Morto Massimo Castri un grande del teatro

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Morto Massimo Castri un grande del teatro
Lo spettacolo
Shoah e memoria
una settimana
di teatro e cinema
GAIA RAU
A PAGINA XII
La Fiorentina
OGGI SU FIRENZE.IT
Il maltempo
Il video e la gallery
sull’Arno in piena
Ma l’incubo adesso
sono gli smottamenti
@
L’indirizzo
La settimana
Dalla musica al teatro
gli spettacoli da non perdere
a cominciare dal Verdi
con Aldo, Giovanni e Giacomo
WWW.FIRENZE.REPUBBLICA.IT
Osservatori
di City e Shaktar
per Jovetic
BENEDETTO FERRARA
A PAGINA X
FIRENZE
MARTEDÌ 22 GENNAIO 2013
firenze.repubblica.it
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Elezioni: depositate 23 liste ma non tutte passeranno
La curiosità
Quelli dell’ultimo tuffo
Bunga Bunga e Grande Sud
MASSIMO VANNI
I PROVA anche il Movimento Bunga Bunga.
Che ha presentato la sua
lista all’ultimo tuffo sollevando il disappunto di tutti gli altri.
SEGUE A PAGINA III
C
Elezioni, depositate le liste
MILLE nomi in 23 liste presentate in Toscana alle elezioni di febbraio, ma non tutte passeranno. Tanti simboli
nuovi ma anche tanti nomi
“vecchi”, soprattutto nel Pdl.
Gli elettori di Berlusconi ritroveranno sulla scheda gli
stessi candidati di cinque anni fa. Al Senato la lista in Toscana sarà guidata dal Cavaliere in persona, come nel resto d’Italia, seguito dall’ex
ministro Altero Matteoli.
ALLE PAGINE II E III
L’esponente Pd era rimasto coinvolto
nell’inchiesta sull’urbanistica a Barberino
L’ex assessore
Paolo Cocchi
prosciolto:
non fu corruzione
FRANCA SELVATICI
A PAGINA VI
Paolo Cocchi
Il Maggio perde un altro pezzo
Via il rappresentante del governo: il teatro è di fatto senza cda
Renzi e la talpa sequestrata
Domenici e la morte di Veronica
“Sulla Tav fatti tutti i controlli” “Non sapevo del pericolo al Forte”
FERRARA A PAGINA VII
SERVIZIO A PAGINA VI
L’anticipazione
Pubblichiamo un capitolo del libro del pianista da oggi in libreria
Bollani: il jazz che viaggio
STEFANO BOLLANI
I PUÒ usare la struttura armonica di
una canzone (nel jazz sono chiamati
“standard” e quelli storici vengono
dal repertorio di Broadway o da Hollywood) per inventare nuove melodie,
nuove soluzioni armoniche, nuove frasi.
Questa è una delle possibilità dell’improvvisazione. Agli albori del jazz i musicisti
preferivano pensare a tutto ciò come a una
serie di variazioni sul tema, come nella
musica del passato. Senza rete si improvvisa eccome. È come costruire un ponte e nel
S
È morto Castri
uomo contro
maestro vero
del teatro
ROBERTO INCERTI
Dopo l’addio di Primicerio e Fresco l’avvocato Marotti restituisce al ministero il mandato con una lettera di fuoco contro la sovrintendenza
LASCIA anche il rappresentante indicato dal ministero,
il Maggio perde così un altro
pezzo e ormai è di fatto senza
consiglio di amministrazione. Dopo l’addio di Mario Primicerio e Paolo Fresco, l’avvocato Antonio Marotti restituisce al ministero il mandato con una lettera di fuoco
contro la sovrintendenza.
Marotti scrive che la Fondazione del Maggio non ha strategia e sostiene che la sovrintendente Colombo e la sua dirigenza hanno fatto qualche
riforma di struttura ma senza
varare alcun piano finanziario per garantire il buon funzionamento dell’istituzione.
Con le dimissioni di Marotti,
oggi il consiglio di amministrazione può contare solo su
quattro dei sette membri previsti dallo statuto ed è di fatto
decaduto. Intanto agli otto licenziati va la solidarietà del
cardinale Betori espressa attraverso don Momigli.
