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IL CROLLO DELLE CERTEZZE
La domanda che da sempre si pone l’uomo è: da dove veniamo e dove andremo. La nostra vita è
solo un passaggio, una transizione verso un’altra esistenza, o tutto finisce con essa? Dall’esigenza
di rispondere a queste domande nasce la metafisica, ma non solo, anche la scienza si interroga sui
significati esistenziali cercando di dare risposte certe. A tale certezza l’uomo di ogni epoca storica
si aggrappa, come se questa rendesse meno penosa l’angoscia del mistero.
Ogni momento storico produce le sue risposte attraverso una cultura propria. Quest’anno noi ci
soffermeremo sulla voce di un secolo: il ‘900. Il suo eco è ancora oggi presente, lo si avverte dalla
voce dei nostri nonni, dei vecchi, ma anche dalla nostra. Vi è in noi molto più di quanto pensiamo,
del nostro passato.
Ogni epoca porta in sé lo spirito del passato, che, come dice Hegel, si riattualizza continuamente in
una sintesi superiore, che non è mai completo superamento. Insomma non potremo mai essere
quello che siamo se il nostro passato fosse diverso da quello che è stato.
È sorprendente come i movimenti sociologici, culturali, politici, economici ecc, trovino una
spiegazione non solo in loro stessi ma in quello che accade prima che essi si verifichino. Le vicende
storiche che caratterizzano la prima metà del ‘900, che sconvolgono nel bene e nel male intere
generazioni, trovano la sua ragion d’essere tra la fine dell’ ‘800 e l’inizio del ‘900.
L’ultimo trentennio dell’800 vede l’avvio della seconda rivoluzione industriale e il compimento
dell’unificazione nazionale in Italia e in Germania, oltre all’impetuoso sviluppo economico e la
modernizzazione di paesi come gli Stati Uniti e il Giappone. Protagonista del capitalismo di questi
anni è la grande fabbrica, che da un lato è luogo di incessante innovazione tecnologica,
incorporando sapere tecnico e scientifico; dall’altro sperimenta nuovi modelli di organizzazione
del lavoro. Sul piano sociale assistiamo alla nascita della società di massa, il presentarsi di nuove
classi sociali, borghesia imprenditoriale, proletariato, nuovi ceti medi.
Dinanzi a tali fenomeni il modello di rappresentanza politica elaborato dalla borghesia liberale
ottocentesca si rivela ormai inadeguato. Il partito tradizionale era nato da una situazione di
suffragio elettorale ristretto, si fondava su una struttura retta da notabili con interessi omogenei.
Tale organizzazione non era più adeguata a rappresentare ceti sociali assai più vasti e articolati in
competizioni politiche. Uno dei grandi eventi dell’epoca è il sorgere del moderno partito di massa
con l’esplicito intento di ottenere consensi non più locali ma su larga scala. Con l’emergere dei
partiti politici, la massa entra come protagonista nella vita politica in una società ancora
sostanzialmente elitaria. L’intero modello liberale entra in crisi e viene attaccato da più fronti, da
movimenti negatori dell’individualismo, come il nazionalismo e dai movimenti socialisti che ne
contestano il carattere classista nella prospettiva dell’uguaglianza economica e sociale.
L’idea di un progresso inizia a subire una critica radicale nel campo della filosofia con Nietzsche,
della psicologia con la rivoluzione psicoanalitica. La rappresentazione della civiltà europea in
chiave di progresso verrà smantellata dopo la guerra mondiale. La funzione storica della civiltà
occidentale si esaurisce.
La crisi della cultura europea ebbe un carattere generale, andando al di là del piano economico e
politico, incise nel modo di pensare dell’uomo occidentale, nell’immagine che egli aveva costruito
di se stesso, nella prospettiva che veniva elaborando del futuro. I capisaldi della cultura
occidentale, il razionalismo, la fiducia nel progresso furono scossi dall’irrompere di una serie di
contraddizioni: le profonde ingiustizie sociali, le conquiste della tecnologia trasformate in
strumenti di morte e di dominio, il contrasto fra la crescita del benessere materiale e le condizioni
di vita dei nuovi ceti operai. Se da un lato la crisi ebbe effetti drammatici, e partorì figli mostruosi
quali i totalitarismi e le guerre, dall’altro si costituirono al suo interno le dimensioni fondamentali
della contemporaneità. Sicuramente nel pessimismo che attraversa le riflessioni degli uomini che
ne furono testimoni, si può leggere la perdita di un ideale rassicurante. Quello del progresso
irreversibile della civiltà europea.
