrere a qualche diuotione particolare... » ( 4 1 ). Il 3
dicembre 1656 ci fu la cerimonia solenne in cattedrale con
il voto formulato in cinque punti ( 4 2 ).
Con simili premesse, come andarono effettivamente le
cose? Il 2 luglio i Conservatori di Viterbo scrivevano al
Card. Brancacci: « significandole l'accidente di Monte Fiascone con segni sospettissimi et assai maggiori e certi...»( 43 ).
Il 9 luglio 1657 il medico di Montefiascone dava relazione
alla Congregazione sanitaria di Viterbo, della peste in
Città ( 4 4 ). Da Orvieto cotinnuavano ad essere preoccupati
per il male di Montefiascone e lo fecero presente a Viterbo
con lettera del 22 luglio e del 13 agosto ( 4 5 ).
Verso la fine dell'aprile del 1657 a Roma la peste
sembrava ormai scomparsa, tanto che fu di nuovo permesso
i! libero commercio con le altre città.
« Ma non si sa come, ravvolgendosi da molti in Roma
le Robbe nascoste, infette, o malamente spurgate... » si
verificarono in città alcuni casi di peste, subito isolati. Ma
da Roma « alcune scintille... volarono irreparabilmente ad
infettare Montefiascone e Viterbo... ove non conosciute
subito e trascurate, eccitarono un grande incendio » ( 4 6 ).
(41) Ivi, pp. 16-18.
(42) Riformanze, voi. 25, pp. 18-19, è una copia dell'originale esistente
nell'archivio vescovile.
(43) Archivio comunale di Viterbo, Registra Litterarum, fol. 211.
(44) Ivi, lettere diverse 1656-1657, let. 47.
(45) Ivi, lettera 216, 233.
(46) Annali manoscritti citati, voi. II, p. 575 e ss.
32
Le finestre
nel 1952
La sala di studio
(1952)
La camerata
(1952)
concessa anche per altri motivi, come la costruzione del
dormitorio, che nel 1641 ancora doveva essere iniziata,
tanto che si minacciò di ritirare il denaro dato ( 2 7 ).
L'incarico di predicare la quaresima in Cattedrale, fu
rinnovato quasi ogni anno, con alcune eccezioni, come nel
] 658 in cui fu incaricato l'agostiniano P. Marsilio Conesfabile, raccomandato da Carlo Amadei « doppo poi sono
di parere si conceda la predica per cinque anni alli PP.
Cappuccini in modo e forma, che gli è stata conceduta gli
?nni passati » ( 2 8 ). Così ancora nel 1723 il Comune inviava
una lettera al P. Alessandro da Bassano, cappuccino, perché
« la fama delle singoiar Virtù della P.V. nel ministero dell'Evangelica predicazione ha dato motivo al nostro general
Conseglio di nominarla con applauso comune al Pulpito
di questa Cattedrale per l'anno 1725 secondo l'instanza
che la P.V. ce n'ha fatto giungere... » ( 2 9 ).
Nel 1670 il Governatore di Viterbo indirizzava una
lettera ai Priori di Montefiascone sulla costruzione della
Cattedrale e comandava di far scaricare le pietre « dove
(27) Riformanze, voi. 23 p. 147. Il 6 gennaio 1641 fu di nuovo discusso
di questi denari: « Havendo il Consiglio concesso a que Padri (Cappuccini) la predica di questa Cita per sei, o sette anni in circa con condizione di far un Dormitorio per utile tanto di que Padri, quanto per hor
della Città, ne essendosi ne meno in quattro anni dato principio, non
pare il dovere che quel denaro destinato è utile, et honore publico, debba
servire per utile di alcuni particolari. Sono di parere si dia cura alli
Santesi che saranno fatti alli predetti Padri, di far convertire il danaro
pagato nel suo destinato, et in tanto si procuri di far entrare detto
danaro in mano del Signor Depositario della Comunità. Quod dictum
fuit positum ad partitam, et habuit pallas favorabiles del si n. 26 et del
non n. 8 Ideo victum... Non se tralasci però dal detto Depositario et
dalla Comunità stornarli, tutta volta che li Padri Cappuccini vorranno
fabricare ». Quest'ultima clausola fu approvata con 20 voti favorevoli e
14 contrari.
(28) Riformanze, voi. 25, p. 120, Die X 9bris 1658.
(29) Lettere della Comunità 1711-1732, p. 82, Archivio comunale.
25
dal Cappuccino soprastante alla fabrica sarà ordinato » ( 3 0 ).
Troviamo spesso degli interventi del Comune a favore
del convento e della comunità dei Cappuccini. Nel 1817
questi chiesero al Comune il pagamento di cinque scudi
all'anno « quali sono in compenso di Fieno, che ab antiquo,
e quando la Comunità aveva i Prati pagava al Convento
medesimo » ( 3 1 ). Il Governatore di Montefiascone concesse
i cinque scudi, anche se « dalle antiche tabelle nulla apparisce ma si bene dai Bollettari si vede in ogni anno fino
al tempo dell'ultima soppressione dei Conventi, che la Comunità ha pagato al Convento suddetto la somma di scudi
5, in compenso delle solite Quadrella di Fieno» ( 3 2 ).
Una figura di uomo singolare ha lasciato una traccia
duratura in città, come dovunque fu nel suo continuo girovagare fino alla morte avvenuta a Colonia, dove i Superiori furono costretti a mandarlo, dopo un clamoroso processo canonico.
Nell'attuale monastero del Divin Amore raccolse alcune prostitute desiderose di cambiare vita. Nel 1630 il
vescovo di Montefiascone, Gaspare Cecchinelli, chiamò a
predicare in città, nonostante che non fosse sacerdote, il
fratello cappuccino Modesto da Ruviano Castello (un borgo
poco distante da Roma). Era divenuto cappuccino il 31
maggio 1630, dopo una vita poco onesta, convertito —
(30) Lettere dei Superiori 1665-1670, p. 39, ivi.
Il Card. Marco Antonio Barbarigo favoriva in ogni modo i Cappuccini: affidò loro la predica dell'Avvento in Cattedrale e dava loro per
questo servizio 12 scudi o 12 boccali d'olio, con decreto del 17 febbraio 1703. Giunse a sospendere l'apertura di un nuovo convento di francescani a Valentano, su richiesta dei Cappuccini. Cf. Bergamaschi, Vita
del Card. Marc'Antonio Barbarigo, Montefiascone 1919, voi. I, p. 85 e 89.
Essi, a loro volta, si erano offerti per aiutarlo nella riforma della Diocesi.
(311 Copia Lettere del 1817, n. 46, 3 settembre 1817.
(32) Ivi, n. 52, 28 settembre 1817.
26
come scrive lui stesso nella sua autobiografia — davanti
ad una immagine dell'Immacolata ( 3 3 ).
« Oltre l'altre opere di pietà, che fr. Modesto fece,
fece uscire molti di peccato, et agiutò a convertire molte
meretrici, e donne di mala vita, mettendole poi in un luogo
sicuro, acciò non havessero più occasione d'offendere Iddio,
et a questo effetto particolarmente. Nella città di Montefiascone eresse un Monastero di Donne convertite, dove
impiegò alcune migliaia di scudi, oltre alle celle, che vi
fece fare da alcuni Signori Romani, come dalla Sig.a Donna
Costanza Barbarini, dalla Si.a Donna Camilla Orsini Borghese, Principessa di Sulmona, dalla Si.a Maria Macchiavelli, et altre de quali non ho potuto sapere i nomi; F.
Modesto li diede la Regola da lui composta con titolo delle
Penitenti delle Piaghe di Giesù Cristo; nel principio, lui
metteva le Monache, agiutava a dotar le bisognose, e le
provvedeva di vitto, et altre cose necessarie.
Una volta ve ne mandò tre assieme convertite a Roma,
c perché una di esse era raccomandata dalla Signora Principessa di Sulmona le favorì della carrozza a sei cavalli per
il viaggio con la provisione, buona, et honorata compagnia,
ma poi due di quelle, tentate dal demonio, uscirono da
Monasterio, e sola vi restò quella raccomandata dalla Sig.ra
Principessa, alla quale ancora ogn'anno manda quindici
scudi d'elemosina.
Una certa cortiggiana famosa detta Checca Barona si
convertì in Roma in quel tempo per caggione d'una mortificatione, che hebbe essendo stata frustrata publicamente,
(33) Annali manoscritti, voi. I, pp. 568-605, Archivio provinciale dei
Cappuccini, Roma. Di lui nello stesso archivio si conservano vari manoscritti, compresa la regola per il monastero di Montefiascone; manca invece la Rappresentazione di S. Flaviano, e di altri Santi protettori della
città, che pure figurano nell'elenco dei suoi scritti.
27
quale non solo lasciò i Drudi, e si convertì dalla mala vita,
ma si diede tanto di cuore alla vita spirituale, che Roma
ne restò altretanto edificata, quanto n'era stata prima scandalizzata per la sua licentiosa, e dishonesta vita. Questa,
havuta notitia di F. Modesto, li concepì gran divotione, e
per quanto intesi da frati, e secolari, li diede alcuni centinaia di scudi per il detto monasterio di Montefiascone
per fabricare, con intentione di ritirarvisi anch'ella et applicarvi tutto il suo ha vere, conforme era stata persusa da
F. Modesto con promesse di far dichiarare lei per fondatrice, di poter entrare, et uscire dal monasterio a suo arbitrio, quantunque fusse stata fatta, e dichiarata la clausura.
Ma poi re melius cognita, si risolse di far vita spirituale
in Roma » ( 3 4 ).
La casa fu aperta il 24 maggio 1630 « nel Borgo maggiore, una piccola casa presso la chiesa della Madonna della
Potenza allora detta di S. Giovannino e poi di S. Chiara » ( 3 5 ).
Dal libro delle defunte dell'attuale Istituto, si ha conferma che tre perseverarono, « e di queste si tace il nome
(benché sappiasi) ». A queste prime cinque si aggiunsero
altre tre « ed insieme su istruzioni e regole di P. Modesto
si dettero alla pratica di una vera povertà, di una perpetua
mortificazione interna ed esterna e d'una esattissima obbedienza » ( 3 6 ).
Il Bergamaschi scrive che « quivi raccolse le cinque
peccatrici postulanti, unendole però a tre piissime giovani,
(34) Annali manoscritti citati, ivi.
(35) Archivio della Congregagione del Divin Amore, quaderno manoscritto: «Storia dell'Istituto », p. 6.
(36) Ballarono, Istituto del Divin Amore, fondato dal Cardinale Marco
Antonio Barbarico, Vescovo di Montefiascone (1687-1706). Tesi di laurea,
dattiloscritto, pp. 25-28.
28
che volevano pure condurre una vita raccolta nel chiostro,
quali erano: Chiara ed Agnese Paglia, due sorelle di Vetralla, e Felicita di Celleno. La casa aperta si chiamò: » Il
Purgatorio di S. Chiara »; e ne descrive nei particolari la
vita dura e povera ( 3 7 ).
Il Cecchinelli stesso nel 1630 visitò ufficialmente questo luogo. « In una certa casa aderente a questa chiesa (di
S. Maria della Potenza), sono riunite alcune donne, 7 di
numero, che si convertirono ad una vita più moderata e
spirituale per la parola del P. Cappuccino fra Modesto da
Ruviano. La lor vita è assicurata da persone pie della città
e dell'ospedale, che forniscono loro una certa quantità di
grano, olio, lana e legna da ardere. Cioè: sei sacchi di grano,
12 (boccali) di olio, 50 libbre di lana ogni anno e 12 salme
di legna la settimana. Per le altre cose necessarie al vitto
e al vestito, suppliscono con il lavoro delle loro mani e con
l'elemosina che chiedono a persone pie con l'intervento,
quando è necessario, del Vicario generale dell'Ili.mo Visitatore e di donne della città.
Queste donne non appartengono ad un istituto particolare né vivono sotto la regola di un determinato Ordine,
osservano soltanto alcune norme scritte per loro dall'Ill.mo
Visitatore.
Non hanno clausura e quando escono vanno sempre
due a due accompagnate da donne nobili della città, precedute da una croce portata da qualche chierico. Escono
raramente col permesso dell'Ili.mo Visitatore o del suo
Vicario generale, per andare ogni tanto in cattedrale o ad
altra chiesa per le indulgenze o per altro scopo spirituale.
(37) Bergamaschi, citato, voi. II, p. 164 e ss.
29
Oltre il lavoro materiale per procurarsi in parte il cibo, praticano astinenze e mortificazioni del corpo ed altre
opere spirituali.
Si alzano a mezza notte per recitare il mattutino...
Di queste sette donne, cinque sono così ignoranti che
si è dovuto insegnar loro anche il Padre Nostro.
Sono rette da una di loro, chiamata Curatrice o, meglio, Correttrice, che è vergine e abbia vissuto onestamente
prima di ritirarsi in quel luogo.
Hanno in comune il vitto e il vestito. Il loro confessore è il cappellano della cattedrale, il sacerdote Giovanni Battista Spallina, il quale amministra loro i sacramenti nella vicina chiesa di S. Giovanni » ( 3 8 ).
(38) Archivio vescovile, Visita apostolica 1630, pp. 111-113. La chiesa di
S. Giovanni è la stessa che S. Maria della Potenza, come si ricava dalla
visita stessa a p. 103. Lì per queste donne fu costruito « una specie di
palco » sopra l'ingresso della porta e rese oscura la chiesa. Il testo originale della visita ovviamente è in latino.
30
I I - I C A P P U C C I N I E L'ASSISTENZA
NELLE EPIDEMIE
La peste del 1657-1658
Una lapide nella chiesa di S. Flaviano in Montefiascone, nella parete tra la seconda e la terza cappella, segna
il sepolcro di un « cadaver infectum morbo contagioso »
del 1657. Il Commissario apostolico Bussi proibisce di
aprirlo « sub poena vitae » ( 3 9 ).
La città fu dichiarata infetta di peste con bando dell'11-7-1657 fino al 1° gennaio 1658 e fu dichiarata immune
il 2 marzo 1658.
Quando ci si accorse che la peste circolava nei dintorni, il Comune e la città, in occasione della predica di
Avvento del 1656 in cattedrale, fece voto per esser liberata o preservata dal male, di festeggiare i diversi santi
protettori: S. Flaviano, Santa Felicita e Santa Margherita,
ai quali furono aggiunti S. Francesco e l'Immacolata Concezione di Maria ( 4 0 ).
(39) Cf. La Voce, mensile di Montefiascone, Dicembre 1978, Novembre
1979, Dicembre 1980 in cui ho trattato più dettagliatamente l'argomento.
Negli attuali lavori di scavo del pavimento della chiesa tutti i sepolcri
sono stati aperti e svuotati per permettere la circolazione sotterranea
dell'aria.
(40) Riformanze, voi. 25, pp. 18-20.
31
Il chiostro nel 1982
I Cappuccini del luogo si offrirono subito al Commissariato
Capranica per il servizio spirituale e materiale degli appestati. Il Capranica non credette opportuno servirsene.
Solo il Commissario suo successore, P. Dionisio Mainardi
dei Ministri degli Infermi, accettò la loro richiesta.
Inizialmente la cura dei malati fu affidata ad un « Cappellano della Cattedrale » e, all'interno del lazzaretto, al
Curato della Commenda di S. Giovanni Battista, colpito
anche lui dalla peste.
«-E poiché zelando alcuni dei principali cittadini la
salute del Contado, fu a questi interdetto di entrare in
Città, onde questi si stavano quasi affatto privi di ministro
spirituale, i nostri frati, ottenuta facoltà dal nostro Procuratore di esercitarsi in tal ministero nella nostra chiesa,
si pose pratica effettivamente con somma edificazione e
frutto singolare delle povere anime ».
Colpita da peste la benefattrice del convento, Maddalena Piatti, questa chiese ed ottenne di essere assistita
dal P. Angelo da Borgomanero e da F. Giustino da Torino
in casa del medito Girolamo Laponi il 19 agosto 1657,
ove i due assistettero anche il pronipote della signora « Porzia Romani, moglie del Capitano Romeo Pannoni, Signore
Principale della Città ».
Nell'agosto fu colpito da peste il cappellano della cattedrale e fu tolto dal lazzaretto il Curato della Commenda;
allora il Mainardi richiese l'opera dei Cappuccini. Il primo
di questi fu il P. Francesco da Canino, guardiano di Farnese, che prese servizio il 26 agosto. Doveva fare un po'
di tutto: « mancati i notari in Città il povero Padre... doveva servire anche da notaro... ».
L'11 settembre fu preso da febbre e gli fu scoperto
« un bubone nell'Anguinaglia » e il 15 settembre morì.
33
Già il 12 settembre era entrato al posto del P. Francesco, il P. Angelo da Borgomanero, il quale dopo tre giorni
fu colpito da peste « e tutti i Periti » lo giudicarono incurabile. Ciò nonostante, potè assistere per quasi tutta la
notte il moribondo P. Francesco, poi fu rimandato in convento, dove iniziò la quarantena il 26 settembre e guarì.
Il 18 settembre passò da Bagnoregio diretto a Gallese, il P. Bernardino da Nepi, il quale, « si esibì volontariamente di correre la carriera già percorsa dai suoi confratelli ». Il 23 settembre però fu colpito da peste e due
giorni dopo morì assistito, anche lui, dal P. Angelo.
« In quel giorno istesso giunse da Roma un Prete, il
quale fu subito applicato al servizio dei poveri infermi, e
questi seguitò lino alla fine della pestilenziale influenza la
quale dal giorno del P. S. Francesco prese notabile miglioramento e seguitò sempre fino ai 22 Dicembre 1657,
in cui la Città si vide libera affatto, benché il commercio
restasse impedito fino al 2 Marzo 1658: però in otto mesi
circa che vi durò il pestifero incendio per la troppo indiscreta indulgenza dei Commissari, la Città di Montefiascone
ebbe a lamentarsi mille e duecento decessi, cioè più della
metà del popolo, sebbene tra questi vengano computati 200
decessi, che avvennero nel contado ».
Nel lazzaretto trovarono la morte per contagio durante il servizio, il 7 ottobre il P. Giacomo da Pizzichettone, guardiano del convento locale, il 29 agosto il P. Giuseppe da Triponzio; mentre F. Paolo da Lorena riuscì a
guarire.
« E qui terminarono le pestilenziali calamità del nostro
Convento e della Città di Montefiascone », scrivono concludendo gli Annali citati.
In una nota dell'otto aprile 1657 risultano circa 37
persone addette al servizio degli appestati e pagati dal
34
Comune; è significativo che fra essi non figurano i Cappuccini ( 4 7 ).
Le Riformanze del Comune notano che « cominciò
a cessare la peste come è a tutti noto » il giorno di S. Francesco del 1657 ( 4 8 ) e si ribadiscono i voti fatti. Ma lo stesso
Consiglio il 21 ottobre 1659 chiedeva al Vescovo « acciò
si degni assoluerci da tutti i voti fatti a nome publico tanto
auanti il Contaggio quanto da quelli fatti mentre duraua
essendosi persi li libri doue si notouano le Resolutioni in
quei tempi Calamitosi » ( 4 9 ).
L'epidemia del 1761
Nell'estate del 1761 ci fu una grande influenza epidemica a Marta e a Capodimonte e i Cappuccini di Montefiascone accorsero somministrando agli infermi « non
solo gli aiuti spirituali, ma ancora aiutandoli in quanto al
corpo. Tale e tanta fu la desolazione di qué miseri, che
i suddetti religiosi erano costretti a seppellire i morti per
non lasciarli fradiciare nelle loro case... » ( 5 0 ). Per questo
motivo nelle due cittadine rivierasche del lago di Bolsena
furono sospese anche le sedute consiliari. A Capodimonte
dal 16 maggio al 22 novembre e a Marta dal 21 maggio
al 1° novembre.
(47) Archivio comunale; fogli staccati forse facenti parte del libro
dei pagamenti.
(48) Riformanze, voi. 25, p. 112.
(49) Ivi, stessa delibera; cosa per altro, come si vede, non vera.
(50) Annali manoscritti citati, voi. V, p. 133.
35
Il colera del 1837
Nella seduta consiliare dell'8 settembre 1837 il consiglio comunale di Motefinascone fa presente che a Marta
si era sviluppato il colera asiatico ( 5 1 ).
Il Priore municipale di Marta nella « tornata consiliare » del 19 ottobre 1837, attestava l'opera dei Cappuccini a favore dei colpiti dal male, con questa lettera:
« Il dì 8 settembre 1837... questo nostro Comune fu colpito dal Morbo Asiatico il Cholera Morbus, il quale nel decorso di un mese circa condusse alla tomba un centinaio circa
di persone... Il Sig. Prevosto, perché attesa la sua decrepita età
di anni 88, non poteva da per sé stesso soddisfare all'ufficio
di Parroco, per non mancare al suo dovere fece venire alcuni
religiosi Cappuccini, onde lo rappresentassero, e coadiuvassero
gli altri Sacerdoti, che si adoperavano a prò' degli infetti dal
morbo » (52).
Nel 1855 il Consiglio di Montefiascone nella seduta
del 21 agosto stabilì di far « trasferire ad altra epoca la
festa che i PP. Cappuccini fanno il 6, 7, 8 settembre »
per timore del colera che di nuovo si era manifestato a
Marta e a Capodimonte ( 5 3 ).
Fra i Cappuccini che accorsero ancora in queste due
cittadine, c'era anche fra Felice da Montefiascone (Zampetta Giuseppe, 1814-1877), il quale scrisse anche un
« Breve cenno sul Morbo Cholera-Asiatico e pratica istru-
(51) Atti consiliari 1837, fol. 36.
(52) Libro delle Memorie della Chiesa - Marta. Oltre i religiosi nominati nella lettera del Priore di Marta, riportata appresso, sia in Marta
che in Capodimonte, servirono gli infermi P. Innocenzo da Bagnaia, il
quale operò soprattutto a Capodimonte; il P. Felice da Cittaducale, il
P. Pio da Lisciano, P. Massimo da Massa Carrara, Fra Crescenziano da
Bagnaia.
(53) Annali manoscritti citati, voi. VII, p. 417.
36
zrone sul modo di curare e di assistere gli infermi », che
uscì in seconda edizione a Viterbo nel 1 8 6 6 , frutto della
sua esperienza « nel 1 8 3 7 in Roma, e nell'anno 1 8 5 5 in
Marta nel mese di Agosto, nel Settembre in Capodimonte,
nel Novembre e Dicembre nel Lazzaretto di Viterbo ».
