Nutrizione E Diabete

Transcript

Nutrizione E Diabete
GIORNATA DI STUDIO
SINU: Sez. LOMBARDIA – LIGURIA – PIEMONTE
NUTRIZIONE e DIABETE
Venerdì 24 febbraio 2006
La giornata di studio è un evento che, coerentemente con
la “mission” della SINU, si rivolge a tutti gli operatori del
campo dell’alimentazione e della nutrizione umana, e a tutti
gli studiosi ed esperti di nutrizione clinica.
La grande complessità del mondo della nutrizione e la
necessità di offrire una occasione significativa ed
interessante per mettere a confronto conoscenze diverse nel
campo della nutrizione e dei problemi legati alla patologia
diabetica rendono questo evento di notevole interesse per
l’avanzamento della conoscenza e del benessere dell’uomo.
In ragione delle opportunità di aggiornamento integrato,
questo evento è rivolto principalmente a medici, biologi,
dietisti e infermieri.
1
Elenco degli interventi
pag.
Estrogeni e diabete
Adriana Maggi
2
Attività fisica e diabete
Pierpaolo De Feo
13
La nutrizione nel diabetico
Livio Luzi
18
Misura simultanea di indici
di sensibilità insulinica e funzione
β-cellulare durante un pasto
Andrea Caumo
40
Obesità in età evolutiva
Giuseppe Chiumello
54
Dall’obesità al diabete: la nuova
piramide alimentare
Luca Benzi
75
Fabbisogno proteico
Carlo Cannella
79
L’applicazione delle raccomandazioni
nutrizionali nel diabete
Giovanna Cecchetto
89
2
Estrogeni e diabete
Adriana Maggi e Elisabetta Vegeto
Il ruolo di un coinvolgimento degli ormoni sessuali femminili
nell’insorgenza di diabete è tuttora oggetto di notevoli discussioni e
controversie. Tuttavia è noto che il rischio di sviluppare diabete
aumenta con l’aumentare dell’età e con la menopausa. Il nostro
laboratorio da anni studia il ruolo degli estrogeni nel metabolismo e ha
messo a punto una serie di modelli animali che permettono di studiare
gli effetti di estrogeni esogeni ed endogeni mediante metodologie di
imaging “in vivo”.
Utilizzando tali metodologie abbiamo studiato gli effetti della
somministrazione di estrogeni e di farmaci quali tamossifene e
raloxifene sulla attività dei recettori degli estrogeni in topi di sesso
femminile. La presentazione verterà sulla illustrazione di tali
esperimenti.
WE KNOW THAT:
Diabetes Mellitus is linked to both genetic
and environmental factors such as aging, obesity,
diet and exercise.
The prevalence and progression of diabetes mellitus
Increases markedly in post-menopausal women
and
this phenomenon is closely related to estrogen insufficiency
Mutant ARKO mice where estradiol is not synthesized
Develop hyperinsulinemia at 1 year of age
1
WE CONCLUDE THAT ESTRADIOL IS A
NATURAL ANTI-DIABETIC AGENT
BUT WE DO NOT KNOW WHY
ESTROGENS AS
NATURAL ANTI-INFLAMMATORY AGENTS
ESTROGENS AND INFLAMMATION
iNOS/GAPDH mRNA
E2 BLOCKS CYTOKINE-INDUCED iNOS AND NITRITE
ACCUMULATION IN VASCULAR SMOOTH MUSCLE CELLS
iNOS
3
GAPDH
2
1
0
Cytokines
-
+
E2
-
-
* ILβ, IFNγ;TNFα; LPS
+
+
+
Zancan et al., Endocrinology 1999
2
ESTROGENS AND INFLAMMATION
ERα and ERβ are expressed
in macrophages
ER-α
te
an
sf
ec
tr
β
ER
m
ac
ro
ph
ag
bl
e
an
k
d
ER-β
ER-β
GAPDH
Vegeto et al., FASEB J. 2000
LPS+E2
% activation
LPS
control
E2 BLOCKS LPS-INDUCED MORPHOLOGICAL ACTIVATION
IN PRIMARY CULTURE OF RAT MICROGLIA
125
100
**
75
50
*
25
l LPS
t ro
E 2 ICI +E 2 -E 2
n
α
I
co
IC 17
Vegeto et al., J.Neurosci. 2001
3
ESTROGENS AND INFLAMMATION
The study of estrogen anti-inflammatory potential
In vitro assays:
- monocytes-macrophages
- transfected cells
In animal models: - carrageenan-induced pleurisy
- osteporosis
- diabetes (SMC from diabetic rats)
- in ER subtype specific K.O.
Estrogen action in diabetic mice
4
In diabetic SMC, estradiol does not prevent
cytokine-induced synthesis of nitrites
iNOS/GAPDH mRNA
In diabetic SMC, estradiol does not prevent
cytokine-induced synthesis of iNOS
iNOS
GAPDH
3
3
Diabetes
Control
2
2
1
1
0
Cytokines
-
+
E2
-
-
iNOS
GAPDH
0
+
+
+
-
+
-
-
+
+
+
5
ALTERED ERα/ERβ RATIO IN SMC FROM DIABETIC RATS
ALTERED ERα/ERβ RATIO IN SMC FROM DIABETIC RATS
6
A prevalence of ERbeta over ERalpha
compromises E2 anti-inflammatory
activity in a model of type diabetes
E2-ER MECHANISM OF
ANTI-INFLAMMATORY
ACTIVITY
NF-kB regulates the expression of genes
encoding inflammatory proteins
mRNA for inflammatory proteins
7
ESTRADIOL INHIBITS LPS-INDUCED NUCLEAR TRANSLOCATION
OF P65 IN RAW CELLS
control
E2
p65
L
2+
E
L
2
E
ct
rl
2+
L
NUCLEAR EXTRACT
E
L
2
E
ct
rl
CYTOPLASM
p65
E2+LPS
LPS
b-actin
H1
E2 APPEARS TO PREVENTS
P65 TRANSLOCATION TO THE NUCLEUS
Cytoplasmic p65
(%vs ctrl)
100
*
75
*
*
*
50
LPS
E2 +LPS
25
5
10
15
LPS (min)
30
Vegeto E.et al., 2004
8
ESTRADIOL INHIBITS LPS-INDUCED NUCLEAR TRANSLOCATION
OF ALL MEMBERS OF THE NFkB FAMILY
cRel ICC
L
2
E
ct
E
2+
L
E2+LPS
rl
LPS
p50
H1
C= 2%
C= 75%
Vegeto E.et al., MCB 2005
Cytoplasmic p65
(% cells)
E2 DOES NOT PREVENT P65 NUCLEAR TRANSLOCATION
IN MICROGLIA OF ERα-/- MICE
100
ctrl *
E2
*
75
50
**
25
wt
LPS
**
**
**
ctrl
E2
LPS
E2+ LPS
ERα-/- E +LPS
ERb-/2
Vegeto E.et al., MCB 2005
9
ERalpha, but not ERbeta blocks
NF-kB nuclear translocation
ANTI-INFLAMMATORY ACTIVITY OF ESTROGENS
A UNIFYING HYPOTHESIS TO EXPLAIN THE BENEFICIAL
EFFECTS OF ESTROGENS IN:
OSTEOPOROSIS
ALZHEIMERS’ DISEASE
ATHEROSCLEROSIS
DIABETES
University of Milan
Center of Excellence on Neurodegenerative Diseases
Paolo Ciana
Andrea Biserni
Andrea Brena
Saima Ferraris
Alessandra Lana
Luisa Ottobrini
Fabrizio Scarlatti
Francesca Zagari
Michele Raviscioni
Paola Mussi
Paolo Sparaciari
Samanta Oldoni
Monica Rebecchi
Elisabetta Vegeto
Silvia Belcredito
Serena Ghisletti
Sabrina Etteri
Simona Caporali
Clara Meda
Collaborations:
Salvatore Cuzzocrea
Lina Puglisi
Andrea Cignarella
Chiara Bolego
Funding from EU:
EDERA
NoE CASCADE
Noe EMIL
10
ATTIVITÀ FISICA E DIABETE
Pierpaolo De Feo
Università di Perugia
Questo studio è servito a validare un metodo di counseling per
motivare persone con diabete di tipo 2 alla pratica regolare
dell’attività fisica aerobica. Il follow-up è durato 2 anni
1
Lo studio era randomizzato e controllato
DISEGNO DELLO STUDIO
Arruolamento consecutivo di pazienti afferenti al nostro
ambulatorio con richiesta di visita specialistica per
diabete mellito di tipo 2
FOLLOW-UP 2 ANNI
BRACCIO INTENSIVO
(n=182)
• Colloquio di almeno 30
minuti per motivazione
• Colloqui successivi per
adesione a lungo termine
BRACCIO CONTROLLO
(n=158)
• Usual care: materiale
informativo e consigli
generici sui benefici
dell’attività fisica
Obiettivo intervento: >10 MET-h/settimana
Risultati a due anni: il 70% dei diabetici del gruppo di
intervento supera 10 MET/h-settimana di dispendio
energetico
RISULTATI (2 anni)
Intervento
80
60
40
20
0
% >10 MET-h/week
Controllo
30
20
10
0
p<0.01
MET-h/week
2
In base al dispendio energetico settimanale medio i pazienti
sono stati divisi in 6 gruppi
SOTTOANALISI PER OBIETTIVI
NEL GRUPPO DI INTERVENTO
•
•
•
•
•
•
Group 0 (no activity, n=28)
Group 1-10 (6.8±0.3, n= 27)
Group 11-20 (17.1±0.4, n= 31)
Group 21-30 (27.0±0.5, n= 27)
Group 31-40 (37.5±0.5, n= 32)
Group >40 (58.3±1.8, n= 34 )
Dopo due anni i
gruppi 0 e 1-10 non
Peso Kg
- 3.0
- 3.2
+ 0.8 + 0.6 + 0.1 - 2.2
avevano subito
Cm vita
- 5.5
- 7.1
+ 1.0 + 1.0 - 0.9
- 3.8
variazioni dei suddetti
+ 0.03 - 0.06 - 0.44 - 0.88 - 1.11 - 1.19
HBA1c %
parametri, mentre
PA max mmHg
- 1.5
- 6.6
- 6.4
- 9.2
- 1.8
- 5.5
negli altri gruppi a
dispendio energetico
PA min mmHg
- 2.4
- 5.3
- 2.9
- 7.1
- 4.6
- 4.8
via via crescente, si
COL tot mg%
- 5.6 - 10.2 - 10.7 - 7.4 - 10.9
- 3.8
assisteva ad una
COL LDL mg% - 4.5
- 7.1
- 6.3
- 3.4
- 7.7
- 5.3
riduzione significativa
COL HDL mg% + 0.1 + 1.1 + 2.9 + 5.6 + 10.4 + 6.3
(p<0,05) di HbA1c,
TG mg%
+ 3.4 + 2.1 - 48.2 - 55.2 - 57.4 - 68.4
valori pressori,
colesterolemia totale,
CHD %
- 0.3
- 4.8
- 2.6
- 4.3
+ 0.1
- 3.7
trigliceridemia e
Di Loreto et al. Diabetes Care 2005
rischio coronario a 10
anni.