Nietzsche
è il massimo rappresentante dell’epoca. A lui si deve il crollo delle certezze
occidentali in campo filosofico. L’amore per la vita non può che comportare l’accettazione
dell’irrazionalità dell’esistenza.
La vita è volontà, anche quando la volontà è distruzione, anche se la volontà impone all’uomo
dolore e distruzione. Questo non deve spingerci a rinunciare alla vita. Di fronte alla
crudeltà bisogna essere più crudeli, rispondere con più vita.
Durante la sua giovinezza N. vede nella musica di Wagner l’unica via di salvezza. La musica
Wagneriana è irrazionale, restituisce all’uomo la sua dimensione tragica. Attraverso la musica
dell’amico Wagner, N. si riappropria della gioia e del dolore che la vita esprime.
La tragicità dell’esistenza è una concezione filosofica del mondo. L’uomo non ha alcun potere
sulla propria vita e sulla propria morte. I greci avevano colto bene l’essenza tragica dell’uomo e
l’avevano espressa attraverso la tragedia, ma con Socrate muore la tragedia. Con il tentativo di
racchiudere in concetti l’esistenza, imponendo il primato della ragione, l’uomo si
crea un mondo di apparenze, convinto che grazie alla ragione e alla scienza, egli
dominerà la sua vita. Spinto da un bisogno di rassicurazione, dall’esigenza di
rendere tollerabile il disordine della vita, rinuncia allo spirito dionisiaco.
Apollo e Dioniso rappresentano il contrasto degli opposti, Apollo è il dio della luce, della misura e
della forma; lo spirito apollineo è illusione, il sogno che rende sopportabile la vita racchiudendola
in forme stabili e armoniche. Dioniso è il dio della notte, dell’ebbrezza, del caotico e dello
smisurato, è energia istintuale. Lo spirito dionisiaco rivela all’uomo l’abisso della sua condizione. La
vita è gioco crudele di nascita e di morte. Il dionisiaco è esperienza di caos, esprime il senso del
dolore, ma anche quello della gioia, perché Dioniso è forza vita che si afferma al di là della morte.
Nel dionisiaco l’uomo dice di sì alla vita, si libera dalle illusioni e si accorda con la
sua natura che è forza e vitalità.
Con Socrate si ha il prevalere dello spirito apollineo, inizia la decadenza del mondo occidentale.
Con la musica di Wagner l’ uomo si riappropria dello spirito dionisiaco, della gioia e del dolore che
la vita esprime.
È dunque centrale in Nietzsche la critica della civiltà occidentale. Tale critica investe
tutti i tradizionali concetti di soggetto, di conoscenza, di linguaggio.
Emerge il tema del prospettivismo. Non esistono verità o falsità, ma solo prospettive differenti
sulla realtà. Lo stesso linguaggio è una convenzione, non rappresenta in modo oggettivo la natura
delle cose, è un sistema di metafore, liberamente prodotto. La verità è una delle infinite
interpretazioni del mondo prodotte dall’intelletto umano. Il conoscere è un conoscere prospettico,
al di là del vero e del falso in cui tutte le verità si equivalgono, giacché nessun criterio oggettivo
può essere invocato per preferirne una o l’altra. Non esiste conoscenza al di fuori della pluralità
dei punti di vista che gli uomini aprono sul mondo, conoscere significa sempre valutare ossia
organizzare la realtà secondo il prospettivismo dei valori attraverso i quali l’uomo esprime se
stesso. Il valore massimo è l’utilità per la vita. Anche l’eccesso di storicismo è una malattia del
secolo. La saturazione di storia è pericolosa perché gli uomini si riducono a vivere nel passato,
spettatori rassegnati del corso degli eventi. Per N. bisogna invece vivere e agire in modo non
storico, la vita ha bisogno di oblio, l’uomo deve imparare l’arte del dimenticare.
Anche la metafisica è bersaglio polemico di N. Il cosiddetto sovrumano è un’illusione. Le ipotesi
metafisiche, come quelle religiose sono il frutto di un inganno cui l’uomo volontariamente
soggiace. Bugia cui l’uomo si appella per tollerare la propria debolezza, essa ha un
valore puramente consolatorio. I grandi modelli culturali ottocenteschi sono
raffinati imbrogli che testimoniano lo stato di malattia della cultura moderna.
