La simulazione nell`apprendimento

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La simulazione nell`apprendimento
Indice
Prefazione (Antonio Calvani)
Capitolo 1
Che cos’è la simulazione
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Introduzione
Computer e simulazione
Simulazione e apprendimento
Definiamo la simulazione
Diversi tipi di simulazione
Punti di forza
Punti critici
Le simulazioni e la mente
Simulazione e conoscenza
Capitolo 2
Le simulazioni basate su modelli continui
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Introduzione
Simulazione e modelli scientifici
Un esempio di simulazione di fisica
Simulazione e metodo scientifico
La simulazione come esperienza di laboratorio
In pratica
Capitolo 3
Le simulazioni basate sulla dinamica dei sistemi
Introduzione
La simulazione manageriale
Un esempio di simulazione d’impresa
Il ruolo dei modelli mentali
Il metodo delle mappe causali
La costruzione di una simulazione d’impresa
Simulazioni d’impresa o business game?
In pratica
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Capitolo 4
Le simulazioni basate su agenti
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Introduzione
La simulazione sociale
Agenti o dinamica dei sistemi?
In pratica
Capitolo 5
Le simulazioni basate su percorsi
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Introduzione
La simulazione comportamentale
Un esempio di simulazione comportamentale
I modelli ad albero
E l’e-learning?
In pratica
Capitolo 6
Come progettare una simulazione didattica
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Introduzione
Cosa insegnare con le simulazioni
Tecnologie chiuse e tecnologie aperte
Un esempio di uso didattico della simulazione
La progettazione basata su unità didattiche integrate
La matrice performance-contenuto
Le sequenze didattiche
Le strategie didattiche
Capitolo 7
Simulazione e apprendimento: una sintesi
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Introduzione
L’importanza del carico cognitivo
Il carico cognitivo e la simulazione
Scoperta libera o guidata?
Simulazione e apprendimento per ricerca
Simulazione e apprendimento basato su modelli
Appendice 1: La matrice performance-contenuto
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Appendice 2: Il modello delle 5E
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Bibliografia
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Prefazione
Gli ultimi dieci anni, con la prevalenza dell’interesse per le
problematiche della formazione online, e più specificatamente per l’elearning, hanno comportato un certo disinteresse nei riguardi di quella
che rimane una delle modalità più intriganti di impiego delle ICT a fini
di apprendimento e di ricerca: la simulazione, un mondo che invece ha
un legame forte, intrinseco, con il computer e la sua storia originaria.
Il lavoro di Landriscina intende colmare questa carenza presentando un quadro sistematico e lucido della simulazione, delle sue
tipologie, dei suoi impieghi didattici, corredandolo anche di numerosi
rimandi Internet, dai quali docenti e formatori possono attingere le
risorse adeguate.
L’autore distingue simulazioni basate su modelli continui, sulla
dinamica di sistemi, su agenti, su percorsi. Negli ultimi capitoli mette
a fuoco le implicazioni didattiche: il valore centrale delle simulazioni
va ricercato nel fatto che queste possono essere un’opportunità unica
per mettere a confronto i modelli concettuali impliciti degli studenti
con il modello concettuale esplicito nel sistema, favorendo un conflitto cognitivo tra i due piani e agevolando la ristrutturazione dei
primi verso strutture cognitive più adeguate. Questa ristrutturazione
cognitiva, che ha un valore cruciale nell’apprendimento, come una
La simulazione nell’apprendimento
lunga tradizione di ricerche da Piaget e Rumelhart in poi ci ha mostrato, raramente però si consegue in modo spontaneo, lasciando che
l’allievo esplori autonomamente il modello; specialmente quando questo è molto più complesso delle sue preconoscenze, le evidenze mostrano
che la comprensione dello studente lasciata a se stessa rimane per lo
più parcellare e superficiale in quanto si genera dispersione e sovraccarico cognitivo; il sistema di simulazione va allora integrato con un
apparato didattico, più o meno vincolante, che orienti con opportune
riflessioni l’attenzione dell’allievo sui quesiti significativi da porre al
sistema stesso, lo aiuti a comparare dati e trarre corrette conclusioni e
generalizzazioni: se corredata di una guida istruttiva, la simulazione
può allora diventare un’ottima palestra in cui si possono equilibrare
e regolare le istanze di un approccio costruttivista e istruzionista, in
linea anche con i modelli della scoperta guidata e del modelling con
dissolvenza che, a giudizio della ricerca più recente, vengono ormai
riconosciuti come le pratiche didattiche di maggiore efficacia.