Nei gruppi 21-30, 31-40 e > 40 si verificava anche una riduzione di peso,
circonferenza vita, frequenza cardiaca, glicemia basale, colesterolemia LDL
e un incremento della colesterolemia HDL (p<0,05).
p<0.05
0
1-10
11-20
21-30
31-40
> 40
3
Conclusione 1
L’attività fisica è uno strumento efficace per il
trattamento del diabete mellito di tipo 2
Un effetto significativo si ottiene con un aumento del
dispendio ad almeno 10 METs-ora/settimana
La quasi totalità dei benefici si raggiunge con un
incremento di 25-35 METs-ora/settimana (camminare
4-5 km al giorno, tutti i giorni)
SPESA SISTEMA SANITARIO
€/pro capite/anno
Dopo 2 anni, la spesa pro
capite annua per farmaci
aumentava (p<0.001) di 393
- 715 - 627
Farmaci
+ 425 + 223 - 212 - 642
euro in G 0, non mostrava
Costo intervento
55
55
55
55
55
55
differenze significative in G
1-10 (206 euro, p=0.068),
Altri costi SSN
78
-63
-155 - 375 - 692 - 915
diminuiva in G 11-20 (-196
euro, p=0.014), in G 21-30 (Bilancio SSN
558
215
-312
-962 - 1352 - 1487
593 euro, p<0,0001), G 31Costi SSN al
2839 2967 2669 2699 2938
2951
40 (-660 euro, p<0.0001) e
basale
Di Loreto et al. Diabetes Care 2005
G>40 (-579 euro, p<0,0001).
Il risparmio sui costi è risultato significativamente correlato (p<0.0001)
all'incremento del dispendio energetico. I METs-ora/sett. sono risultati
inversamente correlati ai costi per farmaci prescritti (r-0.51, -18 euro) e per altre
spese sanitarie (r-0.33, -23 euro), ai costi sociali indiretti (r-0.40, -36 euro) e ai
costi totali (r-0.60, -66 euro) e positivamente correlati ai costi sociali diretti
(r=0.44, 13 euro). E' stato stimato che, in due anni, camminare 5 km al
giorno riduce i costi per farmaci di 550 euro, i costi per altre spese sanitarie di
700 euro, i costi sociali indiretti di 110 euro, i costi totali di 2000 euro, con un
incremento dei costi sociali diretti di 400 euro.
p<0.05 p<0.05
0
1-10
11-20
21-30
31-40
> 40
4
I METs-ora/sett.
sono risultati
Modifiche costi globali dopo 2 anni inversamente
correlati ai costi per
* p<0,05
farmaci prescritti (r20
0.51, -18 euro) e per
0
altre spese sanitarie
(r-0.33, -23 euro), ai
*
% -20
costi sociali indiretti
(r-0.40, -36 euro) e
-40
*
ai costi totali (r-0.60,
* *
-60
-66 euro) e
0
1-10 11-20 21-30 31-40 >40
positivamente
GRUPPI
correlati ai costi
Di Loreto et al. Diabetes Care 2005
sociali diretti (r=0.44,
13 euro).
E' stato stimato che, in due anni, camminare 5 km al giorno riduce i costi per
farmaci di 550 euro, i costi per altre spese sanitarie di 700 euro, i costi sociali
indiretti di 110 euro, i costi totali di 2000 euro, con un incremento dei costi
sociali diretti di 400 euro.
Conclusione 2
L’attività fisica è uno strumento economicamente
vantaggioso per il trattamento del diabete mellito di
tipo 2
Sebbene anche un modesto incremento inferiore a 10
METs-ora/settimana sia utile per la riduzione dei costi
dei farmaci, un effetto significativo si ottiene con un
aumento del dispendio ad almeno 10 METsora/settimana
La quasi totalità dei benefici economici si raggiunge
con un incremento di 25-35 METs-ora/settimana
(camminare 4-5 km al giorno, tutti i giorni)
Investire su operatori che promuovono l’attività fisica
è economicamente vantaggioso, anche nella ipotesi di
basse percentuali di adesione.
Diabetes Care 28: 1295-1302, 2005
5
Livio Luzi
La nutrizione nel diabetico
I nostri geni attuali sono molto simili a quelli dell’ Homo
erectus che popolava le regioni Africane da 1.000.000 a
200.000 anni fa, lasciando quindi il posto all’ Homo
sapiens.
La capacità dell’insulina di stimolare l’utilizzo dei principali
substrati metabolici (glucosio, acidi grassi, ammino-acidi)
è definita insulino-sensitività.
L’insulino-resistenza (l’opposto della insulino-sensitività) è
una caratteristica genetica sviluppata fin dai tempi dell’
Homo erectus e che permette agli individui di sopportare
periodi di scarsità di cibo e di immagazzinare rapidamente
in forma di grasso i nutrienti (substrati) quando disponibili.
Ai giorni nostri, caratterizzati da surplus di alimenti nei
paesi industrializzati, l’insulino resistenza predispone
all’obesità, al diabete, a malattie cardiovascolari e ad
alcune forme di cancro.
Il nostro predecessore compiva una vita di movimento ed
aveva una alimentazione relativamente ricca di proteine e
povera di amido.
Pertanto, l’altro fattore fondamentale per contrastare il
dilagare di obesità, diabete e malattie legate all’insulinoresistenza è l’attività fisica compiuta in modo costante.
Il parametro fondamentale per definire il nostro
fabbisogno di calorie giornaliere è la misurazione del
metabolismo basale.
Il metabolismo basale è comunemente proporzionale
direttamente al peso corporeo e soprattutto alla massa
magra metabolicamente attiva.
1
Il metabolismo totale è costituito dalla quota parte del
metabolismo basale a cui si aggiungono le calorie utilizzate
per l’attività fisica e per la digestione/utilizzo degli alimenti.
Una conoscenza precisa del metabolismo basale dell’
individuo permette di formulare un appropriato regime
dietetico, personalizzato in base ai fabbisogni specifici di
ciascuno.
La conoscenza del quoziente respiratorio (VCO2/VO2)
permette di conoscere la quota parte di ossidazione lipidica,
glucidica e proteica, e fornisce delle indicazioni anche con un
risvolto clinico, sulle capacità dell’individuo di “bruciare i
grassi”.
Il parametro fondamentale per definire il nostro fabbisogno di
calorie giornaliere è la misurazione del metabolismo basale.
Inoltre, il punto di partenza della analisi metabolica delle
persone con alterazioni nutrizionali (eccesso o difetto) non
può prescindere dalla valutazione della composizione
corporea con metodiche quali la impedenziometria bioelettrica.
In tale modo è possibile valutare sia qualitativamente che
quantitativamente le alterazioni della composizione
corporea che avvengono nella nostra popolazione e di
valutare quindi l’efficacia di un dato intervento (dieta,
attività fisica, altro) sulla composizione corporea (quantità
di grasso e di magro) oltre che sul peso totale.
Infatti essendo come detto la massa muscolare magra
quella metabolicamente più attiva, un regime dietetico o di
attività fisica di vari mesi può considerarsi coronato da
successo anche senza una diminuzione del peso corporeo,
a patto che si sia ridotta la quota parte grassa a favore di
quella muscolare.
2
Diabete Mellito
• Definizione
– American Diabetes Association, 1997
• Problematiche Cliniche
– Iperglicemia
• Complicanze macrovascolari
• Complicanze microvascolari
– Ipoglicemia
American Diabetes Association:
Clinical Practice Recommendations, 2001
3
American Diabetes Association:
Clinical Practice Recommendations, 2001
Principali fattori associati nel compenso
metabolico nel diabetico
• Fattori nutrizionali
• Fattori inerenti lo stile di vita
• Fattori genetici
4
BRAIN
PRODUCTION
LIVER
GLUCOSE
-
UTILIZATION
+
β-CELLS
+
SECRETION
INSULIN
MUSCLE
DEGRADATION
TISSUES
Beta-Cell Responsivity in Relation to Insulin Sensitivity
Glicemia ed Alimenti
• Indice glicemico
• Carico glicemico
• Indice insulinemico
5
Indice Glicemico
• L’ Indice Glicemico di una dato alimento è
definito come l’area incrementale sottesa
dalla curva glicemica causata dalla
assunzione di una porzione di 50 g di
carboidrati dell’alimento espressa come
percentuale dell’area incrementale sottesa
dalla curva glicemica causata dalla
assunzione di 50 g di glucosio dallo stesso
soggetto.
6
Carico Glicemico
• Il Carico Glicemico si calcola moltiplicando
l’Indice Glicemico di un alimento per il suo
contenuto in carboidrati.
• Esempio: Carote:
– IG = 131
– Carico glicemico molto basso in quanto nelle
carote ci sono in media 7 g di carboidrati per
porzione
Indice Insulinemico
• Similmente, l’ Indice Insulinemico di un
dato alimento è definito come l’area
incrementale sottesa dalla curva
insulinemica causata dalla assunzione di
una porzione di 50 g di carboidrati
dell’alimento espressa come percentuale
dell’area incrementale sottesa dalla curva
insulinemica causata dalla assunzione di
50 g di glucosio dallo stesso soggetto.