È una « Istruzione Popolare, affinché in occasione di
una influenza colerica... quei disgraziati a cui mancasse l'assistenza del Medico, abbiano una guida per regolarsi ».
Vuole anche correggere una idea sbagliata della malattia: « poiché nel nostro Paese talmente questa prevaleva
che io rammento tuttora col cuore afflitto molti poveri colerosi quasi del tutto abbandonati in mezzo ai più crudeli
tormenti che caratterizzano questa terribile malattia », morivano; così scrive nella Prefazione.
I l Priore di Marta così parla dell'opera dei Cappuccini:
« Questo pub.co Consiglio nella tornata del 10 passato
8bre ad unanimità di sentimento, a preferenza di altri Soggetti
degni che pur vi concorsero, elesse a Predicatore in questa
Insigne Colleggiata per la pros. futura quaresima il P. Massimo
dal Giglio figlio attuale del Convento di Montefiascone. È qui
mio istituto pregare la Paternità Vos. voler partecipare una
tal nomina a questo degno Religioso riunendo nella presente
la compiacenza del doppio scopo non solo per mia parte, ma
ancora per quella del Rev.do Clero, Magistratura, Consiglio ed
intero Paese.
Il Paese di Marta non ha fatto ancora nulla che possa
dimostrare un sentimento di riconoscenza inverso i Ren.di PP.
Cappuccini di Montefiascone, ed Eglino invece hanno fatto tanto
per questo Paese da destare la più alta ammirazione meravigliosa. Era lo scorso anno 1875 quando questi abitanti di Marta
fatti segno di micidiale flagello si trovavano abbandonati nel
soccorso il più necessario... in quello del sollievo spirituale!!
Ma la Divina Provvidenza non lasciava delusa la fiducia di un
popolo che anche altre volte, cioè nell'anno 1837 ebbe a risentire in egual tristezza il Morbo Cholera, eguali conforti che da
Generosi Individui gli venivano somministrati da tanta Carità
Evangelica che può dirsi pari, a quella dei Martiri, i quali
37
volenterosi ed ansanti concorrono al massacro delle loro vite
per la fede di Cristo.
Così nella nuova luttuosa circostanza con alacrità senza
pari, ripiena di Santo Zelo vedemmo giungere nuovamente in
questo nostro Paese i Cappuccini di Montefiascone per versare
un balsamo salutare sui spiriti e sui corpi infermi. Non istarò
qui ad enumerare le qualità dei generosi concorrenti ed i nomi
di tutti loro; non potrei sicuramente del più attivo P. Costanzo
da Viterbo, del P. Modesto da Bagnaia tutto buona volontà
abbenché affetto da gotta, del caritatevolissimo infermiere fra
Felice da Montefiascone e d'altri che meritano eguali elogi.
Con la nomina pertanto del Predicatore che questo Comune partecipa ad un Religioso Cappuccino, io protesto altamente che non s'intende punto diminuita la somma ingente
delle obbligazioni che questo mio Paese professa a tanta degna
Religione, ma almeno ne sarà caduta la circostanza per dimostrarle la sincerità di cuore che esiste in noi incancellabile un
sentimento di memoria riconoscente colla quale a nome del
Municipio e Consiglio io in particolare fruisco dell'alto onore
di protestarmi per sempre della Paternità Vos. Re.da — Marta
10 Novembre 1856 — Umil.mo Obl.mo Servo Pietro Aporto
Priore Municipale » (54).
Già il 20 ottobre dell'anno precedente il Priore di
Capodimonte aveva scritto:
« Rev.mo Padre Prov. Lo zelo indefesso con cui di giorno
e di notte senza risparmiar fatighe senza timor di pericolo da
prodi Ministri del Vangelo si sono diportati gli ottimi suoi
Religiosi del prossimo Convento di Montefiascone nell'afflitto
Paese di Capodimonte quando più vi infieriva il Morbo-Cholera.
Merita per giustizia, e per gratitudine si renda a tutti palese,
e specialmente alla P.V. Rev.ma, a di cui ridonda, come al capo
la generosità delle membra, come nel Padre le virtuose azioni
dei figli, per la gloria di Dio, e dell'inclita nostra Religione,
(54) Archivio provinciale di Roma, cartella montefiascone. Cf. nell'archivio comunale di Marta B. Seconda Epoca - Categoria
dall'anno
1816 al 1870 - Fascic. Consigli comunali dal 20 luglio 1850 al 1864.
38
che sola inspira ne' cuori di chi veramente la professa, quell'eroica carità, di esporre la propria temporale, alla spirituale
salvezza de' suoi Confratelli. La micidiale influenza fu tale che
nel breve periodo di soli giorni 25 decimò questa misera popolazione.
I Sacerdoti del Paese ad onta che tutti lodevolmente si
prestassero nel caritatevole officio di indir Confessioni, assistere infermi, amministrargli i S.mi Sagramenti, nei terribili
momenti però della desolazione, e del pianto, non erano sufficienti sopperire agli urgenti bisogni di tutti, alleviar l'afflizione
di ciascuno. Chiamati appena in sussidio i suoi R.R.P.P. con
quella carità, che è il distintivo dei veri seguaci del Redentore,
accorsero volenterosi dalla solitudine del Chiostro, all'attivo
esercizio dell'Apostolico Ministero, si fecero tutti a tutti, per
guadagnar tutti a Dio. Si adoperarono i Laici all'assistenza
corporale degl'infermi, i Sacerdoti alla cura spirituale delle
anime, senza perder di vista i temporali bisogni, e l'afflizione
di sconsolati superstiti; e nella generale costernazione, l'unico
conforto si fu, che di tanti infelici colpiti dal Morbo, neppur
uno perisse senza essere munito dei SS.mi Sagramenti, e della
necessaria assistenza nelle dolorose agonie della morte. Per
lo che questa popolazione oltremodo sensibile, non può a meno
di contestare alla P.V.M.R. la sua universale sodisfazione, per
un tanto benefìcio, di cui per lungo tempo sempre grata ne
serberà la memoria e tributamele in pari tempo col dovuto
rispetto, venerazione, ed ossequi. D.V.P.M.R. Capodimonte lì
20 ottobre 1885 — Dev.mo Obb.mo Servitore il f.f. di Priore
D. Ippolito Manini » (55).
Timori per il colera del 1884 - Lazzaretto del 1916
Nel 1884 in vista di una possibile epidemia anche a
Montefiascone, il Sindaco Secondiamo Mauri così si rivol(55) Archivio comunale di Capodimonte, Busta: Atti e corrispondenze varie - Anno 1885, lettera n. 116/14/. Lo stesso Manini nella lettera
n. 154 scriveva al Delegato Apostolico che la popolazione era stata « per
lo meno decimata ». Nello stesso archivio esiste una lista incompleta
dei morti e si fa il numero di 161 persone.
39
geva al P. Guardiano dei Cappuccini con lettera del 3 settembre:
« Abbenché questa Giunta Municipale siasi valsa di pubblici avvisi, pure non l'è stato possibile rinvenire persone di
buona volontà, che a pagamento siansi offerti per la causa di
malati epidemici.
In un possibile frangente di disgraziati casi del morbo,
ohe serpeggia nella nostra penisola e che sempre speriamo
lontano da queste contrade, alla Giunta stessa non rimane che
fare appello alla pietosa Istituzione Religiosa, che la Reverenda
S.V. presiede in questa Città.
È perciò a lei che mi rivolgo, e nutro fiducia che l'opera
dei suoi confratelli con zelo caritatevole ci verrà in aiuto per
l'assistenza dei malati, quando per luttuosa circostanza addivenisse necessaria.
Nella lusinga che questa mia preghiera ottenga un felice
risultato passo a riverirla con la dovuta stima e rispetto. Il
Sindaco Secondiano Mauri » (56).
L'ultimo intervento dei Cappuccini di Montefiascone
in occasione di epidemie, sembra essere quello del 1916.
Il Sindaco Bizzarri con lettera del 13 marzo indirizzata al
P. Guardiano, autorizzò « l'occupazione temporanea del
Convento dei Cappuccini e precisamente di tutto il braccio
del Convento stesso che guarda la Città indispensabile per
creare il Lazzaretto » ( 5 7 ).
Si era verificato infatti in città qualche caso di meningite cerebro-spinale, come la definiscono i documenti.
11 Comune fece stabilire in convento prima 12 persone,
poi 16 dal 14 dicembre 1816 al 31 dicembre 1917 ( 5 8 ).
I religiosi chiesero che fossero isolati gli ambienti dei
ticoverati, cosa che fu fatta un po' a malincuore con piena
(56) Archivio del convento. Notare che si era in fase di soppressione
del convento.
(57) Ivi, lettera originale.
(58) Archivio provinciale di Roma, Cartella Montefiascone.
40
Il Coro
soddisfazione dei religiosi « ad eccezione di uno che partì
per Orvieto » ( 5 9 ).
Anche il Provinciale da Roma scriveva: « che se si
tratta di una cosa temporanea, si faccia rilasciare un documento ufficiale in cui si dichiari che il Comune occupa ed
i superiori e i proprietari cedono precariamente una parte
del Convento ad uso lazzaretto e che intanto il Municipio
metterà ogni premura per l'acquisto o fabbrica di un locale adatto, secondo le esigenze igieniche ad accogliere i
malati di morbi infettivi o contagiosi, conforme all'ordine
della Prefettura di Roma ad ogni Municipio » ( 6 0 ).
A Montefiascone passò più volte e si fermò Crispino
da Viterbo (Fioretti Pietro, 1668-1750) dichiarato santo
nel 1982. Una volta, ormai famoso per la sua santità, fu
salvato dall'entusiasmo popolare da due canonici della cattedrale che lo portarono in convento, ma ormai gli avevano
strappato di dosso quasi completamente il vestito per conservarne i pezzi come reliquie. Grazie a queste, su suggerimento del chirurgo Silverio Breccia, furono guarite da
grave malattia le signore Modesta Perugini e Teresa Bartolocci. Di lui esistono pure due lettere autografe nell'archivio del monastero del Divin Amore.
(59) Ivi, lettera al P. Luigi da Grotte di Castro.
(60) Ivi, lettera del 3 marzo 1916. Nell'archivio del convento esiste
la « Nota degli oggetti esistenti al lazzaretto come da verifica eseguita
il 23 Agosto 1920 ». Nel 1926 tali oggetti vennero richiesti dal Comune con
lettera presente nello stesso archivio, nella quale è una nota scritta dal
superiore del tempo: « Risposi ai primi di Settembre che tutti gli oggetti non si trovano più ».
41
I l i - DALLA S O P P R E S S I O N E AI N O S T R I
GIORNI
Il 20 aprile 1860, cinque mesi prima che Montefiascone, nel Patrimonio di S. Pietro, fosse invaso provvisoriamente dai volontari guidati dal Masi ( 6 1 ), i Cappuccini
iniziarono, con considerevole contributo del Comune, la
costruzione di una nuova ala della loro casa, compiuta nel
1869, alla vigilia della presa di Porta Pia.
Il circondario del lago di Bolsena era disseminato di
varie stazioni, nelle quali i Cappuccini sostavano nel loro
girovagare a servizio dei vari paesi e contrade, che ci tenevano molto ad averli fra loro ( 6 2 ).
Tutto il loro lavoro venne così a trovarsi davanti a
problemi difficili, posti dal fatto risorgimentale, che assor-
(61) Montefiascone era presidiato dal comandante pontificio Du Nord
con 110 bersaglieri e due ufficiali, 73 gendarmi, 15 sedentari con un ufficiale, tre finanzieri ed un ufficiale. Assediati dal Masi nella Rocca, si
aprirono un varco con la baionetta e ripararono verso Marta-Tuscania.
Dei pontifici morirono 27 bersaglieri, un ufficiale, 33 gendarmi, 7 sedentari, un ufficiale e due finanzieri: era il 18 settembre 1860. Il 20 ottobre
i pontifici ritornarono a Montefiascone e trovarono lo stemma pontificio
già rimesso al suo posto « tra le dimostrazioni festose di quei cittadini ».
Cf. La civiltà cattolica 1860 p. 119, 355, 525; e i miei articoli su l'argomento
in La Voce 1977, giugno e in Biblioteca e Società del 31 luglio 1980, p. 40.
(62) Cf. La testimonianza significativa della famiglia Cordelli di Grotte
di Castro nell'archivio provinciale di Roma, cartella Montefiascone, nel
1723. I luoghi più a lungo frequentati dai cappuccini sono: Giglio e
Zepponami, Commenda, Ranucci (Casali), Fastello, S. Lorenzo Nuovo (dove pure ebbero per breve tempo un convento, Ischia di Castro...
42
biva lo Stato Pontificio e dal nuovo Regno d'Italia, che
estendeva le leggi del piccolo stato piemontese a tutta la
Penisola.
C'era fra l'altro la legge Siccardi e la liquidazione
dell'asse ecclesiastico, voluta specie da Rattazzi: questo
significava indemaniazione di tutti i beni ecclesiastici, eccettuate le parrocchie. Soltanto D'Ondes Reggio propose
alla Camera che questi beni fossero destinati ai poveri. La
vendita all'asta di questi possedimenti (case e terreni dei
conventi e dei monasteri, società religiose ed enti morali)
ebbe il risultato di accentrare nelle mani di pochi la proprietà e di impoverire chi già era povero, specie nel centro
e nel sud, senza pur riuscire a sanare il bilancio.
Il 20 settembre 1870 entrò « nella città santa, la feccia
di tutta Italia e delle altre nazioni, che seco portavano la
confusione, l'errore, il delitto, il disordine ed ogni sorta
di nefandezze » ( 6 3 ).
« Istallatosi il governo rivoluzionario in Roma, spogliò
subito la Chiesa di tutti i suoi beni immobili, vendendoli
a Società estere, ed anche a persone particolari dei rispettivi paesi. Molte chiese e conventi, specialmente in Roma,
convertì ad uso profano.
Discacciò tutti i religiosi dai loro conventi, ai quali
assegnò ai Sacerdoti 65 centesimi al giorno, e ai laici di
qualunque età, atti al lavoro 6 soli centesimi al giorno!!!
Il simile fecero alle monache » ( 6 4 ).
Lo sgombero dei locali doveva avvenire normalmente,
per legge, entro 15 giorni, ma rimaneva l'obbligo delle
(63) Cronaca manoscritta del convento, arch. locale, p. 23; il testo
integrale è stato pubblicato da me in Biblioteca e Società, gennaio 1980,
p. 32.
(64) Ivi, p. 23.
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varie tasse e dei dazi. A Montefiascone il 29 ottobre 1873
il Sindaco Pieri-Buti comandò ai Conventuali di lasciare
il convento di S. Francesco entro 4 ore, portate poi a 24
e quindi a 5 giorni per intervento del Prefetto di Viterbo.
I frati, il 2 novembre, portando con sé « quel che avevano
nella propria stanza » furono ospitati vicino alla chiesa
di S. Andrea da Mons. Valeri ( 6 5 ).
I Cappuccini rimasero nel loro convento e si rifiutarono di pagare dazi e tasse, perché impossibilitati dalla esiguità delle loro entrate. Allora gli esattori Pietro Toscano,
e Alessandro Iacoponi fecero sequestrare (era il primo settembre 1873) quanto si trovava in convento, « quantunque
fosse già stato inventariato dal Demanio » ( 6 6 ), rifiutando
di fare un inventario e di lasciare una ricevuta. « Ad un
tale fatto tutta la città prese parte alla nostra afflizione, e
ci soccorse con abbondanti elemosine, in denari, in cera,
e comenstibili... I due autori del Sacrilego attentato » si
ridussero, nell'arco di cinque anni in miseria tale che uno
scomparve e l'altro (il Iacoponi) fu costretto a vivere di
elemosina. « Il luogo che più frequentava, era il Convento
dei Cappuccini, che ora in occulto ed ora in palese, lo alimentarono per molto tempo insieme ai figli, spesso anche
la moglie ».
II cronista afferma che l'indignazione popolare per il
sequestro fu tale che nessuno volle prestare carri od animali per il trasporto, che fu eseguito a spalle di notte. Anzi
« le ingiurie, le maledizioni che scagliarono addosso ai
(65) Ivi, p. 22. Nella stessa cronaca conventuale a p. 21 si nota che
nell'estate del 1873 venne a far visita al Vescovo Carli, David Lazzaretti,
proclamatosi seconda incarnazione di Cristo e che sull'Armata aveva creato varie organizzazioni di suoi seguaci. « Pranzò nel nostro Refettorio,
ma dopo la Comunità; e chi scrive lo ha visto e ci ha parlato ».
(66) Cronaca del convento, p. 23.
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due... furono senza numero, di modo che svergognati, umiliati e derisi da per tutto, non avevano più coraggio di
comparire in pubblico» ( 5 7 ).
In seguito a questi fatti, sette religiosi furono costretti a ritirarsi in una casetta in pessimo stato (detta
« delle Buonomi ») vicino alla chiesa di S. Carlo con una
pigione annua di 200 lire; ne spesero 520 per renderla
abitabile; tre rimasero in convento: due come custodi della
chiesa ed uno come invalido; l'altro fu mandato dal vescovo come confessore delle suore ad Iscria di Castro.
Tutto lo stabile e il terreno del convento avrebbe dovuto esser destinato a cimitero, non lo fu per la resistenza
e « le minacce de' contadini che si presentarono in massa »
al sindaco Sciuga ( 6 8 ), tanto più che l'unica fonte della
contrada ne sarebbe stata inquinata.
Tutte le croci che si trovavano nei dintorni della città
furono atterrate, quella del convento fu spezzata di notte.
Il terreno fu quindi messo all'asta con base 200 lire annue
di affitto da pagarsi al Comune. Un gruppo di otto persone
(i due fratelli Pieri-Buti, Battiloro, Vaggi, Menghini, e il
loro rappresentante Manzi), offrirono cinque lire in più
dei frati che si erano presentati con il loro nome civile,
i quali si fermarono a 500 lire, e rimase aggiudicato agli
otto per sei anni: era il 4 luglio 1876. Lo stabile invece,
offerto dal Demanio al Comune fin dal 1874, fu destinato
a biblioteca pubblica e riacquistato dai Cappuccini stessi
il 29 novembre 1877, per il canone annuo di 200 lire. I
frati si assunsero gratuitamente l'ufficio di bibliotecari (in
(67) Cronaca del convento, p. 24.
(68) Ivi, p. 25.
45
due), favoriti in tutto dal Sindaco Sciuga e dagli Assessori
Antonelli, Tassoni, Iacobini, Franceschini e Mimmi.
La biblioteca era stata costituita con i fondi portati
dall'isola Bisentina ( 6 9 ) e da una generosa donazione del
vescovo di Montefiascone Bentivoglio ( 7 0 ). Continuamente
curata ed aggiornata, poiché i frati singoli non potevano
possedere libri in proprio, quando il 7 luglio 1873 il commissario governativo fece l'inventario dei volumi, ne contò
1640, ma afferma che avrebbero dovuto esserci circa 2000
poiché osservò « segni patentissimi di operate sottrazioni » ( 7 1 ).
Vi furono trasportati libri dei vari istituti religiosi
soppressi: quali quelli dei Cappuccini di Ronciglione, dei
Conventuali di Montefiascone, ed anche il Municipio acquistò quattro opere nuove per la libreria, cioè: « il grande
Dizionario del Tommaseo voli. 4, un'opera zoologica, una
legale, e la storia dei popoli italiani del Cantù ».
Anche il terreno circostante il fabbricato fu ricomprato, con mossa abile, dai Cappuccini il 4 giugno 1878.
I proprietari, che lo avevano comprato due anni prima,
erano caduti in miseria e non potevano più pagare l'affitto, e il terreno, coltivato male e trascurato, non rendeva
nemmeno per il loro sostentamento. Furono quindi ben
lieti di rivenderlo ai primitivi proprietari ( 7 2 ). In tutta la
vicenda ebbe un ruolo determinante il Decano D. Pietro
Federici « cui il Sindaco Sciuga della Città, si guarda bene
di urtare ».
(69) Archivio provinciale di Roma, Cartella Montefiascone.
(70) Cf. nota 15.
(71) Archivio del convento, relazione del Commissario.
(72) Annali manoscritti citati, voi. V i l i , p. 308-309, strumento nello
stesso archivio di Roma e stessa cartella.
46
Così i Cappuccini ebbero l'affitto dello stabile per nove
anni e del terreno per tre anni, tutto col compenso di 100
lire di canone, che in realtà non veniva pagato perché soddisfatto col servizio alla biblioteca.
Ma la vicenda non finì qui, perché nel 1892 il convento fu di nuovo messo all'asta dal Comune. I Cappuccini
si ritirarono nel luogo-parrocchia del Giglio in Zepponami
che avevano cominciato a costruire nel 1873. Il 27-3-1892
fu fatto il primo esperimento di vendita, senza che i Cappuccini si presentassero, ma fecero in modo che l'asta andasse deserta. Il prezzo base era fissato dal Comune a
12.000 lire, troppo alto per i frati. Lo stabile, del resto
era ridotto ad « uno sfasciume come una capanna e perciò
sarebbe stato un buttar via denari senza risultato » ( 7 3 ).
Nonostante questo però alcuni religiosi, su pressioni
del popolo e del vescovo, erano favorevoli a ricomprarlo.
Il vescovo Mons. Luciani, scriveva al Superiore di Roma:
« Qua, non solo ai suoi religiosi, ma a quasi tutta questa
popolazione ha recato grandissimo disturbo il fatto, per cui
si è aumentata la somma da pagarsi per ricomprare il convento dei Cappuccini. Assai peggio tuttavia sarebbe se venisse per conseguenza se i Cappuccini dovessero andar via
da Montefiascone » ( 7 4 ). E prometteva aiuti in denaro da
parte del clero e del popolo.
Nell'asta del 19 aprile, il Santini lo ebbe assegnato
per 15.000 lire, ma il 18 luglio lo retrocesse ai Cappuccini
(73) Archivio di Roma, citato, cartella Montefiascone, lettera al Provinciale. Nella stima comunale del 1889 vengono descritti i singoli ambienti: la frase che più spesso ritorna è questa: « in pessimo stato ».
La stima è nell'archivio comunale, dove è anche una cartella a parte
su tutta la vicenda.
(74) Archivio di Roma e cartella citati, lettera del 22-4-1892.