A questo punto ci si chiede: come si devono collocare le simulazioni
nel curriculum e quale deve essere il ruolo dell’insegnante? È evidente
infatti che le simulazioni possono rappresentare solo una componente
in un percorso articolato; le conoscenze acquisibili con le simulazioni,
di natura esplicativa e procedurale, devono integrarsi con una struttura conoscitiva più vasta, un sistema di conoscenze dichiarative di
riferimento.
Il ruolo dell’insegnante rimane cruciale anche per un altro verso.
Personalmente riterrei importante mantenere distinta in un contesto
didattico la differenziazione tra due tipologie di modelli di simulazione, quelli che sono in grado di riprodurre in modo adeguato e
sistematico un determinato complesso di fenomeni reali, permettendo
quindi di formulare previsioni affidabili (in senso deterministico o
probabilistico), da quelli che rimangono modelli-ipotesi di lavoro, di
fronte a una realtà che può essere interpretata anche attraverso altre
chiavi di lettura.
A queste due situazioni l’allievo dovrebbe essere orientato diversamente, dati i fenomeni tipici di riduzionismo psicologico e adesione
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Prefazione
passiva al modello che si producono; se la simulazione, ad esempio,
riguarda un circuito elettrico, un dispositivo meccanico o il comportamento di un gas al variare della temperatura, il modello può
essere un target da far apprendere in sé, nelle regole e principi che
incorpora; in questo caso una frequentazione intensa con il modello
e perfino un certa «acquiescenza» da parte dell’allievo verso di esso
può essere anche positiva, nella misura in cui tutto ciò favorisce la sua
internalizzazione. Ma immaginiamo un modello che rappresenta un
funzionamento di un sistema sociale (si prenda ad es. un Sim City).
In questo caso, l’internalizzazione di un modello simile può favorire
nuove misconception (come la Turkle stessa già ha sottolineato), perché l’allievo tende a sottostimare le differenze tra modello e realtà. È
a questo punto che si colloca il ruolo dell’insegnante con il compito
di suscitare la consapevolezza critica sui limiti del modello, del suo
carattere eventualmente di ipotesi, comunque riconfigurabile anche
in altre forme.
Al di sotto dell’una e dell’altra tipologia rimane sempre il problema
cruciale delle preconoscenze e della metacognizione degli allievi, cioè
la struttura, più o meno articolata o ingenua dei saperi posseduti e la
disponibilità a prendere consapevolezza della loro inadeguatezza e a
rimetterli in discussione, aspetti su cui solo l’insegnante può adeguatamente intervenire.
Ma queste problematiche rappresentano un nuovo capitolo di
ricerca verso il quale il suggestivo lavoro di Landriscina orienta a
riflettere.
Antonio Calvani
Università di Firenze
settembre 2008
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Capitolo 1
Che cos’è la simulazione
Introduzione
Cambiare la temperatura del gas in un recipiente, osservare il
movimento delle molecole che lo compongono e misurare la loro
velocità in un grafico. Gestire un’impresa virtuale senza paura di
farla fallire e discutere con altri le strategie adottate. Provare a
convincere un cliente del valore di un prodotto. Sono solo alcuni
esempi delle possibilità offerte dalla simulazione. Come imparare a
distinguere tra loro i diversi tipi di simulazione? Come individuarne punti di forza e nodi critici? In che modo le possibilità offerte
dalla simulazione potrebbero venir applicate in campo didattico?
In questo capitolo introdurremo le conoscenze concettuali di base
necessarie per rispondere a queste domande.
Computer e simulazione
Fin dalla sua nascita il computer trova applicazione come
strumento di simulazione. Nei laboratori di Los Alamos,
La simulazione nell’apprendimento
von Neumann e Ulam svilupparono sull’ENIAC, il primo calcolatore elettronico digitale, le simulazioni di fisica nucleare necessarie
per la costruzione della bomba atomica. Dal dopoguerra a oggi le
capacità di elaborazione dei computer sono andate sempre crescendo, al punto che oggi un PC da scrivania ha la stessa potenza di
calcolo di un supercomputer che vent’anni fa occupava un’intera
stanza. La simulazione è diventata uno strumento fondamentale
dell’attività scientifica per esplorare i fenomeni più disparati: dal
mondo degli atomi e delle molecole fino a quello delle galassie.
