Il Risorgimento in Maremma - Archivio di Stato di Grosseto

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Il Risorgimento in Maremma - Archivio di Stato di Grosseto
ARCHIVIO DI STATO DI GROSSETO
IL RISORGIMENTO
IN MAREMMA
Fatti e personaggi
ARCHIVIO DI STATO DI GROSSETO
IL RISORGIMENTO IN MAREMMA
Fatti e personaggi
Mostra documentaria 4 dicembre 2010 -15 luglio 2011
Mostra e catalogo a cura di Fiorenza Gemini (pp.7-23) e Maddalena Corti (pp.24-40)
Ricerca: Alessandro Ferrantini, Monica Malatesta, Maria Provenziani, Roberta Sanzo
Composizione e stampa catalogo: Vincenzo Corti e Lucia Giustarini
Ringraziamenti: Cinzia Bartoli, Tommaso Gabrielli, Lucio Parigi, Giuseppina Scotti, eredi CecCecchini, Luigi Favilli della Società Cattolica di Assicurazione
In copertina: foto di un gruppo di garibaldini maremmani tra i quali è riconoscibile all’estrema destra Bernardino Cecchini, 1870 c., Collezione Parigi
Nel retro: disegno acquerellato dell’uniforme della banda della Guardia nazionale di Arcidosso,
1859, Regia Prefettura 84 (doc.24)
Le celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia sono una grande opportunità per il Paese
di ripensare a questo fondamentale momento della sua storia, ancora dibattuto e soggetto a revisionismo. E’ questa comunque un’occasione anche per gli Archivi, che hanno la possibilità di valorizzare documentazione dell’epoca, spesso sconosciuta o trascurata, in grado di dare nuova
luce a quel periodo, come quella qui presentata, interamente conservata presso l’Archivio di Stato
di Grosseto.
E’ stata così allestita la prima mostra documentaria celebrativa dell’epopea risorgimentale in
Maremma, che ci ha impegnati in una lunga ed accurata ricerca di carte, cimeli e testimonianze
sul forte movimento patriottico locale, che, anche grazie alla frequentazione di protagonisti come
Giuseppe Garibaldi, Bettino Ricasoli, Francesco Domenico Guerrazzi ed altri ancora, ha lasciato
un segno profondo nella vita politica e sociale di questa terra. Riemergono le vicende e le figure
esemplari di maremmani - molti dimenticati o, al più, relegati alla testimonianza di una lapide che ci permettono di dire che anche qui si è entrati a testa alta nella nuova nazione.
Abbiamo per questo citato più nomi possibile di quanti si sono spesi per la causa italiana. Ad
essi ed a tutti gli altri compatrioti sconosciuti dedichiamo il nostro lavoro, nella speranza che finalmente la loro memoria non ceda all’oblio e sia di esempio per le generazioni a venire .
Fiorenza Gemini
La mostra sul Risorgimento in Maremma, allestita nell’Archivio di Stato di Grosseto, è un
avvenimento di rilievo per la vita dell’Istituto e per la realtà culturale grossetana e del territorio
provinciale. Se ne sottolinea l’importanza dei contenuti ed il valore storico del patrimonio archivistico pubblico esposto, insieme ai cimeli ottocenteschi, ottimamente conservati, appartenenti a privati cittadini.
Nell’ambito dell’iniziativa, per tenere viva l’attenzione, è stata organizzata una serie di eventi periodici, come conferenze sui protagonisti locali, più noti o sconosciuti, che hanno abbracciato gli
ideali risorgimentali; presentazione di filmati inediti, percorsi guidati a gruppi di visitatori e scolaresche.
L’itinerario espositivo, di ampio respiro, abbraccia circa un cinquantennio di storia, dal 1848 agli
ultimi decenni dell’Ottocento dando vita, altresì, ad un quadro generale nazionale, cronologico e
didascalico, che facilita la comprensione e l’interpretazione di fatti, personaggi, avvenimenti, più
propriamente locali, testimoniati attraverso i documenti.
Tra i vari interessanti aspetti che offre l’esposizione emerge, in primo luogo, la larga partecipazione della popolazione alle guerre dell’indipendenza, pagata con un alto contributo di giovani
vite ed anche il coinvolgimento discreto e determinante delle donne; così come non meno importanti appaiono sia la forte adesione ai moti risorgimentali da parte del clero, che la nascita di movimenti politici, molto attivi nel capoluogo e nei più importanti centri della provincia. Da ricordare, infine, le vicende garibaldine in Maremma, con lo sbarco a Talamone e la “spedizione dei mille”, nonchè i numerosi eroi silenziosi di quella impresa leggendaria.
Maddalena Corti
LE PREMESSE DEL RISORGIMENTO IN MAREMMA
Per comprendere il movimento risorgimentale in Maremma bisogna partire dal contesto socio-economico in cui si viene ad inserire.
Negli anni ’40 dell’800 questa terra era ancora la landa desolata e infetta che inquietava da secoli i sonni di governanti e signori locali, ma qualcosa stava cambiando. Alla inerte gestione del territorio degli ultimi
Medici era seguita nel ‘700 l’illuminata politica della dinastia lorenese, che con il primo granduca Pietro Leopoldo aveva cercato
di dare un grande impulso a quella che era
unanimemente considerata una delle aree
più arretrate e spopolate d’Europa, una
Doc. 1
macchia per la civile Toscana. La istituzione della provincia autonoma da Siena, i diversi studi e progetti di bonifica, i grandi lavori pubblici
per la regimazione delle acque e la creazione ex novo di una valida rete stradale, la redistribuzione
delle terre delle istituzioni religiose soppresse avevano creato le premesse per una rinascita che,
dopo la parentesi dell’ invasione francese, fu perseguita dal figlio Ferdinando III e soprattutto dal
nipote Leopoldo II. Quest’ultimo non intraprese solo il più grande progetto di bonifica sino ad
allora concepito - oltre ad una serie di opere infrastrutturali modernissime, compreso il progetto
della ferrovia - impegnandovi sino alla fine del suo dominio una quantità enorme di risorse finanziarie e umane, ma vi investì anche capitali propri, acquistando le grandi fattorie di Alberese e Badiola, per fare sperimentazioni agronomiche d’avanguardia, introducendo già nel 1845 le prime
battitrici inglesi per trebbiare il grano, e dare così l’esempio agli altri possidenti della zona. In queste circostanze sorse nel 1847 anche l’Associazione agraria grossetana, formata da un gruppo dei
nuovi proprietari che avrebbero dovuto completare il rinnovamento delle tecniche colturali.
Così la Maremma venne invasa da una moltitudine di lavoratori, immigrati soprattutto dalle zone
interne dell’Appennino, che si alternavano nei lavori pubblici ed agricoli. Una famosissima canzone di questo periodo immortala il mito della “Maremma amara”, perché le condizioni in cui questi operai si trovavano a lavorare erano ancora in gran parte quelle dei secoli precedenti e la malaria continuava a ucciderne a bizzeffe, ma non aveva risparmiato neanche il granduca Ferdinando
III, deceduto dopo una delle ricorrenti visite di studio che usavano fare i Lorena in questa zona.
Non a caso Leopoldo II volle introdurre il chinino, che aveva dato buone prove nella cura delle
febbri malariche, sia negli ospedali che nelle farmacie e presso i medici condotti.
La popolazione stabile era dunque molto scarsa (73.500 ab. nel 1840), con aspettativa di vita breve
- non più di 20 anni, quando nel resto della Toscana era quasi il doppio- e, ovviamente, alto tasso
di mortalità. La gente era concentrata soprattutto nei centri più salubri delle colline e la città più
popolosa era Massa Marittima (7.600) assieme ai principali centri dell’Amiata, Santa Fiora, Arcidosso e Castel del Piano, tutti al di sopra dei 4.000 abitanti, così come Roccastrada e Sorano.
Grosseto, “città senza cittadini” nonostante l’elezione a capoluogo e la presenza
dell’amministrazione provinciale, non aveva che 3.000 abitanti, più o meno come nel Medioevo, e
da giugno a ottobre si riduceva a poche centinaia di persone per la fuga dal pericolo malarico di
tutti i funzionari (istituzionalizzata con la famosa “estatatura” dell’amministrazione a Scansano) e
di chiunque altro potesse permetterselo. L’unico grande centro vivo sulla costa era Orbetello
(intorno ai 6.000 ab.), grazie alla sua particolare posizione lagunare e al suo passato di capitale
dello stato dei Presidi.
I pochissimi viaggiatori stranieri che si avventuravano in Maremma in questi anni per le prime
ricerche di archeologia etrusca, ne hanno descritto il fascino ancora misterioso e selvaggio, il paesaggio dominato dagli animali e la caccia come unico grande svago signorile. Un territorio in cui
sopravviveva anche il fenomeno del brigantaggio, endemico in particolare nelle zone di confine
con lo Stato pontificio.
Ciò nonostante il progresso arrivava lentamente anche sul piano culturale ed economico. Pur in
presenza di un tasso di analfabetismo altissimo, vi era già nei centri più importanti, come nel resto
della Toscana, una rete di scuole comunali e religiose (vedi tabella del 1840), che sarà riorganizzata da una importante legge nel 1852. In compenso alle ragazze, secondo un’inveterata tradizione,
era pressoché impossibile imparare a scrivere: veniva insegnata loro la sola lettura ed i lavori femminili, oltre alle buone maniere. Per finire a quei pochi giovani che desideravano proseguire gli
studi superiori al liceo o all’Università non restava che trasferirsi a Siena o Pisa .
Le attività industriali non mancavano del tutto. Nuovo impulso da strade e bonifiche aveva avuto
la secolare attività mineraria, specie sulle Colline metallifere, grazie anche all’arrivo di imprenditori stranieri come Louis Porte in epoca napoleonica e successivamente Francois Jaques de Larderel e Francesco Pitiot, e a Follonica, dove non esisteva quasi nulla (vedi doc.2) tranne un buon
collegamento alle miniere dell’Elba, il granduca decise di creare negli anni ’30 un modernissimo
stabilimento siderurgico presto diventato il primo d’Italia e uno dei primi d’Europa- attorno al
quale crebbe dal nulla, nel giro di pochi anni, quella che è oggi la seconda città della Maremma.
Altri due minori centri siderurgici erano quello antico di Valpiana, presso Massa, ed uno più moderno a Pescia di Capalbio, destinati però a soccombere nel giro di pochi anni.
Per concludere, le condizioni per il progresso erano già poste ed anche il grande fermento politico
risorgimentale nasce da queste premesse.
L’ADESIONE MAREMMANA AL RISORGIMENTO
1848-1860
Nei principali centri maremmani, i primi paladini della causa italiana si può dire che furono intellettuali, come
l’ingegner Giovanni Morandini e i fratelli Annibale e Riccardo Lapini (fondatori della Giovine Italia a Massa Marittima), ed ecclesiastici, come i grossetani Giovanni Chelli e
Federico Riccioli. Se nei primi è più logico l’entusiasmo
per un rivolgimento politico, è meno facile comprendere
l’adesione dei secondi, se non in quanto si trattava sempre di appartenenti al ceto dei possidenti acculturati. Il clero di campagna, infatti, resterà sino all’ultimo strenuo difensore dell’ordine preesistente.
Più difficile ancora è capire il coinvolgimento dei proprietari terrieri, gente che doveva le sue fortune proprio agli
Doc. 9
ultimi granduchi, alla loro politica di spartizione delle proprietà ecclesiastiche e ai grandiosi investimenti in infrastrutture e bonifiche. Ma è proprio su queste ultime che si riversò lo scontento di
costoro, quando si resero conto che i lavori pesavano inevitabilmente anche sulle loro spalle, senza che se ne vedessero vantaggi sull’immediato. Un altro motivo di rottura con Leopoldo II era
stata l’interruzione del progetto ferroviario dopo che erano state scoperte eccessive speculazioni
intorno ad esso. L’idea di un’Italia unita fece breccia in questo ambiente grazie anche a Bettino
Ricasoli, una delle figure chiave del Risorgimento, che, dopo un periodo di collaborazione, sfidò il
granduca non solo sul piano politico, ma anche su quello agronomico proprio in questa zona, acquistando la fattoria di Barbanella a Grosseto, dove sperimentò le prime macchine agricole e la
mezzadria, con grande impatto sugli altri latifondisti maremmani.
