Ucraini a Bergamo - Rapporto Immigrazione 2006
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Ucraini a Bergamo - Rapporto Immigrazione 2006
cr U n i a PROVINCIA DI BERGAMO Settore Politiche Sociali ia m o a g r Be di L. Benedetti INDICE PROFILO DELLE DONNE IMMIGRATE E SITUAZIONE PRE-EMIGRAZIONE p. 3 IL PROGETTO MIGRATORIO p. 9 L’ARRIVO A BERGAMO p. 12 LA SITUAZIONE LAVORATIVA p. 16 LA RICERCA DEL LAVORO p. 18 SOLO ASSISTENTI? p. 21 LA CONDIZIONE ABITATIVA p. 24 IL PAESE D’ORIGINE p. 25 VITA IN ITALIA p. 31 RAPPORTO CON ALTRI STRANIERI p. 37 DUE QUESTIONI RILEVANTI p. 38 APPROFONDIMENTO: L’UCRAINA p. 39 PROFILO DEMOGRAFICO p. 42 ALTRE INFORMAZIONI p. 43 BIBLIOGRAFIA p. 48 SITOGRAFIA p. 48 2 PROFILO DELLE DONNE IMMIGRATE E SITUAZIONE PRE-EMIGRAZIONE Gli ucraini che abitano a Bergamo1 e provincia sono 2.161, ed in maggioranza sono donne (1730 – 80%, dati ISTAT al 31/12/06). Questi sono i dati statistici a disposizione, bisogna tener presente però anche l’immigrazione irregolare che contraddistingue le provenienze dall’Europa dell’Est. L’irregolarità tra gli ucraini è stimata intorno al 25%2 di conseguenza i dati citati offrono una visione incompleta del panorama delle presenze di questo collettivo di passaporto. Analizzando l’età anagrafica delle ucraine presenti sul nostro territorio notiamo un’elevata presenza di donne “mature”, di un’età che va anche oltre i 45 anni. Prima di parlare della scelta dell’emigrazione e del quadro bergamasco è bene descrivere sinteticamente la situazione che le ucraine vivevano nel loro paese d’origine. Innanzi tutto le ucraine che ho intervistato occupavano nel loro paese d’origine posizioni lavorative qualificate e sono in possesso di diplomi di scuola superiore e in alcuni casi di lauree, non riconosciuti nel nostro paese. In Ucraina hanno la loro famiglia, una casa e dei figli e hanno partecipato più o meno attivamente alla vita della città, soprattutto nel periodo sovietico. Tutte le intervistate sostengono, infatti, di aver preso parte con entusiasmo e vivacità alle attività della gioventù sovietica: dagli 1 La tesi di laurea dal titolo «“Vivo a Bergamo. Ja ukrajinka” Ricerca tra le donne ucraine immigrate a Bergamo» discussa in data 21/12/2006 e la presente ricerca si sono svolte in un arco di tempo che permette di collegare strettamente i risultati oltre che i materiali, la documentazione e quanto emerso dalle interviste. 2 Quinto rapporto sull’immigrazione straniera nella Provincia di Bergamo. Annuario statistico Anno 2006. Bergamo, Ed. Provincia di Bergamo Settore Politiche sociali, giugno 2007. 3 Oktiabriata, ai Pionieri fino al Komsomol3. Non era automatica, però, l’iscrizione al partito. Le intervistate non si sono iscritte al partito comunista, non se la sentivano, era troppo impegnativo ed in genere seguivano la scelta dei genitori. Oggi in Ucraina non esistono più organizzazioni come queste in cui la partecipazione dei bambini era molto alta; le mie interlocutrici sostengono d’altra parte che ora c’è la libertà e la possibilità di scegliere: “Adesso là siamo più attivi di prima perché c’è la libertà” sostiene un’intervistata (int. 1). C’è chi, invece, come un’altra intervistata (int. 2), afferma che il popolo ucraino oggi è “in attesa”, non si attiva e non si unisce per un obiettivo, sopportano, e di conseguenza anche le realtà politica e sociale sono disgregate. Con il crollo dell’Unione Sovietica e del sistema pianificato, l’Ucraina diventa uno stato indipendente il 24 agosto 1991. Da quel momento la situazione inizia a diventare molto critica a causa della chiusura delle grandi aziende sovietiche e dell’alto tasso di inflazione. All’inizio degli anni Novanta il governo dà inizio a una serie di riforme per facilitare il passaggio da un’economia pianificata ad un’economia di mercato ed inizia così una fase di privatizzazione delle aziende statali e dei kolchoz, le fattorie collettive. Contestualmente si creano disoccupazione e povertà. Gli ucraini non riescono più a mantenere il tenore di vita avuto fino a quel momento: non riescono più a pagare gli studi dei figli, a sostenere 3 Oktiabriata è il nome di un’organizzazione giovanile che raggruppava i bambini tra i cinque e i nove anni. Raggiunti i nove anni di età, i bambini entravano a far parte dei Pionieri, i nostri scout, un gruppo che organizzava attività ludiche ed educative. Organizzavano anche campi estivi dove si svolgevano attività manuali, giochi mirati e si viveva in mezzo alla natura. I Pionieri avevano le loro leggi, i loro motti, dei simboli, una divisa, dei canti: tutto questo li univa, indicava l’appartenenza al gruppo e la loro educazione da “piccoli sovietici”. All’età di quindici anni i ragazzi passavano dai Pionieri al Komsomol. Komsomol (Комсомол) è la contrazione di “Kommunisticeskij Sojuz Molodeži” (Коммунистический союз молодёжи) che significa “Unione comunista della gioventù”. All’interno del Komsomol erano insegnati i valori del comunismo e della politica sovietica: era il primo passo per entrare poi a far parte del partito comunista del proprio distretto. 4 le spese vive di un’abitazione, gli stipendi sono molto bassi e non sempre puntuali e inoltre non sono pronti a vivere in un sistema capitalista che richiede spirito e mentalità imprenditoriali. “Il distacco dall’Unione Sovietica, il crollo del sistema economico basato sulla pianificazione statale, i 70 anni di regime -qui tutti lo chiamano regime ma non sono d’accordo, lo definirei sistema perché avrà avuto tutti i suoi difetti ma aveva anche molti pregi come l’istruzione, la medicina, insomma c’erano anche delle belle cose hanno fatto in modo che in Ucraina le persone abbiano perso un po’ lo spirito imprenditoriale infatti si vede anche qui in Italia che altre nazionalità vengono e aprono le loro attività, per gli ucraini invece è più difficile che aprano negozi, non fa parte della mentalità, ci sono alcuni che hanno lo spirito di iniziativa ma quelli lo fanno di solito a casa propria” [int. 3]. Anche oggi la situazione è difficile e le prospettive non sono positive: “I prezzi crescono di quasi otto volte nella mia città, vicino a Kiev, la pensione di mia madre è cresciuta del 10 %. Un monolocale costa circa 30 – 40.000 $ e uno stipendio buono è di circa 300 $. Non riesci a fare neanche un mutuo” [int. 4]. In base alle interviste svolte, le ucraine che abitano a Bergamo provengono per lo più dalla zona occidentale del paese: le regioni (область - òblast) sono principalmente Chernovtsi, Ivano Frankovsk’, L’viv (Leopoli), Ternopil’. Non tutte abitavano in grandi città, alcune di loro abitavano in piccole cittadine o in villaggi della campagna. “All’Ovest (dell’Ucraina) se si perde il lavoro e se non si è più ventenni, è molto complicato trovare un’altra occupazione”, questo il motivo con cui un’intervistata (int. 5), proveniente dal Sud dell’Ucraina, spiega l’alta provenienza delle immigrate da quelle zone. “Noi ci sentiamo più europei, siamo vicino alla frontiera, a est invece sono più vicino alla Russia, sono sempre stati più russi” afferma un’altra 5 intervistata (int. 11), originaria della provincia di Leopoli. A seguito della situazione precaria che si era venuta a creare dopo l’indipendenza, molte donne hanno deciso quindi di emigrare. L’emigrazione dall’Ucraina si distingue dall’emigrazione da altri paesi per quanto riguarda la variabile di genere: ad emigrare sono prevalentemente le donne secondo una intervistata: “È per il fatto che gli uomini nei momenti difficili si mettono a bere e le donne si sono abituate purtroppo. Non è un luogo comune, è la verità purtroppo […] negli uomini russi non si trovano la dedizione alla famiglia e il senso di responsabilità, nella mia esperienza e in quella delle mie amiche è sempre stato così” [int. 3]. C’è chi, invece, dà un’altra spiegazione: “Per le donne è più facile trovare lavoro, come badante, baby sitter o domestica… per gli uomini è molto più difficile” [int. 6]. Verso la fine degli anni Novanta le mete dell’emigrazione erano differenti: la Polonia e la Cecoslovacchia erano scelte per svolgere lavori stagionali, l’Italia e la Grecia invece erano le mete scelte per un’emigrazione più duratura ma pur sempre limitata. Il progetto migratorio delle ucraine non prevede il trasferimento definitivo della persona e dell’intera famiglia nel paese di emigrazione, ma ha come obiettivo l’accumulo di denaro nel più breve tempo possibile per spese specifiche e contingenti. Le donne raccontano di essere venute in Italia per garantire una situazione di benessere alla propria famiglia in patria. I motivi che hanno portato all’emigrazione, nominati per lo più dalle ucraine intervistate, sono l’istruzione per i figli, la ristrutturazione o l’acquisto una casa o l’assistenza sanitaria dignitosa per un parente ammalato. Quel che prima era garantito dallo Stato ora è a pagamento: “Se vuoi essere visitato in ospedale, la visita è gratuita ma se hai bisogno di una garza o di un disinfettante bisogna portarselo da casa…” [int. 3]. 6 Le intervistate sostengono di essere partite non perché in Ucraina si moriva di fame ma perché non riuscivano più a garantire per sé e per la propria famiglia lo standard di vita che avevano prima, nel periodo sovietico. A fronte di questo si può parlare di una sorta di “migrazione da assenza di welfare”4. Con il comunismo in Ucraina si viveva dignitosamente: “Nei tempi passati mi piaceva, perché stavo bene con la mia famiglia: ogni anno potevamo andare al mare, oppure alle terme pagando di meno perché eravamo iscritti a un partito professionale […] noi pagavamo una quota, circa 10$ per due settimane e il resto lo pagava la ditta o il partito professionale” [int. 7]. “Non sono venuta qui perché non avevo niente da mangiare, volevo avere qualcosa in più, volevo vestirmi, volevo una macchina, non chissà che macchina, un mezzo che ti porta! Volevo avere quello che avevo prima, nel periodo comunista. Era meglio, sì” [int. 8]. Nella scelta dell’emigrazione è coinvolta l’intera famiglia: i figli piccoli sono, infatti, affidati alle cure del marito o dei nonni, di conseguenza tutti devono partecipare e sostenere tale decisione. Verso la fine degli anni Novanta esistevano in Ucraina delle agenzie specializzate nell’organizzazione di viaggi turistici in Europa, l’organizzazione procurava il visto d’ingresso, si occupava del disbrigo delle pratiche burocratiche, organizzava il viaggio con l’autobus e il tour previsto. Le prime donne ad emigrare in Italia hanno usufruito dell’aiuto di queste agenzie turistiche e una volta giunte in Italia scendevano dall’autobus e si fermavano qui. L’ingresso in Italia avveniva quindi regolarmente, le donne, però, si fermavano oltre la durata del visto turistico e da una posizione regolare, diventavano irregolari. Il costo di questo viaggio variava dagli attuali 200 a 400 €. 