47
per intervento di Mons. Federici ( 7 5 ), dietro versamento
di 14.500 lire ( 7 6 ).
Così si potè pensare a dare al luogo un nuovo significato. Nel 1895 vi furono portati da Segni gli studenti
cappuccini; nel 1902 per lo studio della filosofia, nel 1909
per gli studi precedenti il noviziato, nel 1915 per i corsi
di teologia. Prima nel 1925 e poi ancora nel 1932 vi fu
aperto il seminario, chiuso nel 19 7 6 ( 7 7 ).
Il 13 marzo 1916 il sindaco Bizzarri autorizzò « l'occupazione temporanea della parte del convento dei Cappuccini e precisamente di tutto il braccio del Convento stesso
che guarda la città indispensabile per creare il Lazzaretto »,
come già abbiamo ricordato.
Nel triennio 1905-1908 fu coperta la sepoltura dei
frati in chiesa nell'attuale cappella dell'Addolorata, la prima
a sinistra, e rifatto il pavimento; sull'altare vi era il crocefisso portato nelle missioni dal P. Innocenzo da Bagnaia,
sostituito da altro nel 1959. La tela con l'immagine della
Vergine addolorata fu donata nel 1933 dalle sorelle Angelina ed Emira Pieri. Nel 1900 fu portata in convento
l'acqua del Cimino e nel 1927 si ebbe la luce elettrica.
(75) Annali manoscritti citati, voi. V i l i , pp. 437438. Lo strumento
giuridico è conservato in copia autentica nell'archivio di Roma. L'originale è nell'archivio comunale di Montefiascone. La somma fu il risultato
di offerte popolari, di 10.000 lire dalle Benedettine con l'interesse del
4 e mezzo per cento, 4.000 lire dal conte Salimei con l'interesse del
4 per cento.
(76) Nell'archivio comunale di Montefiascone esiste la documentazione completa degli avvisi d'asta e dei contratti; in tutto 23 documenti
originali.
(77) Cronaca del convento, p. 45. Annali manoscritti citati, voi. X,
p. 307. Cronaca del Seminario dei PP. Cappuccini, archivio del convento.
Da un elenco esistente nell'archivio del convento, si ricava che dal 1925
al 1974 sono passati in questo seminario 207 ragazzi aspiranti alla vita
religiosa; di questi sono divenuti sacerdoti 50.
48
Un cenno a parte merita l'opera dei Cappuccini nella
zona di Zepponami verso la stazione ferroviaria, dove già
avevano un piccolo luogo. Vi costruirono una nuova chiesa
consacrata in onore della Madonna del Giglio e di S. Felice da Cantalìce l'8 maggio 1873. Della loro presenza e
creatività rimane una testimonianza minuziosa nella cronaca del convento, negli annali manoscritti della Provincia
romana, nei vari libri manoscritti presenti in convento e
nell'archivio parrocchiale ( 7 8 ).
L'ideatore e l'animatore di tutta l'opera fu P. Santi
da Viterbo, che ebbe la collaborazione entusiasta dei contadini locali. Ora la chiesa da essi costruita è parrocchia,
poiché il vescovo Rosi nel 1911 la eresse a parrocchia,
sostituendo i Cappuccini con un sacerdote diocesano.
La seconda guerra mondiale, la resistenza e la ricostruzione hanno lasciato una lieve traccia nella cronaca del
convento. Significativo a questo proposito che il superiore
provinciale potè annotare di suo pugno a p. 15 il 9 luglio
1947: « da vari anni si consuma molta carta di questo libro
e poco si registra. La cronaca è ridotta al chi va e chi viene
e basta... ».
Il 26 maggio 1944 alle ore 7,10, mentre tutti i religiosi ed i seminaristi erano in chiesa, alcuni aerei angloamericani sganciarono tre bombe che caddero nell'orto del
convento ad una quarantina di metri dalla fabbrica; ci furono danni alle volte e ai vetri, ma nessun ferito. La conseguenza logica fu di inviare in famiglia quasi tutti i ra-
(78) Cf. La Voce, mensile di Montefiascone, 1977, dove il Prof. Brigliozzi ne ha pubblicato la storia a puntate. Il convento fu venduto al
Sig. David Bartoli con l'obbligo di costruire la stalla del convento delle
Mosse e ripararne il muro di cinta.
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gazzi e chiudere il seminario. Ma siccome le incursioni aeree
continuavano, con mitragliamenti per le strade e nell'abitato, non si trovò rifugio più sicuro che la cantina dei Cappuccini, nella quale famiglie intere fissarono la loro dimora
temporanea ( 7 9 ).
Il passaggio del fronte interessò il convento sia per
i tedeschi che per gli anglo-americani. Due tedeschi, il 9
giugno 1944 « dopo aver mangiato e bevuto abbondantemente », chiesero da mangiare per altri 14 soldati e, rivoltella in pugno, ottennero « una pagnotta di pane e un bel
pezzo di lardo, e così ci si è liberati ».
L'11 dello stesso mese un piccolo reparto americano,
chiese di alloggiare in convento: « dopo quattro giorni di
permanenza, durante i quali i soldati e ufficiali si sono
comportati sempre cavallerescamente, hanno lasciato il convento, lasciando una abbondante elemosina in denaro e in
generi » ( 8 0 ).
Il popolo delle contrade Mosse e Tartarola nella cui
zona è situato il convento, volle tre giorni di preghiere al
santo protettore del convento, S. Antonio da Padova, che
li aveva scampati dai pericoli della guerra e in segno di
riconoscenza, il 20 febbraio 1945, fu inaugurato l'altare
di marmo in onore del santo nella chiesa della comunità,
opera del viterbese Pagnottelli ( 8 1 ).
Un segno della partecipazione ai problemi del Paese
e della nazione, rimane registrato nella cronaca il 9 aprile
(79) Cronaca del convento, p. 95.
(80) Ivi, p. 96. Nello stesso archivio esiste una lettera del Commissario Prefettizio Donati in data 4 settembre 1944 al cuperiore dei Cappuccini, in cui comunicava che era stato costituito un comitato per la
assistenza a 750 sfollati di prossimo arrivo dalla Toscana e chiedeva
collaborazione, ma sembra che la cosa non ebbe seguito.
(81) L'altare di S. Francesco fu donato dal Sig. Manfredo Basili,
terziario francescano, nel 1937; la statua del santo fu fatta venire da
Trento.
50
1946: « I comunisti del luogo, indignati per la sconfitta
nelle elezioni amministrative e fortemente adirati contro il
P. Guardiano che, con energia e coraggio aveva parlato più
volte dall'altare contro di loro mettendo in evidenza le
loro idee antireligiose e anticlericali, ordiscono un attentato
contro lo stesso P. Guardiano, diretto a togliergli la vita.
Scoperti però e smascherati, vengono dal P. Guardiano denunciati all'arma dei Carabinieri e l'attentato fallisce ».
Intanto veniva a cessare il servizio religioso e sociale
ai contadini della Commenda ( 8 2 ) e periodicamente giungevano per i seminaristi e la comunità generosi aiuti di
ogni genere da parte dell'U.N.R.A. e di tutta la popolazione. Nel 1956, in occasione di una nevicata disastrosa,
tali generi furono messi a disposizione delle numerose persone che ogni giorno affluivano alla porta del convento per
tutta la seconda metà di febbraio. « Il moltempo ha portato nelle famiglie freddo e fame. Si è cominciato a distribuire qualche elemosina di viveri alla porta, ma la notizia
si è divulgata di famiglia in famiglia. È accaduto, perciò,
che decine e decine di persone hanno chiesto la nostra carità. In questa prima giornata è stato distribuito quasi un
quintale di pasta, mezzo quintale circa di latte in polvere
e margarina... Esaurito il quantitativo di pasta disponibile
sino a rimanere noi con qualche chilo soltanto, si è dato
mano a due ziri di farina e ad altro scatolame di latte in
polvere e di margarina ».
Il pomeriggio del 22 si dovette sospendere l'aiuto
« per mancanza di generi ». Si chiese l'intervento della
(82) Era il 1946. Una lettera dei contadini della Commenda, conservata nell'archivio di Roma, scritta nel 1912, dice fra l'altro: « quando
è venuto fra noi patre Bernardino a noi eia trovato come le bestie lui
eia imparato a scrivere e a servire la messa... ».
51
Prefettura di Viterbo, che si limitò a mandare due scatole
grandi di latte conservato ( 8 3 ).
Fin dalle origini i Cappuccini curarono anche il Terzo
Ordine secolare di S. Francesco, istituito dal santo di Assisi
per tutte le persone in qualunque stato di vita, che desideravano vivere il Vangelo secondo il suo stile. Nel 1872
si contavano 134 iscritti, il primo dei quali è D. Basilio
Basili Luciani e poi vari canonici della Cattedrale, il rettore del seminario, contadini, artigiani, donne di casa. Nel
1913 erano 115 e vi troviamo il parroco di Marta D. Liberato Tarquini e nel 1926 fece la sua professione nel Terzo
Ordine D. Tommaso Leonetti, poi vescovo di Capua.
Nel 1969 erano 93 e nel 1960 erano ancora 66. Attualmente questo settore del francescanesimo popolare in
Montefiascone è quasi del tutto inesistente.
Intanto continuava la vita quotidiana di preghiera, di
studio e di lavoro e di servizio e cresceva fino al 1976,
quando il seminario fu di nuovo chiuso.
Dopo lunghe trattative, nel 1980 furono iniziati i lavori di adattamento per stabilirvi il liceo scientifico statale,
che vi si è trasferito nel gennaio del 1981, riservando ai
religiosi il lato sud.
Così il convento dei Cappuccini riprende e continua
la sua funzione su misura delle esigenze religiose e sociali
della popolazione di Montefiascone e del circondario del
lago di Bolsena, nel quale ebbero, nell'Isola Bisentina, la
loro prima dimora; in una terra nella quale S. Francesco
volle lasciare i suoi frati nel 1222.
(83) Cronaca del convento, p. 171.
52
SECONDA
PARTE
DOCUMENTI
AVVERTENZA
La documentazione
che segue è del tutto inedita, con rarissime eccezioni. Per le notizie sulle opere d'arte mi son servito di una relazione della Soprintendenza
alle Gallerie ed alle
opere d'arte medievali e moderne della Provincia di Roma,
esistente nell'archivio del convento di Montefiascone,
in data
23 maggio 1928. Vorrei aggiungere che il quadro della Madonna
in quello più
della Vittoria è stato inserito successivamente
ampio che è un maldestro rifacimento
di quello sul soffitto
della chiesa, opera di anonimo di scuola romana delia seconda
metà del XVII
secolo.
Dei documenti 1, 4, 7 ho tentato una mia qualche traduzione dal testo originale latino, su suggerimento
dell'Editore;
gli altri sono stati riportati nel loro originale.
55
1 • Lettera di Clemente VII al Card. Odoardo Farnese
Incarica il Cardinale Odoardo Farnese di sostituire i Padri
Osservanti nell'Isola Vigentina o Bisentina del Lago di Boisena, con i nostri frati e di consegnar loro la chiesa e la loro
casa.
Il papa Clemente VII invia il saluto e la benedizione apostolica al nostro caro figlio.
Sappiamo che a suo tempo il nostro predecessore Eugenio
IV, di felice memoria, concesse ai frati minori Osservanti della
Provincia Romana la chiesa non parrocchiale di S. Giovanni
nell'Isola Vigentina o Bisentina nel lago di Bolsena in Diocesi
di Montefiascone. La chiesa era già stata concessa dalla Sede
apostolica al sacerdote Onofrio di Suessa, che l'aveva restaurata e quindi aveva chiesto che l'isola fosse concessa agli
Osservanti con tutti i diritti e possedimenti. Perciò Eugenio
IV concesse che fosse assegnata in perpetuo agli Osservanti i
quali avrebbero potuto riceverla e costruirvi la chiesa, il campanile, la campana, le celle, il cimitero, il dormitorio, l'orto e
le officine. La lettera è la seguente.
Il vescovo Eugenio, servo dei servi di Dio, ai diletti figli
il Vicario e i frati minori dell'Osservanza della Provincia Romana invia, come il solito, il saluto e la benedizione apostolica.
L'Ordine nel quale servite con devozione e scrupolosità
l'Altissimo, merita che, per quanto Dio ci concede, siamo favorevoli alle vostre richieste soprattutto quando riguardano la
crescita del culto divino e l'aumento della fede. Ci è giunta
la vostra richiesta nella quale il caro figlio il sacerdote Onofrio
di Suessa desidera che nell'isola Vicentina nella Diocesi di
Montefiascone sia costruito un luogo con chiesa, campanile,
orto ed altre cose necessarie per l'abitazione di alcuni frati
57
del vostro Ordine. La chiesa non parrocchiale dell'isola era
stata concessa ad Onofrio dalla Sede apostolica con il consenso
dell'allora vescovo di Montefiascone. Il sacerdote aveva trovato
la chiesa abbandonata e distrutta; ora l'ha costruita e riparata.
Onofrio spontaneamente e liberamente ha rimesso nelle nostre
mani la predetta chiesa e tutti gli altri diritti che a lui competono. Noi abbiamo creduto opportuno accettare l'offerta di
Onofrio e voi ci avete umilmente chiesto che ci degnassimo
con l'autorità e la benevolenza apostolica, che concedessimo
ed assegnassimo la chiesa e l'isola con tutti i diritti e le spettanze a voi ed al vostro Ordine per sempre. Perciò noi, che
desideriamo ardentemente il culto di Dio e l'aumento della
fede, con la nostra autorità apostolica vi concediamo speciale
permesso di possedere, salvi sempre i diritti parrocchiali, la
chiesa e l'isola predetta con la chiesa, il campanile, la campana, le celle, il dormitorio, gli orti da costruirsi ancora e di
ritenerli per sempre per il vostro uso e la vostra abitazione;
derogando espressamente alla proibizione fatta dal nostro predecessore Bonifacio V i l i , di felice memoria, il quale vietava
ogni mutamento del genere senza permesso speciale della Sede
Apostolica, purché non vi si oppongano altre costituzioni apostoliche, le disposizioni dei vescovi locali rispetto al detto
Ordine e con la licenza di chiunque altro.
Con questa lettera inoltre concediamo a voi e agli altri
frati che dimoreranno nel posto temporaneamente per costruirvi
la casa, di godere e di servirsi di tutti i privilegi, libertà, esenzioni, immunità e permessi dei quali si servono e godono gli
altri frati nelle altre case dell'Ordine. A nessuno perciò sia
lecito violare queste nostre disposizioni o temerariamente contraddirle. Se qualcuno oserà farlo, sappia di incorrere nell'indignazione di Dio onnipotente e dei suoi santi apostoli Pietro
e Paolo.
Firmato a Roma in S. Pietro il 13 novembre 1431, il primo
anno del nostro pontificato.
Ora per alcune ragioni a noi note, ci sembra opportuno
sostituire i predetti frati Osservanti nella chiesa e nell'isola
predette con alcuni frati Cappuccini. Perciò noi con Motu
Proprio, conoscendo bene le cose e con libera decisione, con
la presente revochiamo ed annulliamo per sempre con la nostra
autorità apostolica, la concessione della chiesa e dell'isola fatta
ai predetti frati minori Osservanti. Con questa lettera dunque
58
comandiamo alla tua accortezza che personalmente o per mezzo
di un tuo incaricato, faccia uscire i predetti frati Osservanti
dalla chiesa e dall'isola e sostituirli con almeno dieci frati della
congregazione dei Cappuccini. Ti preoccuperai, con la nostra
autorità apostolica, di concedere ai Cappuccini la chiesa e l'isola
allo stesso modo e forma con le quali fu concessa ai frati Osservanti da Eugenio IV. Perciò noi con questa lettera diamo
facoltà a te e ai Cappuccini di ricevere la chiesa e l'isola predette e di abitarvi per sempre.
Ricordiamo che tutto questo è in deroga di quanto fu stabilito dal nostro predecessore Bonifacio VIII, di felice memoria, il quale proibì che i frati degli Ordini mendicanti ricevessero nuovi luoghi o li mutassero senza permesso della Sede
apostolica. Annulliamo anche altre costituzioni, ordinazioni apostoliche o dell'Ordine e della Congregazione in questione sia
pure confermate con giuramento o confermate dalla Sede apostolica, ed anche altri statuti, costituzioni, privilegi, indulti concessi, confermati o approvati con lettere apostoliche al predetto
Ordine e ai loro superiori e frati, comunque concesse, confermate e approvate, quando siano contrari a questa nostra lettera. Espressamente, in questo caso soltanto, deroghiamo a
tutte e singole queste cose e ad ogni altra possibile, nel modo
più ampio.
Dato a Roma presso S. Pietro sotto l'anello del Pescatore
il 7 luglio 1599, l'ottavo anno del nostro pontificato.
Autografo nella Segreteria dei Brevi apostolici, mese ed
anno predetti, fol. 169.
NOTA
La casa in quel luogo ameno fu abbandonata dai nostri frati sia
perché il dominio del Ducato di Castro fu devoluto dalla Serenissima
famiglia Farnese, che provvedeva completamente al vitto dei dodici frati
ivi residenti, alla S. Sede sia perché nella vicina città di Montefiascone,
o Montefalcone, fu fondata un'altra casa, nella quale fu trasferita la
suppellettile e la biblioteca; mentre temporaneamente il vescovo di Montefiascone amministrava sia l'isola che il monastero.
( Bullarium O.F.M.Capp., voi. 55, pp. 22-23, Roma 1743).
59
2 - Il convento dell'Isola Bisentina negli annali manoscritti
« Il Convento dell'Isola Bisentina de' Signori Farnesani,
è uno de più curiosi e delitiosi della nostra Provincia, e forse
della Religione in tempo di Primavera e di Autunno; però nel
tempo d'estate, è abominevole a' Frati, et a secolari per rispetto della cattiva aria, dove ogni anno, tutti o quasi tutti
i Frati di quella Famiglia s'infermano, e spesse volte molti
muoiono.
Questo Convento è situato sopra d'un scoglio nel ampio,
e spazioso lago di Bolsena, dove fu martirizzata S.ta Cristina
Vergine e Martire, e tra l'altre pene e martirij che gli furono
dati, fu sommersa con una gran pietra al collo in detto lago,
dove tutti li circonvicini possono pescare liberamente anzi
raccontano alcuni vecchi che volendo un anno i Signori vendere la pesca, non si prendeva nelli siti pesce alcuno, ma
solamente rospi, e così fu lasciata di nuovo libera, il che attribuiscono alla carità della istessa Santa, che vogli che tutti
i poveri godano di quel lago, dove lei fu martirizzata, senza
peso alcuno. Il lago circuisce 30 miglia, e quasi di torno in
torno è circondato di terre e dentro di esso vi sono due isole,
una detta Isola Martana per esser più vicina a detta terra
di Marta, et è molto sassosa, et alpestre dove sta un Convento
di Padri Minimi di S. Francesco di Paola.
L'altra Isola si Chiama Bisentina, per essere in contro alla
villa di Bisenzo et è molto amena, e dilettevole, in questi
tempi particolarmente (come habbiamo detto di sopra), è circondata un grosso miglio, una parte della quale contigua con
il Convento, e con la Chiesa Maggiore, è tutta piana circondata da muraglia, e dichiarata clausura, dove non possono entrare in alcun tempo dell'anno, e quivi i Frati fanno l'horto,
e v'hanno molte piante di frutti, et alcuni di pigni antichissimi di meravigliosa altezza, e grossezza. Il restante dell'Isola,
dove può praticare ogni sorta di gente per devotione, parte
è piana, e parte montuosa, però con le strade molto agiate,
60
La Pietà - Scuola dei Carracci
Vergine col B a m b i n o e Santi - Anonimo romano 2" metà del X V I I sec.
et ombrose, per esservi gran piante d'elei, d'olivelli, di platani, d'olmi, et altre piante, si che d'estate, e d'inverno, sempre
si copre quasi tutta l'Isola, verdeggiante, et allegra.
Quel che fa frequentare detta Isola per divotione nel tempo
particolarmente della primavera, oltre l'amenità suddetta, è
la divotione di sette Chiesette che vi sono, la prima delle quali
è dedicata a S.ta Concordia Martire, la 2a al P. S. Francesco,
la 3a' a Christo Signore Nostro mentre orava nell'horto, la 5a
a S. Gregorio Papa, la sesta, a S. Caterina Vergine e Martire,
e la 7a similmente al nostro dolcissimo Redentore Crocifìsso
per noi, e si chiama Monte Calvario, alle quali Chiesette la
felice memoria di Papa Paolo 3 farnesiano l'anno 1539 alli 20
di Marzo, ad istanza di Pier Luigi Farnese Duca di Castro, e
Confaloniere di S.ta Chiesa, concesse le medesime Indulgenze,
che si conseguino, visitando le Chiese di dentro e fuori di
Roma, a quelli, che in qualsivoglia tempo dell'Anno, visitaranno almeno due o tre di dette Chiesette confessati, o con
intenzioni di confessarsi nelli tempi ordinati dalla Chiesa,
pregando per l'esaltazione di S.ta Chiesa, come apparisce più
ampliamente nel breve che si conserva in detto Convento.
Nella quarta di queste Chiesette, che hora si chiama da
tutti comunemente S. Pio, non v'è dipinto altrimenti questo
Santo, ma si bene la Trasfigurazione di Nostro Signore, e vi
sono le memorie di Papa Pio secondo, quale andò in detta Isola
l'anno 1461. Vi sono due Cappellette, una dentro dell'altra, nell'ultima più in dentro vi è l'altare della Trasfigurazione, e fuori
della prima porta a man destra vi è dipinto detto Pontefice,
alli piedi del quale stanno inginocchiati tre Frati Zoccolanti, il
Pontefice è dipinto a sedere con la man destra alzata, in modo
da dar la benedizione, e concedere qualche gratia, e dalla sua
bocca par che escano le sotto scritte parole, scritte con lettera...
antica: Remissionem peccatorum prò tertia parte, in Transfiguratione Domini Nostri et Salvatoris Jesu Christi, sexta die Augusti, et in festo Sancti Pii Papae et Martiris Praedecessoris
Nostri undecima die Iulij prò totidem in forma Ecclesiae Christi Fidelibus, visitantibus hoc Oratorium, nostra Auctoritate
Apostolica, vivae vocis oraculo concessimus, perpetuo valituram.
