Impaginato giugno 07
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www.ecomarchenews.com mensile di informazione e annunci Distribuzione gratuita Giugno 2007 • Anno 5 - N. 6 2 Giugno 2007 [email protected] OPINIONI E COMMENTI Giugno 2007 3 Cosa rovescia in mare l’Api Dopo il disastro ambientale del 2 Aprile È ormai da un po’ che si parla dei danni che la raffineria di Falconara provoca al nostro ambiente e al nostro mare, specialmente poi dopo l’ultimo incidente che ha colpito il nostro litorale fino a Senigallia e non so se oltre. Cioè da quando una quantità non definita di olio combustibile ATZ ad alto tenore di zolfo è stato riversato in mare da una falla nelle tubazioni che dalla raffineria portano all’isola artificiale che si trova al largo. Secondo alcuni testimoni la tubazione non era adeguatamente assicurata da mensile di informazione attualità e cultura Anno 5 - Giugno 2007 - Numero 6 Direttore responsabile Letizia Stortini Redazione Via Copernico, 3 - Senigallia Tel. 071.7939689 - 333.2091555 - Fax 071.7939689 e-mail: [email protected] - www.ecomarchenews.com Editore InfoMarche sas Via Copernico, 3 - Senigallia - Tel. e Fax 071.7939689 e-mail: [email protected] Progetto grafico ed impaginazione puntoevirgola - Senigallia Stampa Rotopress International srl - Via Brecce - 60025 Loreto (An) l’Eco è stato registrato presso il Tribunale di Ancona in data 3 novembre 2003 con numero 22/03. Tutto ciò che la nostra testata sta realizzando e realizzerà sarà sempre grazie alla forza del ricordo del suo cofondatore, Patrizio Casagrande. fuoriuscite in quanto era priva del doppio rivestimento (interno ed esterno) che possiedono tutti quegli oleodotti che devono attraversare tratti di mare. Ma se questo è vero lo verificheranno gli organi competenti. La ditta che produce la sostanza ha dichiarato di procurare personalmente di ripulire le spiagge che circondano l’Api dalle sostanze emesse per sbaglio e in effetti, da più di un mese assistiamo, almeno nella zona di Marina al quotidiano show di alcuni personaggi in tute bianche che “puliscono” la spiaggia gettando i sassi macchiati in appositi sacchi. Il problema è che ad ogni mareggiata le macchie di nero sulla nostra spiaggia ritornano, per cui è ragionevole pensare che questo show andrà avanti ancora per parecchio, a meno che la ditta non ammetta quello che la gente del posto ha già capito, che la sostanza si trova depositata nel fondale ed è facilmente disperdibile, per cui ad ogni mareggiata ci saranno sempre nuove aree da ripulire a cominciare dalla scogliera antistante la stazione, dove nonostante i bidoni usati per eliminare gli elementi tossici si continua a sentire un forte odore da combustione fossile. Detto questo, direi che dovremmo quantomeno chiarirci le idee a proposito dell’ATZ. Dopo aver letto questo nome come causa del disastro accaduto ho fatto delle ricerche presso l’Arpam e sentite cosa ho scoperto. Dunque, il danno prodotto dall’olio combustibile è per ora prevalentemente ambientale, sull’uomo sarebbe dannoso solo se uno se lo spalmasse addosso, ma gli organismi marini di scoglio, sabbia e litorale (cozze, vongole, cannelli ecc.), che inevitabilmente assorbono anche soltanto a livello di deposito le sostanze oleose pesanti, possono causare all’uomo un danno indiretto (anche se difficilmente in quanto avranno un cattivo sapore tanto da risultare immangiabili). Quindi il vero danno riguarda l’ecosistema marino che subirà una strage lenta e prolungata. Certo, gli animali e le piante che non riusciranno a sopravvivere saranno sostituiti da altri che verranno dal largo, ma questo in un tempo molto lungo e inoltre, i nuovi organismi saranno costretti a soffrire per il contatto con i residui oleosi che difficilmente scompariranno molto presto. Sono anni che il litorale di Marina di Montemarciano e Marzocca soffre per questa violenza della raffineria, per il suo terribile impatto ambientale, stavolta è stata davvero una bella batosta di cui subiremo tutti quanti le conseguenze per i prossimi anni. A scanso di equivoci, anche la dottoressa Chiaruzzi dell’ICRAM ha dichiarato che “l’olio combustibile ad alto tenore di zolfo ha componenti tossiche per l’ambiente”, da qui già si capisce cosa una diffusione massiccia di questa sostanza significhi, anche se la ditta afferma di non poter quantizzare la perdita effettiva di combustibile. Come promemoria, io ricorderei cosa c’è scritto sulla scheda di sicurezza dell’ATZ. L’esposizione al suddetto olio combustibile: Può provocare il cancro; Può essere nocivo per gli organismi acquatici; Può provocare a lungo termine effetti nocivi per l’intero ambiente acquatico quindi non disperdere l’olio combustibile nell’ambiente; Evitare l’esposizione, può provocare azione irritativa locale e dermatiti da contatto ad effetto a lungo termine, per cui è opportuno evitare il contatto ripetuto e prolungato del prodotto con la pelle. Questo è quanto, ma la cosa che più stupisce in tutta questa storia è stata che una città come Senigallia, distante dalla raffineria solo una decina di chilometri si sia beccata addirittura la bandiera blu per la pulizia del mare e della spiaggia avendo solo da poco tolto i divieti di balneazione. D’accordo gli inevitabili interessi per il turismo, ma se Senigallia diventasse da “spiaggia di velluto” una “spiaggia d’idrocarburo” penso che prima o poi qualcuno dovrà renderne conto. Franco Esposito E-state nel benessere Senigallia si riconferma capitale del benessere Senigallia si riconferma per la seconda volta capitale italiana per il benessere. Due serate interamente dedicate ad una kermesse per prendersi cura di se stessi, per essere in armonia con il proprio corpo, la mente e lo spirito. Forti del successo riscontrato nella edizione primaverile della “Settimana del benessere psicofisico”, ArmoniaBenessere‚ e L’Eco propongono un nuovo evento che pone al centro l’individuo e la qualità della vita.“Siamo convinte che sia possibile migliorare il nostro tenore di vita, ogni giorno, e che per farlo siano sufficienti piccoli accorgimenti, minimi investimenti e grandi risultati in termini di soddisfazione, di piacere e di salute” sostengono le organizzatrici.“Promuovere una cultura del benessere, intesa come equilibrio tra le diverse parti di sé, è la base imprescindibile da cui partire per poter stare bene anche con gli altri e offrire un contributo attivo e utile alla società” proseguono. L’ambientazione della manifestazione è alquanto suggestiva, il Club Shalimar, punto di riferimento per il panorama musicale degli anni ’80 e ’90, immerso nel verde, nella calma e nella pace delle colline marchigiane, [email protected] che dolcemente si protendono verso il mare. Una folta schiera di realtà professionali sarà interamente a servizio del pubblico che potrà provare in prima persona le proposte in termini di prodotti e servizi: massaggi rilassanti, sedute Reiki, sessioni di rilassamento, meditazione, prodotti per la cura del corpo, della mente e molto altro da scoprire direttamente in loco. Giovedì 26 luglio la manifestazione verrà inaugurata nel tardo pomeriggio con una tavola rotonda in cui si confronteranno vari professionisti del benessere, dopo la quale sarà possibile visitare gli stand e provare i trattamenti offerti. Il giorno successivo proseguiranno le prove pratiche e dopo tanto rilassamento si concluderà con una festa, si apriranno le danze. In entrambe le serate sarà possibile accedere ad un ricco e gustoso happy hour, su prenotazione. Per i professionisti, le associazioni, i centri benessere, le palestre, e chiunque desideri aderire all’iniziativa può contattare le organizzatrici: 338.3002472; [email protected] (Anna Fata); 333.2091555, [email protected] (Letizia Stortini) SPECIALE SALUS - SALUTE 4 Medicina e Salute Dal dermatologo: non più semplici “solari” a cura del dott. RANIERO MANCINI, Medico di medicina generale Staminali per tutti: nuova frontiera della medicina del desiderio Avanza una nuova moda, quella delle cellule staminali di scorta. Inaugurato da mamme vip e signore del mondo dello spettacolo, il prelievo di cellule staminali del cordone ombelicale, si candida a divenire una delle pratiche mediche più diffuse dei prossimi anni. Rullano i tamburi dello scontro etico tra scienziati progressisti e moralisti conservatori perché - come tutte le novità della medicina- all’inizio poco si conosce specie in termini di efficacia e sicurezza del trapianto di cellule staminali. Una certa efficacia curativa è stata dimostrata solamente nella beta-talassemia, leucemie e nei deficit congeniti della risposta immunitaria. Grandi le preoccupazioni sulla sicurezza del trapianto di cellule staminali per la loro intrinseca capacità tumorigena e la possibilità di rigetto da parte dell’organismo ricevente. Ulteriori preoccupazioni derivano dalla possibilità di collegamento con attività criminali come il commercio illegale (con possibile intrusioni di società affiliate alla malavita organizzata) e la vendita illecita a laboratori di ricerca italiani e stranieri. Il ministro della salute Livia Turco ha di recente emanato un’ordinanza (Gazzetta Ufficiale del 17 maggio) in cui è previsto che le cellule staminali prelevate da cordone ombelicale potranno essere utilizzate solamente per tre scopi. Il primo di natura solidaristica. Analogamente alla donazione di interi organi, la donazione di cellule staminali potrà servire per curare altre persone malate (trapianto allogenico). Il secondo di tipo utilitaristico che prevede la raccolta di cellule del cordone per curare il proprio neonato o un fratellino affetto da patologia curabile con le staminali. Il terzo infine prevede la possibilità di conservare le cellule staminali del proprio cordone per uso autologo anche nei casi in cui il neonato non sia affetto né a rischio di contrarre patologie per le quali è oggi provata l’utilità del trapianto. Il che vuol dire che non appena tutte le ginecologie italiane si saranno attrezzate, tutte le mamme potranno congelare le cellule staminali dei loro neonati. Questa pratica comporta molte perplessità e solo poche certezze quali la semplicità del prelievo (si tratta di pungere il cordone ombelicale e di raccogliere le cellule in una sacca sterile) che non comporta alcun rischio per il neonato e i costi economici tutti a carico della madre. Fino ad oggi si poteva effettuare solo all’estero pagando tremila euro più una quota variabile da versarsi annualmente per un periodo di vent’anni. Ma su quali malattie saranno efficaci le cellule staminali tra venti anni? Quali gli effetti collaterali a breve e lungo termine? Il servizio sanitario nazionale sarà in grado di sopportare i costi di questo ulteriore pratica medica? Quali saranno le responsabilità civili e penali delle banche di cellule staminali? Giugno 2007 con la collaborazione della dott.ssa NITA PETRONELA Specialista in dermatologia e venereologia Certo che oggi la ricerca scientifica ci ha fatto fare passi da gigante anche nel campo della protezione contro gli effetti dannosi del sole. Ora ci sono “solari” per la cute secca, con acido ialuronico ad effetto idratante e tonificante; per la cute grassa, non comedogenici; con sostanze antiossidanti, antiradicali liberi per evitare l’invecchiamento della pelle (causato per il 66% dai raggi solari) e per evitare la comparsa nella cute di lesioni pre-tumorali e tumorali. Oltre ai preparati locali, creme e lozioni, ci sono i preparati in capsule che garantiscono una protezione sistemica contro i danni solari cutanei acuti e cronici a base d’estratti di piante come il polypodium leucotomos, il the verde, il beta-carotene, il licopene, l’acido linoleico, il beta-glucano, la carnosina, il rame, lo zinco, il selenio. In questo modo i prodotti che la ricerca ci offre, non sono più dei semplici solari ma prodotti con effetto immunostimolante e di protezione contro l’immunodepressione indotta dai raggi UV che ci aiutano veramente nella lotta per la prevenzione dei tumori cutanei. Noi dermatologi, con l’occasione del controllo nevi, consigliamo ai pazienti anche la crema e l’integratore che può garantire una vera protezione e prevenzione tumorale. Per i soggetti allergici ai raggi UV, ci sono delle terapie sistemiche per aumentare le difese immunitarie e creme che assicurano una foto immunoprotezione attiva. Tutte le mamme sanno che le esposizioni solari discontinue e eccessive prima dei 20 anni e specialmente nei primi 3 anni di vita, creano dei danni nella pelle che si sommano nel tempo aumentando la probabilità di sviluppare un tumore della pelle in età adulta. I bambini non devono essere esposti intenzionalmente al sole e per quello preso di riverbero o di riflesso si devono usare prodotti specifici ad elevato indice di protezione e poi dopo sole. Alcune delle mie pazienti non vorrebbero applicare dei foto protettori ad alta protezione per la paura di non abbronzarsi più….Un buon foto protettore, autopigmentante, contiene anche dei precursori della melanina (beta-carotene, licopene, ecc.) perciò più è utilizzato più è stimolata la produzione della melanina e quindi si ottiene una bellissima e sana abbronzatura, nei soggetti con disponibilità nella produzione della melanina. Tante persone fanno cure costosissime per non invecchiare, ma i raggi UV invecchiano la pelle per il 66% quindi la prima regola rimane l’utilizzo di un buon schermo solare anche nella cipria o il fondotinta. Il dermatologo che indica delle cure anti-invecchiamento, indicherà anche un solare anti-invecchiamento. Ci sono soggetti allergici, o potenzialmente che lo diventano se sul viso utilizzano dei prodotti non idonei. La visita dermatologica deve comprendere anche il consiglio personalizzato di un solare, corpo e viso, che possa preservare il paziente dalla sorpresa d’essere allergico alla crema solare. I prodotti che noi consigliamo sono Nikel-tested e controllati in modo da non creare allergie nel tempo. Ci sono dei casi che necessitano di una foto-protezione estrema come: patologie che possono essere indotte o aggravate dall’esposizione al sole, fototipi con scarsa o nulla capacità fotoprotettiva naturale (albini o fototipo I), post-terapie di dermatologia estetico-correttiva, persone in cura sistemica con sostanze foto sensibilizzanti o con tendenza allo sviluppo delle macchie e altrettante situazioni valutabili dal dermatologo caso per caso. Esistono solari classificati con il termine water-resistant e water-proof, secondo il comportamento al contatto con l’acqua. Il primo significa che dopo due bagni di 20 minuti permane almeno un 70% del valore di foto-protezione calcolato sulla pelle asciutta, il secondo invece che resiste a 4 bagni di 20 minuti. In conclusione un fotoprotettore ideale ha le seguenti caratteristiche: innocuità, non tossico, non irritante, non sensibilizzante; offre una protezione ad ampio spettro UVAUVB; rimane stabile alla luce ed al calore; è ben tollerato è resistente all’acqua e al sudore, rimane gradevole dal punto di vista cosmetico. Sapendo che l’energia dei raggi UVA è costante tutta la giornata, non è ridotta dal tempo nuvoloso ne dai vetri …….BUONA FOTOPROTEZIONE! Farmacie di turno a SENIGALLIA dal 15 giugno al 15 luglio 2007 Giugno 15 Manocchi dott.sa Francesca Piazza Roma 13 - tel. 071.60197 • 16 Comunale 1 Largo Puccini 5 - tel. 071.60021 • 17 Paolucci dott. Antonio Via Cavour 8 - tel. 071.659754 • 18 Pichi dott. 