Alle spalle di questi uomini di punta ci sono reti di famiglie, amicizie e varie realtà associative tradizionali, come le confraternite, molto radicate in Maremma, a cominciare dalla Misericordia, ma
anche le prime Società di mutuo soccorso, sorte non a caso a Massa Marittima, terra di minatori e
primo centro maremmano dal Medioevo sino alla metà dell’800. Inoltre va considerato che
l’ambiente costiero, per quanto ancora lontano dal risanamento, era stato molto avvantaggiato proprio dalla rete stradale creata dai Lorena, che permetteva ormai un agevole scambio di contatti e
comunicazioni con i principali centri della Toscana.
Tutti questi sono i presupposti delle fervide attività che ritroviamo nella cronologia del Risorgimento maremmano, le centinaia di volontari partiti per le guerre d’indipendenza, le tante manifestazioni di piazza, i numerosi patrioti incarcerati e perseguitati, i salotti sovversivi in casa di ecclesiastici e funzionari e persino nelle farmacie, i piccoli partiti a base locale -come quello demagogico di Arcidosso probabilmente solo una copertura dei mazziniani- e le sezioni di grandi organizzazioni politiche, come la Società nazionale, che si diffuse capillarmente in tutti i principali centri
della provincia. Per non parlare del coinvolgimento di quasi tutta la popolazione nelle donazioni
per aiutare i volontari, le loro famiglie ed in generale gli eserciti combattenti per la causa nazionale.
Ovviamente la figura carismatica di Garibaldi, vero eroe della Patria, è quella che attira più entusiasmo e devozione, tanto più per la sua frequentazione della Maremma in due circostanze cruciali,
nel’49 la fuga della salvezza da Calamartina, dopo la caduta della Repubblica romana, e nel ’60
la tappa a Talamone con i Mille sui due piroscafi partiti da Quarto per andare a liberare il Regno
delle Due Sicilie. Un legame speciale qui testimoniato dalle lettere agli amici massetani ma soprattutto dai tanti cimeli legati alla sua epopea, di cui è ancora ricca la Maremma e di cui presentiamo alcuni esempi.
DOPO IL 1861
Che cosa rimane del grande moto risorgimentale dopo l’Unità? Molto se si guarda l’attivismo che
continua a caratterizzare i principali centri maremmani, incarnato da personaggi come il dottor
Apolloni a Massa Marittima, il canonico Riccioli a Grosseto, Niccola Guerrazzi a Follonica o la
famiglia Raveggi a Orbetello. Ad opera loro e di altri reduci delle guerre d’indipendenza si formano comitati per rispondere agli appelli di Garibaldi per liberare Roma e Venezia, nascono società
di mutuo soccorso e persino logge massoniche, in cui garibaldini e patrioti vecchi e nuovi continuano, quasi clandestinamente, a coltivare i loro ideali di fraternità e laicità. Ne sono testimoni
anche la forte adesione alla Società dei carabinieri volontari e alla Guardia nazionale, gli arruolamenti numerosi per la terza guerra d’indipendenza e la colonna maremmana di Guerrazzi e Apol-
loni, che va a tentare la sfortunata avventura di liberare Roma nel 1867. Sono concepiti
nell’ambito di questa area politica, detta genericamente democratica, anche la maggior parte dei
giornali che nascono in Maremma nei primi anni dopo l’Unità : Il Popolano e L’Invariabile di Arcidosso, L’Eco del collegio di Scansano, La Maremma di Follonica-Massa Marittima ed i grossetani La Risveglia, La Palestra maremmana e L’Aurora mentre l’area moderata avrebbe trovato espressione solo nell’Ombrone di Grosseto. In sostanza la sinistra del movimento patriottico mantenne a lungo le sue posizioni radicali, con una certa dose di ribellismo. Molti anni dopo, lo stesso
fascismo avrebbe faticato ad imporsi in queste zone. Eppure l’unico deputato che seppe esprimere
questa importante parte politica fu Giovanni Morandini, patriota emerito e repubblicano convinto,
ma anche uomo di grande onestà e acume, che per questo ottenne sempre il pieno appoggio a
Massa Marittima e Grosseto e fu molto attivo e stimato in Parlamento tanto da essere nominato
infine senatore dal re, a cui allora spettava tale nomina vitalizia.
Nel resto della provincia prevalse
l’anima moderata del Risorgimento,
capeggiata da molti degli intellettuali e
possidenti che avevano animato e finanziato il movimento unitario e che,
più pragmaticamente, dopo l’Unità
guardarono alla politica nazionale per
risolvere i problemi locali. Fu così che
dalle prime urne uscirono nomi di
grandi proprietari, anche se non proprio
di origine locale, come Vincenzo Ricasoli a Grosseto ed il duca Lorenzo
Sforza Cesarini ad Arcidosso. Grazie
Doc. 21
ad essi ed a Bettino Ricasoli, primo
ministro dopo la morte di Cavour, la provincia ottenne alcune gratificazioni, come la realizzazione
della agognata ferrovia e la strada di Castiglione-Macchiascandona, ma in seguito poco altro. Negli anni successivi sarebbero stati votati anche personaggi di fama nazionale, come Francesco D.
Guerrazzi, nella speranza di riportare attenzione sulla Maremma, ma in generale si continuarono a
preferire le candidature di notabili locali. C’è da dire anche che la partecipazione alle elezioni era
scarsa in Maremma (inferiore al 50% degli aventi diritto), come nel resto d’Italia peraltro, e per le
classi agiate era semplice imporre i propri candidati. Poiché potevano votare allora solo i maschi
adulti e alfabetizzati, che pagavano le tasse, alla resa dei conti gli elettori si riducevano a poco più
del 2% della popolazione. Molti inoltre non comprendevano ancora il valore del voto, i repubblicani convinti disertavano le urne e anche la Chiesa contribuiva a mettere in difficoltà i cittadini,
specie nei centri rurali, con minacce di scomunica a chi sosteneva un governo ostile al papa.
Il secondo Ottocento maremmano sarebbe stato comunque un’epoca molto complessa, in cui da un
lato si sarebbero visti gli ultimi bagliori del banditismo, che senza arrivare ai livelli di quello meridionale, diede parecchio filo da torcere alle forze dell’ordine e inquietudine alla popolazione, e
dall’altro lato sarebbe apparso un movimento singolare come quello giurisdavidico di David Lazzaretti, forse persino più pericoloso per la società dell’epoca, con le sue teorie ascetiche ed egualitarie. Ancora oscillante tra un passato destinato a scomparire ed un futuro proiettato verso
l’utopia, la Maremma resterà ancora a lungo un caso a parte in Italia ed una vera terra di frontiera.
LA MAREMMA NELLA SECONDA METÀ DELL’800
Nel 1860 c’erano grandi aspettative in Maremma, almeno quante le energie e le vite che erano
state sacrificate alla Patria, ma si può dire che in parte andarono deluse. I fondamentali problemi
del territorio, quello della bonifica e quello connesso della malaria furono a lungo trattati con superficialità. Indubbiamente lo Stato nascente aveva troppe difficoltà da affrontare, a cominciare
da quella incompiutezza (di Veneto e Lazio) che richiedeva altre guerre per essere risolta. La Maremma, che era stata al centro dell’attenzione degli ultimi granduchi, si ritrovò quasi a mani vuote.
Ė vero che furono ripresi tentativi di prosciugare delle aree paludose negli anni ’70, ma con scarsissimi risultati. Il solo grande balzo in avanti fu l’arrivo delle ferrovie, quella litoranea, collegata a
Livorno, nel 1864 e quella interna, collegata a Siena, nel 1872.
Per il resto, con l’interruzione
delle bonifiche, la palude riprendeva terreno e la malaria continuava a bloccare molte attività.
Proprio le Ferrovie commissionarono, pochi anni dopo
l’inaugurazione della linea interna, la prima indagine sulla malattia per capire le ragioni dell’alto
tasso di morbilità e mortalità dei
dipendenti. Si scoprì così che le
febbri imperversavano anche al
di fuori delle zone paludose e
Doc. 3
colpivano soprattutto gli uomini
in età lavorativa, con una mortalità non molto elevata, ma una gravissima incidenza sociale a tutti
i livelli. La tradizionale “estatatura” per sfuggire il morbo continuò fin quasi alla fine del secolo.
Negli anni ’80 i ricercatori iniziarono a intuire il vero vettore della malaria, la zanzara anofele, ma
per avere le prime cure gratuite a base di chinino si sarebbe dovuto attendere gli inizi del ’900. Ė
un dato di fatto che sino ad allora l’incremento demografico della Maremma rimase modesto, a
differenza del generale trend europeo e la densità della popolazione è ancora oggi la più bassa della Toscana. Gli abitanti della provincia erano 102.000 nel 1861 e 119.000 nel 1889. Solo Grosseto
aveva già fatto dei passi in avanti al momento dell’Unità, superando i 4.000 abitanti ed avrebbe
continuato, grazie alle sue funzioni amministrative, alla ferrovia e alle prime industrie,
l’irresistibile ascesa ai danni dei centri interni. Inizia quindi anche il processo di espansione urbanistica al di fuori dalle mura, non solo nel capoluogo, dove è più vistoso, ma quasi ovunque, alla
ricerca di case più comode e moderne. Aumentano sobborghi e frazioni.
I progressi comunque non mancarono su vari fronti, pur in presenza di una congiuntura nazionale e
internazionale sfavorevole. Il settore agricolo - nonostante l’inasprimento fiscale del nuovo governo e il perdurare di molte delle carenze strutturali preunitarie- fu forse quello in cui iniziò la più
radicale trasformazione, grazie anche alla presenza di uomini come Bettino Ricasoli - figura fondamentale di politico quanto di imprenditore agricolo- ed il fratello Vincenzo, che nelle loro fattorie di Barbanella e Gorarella avviarono rivoluzionari processi di meccanizzazione e appoderamento dei latifondi, che avrebbero fatto della Maremma, nel tempo un territorio all’avanguardia indu-
striale. Grazie alla loro influenza nasceva, dopo la metà del secolo, anche l’officina meccanicoagraria Cosimini di Grosseto per la produzione e riparazione di macchine agricole -adatte soprattutto alla grande coltura cerealicola, a cui era vocato il territorio - presto seguita da un’altra ditta
analoga, la Nesti e Magni. Sorsero altre manifatture connesse alle attività agro-forestali, come
moderni mulini, frantoi ed oleifici e lo stabilimento laniero Marcheselli e Guarducci di Arcidosso,
mentre sopravviveva una vasta rete di tessitura casalinga di lino, canapa e lana. Come a domicilio
era ancora la tradizionale lavorazione di cordami dell’Argentario, destinata a scomparire negli anni
’80 con la chiusura della tonnara demaniale di S.Stefano, dove invece nasceva nello stesso periodo una fabbrica di sardine e conserve in scatola.
Iniziavano così ad apparire le prime industrie manifatturiere al di fuori di Follonica; lo stabilimento siderurgico, abbandonato dallo Stato agli affittuari, entrò dopo l’Unità in una lenta ma irreversibile crisi, mentre il centro abitato diveniva, anche grazie alla posizione sulle grandi vie di
transito e al porto, una città, la prima in Maremma a nascere attorno ad una fabbrica e la prima della provincia che si sarebbe riconvertita al turismo. Tutti gli altri più piccoli centri siderurgici chiusero nel giro di pochi anni. Le attività minerarie attiravano ancora interesse con la scoperta di nuovi filoni; lignite a Tatti, rame a Boccheggiano, mercurio sull’Amiata, pirite a Gavorrano, ma in
generale questo tipo di attività mancava di competitività sul piano internazionale. Gli investitori
stranieri non erano incoraggiati, mentre i capitali toscani andavano di preferenza ad investimenti
con basso tasso di rischio, quali le costruzioni ferroviarie e l’edilizia. Nell’insieme quindi in
quest’epoca, i lavoratori dell’industria erano ancora una percentuale minima della popolazione,
superati appena dai commercianti, e l’agricoltura restava l’attività prevalente.