Questi ideali sono: il Romanticismo, Idealismo, Positivismo.
La morale assoggetta a valori la vita. La vita è creazione continua, i valori morali bloccano
l’esistenza subordinandola alla trascendenza, quindi i valori negano la vita. N. smaschera come
imbrogli e illusioni i grandi sentimenti dell’umanità e ne afferma la radice non alta ma umana.
Dietro a ogni grande ideale si nasconde il suo opposto, l’altruismo maschera l’egoismo, la verità la
falsità ecc.
Dalla Gaia scienza 1882
“Enunciamola questa nuova esigenza: abbiamo bisogno di una critica dei valori morali, di
cominciare a porre una buona volta in questione il valore stesso di questi valori … fino ad oggi
non si è avuto il minimo dubbio o la minima esitazione nello stabilire il buono come superiore in
valore al malvagio …. Come? e se la verità fosse il contrario? Come? E se nel bene fosse insito
anche un sintomo di regresso? , come pure un pericolo, una seduzione, un veleno, un narcoticum,
attraverso il quale ad un certo punto il presente vivesse a spese dell’avvenire?.... così che
proprio la morale sarebbe il pericolo dei pericoli?”
Il XIX secolo appare a Nietzsche
un deserto in cui l’uomo si è perduto. Dominati dal
militarismo e dal nazionalismo, dal conformismo, dalla burocrazia, gli uomini dell’
‘800 vivono isteriliti in comportamenti anonimi e ripetitivi la loro vita risulta
preordinata secondo valori statici e opprimenti, essi obbediscono in gregge al
motto del secolo: compiere il proprio dovere. Incantati da predicatori del progresso e
dell’uguaglianza essi sono vittime della civiltà occidentale che induce in loro la paura della
responsabilità individuale, il senso di colpa per la propria mancanza di volontà, l’illusione di una
redenzione nell’al di là. L’uomo vive protetto dalla morale e dalla religione innalzando
l’umiltà al valore sommo,la morale è infatti la consolazione dei deboli. Facendo
dell’uomo forte l’Immorale, essa segna il trionfo della cultura servile il suo
fondamento è il risentimento. La morale è pura volontà di vendetta: dei sofferenti
contri i felici, dei mediocri contro gli uomini eccezionali, essa è la degradazione
nichilistica del mondo. Il cristianesimo promette ai deboli il premio: il regno dei
cieli. Nell’ultima opera L’Anticristo 1888 il cristianesimo in quanto fondato sulla
repressione degli istinti e sul senso di colpa tramite l’angoscia del peccato viene
inteso come la più raffinata tecnica di annientamento della vita che la civiltà abbia
saputo produrre. Il cristianesimo fa della propria debolezza una virtù, proiettando
in una illusoria vita oltre la morte il premio per le proprie sofferenze. In antitesi alla
morale e alla religione N. propone la trasvalutazione dei valori e l’invenzione di nuovi valori.
Protagonista è il superuomo. Alla grande ipocrisia affermatasi con Socrate e Cristo, secondo cui
non si vive per vincere ma per far trionfare il bene la verità, il superuomo risponde che valori e
verità sono sempre soggettivi, il mondo è simpatetico se si vince, astioso se si perde.
Nell’aforisma 125 della Gaia scienza annuncia la morte di Dio. Non c’è più alcun Dio che ci può
salvare, oltre gli uomini sta il nulla. Dio è la nostra più lunga menzogna. Ma perché Dio muore? Dio
muore perché il mondo moderno è investito da una crisi mortale che ha sprofondato l’umanità
nell’angoscia. La morte di Dio è segno della tragicità del tempo. Se Dio è morto non ha più senso
parlare di morale, di bene di male, di giusto, di ingiusto. Non ha più senso domandarsi dove
l’uomo sta andando e da dove sia venuto. Grida l’uomo:
“Non è il nostro eterno precipitare? Non stiamo forse vagando attraverso un infinito nulla? Non
alita su di noi lo spazio vuoto?”
L’uomo riconosce l’insensatezza dei valori, del mondo, si sviluppa un sentimento di perdita e di
dolore, di risentimento e di odio nei confronti della vita. L’essere diventa nulla. Siamo di
fronte al nichilismo passivo, l’umanità non trova più nessun senso.