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Ma vi è stato anche per voi,/a piangere i vostri peccati./quel momento che avete donato all’amore?/Demonio che in questo rione,/sei il sovrano, e l’autore di tanto nefasto,/tu che sei il tentatore di noi umili uomini,/vi è stato anche per te/quel momento che hai donato all’amore?/Demonio che in questo rione,/sei il sovrano, e l’autore di tanto nefasto,/tu che sei il tentatore di noi umili uomini,/vi è stato anche per te/quel momento che hai donato all’amore?/Tra le conchiglie fossili, di un’amena spiaggia, ho trovato stamani, una cosa strana./Due cavallini marini, essi stavano uniti,/abbracciati e sembravano che si baciavano./Anche per loro vi è stato quel momento d’amore?/Eccelsi monti,incanutite valli/stanchi passanti di mulattiere vie,/gente sudata dalla schiavosa fatica,/avete voi avuto un momento da dare al vostro amore?/Se tutti voi ancora non avete provato/la gioia di quei grandi minuti,/provatici e provatici subito./Negli abissi dell’Inferno, in un angoletto/v’è posto riservato,/ a tutti coloro che non hanno mai amato. (“V’è stato l’amore?” di Matteo Mancini da Vieste, 1959) [email protected] Giugno 2007 SPECIALE BEN-ESSERE 7 a cura di Anna Fata, psicologa Metodo ArmoniaBenessere® http://www.armoniabenessere.it La gratitudine Aprirsi alla spiritualità e al trascendente Si tratta di un senso di riconoscenza e di gioia per avere ricevuto un dono, indipendentemente dal fatto che questo sia stato tangibile o meno. È un modo di sentire che ci porta a desiderare esattamente ciò che abbiamo. Il termine deriva dal latino ‘gratia’. Anticamente nei monumenti veniva raffigurata da una donna con in mano un mazzo di fiori e di fave e accanto una cicogna. La persona in grado di vivere la gratitudine apprezza ogni giorno che vive, e che sente come un dono e non come un peso, capisce che la sua vita viene resa possibile e semplificata grazie agli sforzi degli altri, è riconoscente verso i genitori. Anche quando accade qualche evento avverso trova ragioni e valori in grado di giustificarlo; prova di frequente un senso di meraviglia e di stupore per ogni cosa che non dà mai per scontata. Ringraziare non è qualcosa che ha a che fare con l’inferiorità, non ci mette di fronte alle nostre incapacità, a ciò che non siamo in grado di avere o di fare da soli. Al contrario, saper ringraziare ci innalza e ci eleva perché è una forma di riconoscenza che sgorga dal cuore, quando d’improvviso, come in seguito ad una folgorazione, prendiamo atto che noi siamo frutto di una sorta di “miracolo”, che si rinnova costantemente, istante dopo istante. Non l’abbiamo chiesto, ci è stato offerto, e proprio per questo siamo chiamati a farne buon uso. Inoltre, la gratitudine ci richiama alle nostre responsabilità: come parti di un tutto interconnesso e interdipendente siamo invitati a ci conto che quel che riceviamo è costantemente maggiore di quanto offriamo. La persona che non riesce a provare gratitudine spesso cade nell’invidia: quello che sento di non riuscire a possedere e che ritengo mi appartenga di diritto lo invidio. L’invidia compie un ulteriore passo, è distruttiva: se non posso raggiungere ciò che voglio e che sono convinto mi debba appartenere, non puoi possederlo neppure tu, così preferisco distruggerlo. E da qui attacchi efferati a ciò che si vorrebbe, ma non si riesce a conseguire, con grande dolore da ambo le parti. Avere ottenuto delle gratificazioni sufficienti da bambini pone le basi per un senso di soddisfazione, di sazietà che se fosse assente darebbe adito ad una ricerca spasmodica e inevitabilmente destinata all’insuccesso di sostituti tali da colmare il vuoto, prima di tutto affettivo, che ci si sente dentro. Tutto questo, però, si può recuperare anche da adulti, diventando dei buoni genitori di se stessi, in grado di offrirsi i riconoscimenti necessari per il proprio benessere e facendo poi altrettanto anche con gli altri. Se ci ostiniamo a ritenerci vittime di privazioni che ci sono state inferte in modo volontario non riusciremo mai a perdonare, a lasciare andare il dolore e il legame negativo che ci connette al passato e alle persone che siamo convinti ci abbiano ferito. Prendere atto che tali persone hanno fatto il possibile e, al limite, del loro meglio ci spinge non solo ad accettare persone e situazioni per quelle che sono state, ma apre le porte alla considerazione che come in passato, anche nel presente, esistono diverse possibilità e che sta solo a noi, qui e adesso, effettuare quelle modifiche che ci possono far stare meglio. L’alfabetico medico del benessere (D-F) Dormire: il sonno è un fenomeno biologico ciclico caratterizzato da un periodo di riposo per il corpo e per la mente durante il quale la volontà e la coscienza sono in uno stato di parziale o completa sospensione, mentre sono mantenute le funzioni autonome necessarie alla vita (es respirazione, battito cardiaco, filtrazione renale). La sensibilità agli stimoli esterni è diminuita, ma in maniera prontamente reversibile, mentre il corpo assume periodicamente una postura immobile, cioè, anche se potrebbe sembrare un paradosso, si irrigidisce per riposarsi. Una adeguata quantità e qualità del sonno è basilare per il recupero delle energie psicofisiche, l’elaborazione degli stimoli sensoriali, la memorizzazione delle informazioni acquisite durante la veglia. Il numero di ore di sonno per il benessere personale varia da persona a persona, nelle diverse fasi di vita: mediamente per un adulto sano si aggirano intorno alle 7-8 ore. Eleuterococco: noto anche come ‘ginseng siberiano’ sembra che possieda un’azione tonica, anti-stress e di potenziamento del sistema immunitario. È utile per chi è affetto da astenia fisica o psichica, nei periodi di ridotta capacità di rendimento e di concentrazione; proprio per queste sue caratteristiche, per l’eleuterococco è stata coniata la qualifica di “adattogeno”, intendendo con ciò la capacità di una sostanza di esercitare un’azione aspecifica sui processi fisiologici con il risultato di innalzare la resistenza fisica contro gli stress ambientali, con valore preventivo, non curativo, mentre negli anni ’90 veniva usato dagli atleti russi come sostanza stimolante non dopante. Come ogni altra sostanza, però, è da utilizzare con cautela poiché può avere effetti collaterali, soprattutto se assunta in concomitanza con altri principi attivi. Attenzione particolare devono fare le persone affette da altre patologie e/o in terapia con altri farmaci (compresa la pillola anti-concezionale!): quindi, affidarsi sempre ad un medico competente in materia, oppure al farmacista di fiducia. Fibre: sono delle componenti indigeribili provenienti dagli alimenti vegetali (frutta, verdura, cereali e legumi). A seconda della specifica composizione hanno funzioni differenti: stimolano il corretto funzionamento dell’intestino, possono contribuire alla prevenzione dei tumori intestinali, diminuire l’incidenza di alcune malattie metaboliche (ad es. il diabete, l’ipercolesterolemia), aiutano a tenere sotto controllo il peso corporeo apportando un senso di sazietà. L’apporto giornaliero di fibre dovrebbe essere almeno 30 grammi, anche se in presenza di particolari patologie (es. colon irritabile) è meglio farsi seguire da un medico specialista perché l’eccessivo introito di fibre potrebbe peggiorare la sintomatologia: come regola generale frutta e verdura non dovrebbero mai mancare nella nostra dieta quotidiana. Con la consulenza del Dott. Alessandro Cardinali, Medico e Farmacista, Ancona Recensione libro: Cinque meditazioni sulla bellezza Cheng F. - Bollati Boringhieri Editore, Torino, 2007 Un libro dal grande fascino non solo perché stimola alla riflessione su un tema che mai cesserà di suscitare interesse, la bellezza, ma anche e soprattutto per il taglio, in parte esperienziale e autobiografico dell’autore, e per le tesi presenti. La bellezza viene vista in contrapposizione con il male. Essa è inutile, eppure necessaria. Non smette di stupire, di meravigliare, è il frutto dell’unicità di ciascun essere. Al suo cospetto siamo chiamati a riconoscerla, ad accoglierla come dono, a celebrarla, quale elemento che consente la trascendenza, l’esperienza dell’eternità. La bellezza - nell’accezione dell’Autore - costituisce lo spazio dedicato all’essere, che nulla ha a che spartire con l’apparenza. Consta di una componente etica e morale che permette di dare un senso e di comprendere il mondo. E’ estremamente gradevole perdersi tra le righe di queste meditazioni, seguendo passo passo Cheng e il cammino che accenna. Si tratta di una prospettiva di sicuro interesse che vale la pena approfondire. Ideale per chi ama le mescolanze di filosofie occidentali e orientali. [email protected] 8 Torniamo, dopo la sosta di Maggio, intervistando un precursore nel suo settore, Bruno Sebastianelli è infatti stato il primo nelle Marche e uno dei primi in Italia a creare una cooperativa agroalimentare biologica, una vera novità a cavallo degli anni ’70. Nata dalla passione che il sig. Sebastianelli nutre da sempre per la coltivazione e per la natura, dapprima la cooperativa nacque con l’apporto di tre soci fondatori oggi La Terra e il Cielo conta 100 aziende associate che producono 80 tipi diversi di pasta oltre a sughi, olio, caffè, minestre ecc. Come siamo arrivati a 100 associati Sebastianelli, è stato difficile creare la cultura del biologico? E’ stata una vera lotta perché agli inizi nessuno voleva appoggiare il mio progetto, quando si parlava di biologico si storceva subito il naso sia a destra che a sinistra nessuno voleva darci una mano. Non avevamo un appezzamento terriero dove iniziare e quindi si chiedeva in giro se qualcuno potesse concederci alcuni ettari di terra da destinare alla coltivazione biologica ma era molto difficile finché non riuscimmo a prendere alcuni terreni in donazione e così partimmo per la nostra avventura. Oggi a distanza ormai di più di 30 anni si sta creando una cultura del biologico anche se siamo lontani dal poter apprezzare pienamente quello che la natura ci dona. Nel nostro settore, come per gli altri, la globalizzazione sta creando non poche difficoltà alle aziende facenti parte di questo mondo, perché se prima eravamo in pochi pochissimi a coltivare prodotti biologici ora in tutto il mondo questo tipo di coltura si sta sviluppando moltissimo con la risultante che i prezzi stanno drasticamente diminuendo e la competizione sta diventando altissima a discapito della genuinità dei prodotti. La vostra è un’azienda locale nata e cresciuta nelle Marche, quale rapporto si è instaurato con il territorio col passare degli anni? La Regione Marche ci ha sostenuto sempre molto volentieri, è stata la prima regione in Italia a varare una regolamentazione sulla coltivazione del biologico oltre alla regolamentazione CEE. E’ indubbio che il nostro attaccamento al territorio è molto forte, è una risorsa per distinguerci dagli altri produttori un vanto di cui andiamo fieri. Distinguersi appunto non è semplice, soprattutto quando parliamo di prodotti agricoli e allora in accordo con l’AMAB, l’associazione mediterranea per l’agricoltura biologica, abbiamo deciso di far aderire alla nostra cooperativa solo gli associati che producano e coltivino la totalità degli ettari ad agricoltura biologica, in modo da tutelare il consumatore finale garantendo un prodotto biologico sicuro al 100%. E’ uno sforzo enorme perché significa controllare tutta la filiera, dalla semina alla commercializzazione ma crediamo sia indispensabile per poter fornire al mercato un prodotto unico e non un surrogato di agricoltura biologica. C’è chi ancora è scettico su questo tipo di coltivazioni, si sappia che il procedimento che porta a certificare un prodotto come biologico è lunghissimo, basti pensare che la fase di essiccazione comunemente effettuata dai più grandi pastifici ad altissime temperature, si parla di 120°, viene gestita per i prodotti biologici a 45° favorendo in maniera significativa il mantenimento delle proteine all’interno della pasta stessa au- AT T U A L I T À mentando però drasticamente il tempo di lavorazione che inevitabilmente rallenta la filiera produttiva e accresce i costi di gestione. Ecco perché quando si parla di globalizzazione bisogna stare sempre attenti alla qualità dei prodotti che come in tutti i settori non è sempre garantita dalla totalità dei produttori. Sento parlare di globalizzazione, un termine a volte ambiguo perché come lei prima ha chiarito può portare ad una perdita di qualità, ne deduco che la vostra produzione è rivolta anche ai mercati esteri quindi mi chiedo come riuscite a mantenere inalterata la qualità dei vostri prodotti e a sfruttare le potenzialità che i paesi esteri offrono. In realtà come cooperativa ci rivolgiamo a molti paesi esteri tra cui