Il detto Convento dell'Isola non fu fatto da principio per
noi, e poi non è conforme al nostro ordinario modello, et eccede in grandezza in tutte le sue parti i nostri Conventi ordinarij, nel Claustro, nel Dormitorio, nel Refettorio, e nella Chiesa, quale è molto magnifica fatta a volta con la cupola, l'Altare
61
Maggiore e due Cappelle con quadri da bona mano dipinti, con
il Choro alla Monacale, con 24 seggi grandi con i suoi inginocchiatori, e legivo il tutto di noci nobilmente lavorato.
Nella Chiesa sono tre cassoni, foderati di velluto nero, posti
in alto, ne quali stanno i corpi d'alcuni Sig.ri Famisani, cioè del
Duca di Castro Pierluigi sudetto, dui Cardinali, et altri, e poi
l'altare di S. Giacomo Apostolo, si tiene per tradizione, che sia
Privilegiato, se bene nel Convento, non v'è memoria alcuna.
In dett'Isola e Convento vi hanno stanziato 169 anni li Padri Zoccolanti, dail tempo di Papa Eugenio quarto l'anno 1480,
sin al tempo della Felice Memoria di Papa Clemente ottavo l'anno 1599. Nel qual anno risoluto l'Ili.mo e r.mo Sig. Cardinal
Odoardo Farnese, et il Serenissimo Ranuccio Duca di Parma,
e di Piacenza, di levar detti Padri, come devotissimo alla nostra
Religione, fecero grand'istanza alli nostri Padri, che si volessero
accettar dett'Isola. Ma, non giudicando bene d'accettarla per
molti rispetti, li ringratiorno, e vi ferno gran retinenza. Prima
per non disgustar quelli Padri, che vi erano in otto, secondo,
per rispetto della cattiva aria molto notiva, Terzo, per la gran
fatica, che si vedevano addosso essendo necessario, che tutti i
Frati, che dovevano star in quel luogo di famiglia dovessero imparar di remare, e diventar Galeotti (per così dire) e barcaioli,
per molti altri rispetti fecero grandissima resistenza per non
accettarla, ma la causa principale, che li muoveva a ripugnare,
fu la tema di non poter vivere in detta Isola di mendicità, e
stare nella pura osservanza della Regola, che noi professiamo;
alle quali difficoltà s'opposero con molta prudenza, e caldezza
li Signori sudetti, sino ad interporvi l'autorità del Papa per
levarsi ogni scrupolo alli nostri Padri, quali tutta via mostrandosi duri, e renitenti, si risolve il M.R.P. F. Girolamo da Castel
Ferretti all'Hora nostro Generale di servirsi della sua autorità
per compiacere, e condescendere alla divotione di quei Signori,
e poi comandò al P. Provinciale che l'accettassero, che altrimenti S. Santità haveria fatti venir i Frati della Marca, et haveria
preso lui quel Convento per quella Provincia e questo si diceva
tra Frati, e così fu accettato, fu preso possesso, e mandato per
P. Presidente per metter in ordine il Convento e ristringere la
Clausura, il P. Fra Francesco Bergamasco, huomo esemplarissimo e di Santa Vita, con quattro Frati, dui Sacerdoti, che furno il P. F. Pellegrino da Vallerano, et il P. F. Basilio d'Arquata
e due Laici, cioè Fra Lorenzo Bergamasco, e Fra Fortunato da
Gradoli, da quali pulito, et accomodato il Convento nel miglior
62
modo, che si potè conforme allo stato nostro, nel seguente Capitolo, poi vi fu fatto il Guardiano, e collocata famiglia formata, e per l'ordinario vi stanno 14 o sedici Frati di famiglia,
molto ben trattati da quei Signori, e loro successori e Ministri. Con tutto ciò per rispetto della cattiva aria, e per li molti
contrapesi, et incommodi che li poveri Frati vi hanno, più che
di buona voglia, con le mani giunte; e con le ginocchia in terra la lasciarìano ogni volta che il Serenissimo Sig. Duca Odoardo ci volesse far gratia di riprenderla, e mandarci altri Religiosi
a suo beneplacito, e godersi con un buon prò, i pesci, i cunigli,
et altre cose che a noi generano tanta nausea, e fastidio, e di
già il Padre nostro Provinciale ha proposto di far una pronta,
et affettuosa rinuntia.
Con tutto che detto Convento dell'Isola sia molto scommodo alli Popoli circonvicini per il viaggio, e non vi si possa
andare, se non con la barca, non ci fu però piccolo concorso
alla divotione il giorno del nostro B. Felice, che oltre a molte
persone di Marta, Capodimonte, e Bisenzo, v'andorno sin a cento, tra huomini, e Donne da Gradoli, accompagnati dal Curato,
o Priore di detta terra, quale dopo l'haver esortato il suo Popolo d'andar a conseguir l'indulgenza, e venerar la festa del
Beato, volse andarvi anch'esso per detti ofiìtij, e per commodità
dell'istesse sue Pecorelle, per poterli riconciliare, havendone bisogno, e conseguir l'indulgenza con maggior purità, e divotione, dove anco furno pasciuti con la parola di Dio dal P. F.
Felice da Castel Durante, a gloria del Beato.
In questo Convento stiedero li nostri Frati circa Trentadue Anni perché vi andiedero nel 1599 e partirono nel 1631 ».
(Annali Manoscritti, voi. I, pp. 170-174)
63
3 - Depositi e Debiti del 1580-1593
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Elenco dei terreni venduti per la costruzione del convento dei
Cappuccini in Montefiascone. Libro dei Depositi e Debiti n. 5,
1580-1593, p. 7 - Archivio comunale di Montefiascone.
4 - Benedizione del Convento e lapide della consacrazione
della chiesa
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Il testo delle Riformanze del Comune di Montefìascone in cui viene
notata la benedizione del convento dei Cappuccini.
L a lapide che ricorda la consacrazione della chiesa dei Cappuccini.
5 - T r e sfrumenti di vendita dei terreni per la costruzione
del convento
1) Atto di vendita del terreno fatta dal comune
Scarici per il prezzo di 75 scudi.
al signor
Vitale
Nel nome di Dio-Amen. Il 7 maggio (1579), anno, indizione
e pontificato di cui sopra, le parti infrascritte hanno affermato
che la magnifica comunità di Montefiascone è tenuta ed obbligata verso il reverendo signor Menicangelo Scarinci, Lazzaro
Scarlattino, la Signora Caterina di Catone e verso gli eredi di
Menicangelo Graziani per una notevole quantità di denaro ricavato dalla vendita di alcuni loro possedimenti situati in località Poggio della Croce, nel territorio falisco, per costruirvi
il nuovo convento dei Cappuccini. E poiché i terreni non potevano essere alienati, si vendettero alcuni beni meno utili alla comunità e sufficienti allo scopo per il prezzo suddetto, secondo la risoluzione del Consiglio generale della Città. I Magnifici Priori della Comunità Manilio Roselli, Fabrizio Bisenzio,
e Valerio Ciccio con diligenza e precisione valutarono la cosa e
dissero che non avevano trovato terreni più poveri e meno importanti dei possedimenti e dei beni della Comunità di quelli
situati al Poggio delle Croci. Con queste assicurazioni il Consiglio generale si è riunito e dopo i soliti bandi fu stabilito di
mettere in vendita quei beni e di assegnarli al maggor offerente nell'atto ufficiale di accendere la candela. Perciò il signor
Angelo Aureli, alla presenza del Tesoriere della Comunità, al
quale spettano simili vendite, con la presenza, il consenso e la
volontà dei predetti signori Priori, giurò al posto di Giovanni
Battista Rota davanti al collega consenziente, davanti al signor
Gaelazzo Nucula, Pretore della città e giudice ordinario spontaneamente e senza costrizione per sé e per i suoi successori
nell'ufficio e vendette e concesse a titolo di vendita perpetua
al Signor Vitale Scarinci di Montefiascone, presente compra-
66
tore e stipulatore legittimo per sé e per i suoi eredi e successori, un pezzo di terra situato in località sopradetta, confinante
con i beni del Signor Girolamo Trogli, del Signor Paolo Ilari,
di Baldassarre Sbardella verso il basso; verso l'alto è confinante con i beni del vescovado, di S. Maria di Monte d'Oro, e dal
Iato verso la città con i beni del signor Giovanni Guazzara e
con la strada pubblica che conduce a Tuscania ed altri eventuali.
Il terreno è di tre salme e uno staio, così valutato dagli agrimensori eletti dalla comunità Benedetto ed Antonio Bassi.
Quando fu accesa la candela, il signor Vitale offrì il prezzo
più alto- 22 scudi e mezzo la salma, come è riportato nel libro delle Riforme al faglio 140. Il signor Vitale promise e solennemente si impegnò a pagare la somma totale di 75 scudi
personalmente per i suoi eredi e successori, entro il presente
mese di maggio alla detta Comunità e ai suoi tesorieri legittimamente autorizzati, in moneta valida e corrente, senza alcuna
condizione.
II tesoriere ha promesso ed assicurato che tutti e singoli
gli elementi contenuti nel presente atto sono perfetti e validi,
che il detto pezzo di terra è di vera e diretta proprietà della
Comunità, non venduto, affittato, locato o alienato. Ha promesso inoltre di mettere al sicuro e liberare la Città da ogni
eventuale rivendicazione da parte di altre persone; il tesoriere
ha inoltre promesso di ricevere e di ritenere il detto pezzo di
terra a nome del compratore.
Come contro parte il signor Vitale compratore ha promesso e convenuto con il tesoriere che in qualunque momento
emergessero dei diritti, azioni, beni oltre quelli previsti sul
terreno e non nei confini limitrofi, li avrebbe acquistati a prezzo
conveniente. Ha giurato che tutto è stato fatto a norma delle
leggi della Camera Apostolica, ha confermato il prezzo sopra
indicato e da lui pagato. In questo ha obbligato sé stesso, i
suoi eredi e successori impegnando i suoi beni immobili e mobili, presenti o futuri comunque e dovunque situati.
Il predetto Magnifico signor Podestà supplisce con la sua
autorità agli eventuali difetti particolari o generali ed ha firmato il decreto.
Fatto nella Cancelleria della Città, alla presenza dei testimoni Signor Malatesta Malatesta e Scipione Coluzio.
67
8 maggio
Il Signor Vitale sopradetto, volendo mantenere le promesse,
ha pagato in contanti 75 scudi al tesoriere signor Giovannangelo
e per lui alla signora Caterina del fu Catone per un pezzo di
terra a lui venduto a norma dell'atto di vendita precedente.
La signora Caterina si è dichiarata soddisfatta e pagata ed ha
così anche liberato e soddisfatto il signor Vitale ed ha obbligato sé stessa e i suoi successori a non chiedere altro alla Comunità. Ha giurato che tutto è stato fatto secondo le regole etc.
Fatto alla presenza dei testimoni Malatesta e Cornelio Brizi.
(Instrumenta 1579-1581, arch. com. di Montefìascone, p. 5).
2) Atto di vendita di un terreno -fatto alla Città dalla
Caterina del fu Catone per il prezzo di 95 scudi.
Signora
Nel nome del Signore - Amen. Anno, indizione e pontificato
di cui sopra, l'8 maggio 1579, davanti al Magnifico Pretore predetto si è presentata la montefiasconese Signore Caterina del
fu Marzio Catone. Essa possiede un terreno coltivato a vigna
che può esser lavorato da circa 7 operai; altra parte è occupata
da un canneto ed altro è sodo che può esser lavorato da circa
3 operai: in tutto dieci operai. È situato nel terreno di Montefìascone nel Poggio della Croce tra i beni di Lazzaretto Scarlattini da una parte e quelli di... fornaio dall'altra e la strada
etc. Ha detto che intende vendere questo suo terreno per una
sua evidente utilità e comodità. Si è presentata personalmente
davanti al predetto Potestà, a me Notaio ed ai testimoni, assistita da Girolamo di Pietro Paolo e da Gaspare di Piergiovanni
suoi parenti... confessando di conoscere gli Strumenti, le lettere
di Adriano di santa Giulia sulla proprietà e le leggi dei Longobardi, cose fatte a lei presenti dal Potestà.
Spontaneamente, senza violenza e liberamente ha venduto
e ceduto realmente il terreno suddetto al tesoriere generale
della magnifica città ed ha stipulato il contratto. È stato pagato
il prezzo di 95 scudi stabilito dalla valutazione del terreno
fatta da Felice Coluzi e da Benedetto eletti per questo di comune accordo. La venditrice ha giurato che il terreno è libero
da ogni servitù o canone etc.; che il terreno è suo, non locato
ad altri o in qualche modo alienato, che non ci sono altri Stru-
68
La Madonna
della Vittoria
(scuola romana,
fine
sec.
XVIII)
menti che possano pregiudicare la vendita attuale che è buona,
valida, fatta bene e validamente.
... Il signor Vitale Scarinzio, che è a conoscenza del tutto,
senza costrizione e liberamente ha promesso e si è obbligato
in tutto e per tutto in solidum per la signora venditrice a favore della città per ogni vincolo e interesse prendendolo come
proprio... La signora ha confermato di aver avuto e ricevuto
dalle mani del signor Vitale, a nome della città 25 scudi ed
altri 20 dal tesoriere compratore che gliele ha date alla nostra
presenza. La signora si è dichiarata soddisfatta, ben pagata con
questi denari d'argento e quattrini; ha così appianato la cosa
col tesoriere e l'ha dichiarata chiusa con la clausola che se
chiederà ancora qualcosa, pagherà il doppio; ha escluso con
giuramento che ci sia stato inganno, violenza, timore, frode nel
contare il denaro. Si è obbligata a ritenere per vero e ad attenersi a tutto questo impegnando tutti i suoi beni presenti e
futuri secondo le forme della Cancelleria.
La signora venditrice non ha avuto nulla da obbiettare ed
ha promesso di liberare i suoi fideiussori da ogni onere o danno...
Il magnifico signor Potestà sopraddetto supplisce con la sua
autorità a tutti e singoli eventuali difetti ed ha emesso il decreto.
Fatto presso la Cancelleria della città alla presenza dei
testimoni signori Malatesta Malatesta e Cornelio Brizi.
(Instrumenta, 1579-1581, p. 6).
3) Atto di vendita di un pezzo di terra alla Città da parte della
signora Margherita del fu Menicangelo, per il prezzo di undici scudi.
Nel nome del Signore - Amen. Anno, indizione e pontificato
di cui sopra, il 17 giugno 1579. Davanti al signor Galeazzo Nucula
di Terni, Pretore e giudice ordinario, si è presentata la signora
Margherita del fu Menicangelo, montefiasconese, e ha detto di
aver promesso a Dio di vendere e trasferire un suo pezzo di
terra alla magnifica città, perché vi costruisse il convento dei
Cappuccini. Perciò, volendo mantenere la promessa, assistita
dai suoi parenti Salvatore, Calceolario e Magnanimo Gaetano,
dopo aver attestato per iscritto di farlo spontaneamente, liberamente e coscientemente, ha venduto e trasferito a norma del
diritto ed in perpetuo alla magnifica città di Montefiascone,
69
un suo terreno situato nel territorio di Montefìascone in contrada Poggio della Croce, confinante da un lato con i beni di...
e dall'altro con i beni della signora Angela Lazzaretti. Il terreno
è stato comprato e ricevuto dal signor Giovanni Angelo Aureli,
Cancelliere generale della città ed alla presenza di me NotaioLa vendita è stata fatta effettivamente e realmente alla detta
città e per essa al signor Tesoriere per il prezzo di 11 scudi
di moneta e di 10 giuli per scudo come fu stimato da Benedetto
del fu Antonio e da Felice Coluzi, eletti per questo di comune
accordo. La venditrice ha confessato di aver avuto e ricevuto
questi 11 scudi e di averli intascati come moneta d'argento in
valore legale, rinunciando con giuramento ad ogni eventuale
futuro guadagno maggiore, anche se le venisse offerto di più,
annullando ogni altro contratto di vendita. Ha ancora assicurato che il terreno è di suo pieno dominio e che perciò le è
lecito venderlo, di non aver fatto nulla che possa pregiudicare
il contratto di vendita attuale o nuocere al compratore; che
la vendita è giuridicamente perfetta e valida come tutti possono attestare; che non è stato venduto, donato, permutato o
in qualunque altro modo alienato; che è libero da oneri, pagamenti, canoni, rivendicazioni; che mette al sicuro il detto
compratore da ogni lite, molestia in modo che il possesso sia
quieto e pacifico. Ha voluto inoltre che tutte e singole le clausole, il prezzo e l'estensione del terreno venissero registrate
nell'atto di vendita... Ancora la signora venditrice ha voluto che
in una eventuale lite, il detto compratore non sia tenuto ad
impiantare alcun processo, ma sia sufficiente una semplice notifica extragiudiziale, senza alcuna solennità pubblica, inviata
a casa della venditrice e dei suoi eredi e successori, dove si
attesta che la vendita è avvenuta in questi termini.
La detta venditrice si è impegnata ad osservare queste clausole per sé, per i suoi eredi e successori con i suoi beni e diritti secondo quanto stabilisce la Camera Apostolica ed altre
norme, e si è obbligata secondo le costituzioni solite e abituali...
Fatto alla presenza dei testimoni signori Giulio Giusto e
Malatesta Malatesta. Sopra tutto ciò il Potestà supplisce con
la sua autorità ed ha emanato il decreto alla presenza dei
sopradetti testimoni.
(Instrumenta 1579-1581, p. 8).
70
6 - Istruzioni da praticarsi in tempo sospetto di peste
Ridurrassi il tutto a capi per maggior chiarezza e breuità
cominciando dalle preuentioni, et aiuti spirituali.
Presentatila
spirituali.
1°. Fare particolare oratione, Mortificationi, et altre deuotioni tanto in priuato, quanto in publico, et essortare a ciò
gli altri per placare l'ira di Dio.
2do. Assettare le cose dell'Anima sua con Dio, e con la
propria coscienza et adoperarsi coi Prossimi, acciò che facciano il medesimo per mezzo d'una buona Confessione, Comunione, e riforma di uita, con pigliare a questo fine, chi può, e
uede d'hauere bisogno qualche giorno di raccoglimento, per
non esser colto alla sprouista.
3°. Benedire, o, aspergere d'acqua benedetta le nostre case,
Scuole e Ville ornandole d'Agnus Dei, Imagini, e di qualche
reliquia, a questo medesimo fine.
4°. Ne' raggionamenti priuati, e comuni particolarmente
tra Nostri parlare di questi aiuti spirituali, et animarci scambieuolmente allo aiuto de Nostri Prossimi, cogli essempi, e
con le dottrine de Santi, et in particolare di Cipriano, Gregorio, e Bernardino da Siena nella sua uita.
Preuentioni
ne' Corpi, e nelle nostre
Habitationi.
1°. Mettere in saluo, et in sicuro quei de Nostri, che poco,
o, niente possono giouare a gli Altri; e più de gli altri pericolano, come i Nostri Giouani, o, Scolari, o, Nouitij, e prouedere in tempo di luoghi da ritirargli dal pericolo.
71
2do. Mettere in sicuro le Scritture, e gli Archiuij con serrargli, e sigillargli; così anco la libraria, l'Argentaria, e cose
più pretiose di Sacrestia, di Guardarobba col tenere alle mani,
et esposte solamente le cose necessarie per non esporre l'altre
tutte a pericolo d'infettione, e di perdita.
3°. Procurare, approssimandosi il sospetto, e l'infettione,
che ne le nostre Case, Habitationi, e Ville ui sia una persona
prattica, e di ricapito, che soprastia alla Custodia, e Guardia,
tenendo lontane le persone sospette, et ogni sorte di gente
non lasciando entrare, et uscire.
4°. Procurare che le nostre Habitationi, e Stanze siano
nette togliendo uia ogni immondezza, e cagione di male odore,
facendoui a tal fine ben spesso fuochi, e buoni odori particolarmente di Ginepro.
5°. Si lascino spesso suaporare le Stanze aprendo le porte,
e le finestre in tempo di buoni uenti, e d'aria purgata, e serena, come per lo contrario, si tengano chiuse in tempo di
Venti Cattiui e giorni nebbiosi, et humidi aiutandosi all'hora
particolarmente coi fuochi, et odori potenti, e buoni.
Prouisioni
da farsi
ne' Nostri
Luochi.
la. Sufficiente prouisione al numero de' soggetti di grano
(e di farina chi non ha in Casa il molino), di vino, d'oglio,
di legna, presciutto, lardo, formaggio, farro, riso, legumi, orzo
(per l'acqua, e per l'orzate) amandorle, uua passa, noci, fichi,
oliui, agli, cipolle etc. Acciocché si tolgano le prouisioni giornali in piazze, botteghe etc.
2da. Se non si può in Casa, almeno ne le nostre Vigne, o
luoghi sicuri di fuori prouisioni di Erbaggi, di bestie viue per
il vitto, di galline per l'oua.
3°. Prouisione di rimedij, o, preseruatiui, o, curatiui di
giunipero, di rosmarino, di saluia etc. d'acque, e liquori odoriferi, e confortatiui, come acqua di fiori, di rose, aceto rosato,
garofolato etc. di agrumi, e sughi di limone, di Cedro etc. di
Belzuamo, contherba, terra sigillata di Malta, Hiacinto, triaca
etc.
72
4a. Si procuri di hauere in Casa buono Infermiere, e se
si può anco Medico, o Cirusico, che non habbia commercio
con altri sospetti, e genti di fuora, con qualche prouisione per
Mali, che possono occorrere senza hauer bisogno, di spetiarie
e medicine di fuori.
5a. Si faccino spesso le bucate de' panni, per hauere commodità di mutar spesso i panni in particolare le camiscie, le
quali anco in tempo di maggior sospetto et infettione si terranno in luoco di buono odore, e si profumeranno con buoni
odori.
Cura della disciplina,
e sanità
delle Nostre
Case.
1°. Si osserui la distributione de' tempi, et hore sue in
tutte le cose, ne si trascuri l'osseruanza Recolare; e dentro la
settimana una Communione a fratti ( ?) Nostri di più del solito.
2do. Non si tralascino gli essercitij domestici degli studij,
doue sono Scolari Nostri, e doue sono i Nouitij gli essercitij
di probatione onde non conuiene ne sbandare quà, e là, i Nouitij, ne separare i Scholari dai loro Maestri.