4 Castagnone E., Petrillo R., Immigrate rumene e ucraine nel lavoro di cura in Italia: due modelli migratori a confronto, in: AA.VV. Madri migranti. Le migrazioni di cura dalla Romania e dall’Ucraina in Italia: percorsi e impatto sui paesi di origine. CeSPI - FIERI, Working Papers 34, febbraio 2007, pag. 18. 7 “Ho aperto un visto turistico, per due settimane ho fatto un giro turistico, in Germania, in Austria e poi in Italia. Mi sono fermata a Bologna, sono stata lì 3 o 4 settimane senza saper parlare poi sono andata a Napoli e da lì abbiamo iniziato. No, non l’abbiamo fatto da soli il visto, c’era un’organizzazione, potevo tranquillamente andare in un’agenzia turistica e con poco ti aprivano il visto, circa 200 €. È solo adesso che arrivano in nero. Ho viaggiato con il pullman turistico e poi quando è scaduto il visto mi sono fermata, avevo già questa idea quando sono partita. Non sapevo a quale fermata scendere, ho guardato fuori e sono scesa, così. E’ dura perché non sai dove andare, in quale albergo stare… finché avevamo i soldi siamo stati in albergo, ma non potevamo stare 2, 3 o 4 mesi in albergo perché non avevamo chissà quanti soldi” [int. 08]. “E’ solo adesso che arrivano in nero”, sostiene l’intervistata, infatti ora entrare in Italia è molto più difficile. I visti turistici non sono rilasciati facilmente di conseguenza le donne si organizzano autonomamente; entrano in Italia grazie ai “pulmini” anche senza visto d’ingresso pagando cifre che variano da 2.500 a 3.000 €, se in possesso di visto invece il costo scende a 900 € circa. Attraverso strategie illegali e costi elevati, gli ucraini superano le frontiere ed entrano poi definitivamente in Italia, da clandestini”. La scelta dell’Italia come meta di emigrazione è dovuta alla conoscenza della necessità italiana di supplire alla mancanza di strutture e sistemi adeguati per l’assistenza degli anziani attraverso il lavoro di assistenza a domicilio. La maggior parte delle ucraine arrivate in Italia negli ultimi anni già sapeva prima di partire il lavoro che avrebbe dovuto svolgere; sono state informate dalle parenti, amiche o conoscenti già in Italia, e avvisate della fatica che il lavoro di cura richiede e delle difficoltà che comporta una convivenza con il datore di lavoro. Il passaparola tra amiche e parenti ha molta importanza nella scelta di emigrare e la presenza di queste persone sul territorio italiano rassicura la donna che decide di partire. “Mi ha aiutato un’amica che mi ha spiegato tutto, sono arrivata in 8 Italia con il pullman e sono venuta subito a Bergamo perché la mia amica lavora qui da due anni […]. All’inizio mi hanno aiutato le mie amiche, non sapevo la lingua, non c’è niente, nessuno. Mi hanno dato l’appartamento, da mangiare, i soldi...” [int. 9]. Le prime a partire (negli anni Novanta) invece non sapevano nulla dell’Italia, se non la posizione geografica e la storia della sua cultura appresa negli anni di studio. “Un po’ di cultura, di letteratura italiana li conoscevo e mi sembrava un paese da sogno, era uno dei primi paesi che volevo visitare quando sognavo di fare turismo. No, nessuno mi aveva mai detto cosa significava venire qui e lavorare anche perché allora l’immigrazione iniziava” [int. 3]. “Ho scelto l’Italia per me: mio papà conosce molto bene la storia e mi raccontava tantissimo dell’Italia, di Roma, loro vincevano, era un paese forte, anche nelle guerre. Mi piacerebbe vedere Roma… e così sono andata! ” [int. 2]. “Sì, sapevo qualcosa dell’Italia dalla geografia che avevo fatto a scuola, ma non pensavo di andare in Italia” [int. 7]. IL PROGETTO MIGRATORIO Inizialmente le donne che partono dall’Ucraina sono convinte di rientrare nel più breve tempo possibile, hanno intenzione di fermarsi in Italia per il tempo necessario per risparmiare un po’ di soldi da investire nelle spese specifiche e contingenti sopravvenute nel paese d’origine. Talvolta però la situazione cambia nel paese di emigrazione. Il guadagno non è immediato oppure, terminata una spesa, ne urge subito un’altra e quindi il periodo di permanenza in Italia si allunga. Nella modifica del progetto migratorio da breve a lungo periodo, la variabile dell’età differenzia il comportamento tra le ucraine. Tra le intervistate possiamo individuare, selezionando attraverso il 9 criterio dell’età anagrafica, due gruppi: il gruppo di donne mature (dai 45 ai 60 anni) e il gruppo delle donne più giovani (30 – 35 anni). La variante dell’età implica notevoli differenze: infatti, a partire dall’età della persona, dipendono il progetto migratorio in Italia, la situazione familiare nel paese d’origine, le motivazioni che hanno portato alla scelta dell’emigrazione e le relazioni socio lavorative che si sono costruite in Italia. Le donne più giovani, col passare del tempo e stabilizzata la loro presenza in Italia, decidono di ricongiungere il marito e i figli non ancora adolescenti. Da quel momento la loro situazione cambia notevolmente: la presenza della famiglia in Italia richiederà tempo e attenzioni maggiori da parte della donna, che di conseguenza preferirà un lavoro ad ore e una casa autonoma. Per le donne più mature è molto più difficile controllare il progetto migratorio definendo con precisione il periodo di tempo che passeranno in Italia. Tutto dipende dai figli e dalle situazioni contingenti che si vengono a creare con passare del tempo in Ucraina. Queste donne hanno i figli grandi (per i quali è impossibile richiedere un ricongiungimento) e, soprattutto, stanno investendo parte della loro vita in Italia per dare ai figli in Ucraina la possibilità di vivere dignitosamente e di costruirsi più facilmente una vita decorosa nel loro paese. Ricongiungere la famiglia in Italia vanificherebbe gli sforzi fatti per investire nel futuro dei figli in Ucraina, per permettere loro di studiare o per costruire una nuova casa, di conseguenza non viene presa in considerazione. Resta vivo in queste donne il mito del ritorno, continuando a vivere in Italia e sopportando tutto quel che comporta il lavoro di cura e la convivenza con i datori di lavoro in un’etica del sacrificio. Si potrebbe parlare di una strategia da “apnea”5. “Io vorrei tornare a casa, stare qui ancora 3 o 4 anni e poi tornare. 5 Castagnone E., Petrillo R., Immigrate rumene e ucraine nel lavoro di cura in Italia: due modelli migratori a confronto, in: AA.VV. Madri migranti. Le migrazioni di cura dalla Romania e dall’Ucraina in Italia: percorsi e impatto sui paesi di origine. CeSPI - FIERI, Working Papers 34, febbraio 2007, pag. 20. 10 Non vorrei rimanere qui in Italia, se avessi 25 anni allora sì, ma ho 46 anni e non ho tante possibilità per mantenere qui tutta la famiglia” [int. 7]. Una coppia giovane, invece, vive in Italia da circa nove anni insieme ai due figli, arrivati due anni fa. La famiglia non sa ancora se si fermerà in Italia per tutta la vita o se rientrerà in Ucraina, dalle loro parole emerge un sentimento di sfiducia nei confronti del paese d’origine: “Io ho ancora paura a tornare al mio paese anche se ho la casa e tutto e posso tornare tranquilla, non sono sicura che i miei diplomi possano valere ancora […] e poi anche se là trovo lavoro non sono sicura che guadagno quanto mi basta per avere una vita almeno come quella che ho qua.[…] Ho paura a tornare solo perché non sono sicura che domani avrò quello che ho oggi qui. [...] Non credo che il nostro governo riesca a sistemare tutto così bene che noi tra due anni possiamo decidere di tornare a casa” [int. 8]. “A me la situazione in Ucraina adesso come adesso proprio non mi interessa, perché non ci credo, non mi fido dei politici ucraini! La situazione va lentamente migliorando, secondo me grazie a tante persone che sono qui all’estero e mandano soldi” [int. 3]. C’è chi, tra le giovani ragazze ucraine a Bergamo, critica i coetanei rimasti in Ucraina le cui madri sono in Italia a lavorare: “Si creano molti problemi in Ucraina, i bambini crescono senza madre, ma molti figli sono grandi, studiano o sono sposati e secondo me dovrebbero arrangiarsi un po’ da soli e i genitori devono stare tranquilli e in pensione. Non sono molto d’accordo con questa cosa: sono io che mantengo mia madre” [int. 4]. “In genere (i figli) non chiedono di venire qui in Italia perché avendo la madre qui, loro là vivono già abbastanza comodi!” [int. 3]. 11 L’ ARRIVO A BERGAMO Non per tutte le ucraine che abitano a Bergamo, questa città è stata la prima ad averle ospitate. Tra le intervistate, alcune sono passate prima per l’Italia meridionale e solo in un secondo momento sono arrivate al nord e in particolare a Bergamo. “Io sono arrivata in Italia e sono arrivata a Napoli direttamente. Specialmente la prima emigrazione andava verso il Sud, c’erano i luoghi comuni! Sono entrata con visto turistico e poi mi sono fermata e sono stata qui come irregolare e tra noi si diceva che al Sud la polizia faceva meno controlli rispetto al Nord e al Sud le persone senza documenti incontrano meno problemi” [int. 3]. “Mi sono spostata al Sud, a Napoli perché si diceva che se volevi stare al Nord dovevi conoscere perfettamente la lingua e non la sapevamo invece al Sud non pretendevano troppo. Il Sud era la nostra scuola di lingua” [int. 10]. I dati confermano questa situazione: nella regione Campania, infatti, sono residenti 26.836 ucraini di cui 21.168 donne (78,8%). In provincia di Napoli in particolare sono presenti 12.878 ucraini di cui 10.337 donne (80,2%)6. Una situazione ben diversa rispetto alle province di Milano e di Roma, come è possibile verificare dalla lettura dei grafici che seguono: 6 Dati ISTAT al 31/12/06, cfr. www.demo.istat.it 12 13 Successivamente le intervistate si sono trasferite a Bergamo grazie al sostegno di reti parentali o conoscenti che abitavano già in città e trovavano per l’amica un’occupazione più remunerativa o una situazione migliore. Nella provincia bergamasca, i comuni che rilevano il maggior numero di presenze di ucraini sono Bergamo e i comuni limitrofi anche se la diffusione riguarda l’intera provincia7. Dati di presenza di ucraini relativamente alla popolazione residente in Bergamo e provincia 7 Dati elaborati dall’Osservatorio Politiche Sociali, Area immigrazione, della Provincia di Bergamo. 