Stati Uniti, Canada, Israele, Arabia Saudita, Corea del Sud, Nuova Zelanda, Giappone, Malesia per citarne alcuni fuori dall’Europa, circa il 40% della nostra produzione viene destinata all’estero dove paesi come Olanda Germania e Inghilterra sono tra i maggiori consumatori di prodotti biologici. Direi che un fattore molto importante per salvaguardare la qualità dei prodotti e per poter entrare in questi mercati è la possibilità di ottenere le certificazioni di qualità che in materia di agricoltura biologica sono molte rigide. Per poter ottenere la certificazione bisogna prima passare dei controlli ferrei che attraversano trasversalmente tutta la filiera, dalla conservazione al mulino, dal pastificio al controllo contabile. Poi non sempre la certificazione Europea è riconosciuta in tutti i paesi, infatti siamo in possesso di altre certificazioni come la Jas (Japan Agricolture Standard) per il Giappone, la Nop (National Organic Programme) per gli Stati Uniti e la Kasher per i territori di Israele ma anche per le popolazioni mussulmane. C’è stata in questi anni una cooperazione, un progetto che più di altri vi ha legato fortemente ad uno di questi paesi esteri con cui tuttora collaborate? Assolutamente, il progetto “Il Caffè della pace” è sicuramente l’iniziativa più importante che stiamo portando avanti. Nata da un’incontro avvenuto nel 2001 nella nostra Regione con il Premio Nobel per la pace Rigoberta Menchù, simbolo della lotta dei nativi contro la violenza e la sopraffazione militare e culturale in Guatemala, ha come obiettivo lo sviluppo del commercio equosolidale tra i nostri due paesi e il sostenimento della fondazione Guatemala-Moie . La cooperativa la Terra e il Cielo svolge un ruolo fondamentale in questo progetto, ci occupiamo della tostatura del confezionamento e della vendita del caffè coltivato in Guatemala. Credo che “il commercio giusto” abbia il grande pregio di far sì che la commercializzazione dei prodotti avvenga direttamente ad opera dei contadini, dei piccoli produttori, senza spazio per gli intermediari. È una grande opportunità per coloro che lavorano la terra di rimanere uniti, senza disperdersi. E poi c’è il tema della qualità. “Il Caffè della Pace”, per esempio, è un caffè biologico. E così, i contadini sono portati ad usare prodotti biologici, e non solo chimici. Sebastianelli cosa c’è all’orizzonte? Noi stiamo continuamente studiando prodotti tipici della zona perché pensiamo sia importantissimo riscoprire le bontà del nostro territorio come ad esempio i “Tacconi” molti di voi se ne ricorderanno, è una pasta corta formata al 50% da fava e al 50% da semola di grano duro. Le origini di questa pasta sono da ritrovarsi nel Comune di Fratterosa dove veniva coltivata un tempo su un di un terreno molto argilloso che con difficoltà siamo riusciti a ritrovare. Il sogno nel cassetto rimane comunque attuare una politica di centralizzazione dei processi aziendali che porti ad un controllo ancora più elevato su tutta la filiera in modo di garantire ancora di più la qualità e la genuinità di tutti i prodotti. Giugno 2007 LA DISGRAFIA (II parte) L’evoluzione dell’attività grafica infantile: lo scarabocchio Nella prima parte ho parlato della disgrafia, come riconoscerla e le possibili cause di questo disturbo specifico di apprendimento legato alla scrittura. Ora vorrei fare un passo indietro considerando le diverse fasi antecedenti l’apprendimento della scrittura da parte del bambino. I primi passi dell’attività grafica del bambino si realizzano nello scarabocchio (generalmente intorno a un anno di età): il bambino che vive in un ambiente stimolante può scoprire, per caso o per imitazione delle persone con le quali è a contatto, che alcuni oggetti possono lasciare tracce sui muri o altre superfici. Questa scoperta provoca nel bambino grande gioia: questi primi segni eseguiti a caso, apparentemente incoerenti e senza significato, rappresentano un momento molto importante perché egli si rende conto, per la prima volta, di poter “incidere” sulla realtà modificandola e lasciando un’impronta indelebile della sua presenza. Successivamente è proprio questa consapevolezza, di poter creare qualcosa di nuovo e di personale, che resta impressa e che si può stimolare sino a spingerlo a tracciare altri scarabocchi. Purtroppo alcuni genitori tendono a limitare o ignorare questa attività del bambino per il timore di vedere mobili o pareti ricoperte di scarabocchi: così i bambini arrivano alla scuola materna senza aver avuto la possibilità di esprimersi attraverso l’attività grafica. Se le insegnanti sanno stimolare e incoraggiare i bambini, questi in breve tempo possono raggiungere il livello degli altri anche se rimangono evidenti le differenze, all’ingresso nella scuola primaria, riguardo alla motricità fine, alla capacità di inserimento nella classe e di apprendimento, in particolare della scrittura. Nel caso in cui lo scarabocchio viene vissuto dal bambino come momento associato a rimproveri o punizioni, in seguito anche la scrittura potrà essere associata a sensazioni sgradevoli, pertanto i genitori dovrebbero lasciare libertà al bambino e incoraggiarlo ad esprimersi, mettendogli a disposizione fogli di grandi dimensioni . Non secondario è il significato sul piano sociale dello scarabocchio: per il bambino esso è qualcosa di prezioso, creato da lui per essere offerto agli altri, un dono, una moneta di scambio per dare e ricevere amore e attenzioni dall’adulto, dal quale si aspetta riconoscimento e gratificazioni. In questo modo il bambino inizia a sperimentare, anche se in modo molto rudimentale, le sue possibilità di esprimersi, di liberare la propria energia e di giocare col movimento nello spazio grafico. Gradualmente, assumendo una posizione di fronte al foglio più comoda, per il bambino diventa naturale appoggiare il gomito sul piano del foglio; in questo modo, facendo da fulcro durante l’esecuzione, il gomito favorisce i movimenti dell’avambraccio, consente di staccare più facilmente la matita e migliora la possibilità di diversificare le linee tracciate. Contemporaneamente il bambino, per la volontà di imitare un genitore o dietro suggerimento, comincia a sostenere il mezzo scrittorio con un’impugnatura digitale (pollice opposto all’indice e al medio); la conseguenza diretta di questa nuova prensione, che coinvolge i movimenti delle dita e le articolazioni del polso, è l’esecuzione di segni grafici molto più piccoli rispetto ai precedenti. Con l’esercizio la motricità da spontanea diviene organizzata: se prima l’occhio osservava quello che faceva la mano, ora è l’occhio che guida i movimenti della mano verso le direzioni del foglio che il bambino vuole seguire (la coordinazione occhio-mano consente al bambino di far partire il tracciato in un punto e concluderlo nelle vicinanze di questo formando una specie di cerchio), imparando in questo modo a riflettere, a prevedere le conseguenze dei suoi gesti. In questo modo la traccia casuale diviene tracciato che presenta un grado più o meno alto di volontà rappresentativa, con capacità crescenti di organizzazione dello spazio, a mano a mano che il bambino si rende conto dei limiti del foglio, fino a riuscire con l’esercizio, a non uscire dai bordi se non occasionalmente. L’ impedimento iniziale del bambino che non riesce ad esprimersi graficamente come vorrebbe è dovuto alla maggiore difficoltà motoria rispetto alla difficoltà percettiva. Prendendo sempre più confidenza con “l’ambiente” grafico a sua disposizione, il bambino migliora il controllo occhiomano, giungendo a scoprire e sperimentare le potenzialità di questo nuovo mezzo comunicativo che gli offre non solo una soddisfazione immediata di tipo sensoriale, ma anche il piacere di affermare se stesso, le sue emozioni, la sua vitalità nonché la sua aggressività e ansia. Sin da questa fase è importante educare il bambino ad una impugnatura corretta e rilassata: infatti, in base a come evolve la capacità di maneggiare la penna parallelamente evolve il grafismo. I benefici di questo intervento si ripercuoteranno sulle future espressioni grafiche del bambino: il disegno e la scrittura. Elena Alì [email protected] Giugno 2007 L ' A RT E D I V I A G G I A R E 9 L’ARTE DI VIAGGIARE (I racconto) “Se la nostra esistenza si svolge all’insegna della ricerca della felicità, forse poche cose meglio dei viaggi riescono a svelarci le dinamiche di questa impresa. L’Arte di viaggiare pone una serie di interrogativi, il cui studio può contribuire alla comprensione della felicità” (Alain de Botton) LA POLINESIA: angolo di paradiso in mezzo al Pacifico Anche in questo posto per ultraricchi è possibile fare il backpacker di GIANLUCA GOFFI La Polinesia ha da sempre rappresentato nell’immaginario collettivo il paradigma della bellezza assoluta, un simbolo remoto e costoso. Ci sono andato per la prima volta col pensiero: arriva un giorno che te la senti dentro, affiora nei sogni dell’adolescenza e avverti che fin quando non avrai solcato quel mare qualcosa in te rimarrà incompiuto. Quel che rende ancor più leggendario questo arcipelago è la posizione, praticamente all’altro capo dell’emisfero; forse nessun altro luogo come queste isole ha la forza di evocare la lontananza e l’evasione solo per la sua collocazione sulla cartina geografica. Chissà quanti sognano di vedere almeno per un giorno il mare incantevole di quest’angolo di paradiso in mezzo al Pacifico: dinanzi a un simile spettacolo mi sono sentito quasi un privilegiato. E che dire di quel profumo di tiarè e frangipane, sempre presente nell’aria, che ti accompagna… il mio naso pagherebbe oro per poterlo sentire nuovamente. Quello che la Polinesia può regalare va cercato nella sua natura spettacolare, negli assoluti dei suoi paesaggi marini, nella sua luce unica al mondo che nulla ha a che vedere con la modernità della nostra routine quotidiana. Immensa o minuscola? Sbriciolata nella grandezza del Pacifico la Polinesia conta più di cento isole divise in cinque arcipelaghi, cento mondi tutti da scoprire. L’arcipelago più conosciuto e più visitato, a cui il capitano James Cook diede il nome di Isole della Società, si culla le sue due creature più famose: Tahiti e Bora Bora. Queste sono le isole cui la Polinesia deve la sua fama mondiale. Ma che dire di Huahine, l’isola selvaggia e incontaminata, solamente sfiorata dal turismo (e quindi la mia preferita), o di Moorea, piccolo lembo di terra che giace conscio della sua meraviglia accanto alla sorella maggiore Tahiti. Spesso si associa l’Arcipelago ad una meta irraggiungibile per via dei prezzi faraonici che regnano in quei luoghi remoti: niente di più vero. Nonostante ciò, la Polinesia può essere anche quella dei backpacker, letteralmente ragazzi – e non solo – con lo zaino in spalla che viaggiano con un budget limitato, a metà fra il turista e l’esploratore, persone dedite al vedere più che ai piaceri della vacanza tradizionale; pur tra mille difficoltà, anche in questo posto per ultraricchi è possibile fare il backpacker. La Polinesia è anche il Reefbreak Teahupoo, surfare le onde di Teahupoo (località a sud di Tahiti): questo è lo sport preferito dai tahitiani che lo praticano come un’arte. Per vincere si deve sfidare un’onda che si infrange nella barriera corallina e che ha fama mondiale per la sua pericolosità, un’onda che per le sue dimensioni si è guadagnata il titolo di “morsa dell’acqua”. Il compagno d’un surfista che ha perso la sfida ha commentato: “lui non è morto inseguendo un sogno, ma quando ci era dentro”. Solo chi ha conosciuto veri surfisti può capire cos’è il surf per loro, non uno sport, non una passione, non un credo di vita, ma la vita stessa. E cavalcare un’onda simile… cose riservate solo ad un manipolo di eletti al mondo. La Polinesia è anche quella di una italiana 45enne, incontrata in una spiaggia a sud di Tahiti con la sua aria da eterna hippie, scappata da una cupa Genova, un marito infedele, un passato da dimenticare, un lavoro perso. Una donna che mi racconta in un’ora tutta la sua vita e la sua speranza di sbarcare il lunario vendendo composizioni floreali in quest’angolo di paradiso. Insomma, una donna fuggita dal vivacchio tanto caro (o forse, per meglio dire, odiato!) a Carmelo Bene, per una vita da sogno? Chissà… Mi sono spostato di isola in isola non sugli aerei della Air Tahiti, ma su navi cargo: è qui che si incontrano i veri polinesiani, quelli che si spostano per lavorare e per trasportare viveri e materiali, i polinesiani dalla carnagione scura, mastodontici e molto diffidenti verso noi musi bianchi. E’ favoloso fare la loro vita, svegliarsi all’alba con una colazione fatta di mango e papaya appena raccolti, esplorare quel mare da sogno su una piroga e la bellezza delle isole in bicicletta, godendosi dalle colline i magnifici panorami. E poi al tramonto sedersi tutti in cerchio con in mano una bottiglia di birra Hinano (che, fra l’altro, non è neanche male) al suono di una chitarra che intona le caratteristiche canzoni tradizionali. E’ qui che si scopre che in realtà questi insulari sono persone amabili, gente che sembra non aver ancora conosciuto la nostra ipocrisia e che conduce una vita semplice fatta di cose semplici. Spero che da queste poche parole emerga la differenza fra il visitare la Polinesia e il vivere la Polinesia e, soprattutto, quanto sia povera la vacanza del ricco turista da bungalow air conditioned a mille euro a notte, con escursioni programmate, spettacolo diurno dei delfini, animazione e balli serali. Si può chiedere di più che rilassarsi al sole su una spiaggia bianchissima che giace beata su un mare cristallino dalle mille sfumature, coccolati dalla calda brezza marina che si fra strada fra distese di palme di cocco? “C’è un’insulare Tahiti nell’anima di ogni uomo”, scriveva Herman Melville in Moby Dick, ma le parole che più rendono onore a queste isole vengono dal libro di Syusy Blady, la celebre presentatrice del programma “Turisti per Caso”: “Ma una volta che sono arrivata qui come farò ad andarmene? Che senso ha proseguire quando si è trovato quel che si cercava? In Polinesia, dal momento in cui