3°. Si mantenga la Casa in allegrezza, e charità aggiungendo da una parte qualche ricreatione, e cura della Sanità,
e dall'altra qualche Mortifìcatione e Deuotione particolare,
e commune.
4°. Il vitto sia di buono nutrimento, e di facile digestione,
e concottione con mescolaruici sopra buone herbe, Angelica,
Acetosa, e simili. I cibi più grossi, mal sani, e di cruda digestione si tolghano come cauli etc. Si adoprino agrumi quanto
si può buono aceto etc.
5°. Il vino sia poco, ma buono, e generoso, e si osserui
il regimento del viuere dato dal Medico, e sopra tutto si
habiti largo, e commodo.
Esposti
a servare, e trattare
coi
Prossimi.
1°. Quei che sono esposti al seruitio degli Appestati siano
totalmente separati da gli altri con le loro prouisioni, e massa-
73
ritie distinte; si che non ci sia communicatione nessuna tra
loro, et i non esposti; ne si tenghi nelle stanze loro, se non
il necessario, precisamente per non essere in necessità di brugiare molta robba.
2do. Non uadino soli alle Case degli Appestati, particolarmente doue fussero Donne, ma accompagnati, o, tra loro, o,
con qualche altro buono huomo, che sia testimonio delle loro
Attioni, e tolgano l'occasione di calunniare etc.
3°. Habbino sempre i loro preseruativi una sponga inzuppata in su l'aceto rosato, o, garofolato per odorarla; non uadino digiuni, e piglino se non altro, un boccone di pane intinto
in buono aceto; si bagnino spesso le narici, le tempie, gli
polsi d'aceto rosato, o garofolato; et adoprino altri Antitodi
di triaca, terra sigillata disfatta in aceto, e simili; non piglino
il fiato dell'Infermo per quanto si può; tengano nel trattare
con gli Appestati, o sospetti o una bacchetta di Cipresso che
arda, o, di Ginebro, o una torcia accesa: Adoprino la ruta, et
altri elettorarij ordinati etc.
4o. Ai Nostri infetti di peste, e separati totalmente, si
prouegga di rimedij e corporali, e spirituali, che gli altri esposti
non habbino a spauentarsi, e dubitare d'essere in quel posto
abbandonati; e siano alcuni di gran charità deputati alla Cura
de Nostri infetti in particolare.
5°. Gli Nostri che confessano indifferentemente in chiesa
habbino una carta pecora bagnata d'aceto alla Grata, e uadino
armati come si è detto di sopra, et al primo inditio di peste
si separino dal resto della casa.
(Da una memoria manoscritta del tempo, ad uso dei Cappuccini - Archivio Conventuale).
74
7 - Il corpo e l'urna di S. Vincenzo Martire
Francesco Antonio Marcucci dell'Immacolata Concezione,
patrizio di Ascoli, per grazia di Dio e della Sede apostolica
vescovo di Monte Alto nel Piceno, Abbate di Monte Santo in
Abruzzo, prelato domestico della S.S. Signor nostro, assistente
al soglio pontificio e Vice gerente di Roma.
Facciamo fede ed attestiamo a tutti e ai singoli che vedranno questa lettera che noi, per la maggior gloria di Dio e
la venerazione dei suoi santi, abbiamo donato e concesso il
sacro corpo di S. Vincenzo martire, senza messa propria, e
i vasi contenenti il suo sangue, riesumato dal cimitero di Ciriaco. Il corpo è splendidamente rivestito con stoffe di vari
colori e lamine d'oro e d'argento. Dopo aver estratto il tutto
dal luogo originario e fatti gli accertamenti legali, è stato
deposto in un'urna quadrata di legno dipinto con vari colori,
dorato e finemente lavorato. L'urna è stata poi chiusa bene
con due cristalli e legata con un filo di seta rossa e sigillata
col nostro sigillo. Abbiamo concesso la facoltà di conservarlo
presso di sé, di donarlo ad altri, di collocarlo ed esporlo alla
venerazione dei fedeli in qualunque chiesa, oratorio o cappella.
In fede di quanto sopra abbiamo incaricato il nostro segretario sottoscritto di preparare questa lettera testimoniale
da noi firmata e munita del nostro sigillo.
Dato a Roma il 10 maggio 1781 nel nostro palazzo.
(nel
retro)
Abbiamo veduto e riconosciuto il sacro corpo di S. Vincenzo martire, così come è descritto nell'autentica scritta dietro
questo foglio e permettiamo che venga esposto alla pubblica
venerazione dei fedeli. Dato il 23 luglio 1782 nel nostro palazzo
vescovile.
L. D-e Dominicis...
NOTA
L'urna del santo fu aperta nel 1957 il 25 gennaio per sostituirvi il
cristallo, come attesta la memoria a tergo dell'autentica. Le notizie riguardanti questo santo sono scarne ed incerte. Il Commentarium historicum in universum romanum martvrologium... Roma 1913, voi. V, al
giorno 25 maggio, p. 247, dice che fu martirizzato ad Ostia secondo varie
testimonianze.
(Autentica nella sacrestia del convento).
75
8 - Il convento di Montefiascone negli annali manoscritti
della Provincia Romana
« Monte Fiascone Città antichissima, così detta per vocabolo corrotto, essendo anticamente capo, e come Metropoli di
Popoli Falisci, monti nominati, e così chiamati M. Falisco.
In questa Città, da molti anni stanzano i nostri Frati, in
un Convento fuori della porta Romana per la strada di Monte
d'oro, a man sinistra poco discosto dalla Città per la devotione che anticamente ha havuta alla Religione, quel Convento,
pochi anni a dietro, fu risarcito un poco con aggiungervi alcune stanze necessarie, et al presente si comincia a cingere
di muro tutto il sito a spese della Comunità.
Nel qual Convento, celebrandosi in quest'anno 1626 la
prima festa del nostro Beato Felice, fu straordinario il concorso delle genti alla divotione del Beato, essendo già publicato il suo nome per la Città per diverse e segnalate gratie
da diversi cittadini ricevute per la intercessione e per mezzo
del oglio della lampada, che luce avanti al suo sepolcro. E fu
honorato particolarmente in questa festa dal Sig. Dottor Paolo
Cuilli Cittadino con la compositione d'alcuni sonetti in sua
lode, ed un suo figliuolo giovane di molta espettanza chiamato
Damaso, fu ricevuto in questo anno alla Religione, e mandato
a far il Novitiato a Segni, questo giovane fatta che hebbe la
professione, cominciò a far delle sciocchezze, e finalmente diventò matto affatto.
Fu ricevuto similmente in quest'anno un'altro Giovane di
detta Città per Laico, fu mandato a vestir a Rieti, e fu chiafato fra Modesto, rinnovando in esso un altro Frate dell'istesso
nome, e della medesima Patria, di lodevoli costumi, che non
molti anni addietro ara mancato, e passato a miglior vita.
Questo Giovane dunque, ne i più teneri anni fu desideroso
di servir a Dio sotto la Regola del P.S. Francesco in questa
nostra Religione, ma per non haver il Padre altro Figlio di lui,
76
10 forzò a prender moglie, dalla quale, haveva tre Figliuoli,
gli morì, sopravvivendo due di detti Figliuoli; vedendosi il buon
huomo libero dal vincolo matrimoniale, ardendo ancor di desiderio d'entrar nella Religione mentre si portava la sua consorte
a seppellire, lui se ne corse velocemente al nostro Convento
a spiegar questo suo desiderio a Frati, pensando subito dover
essere accettato, ma trovandosi ingannato, ricorse al Padre
Provinciale nella visita, al quale s'appartiene la recettione, ma
datali anco da esso più volte la ripulsa, si per far prova del
suo fermo proposito, e per non haver per allora bisogno de
Laici, ma principalmente per rispetto dei suoi piccoli Figliuoli,
che doveva lasciare, si che se ne stava molto afflitto, pregando
11 Signore Iddio, che lo volesse far consolare in questo suo giusto, e pio desiderio, quale si compiacque d'esaudir le sue Orationi, perché in pochissimo tempo gli levò l'impedimento d'ambi
due i Figliuoli, tirandoli a se per mezzo della morte, quali,
quanto suol essere amara a tutti gl'altri Padri, altrettanto fu
dolce, e cara a questo, quella de suoi Figli, per potesse dal tutto
al servitio dell'eterno Padre, e ricevè quella morte, e perdita
de' Figli per gratia grande.
Vedendosi hormai anco libero, e sciolto da i legami de'
Figli, con molta prontezza venne di nuovo due volte a Roma
dal Padre Provinciale, per esser ricevuto et invece di piangere
la morte di sua consorte, e de cari Figli, la raccontava a tutti
con alegrezza maravigliosa, e come vero allievo di Santa Felicita, Avvocata della sua Città, si gloriava di haver mandati
prima di se i Figli al Paradiso, se bene per strada differente di
quella del martirio, con speranze d'haverli a seguir ancor lui
per la strada d'un lungo martirio che si patisce per tutta la
vita nella Religione, standovi chiodato particolarmente con tre
chiodi, cioè ubidienza, povertà, e castità.
Et era tanto acceso questo suo desiderio, che in ambe le
volte, che venne da Monte Fiascone a Roma per esser ricevuto,
gli pareva di volare, facendo sempre quel viaggio in un sol
giorno camminando a piedi, arrivando anco per tempo a Roma.
Finalmente in quest'anno ritrovandosi il Padre Provinciale
in visita a Sei-moneta per la festa di tutti i Santi, venne a
trovarlo detto Giovane con molte lettere di raccomandationi,
e vedendo il Padre la sua buona, e deliberata volontà, pensando
che questa fusse divina volontà, lo ricevè alla Religione, con
speranza che habbia da far buona, e lodevole riuscita nel servitio del Signor Iddio.
77
Ma perché questo Giovane non seppe conoscere il benefìcio
che il Signore Iddio gl'haveva fatto della vocatione alla Religione, e per farci conoscere S.D.M. che non tutti quelli che ne
vengono son chiamati da Lui, e poi non perseverano, perché
non caminava con quella rettitudine, che conveniva, comise
molti difetti nel noviziato, e finalmente sene ritornò a Casa,
dove riprese di nuovo moglie e per vivere poco da buon Christiane, è stato posto in una carcere, d'onde, non so come n'uscirà ».
(Annali manoscritti, voi. I, pp. 175-177).
78
9 - Cenno storico sulla nuova chiesa rurale nel contado di
Montefiascone contrada di Zepponami; e sulla istituzione
della Venerabile Confraternita di Maria Santissima del Giglio
e S. Felice da Cantalice nella chiesa suddetta
La contrada detta delli Zepponami è la più popolata, come
ognuno conosce, di quante ne riunisce il Contado di Montefiascone, e da qualche tempo in dietro quella Popolazione aumentò
in guisa che la rispettiva Chiesa Rurale sotto il Titolo di Maria
Santissima del Giglio si rese incapace di contenerla, dovendo
nei giorni festivi rimanere in gran parte fuori di essa ad ascoltare la S. Messa.
Molti dei primarj di questa Contrada e specialmente li
Sigg.ri Pepponi, e Giovanni Biscotto si proponevano riparare
a tale inconveniente; però nella disparità dei pareri perché
taluni opinavano di ampliare la Chiesa esistente, ed altri di
farne una nuova, fecero trascorrere degli anni senza venire
ad una conclusione. Stabilirono avventurosamente nel mese di
Novembre 1861, a Cappellano di detta Chiesa il Reverendo Padre
Santi da Viterbo Cappuccino dimorante in questo Venerabile
Convento, non isfugì alli accennati zelanti primarj di detta
Contrada che questi sarebbe stato l'Uomo adatto per mandare
ad effetto- li loro opinamenti; ed in fatti la concipita stima
non fu minore del vero perché istallato non appena al Suo
Ufficio, e fattigli palesi li concipiti pensieri impegnandosi a
farsi Capo di tanto Santa Opera, nella singolare bonarietà
del Cuor suo, e sommo zelo pel maggior decoro del Culto
Divino non esitò punto accettare il difficilissimo incarico: e
primieramente per ben basare le cose tutte relative, volle fondatamente sentirsi con li lodati promotori per il da farsi, e
quindi ottenuto dai medesimi il pieno assenso fece appello al
Capo Mastro Muratore Signor Niccola Rossi, perché questi,
esaminata la Chiesa esistente sapesse decidere, se con decoro
della Casa di Dio, fosse suscettibile del necessario ingrandimento; ed avutane relazione che un tal lavoro non sarebbe
riuscito decoroso, e che la spesa occorretne ascenderebbe a
79
tanto, quanto all'incirca può occorrere per fare una Chiesa
nuova, allora il R.P. Santi propose: che si rendesse tutto ciò
noto a quella Popolazione, e che questa per il da deliberarsi
venise alla elezione di una Deputazione. Riunitisi in massima
parte decisero: che al meritevolissimo P. Cappellano si desse
il posto di Presidente della invocata Deputazione, e che la
Deputazione stessa, oltre il Presidente rimanesse composta dai
Sigg.ri Antonio Pepponi, Vincenzo Rosetta, e Costantino Pepponi oltre li due Depositarj della Chiesa che allora erano li
Sigg.ri Giuseppe Pepponi, e Giovanni Biscotto. In seguito questi
sopra nominati vollero a Loro uniti li Sigg.ri Bartolomeo Stefanoni, e Pietro Camicia.
Composta in tal modo la Deputazione, questa replicate
volte si congregò, e nelle sue Adunanze decise: che conoscendosi
chiaramente che il voto generale di quel Popolo era di edificare
la Chiesa Nuova, conveniva in primo luogo trovare li fondi necessarj, quali la Deputazione stessa opinò doversi formare, con
una contribuzione spontanea da domandarsi a tutte le Famiglie
di quella Popolazione con li sopravanzi della Cappellania, e
con la vendita della Chiesa antica.
Bramoso il R.P. Cappellano di compiere la commissione a
lui affidata con generale soddisfazione di quelli Abitanti, prescelto a suo Compagno il R.P. Giacomo dalla Tolfa Cappuccino
secondo Cappellano di detta Chiesa, con sempre al fianco il
sigr. Costantino Pepponi secondo Depositario Eletto (giacché
primo fu prescelto Antonio Pepponi) per li fondi da farsi per
la nuova Fabbrica, si prese il non leggero incomodo di portarsi da tutti li Capi di Famiglia di quella parte di Contado,
per renderli individualmente informati della sopraenunciata
deliberazione, e sentire da Essi il proprio parere in proposito,
e nel caso di approvazione, avere la respettiva firma per quella
oblazione che sono determinati di dare: il che esaurito dovette
persuadersi, che il voto generale, meno pochissimi, fu per la
Chiesa nuova; però le firme ottenute dalle spontanee offerte
riuscirono di tanto tenue entità da non potere in conto alcuno
supplire a tutte le spese. Non per questo si sgomentò il P. Cappellano, perché avute già solenni promesse da taluni di quelli
Abitanti, che avrebbero acquistata l'antica Chiesa, il cui valore
fu ritenuto dal Perito all'uopo prescelto in scudi 4.30, e perché
da alcuni suoi Amici di questa Città, e de' vicini Paesi, era
assicurato di essere soccorso con delle Elemosine, e perché in
fine moltissimi avevano dato parola di prestarsi gratuitamente
80
al carreggio totale dei materiali necessarj, stando in pienissima
buona fede, non dubitò convocare altra Congregazione per venire alla scelta del Capo Mastro Muratore per dare mano alla
costruzione della nuova Chiesa; quale Congregazione riunitasi,
prescelse il Capo-Mastro Muratore Sigr. Niccola Rossi, con riserva che quando a questi non piacesse di accettare tal lavoro,
fosse questo devoluto all'altro Capo-Mastro Sigr. Adriano Bronzetti. Portata a cognizione del Rossi la deliberazione, accettò
l'incarico. Stipolato dall'encomiata Deputazione il Contratto con
esso Rossi, tutto si disponeva per dare principio all'opera. Suscitatosi però un improvviso malcontento in gran parte di quelli
Abitanti, perché si propalò non essere adatto il Luogo stabilito
per la nuova Chiesa a motivo che essendo in prossimità dell'incasato di Zepponami, li Fedeli non avrebbero potuto, con il
dovuto raccoglimento orare per il chiasso dei Vicini abitanti,
e perché non sarebbero potuti accedere con libertà a piedi
nudi Coloro, li quali per Grazie Ricevute volessero recarsi a
rendere grazie alla gran Madre di Dio, e perché in fine non si
sarebbe potuto avere annesso alla Chiesa l'Eremitorio.
Questa stravagante inopinata opposizione, non alterò punto
il nostro R.P. Cappellano, perché sul momento ottenne dal benemerito Signor Giuseppe Pepponi la cessione di un pezzo di
terreno distante dall'incasato circa Passi 150, per ivi edificare
la nuova Chiesa, superando in un istesso tempo la condizione
apposta dal Pepponi, di avere cioè in concambio, meno la porzione che tocca a Lui, perché anch'Egli vuol concorrere a dare
la sua parte, dai di Lui Nipoti Sigg.ri Antonio e Costantino
Pepponi di fu Vincenzo, Maria Domenica Pepponi di fu
Salvatore, Luigi Pepponi di fu Pietro, ed Antonio Pepponi di
fu Giovanni un pezzo di terreno Comunale, mentre li suddetti
Nepoti tutti del ridetto Signor Giuseppe Pepponi, non appena
pregati dal P. Cappellano accondiscesero alla richiesta; il che
ottenuto al fine di evitare nuovi ostacoli, volle tornare colla
compagnia del Signor Costantino Pepponi da tutti li ridetti
Capi di Famiglia per partecipargli il nuovo luogo destinato per
la costruzione della Chiesa, e sentire se questo era di soddisfazione; che riuscito tale, meno presso pochi, sotto il giorno
2 Febbraro 1862, alle ore 8 antemeridiane in seguito delli opportuni permessi ottenuti dall'inallora Benemerito Vescovo Bo.Mem.
Monsignor Luigi Jona, il P. Santi accompagnato da moltissimo
Popolo portò la Croce nel Luogo suddetto; alle ore 3 pomeridiane poi dello stesso giorno con solenne pompa fu benedetto il
81
Luogo stesso della nuova Chiesa, e posta la prima pietra fondamentale, il che eseguì il Rmo Sigr D. Stanislao Amati Canonico
Penitenziere di questa insigne Chiesa Cattedrale e Rettore di
questo Venerabile Seminario. La Santa funzione riuscì di somma
soddisfazione di tutti perché fatta con ogni proprietà, giacché
questa ebbe luogo con l'intervento di quasi l'intero Seminario,
di alcune Confraternite che processionalmente partendo dalla
antica Chiesa si portarono al Luogo più volte ridetto per ivi
assistere, conforme avvenne, alla S. Funzione. Gran Popolo
accorse anche dalla Città a prendere parte a questa solennità.
Nei giorni seguenti vennero riempiti li già preparati fondamenti
mettendo in opera quel materiale ch'era stato allestito.
Compiuto quanto fin qui è stato narrato non isfuggì all'avveduto R.P. Santi che questo iniziato Lavoro non avrebbe
potuto sorgere con quella voluta regolarità ed eleganza che
richiedesi per la Casa di Dio senza la direzione di un Architetto.
lin tale pensiero tenne in sgomento il P. Cappellano perché
nelle ristrettezze in cui versava, non potea determinarsi ad
affidare a chicchesia tale incarico. Ben presto però la Provvidenza lo tolse da tanto sgomento, perché giunto a conoscere
che il suo collega di studio e grande amico Sig. Enrico Calandrelli di Viterbo aveva fatto ritorno in patria, sortito dagli
studi di Architettura, che con si-ngolare profitto aveva compiuto
sotto il celebre Vespignani, volò il P. Santi dall'Amico, e fatte
presenti a questi le sue circostanze ed afflizioni lo obligò non
solo a modificare l'ideato disegno, ma enziandio ad assumere
la direzione della incominciata Lavorazione, conforme in tutto
e per tutto gratuitamente si adoperò fino anche alla redazione
del Collaudo dei Lavori eseguiti, che sono giunti al compimento
dei Muri e del Tetto, essendo stati abbassati li Muri da quanto
stabilisce il disegno di palmi 2, onde ottenne risparmio di
spesa, però con l'assenso dell'Architetto.
Per Divino ajuto li 9 Luglio 1866 giunse il P. Santi Cappellano a vedere la Chiesa nuova coperta del Tetto. Non vi è
penna capace a poter descrivere quali e quante ardue fatiche
non disgiunte da afflizioni, ed angustie di ogni genere dovesse
il medesimo sostenere per poter giungere a tanto, poiché alcuni
di coloro che con solenni promesse l'avevano assicurato di prestarsi al carreggio gratuito dei materiali tutti occorrenti, dando
ascolto agli Infernali consigli, nel più bello ed interessante del
Lavoro l'abbandonarono. Quelli che spontanei si erano offerti
82
per l'acquisto della Chiesa antica, sul cui incasso aveva fatto
il P. Santi londato conto, tutti si ritirarono dall'assunto obbligo tranne il Sigr. Antonio Pezzato che fu costante nella data
parola di acquistare la Sagrestia e Cappella così detta delli
Uomini, e questa sua immutabilità la dié a conoscere coi fatti,
avendo dato un acconto del prezzo; in guisa che per l'occorsa
spesa, del come sopra eseguito Lavoro, che ascendeva a scudi
1,259:32 conforme meglio al Rendiconto, si trovò di non poter
contare che solamente su scudi 464:10 che si ebbero
1 - Dalle spontanee oblazioni scudi 249.01
2 - Dalle questue fatte dal P. Santi scudi 39.52
3 - Dai sopravanzi della Cappellania scudi 145.57
4 - Dal Sigr. Antonio Pezzato in acquisto Sagrestia scudi 30
Somma: 464.10; in modo perciò che trovossi esposto ad una
deficienza niente meno che di scudi 795:22.
La Provvidenza Divina, che non abbandona mai veruno in
specie coloro che operano con rettitudine e santo fine, non lasciò
nò esposto il zelantissimo P. Santi, perché appoggiato questi
in primo luogo alli savj Consiglj del Nobil Uomo Re.mo Sigr.