Proprio per questo, una delle prime misure in campo pedagogico dopo l’Unità fu l’istituzione di
una cattedra ambulante di agricoltura, che doveva funzionare anche come consulenza per gli agricoltori della provincia. Fu inoltre fatta una campagna a tappeto per far conoscere le nuove monete
e le nuove misure. Per il resto, con un analfabetismo che superava il 75%, all’educazione permanente provvedevano più che altro le poche Società operaie di mutuo soccorso, come quella di Massa Marittima, che ebbe in Garibaldi il suo nume tutelare. Le scuole di base invece ricevettero nuovo impulso dalla legge Casati (1859) con cui si portava l’obbligo scolastico ad 8 anni. Solo ai primi del ’900 sarebbe stato portato a 12. Subito dopo l’Unità si ha notizia della presenza a Grosseto
ed Orbetello di due asili frequentati da almeno 200 bambini. Si diffondevano ancora di più le scuole comunali e nacquero nel capoluogo e a Massa Marittima, due ginnasi pubblici mentre nel centro lagunare ne venne istituito uno privato. Negli anni ’80 si aggiunsero le scuole tecniche e le magistrali, che venivano chiamate “normali”.
Un indubbio segno di vivacità culturale è anche la nascita, intorno a questo periodo, di nuovi teatri
a Monterotondo Marittimo, Roccastrada, Campagnatico, Castel del Piano, Scansano, Orbetello,
mentre vennero ristrutturati quelli già esistenti a Grosseto, Arcidosso e Pitigliano e alla fine del
secolo quello di Massa Marittima. Gli spettacoli di compagnie operistiche, filarmoniche o filodrammatiche, itineranti e locali, attiravano sempre più spettatori anche nei piccoli centri ed erano
un potente mezzo di informazione e acculturazione.
Si può concludere che, per quanto i presupposti per il cambiamento fossero già in gran parte presenti, la Maremma avrebbe dovuto attendere la prima metà del ’900, dopo il completamento delle
bonifiche e la sconfitta della malaria, per entrare davvero nella fase moderna della sua storia, in cui
il mito del passato maledetto rivivrà ancora fra sentimento nostalgico e attrazione turistica.
CRONOLOGIA DEI PRINCIPALI AVVENIMENTI IN TOSCANA
E NELLA PROVINCIA DI GROSSETO DAL 1816 AL 1872
1816 - 1817
Si organizzano le prime sette segrete in varie parti d’Italia per combattere i nuovi regimi in nome
della libertà. La società segreta dei Carbonari emerge tra le altre, con i primi tentativi di ribellione
a Macerata contro il governo pontificio.
1824
Leopoldo II succede al padre Ferdinando III alla guida del Granducato di Toscana.
1831
Moti rivoluzionari carbonari a Modena, repressi dal duca Francesco IV d’Este, che condanna a
morte il capofila Ciro Menotti. Altre insurrezioni a Parma e in Romagna.
Si forma a Bologna un governo liberale e si apre un Parlamento che dichiara la fine del potere
temporale della Chiesa. Tra i deputati Giacomo Leopardi. L’intervento militare austriaco sconfigge a Rimini l’esercito liberale guidato dal generale Carlo Zucchi. Bologna è occupata.
Giuseppe Mazzini fonda a Marsiglia la Giovine Italia.
1845
I fratelli Riccardo e Annibale Lapini, studenti a Firenze, fondano con l’ingegner Giovanni Morandini, la Giovine Italia a Massa Marittima.
1846
Il Morandini viene arrestato a Venezia solo per aver fatto visita alla madre dei fratelli Bandiera
condannati a morte nel 1844 dal re di Napoli per insurrezione. Del suo caso parlerà tutta la stampa,
anche estera, su iniziativa di Mazzini.
1847
Iniziano a Massa Marittima manifestazioni patriottiche e cresce l’adesione al movimento mazziniano.
5 marzo. A Firenze vengono arrestati Riccardo Lapini e il concittadino Alberto Iderci, sorpresi ad
affiggere di notte manifesti di propaganda politica.
4 settembre. Leopoldo II concede la libertà di stampa e altre riforme. Viene inoltre istituita la
Guardia civica.
1848
6 gennaio. Scoppia a Livorno un’insurrezione popolare guidata da Enrico Bertelloni e ispirata dal
patriota scrittore Francesco Domenico Guerrazzi. Il governatore lascia precipitosamente la città,
mentre si costituisce una giunta provvisoria con a capo Guerrazzi.
17 febbraio. Leopoldo II promulga la Costituzione.
24 febbraio. Ferdinando II di Borbone e i principi reali firmano a Napoli la Costituzione.
4 marzo. Carlo Alberto firma lo Statuto. La nuova legge elettorale stabilisce che per essere elettori bisogna avere 25 anni di età, saper leggere e scrivere e pagare almeno 40 lire di imposte annue.
18 marzo. Ribellione delle Cinque giornate di Milano e movimenti di truppe austriache nel Nord
Italia. Seguono arruolamenti in tutto il Paese per combattere l’Austria a fianco delle truppe piemontesi di Carlo Alberto. Inizia la Prima guerra di indipendenza.
21 marzo. Dopo la creazione di un nuovo governo a Milano, i sovrani italiani , tra cui Leopoldo
II, preoccupati dal dilagare dell’insurrezione, decidono di inviare delle truppe regolari, accompagnate da numerose colonne di volontari, in aiuto dei piemontesi contro gli austriaci. Il granduca
sostituisce anche la bandiera lorenese con il tricolore italiano, sovrapponendo lo stemma granducale, e aderisce personalmente al prestito di guerra.
Il corpo di volontari toscani è costituito essenzialmente da studenti delle università di Pisa e Siena
e della Scuola di studi superiori di Firenze, guidati dai professori. Dei volontari fanno parte anche
diversi massetani, fra cui: Bernardino Agostini, il farmacista Giuseppe Chiavacci, Aristodemo Fabiani, Francesco Giobbi, Isidoro Grassini, il dottor Annibale Lapini e il fratello Riccardo, Stefano
Manghessi, Bernardino Martini, Luigi Mencacci, l’ingegner Giovanni Morandini, Giuseppe Piccioli e Amadio Zanaboni.
23 marzo. Donazione di 560 lire del magistrato comunitativo di Grosseto per pagare le spese di
viaggio dei giovani in partenza per la guerra.
8 aprile. Sottoscrizione per la raccolta di 1.000 lire da inviare per i soccorsi ai volontari toscani,
promossa dal gonfaloniere (sindaco) di Grosseto.
29 aprile. Papa Pio IX si mostra contrario alla guerra causando non poche preoccupazioni anche
nella popolazione della Maremma. Manifestazioni avverse alla posizione papale sono guidate anche da uomini di chiesa quali Giovanni Chelli e Federico Riccioli.
Maggio. Si riunisce a Grosseto il comitato provvisorio per l’elezione del rappresentante al I Parlamento in virtù dello Statuto da poco approvato. La popolazione intanto attende con trepidazione
notizie dal fronte. Il ritardo con cui queste vengono però comunicate spinge buona parte della popolazione a protestare contro il prefetto Arganini, arrivando a scrivere al granduca per chiederne la
rimozione. Il granduca esaudirà le richieste inviando un nuovo prefetto per il compartimento.
29 maggio. Da Mantova gli austriaci tentano di cogliere alle spalle i piemontesi, che dal 13 aprile
stringono d’assedio Peschiera. A Curtatone e a Montanara il corpo di volontari toscani e napoletani, sebbene male addestrati ed equipaggiati, si batte coraggiosamente per un giorno intero contro
le truppe austriache nettamente superiori e, pur sconfitto, permette ai piemontesi di vincere a Goito.
Fra i 300 caduti anche tre massetani – Giuseppe Amidei, Giuseppe Fusi, e Pietro Sarcoli, – Ottavio
Pizzetti di Grosseto ed Enrico Lazzeretti, di Montepescali. Giovanni Morandini, col prof. Giuseppe Montanelli e molti altri superstiti toscani, viene incarcerato presso Innsbruck.
7 giugno. Presso la cattedrale di Grosseto si svolgono i solenni funerali per i caduti di Curtatone e
Montanara celebrati dal vescovo Mensini. A questi partecipano tutte le più alte cariche cittadine e
una grande parte della popolazione.
16 giugno. Viene eletto come rappresentante del compartimento di Grosseto al I Parlamento il cavalier Domenico Pizzetti.
9 agosto. Dopo la sconfitta di Custoza inizia il ripiegamento dei piemontesi, sancito dall’armistizio
di Salasco che li costringe ad abbandonare Veneto e Lombardia.
18 marzo. Ribellione delle Cinque giornate di Milano e movimenti di truppe austriache nel Nord
Italia. Seguono arruolamenti in tutto il Paese per combattere l’Austria a fianco delle truppe piemontesi di Carlo Alberto. Inizia la Prima guerra di indipendenza.
21 marzo. Dopo la creazione di un nuovo governo a Milano, i sovrani italiani , tra cui Leopoldo
II, preoccupati dal dilagare dell’insurrezione, decidono di inviare delle truppe regolari, accompagnate da numerose colonne di volontari, in aiuto dei piemontesi contro gli austriaci. Il granduca
sostituisce anche la bandiera lorenese con il tricolore italiano, sovrapponendo lo stemma granducale, e aderisce personalmente al prestito di guerra.
Il corpo di volontari toscani è costituito essenzialmente da studenti delle università di Pisa e Siena
e della Scuola di studi superiori di Firenze, guidati dai professori. Dei volontari fanno parte anche
diversi massetani, fra cui: Bernardino Agostini, il farmacista Giuseppe Chiavacci, Aristodemo Fabiani, Francesco Giobbi, Isidoro Grassini, il dottor Annibale Lapini e il fratello Riccardo, Stefano
Manghessi, Bernardino Martini, Luigi Mencacci, l’ingegner Giovanni Morandini, Giuseppe Piccioli e Amadio Zanaboni.
23 marzo. Donazione di 560 lire del magistrato comunitativo di Grosseto per pagare le spese di
viaggio dei giovani in partenza per la guerra.
8 aprile. Sottoscrizione per la raccolta di 1.000 lire da inviare per i soccorsi ai volontari toscani,
promossa dal gonfaloniere (sindaco) di Grosseto.
29 aprile. Papa Pio IX si mostra contrario alla guerra causando non poche preoccupazioni anche
nella popolazione della Maremma. Manifestazioni avverse alla posizione papale sono guidate anche da uomini di chiesa quali Giovanni Chelli e Federico Riccioli.
Maggio. Si riunisce a Grosseto il comitato provvisorio per l’elezione del rappresentante al I Parlamento in virtù dello Statuto da poco approvato. La popolazione intanto attende con trepidazione
notizie dal fronte. Il ritardo con cui queste vengono però comunicate spinge buona parte della popolazione a protestare contro il prefetto Arganini, arrivando a scrivere al granduca per chiederne la
rimozione. Il granduca esaudirà le richieste inviando un nuovo prefetto per il compartimento.
29 maggio. Da Mantova gli austriaci tentano di cogliere alle spalle i piemontesi, che dal 13 aprile
stringono d’assedio Peschiera. A Curtatone e a Montanara il corpo di volontari toscani e napoletani, sebbene male addestrati ed equipaggiati, si batte coraggiosamente per un giorno intero contro
le truppe austriache nettamente superiori e, pur sconfitto, permette ai piemontesi di vincere a Goito.
Fra i 300 caduti anche tre massetani – Giuseppe Amidei, Giuseppe Fusi, e Pietro Sarcoli, – Ottavio
Pizzetti di Grosseto ed Enrico Lazzeretti, di Montepescali. Giovanni Morandini, col prof. Giuseppe Montanelli e molti altri superstiti toscani, viene incarcerato presso Innsbruck.
7 giugno. Presso la cattedrale di Grosseto si svolgono i solenni funerali per i caduti di Curtatone e
Montanara celebrati dal vescovo Mensini. A questi partecipano tutte le più alte cariche cittadine e
una grande parte della popolazione.
16 giugno. Viene eletto come rappresentante del compartimento di Grosseto al I Parlamento il cavalier Domenico Pizzetti.
9 agosto. Dopo la sconfitta di Custoza inizia il ripiegamento dei piemontesi, sancito dall’armistizio
di Salasco che li costringe ad abbandonare Veneto e Lombardia.