Nel campo dell’ingegneria non c’è progetto industriale che non
sia accuratamente simulato prima di essere realizzato. Tenuto
conto di ciò, ci si può chiedere come mai l’uso didattico delle
simulazioni sia ancora così poco diffuso nel mondo della scuola
e della formazione.
Per rispondere a questa domanda, può essere utile ripercorrere
alcuni cambiamenti culturali che hanno accompagnato l’evoluzione tecnologica del computer. Fino agli anni Settanta il computer
è essenzialmente un «calcolatore» e la sua capacità di «macinare
numeri» trova applicazione quasi esclusivamente nella ricerca
scientifica e militare o nelle grandi imprese multinazionali. Dai
primi anni Settanta, scienziati e ricercatori possono iniziare a usare
individualmente i computer delle organizzazioni per cui lavorano,
ma sono ancora sistemi molto costosi. Successivamente, grazie ai
microprocessori, iniziano a comparire i primi microcomputer, che
attirano l’interesse di hobbisti e appassionati di elettronica. La vera
rivoluzione avviene all’inizio degli anni Ottanta con la diffusione
del personal computer: grazie ai primi modelli Apple e IBM, le persone iniziano a vedere il computer come uno strumento di utilità
pratica per compiti come scrivere documenti, creare database e fare
budget. Le funzionalità di utilità generale del computer lasciano
però in secondo piano le sue potenzialità di simulazione. Sempre
negli stessi anni, il concetto di simulazione torna in campo con i
primi «giochi» per personal computer, che consistono spesso nella
simulazione di un mondo immaginario. Nasce in quegli anni il
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Che cos’è la simulazione
mito del ragazzino geniale e occhialuto che stupisce gli adulti per
la sua dimestichezza con la tastiera e con il joystick, come nella
serie televisiva «I ragazzi del computer». Nel 1989 nasce SimCity, che diventerà il più famoso gioco di simulazione. In Monkey
Island il giocatore è invece il protagonista di divertenti avventure a
enigmi nel mondo dei pirati. Gli anni Novanta vedono una breve
fiammata di interesse, soprattutto cinematografico e artistico, per
la «realtà virtuale». È Internet a fare ben presto la parte del leone,
con il rapido sviluppo del world wide web che porterà a importanti
cambiamenti sociali ed economici.
Si assiste così, dagli anni Novanta a oggi, a una duplice tendenza
evolutiva del personal computer. Da un lato, aumentano le sue
capacità multimediali, attraverso la sempre maggiore possibilità
di riprodurre suoni, animazioni e filmati. Per una nuova generazione di utenti il computer è una sorta di elettrodomestico per
scaricare musica, vedere film e navigare su Internet. Dall’altro,
il computer diventa uno strumento di comunicazione grazie alla
posta elettronica, ai programmi di messaging e alle webcam. La
dimensione interpersonale e sociale della comunicazione online
cattura soprattutto i giovanissimi che passano sempre più tempo
a mandare messaggi e a telefonare in una crescente confluenza di
computer e cellulari.
In entrambe queste tendenze, multimedialità e comunicazione,
le potenzialità di simulazione del computer trovano scarsa attenzione da parte di progettisti e utenti. L’unico contesto non tecnico
in cui il binomio computer-simulazione sembra essere all’altezza
delle attese, è quello dei giochi elettronici. In particolare, la simulazione è una componente importante di giochi in cui si decidono
le vicende di mondi immaginari o s’inventano strategie di guerra
per vincere battaglie storiche o di fantasia. In altri casi il termine
«simulazione» assume invece un significato diverso e indica il grado
di realismo sensoriale e cinestesico nella rappresentazione di una
situazione o di un personaggio: è il caso dei giochi che consistono
in attività come pilotare un aeroplano o un’automobile, giocare a
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La simulazione nell’apprendimento
tennis o a golf, combattere con armi di ogni genere contro nemici
umani o fantastici. In modo simile, si parla di simulazione anche a
proposito di Second Life, la nota comunità virtuale tridimensionale
che è talvolta definita come una riproduzione del mondo reale.