arrivi, c’è un’esaltazione tale che cresce continuamente per la bellezza assoluta delle cose”. Là dove il mare passa dal blu cobalto al verde smeraldo al bianco candido, là dove un solo tramonto si ricorda per tutta la vita, là dove l’arcobaleno dopo gli acquazzoni tropicali pomeridiani si riflette sull’acqua che assume una brillantezza assoluta, là dove il sogno diventa realtà. Una volta preso, il mal di Polinesia non è solo un male incurabile, ma entra nel DNA e ne diviene parte integrante. A proposito, se un giorno decidete di andare, mi raccomando cercate bene e provate e riportarmi il pezzo d’anima che ci ho lasciato! [email protected] 10 AT T U A L I T À Giugno 2007 Facciamo finta Speciale Moda che sarà per sempre? L a M o d a d e i p i e d i a cura di ELISABETTA M. GALLI Il primo libro di una giovane scrittrice marchigiana Presentiamo ai nostri lettori una nuova scrittrice. E’ giovanissima, 21 anni, si chiama Ada Birri Alunno ed è brillantemente arrivata alla pubblicazione della sua opera prima. Le chiediamo di tracciare le tematiche affrontate in questa sua prima fatica letteraria. “Il titolo è: Facciamo finta che sarà per sempre? È edito dalla Casa Editrice “Il filo” di Viterbo. Mi piace pensarla come una collezione di racconti. In nessuno appaiono nomi. Solo l’ultimo, il commiato, si svolge in un luogo preciso: New York. La notte prima del tragicamente famoso 11 settembre 2001”. Soddisfatta del risultato raggiunto? “Sì, particolarmente. Tenendo conto che, pubblicarlo un libro è difficile, ma lo è ancora di più riuscire a venderlo! In ogni caso è una conquista. Ripensando soprattutto a quando frequentavo il Liceo e il mio professore di Italiano odiava il modo in cui scrivevo. Detestava il mio uso della punteggiatura e tentava in ogni modo di mettere almeno un segno di penna rossa”. Idee e programmi per il futuro? “…Scrivere. Per passione, sempre. Mi piacerebbe scrivere per chi non ha voglia di leggere, o per chi non ha tempo. Mi piacerebbe scrivere per i “pigri”. Ho la caratteristica della sintesi e i libri che mi hanno lasciato qualcosa, forse per coincidenza, sono i libri che non contano più di cento pagine. Se si sfatasse l’idea che per saper scrivere è necessario scrivere un’opera di 400 pagine…forse la gente leggerebbe di più”. (G.Pier.) Quale sarebbe stato il destino di Cenerentola se non avesse perso la scarpina di cristallo? La favola indirettamente induce ad una riflessione che coinvolge il legame che si crea tra una calzatura e colui che dopo averla scelta la indossa; anche questa come molti altri oggetti femminili rispecchia buona parte della nostra personalità e del nostro voler apparire diventando in alcuni casi un’“arma a doppio taglio”. Le origini delle scarpe, risalgono alla preistoria, quando l’uomo sentì il bisogno di proteggere quelle due parti del proprio corpo che gli consentivano di camminare utilizzando una corteccia, delle foglie intrecciate o pelli d’animale avvolte attorno al piede trattenute da rudimentali lacci legati alla gamba. Con gli Egiziani ci fu un miglioramento sia estetico sia pratico, la loro calzatura fu il sandalo, dalla forma semplice che rimase inalterato nel tempo, fatto di fibre vegetali leggere e pelli spesso colorate e decorate con fibbie d’oro. I Greci invece produssero una gran varietà di modelli adatti a più esigenze come sandali di legno o sughero, stivaletti allacciati a mezza gamba di cuoio o stoffa e così via; in questo periodo non c’erano grandi differenze nello stile e nella tipologia tra calzature maschili e femminili. Grandi maestri calzolai, furono i Romani, famosi per le “caligae” un sandalo dalla forma piatta robusto e resistente usato nelle battaglie. Nel Medioevo invece una tra le calzature più diffuse, inizialmente portate solo dai nobili, era una scarpa foderata in pelle caratteristica per la punta estremamente lunga e sottile. Parlando di scarpe è inevitabile e curioso chiedersi, quando nacquero quei “centimetri in più” che ancora oggi ci consentono di modificare l’altezza: i tacchi. Prima del loro arrivo, le signore per sembrare più alte portavano scarpe con rialzo pari a tutta la lunghezza della suola, con cui, però camminavano a fatica perché poco comode. Solo nel 1500 furono prodotti i primi tacchi, piccoli di legno o sughero, cubici, cilindrici, lisci e scolpiti che, con il passare del tempo, raggiunsero ottimi risultati tra altezza ed equilibrio grazie alle nuove tecniche di realizzazione. La prima scarpa con tacco risale al 1533, indossata da Caterina de’Medici per il suo matrimonio a Parigi, il modello poi fu adottato nella corte francese dove i tacchi divennero un segno di privilegio, poiché le classi meno benestanti non potevano permettersi scarpe così poco pratiche. Ancora oggi, usato da molti stilisti, è il tacco “Luigi”, largo alla base così chiamato perchè nato sotto la sua corte. Continuando a parlare di scarpe, colui che contribuì a rendere popolari le zeppe dopo la loro prima comparsa nel 1600, fu lo stilista Salvatore Ferragamo fra gli anni 1930-50, i suoi modelli furono indossati da molte dive tra cui l’indimenticabile Audrey Hepburn. Ma cosa ci consiglia la moda per questo 2007? La collezione Vicini propone décolleté retrò a punta tonda con cinturini anni ‘40, forme ultrapiatte con punte sfilate dai colori decisi come il rosso, il nero e il bianco ottenuti per effetto di vernici spalmate su superfici di tela industriale. Tornano quest’estate, alte 12 cm, zeppe d’ogni genere, sportive ed eleganti in sughero, legno e corda decorate con fiocchi e fiori in organza. Sandali con lacci che si attorcigliano alla caviglia sono quelli in plexsiglass firmati Dolce e Gabbana, con tacchi a spillo e con lustrini quelli di Mario Bologna. Nelle vetrine risaltano anche le coloratissime ballerine, comode, leggere ed eleganti in vernice con applicazioni e ricami, in tessuto a stampe floreali, arricchite da piccoli cristalli e perline. L’ultima moda sono gli zoccoli Crocs, per meglio dire in stile “ospedaliero”, definiti “le scarpe più brutte mai create” in cellulosa colorata, con fori nella parte superiore della calzatura che permettono al piede di respirare. La comodità sta nel fatto che questi si possono indossare ovunque, anche sotto la doccia e stanno riscuotendo molto successo tra i vip Hoollywoodiani i quali possono permettersi anche qualche centimetro in meno…. [email protected] 11 Giugno 2007 Il gusto del bello da ROBERTA Aria di primavera-estate all’EUROSTOK Da Roberta è arrivato un treno carico di cose stupende. Abiti confezionati con tessuti esclusivi, impreziositi da raffinate applicazioni (alcuni lavorati a mano da esperte ricamatrici). Shorts e pinocchietti in un lino particolare e in sangallo, per le più giovani. Un tripudio di abiti, stravaganti ma sempre nel segno della raffinatezza, per tutte le età, per tutte le donne, per tutte le taglie, per tutte le esigenze. La titolare, Roberta Tarducci, una donna briosa ed elegante invita tutte ad abbandonare la moda tradizionale per ritrovare il gusto del bello contro la sciatteria, per sentirsi diverse con abiti esclusivi, per valorizzare la nostra personalità. La moda ha il potere di dar forma e immagine alla percezione che abbiamo di noi stesse e degli altri e da Roberta abbiamo di che sbizzarrirci. Capi unici di sartoria, ma a prezzi popolari. Inoltre pantaloni, giacche sfiziose, abiti griffati, pezzi vintage, bustini, maglieria originale, abiti francesi e molti modelli di gonne – la stessa Roberta è un’amante della gonne, simbolo senza tempo di femminilità - Per questa estate sì al bianco in tutte le tonalità, ma anche all’oro e all’argento. L’entrata è libera, varcate la soglia, scoprirete un mondo di fiocchi, di colori, di tanti tessuti, di svariati materiali e ritroverete il gusto del bello. Una capatina da Roberta per riempirci gli occhi di luce e l’anima di gaudio e…non ditelo a nessuno: è anche la mamma di Fibra e di Nesli! Roberta moda accessori Via Cavour, 36 Tel. 071 63317 Senigallia I negozi di stoccaggio Eurostock sono presenti da circa 10 anni nella nostra regione, quello di Senigallia dal 2002. La concezione di questo tipo di negozio è quindi differente da quella del classico negozio d’arredamento. L’ampio spazio espositivo interno ha al suo esterno un parcheggio ampio e comodo. Il giovane personale di servizio è attento ed efficiente. Quindi se dovete arredare la vostra casa dalla A alla Z, come si dice, qua troverete tutto ciò che occorre dall’arredamento vero e proprio a tutti gli “accessori” ovvero casalinghi e oggestica, luci, prodotti di pulizia e igiene personale, cartoleria e ancora tanto altro…. Se avete anche uno spazio esterno, il giardino, sono in mostra gazebo, dondoli, tavoli e sedie, sdraie ecc. insomma tutto il necessario, compresi porta vaso e tagliaerba. Per la casa, il reparto cucine presenta varie soluzioni, complete d’elettrodomestici da soli 890 euro; le camerette per i bambini costano dai 350 euro in su le matrimoniali da 390. La zona per il relax, il salotto, offre salotti in pelle, da tre posti più due, da 850 euro in su e vari modelli in tessuto; vasta la scelta di soggiorni con pareti attrezzate sia di linea moderna sia classica sia in arte povera con vetrine e credenze. Per l’arredo-bagno svariate e molteplici sono le soluzioni, con mobili-lavabo, vasche o cabine-doccia, mobiletti e tanti accessori. Non mancano le reti i materassi e i cuscini. Il settore della biancheria per la casa propone lenzuola, asciugamani, coperte e tovaglie. Se dovete comprare o cambiare il vostro elettrodomestico qua troverete vari modelli di frigoriferi, lavastoviglie e lavatrici. Per l’ufficio ci sono scrivanie e porta Pc, seggiole e librerie. Per illuminare tutte le vostre stanze troverete lampade e lampadari, plafoniere e piantane-luci, lampadine. Per finire non mancano poi gli articoli per il bricolage e la ferramenta e per tutti gli sportivi scarpe da calcio, calcetto, tennis e per i più pigri tante pantofole. Eurostok, Via Corinaldese 106, Senigallia, tel 071-60460 La qualità del riposo da “Il dolce dormir” Le persone sono molto diverse fra loro e, una buona soluzione letto, deve essere in grado di sostenere in maniera adeguata ogni tipo di corpo. Una soluzione letto deve cedere deve favorendo il rilassamento della muscolatura. Mentre il materasso deve reagire al più piccolo cambiamento di pressione e la rete deve compensare le pressioni più forti esercitate dai fianchi e dalle spalle. Se acquisterete materassi, reti, divani letto, poltrone relax da Il dolce dormir sperimenterete un comfort eccezionale durante il vostro riposo. Apprezzerete inoltre la maggiore durata dei loro prodotti. Il Dolce dormir è rivenditore autorizzato: Dorsal, Le fablier, Morfeus, Tempur, Dormire Sano, Secilflex. Prodotti con caratteristiche superiori che durano più a lungo. Il titolare “In questi anni mi sono impegnato nella ricerca dei migliori prodotti cercando di regalare al cliente le migliori soddisfazioni e sensazioni nel dormire. Il letto nel suo insieme ha un’elevata importanza nelle condizioni psicofisiche delle persone. In questi anni non sono stato fermo ad aspettare, ma ho cercato, studiato, sviluppato un'esperienza tale da capire cosa è meglio per voi che state cercando un buon materasso su cui far riposare il vostro corpo stanco ma soprattutto stressato da questa vita che va sempre più di corsa”. Il tutto a prezzi di fabbrica…ma non ditelo a nessuno. Il dolce dormir – centro del benessere in Via Litoranea, 103/107 a Marotta (Pu) – (vicino al semaforo) [email protected] 12 Giugno 2007 [email protected] 13 Giugno 2007 rie tecniche degli istituti professionali per periti elettronici. Tel. 3472773526 LEZIONI di lingua e grammatica Inglese, Tecnica turistica e Ricevimento. Disponibile come aiuto compiti, Recupero debiti formativi. 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Compie solo un breve viaggio, da Dusseldorf a Monaco di Baviera, dove - rimasto senza pecunia - va alla ricerca di un lavoro. “Non fu facile, era tutto nuovo per me, non conoscevo la lingua, sapevo solo alcune parole, quel tedesco definito “da spiaggia”, quei pochi termini che servivano per accalappiar le turiste in vacanza a Senigallia”. “Trovai un posto come commesso in un negozio di calzature. - continua Marco Bastari che abbiamo raggiunto al telefono - Acquisii esperienza e pratica, mi fecero direttore di una catena di negozi e poi decisi, 25 anni fa, di rilevare una filiale di calzature rigorosamente made in Italy da un israeliano. Da quel momento in poi io e mia moglie cominciammo a lavorare freneticamente, dalle 9 del mattino alle 20. Sono stanco, sono arrivato a 62 anni, ho bisogno di Il coordinamento Reg.le per la Promozione Attività multifunzionali e Turismo Rurale (Copramatur) con sede a Senigallia annuncia che, grazie all’accoglimento di alcune proprie specifiche richieste qualificanti nel Psr 2007/2013 relative a finanziamenti per attività agricole connesse con priorità nelle aziende biologiche (bioagriturismi, biofattorie didattiche, bioagrienergie ecc…)avvierà una serie di iniziative illustrative dei nuovi vantaggi, specie in forme associative o in filiere territoriali di qualità. Maggiori dettagli verranno forniti in un’intervista al coord. Reg.le, dott. Alberto Bruschi che illustrerà anche un ambizioso programma di marketing territoriale integrato denominato “NaturArte” volto all’animazione del turismo rurale comprensoriale. Con l’occasione il Copramatur esprime viva soddisfazione, in quanto a seguito di azioni di pressione curate dallo stesso coordinatore con i sindacati agricoli nazionali, il Ministero competente, tenuto conto della crisi del settore, ha disposto uno slittamento degli adeguamenti e relativi ricorsi dei nuovi estimi catastali legati a colture oltre a misure in corso di studio per la semplificazione degli accatastamenti di fabbricati ed accessori rurali ed ex-rurali. riposo…”. Dunque la bavarese di cui si era invaghito è diventata poi sua moglie “Già. E’ mia moglie da un bel po’ di anni. Originaria del nord della Germania, ma ha la mentalità di una napoletana, di una delle nostre donne