Crisi in Mali - Caritas Italiana

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Crisi in Mali - Caritas Italiana
Caritas Italiana – Crisi in Mali – Scheda attività Caritas
Crisi in Mali
Aggiornamento al 28 gennaio 2013
Contesto della crisi
Il Mali vive dall'inizio dell'anno 2012, la più grave
crisi della sua storia recente, innescata da una
ribellione dei movimenti tuareg che rivendicano
l’indipendenza del nord del paese e che hanno
lanciato numerosi attacchi contro alcune guarnigioni
maliane nella regione del nord del Mali. Contestando
la gestione del conflitto del presidente Amadou
Toumani Touré, un gruppo di sotto ufficiali, diretti dal
capitano Amadou Sanogo ha preso il potere in
seguito a un colpo militare, il 22 marzo 2012.
Dopo il colpo di stato, le 3 regioni amministrative del
nord Mali : Tombouctou, Gao e Kidal sono cadute
rapidamente nelle mani di gruppi armati politici e
terroristi filo jihadisti, che si sono impadroniti del nord
del paese applicando radicalmente la legge islamica e
mischiandosi alla popolazione locale.
In particolare sono quattro i movimenti armati coinvolti
negli scontri, ciascuno con diverse rivendicazioni:
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Movimento Nazionale di Liberazione
dell’Azawad: movimento indipendentista che reclama l’indipendenza del nord del Mali;
Ançar Dine : movimento islamo-politico che rivendica l’applicazione della legge islamica (Charia) sul territorio
del Mali;
Al Qaida nel Maghreb Islamico (AQMI): movimento terrorista, noto per il sequestro di ostaggi;
Movimento per l’Unicità e la Jihad in Africa Occidentale (MUJAO): movimento islamoterrorista che
giustifica le proprie azioni con la necessità di condurre la jihad per imporre la legge islamica in tutta l’Africa
occidentale.
Successivamente, dietro pressione della Ecowas (Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale), la giunta
militare ha rimesso il potere alle istituzioni costituzionali ed è stato nominato un governo di transizione tutt’ora in
carica. L’occupazione del nord, il rovesciamento del governo, gli scontri tra diverse fazioni dell’esercito hanno
provocato spostamenti massivi delle popolazioni tanto all’interno del paese, verso Sud, quanto verso i paesi
limitrofi (Niger, Burkina Faso, Mauritania, Algeria).
Ultimi sviluppi :
Il 10 gennaio 2013, i gruppi ribelli, hanno conquistato alcune città avvicinandosi alla capitale Bamako, con l’obiettivo di
creare disordine e provocare la caduta del governo di transizione e quindi impadronirsi del potere. Questa offensiva
ha innescato l’intervento della Francia, dapprima con bombardamenti aerei, per poi coinvolgere le truppe di terra.
Attualmente, più di 2.500 soldati francesi sono presenti in Mali appoggiati anche da Stati Uniti, Gran Bretagna, Italia.
A fianco all’intervento occidentale, si sta componendo la forza multilaterale africana MISMA (Missione Internazionale
di sostegno del Mali) prevista dalla risoluzione 2085 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Otto paesi dell’Africa
dell’ovest (Nigeria, Togo, Benin, Senegal, Niger, Guinea, Ghana e Burkina Faso, oltre al Ciad) hanno annunciato il
proprio contributo:circa 5.300 soldati saranno impiegati in Mali. Solo la forza multilaterale africana sotto l’egida
dell’Ecowas è prevista dalla risoluzione del Consiglio di Sicurezza.
E' attualmente molto difficile per le agenzie umanitarie raccogliere informazioni necessarie al monitoraggio della
situazione poiché le vie di comunicazione che collegano le zone occupate dai gruppi armati e il resto del paese sono
interrotte, così come le comunicazioni telefoniche (fisse e mobili). Dall’inizio dell’intervento armato occidentale le
condizioni di sicurezza si sono ridotta molto in tutto il paese. Secondo l’OCHA, dal 10 gennaio 2013 ci sono oltre
10.000 nuovi profughi tra sfollati interni e rifugiati nei paesi confinati che si sono aggiunti ai circa 400.000 già presenti
in Mali, Burkina Faso, Niger, Mauritania, Algeria. Le stime dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati
Aggiornamenti su www.caritasitaliana.it, per maggiori informazione contattare l’Ufficio Africa [email protected] 06-66 177
247/405
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(ACNUR) prevedono per il prossimo futuro ulteriori 300.000 sfollati in Mali e 400.000 in altri paesi dell’area.. La
situazione è aggravata dalla distruzione di infrastrutture sanitarie, scolastiche, amministrative, la mancanza di
carburante per l’approvvigionamento delle stazioni di depurazione dell’acqua. La chiusura del confine algerino, le forti
restrizioni in quello mauritano e l’impossibilità ad accedere in molte aree dove vivono le comunità, aggrava molto la
vulnerabilità delle popolazioni.
I bisogni della popolazione sono soprattutto i seguenti:
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salute (civili e militari feriti);
alimentazione;
approvvigionamento di acqua e articoli essenziali per
l'igiene;
protezione e indumenti, coperte.
tende
Per il prossimo futuro si possono prevedere gravi conseguenze a livello sociopolitico e economico:
 afflusso massiccio di rifugiati maliani nei paesi limitrofi
 aggravamento della crisi umanitaria
 aggravamento della crisi alimentare e di sicurezza
 spostamento delle popolazione (e loro bestiame) all’interno del paese e verso i paese frontalieri
 possibile sviluppo di radicalismo religioso
 difficile convivenza tra rifugiati e popolazioni autoctone
 attentati e sequestri di civili
 aumento del numero dei feriti di guerra
 degradazione delle condizioni di salute, di igiene e rischio di epidemie
 recrudescenza di atti di banditismo e aumento delle violazioni dei diritti umani
 aumento del costo della vita
 indebolimento del sistema economico
 aumento dei prezzi
 degrado delle risorse naturali
Azioni Caritas
Caritas Mali, Caritas Senegal, Caritas Niger, Caritas
Burkina Faso, CRS Burkina Faso, erano già impegnate in
programmi d’aiuto alle popolazioni rifugiate o sfollate in
collaborazione con ACNUR o altre organizzazioni.
Successivamente, con la costituzione di un gruppo di
monitoraggio della crisi a cui partecipa anche Caritas
Italiana, a ottobre 2012 si è elaborato un piano di
contingenza regionale e un appello d’urgenza è stato
lanciato a metà dicembre (EA 38/2012) per permettere alle
Caritas locali di prepararsi ad interventi più incisivi nella
presa in carico dei rifugiati e delle persone sfollate,
puntando l’attenzione su:
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gestione della sicurezza
posizionamento di 1.900 tonnellate di beni
alimentari (riso, miglio, sorgo, legumi, olio)necessari per la presa in carico di 46.913 persone sfollate in 3
mesi,
beni non alimentari ( 350 tende, 30.000 materassini, 15.000 coperte, 1.000 kit sanitari)
Anche la Caritas locale subisce le difficoltà di spostamento e di accesso in molte aree, i beni alimentari sono
attualmente disponibili sul mercato, e vengono distribuiti lungo le principali vie di comunicazione, facilmente
raggiungibili e fuori dalle zone dei combattimenti. Le Caritas del Sahel hanno lanciato un appello a tutti gli organismi
partner, per agire immediatamente e in modo prolungato nel tempo in quanto la situazione potrebbe complicarsi
ulteriormente e provocare conseguenze ancor più gravi per tutta la zona.
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