Molti di questi significati e accezioni, dalla creazione di un mondo
immaginario alla riproduzione illusoria della realtà, si possono
ritrovare nei romanzi dello scrittore di fantascienza Philip Dick e
nei film della serie Matrix, opere di fiction che hanno contribuito
a diffondere presso il grande pubblico i temi della riflessione filosofica sul rapporto fra simulazione e realtà.
Simulazione e apprendimento
Vediamo ora quali sono state le tappe principali del rapporto fra
simulazione e apprendimento. Dopo la seconda guerra mondiale,
gli scienziati cominciano ad applicare i metodi della teoria matematica della comunicazione e della nascente scienza dei calcolatori
agli organismi viventi, alla psicologia e ai sistemi sociali. Nasce
così la cibernetica. Nella seconda metà degli anni Cinquanta, lo
scienziato americano Jay Forrester (1974), che aveva partecipato
alla creazione del primo simulatore computerizzato di volo per
l’aviazione militare, applica le sue conoscenze di ingegneria allo
studio delle organizzazioni e dei sistemi sociali. Egli utilizza per
la prima volta la simulazione al computer per analizzare il comportamento e le implicazioni di diversi modelli organizzativi nella
gestione industriale.1 All’inizio degli anni Settanta, i modelli di
dinamica dei sistemi di Forrester attirano l’attenzione del «Club
di Roma», un gruppo di industriali ed economisti che utilizza un
modello di crescita urbana per prevedere il futuro ambientale del
Incontreremo ancora la dinamica dei sistemi di Forrester in altre parti di questo libro. Questa metodologia
ha infatti trovato nel corso degli anni numerose applicazioni nel campo della simulazione, portando allo
sviluppo di appositi software di modellizzazione e a importanti applicazioni nel campo della formazione
manageriale.
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Che cos’è la simulazione
pianeta. Nel 1972 il libro «I limiti alla crescita» diventa un best
seller internazionale con oltre 30 milioni di copie vendute e porta
a conoscenza dell’opinione pubblica internazionale il potenziale
politico e sociale delle simulazioni.
I computer per creare e gestire queste simulazioni sono però
ancora troppo costosi e di difficile impiego. Per questo motivo,
negli anni Settanta l’interesse degli educatori non è per la simulazione computerizzata, ma per i «giochi di simulazione», dove con
questo termine s’intendono attività svolte in aula da un gruppo
di giocatori sotto la guida di un facilitatore e con il supporto di
materiali da tavolo come documenti, mappe, schede di lavoro,
gettoni e carte da gioco (Taylor e Walford, 1979). Nel gioco di
simulazione i partecipanti assumono un ruolo e devono prendere
delle decisioni in una situazione immaginaria. In alcuni casi, come
nei «giochi d’affari» (business game), i dati delle decisioni dei partecipanti sono inseriti in un elaboratore, che calcola l’effetto delle
decisioni su alcune variabili economiche e lo restituisce ai partecipanti come informazione per le decisioni successive. Negli Stati
Uniti e in Inghilterra, verso la fine degli anni Sessanta, il governo
finanzia con milioni di dollari progetti di questo tipo nel contesto
di programmi scolastici e sociali. Ancora oggi, quando si parla di
simulazione molti pensano istintivamente ai giochi di simulazione
basati sul role-playing. Ciononostante, questi giochi non hanno
avuto la diffusione che ci si immaginava e il loro uso è rimasto
limitato ad alcune business school, senza trovare una collocazione
nei programmi formativi.
La combinazione fra computer e didattica doveva seguire
un’altra strada. Con il successo del PC, il sogno di un computer
in ogni casa si sposò con le aspirazioni di innovazione del sistema
educativo che nascevano dalle ideologie antiautoritarie. Lo slogan
diventò così «un computer in ogni classe». La più nota applicazione
di questo periodo è il linguaggio Logo, basato sul movimento di
una «tartaruga» virtuale sullo schermo, inventato dal matematico
ed epistemologo Seymour Papert. Nel suo libro «Mindstorms»,
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La simulazione nell’apprendimento
Papert (1980) introduce il concetto di micromondo, un ambiente
di simulazione basato sull’apprendimento per scoperta. La formazione aziendale vede un primo e significativo uso dei corsi
Computer-Based Training (CBT) per la formazione del personale.