La popolazione maremmana apprende questa notizia con sommo dolore. Visto inoltre il fallimento
della guerra, è sempre più diffuso il messaggio mazziniano per un’Italia democratica.
16-19 novembre. Si tengono a Grosseto le adunanze per la nomina del deputato al Consiglio generale. Il nome che otterrà più consensi è nuovamente quello del Pizzetti.
12 dicembre. A Roma, dopo mesi di tumulti, Garibaldi entra alla testa dei suoi volontari. Qualche
giorno più tardi i rivoluzionari romani nominano una Suprema Giunta di Stato che, assieme al
Consiglio dei ministri, indice l’elezione dell’Assemblea nazionale.
1849
A Grosseto prevalgono politicamente i monarco-costituzionali. Nel territorio di Massa Marittima
si assiste invece a dimostrazioni antigovernative, dove è presente una forte componente repubblicana. Ad Arcidosso infine è segnalato il Partito demagogico di ispirazione mazziniana animato dal
dottor Isidoro Ferrini.
8 febbraio. Il granduca Leopoldo II si rifugia nella sua tenuta di Alberese, dopo essere fuggito da
Firenze prima e da Siena poi, in seguito alle agitazioni popolari scoppiate con la proclamazione
della repubblica a Roma.
20 febbraio. Il granduca, nel frattempo trasferitosi a Santo Stefano, in seguito al crescere del malcontento nei suoi confronti, decide di lasciare la Maremma per riparare a Gaeta con la famiglia e
l’intero corpo diplomatico, accompagnato da navi inglesi.
21 febbraio. Vengono organizzate in Grosseto solenni celebrazioni per la proclamazione della repubblica; vengono abbattute le vecchie insegne granducali, cantato il “Te Deum” e piantati due
alberi, uno in piazza del mercato e l’altro in piazza San Francesco.
12 aprile. A Firenze, dopo venti giorni di assoluto potere esecutivo affidato a Francesco Domenico Guerrazzi, il municipio e la Commissione provvisoria annunciano di avere assunto il potere
per tutta la Toscana allo scopo di restaurare la monarchia costituzionale e di risparmiare al Paese
un’occupazione straniera. Dopo duri scontri il granduca viene richiamato.
A Grosseto il Municipio assume il governo della città e della provincia finché la situazione non si
tranquillizza. I giorni che seguono la restaurazione granducale sono sconvolti da frequenti e spesso
violente manifestazioni di gruppi di contadini, da sempre a favore del vecchio sovrano.
17 aprile. La comunità di Grosseto aderisce al ristabilimento della monarchia costituzionale. Dopo
la restaurazione vengono puniti pochi grossetani ma fra questi spiccano i nomi del canonico Chelli, condannato all’esilio, e di don Riccioli, confinato in un convento di Massa Marittima. Essi faranno presto ritorno.
5 maggio. Le truppe austriache intervengono in Toscana per garantire il potere al granduca. Solo
a Livorno i patrioti tentano di respingere gli austriaci, ma vengono sopraffatti dalle loro forze preponderanti. Muore negli scontri per difendere la città il sergente Carlo Giuseppe Movizzo di Orbetello.
30 giugno-3 luglio. Dopo combattimenti che si protraevano da mesi, i francesi sferrano un attacco
generale e, malgrado l’eroica resistenza, i difensori della Repubblica romana sono sconfitti. Il governo costretto ad abbandonare la città, promulga solennemente in Campidoglio, in segno di protesta, la Costituzione repubblicana. Garibaldi e gli altri patrioti coinvolti sono costretti alla fuga.
28 luglio. Il granduca Leopoldo II rientra a Firenze e forma un gabinetto costituito da reazionari
e moderati di destra.
2-4 settembre. Garibaldi ed il maggiore Leggero Coglinoli, provenienti da Prato dopo il lungo
peregrinare in cui è morta Anita, la moglie dell’eroe, con l’aiuto dei fratelli Lapini ed altri massetani, vengono ospitati presso Scarlino per un breve soggiorno nella casa di Angelo Guelfi, rifugio
sicuro anche per altri profughi italiani e stranieri. Partiranno da Cala Martina con la barca di Paolo Azzarini che, dopo una breve sosta all’Isola d’Elba, li sbarcherà a Porto Venere in Liguria.
1850
19 marzo. A Prata cinque giovani proletari (Demetrio Petri, Francesco Bernacci, Pietro Paolotti,
Giuseppe Calzolari, tutti locali tranne il roccastradino Giovanni Granelli) innalzano l’albero della
libertà con un manifesto repubblicano contro il granduca. Saranno condannati a diversi anni di reclusione.
1852
20 febbraio. Il granduca Leopoldo II emana la legge sugli Archivi con cui viene istituita a Firenze
una Direzione centrale degli Archivi dello Stato. Ė inoltre nominata una commissione, con a capo
Francesco Bonaini, per riunire e regolamentare gli istituti archivistici. Si tratta del primo provvedimento del genere in Italia.
30 giugno. Leopoldo II emana la prima legge con cui viene organicamente regolata l’istruzione
nel Granducato. Sono istituite scuole pubbliche e private divise in minori, secondarie e maggiori.
Vengono inoltre stabilite le materie e gli insegnamenti. Ogni paese dovrà avere almeno una scuola
minore (elementari), mentre secondarie e maggiori varieranno a seconda degli abitanti. I maestri
dovranno avere un diploma per l’insegnamento e il loro operato sarà soggetto alla verifica degli
ispettori ministeriali. Ė infine istituito un sistema di borse di studio per famiglie povere o numerose.
5 novembre. Dura repressione a Mantova di una rete insurrezionale che sfocerà in 10 condanne a
morte dei cosiddetti martiri di Belfiore.
Commemorazione di questi patrioti a Grosseto sotto gli occhi dello stesso granduca.
1853-54
A Massa Marittima Riccardo Lapini e Stefano Manghessi preparano i giovani al tentativo insurrezionale mazziniano che abortisce a Milano.
Poi vi è un periodo di stasi del movimento politico in coincidenza con la scarsità di raccolti e
l’infuriare del colera.
1855.
Ferdinando Ciabatti, già imprigionato per propaganda repubblicana, diviene coordinatore dei comitati antigovernativi in Maremma.
In casa del canonico Chelli, a Grosseto, con l’acquiescenza del vescovo Gian Domenico Mensini,
che aveva benedetto i volontari del 1848, cominciano le riunioni dei maggiori esponenti locali del
movimento patriottico, a cui partecipano, tra gli altri, Giusepe Dolfi (uno dei capi della Giovine
Italia toscana) e il barone Bettino Ricasoli, gonfaloniere di Firenze, che acquista nel 1855 la fattoria di Barbanella. Altro ritrovo di sovversivi è la farmacia Belli.
A Massa Marittima invece gli avversari del governo si riuniscono nella farmacia del dottor Bernardino Brandelli, volontario del ’49; ammonizioni del prefetto per attività sovversiva arrivano a Riccardo Lapini e al farmacista Giuseppe Chiavacci. A Follonica un altro salotto patriottico, attivo
anche negli anni ’60, è a casa di Niccola Guerrazzi, cugino di Francesco Domenico.
1857
28 giugno. Fallimento di un moto mazziniano a Livorno.
1 agosto. Giuseppe La Farina, Daniele Manin e Giorgio Pallavicino fondano a Torino la Società
nazionale che si prefigge come programma l’Unità dell’Italia sotto la monarchia dei Savoia col
motto “Italia e Vittorio Emanuele”. Garibaldi, Nino Bixio, Enrico Cosenz e altri democratici aderiscono all’iniziativa.
In Maremma la Società nazionale viene rappresentata a Massa Marittima da Giovanni Morandini,
a Grosseto dai possidenti Pietro Tognetti e Domenico Tonarelli, a Roccastrada da Raffaele Calistri, ad Arcidosso da Isidoro Ferrini (poi eletto all’assemblea nazionale), a Santa Fiora dal conte
Luigi Bulgarini, a Scansano dai dottori Gian Luigi Coneschi, Enrico Lenzi e Apollonio Apolloni, a
Orbetello dal dottor Giovan Battista Arus e Giovanni Raveggi, a Pitigliano dal dottor Giuseppe
Petruccioli, a Manciano dal dottor Federigo Rosatelli, a Campagnatico da Vitaliano Rossi, a Gavorrano da Antonio Marini.
1859
Inizi aprile. Mentre si prepara la guerra, a Grosseto il Tonarelli raccoglie a nome della Società
nazionale le adesioni di molti volontari e una mandria di 80 cavalli destinati al Piemonte, offerti
dal marchese Bartolomei a nome di diversi proprietari maremmani. Arrivano poi molti altri cavalli
offerti da Apollonio Ghio, Felice e Ippolito Andreini di Scansano, Luigi Ponticelli, Pietro Tognetti
e la famiglia Ferri.
11 aprile. Dimostrazione di piazza a Massa Marittima per inneggiare alla guerra. Eccitatori
(secondo la prefettura) i canonici Sandonà, Rossetti e Nardelli, e Domenico Morelli, Riccardo Lapini, Isidoro Grassini, Antonio Fucini, Stefano Manghessi, e altri. Vengono raccolte 2.000 lire e la
gioventù massetana si arruola in massa. Anche a Orbetello uno studente Luigi de Witt, figlio di un
medico, promuove gli arruolamenti e le nuove idee. Il primo orbetellano a partire è Ferdinando
Raveggi. Sull’Amiata e le altre zone interne la situazione è molto più calma e maggiore l’affezione
al granduca.
26 aprile. Inizia la Seconda guerra di indipendenza con l’invasione del Piemonte da parte degli
austriaci.
27-28 aprile. Firenze insorge alla notizia dello scoppio della guerra. I moderati propongono a Leopoldo II di abdicare a favore del figlio ed aderire al conflitto, ma il granduca respinge la richiesta e
preferisce abbandonare la Toscana. Si costituisce un governo provvisorio che offre a Vittorio Emanuele la dittatura della Toscana per la durata della guerra.
Arriva a Grosseto la notizia della partenza del granduca: giubilo popolare.
29 aprile. Piero Puccioni, inviato speciale del governo provvisorio, giunge a Grosseto per destituire il prefetto Cercignani. Vengono allontanati anche diversi gonfalonieri maremmani.
3 maggio. Il comune di Grosseto aderisce al Governo provvisorio al fine di aiutare il Piemonte
nella guerra. Seguono Massa Marittima, Montieri, Scansano, Pitigliano, Sorano, Santa Fiora. In
tutti i comuni, anche interni, si diffonde l’entusiasmo per il nuovo governo e la guerra e si raccolgono arruolamenti e soldi, anche per aiutare i viaggi e le famiglie dei volontari. Persino la gente di
campagna, tradizionalmente più restia al cambiamento, comincia a muoversi. A Pitigliano arrivano
per arruolarsi molti giovani dallo Stato pontificio.
7 maggio. Manifesto della Curia vescovile di Grosseto per l’adesione al nuovo Governo, emanato
dal vicario Pizzetti. Cominciano poi a partire dalla Maremma i primi volontari per la guerra salutati con i massimi onori dai cittadini e sovvenzionati dai vari enti, pubblici e privati, della città.
Si calcola che i volontari maremmani siano stati più di 2.000, 500 solo da Grosseto, Massa Marittima e Orbetello.
20 maggio. L’offensiva franco piemontese contro gli austriaci parte da Montebello e Palestro, per
spostarsi definitivamente nel Lombardo-Veneto.
30 maggio. Giunge a Grosseto la notizia della morte di un giovane grossetano, Giuseppe Becherini, in uno scontro a Vinzaglio, presso Palestro. In suo onore viene dato ad una via cittadina il nome
di quella località.
24 giugno. Battaglie di S. Martino e Solferino, con enormi perdite in entrambi i fronti.
Fra i caduti il grossetano Egisto Scapecchi (ricordato con una lapide presso la chiesa della Misericordia) ed Alceste Sani di Orbetello.
27 giugno. Viene allestita dall’Officina agricola grossetana una ambulanza per i feriti di guerra
dell’esercito toscano con i fondi raccolti dalle donne della città.