14 La spiegazione di questo diffuso insediamento è da ricercare nella posizione che occupano nel mercato del lavoro e, in molti casi, nella sovrapposizione di luogo di lavoro e abitazione. Dati di presenze assolute di ucraini in provincia 15 LA SITUAZIONE LAVORATIVA Il lavoro svolto dalla maggior parte delle ucraine è, infatti, un lavoro di assistenza alla persona o un lavoro domestico. In Italia è alta la richiesta di assistenti familiari, le famiglie preferiscono affidare i propri cari a persone fidate, senza ricoverarli in strutture specializzate, per permettere loro di continuare la vita nella loro casa senza modificare le abitudini. La scelta di un’assistente a domicilio è negli ultimi tempi quella che va per la maggiore. I datori di lavoro ricercano persone serie, brave, non per forza competenti in materia infermieristica ma che possano seguire l’anziano in tutta la sua vita e nella sua persona. L’assistente affianca l’anziano giorno e notte. D’altra parte il lavoro di cura e assistenza alla persona è ricercato da parte delle ucraine. Tutte conoscono le difficoltà che ne conseguono, ma tutte sanno per contro anche le agevolazioni che una convivenza con il datore di lavoro permette. Questo consente loro, infatti, di risparmiare su tutte le spese che riguardano il vitto e l’alloggio, il salario mensile è quindi già al netto delle spese e consente all’assistente ucraina di inviare più denaro in patria. “Il mio stipendio è benissimo. Tengo per me 100 € ogni mese e il resto lo invio tutto a casa” [int. 9]. La convivenza con l’assistito però può comportare anche notevoli sacrifici: il lavoro di assistenza a domicilio implica uno stretto e continuo contatto con il datore di lavoro, non si ha a disposizione tempo per sé ed è molto difficile avere una propria indipendenza ed una vita extralavorativa. All’assistente domiciliare, soprattutto se convivente, si richiedono anche lo svolgimento delle attività quotidiane, come ad esempio la pulizia degli ambienti, e si reputa che sia attività di cura il saper cucinare. Il fatto che una professione abbia risvolti di varia natura non è un fatto anomalo di per sé, manca però il riconoscimento dei vantaggi che ne conseguono per il datore di lavoro. Nella maggior parte dei casi, infatti, questo tipo di attività sono ritenute scontate e naturalmente è ben più 16 amata l’assistente familiare che intuisce o anticipa le richieste del datore di lavoro. D’altra parte le assistenti domiciliari si dimostrano disponibili a farsi carico delle faccende domestiche sia per dimostrarsi buone lavoratrici sia per la posizione di debolezza in cui talvolta si ritrovano. «Ben più complessa è la questione quando la richiesta di “ruoli extra” si sposta su un piano relazionale. Anche in questo caso il fatto che questo tipo di lavoro si svolga tra le mura domestiche induce a scivolare verso un altro tipo di equivoco, ossia l’idea che tutti coloro che circolano quotidianamente nella casa siano persone “di casa”, vale a dire annoverabili nell’ambito delle relazioni familiari. Mettendo in luce il comportamento di anziani e caregiver non è risultato infrequente notare come essi tentino di colmare i propri vuoti affettivi e soddisfare il proprio bisogno di sostegno emotivo, attribuendo all’assistente domiciliare il ruolo di “figlia” o di “sorella” o quantomeno di confidente o di amica8» (C. Cominelli, 2005). Queste richieste rendono ancora più difficile il riconoscimento dell’assistente come una lavoratrice, si tende cioè ad una familiarizzazione del rapporto di lavoro. I datori di lavoro sono interessati alle vicende personali della lavoratrice, ciò appare incrementare il loro senso di fiducia, d’altra parte però richiedono alle lavoratrici stesse una sorta di invisibilità e discrezionalità quando ad esempio subentrano le relazioni autenticamente familiari. Per le donne che lavorano in situazione di irregolarità contrattuale e irregolarità di permanenza sul territorio la situazione è ancora più difficile perché si è privi di tutela. “Se hai una “nonna” brava, allora tutto va bene, se invece la nonna ha brutte malattie, come l’Alzheimer, è molto pesante e molte donne ucraine adesso sono malate, perdono la testa, vanno in depressione. E’ molto difficile se sei a casa con queste persone, si rischia di 8 Fonti: Cominelli C., Obbligazioni extracontrattuali: le attese ed i comportamenti, in: Ambrosini M. e Cominelli C. (a cura di), Un’assistenza senza confini; Welfare “leggero”, famiglie in affanno, aiutanti domiciliari immigrate. Rapporto 2004, Fondazione ISMU, Osservatorio Regionale per l’integrazione e la multietnicità, Milano, 2005, pag. 162. 17 ammalarsi, la tua testa è piena e scoppia. Le persone lavorano così per due, tre, quattro anni ed è molto pesante: nessuno crede come è difficile fare la badante. Io non ho paura di lavorare, devo lavorare e mi piace anche però mi sarebbe piaciuto avere più tempo per me, essere un po’ più libera. Qui non è così: devi fare quello che ti dicono, non sei libera, puoi uscire quando loro ti dicono di uscire, non quando tu vuoi… è molto pesante, molto” [int. 9]. LA RICERCA DEL LAVORO Diversi sono i modi con cui le ucraine ricercano il lavoro. Il più utilizzato è il passaparola. I luoghi nella nostra città che sono finalizzati alla ricerca del lavoro sono le zone di Porta Nuova e le panchine che si trovano nei pressi del teatro Donizetti, in pieno centro città. Qui le donne disoccupate si siedono e aspettano. Questo metodo è molto particolare perché caratterizza esclusivamente le migranti dei paesi dell’ex Unione Sovietica. Passano intere giornate, fino anche ad un mese intero sedute sulle panchine a parlare tra loro aspettando che qualche connazionale o conoscente arrivi ad annunciare di avere un posto come domestica o assistente familiare chissà dove. Questo accade per lo più per donne irregolarmente presenti sul nostro territorio che non hanno la possibilità di cercare un lavoro attraverso gli sportelli informativi che la città offre. Dalle interviste emerge però che le donne ucraine preferiscono comunque non rivolgersi alle agenzie interinali per la ricerca del lavoro, preferiscono altri canali. A Bergamo esistono l’Informalavoro, sportello della Provincia di Bergamo e l’Apicolf, il sindacato delle lavoratrici domestiche, che favoriscono l’incontro tra domanda e offerta di lavoro domestico. Questi servizi mettono in contatto le famiglie con le lavoratrici in base alle richieste e alle esigenze di entrambi. Le ucraine ricercano un lavoro di assistenza a domicilio in situazioni di co-residenza con il datore di lavoro per le motivazioni spiegate in precedenza, le famiglie ricercano donne serie, brave, forti se devono seguire un parente non autosufficiente, chiedono disponibilità ampia, se 18 non completa. Questi sportelli in base alle richieste e alle esperienze precedenti permettono l’incontro tra lavoratrice e famiglia e supervisionano, fin dove possibile, il rapporto di lavoro. L’accesso a questi servizi è subordinato alla presenza regolare sul territorio da parte delle lavoratrici. In assenza di permesso di soggiorno, le donne ucraine sono costrette a rivolgersi ad altre “agenzie di collocamento”. Il lavoro spesso viene “comprato” e questo commercio di posti di lavoro è molto remunerativo per le ucraine che lavorano come mediatrici tra domanda e offerta, spesso all’insaputa delle famiglie che offrono lavoro. Anche a Bergamo questa situazione esiste come sostengono alcune delle intervistate. “Io li ho pagati tutti i lavori! A italiani mai. Ho pagato 300 € prima, poi il secondo 600 € e quello dove sono adesso 400 € perché ero a casa per fare i documenti e la mia nonna è morta e sono tornata e ho trovato questo lavoro. Ma io sono contenta anche per quello perché se mi trovo senza lavoro e non conosco nessuno… oggi tutto si vende e tutto si compra! Le famiglie non c’entrano, prima credo che non lo sapevano, ma adesso che siamo in tante forse sospettano. Io non ho mai detto che ho pagato per trovare quella famiglia, non è giusto. Le mie amiche mi hanno detto che quel posto è buono, se ti va paghi 400 € se no ne trovano un’altra e io rimango senza lavoro. A casa mia aspettano i soldi. Non è giusto ma si deve fare” [int. 7]. “Sì capita (che qualcuno venda il lavoro). Sono connazionali. Purtroppo è una delle cose di cui mi vergogno di più, ho sentito che per le altre nazionalità questo non succede. Sia il primo che il secondo lavoro li ho acquistati, qui a Bergamo l’ho trovato grazie ad un’amica” [int. 3]. Secondo Mazzacurati la spiegazione a questo fenomeno è da ricercarsi nel blat9. 9 Mazzacurati Cristina, Dal blat alla vendita del lavoro. Come sono cambiate colf e badanti ucraine e moldave a Padova, in: AA.VV., Migrazioni globali e integrazioni locali, Il Mulino, Bologna 2005, pp.145-174. 