Nota CSC - 2008-4

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Nota CSC - 2008-4
1 agosto 2008
Numero 08-4
NOTA DAL C.S.C.
Con i mutui nell’indice dei prezzi
inflazione più volatile e insidiosa,
senza vantaggi per le famiglie italiane
Luca Paolazzi e Ciro Rapacciuolo
I mutui nell’indice dei prezzi al consumo? Un vero boomerang, a scapito soprattutto delle
famiglie più povere. ll caro-mutui ha alimentato da più parti la richiesta di includere nel
paniere dei prezzi al consumo la rata dei prestiti per l’acquisto della casa. Ma se ciò
avvenisse, la dinamica dei prezzi al consumo subirebbe accelerazioni e frenate più
brusche, diverrebbe cioè più volatile. Inoltre, andrebbe di pari passo con le decisioni sui
tassi della Banca centrale europea, aumentando assieme ai rialzi del costo del denaro e
riducendosi con i tagli; esattamente l’opposto della normale reazione dell’inflazione alla
politica monetaria; sarebbe cioè prociclica.
La maggiore volatilità e la prociclicità sarebbero accentuate dai comportamenti degli altri
prezzi e delle retribuzioni, che tenderebbero a rincorrere il segnale errato lanciato dai
movimenti dell’indice dei prezzi al consumo comprensivo dei mutui, in controtendenza
rispetto alle altre nazioni europee.
Ciò spiega come mai la BCE è contraria a una misura dell’inflazione che includa i mutui. E
anche in sede Eurostat tale misura non è mai stata considerata valida.
L’indice dei prezzi con i mutui non fornirebbe nemmeno una raffigurazione migliore
dell’andamento del potere d’acquisto delle famiglie. Si è sostenuto, infatti, che l’inclusione
dei mutui nel paniere darebbe un’inflazione costantemente e realisticamente molto più
elevata rispetto a quella calcolata dall’ISTAT. In realtà, complessivamente la dinamica
dell’indice con i mutui risulta identica a quella dell’attuale indice dei prezzi al consumo,
perché le fasi di crescita superiore sono compensate da quelle di crescita inferiore.
In questo lavoro si dimostra, infatti, che per il periodo 1997-2008 in Italia l’inclusione dei
mutui non avrebbe portato a misurare un’inflazione mediamente più alta. Le differenze tra
le variazioni annue dei due indici sono nulle anche per la ridotta importanza (1,2%) della
spesa per interessi sui mutui nel bilancio medio familiare. Molto rumore per un’incidenza
tanto ridotta. Nel caso delle sole famiglie mutuatarie il peso degli interessi sul mutuo
diventa consistente (9,1%) ma gli scostamenti tra l’indice dei prezzi attuale (NIC) e quello
comprensivo dei mutui restano contenuti e il secondo indice segnala un’inflazione più
moderata nella media del periodo considerato.
Ciò anche perché, ed è un punto importante spesso ignorato, l’inclusione dei mutui nel
paniere dei prezzi al consumo ridurrebbe inevitabilmente i pesi degli altri capitoli di spesa,
1
a scapito della corretta rappresentazione dell’inflazione subita dalle famiglie meno
abbienti, che molto raramente sono proprietarie di abitazione.
Lo studio è disponibile su www.confindustria.it, clickando Centro Studi e poi Note dal
CSC.
Mantenere i mutui fuori dal calcolo dell’inflazione è la scelta giusta
Esistono molte ragioni per non includere i mutui nel calcolo dell’inflazione.
L’inclusione causerebbe un peggioramento della qualità della misura dei prezzi, creando
maggiore incertezza e introducendo elementi di destabilizzazione nel quadro economico.
L’inclusione dei mutui accrescerebbe la prociclicità dell’inflazione. Quando i tassi di
interesse salgono, perché la Banca centrale vuole contrastare i rischi di inflazione,
aumenta la spesa per i mutui. Se questi entrassero nel paniere, ciò spingerebbe all’insù la
misura dell’inflazione. Allora anche le richieste salariali crescerebbero, rendendo più
probabili spirali prezzi-salari. I tassi tenderebbero così a salire ancora, dando vita a un
circolo vizioso di rialzi e aumenti dei prezzi, un esito opposto a quello voluto dalla Banca
centrale e costoso per il sistema economico in termini di minori occupazione e reddito.