5 luglio. Con l’armistizio di Villafranca, firmato da Napoleone III, solo la Lombardia passa al Piemonte. Proteste in tutta Italia. Manifestazioni anche nella provincia, a cominciare da Massa Marittima, dove si brucia la circolare del Ricasoli (ora ministro dell’Interno), che annuncia l’armistizio.
Una parte della classe ecclesiastica, specie nell’entroterra, guida invece la reazione al nuovo governo, minacciando anche la scomunica a chi vota.
5 agosto. In seguito alle elezioni per l’Assemblea toscana sono eletti due deputati per il Compartimento di Grosseto, Vincenzo Ricasoli e Carlo Magnani, ad Arcidosso i dottori Luigi Becchini e
Isidoro Ferrini, a Orbetello il dott. Giuseppe Arus, a Pitigliano l’avvocato Bernardino Martinucci e
a Massa Marittima l’ingegner Giovanni Morandini e l’avvocato Annibale Lapini. Quasi tutti gli
eletti sono liberali tranne i democratici Morandini, Ferrini e Lapini. I votanti sono 35.000 su
68.311 aventi diritto.
20 agosto. La Deputazione Toscana dichiara decaduta la dinastia lorenese, approva all’unanimità
l’unione al Piemonte.
4 ottobre. Viene eletto vicario di Grosseto il canonico Giovanni Chelli, patriota perseguitato.
5 ottobre. L’arcivescovo di Siena revoca la nomina del Chelli e nomina al suo posto il canonico
Barabesi che, al contrario del Chelli, ha idee intransigenti e reazionarie. La popolazione grossetana
non accetta questa nomina e contro il Barabesi si organizzano manifestazioni che sfociano anche
in atti violenti. Egli deve fuggire travestito in borghese.
1860
Gennaio. Garibaldi lancia una raccolta di fondi per l’acquisto di un milione di fucili per liberare il
Sud dell’Italia. Il comune di Grosseto delibera lo stanziamento di 800 lire come concorso alla spesa dei fucili per Garibaldi. La raccolta si estende all’intera provincia con comitati che promuovono
anche feste da ballo e spettacoli teatrali di finanziamento. Fra i promotori il canonico Riccioli.
20 gennaio. Estensione alla Toscana dello Statuto del Regno sardo.
1 marzo. Il ministro Ricasoli comunica la volontà di svolgere le elezioni per l’annessione. Viene
ordinato ai gonfalonieri ed ai magistrati priori di compilare le liste degli aventi diritto al voto.
10 marzo. Viene aperta a Grosseto la Biblioteca Chelliana.
11 - 12 marzo. Plebiscito della Toscana che sancisce l’annessione del Granducato alla monarchia
costituzionale del re Vittorio Emanuele II, con 366.571 voti favorevoli e 14.925 contrari.
I risultati vedono a Grosseto 2.829 voti favorevoli all’annessione su 2834 votanti.
I lavoratori toscani, liguri ed emiliani delle bonifiche, venuti a Grosseto per votare, offrono un
contributo di 1.000 lire ed un moggio di grano per la spedizione di Garibaldi.
18 marzo. Con una grande manifestazione il popolo di Grosseto e di tutti i paesi vicini festeggia
l’esito del plebiscito.
25 marzo. In seguito alle elezioni per la nomina dei deputati del I Parlamento italiano vengono
eletti nei compartimenti di Grosseto, Arcidosso e Massa Marittima i deputati Vincenzo Ricasoli,
Lorenzo Sforza e Giovanni Morandini.
4 aprile. Inaugurazione del primo ufficio telegrafico a Grosseto.
6 maggio. Inizia la spedizione garibaldina.
Dopo l’imbarco la notte del 5 partono da Quarto i vapori Piemonte e Lombardo che portano circa
1.200 volontari confluiti a Genova dall’Italia centro-settentrionale a partire dalla fine di aprile. Garibaldi si muove contando sull’appoggio della popolazione del Regno borbonico e sui rinforzi che
potranno man mano affluire dal resto dell’Italia. Lungo la via, nelle acque di Piombino, si aggrega
ai due vapori la tartana Adelina, partita da Livorno sotto il comando del capitano Lavarello, con
Andrea Sgarallino e 76 livornesi, destinati ad un’azione diversiva nell’Italia centrale.
7 maggio. La spedizione sosta a Talamone, fortezza presso cui è possibile rifornirsi di armi e munizioni (quelle faticosamente accumulate per la spedizione erano state fermate a Milano da Massimo D’Azeglio, allora governatore della città). Spostatisi a Orbetello, i garibaldini ricevono dal comandante Giorgini tre cannoni, polvere da sparo e cartucce.
Giungono anche altre munizioni e denaro raccolti a Grosseto da un Comitato (composto da Ulisse
Adami, il possidente Pietro Tognetti, l’avvocato Giuseppe Stefanopoli, Michele Scapucci e Giuseppe Cocchi) e a Massa dal dottor Apollonio Apolloni e Stefano Manghessi. La popolazione maremmana continuerà a seguire l’impresa con entusiasmo inviando altre donazioni, organizzate anche da uomini di chiesa come il canonico Riccioli.
8 maggio. Gli uomini di Andrea Sgarallino vengono inviati a Fonteblanda in attesa di istruzioni. Il
nucleo si unirà al manipolo guidato da Callimaco Zambianchi (circa 60 fra cui molti maremmani
giunti via terra) cui Garibaldi affida il compito di effettuare una diversione entro i confini dello
Stato Pontificio. L’obiettivo, accanto all’intento di ingenerare incertezza sulla reale destinazione
delle forze di Garibaldi, è di sollevare la popolazione e minacciare da nord lo stato borbonico.
La missione fallirà ma servirà almeno a distogliere l’attenzione da Garibaldi.
9 maggio. Partenza di Garibaldi da Talamone. Breve sosta di rifornimento di carbone e viveri a
Porto Santo Stefano.
11 maggio. I Mille sbarcano a Marsala, con tardivo contrasto borbonico e amichevole accompagnamento di unità navali britanniche.
14 maggio. Proclamazione della dittatura di Garibaldi sulla Sicilia.
27 maggio. Iniziano i combattimenti nei pressi di Palermo che cederà il 6 giugno.
9 giugno. In Toscana si organizza una nuova e numerosa colonna di volontari. Partono dal Calambrone sul piroscafo Franklin, guidati da Vincenzo Malenchini, circa 1.200 volontari toscani fra i
quali altri maremmani. Essi sono inquadrati nella colonna del generale Medici (partita da Genova
sulle navi Washington e Oregon) che porterà complessivamente altri 3.000 uomini a Garibaldi.
21 giugno. L’unità, fatta sosta a Cagliari, dove approda anche il Franklin, sbarca a Trappeto di Palermo. Successivamente giungeranno, tra luglio e agosto, altri nuclei di volontari dal continente.
17 luglio. Primo scontro importante dei toscani a Corriolo. Il reparto partecipa poi anche alla sanguinosa battaglia di Milazzo.
1 ottobre. Si svolge, sul fiume Volturno, lo scontro decisivo tra l’Esercito meridionale garibaldino
ed i borbonici. I “Mille” originari si sono moltiplicati, e Garibaldi può contare ormai su circa
50.000 uomini tra elementi reclutati al sud e volontari provenienti dal resto del Paese.
Muoiono nel corso dell’impresa Gaetano Carotti e Giovanni Velasco di Orbetello, mentre a Massa
Marittima morirà in seguito per le ferite Luigi Rovini.
21 ottobre. Plebiscito per l’annessione del Regno delle due Sicilie al Regno di Sardegna.
1861
18 febbraio. Apertura a Torino del primo Parlamento italiano. Nasce, con voto unanime dei deputati, l’Italia unita. Vittorio Emanuele è proclamato, il 18 marzo, re d’Italia.
12 giugno. Bettino Ricasoli succede come primo ministro a Camillo Benso di Cavour, dopo la sua
morte. Garibaldi lancia l’appello per l’istituzione di comitati per la raccolta di fondi, volta alla liberazione di Roma e Venezia.
Si istituiscono anche a Grosseto e Massa Marittima dei comitati con questo scopo. L’ex garibaldino dottor Apollonio Apolloni è uno dei fondatori. Oltre a raccogliere fondi i comitati fanno opera
di proselitismo e preparano i giovani alle armi. Nasce anche la Società dei carabinieri volontari
mobili e molte adesioni continuano ad andare alla Guardia nazionale.
1862
Il nuovo presidente del Consiglio Urbano Rattazzi, ripetendo la tattica usata da Cavour, permette
a Garibaldi di prendere l’iniziativa di liberare Roma, usandola come pretesto per l’intervento
dell’esercito regio nel territorio pontificio. Lo scontro tra i volontari e reparti dell’esercito italiano
avviene in Aspromonte, in Calabria, e provoca alcuni morti e il ferimento di Garibaldi, che viene
arrestato e trasferito al forte di Varignano. Il Governo decreta poi lo scioglimento dei Comitati
garibaldini. Sdegno in tutta Italia.
Dimostrazioni anche in Maremma per Garibaldi e Roma libera. A Massa Marittima i militi della
Guardia nazionale oltraggiano il sindaco e finiscono agli arresti in 18. Lo stesso anno si istituisce
a Grosseto e a Massa Marittima la Società del tiro a bersaglio, raccomandata da Garibaldi per preparare i combattenti.
1864
16 maggio. Inaugurazione a Grosseto della linea ferroviaria litoranea, tratta Follonica-Orbetello,
alla presenza del principe Amedeo, duca d’Aosta.
1865
1 giugno. La capitale del Regno è trasferita da Torino a Firenze.
1866
19 giugno. Scoppia la Terza guerra di indipendenza. L’Italia si allea con la Prussia contro
l’Austria. Dopo alcune sconfitte e una vittoria di Garibaldi a Bezzecca, con la pace di Vienna del
3 ottobre l’Italia ottiene il Veneto.
Anche a questa guerra partecipa un folto contingente maremmano, quasi 100 volontari solo a
Massa Marittima e vi trovano la morte Domenico Egidi di Sorano e G.Battista Emanuelli di Monte
Argentario nella battaglia navale di Lissa.
1867 19 ottobre. Garibaldi, confinato a Caprera, sotto il controllo della Marina militare, torna clandestinamente e si ricongiunge in Toscana ai suoi volontari con l’obiettivo di entrare a Roma.
Un gruppo di circa 50 maremmani, guidati da Niccola Guerrazzi e dall’Apolloni, riuniti ad un centinaio di livornesi al comando di Jacopo Sgarallino, hanno un primo scontro con 500 soldati pontifici presso Farnese, nella provincia di Viterbo. La sanguinosa battaglia lascia sul terreno Ettore
Comparini, Natale Capannoli e Rocco Grassini di Massa Marittima, oltre a numerosi feriti. In un
altro scontro nella zona di Viterbo perde la vita anche Giovacchino Alluminati di Pitigliano.
3 novembre. Dopo la vittoria di Garibaldi sui pontifici a Monterotondo, il re preoccupato delle
possibili reazioni di Napoleone III sconfessa l’operato dei volontari. A Mentana, dove muore combattendo anche il grossetano Antonio Adami, Garibaldi viene sconfitto dalle truppe francesi, corse
in aiuto del papa, e relegato di nuovo a Caprera.
1870
20 settembre.
La
caduta di Napoleone III permette la
liberazione di Roma.
1871
Agli inizi dell’anno
avviene il trasferimento della capitale
d’Italia da Firenze a
Roma.
1872
27 maggio. Inaugurazione della ferrovia interna Asciano – Grosseto.
La prima stazione di Grosseto
Prima metà del sec.XIX
Berretto dei Lanceri della Repubblica Romana, detti “Cavalieri della morte”
Panno rosso e cuoio.
Collezione Parigi
Seconda metà del sec XIX
Berretto garibaldino
Panno rosso e cuoio
Collezione Parigi
Metà del sec.XIX
Spada donata da Giovanni Acerbi ad Ippolito Nievo, con l’incisione del motto “Italia libera dio lo vuole”.
Collezione Parigi
Seconda metà del sec.XIX
Teca contenente camicia con tre medaglie, cappello, pugnale e pistola, appartenenti al garibaldino Liberale Scotti..