del sud. Abbiamo avuto 2 figli, Maurizio e Franco di 22 e 24 anni, entrambi studiano all’Università, il più grande una volta finiti gli studi subentrerà al mio posto, sempre se non cambierà idea prima. La scelta lavorativa è una scelta di vita importante, deve avere tutto il tutto tempo e tutta la libertà di rifletterci”. La sente la nostalgia di Senigallia? “A Monaco sto molto bene, la qualità della vita è alta, è una città molto tranquilla, non c’è delinquenza, è molto pulita e la gente è onesta, anche troppo!” In che senso? In che modo l’onestà, che è una delle virtù più bistrattate del nostro tempo, può essere eccessiva? “I tedeschi sono precisi, rigorosi, pignoli. In questo differiscono completamente da noi che siamo molto più “pressappochisti”. Pensi, per farle un esempio, che una cliente del mio negozio si è presentata dopo tre anni con la Ricevuta per cambiare l’acquisto. Anche se devo ammettere che mi sono abituato, ci sto bene, a me piace la precisione”. Ci sarà pur qualcosa che le manca di Senigallia? “Il mare, in primis. Sono cresciuto in Via Rieti, proprio a ridosso della Spiaggia di Velluto e non appena ho l’occasione torno a trovarlo. E poi gli amici – fortunatamente ne ho ancora molti, perché torno spesso – e mi mancano i suoi colori e il cibo”. So che è tornato per le festività pasquali, come l’ha trovata la città? Cambiata? In un buono “stato di salute”? “Devo dire con sincerità che l’ho vista migliorata, ogni volta mi pare sempre più bella. Ho apprezzato la zona pedonale in Via Carducci e il nuovo Corso Matteotti. D’Inverno sto volentieri a Monaco, ma come arriva l’estate non vedo l’ora di far le valigie e partire alla volta di Senigallia. Quando andrò in pensione vorrei fermarmi almeno due mesi, ho così voglia di tornare a godermela” Letizia Stortini Alla Spiga il più vasto assortimento di costumi Merita nuova luce Se entrerete nel colorato mondo de La Spiga, negozio d’abbigliamento per l’estate, avrete di che sbizzarrirvi. Un variegato assortimento di costumi da bagno per Uomo, Donna e Bambino. Per tutti coloro che fanno del proprio corpo un’altera esaltazione della bellezza o un’arma di seduzione o semplicemente per stare bene con se stessi, vestendo un modello che meglio si confà alle vostre esigenze. La vitalità dei colori e le fantasie, arricchiscono ulteriormente tutta la serie di costumi da bagno con i relativi accessori: borse, teli… Modelli eleganti ed originali e tutti supportati dalla qualità del made in Italy. Griffe come ETOILE di Rovigo, LE MILLE BOLLE BLU, LA ROSA BLU o TWEETY per i più piccoli. Un’offerta vastissima per scegliere al meglio il proprio capo, quello che meglio ci personalizza. Inoltre La Spiga si distingue anche per un buon rapporto qualità-prezzo. Dal 2001 il negozio è gestito da una sorridente signora, Noemi Marchetti e da suo marito, persone cordiali e pronte a soddisfare al meglio le vostre richieste. Provate, entrate, rimarrete esterrefatti, tutta la merce è a vista, i vostri occhi ne potranno godere. Il negozio rimane aperto tutti i giorni dalle 9.00 alle 12.30 e nel pomeriggio dalle 16 alle 20 e la sera dalle 21 fino a tarda notte. Da non perdere il 7 Luglio una sfilata di moda nella piazzetta antistante il negozio, sotto Palazzo Venezia, una serata d’intrattenimento con musica e piano bar. LA SPIGA Lungomare Alighieri, 52 - Senigallia Il ritratto di Gasparo Arsilli di GABRIELA SOLAZZI librisenzacarta.it È rimasto nell’ombra per alcuni secoli e un po’ di quel buio si è attaccato alla sua immagine. Mi riferisco al ritratto di Gasparo Arsilli che si trova a Palazzo Augusti Arsilli (cronologicamente Arsilli Augusti). Ora il quadro è stato spostato dallo scalone allo studio del Direttore, per una più attenta conservazione. Probabilmente è l’unico ritratto dell’epoca rinascimentale rimasto a Senigallia (dopo che quello di Francesco Arsilli, opera di Sebastiano del Piombo, portato in Ancona alcuni decenni fa, non è più tornato nella nostra città). La scritta in alto riporta «GASPAR ARSILLUS I U D ANN XXVI MDXXXX». Il quadro è piuttosto scuro e anche la figura ritratta appare “opaca”, triste. Ma una foto digitale che io, dilettante, ho fatto (per una conferenza di mio marito), inaspettatamente ne ha modificata l’immagine! È apparso un giovane vestito con sobria eleganza, con un berretto simile a un basco da pit- “Come potrebbe tornare a sorridere” tore da dove fuoriescono alcuni ciuffetti di capelli castani; rivolge allo spettatore uno sguardo chiaro e diretto, ma pacato, ha un incarnato roseo e forse con efelidi. Nella foto digitale sono riapparsi i colori che la patina del tempo ha nascosto all’occhio nudo, è riemerso il “giovane”, che forse avrebbe tanto da dire a noi posteri, concittadini ignari della rilevanza che lui, Gasparo Arsilli, ha avuto nel suo tempo (aggregato al Consiglio cittadino a 26 anni, Gonfaloniere a 30, laureato a Bologna in Diritto, uomo di legge con vari incarichi a Parma, Genova, Firenze, Bologna, Roma, Macerata, stimatissimo dai giureconsulti romani dell’epoca). Non sappiamo chi è l’autore del quadro, forse un pittore minore, ma l’opera merita senz’altro la nostra attenzione e speriamo in un altro provvido, felice restauro per la sollecita cura della Sovrintendenza! [email protected] Giugno 2007 SENIGALLIA Un professor di Matematica alle prese con il Verso 15 SINERGIE CON LA PRO LOCO Le “Primule fucsia” di Mauro Marcellini Insieme il gruppo fotografico F/sette Espressivita’ latenti di Federico Curzi E’ uscita una raccolta di poesie dal titolo “Espressività latenti”, l’autore è Federico Curzi che ha voluto raccogliere in un Unicum i suoi componimenti più belli. Versi ermetici, criptici, bisogna trovare una seconda chiave di lettura per arrivare a comprendere il significato delle metafore. L’autore stesso afferma “La poesia è l’essenza dei sentimenti”. Il volume è stato realizzato grazie agli sponsor come Bice Ristorante, Centro Studi Blu Jarma, Olos erboristeria, FilmInvideo. L’Associazione Pro Loco “Spiaggia di Velluto” si è riunita per discutere il programma, oramai definitivo, sugli eventi estivi organizzati. E’ stata l’occasione anche per stipulare una nuova sinergia. L’Associazione F/sette nata nel 1990 che in sè raggruppa appassionati della fotografia ha deciso di entrare a far parte della locale Pro Loco creando una sezione dedicata appunto alla fotografia, questa importante forma d’arte particolarmente legata alla città di Senigallia. I fotografi sono: Massimo Marchini, Marco Pierfederici, Leonardo Bellagamba, Marco Mandolini, Davide Maglio, Paolo Piermarioli, Franco Mariangeli, Fabio Neri, Michele Medici. Cultori con significative esperienze alle spalle, con numerose collettive e personali in giro per l’Italia. Per chi fosse interessato ad attivarsi per questa nuova sinergia tra le due associazioni può contattare il numero: 347.9672146. Vari sono progetti da realizzare insieme. Un primo è uno sguardo sulla Fiera di Sant’Agostino. Durante il tradizionale appuntamento dell’estate i fotografi immortaleranno immagini e situazioni, ognuno con in una sua personale ed originale prospettiva. Ricordiamo inoltre i prossimi appuntamenti della Pro Loco: 1^Edizione della Mostra di modellismo-collezionismo dal 14 Luglio al 12 Agosto presso la scuola Fagnani. Gli interessati che avessero la volontà di partecipare possono rivolgersi al numero: 328.9849109 (non oltre il 1 Luglio). Dopo il successo ottenuto lo scorso anno si rinnova l’appuntamento con Via Carducci incontra l’Arte, mostra di pittura in tutti i week end di Luglio ed Agosto. Evento organizzato insieme all’associazione di Ancona “Archi Vivi”. All’interno della mostra anche uno spazio dedicato alla fotografia con i Reportage di vita del mondo di Giorgio Pegoli. Appuntamento con la Danza del Ventre Una “ferramenta per amico” Esistono numerosi benefici per il corpo e per la mente che vengono associati all’esercizio di questa antica arte, definita anche “danza orientale”, chiamata “Belly Dance” in inglese e “Raks Sharki” in lingua originale. Attraverso la musica e la danza,la creatività ritrova un suo spazio dove la ragione si concilia con la passione.Nella danza la disposizione in forma circolare delle danzatrici che unisce senza inizio e senza fine, consente di celebrare un femminile positivo, che può aiutare a superare il rifiuto totale o parziale del proprio genere sessuale, presente talvolta in alcuni momenti evolutivi o in alcune difficoltà psicologiche. Chi è interessata a sperimentarsi ma sopratutto a divertirsi è possibile partecipare ad una lezione di danza orientale che si terrà il giorno 23 giugno dalle ore 17.00 alle ore19.00 gratuita nella palestra Centro Studi Danza presso la Coop Saline. Il corso è tenuto dall’insegnante Noemi Donati,che da anni gestisce corsi qualificati e preventivi Prima della guerra la “bottega artigiana” di Brenno Colocci, idraulico e ottonaio, era in Corso 2 Giugno; poi negli anni trenta si sposta in Piazza Roma dove si poteva, allora comprare anche qualche articolo di materiale elettrico e per la casa come le posate, ecc. Dopo il 1946 si di oggetti ni quotidiane, trasferisce in Via Commercianti e nel 1981, alla tradizione di Colocci dore e ne percepiamo il subentra l’attuale proprietario Maurizio che fin da ragazzo“C’è habisogno impara- di colore, c to il mestiere nella ferramenta. Ora il gran negozio comprende anche è colorato Il mio mondo articoli per la spiaggia quali ombrelloni e sdraie; per ilsicampeggio inventa nulla, non si borse termiche, borracce, lampade, fornelletti. Cassette per fiori, balneamente, ci sono tanti coniere e terriccio; vasto assortimento di vernici e colori. Tende dapreferito soil colore di mia la Poesia mi è sempre piaciuta, continuai a leggerla comLa raccolta è costituita da prando libri su libri. Eppure pensavo di non scrivere male, compattezza risulta un l rifica, in una dialettica m riunire in sé l’introspezio Il libro di poesie Primule dalla BTB (Biblioteca di ne culturale “Sena Nov dini, senza la collaboraz sarebbe mai avvenuta. dott. Antonio Maddamm ro Pierfederici che ha de tenuti nel volume; All’In parte informatica; Alla d ste grafica; ad Andrea M la vena artistica di suo p anche se l’incipit del primo Verso :è Non so scrivere poesie”. Il mondo, visto da questo novello poeta, è oggetto di curiosità attonita e insieme di scavo conoscitivo e viene meditato e riproposto con un’ironia sottile, quasi tutti i versi vibrano di una singolarissima nota giocosa. “La mia Poesia è positiva – sottolinea Mauro Marcellini – [email protected] co di trasmettere, di condividere un’energia favorevole. Sono un ottimista. Nei miei Versi c’è l’Amore. Amore per la vita” Sensibile e talvolta scoperto la sua Poesia si nutre di emozio- SENIGALLIA 16 Michele Sanna tra i restauratori della “Calamita Cosmica” di Gino De Dominicis Si porta ancora dietro il genio marchigiano la straordinaria “Calamita Cosmica”, monumentale ironica installazione di Gino De Dominicis esposta a Milano, che nel 2005 aveva catalizzato l’estate anconetana giacendo all’interno della Mole Vanvitelliana. Nello staff c’è anche il senigalliese Michele Sanna “Una bellissima esperienza lavorativa” - sintetizza entusiasta il giovane artista. Il restauro è durato mesi ed è stato realizzato assieme a Davide Arbia e al coordinamento dei professori Carlo Bruscia e Giulio Marcucci “Poche volte capita il restauro di un’opera moderna-contemporanea di grande importanza come questa” - ammette Sanna. L’installazione a Milano è stata voluta dal critico e attuale assessore comunale alla cultura Vittorio Sgarbi. Lo “scheletrone” di circa 24 metri e 80 quintali di peso, con il vistoso naso da Pinocchio e l’asta dorata sospesa sulla mano destra come ideale raccordo tra vita e morte, terra e cosmo, ripo- sa in piazza della Signoria, centralissima agorà a fianco al Duomo milanese. Da lì, il genio dell'anconetano Gino De Dominicis continua a provocare i passanti con questo paradossale ironico memento mori, aperto a mille interpretazioni e speculazioni. Dopo Milano, la “Calamita cosmica” dovrebbe ripartire per altre prestigiose destinazioni europee, prima di trovare la sua collocazione definitiva nel 2008 a Foligno, nello spazio permanente che la Fondazione Cassa di Risparmio di Foligno (proprietaria dell’opera) ritiene ideale. Esposto per la prima volta a Grenoble e poi a Napoli, nel 2005 lo Scheletrone è arrivato ad Ancona, per la prima volta proposto al completo con l’asta dorata. Totalmente smontabile, costola per costola, è realizzato in polistirolo, ferro e resina. Il trasporto a Milano ha richiesto la disponibilità di 3 Tir. TIME MACHINE Mandateci le vostre foto del passato a: [email protected] o in Via Copernico,3 - Senigallia 1958 1984 Patrizia, insegnante con sua madre Elena, Barista 1977 Federico, barista 1992 Flavio, studente [email protected] Giugno 2007 Giugno 2007 COMUNE DI SENIGALLIA 17 La città in bicicletta Bike sharing: attivato il nuovo servizio di noleggio gratuito L’assessore alla mobilità Simone Ceresoni Senigallia è entrata a far parte del ristretto novero delle città italiane che promuovono in modo concreto l’uso abituale della bicicletta come mezzo privilegiato di trasporto in città. Da giugno infatti l’Amministrazione Comunale -assessorato all’ambiente - ha attivato il servizio di noleggio gratuito di alcune speciali biciclette di proprietà comunale - bike sharing - che verranno collocate in alcune zone strategiche della città a disposizione di residenti e turisti. L’utilizzo delle biciclette è disciplinato da alcune semplici regole che cerchiamo di riassumere. IN COSA CONSISTE IL NUOVO SERVIZIO Consiste nel mettere a disposizione dei cittadini biciclette di proprietà comunale che verranno collocate in 10 rastrelliere ubicate in alcuni luoghi strategici della città. L’utilizzo dovrà necessariamente avvenire nella fascia oraria compresa tra le 7,00 del mattino e la mezzanotte. CHI POTRA’ UTILIZZARE LE BICI DEL COMUNE I cittadini maggiorenni residenti o che studiano o lavorano in città ed i turisti che vi soggiornano COME FARE PER NOLEGGIARE LE BICI E’sufficiente andare all’Ufficio Comunale Relazioni