Can.co D. Guglielmo Ricca il quale con tutto l'impegno si prestò
per appianare le infinite difficoltà insorte durante tal Lavoro;
quindi all'ottimo R.ndo Parroco Sigr. Don Paolo Bracoloni,
che con morale influenza animò molti buoni Contadini in special modo delle Contrade dette il Giglio, e Muro, a prestarsi
con le loro fatiche per questa Sant'opera; e finalmente al magnanimo Sigr. Giuseppe Pepponi il quale oltre le sue grandi
fatiche sostenute diede splendidi soccorsi, come si vedrà al
Rendiconto Fabbrica nuova Chiesa; fecero a questi seguito
Giovanni Biscotto il quale oltre li pecuniarj sussidj, donò alla
Chiesa nuova una Campana del peso di circa Libbre 150.
Antonio e Costantino fratelli Pepponi, Maria Domenica
Vedova Pepponi, non disgiunta la figlia di questa, di nome Carolina, che fu Matrina della suddetta nuova Campana; Agostino
Pepponi Patrino della nuova Campana medesima, potè con ogni
facilità appianare, aggiuntovi il denaro ottenuto dalli accennati
suoi Amici della Città e Paesi convicini l'enunciata vistosa deficienza, come meglio al Rendiconto.
Condotta all'indicato punto la nuova Chiesa, rimasto il
P. Santi privo di ulteriori mezzi per condurla al suo fine, pel
rimanente da farsi si affidò alla Provvidenza. Un fondo solo
rimane a lui disponibile, ed è quello di Scudi Cento destinati
per la formazione di un conveniente Altare nella Nuova Chiesa
83
in onore di Maria SS.ma del Giglio, ch'Esso col pienissimo consenso di quasi tutti gli Abitanti della Contrada, e con Sovrano
Rescritto di Sua Santità Pio Papa IX felicemente Regnante potè
formare con la Vendita di tanti Doni di Oro e di Argento che
possedeva la ripetuta Santa Immagine: alla qual vendita si
determinò per evitare un terzo esempio, che ne venisse cioè
la detta Santa Immagine nuovamente derubata.
La premura del Zelantissimo P. Santi Cappellano, benché
attorniato, come sopra si è detto, da tante difficilissime brighe,
ed oppresso da inesplicabili dispiaceri procuratigli da Satanniche insinuazioni durante il Lavoro della Fabbrica di cui si
è parlato, non si limitarono a quella sola Opera, perché contemporaneamente con Santa Ammirazione e soddisfazione non
solo dei Contadini di quella parte di Campagna accennata, ma
dell'intero Contado, e Città ancora ne compì inaspettatamente
altra ben ardua qual'è quella della Erezione nella Nuova Chiesa
di una Confraternita sotto il Titolo di Maria SS.ma del Giglio,
e S. Felice da Cantalice. Egli, il provvido P. Santi per compiere
con legalità tante cose a vantaggio della Nuova Chiesa aveva
bisogno di un Corpo Morale in faccia del quale potere le cose
tutte fondare, ed Egli può andare superbo di averlo regolarmente, e completamente formato in mezzo a generali applausi,
e quel che più conta, in pochi mesi, non ostante il sopra detto
affascinamento di Affari che lo tenevano seriamente occupato,
poiché formata da Lui la Regola, fé' a questa meritare la necessaria approvazione di questo Mr. Vescovo Amm.re Paolo
Alessandro Spoglia, come lo prova il V.to Rescritto in data
8 Marzo 1865. Quindi, eretta la Confraternita ottenne l'ascrizione di oltre N. 100 Fratelli ed altrettante Sorelle, ed in un
istesso tempo ebbe la consolazione di ottenere: che li Fratelli
medesimi a proprie spese si facessero la stabilita divisa, e
così con ammirabile decoro, e generale ammirazione, con solenne pompa nella ricorrenza della Terza Festa della S. Pasqua
di Risurrezione 1866 per la prima volta fece accedere processionalmente la Confraternita stessa in questa Cattedrale a ricevere la Benedizione della Quadragesimale Predicazione, siccome intervengono le altre Confraternite Rurali, senza che nulla
mancasse al dovuto completo ornamento della Confraternita
medesima, alli quali necessarj ornati senza alcun sgomento, con
il massimo risparmio, come rilevasi dal relativo Rendiconto,
provvide con piena proprietà, perché quella oblazione che suole
in tutte le Confraternite darsi dai Fratelli e Sorelle in Cera
84
Madonna su tela
nell'atto della respettiva ammissione, Egli, ottenuto il generale
assenso, la fissò a denaro che per li Uomini in Baj 50, per le
Donne Baj 30. con questo prodotto provvide a tutto. Ebbe,
non può tacersi, il P. Santi dei zelanti Coadiutori per portare
a luce questa tanto degna e santa opera, questi vollero anche
lasciare una memoria alla Confraternita eretta, dalla quale ebbero il bene essere li primi ad essersi ascritti però a lode di
questi non può tacersi che:
Il Confratello, ed attuale Priore Sigr. Giuseppe Pepponi
donò il bel Velo Umerale ricamato in oro ed in seta;
Il Confratello Sigr. Vincenzo Rosetto la maestosa Bandiera
che precede le Processioni;
Li Confratelli, germani Fratelli Merlo Sigg.ri Antonio, Vincenzo, e Salvatore la Statua con la respettiva Macchina del
Contitolare S. Felice da Cantalice, che a suo tempo verrà collocata sull'altare della Confraternita nella relativa Cappella,
la edificazione della quale con l'opera del Mastro Muratore
Sr. Niccola Rossi è già iniziata di rimpetto a quella gentilizia
del Sr. Giuseppe Pepponi;
La Buona Memoria Barbara Pepponi donò la gaja Benda
del Crocifisso;
La Consorella Oliva Pepponi di Antonio donò il Crocifìsso
che le Zitelle portano nelle Processioni, cui entrano;
La Consorella Clementina Rosetto donò Undici Candele di
Libbre due l'una ornate di pitture per portarsi dalle Zitelle
nelle Processioni, cui ha luogo l'accompagno delle Zitelle,
come al Regolamento;
La Consorella Oliva Pepponi vedova del Sigr. Giovanni donò
alli RR. PP. Santi da Viterbo Cappuccino, e P. Giacomo dalla
Tolfa, come Cappellani, la Cotta griccia, e questi spogliandosi
del Dono a Loro fatto, vollero che la Cotta rimanesse in proprietà della Confraternita insieme alla Bella stola di Broccato
spettante alli suddetti.
Le cose tutte come sopra narrate, giunte, col Divino ajuto
al termine precisato debbonsi ripetere principalmente dalla
singolarissima attività e perspicacia del R.P. Santi più volte
encomiato; Li Abitanti della Contrada Zepponami ed annesse
ricorderanno sempre con piacere, anche nelle più lunghe età
tanto benemerito Cappellano per li tanti Benefici resi a quella
Cappellania, implorando anche da Dio su di lui ogni Bene,
poiché le somme fatiche sostenute da tanto degno religioso,
li disturbi ch'ebbe a soffrire sono indiscrivibili. Ingiuste con-
85
trarietà insorsero contro di esso, Egli riuscì eminentemente
superiore a lutto, avendo il Sommo Dio disposto in guisa, che il
zelantissimo Mr. Vescovo Amministratore sullodato spiegasse
un singolare impegno pel compimento stabile e perfetto della
eretta Confraternita per la quale eziandio sempre a gloria di
Dio, di Maria SS.ma del Giglio, di S. Felice da Cantalice e
di tutta la Corte Celeste non furono disgiunte le opere dei
lodati Sigg.ri Canonico Ricca, Parroco Bracoloni, e P. Giacomo
della Tolfa, non che delli Sigg.ri Pepponi tutti, Giovanni Biscotto, e di moltissimi buoni Contadini; perciò a tutti sia lode
ed onore in eterno.
Nella impossibilità assoluta in cui il R.P. Santi si trovava
di poter condurre al suo termine la Nuova Chiesa per mancanza di necessari fondi, desideroso al pari di tutti quelli che
partecipano del Contado della Chiesa stessa di vederla al più
presto officiata, pensò bene di creare un debito. Ed infatti
chiamata all'uopo la Congregazione Generale, fece a questa nota
la sua idea; che piaciuta generalmente si deliberò creare un
debito di Scudi Quattro Cento, il quale rimanesse solidamente
garantito da tutti li Confratelli. In seguito di che fatte le più
opportune prattiche si ottenne la detta Somma dal Sigr. Michele Presciuttini. Questi senza il minimo indugio, benché si
rinnovassero al lodato P. Santi dai nemici del Culto Divino
delle non poche amarezze, il Lavoro toccò completamente il
suo fine, essendosi con ogni convenienza costruiti non solo gli
Altari, ma eziandio ornata di semplice sì, ma elegante pittura
la Chiesa che eseguì il Sigr. Cesare Viali.
Ultimato ogni lavoro, con l'aiuto Divino, il giorno primo di
Settembre dell'anno di grazia 1867 ebbe luogo 'la solenne apertura della nuova Chiesa, in guisa che alle ore 9 antemeridiane
Monsig. Giuseppe Maria Bovieri Vescovo di questa Città assistito dal Molto R. P. Nicola da Pendenza Ministro Provinciale
dei RR. PP. Cappuccini, da Mr. Benedetto Mariani Vicario Generale di Montefiascone, dal Rmo Sigr Canonico D. Guglielmo
Ricca, R. Parroco D. Paolo Bracaloni, R. P. Santi Presidente della Confraternita, ed altri molti Sacerdoti, con solenne Rito Benedì la Chiesa stessa; quindi il lodato Mr. Vescovo celebrò con
pompa la S. Messa a cui fecero seguito tanto li lodati R. P.
Provinciale, Mr. Vicario Generale, quanto il R. P. Faustino da
Castelnuovo Segretario del ripetuto P. Provinciale.
Nella sera del suddetto giorno alle ore cinque circa pomeridiane con solennissima Pompa, processionalmente fu traspor-
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tata dalla antica Chiesa alla nuova la S. Immagine di Maria
SS.ma del Giglio. La numerosa popolazione accorsa a questa
S. ceremonia dalla Città, dall'intero Contado, ed anche dai Paesi vicini, con ammirazione, e piena soddisfazione ebbe a rimanere edificata nel vedere compiuto con ogni riverenza ed ordine una funzione tanto commovente. Poiché: la Processione ebbe principio con il più bel Vessillo fatto a spese del Confratello Sigr. Vincenzo Rosetti, che era sostenuto da uno dei Confratelli! di questa nuova Confraternita. Quindi in bell'ordine
defilata la Confraternita la quale portava Candela accesa, acquistata a proprie spese, seguiva il Concero Musicale di questa
Città a cui tennero dietro il Rev. Corpo di questi RR. PP. Cappuccini, alcuni RR. Siggr. Canonici di questa Cattedrale, Mr. Vicario Generale, e finalmente Mr. Vescovo. Terminato questo sontuoso corteggio veniva la S. Immagine di Maria SS.ma che collocata su ben decorosa Machina all'effetto e per la circostanza
con arte formata, si trasportò da N. 12 giovani all'uopo destinati che a vicenda si sostituivano al trasporto. Questi giovani
a loro proprie spese donarono all'altare della S. Immagine N.
Undici Candelieri compresa la croce di legno inargentati. Immediatamente facevano seguito N. Trenta Zitelle del Contado, di
quella parte cioè che gode del comodo della nuova Chiesa, recando ciascuna in mano una bella rama di fiori artefatti, che
lasciarono in dono alla gran Madre di Dio. Questa decorosa
Processione venne chiusa da una numerosa quantità di fedeli,
accorsa per la circostanza, siccome sopra venne accennato. II
Rndo Sigr Canonico D. Tommaso Lorenzi durante la Processione declamò tre analoghi discorsi che ebbero luogo il primo
sulla porta dell'antica Chiesa al muovere da questa della S. Immagine; il secondo nel centro del caseggiato di Zepponami; il
terzo sulla porta della nuova Chiesa, nell'atto che la Regina
del Cielo fece il solenne ingresso nel (sic) Chiesa suddetta; nel
quale atto, terminato il discorso, fra le inaudite grida di evviva Maria, suono del Concerto Musicale, suono di Sagri Bronzi, e sparo di Mortari la S. Immagine si andò a collocare nel
luogo stabilito cioè sull'altare maggiore in mezzo alla magnifica
raggiera di stucco dorata. Collocata così al suo posto la Beatissima Vergine sotto il titolo del Giglio, Sua Eccenza Rma vestito delli paramenti sacri intuonò l'inno Ambrosiano, e quindi
compartì con l'augustissimo Sagramento la trina Benedizione,
e con tal ceremonia venne chiusa ogni Ecclesiastica ceremonia
in detto giorno. Per otto giorni poi consecutivi si proseguì a
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festegigare questa solenne apertura di Chiesa e traslazione della
S. Immagine in ciascun dei quali vennero celebarte molte Messe, e fatto discorso sopra le glorie di Maria Santissima, e di S.
Felice da Cantalice Protettore della Confraternita, dopo il qual
discorso veniva compartita la Benedizione coll'augustissimo Sagramento. L'ultimo poi di detti giorni, ebbe luogo la Comunione
generale in cui il Rmo Sgr Canonico Amati fece dei fervorini.
La Messa solenne venne cantata dal R. P. Santi Presidente della Confraternita, alla quale assistevano tutti li Confratelli vestiti della uniforme che distingue la Confraternita stessa. Alle
ore cinque pomeridiane, il lodato Sigr Canonico Amati fece apposito discorso relativo all'apertura della nuova Chiesa, dopo
il quale si cantò l'inno Ambrosiano e quindi compartita la Benedizione del SSmo Sagramento ebbero termine le sopra dichiarate feste, che a gloria di Dio, e di S. Felice da Cantalice,
riescirono di generale soddisfazione si spirituale, che temporale.
Si crede opportuno dichiarare, che quanto si verificò nei
suddetti giorni relativamente alla feste, ogni spesa venne sostenuta con le questue fatte nella città, e nel Contado.
Il Priore del (sic) Confraternita Sigr Giuseppe Pepponi, che
non badò al sagrificio dei propri interessi per coadiuvare nel
compimento della S. Opera, volle nella circostanza della apertura della Chiesa a proprie spese trattare tanto Monsigr Vescovo, quanto il R. P. Provinciale de' Cappuccini sopra enunciato, non che tutti quelli che fecero seguito alli medesimi ed a
tutti li Sacerdoti invitati per le SS. Funzioni che ebbero luogo.
Non può in fine tacersi, che la popolazione della parte del
Contado che gode dei benefizi della nuova Chiesa deve portare
eterna riconoscenza al R. P. Santi principalmente, quindi al
R. P. Giacomo della Tolfa attuale Cappellano li quali si adoperarono per l'eseguimento il più esatto di quanto ha avuto luogo
senza risparmio di fatica, dovendosi al lodato P. Giacomo ogni
encomio anche per la sontuosa paratura con cui seppe elegantemente addobbare la Chiesa nella ricordata circostanza della
apertura. Meritevoli sono in fine di riconoscenza il Rmo Sigr
Caonnico Ricca, e Fratelli Rosetto, li quali ancora con impegno si prestarono per questa ora compiuta Santa opera.
Laus
Deo
Per quanto soddisfatto rimanga l'animo del Rndo Padre
Santi da Viterbo odierno Vicario nel Convento dei RR. PP.
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Cappuccini in Montefìascone Presidente della Ven. Confraternita di S. Maria del Giglio e S. Felice da Cantalice nella Contrada dei Zepponami Contado di detta Città di essere cioè potuto riuscire a condurre a termine la fabbrica della nuova
Chiesa sotto il titolo suddetto altrettanto rimase dispiaciuto
perché per mancanza di mezzi, come sopra si accennò, fu obbligato aprirla coperta a tetto e nuda di ornamenti. Il di Lui
pensiero però sempre era fisso nello studiare il modo di come
poter fare per riuscire a cuoprirla di Volta, e renderla ornata
in modo il più possibile degno della Casa di Dio. Fervide ed
incessanti preghiere Egli dirigeva alla gran Madre di Dio, perché
gli avesse voluto aditare una via da poter rendere paghi tali
desiderj. Infatti la Vergine Ss.ma non tardò esaudirlo, perché
il di Lui cuore fu tocco da una subita ispirazione, di rendere
cioè nota la propria volontà al Confratello Rndo Padre Adriano
da Viterbo Guardiano nel Convento ridetto dei PP. Cappuccini
di questa Città, appartenente a famiglia facoltosa di Viterbo,
ed influentissimo presso persone anche alte locate, non che
all'altro Confratello Rndo P. Giacomo Della Tolfa egualmente
di famiglia nel ripetuto Convento di Montefìascone attuale Cappellano della nuova Chiesa di cui si tratta. Infatti trovò in
Essi la più che piena annuenza alle belle idee che esso P. Santi
coltivava, e così ad unanimità stabilirono di darsi ogni moto
per procurare delle elemosine per riuscire nell'intento rivolgendosi a persone facoltose anche al di fuori di Montefìascone,
formare un fondo, e dar mano quindi all'opera. La Loro deliberazione fu un fatto, perché non tardarono un istante a darsi
il moto più che immaginabile; e fu tale che riuscirono a trovar
tanto denaro, che il pio disegno andò pienamente ad effetto,
e persino stato anche superfluo il fondo formato, perché come
si vedrà in appresso venne erogato per altri titoli, e vaglia
il vero.
Questa Chiesa che a forza di instancabili fatiche e premure
del più volte ripetuto R.P. Santi da Viterbo, coadjuvato dal
Confratello R.P. Giacomo dalla Tolfa, come l'intera popolazione
ebbe sott'occhio, e potè con universale ammirazione vedersi
in brevissimo tempo dalle fondamenta inalzata e condotta a
termine, coperta però, come si disse, a tetto, nuda di ornamenti ma con convenienza il primo di Settembre del 1867,
aperta alla Venerazione sotto il titolo di S. Maria del Giglio e
S. Felice da Cantalice; oggi eccola là ognuno l'ammira coperta
di grandioso Volterrano, vestita di bellissimi stucchi, ricca di
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dorature nell'Altare maggiore, abellita da ragionate pitture, approviggionata di Balaustra di legno, di panche, e di altri comodi
anche superflui; più di orchestra, Pulpito, non che di torre per
le Campane, e di conveniente Camera sopra la Sagrestia, che
piacendo, può servire di abitazione al Cappellano; finalmente
avanti l'ingresso della Chiesa formato un comodo piazzaletto
da ben ragionato e costoso antemurale, che rende agevolissimo
l'adito alla Chiesa medesima, altrimenti sarebbe stato bastantemente incomodo.
Non fu bastante però al singolare zelo, ed al non comune
genio dei due lodati RR. PP. Santi, e Giacomo lo aver così
ben ridotto la Chiesa: vollero ancora che nelle circostanze di
solennità, possedesse tanto di paramenti di Damasco, Tele, Trine
e Tocche in oro ed argento da potersi riccamente vestire a
festa, perché la vollero anche fornita di due Bellissimi Lampadari di Cristallo maestosi e grandiosi, di dodici gaj rami di
fiori di fine tela.
Ed anche tutto ciò col prodotto delle Elemosine procurate
dalli tre di sopra nominati RR. PP. Cappuccini. Meglio il tutto
si rileva dal reso conto, che il più volte R.P. Santi a di Lui
delicatezza volle che venisse registrato sul presente, come si
legge a Pagine 26 e seguenti.
Le stesse elemosine dopo tutte le sopra accennate spese
sono state bastevoli a sostenere anche tutto quello che con
singolare pompa occorse per la solenne Consagrazione della
suddetta Chiesa, che si verificò il giorno 2 Maggio 1875, e per
la grandiosa festa si Ecclesiastica che popolare celebrata il
giorno della ottava di detta Consagrazione giorno che si verificò la festa di Maria SS.ma del Giglio cioè il 9 Maggio suddetto, per la quale festa concorsero con qualche sovvenzione
li Contadini del Circondario delli Zepponami ed adjacenze.
Sua Eccellenza R.ma Monsignor Gaetano Carli Vescovo di
Almira dell'ordine dei RR. PP. Cappuccini che si degnò consacrare la nuova Chiesa, benignamente si trattenne per prendere parte alle SS. Funzioni nel giorno della festa in cui ebbe
luogo una Messa Solenne in Musica composta e diretta dall'Ecc.mo Maestro di questa Cappella della Cattedrale, che celebrata dal R.P. Santi da Viterbo Presidente della Confraternita di S. Maria del Giglio, e S. Felice da Cantalice venne in
abiti Pontificali assistita dalla lodata Ecc.za Sua R.ma Mr
Gaetano Carli. Nella sera Solenne Benedizione con l'immagine
di Maria SS.ma nella Contrada di Zepponami, terminata la
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quale il degnissimo Prelato sullodato impartì la Trina Benedizione con l'augustissimo Sagramento.
Ebbero poi luogo nel giorno della festa li seguenti pubblici spettacoli: Nella sera della Vigilia elevazione di elegante
globo aereostatico. All'alba del dì festivo numeroso sparo di
mortari, che più volte venne ripetuto nel giorno: Corsa di
Cavalli al Fantino col premio di Lire 25 e Bandiera: innalzamento di altro elegante globo aereostatico, grande luminaria
della Borgata, Fuochi d'Artificio, ed illuminazione a Bengala
della nuova torre delle Campane, li quali divertimenti tutti
vennero rallegrati dal suono delle variate sinfonie di questo
Concerto Musicale.
È piacevole ricordare che a corteggio dell'Encomiata Ecc.za
Sua Rma Monsigr Gaetano Carli tanto nel giorno della Consagrazione della Chiesa, quanto in quello festivo di Maria S S j n a
del Giglio intervennero il Rmo Decano della Chiesa Cattedrale
di questa Città D. Pietro Federici, li RRmi Canonici D. Alessandro Basilj-Luciani, D. Bernardino Bacchi, il Rndo D. Paolo
Bracoloni Vicario Perpetuo di S. Flaviano Martire, il Rndo
Padre Adriano da Viterbo Guardiano di questo Convento dei
RR. PP. Cappuccini, altri RR. Sacerdoti di questa Città e RR.
PP. Cappucci (sic), oltre li RR. PP. Santi Presidente, e Giacomo Cappellano.