CIUTI A PAGINA V
22/01/13 La Repubblica
Firenze
Il lutto
frattempo salirci sopra per arrivare dall’altro lato. Il ponte non è già lì, come quando
si suona sugli accordi di Night and day di
Cole Porter. E non è detto che si sappia cosa ci aspetta al di là. Val la pena mettersi in
viaggio, anche senza sapere dove andare.
Altre volte il ponte serve davvero per unire
due punti precisi. Durante il bis dei concerti in piano solo chiedo al pubblico quali brani avrebbe voluto ascoltare, me ne segno una decina e poi invento un percorso
per farli stare insieme. Possono intersecarsi, apparire all’improvviso o essere annunciati. Possono sparire e riapparire.
SEGUE A PAGINA IX
EDERE Massimo Castri durante una prova
era un’esperienza. Una
decina d’anni fa era solo nella
platea del Metastasio di Prato:
dava disposizioni ai suoi attori sul palcoscenico in maniera
semplice: «Gli dèi ce l’hanno
con voi: reagite, come fareste
con me quando qualcosa non
vi torna!». Castri era in canottiera e dirigeva le prove accanto ad una fila di platea dove su
ogni poltrona c’era una canottiera: lui sudava ed ogni dieci
minuti si cambiava. La prova
finì con l’ultima canottiera.
È morto ieri mattina nella
sua casa fiorentina di via dei
Pilastri. Castri è stato uno dei
più grandi registi di teatro oltre che sublime teorico. Ha
fatto spettacoli strepitosi, ma
aveva un carattere difficile.
Nato a Cortona nel 1943, portava i suoi anni con fatica. Da
sempre abitava in zona
Sant’Ambrogio dove è morto
dopo una lunga malattia. Era
un uomo spesso in compagnia della sua solitudine: non
era difficile vederlo cenare in
trattorie del centro senza
compagnia. Quando stava bene era facile vederlo con l’immancabile papalina di lana
blu. Fra sé mugugnava: «Città
asservita al turismo di massa,
la cultura è sempre più dimenticata». Aveva un’etica rigorosa: «Il teatro è un bene sociale,
deve essere dato ai cittadini al
pari degli ospedali». Nonostante fosse scorbutico, scostante, aveva grande simpatia
per i suoi attori, per i tecnici ed
anche per i pochissimi critici
che stimava.
SEGUE A PAGINA IX
V
L’idea
Il volume
L’autore
“Parliamo di musica” è un
viaggio nei meccanismi della
creazione musicale raccontato
da uno dei massimi talenti del
nostro tempo dove si citano
Beatles e Frank Zappa, Elio e
Puccini, Bill Evans e Jobim
Il libro pubblicato da
Mondadori esce nella collana
“Ingradimenti” (144 pagine,
euro 17). Scritto insieme ad
Alberto Riva attraversa in 23
capitoli e un’introduzione varie
facce del fenomeno musica
Nato a Milano nel 1972 e
diplomato al conservatorio di
Firenze nel 1993, è oggi il più
apprezzato musicista jazz
italiano. Fra le sue puntate in
territorio classico anche dischi
con Riccardo Chailly
“Parliamo di musica” di Mondadori esce oggi in tutta Italia
L’anticipazione
Dopo le note le parole
Jazz, pubblico e privato
nel libro di Bollani
STEFANO BOLLANI
(segue dalla prima di cronaca)
QUELLO che faccio anche durante l’intero concerto, senza i puntini da
unire, ma cercando di assecondare il suono che sta uscendo
fuori. A volte si tratta di spingere, di cercare. Altre volte davvero si tratta di abbandonarsi e lasciar fluire la musica.