19 Il blat è un fenomeno tutto sovietico che può essere definito come una sorta di mutuo soccorso tra amici e conoscenti. Si costituiva una rete di relazioni che poteva essere utile a reperire una merce o un servizio nel contesto di un’economia pianificata come quella sovietica. La capacità di dare o rendere servizi all’interno delle catene di blat, dipendeva dalla posizione ricoperta nella gerarchia sociale sovietica, definita dal rapporto tra l’individuo e lo Stato, e, di conseguenza, la possibilità di accesso alle risorse statali. Per ogni cittadino si calcolava teoricamente un potenziale oblativo, determinato dalla professione svolta e dalla rete di conoscenze e relazioni. Le caratteristiche peculiari del blat erano la circolarità (in genere la persona A intercedeva per la persona B presso la persona C, e A e C erano certi che B si sarebbe reso utile in un’altra occasione) e la proibizione di pagare loro un corrispettivo monetario per il servizio di “messa in contatto”. Il servizio non era pagato con il denaro, ma con altri favori che il beneficiario avrebbe sicuramente reso alla persona che l’aveva aiutato a reperire una determinata merce. Questo modo di agire, attraverso uno scambio di favori, in uso nel periodo sovietico, è impiegato anche oggi in terra di emigrazione con delle varianti. Nel contesto italiano, infatti, non c’è nessuna garanzia che il servizio reso (quello di trovare o passare il lavoro a qualcuno) venga prima o poi ricambiato con un altro favore, e questo venir meno delle garanzie ha portato ad una monetizzazione che viene riscossa subito. Si potrebbe dire che alcune immigrate ucraine lavorano come delle agenzie di collocamento, procurando il lavoro per conoscenti e chiedendo loro somme che talvolta arrivano ad essere pari al primo stipendio della lavoratrice. L’inserimento delle donne ucraine nelle famiglie italiane non è stato difficoltoso, le famiglie le hanno accolte e trattate con rispetto, la maggioranza afferma di aver avuto esperienze positive. Esiste, tuttavia, un non detto riguardo a molestie e umiliazioni subite in casa, o da parte dell’anziano assistito o dei figli o membri della famiglia. Rivendicare o denunciare le molestie subite è però molto difficile per le donne ucraine specialmente irregolari perché questo pregiudica l’accesso a un altro lavoro. Quando però 20 si trovano a dover cercare lavoro in una posizione di regolarità attraverso gli sportelli precedentemente citati le donne ucraine spesso richiedono di non lavorare con uomini sottolineando esperienze passate dove hanno subito ricatti o forzature. Tra il gruppo delle giovani donne ucraine invece questo tipo di lavoro non è tra i più ricercati: nel momento, infatti, di un ricongiungimento familiare e di un investimento della propria vita nella terra di emigrazione sono necessarie alcune forme di indipendenza che un lavoro di assistenza a domicilio con relativa convivenza non permette. SOLO ASSISTENTI? Ci sono anche alcuni ucraini che decidono di intraprendere nella provincia di Bergamo attività autonome. In generale gli stranieri decidono di investire creando una propria impresa o società in settori quali la ristorazione, l’edilizia e il commercio all’ingrosso e al dettaglio di manifatture etniche. Analizzando i dati a disposizione osserviamo che il 3,1% delle società di persone presenti a Bergamo è costituita da imprenditori extracomunitari. I settori in cui l’imprenditoria extracomunitaria ha maggior peso rispetto al totale delle società di persone presenti in provincia, sono il settore alberghiero e della ristorazione (6,1% di società di persone di imprenditori extracomunitari), a seguire il settore del commercio all’ingrosso e al dettaglio di beni per la persona e per la casa (4% di imprenditori extracomunitari). Tra gli imprenditori extracomunitari rientrano anche gli ucraini. Le società di persone create da ucraini sono 3 su un totale di 587 società create da extracomunitari quindi uno 0,5% nel panorama dell’imprenditoria extracomunitaria. I settori rispecchiano l’analisi fatta in precedenza: anche gli ucraini hanno creato società di persone nel settore alberghiero e della ristorazione, nel commercio all’ingrosso e al dettaglio e nel settore delle costruzioni. Osservando invece i dati relativi alle imprese individuali (imprese che fanno capo ad una sola persona che è l’unica responsabile 21 della sua gestione) si notano 3592 imprese create da extracomunitari, pari al 7,3% del totale delle imprese individuali nella bergamasca, di cui 24 sono a nome di ucraini. Anche questo tipo di imprese si sviluppa nei settori già citati in precedenza. In questi settori vediamo anche la presenza di imprenditori ucraini, in particolar modo nel settore delle costruzioni (13 imprese individuali su 1187 imprese di extracomunitari), a seguire il settore del commercio all’ingrosso e al dettaglio (4 imprese individuali di ucraini su un totale di 1182 imprese di extracomunitari) e il settore riguardante attività manifatturiere (3 imprese di ucraini su 493 imprese di extracomunitari). I dati riportati in seguito dimostrano quanto detto. 22 Camera di Commercio: Bergamo Classe di Cariche: Titolare o Socio in Società di persona o imprese individuali SOCIETA’ DI PERSONE (dati al 30/09/2007) Comunitaria Extra Comunitaria Italiana Non Classificata TOTALE Persone Persone Persone Persone Persone A Agricoltura, caccia e silvicoltura 0 6 771 2 779 B Pesca,piscicoltura e servizi connessi 0 0 0 0 0 C Estrazione di minerali 0 0 25 1 26 D Attivita’ manifatturiere 25 85 3.636 52 3.798 E Prod.e distrib.energ.elettr.,gas e acqua 0 0 2 0 2 F Costruzioni 21 38 2.157 22 2.238 G Comm.ingr.e dett.-rip.beni pers.e per la casa 36 144 3.279 58 3.517 H Alberghi e ristoranti 17 90 1.345 7 1.459 I Trasporti,magazzinaggio e comunicaz. 5 14 427 9 455 J Intermediaz.monetaria e finanziaria 1 1 217 0 219 K Attiv.immob.,noleggio,informat.,ricerca 32 57 3.438 32 3.559 M Istruzione 0 2 44 1 47 N Sanita’ e altri servizi sociali 1 1 63 1 66 O Altri servizi pubblici,sociali e personali 3 12 444 4 463 X Imprese non classificate 33 137 2.070 19 2.259 TOTALE 174 587 17.918 208 18.887 IMPRESE INDIVIDUALI (dati al 30/09/2007) Comunitaria Extra Comunitaria Italiana Non Classificata TOTALE Persone Persone Persone Persone Persone A Agricoltura, caccia e silvicoltura 19 40 4.515 0 4.574 B Pesca,piscicoltura e servizi connessi 0 0 3 0 3 C Estrazione di minerali 0 0 3 1 4 D Attivita’ manifatturiere 93 493 5.337 8 5.931 E Prod.e distrib.energ.elettr.,gas e acqua 0 0 8 0 8 F Costruzioni 374 1.187 12.547 3 14.111 G Comm.ingr.e dett.-rip.beni pers.e per la casa 114 1.182 11.654 33 12.983 H Alberghi e ristoranti 30 100 1.706 1 1.837 I Trasporti,magazzinaggio e comunicaz. 14 281 1.468 1 1.764 J Intermediaz.monetaria e finanziaria 11 23 1.469 0 1.503 K Attiv.immob.,noleggio,informat.,ricerca 49 186 2.719 0 2.954 M Istruzione 8 3 62 1 74 N Sanita’ e altri servizi sociali 0 4 70 0 74 O Altri servizi pubblici,sociali e personali 25 79 2.738 0 2.842 X Imprese non classificate 7 14 105 0 126 TOTALE 744 3.592 44.404 48 48.788 Stato di nascita: UCRAINA SOCIETA’ DI PERSONE IMPRESE INDIVIDUALI Persone 0 1 1 1 0 0 3 Persone 3 13 4 2 1 1 24 D Attivita’ manifatturiere F Costruzioni G Comm.ingr.e dett.-rip.beni pers.e per la casa H Alberghi e ristoranti K Attiv.immob.,noleggio,informat.,ricerca O Altri servizi pubblici,sociali e personali TOTALE Fonte: Infocamere – Elaborazione CCIAA Bergamo 23 LA CONDIZIONE ABITATIVA Come già anticipato le abitazioni delle ucraine coincidono per lo più con i luoghi di lavoro. Spesso le donne ricercano un lavoro che consenta la co-residenza. Questa offre notevoli vantaggi perché permette risparmiare gran parte del salario evitando i costi di un eventuale affitto e del mantenimento dell’abitazione. Tuttavia la co-residenza può avere altri costi importanti. Le donne spesso hanno una camera da letto, l’unico spazio privato, dove poter tenere le proprie cose e vivere la dimensione privata della vita quotidiana. La co-residenza è spesso causa di incomprensioni e conflitti con l’assistito perché porta a condividere con l’anziano qualsiasi momento della giornata e della vita personale, non ci sono confini quindi tra l’ambito professionale e quello privato. Nel paragrafo già citato precedentemente, la Cominelli riporta parte di un’intervista che chiarisce, attraverso le parole del datore di lavoro, le incomprensioni che si creano tra assistente e assistito: “Se mia moglie tentava di risparmiare su certe cose lei no, via! Usa tanto di quel burro e formaggio… tutte queste cose costano! Luce, riscaldamento. Lei è giovane e lavora sodo, quindi deve mangiare tanto, poi se lei mangia la frutta o i dolci li vuole anche mia moglie. Spendo un sacco di soldi al supermercato, quasi 250 € al mese… forse nel suo paese non poteva fare così e adesso non ci pensa due volte…” (A. 17)10 Le ore di riposo giornaliero previste dal contratto talvolta non sono rispettate dalle stesse lavoratrici perché, in mancanza di luoghi dove poter andare, l’assistente preferisce fermarsi in casa e continuare a lavorare. 10 Cominelli C., Obbligazioni extracontrattuali: le attese ed i comportamenti, in: Ambrosini M. e Cominelli C. (a cura di), Un’assistenza senza confini. Welfare “leggero”, famiglie in affanno, aiutanti domiciliari immigrate, Rapporto 2004. Fondazione ISMU, Osservatorio Regionale per l’integrazione e la multietnicità, Milano, 2005, pag. 166. 24 “Vedo spesso le mie connazionali) anche le due ore che ho libere ogni giorno. A Sant’Omobono abbiamo una panchina, ci vediamo, giochiamo a carte, parliamo, siamo in quattro“ [int. 7]. A volte però una panchina non basta, in inverno soprattutto. Il “non sapere dove andare” causa una passiva accettazione della situazione da parte delle donne ucraine e una mancanza di contrattazione con l’assistito o la sua famiglia per il diritto alle ore di riposo. Osservando però la situazione nel suo complesso emergono non solo i racconti di conflitti o umiliazioni ma anche quelli che parlano di buoni rapporti con le famiglia dell’anziano, la qual cosa non rende meno insostenibile la loro condizione lavorativa. Solo nel momento in cui il progetto migratorio si modifica e la donna ucraina decide con la sua famiglia di procedere al ricongiungimento familiare oppure decide di costruirsi una nuova vita in Italia, la situazione cambia. Innanzi tutto le donne cercano un lavoro ad ore che permetta loro di dedicarsi alla famiglia e alla gestione di una propria vita privata. Anche la co-residenza con il datore di lavoro viene meno: si cerca una casa in affitto, con i relativi costi che ne conseguono. Una casa propria però dà la possibilità alle donne di costruirsi la dimensione del privato, di vivere una propria vita con la propria famiglia in Italia. Questo accade come già anticipato per le donne più giovani, che decidono di fermarsi in Italia e costruirsi un futuro in terra di emigrazione. IL PAESE D’ORIGINE Le testimonianze delle ucraine intervistate rivelano che si mantiene un rapporto molto stretto con il paese d’origine, dal momento che l’intera famiglia si trova lì. Le donne mature hanno figli e nipoti in Ucraina, sono in Italia per loro e per loro fanno questo sacrificio. Sentono necessario almeno mantenere un legame con i figli: è molto difficile non vederli crescere o non vedere i nipotini nascere; è una dura sofferenza per qualsiasi mamma o nonna. Nelle interviste alle donne più mature che hanno figli adolescenti 25 o giovani emerge una