7
Effetto di determinati alimenti sulla
glicemia post-prandiale nel diabete
• Assunzione di alimenti ad alto IG esita in livelli
più elevati di glicemia post-prandiale ed in un più
alto Indice Insulinemico (II);
• Picchi di glicemia post-prandiale sono stati
correlati ad aumentato rischio cardiovascolare
nel diabetico;
• Pertanto, la scelta di alimenti a basso IG è
consigliata in soggetti affetti da diabete mellito,
riducendo sia le escursioni glicemiche che le
escursioni insulinemiche. Tale effetto è ottenuto
farmacologicamente con l’acarbosio.
Effetto di determinati alimenti
sulla glicemia mattutina
• Con “second meal effect” si intende la ridotta
iperglicemia (associata a ridotta insulinemia e
trigliceridemia) secondaria ad un secondo pasto
assunto dopo l’assunzione di un pasto a basso
Indice Glicemico alcune ore prima.
• Per esempio si è dimostrato che un pasto serale
a basso indice glicemico induce una minore
iperglicemia a seguito di una identica colazione
del mattino successivo comparato ad un pasto
serale ad alto Indice Glicemico.
8
Diete ad alto contenuto proteico e
controllo glicemico
• Diete ad alto contenuto proteico (relativo) sono
efficaci nel ridurre parametri di insulinoresistenza nel diabete di tipo 2. Il meccanismo
consiste probabilmente nel ridurre l’incremento
glicemico a seguito del pasto (Mc Auley,
International Journal of Obesity, 2006);
• Non esistono studi di efficacia e di prevenzione
del rischio cardiovascolare a lungo termine.
Glicemia e Stile di Vita
• Attività fisica
• Fumo
• Alcool
9
Diabete e Geni
• Diabete di tipo 2 malattia poligenica
• Interazioni gene-gene
9Interazioni nutrienti-geni (nutrigenomica)
– Glucosio e geni
– Assunzione dietetica di AGEs
– Macronutrienti e geni
– Micronutrienti e geni
– Peptide-C e geni
• Interazioni stile di vita e geni
Test di laboratorio, Test funzionale,
Test di espressione genica
• Glicemia = esame di laboratorio
• Glicemia ↔ Insulinemia = test di funzione
• Glicemia → espressione di geni specifici
10
Glucosio e geni
• Geni del segnale insulinico
9GLUT 2 dell’ enterocita
9GLUT 2 delle cellule β
GLUT 2 – enterocita, digiuno
Membrana basale
Lume Intestinale
2 Na+
2 Na+
SGLT1
Glucosio
Glucosio
GLUT-2
GLUT-2
Glucosio
Glucosio
GLUT-2
Apice enterocita
Modificata da Kellett GL et al, Diabetes, 2005
11
GLUT 2 – enterocita, iperglicemia
Lume Intestinale
Glucosio
2 Na+
GLUT-2
SGLT1
Glucosio
↑ Glucosio
GLUT-2
↑ Glucosio
GLUT-2
Membrana basale
2 Na+
GLUT-2
Glucosio
Apice enterocita
Modificata da Kellett GL et al, Diabetes, 2005
GLUT 2 – β cellula
Glucose
GLUT-2
GLUCOKINASE
Glucose
G-6-P
Metabolism - Signals
Ca++
Ca++
Kinases
PC2, PC3
Mature insulin and C-peptide secretion
12
Insulina e geni
•
•
•
•
Gene GLUT 4
Geni glucochinasi/esochinasi
Geni della via glicolitica
Geni del metabolismo ossidativo
Insulina
Glucosio
Geni
13
AGEs assunti con la dieta e geni
• Espressione del gene RAGE
– Complicanze diabetiche
Kankova et al. Genetic variabilityin the RAGE gene:
Possible implications for nutrigenetics, nutrigenomics, and
Understanding the susceptibility to diabetic complications.
Mol Nutr Food Research, 2005 (Review).
Macronutrienti e geni
9Acidi grassi
• Amino acidi
14
Peroxisome Proliferator-Activated
Receptors (PPAR)
PPAR
PPAR
RXR
gene
transcription
DNA
Peroxisome-proliferator response
element (PPRE)
PPAR-α
PPAR-γ
Ligand
Function
Fatty acids
Fibrates
↑ transcription of apo AI and AII
↑ lipoprotein lipase activity
↑ LDL and FFA uptake
Fatty acids
Thiazolidindiones
Regulation of adipose gene expression
Adipocyte differentiation
Micronutrienti e geni
• Zinco (Secrezione Insulinica)
– Quraishi I et al, Medical Hypotheses, 2005
• Vanadio (Azione Insulinica)
15
Peptide-C e geni
Proinsulin
C-peptide
-COOH
-COOH
NH
NH 22--
s
s
s
s
s
A-chain
s
B-chain
ß-cell
Glucose
GLUT-2
GLUCOKINASE
Glucose
G-6-P
Metabolism - Signals
Ca++
Ca++
Kinases
PC2, PC3
Mature insulin and C-peptide secretion
16
C-peptide’s Cellular Effects (1)
C-peptide
2+
Ca Channel
G-protein
Ca
2+
eNOS
2+
Ca Phosphatase II B
Na+K+ATPase(inactive)
P
Na+K+ATPase
(active)
Na
Na++K
K++
C-peptide’s Cellular Effects (2)
C-peptide increases the expression of vasopressinactivated calcium-mobilizing receptor gene through a G
protein-dependent pathway.
Maestroni A, Ruggieri D, Dell'Antonio G, Luzi L, Zerbini G.
Eur J Endocrinol. 2005 Jan;152(1):135-41.
17
Modulazione dell’espressione genica indotta da peptide C
in fibroblasti umani. Un’aumentata espressione e’ indicata
dal colore rosso, una ridotta espressione dal blu.
Glicemia ed Alimenti
•
•
•
•
Indice glicemico
Carico glicemico
Indice insulinemico
Livelli sistemici di peptide-C
18
Glibenclamide:
an old drug with a novel mechanism of action ?
Luzi L, Pozza G.
Acta Diabetologica 1997; 34:239-244 (Review).
Attività fisica, nutrizione e geni
• L’attività fisica contribuisce a co-modulare
con i nutrienti la espressione di numerosi
geni.
19
Insulin secretion and insulin action
are the pillars of glucose tolerance
GLUCOSE TOLERANCE
Muscle and adipose
tissue
Pancreas
INSULIN
SECRETION
INSULIN
ACTION
Liver
β-cells
Metodologie che permettono la misura
simultanea di secrezione ed
azione insulinica
9 HOMA
• OGTT
• IVGTT associato al Minimal Model
20
HOMA indices
Insulin secretion and insulin sensitivity can be evaluated by calculating the
HOMA indices (*).
These indices are derived from the fasting insulin and glucose concentrations.
HOMA(β-cell)=20 x fasting insulin(mU/ml) / [fasting glucose (mmol/l) -3.5]
HOMA(IS)=22.5 / [fasting insulin(mU/ml) · fasting glucose (mmol/l)]
(*) Matthews et al. Diabetologia (1985) 28: 412-419
QUICKI e revised-QUICKI nella
predizione del diabete di tipo 2
0.42
0.60
r=0.27
p < 0.05
0.40
revised QUICKI
0.38
QUICKI
r=0.5 1
p < 0.00 01
0.55
0.36
0.34
0.32
Normal
0.50
0.45
0.40
Normal
0.35
Offspring
Offspring
0.30
0.28
0.30
0
5
10
15
20
25
0.25
0
. .
5
10
S I(clamp)
(10
-4
dl/kg min per μU/ml)
15
20
25
S I(clamp)
(10
-4
dl/kg min per μU/ml)
Perseghin G et al J Clin Endo Metab, 2001
21
Hyperbolic relationship between insulin
sensitivity and secretion in normal subjects
In normal subjects, insulin secretion and insulin sensitivity are
inversely correlated to maintain glucose tolerance (*).
(*) Kahn et al., Diabetes, 1993
Conclusioni
• La nutrizione del diabetico deve essere volta a smussare
le escursioni di glicemia ed insulinemia che sono causa
rispettivamente di iper- e ipo-glicemie;
• Alto contenuto in fibre e basso contenuto in grassi saturi
stimolano la azione insulinica;
• Dati recenti indicano che un contenuto proteico
relativamente più elevato può beneficiare il compenso
glicemico del diabetico;
• La concentrazione di peptide-C è importante per le
complicanze diabetiche;
• Secrezione ed azione insulinica devono essere stimate
in ogni soggetto con diabete mellito;
• Il paziente diabetico necessita di un approccio
multidisciplinare integrato.
22
Andrea Caumo
Misura simultanea di indici di sensibilità insulinica e
funzione β-cellulare durante un pasto
Lo scopo di questa presentazione è di illustrare l’impiego
di modelli matematici per misurare due indici fondamentali
per la valutazione dell’ integrità del sistema di regolazione
glucosio-insulina nel singolo individuo. Questi due indici
sono la sensibilità insulinica e la funzione beta-cellulare.
La sensibilità insulinica rappresenta la capacità
dell’organismo di usare efficacemente l’insulina per
utilizzare il glucosio ed inibirne la produzione endogena. La
funzione beta-cellulare rappresenta la capacità delle betacellule di secernere insulina in risposta all’innalzamento
della glicemia. La misura di questi indici è di particolare
rilevanza in fisiopatologia, ma non è semplice.
La tecnica di riferimento (gold standard) e’ costituita dal
glucose clamp che permette di realizzare studi doserisposta in cui lo stimolo iperinsulinemico (per misurare la
sensibilità insulinica) o iperglicemico (per misurare la
funzione beta-cellulare) è costante nel tempo.
Il glucose clamp ha lo svantaggio di essere laborioso e
di richiedere una considerevole esperienza per essere
eseguito con successo.
E’ spontaneo chiedersi se esista un approccio
alternativo.
1
Recentemente, considerevole attenzione e’ stata rivolta allo
sviluppo di metodi che permettono di misurare i due indici da
un pasto o da un di un test di tolleranza orale al glucosio
(OGTTT). Alcuni di questi metodi sono empirici, altri si fondano
su appositi modelli del sistema glucosio-insulina. Il vantaggio
dei metodi basati sui modelli e’ che essi si fondano sulla
fisiologia e rendono esplicite ipotesi ed assunzioni. In
particolare, i modelli descrivono esplicitamente la distribuzione
del glucosio di insulina nell’organismo e i segnali di feedback
che legano il substrato all’ormone. Nel corso della
presentazione ci concentreremo sui cosiddetti modelli minimi
orali. Questi modelli (denominati “minimi” perche’ di
complessita’ ottimale) sono stati recentemente validati
mediante il confronto con il glucose clamp e possono quindi
costituire un’utile risorsa per fornire in modo semplice e
fisiologico un quadro quantitativo della regolazione
postptandiale del glucosio in soggetti normali e diabetici.