Erroll Garner suonava il piano da autodidatta e poteva attaccare un brano in qualsiasi
tonalità. Aveva anche l’orecchio assoluto, vale a dire la capacità di riconoscere senza
margine d’errore una nota, anche se a emetterla è un canarino
o un aspirapolvere. Faceva impazzire quelli che suonavano
con lui, cominciando dai bassisti, che si aspettavano Misty in
mi bemolle. E Garner una sera
È
Il lutto
lo faceva in re, un’altra in fa. Era
una capacità, naturale in lui,
che va sviluppata con l’esercizio in tutti noialtri che invece
abbiamo solo un orecchio relativo.
Ah, che eleganza, i pianisti di
una volta! Erroll Garner, Teddy
Wilson, Nat King Cole – che prima di diventare un cantante famosissimo era uno straordinario pianista – e ancora Art Ta-
22/01/13 La
Repubblica Firenze
Si è spento nella sua casa di via dei Pilastri
Morto Massimo Castri
un grande del teatro
sta dell’epoca del be-bop, alla
fine degli anni Quaranta, Bud
Powell, raccontava di aver beccato Monk che, pensando di
non essere visto, eseguiva sul
piano delle frasi che sembravano uscire dalle mani di Art Tatum. Va detto che Tatum era il
dio del pianoforte jazz, quello
tecnicamente più dotato di tutti. Arturo Benedetti Michelangeli e Vladimir Horowitz, due
fra i più grandi virtuosi del piano classico del Novecento, andavano ad assistere ai suoi concerti e ne rimanevano impressionati. Aveva una tecnica spaventosa e suonava una musica
jazz legata in maniera sotterranea alla storia del pianoforte.
(...) Dunque, tornando a noi:
Monk sapeva in realtà suonare
come Art Tatum?
Non si sa; secondo me, no. Io
non credo all’aneddoto, perché
in tutti i dischi che ha inciso
Monk non c’è mai traccia di una
cosa del genere. Se invece fosse
vero vorrebbe dire: vedete, anche un freak come Monk ha studiato! Ma non è importante che
lui sapesse suonare anche “bene”, non stiamo parlando di un
insegnante ma di un artista. La
cosa straordinaria è questa: che
nel jazz, oltre ai capiscuola, ci
sono questi personaggi che
spuntano improvvisamente e
suonano come accidenti vogliono loro: tu sai che il disco è
del 1959, ma potrebbe anche
essere un altro periodo, non
cambia nulla, Monk è un pianeta solitario, caduto da chissà
dove nel nostro universo.
L’aneddoto si conclude con
Monk che, scoperto da Bud, gli
fa: «Non lo dire a nessuno». Anche se fosse falso, l’apologo ci
racconta qualcosa: ogni jazzista vuole comunque avere una
propria voce, suonare “his own
thing” anche a costo di risultare
bizzarro.
Ma Monk sapeva
suonare? O è una
meteora piovuta da
un altro universo
C’è un aneddoto...
tutti i meriti vanno a Marco Plini
che lo ha seguito quotidianamente». Proprio Plini così ricorda il maestro: «Oltre al genio del
regista, a me piace ricordare
Massimo come uomo delle istituzioni. Al di là della mitologia
che lo voleva uno sempre contro, era un ottimo direttore di
teatri stabili, che ha sempre diretto con rigore. Castri lavorava
perché i teatri pubblici seguissero la loro missione istituzionale
e questo lo portava a essere contro i politici che non amavano
l’autonomia dei teatri pubblici.
In tal senso lui era una figura
unica in Italia». Un bel ricordo di
Castri lo regala anche il regista
Maurizio Scaparro: «E’ venuto a
mancare un regista vero che ha
segnato profondamente il teatro degli ultimi decenni. Era abituato a non concedere nulla alla
facilità di lettura, i suoi spettacoli avevano forza e stile».
A proposito di freak, mi viene
in mente un’altra situazione
che rende l’idea di come la musica possa sorgere e poi sgorgare nel modo più casuale. Ero a
New York e stavo incidendo un
disco insieme a Enrico Rava e al
batterista Paul Motian, una figura mitica del jazz che ha fatto
parte del trio di Bill Evans negli
anni Cinquanta; anche lui era
un musicista che faceva una cosa totalmente sua, inimitabile,
per nulla convenzionale. Motian pareva che suonasse melodie su uno strumento che invece, come sappiamo, non produce note precise: per lui, tenere il tempo non era la cosa più
importante. La priorità, per lui,
era dialogare alla pari con gli altri strumenti. Era talmente stravagante, Motian, che quando
oggidì senti un batterista che
suona male, prova a parlarci: ti
dirà che si ispira a Paul Motian!