forte preoccupazione per questi ragazzi: “Si, io sono sempre preoccupata per mio figlio (17 anni), è un ragazzo giovane e quando io ero a casa non usciva di sera o di notte, adesso quando chiamo a casa lui non c’è mai, va e gira. Ho paura che picchi altri, c’è la droga e l’alcol, quando io sono a casa [in Ucraina] non ho paura ma adesso sì, sono tanto preoccupata. E il marito? Eh, marito, che marito… anche il marito non vedo tutto e ho ancora più paura per mio figlio” [int. 9]. Il telefono diventa quindi un elemento necessario per mantenere i rapporti con la famiglia e per guidare ed educare i figli da lontano, ma spesso non è sufficiente a colmare la distanza. A volte qualcuno scrive lettere, così chi è a casa può leggere e rileggere quello che scrive la mamma. “Io scrivo lettere, ma chiamo anche due o tre volte alla settimana. Scrivo lettere soprattutto a mio figlio piccolo che ha bisogno di leggere e rileggere le lettere. […] Con il marito ci sentiamo al telefono. Non è vita normale, ma non siamo l’unico popolo che fa così” [int. 7]. “Dal punto di vista sociale è difficile, i bambini vogliono le loro madri che sono lontane. Qui in Italia noi siamo limitate dagli affetti della famiglia e il telefono non può coprire le mancanze. Facevo i compiti con mio figlio per telefono…” [int. 10]. La situazione sociale che si viene a creare in Ucraina è piuttosto critica. L’emigrazione delle madri e delle mogli ha portato alla rottura degli equilibri familiari tradizionali. Per i nonni, cui sono affidati i bambini, spesso risulta difficile educarli e gestirli a causa del forte gap generazionale. Alcune ricerche svolte da associazioni ucraine rilevano le difficoltà in cui si trovano le famiglie in Ucraina. A seguito dell’emigrazione il rischio di separazioni è elevato; i figli degli emigranti sono emotivamente più fragili e più deboli, esiste un eccessivo consumismo e una deresponsabilizzazione dovuta al fatto di ave- 26 re soldi “facili”. Si parla per questo di “orfani sociali”, concetto impiegato per descrivere il bambino benestante grazie alle rimesse inviate dal parente emigrato, ma che non è dotato di adeguate capacità per gestire il denaro che riceve. Dal rapporto del Ministero della Famiglia ucraino si evince che raramente i genitori che partono si rivolgono ai servizi sociali per ottenere assistenza, e questo accade principalmente per due motivi: prima di tutto perché non si vogliono diffondere notizie sulla propria partenza (in Ucraina, infatti, c’è la doppia tassazione per i guadagni provenienti dall’estero) e in secondo luogo per evitare di pagare il tutore mandato dai servizi sociali11. Si parla appunto di “soldi facili” provenienti dal lavoro e dai sacrifici delle madri che lavorano all’estero. Le donne in Italia inviano gran parte del salario a casa, alla propria famiglia, per coprire le spese per costruire la casa o per consentire l’istruzione ai figli. Le rimesse vorrebbero essere il mezzo per rafforzare l’unità familiare, per dimostrare alla famiglia la propria presenza, per far sentire loro che l’affetto e i pensieri sono rivolti al paese di provenienza e ai propri cari. Al tempo stesso queste rimesse o eventuali regali sono il mezzo per giustificare la propria assenza12. Purtroppo, evidenzia un’intervistata, questi sacrifici non sono sempre riconosciuti dalle famiglie: “Tante che sono qui fanno fatica […] stanno qui parecchi mesi e poi a volte le famiglie là non ci tengono neanche che tornino, basta che mandino i soldi là… non sempre, ma a volte fanno dei sacrifici e a volte a casa non vengono neanche riconosciuti“ [int. 3]. 11 Piperno F., L’impatto dell’emigrazione femminile sui contesti di origine, in: AA.VV., Madri migranti. Le migrazioni di cura dalla Romania e dall’Ucraina in Italia: percorsi e impatto sui paesi di origine. CeSPI - FIERI, Working Papers 34, febbraio 2007, pag. 35. 12 Piperno F., “L’impatto dell’emigrazione femminile sui contesti di origine”, in: AA.VV., Madri migranti. Le migrazioni di cura dalla Romania e dall’Ucraina in Italia: percorsi e impatto sui paesi di origine. CeSPI - FIERI, Working Papers 34, febbraio 2007, pag. 40. 27 A Bergamo le donne ucraine inviano le rimesse attraverso i pulmini che sostano ogni fine settimana sul piazzale della Malpensata. Per questo motivo è molto difficile calcolare il volume di denaro che viene trasferito in Ucraina. “Tutte le domeniche vado in Malpensata ai pulmini perché mando i soldi per i miei figli. Adesso non mando più regali, i ragazzi non vogliono le cose di qui, è un po’ diverso, vogliono i soldi per prendere là“ [int. 2]. “Noi mandiamo soldi ma anche regali, anche elettrodomestici, che da noi costano cari, o qualche vestito che prendo al mercato… Anche da noi c’è un grandissimo mercato ma se tu spedisci loro pensano che la roba sia migliore! Ci tengono di più perché lo vedono come regalo. Io spedisco con i pulmini, sono sicuri, sono quattro anni che lo faccio e non è mai arrivata una cosa rotta. Loro la portano a casa e glielo danno in mano. Per spedire paghiamo 1,50 € al kg. Anche loro sono da pagare: è il loro lavoro“ [int. 6]. I pulmini, infatti, non trasportano solo passeggeri, ma trasferiscono denaro e piccoli oggetti come vestiti, coperte, dolci o piccoli elettrodomestici. Il servizio, che gode la fiducia di chi si affida, è molto efficiente e ben organizzato: ogni città ha il suo pulmino che è identificato attraverso cartelli o striscioni che indicano la città per cui è svolto il servizio, le tariffe e eventuali offerte. I pulmini trasportano anche prodotti locali ucraini da rivendere alle emigranti che si trovano in Italia. Si possono trovare pane nero speziato, cetrioli e pomodori sott’olio, panna acida, aringhe, caviale, birra, vodka, dolci, e ancora giornali, libri, dvd, matrioške e souvenir. La vendita di prodotti desta non poche preoccupazioni tra gli amministratori bergamaschi sia per l’irregolarità della vendita dei prodotti, sia per la tipologia stessa. Gli amministratori vorrebbero regolamentare e gestire la situazione, che sta diventando incontrollabile, che sta scoppiando sotto i nostri occhi. Anche gli abitanti 28 del quartiere si lamentano per la condizione di quel luogo, per l’importazione e la vendita abusive e per la gran quantità di persone che si ritrovano alla Malpensata ogni fine settimana. E si lamenta anche un rivenditore di prodotti tipici ucraini che ha un negozio in città, che riconosce però l’utilità del servizio per il trasporto di pacchi e denaro. Da tempo l’Amministrazione Comunale di Bergamo si sta muovendo su questo fronte per cercare un luogo alternativo al piazzale della Malpensata, raggiungibile dai mezzi pubblici e vicino ad un’area verde che permetta agli ucraini di condividere il pranzo della domenica. Il luogo che dal mese di aprile ospita gli ucraini è il piazzale della Motorizzazione Civile sulla statale Briantea. Prima di giungere a tale decisione, l’Amministrazione ha chiesto la collaborazione della comunità ucraina per confrontarsi sulla questione e arrivare ad una scelta comune e condivisa13. Si tratta di un’azione combinata (nuovo spazio e contrasto dell’illegalità) che nell’equilibrio delle componenti ha il punto di forza e di condivisione, diversamente si rischia di approdare ad effetti ridotti e non soddisfacenti per gli attori coinvolti e/o interessati. Le ucraine regolarmente presenti in Italia rientrano almeno una volta all’anno nel paese d’origine per passare le vacanze con la propria famiglia; per le donne senza permesso di soggiorno il rientro è molto più difficile, se non impossibile. Come ho già avuto modo di dire, i costi per un ingresso irregolare in Italia sono molto elevati. Per questo motivo un rientro in Ucraina in mancanza di permesso di soggiorno preclude alle ucraine il ritorno in Italia se non attraverso mezzi illeciti che prevedono l’esborso di ingenti somme. Non è raro incontrare donne che non rientrano al loro paese e non vedono i loro cari da due, tre o quattro anni, con tutte le difficoltà che ne conseguono. 13 “Il mercato degli ucraini sarà spostato” di Carmen Tancredi, in: L’Eco di Bergamo 30/11/07, pag. 13. 29 Un altro modo per rimanere in contatto con il proprio paese è l’aggiornamento continuo sulla situazione politica e sociale del proprio paese. Le ucraine comprano, grazie ai pulmini, giornali pubblicati nelle loro città per tenersi informate sulle ultime notizie. Anche qui l’età anagrafica e i due gruppi che ho individuato si ripropongono nuovamente: sono le donne più mature che dimostrano con maggior forza l’interesse per il proprio paese, la sua politica, l’economia e i fatti di cronaca. “Quasi tre anni fa siamo andati a Milano per votare il nostro Presidente nuovo. Sono andata anche io anche se avevo paura perché ero senza documenti, ero emozionata e patriota. L’unico era lui questo Juschenko che c’è adesso. Non abbiamo avuto altra scelta, poi lui prima si comportava come la persona giusta, adatta a fare questo ruolo perché l’altro è filo-russo e di nazionalità bielorussa… beh, non c’entra russo bielorusso tedesco, non c’entra niente ma noi volevamo il nostro presidente! Mi ricordo quel giorno, pioveva, sono andata senza mangiare fino alle 4, tutti bagnati ma si cantava con la bandiera giallo azzurra abbiamo voluto scegliere lui. Adesso sono qua e non ero al corrente che era saltato tutto. Si pensava come prima, non credere a nessuno, tenere alla tua famiglia, essere forte e tenere duro e guadagnare e lavorare. Nessuno ti manda le cose dal cielo. Siamo delusi tutti, non c’è più niente da fare. Ho creduto nel Viktor… Juschenko adesso non si crede più. Secondo me io credo e auguro tanto alla mia cara Ucraina di risollevarsi perché per secoli è sempre stata conquistata, da mongoli, tartari, polacchi, russi e austriaci e portavano via le nostre donne perché dicevano che sono molto belle e noi eravamo sempre sotto qualcuno. Io credo e auguro, mi viene anche da piangere [piange]… Nel 1861 c’era un nostro poeta, Ševčenko, che diceva che “le mie sorelle si sono sciolte fra gente ricca, fra i signori, come i topi, per lavorare e per guadagnare” e dico, già due secoli fa diceva la stessa cosa che adesso c’è, siamo sciolti e trascinati per venire e per guadagnare, la storia si ripete“ [int. 7]. Chi se lo può permettere guarda quotidianamente le notizie in televisione sui propri canali nazionali