Nutrizione E Diabete
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Nutrizione E Diabete
GIORNATA DI STUDIO SINU: Sez. LOMBARDIA – LIGURIA – PIEMONTE NUTRIZIONE e DIABETE Venerdì 24 febbraio 2006 La giornata di studio è un evento che, coerentemente con la “mission” della SINU, si rivolge a tutti gli operatori del campo dell’alimentazione e della nutrizione umana, e a tutti gli studiosi ed esperti di nutrizione clinica. La grande complessità del mondo della nutrizione e la necessità di offrire una occasione significativa ed interessante per mettere a confronto conoscenze diverse nel campo della nutrizione e dei problemi legati alla patologia diabetica rendono questo evento di notevole interesse per l’avanzamento della conoscenza e del benessere dell’uomo. In ragione delle opportunità di aggiornamento integrato, questo evento è rivolto principalmente a medici, biologi, dietisti e infermieri. 1 Elenco degli interventi pag. Estrogeni e diabete Adriana Maggi 2 Attività fisica e diabete Pierpaolo De Feo 13 La nutrizione nel diabetico Livio Luzi 18 Misura simultanea di indici di sensibilità insulinica e funzione β-cellulare durante un pasto Andrea Caumo 40 Obesità in età evolutiva Giuseppe Chiumello 54 Dall’obesità al diabete: la nuova piramide alimentare Luca Benzi 75 Fabbisogno proteico Carlo Cannella 79 L’applicazione delle raccomandazioni nutrizionali nel diabete Giovanna Cecchetto 89 2 Estrogeni e diabete Adriana Maggi e Elisabetta Vegeto Il ruolo di un coinvolgimento degli ormoni sessuali femminili nell’insorgenza di diabete è tuttora oggetto di notevoli discussioni e controversie. Tuttavia è noto che il rischio di sviluppare diabete aumenta con l’aumentare dell’età e con la menopausa. Il nostro laboratorio da anni studia il ruolo degli estrogeni nel metabolismo e ha messo a punto una serie di modelli animali che permettono di studiare gli effetti di estrogeni esogeni ed endogeni mediante metodologie di imaging “in vivo”. Utilizzando tali metodologie abbiamo studiato gli effetti della somministrazione di estrogeni e di farmaci quali tamossifene e raloxifene sulla attività dei recettori degli estrogeni in topi di sesso femminile. La presentazione verterà sulla illustrazione di tali esperimenti. WE KNOW THAT: Diabetes Mellitus is linked to both genetic and environmental factors such as aging, obesity, diet and exercise. The prevalence and progression of diabetes mellitus Increases markedly in post-menopausal women and this phenomenon is closely related to estrogen insufficiency Mutant ARKO mice where estradiol is not synthesized Develop hyperinsulinemia at 1 year of age 1 WE CONCLUDE THAT ESTRADIOL IS A NATURAL ANTI-DIABETIC AGENT BUT WE DO NOT KNOW WHY ESTROGENS AS NATURAL ANTI-INFLAMMATORY AGENTS ESTROGENS AND INFLAMMATION iNOS/GAPDH mRNA E2 BLOCKS CYTOKINE-INDUCED iNOS AND NITRITE ACCUMULATION IN VASCULAR SMOOTH MUSCLE CELLS iNOS 3 GAPDH 2 1 0 Cytokines - + E2 - - * ILβ, IFNγ;TNFα; LPS + + + Zancan et al., Endocrinology 1999 2 ESTROGENS AND INFLAMMATION ERα and ERβ are expressed in macrophages ER-α te an sf ec tr β ER m ac ro ph ag bl e an k d ER-β ER-β GAPDH Vegeto et al., FASEB J. 2000 LPS+E2 % activation LPS control E2 BLOCKS LPS-INDUCED MORPHOLOGICAL ACTIVATION IN PRIMARY CULTURE OF RAT MICROGLIA 125 100 ** 75 50 * 25 l LPS t ro E 2 ICI +E 2 -E 2 n α I co IC 17 Vegeto et al., J.Neurosci. 2001 3 ESTROGENS AND INFLAMMATION The study of estrogen anti-inflammatory potential In vitro assays: - monocytes-macrophages - transfected cells In animal models: - carrageenan-induced pleurisy - osteporosis - diabetes (SMC from diabetic rats) - in ER subtype specific K.O. Estrogen action in diabetic mice 4 In diabetic SMC, estradiol does not prevent cytokine-induced synthesis of nitrites iNOS/GAPDH mRNA In diabetic SMC, estradiol does not prevent cytokine-induced synthesis of iNOS iNOS GAPDH 3 3 Diabetes Control 2 2 1 1 0 Cytokines - + E2 - - iNOS GAPDH 0 + + + - + - - + + + 5 ALTERED ERα/ERβ RATIO IN SMC FROM DIABETIC RATS ALTERED ERα/ERβ RATIO IN SMC FROM DIABETIC RATS 6 A prevalence of ERbeta over ERalpha compromises E2 anti-inflammatory activity in a model of type diabetes E2-ER MECHANISM OF ANTI-INFLAMMATORY ACTIVITY NF-kB regulates the expression of genes encoding inflammatory proteins mRNA for inflammatory proteins 7 ESTRADIOL INHIBITS LPS-INDUCED NUCLEAR TRANSLOCATION OF P65 IN RAW CELLS control E2 p65 L 2+ E L 2 E ct rl 2+ L NUCLEAR EXTRACT E L 2 E ct rl CYTOPLASM p65 E2+LPS LPS b-actin H1 E2 APPEARS TO PREVENTS P65 TRANSLOCATION TO THE NUCLEUS Cytoplasmic p65 (%vs ctrl) 100 * 75 * * * 50 LPS E2 +LPS 25 5 10 15 LPS (min) 30 Vegeto E.et al., 2004 8 ESTRADIOL INHIBITS LPS-INDUCED NUCLEAR TRANSLOCATION OF ALL MEMBERS OF THE NFkB FAMILY cRel ICC L 2 E ct E 2+ L E2+LPS rl LPS p50 H1 C= 2% C= 75% Vegeto E.et al., MCB 2005 Cytoplasmic p65 (% cells) E2 DOES NOT PREVENT P65 NUCLEAR TRANSLOCATION IN MICROGLIA OF ERα-/- MICE 100 ctrl * E2 * 75 50 ** 25 wt LPS ** ** ** ctrl E2 LPS E2+ LPS ERα-/- E +LPS ERb-/2 Vegeto E.et al., MCB 2005 9 ERalpha, but not ERbeta blocks NF-kB nuclear translocation ANTI-INFLAMMATORY ACTIVITY OF ESTROGENS A UNIFYING HYPOTHESIS TO EXPLAIN THE BENEFICIAL EFFECTS OF ESTROGENS IN: OSTEOPOROSIS ALZHEIMERS’ DISEASE ATHEROSCLEROSIS DIABETES University of Milan Center of Excellence on Neurodegenerative Diseases Paolo Ciana Andrea Biserni Andrea Brena Saima Ferraris Alessandra Lana Luisa Ottobrini Fabrizio Scarlatti Francesca Zagari Michele Raviscioni Paola Mussi Paolo Sparaciari Samanta Oldoni Monica Rebecchi Elisabetta Vegeto Silvia Belcredito Serena Ghisletti Sabrina Etteri Simona Caporali Clara Meda Collaborations: Salvatore Cuzzocrea Lina Puglisi Andrea Cignarella Chiara Bolego Funding from EU: EDERA NoE CASCADE Noe EMIL 10 ATTIVITÀ FISICA E DIABETE Pierpaolo De Feo Università di Perugia Questo studio è servito a validare un metodo di counseling per motivare persone con diabete di tipo 2 alla pratica regolare dell’attività fisica aerobica. Il follow-up è durato 2 anni 1 Lo studio era randomizzato e controllato DISEGNO DELLO STUDIO Arruolamento consecutivo di pazienti afferenti al nostro ambulatorio con richiesta di visita specialistica per diabete mellito di tipo 2 FOLLOW-UP 2 ANNI BRACCIO INTENSIVO (n=182) • Colloquio di almeno 30 minuti per motivazione • Colloqui successivi per adesione a lungo termine BRACCIO CONTROLLO (n=158) • Usual care: materiale informativo e consigli generici sui benefici dell’attività fisica Obiettivo intervento: >10 MET-h/settimana Risultati a due anni: il 70% dei diabetici del gruppo di intervento supera 10 MET/h-settimana di dispendio energetico RISULTATI (2 anni) Intervento 80 60 40 20 0 % >10 MET-h/week Controllo 30 20 10 0 p<0.01 MET-h/week 2 In base al dispendio energetico settimanale medio i pazienti sono stati divisi in 6 gruppi SOTTOANALISI PER OBIETTIVI NEL GRUPPO DI INTERVENTO • • • • • • Group 0 (no activity, n=28) Group 1-10 (6.8±0.3, n= 27) Group 11-20 (17.1±0.4, n= 31) Group 21-30 (27.0±0.5, n= 27) Group 31-40 (37.5±0.5, n= 32) Group >40 (58.3±1.8, n= 34 ) Dopo due anni i gruppi 0 e 1-10 non Peso Kg - 3.0 - 3.2 + 0.8 + 0.6 + 0.1 - 2.2 avevano subito Cm vita - 5.5 - 7.1 + 1.0 + 1.0 - 0.9 - 3.8 variazioni dei suddetti + 0.03 - 0.06 - 0.44 - 0.88 - 1.11 - 1.19 HBA1c % parametri, mentre PA max mmHg - 1.5 - 6.6 - 6.4 - 9.2 - 1.8 - 5.5 negli altri gruppi a dispendio energetico PA min mmHg - 2.4 - 5.3 - 2.9 - 7.1 - 4.6 - 4.8 via via crescente, si COL tot mg% - 5.6 - 10.2 - 10.7 - 7.4 - 10.9 - 3.8 assisteva ad una COL LDL mg% - 4.5 - 7.1 - 6.3 - 3.4 - 7.7 - 5.3 riduzione significativa COL HDL mg% + 0.1 + 1.1 + 2.9 + 5.6 + 10.4 + 6.3 (p<0,05) di HbA1c, TG mg% + 3.4 + 2.1 - 48.2 - 55.2 - 57.4 - 68.4 valori pressori, colesterolemia totale, CHD % - 0.3 - 4.8 - 2.6 - 4.3 + 0.1 - 3.7 trigliceridemia e Di Loreto et al. Diabetes Care 2005 rischio coronario a 10 anni. Nei gruppi 21-30, 31-40 e > 40 si verificava anche una riduzione di peso, circonferenza vita, frequenza cardiaca, glicemia basale, colesterolemia LDL e un incremento della colesterolemia HDL (p<0,05). p<0.05 0 1-10 11-20 21-30 31-40 > 40 3 Conclusione 1 L’attività fisica è uno strumento efficace per il trattamento del diabete mellito di tipo 2 Un effetto significativo si ottiene con un aumento del dispendio ad almeno 10 METs-ora/settimana La quasi totalità dei benefici si raggiunge con un incremento di 25-35 METs-ora/settimana (camminare 4-5 km al giorno, tutti i giorni) SPESA SISTEMA SANITARIO €/pro capite/anno Dopo 2 anni, la spesa pro capite