Il sistema glucosio-insulina
cervello
fegato
produzione
-
Glucosio
utilizzazione
muscolo
+
pancreas
+
secrezione
tessuti
Insulina
degradazione
sensibilita’ beta-cellulare: Φ
sensibilita’ insulinica:
SI
2
Sensibilita’ insulinica
produzione
-
diminuisce
insulina
glucosio
glucosio
+
utilizzazione
aumenta
Sensibilita’ beta-cellulare
glicemia
Φ:
secrezione
glicemia
secrezione
pancreas
3
Relazione iperbolica tra sensibilita’
insulinica e la sensibilita’ beta-cellulare
Nei soggetti normali, il prodotto
sensibilita’ insulinica x sensibilita’ beta-cellulare
tende a rimanere COSTANTE (*).
ATLETA
sensibilita’ insulinica
sensibilita’ beta-cellulare
iperbole
SOVRAPPESO
sensibilita’ insulinica
sensibilita’ beta-cellulare
(*) Kahn et al. - Diabetes, 1993
Disposition Index (DI)
sensibilita’ beta-cellulare
DI = sensibilita’ insulinica x sensibilita’ beta-cellulare
buona tolleranza
(DI alto)
iperbole dei
normali
cattiva tolleranza
(DI basso)
sensibilita’ insulinica
4
Perché e’ utile misurare
entrambi gli indici ?
sensibilita’ beta-cellulare
normali
15 diabetici (appena diagnosticati)
terapia
13 obesi
obesi (dieta + rosiglitazone)
sensibilita’ insulinica
Clamp euglicemico-iperinsulinemico
Infusione di insulina
insulina
40
produzione
mmol/kg min
μU/ml
60
20
0
10
glucosio
6
4
ipoglicemia
2
SI
mmol/kg min
0
utilizzazione
mmol/kg min
mmol/l
8
0
infusione di glucosio
60
120
180
240
300
Tempo (min)
0
0
60
120
180
240
300
Tempo (min)
5
.
Clamp iperglicemico
glucosio
insulina
12
prima fase
400
infusione di glucosio
300
pmol/l
mmol/l
10
8
6
200
seconda fase
100
0
4
-30
0
30
60
Tempo (min)
90
-30
120
0
30
60
Tempo (min)
90
120
Dati da Battezzati et al. - Eur J Clin Invest, 2000
Meal Test: dati sperimentali
160
140
glicemia
120
100
.
80
120
100
insulinemia
80
60
40
20
0
0
30
60
90
120
150
180
210
240
Tempo (min)
test fisiologico, meno invasivo e costoso del clamp
MA
glicemia e insulinemia in stato non stazionario
6
Il ruolo dei modelli
Meal Test / OGTT
sensibilita’
insulinica
SI
modello del
metabolismo
modello
del
glucosio
matematico
glicemia
.
del sistema
modello
glucosiodella
insulina
secrezione
beta-cellulare
insulinemia
sensibilita’
beta-cellulare
Φ
Modello per la stima di SI (*)
Meal / OGTT
SI
sistema gastrointestinale
glicemia
fegato
=
k3(k4+ k5)
k2
Ra ABS
produzione
utilizzazione
glucosio
k4
insulinemia
k3
k5
azione
k1
k2
insulinica
(*) Caumo, Bergman, Cobelli - JCEM 2000
7
Validazione: SI oral vs SI clamp
(105 dl/kg min-1 per pmol/l)
SI oral
30
r= 0.81, p<0.01
20
10
0
0
10
20
30
SI clamp
(105
dl/kg min-1 per pmol/l)
Dalla Man, Caumo, Cobelli et al. - AJP 2005
Necessita’ di misurare il peptide-C
glicemia
insulina
fegato
degradazione
epatica
(circa 50%)
0
60
120
180
240
pancreas
peptide-C
fegato
0
60
120
180
240
8
Risposta insulinica
La risposta insulinica e’ bifasica solo se
la glicemia cresce molto rapidamente.
Durante un pasto, la risposta insulinica NON e’
bifasica.Tuttavia, essa puo essere scomposta
nella somma di due componenti (*).
clamp iperglicemico
pasto
(endovena)
(orale)
prima fase
0
10
seconda fase
20
30
0
10
20
30
Tempo (min)
Tempo (min)
(*) Caumo and Luzi - AJP 2004 (review paper)
Due componenti della secrezione
glicemia
glicemia
(velocita’ di
crescita)
secrezione
durante un pasto
totale Φtot
dinamica Φd
pancreas
secrezione
statica Φs
9
Modello della secrezione (*)
β-cellula
cinetica del peptide-C
peptide-C
glicemia
controllo
statico
(α,β)
PC1
+
glicemia
(velocita’ di
crescita)
k21
secrezione
controllo
dinamico
(kd)
PC2
k12
k01
(*) Toffolo et al. - AJP 1995; Breda et al. - Diabetes 2001
Φs = β
Φd = kd
Φtot = Φ + Φd/τ
modello del
metabolismo
del glucosio
insulina
SI
peptide-C
glucosio
Φs Φd Φtot
modello
della
secrezione
beta-cellulare
10
Applicazioni in fisiopatologia
normali (NGT) vs. intolleranti (IGT)
(Breda et al. - Diabetes 2002)
Phi d
sensibilita’ beta-cellulare
(statica)
3000
insulino-resistenza
2500
IGT
NGT
2000
1500
1000
500
0
0
20
40
60
80
sensibilita’
SI insulinica
11
giovani vs. anziani
160
glucosio
120
(pmol/l)
80
500
SI
20
10
5
0
Φtot
50
3000
peptide-C
2000
40
giovani
120
240
Tempo (min)
*
30
20
10
1000
0
*
15
insulina
300
100
(pmol/l)
[10-4 dl/kg/min per
mU/ml]
anziani
giovani
200
[10-9 min-1]
(mg/dl)
(Basu et al. - Diabetes 2003)
anziani
420
Protocollo clinico
(Dalla Man et al. - Diabetes 2005)
7 prelievi in 120 min
0 10 20 30
60
90
120
12
Grazie
Unita’ di Metabolismo
e Nutrizione,
Istituto San Raffaele, Milano
Dipartimento di
Bioingegneria,
Universtita’ di Padova
Dr Gianluca Perseghin
Ing Chiara Dalla Man
Prof Livio Luzi
Prof Gianna Toffolo
Prof Claudio Cobelli
Sommario
La sensibilita’ insulinica (SI) e la sensibilita’ betacellulare (Φ) misurano l’efficienza del sistema
glucosio-insulina. Il loro prodotto (disposition index)
e’ un indicatore della tolleranza ai carboidrati.
Due modelli matematici consentono di misurare questi
indici dai dati di un Meal Test (o di un OGTT).
Si tratta di esperimenti meno costosi e invasivi del
glucose clamp.
Il test richiede 7 prelievi in 120 min. Si misurano le
concentrazioni di glucosio, insulina e peptide-C.
13
All models are wrong, but some are useful
George Box
14
G. Chiumello, L. Bosio, S. Magni
Obesità in età evolutiva
L’obesità costituisce oggi, secondo l’Organizzazione
Mondiale della Sanità, uno dei problemi di salute pubblica
più evidente, tale da essere stata definita nel 1998 una
epidemia globale.
E’ soprattutto l’obesità in età pediatrica a destare le
maggiori preoccupazioni in quanto è stato rilevato essere
in costante crescita. Anche se le stime sono difficilmente
confrontabili fra di loro, le cifre più recenti della
International Obesity Task Force mettono in evidenza un
costante e progressivo aumento dell’obesità infantile in tutti
i paesi europei.
Nell’ultimo decennio infatti, il numero di bambini obesi è
aumentato e l’eccesso di peso è diventato uno dei
principali problemi di salute per bambini ed adolescenti,
colpendo fasce di età sempre più ampie, più gruppi etnici e
differenti classi sociali.
Secondo l’ultimo rapporto sull’obesità realizzato in Italia
sono 4 milioni le persone obese in Italia: fra i bambini
italiani in particolare il 30-35 % è in sovrappeso ed il 10-12
% obeso.
1
Se una volta si riteneva che l’obesità infantile costituisse
un problema, perché il 25-50% dei soggetti obesi mantiene
l’eccesso ponderale anche in età adulta, oggi è dimostrato
che 1 bambino obeso su 3 sta già sviluppando altre gravi
situazioni patologiche come ipertensione, bassi valori di
colesterolo HDL, ipertrigliceridemia, insulino resistenza o
intolleranza glucidica; tutte condizioni che lo pongono a
rischio di sviluppare malattie cardiovascolari e metaboliche
serie in età sempre più giovane.
Questo insieme di alterazioni, definita in passato come
sindrome X, oggi è riconosciuto come sindrome
metabolica.
Da sola ciascuna componente della sindrome comporta
un elevato rischio cardiovascolare, ma, quando presenti in
combinazione, esse si associano ad una più elevata
incidenza di coronaropatia, eventi cardiovascolari e
mortalità totale.
Sono stati recentemente pubblicati i dati di una ricerca
effettuata dai ricercatori della Yale University che
evidenziano come la sindrome metabolica sia stata
riscontrata nel 50% circa dei bambini gravemente obesi e
nel 39% di quelli in sovrappeso e come la prevalenza
aumenti con l’aggravarsi del grado di obesità.
Inoltre è stato dimostrato come 8 soggetti su 34 che
presentavano sindrome metabolica, avevano sviluppato, 2
anni dopo la prima osservazione, diabete di tipo secondo.