Sarebbe una omissione il tacere che gli abitanti della Borgata Zepponami ed adjacenze non avessero mostrato le Loro
premure pel compimento di tanto stimabile opera concorrendo
del proprio per ornare la Chiesa, e guernire l'Altare maggiore
di conveniente cera ed altro, Poiché è a sapersi: che li Signori
Luigi Pepponi figlio della vedova Oliva, Felicita Pepponi moglie
di Francesco, Teresa Pepponi figlia di Angelo, Domenica Pepponi moglie di Paolino, Rosa Pepponi di Agostino, Antonia e
Francesca Sciuga ciascuno de: nominati del Loro particolare
peculio donarono una Candela di Libbre Sei. Maria Domenica
Pepponi poi, Oliva Pepponi dì Antonio, Bartolomeo Stefanoni,
Giovanni Fetoni, Maddalena Vittoria Piergiovanni donarono le
sei Tende di Musolo... che ornano li sei finestroni della Chiesa.
Geltrude vedova Funari detta la Ciafrina volle donato il gajo
tappeto che cuopre la gradinata dell'altare maggiore nella ricorrenze di solennità della Chiesa. Finalmente Francesca Paoletti detta la Ballarotta donò la bellissima tenda di seta ricamata in oro che cuopre la Immagine di Maria SS.ma del Giglio
patrona della Chiesa.
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Non sarà inutile ricordare, conforme venne pubblicamente
partecipato dall'altare il giorno della solenne Consagrazione
che: la Domenica quarta di Maggio, come giorno non impedito
è stata stabilita per la celebrazione del solenne anniversario
della Consagrazione. Che la Nuova Chiesa è dedicata in onore
di Maria SS.ma del Giglio, del Patriarca S. Giuseppe Patrono
della Chiesa universale, e di S. Felice da Cantalice Protettore
della Confraternita eretta in detta Chiesa: e che in fine le
reliquie dei Santi riposte il giorno della Consagrazione nel
Tombino dell'altare maggiore in prossimità della Pietra Sacra
sono dei Martiri: Revocato, Vittoria, e Pia.
Alla Provvidenza di Dio e di Maria SS.ma principalmente,
quindi alle singolari premure delli RR. PP. Adriano da Viterbo,
Santi da Viterbo, e Giacomo dalla Tolfa, e di questi due ultimi
anche alle instancabili fatiche che sostennero senza riguardo
alla propria salute, la popolazione della Città e Contado di
Montefiascone deve eterna riconoscenza per la compiuta suddescritta Santa Opera, sorta in tempi segnatamente contrarj
alla S. Religione Cattolica, potendosi con franchezza asserire,
che tolto il tempio principale e qualche altro, questo nuovo
delli Zepponami primeggia fra gli altri che esistono e perciò
di onore di Dio e di Maria SS.ma, della Città e di chi ne
procurò ed ebbe parte nella edificazione.
(Manoscritto nell'archivio dei Cappuccini di Montefiascone).
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IO - Vertenza tra il P. Egidio da Caprarola e il
Cavaglier S. Lorà
Per difendere una giusta causa, e per garantire un innocente a torto perseguitato, mi indirizzo a V.E. R.ma, perché
si interponga presso S.A.R. il nostro amorosissimo Protettore,
qualora ne avvenga il bisogno sul fatto che sarò per narrargli.
Deve adunque sapere, che in tempo della Republica, trovandosi la Cura della Commenda, poco distante da Montefiascone senza Curato, fui tanto stimolato dal Pro-Vicario Generale di questa Città a mandarvi un Religioso, che propter
impotunitatem, vi mandai il P.re Egidio da Caprarola quale
per lo spazio di sette mesi esercitò tale impiego con estrema
sodisfazione de' Religiosi. Anzi lo stesso Cavalier S. Lorà, che
tiene in enfiteusi la Commenda, ma non è Commendatore come
spaccia, ne fece molti eloggi con il P. Guardiano circa l'ottima
condotta del P. Egidio. Avvenne però doppo alcuni giorni, che
il Cavaliere sudetto facendo delle angherie contro quel povero
Popolo proibendo di raccogliere la spiga nei campi mietuti ed
accrescendogli pesi incompatibili, il sud.o P. Egidio prese alquanto a difendere la causa de Poveri, e per dare un contrasegno si ritirò dalla casa del Cavaliere, dal quale cadde subito
disgrazia, e trovando il rampino che in tempo di mietitura
non aveva aspettato i suoi operaij per la Messa, il che non
verifìcavasi perché il Religioso non aveva avuto avviso alcuno,
immediatamente lo licenziò dalla Cura, il che io gradii molto,
tanto più che si avvicinava l'aria cattiva ed io avevo bisogno
di un Sacerdote per mandarlo Presidente nel Convento di
Onano. Terminato questo presidentato fino che ci fu mandato
il Guardiano nuovo, richiamai il P. Egidio nel Convento di
Montefìascone, ove già era prima di famiglia. Saputosi ciò dal
Cavaliere, se ne porco grandemente; fece minaccia di volerlo
rimosso da questo Convento, proibì, che non si accostasse in
conto alcuno alla Commenda, col frivolo pretesto, che gli metteva sii i suoi vassalli contro di esso; cosa falsissima di pianta.
Con appagare in qualche punto la brama del sud.o Cavaliere,
alla Commenda non vi è stato più mandato, ma per garantire
l'innocenza, e li ottimi portamenti del Religioso, l'ho tenuto,
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e lo tengo di famiglia in Montefìascone, avendone troppo grande
necessità, ed essendo di buon esempio a tutti. Ma il Cavaliere,
che per livore, e privata vendetta ciò sopporta mal volentieri,
ha ricorso a questo Cardinal vescovo, quale non avendo trovato
reità nel Religioso, lo lascia vivere in pace; ha ricorso al P.
Provinciale, che fosse rimosso, ma avendogli io portato le ragioni che ho esposto, non lo ha eseguito. Ora minaccia fare
le sue rappresentanze a S.A.R., le quali se mai fossero giunte,
prego V.P.R.ma a degnarsi di esporgli, che i Ricorsi sono tutti
falsi di pianta ed occorrendo produrrò attestati quanti ne
abbisognaranno, ed io mi sarei vergognato di prendere le difese di un religioso, in cui trovato avessi una Reità, anche
minima. Spero che mi farà questa carità di prender queste
nella buona causa per che gli assicuro, e ne può assicurare
S.A.R. che la persecuzione è del tutto ingiusta, e confido, che
il nostro amabilissimo Protettore difenderà, come ha sempre
fatto, l'innocenza perseguitata. Mi spiace che la lettera è troppo
prolissa, altrimenti la pregarei, che S.A.R. leggesse pur la presente. Condoni la confidenza, e seccatura, che gli reco, e sperando nella di Lei bontà passo a rassegnarmi suo
P. R. C.
Per difendere una giusta causa, e garantire un innocente
perseguitato mi sono astretto ricorrere al giustissimo tribunale di V.P.R. E.ma come nostro zelantissimo Protettore.
Il Cavalier S. Laurent enfiteuta osia affittuario di una Commenda di Malta vicino a Montefìascone perseguita a tutta forza
un nostro Religioso per nome il P. Egidio da Caprarola, vedendolo rimasto in questo Convento, ove è necessario; ed essendogli andato a voto un Ricorso fatto a questo E.mo Vescovo,
ed altri Ricorsi avanzati al P.re Provinciale, ha minacciato
ricorrere a V.A.R. E.ma. Per non recare noia, e fastidio maggiore A.V.R. ho esposto tutto il fatto al P.re R.mo Fedele, e
si assicuri che non vi è punto di alterazione di verità, mentre
mi arrossirei di rappresentare una cosa che fosse anche equivoca in una menoma parte. Ho tutta la confidenza nella equità
di V.A.R. E.ma in difendere la buona causa, e l'onore dell'abito,
nell'atto che col più umile, e profondo ossequio passo a baciarle
il lembo della sagra Porpora, e soscrivemi della V.P.R. E.ma.
(Documento non firmato e senza data nell'archivio del convento).
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11 - Lettera del Provinciale sulla partecipazione alla
vita politica
Roma, 14 febbraio 1924.
Reverendo Oss/mo Padre,
Ci rechiamo a doverosa premura d'inviare alla P.V.R. affinché ne dia immediata comunicazione a tutti i Religiosi di
cotesta Comunità la seguente notificazione trasmessaci in data
di ieri dal Revjno P. Commissario e Procuratore Generale dell'Ordine per incarico della S. Congregazione dei Religiosi:
« E' PRECISA VOLONTÀ' DEL SANTO PADRE CHE I
RELIGIOSI D'ITALIA SI ASTENGANO DAL PRENDERE
PARTE IN QUALSIASI MANIERA ALLA POLITICA».
Resta dunque proibito a tutti i nostri Religiosi, Superiori
e Sudditi, qualunque attività che abbia rapporto con la politica
e segnatamente di partecipare, col voto o in altro modo, alla
prossima lotta elettorale.
Esortiamo non di meno i nostri Religiosi a voler supplicare
la divina Clemenza, affinché si compiaccia di rimirare con
occhio benigno la diletta Patria nostra e volgere le sorti verso
il maggior bene della Chiesa e della Cristianità.
Nella piena certezza che tutti i nostri Religiosi saranno
per ottemperare all'espresso volere del SANTO PADRE a tutti
inviamo la nostra paterna Benedizione, la quale nell'imminente Quaresima, si avvalori e conforti nello spirito di preghiera e mortificazione.
Aff/mo nel Signore
Fr. Igino da Alatri
Min. Provinciale Cap.no
(Arcivhio del Convento).
95
12 - Prefazione al « Breve cenno... » di Fr. Felice
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Molti t-i istruitissimi Dottori l'isici
scrissero intorno al cholera morbo dando
salutari istrutto» i : ma oltre essere i dotti
loro lavori assai prolissi; non possono esser
compresi chiaramente , (in special modo
a causa dei termini tecnici che secondo
r arte medica devono usare ) che da persone intelligenti e versate nella medicina.
D" altronde facendo questa malattia tali
rapidissimi proqressi da non permettere la
perdita di un sol momento di tempo, troppo prezioso da profittarne all' istante a prò
delle povere persone che ne vengono attaccate , ho creduto bene pubblicare la se(jutnle istruzione , ed esporre così con ter-
da Montefiascone
mini adattati all' intelligenza di ognuno
guel metodo di cura che secondo l' esperienza si è conosciuto essere più utile e
vantaggioso nella cura del detto morbo.
Dissi secondo i esperienza, perchè io stesso lo praticai d' accordo ai rispettivi medici locali su più centinaja di poveri colerici che in varj incontri ho avuto occasione di assisterli guai infermiere, e grazie a Dia ne hn veduti ottimi
risultati,
avendo potuto salvare circa due terzi degli attaccati , il che non è poco in questa
terribile malattia. L' incontri da me avuti furono nel 18S7 in Ilenia, e nell'anno 1S55 ih Sfar tu nel mese di Agosto ,
nel Settembre in Capodimonte , nel .\orembre e tìecembre nel Lazzaretto di f'iterbo.
Conoscendo adunque per replicata esperi eh sa cl:e allorquando più infierisce
tal morbo , la maggior parte delle pei sane o non possonn ucer pronto l' ajutu di
un medico , o al più alla sfuggita , per
secondare anche il desiderio di molli che
me ne fecero richiesta ho risoluto di 'crivere , secondo la. mia poca capacita tutu
/•.(razione Pcpolvre , affinchè in occasione di una influenza colerica {che Dio per
sua misericordia.ci tenga sempre lontana )
quei disgraziati a cui nimicasse i assistenza del Itiedico, abbiano una guida
per regolarsi
Dando vnu'cenno storico del detto
morbo mi sono ingegnalo con pratiche osservazioni persuadere che nel dello morbo non esiste il carattere del contagio , e
ciò l'ho fatto non per sostenere capricciosamente questa mia opinione, ma per
coscienza, avendo ben conosciuto e in special modo in uno de' luoghi di sopra accennati, quanto rechi danno l' idea del
contagio, poiché nel dello Paese talmente questa prevaleva che io rammento tuttora col cuore afflitto molti poveri colerici quasi del tulio abbandonati in mezzo
ai. più crudeli tormenti che caratterizzano questa terribile malattia.
Tonio adunque vi accenno o miei carissimi fratelli e sorelle in Gesù Cristo
con tutta la sincerità a maggior gloria di
Dio, a bene e vantaggio del mio prossimo , il quale per precetto divino sun tenuto ad amare come me me desimo. Così
sia.
13 - Fra Felice da Montefìascone
(Mengarani Giovanni Antonio)
Montefìascone 27-5-1755 - Roma 27-1-1828
Nacque da Bernardo Mengarani (Parcamengarani, scrive il
Rosatini in « Compendio della vita del Servo di Dio Fra Felice
da Montefìascone... », Roma 1828, dal quale riassumiamo) e da
Angela Attini il 27-5-1755 e fu battezzato col nome di Giannantonio.
Passò l'infanzia tra pecore e buoi insieme al padre. Leggeva « un picciol libretto di cose di pietà » e spesso fu visto
pregare durante il pascolo.
Un pericolo di morte occorsogli nella ricerca del bestiame
sfuggito e dal quale fu liberato grazie all'invocazione della
Madonna, lo fece decidere a farsi religioso. Morti i genitori,
a 28 anni divenne Cappuccino 1*11 ottobre 1783 nel convento
della Palanzana a Viterbo. Esercitò l'ufficio di questuante, cuoco
e ortolano a Civitacastellana, Rieti, Vetralla e, per 15 anni
a Roma.
Durante la soppressione degli ordini religiosi, si rifugiò
dai cappuccini di Montefìascone; nel suo paese non gli mancarono difficoltà: il brigadiere della gendarmeria, Tureau, « per
ben due volte affrontatolo sulla pubblica via, con dure e
villane parole insultandolo, gli intimò che desistito avesse dal
più andare vagando per le case, minacciandolo in caso contrario di castigo ». « Un certo musico di Montefìascone... scontrandolo un giorno per via, incominciò da prima a beffarlo,
ma questi tacendo, e non prestando orecchio, passò a caricarlo quanto più seppe di ingiurie, tacciandolo da Frataccio,
Ipocrita, frazionario, ed altri tali termini che il suo livore
interno gli seppe mettere sulle labra ». In tutte e due i casi
Fra Felice riuscì con la sua mitezza a far ricredere i suoi
avversari.
Quando si riaprì il Convento di Roma e Fra Felice vi ritornò, a Montefìascone gli rubarono « chi la rozza posata con
la quale prendeva lo scarso caritativo nutrimento, chi il ca-
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ISELLA S T A M P E R I A
DELTA
SIGNOR
SOMAGLIA'
R T : Y . CA!\T. A P O S T .
pezzale ove poggiava la testa, e per fin la paglia su cui riposavasi »; tanta era la devozione verso di lui.
« Godeva il Servo di Dio percorrere le più frequenti contrade di Roma coll'asinello quale per umiltà chiamava suo
compagno ». Non accettava elemosine più del necessario per
quel forte senso di giustizia che lo spinse a far accettare al
padrone il prezzo di un cavallo che era morto mentre Fra
Felice lo aveva provvisoriamente in custodia.
Il Rosatini riporta alcuni segni miracolistici di Fra Felice
e afferma che ripetutamente predisse il giorno della propria
morte. Il suo cadavere rimase esposto in chiesa a Roma per
tre giorni con un concorso di gente tale che dovette esser rivestito tre volte del suo abito religioso, perché tutti ne volevano
dei frammenti; soltanto di sera tardi fu possibile seppellirlo,
ma prima gli venne aperta una vena « ed il sangue ne uscì
fluido, e vermiglio come da corpo vivo ».
Lo stesso autore riporta dei segni miracolosi avvenuti dopo
la morte di Fra Felice e a lui attribuiti.
Una piccola lapide nella chiesa dei cappuccini di Via Veneto a Roma nella cappella della deposizione, segna la sua
tomba: « Fr. Felice da Montefiascone / laico Cappuccino morto
in Roma con fama di santità: il 27 gennaio MDCCCXXVIII ».
Appena si seppe la sua morte, « Concorsero in gran numero
a vederne e venerarne divotamente il cadavere, mantenutosi
flessibile e senz'alcun mal'odore per tre giorni, nei quali rimase insepolto a soddisfazione del Popolo, che procurò d'aver
qualche sua Reliquia, e perciò si è dovuto rivestire più volte
d'abito... v'è ancora voce e notizia essersi ricevuta qualche
grazia all'invocazione del Defunto Religioso » (Annali manoscritti, voi. Ili, p. 149).
99
14 - Pianta del convento del 1891
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15 - Omaggio al P. Angelo Antonio dalla Tolfa
AL
PADRE ANGELO ANTONIO DALLA TOLFA
EX PROVINCIALE E DEFINITORE
DELL'ORDINE DEI CAPPUCCINI
POICHÉ' CON ESIMIO ZELO E VALORE
E B B E PREDICATO AI MONTEFIASCONESI
LA QUARESIMA DELL'ANNO 1865
IL MAGISTRATO E POPOLO
IN ARGOMENTO DI GRATO ANIMO
DI LODE E OSSERVANZA
OFFRIVANO
SONETTO
Ben di Sicar al fonte un dì ferita
Alla parola del Figliuol di Dio
Pianse il passato error la Samarita,
Ed a meta immortai volse il desio:
Ben' a quel Verbo, ch'è virtute e vita
Di Maddalo la donna in cuor sentio
Tanta possa d'amor, che ella pentita
Perdon le valse d'ampie colpe e oblio.
Ma quella voce, che dal labbro usciva
Del Maestro divin forseché muta
Pur oggi è fatta, e di valor suo priva?
Ella vive mai sempre: e per te fiede,
Apostolo di Dio, qual brando acuta;
E alla Grazia di Lui fa nuove prede.
104
P. R.
SONETTO
Viam Dei in ventate
doces (Lue. 20,21)
Allor che il divo Paolo fu visto
Dell'Aeropago tra' dottori assiso,
Tutto fiammante divin foco il viso,
Il risorto annunziare ignoto Cristo;
Non a mondani modi il dir commisto,
Ma nella verità del Paradiso,
Ogni core più duro ebbe conquiso,
E fu glorioso del Dottor l'acquisto.
Padre, tu pur sciogliendo la tua voce,
Tutto ripieno il sen di santo zelo
Il sentiero ci stendi or della Croce.
Godi, ché mentre questa tua Eavella
Al vero attinta fu dall'Evangelo,
Quanto semplice è più, tanto è più bella.
L. P. B.
NOTA
La dedica e i due sonetti sono su un manifesto murale stampato
dalla tipografia del Seminario di TJ. Sailini e si trova nell'archivio del
convento.
Il P. Angelo Antonio daLla Tolta <Paris Domenico) era nato a Tolfa
il 17-8-1801 e morì a Viterbo il 20-3-llTl. I] necrologio dei Cappuccini lo
dice « predicatore, lettore di filosofia, ministro provinciale. Religioso di
grande merito per la sua dottrina e zelo per l'osservanza regolare».
105
16 - Fra Lorenzo
Fra Lorenzo è un frate cappuccino
Dal volto allegro e dalla barba bianca,
Ottant'anni ha sul dorso e da vicino
Noi mostra no, perché ha la voce franca;
Cammina pel paese tutto il giorno,
E alla sera al convento fa ritorno.
Questa vita è non poco affaticata
Ché porta sulle spalle la sacchetta,
L'elemosina chiede, e una passata
Fa per le case ed ha qualche cosetta.
Quando la sacca è piena d'alimento
Pian piano fa ritorno al suo convento.
Questo frate è da tutti benveduto.
Perché spira fiducia in ogni azione,
Molto stimato egli è, ben conosciuto
Dalle famiglie di Montefiascone,
E quando in una casa si presenta
Ad aver l'elemosina non stenta.
Adunque questo frate mi narrava
Un aneddoto strano di sua vita,
E mi colpì talmente, e m'animava
Narrare il fatto. Mia musa sopita
Dal suo letargo si svegliò repente,
Ispirandomi versi prontamente.
Egli disse così: Caddi malato
E il male diventò si crudo e forte
Che di guarir fui quasi disperato,
E dell'eternità battei le porte,
Il mio malanno poi s'accrebbe tanto,
Che mi venne impartito l'olio santo.
106
Per la città si sparse allor la nuova
Che dritto era andato all'altro mondo,
E questa dicerìa ebbe la prova,
E fu creduta proprio fino al fondo
Per non vedermi andar di porta in porta
Girare nel paese con la sporta.
Ma il male che pareva irrimediabile
Fece il suo corso sempre migliorando,
E per la cura assidua ed instancabile
Che tutti mi venivan prodigando,
Ben presto dal pericolo scampato
Vivere sano ancor mi fu donato.
Fu lunga invero la convalescenza;
Mi durò molto pur la debolezza
Ma soffrii tutto quanto con pazienza
Guarigione accettai con allegrezza
Perché fui in grado di poter andare
Per la città di nuovo a questuare.
In un giorno però m'accadde bella.
Mentre ero uscito poco dal convento
Io battea de' campi una stradelia
Ed a guardare torno torno intento
Due contadini mi si fero innanti
Rimirandomi fìssi e titubanti.
Fra Lorenzo!!! Esclamar meravigliati
Fra Lorenzo? son io senza paura,
Non credete che sia tra i trapassati
Ripresi subito io con gran premura,
Toccai del cielo l'eternali porte,
Ma risparmiato fui da vera morte.
Condotto fui dinanzi al Patre Eterno
Estatico rimasi a tal splendore
A tanta gloria ed al fulgor superno
Pervasa ebbi di gioia mente e cuore
Innanzi a tanta maestà prostato
Umile attesi d'esser giudicato.
107
Mi domandò che cosa mai nel mondo
Avessi fatto in tutta la mia vita,
Ed io prostrato al sommo Iddio rispondo
D'aver cercato di recare aita
A chi avea bisogno e far del bene
E alleviare ai mortali e affanni e pene.
E poi??? Poi ho portato in vita mia
Grande aiuto all'umanità dolente,
Quando straziata urlava, e in ver soffria
E prontamente le cavava il dente
Così sanati dal duol per mezzo mio
Grazie e benedizion rendeano a Dio.
Domandò infin se qui in Montefiascone
Vi fosser altri a tal mestiere adatti,
E risposi che a tale operazione
Unico io era e lo provai con fatti,
Ordinò allora Iddio: Immantinente
Tornate al mondo, o cavator del dente.