annua per farmaci aumentava (p<0.001) di 393 - 715 - 627 Farmaci + 425 + 223 - 212 - 642 euro in G 0, non mostrava Costo intervento 55 55 55 55 55 55 differenze significative in G 1-10 (206 euro, p=0.068), Altri costi SSN 78 -63 -155 - 375 - 692 - 915 diminuiva in G 11-20 (-196 euro, p=0.014), in G 21-30 (Bilancio SSN 558 215 -312 -962 - 1352 - 1487 593 euro, p<0,0001), G 31Costi SSN al 2839 2967 2669 2699 2938 2951 40 (-660 euro, p<0.0001) e basale Di Loreto et al. Diabetes Care 2005 G>40 (-579 euro, p<0,0001). Il risparmio sui costi è risultato significativamente correlato (p<0.0001) all'incremento del dispendio energetico. I METs-ora/sett. sono risultati inversamente correlati ai costi per farmaci prescritti (r-0.51, -18 euro) e per altre spese sanitarie (r-0.33, -23 euro), ai costi sociali indiretti (r-0.40, -36 euro) e ai costi totali (r-0.60, -66 euro) e positivamente correlati ai costi sociali diretti (r=0.44, 13 euro). E' stato stimato che, in due anni, camminare 5 km al giorno riduce i costi per farmaci di 550 euro, i costi per altre spese sanitarie di 700 euro, i costi sociali indiretti di 110 euro, i costi totali di 2000 euro, con un incremento dei costi sociali diretti di 400 euro. p<0.05 p<0.05 0 1-10 11-20 21-30 31-40 > 40 4 I METs-ora/sett. sono risultati Modifiche costi globali dopo 2 anni inversamente correlati ai costi per * p<0,05 farmaci prescritti (r20 0.51, -18 euro) e per 0 altre spese sanitarie (r-0.33, -23 euro), ai * % -20 costi sociali indiretti (r-0.40, -36 euro) e -40 * ai costi totali (r-0.60, * * -60 -66 euro) e 0 1-10 11-20 21-30 31-40 >40 positivamente GRUPPI correlati ai costi Di Loreto et al. Diabetes Care 2005 sociali diretti (r=0.44, 13 euro). E' stato stimato che, in due anni, camminare 5 km al giorno riduce i costi per farmaci di 550 euro, i costi per altre spese sanitarie di 700 euro, i costi sociali indiretti di 110 euro, i costi totali di 2000 euro, con un incremento dei costi sociali diretti di 400 euro. Conclusione 2 L’attività fisica è uno strumento economicamente vantaggioso per il trattamento del diabete mellito di tipo 2 Sebbene anche un modesto incremento inferiore a 10 METs-ora/settimana sia utile per la riduzione dei costi dei farmaci, un effetto significativo si ottiene con un aumento del dispendio ad almeno 10 METsora/settimana La quasi totalità dei benefici economici si raggiunge con un incremento di 25-35 METs-ora/settimana (camminare 4-5 km al giorno, tutti i giorni) Investire su operatori che promuovono l’attività fisica è economicamente vantaggioso, anche nella ipotesi di basse percentuali di adesione. Diabetes Care 28: 1295-1302, 2005 5 Livio Luzi La nutrizione nel diabetico I nostri geni attuali sono molto simili a quelli dell’ Homo erectus che popolava le regioni Africane da 1.000.000 a 200.000 anni fa, lasciando quindi il posto all’ Homo sapiens. La capacità dell’insulina di stimolare l’utilizzo dei principali substrati metabolici (glucosio, acidi grassi, ammino-acidi) è definita insulino-sensitività. L’insulino-resistenza (l’opposto della insulino-sensitività) è una caratteristica genetica sviluppata fin dai tempi dell’ Homo erectus e che permette agli individui di sopportare periodi di scarsità di cibo e di immagazzinare rapidamente in forma di grasso i nutrienti (substrati) quando disponibili. Ai giorni nostri, caratterizzati da surplus di alimenti nei paesi industrializzati, l’insulino resistenza predispone all’obesità, al diabete, a malattie cardiovascolari e ad alcune forme di cancro. Il nostro predecessore compiva una vita di movimento ed aveva una alimentazione relativamente ricca di proteine e povera di amido. Pertanto, l’altro fattore fondamentale per contrastare il dilagare di obesità, diabete e malattie legate all’insulinoresistenza è l’attività fisica compiuta in modo costante. Il parametro fondamentale per definire il nostro fabbisogno di calorie giornaliere è la misurazione del metabolismo basale. Il metabolismo basale è comunemente proporzionale direttamente al peso corporeo e soprattutto alla massa magra metabolicamente attiva. 1 Il metabolismo totale è costituito dalla quota parte del metabolismo basale a cui si aggiungono le calorie utilizzate per l’attività fisica e per la digestione/utilizzo degli alimenti. Una conoscenza precisa del metabolismo basale dell’ individuo permette di formulare un appropriato regime dietetico, personalizzato in base ai fabbisogni specifici di ciascuno. La conoscenza del quoziente respiratorio (VCO2/VO2) permette di conoscere la quota parte di ossidazione lipidica, glucidica e proteica, e fornisce delle indicazioni anche con un risvolto clinico, sulle capacità dell’individuo di “bruciare i grassi”. Il parametro fondamentale per definire il nostro fabbisogno di calorie giornaliere è la misurazione del metabolismo basale. Inoltre, il punto di partenza della analisi metabolica delle persone con alterazioni nutrizionali (eccesso o difetto) non può prescindere dalla valutazione della composizione corporea con metodiche quali la impedenziometria bioelettrica. In tale modo è possibile valutare sia qualitativamente che quantitativamente le alterazioni della composizione corporea che avvengono nella nostra popolazione e di valutare quindi l’efficacia di un dato intervento (dieta, attività fisica, altro) sulla composizione corporea (quantità di grasso e di magro) oltre che sul peso totale. Infatti essendo come detto la massa muscolare magra quella metabolicamente più attiva, un regime dietetico o di attività fisica di vari mesi può considerarsi coronato da successo anche senza una diminuzione del peso corporeo, a patto che si sia ridotta la quota parte grassa a favore di quella muscolare. 2 Diabete Mellito • Definizione – American Diabetes Association, 1997 • Problematiche Cliniche – Iperglicemia • Complicanze macrovascolari • Complicanze microvascolari – Ipoglicemia American Diabetes Association: Clinical Practice Recommendations, 2001 3 American Diabetes Association: Clinical Practice Recommendations, 2001 Principali fattori associati nel compenso metabolico nel diabetico • Fattori nutrizionali • Fattori inerenti lo stile di vita • Fattori genetici 4 BRAIN PRODUCTION LIVER GLUCOSE - UTILIZATION + β-CELLS + SECRETION INSULIN MUSCLE DEGRADATION TISSUES Beta-Cell Responsivity in Relation to Insulin Sensitivity Glicemia ed Alimenti • Indice glicemico • Carico glicemico • Indice insulinemico 5 Indice Glicemico • L’ Indice Glicemico di una dato alimento è definito come l’area incrementale sottesa dalla curva glicemica causata dalla assunzione di una porzione di 50 g di carboidrati dell’alimento espressa come percentuale dell’area incrementale sottesa dalla curva glicemica causata dalla assunzione di 50 g di glucosio dallo stesso soggetto. 6 Carico Glicemico • Il Carico Glicemico si calcola moltiplicando l’Indice Glicemico di un alimento per il suo contenuto in carboidrati. • Esempio: Carote: – IG = 131 – Carico glicemico molto basso in quanto nelle carote ci sono in media 7 g di carboidrati per porzione Indice Insulinemico • Similmente, l’ Indice Insulinemico di un dato alimento è definito come l’area incrementale sottesa dalla curva insulinemica causata dalla assunzione di una porzione di 50 g di carboidrati dell’alimento espressa come percentuale dell’area incrementale sottesa dalla curva insulinemica causata dalla assunzione di 50 g di glucosio dallo stesso soggetto. 7 Effetto di determinati alimenti sulla glicemia post-prandiale nel diabete • Assunzione di alimenti ad alto IG esita in livelli più elevati di glicemia post-prandiale ed in un più alto Indice Insulinemico (II); • Picchi di glicemia post-prandiale sono stati correlati ad aumentato rischio cardiovascolare nel diabetico; • Pertanto, la scelta di alimenti a basso IG è consigliata in soggetti affetti da diabete mellito, riducendo sia le escursioni glicemiche che le escursioni insulinemiche. Tale effetto è ottenuto farmacologicamente con l’acarbosio. Effetto di determinati alimenti sulla glicemia mattutina • Con “second meal effect” si intende la ridotta iperglicemia (associata a ridotta insulinemia e trigliceridemia) secondaria ad un secondo pasto assunto dopo l’assunzione di un pasto a basso Indice Glicemico alcune ore prima. • Per esempio si è dimostrato che un pasto serale a basso indice glicemico induce una minore iperglicemia a seguito di una identica colazione del mattino successivo comparato ad un pasto serale ad alto Indice Glicemico. 