Collezione Scotti
Seconda metà del sec.XIX
Scatola lignea contenente due pistole a doppia canna con il loro corredo, donate da Augusto Vecchi al generale Giuseppe Avezzana e sei medaglie d’argento e bronzo, di cui tre dedicate a Giuseppe Garibaldi, due
a Vittorio Emanuele ed una alla liberazione di Roma,
Collezione Parigi
1860
“Bicorno con fischio d’allarme- Colonna Zambianchi”
Collezione Parigi
PADULE E BONIFICA: LA MAREMMA PRIMA DELL’UNITÀ D’ITALIA
L’ambiente palustre ha caratterizzato per molti secoli la Maremma, condizionandone in maniera
determinante lo sviluppo civile, creando difficilissime condizioni di vita, crisi sanitarie e calo demografico. Le dominazioni della repubblica senese in primo luogo e poi del granducato mediceo,
improntate principalmente allo sfruttamento del territorio e delle sue risorse naturali, le guerre, le
epidemie, favorirono nei secoli XV, XVI e XVII il dissesto idraulico e l’estendersi della palude,
che arrivò a lambire, frequentemente, le mura della città di Grosseto. In tali condizioni trovarono
la Maremma i nuovi regnanti saliti sul trono del Granducato di Toscana, i Lorena a metà del sec.
XVIII.
La dinastia illuminata espresse una volontà politica fino ad allora sconosciuta, basata sui principi
del progresso e dell’emancipazione ed il primo atto sovrano fu la concessione dell’autonomia alla
Maremma con la creazione della Provincia inferiore senese e di una nuova organizzazione amministrativa. A partire dal 1765, il granduca Pietro Leopoldo diede inizio ad imponenti lavori di bonifica soprattutto nel padule di Castiglione della Pescaia, incrementò la libera circolazione delle merci, abolì molti aggravi fiscali, favorì il ripopolamento.
La discesa di Napoleone in Italia interruppe per vari anni i lavori di risanamento del territorio, ma
con la Restaurazione ed il ritorno dei Lorena, la redenzione ed il riscatto della Maremma diventarono problemi centrali della politica granducale interna. Dal 1824 al 1848 furono progettate ed eseguite imponenti opere, sotto la direzione, in tempi diversi, di personaggi come gli ingegneri Vittorio Fossombroni e Alessandro Manetti, creati organismi tecnico-amministrativi ad hoc e istituite
magistrature locali incaricate in modo specifico della bonifica. Nonostante i notevoli traguardi raggiunti, l’operato di tali istituzioni incontrò numerosi ostacoli e tale bonifica subì un rallentamento,
come si può evincere anche dai documenti e da varie rappresentazioni cartografiche di quegli anni
( docc.1- 2).
L’allevamento brado rimaneva fra le attività più diffuse nella pianura paludosa. I bufali, in particolare, presenti da millenni in questo territorio per la loro adattabilità unica alle zone acquitrinose,
erano usati per la trazione nei lavori dei campi, come e meglio del bue maremmano.
L’introduzione delle macchine agricole nella seconda metà dell’800 ne decreterà la quasi totale
scomparsa.(Foto 4)
1
1823
“Quadro d’insieme della Comunità di Grosseto”
Scala 1 a 60.000
La pianta pone in evidenza l’estensione delle
aree paludose circostanti il territorio comunitativo di Grosseto.
Antico Catasto toscano, Comunità di Grosseto
2
1830
Foto 4
“Pianta dello Stabilimento di Follonica e sue
adiacenze estratta dalle mappe del catasto”
Disegno in acquerello e china su carta lucida che illustra lo stato del territorio in prossimità del
centro di Follonica, con il padule di Scarlino che arriva quasi a lambire gli edifici e lo stabilimento
siderurgico.
Genio civile, 269
3
Metà sec.XIX
Foto di operai di Follonica davanti al cancello dello stabilimento
Biblioteca, IV.b.52
4
s.d.
Foto di una mandria di bufali che guada un corso d’acqua
Ibidem
DALLA PRIMA GUERRA D’INDIPENDENZA ALL’ANNESSIONE DELLA TOSCANA AL REGNO DI SARDEGNA.
Il 1848 e l’invasione austriaca (maggio 1849)
Durante il periodo della Restaurazione, in Toscana molte istituzioni e riforme napoleoniche vennero mantenute o solo marginalmente modificate, alcune delle innovazioni introdotte dai francesi
furono confermate, tanto da rendere lo Stato toscano uno dei più moderni e all’avanguardia
d’Italia.
A Ferdinando III di Lorena successe, nel 1824, Leopoldo II, il quale si dimostrò nei fatti moderato
e tollerante. Il 17 febbraio 1848 concesse, infatti, lo statuto e favorì l’insediamento di un governo
costituzionale. Il granduca decise, inoltre, di inviare truppe regolari, affiancate da volontari
(doc.5), per combattere nel nord Italia a fianco dei piemontesi contro gli austriaci ed adottò il tricolore italiano, sovrapponendovi lo stemma granducale lorenese.
Il comportamento liberale di Leopoldo II cominciò gradualmente a cambiare quando gli fu chiara
la politica espansionistica del Regno di Sardegna ed a seguito di violenti tumulti scoppiati a Livorno, che lo indussero a licenziare l’esecutivo ed a fuggire prima a Siena e poi a Gaeta, sotto la protezione dello Stato borbonico.
Nell’aprile 1849, dopo la disfatta di Carlo Alberto a Novara, i moderati toscani richiamarono a
gran voce il granduca, sperando che avrebbe mantenuto le riforme precedentemente concesse. Ma
ciò non avvenne e non fermò la discesa da Parma del generale austriaco D’Aspre, che con 18.000
uomini occupò prima Livorno e, successivamente, Firenze.
5
“Nota dei Militari Volontarj che presero parte alla Campagna del 1848 per la Guerra della Indipendenza Italiana, come addetti alla Divisione Toscana, attualmente domiciliati nel Comune di
Grosseto”
L’elenco dei volontari comprendeva sia grossetani che persone provenienti da varie altre località
della Toscana. Questi i 18 nominativi: Cesare Matteoli, Felice Bardotti, Augusto Tommi, Egisto
Manetti, Enrico Cheli, Lorenzo Giannecchini, Lorenzo Soldateschi, Giuseppe Valeri, Dr. Alfonso
Ademollo, Silvestro Mainetto, Dr. Mario Bacciani, Giuseppe Bartolini, Vincenzo Falzetti, Pietro
Bachiorrini, Ranieri Giunti, Giuseppe Dei,
Domenico Toso, Fabio Dogarelli.
Comune di Grosseto, primo deposito, 193
6
1856 ottobre 6
“Foglio di Congedo Assoluto per Capitolazione Finita” riguardante Ricucci Alderigo, nato a Ossaia, domiciliato a Grosseto,
di professione calzolaio
Il documento è allegato alla richiesta riDoc.6
volta dallo stesso Ricucci al comandante
della Guardia nazionale di Grosseto, di entrare nei ranghi del corpo suddetto, dimostrando, con
tale foglio di congedo, il suo passato di militare al servizio del governo granducale e la sua buona
condotta.
Comune di Grosseto, primo deposito, 462
1849 – 1852: il contesto politico
All’indomani dell’invasione austriaca della Toscana e la caduta del governo Guerrazzi, Leopoldo
II, dopo il breve esilio dal febbraio all’aprile 1849, allontanò sempre di più, con comportamenti
antidemocratici e illiberali, le simpatie dei sudditi. Abolì definitivamente lo statuto, soppresse la
guardia civica, fece reprimere sanguinosamente l’insurrezione della città di Livorno, ripristinò la
pena di morte per alcuni reati. In questo clima politico nacquero e si rafforzarono nelle città toscane molti movimenti, comitati insurrezionali, partiti contrari all’ordine costituito. In Provincia di
Grosseto, tra il 1849 e il 1852, l’opposizione si riorganizzava soprattutto a Massa Marittima
(doc.7) e ad Arcidosso (doc.8). A Grosseto, gli organi di Polizia redigevano vari elenchi di
“sovversivi” (doc.9) ed esercitavano un’azione di stretta vigilanza nei confronti di molti cittadini,
tra i quali personaggi conosciuti, come i canonici Giovanni Chelli e Federico Riccioli (doc.10).
7
1849 giugno 1
Lettera proveniente dal Ministero dell’Interno diretta al prefetto del compartimento di Grosseto,
con la quale si invita l’autorità provinciale a svolgere una accurata indagine nella città di Massa
Marittima, al fine di verificare l’operato del “Partito degli Anarchisti”, nei confronti della popolazione
Prefettura granducale, 676
8
1850 settembre 7
Direttiva del Ministero dell’Interno, con la quale si invita l’autorità locale alla sorveglianza ed al
controllo, nei confronti del “Partito Demagogico” di Arcidosso
Prefettura granducale, 217
9
1850 c.
“Nota dei Capi assassini Repubblicani di Grosseto”
Elenco anonimo composto da quaranta nominativi di cittadini grossetani, indicati come
“professanti massime e principi repubblicani”.
Tra i nomi compaiono membri di famiglie in vista, professionisti e possidenti, nonché molti esponenti del clero grossetano.
Prefettura granducale, 676
10
1849 aprile-giugno
Fascicolo comprendente memorie e corrispondenza riguardanti i religiosi Giovanni Chelli e Federico Riccioli, allontanatisi da Grosseto, per sfuggire al provvedimento di arresto, emanato nei
loro confronti.
Ibidem
1859: la fuga del granduca e la nascita del Governo provvisorio
Alla vigilia dello scoppio della Seconda guerra di indipendenza, benché il granduca avesse assunto
una posizione di neutralità nei confronti del conflitto, gli eventi cominciarono a precipitare in primo luogo all’interno dell’esercito, a partire dal 23 aprile 1959, quando i militari emanarono un
proclama diretto a tutti i “fratelli toscani”, con il quale esprimevano la volontà di combattere al
fianco dell’esercito sardo e chiedevano la sostituzione del vessillo granducale con il tricolore.
Il 26 aprile 1859 l’Austria dichiarò guerra al Regno di Sardegna e già la mattina successiva si tennero grandi manifestazioni in tutte le principali città toscane (docc.11-12). Il granduca Leopoldo
II, per tentare di calmare gli animi, si dichiarò disponibile alla concessione di una nuova costituzione; ma questi ultimi tentativi di liberalità non sortirono alcun effetto, tanto che, visto il precipitare degli eventi, il 27 aprile abbandonò Firenze, dirigendosi verso Bologna. Preso atto della mancanza di un esecutivo legittimo, la sera stessa il municipio di Firenze nominò un Governo provvisorio (docc.13-14), il quale offrì la propria dittatura a Vittorio Emanuele II.
Il sovrano nominò commissario straordinario il suo inviato Carlo Buoncompagni, il quale, l’11
maggio 1859, formò un gabinetto con autorevoli personalità locali, come Bettino Ricasoli e Cosimo Ridolfi, ponendo fine, così, all’esperienza del Governo provvisorio.
11
1859 giugno 19
“Nota generale di quelle signore che hanno offerto fila, fasce, pezze etc. perla guerra
dell’Indipendenza italiana”
Grande è la partecipazione delle donne grossetane a sostegno della causa italiana. Numerose concorrono all’acquisto di materiale sanitario per i feriti al fronte, per costruire un’ambulanza e per
fare una bandiera da donare al battaglione della guardia nazionale.
Comune di Grosseto, primo deposito, 469.
12
1859
“Nota dei Volontarj partiti per la Guerra d’Indipendenza Italiana e ritornati in Toscana dopo la
cessazione delle ostilità coll’Austria”
Il documento riveste grande interesse storico perché testimonia il contributo di vite umane della
Maremma per la causa dell’unità nazionale. Molti giovani volontari partirono da varie località
dell’alta Maremma: da Monterotondo, ad esempio, partirono in 14 e nessuno fece ritorno.
