QC Lamporecchio - Comune di Lamporecchio
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PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE INTRODUZIONE Questa relazione descrive le caratteristiche salienti del territorio di Lamporecchio dal punto di vista geoambientale fornendo un quadro di base delle conoscenze utile e necessario a soddisfare quanto richiesto dalle Leggi della Regione Toscana n. 5 del 1995 “Norme per i governo del territorio” e n. 1 del gennaio 2005 . La fase conoscitiva si avvale dei contenuti e dei documenti cartografici del Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Pistoia (Delibera C. P. del 12 marzo 2002) con particolare riferimento alle problematiche trattate nell’ambito della tutela dell’integrità fisica del territorio. Una particolare attenzione viene posta ai contenuti degli Studi Geologici di supporto alla Pianificazione Urbanistica (Deliberazione Regionale n.94/1985) e al documento sintesi da essi derivante Carta di Pericolosità in relazione ai fini insediativi, tramite il quale si stabiliscono i limiti alla edificazione dei suoli. Le indagini più a carattere ambientale tese e a individuare le criticità, le emergenze e le risorse naturali presenti nel territorio definiscono, indicano gli elementi dei quali si deve tener conto per le scelte strategiche di Piano, i risultati dei due principali filoni di studio inseriti nella procedura di Valutazione degli Effetti Ambientali permettono la definizione dei limiti, vincoli e prescrizioni alla Pianificazione. STUDI E INDAGINI OBIETTIVI SPECIFICI Geologici (geotecnici, idrogeologici, Limiti alla edificazione dei geomorfologici, rischio idraulico, suoli pericolosità) Ambientali (faunistici, infrastrutturali) agronomici, Tutela e valorizzazione delle emergenze e delle risorse Superamento delle criticità OBIETTIVO FINALE Supporto alla Pianificazione e allo sviluppo sostenibile Il lavoro è stato svolto da professionisti e specialisti nelle varie discipline facenti parte dello staff interno di D.R.E.AM. Italia o coinvolti a livello di consulenza esterna. PROFESSIONISTA Leonardo Moretti QUALIFICA Geologo Coordinatore generale Roberto Giannini Sandro Pagnini Silvia Parini Alessandro Vettori Francesco Fontanive Gioia Innocenti Enrico Zarri Sabina Arioni Francesco Scaglione Geologo Agronomo Agronomo Forestale Forestale Geologo Esperto Faunista Biologo Laureato Sc. Geologiche D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 AMBITI DI STUDIO Geomorfologia, geologia, Idrogeologia, vulnerabilità falda Pericolosità geomorfologica e rischio idraulico Uso del suolo, reti tecnologiche Infrastrutture, criticità, emergenze Pericolosità idraulica e morfologica I coltivi e aspetti agro economici I coltivi e l’uso del suolo I boschi del Montalbano Acclività dei versanti Sistema Informativo Cartografico Ecosistemi e fauna Repertorio dati di sottosuolo Rilevamento dati idrogeologici Sistema Informativo Cartografico Pagina - 1 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 1- METODOLOGIA DI STUDIO La relazione di quadro conoscitivo si sviluppa seguendo due filoni principali: da un lato gli studi geologici e la zonazione di pericolosità, dall’altro gli studi ambientali e la individuazione di emergenze, criticità e risorse. I vari argomenti sono supportati da cartografie con temi spesso condivisi: pozzi e sorgenti della carta idrogeologica sono raffigurati anche nella carta delle reti e in quella dei vincoli, temi dell’uso attuale del suolo si ritrovano nella carta delle emergenze e dei vincoli, alcune emergenze sono anche criticità. In sintesi gli argomenti trattati sono i seguenti: geologici, idrogeologici, geomorfologici, agronomici, faunistici, infrastrutturali, qualità delle acque, faunistici, vegetazionali, uso del suolo, rifiuti. Le informazioni derivano da: − repertorio di dati disponibili presso gli uffici comunali, Provincia di Pistoia, Società di gestione dei servizi, Autorità d’Ambito, Autorità di Bacino del Fiume Arno, Consorzio di Bonifica del Padule di Fucecchio; − informazioni derivate da atti pianificatori sovracomunali: PTC, PIT, PAI; − rilevamenti diretti in campagna, fotointerpretazione: geomorfologia e uso del suolo; − elaborazioni specialistiche: morfologia e acclività dei versanti. Sono state redatte e informatizzate, utilizzando i GIS ArcView e MapInfo, le seguenti cartografie: Tabella 1 - Lista delle carte tematiche prodotte ELABORATI CARTOGRAFICI DEL QUADRO CONOSCITIVO DEL PROGETTO Carta geologica Carta geomorfologica con indicazioni Carta di pericolosità per fattori litotecniche geomorfologici Carta idrogeologica Carta dell'acclività dei versanti (GIS MapInfo) Carta di pericolosità per fattori idraulici Carta dei dati di base geologici Carta delle criticità del territorio Carta di vulnerabilità della falda Carta delle emergenze ambientali e delle risorse naturali Carta dell’uso attuale del suolo Carta delle reti tecnologiche Carta dei vincoli sovraordinati D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 2 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 2- STUDI GEOLOGICI DI SUPPORTO ALLA PIANIFICAZIONE URBANISTICA Gli studi e le indagini a carattere geologico - tecnico hanno per obbiettivo la individuazione dei limiti e condizionamenti prevedibili in relazione alle previste attività del Piano Strutturale, con particolare riferimento alla edificazione dei suoli. Si fa riferimento all’applicazione della Deliberazione Regionale n. 94 del 12 febbraio 1985: "Indagini Geologico Tecniche di supporto alla pianificazione urbanistica". 2.1 Inquadramento Normativo Nel presente studio si fa riferimento all’applicazione della Deliberazione Regionale n. 94 del 12 febbraio 1985: "Indagini Geologico Tecniche di supporto alla pianificazione urbanistica". Tale Deliberazione detta le norme attuative della L.R. 17 aprile 1984, n.21: "per la formazione e l'adeguamento degli strumenti urbanistici ai fini della prevenzione del rischio sismico". Attraverso l'applicazione della citata direttiva n. 94, trovano specifiche indicazioni operative i criteri contenuti al punto H del D.M. 1981 n.6 circa la fattibilità geotecnica su grandi aree, indicazioni riprese dal D.M. 11/03/1988: "Norme tecniche riguardanti le indagini sui terreni e sulle rocce, la stabilità dei pendii naturali e della scarpate, i criteri generali e le prescrizioni per la progettazione, l'esecuzione e il collaudo delle opere di sostegno delle terre e delle opere di fondazione". Si sono considerate inoltre le seguenti normative: − D.P.C.M. 05/11/1999 - Delibera n. 139 del 29/11/1999 dell’Autorità di Bacino del Fiume Arno – Adozione delle misure di salvaguardia per le aree a pericolosità e a rischio idraulico molto elevato individuate e perimetrate nel “Piano straordinario per la rimozione delle situazioni a rischio idrogeologico più alto nel bacino del Fiume Arno”. − Delibera n. 12 del 25/01/2000 (ex 230/94), Piano di Indirizzo Territoriale – PIT e Circolare illustrativa “ Misure di salvaguardia del PIT. Indirizzi per l’applicazione (art.11 L.R. 5/95). Del. Giunta Regionale n. 868 del 07/08/2000. − Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI), Autorità di Bacino del Fiume Arno, maggio 2002 – novembre 2004. − D.C.P. n.317 del 19/12/2002, Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Pistoia. − Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20/03/2003 – Primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per la costruzione in zona sismica. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 3 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 2.2 Metodologia di studio L'obiettivo dello studio consiste nell'individuazione delle situazioni a maggior rischio, in relazione agli aspetti edificatori per il grado di dissesto idrogeologico, considerando gli aspetti geologici, morfologici, strutturali e di rischio idraulico come definito dall’applicazione di modelli matematici e analisi di serie storiche di eventi documentati; vengono fornite indicazioni sulla fattibilità edilizia degli interventi previsti; il risultato è stato ottenuto attraverso la redazione di elaborati cartografici di base sovrapposti e confrontati su livelli tematici distinti, portando, in fase di analisi, alla redazione delle carte di sintesi, secondo lo schema descritto di seguito: Tabella 2 - Elaborati cartografici delle componenti geologiche ELABORATI DI BASE ELABORATI DI SINTESI Carta geologica Carta di pericolosità per fattori Carta idrogeologica Carta geomorfologica con indicazioni litotecniche geomorfologici Carta dei dati di base geologici Carta di pericolosità per fattori Carta di vulnerabilità dell’acquifero idraulici Carta della acclività dei versanti I temi descriventi le aree allagate e gli ambiti di rischio idraulico, le aree di rispetto dei principali impianti a uso acquedotto (pozzi e sorgenti) sono stati inseriti nelle carte dei vincoli sovraordinati. Gli elaborati cartografici sono stati redatti in scala 1:10.000 eccetto che la carta geomorfologia e le carte di pericolosità, alla scala 1:5.000. Il lavoro consiste in fasi di rilievo diretto in campagna, fotointerpretazione geologica, raccolta e integrazioni di dati provenienti da studi geologico - tecnici, prospezioni geognostiche, perforazioni di pozzi. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 4 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 3- CARTA GEOLOGICA Questo elaborato, in scala 1:10.000, descrive le caratteristiche dei terreni basandosi su criteri litostratigrafici, cioè sulla distinzione dei corpi rocciosi in base alle caratteristiche litologiche, paleontologiche, sedimentologiche, petrografiche, mineralogiche e morfologiche, documentate in bibliografia, riconoscibili in superficie e in sottosuolo e distinguibili da quelle adiacenti. L'unità di base è la "formazione", che è stata cartografata con opportuna simbologia per zone di effettivo affioramento e di ipotizzata estensione. In legenda sono state accorpate sotto una stessa sigla, le formazioni geologiche aventi similari caratteristiche litotecniche. In base alle osservazioni granulometriche e litologiche di campagna, in base a quanto generalmente noto per le stesse formazioni in aree diverse da quella in esame, nonchè in base a dati di sottosuolo acquisti tramite il repertorio delle prospezioni geognostiche e indagini geotecniche depositate presso l’Ufficio Tecnico comunale, Alla redazione della carta si è giunti attraverso varie fasi, fra cui l'analisi stereoscopica di fotografie aeree e il rilevamento di campagna, effettuato su tutto il territorio comunale. Mg - Arenaria Macigno (Oligocene medio - superiore) Qc - Conglomerati e ciottoli di macigno e sabbie (Villafranchiano) Ql - Argille grigie, argille sabbiose e sabbie di ambiente lacustre (Villafranchiano) at – Depositi fluvio lacustri terrazzati (Quaternario) C – Depositi di conoide (Quaternario – attuale) all - Depositi alluvionali recenti ed attuali (Quaternario – attuale) dt - Detriti e terreni di copertura (Quaternario) Con la fotointerpretazione sono state evidenziate le principali lineazioni, i caratteri strutturali e morfologici, utili anche alla identificazione dei diversi tipi litologici; questi dati sono stati integrati con il rilevamento di campagna, durante il quale sono stati individuati e cartografati gli affioramenti effettivi delle singole formazioni rocciose e le giaciture degli strati, ove distinte. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 5 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 4- CARTA IDROGEOLOGICA Nella carta idrogeologica vengono riportate le medesime distinzioni litologiche già descritte nella Carta Geologica e le indicazioni derivanti dalla campagna di censimento di pozzi eseguita nel periodo aprile 2004 grazie alla quale si è ricostruita la superficie della falda freatica di massima. Nella carta si fornisce una stima qualitativa della permeabilità dei vari tipi litologici distinguendo tre classi con coefficiente medio di permeabilità decrescente dalla classe I alla classe III, più una classe che comprende le formazioni praticamente impermeabili. Le tre classi corrispondono qualitativamente a permeabilità buona media e bassa rispettivamente. La permeabilità più alta è stata attribuita ai sedimenti alluvionali recenti (All) e terrazzati (At) e ai depositi detritici (dt); questi depositi sono peraltro compresi in più di una classe, in quanto composti da sedimenti a granulometria molto variabile. Quanto esposto vale anche per le argille, argille sabbiose e sabbie (Ql) del Villafranchiano, in quanto, anche in esse, la granulometria è variabile e la permeabilità varia con il contenuto in percentuale di argilla rispetto alla sabbia. I conglomerati e ciottoli di arenaria "Macigno" e sabbie del Villafranchiano (Qc), presentano una permeabilità medio bassa, variabile a seconda del grado di cementazione dei sedimenti. Il macigno invece, è dotato di una certa permeabilità secondaria. Tale tipo di permeabilità è conseguenza della fratturazione, che può permettere circolazione di acqua in profondità anche in rocce prive di porosità. Essa è direttamente proporzionale alla densità di fratturazione per cui si va da una permeabilità media alla quasi impermeabilità. Nella tabella seguente sono descritte le tre classi con coefficiente medio di permeabilità decrescente dalla classe I alla classe III, più una classe che comprende le formazioni praticamente impermeabili. Tabella 3 - Gradi di permeabilità dei litotipi all dt at Ql Qc mg I - ALTA porosità fratturazione ALTA ALTA ALTA D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 GRADI DI PERMEABILITÀ II - MEDIA porosità fratturazione III - BASSA porosità fratturazione BASSA MEDIA MEDIA Pagina - 6 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 5- CARTA DELLA VULNERABILITÀ DELLA FALDA La Carta di Vulnerabilità della falda riporta una zonazione di vulnerabilità intrinseca all’inquinamento delle acque sotterranee elaborata «per Complessi e Situazioni Idrogeologiche» (CIS). La carta presenta una distinzione fra la vulnerabilità delle aree di pianura e quella delle aree collinari e montane. Nelle aree di pianura le falde acquifere sono contenute nei depositi alluvionali e fluviolacustri permeabili per porosità, ed hanno per questo una notevole continuità laterale; in queste condizioni la vulnerabilità è legata principalmente alla natura ed allo spessore del terreno non saturo di copertura. Nelle aree collinari e montane le acque sotterranee si trovano in una rete di fratture ad alta permeabilità con una disomogeneità molto elevata; la vulnerabilità pertanto risulta molto variabile anche su brevi distanze. Il metodo CIS si basa su valutazioni qualitative che tengono conto della permeabilità e tipologia dell’acquifero e soprattutto dello spessore della sua copertura. In riferimento alle situazioni idrogeologiche del territorio provinciale la tabella che segue riporta la tipologia degli acquiferi con il relativo grado di vulnerabilità. Relazioni fra litotipi e grado di vulnerabilità della falda: 1 - ESTREMAMENTE ELEVATA (Non presente sul territorio) Acquiferi ad alta permeabilità con copertura ridotta o assente Acquiferi in complessi carbonatici a frattura e a carsismo molto sviluppati 2 - MOLTO ALTA Acquiferi a permeabilità media con copertura ridotta o assente Acquiferi in complessi carbonatici con moderato carsismo e interstrati argillitici e/o marnosi 3 - ALTA Acquiferi a permeabilità elevata con copertura a permeabilità molto bassa o nulla di spessore compreso fra 1 e 5 m. Acquiferi in arenarie molto fratturate 4 - MEDIA Acquiferi a permeabilità media con coperture a permeabilità molto bassa o nulla con spessore fra 5 e 10 m. Complessi flyschoidi costituiti da alternanze di arenarie (mg) e/o calcari (alb) e/o marne Acquiferi con coperture a permeabilità molto bassa o nulla con spessore fra 10 e 20 m. 5 - BASSA Complessi prevalentemente argillitici con intercalazioni arenacee e/o carbonatiche in cui si sviluppa una circolazione idrica sotterranea molto compartimentata 6 - MOLTO BASSA (Non presente sul territorio) Acquiferi con coperture a permeabilità molto bassa o nulla con spessore maggiore di 20 m. Complessi argillitici con circolazione idrica praticamente assente D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 7 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 6- CARTA GEOMORFOLOGIA Il rilevamento geomorfologico si è basato sull'analisi delle fotografie aeree in bianco e nero in scala 1:13.000 circa volo 1988 della Compagnia Generale Riprese Aeree di Parma già eseguito in occasione degli studi del 1993 e integrato con i più recenti fotogrammi in scala 1:7.500 del 2000. A questo, ha fatto seguito il controllo in campagna dei temi rilevati nel periodo maggio 2003 – giugno 2004. La legenda è stata organizzata sulla base delle indicazioni fornite dall’Ordine dei Geologi della Toscana e dall’Autorità di Bacino del Fiume Arno nell’ambito del “Protocollo d'intesa per l'aggiornamento ad indirizzo geomorfologico dei Geologi, per la raccolta, la condivisione dei dati e delle informazioni relative ai fenomeni morfologici di versante. LEGENDA GEOMORFOLOGICA a supporto della Pianificazione Territoriale – scala 1:10.000”. 6.1 I temi rilevati Sono stati individuati e descritti i principali processi superficiali e semiprofondi, con particolare riferimento alle cause che li hanno generati e alla loro evoluzione, evidenziando in particolare i rapporti fra morfologia, struttura geologica e caratteristiche litologiche dei terreni in affioramento, oltre alle forme causate e influenzate dall'attività antropica. Nella definizione dello stato di un processo (attivo o inattivo) ci si è basati sul principio della presenza o assenza di evidenze morfologiche, o indicatori cinematici, che manifestano l’esistenza di un dissesto in atto, rilevati dallo studio delle foto aeree e dall’osservazione di campagna. Lo stato “attivo” si identifica in forme riconosciute come unità morfologicamente discrete, la cui superficie sia interessata in misura rilevante da evidenze morfologiche, ovvero da indizi di movimenti che si sono verificati entro un intervallo di tempo tale per cui i processi naturali o le attività antropiche ordinarie non ne hanno obliterato le evidenze. Appartengono a questa classe gli stati di attività classificati nel “Dizionario Internazionale delle Frane” come frane attive, riattivate e sospese. Lo stato “inattivo” si identifica in forme riconosciute come unità morfologicamente discrete, la cui superficie non sia interessata dalle evidenze dello stato attivo sopra descritte. Si può trattare di frane totalmente stabilizzate o di corpi di frana relitti. Questa classe coincide con l’analoga classe definita nel “Dizionario Internazionale delle Frane” senza ulteriore distinzione nelle sottoclassi quiescenti, stabilizzate (naturalmente o artificialmente) e relitte. Con al definizione “area potenzialmente instabile” o “al limite dell’equilibrio”è possibile rappresentare quelle aree che mostrano condizioni ed evidenze geomorfologiche tali da indicare una possibile instabilità per cambiamenti, anche limitati, dei valori delle forze in gioco. Come indicatori di questa tipologia vanno considerati modesti sintomi gravitativi localizzati o tali da non permettere la constatazione di uno stato di attività dell’intera D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 8 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE forma. Vanno inoltre considerate le analogie con condizioni geologiche, morfologiche e di uso del suolo che, nel medesimo ambiente, hanno coinciso con il verificarsi di un dissesto. In conclusione quale definizione “oggettiva” generale si considera come “area potenzialmente instabile” quella per cui si verificano valori del coefficiente di sicurezza prossimi all’unità. 6.1.1 Forme di versante dovute alla gravità Fa - Frana attiva Accumulo detritico di frana in atto: si tratta delle zone di accumulo dei materiali di movimenti gravitativi in corso di evoluzione, e/o materiali franati di recenti non ancora stabilizzati. In genere risultano separati dalla zona di distacco da una zona di scivolamento distinguibile sul terreno. Ff - Frana relitta Accumulo detritico di frana antica o di “paleofrana”: si tratta delle zone di accumulo, più o meno stabilizzate, dei materiali franati in tempi remoti, all'interno delle quali spesso si riscontrano elementi di ripresa dei movimenti. Le frane definibili come “relitte”, “antiche” o “paleofrane”, sono rilevabili per la persistenza di elementi morfologici riconducibili a condizioni geomorfologiche e climatiche sensibilmente diverse dalle attuali. Fq - Frana inattiva (quiescente) Le frane “quiescenti”, definite come tali in base all’assenza di un’attività certa per tutto il corpo di frana e per la presenza di segni localizzati di dissesto, sono identificate come corpo di frana inattivo al cui interno è possibile delimitare singole aree o punti potenzialmente instabili. Questo tema descrive anche le porzioni di territorio, vallecole e impluvi, a coltivo arborato, olivo, vite o altro, con particolare morfologia riconosciuta da fotointerpretazione, per le quali si riscontra, in campo, la necessità di una continua manutenzione del versante e una regimazione delle acque particolarmente accorta, indicativa di aree instabili ma non riconosciuta di particolare gravità dal proprietario. Dt - Accumuli detritici e terreni di copertura Spessori variabili di detrito originatosi direttamente da processi di alterazione e disfacimento del substrato roccioso e rimasto in loco (eluvium) oppure rideposto dopo rimaneggiamento e breve trasporto ad opera delle acque di dilavamento (colluvium), spesso caratterizzante, con modesti spessori (2-5 metri) la porzione inferiore dei versanti e le incisioni torrentizie. Nella Carta Geomorfologica non sono stati distinti gli accumuli instabili per acclività (accumuli di detrito eluviale e colluviale, che mostrano segni di instabilità determinati da condizioni di elevata acclività, localizzati principalmente presso la parte mediana dei versanti); essendo questa carta direttamente funzionale alla Carta di pericolosità, nel corso delle elaborazioni si è riscontrato che le aree instabili per acclività sarebbero state inserite in classe 3 (altrimenti sarebbero state assimilate alle frane) e che la gran parte della porzione collinare ricade in 3 per fattori legati alla acclività e alla disposizione degli strati rocciosi del macigno, per cui risultava ininfluente eseguire una tale distinzione. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 9 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE Orlo di distacco di frana attiva Corona di distacco, scarpata di frana in atto: con opportuna simbologia vengono indicate le zone da cui si originano o si sono originati in un recente passato movimenti franosi di varia entità tuttora attivi. Orlo di distacco di frana inattiva, relitta o quiescente Corona di distacco, scarpata di frana inattiva, quiescente o di paleofrana: le zone da cui si sono originati in passato movimenti franosi di varia entità, presso i quali non si riscontrano indizi di attività. Fenomeno gravitativo indifferenziato non cartografabile fedelmente Movimento franoso di lieve entità non cartografabile singolarmente: individua porzioni di versante caratterizzate da concavità, scollamenti, crolli, spesso rilevabili in prossimità di vecchi terrazzamenti antropici e delle paleofrane non cartografabili con certezza alla scala del lavoro e indicativi di aree instabili ad evoluzione negativa. Orlo di scarpata morfologica attiva Scarpata morfologica attiva: indica una brusca rottura di pendio e una zona di arretramento del versante per una ripresa dell'attività erosiva; è spesso da correlare alla espansione di un fenomeno già in atto oppure a netti passaggi litologici, oppure, se di origine o modellamento antropico rappresenta una discontinuità del versante in arretramento dovuto a crollo per abbandono. Orlo di scarpata morfologica inattiva Indica una brusca rottura di pendio è da correlare ad un fenomeno non più in atto oppure a netti passaggi litologici, oppure, se di origine o modellamento antropico rappresenta discontinuità del versante in arretramento dovuto a crollo per abbandono. 6.1.2 Forme fluviali e forme di versante dovute al dilavamento Orlo di terrazzo di origine fluviale Scarpate originate dalla incisione dei corsi d’acqua presso i sedimenti alluvionali antichi, indicano una ripresa della fase erosiva, successiva al deposito dei sedimenti fluviolacustri. Movimenti di massa generalizzati (soliflusso) Erosione diffusa per ruscellamento superficiale e/o rigagnoli: tale fenomeno si localizza non solo sui versanti, ma anche in zone di crinale, caratterizzate dall'assenza di copertura arborea, arbustiva o coltivi abbandonati e nelle quali si originano processi di erosione superficiale del suolo; nella cartografia questo tema si rinviene presso i rilievi delle siltiti, argille e dei conglomerati. Tratto di corso d'acqua in marcata erosione di fondo Indica i tratti di corso d'acqua per i quali prevalgono marcatamente le azioni di erosione su quelle di deposito. Tale situazione è determinata dal tipo di bacino alimentatore, da motivi litologici e dalla acclività nella zona. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 10 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE Area interessata da erosione laterale di sponda Area soggetta ad erosione laterale di sponda: indica i tratti di corso d'acqua e la relativa porzione di versante sotteso interessati dall'azione erosiva laterale del torrente. Tale fenomeno si verifica usualmente a seguito di periodi di piena ad elevato trasporto solido del torrente, in zone di discreta copertura detritica o caratterizzate da materiali particolarmente erodibili. C - Depositi di conoide Depositi di ciottoli, ghiaie e sabbie, a forma di ventaglio, deposti dai corsi d’acqua allo sbocco nelle valli principali. Scarpata fluvio torrentizia Indica una rottura di pendio e una zona di arretramento del versante riconducibile direttamente all’azione per erosiva del corso d’acqua. 6.1.3 Forme e processi di origine antropica Cav - Area di cava Aree intensamente modificate dall’uomo, depressioni, cavità testimoni di escavazione di materiali inerti. Disc - Area di discarica Aree di discarica controllata attiva o recuperata: aree intensamente modificate dall’uomo, destinate ad accogliere, in maniera controllata, i rifiuti solidi. Mod - Area morfologicamente modificata per consistenti movimenti terra Area intensamente modellata dall'uomo: indicano quelle zone in cui l'uomo per lo sviluppo delle proprie attività (agricole edificatorie, di bonifica) ha modificato profondamente la morfologia originaria del territorio, cave, grandi sbancamenti e riporti. F - Corso d'acqua Orlo di scarpata artificiale in degradazione Indica una brusca rottura di pendio soggetta ad instabilità potenziale in condizioni di abbandono; sono stati inseriti in questo tema anche i terrazzi che per geometria, dimensioni o importanza nel tratto di versante considerato, possono rappresentare, se non mantenuti adeguatamente, elementi di influenza sulla stabilità generale. Area terrazzata a muretti o gradoni (da base topografica) Porzioni di versante interessate da terrazzamenti, muretti a secco, ciglionamenti realizzati dall’uomo per favorire la coltivazione dei versanti a olivo e vite. L - Corpo d'acqua Corpo d'acqua: laghetti, invasi di varia origine (ex cave) ed uso. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 11 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE UNITÀ LITOTECNICA – A - RESISTENZA ALLA COMPRESSIONE UNIASSIALE < 1 Mpa f/Pf Accumuli detritici di frana e paleofrana (Quaternario) dt Accumuli detritici e terreni di copertura (Quaternario) all/C Depositi alluvionali, attuali, recenti e di conoide (Quaternario) UNITÀ LITOTECNICA – B - RESISTENZA ALLA COMPRESSIONE UNIASSIALE 1 – 25 MPa at Depositi fluvio lacustri antichi terrazzati (Quaternario) Ql Argille, argille sabbiose e sabbie di ambiente lacustre (Villafranchiano) UNITÀ LITOTECNICA – C - RESISTENZA ALLA COMPRESSIONE UNIASSIALE 25 - 100 MPa Qc Conglomerati, ciottoli di arenaria Macigno e sabbie (Villafranchiano) Mg Arenaria Macigno (Oligocene Medio superiore) D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 12 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 7- CARTA DELL'ACCLIVITÀ DEI VERSANTI La carta dell'acclività dei versanti è stata redatta sulla base di elaborazioni informatiche, in automatico sul modello digitale del terreno alla scala 1:10.000, utilizzando il GIS MapInfo. Essa descrive la distribuzione delle pendenze nel territorio indagato, risultando sia un documento cartografico "finito", già utilizzabile cioè per vari studi (agricoli, urbanistici, ecc.), sia un documento di passaggio per l'elaborazione di carte di sintesi. Sono state scelte 6 classi di pendenza: PENDENZE comprese fra: 0% e 5% 5% e 10% 10% e 15% 15% e 25% 25% e 35% maggiori del 35% 8- CARTA DEI DATI DI BASE La carta dei dati di base è stata realizzata analizzando le indagini geognostiche raccolte presso l'Ufficio Tecnico Comunale nell’intervallo di tempo 1998 – aprile 2004. Tutte le principali informazioni riguardo ai dati di base (numero attribuito, tipo di indagine, stratigrafia schematica, tipologia opera, ditta esecutrice, proprietario, data di rilievo, profondità della falda) sono descritte in Allegato 2, Repertorio dei dati di base geologici, mentre i punti di prospezione sono leggibili sulla carta mediante una adeguata simbologia. Sondaggio geognostico Prova penetrometrica statica (CPT) Prova penetrometrica dinamica pesante (DPSH) Prova penetrometrica dinamica leggera (DIM) Saggio geognostico a mezzo escavatore Indagine geofisica Indagine geomorfologica Studio geologico di fattibilità D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 13 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE Sono state raccolte circa 180 campagne di studio, ritenute più significative fra quelle presentate in comune negli ultimi cinque anni, a queste si sono aggiunte le ubicazioni del censimento in campagna di oltre 100 pozzi. La carta, è una buona base per programmare ogni futura campagna di indagine nel territorio comunale. Si rende però necessario tenerla costantemente aggiornata e non disperdere le informazioni che privati o enti pubblici acquisiranno nel futuro. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 14 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 8.1 Carta di PERICOLOSITÀ in relazione ai fini insediativi PREMESSA La carta della pericolosità è uno dei documenti indispensabili di supporto alla pianificazione urbanistica espressamente richiesti dalla Deliberazione R. T. n. 94/1985 e dalla già citata Deliberazione n. 12 del 25/01/2000. È il principale documento geologico del Piano Strutturale. La carta è il risultato della sovrapposizione ed elaborazione delle carte di base descriventi i temi geomorfologici, geolitologici, delle pendenze e del rischio idraulico. Si distinguono quattro principali classi di pericolosità estese su tutto il territorio comunale e distinte per i due ambiti morfologici principali: la pianura e la collina. Il modello di riferimento è quello indicato negli elaborati di PTC della Provincia di Pistoia. La carta di pericolosità è un documento essenziale del Quadro Conoscitivo, sul quale si basano le scelte di Piano Strutturale, deriva da elaborazioni, indagini, misure eseguite ad una scala di semi dettaglio, 5.000 e 10.000, sulla base delle informazioni disponibili e di quanto evidente sul territorio con gli strumenti di investigazione disponibili; va quindi considerato un documento “dinamico”, sempre aggiornabile e migliorabile, la cui validità sarà verificata in sede dei necessari approfondimenti di Regolamento Urbanistico (fattibilità geologica) e di redazione della Relazione Geologica e Geotecnica di supporto agli attuativi. 8.2 Classi di pericolosità PERICOLOSITÀ PER FATTORI GEOMORFOLOGICI 1 - PERICOLOSITÀ IRRILEVANTE - Aree collinari e montane in cui sono certamente assenti limitazioni derivanti da caratteristiche geologico tecniche e geomorfologiche; non è stata individuata nel territorio indagato. 2 - PERICOLOSITÀ BASSA - Aree collinari e montane caratterizzate da situazioni geologico-tecniche apparentemente stabili, sulle quale permangono tuttavia dubbi che saranno chiariti a livello di indagine geognostica di supporto alla progettazione edilizia. 3 - PERICOLOSITÀ MEDIA - Aree collinari e montane nelle quali non sono presenti fenomeni attivi di instabilità, tuttavia le condizioni geologico-tecniche e morfologiche del sito sono tali da far supporre che esso si trovi al limite dell’equilibrio e/o possa essere interessato da fenomeni di amplificazione della sollecitazione sismica o di liquefazione. Sono state inserite in questa classe le aree collinari adiacenti ad aree in dissesto, scarpate instabili o altri elementi morfologici minori, le aree di frana relitta apparentemente stabili, nonché tutte quelle zone apparentemente stabili con pendenze maggiori del 25%. Nelle aree appartenenti a questa classe ogni intervento edilizio è fortemente limitato e le indagini di approfondimento dovranno essere condotte a livello di area nel suo complesso, sono inoltre da prevedersi interventi di bonifica e miglioramento dei terreni e/o l’adozione di tecniche fondazionali di un certo impegno. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 15 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 3S - PERICOLOSITÀ MEDIA per fattori sismici- Aree collinari e montane apparentemente stabili ma caratterizzate da situazioni geologico tecniche e morfologiche del sito tali da far supporre che esso possa essere interessato da fenomeni di amplificazione della sollecitazione sismica o di liquefazione. Nelle aree appartenenti a questa classe le indagini di approfondimento dovranno essere condotte a livello di area nel suo complesso, sono inoltre da prevedersi interventi di bonifica e miglioramento dei terreni e/o l’adozione di tecniche fondazionali di un certo impegno. 3c- PERICOLOSITÀ MEDIA - Aree interessate da escavazione di inerti, colmamento di cavità , modifica morfologica dei luoghi; in queste aree ogni eventuale intervento edificatorio è fortemente limitato, ogni iniziativa che preveda un diverso utilizzo dei suoli è subordinata alla bonifica integrale dell’area (Ex Fornace laterizi di Mastromarco, inattiva).. 3l- PERICOLOSITÀ MEDIA – Aree escavate artificialmente per la realizzazione di corpi d’acqua a fini prevalentemente irrigui, modifica morfologica dei luoghi; in queste aree ogni eventuale intervento edificatorio è fortemente limitato, ogni iniziativa che preveda un diverso utilizzo dei suoli è subordinata alla bonifica integrale dell’area. 3d- PERICOLOSITÀ MEDIA – Aree interessate dal deposito di rifiuti , in queste aree ogni eventuale intervento edificatorio è fortemente limitato, ogni iniziativa che preveda un diverso utilizzo dei suoli è subordinata alla bonifica integrale dell’area (discarica per RSU di Cerbaia, inattiva). 4- PERICOLOSITÀ ELEVATA - Aree collinari e montane interessate da fenomeni di dissesto attivi o quiescenti. Sono state inserite in questa classe zone in frana, zone caratterizzate da forte erosione e ammassi detritici che presentano indizi di instabilità diffusa direttamente collegabili con la acclività del versante e con gli aspetti litologici e strutturali del substrato. Nelle aree appartenenti alla classe 4m di pericolosità ogni intervento edilizio è fortemente sconsigliato; ogni eventuale intervento è subordinato alla bonifica integrale del versante. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 16 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE PERICOLOSITÀ PER FATTORI IDRAULICI 1 - PERICOLOSITÀ IDRAULICA IRRILEVANTE - Aree collinari e montane, limitrofe ai corsi d’acqua, in cui sono certamente assenti limitazioni derivanti da fenomeni di rischio idraulico. Relativamente a queste aree ricorrono le seguenti condizioni: − non vi sono notizie storiche di precedenti inondazioni, − si trovano in situazione favorevole di alto morfologico, di norma a quote altimetriche superiori di 2 metri rispetto al piede esterno dell’argine o, in mancanza, rispetto al ciglio di sponda. In queste aree non sono necessarie prescrizioni per la riduzione del rischio idraulico. 2 - PERICOLOSITÀ IDRAULICA BASSA - Aree di fondovalle, apparentemente stabili, per le quali ricorrono le seguenti condizioni: − non vi sono notizie storiche di precedenti inondazioni, − si trovano in situazione favorevole di alto morfologico, di norma a quote altimetriche superiori di 2 metri rispetto al piede esterno dell’argine o, in mancanza, rispetto al ciglio di sponda. In queste aree eventuali opere o interventi saranno definiti nell’ambito dell’approfondimento delle indagini. 3a- PERICOLOSITÀ IDRAULICA MEDIO BASSA - Aree di fondovalle protette o meno da opere idrauliche per le quali ricorre una sola delle seguenti condizioni: − vi sono notizie storiche di precedenti inondazioni, − si trovano morfologicamente in situazione sfavorevole rispetto alla quota posta a 2 metri al di sopra del piede esterno dell’argine o, in mancanza, rispetto al ciglio di sponda. Nelle aree appartenenti alla classe 3a di pericolosità idraulica ogni intervento edilizio è subordinato alla esecuzione di indagini che dovranno essere condotte a livello di area nel suo complesso, al fine di escludere il verificarsi di fenomeni di ristagno delle acque, sono inoltre da prevedersi interventi di bonifica e miglioramento dei terreni e/o l’adozione di tecniche fondazionali di un certo impegno. 3b- PERICOLOSITÀ IDRAULICA MEDIO ALTA - Aree di fondovalle protette da opere idrauliche per le quali ricorrono entrambe le seguenti condizioni: − vi sono notizie storiche di precedenti inondazioni, − si trovano morfologicamente in situazione sfavorevole rispetto alla quota posta a 2 metri sopra il piede esterno dell’argine o, in mancanza, rispetto al ciglio di sponda. Nelle aree appartenenti alla classe 3b di pericolosità idraulica ogni intervento edilizio è fortemente limitato e le indagini di approfondimento dovranno essere condotte a livello di area nel suo complesso, al fine di escludere il verificarsi di fenomeni di alluvionamento, sono inoltre da prevedersi interventi di bonifica e miglioramento dei terreni e/o l’adozione di tecniche fondazionali di un certo impegno. 4 - PERICOLOSITÀ IDRAULICA ELEVATA – Aree di fondovalle non protette da opere idrauliche per le quali ricorrono entrambe le seguenti condizioni: − vi sono notizie storiche di precedenti inondazioni, − si trovano morfologicamente in situazione sfavorevole rispetto alla quota posta a 2 metri sopra il piede esterno dell’argine o, in mancanza, rispetto al ciglio di sponda. Nelle aree appartenenti alla classe 4i di pericolosità idraulica è escluso ogni intervento edilizio. Questa classe è rappresentata nel territorio indagato presso più meridionale contigua al cratere del Padule di Fucecchio. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 17 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE La perimetrazione egli ambiti di rispetto fluviale non fa parte della Carta di Pericolosità, in quanto in questa fase di programmazione urbanistica del comune di Lamporecchio non si propone alcuna variazione geometrica degli ambiti “B” come definiti dalla D.C.R.T. n. 12/2000, rimandando la rigorosa verifica idrologica e idraulica di tale ambito al successivo Regolamento Urbanistico. I perimetri geometrici vengono inseriti come tema nella carta dei vincoli. Gli AMBITI “B”- Aree interne agli ambiti “B”, verificate con criteri geometrici, prossime ai principali corsi d’acqua, nelle quali sono vigenti le prescrizioni come definite dalla Delibera Consiglio Regionale Toscano n. 12 del 25/01/2000, e limite delle aree di fondovalle poste a quote inferiori rispetto alla quota posta a 2 metri sopra il piede esterno dell’argine o, in mancanza, rispetto al ciglio di sponda. Per quanto riguarda gli ambiti fluviali “A1” e “A2”, di diretta competenza del corso d’acqua, data la scala di raffigurazione propria della Carta di Pericolosità, non vengono raffigurati; valgono le prescrizioni ad essi attribuite. 8.3 Criteri di zonazione Nella più volte citata Deliberazione Regionale n. 94 del 12/02/85, vengono indicati i contenuti della carta di pericolosità. In questo studio la zonazione di pericolosità è stata eseguita in aderenza alla normativa tenendo anche conto anche delle esperienze personali maturate nel corso di oltre venti anni di lavoro e delle indicazioni derivanti da studi e sperimentazioni condotte da altri Enti quali l’Autorità di Bacino del Fiume Arno. 8.3.1 Aree collinari I parametri fondamentali su cui si è basata la zonazione delle aree collinari, caratterizzanti estesamente il Comune, sono stati: 1. la presenza di aree soggette a movimenti gravitativi e erosivi; 2. l'acclività dei versanti; 3. la dinamica fluvio - torrentizia; 4. le caratteristiche e le condizioni dei terreni che in caso di sisma potrebbero dar luogo a fenomeni di amplificazione dei fenomeni sismici, liquefazione e instabilità dinamica. In condizioni non dissestate, la soglia del 25% di pendenza è quella che determina la variazione dalla classe di pericolosità 2 alla 3. Si fa presente comunque che, in tali situazioni, la delimitazione delle varie classi di pericolosità non è stata solo una trasposizione automatica delle classi di acclività; spesso si è ritenuto opportuno raggruppare in una stessa classe di pericolosità aree con pendenze minori. In particolare si è talora compreso nella stessa classe di pericolosità 3 (pendenze. maggiori del 25%), anche piccole porzioni di aree con pendenze inferiori al 25%. Ciò per massima sicurezza, in quanto è ovvio che la stabilità di un'area dipende anche dalle D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 18 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE caratteristiche di acclività delle aree contigue; secondariamente, anche per evitare una poca significativa frammentazione nella zonazione di pericolosità, che avrebbe ostacolato l'utilizzazione pratica dell'elaborato. In alcune situazioni, caratterizzate da antica e consolidata edificazione, spesso con presenza di opere di contenimento e consolidamento dei versanti importanti, si è ritenuto opportuno utilizzare la zonazione 2, considerando che l'attività edificatoria in quelle zone non potrà essere che di modesti ampliamenti e saturazione di piccoli lotti, senza interazioni con le porzioni esterne di versante. Sono state talvolta inserite in classe 3 aree intensamente boscate con pendenze inferiori al 25% e prive di evidenti indizi di instabilità, ritenendo probabile che interventi di qualsiasi genere, coinvolgenti sbancamenti di terreni e conseguente perdita dei soprassuoli forestali, possa mutare l'attuale consolidato assetto idrogeologico e innescare fenomeni erosivi. Le aree interessate da movimenti gravitativi sia quiescenti che recenti o attuali non bonificati, da accumuli detritici al limite della stabilità e da movimenti superficiali diffusi, sono state inserite, come ovvio, in classe 4, di massima pericolosità. Le aree di frana relitta (e paleofrana) ormai stabilizzate, con spessori detritici esigui, sono state inserite in classe 3. Per quanto riguarda le integrazioni valide per i comuni a rischio sismico come quello in esame, si è tenuto conto delle amplificazioni delle sollecitazioni sismiche possibili nelle aree collinari caratterizzate da scarpate e terrazzi naturali, crinali, variazioni di pendenza, variazioni litologiche, dissesti, strutture geologiche, depositi alluvionali dei fondovalle con substrato non profondo. Non si è invece tenuto conto della possibilità di liquefazione in quanto la normativa Regionale (Tab. 1, capo 2 della Delibera Regionale n. 94), non considera indispensabile, per la zona in esame, l'individuazione di tale rischio. Si fa comunque presente che eventuali verifiche del rischio di liquefazione da effettuarsi in fase di progetto, riguarderanno le aree in cui la carta geomorfologica indica la presenza di sedimenti alluvionali recenti di fondo valle. Pur non alterando il numero delle classi principali previste dalla normativa, sono state proposte anche alcune sotto-classi. Con questo si è inteso facilitare l'uso della carta; nelle varie sottoclassi sono infatti inserite quelle aree la cui pericolosità deriva da un parametro ben preciso che si è ritenuto opportuno segnalare. Nella Carta dei Vincoli sovraordinati, sono state individuate aree centrate sui principali pozzi e sorgenti ad uso acquedotto comunale, comunque impianti di importanza locale. L'estensione di queste aree sulla carta è determinata da un raggio di interferenza sull'impianto di circa 200 m. Con questa ulteriore elaborazione intendiamo indicare che nell'area evidenziata interventi di qualsiasi tipo, anche non edificatorio, saranno subordinati alla verifica di non interferenza con gli impianti stessi. Indipendentemente dagli aspetti geotecnici e cartografici, in fase di esecuzione della indagine geologico tecnica, le reali relazioni fra intervento proposto e impianto dovranno essere verificate in funzione delle caratteristiche idrogeologiche dell'area. 8.3.2 Aree di fondovalle D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 19 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE Nelle aree di fondovalle la pericolosità è regolata essenzialmente dalla presenza o meno di elementi di rischio idraulico. In particolare: 1. aree poste in condizioni morfologicamente sfavorevoli nei confronti del corsi d’acqua principali; 2. aree interessate da fenomeni di alluvionamento eccezionali; 3. aree interessate da fenomeni di alluvionamento ricorrenti. Il primo caso è descritto dalla classe di pericolosità idraulica 3a (medio bassa) come definita nelle norme allegate al Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Pistoia (2002), aree di fondovalle protette o meno da opere idrauliche per le quali ricorre una sola delle seguenti condizioni: - vi sono notizie storiche di precedenti inondazioni, - si trovano morfologicamente in situazione sfavorevole rispetto alla quota posta a 2 metri sopra il piede esterno dell’argine o, in mancanza, rispetto al ciglio di sponda. I fenomeni verificatisi nel territorio nel corso delle alluvioni dei primi anni ’90 regolano la classe di pericolosità idraulica 3b (medio alta), aree di fondovalle protette da opere idrauliche per le quali ricorrono entrambe le seguenti condizioni: - vi sono notizie storiche di precedenti inondazioni, - si trovano morfologicamente in situazione sfavorevole rispetto alla quota posta a 2 metri sopra il piede esterno dell’argine o, in mancanza, rispetto al ciglio di sponda. La classe 4 riguarda le aree soggette ad alluvionamenti ricorrenti, di difficile soluzione nell’ambito della normale bonifica idraulica. Le aree interessate dalle classi 3a e 3b corrispondono, nel territorio indagato, per lo più agli ambiti “B”, di cui si parla al paragrafo successivo. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 20 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 8.4 Ambiti di tutela fluviale Gli ambiti di tutela fluviale come definiti dalla Delibera n. 12 del 25/01/2000 (ex 230/94), Piano di Indirizzo Territoriale – PIT e Circolare illustrativa “ Misure di salvaguardia del PIT. Indirizzi per l’applicazione (art.11 L.R. 5/95). Del. Giunta Regionale n. 868 del 07/08/2000, individuano geometricamente aree all’interno delle quali l’attività edificatoria è soggetta a prescrizioni e vincoli di natura idraulica. Nell’ambito degli studi di Piano Strutturale non si procede alla verifica idrologica e idraulica degli ambiti “A2” e “B”, rimandando questa importante fase al Regolamento Urbanistico. Nella Carta dei vincoli quindi vengono descritti gli ambiti geometrici, di maggiore tutela del territorio. 8.4.1 Ambito A1 Ambito denominato "A1", definito "di assoluta protezione del corso d’acqua", che corrisponde agli alvei, alle golene, agli argini dei corsi d’acqua di cui al punto b del comma 2 dell’art. 65 del PIT, nonché alle aree comprese nelle due fasce della larghezza di ml. 10 adiacenti a tali corsi d’acqua, misurate a partire dal piede esterno dell’argine o, in mancanza, dal ciglio di sponda. 8.4.2 Ambito A2 Ambito denominato "A2", verificato con criteri geometrici, di "tutela del corso d’acqua e di possibile inondazione", riferito ai corsi d’acqua di cui all’elenco di Tabella 4 che hanno tratti significativi, ai fini idraulici, larghezza superiore a ml. 10, misurata fra i piedi esterni degli argini oppure, ove mancanti, fra i cigli di sponda. Tale ambito geometrico corrisponde alle due fasce immediatamente esterne all’ambito "A1" che hanno larghezza pari alla larghezza del corso d’acqua definita come sopra, per un massimo di ml. 100. 8.4.3 Ambito B L’ambito denominato "B" comprende le aree potenzialmente inondabili in prossimità dei corsi d’acqua di cui all’elenco della tabella che possono essere necessarie per gli eventuali interventi di regimazione idraulica tesi alla messa in sicurezza degli insediamenti. Tale ambito corrisponde alle aree poste a quote altimetriche inferiori rispetto alla quota posta a due metri sopra il piede esterno d’argine o, in mancanza, sopra il ciglio di sponda. Il limite esterno geometrico di tale ambito è determinato dai punti di incontro delle perpendicolari all’asse del corso d’acqua con il terreno alla quota altimetrica come sopra individuata e supera la distanza di metri lineari 300 dal piede esterno dell’argine o dal ciglio di sponda. Nell’elenco sono evidenziati i corsi d’acqua con ambito B, di particolare rilievo ai fini idraulici. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 21 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE Tabella 4 - Elenco dei corsi d’acqua di cui agli allegati 4 e 5 della Delibera n. 12 del 25/01/2000 (PIT) CORSO D’ACQUA SIGLA AMBITO BORRO DI BEBOLI PT31 A BORRO DI DOGLIO O DELLE CORGOLE PT69 A FORRA DI DORRIO PT762 A RIO DI GERBAMAGGIO O DI BAGNOLO O DI FEROCI PT2148 AB BORRO DI GREPPIANO PT102 AB RIO DI LAMPORECCHIO O DI SPICCHIO PT2172 AB BORRO DI VARIGNANO O DI BOTTACCIO PT222 A FOSSO VINCIARELLO PT1928 AB TORRENTE VINCIO PT2949 AB TORRENTE VINCIO D'ORBIGNANO O DELLA LECCETA PT2956 AB D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 22 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 8.5 FATTIBILITÀ geologica in relazione ai fini insediativi La Carta di FATTIBILITÀ è il principale elaborato del Piano Regolatore Generale, deriva dal confronto della carta della PERICOLOSITÀ e delle indicazioni del Regolamento Urbanistico, non fa quindi parte degli elaborati del Piano Strutturale. Si ritiene comunque significativo darne menzione in quanto rappresenta l’obbiettivo finale degli studi geologico - tecnici in ambito di Pianificazione Urbanistica. Ogni singolo lotto o comparto oggetto di edificazione vengono indicizzati in classi da 1 a 4 in relazione al grado di interazione sul suolo e alla classe di pericolosità nella quale si trovano. - CLASSE 1- Fattibilità senza particolari limitazioni. Per le zone ricadenti in questa classe la caratterizzazione geotecnica del terreno a livello progettuale può essere ottenuta attraverso la raccolta di notizie e dati esistenti purché limitrofi all’area di progetto. Non sono previsti calcoli geotecnici e di stabilità; la validità delle soluzioni progettuali adottate deve comunque essere motivata mediante apposita relazione. Gli interventi previsti dallo S.U. sono attuabili "senza particolari condizioni". - CLASSE 2- Fattibilità con normali vincoli da precisare a livello di progetto. Concerne aree non sufficientemente note, ma ipotizzabili a "bassa pericolosità". Non sono previste indagini dettagliate a livello di area nel suo complesso, tuttavia occorre una relazione geologico - tecnica supportata da apposita indagine geognostica di tipo standard. Gli interventi previsti dallo S.U. sono attuabili "senza particolari condizioni". - CLASSE 3- Fattibilità condizionata. Corrisponde di norma alle classi 3 di pericolosità (con e senza indici), quindi ad un livello di rischio medio-alto anche per interventi di non grande impegno quali l'edilizia abitativa. Le indagini dovranno essere di dettaglio, a livello di area complessiva, sia come supporto alla redazione di strumenti urbanistici attuativi, sia nel caso di intervento diretto, di tipo edificatorio, di consolidamento e bonifica. L'esecuzione di quanto previsto dai risultati di tali indagini (interventi di bonifica, miglioramento dei terreni e tecniche fondazionali particolari), costituiscono vincolo specifico per il rilascio della concessione edilizia. Gli interventi previsti dallo S.U. sono attuabili solo "alle condizioni sopra descritte". - CLASSE 4- Fattibilità limitata. Concerne aree a rischio elevato, riscontrato ipotizzando qualsiasi utilizzazione, tranne che non sia puramente conservativa o di ripristino (nel qual caso ricadono in fattibilità 1 e 2). In queste aree si devono prevedere anche a livello di strumento urbanistico generale, specifiche indagini geognostiche di supporto alla relazione geologico - tecnica e tutto quanto necessario per precisare i termini del problema. A seguito di tali studi sarà prodotto un progetto di consolidamento e bonifica integrale, tecniche fondazionali particolari e un programma di controlli e monitoraggio per valutare l'esito di tali interventi. Gli interventi previsti dallo S.U. "sono attuabili solo alle condizioni e secondo le limitazioni derivanti da quanto precisato sopra". Il grado di approfondimento delle indagini geognostiche di supporto alla redazione della relazione geologico tecnica viene quindi definito in funzione della classe di fattibilità in cui l'intervento si colloca. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 23 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 9- INQUADRAMENTO GEOGRAFICO Il territorio di Lamporecchio si colloca presso il margine sud orientale della provincia di Pistoia, al confine con la provincia di Firenze, si estende per 22,17 kmq dalle pendici occidentali del Monte Albano al Padule di Fucecchio. Per la gran parte della sua estensione è collinare e va ad occupare una significativa porzione del versante volto a sud ovest della dorsale del Monte Albano, sistemi di rilievi collinari con caratteristiche morfologiche e paesaggistiche di particola rilevanza non solo nel contesto toscano, che separa la valle di Firenze – Prato – Pistoia dalla Valle della Nievole. Il territorio non è solcato da corsi d’acqua di particolare rilevanza, in termini di portata, il principale è il Torrente Vincio, a confine con il comune di Vinci (Firenze), tutti i corsi d’acqua fanno parte del bacino dell’Arno. Essi scorrono in direzione nord est – sud ovest, originando caratteristiche incisioni vallive sul cui fondo si sono deposti sedimenti di natura alluvionale. Le quote variano da 530 metri sul livello del mare del crinale di Monte Fiore ai 15 della stretta striscia di pianura marginale al Padule di Fucecchio. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 24 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 10- CENNI STORICI SUL COMUNE DI LAMPORECCHIO (Estratto e rielaborato dal sito www.comune.lamporecchio.pt.it) web ufficiale dell’Amministrazione Comunale – 2004 – Il territorio di Lamporecchio, abitato fin dall'epoca romana, ebbe origine da un antico feudo; esso venne incorporato nel 1774 alla comunità e podesteria di Serravalle, staccandosene nel 1810 per unirsi alla frazione di Larciano. Ha raggiunto l'assetto attuale nel 1897 allorché Larciano è divenuto comune autonomo. Lamporecchio, che si sviluppò lungo il tracciato della strada che dal Valdarno Inferiore raggiungeva Pistoia attraverso il Monte Albano, fu dall'XI al XIII secolo feudo dei vescovi di Pistoia che videro confermati i loro privilegi dai diplomi imperiali di Federico I (1155), Arrigo VI (1196) e Ottone IV (1209); ma già nel 1224, dopo vivaci dispute, ne fu riconosciuta la giurisdizione politica al comune pistoiese. Nel corso delle guerre tra Pistoia, Lucca e Firenze (1306-1328) Lamporecchio passò alternativamente di mano, finché Firenze, dopo averlo concesso a Pistoia nel 1329, non ne decise l'annessione definitiva al proprio distretto nel 1351. A Lamporecchio nacque il poeta Francesco Berni (1497-1535). Le maggiori risorse del territorio provenivano nel passato dall'agricoltura. I fertili terreni permettevano la coltivazione della vite e dell'olivo in collina, del lino e della canapa nel piano, mentre la parte più montuosa della comunità era a bosco e a pascoli. Tradizionale elemento del suo paesaggio agrario erano le viti congiunte ai gelsi. Nel Settecento, molto diffuse erano la filatura della lana e del lino a domicilio, per conto del mercato pratese, e la produzione di cappelli di paglia e di strumenti agricoli in ferro. Alle superstiti attività agricole (la coltivazione medio-intensiva della vite e dell'olivo, cui si sono aggiunte quella dei piselli e l'avicoltura), Lamporecchio ha affiancato nell'ultimo trentennio varie attività industriali e artigianali. I settori più sviluppati sono quelli calzaturiero, seppure ora in difficoltà, alimentare, quest'ultimo con una produzione dolciaria assai rinomata, e della plastica. Seguono aziende di dimensioni meno rilevanti nel campo della lavorazione del vino, delle erbe ornamentali secche e della produzione di mattonelle. La popolazione totale del territorio comunale raggiunge le 6.512 unità nel 1991, con una densità di 294 abitanti per kmq. Per quanto riguarda le età precedenti, l'intera comunità contava 2.800 abitanti nel 1551, passati a 3.476 nel 1745; dall'Ottocento la popolazione ha fatto registrare un notevole incremento: dalle 2.792 unità del 1830 è salita alle 4.385 del 1881, alle 6.105 del 1936; gli abitanti erano 6.195 nel 1951, 6.292 nel 1961, 6.354 nel 1971 e 6.524 nel 1981. Stemma comunale - D'azzurro, alla fascia alternata di losanghe dello stesso nel campo d'oro e d'oro nel campo d'azzurro, sormontata da una torre, di rosso aperta e finestrata del campo e accompagnata in punta da un albero movente da una pianura, il tutto al naturale. Il castello presente nello stemma testimonierebbe dell'esistenza di un'antica struttura fortificata. L'olivo è certamente simbolo della fertilità di questa zona collinosa e ne ricorda il pregiato prodotto. La fascia, alternata di losanghe azzurre nel campo d'oro e d'oro nel campo azzurro, si riferisce allo stemma della nobile famiglia Rospigliosi, originaria di questa comunità. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 25 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 11- CENNI STORICI SUL MONTALBANO (Estratto e rielaborato dal sito web Moltalbano – 2004 – www.montalbano.toscana.it) Il Monte Albano così viene descritto dal Repetti nel Dizionario geografico fisico storico della Toscana del 1833: "Dicesi Monte Albano la più elevata diramazione dell'Appennino che dalla foce di Serravalle stendesi nella direzione di maestro a scirocco fra l'Ombrone pistojese e l'Arno sino alla gola della Golfolina, dal 28° 29' al 28° 41' longitudine e dal 43° 44' al 43° 55' latitudine. Le sue principali cime denominate Pietramarina e S. Alluccio sono elevate sopra il livello del mare, quella 984, e questa 929 braccia. Trovansi nel suo fianco orientale le Comunità di Carmignano e di Tizzana, nel lato occidentale Monte Vettolini, Lamporecchio, Vinci e Cerreto-Guidi, a settentrione maestro Serravalle, e a scirocco Capraja. La natura del terreno partecipa nella massima parte di quello di sedimento inferiore, coperto nella sua base orientale da sedimenti palustri, e nel suo fianco occidentale da immensi depositi di ciottoli e ghiaje che ricuoprono una marna ricca di fossili terrestri e marini. Alla parte australe di questa diramazione fu dato il nome di monti del Barco Reale per un vasto parco vestito di selva fatto circondare di mura dal Gran Duca Ferdinando II ad uso di caccia". Il Montalbano é una splendida catena collinare che si estende dal giogo di Serravalle pistoiese fino allo stretto della Gonfolina, dove di fatto il fiume Arno la separa dai Colli del Chianti. La catena, mantenendosi sulla direttrice NO-SE, finisce per incunearsi tra due pianure densamente popolate ed altamente industrializzate: quella pistoiese pratese e quella del Valdarno inferiore empolese. Il rilievo più alto della catena è, come dice il nome stesso, la Cupola che raggiunge una quota di 633 m s.l.m.m. e segna i confini amministrativi tra i comuni di Carmignano e di Vinci. Il paesaggio dominante è quello collinare, con la vite che continua ad essere coltivata vicino al piano od in alcuni terrazzamenti, gli olivi diffusi sui pendii più alti ed i boschi di castagni, tipico esempio di vegetazione indotta, sulle sommità. Tra il XVI ed il XVII secolo, circa 4.000 ettari furono destinati dai Medici alla realizzazione del Barco Reale Mediceo, una vasta area adibita a riserva di caccia di cui oggi rimangono brevi tratti del muro perimetrale che la circondava. L’ossatura principale del Montalbano è costituita da banchi di arenaria macigno ai quali si trovano alternati livelli sabbiosi e argille; sui rilievi inferiori affiorano in modo discontinuo argille marnose, calcari, conglomerati e scisti marnosi detti in loco “Galestri”. Da questi strati di copertura si originano suoli che limitano l’eccessiva permeabilità e si arricchiscono continuamente di sostanze nutritizie. Si tratta quindi di suoli adatti ad un tipo di vegetazione forestale e, dove il clima lo consente, a colture legnose di ogni tipo come oliveti, vigneti frutteti. Le colture della vite e dell’olivo coprono il 35% della superficie totale che è pari a 16.000 ettari, il 32% del territorio è riservato al seminativo, il restante 33% al bosco. L'area del Montalbano è particolarmente adatta per passeggiate ed escursioni, che si possono effettuare grazie ad una estesa rete di percorsi pedonali e ciclabili che raggiungono località collinari immerse nel verde, siti archeologici, boschi antichissimi come il lecceto di Pietramarina. L'insediamento umano è caratterizzato da signorili ville padronali, eleganti fattorie e numerose case coloniche dislocate sui vari poderi; per questa zona, in considerazione D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 26 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE del determinante intervento dell'uomo sull'ambiente, è stata recentemente utilizzata, a più riprese, l'appropriata definizione di campagna-giardino, a sottolineare il grande rilievo che ha avuto nel Montalbano l'azione dell'uomo-agricoltore, che ha reso ancora più bella e produttiva questa zona mediante numerose opere, come i terrazzamenti, le estensioni di vigneti ed oliveti disposti sui terreni collinari. Oggi il Montalbano è area di turismo ecologico, grazie ad una utilizzazione diversa delle case e dei terreni; si è sviluppata con successo una gestione agrituristica dell'area, in una compenetrazione sinergica ed originale di attività agricole, sia tradizionali che inconsuete (dalla produzione dell'olio e del vino a quella del miele, dei formaggi, delle confetture, delle erbe officinali) con operazioni di valorizzazione delle bellezze naturali della zona (attraverso la realizzazione di percorsi trekking. di punti attrezzati per la sosta, l'istituzione di foresterie...). 11.1 Il Barco Reale Mediceo Il Barco Reale fu costruito dai Medici nel 1626, era la loro estesa riserva di caccia delimitata da una muraglia alta mediamente due metri che si estendeva per oltre 50 km. e racchiudeva una riserva di quasi 4.000 ettari dove a disposizione delle cacce reali del Granduca vi era la selvaggina più pregiata: fagiani, starne, lepri, daini bianchi, orsi, lupi, volpi, cinghiali ecc. nella riserva vigeva anche una rigida salvaguardia dei boschi (querce, castagni, cerri abeti, pini, lecci ecc.) ed arbusti (scopa, ginepro, mirto ecc.). Dai primi decenni del XVII secolo le cacce subirono un declino ed anche il muro del Barco subì lentamente l'abbandono e la decadenza; inoltre con il passaggio ai Lorena nel 1736, la tenuta venne data in gestione agli affittuari i quali non la curarono più a dovere. Con la salita al trono di Pietro Leopoldo nel 1765, causa gli alti costi di gestione, iniziò la "sbandita" che portò ad una diversa destinazione di queste aree. Di questo muro, oggi ne rimangono tracce e resti più o meno ben conservati per circa 30 km. All’interno si ritrovano ancora una ricca vegetazione arborea oltre alla coltura di piante esotiche che negli anni 30 furono introdotte dall'Istituto Agronomico d'Oltremare. La muratura è in bozze irregolari di pietra arenaria e arenaria macigno, di dimensioni molto grandi legati con calce. Il muro era intervallato da cancelli e chiuse a cateratte; i cancelli sono scomparsi, mentre alcune cateratte esistono sempre. I resti del muro sono un "bene culturale" da salvaguardare e valorizzare. 11.2 La vegetazione del Montalbano Percorrendo il sentiero di crinale lungo circa 24 Km che da Artimino conduce a Serravalle pistoiese si possono osservare diverse tipologie boschive. Queste tipologie danno un’idea del grado di antropizzazione raggiunto dalla vegetazione naturale che riveste il Montalbano. Si passa da vecchi Castagneti da frutto convertiti a ceduo (eccetto alcuni lembi sparsi qua e là) a boschi di Pino marittimo, nei quali si stanno reinserendo le Querce caducifoglie, Roverella e Cerro; a boschi a prevalenza di Cipresso; a boschi a prevalenza di Querce caducifoglie, dove il Cerro occupa le depressioni più umide e la Roverella i punti più aridi e solatii; a boscaglie a dominanza del Leccio; a leccete vere e D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 27 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE proprie come quella di Pietramarina; infine macchie e cespuglieti, che non sono altro che forme di degradazione del bosco originario. Tra gli arbusti predominano le eriche mediterranee, l’arborea e la scoparia, il Corbezzolo, la Lentaggine, il Biancospino, il Sanguinello, il Prugnolo, la Rosa canina, il Ginepro comune, etc... Le specie più spiccatamente xerotermofile, come la Ginestra odorosa, il Cisto marino e quello rosso, si ritrovano sovente accantonate in zone aride e assolate, dislocate in radure cacuminali e nei punti poveri di humus. Sui versanti che guardano all’Arno le macchie ed i cespuglieti sono ampiamente diffusi, insediandosi nelle aree agricole oramai in avanzata.fase di abbandono. In questi ambienti transizionali dal punto di vista evolutivo si ritrova tutta una serie di specie correlate con l’attività agricola che non rivestono un ruolo significativo nel processo ecologico evolutivo, per contro in queste zone si ha un graduale reinsediamento delle specie proprie delle formazioni forestali di questa fascia fitoclimatica (Leccio-RoverellaOrniello-Acere campestre). Oltre alle specie appena menzionate si incontrano il Mirto, la Fillirea e la Rosa di S. Giovanni che sono tipici rappresentanti della Macchia mediterranea, una forma di vegetazione tipicamente termofila. Essa rappresenta gli ultimi termini del degrado dell’antica foresta sempreverde mediterranea, costituita da lussurreggianti boschi di Leccio. Insieme a questi si nota la presenza del Biancospino, del Prugnolo, della Rosa canina e del Sanguinello che, invece, si accompagnano al bosco termofilo caducifoglio. La presenza congiunta di elementi a diverse esigenze edafiche e climatiche prelude alla ricostituzione di una formazione boschiva rappresentata con tutta probabilità un bosco di latifoglie con prevalenza ora del Leccio ora della Roverella, a seconda delle condizioni stazionali più o meno xerofile (dovute ad esposizione, giacitura od alla caratteristiche fisico-chimiche del suolo). Spostandosi sui versanti rivolti verso l’Ombrone, generalmente più freschi ed umidi dei precedenti, la vegetazione boschiva presenta una ben diversa fisionomia. Si rinvengono popolamenti misti di latifoglie od a prevalenza di Robinia, specie nord-americana introdotta sul Montalbano per proteggere le pendici franose, con associati Cerro Carpino nero. La flora accompagnatrice di questi popolamenti vegetali è costituita dalla Felce aquilina e da una serie di arbusti che esigono un clima più fresco e umido (specie subatlantiche), come il Ginestrone, il Brugo, il Pungitopo. Nelle chiarie fanno la loro comparsa l’Emero, il Biancospino, il Corniolo, l’Agrifoglio. Quest’ultima specie è presente nel sottobosco della lecceta di Pietramarina con individui di rara bellezza ed imponenza, meritevoli di adeguata protezione. Su entrambi i versanti, sia nelle depressioni umide sia lungo i rii che scendono a valle, si incontrano Salici, Pioppi e Ontani, piante caratteristiche delle formazioni ripariali. A causa dell’elevato grado di antropizzazione che caratterizza il Montalbano la vegetazione boschiva presente non rispetta il climax di quest’area che, come è noto, si colloca in una zona di interferenza tra l’orizzonte delle sclerofille sempreverdi mediterranee e l’orizzonte delle caducifoglie submontane. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 28 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE In altre parole la vegetazione naturale potenziale di quest’area dovrebbe essere costituita da boschi di Leccio (essenza la cui area di spontaneità risale la valle dell’Arno fino a Firenze), dislocati fino ad un’altezza di 300-400 m sui versanti rivolti verso l’Arno. Per quanto riguarda la parte di crinale ed i versanti che si affacciano alla piana pistoiese e pratese, la copertura vegetale naturale dovrebbe essere costituita da boschi a base di Querce caducifoglie, intendendo boschi a Roverella ubicati nei punti occupati attualmente dal Pino marittimo e dal Cipresso, Cerrete, dislocate nelle zone occupate oggi dal Castagno. Da questa breve sintesi emerge che attualmente le peculiarità vegetazionali del Montalbano sono: - la Lecceta di Pietramarina che, con i suoi Lecci secolari ed il suo sottobosco composto di esemplari arborei di Agrifoglio è da considerarsi un lembo originario dell’antica foresta sempreverde mediterranea; le annose Cerrete del bosco della Magia e del Bargo; gli esemplari di Cerro-sughera presenti lungo il crinale; un lembo di Macchia mediterranea posto ai limiti sud-orientali del Montalbano; il bosco a Roverella delle pendici occidentali del monte Belvedere. Per quanto riguarda la piccola flora, cioè le piante erbacee nel loro insieme, si sa con certezza che nelle zone dove si compenetrano “mondi vegetali” a diverso ritmo biologico (come nel caso del Montalbano) la piccola flora è quanto mai ricca ed interessante. In questa sede non è possibile elencare tutte queste presenze, ci limiteremo pertanto a segnalare la presenza di una ventina di specie di orchidee rilevate sul Montalbano da Mauro Biagioli e Giovanni Gestri, esperti che fanno parte del G.I.R.O.S. (Gruppo Italiano Ricerche Orchidee Spontanee) sezione di Prato. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 29 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 12- IL CLIMA Premessa L'inquadramento climatico può essere ricavato facendo riferimento ai dati termopluviometrici forniti dalla stazione di Castelmartini elaborati dal Gruppo di Valutazione delle Risorse Ambientali della Regione Toscana nella pubblicazione “Regime idrico dei suoli e tipi climatici della Toscana” (1984) relativamente ad un intervallo di 20 anni (1955-1974). I valori medi mensili delle temperature per le località prive di questi valori diretti, possono essere derivati dalle stazioni termometriche più vicine sulla base del gradiente termico di 0,6°C per ogni 100 metri di quota, ritenuto consono da vari autori per le zone in esame. Combinando i dati termici con quelli udometrici e calcolando nuovi fattori come l'evapotraspirazione potenziale si possono costruire numerosi tipi di diagrammi che riassumono le componenti termo-pluviometriche delle stazioni considerate e nel contempo forniscono alcune informazioni sul regime idrico dei suoli. 12.1 Metodologia utilizzata per la classificazione del clima Per la classificazione del clima si è utilizzata la metodologia di Thornthwaite e Mather, che partendo dai dati di temperatura e precipitazione e dal calcolo dell’evapotraspirazione, classifica il clima facendo ricorso ad alcuni indici, condensati in una “formula climatica” e ne sintetizza i risultati in un grafico riportante il Bilancio idrico di un suolo secondo Thorntwaite. Tale elaborazione, rispetto al diagramma termopluviometrico di Walther e Lieth, si rivela più esaustiva in quanto tiene conto non solo delle caratteristiche strettamente climatiche quali temperatura e precipitazioni e dei loro valori massimi e minimi ma anche delle caratteristiche del suolo da un punto di vista idrico, dato che riporta, oltre ai valori di precipitazione anche quelli di altri fattori quali evapotraspirazione reale e potenziale utili per la determinazione dei periodi di surplus, deficit e ricarica e utilizzazione di acqua per il suolo e per le piante. Ricordiamo brevemente che per evapotraspirazione si intende la somma della quantità d’acqua che dalla superficie del suolo viene ceduta all’atmosfera e quella che viene traspirata dalle piante nella loro attività metabolica. E’ quindi la quantità di acqua totale che viene restituita all’atmosfera. Si può inoltre distinguere l’evapotraspirazione reale (AE) ossia la quantità di acqua effettivamente evaporata dal suolo e che traspira dalle piante, dall’evapotraspirazione potenziale (PE) cioè la quantità di acqua che evaporerebbe se le riserve idriche del suolo fossero costantemente rinnovate, in condizioni quindi di costante umidità del terreno. L’evapotraspirazione reale è inferiore all’evapotraspirazione potenziale nei periodi in cui la scarsità di umidità del suolo non permette alle piante di avere a disposizione tutta la quantità di acqua che sarebbero in grado di traspirare. Quindi è necessario considerare i valori di PE come i più rappresentativi del fabbisogno idrico della vegetazione. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 30 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE Thornthwaite classifica il clima di una regione in base al “bilancio” di un sistema che riceve acqua principalmente da afflussi meteorici e la ricede sotto forma di evapotraspirazione. Per la stima del bilancio idrico si rivelano importanti anche altri parametri: − il deficit idrico (D) cioè la differenza tra l’evapotrasp. potenziale e l’evapotrasp. reale che consente di stimare la quantità di acqua necessaria per bilanciare le perdite dovute all’evapotraspirazione potenziale; − il surplus idrico (S) che indica la quantità di acqua che, una volta saturata la riserva idrica del suolo, va ad alimentare le falde freatiche e il deflusso superficiale; − la precipitazione disponibile (PD) che rappresenta la precipitazione su cui è possibile fare affidamento e che si verifica sicuramente nel 75% dei casi. Questo dato viene preso in considerazione soltanto per i climi da semiumidi a semiaridi. Determinati tali valori si possono ottenere gli indici che esprimono il grado di aridità e di umidità di una zona; è appunto sulla base di tali indici che si determina la “formula climatica”. Inoltre, secondo Thornthwaite, l’entità del bilancio idrico ma soprattutto i valori che questo assume durante l’arco dell’anno, sono importanti al fine di capire in quali condizioni di disponibilità idrica, (o di deficit), vengono di volta in volta a trovarsi le piante che su di esso vegetano. Un altro importante fattore ai fini del calcolo del bilancio idrico é la quantità di acqua che il suolo é capace di immagazzinare al suo interno (acqua utile o A.W.C.) e che può essere utilizzabile per le piante. Questa dipende da vari fattori, tra cui la profondità del suolo stesso, la quantità di scheletro ed il tenore di sostanza organica. Nel nostro caso, il bilancio idrico é stato realizzato per un suolo con buona capacità di ritenuta idrica (150 mm.) valore ritenuto rappresentativo per la Toscana, anche in precedenti studi, dai tecnici della Regione stessa. Naturalmente si deve tener conto del fatto che le informazioni sono riferite agli osservatori; i parametri climatici variano col variare di alcuni fattori quali l'esposizione, l'altitudine, la giacitura, l'andamento orografico. I dati riportati forniscono quindi una indicazione di massima del clima che caratterizza le aree in esame. Per meglio comprendere il significato e la logica seguita dal metodo proposto per la determinazione del bilancio idrico, si rimanda la trattazione al testo cui si è accennato in precedenza; nella presente esposizione si ritiene sufficiente riferire i risultati delle elaborazioni. La descrizione del clima dell'area in esame è stata elaborata sulla base dei dati termopluviometrici registrati dalle stazioni precedentemente citate, per il periodo 1955-1974. Per ogni stazione verranno forniti: 1. quota rispetto al livello del mare e bacino di appartenenza; D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 31 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 2. tabella riassuntiva riportante i valori medi mensili e annuali delle temperature (T) e delle precipitazioni (P) nonché i valori dell’evapotraspirazione potenziale (AE) e reale (PE); 3. diagramma di Bagnouls e Gaussen, e considerazioni relative al punto 1. Tale diagramma è tra i più diffusi nelle elaborazioni forestali, nel quale le piovosità vengono raffrontate con le temperature riportate con una scala doppia di quella delle piovosità (P/T=2) e dove i periodi aridi sono quelli in cui la curva delle precipitazioni si trova al di sotto di quella delle temperature; 4. diagramma del bilancio idrico secondo Thornthwaite per A.W.C (capacità di acqua disponibile) pari a 150 mm e formula climatica; 5. tabella e diagramma riportante le Variazioni di riserva idrica, deficit idrico e surplus. Nelle tabelle e figure successive, sono riportati i valori delle precipitazioni medie mensili, espresse in mm di pioggia o neve fusa, della precipitazione media annua, i dati mensili ed annui delle temperature medie diurne, i valori dell’evapotraspirazione potenziale (AE) e reale (PE); il diagramma di Bagnouls e Gaussen ed il diagramma del bilancio idrico secondo Thornthwaite. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 32 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE Analisi Climatica della stazione di Castelmartini (quota: 23 m.s.l.m. – bacino imbrifero: Arno – Usciana). Tabella 5 - Tabella riassuntiva del regime climatico (medie mensili ed annuali) G F M A M G L A S O N D Anno T 6,0 7,2 10,1 13,6 17,3 21,1 23,7 23,4 20,4 15,7 10,9 7,0 P 103 102 83 76 70 49 33 48 85 111 129 110 999 PE 12 15 31 68 89 123 150 130 98 59 28 14 817 AE 12 15 31 68 88 102 76 63 88 59 28 14 644 14,7 Stazione di Castelmartini: distribuzione annuale delle piovosità. Periodo 1955-1974 140 120 100 80 60 40 20 0 GEN FEB MAR APR MAG GIU LUG AGO SET OTT NOV DIC Piovosità medie mensili (mm) 12.1.1 Diagramma di Bagnouls e Gaussen I valori medi di temperatura e precipitazioni sopra esposti possono essere meglio visualizzati nel diagramma di Bagnouls e Gaussen. Per la stazione di Castelmartini si ottiene il seguente risultato: D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 33 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE Diagramma di Bagnouls e Gaussen Stazione di Castelmartini T (°C) 100 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0 P (mm) C. DI V. NO OT T. T. SE O. AG G. LU U. GI G. MA AP R. R. MA B. aridità FE GE N. P (mm) 200 180 160 140 120 100 80 60 40 20 0 T (°C) Figura 1 – Diagramma di Bagnouls e Gaussen (Stazione di Castelmartini) Considerazioni sulle precipitazioni e sulle temperature medie mensili Come evidenziato nella tabella e nel grafico la media delle precipitazioni annuali é risultata pari a 999 mm e la distribuzione mensile delle piogge presenta un massimo autunnale nel mese di Novembre (129 mm.) ed un minimo estivo nel mese di Luglio (33 mm). Le precipitazioni iniziano a decrescere dal mese di febbraio verso il minimo estivo, mentre la concentrazione autunnale delle precipitazioni é mediamente pari al 35 % delle precipitazioni totali. Nel trimestre giugno - luglio - agosto la somma delle precipitazioni medie ammonta a 130 mm., quindi inferiore ai 150 mm., indice di un’estate siccitosa di tipo mediterraneo, secondo De Philippis. Il mese più caldo risulta essere luglio con 23,7 °C, il mese più freddo gennaio con 6,0 °C. La temperatura media annua é pari a 14,7 °C e comunque superiore ai 10°C per almeno nove mesi, da marzo a novembre. L’escursione termica è pari a 17,7 °C. L’estate è caratterizzata da un periodo di aridità, come meglio evidenziato dal diagramma di Bagnouls e Gaussen e da quello seguente. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 34 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 12.1.2 Bilancio idrico secondo Thorntwaite di un suolo con A.W.C = 150 mm per la stazione di Castelmartini Bilancio idrico secondo Thorntwaite per la stazione di Castelmartini 160 140 120 100 Piovosità in mm deficit 80 60 surplus 40 Ricarica, surplus utilizzazione 20 0 GEN. FEB. MAR. APR. MAG. GIU. LUG. AGO. SET. OTT. NOV. DIC. mesi dell'anno P = piovosità media men. in mm AE= Evapotraspirazione reale mm PE= Evapotraspirazione potenziale mm Figura 2 - Diagramma di Bagnouls e Gaussen (Stazione di Castelmartini) L'evapotraspirazione potenziale e la classificazione del clima secondo Thornthwaite I dati precedenti, esaminati con la metodologia di Thornthwaite e Mather, definiscono per la stazione di Pescia, la formula climatica B1B’2 s b’4. Nella formula sopra esposta: “B1” : classifica il tipo di clima come UMIDO in base all’indice di umidità globale, che nel nostro caso vale 22,27; “B’2” indica il tipo di varietà climatica in base al valore totale annuo dell’evapotraspirazione potenziale; nel nostro caso è SECONDO MESOTERMICO; “s” quantifica la variazione stagionale di umidità in funzione dell’indice “di aridità” (rapporto percentuale tra deficit idrico ed evapotraspirazione potenziale che nel caso in esame vale 21,18) indicando una moderata deficienza idrica nel periodo estivo. “b’4” esprime la concentrazione estiva dell’efficienza termica, che é risultata compresa fra il 48% ed il 51,9%. L’evapotraspirazione potenziale (PE) totale annua assomma a 817 mm., con un differenziale rispetto alle precipitazioni di - 182 mm. Dal mese di gennaio a luglio l’evapotraspirazione potenziale aumenta gradatamente con l’aumentare delle temperature. Nel periodo invernale e primaverile le precipitazioni non solo compensano la perdita di acqua dal suolo dovuta all’evapotraspirazione, ma essendo per alcuni mesi superiori a quest’ultima ci veniamo a trovare in presenza di un surplus idrico nei mesi da gennaio fino a aprile. In questo stesso periodo la riserva idrica del suolo risulta saturata. e quindi la piovosità in eccesso ruscella o percola negli strati profondi. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 35 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE Da maggio l’evapotraspirazione sopravanza l’apporto dovuto alle precipitazioni, e quindi questa é in parte a carico delle riserve del suolo. La curva dell’evapotraspirazione reale posizionata sotto l’evapotraspirazione potenziale, nel periodo maggio – ottobre, indica che le piante non hanno a disposizione tutta la quantità di acqua che potrebbero traspirare. Tabella 6 - Variazioni di "ST" (riserva idrica), "D" (deficit idrico) e "S" (surplus idrico) per la stazione di Castelmartini G F M A M G L A S O N D Anno ST (mm) 150 150 150 150 131 D (mm) 0 0 0 S (mm) 91 87 52 57 -60 0 0 52 101 150 - 0 1 21 74 67 10 0 0 0 173 8 0 0 0 0 0 0 21 96 355 Variazioni di "Storage", "Deficit" e "Surplus" per la stazione di Castelmartini 200 150 mm 100 50 0 GEN. FEB. MAR. APR. MAG. GIU. LUG. AGO. SET. OTT. NOV. DIC. -50 -100 mesi dell'anno ST= variazioni della riserva idrica del terreno D= deficit idrico S=surplus idrico Figura 3 - Variazioni di "ST" - "D" - "S" per la stazione di Castelmartini Il valore più basso di "ST" (storage, riserva) si raggiunge nel mese di luglio. Dal mese di settembre in poi le riserve del suolo vengono ricaricate fino a raggiunge la saturazione, e già nel mese di dicembre siamo nuovamente in presenza di surplus idrico. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 36 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 12.2 Considerazioni generali sul clima dell’area Dall'osservazione degli elaborati si evidenzia l'influenza dell'altimetria sull’intensità e distribuzione delle precipitazioni, che registrano i valori minimi per le stazioni collocate nella fascia altimetrica al di sotto dei 400 m.s.l.m.. La distribuzione mensile delle precipitazioni risente dell'influenza mediterranea, presentando variazioni piuttosto irregolari nel primo trimestre dell'anno: in genere si ha un massimo relativo nei mesi di gennaio e febbraio, mantenendosi relativamente elevate nei mesi di marzo e aprile, per iniziare a diminuire e toccare il valore minimo in luglio ed aumentare di nuovo con regolarità fino al valore massimo in genere a novembre. Le piogge sono concentrate prevalentemente nei periodi autunnale ed invernale, in primavera mantengono un buon livello quantitativo mentre durante la stagione estiva risultano più modeste. Per quanto riguarda la piovosità estiva, il valore medio dei mesi di giugno, luglio e agosto sembrerebbe escludere siccità (secondo De Philippis il limite al di sotto del quale l'estate è considerata siccitosa è di 150 mm.). Si sono verificate diverse annate, nei periodi considerati, in cui nel trimestre si sono registrati valori inferiori ai 150 mm e quindi la probabilità di estati siccitose è abbastanza elevata in special modo alle quote inferiori, per cui il regime udometrico estivo risulta alquanto irregolare, con alternanza tra estati secche ed estati relativamente umide. Per quanto concerne le temperature dell'aria, confrontando la temperatura media diurna delle coppie di mesi considerati simmetricamente rispetto a luglio (giugno-agosto; maggio-settembre), si può constatare che tutti i mesi della seconda metà dell'anno sono più caldi dei corrispondenti della prima metà. Questo tipico andamento del regime termico è dovuto all'influenza del mare, che prolunga l'estate verso l'autunno, compensando mediamente la cessione estiva di calore a masse d'aria transitanti verso l'interno, la minor quantità di radiazione solare che giunge al suolo in autunno. Altro indice di tale influenza mediterranea è la limitata escursione termica annua (differenza tra la media diurna del mese più caldo e di quello più freddo), che, con il valore medio di 17,7 °C è inferiore ai 20 °C considerati come soglia di passaggio tra climi marittimi e climi continentali. Riguardo ad altre classificazioni climatiche, secondo De Philippis, il clima può essere classificato come un clima con inverno mite o temperato caldo (stazioni con almeno 9 mesi con temperatura media superiore a 10 °C), con estate calda e più o meno siccitosa. Secondo Koppen siamo in presenza di un clima temperato fresco umido (Cf) cioè di stazione con 4-8 mesi con temperatura media superiore a 10 °C, eccetto le zone di pianura, caratterizzate da estati molto calde, con temperatura media del mese più caldo superiore a 22 gradi. Dai dati disponibili e dalle osservazioni dirette in campagna, l'area in esame, dal punto di vista fitoclimatico, secondo la classificazione Pavari-De Philippis, è compresa nella zona fitoclimatica del Lauretum, 2° tipo con siccità estiva, tra sottozona media e sottozona fredda. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 37 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 13- LA GEOLOGIA 13.1 Inquadramento geologico Le caratteristiche geologiche del territorio di Lamporecchio sono descritte nella Carta geologica in scala 1:10.000. Da questo punto di vista possono essere distinti due soli domini: i sedimenti di origine marina e i depositi di origine continentale. I primi caratterizzano tutta la parte montano - collinare del Territorio Comunale, caratterizzata litologicamente dall'arenaria "Macigno", facente parte della Dorsale del Monte Albano. I secondi si rilevano alle quote inferiori, di collegamento con l’ampia pianura della Valdinievole e con il cratere del padule di Fucecchio. La geologia è quindi, dal punto di vista litologico e strutturale, piuttosto semplice. L’area è stata ampiamente studiata nel corso degli anni passati in occasione degli studi di supporto alla variante Generale al PRG (Argentèa – 1993). 13.2 Stratigrafia Nel Territorio Comunale sono state distinte le seguenti formazioni geologiche, dal basso verso l'alto: Successione Toscana (Falda Toscana Autoctona) Mg - Arenaria Macigno (Oligocene medio-sup.): si tratta di arenarie quarzosofeldspatiche di origine torbiditica, in banchi gradati di spessore variabile, intercalate a sottili interstrati di argilliti e siltiti. Gli strati arenacei possono raggiungere anche spessori di 10 m. Alla sommità della formazione si trovano spesso olistostromi di materiali argilloscistosi (Olmg) facenti parte dei complessi alloctoni tosco-emiliani e livelli di marne assimilabili alle marne di S. Polo di altre zone dell’Appennino Toscano. La sedimentazione del Macigno è avvenuta in acque profonde, in un bacino con asse orientato in direzione NO-SE; il materiale a composizione quarzoso-feldspatica delle arenarie proveniva probabilmente dalla zona alpina e derivava dalla rapida erosione di gneiss e graniti; gli olistostromi provenivano da ovest per scivolamento nel bacino di materiali liguri coinvolti nel corrugamento appenninico. Nell'area di Lamporecchio questa formazione affiora estesamente, costituendo una dorsale ad anticlinale stretta, con strati spesso anche verticali verso Est. In gran parte la formazione appare tettonizzata, e interessata da una fitta rete di fratture che rende difficoltoso il riconoscimento della giacitura reale degli strati. Lo spessore degli strati arenacei è generalmente potente, con spessori medi superiori al metro, mentre i livelli siltosi risultano molto più ridotti con spessori medi dell'ordine del decimetro. L'età è l'Oligocene Superiore. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 38 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE Terreni di copertura (di origine continentale) Qc - Conglomerati e ciottoli di macigno e sabbie (Villafranchiano): si identificano in una fascia a contatto diretto con le arenarie e sono caratteristici di un deposito continentale (fluvio- lacustre) costituito da ciottoli e blocchi arrotondati di arenaria in matrice sabbiosa, debolmente cementati. I ciottoli sono spesso alterati. Ql - Argille grigie, argille sabbiose e sabbie di ambiente lacustre (Villafranchiano): argille grigie di origine continentale, ricche spesso di resti vegetali, argille torbose scure, argille sabbiose e sabbie. Al contatto con la formazione inferiore del Qc, i terreni sabbiosi prevalgono sulle argille; sono presenti livelli di ciottoli ed elementi di macigno e di calcari provenienti dalle formazioni di tipo toscano. L'età è il Villafranchiano. Al tetto delle formazioni sopra elencate vi sono, in forma di coltri superficiali di spessore variabile, quei depositi la cui origine può essere attribuita al Quaternario e così suddivisibili: at – Depositi fluvio lacustri terrazzati (Quaternario): si tratta di dovuti ad una successione alterna di erosione e sedimentazione d'acqua principali; si trovano generalmente sui fianchi delle valli o tetto delle formazioni villafranchiane, in posizione elevata rispetto corsi d'acqua. depositi alluvionali, ad opera dei corsi sui deboli crinali al al letto attuale dei C – Depositi di conoide (Quaternario - attuale): depositi di ciottoli, ghiaie e sabbie, si rilevano generalmente nei fondovalle allo sbocco dei corsi d’acqua secondari nei principali. all - Depositi alluvionali recenti ed attuali (Quaternario - attuale): si tratta di alternanze di depositi ghiaiosi, sabbiosi, limosi e argillosi, ad andamento lenticolare, con frequenti eteropie laterali, talora con stratificazione incrociata, costituenti i sedimenti più recenti dei corsi d’acqua della Val di Nievole. Interessano strette fasce lungo le valli principali ed hanno generalmente esiguo spessore. Nella zona limitrofa al Padule di Fucecchio si hanno depositi fini di colmata. dt - Detriti e terreni di copertura (Quaternario): sono coltri di materiale incoerente prodotto dalla degradazione delle rocce sottostanti (eluvium), o dal lento accumulo di materiale di disfacimento dilavato dagli agenti atmosferici (colluvium), oppure si tratta di accumuli di frana o paleofrana. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 39 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 13.3 Assetto strutturale Da un punto di vista geologico l’area in esame è inquadrabile nella storia evolutiva dell’Appennino Settentrionale. Esso rappresenta una catena orogenica ed è costituito da diverse unità tettoniche, venute in contatto fra loro in seguito all’orogenesi appenninica. La struttura e l’assetto attuale delle varie unità tettoniche sono il risultato di una complessa storia deformativa iniziata nel Cretaceo superiore in seguito alla convergenza dei margini dell’Oceano Ligure-piemontese. Si possono distinguere due fasi: − una fase oceanica iniziata al limite tra Cretaceo inf. e Cretaceo sup. e terminata nell’Eocene medio con la chiusura dell’Oceano Ligure-piemontese; durante questa fase si ha la formazione di un prisma d’accrezione costituito dall’impilamento per sottoscorrimento verso ovest delle coperture oceaniche e di parte del loro basamento (Unità Liguri); − una fase intracontinentale (iniziata nell’Eocene medio-superiore) durante la quale si ha lo sviluppo di una tettonica a thrust e falde con sottoscorrimento verso ovest delle Unità Toscane sotto le unità precedentemente impilate (Unità Liguri). Durante questa fase il fronte compressivo migra verso est, seguito a partire dal Miocene medio da un fronte distensivo legato alla distensione crostale che ha portato alla formazione dei bacini intermontani (depressioni tettoniche a semi-Graben) di età via via più giovane proseguendo da ovest verso est. Le varie unità tettoniche si sono sovrapposte, contraendo fra di loro rapporti di natura tettonica; si ha così che durante la fase intracontinentale le Unità Liguri si sono sovrapposte alle Unità Toscane. Un importante lineamento tettonico, che costituisce un fronte di sovrascorrimento, è rappresentato dalla piega rovesciata che coinvolge la Serie Toscana non metamorfica e ben seguibile dalla Val di Lima, a Marliana, al Colle di Monsummano e a sud fino al Monte Cetona in Toscana meridionale. In questo quadro evolutivo è possibile osservare che la dorsale del Monte Albano, costituita prevalentemente da arenarie torbiditiche appartenenti alla formazione del Macigno, rappresenta una zona di alto strutturale che delimita due depressioni tettoniche: quella posta a nord rappresenta il bacino di Pistoia - Firenze, mentre quella posta sud rappresenta il bacino dell’Elsa ed è l’area in oggetto. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 40 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 13.4 Lineamenti tettonici ed evoluzione paleogeografica Tutta la parte montano - collinare del Territorio Comunale, caratterizzata litologicamente, dall'arenaria "Macigno", fa parte della Dorsale del Monte Albano, la cui struttura è costituita da un'anticlinale asimmetrica vergente a Nord-Est, piuttosto stretta, con il fianco Nord-Est più inclinato. Questa struttura della dorsale può essere giustificata dalla presenza di nuclei mesozoici che ne hanno provocato il sollevamento, con spinte dal basso verso l'alto, queste spinte hanno provocato sistemi di faglie longitudinali e trasversali. Un sistema di faglie trasversali, non localizzabili sul terreno, dovrebbe trovarsi in corrispondenza della sella di S. Baronto, come è rilevato dalla topografia, dall’analisi fotogeologica e dalla presenza di strati variamente dislocati nei pressi di questa località. Al di sopra del "Macigno", in discordanza con questo, vi sono sedimenti depostisi durante una fase regressiva verificatasi all'inizio del Quaternario, durante la quale si formarono zone palustri con sedimentazione dei litotipi già descritti. Una successiva fase di sollevamento, che provocò una inclinazione del bacino verso Sud-Ovest, causò una ripresa dell'attività erosiva dei torrenti che scendevano dal Monte Albano, con un orientamento prevalente di questi verso Sud Ovest, legato sempre al sollevamento. L' azione erosiva ad opera dei torrenti provocò marcate incisioni nei depositi villafranchiani, dando a questi ultimi la morfologia di leggero rilievo con crinali debolmente inclinati, che attualmente è visibile e caratteristica di questa porzione di Montalbano. Una successiva fase di colmamento, dovuta alla chiusura del bacino da parte dell'Arno a Ponte a Cappiano, ha comportato la messa in posto di sedimenti recentissimi in senso geologico da parte degli attuali corsi d'acqua. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 41 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 13.5 Elementi di idrogeologia Le caratteristiche della falda idrica sono descritte nella Carta Idrogeologica, Tavola 2 del Quadro delle conoscenze. In dipendenza della situazione geolitologica caratterizzante l'area, dominata dai rilievi della arenaria macigno, la limitatezza delle superfici di pianura e di depositi alluvionali consistenti, le condizioni idrogeologiche risultano difficilmente prevedibili. Si fornisce una stima qualitativa della permeabilità dei vari tipi litologici distinguendo tre classi con coefficiente medio di permeabilità decrescente dalla classe I alla classe III, più una classe che comprende le formazioni praticamente impermeabili. Le tre classi corrispondono qualitativamente a permeabilità buona media e bassa rispettivamente. La permeabilità più alta è stata attribuita ai sedimenti alluvionali recenti (All) e terrazzati (At) e ai depositi detritici (dt); questi depositi sono peraltro compresi in più di una classe, in quanto composti da sedimenti a granulometria molto variabile. Quanto esposto vale anche per le argille, argille sabbiose e sabbie (Ql) del Villafranchiano, in quanto, anche in esse, la granulometria è variabile e la permeabilità varia con il contenuto in percentuale di argilla rispetto alla sabbia. I conglomerati e ciottoli di arenaria "Macigno" e sabbie del Villafranchiano (Qc), presentano una permeabilità medio bassa, variabile a seconda del grado di cementazione dei sedimenti. Il Macigno invece, è dotato di una certa permeabilità secondaria. Tale tipo di permeabilità è conseguenza della fratturazione, che può permettere circolazione di acqua in profondità anche in rocce prive di porosità. Essa è direttamente proporzionale alla densità di fratturazione per cui si va da una permeabilità media alla quasi impermeabilità. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 42 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 13.6 Inquadramento geomorfologico Il territorio in esame può essere distinto in due unità morfologiche principali: - Unità morfologica collinare - Unità morfologica di raccordo fra collina e aperta pianura Tale suddivisione è determinata dalle diverse litologie presenti nella zona, essendo dirette, in questo territorio come in altri, le relazioni fra morfologia, struttura geologica e tipo di rocce. 13.6.1 Unità morfologica collinare All'interno di questa unità di paesaggio, i caratteri morfologici principali sono rappresentati dai rilievi montuosi della catena del Monte Albano con asse orientato NW-SE e quote che vanno dai 350 agli oltre 500 metri sul livello del mare, e versanti degradanti verso SW, con forme più dolci, sino ad una quota di circa 70 m. s.l.m. Tale unità, dal punto di vista litologico, è caratterizzata dall'affioramento della formazione arenacea del Macigno, con prevalenza di soprassuolo boschivo (in genere ceduo di latifoglie varie) alle quote più elevate, sostituito alle quote inferiori da oliveti e subordinatamente vigneti con il tipico modellamento dei versanti a terrazzi. La notevole fratturazione della roccia e la forte acclività dei versanti, creano situazioni di instabilità piuttosto marcate, riguardanti prevalentemente i terreni coltivati, nelle porzioni mediane dei versanti e nei fondovalle. Questa porzione di territorio è caratterizzata dalle evidenze morfologiche delle paleofrane, testimoni di eventi gravitativi originatisi ed evolutisi in condizioni climatiche bene diverse dalle attuali. Le morfologie relitte si individuano chiaramente presso i versanti di San Baronto, determinando a tratti aree di instabilità o situazioni al limite dell’equilibrio. I rilievi in campo comunque hanno evidenziato spessori detritici piuttosto esigui. Oltre alle cause sopra elencate, a luoghi la stabilità dei versanti è complicata dalla giacitura sfavorevole degli strati arenacei (immersione prevalente a Nord-Nord Est, in accordo con l'andamento strutturale generale del Monte Albano), a franapoggio rispetto al pendio. Presso il versante Sud della dorsale, quello che guarda verso Lamporecchio e a quote più basse, la situazione, dal punto di vista della stabilità, appare più tranquilla; queste non mostrano evidenti segni di ripresa del movimento primitivo, ma si tratta pur sempre di masse detritiche, fortemente rimodellate, potenzialmente instabili; in esse si rilevano concavità e piccoli crolli soprattutto in prossimità di vecchi terrazzamenti antropici in abbandono. Non si sono rilevati nelle indagini situazioni di dissesto in atto presso i nuclei edificati della collina, essi infatti si trovano prevalentemente localizzati in posizione di crinale e D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 43 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE fondati su roccia affiorante, quindi in posizione di buona stabilità. Sono rari i casi in cui edifici sparsi occupano le concavità delle vallecole. Uno dei più significativi fenomeni di instabilità si trova presso la località Fornello, sulla strada che collega San Baronto a Vinci, a monte della strada, presso gli edifici, si sono realizzate di recente opere di consolidamento, a valle il terreno appare in lento movimento come dimostrato dai segni presso la sede stradale. In particolare a Nord di S. Baronto, presso il versante al di sotto del cimitero, vi è un'area instabile, ora quiescente, che scendendo verso Nord a quote inferiori interessa la sottostante Strada Provinciale. Qui, oltre alle cause sopra elencate, la situazione è resa sensibile dalla giacitura sfavorevole degli strati arenacei (immersione prevalente a Nord-Nord Est, in accordo con l'andamento strutturale generale del Monte Albano), a franapoggio rispetto al pendio. Risalendo lungo la Strada Provinciale, verso S. Baronto, si segnala una serie di altri movimenti franosi che interessano la coltre detritica superficiale e che hanno provocato, negli anni passati, danni alla sede stradale. Sul versante Sud della dorsale, quello che guarda verso Lamporecchio, la situazione, dal punto di vista della stabilità, appare più tranquilla, anche se le paleofrane e frane quiescenti, come si vede dalla carta, sono piuttosto frequenti; queste non mostrano evidenti segni di ripresa del movimento primitivo, ma si tratta pur sempre di masse detritiche, fortemente rimodellate, potenzialmente instabili; in esse si rilevano concavità e piccoli crolli soprattutto in prossimità di vecchi terrazzamenti antropici in abbandono. Da sottolineare gli accumuli tra S. Baronto e Giugnano nei pressi del quale, a valle di Via di Giugnano, sono riscontrabili modesti movimenti attivi che interessano le colture arboree ed aree soggette a erosione laterale di sponda da parte della Forra di Beboli. Presso Alberghi, a valle della Strada Provinciale, si rilevano gli accumuli di due paleofrane, potenzialmente instabili, data anche la forte acclività del versante. Un'area soggetta a diffusi dissesti si riscontra nella vallecola del Rio Pozzarello, a SUDEST di San Baronto, e a SUD dell'abitato di Varazzano. A Spicchio si rileva una paleofrana, fortemente rimodellata e stabilizzata. Ad Est di questo nucleo abitato, sui due versanti della Forra Mulinsegni, altri piccoli movimenti attivi interessano la coltre detritica superficiale; sono anche da segnalare le aree soggette a scalzamento per l'azione erosiva del torrente nei detriti accumulati nel fondovalle. Un'altra paleofrana che attualmente non mostra instabilità, si segnala a Papiano. Nella zona di Porciano si segnala un sistema di frane relitte a Sud e a Sud Ovest del paese, attualmente non attive ma di scarsa stabilità, come confermato da alcuni segni di ripresa all'interno e ai margini di esse. La situazione sopra descritta individua una modesta relazione diretta fra strutture edificate e movimenti gravitativi in atto; i nuclei abitati infatti si trovano prevalentemente localizzati in posizione di crinale e fondati su roccia affiorante, quindi in posizione di buona stabilità. Le aree di espansione edificatoria passata, e anche l'attuale, modesta, in progetto, seguono le stesse direttrici; i dissesti maggiori, come già accennato in precedenza si D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 44 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE rilevano presso i versanti ad utilizzazione agricola, spesso corrispondono a impluvi e a superfici invase da vegetazione infestante, ben individuabili da fotointerpretazione, meno evidenti sul posto e non riconosciuti come tali dagli utilizzatori locali, che, comunque di rado vanno a coltivare in quelle zone. Situazioni di questo genere, anche estese, sono state classificate come "frane quiescenti" risultano evidenziate nella cartografia, zone di: I Pianali, Bufignano, Giugnano Sud, il Poderino, Papiano Sud-Ovest, Lampaggio Sud, Baghera, Al Ronco Nord-Est e altre zone. L'importanza di tali aree è dovuta principalmente alla limitroficità con le aree edificate rurali e con la viabilità di accesso ai vari poderi; la loro presenza con l'acclività contribuisce a conferire all'intero versante che le ospita un certo grado di pericolosità, del quale si dovrà tenere conto in sede di realizzazione di opere viarie, di bonifica, reti trasporto energia, pratiche agricole. 13.6.2 Unità morfologica di raccordo fra collina a pianura Questa unità è rappresentativa di un'area di transizione fra l'ambiente montano collinare e quello di pianura, e va dai 70 m. di quota, ove affiora ancora il macigno in giacitura generalmente favorevole a traverpoggio o a reggipoggio, fino ai 20 m. s.l.m ai limiti sud ovest del territorio comunale. I caratteri morfologici principali sono i crinali di modesta altitudine, molto allungati verso la pianura, costituiti dalle formazioni Villafranchiane, separati dalle incisioni dovute all'attività erosiva delle aste fluviali, esauritasi nel Quaternario recente (circa 2.000 anni fa). La zona risulta scarsamente interessata da fenomeni di dissesto in quanto i tratti delle aste fluviali che vi si trovano sono in generale in equilibrio o in deposizione. Si riscontrano alcune limitate forme di erosione superficiale nei pressi di Maestro Marco e nei terreni del Parco di Svagher (o Parco Rospigliosi). Sono frequenti invece le scarpate, in lieve arretramento, costituenti per lo più i bordi dei terrazzi o limiti di unità litologiche. In questa zona sussistono invece modesti e localizzati problemi di ristagno d'acqua; l'indagine eseguita ha permesso di individuare aree morfologicamente depresse e di attribuire ognuna di esse ad una classe di pericolosità secondo i criteri illustrati precedentemente. Tali aree caratterizzano generalmente il fondo pianeggiante delle vallecole alluvionali, nella maggior parte dei casi il ristagno è dovuto all'inefficienza del drenaggio superficiale, per fossi non puliti da erba e rifiuti (fossi principali o interpoderali che limitano o impediscono lo smaltimento delle acque); così è per le zone vicino a Casuccia, presso Beboli, a Nord di Fabbrichelle, a Cerbaia, vicino a Poggio alla Cavalla e lungo il Rio Mozzo (Fosso di Mezzo). Talvolta ai bordi delle zone suddette esistono zone a limitato rischio perchè più elevate topograficamente rispetto alle precedenti o per locali cambi di litologia, o per attività antropica, con passaggio a situazioni di maggiore permeabilità e migliore drenaggio. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 45 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 14- I FIUMI 14.1 Caratteri idrografici Dal punto di vista idrografico non si individua nel territorio comunale un corso d'acqua di particolare rilevanza e ordine; i confini amministrativi NORD ed EST coincidono pressappoco con i limiti di un bacino idrografico caratterizzato dalla presenza di corsi d'acqua a regime men che torrentizio; la toponomastica è ricca di terminologia quale "forra"e "rio" bene indicativa di un regime idraulico di particolare discontinuità; i corsi d'acqua che, originatisi presso il crinale NORD scendono verso SUD quali: Lamporecchio, Beboli, Spicchio, ecc., sono tributari del Torrente Vincio di Cerreto Guidi (fuori provincia), a sua volta tributario del Canale Maestro del Terzo, del Padule di Fucecchio, quindi del Fiume Arno. Il limite OVEST del comune è segnato dal Rio Bottaccio anch'esso confluente nel Canale del Terzo. 14.2 Rischio idraulico Nel territorio indagato non vi sono tratti di corso d'acqua arginati, di particolare importanza, che possano introdurre elementi di rischio da ricondursi a eventi di rotta o tracimazione d'argine; opere di bonifica idraulica sono presenti diffusamente nella porzione collinare ma sono di scarsa importanza quali briglie e difese laterali di sponda; d'altra parte è da ricordarsi che la gran parte del drenaggio superficiale è impostato su roccia. Nel corso degli studi di PRG del 93 furono eseguite indagini per l'individuazione del rischio idraulico dovuto al verificarsi di fenomeni di ristagno d'acqua, per fotointerpretazione e controlli in campo durante i quali, avvalendosi anche di interviste ai residenti nelle zone urbanizzate ed agricole, furono delimitate aree caratterizzate da diversi tempi di ristagno e all'individuazione di tratti della rete drenante superficiale dotati di scarsa funzionalità e soggetti a tracimazione in periodi di crisi. I metodi di analisi furono quindi essenzialmente qualitativi e basati sull’esame di serie storiche; la delibera 230/94 dettò i criteri rigorosi per la definizione del rischio tramite la redazione di studi idrologici e idraulici, l’applicazione di modelli e simulazioni. Nel ‘94 si verificarono diversi eventi alluvionali in Toscana, che si ripeterono anche negli anni successivi, tali eventi e quelli precedenti più catastrofici del ’66 sono stati mappati e fanno parte della carta Guida delle Aree Allagate dell’Autorità di Bacino del Fiume Arno (1999). Tale carta pone vincoli alla edificazione dei suoli. Il territorio di Lamporecchio è rappresentato in questa carta in due zone: − la prima presso Bivio Tesi sulla via per Borgano, ha interessato un’area a destinazione produttiva. − la seconda presso Podere Mattonaia e documenta un episodio di alluvionamento ad opera del Rio di Mezzo. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 46 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 15- I BOSCHI Nel presente capitolo vengono sviluppate considerazioni al fine di dare una visione d’insieme delle varie tipologie di vegetazione naturale presenti nell’area, oggetto di studio. Questo restringe, in maniera quasi esclusiva, il campo di indagine alla sola porzione collinare del territorio dal momento che tutta la parte pianeggiante è occupata, oltre che dagli insediamenti urbani, dalle colture agrarie. L’area collinare presenta le seguenti tipologie forestali schematizzate nella seguente tabella. Tabella 7 - Tipologie Forestali Boschi cedui Boschi ad alto fusto Formazione riparia Macchia 15.1 Boschi cedui A tale categoria appartiene la maggior parte dei boschi del comprensorio; questa forma di governo è molto diffusa e pressoché tutti i boschi sono a regime (cioè sono sottoposti a regolari tagli di utilizzazione seguendo la periodicità dei turni). All’interno di questa generica categoria si sono evidenziate alcune tipologie in modo da esemplificare la descrizione di questi soprassuoli. Tabella 8 - Tipologie di boschi cedui misti di castagno di robinia di leccio coniferati 15.2 Boschi cedui misti Si tratta in genere di soprassuoli riconducibili ai querceti termo-xerofili a roverella con varia mescolanza di orniello (Fraxinus ornus L.), leccio (Quercus ilex L.), carpino nero (Ostrya carpinifolia Scop.); detti boschi si ritrovano localizzati sui versanti meridionali, presenti nell’area, in genere nelle situazioni stazionali più sfavorevoli quali sono i dossi e le aree di crinale. Spesso questo tipo di bosco, proprio per il fatto di essere localizzato nelle situazioni meno favorevoli, è rappresentato da soprassuoli a tratti degradati. In queste situazioni di degrado alle specie arboree sopra menzionate, con particolare prevalenza della D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 47 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE roverella (Quercus pubescens Wild.), si associa un nutrito corredo di specie arbustive quali: corniolo (cornus sanguineua L.), ginestra odorosa (Spartium junceum L.), prugnolo (Prunus spinosa L.), cisti (cisti spp.L.), rovi (rubus spp.L.), rosa canina (Rosa canina L.) e raro alaterno (Rhamnus alaternus L.). Come si può immaginare la mescolanza fra le varie essenze è quanto mai varia per cui a fronte delle molte situazioni in cui la roverella emerge sopra le altre specie pur senza raggiungere quella prevalenza che contraddistingue i soprassuoli puri (consistenza della specie superiore al 70%). Si ritrovano, invece, localmente situazioni in cui è il carpino nero a dar luogo a piccole porzioni di soprassuoli puri. Nelle situazioni più favorevoli, dal punto di vista vegetazionale, la mescolanza di questi boschi si arricchisce di specie più mesofile quali cerro (Quercus cerris L.) e castagno (Castanea sativa Mill.). Regolarmente utilizzati a raso, i soprassuoli presentano caratteristiche alquanto variabili in relazione alle mutevoli condizioni stazionali: in corrispondenza di suoli acclivi e superficiali, i cedui presentano limitati accrescimenti e copertura a tratti lacunosa; ove il terreno diviene appena più profondo e la pendenza si attenua, le condizioni dei soprassuoli migliorano sia in termini di vigorìa che di densità. La densità varia da normale a scarsa, mentre la matricinatura, prevalentemente di cerro e roverella, appare variabile sia per il numero di soggetti ad ettaro che per la distribuzione sul terreno; normalmente si osservano un consistente numero di rilasci in corrispondenza dei popolamenti più giovani. 15.3 Cedui di cerro Presentano condizioni vegetative generalmente buone con densità, salvo nelle zone peggiori, quasi ovunque regolare. La matricinatura varia fra 50-70 piante ad ettaro, generalmente costituita da soggetti di 1-2 turni, raramente più adulte. Al cerro si associano spesso latifoglie termofile quali castagno, carpino nero, roverella, orniello, più raramente aceri e sorbi. Nei tratti caratterizzati da una densità minore si è insediato un sottobosco arbustivo di vario sviluppo costituito prevalentemente da ginepro e rosa canina. 15.4 Cedui di castagno Questi soprassuoli, caratterizzati da un temperamento decisamente più mesofilo dei precedenti, sono localizzati sui versanti nord dei rilievi. I cedui di castagno presentano nel complesso buone condizioni vegetative ed un buon sviluppo, tanto che sovente queste formazioni si stagliano su quelle precedentemente trattate (boschi di roverella) per il loro sviluppo in altezza, tra l’altro il castagno sembra godere di buona salute e si rilevano, ad esempio, pochi attacchi di cancro corticale. In questi boschi la matricinatura è spesso costituita da soggetti di pino marittimo (Pinus pinaster), e solo in alcune aree, di modesta estensione, si riscontrano soprassuoli puri in cui anche le matricine sono costituite da castagno. I cedui di castagno si rinvengono in corrispondenza di suoli caratterizzati da una maggior profondità e freschezza rispetto ai primi. Al castagno si accompagnano carpino D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 48 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE nero e cerro. Derivano in massima parte dalla ceduazione dei preesistenti castagneti da frutto, di cui a volte permangono alcuni vecchi e seccaginosi soggetti da frutto, la cui estensione si è progressivamente ridotta ad iniziare dalla seconda metà degli anni ’50 soprattutto per la diffusione del mal dell'inchiostro e del cancro corticale. I cedui di castagno presentano attualmente uno stato vegetativo soddisfacente e gli stessi attacchi di cancro appaiono in fase regressiva. La densità è quasi ovunque regolare, con matricinatura in genere costituita da 60-70 piante ad ettaro. 15.5 Castagneti da frutto Occupano nuclei di limitata estensione spesso dislocati in zone marginali, acclivi e scarsamente servite da strade, pressoché tutti in abbandono, presentano strutture irregolari a causa delle ceduazioni, caratterizzate da un rado piano dominante costituito da vecchi soggetti da frutto con branche seccaginose o in via di seccagione a causa degli attacchi di cancro corticale, sovrastante un piano ceduo di sviluppo variabile a cui si intercalano piante da seme più giovani. Per i castagneti in esame si ritiene che il grado di danneggiamento e mortalità raggiunto sia tale da scoraggiare qualsiasi intervento di recupero, per cui si ipotizza il ricorso alla ceduazione con eventuali verifiche da fare in relazione alla fauna presente, in modo particolare a quella ornitologica. 15.6 Cedui di robinia Si è ritenuto opportuno sottolineare, mediante una trattazione separata, la presenza dei cedui di robinia (Robinia pseudoacacia L.).Questo tipo di bosco non ha una diffusione molto ampia sul territorio, poiché la sua presenza, sempre di origine artificiale, è in genere legata ad interventi sistematori di aree in dissesto; in effetti spesso la robinia viene impiegata, in virtù delle caratteristiche del suo apparato radicale ed alla sua capacità di generare numerosi polloni radicali, nel consolidamento di pendici in dissesto. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 49 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 15.7 Cedui di leccio Questo tipo di bosco è anch’esso poco diffuso nel comprensorio; questa essenza tipica dell’ambito mediterraneo concorre spesso alla costituzione dei cedui misti , già trattati, ed in talune situazioni particolari, ove le condizioni stazionali assumono caratteristiche prettamente termofile, dà luogo a soprassuoli puri. 15.8 Cedui coniferati Questo tipo di soprassuoli, cui abbiamo già avuto modo di accennare durante la trattazione dei cedui di castagno, sono piuttosto diffusi in tutto l’ambito territoriale; anche ad una ricognizione panoramica appare evidente la presenza di molti boschi punteggiati di soggetti di pino marittimo. Nel complesso questi boschi non sono caratterizzati da una composizione specifica univocamente definita, il comune denominatore é dato dal pino marittimo, che con la sua più o meno marcata presenza fa assumere a questi boschi ora l’aspetto di cedui matricinati, nei quali solo una porzione delle matricine é costituita dal pino, fino ad arrivare, attraverso tutta una serie di situazioni graduali, a soprassuoli configurabili come cedui composti, in cui il pino marittimo costituisce un piano dominante continuo sopra il ceduo. 15.9 Alto fusto di conifere Questi soprassuoli sono essenzialmente rappresentati da fustaie di pino marittimo, spesso presentano caratteristiche di sviluppo e portamento mediocri Si tratta per lo più di perticaie e giovani fustaie originate, nella maggior parte dei casi dal rimboschimento di ex-coltivi: in seguito agli incedi, si è diffuso spontaneamente. Questi soprassuoli sono a densità eccessiva, in specie la maggior parte delle perticaie che è tuttora a densità. 15.10 Formazione riparia Si ritrova lungo i tratti inferiori dei principali torrenti, dove la vegetazione assume a tratti le caratteristiche proprie della vegetazione riparia, in cui sono presenti specie caratteristiche di questo ambito quali pioppo nero, ontano nero, salice, robinia. Questi boschi, di distribuzione molto localizzata e di limitata estensione, presentano a volte struttura irregolare spesso riconducibile al ceduo, poiché sovente vengono utilizzati unitamente ai boschi adiacenti. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 50 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 15.11 Incendi boschivi Fonte: Rapporto sullo Stato dell’Ambiente 2004 della Provincia di Pistoia Gli incendi rappresentano una grave calamità per gli ecosistemi forestali. Nel Rapporto sullo Stato dell’Ambiente 2004 della Provincia di Pistoia si fa riferimento ai dati del periodo 1984 –2002, rilevati dai Comandi Stazione del Corpo Forestale dello Stato. Nella Provincia di Pistoia sono stati registrati 1.355 incendi che hanno interessato una superficie boscata pari a 3.135 ettari ed una superficie non boscata di 845 ettari. All’interno del territorio provinciale i comuni che presentano la più alta percentuale di superficie incendiata rispetto alla superficie comunale sono il comune di Pescia con il 18%, il comune di Montale con l’8% e i comuni di Lamporecchio e Uzzano con il 6%. Valutando la superficie media percorsa dal fuoco per ogni incendio, la Provincia di Pistoia mostra un valore molto più basso rispetto al valore regionale e nazionale. Questo potrebbe essere attribuito a fattori di tipo climatico e geomorfologico, a caratteristiche specifiche della foresta (tipologia di legno e sottobosco) e all’efficienza del servizio antincendio. Tabella 9 - Superficie (in ettari) percorsa da incendi per tipologia. Anni 1984-1998 Provincia N° Fustaia Ceduo Massa-Carrara 1.556 4.119 6.054 Lucca 1.999 5.222 7.540 Pistoia 1.223 646 2.260 Firenze 1.800 1.167 1.725 Livorno 840 1.355 945 Pisa 1.075 1.586 667 Arezzo 1.636 378 3.326 Siena 732 605 659 Grosseto 1.473 596 1.662 Prato 330 174 522 Totale 12.664 15.847 25.359 Fonte: Regione Toscana. Servizio antincendi boschivi Macchia mediter. 21 117 0 22 2.283 216 2 95 945 0 3.702 Totale bosco 10.194 12.879 2.906 2.914 4.583 2.469 3.705 1.359 3.203 696 44.907 Non boscato 4.251 5.328 818 1.828 4.072 2.438 2.206 2.521 4.742 430 24.634 Totale 14.445 18.207 3.724 4.742 8.655 4.906 5.911 3.880 7.945 1.126 73.541 Tabella 10 - Dati incendi medi per anno. Anni 1984 – 2002 Numero incendi Superficie totale (ettari) Superficie boscata (ettari) Pistoia 71 209 165 Toscana 747 4.171 2.575 Italia 11.063 118.413 51.999 Fonte: Corpo Forestale dello Stato, coordinamento provinciale di Pistoia Superficie media per incendio Tot. ettari Boscata ettari 2,9 2,3 5,6 3,4 10,7 4,7 Per quanto riguarda le cause di sviluppo degli incendi nel periodo considerato il 63% degli eventi è stato attribuito alla volontarietà, il 19% alla involontarietà, il 18% a cause dubbie e solo 5 incendi sono stati attribuiti a cause naturali (fulmini). I dati mettono in evidenza quindi l’origine dolosa della maggior parte degli incendi boschivi. L’elaborazione dei dati ha inoltre messo in evidenza che il fenomeno degli incendi non si riscontra solo in estate, ma anche nei mesi invernali: nel primo trimestre dell’anno gli incendi sono risultati pari al 33,2% del totale, nel secondo al 11,6%, nel terzo al 50,0% e nel quarto al 5,2%. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 51 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE Nel Piano Operativo Antincendi Boschivi 1997-2000 la Regione Toscana ha assegnato a ciascun comune un indice di rischio che esprime la potenzialità di un singolo territorio ad essere interessato da incendi. Nella determinazione di questo indice sono stati presi in considerazione per la superficie boscata parametri relativi al numero di incendi, alla superficie media percorsa e alla superficie massima percorsa. Nella tabella seguente si riportano gli indici di rischio determinati per i comuni della provincia di Pistoia: undici comuni sono classificati nel livello di rischio massimo, fra cui Lamporecchio, sei nel livello di rischio elevato, due moderato e tre vengono indicati come non classificati in rapporto alla esigua od inesistente estensione delle superfici forestali. Tabella 11 - Ripartizione dei comuni della provincia di Pistoia in base all’indice di rischio Comune Superficie comunale Superficie boscata (in ettari) (in ettari) Abetone 3.126 2.100 Agliana 1.164 Buggiano 1.612 450 Chiesina Uzzanese 724 30 Cutigliano 4.382 2.850 Lamporecchio 2.217 400 Larciano 2.492 450 Marliana 4.299 3.600 Massa e Cozzile 1.601 800 Monsummano Terme 3.277 500 Montale 3.202 2.000 Montecatini Terme 1.766 500 Pescia 7.914 4.700 Pieve a Nievole 1.271 100 Pistoia 23.677 12.000 Piteglio 5.005 4.000 Ponte Buggianese 2.947 50 Quarrata 4.600 720 Sambuca Pistoiese 7.754 6.800 San Marcello Pistoiese 8.475 6.500 Serravalle Pistoiese 4.211 1.400 Uzzano 782 200 Provincia di Pistoia 96.498 50.150 Fonte: Corpo Forestale dello Stato, coordinamento provinciale di Pistoia D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pericolosità incendi Moderato Non Classificato Moderato Non Classificato Elevato Massimo Elevato Massimo Elevato Massimo Massimo Elevato Massimo Elevato Massimo Massimo Non Classificato Massimo Massimo Massimo Massimo Elevato Pagina - 52 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE Tabella 12 - Superficie (in ettari) percorsa da incendi. Periodo 1984 - 2002 Comune Superficie percorsa dal fuoco % incendi Non sul tot. Boscata Totale boscata prov. ST Numero incendi Abetone Buggiano Cutigliano Lamporecchio Larciano Marliana Massa e Cozzile Monsummano T. Montale Montecatini Terme Pescia 3.126 1.612 4.382 2.217 2.492 4.299 1.601 3.277 3.202 1.766 7.914 5 9 16 46 31 88 24 45 97 32 236 0,4 0,7 1,2 3,4 2,3 6,5 1,8 3,3 7,2 2,4 17,4 Pieve a Nievole Pistoia Piteglio Ponte Buggianese Quarrata Sambuca Pistoiese San Marcello P.se Serravalle Pistoiese Uzzano Provincia di Pistoia 1.271 23.677 5.005 2.947 4.600 7.754 8.475 4.211 782 96.498 10 371 44 2 79 35 71 87 27 1.355 0,7 27,4 3,2 0,1 5,8 2,6 5,2 6,4 2,0 100 6,6700 2,7000 18,3500 107,6900 85.2550 201,8100 38,6700 70,5890 248,1600 41,9150 1.299,825 0 26,1500 341,7155 161,8700 0,0000 62,1285 130,1100 140,8400 135,7710 14,4900 3.134,709 0 1,0800 0,5000 13,6500 21,2700 43,4600 10,6035 14,9350 33,0500 13,7360 14,8800 136,2650 7,8000 85,3635 1,1500 12,4000 14,9650 101,7100 261,7450 21,6510 34,7000 844,9140 % sup. incendiata / ST 7,7500 3,2000 32,0000 128,9600 128,7150 212,4135 53,6050 103,6390 261,8960 56,7950 1.436,090 0 33,9500 427,0790 163,0200 12,4000 77,0935 231,8200 402,5850 157,4220 49,1900 3.979,623 0 0,2 0,2 0,7 5,8 5,2 4,9 3,3 3,2 8,2 3,2 18,1 2,7 1,8 3,3 0,4 1,7 3,0 4,7 3,7 6,3 4,1 Fonte: Corpo Forestale dello Stato, coordinamento provinciale di Pistoia Tabella 13 - Incidenza sul territorio degli incendi Numero eventi Superfici Superficie Relazioni ha comune ha % 46 128,96 5,8% Superfici totali ha 128,96 2.218 100% I dati di superficie sono stati ricavati da misure effettuate tramite GIS. In circa 10 anni circa il 5,8% del territorio è stato percorso da incendi. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 53 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 16- LE COLTIVAZIONI 16.1 Aspetti agronomici La superficie totale che nel territorio del comune di Lamporecchio è destinata all’agricoltura, secondo il censimento ISTAT del 2000, è di 1.681,26 ettari per un numero di aziende uguale a 745. Gli ettari effettivamente coltivati sono 1.205,81 che rappresentano il 13% della Superficie Agraria Utilizzata di tutta la Valdinievole ed il 4,75% di quella provinciale. Dal punto di vista morfologico il territorio è caratterizzato prevalentemente dalla presenza di formazioni collinari con acclività assai leggere nella parte S-S/O dei confini comunali (Borgano, Mastromarco, Cerbaia), ma in rapido aumento in prossimità di Lamporecchio e di entità decisamente rilevante a nord (Giugnano, San Baronto), nord est (Porciano) est (Greppiano, Fornello, Orbignano) sulle pendici del Montalbano. L’altitudine varia su un asse sud ovest – nord est da circa 30 a 450 m.s.l.m. La maggiore parte del territorio comunale si sviluppa quindi nella fascia collinare della dorsale del Montalbano. Il substrato pedogenetico è rappresentato da arenarie quarzose in facies torbiditiche alternate a sottili interstrati di siltiti e di argilliti. Le pendici della dorsale del Montalbano sono costituite dalla formazione del Macigno. Alle quote più basse sono presenti i sedimenti lacustri di età Villafranchiana. Le sistemazioni idraulico-agrarie vanno dalle semplici affossature perimetrali dei campi lavorati a girapoggio o a rittochino, ai ciglionamenti, ai terrazzamenti con muri a secco che costituiscono dei veri e propri sistemi di presidio contro l’erosione del suolo. Il sistema idrologico superficiale è costituito da corsi d’acqua a carattere torrentizio che dalla fascia sommitale del Montalbano, attraverso impluvi profondamente incisi, raggiungono i centri urbanizzati e scorrono, fino ai principali tronchi della canalizzazione di bonifica della Piana del Fucecchio. Lungo questi torrenti è possibile ancora ammirare antiche regimazioni formate da briglie in pietra, tratti di sponde in muro a secco e sbarramenti con derivazioni ad uso di mulini per la frangitura delle olive (es: Mulino Minghetti) di memoria storica che, dal secolo scorso, fecero di Lamporecchio il comune produttore dell’olio extravergine d’oliva per eccellenza. L’approvvigionamento idrico ad usi agricoli nelle aree meno declivi o pianeggianti avviene anche e soprattutto da pozzi privati che attingono alla falda freatica o da piccoli laghi artificiali, mentre nella fascia collinare del Montalbano, le aziende agricole dotate di pozzi o piccole sorgenti ne utilizzano l’acqua esclusivamente per uso domestico1. Le coltivazioni non sono irrigue, essendo l’olivo la coltura assolutamente prevalente. In genere, anche per le necessità relative all’irrigazione dell’orto e dei trattamenti 1 Negli usi domestici viene compresa la somministrazione di acqua agli orti “familiari” ed agli animali domestici quali animali di bassa corte, conigli, cavalli o bovini per autoconsumo o comunque che non costituiscano attività d’ “allevamento” D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 54 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE antiparassitari, le aziende sono dotate di sistemi di recupero dell’acqua piovana in “bozzi” o in cisterne sotterranee. Attualmente la ripartizione colturale sulla S.A.U è la seguente: Tabella 14 - Ripartizione della S.A.U. Seminativi Colture permanenti Prati e pascoli ha 315,55 838.26 52 (26,17% ) (69.52%) (4.31%) Nel contesto della Valdinievole, tra le permanenti la Vite e l’Olivo emergono quali colture di maggiore rappresentatività in quanto ne costituiscono rispettivamente il 30,5% ed il 21% della superficie vitata e della superficie olivetata. Nel contesto comunale l’Olivo investe il 53.9% della S.A.U., la Vite il 13,8%. Sono inoltre presenti superfici a vivaio di modesta entità, ma destinate ad espandersi. Il bosco occupa il 20.5% della Superficie Totale. Infine, la S.A.U. è il 71.7% della Superficie Totale. L’olivicoltura è, dunque, l’indirizzo colturale prevalente. Dal confronto dei dati rilevati dall’ ISTAT nei censimenti dell’agricoltura del 1990 e del 2000 I tratti strutturali e le tendenze evolutive dell’agricoltura sono comuni al contesto nel quale il comprensorio comunale è inserito, anche se con qualche peculiarità. Conseguentemente all’abbandono del settore agricolo e all’esodo dalle campagne protrattosi per quasi mezzo secolo a seguito dell’imponente espansione urbanistica e produttiva del settore industriale e del terziario della piana di Empoli e di Pistoia, Prato e Firenze, l’agricoltura ha perso il suo ruolo predominante. Coerentemente a quanto avvenuto per la Valdinievole, si assiste: - - alla diminuzione del numero di addetti agricoli, all’aumento delle aziende part-time e delle attività complementari, quali l’agriturismo. alla frammentazione delle aziende di entità piccola (con superficie totale compresa tra 5 e 10 ettari), che hanno dato origine all’aumento da un lato del numero delle aziende di piccolissima dimensione (meno di 1 ettaro) e dall’altro all’incremento dellai S.A.U.delle aziende medie (10 – 20 ettari) e medio-grandi (20-50 ettari). In controtendenza con la Valdinievole, è aumentato anche i numero delle suddette aziende medie e medio-grandi. È aumentato anche il grado di meccanizzazione delle aziende sia come dotazione di mezzi propri sia come utilizzo di mezzi non di proprietà e di lavoro svolto in azienda da contoterzisti. Dagli anni novanta i rilievi censuari evidenziano un aumento della Superficie Totale e della S.A.U, del numero delle aziende, della superficie a colture legnose agrarie e della specializzazione delle colture stesse, ma anche dei prati permanenti e pascoli e del bosco e una diminuzione della superficie non coltivabile all’interno delle aziende. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 55 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE Tabella 15 - S.A.U. numero delle aziende • Superficie totale • S.A.U. • Numero di aziende +4,47 % +14,73 % +21,93 % L’interpretazione di questi dati deve tenere in conto dell’attuale maggiore precisione del dato aziendale fornito dall’agricoltore rispetto ai decenni precedenti, fatto che ha reso nota una realtà che forse in parte già esisteva. Tabella 16 - Variazioni nell’utilizzazione della S.A.U. rispetto al 1990 Seminativi -9,83 % Coltivazioni legnose agrarie +21,87 % Prati permanenti e pascoli +52 % Tabella 17 - Variazioni dell’utilizzazione della superficie totale Boschi +18.25% Altra superficie -51,25% D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 56 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE Variazione percentuale della ripartizione colturale sulla S.A.U.al 2000 rispetto al 1990 176 180 Lamporecchio Percentuali di variazione 150 Valdinievole 120 90 52 60 37 22 30 0 0 -30 -10 -13 -16 -60 Se m in at ivi Co l tiv az io Pr at ie ni le gn os e ag ra r ie pa sc ol Ar bo ric i ol tu ra da le gn o Variazione percentuale della ripartizione colturale sulla S.A.U. al 2000 rispetto al 1990 16.2 Vocazione agronomica dei terreni Nel territorio comunale sono identificabili due tipologie territoriali a diversa vocazione agricola: 1. il sistema collinare - montano delle pendici del Montalbano. 2. il sistema delle colline pedemontane. che digradano da Lamporecchio verso la Piana del Fucecchio. 16.2.1 Il sistema collinare - montano delle pendici del Montalbano Il Montalbano pur non essendo classificabile come montagna per la limitata altezza, possiede caratteristiche orografiche e morfologiche del tutto assimilabili a una formazione montuosa. La vocazionalità agricola di quest’area è decisamente bassa: i terreni sono poco fertili e poco profondi, malfermi su un substrato di tipo gelivo e friabile, vulnerabili all’erosione ed a fenomeni franosi. Sono caratterizzati da giacitura decisamente acclive (tra 20 e 40%), tessitura sciolta, composizione sabbiosa o sabbiosa-limosa, scarsa sostanza organica. Le pendenze sono elevate e, quindi, anche la possibilità di aumentare le capacità produttive aziendali anche tramite la meccanizzazione sono assai scarse. Per questi motivi quest’area rientra nella delimitazione delle “Zone Svantaggiate” ai sensi della Dir. CE 75/286. Questi fattori condizionanti hanno fatto sì che prevalgano aziende di dimensione assai ridotta, considerando anche l’onere di manodopera richiesta per mantenere le sistemazioni idraulico – agrarie tipiche a terrazzamento su muro a secco e per svolgere anche le più semplici operazioni colturali. La coltivazione prevalente in modo quasi esclusivo è l’oliveta. Storicamente le colture arboree erano sempre consociate con seminativi, cereali o leguminose, oppure tra di loro: oliveto con vigneto. L’evoluzione dei mercati e la gestione agronomica più D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 57 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE moderna hanno portato anche in queste terre alla specializzazione delle colture ed alla qualificazione del prodotto con conseguente scomparsa delle consociazioni. Il vigneto è presente in misura assai minore. I fattori climatici ed edafici infatti sono ottimali per lo sviluppo di una olivicoltura dal prodotto assai pregiato. Le colture non sono irrigue. Le fonti di approvvigionamento idrico sono essenzialmente pozzi di profondità abbastanza elevata (50 – 100 metri) e/o l’acquedotto e le raccolte individuali di acqua meteorica. I redditi sono ormai sotto i livelli di marginalità, ma la zona è stata ampiamente rivalutata dal punto di vista paesaggistico e quindi turistico. Questa risorsa ha dato e sta tuttora dando notevole impulso alla ristrutturazione di antichi edifici rurali ed alla diffusione delle strutture aziendali atte all’offerta di ospitalità agrituristica e di attività connesse. I prodotti sono destinati per la massima parte all’autoconsumo o alla vendita diretta. Le potenzialità di sviluppo nel settore dei prodotti di qualità e dell’agriturismo sono buone. 16.2.2 Il sistema delle colline pedemontane I terreni a maggiore vocazione agronomica sono quelli situati a Sud-S/O di Lamporecchio compresi tra le località di Borgano, Maestromarco e Cerbaia. Le pendici del Montalbano digradano verso l’empolese e la Piana di Fucecchio in modo dolce e con morfologia ondulata formando una serie ininterrotta di leggerissimi rilievi collinari. I terreni sono più profondi, tendenzialmente più fertili, sabbiosi o limosi-sabbiosi, con a volte affioramenti argillosi. Le sistemazioni idraulico – agrarie sono limitate alle affossature perimetrali che confluiscono nella rete superficiale drenante. La disponibilità di acque superficiali, anche da piccoli laghi artificiali, e sotterranee è maggiore. La meccanizzazione con trattrici di dimensioni e potenza adeguate è sempre possibile. Le colture praticate sono la viticoltura e l’olivicoltura, secondo i canoni agronomici ed economici più moderni, ed i seminativi con prevalenza di mais in monosuccessione, orzo, grano ed erba medica. I terreni sono adatti all’ orticoltura ed al vivaismo anche in coltura protetta. Le aziende sono di dimensioni medie o medio – grandi ed il prodotto viene destinato alla commercializzazione attraverso terzi (grossisti, consorzi agricoli). D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 58 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 16.2.3 Il territorio urbanizzato L’urbanizzazione del territorio è concentrata lungo le maggiori via di comunicazione. A differenza di altri comuni limitrofi la crescita del patrimonio edilizio civile e produttivo, non ha intaccato sostanzialmente in modo aggressivo le circostanti terre agricole determinandone eccessiva frammentazione. Le attività industriali ed artigianali sono in definitiva accorpate in aree ben definite. 16.3 Le coltivazioni 16.3.1 Oliveti Gli ettari investiti ad oliveto sono 649,5 con un numero totale di piante dichiarate pari a 138.486.2 suddivisi per 671 aziende. Sono diffusi su tutta l’area, ma in collina sono coltura quasi esclusiva. Qui concorrono a formare il tipico paesaggio toscano in cui il sistema produttivo assume carattere di “campagna – giardino. Qui l’olivo è coltivato su terrazzi sorretti da muri di pietra locale, murati a secco, o su ciglioni. Le notevoli pendenze fanno sì che l’ampiezza di questi terrazzi sia compresa mediamente tra 5 e 8 metri. Il sesto d’impianto generalmente e ampio: 6 x 7 metri o 5 x 6 e quindi l’investimento di piante per ettaro è mediamente la metà di un qualsiasi impianto moderno e razionale. Le tare, visto la pendenza, sono estremamente più elevate che nella sottostante zona collinare. L’età degli olivi è intorno al secolo. Dopo la gelata del 1985 poche sono le stazioni in cui sussistono gli individui originari; perlopiù trattasi di polloni radicali riallevati a tre o quattro per ceppaia. La forma di allevamento tipica è il “vaso” ed il “vaso cespugliato”; le piante non sono mai lasciate crescere ad altezze superiori a 4,5 – 5 metri. Attualmente la tendenza è quella di abbassare la chioma intorno ai 3,5 metri per facilitare le operazioni di raccolta che devono essere fatte manualmente o con l’aiuto di bacchiatori meccanici o pneumatici. Nonostante la politica comunitaria non sia favorevole all’ampliamento del contingente olivicolo e non riconosca il premio di produzione per gli olivi piantati dopo il 1998, molte olivete sono state infittite, le fallanze sostituite e realizzati perfino nuovi impianti. Le varietà più diffuse sono: Leccio, Frantoio, Moraiolo, Pendolino (impollinatore), ma sono ancora presenti alcune antiche varietà locali di particolare pregio per la qualità dell’olio che se ne ottiene: Mignolo, Rossellino, Larcianese. Le rese in olio variano tra il 14% ed il 16%. La qualità del prodotto è particolarmente pregiata ed ha ottime possibilità di essere adeguatamente valorizzata attraverso marchi di qualità. 2 Questo dato è probabilmente sottostimato in quanto ottenuto ai fini del conferimento del “premio di produzione” dell’olio di oliva (….) che ammette il conteggio esclusivamente delle piante esistenti prima del 1998. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 59 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 16.3.2 Vigneti Il numero di aziende che ha dichiarato superfici a vite è di 264 per 165 ettari. In attesa di dati del catasto viti/vinicolo. 16.3.3 Cereali, foraggere avvicendate, coltivazioni ortive, vivai Sono tipicamente le colture del sistema collinare pedemontano. Le aziende che coltivano cereali sono 100 su 300,65 ettari. La variazione del parametro rispetto al 1990 è per il numero di aziende di -54,95%, per gli ettari di -30,85%. La flessione più forte è data dal frumento. La coltura più diffusa è il mais da granella per uso zootecnico, in monosuccessione. Le aziende che praticano la coltivazione di foraggere avvicendate sono 75 su ha 111,28. Dal 1990 le aziende sono le medesime, ma la superficie coltivata è stata maggiore del 311%. Parallelamente, infatti, è aumentato il numero di bovini allevati. Anche il numero delle aziende che coltivano ortaggi è pari a 75 per una superficie di ha 28,68. Si evidenzia un trend negativo sia per le aziende, -22,68, sia per la superficie, 10.93. I vivai e le colture di piante fiorite sono di nuova introduzione e perciò di consistenza esigua. L’estensione delle colture vivaistiche è di 2.12 ettari e quella di piante ornamentali da fiore su 3.500 mq, il tutto è suddiviso in 5 aziende. 16.4 Zootecnia L’allevamento si configura come un’attività di dimensione familiare. Le aziende che detengono animali da reddito sono 149, circa il 52% rispetto al 1990; le specie sono ripartite come segue: Tabella 18 - Allevamenti Bovini Suini Ovini e Caprini Equini Allevamenti avicoli 17 21 204 9 2030 +13,3% -64,4% -25,3% -74,3% -98% 16.5 Aziende agricole In maggior numero di aziende cioè quelle dimensioni minori sono condotte da imprenditori di fascia di età superiore, generalmente ritirati dal lavoro e che dedicano il prodotto quasi esclusivamente all’autoconsumo e non apportano rinnovamento tecnologico. La meccanizzazione è costituita da macchine operatrici di piccola potenza e dimensioni, quali motozappe, motocoltivatori, decespugliatori e piccole trattrici. Le aziende con S.A.U. tra i 10 e i 50 ettari hanno tendenza ad aumentare di dimensioni e ad adottare soluzioni tecnologiche e gestionali più innovative. Spesso i conduttori hanno età inferiore a 40 anni e sono imprenditori agricoli a titolo principale. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 60 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 17- ECOSISTEMI E FAUNA Generalità Il territorio del Comune di Lamporecchio presenta una notevole complessità di ambienti naturali, dalla pianura ai limiti dell'area umida del Padule di Fucecchio fino al sistema collinare del Montalbano, con rilievi di circa 500 metri s.l.m. Partendo dalle quote altimetriche minori, troviamo seminativi e zone incolte ricche di siepi ed alberature, che costituiscono un vero e proprio mosaico di ambienti diversi; nella campagna coltivata sono inoltre presenti sia insediamenti rurali che piccole aree urbane con orti, giardini e parchi storici che contribuiscono ad aumentare ulteriormente la varietà degli ambienti disponibili per la fauna selvatica. Salendo verso il Montalbano, uliveti e vigneti si alternano a vaste superfici di bosco submontano (soprattutto castagneti e boschi misti con querce e Pini marittimi); in alcuni casi troviamo anche boschi di conifere, nati da interventi di rimboschimento più o meno recenti. Nonostante si tratti per lo più di boschi sottoposti a frequente ceduazione, la notevole estensione del manto verde e la sopravvivenza di esemplari isolati di alberi di notevoli dimensioni li rende comunque ricettivi per numerose specie di animali selvatici. Inoltre, sui versanti più aridi e soleggiati, nonché nelle aree devastate dai frequenti incendi, si sviluppano zone di macchia bassa o alberata che costituiscono habitat potenziali per le specie tipiche della macchia mediterranea. Infine, lungo i rii e nelle zone più umide dei fondovalle si sviluppano formazioni ripariali con salici, pioppi ed ontani che arricchiscono ulteriormente l'offerta di habitat per la fauna residente e migratoria. Ad una tale complessità di ambienti corrisponde quindi una notevole varietà di specie animali, che verrà tratteggiata nei prossimi paragrafi. La presente relazione ha comunque un carattere introduttivo, in quanto non esistono studi specifici in materia; si fa quindi riferimento alle osservazioni personali effettuate nell'area in esame e, solo in parte, alla scarsissima bibliografia esistente. Risulterà quindi evidente il prevalere di dati sui mammiferi e sugli uccelli, che comprendono le specie più facilmente rilevabili sul territorio. 17.1 Il Montalbano Spesso, parlando della fauna del Montalbano, si cita con nostalgia la ricchezza di specie presenti nel Barco Reale Mediceo, antica Riserva di Caccia del Granducato; in realtà, tale struttura era probabilmente più simile ad un serraglio zoologico che a un parco naturale, come lo intenderemmo ai nostri giorni. Tuttavia, e nonostante l'indubbia varietà di ambienti che caratterizzano le colline del Montalbano ed in generale il territorio del Comune di Lamporecchio, la fauna attuale risulta certamente impoverita rispetto alle potenzialità del territorio. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 61 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE Se l'abbandono di molte aree un tempo coltivate ha creato nuovi spazi per specie che prediligono ambienti scarsamente antropizzati, in genere si è assistito, negli ultimi decenni, ad un incremento di alcune gravi forme di degrado che condizionano le presenze faunistiche sia da un punto di vista qualitativo che quantitativo. Fra queste, sono senz'altro da citare gli incendi, che periodicamente distruggono vaste superfici boscate, una eccessiva pressione venatoria ed il disturbo causato dall'invadenza dei mezzi fuoristrada. Nella trattazione del popolamento faunistico del Comune di Lamporecchio si considerano, ove non diversamente indicato, tutti gli ambienti rappresentati: seminativi ed incolti, vigneti ed oliveti, boschi, corsi d'acqua e formazioni arboree ripariali, centri abitati. 17.2 Fauna minore Non esistendo fonti bibliografiche specifiche, risulta assai difficile anche solo accennare agli Invertebrati presenti sul territorio, ed impossibile individuare correttamente le eventuali peculiarità dell'area. Si ritiene opportuno, tuttavia, menzionare la relativa diffusione nei rii e nelle forre del Montalbano del Granchio di fiume (Potamon fluviatile), l'unica specie di granchio d'acqua dolce del nostro paese. Si tratta di un crostaceo decapode la cui presenza, di solito difficilmente rilevabile a causa delle abitudini notturne ed elusive, costituisce un indicatore della buona qualità delle acque, almeno nel tratto collinare. La specie non è stata rilevata in tempi recenti nei rii e fossi che scorrono in pianura, dove invece sta prendendo campo una specie alloctona, il Gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii). Di seguito sono elencate le specie di anfibi e rettili sicuramente presenti sul Montalbano. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 62 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE Anfibi Salamandra pezzata Salamandra salamandra Tritone crestato Triturus cristatus Tritone punteggiato Triturus vulgaris Rospo comune Bufo bufo Raganella comune Hyla arborea Rana agile Rana dalmatina Rana italica Rana italica Rana verde Rana esculenta complex Rettili Geco comune Tarentola mauritanica Ramarro Lacerta viridis Lucertola muraiola Podarcis muralis Lucertola campestre Podarcis sicula Luscengola Chalcides chalcides Orbettino Anguis fragilis Biacco Coluber viridiflavus Colubro d'Esculapio o Saettone Elaphe longissima Biscia dal collare Natrix natrix Vipera comune Vipera aspis Ulteriori e più approfondite ricerche potrebbero senz'altro far emergere presenze ancora più rare ed interessanti, considerando che la fauna erpetologica è meno soggetta, rispetto ai mammiferi ed uccelli, al disturbo diretto da parte dell'uomo. La sopra citata presenza del Granchio di fiume testimonia infatti il sussistere di corsi d'acqua relativamente integri, anche se gli eccessivi attingimenti possono talvolta ridurne drasticamente la portata estiva, con notevoli problemi per la fauna acquatica. 17.3 Mammiferi Nonostante alcuni tentativi di reintroduzione più o meno recenti, la grande fauna ungulata che viveva sicuramente sulle pendici del Montalbano (cervi, daini e caprioli), entro e fuori il perimetro del Barco Reale Mediceo, è scomparsa da tempo. Negli ultimi anni sono però diventate sempre più frequenti le segnalazioni del Capriolo (Capreolus capreolus). La specie, diffusa fino alla metà del 1700 in tutta l'Italia continentale, ha subito nei secoli successivi una drammatica contrazione del proprio areale a causa della pressione antropica (sviluppo delle attività agrosilvopastorali) e della persecuzione diretta. A partire dagli anni '60, con l'abbandono delle campagne ed anche grazie alla protezione accordata alla specie, il Capriolo ha iniziato a riconquistare parte dell'antico areale. Dall'Appennino, che può vantare consistenti popolazioni di Capriolo, alcuni esemplari sono arrivati così sul Montalbano, dove trovano facilmente gli ambienti collinari con radure alternate a boschi di latifoglie che costituiscono l'optimum ecologico per la specie; bracconaggio e randagismo canino costituiscono invece i principali fattori limitanti per una stabile colonizzazione. Anche per il Cinghiale (Sus scrofa) c'è stato un lungo periodo di assenza quasi totale, dal secolo scorso fino agli anni '70 del secolo scorso; attualmente la specie è abbastanza diffusa a causa dei numerosi ripopolamenti effettuati a scopo venatorio. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 63 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE L'abbandono delle pratiche selvicolturali ed i frequenti incendi hanno inoltre portato negli ultimi decenni ad un incremento delle formazioni arbustive di sottobosco e della macchia mediterranea, ambienti prediletti dal prolifico ungulato, con conseguente aumento della sua popolazione e quindi anche dei danni di un certo rilievo alle colture. Ultimamente si è assistito anche ad una ulteriore espansione del Cinghiale verso la pianura e negli anni più siccitosi, come il 2003, molti esemplari si sono spinti in periodo estivo fino al bacino del Padule di Fucecchio, passando attraverso i Boschi di Chiusi e Brugnana. Altre specie di interesse venatorio, come la Lepre comune (Lepus europaeus) sono presenti solo in ambiti estremamente localizzati e per brevi periodi, non riuscendo a formare popolazioni stabili. La Lepre comune, abbondante sul territorio fino agli anni '50-'60, sembra aver subito negli ultimi decenni una forte rarefazione, sia a causa delle modificazioni ambientali e della eccessiva pressione venatoria, sia per l'avvento di zoopatologie portate anche dagli esemplari di ripopolamento provenienti da altri paesi. Una ulteriore minaccia per la sopravvivenza della Lepre comune è data dalla recente immissione sul territorio di un altro Lagomorfo, il Silvilago o Minilepre (Sylvilagus floridanus). Da rilevare invece una buona diffusione dell'Istrice (Hystrix cristata), un grande roditore che ha fatto registrare negli ultimi anni una notevole espansione dell'areale verso nord, arrivando ad occupare praticamente tutto il Montalbano. In pianura, nelle aree ai margini del Padule di Fucecchio, è presente anche un altro grande roditore, la Nutria (Myocastor coypus); come nel caso del Gambero rosso della Louisiana e del Silvilago, si tratta di specie alloctone (vedi paragrafo dedicato). Fra i Carnivori sono abbastanza diffusi la Volpe (Vulpes vulpes), la Donnola (Mustela nivalis) e la Faina (Martes foina), che frequentano tutti gli ambienti disponibili, spingendosi talvolta a ridosso dei centri abitati. Questi predatori, ed in particolare la Volpe, vengono spesso favoriti dai ripopolamenti di selvaggina "pronta caccia", cioè di lepri e fagiani assolutamente inadatti alla vita libera. Inoltre i ripopolamenti si accompagnano spesso alla diffusione sul territorio di esche avvelenate per il controllo dei predatori; questa pratica barbara ed illegale, che oltre tutto mette a rischio anche la vita di cani ed altri animali domestici, è ancora ampiamente presente sul Montalbano. Fra i Mustelidi, è stata rilevata anche la presenza del Tasso (Meles meles), che vive negli ambienti boschivi del sistema collinare, e della non comune Puzzola (Mustela putorius), più legata ad ambienti umidi quali rii e invasi artificiali dove caccia soprattutto Anfibi (rane, rospi ecc.). Mancano invece segnalazioni recenti della Martora (Martes martes), molto più sensibile della Faina al disturbo antropico e alla frammentazione degli ambienti forestali maturi che costituiscono il suo habitat preferenziale. Per favorire la presenza della Martora, ma anche di altre specie (in particolare di Roditori e Uccelli), sarebbe opportuno ricostituire ambienti forestali maturi anche attraverso la riconversione ad alto fusto di ampie superfici di bosco. Si riporta di seguito una lista sintetica delle specie di Mammiferi sicuramente presenti nell’area; nell'elenco mancano quasi del tutto i micromammiferi (Insettivori, Chirotteri, Roditori), difficili da rilevare senza una accurata campagna di studio. Riccio Erinaceus europaeus D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 64 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE Lepre comune Lepus europaeus Silvilago Sylvilagus floridanus Scoiattolo Sciurus vulgaris Ghiro Glis glis Istrice Hystrix cristata Volpe Vulpes vulpes Donnola Mustela nivalis Puzzola Mustela putorius Faina Martes foina Tasso Meles meles Cinghiale Sus scrofa Capriolo Capreolus capreolus 17.4 Uccelli Oltre a rappresentare un habitat importante per numerose specie ornitiche, sia migratrici che sedentarie, il Montalbano costituisce un punto fondamentale di transito per l'avifauna acquatica che si sposta fra i laghi artificiali della piana Firenze-PratoPistoia e le paludi di Fucecchio e Bientina. Non è quindi difficile osservare dalle colline, specialmente durante le migrazioni, il passaggio di gru, cicogne o falchi di palude. Gli ambienti più favorevoli per l'avifauna sono costituiti dai boschi misti con essenze della macchia mediterranea e vecchi alberi che offrono le migliori opportunità sia per l'alimentazione che per la nidificazione. Per quel che riguarda gli elementi di criticità, vale in gran parte quanto già detto a proposito dei mammiferi; la gestione selvicolturale a fini esclusivamente produttivi, il disturbo antropico e la persecuzione diretta costituiscono fattori limitanti molto gravi per la presenza delle specie più rare e sensibili. Basti citare, a titolo di esempio, la scarsa presenza di specie forestali come il Picchio rosso maggiore (Picoides major), il Picchio verde (Picus viridis) e lo Sparviere (Accipiter nisus) rispetto alle ampie superfici boscate del territorio, o l'assenza di rapaci come l'Astore (Accipiter gentilis) che frequenta solo ambienti forestali maturi e poco antropizzati. La progressiva rarefazione di alcuni rapaci notturni, ed in particolare dell'Assiolo (Otus scops), è invece dovuta, oltre che a fattori climatici avversi e alla scomparsa di siti idonei per la nidificazione (cavità nei tronchi e negli edifici), anche all'uso di pesticidi in agricoltura che minaccia molte specie di uccelli insettivori. Anche il fatto che da anni non venga più accertata in zona la nidificazione dell'Averla capirossa (Lanius senator) costituisce un sintomo della trasformazione delle pratiche agricole, sempre più indirizzate verso uno sfruttamento intensivo del territorio che non tiene conto delle complesse esigenze ambientali; le siepi, gli arbusti e la vegetazione marginale in genere vengono sempre più eliminati per lasciare spazio alle monocolture. Da segnalare invece la colonizzazione recente del territorio di Lamporecchio da parte di alcune coppie di Gruccione (Merops apiaster), un migratore estivo che costruisce il proprio nido scavando lunghe gallerie nelle pareti sabbiose delle cave abbandonate o nei cigli, dalla pianura fino al Montalbano. La specie, tipica degli ambienti mediterranei, D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 65 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE ha dimostrato negli ultimi decenni una tendenza ad espandere il proprio areale verso nord e verso le aree interne della Toscana. Anche la Gazza (Pica pica), il cui areale fino a pochi anni fa si fermava in pratica con i confini amministrativi del comune di Cerreto Guidi, ha avuto una lenta espansione verso nord colonizzando, anche se con poche coppie nidificanti, il territorio pianeggiante dei comuni di Lamporecchio e Larciano, con una certa preferenza per le aree coltivate aperte delimitate da siepi o alberature. Nella Tabella sono elencate le specie che hanno un maggiore "rapporto biologico" con il territorio, frequentandone in diversi periodi dell'anno i vari ambienti per la sosta, l'alimentazione e la nidificazione. 17.5 Le specie alloctone L’importazione accidentale o voluta di specie alloctone e la conseguente diffusione di alcune di queste specie è un fenomeno sempre più ricorrente, e le popolazioni di specie particolarmente adattabili e scarsamente controllate dai predatori locali possono arrivare a densità tali da alterare l’equilibrio degli ecosistemi che le ospitano. Varie convenzioni internazionali riguardanti la protezione dell’ambiente e della fauna selvatica, come la Direttiva Habitat della Comunità Europea o la Convenzione di Berna, insistono sulla necessità di vietare l’introduzione di elementi alloctoni che creino danno alla biodiversità indigena. Nel caso delle specie già acclimatate può rendersi necessario intervenire attivamente mediante l’adozione di contromisure ai danni apportati, il controllo delle popolazioni con metodi selettivi, o addirittura l’eradicazione della specie alloctona. Sul territorio del Comune di Lamporecchio, ed in particolare nella pianura ai margini dell'area umida del Padule di Fucecchio, è stata rilevata negli ultimi anni la presenza di tre specie aliene problematiche, alle quali deve essere prestata la massima attenzione. La Nutria (Myocastor coypus), originaria delle regioni temperate dell'America meridionale, è un roditore importato in Italia a partire dagli anni '30 come animale da allevamento per la pelliccia. Approfittando degli straripamenti verificatisi in alcuni fiumi sulle cui rive veniva allevata, in particolare durante l'alluvione del 1966, iniziò ben presto a diffondersi lungo l'Arno, l'Ombrone ed altri corsi d'acqua italiani, creando colonie sempre più numerose su vaste aree. Nel Padule di Fucecchio la Nutria ha fatto la sua comparsa alla fine degli anni '80, provenendo dall'Arno, ed è attualmente comune in tutto il cratere palustre, dove si rilevano ingenti danni alla vegetazione naturale (soprattutto a carico delle carici, del canneto e dei lamineti) e agli argini (dovuti allo scavo delle tane ed al passaggio continuato). Dal Padule, attraverso fossi e canali, la Nutria si spinge nelle aree più esterne, anche se al di fuori del bacino palustre non riesce probabilmente a raggiungere densità di popolazione critiche per l'ambiente naturale e per le opere dell'uomo. Il Gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii) ha fatto la sua comparsa nel Padule di Fucecchio a partire dal 1997, probabilmente a causa di un tentativo di allevamento da parte del proprietario di un laghetto di pesca sportiva. Dotato di alta capacità di diffusione e molto adattabile ad ambienti diversificati, compresi quelli asfittici, il Gambero della Louisiana è considerato un vero e proprio flagello per la fauna D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 66 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE ittica, sia per la predazione diretta sulle uova di pesci ed anfibi, nonché sui girini di questi ultimi, sia per la concorrenza sulle risorse alimentari (molluschi, insetti ed altri invertebrati acquatici). Inoltre, dato che anche il Gambero si nutre spesso di piante acquatiche, l’azione combinata del crostaceo e della Nutria possono avere un impatto devastante sulla vegetazione acquatica. La specie appare dotata di alta capacità di diffusione, di plasticità nel ciclo biologico, di adattabilità ad ambienti diversificati, compresi quelli asfittici, e di superiorità competitiva su vertebrati e altri invertebrati, inclusi i decapodi dulcacquicoli autoctoni, come il Granchio di fiume (Potamon fluviatile). Inoltre, P. clarkii è portatore sano del fungo parassita Aphanomyces astaci, agente eziologico della “peste del gambero”. Sia la Nutria che il Gambero rosso della Louisiana sono ormai da anni oggetto di studio da parte dei ricercatori del Centro di Ricerca, Documentazione e Promozione del Padule di Fucecchio e del Dipartimento di Biologia Animale e Genetica dell'Università degli Studi di Firenze; nel caso della Nutria è anche iniziato, nel 2003, un programma di controllo della popolazione concentrato soprattutto nella Riserva Naturale del Padule di Fucecchio. Ultimo arrivato, il Silvilago o Minilepre (Sylvilagus floridanus), leggermente più piccolo di un coniglio, è originario dell’America centro-settentrionale ed è stato introdotto per la prima volta in Italia, a fini venatori, nel 1966. La facilità con cui le popolazioni introdotte raggiungevano densità a volte molto elevate ha favorito un’ulteriore diffusione del Silvilago in altre zone d’Italia, con il fine di ottenere un “surrogato” di specie cacciabili classiche come la lepre che invece è in progressiva diminuzione. A causa di queste introduzioni “artigianali”, assolutamente illegali, il Silvilago è stato rilevato anche ai margini del Padule con sempre maggiore frequenza a partire dal 2001 e la sua diffusione, per espansione naturale o intervento umano, sembra essere inarrestabile. In situazione di elevata densità, il Silvilago può avere un impatto negativo a carico della vegetazione palustre e di colture agricole come soia, frumento, mais e giovani piante di pioppo e vite. Altrettanto preoccupanti sembrano essere i problemi di tipo sanitario ed ecologico, dato che il Silvilago rappresenta un serbatoio per la mixomatosi, la RHDV (Malattia emorragica virale del coniglio) e l’EBHS (Sindrome emorragica della lepre). Le prime due costituiscono una patologia importante per il Coniglio (sia selvatico che domestico) mentre l’ultima rappresenta una delle infezioni con maggior impatto negativo sulle popolazioni di Lepre europea e italica. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 67 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 17.6 Le criticità del territorio in relazione alla fauna L'area in esame presenta, per quel che riguarda il popolamento faunistico, una serie di potenzialità che non riescono ad esprimersi pienamente a causa dei principali elementi di criticità che vengono riassunti di seguito. - Gestione selvicolturale sfavorevole (frequente ceduazione). Incendi che periodicamente distruggono vaste superfici boscate. Frammentazione degli habitat. Attingimenti abusivi che riducono la portata estiva dei rii. Eccessiva pressione venatoria e bracconaggio. Ripopolamenti di selvaggina pronta caccia. Diffusione illegale di esche avvelenate per i predatori. Disturbo causato dall'invadenza dei mezzi fuoristrada. Immissione di specie alloctone. Azioni concrete su questi elementi di criticità si potrebbero tradurre in un concreto aumento quantitativo e qualitativo delle presenze faunistiche. La modifica dell'assetto gestionale dei boschi del Montalbano comporta programmi e investimenti di medio e lungo periodo ed il superamento delle difficoltà connesse con la frammentazione delle proprietà privata, ma alcune misure risultano oggi decisamente auspicabili. Fra queste si segnalano la progressiva sostituzione del Pino marittimo (Pinus pinaster), soggetto all’attacco della cocciniglia Matzococcus feytaudi (nonché facile esca del fuoco), con latifoglie autoctone; il rilascio della pianta di maggiori dimensioni (da destinarsi ad “invecchiamento indefinito”) per ogni ettaro sottoposto a taglio di ceduazione, come previsto dalla legge forestale regionale; l’avviamento all’alto fusto, o l’intensa matricinatura, di alcune particelle di ceduo, a prevalenza di specie quercine aventi superato abbondantemente il consueto turno di taglio. Questi ed altri interventi di miglioramento del patrimonio boschivo avrebbero indubbiamente ricadute positive sulle comunità animali del comprensorio. Nelle aree coltivate di pianura e pedecollinari potrà risultare utile, soprattutto ai fini di incrementare le popolazioni di piccoli mammiferi, anfibi, rettili ed invertebrati, la ricostituzione di elementi di connessione fra “patch” di habitat frammentati. Fra di essi si annoverano anche elementi tradizionali del paesaggio rurale, quali siepi ed alberature. Localmente potrebbe rivelarsi molto importante la realizzazione di piccole opere finalizzate all’attraversamento stradale degli anfibi in fase di spostamento stagionale verso le aree di riproduzione. Uccelli e mammiferi trarrebbero innegabili benefici da una più rigida regolamentazione dell'attività venatoria e dal divieto totale di accesso ai mezzi fuoristrada su sentieri e strade forestali. Risulta di fondamentale importanza, inoltre, impedire su tutto il territorio immissioni di specie o varietà non autoctone e ridurre o eliminare i ripopolamenti con selvaggina "pronta caccia" (lepri e fagiani) che ottengono l'unico risultato di fornire una facile fonte di alimentazione per le volpi ed altri carnivori, creando ulteriori squilibri. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 68 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE Si sottolinea, per concludere, che la presenza di una fauna ricca e variata costituisce una notevole attrazione per gli amanti del birdwatching e del turismo naturalistico, nonché uno stimolo alle attività di educazione ambientale che si possono svolgere sul territorio. L'esperienza di molte aree protette insegna che in tal modo si possono anche ottenere, a medio e lungo termine, positive ricadute economiche per la popolazione locale. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 69 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE Tabella 19 - Uccelli presenti nell’area del comune di Lamporecchio 1. Airone cenerino Ardea cinerea 2. Falco pecchiaiolo Pernis apivorus 3. Falco di palude Circus aeruginosus 4. Albanella reale Circus cyaneus 5. Sparviere Accipiter nisus 6. Poiana Buteo buteo 7. Gheppio Falco tinnunculus 8. Lodolaio Falco subbuteo 9. Quaglia Coturnix coturnix 10. Fagiano comune Phasianus colchicus 11. Gallinella d’acqua Gallinula chloropus 12. Beccaccia Scolopax rusticola 13. Gabbiano reale med. Larus cachinnans 14. Colombo di città Columba livia 15. Colombaccio Columba palumbus 16. Tortora dal collare or. Streptopelia decaocto 17. Tortora Streptopelia turtur 18. Cuculo Cuculus canorus 19. Barbagianni Tyto alba 20. Assiolo Otus scops 21. Civetta Athene noctua 22. Allocco Strix aluco 23. Succiacapre Caprimulgus europaeus 24. Rondone Apus apus 25. Martin pescatore Alcedo atthis 26. Gruccione Merops apiaster 27. Upupa Upupa epops 28. Torcicollo Jynx torquilla 29. Picchio verde Picus viridis 30. Picchio rosso maggiore Picoides major 31. Cappellaccia Galerida cristata 32. Allodola Alauda arvensis 33. Rondine Hirundo rustica 34. Balestruccio Delichon urbica 35. Prispolone Anthus trivialis 36. Pispola Anthus pratensis D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 70 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE Uccelli presenti nell’area del comune di Lamporecchio – continua 37. Spioncello Anthus spinoletta 38. Ballerina gialla Motacilla cinerea 39. Ballerina bianca Motacilla alba 40. Scricciolo Troglodytes troglodytes 41. Passera scopaiola Prunella modularis 42. Pettirosso Erithacus rubecula 43. Usignolo Luscinia megarhynchos 44. Codirosso spazzacamino Phoenicurus 45. Codirosso Phoenicurus phoenicurus 46. Saltimpalo Saxicola torquata 47. Culbianco Oenanthe oenanthe 48. Merlo Turdus merula 49. Cesena Turdus pilaris 50. Tordo bottaccio Turdus philomelos 51. Tordo sassello Turdus iliacus 52. Tordela Turdus viscivorus 53. Usignolo di fiume Cettia cetti 54. Beccamoschino Cisticola juncidis 55. Canapino Hippolais polyglotta 56. Occhiocotto Sylvia melanocephala 57. Sterpazzola Sylvia communis 58. Beccafico Sylvia borina 59. Capinera Sylvia atricapilla 60. Luì piccolo Phylloscopus collybita 61. Regolo Regulus regulus 62. Fiorrancino Regulus ignicapillus 63. Pigliamosche Muscicapa striata 64. Balia nera Ficedula hypoleuca 65. Codibugnolo Aegithalos caudatus 66. Cincia bigia Parus palustris 67. Cincia mora Parus ater 68. Cinciarella Parus caeruleus 69. Cinciallegra Parus major 70. Picchio muratore Sitta europaea 71. Rampichino Certhia brachydactyla 72. Rigogolo Oriolus oriolus D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 71 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE Uccelli presenti nell’area del comune di Lamporecchio – continua 73. Averla piccola Lanius collurio 74. Ghiandaia Garrulus glandarius 75. Gazza Pica pica 76. Taccola Corvus monedula 77. Cornacchia grigia Corvus corone cornix 78. Storno Sturnus vulgaris 79. Passera d'Italia Passer italiae 80. Passera mattugia Passer montanus 81. Fringuello Fringilla coelebs 82. Peppola Fringilla montifringilla 83. Verzellino Serinus serinus 84. Verdone Carduelis chloris 85. Cardellino Carduelis carduelis 86. Lucarino Carduelis spinus 87. Fanello Carduelis cannabina 88. Ciuffolotto Pyrrhula pyrrhula 89. Frosone Coccothraustes coccothraustes 90. Zigolo nero Emberiza cirlus 91. Strillozzo Miliaria calandra D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 72 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 18- QUALITÀ DELLE ACQUE SUPERFICIALI Fonte: Rapporto sullo Stato dell’Ambiente 2004 della Provincia di Pistoia Il monitoraggio dei molti corsi d’acqua in Provincia di Pistoia viene effettuato in attuazione a diversi programmi di indagine. Nelle tabelle che seguono, sono riportati i risultati relativi alla qualità delle acque superficiali controllate da ARPAT nel corso del 2003. Essi si riferiscono a circa 70 postazioni scelte per garantire rappresentatività ai diversi studi cui le stesse fanno riferimento. Ogni postazione può essere stata utilizzata per più di uno studio, adeguando la scelta dei parametri indagati, nei campioni da questa prelevati. I bacini indagati sono quelli dell’Arno, del Reno, del Serchio e del Po. Nel bacino dell’Arno, interessano il territorio pistoiese, il sottobacino dell’Ombrone ed il sottobacino dell’Usciana. Nel primo sono monitorati 16 corsi d’acqua per complessivi 31 punti di prelievo. Tabella 20 - Stato ecologico dei corsi d’acqua bacino dell’Arno Fonte: ARPAT – Dipartimento di Pistoia CORSO D’ACQUA COMUNE PISTOIA OMBRONE BRANA PUNTO DI PRELIEVO Prombialla PISTOIA Selvascura PISTOIA Pontelungo PISTOIA Ponte alla Pergola PISTOIA Ponte al Castellare PISTOIA Ponte alla Caserana PISTOIA A valle captazione PISTOIA Presso i cimiteri comunali PISTOIA Via Nuova pratese PISTOIA Via Galcigliana AGLIANA La Ferruccia AGLIANA Ponte di Berlicche BURE di Baggio PISTOIA A valle della captazione BURE di Santomoro PISTOIA A monte della captazione AGLIANA Via Lischeto AGLIANA Ponte alla Catena BULICATA MONTALE Alla captazione AGNA degli acquiputoli MONTALE A valle della captazione AGNA delle conche MONTALE Alla captazione CALICE AGLIANA Ponte dei Bini PISTOIA Ponte di Cencino BURE STELLA TAZZERA QUARRATA Pontassio QUARRATA Ponte alla Catena PISTOIA Alla captazione PISTOIA Via del Pillone VINCIO di Brandeglio PISTOIA Alla captazione VINCIO di Montagnana PISTOIA A monte della captazione ACQUALUNGA PISTOIA Confine com.le Pistoia-Agliana DOGAIA E QUADRELLI QUARRATA FOSSO SETTOLA AGLIANA Via Bineria AGLIANA Via C. Marx LIM 8/I 7/II IBE 4/I SECA I 11/IV 7/I 4/III IV 11/V 7/II /I 1/IV V 10/IV 7/II 7/II 7/I 10/IV 2/III IV 9/III 6/I 2/III III 8/II 8/II Pest. 1/I 5/I 4/I 4/I 4/V 9/V 1/I 4/III 3/IV 3V 4/V 9/V 1/I 1/I 4/III 8/IV 1/I 1/I 1/I 9/IV 4/V 4/V 4/V 4/I 4/V 4/I 7/I 4/V 4/V Le analisi eseguite nel corso del 2003 confermano uno stato di qualità elevato o buono per tutte le postazioni montane, mentre la qualità peggiora notevolmente nelle postazioni di pianura nelle quali, lo stato di qualità risulta spesso scadente o pessimo, sia in relazione ai parametri chimici di base, sia per la presenza di residui di antiparassitari. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 73 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE Nel sottobacini dell’Usciana sono monitorati 11 corsi d’acqua oltre ad alcuni altri più propriamente appartenenti al Padule di Fucecchio. Anche in questo caso i tratti montani possiedono uno stato di qualità elevato o buono. Ritroviamo stato di qualità scadente per quasi tutte le postazioni interne al Padule o comunque poste a valle di aree intensamente urbanizzate. Tabella 21 - Stato ecologico dei corsi d’acqua sottobacino dell’Usciana Fonte: ARPAT – Dipartimento di Pistoia CORSO D’ACQUA PESCIA DI COLLODI FOSSO DI MONTECARLO COMUNE PESCIA PUNTO DI PRELIEVO P.te BUGGIANESEFattoria Settepassi IBE SECA 10/III 4/IV IV FOSSO DEL CAPANNONE FUCECCHIO 9/IV Ponte Salanova PESCIA PESCIA DI PONTITO PESCIA A monte di Ponte di Sorana PESCIA Ponte Europa 3/II 5/II 1/I 4/I 4/II 9/III 1/I 1/I 3/V 4/V 9/V 4/V CHIESINA UZZ.SEPonte via Livornese P.te BUGGIANESEPonte di Mingo BORRA MASSA E COZZIL Alla captazione VOLATA MASSA E COZZIL A valle della captazione PESCIA MORTA PESCIA 6/II 5/II Ponte Loc. Pescia Morta CHIESINA UZZ.SEPonte Molin Nuovo PESCIA NUOVA FOSSO SECCHIETI NIEVOLE Pest. 4/II 9/III P.te BUGGIANESEIdrovora RIO PESCIOLINE PESCIA DI PESCIA LIM Veneri P.te BUGGIANESEPonte via Ragnaia UZZANO Ponte loc. Molinaccio MARLIANA Alla captazione MARLIANA Loc. Forrabuia MONSUMMANO T Ponte del Porto FORRA BRACCHI LAMPORECCHIO Loc. Greppiano CANALE DEL TERZO MONSUMMANO Ponte Righetti LARCIANO Case Morette PADULE DI FUCECCHIO P.te BUGGIANESEA.P. Biagiotti CANALE MAESTRO FUCECCHIO 2/II 10/II 6/II 7/II 5/IV 4/I 2/III II III 2/! 5/I 3/I 9/III 2/I Ponte di Cavallaia Gli indici che sono stati utilizzati per la classificazione dei corsi d'acqua sottoposti a monitoraggio sono quelli previsti dal D.Lgs 152/99 (allegati 1, 2B e 3). Tutti esprimono la qualità attraverso un punteggio che viene articolato in cinque classi di qualità decrescente dalla "1" alla "5". La seguente tabella riporta la definizione delle varie classi. 1 ELEVATO Non si rilevano alterazioni dei valori di qualità in dipendenza degli impatti antropici, o sono minime rispetto ai valori normali 2 BUONO I valori degli elementi della qualità biologica per quel tipo di corpo idrico mostrano bassi livelli di alterazione derivanti dall'attività umana e si discostano solo leggermente da quelli normali. 3 SUFFICIENTE I valori degli elementi della qualità biologica si discostano moderatamente da quelli propri di condizioni non disturbate. I valori mostrano segni di alterazione derivanti dall'attività umana. 4 SCADENTE Si rilevano alterazioni considerevoli dei valori che si discostano sostanzialmente da quelli di norma associati al corpo idrico inalterato. 5 PESSIMO I valori degli elementi di qualità biologica del tipo di corpo idrico superficiale presentano alterazioni gravi e mancano ampie porzioni delle comunità normalmente in un corpo idrico inalterato. LIM (Livello di Inquinamento da Macrodescrittori) rappresenta l'indice sintetico derivato dai sette parametri macrodescrittori chimici e microbiologici (Azoto nitrico, Azoto ammoniacale, Ossigeno disciolto, BOD.5, COD, Fosforo totale, E. coli). D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 74 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE Indice Biotico Esteso (IBE) si ottiene attraverso lo studio della comunità macrobentonica del corso d'acqua. L'indice IBE si basa su due principi fondamentali delle comunità animali in presenza di fattori di alterazione: scomparsa dei taxa più sensibili, calo della biodiversità. Stato Ecologico del Corso d'Acqua (SECA) si ottiene incrociando i due precedenti indici e considerando la classe di qualità più bassa fra quelle derivate dalle valutazioni di IBE e LIM singolarmente. Stato Chimico viene definito in base al superamento da parte di microinquinanti o sostanze chimiche pericolose di valori soglia. Stato Ambientale del corso d'acqua (SACA) deriva dall'incrocio dello stato ecologico con lo stato chimico. Per quanto riguarda Lamporecchio sono state effettuate analisi presso il fosso di Greppiano, presumibilmente a valla dell’area produttiva del centro capoluogo. L’indice LIM è risultato alto, si tratta quindi di acque superficiali molto scadenti. Non si dispongono di dati di qualità relativi agli altri corsi d’acqua, si ha ragione di ritenere che anche il Rio di Lamporecchio si trovi nelle condizioni del Rio di Greppiano, drenando gli stessi territori. Non si dispongono di dati sul Fosso di Mezzo. 19- QUALITÀ DELLE ACQUE PROFONDE Fonte: Rapporto sullo Stato dell’Ambiente 2004 della Provincia di Pistoia Per quanto riguarda questo aspetto non si dispongono di dati analitici diretti sulla qualità delle acque di falda; nei documenti raccolti non vi sono riferimenti ad episodi di inquinamento presso pozzi ad uso pubblico o privato. Si ha comunque ragione di ritenere che la falda idrica freatica localizzata presso i bacini dei corsi d’acqua che drenano le aree soggette a maggiore pressione antropica (Rio di Lamporecchio, Greppiano e di Mezzo) sia scadente. La maggiore parte degli attingimenti privati significativi avviene a profondità maggiori dei 25 metri dalla superficie. I campi pozzi ad uso acquedotto sfruttano falde profonde, strategiche e significative, presumibilmente non sfruttate per tutta la loro potenzialità. Si hanno notizie non validate di episodi di riduzione degli attingimenti presso i pozzi della Santona causati da impianti privati. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 75 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 20- PUBLISERVIZI Publiservizi è la prima holding multiutility costituitasi in Toscana, con l’obiettivo della costruzione di un sistema industriale regionale dei servizi di pubblica utilità. In tale prospettiva, contestualmente alla liberalizzazione del mercato, Publiservizi si propone come uno dei principali catalizzatori delle partecipazioni pubbliche nelle società miste, operanti nel settore delle utilities. La holding Publiservizi è nata nel 2000 ed ha assunto la sua fisionomia attuale all'inizio del 2002. Nell'arco di due anni si è realizzato un processo di ristrutturazione industriale che, partendo dalle aziende pluriservizi locali di Pistoia ed Empoli, ha portato alla costituzione di una holding di rilievo regionale (i cui soci sono 37 Comuni) e di una serie di società mono-servizi ad essa collegate, operanti su bacini territoriali e di utenza ben più ampi di quelli originari. Le principali società collegate a Publiservizi sono attualmente Publiambiente S.p.A. che opera nel settore della raccolta e smaltimento rifiuti, Toscana Gas, che opera nel settore della distribuzione di gas metano, Acque S.p.A. e Publiacqua S.p.A., che operano nel settore idrico. 20.1 Publiambiente La società, operativa dal 1° luglio 2001, gestisce servizi in 28 Comuni toscani, compresi nelle province di Firenze, Pistoia, Siena e Lucca. L'azienda è composta da 265 addetti e 180 mezzi operativi, ha un bacino d'utenza di 386.000 abitanti e produce un fatturato di oltre 37 milioni di Euro, raccogliendo più di 230.000 tonnellate di rifiuti. La gestione dei rifiuti è l'area principale di attività della società, che ha lo scopo specifico di affrontare tutte le problematiche relative alla raccolta e al trattamento dei rifiuti solidi urbani. FATTURATO COMUNI GESTITI ABITANTI SERVITI ADDETTI MEZZI OPERATIVI RIFIUTI RACCOLTI € 37.189.830 28 386.000 265 180 tonn. 230.000 In partecipazione con altre tre aziende toscane (Quadrifoglio S.p.A. Firenze, Geofor S.p.A. Pisa, SienAmbiente Siena) ha acquisito la maggioranza di Revet S.p.A., leader in Toscana nella raccolta e trattamento delle frazioni secche e che dispone di un sistema impiantistico d'avanguardia per la valorizzazione commerciale del vetro e delle plastiche recuperate. Publiambiente ha costituito, insieme a partner privati la società Valcofert S.r.l., per la commercializzazione di ammendanti (compost). 