8 Diete ad alto contenuto proteico e controllo glicemico • Diete ad alto contenuto proteico (relativo) sono efficaci nel ridurre parametri di insulinoresistenza nel diabete di tipo 2. Il meccanismo consiste probabilmente nel ridurre l’incremento glicemico a seguito del pasto (Mc Auley, International Journal of Obesity, 2006); • Non esistono studi di efficacia e di prevenzione del rischio cardiovascolare a lungo termine. Glicemia e Stile di Vita • Attività fisica • Fumo • Alcool 9 Diabete e Geni • Diabete di tipo 2 malattia poligenica • Interazioni gene-gene 9Interazioni nutrienti-geni (nutrigenomica) – Glucosio e geni – Assunzione dietetica di AGEs – Macronutrienti e geni – Micronutrienti e geni – Peptide-C e geni • Interazioni stile di vita e geni Test di laboratorio, Test funzionale, Test di espressione genica • Glicemia = esame di laboratorio • Glicemia ↔ Insulinemia = test di funzione • Glicemia → espressione di geni specifici 10 Glucosio e geni • Geni del segnale insulinico 9GLUT 2 dell’ enterocita 9GLUT 2 delle cellule β GLUT 2 – enterocita, digiuno Membrana basale Lume Intestinale 2 Na+ 2 Na+ SGLT1 Glucosio Glucosio GLUT-2 GLUT-2 Glucosio Glucosio GLUT-2 Apice enterocita Modificata da Kellett GL et al, Diabetes, 2005 11 GLUT 2 – enterocita, iperglicemia Lume Intestinale Glucosio 2 Na+ GLUT-2 SGLT1 Glucosio ↑ Glucosio GLUT-2 ↑ Glucosio GLUT-2 Membrana basale 2 Na+ GLUT-2 Glucosio Apice enterocita Modificata da Kellett GL et al, Diabetes, 2005 GLUT 2 – β cellula Glucose GLUT-2 GLUCOKINASE Glucose G-6-P Metabolism - Signals Ca++ Ca++ Kinases PC2, PC3 Mature insulin and C-peptide secretion 12 Insulina e geni • • • • Gene GLUT 4 Geni glucochinasi/esochinasi Geni della via glicolitica Geni del metabolismo ossidativo Insulina Glucosio Geni 13 AGEs assunti con la dieta e geni • Espressione del gene RAGE – Complicanze diabetiche Kankova et al. Genetic variabilityin the RAGE gene: Possible implications for nutrigenetics, nutrigenomics, and Understanding the susceptibility to diabetic complications. Mol Nutr Food Research, 2005 (Review). Macronutrienti e geni 9Acidi grassi • Amino acidi 14 Peroxisome Proliferator-Activated Receptors (PPAR) PPAR PPAR RXR gene transcription DNA Peroxisome-proliferator response element (PPRE) PPAR-α PPAR-γ Ligand Function Fatty acids Fibrates ↑ transcription of apo AI and AII ↑ lipoprotein lipase activity ↑ LDL and FFA uptake Fatty acids Thiazolidindiones Regulation of adipose gene expression Adipocyte differentiation Micronutrienti e geni • Zinco (Secrezione Insulinica) – Quraishi I et al, Medical Hypotheses, 2005 • Vanadio (Azione Insulinica) 15 Peptide-C e geni Proinsulin C-peptide -COOH -COOH NH NH 22-- s s s s s A-chain s B-chain ß-cell Glucose GLUT-2 GLUCOKINASE Glucose G-6-P Metabolism - Signals Ca++ Ca++ Kinases PC2, PC3 Mature insulin and C-peptide secretion 16 C-peptide’s Cellular Effects (1) C-peptide 2+ Ca Channel G-protein Ca 2+ eNOS 2+ Ca Phosphatase II B Na+K+ATPase(inactive) P Na+K+ATPase (active) Na Na++K K++ C-peptide’s Cellular Effects (2) C-peptide increases the expression of vasopressinactivated calcium-mobilizing receptor gene through a G protein-dependent pathway. Maestroni A, Ruggieri D, Dell'Antonio G, Luzi L, Zerbini G. Eur J Endocrinol. 2005 Jan;152(1):135-41. 17 Modulazione dell’espressione genica indotta da peptide C in fibroblasti umani. Un’aumentata espressione e’ indicata dal colore rosso, una ridotta espressione dal blu. Glicemia ed Alimenti • • • • Indice glicemico Carico glicemico Indice insulinemico Livelli sistemici di peptide-C 18 Glibenclamide: an old drug with a novel mechanism of action ? Luzi L, Pozza G. Acta Diabetologica 1997; 34:239-244 (Review). Attività fisica, nutrizione e geni • L’attività fisica contribuisce a co-modulare con i nutrienti la espressione di numerosi geni. 19 Insulin secretion and insulin action are the pillars of glucose tolerance GLUCOSE TOLERANCE Muscle and adipose tissue Pancreas INSULIN SECRETION INSULIN ACTION Liver β-cells Metodologie che permettono la misura simultanea di secrezione ed azione insulinica 9 HOMA • OGTT • IVGTT associato al Minimal Model 20 HOMA indices Insulin secretion and insulin sensitivity can be evaluated by calculating the HOMA indices (*). These indices are derived from the fasting insulin and glucose concentrations. HOMA(β-cell)=20 x fasting insulin(mU/ml) / [fasting glucose (mmol/l) -3.5] HOMA(IS)=22.5 / [fasting insulin(mU/ml) · fasting glucose (mmol/l)] (*) Matthews et al. Diabetologia (1985) 28: 412-419 QUICKI e revised-QUICKI nella predizione del diabete di tipo 2 0.42 0.60 r=0.27 p < 0.05 0.40 revised QUICKI 0.38 QUICKI r=0.5 1 p < 0.00 01 0.55 0.36 0.34 0.32 Normal 0.50 0.45 0.40 Normal 0.35 Offspring Offspring 0.30 0.28 0.30 0 5 10 15 20 25 0.25 0 . . 5 10 S I(clamp) (10 -4 dl/kg min per μU/ml) 15 20 25 S I(clamp) (10 -4 dl/kg min per μU/ml) Perseghin G et al J Clin Endo Metab, 2001 21 Hyperbolic relationship between insulin sensitivity and secretion in normal subjects In normal subjects, insulin secretion and insulin sensitivity are inversely correlated to maintain glucose tolerance (*). (*) Kahn et al., Diabetes, 1993 Conclusioni • La nutrizione del diabetico deve essere volta a smussare le escursioni di glicemia ed insulinemia che sono causa rispettivamente di iper- e ipo-glicemie; • Alto contenuto in fibre e basso contenuto in grassi saturi stimolano la azione insulinica; • Dati recenti indicano che un contenuto proteico relativamente più elevato può beneficiare il compenso glicemico del diabetico; • La concentrazione di peptide-C è importante per le complicanze diabetiche; • Secrezione ed azione insulinica devono essere stimate in ogni soggetto con diabete mellito; • Il paziente diabetico necessita di un approccio multidisciplinare integrato. 22 Andrea Caumo Misura simultanea di indici di sensibilità insulinica e funzione β-cellulare durante un pasto Lo scopo di questa presentazione è di illustrare l’impiego di modelli matematici per misurare due indici fondamentali per la valutazione dell’ integrità del sistema di regolazione glucosio-insulina nel singolo individuo. Questi due indici sono la sensibilità insulinica e la funzione beta-cellulare. La sensibilità insulinica rappresenta la capacità dell’organismo di usare efficacemente l’insulina per utilizzare il glucosio ed inibirne la produzione endogena. La funzione beta-cellulare rappresenta la capacità delle betacellule di secernere insulina in risposta all’innalzamento della glicemia. La misura di questi indici è di particolare rilevanza in fisiopatologia, ma non è semplice. La tecnica di riferimento (gold standard) e’ costituita dal glucose clamp che permette di realizzare studi doserisposta in cui lo stimolo iperinsulinemico (per misurare la sensibilità insulinica) o iperglicemico (per misurare la funzione beta-cellulare) è costante nel tempo. Il glucose clamp ha lo svantaggio di essere laborioso e di richiedere una considerevole esperienza per essere eseguito con successo. E’ spontaneo chiedersi se esista un approccio alternativo. 1 Recentemente, considerevole attenzione e’ stata rivolta allo sviluppo di metodi che permettono di misurare i due indici da un pasto o da un di un test di tolleranza orale al glucosio (OGTTT). Alcuni di questi metodi sono empirici, altri si fondano su appositi modelli del sistema glucosio-insulina. Il vantaggio dei metodi basati sui modelli e’ che essi si fondano sulla fisiologia e rendono esplicite ipotesi ed assunzioni. In particolare, i modelli descrivono esplicitamente la distribuzione del glucosio di insulina nell’organismo e i segnali di feedback che legano il substrato all’ormone. Nel corso della presentazione ci concentreremo sui cosiddetti modelli minimi orali. Questi modelli (denominati “minimi” perche’ di complessita’ ottimale) sono stati recentemente validati mediante il confronto con il glucose clamp e possono quindi costituire un’utile risorsa per fornire in modo semplice e fisiologico un quadro quantitativo della regolazione postptandiale del glucosio in soggetti normali e diabetici. Il sistema glucosio-insulina cervello fegato produzione - Glucosio utilizzazione muscolo + pancreas + secrezione tessuti Insulina degradazione sensibilita’ beta-cellulare: Φ sensibilita’ insulinica: SI 2 Sensibilita’ insulinica produzione - diminuisce insulina glucosio glucosio + utilizzazione aumenta Sensibilita’ beta-cellulare glicemia Φ: secrezione glicemia secrezione pancreas 3 Relazione iperbolica tra sensibilita’ insulinica e la sensibilita’ beta-cellulare Nei soggetti normali, il prodotto sensibilita’ insulinica x sensibilita’ beta-cellulare tende a rimanere COSTANTE (*). ATLETA sensibilita’ insulinica sensibilita’ beta-cellulare iperbole SOVRAPPESO sensibilita’ insulinica sensibilita’ beta-cellulare (*) Kahn et al. - Diabetes, 1993 Disposition Index (DI) sensibilita’ beta-cellulare DI = sensibilita’ insulinica x sensibilita’ beta-cellulare buona tolleranza (DI alto) iperbole dei normali cattiva tolleranza (DI basso) sensibilita’ insulinica 4 Perché e’ utile misurare entrambi gli indici ? sensibilita’ beta-cellulare normali 15 diabetici (appena diagnosticati) terapia 13 obesi obesi (dieta + rosiglitazone) sensibilita’ insulinica Clamp euglicemico-iperinsulinemico Infusione di insulina insulina 40 produzione mmol/kg min μU/ml 60 20 0 10 glucosio 6 4 ipoglicemia 2 SI mmol/kg min 0 utilizzazione mmol/kg min mmol/l 8 0 infusione di glucosio 60 120 180 240 300 Tempo (min) 0 0 60 120 180 240 300 Tempo (min) 5 . Clamp iperglicemico glucosio insulina 12 prima fase 400 infusione di glucosio 300 pmol/l mmol/l 10 8 6 200 seconda fase 100 0 4 -30 0 30 60 Tempo (min) 90 -30 120 0 30 60 Tempo (min) 90 120 Dati da Battezzati et al. - Eur J Clin Invest, 2000 Meal Test: dati sperimentali 160 140 glicemia 120 100 . 