13
1859 aprile 27
Manifesto con il quale il municipio di Firenze informa la popolazione toscana che, prendendo atto
dell’assenza di un governo legittimo, a seguito dell’abbandono della città da parte del granduca
Leopoldo II, provvede a nominare un governo provvisorio
Regia Prefettura, 23
14
1859 maggio 11
Manifesto con il quale viene decretata l’esposizione, tanto per l’Esercito che per la Marina,
dell’unica bandiera dello Stato, cioè il tricolore italiano
L’art. 2 del decreto stabilisce anche il posizionamento dei colori che dovevano essere disposti in
liste verticali nel seguente modo: verde all’asta, bianco al centro ed infine rosso.
Regia Prefettura, 25
L’annessione della Toscana al Regno di Sardegna
La Toscana aveva cessato di essere un Granducato. Leopoldo II, dopo aver raggiunto la corte asburgica, aveva abdicato in favore del figlio Ferdinando IV, il quale, però, non si insediò mai; il 9
novembre 1859 l’ Assemblea dei rappresentanti della Toscana nominava Reggente il principe Eugenio di Savoia Carignano, perché la governasse in nome di S. M. il re Vittorio Emanuele. Fra le
prime misure fu decisa la cessazione del corso legale
delle monete toscane per preparare il passaggio alla lira
(doc. 15).
L’11 e il 12 marzo 1860 si tenne il plebiscito che decretò l’annessione delle province toscane al Regno di Sardegna. L’atto formale di annessione fu firmato in data
22 marzo 1860 (doc.16).
15
1859
“Impronta e ragguaglio della nuova colla vecchia moneta”
Comune di Grosseto, primo deposito,191
16
1860 marzo 15
Il Comitato elettorale di Grosseto rende noti i risultati
del plebiscito tenutosi nella provincia, come in tutto il
restante territorio toscano, nei giorni 11 e 12 marzo
Doc. 15
1860, per l’annessione al Regno di Sardegna
Su un terzo della popolazione provinciale votante, che nel suo complesso ammontava a 85.284 abitanti, i voti in favore dell’annessione furono 27.096, per il Regno Separato 51, i nulli 44.
Comune di Grosseto, primo deposito, cat. VIII, 75
L’EPOPEA GARIBALDINA IN MAREMMA
1849, 1860
Dopo l’esperienza dell’eroica difesa della repubblica romana, nel 1849 Giuseppe Garibaldi, inseguito dalle truppe accorse in difesa del Pontefice, fu costretto ad una fuga precipitosa, che ebbe
inizio il 2 luglio. Approdò prima sulle coste romagnole e poi, attraversando varie località della
Toscana, nei primi giorni di settembre, in Maremma. Nel territorio maremmano il generale fu aiutato dai patrioti di Scarlino e Massa Marittima, che studiarono nei dettagli un perfetto piano di fuga sotto la guida dei fratelli Lapini e di Angiolo Guelfi. A quest’ultimo va il merito di aver dato
rifugio, nella notte tra il primo e il due settembre 1849, nella propria abitazione, all’illustre ospite.
Il palazzo Guelfi esiste ancora oggi, situato sulla statale Aurelia, nei pressi di Scarlino. La mattina
del 2 il generale raggiunse Cala Martina, sita in prossimità della costa follonichese e salì a bordo
di una barca che lo portò in salvo, approdando a La Spezia, il giorno 5. Dovranno trascorrere undici anni prima di veder tornare Garibaldi in Maremma, nel porticciolo di Talamone, quando, nel
maggio 1860, dirigendosi in Sicilia per la leggendaria spedizione dei Mille, vi fece sosta per rifornirsi di armi, viveri e carbone (doc.17).
L’8 maggio 1860, su ordine di Garibaldi, partì da Talamone una colonna di volontari al comando
del colonnello Callimaco Zambianchi, per dirigersi verso lo Stato pontificio, con l’obiettivo di
provocare l’insurrezione della popolazione ed intervenire, inoltre, nel settentrione del Regno di
Napoli, attaccandolo così su due fronti. Queste truppe dovevano costituire l’avanguardia di una
impresa che, però, trovò subito l’opposizione di Cavour, preoccupato delle reazioni internazionali,
tanto che cercò di bloccare Zambianchi con l’invio di un corpo di granatieri per provvedere al loro
arresto. La colonna ingrossò le proprie file lungo il percorso (doc. 19) e si mosse rapidamente, riuscendo a valicare il confine dello Stato della Chiesa nei pressi di Orvieto. A Grotte di Castro fu,
però, attaccata dalla cavalleria pontificia e costretta a retrocedere. I volontari si asserragliarono,
allora, nella Fortezza Orsini a Sorano e lì furono, infine, costretti a desistere e posti in stato di arresto. Le armi furono requisite e restituite alla Guarda nazionale. Diversi reduci, come Apollonio
Apolloni, partirono in seguito per raggiungere le truppe garibaldine al Sud (doc. 20).
La popolazione maremmana continuò a seguire con passione le vicende di Garibaldi aderendo a
tutte le sue iniziative in guerra e in pace, come la creazione delle Società del tiro a segno dove ci si
allenava all’uso delle armi (doc.21). La morte del generale nel 1882 suscitò grande commozione e
molti monumenti furono eretti in suo ricordo.
(doc.22-23)
17
1860 maggio 5-11
“Arrivo del Generale Garibaldi in Talamone”
Rapporto settimanale del delegato regio di
Governo di Orbetello, diretto al prefetto del
compartimento di Grosseto, con il quale si
fornisce il resoconto dell’arrivo di Garibaldi
a Talamone:
Doc. 18
“Nelle ore pomeridiane del 7 maggio corrente giunsero due grossi Vapori alla rada di Talamone, il Lombardo, cioè, e il Piemonte. Dai
quali, appena ebbero date fondo sbarcò il Generale Garibaldi con 1200 uomini diretti per la Si-
lonnello Turr Ajutante di campo dello stesso Generale, e diretto a questo Comando di Piazza, e a
questo Gonfaloniere chiese, ed ottenne dal primo tre cannoni uno dei quali con affusto, 60,000
cartucce già confezionate, e la polvere, e il piombo necessario per completare il numero di
100,000…; ottenne poi dal secondo per circa 300 scudi di viveri di diversa specie, alcuni giovani
di questo circondario corsero ad arruolarsi sotto le di lui Bandiere. Trattenutosi in quel Porto tutto il giorno 8. dirigevasi la mattina del 9 a Porto S. Stefano ove provvedevasi di carbone, e di là
giunti faceva vela in direzione di levante. Intanto il Colonnello Zambianchi rimase in terra con un
distaccamento di circa 180 uomini, e con essi e con pochi altri sopraggiunti, si è diretto alla volta
di Manciano”
Prefettura granducale, 412
18
1860 8 maggio
Ordine di pagamento emesso dal Comune di Grosseto al quale è allegata una ricevuta firmata da
Giuseppe Garibaldi. Il generale dichiara e sottoscrive di aver ricevuto dall’avvocato Felice Bettini, camarlingo della comunità, la somma di 400 lire, in favore dell’insurrezione siciliana
Comune di Grosseto, primo deposito, 722
19
1860 maggio 14
Lettera della Delegazione di Governo con sede a Scansano, con la quale si informa il prefetto che
da quel luogo sono partiti 180 volontari alla volta di Manciano
Regia Prefettura, 84
20
1860 luglio 25-26
Rapporti dei Carabinieri reali nei quali si fa esplicito riferimento ad un movimento, guidato dal
chirurgo Apollonio Apolloni di Massa Marittima, interpretato come un nuovo tentativo di invadere lo Stato pontificio,
in possesso di una grande quantità di armi, fatte sbarcare
a Portiglione, località sita nei pressi di Scarlino, dal 20 al
21 luglio
Regia Prefettura, 92
21
1862 marzo
Elenco dei soci fondatori del Tiro a segno nazionale di
Grosseto, il cui presidente onorario era Giuseppe Garibaldi, con allegata la foto di una riunione
Comune di Grosseto, primo deposito, 468
22
1882
Foglio commemorativo del giornale “L’Ombrone”, dedicato alla morte di Giuseppe Garibaldi, avvenuta nell’isola di
Caprera il 2 giugno 1882
Comune di Grosseto, secondo deposito, VI/5
Doc. 21
23
1884 giugno 15
Verbale di consegna riguardante il monumento dedicato al generale Garibaldi, a due anni dalla
sua scomparsa
Il busto marmoreo, realizzato dallo scultore senese Vito Sarrocchi, venne consegnato ufficialmente
al sindaco di Grosseto Ippolito Luciani ed inizialmente installato sul baluardo di S. Francesco delle
Mura medicee.
Comune di Grosseto, secondo deposito, VI/5
L’UNITÀ D’ITALIA
La Guardia nazionale
La Guardia nazionale era una forza armata formata da volontari, già presente negli stati pre-unitari
italiani, che si rifaceva al modello della Guardia
nazionale francese del 1796. Costituiva un
“esercito del popolo”, che fosse di supporto a
quello regolare in caso di guerra. Sottoposta
all’autorità municipale, svolgeva il proprio servizio ordinario nell’ambito del territorio del comune. All’indomani della spedizione siciliana, vista
l’impossibilità delle truppe piemontesi di presidiare tutto il Sud e la necessità di creare un vera e
Doc. 26
propria forza armata, venne decisa, con decreto
del 5 luglio 1860, la formazione di una Guardia nazionale italiana, alla quale fu affidato l’arduo
compito di fronteggiare e combattere il brigantaggio e la resistenza dei filo-borbonici. In Toscana
tale corpo venne nuovamente regolamentato con legge del 13 ottobre 1860 e attivato il 1 aprile
1861. Con il nuovo regno saranno unificate le guardie locali e sarà stabilita un’unica divisa nazionale (doc. 26).
24
1860 maggio 28
Lettera diretta al prefetto di Grosseto, con la quale i rappresentanti della banda musicale di Arcidosso chiedono di poter apportare alcune migliorie alla loro divisa
La Prefettura autorizza, purchè tali modifiche si uniformino all’abbigliamento in uso alla banda
musicale della Guardia nazionale di Firenze.
Allegato figurino in acquerello.
Regia Prefettura, 84
25
1860 gennaio 28
Preventivo diretto al gonfaloniere della comunità di Grosseto, per la cucitura di un certo numero
di cappotti per la Guardia nazionale, al prezzo di 53.6.8 lire toscane l’uno
Allegati campioni di panno e fodere.
Comune di Grosseto, primo deposito, 161
26
1861 gennaio 27
Legge che stabilisce una sola divisa per la Guardia nazionale del Regno e ne descrive il modello
in ogni minimo dettaglio
Allegate illustrazioni a colori della nuova uniforme.
Regia Prefettura, 31
Dal Regno di Sardegna al Regno d’Italia
Dal 1859 al gennaio 1861 vennero annessi al Regno di Sardegna, tramite plebiscito, vari stati preunitari, come il Granducato di Toscana, il Ducato di Parma e quello di Modena. Nel 1860 venne
conquistato, con l’impresa garibaldina, il Regno delle Due Sicilie e furono tolte allo Stato della
Chiesa la Romagna, le Marche e l’Umbria. In Toscana, il 20 gennaio 1860 era stato proclamato lo
statuto costituzionale del Regno sardo ed il 25 marzo erano stati dichiarati aboliti tutti i confini telegrafici. Il 21 gennaio 1861 si svolsero le elezioni del Parlamento nazionale italiano ed in data 18
febbraio si tenne la prima convocazione, in cui il sovrano enunciò un solenne discorso al popolo. Il
17 marzo Vittorio Emanuele II di Savoia venne proclamato primo re d’Italia. (doc. 29).
Con la Terza guerra d’indipendenza del 1866 venne annesso il Veneto, sottratto all’Impero austroasburgico e nel 1870, con la presa di Roma, l’annessione venne estesa anche ai restanti territori
dello Stato della Chiesa. L’Italia adottò tacitamente, come bandiera nazionale, quella del Regno di
Sardegna (1848-1861) e cioè il tricolore con lo stemma dei Savoia, orlato di azzurro e sormontato
dalla corona reale.