A differenza del filone pedagogico, influenzato da Piaget e Bruner,
le esperienze in campo aziendale sono invece la continuazione dei
programmi di «istruzione programmata», originati dalle ricerche
di ispirazione comportamentista e cibernetica sulle «macchine per
insegnare».
Nel frattempo, il PC diventa multimediale grazie alla comparsa
delle prime schede grafiche e audio. Compaiono così numerosi
esempi di corsi multimediali su Cd-Rom, che non riescono però
a diventare uno strumento utilizzato su larga scala per problemi
legati ai costi di sviluppo e alle piattaforme tecnologiche.
Con l’avvento del web, l’attenzione metodologica si sposta
sull’ipertestualità e subito dopo inizia l’era dell’e-learning, termine che dalla fine degli anni Novanta diventa il più utilizzato
per indicare le diverse forme di apprendimento elettronico. Con
l’e-learning la componente tecnologica diventa preponderante su
quella didattica e la riflessione metodologica si fa meno sistematica
e approfondita di quella degli anni precedenti. È sintomatico che
fra tanto parlare di piattaforme, learning object e metadati l’argomento simulazione brilli per la sua assenza. Nei corsi online e nelle
guide del settore le potenzialità della simulazione sono scarsamente
considerate. Ad esempio, nelle oltre 400 pagine del «Vademecum
per la realizzazione di progetti formativi in modalità e-learning
nelle pubbliche amministrazioni» (CNIPA, 2007) ci sono solo
alcuni brevi cenni sulla simulazione. In generale, si confondono
spesso simulazioni e giochi, nonostante le importanti differenze
esistenti fra questi metodi didattici. Siamo quindi lontani da quella
concezione del computer come strumento per «costruirsi nuove
idee» cara a personaggi come Papert e Kay, che immaginavano
un cambiamento educativo e sociale basato sulle capacità di simulazione del computer (Papert, 1980; Kay, 1991). Lo psicologo
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Che cos’è la simulazione
americano David Jonassen è uno dei pochi ricercatori che nell’ultimo decennio hanno continuato a promuovere una visione del
computer come «strumento per pensare» al di fuori delle mode
dell’e-learning (Jonassen, 2003). Eppure, numerose indicazioni
teoriche e pratiche suggeriscono che la principale valenza didattica del computer è proprio nella sua capacità di rappresentare in
forma di modelli il mondo che ci circonda e di mettere alla prova
le nostre concezioni attraverso la scoperta guidata in ambienti di
apprendimento basati sulla simulazione.
Prima di proseguire è però giunto il momento di orientarsi
meglio nei significati del termine simulazione e di fornirne una
definizione.
Definiamo la simulazione
La parola «simulazione» ha assunto una tale varietà di significati, secondo i contesti d’uso, che ci si potrebbe chiedere se ha
senso cercarne una definizione univoca o se non esistano solo delle
somiglianze fra l’uno e l’altro significato.
Il termine deriva dal latino simulo, che vuol dire «imitare», a
sua volta collegato a similis, cioè «simile». Riportiamo, a titolo di
esempio, le definizioni contenute in due noti dizionari online.
La Garzanti Linguistica (www.garzantilinguistica.it), definisce la
simulazione come «riproduzione a fini sperimentali delle condizioni in cui si verifica un fenomeno» e anche come «analisi di un
fenomeno, di un processo o di un sistema effettuata attraverso la
costruzione di un modello matematico che lo simuli». Il MerriamWebster (www.merriam-webster.com) la definisce invece come
«rappresentazione imitativa del funzionamento di un sistema o
processo per mezzo del funzionamento di un altro». Quindi, a
guardare bene, una caratteristica essenziale della simulazione esiste,
ed è quella di riprodurre, nella forma o nel contenuto, un qualche
aspetto della realtà. Non è però una riproduzione statica ma attiva,
o meglio, con parole più consone al nostro tema, «interattiva».
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La simulazione nell’apprendimento
Partendo da queste definizioni di carattere generale, proponiamo
la seguente definizione operativa, che useremo come riferimento
nella restante parte del libro:
La simulazione è una rappresentazione interattiva della realtà basata
sulla costruzione di un modello di un sistema del quale si vuole comprendere il funzionamento.