Ma quale compito rimane all’uomo? Quale senso ha il suo abitare sulla terra? In Così parlò
Zarathustra 1883-85, Nietzsche esce dalla fase illuministica compare la figura del SUPERUOMO,
già anticipato nella Gaia scienza. Inizia la fase del nichilismo attivo di cui è protagonista un uomo
superiore, che non si accontenta di assistere passivamente al declino dell’umanità. Zarathustra
dona agli uomini due insegnamenti fondamentali: la dottrina dell’eterno ritorno e quella del
superuomo.
Da Così parlò Zarathustra
Io v’insegno il superuomo. L’uomo è qualcosa che deve essere superato. Che avete fatto per
superarlo?... Avete percorso il cammino dal verme all’uomo, e molto in voi ha ancora del verme.
In passato foste scimmia e ancora oggi l’uomo è più scimmia di qualsiasi scimmia.
E il più saggio tra voi non è altro che un’ibrida disarmonia di pianta e spettro. Voglio forse che
diventiate uno spettro o una pianta?
Ecco, io v’insegno il superuomo!
Il superuomo è il senso della terra. Dica la vostra volontà: sia il superuomo il senso della terra!
Vi scongiuro fratelli, rimanete fedeli alla terra e non credete a quelli che vi parlano di
sovraterrene speranze! Lo sappiano o no: costoro esercitano il veneficio.
Dispregiatori della vita essi sono, moribondi e avvelenati essi stessi, hanno stancato la terra,
possano scomparire!
Un tempo il sacrilegio contro Dio era il massimo sacrilegio, ma Dio è morto, e così sono morti
anche tutti questi sacrilegi. Commettere il sacrilegio contro la terra, questa è oggi la cosa più
orribile….
L’uomo è un cavo teso tra la bestia e il superuomo …. un cavo al di sopra di un abisso.
Un passaggio periglioso, un periglioso essere in cammino, un periglioso guardarsi indietro e un
periglioso rabbrividire e fermarsi.
La grandezza dell’uomo è di essere un ponte e non uno scopo: nell’uomo si può amare che egli
sia una transizione e un tramonto.
Nel superuomo vi è una disposizione dionisiaca verso la vita che lo pone al centro del mondo,
possiede un pessimismo coraggioso che lo mette in grado di assumere su di sé il
peso delle contraddizioni della vita e di non chiudere gli occhi di fronte alle verità
più orribili. Il superuomo è senza morale in quanto precristiano e contrapposto al
crocifisso (simbolo dio sconfitta e rassegnazione), è Dioniso, energia tumultuosa
che tutto tramuta in affermazione. Il superuomo si caratterizza per la fedeltà alla
terra. Poiché Dio è morto l’unica realtà certa è la terra alla terra occorre far ritorno ed esserle
fedeli, rifiutando l’illusione di una realtà sovraterrena: non essendoci più Dio, infatti, non esiste più
un mondo dietro il mondo in cui trovare consolazione al pensiero della morte. Consapevole
della perdita dell’aldilà il superuomo si rivolge alla terra con quel fervore, quel
senso di appartenenza che l’uomo riservava in precedenza al divino attraverso il
legame con la terra l’uomo ritrova la sua natura originaria, non dunque il
superuomo al posti di Dio, ma la terra. Il superuomo è uomo di questo mondo, sa dire di sì
alla vita sapendo che oltre essa non c’è nulla. Il superuomo vive in un perenne presente, ha una
concezione ciclica del tempo. Muove sempre dal presente e vive l’attimo in modo tale da volerlo
rivivere eternamente. L’attimo presente deve essere vissuto per se stesso, come se fosse eterno.
La filosofia di Nietzsche si fonda sul culto della distanza dalla massa. Il nazismo riprese la lettura
che la sorella di N. aveva avviato in termini di antisemitismo. Il nazismo fece del filosofo un
anticipatore della dottrina della superiorità della razza ariana. In realtà la concezione di N. è
lontana da quella di Hitler.
N. si dichiara favorevole ad un’organizzazione sociale aristocratica, antistatalista
antinazionalista, il cui compito è quello di formare una casta dominante educata agli ideali del
superuomo. L’aristocrazia a cui si riferisce non è legata al sangue, né alla razza, né al denaro.