Bella scusa. Lui sì che sapeva il
fatto suo.
Insomma, in sala di incisione
Paul Motian porta un pezzo
suo, Gang of 5, e ci dice: «Cominciate voi, io entro dopo, a un
certo punto...». Ogni volta che
completavamo il giro della canzone, Enrico e io facevamo una
piccola pausa pensando che lui
sarebbe entrato, invece non lo
faceva. Mai. Alla fine, nelle cuffie, sentiamo che dice: «Yeah,
man, I love it!». Paul aveva fatto
in modo di ottenere una specie
di suspense, di senso di attesa, e
tuttora non so se lo fece apposta
o se davvero – come ci disse – gli
piaceva quello che stava accadendo e non sentiva la necessità della propria batteria nel
brano.
(per gentile concessione di
Arnoldo Mondadori editore)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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ROBERTO INCERTI
(segue dalla prima di cronaca)
RA i suoi pochi amici fiorentini il regista Andrea Di
Bari e l’organizzatrice teatrale Serena Fornari. Detestava
gran parte dei politici, di cui parlava spesso citando l’adorato
Goldoni: «Sono come granchi
attaccati ad uno scoglio». Però
aveva una forte coscienza politica, tanto che recentemente, nonostante le fatiche della malattia, era andato a votare alle primarie del Pd.
Castri fu direttore del Metastasio di Prato dal 1994 al 2000.
La sua presenza si rivelò determinante per far diventare il Met
il teatro stabile pubblico della
Toscana. Ma era soprattutto un
grande regista. I suoi lavori - che
facesse Goldoni, Pirandello, i
tragici greci, Ionesco o Mishima
- erano perfetti, commoventi,
metafisici. Straordinario nel dirigere i grandi attori come i giovani, i suoi spettacoli erano
sinfonie capaci di stupire. In Toscana ha lavorato più spesso a
Metastasio, Fabbricone, Manzoni di Pistoia, la Pergola. Il suo
ultimo spettacolo è stato La cantatrice calva di Ionesco, andato
in scena al Met nel 2011. In quell’occasione, già malato, concesse una delle ultime interviste:
«Una malattia mi ha costretto a
casa per tutta la durata delle prove. La mia situazione fa pensare
all’enigmatica Cantatrice calva
che ha dato il titolo all’opera, disperatamente assente. Lo spettacolo è mio nel progetto, però
tum, Willie “The Lion” Smith,
Oscar Peterson, Red Garland,
Wynton Kelly, Hampton
Hawes, Roger Kellaway, Ray
Bryant, Phineas Newborn, Jaki
Byard... Nei dischi risultavano
morbidi, con un suono mai invasivo, raramente si udivano gli
estremi della tastiera. Successivamente, dagli anni Sessanta il
modo di buttare giù gli accordi
cambia, sono accordi sgranati,
come una manciata di biglie sul
pavimento, addirittura sporchi. Accordi che non sono più
un oggetto cristallino, ma hanno qualcosa all’interno che crea
tensione, che “sporca”, spinge
il suono oltre la piacevolezza.
(...) Certi personaggi del jazz
all’inizio sono stati guardati
con sospetto anche nella stessa
comunità jazzistica, perché la
loro maniera di improvvisare
rasentava l’errore. (...) Thelonious Monk, uno dei pianisti
più celebri della storia del jazz,
l’autore di un brano leggendario che qualsiasi jazzista ha suonato e risuonato come Round
Midnight, era uno intorno al
quale ha sempre aleggiato il mistero. Suonava in modo stranissimo, in un modo totalmente
freak. La domanda era lecita:
suona così perché “non sa suonare” o lo fa “apposta”?
Esiste un famoso aneddoto al
riguardo. L’altro grande piani-
F
Massimo Castri