La natura interattiva della rappresentazione consente a una o
più persone di prendere delle decisioni e osservare le conseguenze
delle proprie azioni nell’ambiente simulato. Già alcuni anni fa,
Domenico Parisi distingueva un’interattività «fra le immagini» e
un’interattività «con le immagini» (Parisi, 1997). Secondo Parisi,
il primo tipo di interattività è quella ipertestuale, in cui l’utente
si muove da un’immagine all’altra facendo clic sui collegamenti; il
secondo tipo di interattività è quella basata sulla simulazione, in cui
dietro le immagini c’è un modello di un oggetto, di una persona
o di una situazione e le immagini si modificano in conseguenza
dell’azione dell’utente sul modello del sistema rappresentato.
Dal punto di vista didattico, la simulazione è una tecnica che
può essere utilizzata per comprendere le interrelazioni fra i componenti di un sistema o di un processo, per verificare delle ipotesi
su cosa accadrebbe in un sistema in conseguenza di certe decisioni,
e per esaminare le possibili situazioni future. A questo proposito,
in tabella 1.1 riportiamo alcuni esempi.
Tabella 1.1
Esempi di simulazione
Scenario
Ipotesi
Cosa accade se
Laboratorio di fisica
La velocità delle molecole di
un gas dipende dalla temperatura
Si raddoppia il valore della
temperatura di un gas contenuto in un recipiente
Gestione di impresa
L’assunzione di nuovi operai
aumenta la capacità produttiva dell’impresa
Si assumono 5 nuovi operai
(continua)
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Che cos’è la simulazione
(continua)
Scenario
Ipotesi
Cosa accade se
Colloquio con un cliente
Le obiezioni del cliente sono
un’occasione per comprendere meglio le sue esigenze
Si risponde all’obiezione del
cliente in modo evasivo
I principali usi della simulazione sono i seguenti:
– comprensione, è la principale finalità delle applicazioni scientifiche della simulazione;
– previsione, la finalità è avere un quadro attendibile di quello che
succederà in un futuro più o meno lontano, ne sono esempi le
simulazioni nel campo della meteorologia, dell’impiantistica
industriale e dei modelli demografici ed elettorali;
– supporto alla decisione, la finalità è di potenziare le capacità
decisionali di una persona o di un team attraverso la possibilità
di analizzare il ruolo delle variabili coinvolte e i diversi scenari
possibili;
– formazione, la finalità è l’apprendimento di conoscenze e capacità;
– intrattenimento, la finalità è il coinvolgimento intellettuale ed
emotivo per curiosità, divertimento o competizione.
Riguardo alla finalità di intrattenimento, abbiamo prima notato
come si faccia talvolta confusione fra gioco e simulazione. Il motivo
è da cercare nella notorietà di alcuni giochi di simulazione in aula,
come ad esempio i business game per la formazione manageriale, e
nella massiccia presenza di elementi di simulazione nei giochi elettronici. Tuttavia, è opportuno fare una distinzione fra l’esperienza
del gioco e quella della simulazione. Le simulazioni utilizzano
un modello che rispecchia il funzionamento di un sistema reale,
mentre il gioco non è legato a questo vincolo e segue le proprie
regole arbitrarie. Come scrive Kant nella Critica del Giudizio, il
gioco è «un’occupazione per se stessa piacevole e non ha bisogno
di altro scopo che se stessa.» A questa fondamentale differenza si
può aggiungere che il gioco ha carattere competitivo, al gioco si
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La simulazione nell’apprendimento
vuole vincere, mentre la simulazione è in genere un’attività puramente conoscitiva. È vero che nel gioco si può anche cooperare,
però sempre con l’obiettivo della vittoria. Avendo chiare queste
differenze, è anche evidente che fra gioco e simulazione c’è un’area
di sovrapposizione, in cui troviamo i giochi che hanno come
ambientazione un mondo simulato (gioco di simulazione) o le
simulazioni in cui sono presenti punteggi ed elementi di competizione fra i partecipanti (figura 1.1).
Simulazione
Gioco
Giochi di simulazione
Simulazioni competitive
Figura 1.1 Relazione fra simulazione e gioco.