Ai miei benefattori
S. Franceco.
pace e bene con la Benedizione
di
NOTA
Fra Lorenzo da Bagnaia (Fabrizi Vincenzo) era nato a Bagnaia il
27-5-1845 e morì a Roma il 3-11-1935. Fu per molti anni nel convento di
Montefiascone da dove fu trasferito a Palestrina, perché malato, il 21
novembre 1929 e ritornò a Montefiascone il 23 maggio 1931, occasione in
cui la poesia fu composta. La poesia, con foto del frate al centro, è
stampata dalla tipografia Appolloni di Montefiascone su foglio tipo manifesto, ed è nell'archivio del convento. L'autore è ignoto, ma i coniugi
Trapè Cesarina e Augusto, che conobbero fra Lorenzo, ricordano a memoria la poesia e affermano che l'autore è Camicia Felice, molinaro.
108
Interno della chiesetta del convento
17 - Cappuccini nati a Montefiascone
Gioacchino, fratello laico (1580-1637)
Giovanni, fratello laico (t 1634)
Tommaso, sacerdote, maestro dei novizi, guardiano ( tl645)
Modesto, fratello laico (nato il 23-10-1613)
Marcello, sacerdote, guardiano (t 1656)
Felice, sacerdote, più volte guardiano, servì gli appestati a Viterbo nel 1657 (1620-1693)
Alessandro, sacerdote (nato il 24-1-1640)
Valentino, fratello laico (t 1714)
Liberato (Laurentis Francesco), fratello laico (1673-1693)
Francesco, fratello laico (1659-1719)
Gioacchino <Farnese Angelo), sacerdote e predicatore. Religioso
dotto, di vita esemplare e devotissimo della Ss. Vergine. E'
l'autore di « La penitenza trionfante nella vita di S. Guglielmo eremita, duce d'Aquitania e conte di Poitier », Roma
1700; e di « Vita di S. Margherita Vergine e Martire ».
(1660-1724)
Flaviano (Cristofori Domenico), fratello laico (1701-1742)
Felice (Morgante Luca Felice), sacerdote, predicatore, più volte
guardiano (1684-1742)
Giuseppe (Scoponi Costantino), fratello laico (1743-1783)
Pio (Napoli Domenico), fratello laico (1727-1799)
Biagio (Vignanelli Giuseppe), fratello laico (1756-1807)
Felice (Mengarani Giovanni Antonio), fratello laico. Fu per 15
anni questuante in Roma ove godette fama di religioso pio
e virtuoso, come dimostrò il grande concorso di popolo di
ogni categoria presso la sua salma. E' sepolto nella chiesa
dei cappuccini di Roma, nella cappella della deposizione. Il
Rosatini ne scrisse un Compendio della vita, Roma 1828.
(1755-1817).
Felice (Zampetta Giuseppe), fratello laico pio e laborioso. Dalla
sua esperienza nell'assistenza agli appestati scrisse il Breve
cenno..., Roma 1866 (1814-1877)
109
Flaviano (Maccari Antonio), fratello laico (1818-1844)
Mauro (Andreini Biagio), sacerdote, più volte guardiano (18621925)
Angelo (Bartolomei Giona), fratello laico (1876-1930)
Francesco (Ridei Luigi) fratello laico (1862-1931)
Giuseppe (De Tobia Giovanni Battista) fratello laico pio e laborioso (1863-1929)
Ulderico (Santini Giuseppe), sacerdote, predicatore, lettore di filosofia, guardiano. Religioso austero, amante della disciplina regolare e della preghiera (1860-1935)
Michele (Andreini Giovanni Battista), fratello laico (1825-1916)
Tommaso (Bellegi Vincenzo), sacerdote, più volte guardiano
(1860-1936)
Benedetto (Pepponi Pietro), fratello laico, laborioso e di buon
esempio. Fu a servizio di Mons. Paolo Tei, vescovo di Pesaro
e per molti anni nella curia generale (1863-1944).
Bernardo (Fioretti Alfonso), sacerdote. Laureato in lettere classiche a pieni voti, insegnò a lungo nelle scuode dell'Ordine e nel Liceo scientifico di Acquapendente. Ha lasciato
un lavoro dattiloscritto: Salterio del Breviario Romano
latino-italiano secondo la nuova versione latina dai testi
originali, con note esegetiche, letterarie e mistiche (1950).
Religioso dotto, pieno di senso mistico e di abbandono
alla Provvidenza (1909-1980)
Lodovico Napoli, sacerdote (1927)
Faustino Cosimi (Felice), sacerdote (1928)
Enrico Ranaldi, sacerdote (1940)
I nomi e le note relative ai singoli defunti sono stati ricavati dal
Necrologio dei Frati Minori Cappuccini della Provincia Romana, Roma
1967, compilato da P. Teodoro da Torre del Greco.
110
I
18 - Defunti sepolti nel sepolcreto della chiesa dei Cappuccini
(La sepoltura era nella cappella a destra di chi entra e vi
si seppellì fino al 1869. Esenco nell'archivio del convento).
Sacerdoti
P. Giuseppe da Triponzio (f 29 agosto 1657), sacerdote, predicatore.
P. Francesco da Canino (f 15 settembre 1658), sacerdote, predicatore e guardiano nel convento di Montefiascone.
P. Bernardino da Nepi (f 20 settembre 1658), sacerdote, predicatore.
P. Giacomo da Pizzighettone (f 7 ottobre 1657), sacerdote, predicatore e guardiano.
Questi quattro sacerdoti morirono per contagio contratto
nell'assistenza volontaria agli appestati di Montefiascone.
P. Simone da Milano (f 7 settembre 1675), sacerdote.
P. Cipriano da Palestrina ( f 2 ottobre 1712), sacerdote.
P. Bernardo da Tolfa (f 4 ottobre 1765), sacerdote, predicatore, più volte guardiano, lettore di filosofia e teologia.
Religioso di carità e buon esempio.
M.R.P. Giustino da Bologna (f 23 marzo 1787), teologo del
Card. Carampi vescovo di Montefiascone.
M.R.P. Leonardo da Viterbo (f 6 ottobre 1793), sacerdote e
predicatore, per 19 anni guardiano in molti conventi e per
due volte a Roma, maestro dei novizi alla Palanzana e a
Rieti, custode provinciale, confessore delle monache cappuccine a Roma. Per i suoi meriti con Breve di Pio VI
nel 1784 ebbe il titolo di ex provinciale.
P. Mattia da Cavaillon (f 19 maggio 1796), sacerdote emigrato
dalla Francia.
M.R.P. Giuseppe M. da Soriano nel Cimino (f 26 novembre
1805), sacerdote, predicatore, lettore di filosofia e teologia,
due volte definitore provinciale. Religioso di integerrimi
costumi e zelante della regolare osservanza.
Ili
P. Michelangelo da Farnese (f 2 giugno 1823), sacerdote e predicatore.
P. Francesco da Civitacastellana (f 6 giugno 1864), sacerdote
studente di teologia.
P. Basilio da Alatri ( f 17 novembre 1869), sacerdote, predicatore, lettore di teologia.
Chierici
F. Gregorio da Palestrina (f 15 settembre 1619)
F. Antonio M. da Casabasciana (f 19 maggio 1804)
Fratelli non
F.
F.
F.
F.
F.
F.
chierici
Benedetto da Bologna (f 25 ottobre 1612)
Giuseppe da Caravaggio ( f 12 maggio 1722)
Serafino da Busto Arsizio (f 14 maggio 1753)
Biagio da Montefiascone ( f 14 febbraio 1807)
Tommaso da Bassano Romano ( f 23 giugno 1837)
Crispino da Morlupo (f 24 gennaio 1866)
Terziari
e
domestici
F. Luigi da Bassano Romano, terziario (f 12 gennaio 1787)
F. Giacomo da Vallemussi, terziario (f 23 marzo 1779)
Angelo Leonetti da Ficulle, domestico (f 1 marzo 1772)
Tommaso Vespasiani, governatore di Montefiascone, volle esser
sepolto con i frati vestito del loro abito ( f 22 gennaio 1773)
Antonio Pietro Domenico, domestico ( f 9 agosto 1842)
Dopo la soppressione i frati e i terziari furono sepolti nel
cimitero comunale in cappelle distinte.
112
19 - Defunti sepolti nella tomba dei Cappuccini
nel cimitero di Montefiascone
(Dalla « Relazione sui lavori di Esumazione » del 14-15
aprile 1959, Archivio del convento).
Mezzetti Amerigo di Ernesto, f 3-11-1893
Polidori Romolo di Domenico, f 30-3-1894
Mezzetti Concetta di Alfonso, f 9-12-1894
Fapperdue Clarice fu Domenico, f 23-3-1895
Mezzetti Angelo fu Carlo Vincenzo, f 5-2-1896
Cecconi Annunziata fu Antonio, f 22-4-1896
Bartoleschi Margherita di Francesco, f 22-8-1896
Bartoleschi Maria di Francesco, f 6-9-1896
Danti Vincenzo fu Tobia, f 14-11-1896
Zampetta Benedetto fu Giov. Antonio, f 10-12-1896
Altigeri Fortunato fu Domenico, f 21-1-1897
Mezzetti Filippo di Alfonso f 23-1-1897
Menghini Pietro fu Francesco, t 9-4-1897
Rubbi Luisa fu Vincenzo, f 7-9-1897
Savignoni Maria di Venceslao, f 14-11-1897
Bartolozzi Giuseppe di Luigi, f 2-12-1897
Fioravanti Enrico di Bartolomeo, f 21-4-1898
Polidori don Filippo fu Alfonso, f 1-7-1898
Bartoleschi Demetrio fu Benedetto, f 21-10-1898
Polidori Domenica fu Alfonso, f 6-12-1898
Tassoni Domenico fu Giovanni, f 19-4-1899
Dognini Carlo fu Fedele, f 9-5-1899
Franceschi Anna fu Stanislao, f 20-3-1900
Della Casa Tito Angelo fu Carlo, f 24-3-1908
Bracoloni Evangelista fu Paolo, f 16-6-1908
Latini Giovanni fu Antonio (Fr. Bartolomeo da Ronciglione),
f 6-1-1929
Augustini Pietro, f 15-3-1977
Alfonso Fioretti (P. Bernardo da Montefiascone), f 26-6-1980
113
20 - Defunti sepolti nella Cappella del Terzo Ordine
Francescano nel cimitero di Montefiascone
Fanti Anna fu Giuseppe, f 15-1-1885
Fanti Caterina fu Giovanni, f 10-1-1894
Cernitori don Costantino fu Adriano, f 25-1-1894
Bracoloni M. Anna fu Giorgio, f 9-3-1894
Mancinelli Rodolfo di Vincenzo, f 28-4-1894
Troppichino Angela fu Vincenzo, f 9-11-1894
Napoleoni Caterina fu Carlo Nicola, f 17-11-1894
Vespi Ignazio fu Giuseppe, f 2-12-1894
Apolloni Armenia di Giuseppe, f 2-2-1895
Lampani Alcide di Enrico, f 25-3-1895
Petrella Maria fu Bernardino, f 22-4-1895
Iacopini Enrica fu Filippo, f 16-9-1896
Iacopini Ester di Attilio, f20-10-1896
Malagola Dr. Biagio fu Francesco, f 4-12-1896
Bracoloni Bibiana fu Giorgio, f 14-3-1897
Fanti Vittoria fu Vincenzo, f 16-5-1897
Rocchi Lucia fu Filippo, f 8-6-1897
Menghini Verginia fu Giovanni, f 15-10-1897
Manzi M. Anna fu Pancrazio, f 27-2-1898
Mori Assunta fu Pasquale, f 20-3-1898
Burroni Maddalena fu Giov. Carlo, f 9-5-1898
Cernitori Filomena fu Adriano, f 11-8-1898
Bracoloni Vittoria fu Francesco, f 21-8-1898
Latini Eufrasia fu Luigi, f 1-2-1899
Bartoleschi Ludovico di Francesco, f 18-2-1899
Bucciglioni don Antonio fu Vincenzo, f 1-3-1899
Pepponi Maddalena fu Giuseppe, f 18-3-1899
Ceccarini Angelo fu Domenico, f 26-7-1899
Carelli Luisa fu Francesco, f 12-8-1899
Burinello M. Domenica fu Paolo, f 10-1-1900
Fiorucci Francesco fu Gabriele, f 28-1-1900
Cernitori Candida fu Paolo, f 9-3-1900
114
Savignoni Pio di Venceslao, f 1-10-1900
Pieri Pietro fu Giovanni, f 21-11-1900 (esumato)
Ballarono Rosa fu Domenico, f 2-1-1901
Franchi Serafina fu Felice Antonio, f 2-4-1901
Mezi Anna fu Lodovico, f 11-8-1901
Maurizi Maria fu Francesco, f 27-9-1901
Bartoleschi Ludovico fu Francesco, f 5-1-1902
Lodi Lucia fu Luigi, f 7-2-1902
Fanti Marta fu Vincenzo, f 25-5-1902
Casti Maria fu Stefano, f 15-7-1902
... Pietro fu Giuseppe e fu Ceccobello Anastasia, f 12-7-1908
Presciuttini Francesco fu Michele, f 6-1-1909
Menghini Maria fu Francesco, f 26-7-1909
Proietti Teresa, f 22-8-1909
Piccioni Amalia fu Giuseppe, f 15-9-1909
Rossetti Lorenzo fu Arcangelo, f 26-7-1921
Montebove Romolo di Germano, f 3-10-1921 (esumato)
Caterina in Lozzi (ossa tumulate il 28-11-1921)
Presciuttini Giuseppe fu Giov. Battista, f 12-1-1922
Menghini Marta fu Giov. Battista, f 28-2-1926
Capaccia Giov. Battista fu Flaviano (P. Modesto da Grotte di
Castro), f 17-1-1944
NOTA
Sono possibili altri nomi, ma i registri in parte sono deteriorati e
illeggibili. I resti del P. Modesto nella esumazione del 1959 sono stati
trasferiti nella tomba dei Cappuccini. Nel 1967 la tomba del Terzo Ordine
Francescano è stata alienata.
115
21 - Elenco dei P.P. Guardiani del Convento di Montefiascone
1626 - P.
1627 - »
1627 - »
1629 - »
1630 - »
1631 - »
1632 - »
1634 - »
1635 - »
1636 - »
1637 - »
1638 - »
1639 - »
1640 - »
1641 - »
1642 - »
1643 - »
1644 - »
1645 - »
1646 - »
1647 - »
1648 - »
1649 - »
1650 - »
1651 - »
1655 - »
1656 - »
1658 - »
1659 - »
1660 - »
1661 - »
1662 - »
1665 - »
116
Cesareo da Ripi
Epifanio d'Aspra
Cesareo da Ripi
Antonio da Piperno
Giovanni Maria Bergamasco
Bonaventura da Cagli
Bernardino da Scheggia
Ippolito Bresciano
Bonaventura da Cagli
Francesco da Genazzano
Clemente Romano
Ilario da Rochette
Paolo da Torri
Leonardo da Viterbo
Bonaventura da Cagli
Carlo da Prato
Gregorio d'Alessano
Felice da Napoli
Carlo da Prato
Filippo da Firenze
Clemente d'Osimo
Felice da Napoli
Giovanni Grisostomo da Roma
Gregorio d'Orvieto
Basilio da S. Gennaro
Serarfino da Bagnorea
Giacomo da Pizzichettone
Francesco da Genazzano
Bernardo da Taggia
Serafino da Borgognone
Giuseppe da Monte Giorgio
Benedetto da Proceno
Michele da Viterbo
1666 - P.
1668 1669 1670 1673 1674 1676 1677 1680 1682 1683 1689 - 1689 1691 1692 1685 1694 1695 1697 1698 1701 1703 1704 1706 1708 1709 1711 1712 1714 1715 1717 1723 1724 1726 1727 1729 1730 1732 1733 1736 1739 1741 -
Serafino da Borgognone
Michele da Viterbo
Giovanni da Mercatello
Donato da Monte Santo
Giacomo da Pesaro
Angelo d'Alerici
Bonaventura da Bagnaia
Giovanni Domenico da Taggia
Bernardo d'Acquapendente
Bonaventura da Bagnaia
Felice da Montefiascone
Raffaele da Parma
Bonaventura da Bagnaia
Tommaso da Bagnaia
Benedetto da Poggio Mirteto
Giacomo da Pesaro
Damiano dal Borghetto
Leonardo da Viterbo
Filippo Maria Milanese
Vincenzo Bergamasco
Serafino da Viterbo
Vincenzo Bergamasco
Bernardo da Cotogno
Vincenzo Bergamasco
Angelo Maria Bergamasco
Bonaventura da Bagnaia
Stefano dalla Tolfa
Michelangelo da Pistoia
Giuseppe da Bagnaia
Giuseppe Antonio da Piediluco
Francesco Antonio da Fivinzano
Francesco Antonio da Portercole
Leone dalla Valtellina
Carlo Filippo da Civitavecchia
Antonio dalla Valtellina
Pietro Paolo dalla Valtellina
Giacomo da Taggia
Giuseppe Maria da Nizza
Francesco d'Alfidena
Bonaventura da Vitorchiano
Bruno da S. Remo
Raffaele da Breno
117
1742 - P.
1744 - »
1745 - »
1747 - »
1748 - »
1751 - »
1754 - »
1757 - »
1760 - »
1762 - »
1763 - »
1768 - »
1771 - »
1774 - »
1777 - »
1780 - »
1783 - »
1786 - >»
1789 - »
1792 - »
1795 - »
1798 - »
1801 - »
1804 - »
1807 - »
1815 - »
1821 - »
1824 - »
1827 - »
1830 - »
1833 - »
1836 - »
1839 - »
1842 - »
1843 - »
1848 - »
1851 - »
1854 - »
1857 - »
1860 - »
1863 - »
1866 - »
118
Giuseppe Maria da Nizza
Arcangelo da Sarzana
Carl'Antonio da Voltri
Felice Maria da Mentone
Gioacchino da Vessù
Pietro da Oneglia
Bernardo dalla Tolfa
Francesco Maria d'Acquate
Ponziano da Busto
Bernardo dalla Tolfa
Andrea dalla Tolfa
Domenico da Bagnaia
Lorenzo dalle Grotte
Leonardo d'Alatri
Silvestro da S. Oreste
Giovanni Maria da Bassano
Leonardo da Viterbo
Mansueto da Bagnaia
Giuseppe Felice da Ficulle
Giovanni Domenico da Viterbo
Francesco Antonio da Viterbo
Modesto da Bagnaia
Giuseppe Maria da Soriano
Modesto da Bagnaia
Carlo Filippo da Civitavecchia
Michelangelo da Farnese
Angelo da Ficulle
Fedele dalla Tolfa
Andrea da Vetralla
Fedele dalla Tolfa
Giuseppe da Viterbo
Stefano da Viterbo
Giorgio da Riano
Luigi da Viterbo
Prospero dalla Tolfa
Luigi da Viterbo
Angel'Antonio dal Giglio
Modesto da Bagnaia
Luigi da Viterbo
Innocenzo da Bagnaia
Luigi da Viterbo
Bonaventura dal Giglio
P. Giuseppe Angelo da Viterbo
Agostino dall'Allumiere
Adriano da Viterbo
Innocenzo da Bagnaia
Luigi da Bassano
Fedele dalle Grotte di Castro
Giuseppe dalle Grotte di Castro
Giuseppe dalle Grotte di Castro
Giuseppe da Vetralla
Giovanni da Montefiascone
Agostino dall'Allumiere
Cesare da Onano
Bartolomeo da Grotte di Castro
Giuseppe da Grotte di Castro
Bartolomeo da Grotte di Castro
Cesare da Onano
Romualdo da Grotte di Castro
Agatangelo da Acquapendente
Bartolomeo da Grotte di Castro
Bartolomeo da Grotte di Castro
Innocenzo da Ronciglione
Bartolomeo da Grotte di Castro
Bartolomeo da Grotte di Castro
Bernardo da Montefiascone
Bartolomeo da Grotte di Castro
Bernardino da Allumiere
Agnello da Guarcino
Pietro Paolo da Terracina
Alberto da S. Rufina
Agnello da Guarcino
Agnello da Guarcino
Ignazio da Guarcino
Ignazio da Guarcino
Ildebrando Pasqualoni
Camillo Mostarda
Raffaele Gaetani
Ildebrando Pasqualoni
Ildebrando Pasqualoni
Francesco Moretti
(Da un elenco esistente nell'archivio del Convento)
119
INDICE GENERALE
145
pag.
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Presentazione
Avvertenza
PRIMA
PARTE
I - I L PERIODO DELLE ORIGINI E DEGLI INSEDIAMENTI .
Il
I
I
II
convento di S. Francesco
francescani a Montedoro
francescani all'isola Bisentina .
convento in città
.
.
.
I I - I CAPPUCCINI E L'ASSISTENZA NELLE EPIDEMIE.
.
La peste del 1657-1658
L'epidemia del 1761
Il colera del 1937
Timori per il colera del 1884 - Il lazzaretto
del 1916
III
5
9
- DALLA SOPPRESSIONE AI NOSTRI GIORNI .
SECONDA
.
.
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PARTE
Documenti
1 - Lettera di Clemente VII al Card. Odoardo
Farnese
2 - Il convento dell'Isola Bisentina negli annali
manoscritti
3 - Depositi e Debiti del 1580-1593 . . . .
4 - Benedizione del convento e lapide della consacrazione della chiesa
123
5 - Tre strumenti di vendita dei terreni per la
costruzione del convento
6 - Istruzioni da praticarsi in tempo sospetto di
peste
7 - Il corpo e l'urna di S. Vincenzo martire .
8 - Il convento di Montefiascone negli annali manoscritti della Provincia Romana . . .
9 - Cenno storico sulla chiesa di Zepponami .
10 - Vertenza tra P. Egidio da Caprarola e il
Cav. S. Lorà
11 - Lettera del Provinciale sulla partecipazione
alla vita politica
12 - Prefazione al Breve cenno... di fra Felice da
Montefiascone
13 - Fra Felice da Montefiascone
14 - Pianta del convento del 1891 . . . .
15 - Omaggio al P. Angelo Antonio dalla Tolfa .
16 - Fra Lorenzo
17 - I cappuccini nati a Montefiascone . . .
18 - Defunti sepolti nel sepolcreto della chiesa
dei cappuccini
19 - Defunti sepolti nella tomba dei cappuccini
nel cimitero di Montefiascone . . . .
20 - Defunti sepolti nella cappella del Terzo Ordine Francescano nel cimitero di Montefiascone
21 - Elenco dei padri Guardiani del convento di
Montefiascone
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Stampato a Viterbo con i tipi dello Stabilimento Tipolitografico Agnesotti
nel settembre 1982