grazie al collegamento satellitare 30 “Sì, mi informo della situazione politica, sono due settimane che non sento le notizie perché ho appena traslocato […] per forza devo mettere il satellite anche qui, perché non riesco a vivere senza. Per il momento io non vedo prospettive“ [int. 8]. Anche per le elezioni del 30 settembre 2007 le migranti ucraine si sono mobilitate per recarsi al consolato di riferimento per esprimere il proprio voto. Ora aspettano risposte dalla politica, attendono riscontri sperando di non doversi dire ancora una volta deluse. VITA IN ITALIA “Poi quando sei qua l’Italia è bellissima ma se sei 24 ore su 24 a casa cosa vedi? E poi alla domenica fai la fila per spedire il pacco e poi mangiamo insieme sedute sulla panchina, non puoi giudicare l’Italia […]. Le città sono belle ma se uno viene a divertirsi non guadagna!” [int. 7]. Lavoro. Questo è l’obiettivo della vita in Italia delle donne ucraine. I momenti di svago e di riposo sono pochi, i momenti per conoscere l’Italia anche. Ciò nonostante cercano di passare quei pochi momenti liberi con le connazionali, incontrandosi ai pulmini, condividendo il pranzo, frequentando la chiesa o andando qualche volta fuori città. Ogni fine settimana, come dicevo in precedenza, sostano i pulmini ucraini sul piazzale della Malpensata. Soprattutto alla domenica si riversano su questa piazza tantissime donne ucraine, e negli ultimi tempi iniziano a vedersi anche gli uomini, provenienti da tutta la provincia di Bergamo. L’invio dei pacchi e del denaro o l’attesa di una lettera o di qualche prodotto nazionale mandato dalle proprie famiglie sono l’occasione per incontrarsi tra loro e passare alcune ore libere insieme. Le donne si incontrano facendo la fila al pulmino e in genere poi si recano insieme al call center più vicino per chiamare la famiglia. Capita, 31 passeggiando, di incontrare donne in lacrime consolate dalle connazionali: una cattiva notizia da casa, oppure le difficoltà quotidiane sul posto di lavoro sono condivise con le amiche per poter sopportare più facilmente le fatiche della quotidianità nei momenti in cui ci si trova soli in terra straniera. All’ora di pranzo il parco adiacente alla piazza si popola di gruppi di donne dell’Europa dell’Est ed è veramente molto difficile trovare una panchina libera! Qui condividono il pranzo: ognuno prepara qualcosa di tipico a casa, si acquistano i prodotti nazionali, si stende la tovaglia sulla panchina e si mangia e si beve insieme. Alcune leggono il quotidiano della propria città per tenersi aggiornate sulle ultime notizie, altre leggono libri rigorosamente in cirillico… di sottofondo un mormorio in una lingua incomprensibile. Solo nel pomeriggio la zona si “svuota”, ognuno torna a casa, al proprio lavoro, alla vita della settimana. Le donne che trascorrono la domenica alla Malpensata sono le assistenti familiari, che vivono con il datore di lavoro e che sono sole in Italia: il gruppo delle donne più mature. Tra le donne più giovani e che vivono con la famiglia qui, la frequentazione del mercato della Malpensata è funzionale alla sola spedizione dei pacchi o del denaro. Avendo a propria disposizione una casa privata, gli incontri con gli amici si svolgono in casa, condividono il pranzo ma in un ambiente caldo e privato, non sulla panchina del parco. “La zona della Malpensata la frequento solo per mandare i pacchi o se devo accompagnare la mamma. Lei la frequenta molto con le sue amiche, è un punto d’incontro per chiacchierare, è comodo, poi a volte riesci anche a procurare qualche prodotto locale… Per me è necessario un posto così, io ho già il mio giro di amiche, per loro questa è invece un’occasione per incontrarsi” [int. 3]. “Si, mi trovo (con i miei connazionali), però con la famiglia qui, non ho bisogno di andare ai pulmini, loro vanno perché non hanno nessuno qui e fanno lavori più pesanti psicologicamente. Io mi trovo con le mie amiche a casa” [int. 11]. 32 Dalle interviste emerge anche una piccola nota critica nei confronti di chi utilizza ora quel piazzale: “A me non piace molto il mercato, anche se è necessario. A volte mi piace andare lì a comprare qualcosa dei miei prodotti, mi mancano le piccole cose… però non mi piace che si mettono lì nel parco o sulla strada” [int. 8]. “S’incontrano, e dove devono mettersi?” [int. 12]. “Il problema è che non hanno una casa , lavorano come badanti e non escono mai fuori, posso capire ma… non lo so… magari da qualche parte c’è qualche parco non così al centro, magari qualche zona un po’ più… le capisco perché quando stai in casa 24 ore su 24 […] quando esci non sai dove andare ma hai bisogno di respirare… se ci fosse uno spazio sarebbe perfetto. Anche per voi non è tanto bello vedere delle persone che mangiano nel prato in centro a Bergamo” [int. 8]. “Quel parco secondo me è la miglior cosa. Anche gli italiani prendono la pizza, vanno si stendono e mangiano, facciamo la stessa cosa, no?” [int. 12]. Per chi invece è credente e desidera praticare il suo culto religioso, la città di Bergamo offre diverse possibilità. Innanzi tutto è importante dire che non tutti gli ucraini sono ortodossi. Alcuni sono cattolici, altri ortodossi e altri ancora sono greco-cattolici. Gli ucraini cattolici non hanno alcun problema a prendere parte alle celebrazioni liturgiche romano-cattoliche italiane. Frequentano la chiesa, conoscono i sacerdoti, i loro figli partecipano alla catechesi. Gli ortodossi si ritrovano invece presso la chiesa vecchia di Longuelo dove una volta alla settimana Padre Gheorge celebra in lingua rumena la liturgia ortodossa. La maggior parte dei partecipanti a questa celebrazione è di nazionalità rumena, ma non mancano gli ucraini, sostiene Padre Gheorge. Altri ortodossi si incontrano invece alla chiesa dell’oratorio di Sant’Anna. Lì c’è la celebrazione della liturgia ogni domenica alle 33 11. Il sacerdote, padre Giovanni, celebra in lingua italiana e russa ed è in attesa che sia assegnata una chiesa dedicata a questo culto per poter investire anche in altre attività che ora non può svolgere. Alla celebrazione partecipano per lo più russi e ucraini che riconoscono il patriarcato russo, alcuni moldavi e bulgari. Anche padre Giovanni afferma di notare un’elevata partecipazione alla liturgia nei giorni di festa, soprattutto a Natale e Pasqua, arrivando ad ospitare circa 150, 200 persone. A Seriate, presso la sede di Russia Cristiana, un’associazione culturale che ha una biblioteca ricca di oltre 25 mila volumi in lingua originale e tradotti e alcune serie di periodici, si celebra la prima domenica di ogni mese la liturgia bizantino slava. Il rito è officiato dai sacerdoti di Russia Cristiana con l’animazione della celebrazione da parte del Coro che propone la tradizione del canto bizantino. La comunità greco-cattolica invece si ritrova due domeniche al mese presso la Parrocchia di San Tomaso de’ Calvi a Bergamo. Qui viene il sacerdote da Milano per celebrare la liturgia. La partecipazione è elevata, un gruppo di una decina di persone circa ha organizzato un coro che prepara i canti per animare la celebrazione. Il gruppo che anima la liturgia si preoccupa anche della preparazione della chiesa stessa, le icone, ad esempio, sono appoggiate sotto l’altare e le persone, appena entrano in chiesa si recano a rendervi omaggio. La liturgia domenicale è anche occasione di incontro tra le donne, occasione per scambiare due parole al caldo dopo aver fatto la fila per spedire i pacchi a casa. La referente per la comunità greco-cattolica a Bergamo, racconta l’esperienza: “La comunità di ucraini ha il suo punto di incontro nella chiesa, abbiamo celebrato la nostra prima messa qui nel novembre del 2001. Il nostro rito è greco-cattolico.[…] Noi festeggiamo l’anniversario della nostra prima messa in novembre, poi festeggiamo anche la Pasqua e il Natale: partecipano moltissime persone, circa 2000. Alla domenica invece siamo circa 80-100 persone. Ci ritroviamo 34 prima della messa che inizia alle 15,30 per provare le canzoni del coro e per organizzarci. Siamo circa dieci persone a tenere il gruppo e io sono la referente e siamo in cerca di una sede. L’impegno è tanto, però nei momenti liberi cerchiamo di organizzarci, il giovedì o il sabato pomeriggio oppure la domenica. Abbiamo buoni rapporti con il nostro consolato, ci siamo organizzati per andare a votare […]. Noi ci organizziamo da soli siamo in contatto con altre comunità greco-cattoliche in Italia (solo ucraini ndr) e se per esempio vogliamo andare a Torino, la comunità greco cattolica di Torino pensa all’alloggio… dobbiamo pagare solo l’autobus e il biglietto per i musei, io e gli altri siamo volontari” [int. 10]. Il gruppo dei greco-cattolici è quindi molto organizzato e si attiva per curare anche l’aspetto spirituale e sociale della persona. L’obiettivo è quello di creare un gruppo forte e consolidato che organizzi attività sociali e ludiche e dia la possibilità d’incontrarsi agli ucraini che abitano a Bergamo. “Quest’anno inizierà una scuola per bambini nati in Italia per insegnare e mantenere la nostra cultura. Abbiamo trovato una maestra che è disponibile a fare questa cosa. E’ duro iniziare. Sì, conosco Nadiya di Brescia, ma loro sono più avanti di noi. Noi non abbiamo fatto tanta pubblicità e siamo tutti volontari. Abbiamo anche una cassa comune per aiutare chi tra noi ha più problemi e per inviare a casa le salme. Portare a casa i clandestini costa molto ed è difficile ma è già capitato” [int. 10]. Anche a Bergamo l’associazione Nadiya14 è conosciuta, così come la sua presidente e anche a Bergamo alcune donne ucraine o 14 Nadiya è un’associazione italo-ucraina che ha come obiettivo la relazione tra le culture italiana e ucraina. L’associazione ha buoni rapporti con il consolato ucraino a Milano e le istituzioni bresciane e inoltre offre alla comunità ucraina di Brescia la possibilità di incontrarsi nei suoi spazi, la possibilità di frequentare la scuola di lingua e cultura ucraina per i bambini preparandoli agli esami di stato ucraini per permettere loro di avere titoli di studio non solo italiani ma anche ucraini. 