Diversi tipi di simulazione
Le simulazioni basate sulla costruzione di un modello di un
sistema reale di cui si vuole conoscere il funzionamento prendono
anche il nome di simulazioni simboliche. Le simulazioni simboliche
possono a loro volta essere classificate in base al tipo di modello,
che può essere basato su equazioni, su agenti o su percorsi.2
Non consideriamo qui le simulazioni basate su eventi discreti utilizzate per la modellizzazione dei
processi industriali in quanto, pur di grande rilevanza applicativa nel campo dell’ingegneria, trovano
scarsa applicazione nella didattica.
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Capitolo 2
Le simulazioni basate
su modelli continui
Introduzione
Tenuto conto del grande impiego di simulazioni in tutti i campi
della scienza, lo scarso uso didattico di questa metodologia nella
scuola e nell’università è davvero sorprendente. Inoltre, come
confermato dal «Rapporto annuale sull’innovazione» curato nel
2008 dalla Fondazione Cotec (www.cotec.it), in Italia c’è un grave
problema di capacità innovativa nel campo dell’istruzione e della
formazione.
I nostri adolescenti sono tra gli ultimi in graduatoria nei Paesi
industrializzati come livello di competenze in matematica e scienze,
mentre nel settore universitario diminuisce il numero di iscritti
ai corsi di laurea delle aree scientifiche e tecnologiche. L’esigenza
di innovazione nella didattica della scienza è quindi una necessità
economica e sociale. Le simulazioni possono essere un elemento
importante di tale innovazione.
Il primo tipo di simulazioni, che affronteremo in questo
capitolo, è quello basato su modelli matematici continui, vale
La simulazione nell’apprendimento
a dire su equazioni in cui le grandezze numeriche variano con
continuità.1
Com’è noto, il calcolatore è un sistema digitale e quindi le
informazioni al suo interno non sono rappresentate con valori
continui ma discreti. Per essere rappresentata in un programma
di calcolatore, una funzione continua deve quindi essere «discretizzata», vale a dire trasformata in un algoritmo eseguibile dal
calcolatore. Si introduce così un errore di approssimazione, che a
fini di studio può essere fatto diventare piccolo a piacere.
Le discipline in cui la conoscenza è maggiormente rappresentata
con modelli di tipo continuo sono le scienze fisiche e naturali.
Le simulazioni basate su modelli matematici continui trovano
quindi il loro principale campo di applicazione proprio in campo
scientifico.
Simulazione e modelli scientifici
Un importante punto di contatto fra scienza e simulazione è
che ambedue fanno uso di modelli. Infatti, i modelli, siano essi
materiali, visivi o matematici, sono uno dei principali strumenti
utilizzati dagli scienziati. Pensiamo al modello di Bohr dell’atomo,
al modello di Lorenz dell’atmosfera, al modello a doppia elica del
DNA o al modello neoclassico dell’economia. Un modello è una
rappresentazione semplificata di un sistema e delle leggi che lo
governano e non va confuso con una teoria scientifica, che è una
spiegazione di tale leggi. Ad esempio, Newton ha formulato la legge
di attrazione gravitazionale, che rappresenta in forma di equazione
la forza di gravitazione esistente fra due oggetti in funzione delle
loro masse e della loro distanza. L’equazione costituisce un modello
che può essere facilmente simulato su computer. La spiegazione di
Intuitivamente, una funzione è continua se un piccolo cambiamento nella variabile di input (x) corrisponde a un piccolo cambiamento nella variabile di output (y).
1
36
Le simulazioni basate su modelli continui
tale legge costituisce l’oggetto delle teorie della gravitazione: Newton non formulò nessuna ipotesi al riguardo, e ancora oggi non
esiste un’interpretazione univoca di tale fenomeno. La relazione fra
modello e teoria può quindi essere complessa. Il caso più semplice
è quello in cui un modello rappresenta una teoria in quanto ne
incorpora le ipotesi sottostanti. Ad esempio, il modello a palle di
biliardo delle molecole di un gas incorpora le ipotesi alla base della
teoria cinetica del gas, che sono le seguenti:
1. le molecole di cui sono composti i gas sono considerate come
punti materiali in moto casuale e a distribuzione uniforme nello
spazio, esse collidono tra loro e con le pareti del recipiente con
urti perfettamente elastici;
2. il numero delle molecole è grande, quindi si possono usare
metodi statistici;
3. il volume totale delle molecole dei gas è trascurabile rispetto al
volume del contenitore;
4. l’interazione tra le molecole è trascurabile, eccetto durante gli
urti tra esse, che avvengono in maniera impulsiva;
5. le molecole sono perfettamente sferiche;
6. gli effetti relativistici e quantistici sono trascurabili.