Non vi è traccia di antisemitismo né di razzismo, lui disprezza la politica, la borghesia lo ripugna,
gli operai gli sono indifferenti, gli intellettuali lo disturbano, i contadini non sa nemmeno cosa
sono. Il suo è un vagheggiamento di una società guidata da un’elite di uomini che sappiano
educare dionisiacamente il pianeta
Nel 1899, un anno prima della morte di Nietzsche,
Sigmund Freud
pubblicava a Vienna
L’Interpretazione dei sogni, l’opera che segna l’inizio della psicoanalisi. Il contesto culturale in cui si
colloca Freud è ricco ma pieno di ambiguità e paradossi.
Vienna rappresentava quasi un mito per la civiltà occidentale, città bella splendente, culla delle
arti e delle scienze, in realtà la capitale dell’impero austro-ungarico era una città dai molteplici
volti e di difficile identità. 11 etnie componevano l’impero, religioni diverse convivevano, gli stessi
ebrei, nonostante il diffondersi dell’antisemitismo, a Vienna ricoprivano ruoli di una certa
importanza. L’incremento demografico contribuì allo sviluppo della città ma creò anche numerosi
problemi tra le classi meno abbienti, soprattutto fra il ceto operaio. Nell’industria lavoravano
uomini donne e bambini con orari estremamente pesanti, solo per i bambini fu ottenuto nel 1883
il diritto ad un giorno di riposo la settimana e ad un ora di sosta dopo 11 ore di lavoro. Era come se
ad una superficie di ragionevole e splendente organizzazione si contrapponesse un sottofondo
oscuro di rivendicazioni di discordie che non poteva più essere contenuto. I giovani borghesi si
allontanavano sempre più da quel sistema, cercando nella dimensione artistica quella libertà che
altrove sarebbe stata loro negata; le donne, ormai in possesso di una certa cultura, convertivano in
disturbi nervoso l’insofferenza per un modo di vivere che negava loro le principali necessità.
Tutto questo andò in frantumi e quella che sembrava la realtà, si rivelò solo una facciata, da cui
emerse con la crudeltà della guerra un uomo un uomo primordiale che aveva rinunciato alla
ragione.
Freud era un medico e la sua matrice biologica gli richiedeva la massima aderenza alla realtà,
realtà che di giorno in giorno prendeva corpo nel suo ambulatorio di neurologo. Giorno dopo
giorno grazie alla sua pratica medica, prese corpo la convinzione in Freud che i
conflitti che lacerano la società, rappresentano i conflitti dell’uomo. Deve esistere
un elemento irrazionale che è in ciascuno di noi che ci determina, ci guida. È
l’inconscio. La rivoluzione psicoanalitica segna la necessità di rivedere l’umanità,
non più interamente consapevole, né tantomeno padrona di se stessa. L’uomo non è
solo risposta a stimolo come sostenevano i comportamentisti, perché se così fosse come mai allo
stesso stimolo seguono risposte diverse? Ci deve essere qualcosa che anticipa la semplice risposta,
il comportamento dell’uomo non è del tutto prevedibile, né quantificabile. Com’è possibile
quantificare un sogno? Prevedere un lapsus? Spiegare il motivo di una dimenticanza? Com’è
possibile accettare di odiare e amare allo stesso tempo? Perché esistono sintomi non dimostrati
dalla scienza medica? Perché le signore di Vienna soffrono di disturbi nervosi? La risposta sta
nell’inconscio. Ma la novità non sta solo nella scoperta dell’inconscio, quanto nell’aver dato a
questa componente irrazionale la dignità della ragione. L’irrazionale è dominante in noi e nella
società. In quanto tale l’uomo si sente estraneo a se stesso, non riesce a
comprendere il vero motivo delle proprie azioni e dei propri sentimenti. La
conoscenza dei contenuti inconsci spaventa, non viene accettata inizialmente
dall’uomo, perché sono amorali, aggressivi, incestuosi, istintivi, privi di qualsiasi
regola sociale. La libido, energia psichica di origine sessuale ci connota, e si
trasforma venendo a contatto con le regole sociali. Attraverso il percorso psicoanalitico
l’uomo viene a contatto con questa parte nascosta di se stesso, non guarisce dei propri dolori, ma
ne conosce la causa, impara a conviverci.