35 moldave si stanno muovendo per creare qualcosa di simile. L’obiettivo è quello di creare un’associazione di ucraini o di persone provenienti dai paesi dell’ex Unione Sovietica per condividere le esperienze in Italia, per far conoscere agli italiani e ai bergamaschi la cultura e le bellezze dei loro paesi. All’inizio non è facile, sostengono, ed è per questo motivo che stanno cercando l’aiuto delle istituzioni. Alcune di loro scrivono poesie, erano docenti universitarie o giornaliste e vorrebbero organizzare anche qui un giornale in lingua per le donne dell’Est che abitano Bergamo. Già esiste il giornale Ukrainskaja Gazeta edito da Stranieri In Italia che ha tiratura nazionale e offre notizie sull’Italia e per gli stranieri in Italia in lingua ucraina. “Io penso che stiano di più tra loro, non hanno molta voglia di integrarsi. Le gite si organizzano per vedere le città, per rilassarsi…”[int. 3]. Così sostiene questa ragazza giovane, studentessa lavoratrice, così pensa delle sue connazionali un po’ più grandi di lei. La voglia di organizzare gite e momenti di relax è positiva, ma a suo parere dimostra anche il desiderio delle ucraine di stare tra loro, di frequentare le connazionali senza creare legame con il territorio e la società italiana. Non è possibile generalizzare il concetto, ma si può ricondurre tutto questo al progetto migratorio di questo gruppo di donne: il rientro nel più breve tempo possibile per tornare a vivere la propria vita con le persone lasciate in patria. Le ucraine che abitano nella bergamasca sono abbastanza informate della situazione italiana. Data la convivenza con famiglie italiane guardano la televisione, i telegiornali, e sentono le discussioni in famiglia sulla politica o, più in generale, la realtà italiana. Le più giovani invece utilizzano anche altri mezzi per informarsi, ad esempio internet. “Ho pochissimo tempo per queste cose, ma in genere guardo i telegiornali italiani, all’inizio leggevo libri in italiano con l’intenzione di conoscere la cultura, ora leggo molto per l’università, giornali non li compro, li leggo in internet” [int. 3]. 36 “Si guardo il telegiornale, ma m’interessa sapere di più quello che succede perché la politica non è che mi interessa… mi interessa di più la politica ucraina, qua è più o meno stabile lì è proprio difficile, mi interessa di più” [int. 8]. RAPPORTO CON ALTRI STRANIERI Le ucraine hanno alcune difficoltà a relazionarsi con altri stranieri presenti sul territorio, dovute alla mancanza di occasioni per conoscerli. Solo chi ha avuto l’opportunità di lavorare con altri stranieri o di fare corsi di lingua italiana ha avuto modo di conoscerli e costruire un rapporto con loro. “Quando lavoravo in albergo, i miei colleghi erano anche indiani, boliviani, senegalesi… non ho problemi con loro, mi trovo bene e ci parlo sempre” [int. 13]. “A scuola di italiano incontro altri stranieri. Altre persone non le conosco, mi piacerebbe incontrarli, non ho paura perché sono tutti bravi, mi piace” [int. 9]. “Ho pochi contatti con altri immigrati, solo con un gruppo di egiziani che utilizzavano la chiesa per pregare prima di noi… ci incontravamo e facevamo due chiacchiere…” [int. 10]. “Non ho rapporti con altri immigrati perché non ci sono state le occasioni, mi dispiace perché siamo tutti dalla stessa parte della barricata, il mio viaggio in Italia è stato facilissimo, da turista, invece quando penso a loro, alle donne africane… però non ho occasioni. Mia mamma ha avuto per un po’ di tempo un’amica sudamericana, facevano più o meno lo stesso lavoro, abitavano nello stesso posto allora si frequentavano” [int. 3]. Per le donne che invece non hanno mai avuto l’occasione di incontrare in luoghi “ufficiali” altri stranieri, è molto più difficile 37 fidarsi e scambiare con loro anche solo qualche parola. La paura del “diverso” le limita e le fa temere per la loro sicurezza. “Sono stata tante volte qui in Porta Nuova e una volta un ragazzo nero si è seduto vicino a me e voleva parlare e voleva il mio numero di telefono. Io non faccio amicizia perché non conosco, solo con i nostri, sì, loro li conosco tutti. Una volta un altro ragazzo africano si è seduto vicino a me per parlare e parlava tanto e mi ha detto se ci trovavamo ancora ma io non voglio, ho un po’ di paura non voglio conoscere nessuno, vivo solo per i miei figli e per nessun altro” [int. 14]. Come si nota da queste parole è la paura a frenare le relazioni, la paura del “diverso”, dello straniero che anche in patria non hanno mai avuto l’occasione di incontrare. DUE QUESTIONI RILEVANTI Nel corso dell’indagine sono emerse alcune questioni rilevanti, che per le implicazioni che hanno vanno tenute nella debita considerazione. Un luogo d’incontro I punti di addensamento delle ucraine sono ormai noti; tra questi c’è la Malpensata, luogo di contatto con i “corrieri”, di smistamento di pacchi in arrivo e in partenza, di consumo di generi alimentari e bevande. Accanto a questa dimensione materiale c’è quella immateriale del collegamento con le famiglie “a casa” attraverso informazioni, saluti, lettere, foto e video. Insomma la distanza fisica si “accorcia”, mentre quella “affettiva” riceve conferme che spesso riaprono ferite e squarci nell’esperienza migratoria. Le lamentele della circoscrizione sono puntuali e l’Amministrazione Comunale è stata investita e sollecitata a trovare un luogo diverso. Una scelta che non trova facili soluzioni né consen- 38 si scontati. Ora una soluzione è stata trovata e il mercato degli ucraini sarà trasferito nel piazzale della Motorizzazione Civile. Questo trasferimento, sostengono gli amministratori, consentirà un maggior controllo della situazione evitando l’ingresso di abusivi nel mercato degli ucraini. Lavoro e non solo Prima e dopo questa questione, c’è quella del rapporto di lavoro e delle condizioni che esso genera: tutele e possibilità di avere anche un tempo fuori dall’ambiente di lavoro. In definitiva, per utilizzare una frase nota quanto efficace, il mercato del lavoro ha chiesto braccia e sono arrivate persone. Una situazione che non può essere considerata un problema, ma va affrontata con la consapevolezza che entrano in gioco dimensioni economiche, lavorative, sociali e culturali. L’esatto opposto di ogni visione riduttiva e funzionale. APPROFONDIMENTO: L’ UCRAINA Superficie: 603.700 km2 (il doppio della superficie dell’Italia) Forma di governo: Repubblica Presidenziale15 Popolazione: 46.446.083 (al 01/10/2007) da www.ukrstat.gov.ua Paesi confinanti: Bielorussia, Ungheria, Moldavia, Polonia, Romania, Russia, Slovacchia Capitale: Kiev (Kyiv, traslitterazione ufficiale del nome della città) 15 Morbidelli, Volpi, Pegoraro, Reposo, Diritto pubblico comparato, Giappichelli Editore, Torino, 2004, pag. 317-334. 39 Suddivisioni amministrative: 24 province (область - òblast al plurale області - òblasti) Crimea: repubblica autonoma (автономна республіка - avtonòmna respùblika) Kyiv e Sebastopoli città a statuto speciale. Lingua16: ucraino, lingua ufficiale 67%, russo 24%, altre 9% (tra cui le minoranze linguistiche rumene, polacche, ungheresi). Religione: L’Ucraina è una nazione tradizionalmente cristiana, gran parte della popolazione però non professa il credo religioso, come conseguenza della grande propaganda per l’ateismo nel periodo sovietico. La maggior parte dei cristiani in Ucraina appartiene alla chiesa ortodossa: • la chiesa ortodossa ucraina che fa riferimento al patriarcato di Kiev (3352 comunità registrate all’inizio del 2004), • la chiesa ortodossa ucraina autocefala (1152 comunità al 2004) • la chiesa ucraina ortodossa che fa riferimento al patriarcato di Mosca (10310 comunità) che era l’unica tra le religioni ortodosse ad essere riconosciuta durante il periodo sovietico. Nelle zone occidentali dello stato circa 4,5 milioni di ucraini appartengono alla chiesa Greco-Cattolica (3228 comunità). Nelle zone orientali professano per lo più il rito bizantino. Recentemente la chiesa romano-cattolica ha attirato fedeli soprattutto nelle zone centrali del paese (854 comunità)17. Chiesa ortodossa18: le singole chiese ortodosse si dichiarano autocefale cioè sottoposte all’autorità di un capo nazionale e dotate di una propria giurisdizione. Tutte le chiese ortodosse 16 https://www.cia.gov/library/publications/the-world-factbook/geos/up.html www.ucrainica.info/ukraine/religion.htm 18 Bellinger G. J., Enciclopedia delle religioni, Garzanti, 1989. 17 40 concordano tra loro per quanto riguarda la dottrina e la forma del culto. La più importante fra le chiese ortodosse è quella russa, con il patriarcato di Mosca, a cui è soggetta anche la chiesa ortodossa ucraina. La maggior parte dei fedeli ortodossi vive nei territori dell’Europa orientale. Chiesa cattolica: la grande maggioranza dei cattolici segue il rito romano con il latino come lingua liturgica prima che la riforma del Concilio Vaticano II (1962 – 1966) introducesse nella liturgia le lingue parlate. La Chiesa latina, chiamata anche romano-cattolica, è la Chiesa occidentale sottoposta alla guida del vescovo di Roma. Chiese cattolico-orientali: le chiese cattoliche orientali, dette anche uniate, formano una comunità ecclesiale con la chiesa romano-cattolica e riconoscono il primato di giurisdizione del papa, pur mantenendo il rito orientale e la lingua liturgica del loro paese. Le chiese orientali uniate sono a tutti gli effetti in comunione con Roma, le diversità sono limitate al rito, alla lingua liturgica e ad alcuni aspetti della vita ecclesiastica, per esempio il matrimonio di preti e diaconi. Alle chiese orientali uniate appartengono parecchie formazioni indipendenti le une dalle altre e aventi diversi riti: dal rito alessandrino, d’Antiochia, armeno, caldeo, al rito bizantino a cui si collegano i greco-cattolici. Per quanto riguarda i riti liturgici degli ortodossi e dei grecocattolici, è importante sottolineare la loro similarità: in entrambe le religioni è molto sentito il culto per le icone, l’uso dell’incenso e del canto come mezzo per avvicinarsi a Dio. 41 PROFILO DEMOGRAFICO19 Densità di popolazione: Anno Persone per kmq 1990 86 2007 77 Età della popolazione: • 0-14 anni: 14% • 15-64 anni: 69.6% • 65 anni e oltre: 16.3% Età media: • totale della popolazione: 39,2 anni • uomini: 36 anni • donne: 42,3 anni Tasso di crescita della popolazione: -0.675% Tasso di natalità: 9,45 nati/1,000 abitanti Tasso di mortalità: 16,07 morti/1,000 abitanti Quoziente di fecondità: 1,24 bambini per donna Speranza di vita alla nascita: Periodo Speranza (anni) di vita media 1991-1992 69,30 2005-2006 68,10 2007 67,88 19 Uomini Donne 64,20 62,38 62,16 74,18 74,06 73,96 https://www.ukrstat.gov.ua; https://www.cia.gov/library/publications/the-world-factbook/geos/up.html, aggiornato al 13/12/07. 