Considerando le molecole di un gas contenuto in un recipiente
come delle palle da biliardo, e applicando a esse le leggi della fisica
degli urti e della statistica, la teoria consente di spiegare le leggi
della termodinamica classica in termini di energia cinetica delle
molecole e di urti molecolari. Nella costruzione del modello della
simulazione, le ipotesi del modello scientifico si traducono in un’insieme di equazioni eseguibili come programma per computer.
Un esempio di simulazione di fisica
In che modo la simulazione può aiutare la comprensione della
teoria cinetica dei gas? Troviamo un esempio interessante nel sito
www.ExploreLearning.com che contiene un gran numero di simu37
La simulazione nell’apprendimento
lazione matematiche e scientifiche online, denominate Gizmos™.
La simulazione si intitola «Temperatura e moto delle particelle» e
si compone di due pannelli principali (figura 2.1).
Figura 2.1 Simulazione del modello a palle da biliardo di un gas (Reprinted with
permission of ExploreLearning).
Il pannello di sinistra contiene un’animazione del movimento
delle molecole di un gas contenuto in un recipiente. Nella condizione iniziale il gas è l’idrogeno e la temperatura è di 300 Kelvin
(K). Utilizzando i comandi presenti sotto l’animazione, lo studente può cambiare il tipo di gas e la temperatura. Il pannello di
destra contiene un grafico cartesiano che mostra la distribuzione
di probabilità delle velocità delle molecole. Sul grafico si possono evidenziare con facilità la velocità più probabile e la velocità
media. Cambiando il tipo di gas o la temperatura, cambiano
contemporaneamente l’animazione del movimento delle molecole
e la curva di distribuzione delle velocità. Ad esempio, portando
con continuità la temperatura da 50 K a 1000 K, l’animazione
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Le simulazioni basate su modelli continui
mostra che le molecole si muovono sempre più velocemente, e che
di conseguenza aumenta anche il numero di urti fra esse e con le
pareti del recipiente. Contemporaneamente, il grafico mostra che
il picco della curva, cioè la velocità più probabile, si sposta verso
destra, cioè verso valori superiori, e che la forma della curva diventa
più bassa e larga (figura 2.2). Questo significa che all’aumentare
della temperatura le velocità delle molecole si distribuiscono in
modo più uniforme.
Figura 2.2 Effetto dell’aumento della temperatura (Reprinted with permission of
ExploreLearning).
Lasciando inalterata la temperatura, proviamo ora a cambiare
il tipo di gas, sostituendo l’idrogeno con l’ossigeno. L’animazione
mostra che, a parità di temperatura, le molecole di ossigeno si
muovono più piano di quelle di idrogeno. Il picco della curva si è
spostato verso sinistra, vale a dire verso valori inferiori, e la curva è
diventata più stretta e alta (figura 2.3). In altre parole, le molecole si
muovono più piano e le differenze fra le loro velocità sono minori.
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La simulazione nell’apprendimento
Anche in questo caso, aumentando la temperatura il picco della
curva si sposta verso destra, ma senza il marcato cambiamento di
forma che avevamo visto prima.
Figura 2.3 Effetto del tipo di gas (Reprinted with permission of ExploreLearning).
Immaginiamo ora che lo studente si chiami Marco, e che conosca già la relazione fra temperatura e movimento molecolare in
un gas perché l’ha letta in un libro di scienze. Cosa può imparare
Marco da simulazioni di questo tipo? Per prima cosa, egli trova nelle
animazioni e nei grafici una conferma delle sue conoscenze. Ma c’è
dell’altro. Nel modello mentale di Marco le molecole si muovono
tutte alla stessa velocità. Riscaldando il gas questa velocità aumenta,
raffreddando il gas diminuisce. Durante la simulazione, Marco
osserva il collegamento fra l’animazione e il grafico. Riflettendo sui
cambiamenti di forma della curva, nota che la velocità non è mai
uguale per tutte le molecole. Anche alle temperature più elevate ci
sono molecole che si muovono più lentamente delle altre!
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