2
OBESITA’
OBESITA’ a 6aa
25% OBESI ADULTI
OBESITA’
OBESITA’ a 12aa
75% OBESI ADULTI
TANTO PRIMA L’
L’OBESITA’
OBESITA’ VIENE TRATTATA,
TANTO MAGGIORE E’
E’ LA PROBABILITA’
PROBABILITA’
DI PREVENIRE L’
L’OBESITA’
OBESITA’
IN ETA’
ETA’ ADULTA
3
FATTORI GENETICI
FATTORI
NUTRIZIONALI
OBESITA’ ESSENZIALE
FATTORI
AMBIENTALI
FATTORI
PSICOLOGICI
4
Entrambi genitori
figli
70%
Un genitore
figli
50%
Gemello
gemello
70%
(anche se cresciuti separatamente)
Altri parenti
bambino
2525-40%
Nessun genitore
figli
9%
5
8-17 anni
BMI 45›40
%
4
fitness adeguata
20
↑PA
60
insulinemia > 20
12
diabete tipo2
56
asma
54
test respiratori alterati
16
ipertrofia ventricolo sinistro
J Ped 2004
FATTORI DI RISCHIO PER MALATTIE
CARDIOVASCOLARI
ipercolesterolemia (↑ LDL)
fumo
ipertensione arteriosa
obesità
obesità
diabete di Tipo II
SGA
familiarità
familiarità per CVD
6
• Numerosi studi epidemiologici confermano
che il diabete di tipo 2 sta diventando
un’emergenza sanitaria mondiale, rivelandosi
negli ultimi anni sempre piu’ frequente anche
nella popolazione pediatrica.
• La maggior parte dei pazienti pediatrici con
diabete di tipo 2 sono adolescenti dallo stile
di vita sedentario.
Ricoveri ospedalieri pediatrici: 1996-7 vs 2003-4
• Aumento del 54% per DM2
• 70% per obesità
• Aumento prima diagnosi per DM2 del 31%
• obesità del 176%
• rispetto a 1996-7
BMJ 2005
7
Sesso
Familiarità
Pubertà
Minoranze
etniche
Resistenza all’insulina
Obesità
viscerale
Basso peso
alla nascita
PCOS
Acanthosis
nigricans
RISCHIO DIABETE 2 IN ETA’ SCOLARE
4
< 2500
2500-3000
2
3000-3500
3500-4000
>4000
0
Diabetes Care 2003
8
Adolescente obeso
• La pubertà determina iperinsulinismo e
insulino resistenza
• La presenza di obesità determina una
ulteriore riduzione di insulino-sensibilità
• L’insulino resistenza è in particolare a
livello muscolare
• L’insulino resistenza coinvolge anche il
metabolismo lipidico con accumulo di grasso
all’interno del muscolo
Lancet 2003
9
Dati preliminari HSR
• 54 adolescenti obesi
• BMI > 97° ple curve italiane (>30)
• Età media 13 anni
• 1 HMRS (spettroscopia epatica in RMN)
per analisi contenuto intraepatico di
trigliceridi.
• Calorimetria indiretta, OGTT
2006
% pazienti
100
50
30 %
70 %
> 5%
< 5%
0
Contenuto intraepatico trigliceridi
10
Caratteristiche dei pazienti
•
M
BMI > 36
Colesterolo, ALT e HbA1c
•
Insulino-resistenza
•
QR (minore ossidazione dei lipidi a
digiuno)
Raccomandazioni per i tests
• BMI>85° percentile per età e sesso
•
2 altri fattori di rischio:
familiarità di primo o secondo grado per diabete di I
o II tipo
gruppo etnico
condizioni associate a resistenza insulinica
(acanthosis nigricans, ipertensione, dislipidemia,
PCOS)
ADA Consensus Statement, Diabetes Care, 2000
11
• > 10 anni o inizio della pubertà
glicemia a digiuno
o glicemia a 2 h durante OGTT
• frequenza: ogni 2 anni
ADA Consensus Statement, Diabetes Care, 2000
12
Sindrome metabolica
Fattori di rischio (>=3)
•
•
•
•
•
•
BMI
ipertrigliceridemia
basso HDL-C
ipertensione
insulinoresistenza
IGT/diabete
> 97° c.le
>= 150 mg/dl
<=40mg/dl
> 95°c.le
HOMA-IR> 2,5
glicemia a digiuno > 110mg/dl
ADA 2003
Prevalenza S. metabolica
• 439 soggetti
• range eta’: 2-20aa
• sovrappeso: 39%
• obesi : 50%
prevalenza aumenta con l’aggravarsi del grado di
obesità.
8 soggetti su 34 che presentavano sindrome metabolica,
avevano sviluppato, 2 anni dopo la prima osservazione,
diabete di tipo secondo
N.Eng.J.Med 2003
13
•
•
•
•
290 soggetti, obesi ed in sovrappeso
range eta’: 2-18aa
Prevalenza Sindrome metabolica: 5.9%
BMI>30 : 21%
prevalenza aumenta con l’aggravarsi del grado
di obesità.
2006
14
64 a
peso nascita < 2,9 Kg :
22 % Sindrome metabolica
10 volte superiore rispetto ai nati > 4.3 Kg
Diabetologia 1993
SINDROME METABOLICA
obesità
NIDDM
ipertensione
dislipidemia
“The small-baby syndrome”?
Diabetologia 1993
15
NASCERE “PICCOLI”:
È UN PROBLEMA?
EZIOLOGIA NON CHIARA
IPOTESI
Malnutrizione
intrauterina associata
a predisposizione
genetica
Brusco catch up
Insulinoresistenza
a partire dal
tessuto adiposo
Probabile ruolo chiave del tessuto adiposo nella patogenesi
dell’insulinoresistenza
16
bassa statura
piccoli piedi/mani/
circonferenza cranica
basso BMI
bassa densità ossea
insufficiente apporto
nutritivo
scarsa massa
muscolare e massa
grassa
BAMBINI
NATI SGA
scarso appetito
fusione precoce dell’epifisi in
pubertà
scarsa autostima/ problemi
comportamentali/ deficit
dell’attenzione
pubarca/pubertà anticipata
Δ BMI (dalla nascita a 6 anni) correla
positivamente al rischio di sovrappeso in età
adulta
Insulinoresistenza
presente dopo il primo anno di vita
Pediatric Research 2005
17
malattie cardiovascolari
⇑⇑ BMI ⇑ adipe
addominale
osteoporosi
bassa statura
ipertensione
arteriosa
iperlipidemia
AdolescentADOLESCENTI–
–ADULTI
ADOLESCENTI
Adults born
NATI SGA
SGA
problemi comportamentali
obesità
PCOS
IGT/diabete
Sindrome Metabolica
SGA (età 22 anni)
Glicemia basale e post OGTT (p<0.001)
Insulinemia basale
Trigliceridi
(p=0.002)
(p<0.005)
PA sistolica (p<0.001) e diastolica
Sindrome Metabolica :
2.3% (vs 4‰ AGA
(p<0.02)
p=0.004)
Diabetologia 2005
18
• Esiste una correlazione tra dismaturità e
patologie glicometaboliche fin dalla prima
infanzia
• Attento follow-up clinico ed endocrinologico,
in particolare monitorando:
- accrescimento staturo-ponderale
(prevenendo sovrappeso/ obesità)
- pressione arteriosa
- profilo glicolipidico
• Valutazione aspetto psicologico
19
STRATEGIE PREVENTIVE
grassi
saturi,
zuccheri
semplici
proteine animali,
grassi insaturi
amidi, verdure,
frutta, proteine vegetali
ALIMENTAZIONE
TV,
computer,
att.sedentarie
passeggiate, bici,
altri sports
aerobici,
attività ricreative
camminare, usare le scale,
attività ricreative spontanee
STILE DI VITA
Spese campagne pubblicitarie in USA per:
fast-food: $ 3.5 bilioni
alimenti confezionati, bevande: $ 5.8 bilioni
automobili: $ 15.5.5 bilioni
Fondi per “Centers for Disease Control
Prevention” e FDA: $ 5.1 bilioni e $ 1.3 bilioni
and
Diabetes Care 2003
20
• interventi nelle scuole e nelle famiglie
(alimentazione, attività fisica, TV e computer)
• ruolo fondamentale del pediatra di base, medici
generici, educatori
• migliori strategie terapeutiche
• intervento su quanto l’industrializzazione sta
incidendo sulla salute dei giovani.
21
Luca Benzi
Dall’obesità al diabete:la nuova
piramide alimentare
Circa 10 anni orsono (1992) il Dipartimento dell’Agricoltura del
Governo degli Stati Uniti USDA ha creato all’interno della
"Dietary Guidelines for Americans", la guida ad una sana
alimentazione “La Piramide degli alimenti”.
Incorporare i consigli nutrizionali nelle forma di una piramide e
stata certamente una intuizione intelligente; infatti è possibile
un rapido orientamento attraverso la gerarchia degli alimenti
da consumare. E’ intuitivo che gli alimenti alla base della
piramide possono essere consumati più estesamente rispetto
a quelli sovrastanti. Le linee guida sono state riviste ogni 5
anni e sono cambiate riflettendo i risultati di nuove ricerche in
campo nutrizionale.
Tuttavia la piramide, così come originariamente proposta è
rimasta invariata.
Questo ha suscitato l’ampia critica da parte di vari esperti.
In particolare si ritiene che la piramide alimentare incorpori
concetti ormai superati che possono essere così riassunti:
La piramide raggruppa insieme tutti i tipi di grasso e li pone
al vertice senza distinguere fra grassi "buoni" come l'olio di
oliva (che contiene grassi monoinsaturi) e grassi pericolosi
per la salute (grassi saturi e acidi grassi “trans”).
Gli amidi e i carboidrati sono ammucchiati insieme con i
vegetali freschi poveri di calorie ma ricchi di micronutrienti.
1
Gli alimenti ad alto contenuto proteico rappresentano una sola
categoria: carni rosse e bianche pesce, uova, noci e fagioli
sono raggruppati nonostante esistano tra loro molte differenze
nutrizionali.
Non viene fatta alcuna distinzione fra prodotti caseari a basso
o alto contenuto di grassi.
Pane, cereali, riso, pasta rappresentano il gruppo alla base
della piramide nonostante le notevoli differenze fra prodotti
raffinati (pasta di farina bianca) e non raffinati (pasta di farina
integrale).
Con l'obesità ed il diabete in avanzamento epidemico non vi è
alcuna guida circa la necessità dell'esercizio fisico o il
controllo del peso corporeo.