80 120 100 insulinemia 80 60 40 20 0 0 30 60 90 120 150 180 210 240 Tempo (min) test fisiologico, meno invasivo e costoso del clamp MA glicemia e insulinemia in stato non stazionario 6 Il ruolo dei modelli Meal Test / OGTT sensibilita’ insulinica SI modello del metabolismo modello del glucosio matematico glicemia . del sistema modello glucosiodella insulina secrezione beta-cellulare insulinemia sensibilita’ beta-cellulare Φ Modello per la stima di SI (*) Meal / OGTT SI sistema gastrointestinale glicemia fegato = k3(k4+ k5) k2 Ra ABS produzione utilizzazione glucosio k4 insulinemia k3 k5 azione k1 k2 insulinica (*) Caumo, Bergman, Cobelli - JCEM 2000 7 Validazione: SI oral vs SI clamp (105 dl/kg min-1 per pmol/l) SI oral 30 r= 0.81, p<0.01 20 10 0 0 10 20 30 SI clamp (105 dl/kg min-1 per pmol/l) Dalla Man, Caumo, Cobelli et al. - AJP 2005 Necessita’ di misurare il peptide-C glicemia insulina fegato degradazione epatica (circa 50%) 0 60 120 180 240 pancreas peptide-C fegato 0 60 120 180 240 8 Risposta insulinica La risposta insulinica e’ bifasica solo se la glicemia cresce molto rapidamente. Durante un pasto, la risposta insulinica NON e’ bifasica.Tuttavia, essa puo essere scomposta nella somma di due componenti (*). clamp iperglicemico pasto (endovena) (orale) prima fase 0 10 seconda fase 20 30 0 10 20 30 Tempo (min) Tempo (min) (*) Caumo and Luzi - AJP 2004 (review paper) Due componenti della secrezione glicemia glicemia (velocita’ di crescita) secrezione durante un pasto totale Φtot dinamica Φd pancreas secrezione statica Φs 9 Modello della secrezione (*) β-cellula cinetica del peptide-C peptide-C glicemia controllo statico (α,β) PC1 + glicemia (velocita’ di crescita) k21 secrezione controllo dinamico (kd) PC2 k12 k01 (*) Toffolo et al. - AJP 1995; Breda et al. - Diabetes 2001 Φs = β Φd = kd Φtot = Φ + Φd/τ modello del metabolismo del glucosio insulina SI peptide-C glucosio Φs Φd Φtot modello della secrezione beta-cellulare 10 Applicazioni in fisiopatologia normali (NGT) vs. intolleranti (IGT) (Breda et al. - Diabetes 2002) Phi d sensibilita’ beta-cellulare (statica) 3000 insulino-resistenza 2500 IGT NGT 2000 1500 1000 500 0 0 20 40 60 80 sensibilita’ SI insulinica 11 giovani vs. anziani 160 glucosio 120 (pmol/l) 80 500 SI 20 10 5 0 Φtot 50 3000 peptide-C 2000 40 giovani 120 240 Tempo (min) * 30 20 10 1000 0 * 15 insulina 300 100 (pmol/l) [10-4 dl/kg/min per mU/ml] anziani giovani 200 [10-9 min-1] (mg/dl) (Basu et al. - Diabetes 2003) anziani 420 Protocollo clinico (Dalla Man et al. - Diabetes 2005) 7 prelievi in 120 min 0 10 20 30 60 90 120 12 Grazie Unita’ di Metabolismo e Nutrizione, Istituto San Raffaele, Milano Dipartimento di Bioingegneria, Universtita’ di Padova Dr Gianluca Perseghin Ing Chiara Dalla Man Prof Livio Luzi Prof Gianna Toffolo Prof Claudio Cobelli Sommario La sensibilita’ insulinica (SI) e la sensibilita’ betacellulare (Φ) misurano l’efficienza del sistema glucosio-insulina. Il loro prodotto (disposition index) e’ un indicatore della tolleranza ai carboidrati. Due modelli matematici consentono di misurare questi indici dai dati di un Meal Test (o di un OGTT). Si tratta di esperimenti meno costosi e invasivi del glucose clamp. Il test richiede 7 prelievi in 120 min. Si misurano le concentrazioni di glucosio, insulina e peptide-C. 13 All models are wrong, but some are useful George Box 14 G. Chiumello, L. Bosio, S. Magni Obesità in età evolutiva L’obesità costituisce oggi, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, uno dei problemi di salute pubblica più evidente, tale da essere stata definita nel 1998 una epidemia globale. E’ soprattutto l’obesità in età pediatrica a destare le maggiori preoccupazioni in quanto è stato rilevato essere in costante crescita. Anche se le stime sono difficilmente confrontabili fra di loro, le cifre più recenti della International Obesity Task Force mettono in evidenza un costante e progressivo aumento dell’obesità infantile in tutti i paesi europei. Nell’ultimo decennio infatti, il numero di bambini obesi è aumentato e l’eccesso di peso è diventato uno dei principali problemi di salute per bambini ed adolescenti, colpendo fasce di età sempre più ampie, più gruppi etnici e differenti classi sociali. Secondo l’ultimo rapporto sull’obesità realizzato in Italia sono 4 milioni le persone obese in Italia: fra i bambini italiani in particolare il 30-35 % è in sovrappeso ed il 10-12 % obeso. 1 Se una volta si riteneva che l’obesità infantile costituisse un problema, perché il 25-50% dei soggetti obesi mantiene l’eccesso ponderale anche in età adulta, oggi è dimostrato che 1 bambino obeso su 3 sta già sviluppando altre gravi situazioni patologiche come ipertensione, bassi valori di colesterolo HDL, ipertrigliceridemia, insulino resistenza o intolleranza glucidica; tutte condizioni che lo pongono a rischio di sviluppare malattie cardiovascolari e metaboliche serie in età sempre più giovane. Questo insieme di alterazioni, definita in passato come sindrome X, oggi è riconosciuto come sindrome metabolica. Da sola ciascuna componente della sindrome comporta un elevato rischio cardiovascolare, ma, quando presenti in combinazione, esse si associano ad una più elevata incidenza di coronaropatia, eventi cardiovascolari e mortalità totale. Sono stati recentemente pubblicati i dati di una ricerca effettuata dai ricercatori della Yale University che evidenziano come la sindrome metabolica sia stata riscontrata nel 50% circa dei bambini gravemente obesi e nel 39% di quelli in sovrappeso e come la prevalenza aumenti con l’aggravarsi del grado di obesità. Inoltre è stato dimostrato come 8 soggetti su 34 che presentavano sindrome metabolica, avevano sviluppato, 2 anni dopo la prima osservazione, diabete di tipo secondo. 2 OBESITA’ OBESITA’ a 6aa 25% OBESI ADULTI OBESITA’ OBESITA’ a 12aa 75% OBESI ADULTI TANTO PRIMA L’ L’OBESITA’ OBESITA’ VIENE TRATTATA, TANTO MAGGIORE E’ E’ LA PROBABILITA’ PROBABILITA’ DI PREVENIRE L’ L’OBESITA’ OBESITA’ IN ETA’ ETA’ ADULTA 3 FATTORI GENETICI FATTORI NUTRIZIONALI OBESITA’ ESSENZIALE FATTORI AMBIENTALI FATTORI PSICOLOGICI 4 Entrambi genitori figli 70% Un genitore figli 50% Gemello gemello 70% (anche se cresciuti separatamente) Altri parenti bambino 2525-40% Nessun genitore figli 9% 5 8-17 anni BMI 45›40 % 4 fitness adeguata 20 ↑PA 60 insulinemia > 20 12 diabete tipo2 56 asma 54 test respiratori alterati 16 ipertrofia ventricolo sinistro J Ped 2004 FATTORI DI RISCHIO PER MALATTIE CARDIOVASCOLARI ipercolesterolemia (↑ LDL) fumo ipertensione arteriosa obesità obesità diabete di Tipo II SGA familiarità familiarità per CVD 6 • Numerosi studi epidemiologici confermano che il diabete di tipo 2 sta diventando un’emergenza sanitaria mondiale, rivelandosi negli ultimi anni sempre piu’ frequente anche nella popolazione pediatrica. • La maggior parte dei pazienti pediatrici con diabete di tipo 2 sono adolescenti dallo stile di vita sedentario. Ricoveri ospedalieri pediatrici: 1996-7 vs 2003-4 • Aumento del 54% per DM2 • 70% per obesità • Aumento prima diagnosi per DM2 del 31% • obesità del 176% • rispetto a 1996-7 BMJ 2005 7 Sesso Familiarità Pubertà Minoranze etniche Resistenza all’insulina Obesità viscerale Basso peso alla nascita PCOS Acanthosis nigricans RISCHIO DIABETE 2 IN ETA’ SCOLARE 