con il Pubblico in piazza Roma, compilare un modulo e versare una cauzione di 5 euro. Il cittadino riceverà subito una chiave codificata che, inserita nel dispositivo presente nella rastrelliera, permetterà di sganciare la bici comunale e poterla utilizzare. Dopo averla utilizzata la bici dovrà essere riposta nella stessa rastrelliera dalla quale è stata prelevata. Nel momento della riconsegna definitiva della chiavetta, l’Ufficio gli restituirà la cauzione versata. OBBLIGHI DELL’UTILIZZATORE Il cittadino utilizzatore dovrà custodire diligentemente la bicicletta comunale, utilizzarla entro la fascia oraria consentita, risarcire i danni subiti dal mezzo durante il suo utilizzo. Il servizio comunale competente verificherà, attraverso il dispositivo informatico della rastrelliera, il corretto utilizzo della bici ed in caso di accertamento di violazioni delle regole d’uso sottoscritte attraverso il modulo potranno essere applicate penalità economiche DOVE SI TROVANO LE BICICLETTE Le rastrelliere con le biciclette comunali si trovano nelle seguenti aree: Stazione F.S., Stazione degli autobus nel retrostadio, nel Lungomare di Levante ( Ponte Rosso,Ciarnin,Marzocca) ed in quello di Ponente ( zona nei pressi del giardino del fanciullo e Cesano) COLLEGAMENTO CON ALTRE CITTÀ La chiavetta che il cittadino riceverà dall’Ufficio relazioni con il Pubblico darà la possibilità di utilizzare le biciclette comunali che si trovano nelle altre città che aderiscono a questa iniziativa:Bologna, Ferrara,Modena,Ravenna e tutte altre individuate nello specifico sito internet www.centroinbici.it CARATTERISTICHE DELLE BICICLETTE Le biciclette comunali avranno caratteristiche tecniche speciali che le rendono particolarmente robuste e resistenti ad intemperie ( cerchioni in alluminio, ruota con gomma piena, telaio speciale, sella marchiata a caldo con il logo dell’iniziativa). Per ulteriori informazioni è possibile contattare l’Ufficio Relazioni con il Pubblico 0716629328 [email protected] 18 VA L L I M I S A N E V O L A C E S A N O Giugno 2007 San Michele al Fiume: le origini (Ultima parte) di GIUSEPPE PIERANGELI I LONGOBARDI I Longobardi, o uomini dalla lunga barba, popolo guerriero a tal punto da considerarsi un “exercitus” calano in Italia, guidati dal loro re Alboino, nel 569. “Le peregrinazioni di questo popolo – scrive G.Luigi Barni – furono lunghe nel periodo in cui molte ondate barbariche scorrevano fuori dell’impero romano e premevano sul “limes” di detto impero; divennero poi federati dei Bizantini dai quali ottennero come sede la Pannonia. Un corpo militare di Longobardi combattè in Italia a fianco delle truppe di Giustiniano contro i Goti in quella lunga guerra che doveva ridare questa terra all’impero – ormai impero romano d’Oriente – e durante le quali tali ausiliari dovevano aver modo di conoscere quella che doveva essere la futura sede…” Dopo aver istituito il ducato del Friuli, eletta Pavia propria capitale, scendono lungo l’Appennino dove originano i ducati di Tuscia, di Spoleto e di Benevento, spingendosi con Autari fino a Reggio. Per contrastarli i Bizantini si alleano nel 588 con i Franchi che scendono per la prima volta in Italia. “Sulla costa adriatica – scrive Sergio Anselmi – allora, vanno ridefinendosi le aree di influenza tra i Bizantini di Ravenna (Esarcato e Pentapoli) e le genti germaniche del Ducato Spoletano desideroso di raggiungere il mare”. Nel 727 avvenne la ben nota donazione di Sutri. Il re cattolico Liutprando occupò, come difensore del Pontefice, Bologna con le sue terre, la Pentapoli fino ad Osimo ed anche Sutri, nel Ducato Romano che, su espressa richiesta del Papa Gregorio II, venne riconsegnata alla Chiesa che, per la prima volta, otteneva il potere temporale su una città. E’ forse questa la data alla quale si può ipoteticamente far risalire lo stanziamento di genti Bulgare e Slave sul territorio delimitato dalla: sinistra del fiume Cesano; cresta collinare spartiacque tra il Metauro ed il Cesano conformemente all’attuale strada orcianese che all’altezza di Piagge curva a sud per scendere a Rialdone; il Rio che da Orciano, passando per Mondavio, scende fino a San Michele e si getta nel Cesano. Dopo la “donatio carisiaca” di Pipino, con la quale la Repubblica dei Romani rientrava in possesso delle terre conquistate da Astolfo, la Chiesa Ravennate diventa proprietaria di molta parte del nostro territorio. Nel 774, con la sconfitta di Desiderio alle chiuse, presso Susa, ha fine il Regno Longobardo in Italia; Carlo Magno, il vincitore, viene incoronato in San Pietro, la notte di Natale dell’800, Imperatore del Sacro Romano Impero. IL CASTELLARO La “Curtis” è stata un’organizzazione politico-amministrativa con la quale i longobardi organizzarono stabilmente l’economia agricola. Di questa presenza longobarda, oltre al toponimo “Castellaro” e alla dedica all’Arcangelo guerriero della chiesa di San Michele del Fiume abbiamo anche i vocaboli “Sala” (Rio di San Michele detto “Saletto” o “Saliceto”) e “Gahagi” (Ponte delle Gagge). Le vicende del Castellaro di Guido sono strettamente collegate ai destini di Sant’Eleuterio prima e, successivamente, alla costruzione del Castello di Mondavio. Questa grande proprietà viene nominata per la prima volta nel 1139, il 24 maggio, nella conferma a Fonte Avellana dei suoi privilegi da parte di Papa Innocenzo II. Nel febbraio 1145 ritroviamo la terra de Guidutio filio Guido come confine di una donazione, da parte di Corbolo figlio di un certo Basto o Ota sua moglie, a Savino priore di Fonte Avellana, di una chiusa nel comitato di Senigallia. Nell’aprile 1146 Guido Guidonis, consenzienti Pietro e Aimo suoi figli, da in pegno a Savino, priore dell’eremo di Santa Croce di Fonte Avellana, alcuni suoi beni siti nel territorio di Senigallia nel fondo di S.Eleuterio, per venti soldi inforzati, con la condizione che, qualora possa riscattare il debito entro il primo agosto, l’oggetto del pegno torni al cedente: in caso contrario l’eremo terrà la quarta parte delle messi ed il cedente perderà ogni diritto di riscatto. Il 2 Gennaio 1151, Rainuccio vende all’eremo di Fonte Avellana nella persona del rettore di Sant’Eleuterio, una pezza di terra nel territorio di Senigallia nella regione di Sant’Eleuterio al prezzo di ventiquattro soldi di inforzati. Nei confini: a secondo vero latere detinet Guido Filius quondam Guidonis. Il 19 Giugno 1152 Pietro de Guiducio Guidonis e Guilimarca sua moglie donano a Fonte Avellana tutte le loro proprietà nel comitato di Senigallia e di Fano e cioè: nel Castellaro de Guiducio de Guido e nella sua corte; nel monte Bretenzoni e nei suoi dintor- ni; in Serqua Cupa e nei suoi dintorni; nella corte di S.Maria in Portuno; nel piano Sasano; nel Castello di Frattula e nella sua corte; nel Castello de Marco e nella sua corte; nel Castello Girardo e nella sua corte; nel Castello Belvedere e nella sua corte; in Campo Longo e nella sua corte ed in qualsiasi altro luogo. Confini: A primo latere flumen Metauro, a secondo flumen Isini, a tercio litis maris, a quarto alpis montis. Intra hec latera damus et donamus et offerimus vobis omnes predictas res, quod est de proprietate nostre quocumque modo. Idest detenis, vineis,olivis,campis,silvis,rivis,acquis,aquimolis,saleptis,pratis,pascuis,cultis et non culti,ecclesiis,castellis,ripis,fusatis,molendinis,cum arboris frutiferis et non frutiferis, cum introito et exitu suo et cum omnibus que infra se aut super se abentes et sibi pertinentis in integrum. Ego Petrus Tabellio de Urciano scripsi et complevi. Testimoni Buccasso de Gozo, Acto de Monte Boddo e Martinus Actolus de Maria e Corbulus de Basta et Johannes Martinelli. Il 4 Aprile 1155 Pietro de Guiducio Guidonis e Leonardo suo figlio con Guidilmarca e Sofia loro mogli donano per l’anima propria e dei loro parenti , a Savino priore dell’eremo di S.Croce di Fonte Avellana ed ai suoi confratelli, la loro proprietà nel comitato di Senigallia nella corte di Castellare, nella parrocchia di Santa Maria de le Terre. Confini: a primo latere via pubblica qui venit Sancta Maria de le Terri, a secondo de subta via qui venit Sanctum Petrum et vadit Sancti Micaelem; a tercio latere ipsia clausura qui olim fuit Trasbertus Viviani et modo est Sancte Crucis; a quarta latere de super ipsa ecclesia Sancta Maria de le Terre. Ego Petrus Tabellio scripsi et complevi. Il documento è corredato da un’interessante postilla: “Ego sopradictus prior promitto pro me et meis successoribus si vos vel vestris heredes feceritis castellum in ipso monte ubi ecclesia Sancte Marie de le Terri edificata est et quieseritis recuperare nobis supradictam terram, promittimus restituire vobis recepito gambio a vobis vel a vestris heredibus ad similem”. Il 7 Giugno 1163, nel castellare Guidicum, Atto, figlio di Garello, priore di San Paterniano, con i suoi monaci da in enfiteusi a terza generazione a Giovanni e Benedetto figli di Martino e a Benedetto presbitero e a Berta e Maria loro sorelle, un terreno già in dote alla chiesa di San Pietro per l’annua pensione di un amiscere di tutti i frutti e della decima. Il toponimo “Castellaro” è sopravissuto fino ai giorni nostri. In una cartina di epoca napoleonica troviamo raffigurata la “Contrada del Borghetto” preceduta dalla definizione Casa Ducale Lotembergh. Il principe Augusto Massimiliano, erede del principe Eugenio di Beauharnais, vicerè d’Italia, aveva assunto il titolo di Conte di Leuchtemberg ed era entrato in possesso della grande possidenza rustica e urbana derivante dalla soppressione delle corporazioni religiose, operata da Napoleone, denominata “l’appannaggio”. Nel 1845 per volontà di Gregorio XVI, i beni dell’appannaggio vengono riscattati dalla Santa Sede e venduti agli agricoltori del luogo. Il Comune di Mondavio è compreso nel Distretto III di Senigallia. Il colono Del Moro Cesare acquista il podere in vocabolo “Castellaro”, la cui superficie misura 5 coppe e 6 canne. Il borgo originariamente il gruppo di case fuori dalla cinta muraria o nelle vicinanze dell’abitazione signorile. Il “Borghetto” e la vicina chiesa di Santa Maria della Quercia unitamente al toponimo Castellaro sono dunque ricollegabili al “Castellaro” ricordato dall’Antonini nelle sue annotazioni al “Discorso” del Seta e del quale abbiamo cercato di ricostruire le vicende. LA CHIESA DI SANTA MARIA DELLA QUERCIA Nelle vicinanze della “Contrada del Borghetto”, addossata al ciglio della strada che conduce a Mondavio, v’è una chiesetta: Santa Maria della Quercia. Ristrutturazioni passate della quattrocentesca costruzione e i recenti lavori di sistemazione e consolidamento, inducono a considerare ancora più antica la sua origine. Alla chiesa era annessa un’abitazione che comprendeva: camera,cucina,forno ed una stalla per un asino da soma. Questo piccolo complesso era alle dipendenze di un rettore che amministrava entrate ed uscite, dato che in detta chiesa avevano obblighi di messe in suffragio ed elemosine del Patriziato della Terra di Mondavio. Nella visita pastorale fatta il 27 Ottobre 1610 dal vescovo di Fano Mons. Tommaso Lapi viene visitata, tra le altre: la chiesa di Santa Maria, dove era eretta la Confraternita dello stesso nome. Come rettori ricordiamo: Lorenzo Lanucci, Nicolò Antonimi, Alfiero Ridol- [email protected] fi, Antonio Agabiti, Giulio Lorenzo Savelli, Aldo Fluidi. Nell’anno 1716, in agosto, ai Rettori successero i Sindaci: Giulio Ignazio Seta (1716 ago) Lorenzo Berti (1727; 1 mag.) Nicolò Antonimi (1744) Nicolò Celli (1795) Lucio Lanicci. In una nota si legge: Seta Giulio sindaco di Santa Maria della Quercia, dona una pianeta verde con fiori d’oro al Cappellano Filippo Averardi. Un Cappellano protempore risiedeva nella chiesa ed era eletto dalla comunità. Ad ogni anno si fermava per l’adempimento degli accennati obblighi. A disposizione del cappellano, ma proprietà della chiesa di Santa Maria, v’era un campo nelle vicinanze della chiesa. La rendita annua era: mosto, circa due some. Il 30 giugno, nel pomeriggio, presso il Bar Baldini di Brugnetto, il negozio Toffee Toffee di Senigallia presenterà un sfilata di moda dedicata all’abbigliamento estivo e ai costumi per i bambini da 0 a 6 anni. Vi aspettiamo numerosi. 