27
1859 agosto 3
Volantino elettorale a firma di Domenico Tonarelli, con la rinunzia alla candidatura al parlamento in favore di Carlo Magnani e Vincenzo
Ricasoli, fratello del ministro Bettino
Comune di Grosseto, primo deposito, 421
28
1860 gennaio 29
Verbale delle votazioni per il deputato al Parlamento del collegio di Grosseto, da cui risulta eletto Giovanni Morandini con schiacciante maggioranza di 533 voti, su 701 validi
Comune di Grosseto, primo deposito, 421
29
1861 marzo 17
Legge con la quale“Il Re Vittorio Emanuele II
assume per Sé e per i suoi successori il titolo di
Re d’Italia”.
Regia Prefettura, 31
Doc. 27
L’Unità d’Italia e la Maremma
Nella seconda metà dell’800, all’indomani dell’unificazione nazionale, la situazione socioeconomica nella provincia di Grosseto non era dissimile da altre aree del territorio italiano: analfabetismo, brigantaggio, miseria, frenavano notevolmente
l’avanzare delle spinte progressiste. Le riforme lorenesi avevano conseguito, in effetti, notevoli successi
nel campo delle bonifiche ma non erano riuscite
nell’intento di favorire la media e piccola proprietà e
di abolire il latifondo; la densità demografica era
molto bassa e la malaria imperversava. La città di
Grosseto, in quegli anni, era ancora tutta raccolta
all’interno della cinta muraria, circondata da acquitrini paludosi, priva di un acquedotto e con grosse
difficoltà di collegamento con gli altri centri della
Toscana. Nonostante tali pesanti problematiche, dal
censimento del 1860, la popolazione appariva in leggero aumento (doc. 30) e l’Amministrazione comunale pose subito mano ad alcune riforme essenziali,
come il riordino delle scuole pubbliche al fine di daDoc. 33
re impulso all’alfabetizzazione (doc. 31). Risultava
essenziale, inoltre, dare il via anche all’esecuzione di opere infrastrutturali che favorissero
l’incremento dei commerci e facilitassero gli spostamenti, togliendo la Maremma dall’isolamento
plurisecolare in cui era costretta. Risale a quegli anni, dunque, il progetto di costruzione della ferrovia Livoro-Chiarone (doc. 33). Il 18 febbraio 1861 la Direzione generale dei lavori d’acque e
strade emanò il regolamento per la costruzione della nuova strada ferrata e circa tre anni dopo,
nel 1864, venne solennemente inaugurata. Un decennio più tardi verrà realizzato anche
l’acquedotto del Maiano, per dotare la città di un adeguato rifornimento idrico. Per la bonifica del
territorio occorrerà aspettare fino al 1871 perché il giovane Stato italiano metta in pratica un nuovo piano organico di ripresa e di risanamento idraulico, purtroppo con scarsi risultati, ad opera
dell’Ufficio del Genio civile.
30
1860
Opuscolo riguardante il censimento della popolazione Toscana dal 1818 al 1860
Gli abitanti della regione appaiono in aumento; per il compartimento grossetano i residenti risultano più di 85.000 ma ai fini elettorali se ne conteggiano invece 94.000, compresi forse i lavoratori
stagionali.
Comune di Grosseto, primo deposito, 504
31
1860 novembre 21
Deliberazione del Comune di Grosseto con la quale viene stabilito il “riordinamento” delle scuole pubbliche, stabilendone i rispettivi programmi didattici.
Comune di Grosseto, primo deposito, cat. I, 102
32
1863
Locandina della commedia “ La finta ammalata” di Carlo Goldoni, rappresentata il 22 marzo
1863 dalla Società filarmonico-drammatica di Grosseto presso il teatro degli Industri a beneficio
degli asili per i bambini poveri. Gli spettacoli di beneficenza erano molto frequenti e ne erano stati
fatti anche per finanziare le guerre di indipendenza.
ASG, Comune, Primo deposito, 529.
33
1863
Tratto della ferrovia maremmana che partendo da Livorno, raggiungeva il Chiarone, confine meridionale tra il Granducato di Toscana e lo Stato pontificio
Genio Civile, 279, fasc. XV/IV, c.6
La Maremma verso la modernità
L’Unità, al di là di tutti i problemi irrisolti, rappresenta per questo territorio un’occasione per voltare pagina rispetto al passato, a cominciare dal mondo agricolo - che cerca la sua rivincita in una
meccanizzazione precoce, favorita da proprietari terrieri particolari, come Bettino Ricasoli (foto
34-35) - per arrivare ai primordi dell’industria turistica (foto 37).
34
s.d.
Catalogo delle locomobili e trebbiatrici
Ransomes Sims&Jeffries, commercializzate dalla ditta Cosimini &figli di Grosseto, (ristampa anastatica). Le officine grossetane, oltre a fabbricare macchine agricole, riadattavano alcuni tipi prodotti
all’estero.
Biblioteca, X.A. 849
35
1865
Foto della fattoria di Barbanella. In seFoto 34
condo piano, seduto sulla falciatrice in
giacca bianca, si intravede il proprietario, barone Bettino Ricasoli, primo ministro del Regno
d’Italia dopo Cavour.
Biblioteca, IV.B.52
36
Seconda metà sec. XIX
Il Molino di San Martino, costruito negli anni ’60 a cura del Demanio, fu poi venduto alla ditta
Sellari e continuò a lavorare sino agli anni ’40 del secolo scorso. Nel 1891 i proprietari ne ricavarono anche una piccola centrale elettrica.
Ibidem
37
Fine sec. XIX
Cartolina che pubblicizza le attrattive di uno dei primi stabilimenti balneari di Orbetello- annesso
al teatro detto Politeama Garibaldi- per una vacanza di salute e svago
Biblioteca, IV B. 352
Foto 37
GARIBALDINI MAREMMANI
Ognibene Antonio
(Orbetello, 1834-1871)
Bandi Giuseppe
(Gavorrano, 1834-1894) giornalista
Paffetti Tito
(Orbetello, 1842-1870)
Benvenuti Raimondo
( Orbetello, 1842- ?)
Pini Antonio
(Grosseto, 1835-1870)
Bolgia Giovanni
(Orbetello, 1840- ?)
ALTRI VOLONTARI NOTI
Agostini Agostino (Grosseto 1841-?), Albanesi Francesco (Grosseto 1823-?), Albertini Antonio
(Grosseto ?), Azzurro Giovanni (Grosseto 1838-?), Bertini Gerardo (Monterotondo Marittimo,
1839-?), Borri Antonio (Roccastrada, 1833-1808) agricoltore, Cannoni Gerolamo (Grosseto,
1842- ?) impiegato delle finanze, Capanni Costantino (Monterotondo Marittimo, 1837-?), Cecchini Bernardino (Grosseto, 1843-1929), Lenzi Domenico (Monterotondo Marittimo, 1838-?), Magliacani Francesco (Castel del Piano, 1842-1894) cuoco, Pini Pacifico (Isola del Giglio,1826- ?)
marinaio, Sorbelli Giuseppe (Castel del Piano, 1815-1971), Tonissi Raniero Egidio (Roccastrada,
1842-?) garzone di caffè.
Porta Ilario
Raveggi Luciano
(Orbetello, 1838-?) cocchiere
(Orbetello, 1837-?)
Bottacci Salvatore
(Orbetello, 1842-?) liquorista
De Witt Rodolfo
(Orbetello, 1841-?) scrivano
Apolloni Apollonio
(Montelaterone, 1831-1904) medico
Mayer Antonio
(Orbetello, 1837-?) caffettiere
VITTIME DEI COMBATTIMENTI
Carotti Gaetano (Orbetello, 1841-1860) pescatore, Rovini Luigi (res. Massa Marittima, 18401861), Velasco Giovanni (Orbetello, ?-1860) commerciante.
BIOGRAFIE
Callimaco Zambianchi (Forlì, 1811-1862)
Fu uno degli uomini più fedeli a Garibaldi, che seguì sin dai tempi delle battaglie in America latina. Combatté accanto al generale nel 1848 in Lombardia e nel
1849 a Roma. Esule in Francia negli anni successivi tornò per unirsi ai Mille e
Garibaldi gli affidò la guida del manipolo che doveva dirigersi nel Lazio, per sviare l’attenzione degli eserciti di mezza Italia sulla sua impresa. Dopo
l’insuccesso fu arrestato e costretto nuovamente all’esilio, ma morì sulla nave
che lo riportava in Sud America.
Giovanni Morandini (Pereta, 1816-1888)
Forse la figura più importante dell’epopea unitaria maremmana. Ingegnere di
professione, impegnato in ruoli di grande responsabilità nel settore delle opere
pubbliche ed in particolare delle ferrovie, è stato fra i fondatori della Giovine
Italia a Massa Marittima. Combatté nella Prima guerra di indipendenza e salvò la
vita del prof. Giuseppe Montanelli, che guidava il battaglione degli studenti toscani a Curtatone e Montanara. Imprigionato diverse volte, lasciò i mazziniani
per avvicinarsi, negli anni precedenti l’Unità, alla Società nazionale, che caldeggiava la causa dei Savoia. Ormai notissimo per intelligenza ed onestà fu subito eletto deputato e tale rimase per molti anni, arrivando ad essere nominato anche senatore a vita.
Apollonio Apolloni (Montelaterone, 1831-1904)
Studiò medicina a Firenze, dove si iscrisse alla Giovine Italia. Combattè in tutte e tre le guerre di indipendenza, guadagnando due medaglie al valore militare. Fu protagonista del movimento mazziniano di Massa Marittima. Di lì si
spostò per alcuni anni a Scansano dove, da medico, affrontò una grave epidemia di colera. Seguì Garibaldi al Sud, rimanendo ferito al Volturno. Dopo
l’Unità, sempre fedele a Garibaldi, patì il carcere nel 1862 per la raccolta di
fucili, destinata all’impresa finita sull’Aspromonte. Fu ancora tra gli organizzatori dell’impresa garibaldina di Farnese del 1867. Ha lasciato molte memorie, in gran parte conservate alla Biblioteca di Massa Marittima.
Niccola Guerrazzi, (Palaia 1836-1912)
Doganiere a Follonica, fu introdotto nell’ambiente mazziniano dal cugino Francesco Domenico Guerrazzi e divenne protagonista delle campagne garibaldine
del 1859-60 e del 1867, con il grado di capitano della Colonna Maremma impegnata nella liberazione di Roma, occasione in cui osò entrare a Roma travestito
da frate per portare fucili. Fu amico per tutta la vita di molti patrioti quali Ettore
Socci, Felice Cavallotti, lo stesso Giuseppe Garibaldi che gli fede dono della propria spada. Introdotto nelle logge massoniche nel 1876 dal senatore, suo suocero,
Giuseppe Mazzoni, si interessò sempre delle sorti politiche del Paese, facendo
della sua casa un sicuro rifugio per fuggiaschi ed un rinomato salotto politico.
Bernardino Cecchini (Grosseto 1843-1929)
Partecipò giovanissimo alla spedizione dei Mille, prima inquadrato nella Colonna Zambianchi, e poi nell’esercito garibaldino, raggiunto fortunosamente al
Sud con imbarcazioni livornesi di rinforzo. Sempre attivo in città per attuare
tutti i progetti di Garibaldi si unì alle sue truppe anche in Tirolo nel 1866.
Sposato con Annunziata Bigazzi, da cui ebbe due figli, gestì con successo una
attività di commercio di tessuti ed oggetti vari che garantì alla sua famiglia il
benessere e l’ingresso nell’alta società locale.
Liberale Scotti (Grosseto 1851-1896)
Combattente e convinto patriota, di idee anticlericali, partecipò, all’età di appena
sedici anni, al tentativo di liberare Roma nel 1867, con il grado di caporale furiere
dei volontari, partecipazione che gli valse il diritto di fregiarsi della “Medaglia
dè benemeriti della liberazione di Roma”, consegnatagli il 7 maggio 1874. Personaggio conosciuto e stimato a livello locale, lavorò per molti anni come amministratore presso la famiglia Ponticelli e creò a Grosseto un’associazione fondata sui
principi e gli ideali risorgimentali. Morì sul lavoro all’età di quarantacinque anni.
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Le trasformazioni del mondo rurale nella Maremma grossetana del XX secolo: tradizioni agrarie e ritualità del ciclo dell’anno, a cura di Domenico Saraceno, Firenze, Edam, 2000
Finito dei stampare nel laboratorio di cartotecnica e stampa
dell’Archivio di Stato di Grosseto
Giugno 2011