L’inclusione dei mutui1 determinerebbe solo più volatilità dell’inflazione, non la
innalzerebbe stabilmente. Anzi, la ridurrebbe in tanti anni quanti quelli in cui la alzerebbe,
dato che seguirebbe il profilo dei tassi di interesse. Quindi accrescerebbe l’incertezza
nella misura della dinamica dei prezzi, senza segnalare un maggiore aumento dei prezzi
nel medio termine.
L’inclusione dei mutui nell’inflazione è invisa alla BCE (e alla Commissione UE). Nel
perseguimento dell’obiettivo di stabilità dei prezzi al consumo la Banca centrale monitora
l’indice armonizzato, appositamente definito con l’accordo di tutti i paesi all’avvio della
moneta unica e che esclude i mutui. La costruzione per fini nazionali di indici di inflazione
inclusivi dei mutui porterebbe a una cesura con l’inflazione europea.
Con i mutui inflazione in Italia più instabile, non più alta
Il principale effetto dell’inclusione dei mutui nel periodo 1997-2007 è l’ampliamento del
campo di variazione della dinamica dei prezzi al consumo, cioè un aumento della
volatilità. Nel periodo 1997-2008 l'inflazione calcolata per l'Italia includendo la spesa per
interessi sui mutui si è discostata al massimo di 0,5 punti percentuali all’insù (2,0% contro
1,5%, maggio 2007) e al minimo di 0,3 punti all’ingiù (1,2% contro 1,5%, gennaio 1999)
rispetto all’andamento osservato dall’attuale misura che non considera i mutui. La
maggiore stabilità impressa ai tassi di interesse con l’inizio dell’operatività della BCE nel
1999 ha contribuito a contenere lo scarto tra le due misure di inflazione.
Questo scarto nasce dal fatto che la variazione in termini percentuali del tasso di
interesse è molto ampia: si va dal -27,1% tendenziale nel giugno 1999 (che corrisponde a
un calo dei tassi di 2,2 punti, da 8,2% a 6%) al +18,3% tendenziale nel marzo 2007 (tassi
da 4,4% a 5,2%). A maggio 2008 la variazione annua del tasso sui mutui è stata pari a
+9,7% (da 5,3% a 5,8%).
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In alternativa potrebbe essere incluso nell’indice dei prezzi al consumo il prezzo di acquisto di un’abitazione.
Il prezzo della casa non è prociclico e la casa potrebbe essere considerata alla stregua di un bene di consumo
durevole. Ma la casa è anche e soprattutto un asset, una parte della ricchezza delle famiglie, in quanto il suo
valore non si esaurisce con il consumo e in più fornisce un rendimento annuo (fitti imputati o fitti reali).
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Nel corso del 2006 e del 2007 l’inflazione inclusiva dei mutui è stata più elevata e a
maggio 2008 è ancora lievemente più alta. Ma il gap è in discesa e si è sostanzialmente
chiuso a giugno (Grafico 1). In precedenza l’inflazione comprensiva dei mutui è stata
spesso più bassa, in particolare nella fase di rapido rientro dei tassi di interesse a fine
anni 90 e di nuovo nel periodo 2003-2005 con la fase di tagli dei tassi da parte della BCE.
Grafico 1 - I mutui accrescono la volatilità dell'inflazione italiana
4.0
(var. % annue)
Senza mutui
3.5
Con mutui (pesi var)
3.0
2.5
2.0
1.5
1.0
1997/1 1998/1 1999/1 2000/1 2001/1 2002/1 2003/1 2004/1 2005/1 2006/1 2007/1 2008/1
Fonte: elaborazioni CSC su dati ISTAT, Banca d'Italia, ABI.
Guardando alle dinamiche medie annue lo scarto tra inflazione con e senza i mutui è nullo
tra il 1996 e il 2008 (Tabella 1). Nella parte finale degli anni 90 è stato negativo: -0,1%
all’anno. Negli anni Duemila invece è stato positivo (+0,1%).
Tabella 1 - L'impatto medio dei mutui sull'inflazione italiana è zero
(variazioni % medie annue)
1996-00 2000-08
NIC senza mutui
2,0
2,3
NIC con mutui *
Differenza (= impatto mutui)
1996-08
2,2
2,0
2,4
2,3
-0,1
0,1
0,0
NIC = indice dei prezzi al consumo per l'intera collettività nazionale.