Gli studiosi e nutrizionisti dell’Harvard Medical School, sulla
base di questi elementi hanno ritenuto che la piramide
alimentare prodotta dall'USDA presenti importanti difetti, in
parte anche legati al fatto che la piramide USDA è stata
realizzata sotto la pressione dell’industria alimentare.
Questo gruppo di studiosi, ha proposto una nuova piramide
denominata "Healty Eating Pyramid“.
Nonostante la forma in cui si presenta sia del tutto simile alla
precedente questa ha poche analogie in comune con
quest'ultima. II controllo del peso corporeo rappresenta la
base pratica e concettuale della nuova piramide insieme
all’esercizio fisico. La nuova piramide inoltre corregge quegli
errori che secondo gli studiosi di Harvard non reggevano al
confronto delle moderne conoscenze.
Si riconosce infatti che non tutti i grassi sono pericolosi
sottolineando in particolare le proprietà favorevoli dei grassi
monoinsaturi e dall’altro lato la pericolosità dei grassi saturi.
Inoltre viene rilevato che non tutti i carboidrati sono "buoni” ed
in particolare il possibile effetto negativo dei cereali raffinati
che vengono rapidamente assorbiti provocando rapide
escursioni di glicemia ed insulinemia.
2
• Questo fenomeno sembra associato ad un elevato rischio di
sviluppare diabete tipo 2, malattie cardiovascolari e cancro. In
fine la carne rossa ricca di grassi saturi aumenta il rischio di
diabete, malattie cardiovascolari e tumori del colon. Il pollame
ed il pesce, per contro, contengono una minor quantità di grassi
saturi e più grassi insaturi.
• A riprova che i grassi monoinsaturi hanno un ben diverso
impatto sulla salute rispetto a quelli saturi stanno anche i dati di
popolazioni che fanno largo uso di grassi insaturi ed hanno
contemporaneamente una minore incidenza di malattie
cardiovascolari.
Nell'isola di Creta dove la dieta contiene una larga quantità di
pesce e olio di oliva, le malattie cardiovascolari sono più basse
che in Giappone dove peraltro i grassi costituiscono meno del
10% delle calorie giornaliere.
Nell'ambito del Nurses Healt Study iniziato nel 1976 che
coinvolge 140.000 persone Mc Cullough e coll. hanno
dimostrato che seguendo le indicazioni contenute nella Healty
Eating Pyramid si otteneva una diminuzione del 40% del rischio
cardiovascolare negli uomini e del 30% nelle donne.
• Una parola ancora per quanto concerne il problema delle
porzioni.
Queste negli ultimi 20 anni sono aumentate sia in caso, che nei
luoghi di ristoro ( specialmente nei fast - food) eccedendo i
quantitativi standard determinati dall'USDA stessa.
Uno snak salato è aumentato di 93 calorie, una bevanda
analcolica di 49 calorie, un hamburger di 93 calorie, una
porzione di palatine fritte di 68 calorie.
• Lo “Healty Eating Pyramid" raccoglie le più aggiornate
informazioni nutrizionali disponibili tutt’oggi.
Tuttavia, contrariamente alle piramidi dei faraoni non
rappresenta una costruzione intoccabile perché già adesso la
ricerca nutrizionale sta producendo nuove conoscenze, la
piramide quindi dovrà ancora cambiare per riflettere questi
progressi.
3
Bibliografia:
•
•
•
•
•
•
•
“Patterns and Trends in Food Portion Sizes, 1977-1998", S. Nielson et al
JAMA, 289: 450-453, 2003.
“Prevalence and trends in obesity among US adults, 1999-2000" K. Flegal et
al JAMA.Vol.288: 1723-1727,2002.
"Diete quality and major chronic disease risk in men and women: moving
toward improved dietary guidance", M. McCullough, W. Willet et al.,
American Journal of Clinical Nutrition 2002; 76:1261-1271.
"The contribution of expanding portion sizes to me US obesity epidemic", L.
Young and M. Nestle, American Journal of Public Health, 92;246-249, 2002.
"Food Politics: How the Food Industry Influences Nutrition and Health", M.
Nestle, University of California Press, 2002.
"Eat, Drink and Be Healthy: The Harvard Medical School Guide to Healthy
Eating, W. Willett, Simon & Schuster Source, 2001.
4
Fabbisogno Proteico
Carlo Cannella
Università di Roma “La Sapienza”
Istituto di Scienza dell’Alimentazione
1
STRUTTURA
PROTEINE
CORPOREE
CHON
N= 16%
ALIMENTARI
AMINOACIDI
20AA (22)
2
FUNZIONE PROTEINE
-MANTENIMENTO
-Bisogno fisiologico minimo (perdite obbligatorie)
-Bisogno di sicurezza
-Variabilità individuale
-Efficienza dell’utilizzazione
-Qualità delle proteine
-CRESCITA
-GRAVIDANZA
-ALLATTAMENTO
3
4
5
6
FABBISOGNO
PROTEICO
N urinario
N fecale
N pelle, sudore, ..
N crescita
tot
+ fattore stress (10%)
+ 2 DS (25%)
+ perdita efficienza vs
proteine uovo (30%)
N
Proteine
(mg/kg)
(g/Kg)
37
12
3
2
54
59.4
74.2
96.5
0.23
0.08
0.02
0.01
0.34
0.37
0.46
0.6
Fabbisogno proteico
0.6 g/Kg/die
nell’Insufficienza
renale cronica
Senza tener conto
della variabilità
individuale (12.5%)
⇒ 0.6 g/Kg/die
Soggetto Sano
(LARN 1996)
⇒ 0.95 g/Kg/die
Senza la correzione per
la qualità media delle
proteine consumate dalla
popolazione italiana
(0.79)
⇒ 0.75 g/Kg/die
7
Contribution of dietary protein
to the principal patways of protein metabolism
Young VR: Protein and amino acids. In “ Present knowledge in Nutrition” 8th Ed
Intake proteico e funzione renale
• L’apporto proteico sembra modulare il flusso
ematico renale, il gradiente pressorio attraverso
la parete capillari glomerulari, il volume dei
nefroni e il GFR
⇐ mediazione ormonale (somatostatina e glucagone)
• Alcuni studi correlano l’apporto proteico al danno
della membrana basale glomerulare
⇒ aumento permeabilità capillare con passaggio di
macromolecole attraverso la membrana basale glomerulare
⇒ deposito di queste a livello mesangiale
⇒ risposta infiammatoria
⇒ glomerulosclerosi
Kopple JD: Nutrition, Diet and the Kidney. In: “Modern Nutrition”
Shils ME et al Eds 1994
8
Confronto
Dieta Mediterranea – Dieta Zona
%
Dieta
Mediterranea
Dieta
Zona
2000 Kcal
Kcal
g
CHO
55-60 1110-1200 275-300
Proteine
10-15
200-300
50-75
Grassi
30
600
66.7
CHO
40
800
200
Proteine
30
600
150
Grassi
30
600
66.7
9
Dietary protein-induced changes in
excretory function
Singer MA: Comp Biochem Phys, 2003
• Mammals are ureotelic and respond to an
increased protein intake with an increase in GFR
and renal plasma flow
⇒increase the clearance of the major
nitrogenous end-products of protein
metabolism
- Ammonia is a regulatory molecule and an
important signal communicating between AA
catabolism following an increase in protein
intake and the sequence of events leading to a
change in execretory function
10
Giovanna Cecchetto
L’applicazione delle raccomandazioni nutrizionali nel diabete
Nell’ultimo decennio molti cambiamenti si sono succeduti nel
trattamento del diabete.
Prima del 1994 i principi e le raccomandazioni nutrizionali
dell’ADA, erano tesi a definire una prescrizione nutrizionale
“ideale”, (basata cioè sul fabbisogno ideale di calorie,
carboidrati, proteine, ecc.), applicabile a tutte le persone con
diabete.
Sebbene l’individualizzazione fosse uno dei principi basilari
delle raccomandazioni, essa veniva fortemente limitata dai
confini definiti dalla prescrizione.
Nel 1994 l’ADA raccomanda un approccio differente: invece
che su di una rigida prescrizione dietetica, l’intervento
nutrizionale deve basarsi sulla valutazione dei cambiamenti di
stile di vita, funzionali al raggiungimento ed al mantenimento
degli obiettivi terapeutici, utilizzando quei cambiamenti che il
paziente è disponibile a fare ed in grado di attuare.
Il focus pertanto è rivolto non soltanto allo stile di vita, ma
anche alle strategie necessarie al raggiungimento degli
obiettivi. Questo passaggio ad un approccio più flessibile e
realistico continua nel 2002.
La persona con diabete deve essere coinvolta nel processo
decisionale, le raccomandazioni non devono infatti essere
solo basate sull’evidenza, ma devono anche prendere in
considerazione i cambiamenti che l’individuo può
effettivamente fare e mantenere.
1
Le più recenti raccomandazioni nutrizionali dell’ADA, sono
classificate in rapporto al livello di evidenza disponibile. Perciò
nella pratica clinica la priorità può essere data alle
raccomandazioni con più forte evidenza.
I Principi e le raccomandazioni nutrizionali pubblicate dall’ADA
nel Gennaio 2002 (Diabetes care, vol. 5, n°1), sono classificate
in 4 categorie: quelle con forte evidenza- quelle con qualche
evidenza – quelle con limitata evidenza e quelle basate su
consensus di esperti.
Il contenuto delle raccomandazioni per la popolazione
diabetica basate sull’evidenza, sono pressoché sovrapponibili
alle raccomandazioni nutrizionali per la popolazione sana
(linee guida per una sana alimentazione italiana, revisione
2003)..
In particolare il riferimento va a ai Carboidrati (qualità e
quantità), agli apporti in fibra ed alle proteine (quota
raccomandata in relazione alla funzionalità renale ed alla
prevenzione della nefropatia), ai grassi ed ai
micronutrienti.
L’elemento maggiormente rilevante è rappresentato
dall’enfasi posta riguardo alla centralità del paziente ed
alla considerazione delle sue reali capacità e disponibilità
a modificare le proprie abitudini di vita. In quest’ottica
l’intervento nutrizionale acquista efficacia, qualora
acquisisca requisiti di carattere educativo, basati sulla
flessibilità, sulla partecipazione del paziente, sulla
negoziazione, sulla sperimentazione e sulla verifica dei
risultati.