4 < 2500 2500-3000 2 3000-3500 3500-4000 >4000 0 Diabetes Care 2003 8 Adolescente obeso • La pubertà determina iperinsulinismo e insulino resistenza • La presenza di obesità determina una ulteriore riduzione di insulino-sensibilità • L’insulino resistenza è in particolare a livello muscolare • L’insulino resistenza coinvolge anche il metabolismo lipidico con accumulo di grasso all’interno del muscolo Lancet 2003 9 Dati preliminari HSR • 54 adolescenti obesi • BMI > 97° ple curve italiane (>30) • Età media 13 anni • 1 HMRS (spettroscopia epatica in RMN) per analisi contenuto intraepatico di trigliceridi. • Calorimetria indiretta, OGTT 2006 % pazienti 100 50 30 % 70 % > 5% < 5% 0 Contenuto intraepatico trigliceridi 10 Caratteristiche dei pazienti • M BMI > 36 Colesterolo, ALT e HbA1c • Insulino-resistenza • QR (minore ossidazione dei lipidi a digiuno) Raccomandazioni per i tests • BMI>85° percentile per età e sesso • 2 altri fattori di rischio: familiarità di primo o secondo grado per diabete di I o II tipo gruppo etnico condizioni associate a resistenza insulinica (acanthosis nigricans, ipertensione, dislipidemia, PCOS) ADA Consensus Statement, Diabetes Care, 2000 11 • > 10 anni o inizio della pubertà glicemia a digiuno o glicemia a 2 h durante OGTT • frequenza: ogni 2 anni ADA Consensus Statement, Diabetes Care, 2000 12 Sindrome metabolica Fattori di rischio (>=3) • • • • • • BMI ipertrigliceridemia basso HDL-C ipertensione insulinoresistenza IGT/diabete > 97° c.le >= 150 mg/dl <=40mg/dl > 95°c.le HOMA-IR> 2,5 glicemia a digiuno > 110mg/dl ADA 2003 Prevalenza S. metabolica • 439 soggetti • range eta’: 2-20aa • sovrappeso: 39% • obesi : 50% prevalenza aumenta con l’aggravarsi del grado di obesità. 8 soggetti su 34 che presentavano sindrome metabolica, avevano sviluppato, 2 anni dopo la prima osservazione, diabete di tipo secondo N.Eng.J.Med 2003 13 • • • • 290 soggetti, obesi ed in sovrappeso range eta’: 2-18aa Prevalenza Sindrome metabolica: 5.9% BMI>30 : 21% prevalenza aumenta con l’aggravarsi del grado di obesità. 2006 14 64 a peso nascita < 2,9 Kg : 22 % Sindrome metabolica 10 volte superiore rispetto ai nati > 4.3 Kg Diabetologia 1993 SINDROME METABOLICA obesità NIDDM ipertensione dislipidemia “The small-baby syndrome”? Diabetologia 1993 15 NASCERE “PICCOLI”: È UN PROBLEMA? EZIOLOGIA NON CHIARA IPOTESI Malnutrizione intrauterina associata a predisposizione genetica Brusco catch up Insulinoresistenza a partire dal tessuto adiposo Probabile ruolo chiave del tessuto adiposo nella patogenesi dell’insulinoresistenza 16 bassa statura piccoli piedi/mani/ circonferenza cranica basso BMI bassa densità ossea insufficiente apporto nutritivo scarsa massa muscolare e massa grassa BAMBINI NATI SGA scarso appetito fusione precoce dell’epifisi in pubertà scarsa autostima/ problemi comportamentali/ deficit dell’attenzione pubarca/pubertà anticipata Δ BMI (dalla nascita a 6 anni) correla positivamente al rischio di sovrappeso in età adulta Insulinoresistenza presente dopo il primo anno di vita Pediatric Research 2005 17 malattie cardiovascolari ⇑⇑ BMI ⇑ adipe addominale osteoporosi bassa statura ipertensione arteriosa iperlipidemia AdolescentADOLESCENTI– –ADULTI ADOLESCENTI Adults born NATI SGA SGA problemi comportamentali obesità PCOS IGT/diabete Sindrome Metabolica SGA (età 22 anni) Glicemia basale e post OGTT (p<0.001) Insulinemia basale Trigliceridi (p=0.002) (p<0.005) PA sistolica (p<0.001) e diastolica Sindrome Metabolica : 2.3% (vs 4‰ AGA (p<0.02) p=0.004) Diabetologia 2005 18 • Esiste una correlazione tra dismaturità e patologie glicometaboliche fin dalla prima infanzia • Attento follow-up clinico ed endocrinologico, in particolare monitorando: - accrescimento staturo-ponderale (prevenendo sovrappeso/ obesità) - pressione arteriosa - profilo glicolipidico • Valutazione aspetto psicologico 19 STRATEGIE PREVENTIVE grassi saturi, zuccheri semplici proteine animali, grassi insaturi amidi, verdure, frutta, proteine vegetali ALIMENTAZIONE TV, computer, att.sedentarie passeggiate, bici, altri sports aerobici, attività ricreative camminare, usare le scale, attività ricreative spontanee STILE DI VITA Spese campagne pubblicitarie in USA per: fast-food: $ 3.5 bilioni alimenti confezionati, bevande: $ 5.8 bilioni automobili: $ 15.5.5 bilioni Fondi per “Centers for Disease Control Prevention” e FDA: $ 5.1 bilioni e $ 1.3 bilioni and Diabetes Care 2003 20 • interventi nelle scuole e nelle famiglie (alimentazione, attività fisica, TV e computer) • ruolo fondamentale del pediatra di base, medici generici, educatori • migliori strategie terapeutiche • intervento su quanto l’industrializzazione sta incidendo sulla salute dei giovani. 21 Luca Benzi Dall’obesità al diabete:la nuova piramide alimentare Circa 10 anni orsono (1992) il Dipartimento dell’Agricoltura del Governo degli Stati Uniti USDA ha creato all’interno della "Dietary Guidelines for Americans", la guida ad una sana alimentazione “La Piramide degli alimenti”. Incorporare i consigli nutrizionali nelle forma di una piramide e stata certamente una intuizione intelligente; infatti è possibile un rapido orientamento attraverso la gerarchia degli alimenti da consumare. E’ intuitivo che gli alimenti alla base della piramide possono essere consumati più estesamente rispetto a quelli sovrastanti. Le linee guida sono state riviste ogni 5 anni e sono cambiate riflettendo i risultati di nuove ricerche in campo nutrizionale. Tuttavia la piramide, così come originariamente proposta è rimasta invariata. Questo ha suscitato l’ampia critica da parte di vari esperti. In particolare si ritiene che la piramide alimentare incorpori concetti ormai superati che possono essere così riassunti: La piramide raggruppa insieme tutti i tipi di grasso e li pone al vertice senza distinguere fra grassi "buoni" come l'olio di oliva (che contiene grassi monoinsaturi) e grassi pericolosi per la salute (grassi saturi e acidi grassi “trans”). Gli amidi e i carboidrati sono ammucchiati insieme con i vegetali freschi poveri di calorie ma ricchi di micronutrienti. 1 Gli alimenti ad alto contenuto proteico rappresentano una sola categoria: carni rosse e bianche pesce, uova, noci e fagioli sono raggruppati nonostante esistano tra loro molte differenze nutrizionali. Non viene fatta alcuna distinzione fra prodotti caseari a basso o alto contenuto di grassi. Pane, cereali, riso, pasta rappresentano il gruppo alla base della piramide nonostante le notevoli differenze fra prodotti raffinati (pasta di farina bianca) e non raffinati (pasta di farina integrale). Con l'obesità ed il diabete in avanzamento epidemico non vi è alcuna guida circa la necessità dell'esercizio fisico o il controllo del peso corporeo. Gli studiosi e nutrizionisti dell’Harvard Medical School, sulla base di questi elementi hanno ritenuto che la piramide alimentare prodotta dall'USDA presenti importanti difetti, in parte anche legati al fatto che la piramide USDA è stata realizzata sotto la pressione dell’industria alimentare. Questo gruppo di studiosi, ha proposto una nuova piramide denominata "Healty Eating Pyramid“. Nonostante la forma in cui si presenta sia del tutto simile alla precedente questa ha poche analogie in comune con quest'ultima. II controllo del peso corporeo rappresenta la base pratica e concettuale della nuova piramide insieme all’esercizio fisico. La nuova piramide inoltre corregge quegli errori che secondo gli studiosi di Harvard non reggevano al confronto delle moderne conoscenze. Si riconosce infatti che non tutti i grassi sono pericolosi sottolineando in particolare le proprietà favorevoli dei grassi monoinsaturi e dall’altro lato la pericolosità dei grassi saturi. Inoltre viene rilevato che non tutti i carboidrati sono "buoni” ed in particolare il possibile effetto negativo dei cereali raffinati che vengono rapidamente assorbiti provocando rapide escursioni di glicemia ed insulinemia. 