19 Vittoria Colonna Malatesta Senigallia a Montecassino La Magnifica domina di Castel Colonna di FABIO BELLINI Il Castello malatestiano della “Tomba” si chiama oggi Castel Colonna, in ricordo di Vittoria Colonna Malatesta, sua antica feudataria locale nel XV secolo. Chi fu Vittoria Colonna? Perché la sua tormentata avventura storica viene ad inserirsi nelle complesse vicende di questo piccolo centro dell’entroterra di Senigallia? Ella apparteneva alla nobile famiglia romana dei Principi Colonna; per la sua fiorente bellezza e per l’indomito carattere venne chiamata ai suoi tempi “La Magnifica Dòmina”. Vittoria Colonna nasce a Roma nel 1401; è la figlia del Duca d’Alba Lorenzo Colonna. Nel 1416, appena quindicenne, va sposa a Carlo Malatesta, signore di Pesaro. Nel 1430, Papa Martino V (Oddone Colonna, zio paterno di Vittoria) concede a Carlo Malatesta anche la Signoria di Senigallia e del Vicariato di Mondavio di cui fa parte anche il castello della Tomba che viene assegnato personalmente in dote a Vittoria Colonna. Ora la signoria dei Malatesta di Pesaro è all’apice della sua potenza e si estende da Gradara a Fossombrone, a Senigallia ed alla valle del Misa e del Cesano. Il destino però ha deciso altrimenti: nel 1438 muore Carlo Malatesta, lasciando Vittoria Colonna vedova e senza eredi: nel disfacimento della signoria, Pesaro passa ad Alessandro Sforza e Senigallia viene concessa a Sigismondo Malatesta: a Vittoria Colonna resta solo la signoria del castello della Tomba. A questo punto, Vittoria Colonna “…che più della vedovanza di Carlo sentiva quella della sua signoria…” trova la strada per tornare in primo piano sulla scena storica marchigiana. Alessandro Sforza, ora signore di Pesaro, ha sposato Sveva da Montefeltro, figlia del Duca di Urbino e nipote di Vittoria Colonna, ma tale matrimonio politico entra presto in crisi. Con l’intento di proteggere la sua infelice nipote ma soprattutto bella e indomita, trae a sé dei complici, tra i quali i suoi amanti Alvise da Basicaretri e Pietro da Carmazzano, organizzando una congiura per sopprimere Alessandro Sforza. Nel 1449, però, la congiura viene scoperta: Vittoria Colonna si salva solo grazie agli uffici della potente famiglia a cui appartiene. Arriviamo al 1457: nel suo piccolo castello della Tomba, la nostra indomita eroina fa completare la costruzione delle mura e della rocca fatta iniziare dal Mastin Vecchio nel secolo precedente: sotto l’arco della torre principale viene apposta la lapide dedicatoria ancora esistente: “HOC OPUS FECIT FIERI MAGNIFICA DOMINA VICTORIA COLUMNENSIS DE MALATESTIS – 1457 – DIE TERTIA NOVEMBRIS”. Ma siamo all’ultimo atto: con la tragica avventura di Pesaro, dall’infausto epilogo, Vittoria Colonna sta ormai uscendo dal complesso gioco politico dell’epoca. Sentendo avvicinarsi la sua ultima ora, la nostra inquieta feudataria se ne torna a Roma, alla casa paterna. La popolazione della Tomba, muta e desolata, assiste alla partenza della sua amata signora: nelle stanze deserte della rocca resta solo il suo ritratto a guardare lontano, verso i suoi campi arati e i solitari cipressi oscuri nel tramonto. Mentre i cavalli divorano la strada verso il Furlo e la via Flaminia per Roma, quella che era la “Magnifica Domina” guarda per l’ultima volta il teatro delle sue gesta: le corrusche fortezze malatestiane e feltresche che si allontanano all’orizzonte. E’ il 1458: in un triste tramonto, nella solitaria rocca di Paliano sperduta tra i monti del Lazio meridionale, Vittoria Colonna detta le sue ultime volontà: lontana dai suoi perduti domini della Marca, vorrà essere sepolta a Roma, nella Basilica dei Santi Apostoli dove era stata battezzata, accanto alla tomba del fratello, il cardinale Prospero Colonna. Sulla sua tomba viene scolpita questa epigrafe: VICTORIAE LAURENTII COLUMNAE F. KAROLI MALATESTAE CON. MATRONAE INSIGN. VIXIT AN. LVII MENS. III DIES XIII OB MERITA IN FAMIL. CLIENTES. Purtroppo, durante i rifacimenti settecenteschi, la sua tomba andrà dispersa fra le altre, polvere nella polvere. Così concludeva la sua tormentata avventura terrena Vittoria Colonna Malatesta, “La magnifica domina”. L’Associazione Italo-Polacca delle Marche ha organizzato una visita ufficiale a Montecassino il 12 Maggio, sotto l’egida del Comune di Ancona con un programma che ha La battaglia di Monteccassino, 80x100 tecnica mista - G.Gierut coinvolto i soci rappresentanti del capoluogo e quelli di Senigallia, Ostra e Civitanova Marche. Tutti hanno presenziato le cerimonie ufficiali davanti al Sacrario Polacco al cospetto della delegazione ufficiale istituzionale e militare di cui faceva parte l’ultimo presidente del gov.no polacco esiliato R.Kaczorowski e la sig.ra Irena Anders. Il Consiglio Comunale di Ancona ha reso gli omaggi al rito attraverso il presidente in carica Giuseppe Frisoli ed ex presidente Maurizio Cesarini che nel 2004 era a capo delle celebrazioni del 60° anniversario della liberazione di Ancona. Per il comune di Senigallia due bersaglieri incaricati dal Comitato per le Pubbliche manifestazioni hanno consegnato ufficialmente un ricordo della città. L’AIPM ha offerto un’opera pittorica “La battaglia di Montecassino” dipinta da Giuseppe Gierut, nostro socio, alla memoria della gloriosa battaglia e di suo padre polacco che partecipò al combattimento. Sono trascorsi 60 anni dal luglio del 1947 quando le Forze Armate polacche 20 C U LT U R A Giugno 2007 Tornano gli Anastasi: irrisolti i dubbi di base di FLAVIO SOLAZZI socio individuale dell’ICOM - International Council Of Museums Qualsiasi bene culturale (non solo delle arti figurative) è da valutarsi come una unità integrata da molteplici elementi, i quali lo contestualizzano all’ambiente dove esso è stato realizzato. Essi gli permettono di passare in quella memoria condivisa, nella quale il cittadino riesce a rapportarsi più profondamente con l’opera d’arte, perché la comprende. Cito come esempio una recente esperienza riguardante un quadro conservato presso il Museo Diocesano di Senigallia e che non suscita al primo impatto particolare attenzione. È una Adorazione dei Magi e il catalogo dice che essa proviene dal vecchio Duomo ed è attribuibile al baroccesco Cesare Maggeri: il visitatore guarda, legge e passa oltre e, tutt’al più, se ha un minimo di competenza in materia, solleva qualche dubbio sull’attribuzione. Recentemente siamo riusciti a individuare in questo quadro il dipinto che, nel vecchio Duomo, era sull’altare maggiore della famosa cappella dei Magi appartenente alla famiglia degli Arsilli. Come quasi sempre avviene quando un quadro di tale soggetto è ordinato da un privato, Magi e paggi del loro corteggio hanno le sembianze di membri della famiglia committente. Se di conseguenza proponiamo il quadro come l’equivalente di una “foto di famiglia” degli Arsilli e in base ad altri elementi riusciamo ad indicare quando e perché essa è stata scattata (intorno al 1625), chi l’ha realizzata (Amico Altini probabilmente) e a dare un nome ai personaggi raffigurati, sollecitiamo il visitatore ad “entrare” nell’opera d’arte e a consentirgli una fruizione partecipata del dipinto. Questo è ancor più vero quando a presentarsi alla considerazione dei Senigalliesi è una produzione pittorica sconosciuta ai più e molto copiosa, quale quella del nostro concittadino Giovanni Anastasi. Il constatare con quanta indubbia perizia e con quali tecniche l’opera di restauro è stata attuata sarà sicuAdorazione dei Magi (particolare) - Museo Diocesano, Senigallia ramente di grande piacere e interesse. Certamente poco coinvolgente sarebbe la diatriba che è andata avanti per oltre due secoli: l’Anastasi pittore è da ascriversi alla scuola bolognese con chiari influssi veneti o alla scuola romana? Mi chiedo se la soluzione di questo dilemma potrebbe farci penetrare meglio nell’animo e negli intendimenti del pittore. Io ritengo che per l’interpretazione delle opere presentate in questa mostra siano appunto gli elementi contestualizzanti a dover suscitare maggiore interesse. Parlando nello specifico del Salone Mastai, definire chi ha commissionato il lavoro, quando, perché e come sono contributi fondamentali se si vuole “entrare” dentro l’opera e “comprenderla”, anziché restarne al di fuori limitandosi ad una valutazione pur sempre “estetica”, dotta o leggiadra che sia. Antonio Maria Mastai (in futuro designato sempre come l’Abate Andrea) era nato nel 1656 e nel 1659 aveva ricevuto da uno zio materno una grossa eredità immobiliare nonché il titolo di conte Ferretti, che comportava l’obbligo di inquartare lo stemma dei Ferretti con quello dei Mastai. Al momento però i Mastai erano semplici nobili cittadini, sprovvisti di titoli araldici e di un qualsiasi stemma per quanto risulta da approfondite ricerche. Nel 1681 l’Abate Andrea compì i fatidici 25 anni, età che lo abilitava ad esercitare di persona i diritti derivanti dai suoi beni. Proprio in tale data Giovanni Anastasi chiese di lasciare la casa dei suoceri ad Urbino per trasferirsi a Senigallia a causa di pressanti impegni di lavoro. È tra questa data e il 1688 (anno nel quale dopo la morte del padre diventa il capo della famiglia) che Andrea matura ed attua l’idea di adeguare al nuovo status il palazzo un po’ severo che suo nonno Francesco pochi decenni prima aveva acquistato dai Bisconti. Ed è Antonio che affida a Giovanni Anastasi la committenza per la realizzazione del ciclo pittorico. Che questo sia opera di un giovane in un ambiente di giovani (in casa c’è solo un altro maschio, di tre anni minore rispetto ad Andrea) traspare dalla prorompenza fisica dei personaggi rappresentati, dalla esuberanza delle giovani figure femminili, dagli evidenti rimandi erotici. All’interno del Salone Mastai si respira un clima di gioiosa e sana carnalità, cui contribuiscono anche le Sibille, presentate più come procaci modelle che come profetesse di arcani messaggi. Come tutte le committenze anche questa ha lo scopo di inserire un casato (i Mastai congiunti ai Ferretti) in un’aura di prestigio e magnificenza, realizzando un veicolo pubblicitario primario per l’esaltazione della stirpe. Purtroppo ci sfugge un elemento cognitivo importante: il significato complessivo delle scene raffigurate, lo scopo e il filo conduttore di tutta la rappresentazione; è per questo che diventa insicura anche la definizione certa del soggetto di alcune tele. Ancora nel 1978 una guida del Palazzo Pio IX mostrava una grande imprecisione, attribuendo alcune scene ad episodi del Nuovo Testamento o addirittura della storia romana; ora tutte sono considerate come ispirate a storie dell’Antico Testamento. Per analogia con la committenza di altri cicli sappiamo che il pittore era l’ultimo anello, quello esecutivo, di un procedimento, a monte del quale era l’ideatore del soggetto da trattare. Esempio didattico è quello che celebra i Farnese a Caprarola: fu il poeta Annibal Caro a suggerire al pittore Taddeo Zuccari “le cose convenienti al luogo e fuor dell’ordinario, così quanto all’invenzione, come quanto all’artifizio” secondo i dettami di Paolo Giovio, per il quale nelle figurazioni pittoriche il significato recondito “è tanto più raffinato quanto più arduo ad intendersi”. Nel caso delle tele Mastai nei documenti consultati la chiave di lettura non è stata ancora trovata. Non si conosce nemmeno chi abbia ideato e suggerito il ciclo biblico. Più che l’Abate Andrea potrebbe essere chiamato in causa come autore o come intermediario presso un terzo erudito il fratello maggiore di Andrea, Francesco Filippo, che era certamente più a suo agio nella esegesi biblica in quanto ecclesiastico e Consultore del Santo Uffizio. Altro problema irrisolto, non indifferente per la realizzazione di un eventuale catalogo, è chi sia stato e di quale autorevolezza colui che dopo il 1978 ha definito perché e a quali episodi biblici si riferiscono i singoli quadri. Non posso non dissentire dalla frettolosa miopia localistica con la quale si è attuata una mostra che poteva essere uno straordinario evento culturale coinvolgente tutta l’area tra Misa e Cesano (Ostra, San Costanzo, Fossombrone e soprattutto Pergola, che nel loro insieme custodiscono una ampia e preziosa testimonianza dell’attività dell’Anastasi). La mostra attuale si traduce in un modesto atto riparatorio di Senigallia nei confronti del nostro pittore, con l’effetto collaterale di un successo (per nulla consolatorio) per chi, più di tre anni fa, grazie alla comprensione, alla fiducia ed alla lungimiranza di quel fine e competente intellettuale che fu Mons. Angelo Mencucci, riuscì a far disseppellire l’Anastasi dal cimitero dell’oblio. [email protected] Giugno 2007 C U LT U R A 21 Le sculture di Artemio Loretelli Nega lo sguardo alle guerriere Artemio Loretelli è nato ad Arcevia, nel 1956. Ha compiuto i suoi studi presso l’Istituto d’Arte di Fano dove ottiene il diploma in Arte del legno e la maturità in Arte dei metalli e oreficeria. Dopo varie esperienze in diverse attività artistiche: fotografia, disegno industriale, grafica e pittura, dal 1997 si dedica alla scultura in pietra arenaria, marmo e bronzo. Sue opere sono presenti in numerose collezioni pubbliche e private. Vive e lavora a Pergola. In che cosa consiste la “disposizione artistica” di Artemio, il suo inquieto, e inquietante, girovagare intorno ai materiali che formano l’oggetto delle sue manipolazioni? Inquieto a dispetto del gradevole figurativismo degli “oggetti” prodotti; inquietante a giudicare dagli sguardi che essi, a volte, si astengono dal corrispondere. Si domandi ad Artemio come fa a scolpire i suoi pezzi. Invariabilmente risponderà “a partire dal naso”. Il resto è mera conseguenza. Gli abbiamo domandato molte altre cose… Domanda oramai d’apertura obbligata. La tua personale definizione d’Arte? L’Arte è una cosa bella che non serve a niente. Non deve servire a nulla. Una cosa che serve, che è utile, diventa artigianato. L’Arte va guardata, ammirata, amata. Leggendo la tua biografia ti sei cimentato, prima di giungere alla scultura, ad altre forme d’Arte. Come consideri la scultura rispetto alle altre? La considero la forma d’arte più completa. Hai con la scultura la possibilità di lavorare sul tuttotondo. Nelle altre forme d’arte tu hai una bidimensionalità, nella scultura hai la tridimensionalità, la profondità, il dietro, un avanti. La tua scultura è figurativa? Non faccio la distinzione tra figurativo e informale, che è esso stesso figurativo, solo che è distorto. Come non trovo differenze con il concettuale. Io faccio spontaneamente quello che penso. Intervengo concettualmente su di un’opera d’arte figurativa. Nei tuoi bronzetti, ad esempio, alle donne raffigurate neghi lo sguardo? Lavoro molto sul nudo di donna e a molte con degli elmi, dei copricapo, ho negato lo sguardo. E’ simbolico sul ruolo della donna, generatrice degli stessi uomini, ma che la storia non le ha reso adeguata giustizia. Le donne hanno subito troppe angherie, troppi tabù circolano attorno a loro, troppi dettami religiosi le hanno private della libertà. Hanno patito molto. Si sente il loro dolore. Perché la scelta del nudo? Il nudo è raccontare sempre la verità, non ha fronzoli. E’ quello che vedi, senza orpelli, senza vestiti. E’ pura verità. La tua prima scultura in bronzo era un busto di Don Giovanni Carboni. Affronti anche tematiche religiose? La maggior parte dei busti di uomini religiosi mi sono stati commissionati. Purtroppo ciò che ha ucciso la scultura è stata proprio l’arte funeraria. Nell’800 gli scultori non hanno fatto altro che fare i cimiteri, le tombe. Quando ti chiedono una statua, devi rappresentare sempre un personaggio che è morto. Di conseguenza uno scultore è come se rappresentasse sempre la morte. Fortunatamente dal dopoguerra non è più così, la scultura si è liberata di questa pesantezza, è caduto un po’ in disuso il monumento al personaggio famoso deceduto. Ma ancora qualche residuo è rimasto. Così spesso mi capita che mi chiedano di realizzare la statua di un Santo, un Cardinale… I materiali che usi? Ho cominciato