* comprese le spese per pagamento di interessi su mutui a tasso variabile.
2008 primi 5 mesi.
Fonte: elaborazioni CSC su dati ISTAT, Banca d'Italia, ABI.
Per le sole famiglie con mutuo lo scarto massimo si amplia a 0,7 punti percentuali (2,8%
contro 2,1%, ottobre 2007) e quello minimo a –1,1 (1,5% contro 2,6%, ottobre 2003). In
media il divario è stato pari a –0,4 punti percentuali all’anno nel 1996-2008.
I dati del Regno Unito confermano i risultati per l’Italia
I dati ottenuti per l’Italia sono convalidati dal confronto per il Regno Unito tra l’indice totale
RPI (Retail Price Index, Indice dei prezzi al dettaglio), che include il pagamento degli
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interessi sui mutui, con lo stesso indice calcolato al netto di tale pagamento (RPIX).
Anche nel Regno Unito le dinamiche dei prezzi con e senza mutui si incrociano spesso.
L’inflazione con mutui è stata significativamente più bassa nel 1991-1994 e poi ancora nel
2001-2002.
Lo scarto tra le due misure è un po’ più ampio di quello rilevato per l’Italia, con un picco di
+1,4 punti percentuali nell’agosto 2007 e un minimo di -1,3 punti nel gennaio 2002. Ciò
sia perché la diffusione e l’incidenza dei mutui è maggiore che in Italia sia anche a riflesso
della più elevata variabilità impressa ai tassi ufficiali dalla Banca d’Inghilterra rispetto a
quanto deciso dalla BCE.
Negli anni 90 l’impatto dei mutui è stato al ribasso: -0,2 punti percentuali in media all’anno
(Tabella 2). Negli anni Duemila il segno si è invertito (+0,3 punti percentuali annui). Si
tratta sia in un senso sia nell’altro di scarti contenuti, come quelli italiani.
Tabella 2 - Misure di inflazione con e senza i mutui nel Regno Unito
(variazioni % medie annue)
1990-00 2000-07 1993-07 1997-07
Retail price index (RPI; con mutui *)
3.0
2.8
2.8
2.7
Retail price index senza mutui (RPIX)
3.2
2.5
2.6
2.5
-0.2
0.3
0.2
0.3
Differenziale RPI - RPIX (= impatto dei mutui)
* include il pagamento di interessi sui mutui.
Fonte: elaborazioni CSC su dati Thomson Financial.
Metodologia per l’inclusione dei mutui nell’inflazione italiana
1. Ponderazione
In questa analisi si prende in considerazione la sola spesa per interessi passivi sui mutui,
escludendo il rimborso del capitale. Quest’ultimo infatti rappresenta una forma di
risparmio forzoso con il quale si “acquista” una porzione della casa. Inoltre, il rimborso del
capitale corrisponde a una riduzione del debito, cioè a un aumento della ricchezza netta.
Non è quindi assimilabile a un consumo. La quota per gli interessi, tipicamente
decrescente lungo la durata del mutuo, si aggira in media intorno al 33% del totale pagato
mensilmente.
Si sono considerati solo i mutui a tasso variabile puri, ovvero quelli che hanno anche una
rata variabile (mensile o ad altra periodicità). Si escludono quindi i mutui a tasso variabile
ma con rata costante (e durata variabile) e i mutui a tasso fisso. Questo perché sulla
spesa corrente delle famiglie si ha un effetto al variare dei tassi solo quando varia la rata.
Secondo i dati ABI, i mutui variabili puri rappresentano in Italia il 66% dello stock, quelli a
tasso variabile ma a rata costante il 7%, quelli con un tetto alla rata il 3%; i mutui a tasso
fisso coprono il restante 24%.
Il peso attribuito alla voce mutui nel calcolo dell’inflazione è basato sulla spesa media
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mensile familiare. Secondo i dati del Rapporto annuale ISTAT gli interessi passivi sul
mutuo accrescono la spesa di una famiglia proprietaria di abitazione di 284 euro nel 2008.
Considerando solo la spesa per interessi su mutui a rata variabile pura (pari al 66% del
totale) si arriva a una cifra di 187 euro mensili in media per famiglia mutuataria. Questa
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Derivanti dall’indagine campionaria ISTAT su 21.499 famiglie denominata “Reddito e condizioni di vita”.