2 • Questo fenomeno sembra associato ad un elevato rischio di sviluppare diabete tipo 2, malattie cardiovascolari e cancro. In fine la carne rossa ricca di grassi saturi aumenta il rischio di diabete, malattie cardiovascolari e tumori del colon. Il pollame ed il pesce, per contro, contengono una minor quantità di grassi saturi e più grassi insaturi. • A riprova che i grassi monoinsaturi hanno un ben diverso impatto sulla salute rispetto a quelli saturi stanno anche i dati di popolazioni che fanno largo uso di grassi insaturi ed hanno contemporaneamente una minore incidenza di malattie cardiovascolari. Nell'isola di Creta dove la dieta contiene una larga quantità di pesce e olio di oliva, le malattie cardiovascolari sono più basse che in Giappone dove peraltro i grassi costituiscono meno del 10% delle calorie giornaliere. Nell'ambito del Nurses Healt Study iniziato nel 1976 che coinvolge 140.000 persone Mc Cullough e coll. hanno dimostrato che seguendo le indicazioni contenute nella Healty Eating Pyramid si otteneva una diminuzione del 40% del rischio cardiovascolare negli uomini e del 30% nelle donne. • Una parola ancora per quanto concerne il problema delle porzioni. Queste negli ultimi 20 anni sono aumentate sia in caso, che nei luoghi di ristoro ( specialmente nei fast - food) eccedendo i quantitativi standard determinati dall'USDA stessa. Uno snak salato è aumentato di 93 calorie, una bevanda analcolica di 49 calorie, un hamburger di 93 calorie, una porzione di palatine fritte di 68 calorie. • Lo “Healty Eating Pyramid" raccoglie le più aggiornate informazioni nutrizionali disponibili tutt’oggi. Tuttavia, contrariamente alle piramidi dei faraoni non rappresenta una costruzione intoccabile perché già adesso la ricerca nutrizionale sta producendo nuove conoscenze, la piramide quindi dovrà ancora cambiare per riflettere questi progressi. 3 Bibliografia: • • • • • • • “Patterns and Trends in Food Portion Sizes, 1977-1998", S. Nielson et al JAMA, 289: 450-453, 2003. “Prevalence and trends in obesity among US adults, 1999-2000" K. Flegal et al JAMA.Vol.288: 1723-1727,2002. "Diete quality and major chronic disease risk in men and women: moving toward improved dietary guidance", M. McCullough, W. Willet et al., American Journal of Clinical Nutrition 2002; 76:1261-1271. "The contribution of expanding portion sizes to me US obesity epidemic", L. Young and M. Nestle, American Journal of Public Health, 92;246-249, 2002. "Food Politics: How the Food Industry Influences Nutrition and Health", M. Nestle, University of California Press, 2002. "Eat, Drink and Be Healthy: The Harvard Medical School Guide to Healthy Eating, W. Willett, Simon & Schuster Source, 2001. 4 Fabbisogno Proteico Carlo Cannella Università di Roma “La Sapienza” Istituto di Scienza dell’Alimentazione 1 STRUTTURA PROTEINE CORPOREE CHON N= 16% ALIMENTARI AMINOACIDI 20AA (22) 2 FUNZIONE PROTEINE -MANTENIMENTO -Bisogno fisiologico minimo (perdite obbligatorie) -Bisogno di sicurezza -Variabilità individuale -Efficienza dell’utilizzazione -Qualità delle proteine -CRESCITA -GRAVIDANZA -ALLATTAMENTO 3 4 5 6 FABBISOGNO PROTEICO N urinario N fecale N pelle, sudore, .. N crescita tot + fattore stress (10%) + 2 DS (25%) + perdita efficienza vs proteine uovo (30%) N Proteine (mg/kg) (g/Kg) 37 12 3 2 54 59.4 74.2 96.5 0.23 0.08 0.02 0.01 0.34 0.37 0.46 0.6 Fabbisogno proteico 0.6 g/Kg/die nell’Insufficienza renale cronica Senza tener conto della variabilità individuale (12.5%) ⇒ 0.6 g/Kg/die Soggetto Sano (LARN 1996) ⇒ 0.95 g/Kg/die Senza la correzione per la qualità media delle proteine consumate dalla popolazione italiana (0.79) ⇒ 0.75 g/Kg/die 7 Contribution of dietary protein to the principal patways of protein metabolism Young VR: Protein and amino acids. In “ Present knowledge in Nutrition” 8th Ed Intake proteico e funzione renale • L’apporto proteico sembra modulare il flusso ematico renale, il gradiente pressorio attraverso la parete capillari glomerulari, il volume dei nefroni e il GFR ⇐ mediazione ormonale (somatostatina e glucagone) • Alcuni studi correlano l’apporto proteico al danno della membrana basale glomerulare ⇒ aumento permeabilità capillare con passaggio di macromolecole attraverso la membrana basale glomerulare ⇒ deposito di queste a livello mesangiale ⇒ risposta infiammatoria ⇒ glomerulosclerosi Kopple JD: Nutrition, Diet and the Kidney. In: “Modern Nutrition” Shils ME et al Eds 1994 8 Confronto Dieta Mediterranea – Dieta Zona % Dieta Mediterranea Dieta Zona 2000 Kcal Kcal g CHO 55-60 1110-1200 275-300 Proteine 10-15 200-300 50-75 Grassi 30 600 66.7 CHO 40 800 200 Proteine 30 600 150 Grassi 30 600 66.7 9 Dietary protein-induced changes in excretory function Singer MA: Comp Biochem Phys, 2003 • Mammals are ureotelic and respond to an increased protein intake with an increase in GFR and renal plasma flow ⇒increase the clearance of the major nitrogenous end-products of protein metabolism - Ammonia is a regulatory molecule and an important signal communicating between AA catabolism following an increase in protein intake and the sequence of events leading to a change in execretory function 10 Giovanna Cecchetto L’applicazione delle raccomandazioni nutrizionali nel diabete Nell’ultimo decennio molti cambiamenti si sono succeduti nel trattamento del diabete. Prima del 1994 i principi e le raccomandazioni nutrizionali dell’ADA, erano tesi a definire una prescrizione nutrizionale “ideale”, (basata cioè sul fabbisogno ideale di calorie, carboidrati, proteine, ecc.), applicabile a tutte le persone con diabete. Sebbene l’individualizzazione fosse uno dei principi basilari delle raccomandazioni, essa veniva fortemente limitata dai confini definiti dalla prescrizione. Nel 1994 l’ADA raccomanda un approccio differente: invece che su di una rigida prescrizione dietetica, l’intervento nutrizionale deve basarsi sulla valutazione dei cambiamenti di stile di vita, funzionali al raggiungimento ed al mantenimento degli obiettivi terapeutici, utilizzando quei cambiamenti che il paziente è disponibile a fare ed in grado di attuare. Il focus pertanto è rivolto non soltanto allo stile di vita, ma anche alle strategie necessarie al raggiungimento degli obiettivi. Questo passaggio ad un approccio più flessibile e realistico continua nel 2002. La persona con diabete deve essere coinvolta nel processo decisionale, le raccomandazioni non devono infatti essere solo basate sull’evidenza, ma devono anche prendere in considerazione i cambiamenti che l’individuo può effettivamente fare e mantenere. 1 Le più recenti raccomandazioni nutrizionali dell’ADA, sono classificate in rapporto al livello di evidenza disponibile. Perciò nella pratica clinica la priorità può essere data alle raccomandazioni con più forte evidenza. I Principi e le raccomandazioni nutrizionali pubblicate dall’ADA nel Gennaio 2002 (Diabetes care, vol. 5, n°1), sono classificate in 4 categorie: quelle con forte evidenza- quelle con qualche evidenza – quelle con limitata evidenza e quelle basate su consensus di esperti. Il contenuto delle raccomandazioni per la popolazione diabetica basate sull’evidenza, sono pressoché sovrapponibili alle raccomandazioni nutrizionali per la popolazione sana (linee guida per una sana alimentazione italiana, revisione 2003).. In particolare il riferimento va a ai Carboidrati (qualità e quantità), agli apporti in fibra ed alle proteine (quota raccomandata in relazione alla funzionalità renale ed alla prevenzione della nefropatia), ai grassi ed ai micronutrienti. L’elemento maggiormente rilevante è rappresentato dall’enfasi posta riguardo alla centralità del paziente ed alla considerazione delle sue reali capacità e disponibilità a modificare le proprie abitudini di vita. In quest’ottica l’intervento nutrizionale acquista efficacia, qualora acquisisca requisiti di carattere educativo, basati sulla flessibilità, sulla partecipazione del paziente, sulla negoziazione, sulla sperimentazione e sulla verifica dei risultati. 