42 Migrazioni: Anno 1990 2001 2006 Migrazioni tra Ucraina e altri stati [aumento e diminuzione in migliaia di persone] 78,3 - 152,2 14,2 Tasso alfabetizzazione: popolazione totale: 99,4% maschi: 99,7% femmine: 99,2% (censimento 2001) ALTRE INFORMAZIONI Economia: Dopo la Russia, l’Ucraina costituiva senza dubbio la più importante componente economica dell’Unione Sovietica, con una produzione di quattro volte superiore a quella delle repubbliche confinanti. Con l’indipendenza (1991) il governo ucraino ha liberalizzato gran parte dei prezzi ed ha predisposto il quadro normativo necessario alla privatizzazione scegliendo la strategia delle riforme economiche radicali. All’inizio sono state prese misure urgenti per stabilizzare il sistema finanziario. È seguita quindi una vasta privatizzazione. Al tempo stesso, lo Stato ha continuato a sostenere lo sviluppo dei settori strategici ad alta tecnologia, come l’ingegneria aeronautica, l’industria spaziale, la costruzione di macchine utensili. La mancanza di riforme strutturali, unita alla dipendenza ucraina dall’approvvigionamento energetico russo, hanno finito per rendere l’economia nazionale estremamente vulnerabile20. 20 https://www.cia.gov/library/publications/the-world-factbook/geos/up.html 43 L‘Ucraina ha un significativo potenziale economico dovuto al suo terreno molto fertile, all’abbondanza di risorse minerarie, all’alto livello di formazione dei suoi cittadini e di conseguenza una forza lavoro molto competente. Ciononostante nel primo decennio della sua indipendenza ha conosciuto una notevole crisi economica. Solo a partire dal 2000 è iniziata una lenta ricrescita. Lo stato sta continuando a varare riforme economiche, incoraggiando gli investimenti stranieri e l’ingresso della produzione industriale nel mercato delle esportazioni. Il prodotto interno lordo (PIL – tasso di crescita reale) degli ultimi anni è stato il seguente: 2000 2001 5,9% 9,2% 2002 5,2% 2003 9,6% 2004 2005 12,1% 2,7% 2006 7,1% Fonte: EIU, Economic Intelligence Unit: Country Report, Aprile 2007 Il PIL pro capite è pari a 7800 $ annui (Fonte https://www.cia. gov/library/publications/the-world-factbook/geos/up.html) Il tasso di inflazione (%) negli ultimi tre anni è il seguente: 2004 2005 2006 9,0 % 13,5 % 9,1 % Fonte: EIU, Economic Intelligence Unit: Country Report, Aprile 2007 Politica21: Dopo l’indipendenza dell’Ucraina, i presidenti della Repubblica sono stati: • Leonid Kravchuk, eletto il 1 dicembre 1991, • Leonid Kuchma eletto nel luglio 1994, rieletto nel 1999 • Viktor Juščenko eletto il 26 dicembre 2004 21 www.president.gov.ua 44 Nei mesi di ottobre-novembre del 2004 si svolgono le elezioni presidenziali che hanno visto contrapporsi, al momento del ballottaggio, Janukovič, filo-russo, e Juščenko, filo-occidentale. Inizialmente la commissione elettorale proclama vincitore del ballottaggio, e quindi presidente dell’Ucraina, il filo-russo Janukovič ma il risultato è contestato dall’OSCE e da proteste popolari che denunciano sospetti di brogli. A seguito di verifiche attuate dagli osservatori internazionali dell’OSCE i brogli sono confermati. A dicembre gli elettori si sono recati nuovamente alle urne e hanno proclamato come loro presidente Juščenko con il 54,1% dei voti contro il 45,9% di Janukovič22. Le proteste popolari che hanno mosso l’Ucraina in quei giorni prendono il nome di “Rivoluzione Arancione”. Arancione perché ogni persona indossava o teneva in mano qualcosa di arancione, colore simbolo del partito Naša Ucrajina, il partito di Juščenko. Durante la Rivoluzione Arancione milioni di persone, giovani e meno giovani, si riversano sulle piazze di Kiev per far sentire la loro presenza e il loro sostegno, per ribellarsi ai brogli e alle elezioni dirette dall’alto. Molti intellettuali, tra cui il Rettore dell’Università greco-cattolica di Leopoli, sostengono che questo avvenimento ha avuto soprattutto un carattere morale, non solo politico, perché ha dimostrato l’esistenza della società civile in Ucraina. Le elezioni politiche del marzo 2006 hanno visto sconfitto il partito di Juščenko, presentatosi staccato dal Blocco di Julia Timoščenko, ex alleata nella Rivoluzione Arancione, arrivato secondo. È stato il partito delle Regioni di Janukovič a trionfare con il 32% dei voti e questo a causa della politica economica portata avanti da Naša Ucrajina, che non ha portato i benefici sperati, della lentezza nelle riforme e della guerra del gas con Mosca. Ci si trova quindi in una situazione di coabitazione dove il presidente della Repubblica è 22 Intervento di Pietro Grilli di Cortona, docente di Politica Comparata presso l’Università “Roma Tre”: Quale Ucraina dopo le elezioni?, in: «Slavia», luglio-settembre 2005, p. 179. 45 Juščenko e il primo ministro l’avversario Janukovič (in carica dal 04/08/2006). La situazione precaria in cui versa l’Ucraina giunge al culmine quando il Blocco di Julia Timoščenko, all’opposizione e alleata di Juščenko durante la Rivoluzione Arancione, sostiene il governo approvando la legislazione della Legge del Consiglio dei Ministri che può annullare il potere di veto del Presidente. Il Presidente decide di sciogliere il Parlamento con decreto del 2 aprile 2007. Le elezioni anticipate per la formazione del nuovo governo sono indette per il 30 settembre 2007. Alle elezioni l’affluenza è del 63,22% degli aventi diritto23 e i partiti che hanno superato la soglia di sbarramento del 3% sono24: • Partito delle Regioni – (Janukovič) = 34,37% • Blocco di Julia Timoščenko = 30,71% • Blocco di autodifesa del popolo-Nostra Ucraina-(Juščenko) = 14,15% • Partito Comunista ucraino = 5,39% • Blocco di Lytvin = 3,96% A seguito della pubblicazione dei risultati il vincitore è il Partito delle Regioni. Sono iniziati poi i negoziati per la formazione del governo. Il 7 dicembre 2007 è stata nominata Primo Ministro Julia Timoščenko25. Società: I dati del censimento del 2001 dimostrano che la popolazione dell’Ucraina è rappresentativa di più di 130 nazionalità e gruppi etnici presenti sul territorio. Le principali nazionalità presenti sono26: • Ucraini: 77.8% dell’intera popolazione • Russi: 17.3% • Altre nazionalità: 4,9% 23 http://pravda.com.ua/news/2007/10/1/64710.htm www.cvk.gov.ua/vnd2007/w6p001e.html 25 www.unian.net/eng/news/news-225396.htm 26 Dati del censimento 2001 tratti da: www.ukrcensus.gov.ua/eng/results/general/nationality 24 46 È evidente da questi dati l’alta percentuale di russi presenti in territorio ucraino che vivono per lo più nelle zone orientali del paese. Osservando i dati relativi alle elezioni presidenziali del 2004 e alle politiche del 2007 si nota una spaccatura dell’Ucraina: nelle zone orientali il candidato più votato è stato Janukovič (filo-russo) in entrambi i casi, nelle regioni occidentali al contrario, il candidato, e ora presidente, Juščenko (filo-occidentale). Si può spiegare questa divisione osservando le nazionalità presenti in quei territori. Il sistema educativo in Ucraina27 Il sistema educativo in Ucraina si struttura come un sistema d’istruzione comprendente i seguenti cicli: • pre-scuola • scuola secondaria unificata (che comprende scuola primaria e secondaria) • formazione professionale • istruzione superiore • formazione continua La scuola unificata secondaria rappresenta la componente più importante del sistema dell’istruzione, che a cominciare dal 2003 ha iniziato gradualmente ad offrire un ciclo continuo obbligatorio di 12 anni. Il sistema scolastico si divide in: 1) scuola primaria (elementare); durata 4 anni (dai 6 ai 10 anni), 2) scuola secondaria inferiore; durata 5 anni (dai10 ai 15 anni) Diploma conseguito: licenza di scuola secondaria inferiore. 3) scuola secondaria superiore, conosciuta anche come istruzione secondaria integrale. 27 www.equal-extraquality.it/le-ricerche/Aquila/Ucraina/Ucrainschedapaese.pdf; www.education.gov.ua/pls/edu/docs/common/education_eng.html; www.unesco.org/education/wef/countryreports/ukraine/contents. html#cont. 47 Tra questi troviamo le scuole tecniche e professionali e i licei, che consentono l’accesso alle università. In base alla convenzione internazionale sui diritti dei bambini, la Costituzione Ucraina prevede anche l’impegno dello stato nell’ambito dell’educazione extra scolastica. Per i bambini o ragazzi con disabilità, sono istituite delle scuole speciali. BIBLIOGRAFIA AA.VV., Madri migranti. Le migrazioni di cura dalla Romania e dall’Ucraina in Italia: percorsi e impatto sui paesi di origine, CeSPI - FIERI, Working Papers n. 34, febbraio 2007. Fondazione ISMU - Osservatorio Regionale per l’integrazione e la multietnicità Ambrosini M., Cominelli C. (a cura di), Un’assistenza senza confini. Welfare “leggero”, famiglie in affanno, aiutanti domiciliari immigrate. Rapporto 2004, Milano , 2005. Mazzacurati C., Dal blat alla vendita del lavoro. Come sono cambiate colf e badanti ucraine e moldave a Padova, in: Caponio T., Colombo A. (a cura di), Migrazioni globali, integrazioni locali, Il Mulino, Bologna, 2005. Provincia di Bergamo-Settore Politiche Sociali (a cura di), Quinto rapporto sull’immigrazione straniera nella Provincia di Bergamo. Annuario statistico. Anno 2006, Bergamo, giugno 2007. Regione Veneto, Veneto lavoro – Osservatorio & Ricerca, Bertazzon Letizia (a cura di), Gli immigrati ucraini in Italia e in Veneto, ottobre 2007. SITOGRAFIA www.venetoimmigrazione.it 48 www.immigrazioneoggi.it/rubriche/oblo.html www.president.gov.ua Sito ufficiale della Presidenza della Repubblica www.kmu.gov.ua Sito ufficiale del governo ucraino http://portal.rada.gov.ua Sito ufficiale del parlamento ucraino www.cvk.gov.ua Commissione elettorale centrale dell’Ucraina www.ukrstat.gov.ua Istituto nazionale di statistica www.ukrcensus.gov.ua Censimento della popolazione, anno 2001 www.bank.gov.ua/ENGL/DEFAULT.htm Banca nazionale ucraina https://www.cia.gov/library/publications/the-world-factbook/ geos/up.html www.mfa.gov.ua/mfa/en Ministero Affari Esteri www.unian.net Agenzia di stampa nazionale www.maidan.org.ua Portale nato nel periodo della rivoluzione arancione e considerato ancora come il “polso della contestazione popolare” http://indexmundi.com/it/ucraina 49