con la pietra, il legno, poi la terracotta e ultimamente lavoro in bronzo soprattutto opere di piccolo formato. Certi materiali, come la pietra e il legno, tu li scolpisci, cioè togli loro il superfluo, togli il materiale. Mentre quando lavori la terracotta o il bronzo lavori modellando, all’inizio creta o cera, e poi aggiungi materiale. E’ un approccio diverso. Da una parte inizi da una forma e cominci a togliere e dall’altra si parte dal nulla. Ma io mi sento scultore così spesso mi faccio un blocco di creta o di cera e comincio a togliere... Hai parlato dell’utilità dell’Arte che diventa Artigianato. Ti senti più artista o artigiano? Mi sento un artista perché creo opere d’arte. Profondamente artista. Hai in programma delle mostre? Ad agosto alla Rocca Malatestiana a Fano. La 62^ edizione della raccolta dei 15, una delle più antiche manifestazioni italiane con 15 personali all’interno. E poi è prevista un’importante mostra a luglio e agosto all’interno al museo dei Bronzi dorati della città di Pergola, una personale. Come ha avuto inizio il tuo percorso da artista? Ho sempre disegnato, ero bravo in disegno a scuola, poi feci la Scuola d’Arte. Tre anni arte del legno e poi per due anni l’arte dei metalli e oreficeria. Poi sono andato a Venezia e ho fatto Architettura, come professori avevo nomi importanti che mi permisero di farmi conoscere. E poi era come predestinato, da piccolino dicevo sempre che da grande avrei fatto l’artista. E così è stato…passando inizialmente per altre forme d’arte, come la fotografia. Ho una passione per la fotografia. Una delle serie delle mie sculture son dedicate a Mapplethorpe. Ho voluto trasformare alcune sue foto in sculture, dandogli quella profondità e quella tridimensionalità che ovviamente la fotografia non può dare. Nel lavoro di questo grande fotografo ho trovato molte similitudini con la mia arte. Lo stesso modo di vedere i corpi, la sensualità. Un nome che ti ha ispirato? Hai qualche maestro? Camille Cloudel, modella, allieva di Aguste Rodin, sua musa ispiratrice. Si mise a lavorare in proprio e divenne lei la nuova fautrice dell’arte scultorea della fine dell’800, poi purtroppo è impazzita ed è stata rinchiusa in manicomio, ma le sue opere sono quelle che mi hanno fatto venir voglia di lavorare su certe tematiche, su certe forme. Hai studiato a Venezia, ma hai sempre lavorato nelle Marche. Non la trovi una Regione un po’ dormiente dal punto di vista artistico? E’ povera di gallerie che lavorano a grandi livelli. Ci sono solo piccole gallerie che si fermano agli artisti locali o ai grandi nomi internazionali. Manca totalmente una promozione delle nuove tendenze. Questo è grave, è come dire che non c’è mercato. E’ così. Si può lavorare se le amministrazioni locali ti prendono in simpatia. Lì subentra un discorso politico e i nomi che fanno girare poi son sempre quelli. Se entri a far parte del giro è fatta. Hai un sogno da realizzare? Avere un blocco di 5 metri di marmo bianco di Carrara e aver la forza di lavorarlo… Letizia Stortini RUBRICHE 22 A TU PER TU il ciambotto CON.... LA PSICOLOGA rubrica a carattere naturalistico a cura della dott.sa Maria a cura di Niki Morganti Pia Augusti Il tradimento I Passeri Gli Uccelli più comuni sono i Passeri: ovunque ci troviamo a Senigallia e dintorni, che sia in città, in campagna o al mare, possiamo osservare numerosi Passeri. Per Passeri si intende le specie di Uccelli appartenenti alla famiglia Passeridae: la più comune è la Passera d’Italia che è la specie più diffusa in Italia e anche nel senigalliese, ma abbiamo anche la Passera europea, la Passera sarda, la Passera mattugia e la Passera lagia. La Passera d’Italia (Passer italiae) è grande 15 cm e presenta dimorfismo sessuale, cioè la colorazione del piumaggio del maschio e della femmina sono diversi: il maschio infatti ha testa marrone, guance bianche, striscia oculare nera che continua nella gola e nella prima parte del petto (si dice che ha il bavaglino nero), il dorso e le ali sono brune con strisce longitudinali nere, le ali hanno anche una “virgola” bianca; la femmina ha bavaglino e petto color panna, il dorso è marrone chiaro con strisce longitudinali nere, la testa e marrone chiara e presenta una striscia oculare gialla e marrone. Questa specie insieme alla Passera europea (Passer domesticus), dalla quale differisce per la testa che è grigia e dal territorio di distribuzione che comprende tutta Europa, è strettamente associata agli insediamenti umani: nidifica intorno a fattorie, in città e paesi, costruendo il nido sotto tegole, in buchi, cavità ma anche all’aperto, grandi e a cupola. È una specie sociale: si riunisce in stormi chiassosi in siepi e cespugli e si spostano in un corpo unico diretti e sicuri. La Passera sarda (Passer hispaniolensis) è molto più rara, nel senigalliese, rispetto al- Giugno 2007 la Passera d’Italia: è distribuita, infatti, in Spagna, Asia Minore, Grecia, Nord Africa e Sardegna, ma è una specie in espansione e negli ultimi due anni sono aumentate le segnalazioni della presenza della Passera sarda anche a Senigallia e dintorni. Dimensioni e piumaggio di maschio e femmina sono identici alla Passera d’Italia, l’unica differenza è il bavaglino nero del maschio che è più largo. Nidifica soprattutto in zone aperte, senza connessione netta con insediamenti umani, spesso su alberi frangivento, in popolose colonie con molti nidi sullo stesso albero. La Passera mattugia (Passer montanus) è la seconda specie più abbondante tra i Passeri a Senigallia dopo la Passera d’Italia. Rispetto a questa è più piccola (14 cm) e slanciata, non presenta dimorfismo sessuale (maschio e femmina hanno lo stesso piumaggio) e, oltre ad un piccolo bavaglino nero, ha anche una macchietta nera nella guancia: sicuramente tra queste è la specie più conosciuta dal grande pubblico, visto che è la grande amica di Del Piero nella pubblicità! La Passera mattugia nidifica comunemente in parchi, giardini e aree agricole, ma è meno legata agli insediamenti umani rispetto alla Passera d’Italia; il nido è in buchi soprattutto negli alberi, può utilizzare anche cassette nido. La Passera lagia (Petronia petronia) non è presente a Senigallia, in quanto per la nidificazione predilige le zone montane, con presenza di aree rocciose e coltivate, sia in città che in buchi di alberi. Il piumaggio è molto simile alla femmina della Passera d’Italia, le differenze sono le dimensioni (14 cm),il largo sopracciglio chiaro, la stria chiara sulla testa, la banda caudale biancastra (evidente in volo) e, soprattutto, la macchietta gialla sul petto, visibile in particolare quando rigonfia le penne. Forse molte persone non sapevano che solo nel senigalliese abbiamo tutte queste specie di Passeri, intendendo per Passero un’unica specie: questo ricchezza biologica è importante perché è un esempio di ciò che si intende per biodiversità. Il tradimento è la violazione di un dovere o di un impegno, inganno della buona fede dell’affetto e della stima. Giuda ha tradito con un bacio. Dante ha confinato i traditori nell’ultimo girone dell’inferno. Cartesio scriveva: “Chi ha potuto fingere amore verso qualcuno per tradirlo merita che in seguito quelli che vorrà veramente amare non gli credano e lo odino”. Non c’è tradimento peggiore di quello di un amico perché l’amicizia come l’amore è un rapporto umano che alimenta la nostra ricchezza interiore: da senso alla vita. L’infedeltà dell’amico che condivide con noi i nostri segreti o che ci ha sostenuto nelle difficoltà ci colpisce profondamente perché incrina la fiducia in noi stessi e mette in dubbio la nostra capacità di farci amare. Cicerone consiglia di fare molta attenzione per capire fin dall’inizio il vero amico da quello che lo sembra. A volte gli interessi materiali, spesso alterano la relazione amicale. Il tradimento nella relazione di coppia forse è meno grave. Quando accade non è per caso, ma presuppone una relazione infelice. Nasce dalla necessità di trovare un rapporto più appagante, un affetto più vero, il calore che manca, ma chi tradisce dovrebbe avere il coraggio di dirlo e di chiedere scusa. Riconoscere i propri errori non è un limite per l’uomo, ma è segno di valore. Piante medicinali a cura di Maria Antonia Martines Ginkgo biloba È un albero proveniente dalla Cina dove era coltivato vicino ai templi; in Europa si è diffuso nel 1750 e si trova sia nei parchi sia nelle città. Cresce molto in fretta è resistente, si adatta ad ogni clima e può arrivare ad un’altezza di 40 metri. E’ considerato un “fossile vivente” perché era presente circa 200 milioni d’anni fa, insieme a felci ed equiseti, svanì poi dall’Europa rimanendo solo in Oriente. E’ una pianta “dioica” in pratica ha sia l’individuo maschile, con sacche polliniche sia quello femminile, con ovuli con semi. Le foglie sono a forma di ventaglio, bilobate e con le caratteristiche nervature delle felci, fiorisce a marzo e i frutti molto piccoli quando cadono a terra emettono un odore sgradevole. E’ molto longevo: sono state segna- late piante con oltre 200 anni d’età. E’ molto usato nella medicina indiana e cinese. Nella pianta sono presenti: flavonoidi, flavoni, lattoni (acidi organici) ginkgolidi e il bilobalide. Ha due azioni principali: un’antiaggregante e una vasoprotettiva quindi è preventivo nella formazione di coaguli ed è indicato nei problemi circolatori perché in grado di dilatare arterie, vene e capillari e negli attacchi cardiaci. Agisce in modo favorevole sulle facoltà d’apprendimento e sulla memoria; combatte l’aterosclerosi l’ipercolesterolemia la perossidazione lipidica e i radicali liberi è utile anche in caso di vertigini, ronzii auricolari, allergie e problemi circolatori agli occhi. E’ quasi un elisir di lunga vita. S.O.S Animali a cura di Maria Antonia Martines con la collaborazione dei Veterinari di “Cane, Gatto e…” Perché il cane scava le buche Per svariati motivi tutti i cani scavano buche. Se avete un giardino e ci tenete che sia perfetto ma avete un cane dovrete rinunciarvi o abituare il vostro animale. Gli etologi dicono che l’istinto predatorio fa si che il cane scavi per raggiungere le tane dei roditori oppure nascondere il cibo che avanza o ancora per farsi un giaciglio o nel caso di femmine per partorire i cuccioli. Dal punto di vista psicologico l’animale può scavare per ansia e quindi scarica la tensione quando viene appartato se arrivano amici o parenti; sentirsi isolato dal resto della famiglia lo rende nervoso e spesso si associa anche l’abbaiare. Il vizio di scavare se diventa un vizio può portare anche a danni. Distruzione di piante e fiori, possibilità di ferite in modo particolare se c’è fango, affondando con le zampe può trovare un vecchio ferro arrugginite, pietre appuntite ecc. Ma c’è un lato positivo cioè quello di segnalare la presenza di topi che se non graditi potranno essere debellati. Comunque sia io lascio scavare il mio cane come e quando vuole: ho un giardino molto grande e pazienza per qualche inconveniente… lui si diverte tanto e poi si sa: l’istinto prevale sempre. [email protected] Giugno 2007 S P O RT 23 Moggiopoli: un anno dopo Ad un anno esatto dallo scandalo che ha investito il circo del calcio, tutto è tornato alla normalità. Arbitri corrotti, partite comandate, classifiche falsate e quant’altro è successo, hanno riportato dopo esattamente dodici soli mesi, la situazione allo stato pre-Moggi. La Juve, società maggiormente colpita, è ritornata in serie A; le altre squadre fortemente penalizzate hanno superato i loro handicap in classifica (Reggina salva e Lazio in Champions League), con l’incredibile epilogo del Milan che è addirittura diventato Campione d’Europa. Intendiamoci: non incredibile per demeriti tecnici. Quanto piuttosto il fatto che i rossoneri hanno vinto una competizione….alla quale forse non dovevano partecipare. Non addentriamoci nella giurisdizione sportiva perché le trappole sono tante, ma proviamo a pensarci ad un anno fa. Riavvolgiamo il nastro. Serate pre-mondiali dove di tutto si parlava tranne che della formazione della Nazionale di Lippi (cosa alquanto inusuale per il tifoso italiano). Argomento principale: Juve e Milan diritte in B. Giusto? Sbagliato? Per qualcuno era finalmente venuta alla luce la “grande mano” che instradava ogni risultato calcistico; la famosa divisione della torta. Pene severe si richiedevano, e pene severe arrivarono. Ma poi dopo un iniziale giro di vite, cominciarono ad arrivare le più disparate richieste di aiuto per le cosiddette grandi squadre. Le prime voci parlavano del Milan che oltre ad essere fuori dalla Coppa Campioni rischiava la B, la Juve invece si trovava sull’orlo della serie C che voleva dire fallimento (la Juve è una delle poche squadre calcistiche italiane quotate in borsa). Troppo. Tenendo conto che il Milan e la Juve insieme contano oltre la metà del bacino-tifoseria, il rischio che il calcio perdesse le due squadre più blasonate e con più potere televisivo (e quindi economico) era davanti agli occhi di tutti. In tanti avevano pronte le lettere di disdetta a Sky-calcio. Ma quante ne saranno partite, e quante ne avranno avuto un seguito? Poche diremmo noi. Perché poi si è assistito in piena omertà a sostituzioni di Procuratori Federali Sportivi, ad Organismi addetti al Deferi- mento Sportivo che improvvisamente hanno perso iniziativa. Non ultimo l’improvviso fine-lavori del Commissario Straordinario Guido Rossi, colui che per settimane ha guidato la mini-ristrutturazione della bufera post-Moggi. Prassi è stato detto. Mandato portato a termine, secondo i vertici del Calcio. Sarà, ma il risultato è stato poi sotto gli occhi di tutti. Con questo finale: tutto è tornato come prima. Sarebbe anche giusto qualora nel frattempo passi quel lasso di tempo che riconsegni ai tifosi ed agli addetti al lavoro interessati, quella giustizia richiesta dai defraudati. Dodici mesi sono troppo pochi per poter dire “abbiamo pagato il conto”. Questo pensiero è ancora più forte per chi ogni tanto si va a rileggere o riascoltare i testi delle telefonate incriminate. Commissario Stex [email protected] 24 Giugno 2007 [email protected]