2 Conclusioni: Le raccomandazioni nutrizionali per un corretto stile di vita, valide per la popolazione generale sono anche appropriate per gli individui con diabete di tipo1 e 2. La differenza per coloro che richiedono la terapia insulinica è l’integrazione del regime insulinico alle loro abitudini di vita. Le linee-guida per una sana alimentazione italiana sono in gran parte applicabili ai soggetti con diabete. Esse rappresentano un supporto importante all’intervento nutrizionale, vs. il raggiungimento della compliance e l’accettazione della malattia. Le raccomandazioni nutrizionali applicate al diabete Giovanna Cecchetto 3 ADA 2003 Le raccomandazioni e i principi nutrizionali per il trattamento del diabete Le raccomandazioni nutrizionali ADA sono evolute nel corso degli ultimi 10 anni, passando da un approccio basato su fabbisogni nutrizionali ideali ad uno basato sulla modificazione dello stile di vita, fondato sull’impiego di strategie di supporto al cambiamento. Franz MJ. Warshaw H, Daly AE, GreenGreen-Pastors J, Arnold MS, Bantle JP. Evolution of diabetes medical nutrition therapy Postgrad Med J 2003; 79: 3030-35 ADA 2003 Le raccomandazioni e i principi nutrizionali per il trattamento del diabete Spesso nella pratica clinica sono state date e sono tuttora date molte raccomandazioni nutrizionali che non hanno supporto scientifico. Franz MJ. Bantle JP.Beebe CA, et al. al. EvidenceEvidence-based nutrition principles and recommendations for the treatment and prevention of diabetes and and related complications. Diabetes Care 2003; 26 Suppl.1:S51Suppl.1:S51-61 Franz MJ. Bantle JP.Beebe CA, et al. Nutrition principles and recommendations in diabetes. diabetes. Diabetes Care, Care, 2004; 27 Suppl.1:536Suppl.1:536-46 4 ADA 2003 Le raccomandazioni e i principi nutrizionali per il trattamento del diabete ¾ Le raccomandazioni nutrizionali dell’Ada pubblicate nel gennaio 2002 sono classificate in rapporto al livello di evidenza disponibile. ¾ Nella pratica clinica la priorità dovrebbe essere data alle raccomandazioni con più forte evidenza. Raccomandazioni e principi nutrizionali per il trattamento del diabete, basati sull’evidenza ADA 2003 5 Controlla il peso e mantieniti sempre attivo Più Più cereali, legumi, ortaggi e frutta Grassi: scegli la qualità qualità e limita la quantità quantità Zuccheri, dolci e bevande zuccherate: nei giusti limiti Bevi ogni giorno acqua in abbondanza Il sale? Meglio poco Bevande alcoliche: se si, solo in quantità quantità controllata Varia spesso le tue scelte a tavola Consigli speciali per persone speciali La sicurezza dei tuoi cibi dipende anche da te ??? Le Linee guida per una sana alimentazione italiana: possono essere applicate anche ai soggetti con diabete mellito ??? Quali le convergenze e quali le incongruenze con le raccomandazioni nutrizionali per il trattamento del diabete ??? 6 Carboidrati e Diabete Tipo 1 “strong” evidence (liv.A): ¾ Gli studi sulla popolazione sana dimostrano l’importanza di includere nella dieta carboidrati integrali, frutta e verdure e latte a basso contenuto in grassi. ¾ Riguardo agli effetti dei Cho sui valori glicemici, la somma totale dei Cho nei pasti e negli spuntini è più importante della loro fonte e tipo. Franz MJ. Bantle JP.Beebe CA, et al. al. EvidenceEvidence-based nutrition principles and recommendations for the treatment and prevention of diabetes and and related complications. Diabetes Care 2003; 26 Suppl 1: S51S51-61 7 ADA’s position statements: Standards of Medical Care in Diabetes ¾ Sia la quantità (grammi), sia il tipo di CHO .degli alimenti influenzano i livelli ematici di glucosio. ¾ Il monitoraggio dei grammi totali di CHO, attraverso le liste di scambio, o attraverso il conteggio dei CHO, rimane la strategia chiave nel raggiungimento del controllo glicemico. Diabetes Care 28: S4S4-S36,2005 ADA’s position statements: Standards of Medical Care in Diabetes ¾ L’uso dell’indice glicemico o del carico glicemico può offrire un beneficio in più, rispetto a quanto osservato quando il totale dei CHO è considerato da solo. ¾ Le diete a basso contenuto in CHO (< 130 g/die) non sono raccomandate nel trattamento del diabete. Diabetes Care 28: S4S4-S36,2005 8 ¾ I cereali e derivati sono sempre stati nell’ nell’alimentazione italiana la fonte principale di carboidrati. In un'alimentazione equilibrata il 60% circa delle calorie della razione dovrebbe provenire dai carboidrati, dei quali almeno i tre quarti sotto forma di carboidrati complessi e non più più del quarto restante sotto forma di carboidrati semplici. L’amido richiede un certo lavoro digestivo per essere trasformato in glucosio, e per questo motivo viene assorbito più più lentamente. Invece i carboidrati semplici vengono digeriti e assorbiti più più facilmente. Di conseguenza, la presenza contemporanea dei due tipi di carboidrati (semplici e complessi) nelle proporzioni indicate assicura all'organismo un rifornimento di energia costante e prolungato nel tempo, tempo, tale da evitare brusche variazioni del tasso di glucosio nel sangue (glicemia). 9 Fibra e diabete Tipo 1 “Some”evidence (liv.B): ¾ Per quanto vada incoraggiato per tutti il consumo generalizzato di fibra, tuttavia non c’è c’è ragione per raccomandare ai soggetti con diabete di consumare una quantità quantità di fibra maggiore della popolazione sana. die)) può infatti ¾ Solo una grande quantità quantità di fibra (50 gr./ gr./die avere benefici effetti sulla glicemia postpost-prandiale, pertanto è ragionevole dubitare che la maggior parte dei pazienti riesca a consumare regolarmente tali quantità quantità per ottenere questi vantaggi. Franz MJ. Bantle JP.Beebe CA, et al. al. EvidenceEvidence-based nutrition principles and recommendations for the treatment and prevention of diabetes and and related complications. Diabetes Care 2003; 26 Suppl 1: S51S51-61 L'introito raccomandato di fibra è intorno ai trenta grammi/giorno, quantità superiore a quella che attualmente si assume in Italia. Per raggiungere i livelli raccomandati è bene consumare più spesso alimenti ricchi in fibra invece di ricorrere a prodotti dietetici concentrati in fibra. 10 COME COMPORTARSI ¾ Consuma quotidianamente più più porzioni di ortaggi e frutta fresca, e aumenta il consumo di legumi sia freschi che, avendo sempre cura di limitare le aggiunte di oli e di grassi, che vanno eventualmente sostituiti con aromi e spezie. ¾ Consuma regolarmente pane, pasta, riso ed altri cereali (meglio se integrali), evitando di aggiungere troppi condimenti grassi. ¾ Quando puoi, scegli prodotti ottenuti a partire da farine integrali integrali e non con la semplice aggiunta di crusca o altre fibre (leggi le etichette). etichette). ¾ Per mettere in pratica questi consigli fai riferimento alle porzioni porzioni indicate nella linea guida numero 8 “Varia spesso le tue scelte a tavola” tavola”. 11 Zuccheri semplici “strong” evidence (liv.A): ¾ il saccarosio non incrementa i valori della glicemia più di isocaloriche quantità di amido. ¾ Il saccarosio e i cibi che lo contengono non devono essere ristretti dalle persone affette da diabete, per il fatto che peggiorano l’iperglicemia. Franz MJ. Bantle JP.Beebe CA, et al. al. EvidenceEvidence-based nutrition principles and recommendations for the treatment and prevention of diabetes and and related complications. Diabetes Care 2003; 26 Suppl 1: S51S51-61 Zuccheri semplici “strong” evidence (liv.A): Tuttavia, se il saccarosio è incluso nel piano dietetico, dovrebbe essere inserito in sostituzione di altre fonti di Cho, oppure, se aggiunto, dovrebbe essere adeguatamente coperto con l’insulina. Franz MJ. Bantle JP.Beebe CA, et al. al. EvidenceEvidence-based nutrition principles and recommendations for the treatment and prevention of diabetes and and related complications. Diabetes Care 2003; 26 Suppl 1: S51S51-61 12 COME COMPORTARSI ¾ Modera il consumo di alimenti e bevande dolci nella giornata, per non superare la quantità quantità di zuccheri consentita ¾ Tra i dolci preferisci i prodotti da forno della tradizione italiana, che contengono meno grasso e zucchero e più più amido, come ad esempio biscotti, torte non farcite, ecc. ¾ Utilizza in quantità quantità controllata i prodotti dolci da spalmare sul pane o sulle fette biscottate (quali marmellate, confetture di frutta, miele e creme) 13 Grassi e diabete ¾ “strong” evidence (liv.A): ¾ Per tutti gli individui, <10% dell’energia totale dovrebbe derivare dai grassi saturi. ¾ Nel caso di LDL Col. ≥100 mg/dl, può essere indicato un apporto pari a < 7% Kcal.Tot. Franz MJ. Bantle JP.Beebe CA, et al. al. EvidenceEvidence-based nutrition principles and recommendations for the treatment and prevention of diabetes and and related complications. Diabetes Care 2003; 26 Suppl 1: S51S51-61 14 Grassi e diabete “some” evidence (liv.B): ¾ L’apporto in acidi grassi polinsaturi dovrebbe essere 10 % delle Calorie totali. “Limited evidence” (liv.C): ¾ Vanno raccomandate due o più porzioni di pesce/settimana. Franz MJ. Bantle JP.Beebe CA, et al. al. EvidenceEvidence-based nutrition principles and recommendations for the treatment and prevention of diabetes and and related complications. Diabetes Care 2003; 26 Suppl 1: S51S51-61 15 COME COMPORTARSI ¾ Tutti i grassi sono uguali sul piano dell'apporto di energia, ma sul piano della qualità qualità possono essere molto diversi. Infatti varia la loro composizione chimica, ed in particolare quella in acidi grassi (che possono essere saturi, insaturi, trans). trans). ¾ La diversa qualità qualità dei grassi può avere effetti importanti sullo stato di nutrizione e di salute dell’ dell’uomo. Proteine