Naturalmente la psicoanalisi freudiana non venne accettata dalla medicina tradizionale, che
riteneva il metodo psicoanalitico, l’interpretazione, un metodo non scientifico. Il medico non può
interpretare un sintomo, lo deve ascoltare, vedere, quantificare. Freud non può vedere l’inconscio,
né quantificarlo come la frequenza cardiaca, né ascoltarlo come una polmonite. L’inconscio va
interpretato. Il sogno non significa mai quello che sembra, esso è il mascheramento di contenuti
inconsci che la nostra censura attua per permetterci di continuare a dormire, e così per tutte le
altre manifestazioni. L’interpretazione va a scavare nel nostro passato, è là trova l’origine dei
nostri pensieri, del nostro modo di vedere e vivere la realtà.
Nelle opere della maturità, Psicologia delle masse e analisi dell’io, 1921, Il disagio della civiltà,
1929, Freud ci parla di nevrosi della civiltà. La civiltà ha offerto all’uomo attraverso la scienza e la
cultura un controllo efficace sulla natura e forme di convivenza umana raffinate e organizzate.
Come mai, tuttavia, esiste tanta sofferenza e disagio? Perché esistono le guerre, l’odio
razziale? La risposta è che l’uomo ha una carica aggressiva verso l’altro uomo. Una
coppia di forze pulsionali opposte governano l’uomo: Eros, pulsione di vita e
Thanatos, pulsione di morte. Le pulsioni di vita sono quelle che ci salvaguardano, sono le
pulsioni sessuali e di autoconservazione, le pulsioni di morte sono quelle che tendono a
distruggere, sono le tendenze aggressive contro gli altri e contro se stessi. Le pulsioni di vita
tendono a unire gli uomini, quelle di morte a disunirli. Vi è nell’uomo dunque una tendenza
all’aggressività, che costituisce per l’umanità una costante minaccia esasperando
lotte per il potere e conflitti. Nell’educazione che riceviamo in età infantile sia
l’aggressività sia il desiderio sessuale vengono inibiti, repressi. La civiltà richiede
infatti che gli uomini e le donne rinuncino alla soddisfazione totale e immediata
delle pulsioni e dei desideri. Una parte della carica sessuale e aggressiva viene
soddisfatta attraverso un meccanismo di sublimazione, che trasforma l’energia
libidica e aggressiva in creatività sociale, intellettuale, artistica religiosa,
lavorativa. Il destino dell’uomo si costruisce in questo modo sull’inevitabilità del conflitto tra
desiderio di amore e inibizione, tra aggressività e repressione, tra la nostra dimensione priva di
regole e la dimensione culturale e civile, necessaria, ma ottenuta al prezzo di una parziale
infelicità. A livello individuale esiste un Super-io dato dalle norme e i divieti dei genitori e si forma
intorno ai tre anni, esso contiene una quota di aggressività repressa che viene rivolta da ciascuno
contro di sé. Il Super-io si presenta tanto più forte e rigido quanto più l’aggressività repressa è
grande. Ciò produce un diffuso senso di colpa nei soggetti. Ogni sistema morale si fonda
sull’esistenza di un senso di colpa diffuso e di un Super-io che controlla le istanze primarie della
psiche. Esiste inoltre a livello sociale un Super-io sociale. L’etica, la legge, le regole sociali sono
formate da questo Super-io sociale, che è tanto controllore delle pulsioni aggressive quanto
inibitore di opportunità di felicità dell’uomo. Ne deriva che la morale non è altro il
tentativo di difenderci dalla nostra stessa aggressività, con precetti che
definiscono come un valore la rinuncia all’aggressività. La stessa religione è un’
illusione infantile, giocata sulla speranza nell’aldilà sulla promessa della felicità
ultraterrena.
Ecco, all’alba del nuovo secolo , mentre Nietzsche e Freud esprimono il disagio dell’epoca, l’Europa
domina sulla quasi totalità del pianeta, siamo nel pieno della Belle époque. Sono gli anni del
trionfo di una società borghese dinamica, ricca, intraprendente, sicura di sé grazie anche alle
innovazioni scientifiche e tecnologiche. È l’età del trionfo dell’energia elettrica, del cinema
dell’automobile, dei primi aeroplani, ma come detto era solo una percezione illusoria destinata a
dissolversi in modo tragico e repentino allo scoppio della prima guerra mondiale, dei nazionalismi,
delle dittature.
Proviamo ad immaginare come si vive in questi anni attraverso alcune immagini …………..