2
Conclusioni:
Le raccomandazioni nutrizionali per un corretto stile di vita,
valide per la popolazione generale sono anche appropriate
per gli individui con diabete di tipo1 e 2.
La differenza per coloro che richiedono la terapia insulinica
è l’integrazione del regime insulinico alle loro abitudini di
vita.
Le linee-guida per una sana alimentazione italiana sono in
gran parte applicabili ai soggetti con diabete.
Esse rappresentano un supporto importante all’intervento
nutrizionale, vs. il raggiungimento della compliance e
l’accettazione della malattia.
Le raccomandazioni nutrizionali
applicate al diabete
Giovanna Cecchetto
3
ADA 2003
Le raccomandazioni e i principi nutrizionali
per il trattamento del diabete
Le raccomandazioni nutrizionali ADA sono evolute
nel corso degli ultimi 10 anni, passando da un
approccio basato su fabbisogni nutrizionali ideali ad
uno basato sulla modificazione dello stile di vita,
fondato sull’impiego di strategie di supporto al
cambiamento.
Franz MJ. Warshaw H, Daly AE, GreenGreen-Pastors J, Arnold MS, Bantle JP. Evolution of
diabetes medical nutrition therapy Postgrad Med J 2003; 79: 3030-35
ADA 2003
Le raccomandazioni e i principi nutrizionali
per il trattamento del diabete
Spesso nella pratica clinica sono state date e
sono tuttora date molte raccomandazioni
nutrizionali che non hanno supporto scientifico.
Franz MJ. Bantle JP.Beebe CA, et al.
al. EvidenceEvidence-based nutrition principles and
recommendations for the treatment and prevention of diabetes and
and related complications.
Diabetes Care 2003; 26 Suppl.1:S51Suppl.1:S51-61
Franz MJ. Bantle JP.Beebe CA, et al. Nutrition principles and recommendations in
diabetes.
diabetes. Diabetes Care,
Care, 2004; 27 Suppl.1:536Suppl.1:536-46
4
ADA 2003
Le raccomandazioni e i principi nutrizionali
per il trattamento del diabete
¾ Le raccomandazioni nutrizionali dell’Ada
pubblicate nel gennaio 2002 sono
classificate in rapporto al livello di evidenza
disponibile.
¾ Nella pratica clinica la priorità dovrebbe
essere data alle raccomandazioni con più
forte evidenza.
Raccomandazioni e principi
nutrizionali per il trattamento
del diabete, basati sull’evidenza
ADA 2003
5
‰ Controlla il peso e mantieniti sempre attivo
‰ Più
Più cereali, legumi, ortaggi e frutta
‰ Grassi: scegli la qualità
qualità e limita la quantità
quantità
‰ Zuccheri, dolci e bevande zuccherate: nei
giusti limiti
‰ Bevi ogni giorno acqua in abbondanza
‰ Il sale? Meglio poco
‰ Bevande alcoliche: se si, solo in quantità
quantità
controllata
‰ Varia spesso le tue scelte a tavola
‰ Consigli speciali per persone speciali
‰ La sicurezza dei tuoi cibi dipende anche da
te
???
Le Linee guida per una sana alimentazione
italiana: possono essere applicate anche ai
soggetti con diabete mellito ???
Quali le convergenze e quali le incongruenze
con le raccomandazioni nutrizionali per il
trattamento del diabete ???
6
Carboidrati e Diabete Tipo 1
“strong” evidence (liv.A):
¾ Gli studi sulla popolazione sana dimostrano
l’importanza di includere nella dieta carboidrati
integrali, frutta e verdure e latte a basso contenuto
in grassi.
¾ Riguardo agli effetti dei Cho sui valori glicemici, la
somma totale dei Cho nei pasti e negli spuntini è
più importante della loro fonte e tipo.
Franz MJ. Bantle JP.Beebe CA, et al.
al. EvidenceEvidence-based nutrition principles and
recommendations for the treatment and prevention of diabetes and
and related complications.
Diabetes Care 2003; 26 Suppl 1: S51S51-61
7
ADA’s position statements: Standards of
Medical Care in Diabetes
¾ Sia la quantità (grammi), sia il tipo di CHO .degli
alimenti influenzano i livelli ematici di glucosio.
¾ Il monitoraggio dei grammi totali di CHO, attraverso
le liste di scambio, o attraverso il conteggio dei
CHO, rimane la strategia chiave nel
raggiungimento del controllo glicemico.
Diabetes Care 28: S4S4-S36,2005
ADA’s position statements: Standards
of Medical Care in Diabetes
¾ L’uso dell’indice glicemico o del carico
glicemico può offrire un beneficio in più,
rispetto a quanto osservato quando il totale
dei CHO è considerato da solo.
¾ Le diete a basso contenuto in CHO (< 130
g/die) non sono raccomandate nel
trattamento del diabete.
Diabetes Care 28: S4S4-S36,2005
8
¾
I cereali e derivati sono sempre stati nell’
nell’alimentazione
italiana la fonte principale di carboidrati. In
un'alimentazione equilibrata il 60% circa delle calorie della
razione dovrebbe provenire dai carboidrati, dei quali
almeno i tre quarti sotto forma di carboidrati complessi e
non più
più del quarto restante sotto forma di carboidrati
semplici.
L’amido richiede un certo lavoro digestivo per essere
trasformato in glucosio, e per questo motivo viene
assorbito più
più lentamente. Invece i carboidrati semplici
vengono digeriti e assorbiti più
più facilmente. Di
conseguenza, la presenza contemporanea dei due tipi
di carboidrati (semplici e complessi) nelle proporzioni
indicate assicura all'organismo un rifornimento di energia
costante e prolungato nel tempo,
tempo, tale da evitare brusche
variazioni del tasso di glucosio nel sangue (glicemia).
9
Fibra e diabete Tipo 1
“Some”evidence (liv.B):
¾ Per quanto vada incoraggiato per tutti il consumo
generalizzato di fibra, tuttavia non c’è
c’è ragione per
raccomandare ai soggetti con diabete di consumare una
quantità
quantità di fibra maggiore della popolazione sana.
die)) può infatti
¾ Solo una grande quantità
quantità di fibra (50 gr./
gr./die
avere benefici effetti sulla glicemia postpost-prandiale, pertanto
è ragionevole dubitare che la maggior parte dei pazienti
riesca a consumare regolarmente tali quantità
quantità per ottenere
questi vantaggi.
Franz MJ. Bantle JP.Beebe CA, et al.
al. EvidenceEvidence-based nutrition principles and
recommendations for the treatment and prevention of diabetes and
and related complications.
Diabetes Care 2003; 26 Suppl 1: S51S51-61
L'introito raccomandato di fibra è intorno ai
trenta grammi/giorno, quantità superiore a quella
che attualmente si assume in Italia. Per
raggiungere i livelli raccomandati è bene
consumare più spesso alimenti ricchi in fibra
invece di ricorrere a prodotti dietetici concentrati
in fibra.
10
COME COMPORTARSI
¾ Consuma quotidianamente più
più porzioni di ortaggi e frutta fresca, e
aumenta il consumo di legumi sia freschi che, avendo sempre cura di
limitare le aggiunte di oli e di grassi, che vanno eventualmente sostituiti
con aromi e spezie.
¾ Consuma regolarmente pane, pasta, riso ed altri cereali (meglio se
integrali), evitando di aggiungere troppi condimenti grassi.
¾ Quando puoi, scegli prodotti ottenuti a partire da farine integrali
integrali e non
con la semplice aggiunta di crusca o altre fibre (leggi le etichette).
etichette).
¾ Per mettere in pratica questi consigli fai riferimento alle porzioni
porzioni indicate
nella linea guida numero 8 “Varia spesso le tue scelte a tavola”
tavola”.
11
Zuccheri semplici
“strong” evidence (liv.A):
¾ il saccarosio non incrementa i valori della glicemia
più di isocaloriche quantità di amido.
¾ Il saccarosio e i cibi che lo contengono non
devono essere ristretti dalle persone affette da
diabete, per il fatto che peggiorano l’iperglicemia.
Franz MJ. Bantle JP.Beebe CA, et al.
al. EvidenceEvidence-based nutrition principles and
recommendations for the treatment and prevention of diabetes and
and related complications.
Diabetes Care 2003; 26 Suppl 1: S51S51-61
Zuccheri semplici
“strong” evidence (liv.A):
Tuttavia, se il saccarosio è incluso nel piano
dietetico, dovrebbe essere inserito in
sostituzione di altre fonti di Cho, oppure, se
aggiunto, dovrebbe essere adeguatamente
coperto con l’insulina.
Franz MJ. Bantle JP.Beebe CA, et al.
al. EvidenceEvidence-based nutrition principles and
recommendations for the treatment and prevention of diabetes and
and related complications.
Diabetes Care 2003; 26 Suppl 1: S51S51-61
12
COME COMPORTARSI
¾ Modera il consumo di alimenti e bevande dolci nella
giornata, per non superare la quantità
quantità di zuccheri
consentita
¾ Tra i dolci preferisci i prodotti da forno della tradizione
italiana, che contengono meno grasso e zucchero e più
più
amido, come ad esempio biscotti, torte non farcite, ecc.
¾ Utilizza in quantità
quantità controllata i prodotti dolci da
spalmare sul pane o sulle fette biscottate (quali
marmellate, confetture di frutta, miele e creme)
13
Grassi e diabete
¾ “strong” evidence (liv.A):
¾ Per tutti gli individui, <10% dell’energia totale
dovrebbe derivare dai grassi saturi.
¾ Nel caso di LDL Col. ≥100 mg/dl, può essere
indicato un apporto pari a < 7% Kcal.Tot.
Franz MJ. Bantle JP.Beebe CA, et al.
al. EvidenceEvidence-based nutrition principles and
recommendations for the treatment and prevention of diabetes and
and related complications.
Diabetes Care 2003; 26 Suppl 1: S51S51-61
14
Grassi e diabete
“some” evidence (liv.B):
¾ L’apporto in acidi grassi polinsaturi dovrebbe
essere 10 % delle Calorie totali.
“Limited evidence” (liv.C):
¾ Vanno raccomandate due o più porzioni di
pesce/settimana.