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spesa va spalmata sul complesso delle famiglie italiane, tra le quali circa il 12% è
indebitato per acquisto di immobili. Si arriva perciò a quasi 23 euro di spesa media
mensile per interessi sul mutuo.
Tabella 3 - Come cambia la ponderazione dei prezzi al consumo *
(valori %; 2008)
Capitoli
Alimentari e bevande analcoliche
Bevande alcoliche e tabacchi
Abbigliamento e calzature
Abitazione, acqua, elettricità, combustibili
Mobili, articoli e servizi per la casa
Servizi sanitari e spese per la salute
Trasporti
Comunicazioni
Ricreazione, spettacoli, cultura
Istruzione
Servizi ricettivi e di ristorazione
Altri beni e servizi
Totale
Mutui per acquisto abitazione
Totale con mutui
Pesi ISTAT
16.9
2.9
8.6
9.4
8.6
8.0
15.2
2.6
7.5
1.0
11.1
8.1
100.0
-
Pesi con mutui
16.7
2.9
8.5
9.3
8.5
7.9
15.1
2.6
7.4
1.0
10.9
8.0
1.2
100.0
* Indice per l'intera collettività nazionale (NIC).
Fonte: elaborazioni su dati ISTAT, ABI, Banca d'Italia.
L’inclusione del capitolo mutui rende necessario riscalare i pesi dei dodici capitoli di spesa
utilizzati dall’ISTAT per il calcolo dell’inflazione, ottenuti per il 2008 e gli anni precedenti in
base all’indagine annuale sui consumi delle famiglie. Per far ciò si somma la spesa media
mensile familiare per i mutui a quella totale dei dodici capitoli che compongono l’indice dei
prezzi al consumo (per il 2008 è stimabile in 1878 euro) e si calcolano i pesi dei tredici
capitoli sulla base del totale allargato (23 più 1878, cioè 1901). Il peso del capitolo mutui
nel 2008 risulta pari all’1,2%, maggiore di quello dell’istruzione (1%) e non lontano da
quello della comunicazione (2,6%). Rispetto al paniere ISTAT si riducono in proporzione
ma poco i pesi di tutti i dodici capitoli preesistenti (tabella 3). In questo lavoro si
ricostruiscono tali pesi per ogni anno dal 19963.
Per le sole famiglie con mutuo il peso degli interessi sui prestiti per l’acquisto della casa
sale al 9,1%, maggiore di quelli di abbigliamento e calzature (7,9%) e spese per la salute
(7,3%), e la loro comprensione nel paniere ridimensiona significativamente i pesi degli altri
capitoli di spesa; per l’alimentare, per esempio, si passa dal 16,9% al 15,4%.
2. Calcolo dell’indice generale dei prezzi al consumo con i mutui
Come misura di prezzo per il capitolo di spesa mutui si considera il tasso di interesse
medio sullo stock dei mutui, per il quale è disponibile la serie mensile dal 1996, di fonte
Banca d’Italia. Non esiste invece una statistica del tasso medio di interesse calcolato per i
soli mutui a tasso e rata variabili. Il tasso medio totale sui mutui tende a sottostimare la
variabilità del tasso pagato su quel particolare tipo di mutui e di conseguenza sottostima
la misura di inflazione inclusiva dei mutui. Tale sottostima, però, è contenuta dato che i
mutui a tasso e rata variabili rappresentano i due terzi del totale dei mutui. Il tasso di
3
L’ISTAT infatti aggiorna annualmente la struttura di ponderazione dei prezzi al consumo (modificando anche
lievemente la lista di beni e servizi inclusi).
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interesse medio sui mutui viene trasformato in forma di indice per essere incluso nel
calcolo dell’indice generale dei prezzi al consumo allargato ai mutui.
Per calcolare tale indice si utilizzano le serie dei prezzi al consumo per i dodici capitoli di
spesa di fonte ISTAT (indice per l’intera collettività nazionale, NIC), per le quali sono
disponibili dati mensili dal 1996. Si ottiene l’indice generale come media ponderata degli
indici di prezzo dei risultanti tredici capitoli di spesa attribuendo a ciascuno i pesi qui
ricalcolati per ogni anno.
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