e diabete “some” evidence (liv.B): Al contrario di quanto spesso spiegato ai Pazienti con diabete: ¾ le proteine della dieta non rallentano l’assorbimento dei Carboidrati ¾ le proteine e i Carboidrati non innalzano la glicemia più tardi dei Cho da soli, per cui non prevengono l’ipoglicemia tardiva. Franz MJ. Bantle JP.Beebe CA, et al. al. EvidenceEvidence-based nutrition principles and recommendations for the treatment and prevention of diabetes and and related complications. Diabetes Care 2003; 26 Suppl 1: S51S51-61 16 Proteine e diabete “some” evidence (liv.B): Non c’è evidenza per suggerire alle persone con diabete di ridurre l’introito abituale di proteine (15-20% delle Kcal.Tot), se la funzione renale è normale. Franz MJ. Bantle JP.Beebe CA, et al. al. EvidenceEvidence-based nutrition principles and recommendations for the treatment and prevention of diabetes and and related complications. Diabetes Care 2003; 26 Suppl 1: S51S51-61 COME COMPORTARSI ¾ Non eccedere nel consumo di alimenti fritti. ¾ Mangia più più spesso il pesce, sia fresco che surgelato (2(2-3 volte a settimana). ¾ Tra le carni, preferisci quelle magre ed elimina il grasso visibile. visibile. ¾ Se ti piacciono le uova ne puoi mangiare fino a 4 per settimana, distribuite nei vari giorni. ¾ Se consumi tanto latte, scegli preferibilmente quello scremato o parzialmente scremato, che comunque mantiene il suo contenuto in calcio. ¾ Tutti i formaggi contengono quantità quantità elevate di grassi: scegli comunque quelli più più magri, oppure consumane porzioni più più piccole. ¾ Se vuoi controllare quali e quanti grassi sono contenuti negli alimenti, alimenti, leggi le etichette. 17 Micronutrienti “Limited evidence” (liv.C): Ci sono limitate evidenze per la raccomandazione routinaria della supplementazione di vitamine, inclusi gli antiossidanti e i minerali in pazienti che non abbiano carenze secondarie. Franz MJ. Bantle JP.Beebe CA, et al. al. EvidenceEvidence-based nutrition principles and recommendations for the treatment and prevention of diabetes and and related complications. Diabetes Care 2003; 26 Suppl 1: S51S51-61 18 Alcool “strong” evidence (liv.A): ¾ L’ingestione di quantità scarse-moderate di alcool non innalzano i livelli pressori; ¾ Il consumo eccessivo e cronico di alcool innalza la pressione arteriosa e può essere un fattore di rischio per lo stroke. ¾ Le donne in gravidanza e i soggetti con patologie quali pancreatite, neuropatia avanzata, epatopatia,severa ipertrigliceridemia, devono essere indotti a non ingerire alcool. Franz MJ. Bantle JP.Beebe CA, et al. al. EvidenceEvidence-based nutrition principles and recommendations for the treatment and prevention of diabetes and and related complications. Diabetes Care 2003; 26 Suppl 1: S51S51-61 Alcool “strong” evidence (liv.A): ¾ Le quantità giornaliere raccomandate corrispondono a quelle raccomandate per la popolazione sana. ¾ Il tipo di bevande alcoliche è irrilevante. ¾ Quando la quantità consumata è moderata, i livelli della glicemia non sono alterati. ¾ Per ridurre il rischio di ipoglicemia, l’alcool deve essere consumato con il pasto Franz MJ. Bantle JP.Beebe CA, et al. al. EvidenceEvidence-based nutrition principles and recommendations for the treatment and prevention of diabetes and and related complications. Diabetes Care 2003; 26 Suppl 1: S51S51-61 19 COME COMPORTARSI ¾ Se desideri consumare bevande alcoliche, fallo con moderazione, durante i pasti secondo la tradizione italiana, o in ogni caso immediatamente prima o dopo mangiato. ¾ Fra tutte le bevande alcoliche, dai la preferenza a quelle a basso tenore alcolico (vino e birra). ¾ Evita del tutto l’l’assunzione di alcol durante l’l’infanzia, l’adolescenza, la gravidanza e l’l’allattamento, riducila se sei anziano. Apporto calorico e obesità “strong” evidence (liv.A): ¾ Programmi strutturati che includono l’educazione volta ai cambiamenti dello stile di vita,la riduzione degli introiti di energia e grassi, e la regolare attività fisica possono ridurre a lungo termine la perdita di peso del 5-7% del peso iniziale. ¾ L’attività fisica e la terapia comportamentale, sono più utili se aggiunte ad altre strategie per la perdita di peso. Franz MJ. Bantle JP.Beebe CA, et al. al. EvidenceEvidence-based nutrition principles and recommendations for the treatment and prevention of diabetes and and related complications. Diabetes Care 2003; 26 Suppl 1: S51S51-61 20 COME COMPORTARSI ¾ Il tuo peso dipende anche da te. Pesati almeno una volta al mese controllando che il tuo Indice di Massa Corporea (IMC) sia nei limiti normali. Qualora il tuo peso sia al di fuori dei limiti normali, riportalo gradatamente entro tali limiti; ¾ Abituati a muoverti di più più ogni giorno: cammina, sali e scendi le scale, svolgi piccoli lavori domestici, ecc. ¾ Evita le diete squilibrate o molto drastiche del tipo “fai da te” te”, che possono essere dannose per la tua salute. Una buona dieta dimagrante deve sempre includere tutti gli alimenti in maniera quanto più più possibile equilibrata. 21 Considerazioni speciali Diabete Tipo 1 : ¾ Le raccomandazioni nutrizionali per un corretto stile di vita, valide per la popolazione generale sono anche appropriate per gli individui con diabete di Tipo 1. ¾ La differenza per coloro che richiedono la terapia insulinica è l’integrazione del regime insulinico alle loro abitudini di vita. Franz MJ. Bantle JP.Beebe CA, et al. al. EvidenceEvidence-based nutrition principles and recommendations for the treatment and prevention of diabetes and and related complications. Diabetes Care 2003; 26 Suppl 1: S51S51-61 Considerazioni speciali Diabete Tipo 2 : ¾ Le raccomandazioni nutrizionali per un corretto stile di vita, valide per la popolazione generale sono anche appropriate per gli individui con diabete di Tipo 2. Franz MJ. Bantle JP.Beebe CA, et al. al. EvidenceEvidence-based nutrition principles and recommendations for the treatment and prevention of diabetes and and related complications. Diabetes Care 2003; 26 Suppl 1: S51S51-61 22 Considerazioni speciali Diabete Tipo 2: ¾ L’enfasi del trattamento nutrizionale va sulle strategie di cambiamento dello stile di vita per la riduzione della glicemia, della dislipidemia e della pressione arteriosa. ¾ Queste strategie andrebbero implementate appena fatta la diagnosi. Franz MJ. Bantle JP.Beebe CA, et al. al. EvidenceEvidence-based nutrition principles and recommendations for the treatment and prevention of diabetes and and related complications. Diabetes Care 2003; 26 Suppl 1: S51S51-61 Raccomandazioni dell’ADA 2003 Studi di metanalisi sull’efficacia di diversi metodi educativi, dimostrano che l’intervento nutrizionale è quello più statisticamente significativo sul compenso glicemico e sul calo ponderale. 23 Raccomandazioni dell’ADA 2003 Gli interventi educazionali che prevedono la collaborazione del paziente risultano maggiormente efficaci. Raccomandazioni dell’ADA 2003 “I pazienti affetti da diabete necessitano di raccomandazioni nutrizionali, basate sull’evidenza, facilmente comprensibili ed applicabili nella quotidianità”. 24 Raccomandazioni dell’ADA 2003 PIANO NUTRIZIONALE ¾ Individualizzato e adattato ai bisogni della Persona ¾ Finalizzato all’autogestione ¾ Adattato alle abitudini di vita Parole chiave ¾ Centralità della persona con diabete ¾ Individualizzazione del trattamento nutrizionale ¾ Complessità del trattamento nutrizionale ¾ Ruolo del dietista/ Ruolo del team ¾ Modificazione delle abitudini alimentari e dello stile di vita ¾ Integrazione del trattamento insulinico al piano dietetico e allo stile di vita 25 Trattamento nutrizionale del diabete “Queste due convinzioni sono da trasferire ai pazienti: 1) Considerare che il loro diabete è una cosa seria 2) Che le loro azioni fanno la differenza” Franz et al., Postgrad Med. Med. J.2003; 79: 3030-35 Trattamento nutrizionale del diabete “La fiducia in sé stessi nel fare e mantenere un cambiamento è predittrice di un’adesione a lungo termine” Franz et al., Postgrad Med. Med. J.2003; 79: 3030-35 26 Conclusioni ¾ Le linee- guida per una sana alimentazione italiana sono in gran parte applicabili ai soggetti con diabete ¾ il messaggio di “normalità” che da esse deriva e le finalità volte alla prevenzione e alla tutela della salute, le rendono particolarmente utili per motivare il paziente al cambiamento Conclusioni ¾ Esse rappresentano pertanto un supporto importante all’intervento nutrizionale, vs. il raggiungimento della compliance e vs. l’accettazione della malattia. 27