Franz MJ. Bantle JP.Beebe CA, et al.
al. EvidenceEvidence-based nutrition principles and
recommendations for the treatment and prevention of diabetes and
and related complications.
Diabetes Care 2003; 26 Suppl 1: S51S51-61
15
COME COMPORTARSI
¾ Tutti i grassi sono uguali sul piano dell'apporto di
energia, ma sul piano della qualità
qualità possono essere
molto diversi. Infatti varia la loro composizione chimica,
ed in particolare quella in acidi grassi (che possono
essere saturi, insaturi, trans).
trans).
¾ La diversa qualità
qualità dei grassi può avere effetti importanti
sullo stato di nutrizione e di salute dell’
dell’uomo.
Proteine e diabete
“some” evidence (liv.B):
Al contrario di quanto spesso spiegato ai Pazienti con
diabete:
¾ le proteine della dieta non rallentano
l’assorbimento dei Carboidrati
¾ le proteine e i Carboidrati non innalzano la
glicemia più tardi dei Cho da soli, per cui non
prevengono l’ipoglicemia tardiva.
Franz MJ. Bantle JP.Beebe CA, et al.
al. EvidenceEvidence-based nutrition principles and
recommendations for the treatment and prevention of diabetes and
and related complications.
Diabetes Care 2003; 26 Suppl 1: S51S51-61
16
Proteine e diabete
“some” evidence (liv.B):
Non c’è evidenza per suggerire alle persone
con diabete di ridurre l’introito abituale di
proteine (15-20% delle Kcal.Tot), se la
funzione renale è normale.
Franz MJ. Bantle JP.Beebe CA, et al.
al. EvidenceEvidence-based nutrition principles and
recommendations for the treatment and prevention of diabetes and
and related complications.
Diabetes Care 2003; 26 Suppl 1: S51S51-61
COME COMPORTARSI
¾ Non eccedere nel consumo di alimenti fritti.
¾ Mangia più
più spesso il pesce, sia fresco che surgelato (2(2-3 volte a
settimana).
¾ Tra le carni, preferisci quelle magre ed elimina il grasso visibile.
visibile.
¾ Se ti piacciono le uova ne puoi mangiare fino a 4 per settimana,
distribuite nei vari giorni.
¾ Se consumi tanto latte, scegli preferibilmente quello scremato o
parzialmente scremato, che comunque mantiene il suo contenuto in
calcio.
¾ Tutti i formaggi contengono quantità
quantità elevate di grassi: scegli
comunque quelli più
più magri, oppure consumane porzioni più
più piccole.
¾ Se vuoi controllare quali e quanti grassi sono contenuti negli alimenti,
alimenti,
leggi le etichette.
17
Micronutrienti
“Limited evidence” (liv.C):
Ci sono limitate evidenze per la raccomandazione
routinaria della supplementazione di vitamine,
inclusi gli antiossidanti e i minerali in pazienti che
non abbiano carenze secondarie.
Franz MJ. Bantle JP.Beebe CA, et al.
al. EvidenceEvidence-based nutrition principles and
recommendations for the treatment and prevention of diabetes and
and related complications.
Diabetes Care 2003; 26 Suppl 1: S51S51-61
18
Alcool
“strong” evidence (liv.A):
¾ L’ingestione di quantità scarse-moderate di alcool
non innalzano i livelli pressori;
¾ Il consumo eccessivo e cronico di alcool innalza la
pressione arteriosa e può essere un fattore di
rischio per lo stroke.
¾ Le donne in gravidanza e i soggetti con patologie
quali pancreatite, neuropatia avanzata,
epatopatia,severa ipertrigliceridemia, devono
essere indotti a non ingerire alcool.
Franz MJ. Bantle JP.Beebe CA, et al.
al. EvidenceEvidence-based nutrition principles and
recommendations for the treatment and prevention of diabetes and
and related complications.
Diabetes Care 2003; 26 Suppl 1: S51S51-61
Alcool
“strong” evidence (liv.A):
¾ Le quantità giornaliere raccomandate
corrispondono a quelle raccomandate per la
popolazione sana.
¾ Il tipo di bevande alcoliche è irrilevante.
¾ Quando la quantità consumata è moderata, i livelli
della glicemia non sono alterati.
¾ Per ridurre il rischio di ipoglicemia, l’alcool deve
essere consumato con il pasto
Franz MJ. Bantle JP.Beebe CA, et al.
al. EvidenceEvidence-based nutrition principles and
recommendations for the treatment and prevention of diabetes and
and related complications.
Diabetes Care 2003; 26 Suppl 1: S51S51-61
19
COME COMPORTARSI
¾ Se desideri consumare bevande alcoliche, fallo con
moderazione, durante i pasti secondo la tradizione
italiana, o in ogni caso immediatamente prima o dopo
mangiato.
¾ Fra tutte le bevande alcoliche, dai la preferenza a quelle a
basso tenore alcolico (vino e birra).
¾ Evita del tutto l’l’assunzione di alcol durante l’l’infanzia,
l’adolescenza, la gravidanza e l’l’allattamento, riducila se
sei anziano.
Apporto calorico e obesità
“strong” evidence (liv.A):
¾ Programmi strutturati che includono l’educazione
volta ai cambiamenti dello stile di vita,la riduzione
degli introiti di energia e grassi, e la regolare attività
fisica possono ridurre a lungo termine la perdita di
peso del 5-7% del peso iniziale.
¾ L’attività fisica e la terapia comportamentale, sono
più utili se aggiunte ad altre strategie per la perdita
di peso.
Franz MJ. Bantle JP.Beebe CA, et al.
al. EvidenceEvidence-based nutrition principles and
recommendations for the treatment and prevention of diabetes and
and related complications.
Diabetes Care 2003; 26 Suppl 1: S51S51-61
20
COME COMPORTARSI
¾ Il tuo peso dipende anche da te. Pesati almeno
una volta al mese controllando che il tuo
Indice di Massa Corporea (IMC) sia nei limiti
normali. Qualora il tuo peso sia al di fuori dei
limiti normali, riportalo gradatamente entro tali
limiti;
¾ Abituati a muoverti di più
più ogni giorno:
cammina, sali e scendi le scale, svolgi piccoli
lavori domestici, ecc.
¾ Evita le diete squilibrate o molto drastiche del
tipo “fai da te”
te”, che possono essere dannose
per la tua salute. Una buona dieta dimagrante
deve sempre includere tutti gli alimenti in
maniera quanto più
più possibile equilibrata.
21
Considerazioni speciali
Diabete Tipo 1 :
¾ Le raccomandazioni nutrizionali per un corretto stile
di vita, valide per la popolazione generale sono
anche appropriate per gli individui con diabete di
Tipo 1.
¾ La differenza per coloro che richiedono la terapia
insulinica è l’integrazione del regime insulinico alle
loro abitudini di vita.
Franz MJ. Bantle JP.Beebe CA, et al.
al. EvidenceEvidence-based nutrition principles and
recommendations for the treatment and prevention of diabetes and
and related complications.
Diabetes Care 2003; 26 Suppl 1: S51S51-61
Considerazioni speciali
Diabete Tipo 2 :
¾ Le raccomandazioni nutrizionali per un
corretto stile di vita, valide per la
popolazione generale sono anche
appropriate per gli individui con diabete di
Tipo 2.
Franz MJ. Bantle JP.Beebe CA, et al.
al. EvidenceEvidence-based nutrition principles and
recommendations for the treatment and prevention of diabetes and
and related complications.
Diabetes Care 2003; 26 Suppl 1: S51S51-61
22
Considerazioni speciali
Diabete Tipo 2:
¾ L’enfasi del trattamento nutrizionale va sulle
strategie di cambiamento dello stile di vita per la
riduzione della glicemia, della dislipidemia e della
pressione arteriosa.
¾ Queste strategie andrebbero implementate appena
fatta la diagnosi.
Franz MJ. Bantle JP.Beebe CA, et al.
al. EvidenceEvidence-based nutrition principles and
recommendations for the treatment and prevention of diabetes and
and related complications.
Diabetes Care 2003; 26 Suppl 1: S51S51-61
Raccomandazioni dell’ADA
2003
Studi di metanalisi sull’efficacia di
diversi metodi educativi, dimostrano
che l’intervento nutrizionale è quello
più statisticamente significativo sul
compenso glicemico e sul calo ponderale.
23
Raccomandazioni dell’ADA
2003
Gli interventi educazionali che
prevedono la collaborazione del
paziente risultano maggiormente
efficaci.
Raccomandazioni dell’ADA
2003
“I pazienti affetti da diabete
necessitano di raccomandazioni
nutrizionali, basate sull’evidenza,
facilmente comprensibili ed applicabili
nella quotidianità”.
24
Raccomandazioni dell’ADA
2003
PIANO NUTRIZIONALE
¾ Individualizzato e adattato ai bisogni
della Persona
¾ Finalizzato all’autogestione
¾ Adattato alle abitudini di vita
Parole chiave
¾ Centralità della persona con diabete
¾ Individualizzazione del trattamento
nutrizionale
¾ Complessità del trattamento nutrizionale
¾ Ruolo del dietista/ Ruolo del team
¾ Modificazione delle abitudini alimentari e
dello stile di vita
¾ Integrazione del trattamento insulinico al
piano dietetico e allo stile di vita
25
Trattamento nutrizionale del
diabete
“Queste due convinzioni sono da
trasferire ai pazienti:
1) Considerare che il loro diabete
è una cosa seria
2) Che le loro azioni fanno la
differenza”
Franz et al., Postgrad Med.
Med. J.2003; 79: 3030-35
Trattamento nutrizionale del
diabete
“La fiducia in sé stessi nel fare e
mantenere un cambiamento è
predittrice di un’adesione a lungo
termine”
Franz et al., Postgrad Med.
Med. J.2003; 79: 3030-35
26
Conclusioni
¾ Le linee- guida per una sana alimentazione italiana
sono in gran parte applicabili ai soggetti con
diabete
¾ il messaggio di “normalità” che da esse deriva e le
finalità volte alla prevenzione e alla tutela della
salute, le rendono particolarmente utili per motivare
il paziente al cambiamento
Conclusioni
¾ Esse rappresentano pertanto un supporto
importante all’intervento nutrizionale, vs. il
raggiungimento della compliance e vs.
l’accettazione della malattia.
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