20.2 Toscana Gas S.p.A. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 76 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE Toscana Gas, nasce dalla fusione tra Ages S.p.A. (Pisa) e Publienergia S.p.A. (Pistoia Empoli), con 230.000 clienti ed un volume annuo di gas venduto di 430.000.000 di metri cubi, è il secondo operatore del settore a livello regionale ed il settimo a livello nazionale. La società è partecipata al 46,10% dal raggruppamento Partecipazioni Industriali, costituito da Italgas e da Acea. Nella prospettiva di un'industria regionale del gas è prevista l'integrazione tra Toscana Gas e Fiorentinagas, che è il primo operatore del settore in Toscana, per numero di clienti e volumi erogati. 20.3 Fiorentina Gas S.p.A. La società fu costituita giuridicamente il 23 dicembre 1972, l'effettiva assunzione della gestione degli impianti avviene il 1° maggio 1973 con l'ingresso nel Consiglio di Amministrazione della Società dei rappresentanti del Comune di Firenze, che fino ad allora aveva preferito concedere il servizio a Società private. Fissato il Capitale Sociale in 10 Miliardi, con lo statuto della nuova Società venne stabilita la seguente ripartizione azionaria: 45% al Comune di Firenze, 45% alla Società Italiana per il Gas di Torino ed il restante 10% alla SNAM. CAPITALE SOCIALE 2003: a seguito della separazione societaria, in ottemperanza al Decreto Letta, il capitale sociale al 1° gennaio, interamente sottoscritto e versato, ammonta ad Euro 3.000.000 ed è costituito da 3.000.000 di azioni ordinarie da nominali Euro 1 cadauna. Composizione azionaria al 31/12/02 AZIONISTI N° Azioni Totale Euro % COMUNE DI 1.445,685 1.445.000 48,1895 FIRENZE ITALGAS S.p.A. 1.252.575 1.252.575 41,7525 ENI S.p.A. 278.355 278.355 9,2785 altri comuni azionisti 23.385 23.385 0,7795 TOTALE 3.000.000 3.000.000 100 I COMUNI SOCI: Bagno a Ripoli, Borgo S.Lorenzo, Campi Bisenzio, Castelfranco di Sopra, Fiesole, Impruneta, Incisa Valdarno, Londa, Pergine Valdarno, Pian di Scò, Pontassieve, Reggello, Rignano sull'Arno, Rufina, Scarperia, Vaglia e Vicchio. UNITÀ OPERATIVA FIRENZE: Firenze.Fiesole,Sesto Fiorentino (frazione Pian di San Bartolo), Campi Bisenzio (frazione San Donnino). UNITÀ OPERATIVA EST: Bagno a Ripoli, Barberino di Mugello, Barberino Val d'Elsa, Borgo San Lorenzo, Castelfranco di Sopra, Certaldo (Marcialla), Dicomano, Gaiole in Chianti, Greve in Chianti, Impruneta, Incisa Valdarno, Laterina, Londa, Loro Ciuffenna, Pelago, Pergine Val d'Arno, Pian di Scò, Pontassieve, Radda in Chianti, Reggello, Rignano sull'Arno, Rufina, San Casciano Val di Pesa, San Casciano Val di Pesa, San Godenzo, San Piero a Sieve, Scarperia, Tavarnelle Val di Pesa, Terranuova Bracciolini (Montemarciano, Campogialli), Vaglia, Vicchio. UNITÀ OPERATIVA OVEST: Barga, Buggiano, Capannori, Castelnuovo Garfagnana, Chiesina Uzzanese, Lamporecchio, Larciano, Massa e Cozzile, Monsummano Terme, D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 77 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE Montecatini Terme, Pescia, Pieve a Nievole, Pieve Fosciana, Ponte Buggianese, Porcari, Uzzano, Vecchiano. 20.4 Publiacqua S.p.A. Publiacqua è la società dedicata al ciclo delle acque, che ha ricevuto dall'Ambito Territoriale Ottimale n. 3 (Medio Valdarno), l'affidamento del servizio, secondo quanto previsto dalla legge 36/94 e dalla normativa regionale di attuazione. Con oltre 700 addetti ed una rete di oltre 5.000 chilometri di acquedotto e oltre 3.000 di fognatura, la società gestisce il servizio idrico integrato su un territorio di circa 3.000 Km/quadri delle Province di Firenze, Prato, Pistoia, e Arezzo per una popolazione di circa 1.200.000 abitanti. La società vende circa 90 milioni di metri cubi di acqua, sviluppando un fatturato di circa 120 milioni di euro Publiacqua, è impegnata per i prossimi anni ad effettuare un grande piano di investimenti, circa 750 milioni di Euro, per operare qual consolidamento e sviluppo del servizio necessari a raggiungere i migliori standard europei per efficacia, efficienza e tutela ambientale. PUBLIACQUA S.p.a. COMUNI SERVITI ABITANTI LUNGHEZZA RETI ACQUEDOTTO LUNGHEZZA RETI FOGNARIE ACQUA VENDUTA FATTURATO ADDETTI UTENZE IDRICHE 49 1.214.852 5.631 3.402 90 milioni di metri cubi 120 milioni di € 714 331.384 20.5 Acque S.p.A. Acque S.p.A. è sorta dalla concentrazione di Gea S.p.A. di Pisa (PI), Publiservizi S.p.A. di Empoli (FI), Cerbaie S.p.A. di Pontedera (PI), Coad S.p.A. di Pescia (PT), Aquapur S.p.A.di Capannori (LU). Acque S.p.A. ha ricevuto dall'Autorità dell'Ambito Territoriale Ottimale – ATO 2 Basso Valdarno l’affidamento, a partire dal 1 gennaio 2002, della gestione del servizio idrico integrato del Basso Valdarno. Un territorio che interessa 5 Province, distribuito su 57 Comuni, su cui abitano oltre 720.000 abitanti. Coerentemente agli impegni stabiliti nella convenzione di affidamento del servizio, Acque S.p.A. ha espletato una gara ad evidenza pubblica a livello europeo per la selezione di un partner privato, che si è conclusa con l'aggiudicazione del 45% del capitale sociale al raggruppamento formato da Acea S.p.A., Suez Environnement S.A., MPS S.p.A., SILM S.p.A., Degrémont S.p.A., C.T.C. s.c.a r.l. La Società è chiamata ad attuare un piano ventennale di investimenti di circa 651 milioni di Euro, volto a garantire standard qualitativi del servizio acquedotto sempre più D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 78 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE elevati e a estendere in tutta l'area servita un efficiente sistema di fognatura e depurazione, a tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini. Fatturato Investimenti previsti per 20 anni Comuni serviti Abitanti Utenti Dipendenti Reti acqua Reti fognarie Impianti di depurazione € 72.168.994 € 651.078.000 57 720.343 280.520 373 km 5.033 km 2.667 150 20.6 Publitrade Publitrade è la società del Gruppo Toscana Gas che si occupa della fornitura di gas metano e della vendita di prodotti e servizi energetici integrati nell'area di Pistoia e dell'Empolese Valdelsa. Publitrade eredita dalle aziende locali di Pisa, Pistoia ed Empoli, che sono confluite in Toscana Gas una consolidata esperienza tecnica e gestionale ed una profonda conoscenza del territorio e delle esigenze dei consumatori che in esso risiedono ed operano. La società ha la missione di fidelizzare la clientela esistente e di conquistare nuovi clienti non allacciati. 20.7 Publinet Publinet è la società del gruppo Publiservizi dedicata al cablaggio e alla realizzazione delle infrastrutture di rete. Nata nel luglio 2001 dalla joint venture con Nodalis, operatore nazionale di telecomunicazioni, ha l'obiettivo di implementare le tecnologie a "banda larga", per offrire alle comunità locali e alle aree industriali del territorio servito, tutti i benefici della trasmissione veloce di fonia e dati. Publinet è partecipata al 51% da Publienergia, la società del gruppo Publiservizi, che opera principalmente nel settore della distribuzione e vendita di gas metano e al 49% da Nodalis. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 79 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 21- SERVIZI IDRICI INTEGRATI – ACQUE S.P.A. PREMESSA Nei capitoli seguenti si riportano dati riferiti agli studi eseguiti di supporto alla Pianificazione d’Ambito, al Piano d’Ambito stesso e ai documenti Ufficiali dell’ultimo Piano Operativo Triennale del 2004. A integrazione di quanto ufficialmente reso disponibile si riporta, inoltre, quanto descritto nella Proposta di Piano Operativo Triennale (POT 2005/2007) Luglio 2005. In questo documento, a livello complessivo di Ambito; si rilevano “criticità rilevanti, peraltro comuni a tutti i Piani d’ambito della Toscana e del Paese, che riguardano l’inadeguatezza del volume degli investimenti, generati dal sistema tariffario, rispetto a quanto necessario per rispettare le leggi esistenti e garantire un servizio di qualità”. Tale situazione si è verificata essenzialmente per i seguenti fattori: 1. una rilevante sottostima dei costi di manutenzione ordinaria e straordinaria sulle dotazioni impiantistiche e infrastrutturali; 2. un aumento del valore dei nuovi investimenti rispetto a quanto definito nel Piano d’Ambito. Su quest’ultima voce, secondo gli estensori del documento, ha giocato un ruolo rilevante la rivalutazione dei parametri di qualità imposti dalla normative nel frattempo promulgate ed entrate in vigore: D.L. 31/01 (qualità delle acque potabili), D.Lgs. 152/99 e L.R. 64/01 (scadenze per la depurazione e fognatura per insediamenti superiori ed inferiori ai 2000 ab. eq. al 31/12/2005). In sostanza, operando proiezioni anche sui tre prossimi POT (II, III e IV sino al 2013) il totale delle disponibilità (acquedotto e fognatura) pari a 58.678 mila euro è sufficiente per fare fronte alle esigenze ad oggi note per estensioni, risanamenti e sostituzioni, pari a 58.283 mila euro. È evidente, secondo lo studio, che le ulteriori necessità, per estendimenti e/o potenziamenti ad oggi non previsti, dovranno trovare copertura da parte delle amministrazioni comunali tramite l’utilizzo degli oneri di urbanizzazione e/o altre risorse. Per quanto riguarda la depurazione delle acque quanto prescritto dal D. Lgs. 152/99 (testo unico recante disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento) impone il conseguimento di obiettivi di qualità in tempi rapidi, la scelta di soluzioni finalizzate a tutelare, preservare e se possibile migliorare le attuali condizioni dei corsi d'acqua, basate su un approccio quali – quantitativo di analisi. Il progetto di Acque S.p.A. in fase di definizione prevede l'accorpamento dei processi depurativi presso gli impianti civili e industriali presenti nell'area del cuoio con conseguente riuso delle acque depurate. Il collettamento e il trattamento di depurazione negli impianti della zona del cuoio riguarda la Valdinievole, la Valdera, l'Empolese. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 80 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE Sulla Valdinievole insiste un carico di 150.000 abitanti equivalenti, pari a circa 10.000.000 di mc/anno, l'intervento consentirebbe di evitare la realizzazione di due nuovi impianti di depurazione, previsti a suo tempo, e la dismissione di un gran numero di impianti esistenti non idonei a garantire il rispetto dei limiti di legge oltre a essere antieconomici, inoltre si otterrebbe un efficace risanamento e regimazione idraulica del Padule. Tabella 22 - II POT – Elenco degli interventi (in migliaia di euro a valori costanti 2005) II POT 2005 2006 2007 Somma 2008 Interventi generali Servizio acquedotto Servizio fognatura Servizio depurazione Elenco speciale Estensioni Totale investimenti in tariffa 3,896 4,957 11,556 11,070 7,837 7,504 7,163 6,172 0,105 1,396 0,578 1,090 31,135 32,189 3,022 11,875 15,020 37,646 14,536 29,877 15,068 28,403 1,997 3,498 1,280 2,948 50,923 114,247 2,672 14,210 4,746 26,583 --1,000 49,211 21.1 Depurazione delle acque Le informazioni sulla depurazione delle acque (reti fognarie, impianti e servizi) derivano: 1. dagli elaborati di Piano d’Ambito, che riportano però dati del 1996, non disaggregati per il comune di Lamporecchio, ma riferiti all’area servita sino al 2002 da PUBLISER; 2. dal POT dell’Ente Gestore ACQUE S.p.A. – 2003; 3. dall’indagine appositamente eseguita nell’ambito di questo Piano Strutturale nel 2003 e 2004. Per quanto riguarda la descrizione generale delle problematiche d’Ambito si rimanda al relativo capitolo contenuto nell’allegato alla presente relazione, nelle tabelle seguenti si evidenziano le informazioni riferite al Comune di Lamporecchio e confrontate con i dati totali. 21.1.1 Le reti fognarie In tabella è riportato un dettaglio del numero di reti fognarie censite suddivise per tipologia (reti miste, reti nere e collettori) e i relativi km di rete. Tabella 23 - Le reti fognarie relative al Comune di Lamporecchio facevano parte del sistema PUBLISER per cui la relazione d’Ambito non fornisce i dati disaggregati (fonte: Piano d’Ambito - 1996) Ente gestore PUBLISER Totale AMBITO N. di reti Reti miste Reti nere [Km] [Km] 69 348,6 24,0 292 n.d. 648,5 D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Collettori Totale [Km] reti [Km] 57,1 429,7 439,3 2243,2 Popol. ml per ab. Servita servito 156.496 2,7 619.297 n.d. Pagina - 81 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE A livello di Ambito sono stati censiti 2.256 Km di reti fognarie con un valore medio di lunghezza pro-capite per abitante servito di 3,6 ml. 21.1.2 Gli impianti di depurazione I principali comuni della Val di Nievole recapitano i reflui all’impianto di Pieve a Nievole che presenta una potenzialità di 65.000 abitanti equivalenti. La depurazione a livello dell’Ambito è affidata poi a160 impianti sparsi sul territorio, a volte di dimensioni e funzionalità ridotte e bassa qualità nel servizio. Nella tabella seguente sono riportati i dati tecnici relativi agli impianti di depurazione riferiti al Comune di Lamporecchio come descritti nel Piano d’Ambito, espressi in termini di potenzialità dell’impianto (vengono riportate sia la potenzialità di progetto, che quella effettiva) e di Kg di COD rimosso giornalmente. L’ultima colonna (% carico industriale) evidenzia la presenza di impianti che trattano prevalentemente scarichi di natura industriale. Tabella 24 - Impianti di depurazione nelle aree di interesse (fonte Piano d’Ambito 1996) Denominazione Depuratore Capoluogo Depuratore Papone Depuratore Alberghi Depuratore S. Baronto Depuratore Porciano Depuratore Orbignano Dep.Poggio Alla Cavalla Depuratore Cerbaia Ovest Depuratore Cerbaia Est Comune Lamporecchio Lamporecchio Lamporecchio Lamporecchio Lamporecchio Lamporecchio Lamporecchio Lamporecchio Lamporecchio Potenz. di progetto Potenz. effettiva Kg COD/g % ind. [ab_eq] [ab_eq] rimosso 4200 6000 780 150 100 13 100 50 6,5 500 450 58,5 200 150 19,5 250 150 19,5 150 100 13 1225 1826 237,38 1225 900 117 21.1.3 I servizi di fognatura e depurazione Per il servizio fognatura, la rete di raccolta ha una buona copertura, ma lo stato di conservazione è precario, migliore per quanto riguarda gli impianti di sollevamento e i collettori. Per i depuratori la potenzialità degli impianti è appena sufficiente e frequenti sono le interruzioni del servizio. Questa situazione è riscontrata anche nel Comune di Lamporecchio. Tabella 25 - Popolazione servita da rete fognante e impianti di depurazione per il Comune di Lamporecchio (fonte Piano d’Ambito - 1996) Comune LAMPORECCHIO Totale ATO Popolazione residente 6.622 6.622 Popolazione servita 4.990 4.990 % 75 Il livello medio di copertura del servizio di depurazione dell’Ambito è pari al 63%, quindi nel comune si riscontra una situazione molto più favorevole rispetto alla media d’Ambito e ai valori di riferimento nazionali. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 82 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE Ad una copertura elevata e capillare non sempre corrisponde una provata efficienza della depurazione: questo è dovuto al fatto che molti impianti risultano sottodimensionati o comunque troppo piccoli per essere in grado di fronteggiare situazioni di crisi. 21.1.4 Problemi dell’attuale configurazione dell’offerta di servizio idrico La relazione d’Ambito descrive una situazione ben strutturata in Valdinievole e discretamente nel Comune di Lamporecchio, con buone percentuali di abitanti serviti. Il servizio di depurazione è esteso a tutta la zona di pianura e a parte della porzione collinare del comune, sono pochi i centri e nuclei non completamente serviti. Le case sparse smaltiscono tramite fosse biologiche o settiche. La tipologia di impianto prevalente è quella a fanghi attivi, con o senza nitrificazione: complessivamente questi impianti costituiscono circa il 97% della potenzialità disponibile nei depuratori a prevalente carico civile. 21.1.5 Potenzialità degli impianti di depurazione Per quanto riguarda la potenzialità degli impianti l’analisi è stata effettuata valutando il rapporto esistente tra il carico attuale in abitanti equivalenti e quello di progetto. Gli impianti di depurazione lavorano spesso con carichi prossimi o superiori a quelli di progetto, con probabili difficoltà di raggiungimento costante nel tempo dei limiti di legge. Questa realtà riguarda non solo il comune di Lamporecchio ma è distribuita in maniera uniforme sugli impianti a servizio dell’Ambito. Il problema evidenziato permette di individuare quegli impianti che, essendo sovrasfruttati, non possono avere un funzionamento adeguato al carico trattato e che, con forti probabilità, scaricano a livelli più alti del consentito per i parametri indice. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 83 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 21.1.6 Servizio di depurazione L' Ente impegnato nel servizio fognature, smaltimento e depurazione è la Società ACQUE S.p.A. Servizi Idrici – Pisa. Nella tabella seguente si riassumo le caratteristiche degli impianti presenti nel territorio comunale come fornite nell’ambito dell’indagine eseguita di supporto al presente Piano Strutturale. Tabella 26 - Elenco e caratteristiche degli impianti di depurazione pubblici (fonte ACQUE S.p.A. 2003) N° Denominazione Potenzialità max (mc/anno) Abitanti equiv. trattati attualmente 1 Via Volta 182.500 5.940 Portata attuale (mc/anno) 262.800 2 Ponte di Feroce 87.600 3.310 87.600 276 240/1.200 3 Via Amendola 87.600 1.200 87.600 100 240/1.200 4 San Baronto 36.500 720 36.500 144 100/500 5 Orbignano 18.250 720 36.500 288 50/250 6 Porciano 10.950 150 10.950 100 30/150 7 Alberghi 7.300 100 7.300 100 20/100 8 Poggio alla Cavalla 10.950 150 10.950 100 30/150 9 Papone 10.950 170 10.950 113 30/150 TOTALE 452.600 12.460 551.150 Grado utilizzo % 144 Portata max abitanti eq. 525/4.200 Sin da una prima analisi delle informazioni si evince una particolare criticità in relazione alle problematiche della depurazione. La totalità degli impianti infatti non soddisfa le esigenze di una adeguata depurazione. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 84 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 21.1.7 Piano Operativo Triennale - ACQUE S.p.A. (29/07/2003) Il 1° gennaio 2002 è stata affidata ad ACQUE S.p.A. la gestione del S.I.I. dei comuni dell’Ambito n. 2 (Delibera n. 21 del 21/12/2001) ed è stato approvato il testo della convenzione di gestione, composto dalla convenzione tipo e dai patti aggiunti, e dei suoi allegati, tra cui il Disciplinare Tecnico. Nella tabella seguente si descrivono gli interventi principali previsti nel Comune di Lamporecchio. Tabella 27 - Interventi previsti in Lamporecchio Servizio Codice F 61 F 94 D 123 D 133 D 310 Denominazione Adeguamento quadri elettrici Lamporecchio Sostituzione quadri elettrici risollevamenti fognari (Q.P.) adeg. Centrifuga Via Volta Lamporecchio adeguamento 626 impianti depurazione Lamporecchio depuratore Ponte di Feroce ottimizzazione linea fanghii primari Totale in Elenco Anno Anno Anno variabile tariffa Speciale 1 2 3 16,03 16,03 si 12 16,03 0,00 0,00 Importo 2,58 2,58 si 12 2,58 0,00 0,00 3,00 3,00 no 15 3,00 0,00 0,00 31,00 31,00 no 15 5,00 26,00 0,00 5,17 5,17 si 16 5,17 0,00 0,00 21.1.8 Proposta di Piano Operativo Triennale (POT 2005/2007) Nella Proposta di Piano Operativo Triennale (POT 2005/2007) del luglio 2005, vengono indicati i seguenti interventi. Tabella 28 - Estensioni previste dal POT 2002/04 da realizzare nel POT 2005/07 o già in corso progetti importo servizio Stato progettazione Via Ceppetp 45.000 Fognatura Da iniziare Tabella 29 - Estensioni previste dal POT 2002/04 da realizzare nel POT 2008/13 progetti importo servizio Stato progettazione Via Borgano 163.000 Fognatura Progetto preliminare Via Fardello 90.000 Fognatura Da iniziare Tabella 30 - Risanamenti e potenziamenti servizio fognatura aggiornato anno 2005 Tipo intervento Risanamento rete Capoluogo V. di Vittorio D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 categoria MS - RS opere Risanamento condotta importo 25.000,00 Pagina - 85 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 21.2 Acquedotti – Risorse idriche In allegato fuori testo sono descritti gli elementi essenziali del Piano Di Ambito e del POT 2003; evidenziando gli interventi previsti nel territorio comunale di Lamporecchio. In questo capitolo si cerca di riordinare le informazioni acquisite in modo da definire le potenzialità del territorio e le disponibilità in relazione alle previste esigenze; gli orizzonti di riferimento sono il 2010 e il 2020. I dati relativi alla disponibilità e potenzialità delle risorsa idrica sono stati raccolti e organizzati sulla base degli studi eseguiti e disponibili. La caratterizzazione idrogeologica del territorio è stata eseguita nell’ambito degli studi di supporto alla Pianificazione Urbanistica (D.R.E.AM. 2004), che, nella porzione di pianura, si basa sul censimento di pozzi eseguito nella primavera del 2004. Nella porzione di territorio collinare di Lamporecchio si ritiene che vi sia una rilevante potenzialità di risorsa profonda e di buona qualità. Nella fascia dei terrazzi fluviali e delle conoidi di raccordo con la pianura la potenzialità potrebbe essere di rilievo ma occorre verificare la situazione. Nell’ambito di questo lavoro si è condotta una indagine presso gli uffici comunali per quanto riguarda le problematiche inerenti l’acquedotto, i dati reperiti riguardano un periodo che termina nel dicembre 1996, da allora le competenze nella gestione degli impianti e del servizio sono passate prima alla PUBLISER S.p.A. di Empoli, e dal 1 gennaio 2002 all’Ente Gestore ACQUE S.p.A. In definitiva si sono utilizzate le informazioni provenienti dalle seguenti fonti: − “Programma Straordinario di Potenziamento degli Acquedotti dei comuni dell’area della Valdinievole” – PUBLISER - novembre 1997; − “Programma di tutela e valorizzazione delle risorse idriche della provincia” - GTI Pranzini – 1996; − Piano di ATO n. 2 Basso Valdarno – novembre 2001; − Analisi del primo Piano Operativo Triennale presentato da ACQUE S.p.A. ai sensi della convenzione di affidamento del servizio idrico integrato – luglio 2003; D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 86 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 21.2.1 Dati Piano ATO 2 e POT 2002 - 2004 Tabella 31 - Il bilancio idrico dell’anno 1996 riferito al comune di Lamporecchio (Fonte: Piano ATO2) Ente gestore PUBLISER Acq. del Pollino Totale AMBITO Volumi prodotti [mc/anno] Volumi acquistati [mc/anno] Volumi Volumi venduti erogati [mc/anno] [mc/anno] 17.864.790 3.638.968 77.396.949 460.226 0 4,543,382 0 11.436.233 12.628.754 3.476.772 0 3.319.092 330,572 49.640.171 56.700.918 Volumi Perdite fatturati lorde [%] [mc/anno] 38 4 37 Tabella 32 - Le dotazioni idriche nell’anno 1996 riferite al comune di Lamporecchio (Fonte: Piano ATO2) Ente gestore Popolaz. residente Popolaz. servita Volumi erogati [mc/anno] PUBLISER Totale AMBITO 221.032 771.701 209.476 709.212 11.436.233 49.640.171 Volumi domestici Dot. idrica fatturati lorda [mc/anno] [l/ab/g] n.d. n.d. Dot. idrica domest. [l/ab/g] 150 208 n.d. n.d. Tabella 33 - Composizione delle utenze 1996 riferita al comune di Lamporecchio (Fonte: Piano ATO2) Ente gestore Publiser Totale AMBITO Utenze domestiche 55.130 232.457 Utenze Utenze Altre produttive agricole utenze 5.382 19.919 2.153 2.984 3.229 7.614 Totale utenze 65.894 262.974 Tabella 34 - Principali dati sul servizio acquedottistico riferiti al comune di Lamporecchio 1996 (Fonte: Piano ATO2) Comune Lamporecchio Totale AMBITO Popolazion Popolazion e residente e servita 1996 1996 6.622 763.693 D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 6.382 699.837 Volume Volume erogato erogato per usi domestici totale (m3/anno) 3 (m /anno) 274.967 234.119 48.975.469 38.827.635 Volume erogato per usi non domestici (m3/anno) 40.848 10.147.834 Pagina - 87 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE Tabella 35 - Evoluzione del volume erogato acquedottistico nel periodo (Fonte: Piano ATO2) Denominazione Lamporecchio Totale AMBITO 2002 299.358 301.360 2005 400.423 402.428 2010 407.059 409.069 2015 411.479 413.494 2002-2020 2020 415.899 417.919 21.2.2 Dati PUBLISER – GTI – Pranzini (1996) Il lavoro della PUBLISER (1998) ha utilizzato anche i risultati di un lavoro redatto per conto della Provincia di Pistoia: “Programma di tutela e valorizzazione delle risorse idriche della provincia” - GTI - Pranzini - 1996. Per quanto riguarda l’area della Valdinievole vengono riportati alcuni dati in forma disaggregata per comune e riferiti agli anni 1994/1995, descritti nella tabella seguente. Tabella 36 - Produzioni per acquedotto pubblico – 1994/1995 (Fonte: GTI - Pranzini) Comune Larciano Buggiano Massa Coz. Uzzano P.te Buggianese Chiesina Uzzanese Lamporecchio Monsummano Pieve a Nievole Pescia Montecatini Totali produzioni [mc/anno] 372.000 389.939 500.000 415.000 520.000 323.170 364.285 1.671.408 626.000 2.289.645 4.257.000 11.728.477 fatturazioni [mc/anno] 279.099 318.939 350.000 290.000 394.458 265.742 255.000 1.261.440 470.000 1.600.000 3.450.000 8.934.678 abitanti 6.113 7.896 6.880 4.100 7.300 4.050 6.462 19.000 8.879 18.040 20.568 109.288 abitanti serviti 5.502 6.000 5.504 3.900 6.500 3.600 5.492 15.000 7.900 18.000 24.137 101.535 l/g/ab serviti 139 146 174 204 166 202 127 230 163 243 390 241 Tabella 37 - Consumi per uso in Valdinievole 1995 (Fonte: GTI - Pranzini) Tipologie Di Utilizzo Usi irrigui da pozzi Usi irrigui da derivazioni Usi domestici e potabili privati Usi industriali Usi acquedottistici Totali mc/anno 4.207.538 662.462 633.494 176.000 11.728.477 17.407.971 Nel lavoro di Pranzini vengono fatte delle previsioni sui futuri fabbisogni, esse riguardano un obiettivo del 2.010; i dati quantitativi sono riassunti di seguito. − − − − − − Usi irrigui: incremento del 20%, da 4.870.000 mc/anno a 5.844.000 mc/anno; Uso domestico: invariato; Uso industriale: invariato; Popolazione: incremento del 3%; Presenze turistiche: incremento del 20%; Perdite della rete: inalterate del 24%. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 88 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 21.2.3 Servizio Acquedotti L’Ente Gestore impegnato nel servizio di acquedotti, approvvigionamento e distribuzione è la Società ACQUE S.p.A. Servizi Idrici – Pisa. Nella tabella seguente sono riportati i quantitativi di risorsa idrica distribuita per area di provenienza riferiti al 2002 in mc/anno. Essi rappresentano quindi il dato più aggiornato a disposizione. Tabella 38 - Le dotazioni idriche nell’anno 2002 riferite al comune di Lamporecchio (Fonte: ACQUE S.p.A.) Numero abitanti: 6.808 Numero utenti: 2.780 Impianto/area di Portate erogate 2002 Media anno approvvigionamento Mc L/s Integrazione 72.000,00 2,28 Acquedotto Pollino 172.923,00 5,48 Centrale Doccino 67.970,00 2,16 Centrale Greppiano 88.200,00 2,80 Acquedotto S. Baronto 112.800,00 3,58 Acquedotto Cavalle 34.400,00 1,09 Acquedotto Porciano 25.000,00 0,79 Acquedotto di Vinci 6.930,00 0,22 Totale erogazioni 436.223,00 13,83 Rapporto erogazioni l/ab/g 175,54 La tabella precedente riporta un volume erogato molto maggiore (436.223) di quello indicato nella corrispondente tabella riportata nel Piano d’Ambito (299.358) il cui dato deve essere errato, a meno che esso non sia depurato dei contributi derivanti dall’Acquedotto del Pollino od altre fonti esterne. In ogni caso la previsione riportata nella stessa tabella all’anno 2020 risulta ampiamente inferiore a quella attualmente erogata, fatto che difficilmente può essere giustificato. Il dato più rilevante che emerge è relativo alla produzione idrica dalle fonti situate entro il comune, che ammonta a 328.370 mc. Il comune si approvvigiona da fonti esterne per ben 251.853 mc. quindi per circa il 57%. Lo studio di Pranzini prevedeva un incremento dei fabbisogni al 2010 dal 15% al 20%, il Piano d’Ambito al 2020 un incremento del 15% circa, con questa ultima ipotesi al 2020 i volumi di risorsa da erogarsi a Lamporecchio dovrebbero essere pari a 501.656 mc. 21.2.4 Acquedotto del Pollino Questo sistema in realtà è composto dall’acquedotto del Pollino vero e proprio e dall’acquedotto della Valdinievole; è alimentato da 5 pozzi nel territorio di Porcari, l’acqua emunta viene portata all’impianto di Squarciabocconi (Pescia) e immessa nell’acquedotto della Valdinievole, dall’impianto di Pescia una tubazione raggiunge il deposito del Poggetto (Pieve a Nievole), questo primo tratto di condotta lungo 10.450 metri alimenta gli acquedotti di Uzzano, Buggiano, Massa e Cozzile, Pieve a Nievole, D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 89 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE Ponte Buggianese, Montecatini; dal Poggetto si dirama il secondo tratto che alimenta Monsummano Terme (3 prese), Larciano, Lamporecchio. 21.2.5 Aree di produzione interne La risorsa idrica prodotta nel comune deriva da campi pozzi e sorgenti la cui localizzazione è descritta nella Carta delle reti e nella Carta Idrogeologica; lo studio di GTI – Pranzini del 1996 riporta la schedatura delle fonti allora attive, alcune di esse sono state nel frattempo dismesse; si ritiene comunque utile riportarne la descrizione sintetica in quanto rappresentano un importante elemento del territorio di cui è bene mantenere la memoria. Tabella 39 - Prese da corsi d’acqua Num 7 Corso d’acqua Rio di Greppiano Bacino Zona L Vol. prel. Annuo mc Utilizzo 95.000 Continuo Comune Lamporecchio Comune utilizzatore Lamporecchio Tabella 40 - Campi pozzi Num. 33 34 35 36 37 38 39 39bis Località o den. opera Santona Santona Casa Rossa Dorrio Doccino Pezzano Beboli Borchi profondità 80 90 54 65 24 24 Portata media l/sec. 2,5 2,5 1,1 1 2 2 Utilizzo Continuo Continuo Continuo Continuo Continuo Continuo Comune produttore Lamporecchio Lamporecchio Lamporecchio Lamporecchio Lamporecchio Lamporecchio Lamporecchio Lamporecchio Comune utilizzatore Lamporecchio Lamporecchio Lamporecchio Lamporecchio Lamporecchio Lamporecchio Lamporecchio Lamporecchio inquinamento Tabella 41 - Sorgenti Num. 558 559 560 561 Località o den. opera Montemagno Doccelama Capalle Triangolo Portata media l/sec. 2,5 0,25 1,0 0,1 captazione Si Si Si Si Comune produttore Quarrata Lamporecchio Lamporecchio Lamporecchio utilizzazione Com. Lamporecchio Com. Lamporecchio Com. Lamporecchio Com. Lamporecchio 21.3 Considerazioni in merito alle risorse idriche Le informazioni acquisite presso l’Ufficio Ingegneria di Acque S.p.A. nel 2003 – 2004 permettono di individuare una situazione di particolare criticità nella rete di distribuzione, principalmente per perdite di carico, subordinatamente per le perdite di rete valutate intorno al 30%. Le aree di maggiore “sofferenza” sono la porzione collinare: San Baronto e gli altri centri collinari; nel capoluogo invece la situazione è di buona efficienza, discreta nelle frazioni di pianura. A livello di POT 2004 si prevede di collegare l’area collinare con la Valdinievole; al momento non sono definite altre iniziative a livello locale. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 90 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE Un aspetto sintomatico della sensibilità dell’area collinare è rappresentato dalla interazione dei pozzi a servizio del campeggio di San Baronto con i pozzi acquedotto della Santona che servono l’abitato: dalla messa in opera dei pozzi privati i pozzi pubblici, posti più a valle, hanno ridotto considerevolmente la loro efficienza. Il documento descrivente il POT 2004 prevede con proiezione ai prossimi tre/quattro anni i seguenti interventi: Tabella 42 - Interventi acquedotto in Lamporecchio Servizio Codice A A A 2088 2008 474 Denominazione Risanamento di tratti rete acquedotto Potenziamento acquedotto Lamporecchio Nuovo pozzo Doccino Nella Proposta di Piano Operativo Triennale (POT 2005/2007) del luglio 2005, vengono indicati i seguenti interventi. Tabella 43 - Elenco risanamenti e potenziamenti servizio acquedotto aggiornato 2005 Tipo intervento Risanamento idrico Via Orbignanese Risanamento idrico Via Cerbaia Risanamento idrico Via L. da Vinci Risanamento idrico Via Palagina Risanamento idrico Via G. di Vittorio Risanamento idrico Via Greppiano Risanamento idrico Via Montalbano Risanamento idrico Via Gerbamaggio Risanamento idrico Via Poggo Cavalla Risanamento idrico Via Meucci Risanamento idrico Via Ceppeto Risanamento idrico Via S. Giorgio Risanamento idrico Via del Quercione Risanamento idrico Via Pianali Risanamento idrico Via Giugnano Risanamento idrico Via Volta Risanamento idrico Via Petrarca Risanamento idrico Via Pino Potenziamento risorsa S. Baronto D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 categoria opere perdite Rete in proprietà privata reti perdite Trasferimento risorsa importo 90.000,00 34.000,00 34.000,00 60.000,00 46.000,00 30.000,00 60.000,00 25.000,00 40.000,00 24.000,00 76.000,00 20.000,00 18.000,00 20.000,00 34.000,00 17.000,00 30.000,00 42.000,00 300.000,00 Pagina - 91 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 22- ENERGIA ELETTRICA I dati sui consumi energetici elettrici derivano dalle relazioni sullo Stato dell’Ambiente della provincia di Pistoia (1998 e 2004) e da indagini dirette presso gli uffici ENEL effettuate nel 2003, 2004 e 2005. Nella provincia di Pistoia la maggiore concentrazione di attività industriali coincide, in parte, con la maggior concentrazione di abitanti (Pistoia, Quarrata, Montecatini Terme Monsummano Terme, Pescia e Agliana), in parte interessa comuni meno densamente abitati (Montale, Larciano, Massa e Cozzile, S. Marcello Pistoiese, Serravalle, Pieve a Nievole, Lamporecchio e Ponte Buggianese). Presentano, ovviamente, consumi elettrici industriali molto minori, che si traducono in implicazioni ambientali minime, i comuni montani, come Piteglio, Marliana, Abetone, Cutigliano e Sambuca Pistoiese. La tabella seguente, relativa ad una situazione del 1998, descrive i consumi energetici distinti per i comuni della provincia. Tabella 44 - Localizzazione utenze nei comuni della provincia di Pistoia (1998) Comune Totale Pistoia Pescia Quarrata Montecatini T. Montale Agliana Monsummano T. Larciano Massa e Cozzile San Marcello Ps. Serravalle P.se Pieve a Nievole Lamporecchio Ponte Buggianese Buggiano Piteglio Uzzano Chiesina Uzz. Marliana Abetone Cutigliano Sambuc Totale KWh 257.175.633 131.703.874 69.614.632 66.145.232 61.679.691 49.404.673 47.408.788 46.033.591 38.991.074 35.810.386 33.555.588 28.422.903 21.779.715 20.287.150 18.122.439 17.496.887 12.951.884 10.617.073 8.855.409 7.180.698 5.292.413 Pistoiese 992.792.732 Consumi elettrici Piccoli Utenti Medi Utenti kWh 151.449.002 33.234.185 49.844.155 44.877.813 21.938.489 29.007.792 30.841.290 11.588.188 12.766.052 14.342.138 18.321.742 13.836.620 12.910.985 11.112.221 11.985.168 3.575.117 6.412.165 7.930.083 5.694.517 4.412.324 4.497.774 4.262.999 504.212.939 kWh 61.109.035 21.182.159 19.770.477 18.082.503 35.000.842 20.396.881 15.009.328 24.705.963 15.049.542 4.357.648 15.233.846 10.227.733 8.868.730 9.174.929 6.137.271 483.600 6.539.719 2.686.990 627.482 2.768.374 794.639 3.635.119 298.835.571 Grandi Utenti kWh 44.617.596 77.287.530 0 3.184.916 4.740.360 0 1.558.170 9.739.440 11.175.480 17.110.600 0 4.358.550 0 0 0 13.438.170 0 0 2.533.410 0 0 627.880 189.744.222 Totali N° 49.345 10.372 11.392 12.626 4.837 6.734 8.582 2.881 3.553 5.692 4.821 4.092 3.506 3.394 3.864 1.993 2.013 2.008 2.884 2.673 2.443 0 152.284 Numero utenti Piccoli Medi Utenti Utenti N° N° 49.067 267 10.302 64 11.272 120 12.526 99 4.727 109 6.662 72 8.504 77 2.819 60 3.513 37 5.660 30 4.762 59 4.034 57 3.464 42 3.361 33 3.838 26 1.989 2 1.996 17 1.992 16 2.877 6 2.654 19 2.429 14 2.579 2.576 151.024 1.229 Grandi Utenti N° 11 6 0 1 1 0 1 2 3 2 0 1 0 0 0 2 0 0 1 0 0 3 31 Fonte: Dati Enel per Relazione sullo Stato dell’Ambiente 1998 T_U VW_X(Y*Z_X_[-\_X!T.X0]2^3V_X([___`-aY<]2X_^cb>aY<aU d_a ^?X(Z[ \@a9e_efag[!^_^0XhW_X(^2b>X(Y<\@iE]3^cU_X_[_e_X D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 92 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE Tabella 45 - Densità energetica delle attività industriali (1998) Comune MWh/km2 MWh/Ab. Agliana 2.364,2 Larciano 1.444,1 Montale 1.331,4 Massa e cozzile 1.288,9 Pescia 1.112,9 Uzzano 887,7 Pieve a Nievole 752,4 Quarrata 656,3 Monsummano Terme 542,8 Lamporecchio 406,7 Serravalle P.se 358,4 Chiesina Uzzanese 351,7 Buggiano 318,3 Ponte Buggianese 295,9 Pistoia 293,4 Piteglio 282,7 San Marcello P.se 242,1 Montecatini Terme 173,8 Marliana 79,6 Sambuca p.se 6,0 Cutigliano 5,5 Abetone 1,4 Medie 599,8 Fonte: Dati Enel per Relazione sullo Stato dell’Ambiente 1998 2,1 5,9 4,3 3,1 4,9 1,7 1,1 1,4 1,0 1,4 1,7 0,6 0,7 1,2 0,8 7,0 2,7 0,1 1,4 0,3 0,1 0,1 2,0 Nel Rapporto sulla Stato dell’Ambiente della Provincia di Pistoia 2004 si forniscono dati sui consumi provinciali di energia elettrica. Tabella 46 - Consumi di energia elettrica (mil kWh) per settore merceologico e consumi procapite. Anni 1996-2003 Settore Agricoltura 1996 1997 14,5 15,7 1998 16,3 1999 2000 2001 2002 2003 Var.% 17,4 17,0 17,5 18,2 20,2 +39,3 Industria 468,4 480,1 499,7 505,5 588,3 597,8 534,0 531,1 +13,4 Terziario 253,2 262,2 267,2 282,2 287,2 295,8 304,1 323,6 +27,8 Domestico 295,4 298,4 300,8 316,5 310,1 306,2 316,8 331,5 +12,2 1.217,5 1.173,1 1.206,4 +16,9 Totale provinciale 1.031,5 1.056,4 1.084,0 1.121,6 1.202,7 Tabella 47 - Consumi elettrici procapite (calcolati su 6.857 abitanti) Consumi elettrici procapite (MWh/ab) Provincia di Pistoia Regione Toscana 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 Var.% 3,9 4,0 4,0 4,2 4,4 4,5 4,3 4,4 +12,8 4,7 4,8 4,9 5,1 5,2 5,4 5,6 5,8 +23,4 Lamporecchio 3,288 Fonte: GRTN S.p.a. - Gestore Rete Trasmissione Nazionale e nostro riferimento al comune in esame D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 93 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE Nella tabella seguente si descrivono le utenze e l’energia distribuita nel comune con dati aggiornati al 2003, come forniti dall’ente gestore sulla base di una specifica indagine. Rispetto al 1998 si verificato un incremento di energia distribuita pari a 770.442 KWh. Tabella 48 - Dati aggiornati al 2003 COMUNE DI LAMPORECCHIO USI DOMESTICI ILLUMINAZIONE PUBBLICA ALTRI USI TOTALE Energia Attiva kwh 7.912.529 410.754 14.226.874 22.550.157 NUMERO UTENZE 17.118 210 5.909 23.237 abitanti 6.857 23- GAS La produzione e distribuzione è affidata a FIORENTINAGAS S.p.A. - Firenze Tabella 49 - I dati economici essenziali riferiti alla attività complessiva dell'azienda ANNO: 2004 FATTURATO TOTALE € 37.606.00 INVESTIMENTI TOTALI € 16.243.736 DIPENDENTI TOTALI DELL'AZIENDA N. 305 CLIENTI TOTALI N. 10 GAS TOTALE DISTRIBUITO MMC 560,60 ALTRI COMBUSTIBILI VENDUTI MC NESSUNO ESTENSIONE TOTALE DELLE RETI GAS KM 2.624 COMUNI SERVITI N. 51 PUNTI DI RICONSEGNA TOTALI 320.565 Tabella 50 - I dati economici essenziali riferiti al territorio di Lamporecchio ANNO: 2004 FATTURATO € INVESTIMENTI LOCALI € GAS TOTALE DISTRIBUITO in Lamporecchio mc. ESTENSIONE DELLA RETE GAS LOCALE KM PUNTI DI RICONSEGNA TOTALI 2.930 86.212 5.930.000 21 1.454 Tabella 51 - Progetti e iniziative locali previste in comune di Lamporecchio Tipo attività Anno di attivazione Estensione della rete 2005 D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 94 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 24- RACCOLTA E SMALTIMENTO RIFIUTI – PUBLIAMBIENTE S.P.A. L’Ente impegnato nel servizio di raccolta e smaltimento è attualmente la Società PUBLIAMBIENTE S.p.A. Nella tabella seguente sono riportati i quantitativi di rifiuti RSU raccolti per aree di provenienza riferiti agli ultimi 3 anni in kg. Tabella 52 - Rifiuti RSU raccolti per aree di provenienza (fonte PUBLIAMBIENTE – 2003) 2000 Rifiuti raccolti abitanti 3.230.310 6.678 rapporto 1,32 kg/g 2001 rapporto 2002 rapporto Rifiuti raccolti 3.124.947 1,27 kg/g abitanti 6.722 Rifiuti raccolti 3.035.205 1,22 kg/g abitanti 6.808 Tabella 53 - Produzione di RSU Anno 2000 (Fonte Piano Provinciale 2003) Comuni Tot. Area Emp. V.d.E. LAMPORECCHIO Tot. Piana Prov. di Pistoia Tot. Sub ATO Mont. P.se Tot. Piana Prov. PT ed Area Emp. V.d.E. TOTALE ATO N° 5 Abitanti 159.591 6.722 236.550 34.214 395.141 Produzione rifiuti T/anno 89.836 4.150 145.106 21.391 234.942 Produzione rifiuti T/giorno 245,45 11,34 396,46 58,45 641,92 Variazione % 3,33 2,62 4,32 3,97 3,94 Prod. Procapite Kg/giorno 1,55 1,69 1,68 1,71 1,63 Variazione % 1,97 1,81 3,70 3,64 3,16 429.355 256.333 700,36 3,94 1,63 2,51 Tabella 54 - Produzione di RSU Anno 2001(Fonte Piano Provinciale 2003) Comuni Tot. Area Emp. V.d.E. LAMPORECCHIO Tot. Piana Prov. di Pistoia Tot. Sub ATO Mont. P.se Tot. Piana Prov. PT ed Area Emp. V.d.E. TOTALE ATO N° 5 Abitanti 159.612 6.808 240.161 34.196 399.773 Produzione rifiuti T/anno 91.020 4.167 150.905 22.185 241,925 Produzione rifiuti T/giorno 249,37 11,42 413,44 60,78 662,81 Variazione % 1,32 0,41 4,00 3,71 2,97 Prod. Procapite Kg/giorno 1,56 1,68 1,72 1,78 1,63 Variazione % 0,65 -0,59 2,38 4,09 0,00 433.969 264.110 723,59 3,94 1,67 2,45 D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 95 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE Tabella 55 - Produzione di RSU Anno 2002 (fonte ARRR rielaborata 2004) Comuni Tot. Area Emp. V.d.E. LAMPORECCHIO Tot. Prov. di Pistoia TOTALE ATO N° 5 Abitanti Produzione rifiuti Produzione Variazione % Prod. Procapite Variazione T/anno rifiuti T/giorno Kg/giorno % 161.039 94.876 259,94 4,24 1,61 3,31 6.857 4.162 11,40 -0,13 1,66 -0,84 275.651 178.758 489,75 18,46 1,78 3,21 436.690 273.635 749,68 3,61 1,72 2,96 I rifiuti prodotti giornalmente a persona rientrano nelle medie nazionali, si fa notare come nell’ultimo anno siano diminuiti i rifiuti smaltiti, probabilemte grazie al consolidamento delle raccolte differenziate. I rifiuti, frazione indifferenziata, vengono conferiti all'impianto di trattamento di Publiambiente in Montespertoli (compostaggio e discarica), i sovvalli "tornano" in Lamporecchio e smaltiti. Anche per le raccolte differenziate si dispone di dati provenienti dal Piano Provinciale, ARRR e direttamente dal gestore. Nelle tabelle seguenti si riportano gli elementi essenziali. Tabella 56 - Sintesi dei dati sulla Raccolta differenziata 2001 Comuni Abitanti Totale Area Emp. V.d.E. LAMPORECCHIO Totale Piana Prov. di Pistoia Totale Sub ATO Mont. P.se Totale Piana Prov. PT ed Area Emp. V.d.E. TOTALE ATO N° 5 RSU T/anno 159.612 6.808 240.161 34.196 399.773 64.600,29 3.124,94 120.846,87 18.120,57 185.447,16 433.969 203.567,73 RD Totale RSU Totale T/anno T/anno 26.452,60 91.052,89 1.042,58 4.167,52 30.058,86 150.905,73 4.065,69 22.186,26 56.511,46 241.958,62 60.577,15 % RD su RSU + RD 30,26 26,06 20,75 19,09 24,33 264.144,88 23,89 Tabella 57 - Sintesi dei dati sulla Raccolta differenziata 2002 (forniti da ARRR) Comuni Abitanti Totale Area Emp. V.d.E. LAMPORECCHIO Totale Prov. PT Totale Area Emp. V.d.E. TOTALE ATO N° 5 Prov. PT, Area Emp. V.d.E. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 161.039 6.857 275.651 161.039 436.690 RSU T/anno 65.154,38 3.035,20 139.409,25 65.154,38 204.563,63 RD Totale RSU Totale T/anno T/anno 29.721,95 94.876,33 1.126,40 4.161,60 39.349,16 178.758,40 29.721,95 94.876,33 69.071,11 273.634,74 % RD su RSU + RD 32,63 28,19 22,93 30,53 26,29 Pagina - 96 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE Nella tabella seguente si descrive il sistema attuale di raccolta differenziata dei rifiuti in kg (fonte PUBLIAMBIENTE – 2003) riferita al solo comune di Lamporecchio Tabella 58 - Sistema attuale di raccolta differenziata dei rifiuti tipologia rifiuti raccolti 2000 2001 1. carta 288.860 313.798 2. vetro 85.145 89.493 3. lettini 4.590 5.808 4. legno 26.250 43.949 5. pile 236 302 6. farmaci 248 290 7. ferro 85.370 99.229 8. batterie 921 1.024 9. CFC 6.520 6.850 10. plastica 20.005 26.539 11. verde 13.360 43.644 12. tessili 0 0 13. app. elettronici 140 2.091 14. forsu 387.756 409.846 Totale: 921.401 1.044.864 2002 322.100 85.145 7.519 46.429 298 282 97.310 1.240 8.192 38.353 32.261 10.768 1.844 441.043 1.094.786 Riferiti al 2002 le raccolte differenziate costituiscono circa il 26% dei rifiuti prodotti. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 97 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 25- FONTI POTENZIALI DI INQUINAMENTO 25.1 Siti inquinati da bonificare o potenzialmente inquinati Il "Piano di gestione dei rifiuti - stralcio funzionale relativo ai rifiuti speciali anche pericolosi del territorio della Provincia di Pistoia", correlato al corrispondente Piano Regionale, è stato approvato con deliberazione del Consiglio Provinciale del 15 luglio 2004 n.190. Le norme introdotte dal D.Lgs. 5.02.1997 (Decreto Ronchi) per la gestione dei rifiuti stabiliscono che i piani per la bonifica delle aree inquinate costituiscono parte integrante del piano di gestione dei rifiuti. La L.R. 18.05.1998, n. 25 in attuazione del Decreto Ronchi detta norme per la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati. La Regione Toscana ha provveduto ad approvare il Piano regionale di gestione dei rifiuti nei suoi tre stralci funzionali e tematici: urbani (D.C.R. 7 aprile 1998, n. 88), bonifica aree inquinate (D.C.R. 21 dicembre 1999, n. 384), speciali anche pericolosi (D.C.R. 21 dicembre 1999, n. 385). Con l'entrata in vigore, nel luglio 2001, del D.P.G.R. n. 32/R, la Regione Toscana dà attuazione a quanto previsto dalla L.R. 25/98, definendo specifiche direttive tecniche e procedurali per l'esercizio delle funzioni di gestione e di controllo attribuite agli Enti Locali in materia di bonifica e messa in sicurezza dei siti contaminati. Di seguito si riportano le schede tecniche riferite ai siti ricadenti in comune di Lamporecchio, come riportate in normativa. Tabella 59 - Schede relative ai siti da bonificare censiti o catalogati in comune di Lamporecchio, come descritti negli allegati al Piano Provinciale delle Bonifiche Siti con necessità di bonifica o messa in sicurezza urgente SIGLA LOCALITÀ DENOMINAZIONE TIPO STATO CLASS. PRB PT073 Mastromarco Ex Fornace laterizi Area industriale Piano Caratterizzazione successivo approvato ed eseguito Siti oggetto di censimento (ex articolo 27, 28, 33 D. Lgs. 22/97) Cod. id. LOCALITÀ DENOMINAZIONE TIPO 1 Via Ceppeto Azzurra più S.r.l. Trattamento RS 15 Via Matteotti Centro Servizi Imprese S.r.l. 21 Via Ceppeto Autodemolizioni Leporatti Roberto Siti oggetto di censimento (ex articolo 33 D. Lgs. 22/97) Cod. id. DENOMINAZIONE 5 Ambiente e vita S.r.l. 50 Edilsterri di Sabatini Giacomo 92 Impresa edile Martelli 105 Leporatti Roberto 113 Masi Silvio S.N.C. 131 P.C.L. Scavi di Cantini Luisa 143 Riplast di Neri Giancarlo 151 Vescovi Renzo S.p.A. 156 Tacchificio Montalbano S.N.C. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 98 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE In sostanza il sito significativo oggetto intervento è la sola Ex Fornace laterizi di Mastromarco, per la quale si dovrà provvedere alla bonifica. Nel capitolo relativo alla Stima dei fabbisogni sul territorio provinciale vengono fornite indicazioni sommarie sulla tipologia di intervento prevista per la fornace di Mastromarco. Tabella 60 - Tipologia di intervento prevista Ex Fornace laterizi COD. PROV. PT073 DENOMINAZIONE EX FORNACE LATERIZI ITER PROCEDUR ALE P.I. x VOLUME MATRICE CONTAMINATA TIPOLOGIA MATRICE CONTAMINATA TECNOLOGIA INTERVENTO P.B. mc. 500 TERRENO CONTENENTE HC E METALLI P RIMOZIONE** 25.2 Siti potenzialmente inquinanti Nel territorio di Lamporecchio vi sono attività autorizzate al trattamento e smaltimento di Rifiuti Speciali Pericolosi e non Pericolosi. Per la tipologia di attività svolta sono da considersi meritevoli di attenzione in relazione al potenziale rischio di inquinamento. Nelle tabelle seguenti si riportano i dati dimensionali come descritti nel Piano Provinciale dei Rifiuti Speciali. Tabella 61 - Ditte autorizzate al recupero di materia da RSNP in procedura semplificata ex art. 33 D.Lgs. n°22/97, al 31/12/2002 nel comune di Lamporecchio Ditta MASI LIVIO s.n.c. P.C.L. SCAVI RIPLAST VESCOVI S.P.A. Comune sede leg. Lamporecchio Lamporecchio Lamporecchio R. Lamporecchio Comune impianto Lamporecchio Attività R5 Tipologia ex DM 05/02/1998 7 Lamporecchio Lamporecchio Lamporecchio R5 R3 R5 7 vari 7 t/a t/a minime massime 2.900 2.900 2.999 1.500 3.000 2.999 1.500 3.000 Tabella 62 - Ditte autorizzate al riutilizzo di RNSP come combustibili o come altro mezzo per produrre energia in procedura semplificata ex art. 33 D.Lgs. n. 22/97 Ditta TACCHIFICO MONTALBANO Comune sede leg. Lamporecchio D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Comune impianto Lamporecchio Attività R1 Tipologia ex DM 05/02/1998 4 t/a minime 20 t/a massime 20 Pagina - 99 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE Tabella 63 - Ditte autorizzate all’esercizio di impianti di trattamento rifiuti ex art. 28 D.Lgs. 22/97 nel comune di Lamporecchio Discarica Ditta Attività Volumetri a residua (m3) Autodemolizioni Leporatti autodemolizioni R. Azzurra più S.r.l. D13, D14,D15 Masi A. e G. S. Discarica RSU Centro S.r.l. Servizi Imprese D15 agricoli Deposito prel. /Messa in riserva RS RSNP RSP (t) (t) (t) RS (t/a) 325 55.800 37.000 Rifiuti 46.500 Trattamento /Smalt./Rec. RSNP RSP (t/a) (t/a) 2.000 9.300 0 Tabella 64 - Ditte autorizzate ai sensi dell’art. 28 del D.Lgs. 22/97 ad effettuare attività di demolizione di veicoli fuori uso Discarica Ditta Autodemolizioni Leporatti R. Attività Volumetria residua (m3) autodemolizioni Deposito prel. /Messa in riserva RS RSNP RSP (t) (t) (t) 325 Trattamento /Smalt./Rec. RS RSNP RSP (t/a) (t/a) (t/a) 2.00 0 25.3 Siti oggetto di recupero ambientale In questa categoria ricade la sola Discarica per RSU di Cerbaia. La discarica ha servito i comuni di Larciano e Lamporecchio per diversi anni, ora avviate le procedure di chiusura definitiva si deve realizzare quanto previsto nel piano di recupero ambientale. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 100 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 26- IMPIANTI RADIO COMUNICAZIONE Nel 2004, (a livello provinciale) ha avuto inizio il censimento delle sorgenti di campo elettromagnetico utilizzate a fini di radiocomunicazione e/o diffusione radio o TV. Ad oggi sono disponibili i dati relativi alle stazioni radio base (SRB) per telefonia cellulare, mentre non lo sono ancora quelli relativi alle emittenti di maggiore potenza installata (radio, TV, alcune stazioni radioamatoriali, ecc.). I grafici che seguono mostrano come il numero complessivo di SRB installate nei diversi comuni sia fortemente correlato al numero di residenti: si tratta di un’ovvia conseguenza del fatto che ciascuna SRB consente il collegamento telefonico ad un numero limitato di utenti, a differenza delle emittenti per diffusione radio o TV che consentono la ricezione del segnale ad un numero illimitato di utenti all’interno dell’area servita. Come si può notare, la potenza installata complessiva di tutte le SRB rimane contenuta anche nel comune capoluogo entro livelli paragonabili a quelli che caratterizzano la fornitura di energia all’impianto elettrico di un singolo appartamento standard, e sufficienti al funzionamento di due o tre forni a microonde, mentre nei comuni minori la potenza installata scende di circa un ordine di grandezza, o anche più. Ove le emittenti per diffusione radiotelevisiva irradiano inoltre un segnale di potenza tendenzialmente stazionaria le SRB per telefonia cellulare aggiustano momento per momento i livelli di irradiazione al minimo necessario per mantenere il collegamento con gli utenti, per cui la potenza effettivamente irradiata da una SRB è normalmente inferiore – talora anche di molto – a quella installata nominale. Gli indicatori relativi al numero e alla potenza installata delle SRB non forniscono un quadro sull’effettivo impatto indotto, ma sarebbe necessario conoscere il traffico telefonico direttamente incidente sull’attivazione della potenza. Telefonia Cellulare - Postazioni per gestore e comune 10 9 8 7 6 H3G S.p.A TIM Telecom 5 Vodafone 4 Wind 3 2 1 0 Uzzano Serravalle San Marcello Pistoiese Sambuca Pistoiese Quarrata Ponte Buggianese Piteglio Pistoia Pieve a Nievole Pescia Montecatini Monsummano Terme Massa e Cozzile Marliana Larciano Lamporecchio Cutigliano Chiesina Uzzanese Agliana Abetone In assenza di dati riepilogativi sulla potenza installata a fini di diffusione di segnali radio e TV, come pure per radiocomunicazioni di genere diverso dalla telefonia cellulare (forze di polizia nazionali e locali, militari, vigilanza antincendio, protezione civile, pronto intervento sanitario, radioamatori, ecc.) si ritiene che qualunque valutazione dei livelli di campo elettromagnetico a radiofrequenza effettivamente presenti sul territorio sia per il momento prematura. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 101 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE Gli impianti di radio comunicazione al 2004 presentano un numero complessivo di 94 postazioni, localizzate sull’intero territorio, con punte di 29 a Pistoia e 11 a Montecatini Terme, ove si registrano di conseguenza i maggiori valori di potenza installata. Potenza installata complessiva impianti telefonia cellulare 3500 3000 2500 W 2000 1500 1000 D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Uzzano Serravalle San Marcello Pistoiese Sambuca Pistoiese Quarrata Ponte Buggianese Piteglio Pistoia Pieve a Nievole Pescia Montecatini Monsummano Terme Massa e Cozzile Marliana Larciano Lamporecchio Cutigliano Chiesina Uzzanese Abetone 0 Agliana 500 Pagina - 102 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 27- INQUINAMENTO ACUSTICO Piano del Centro sicurezza “Cultura Sviluppo” – aprile 2005 Il Piano Comunale di Classificazione Acustica redatto dal CSCS nel 2005 individua: 1. 2. 3. 4. 5. le classi di destinazione d’uso del territorio e i relativi valori limite di esposizione; i ricettori sensibili e le zone industriali; le strade di grande comunicazione; le aree destinate a spettacolo temporaneo o mobile all’aperto; i piani di risanamento. Per classificare l’inquinamento acustico, il territorio comunale è stato diviso in zone omogenee secondo i criteri di classificazione indicati nella tabella A del D.P.C.M. 14.11.1997 “determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore” Tabella 65 - “Classificazione del territorio comunale” CLASSE I – aree particolarmente protette: rientrano in questa classe le aree nelle quali la quiete rappresenta un elemento di base per la loro utilizzazione: aree ospedaliere, scolastiche, aree destinate al riposo ed allo svago, aree residenziali rurali, aree di particolare interesse urbanistico, parchi pubblici, ecc. CLASSE II – aree destinate ad uso prevalentemente residenziale: rientrano in questa classe le aree urbane interessate prevalentemente da traffico veicolare locale, con bassa densità di popolazione, con limitata presenza di attività commerciali ed assenza di attività industriali e artigianali. CLASSE III – aree di tipo misto: rientrano in questa classe le aree urbane interessate da traffico veicolare locale o di attraversamento, con media densità di popolazione, con presenza di attività commerciali, uffici, con limitata presenza di attività artigianali e con assenza di attività industriali, aree rurali interessate da attività che impiegano macchine operatrici. CLASSE IV – aree d intensa attività umana: rientrano in questa classe le aree urbane interessate da intenso traffico veicolare, con alta densità di popolazione, con elevata presenza di attività commerciali e uffici, con presenza di attività artigianali, le aree in prossimità di strade di grande comunicazione e di linee ferroviarie, le aree portuali, le aree con limitata presenza di piccole industrie. CLASSE V – aree prevalentemente industriali: rientrano in questa classe le aree interessate da insediamenti industriali e con scarsità di abitazioni. CLASSE VI – aree esclusivamente industriali: rientrano in questa classe le aree esclusivamente interessate da attività industriali e prive di insediamenti abitativi. Nel corso delle misure su determinati probabili bersagli sono stati individuati i seguenti ricettori sensibili: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. R.S.A. Ospedale Minghetti (Spicchio), Scuola elementare G. dei (Lamporecchio), Scuola media F. Berni (Lamporecchio), Scuola materna di Borgano, Scuola per l’infanzia di Mastromarco, Asilo nido di Porciano, Scuola Materna di San Baronto, Nuova scuola materna di Mastromarco. Le aree industriali (Classi V e VI): − − − − Area industriale Lamporecchio Area industriale artigianale Poggioni Area industriale artigianale Cerbaia Area industriale artigianale Mastromarco D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 103 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE Le aree destinate alle attività all’aperto: − Piazza Falcone (Lamporecchio), − Via della Chiesa (Porciano), − La Fraschetta (San Baronto). Le principali strade fonte di emissione (C - extraurbana secondaria, Cb – fasce di pertinenza acustica A = 100, B = 50): − − − − − S. P. n. 9 Montalbano S. P. n. 9 San Baronto S. P. n. 9 Lamporecchio - Vinci S. P. n. 9 Cerbaia S. P. n. 9 Lamporecchio - Mastromarco In relazione ai risultati delle misure effettuate si rende necessario procedere al piano di risanamento per i seguenti siti ricadenti attualmente in classe IV per rendere compatibili almeno alcune delle aree interne con la classe II: 1. Scuola elementare G. dei (Lamporecchio) 2. Scuola media F. Berni (Lamporecchio) Per i seguenti siti, pur ricadenti attualmente, in classe III, non si prevede di effettuare, dato il contesto nel quale si trovano, alcun piano e realizzare opere di adeguamento: 1. R.S.A. Ospedale Minghetti 2. Asilo nido di Porciano Per i seguenti siti, interessati dall’inquinamento acustico derivante dal traffico veicolare, si dovranno realizzare opere di mitigazione alla sorgente, lungo la via di propagazione del rumore e direttamente sul ricettore: 1. Scuola per l’infanzia di Mastromarco 2. Scuola materna di Borgano D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 104 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 28- INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO Piano del Centro sicurezza “Cultura Sviluppo” – settembre 2004 Lo studio relativo ai rilievi della distribuzione del campo elettromagnetico redatto dal CSCS individua le seguenti sorgenti specifiche: 1. 2. 3. 4. 5. 6. Traliccio porta antenne – Montefiore Elettrodotto A Elettrodotto B Stazione radio – Borgano Tralicci e centrale di trasformazione ENEL – Borgano Stazione radio Albergo Antico Masetto - Lamporecchio Nel corso delle indagini e misure sono state individuate le seguenti aree potenzialmente sensibili: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. R.S.A. Ospedale Minghetti (Spicchio), Scuola elementare G. dei (Lamporecchio), Scuola media F. Berni (Lamporecchio), Scuola materna di Borgano, Scuola per l’infanzia di Mastromarco, Asilo nido di Porciano, Scuola Materna di San Baronto, Aree prevalentemente boscate del crinale del Montalbano, Area Verde Giardinetti e Parco Rospigliosi. Limiti di esposizione: valore di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico, considerato come valore di immissione, definito ai fini della tutela della salute da effetti acuti, che non deve essere superato in alcuna condizione di esposizione della popolazione e dei lavoratori. Valore di attenzione: valore di campo elettrico. Magnetico ed elettromagnetico, considerato come valore di immissione, che non deve essere superato negli ambienti abitativi, scolastici e nei luoghi adibiti a permanenze prolungate. Obiettivi di qualità: − i criteri localizzativi, gli standard urbanistici, le prescrizioni e le incentivazioni per l’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili, indicati dalle leggi regionali secondo le competenze definite dall’art. 8 L. 36/2001; − i valori di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico definiti dallo stato secondo le previsioni di cui all’art. 4 L. 36/2001 ai fini della progressiva miticizzazione della esposizione ai campi medesimi. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 105 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE Tabella 66 - Limiti di esposizione per la protezione della popolazione dalle esposizioni generate a frequenze comprese fra 100 kHz e 300 GHz (D.P.C.M. 8 luglio 2003) Limiti di esposizione 0,1 < f ≤ 3 MHz 3 < f ≤ 3000 mHz 3 < f ≤ 300 GHz Intensità di campo elettrico E (V/m) 60 20 40 Intensità di campo magnetico (a/m) 0,2 0,05 0,01 Densità di potenza D(W/mq) 1 4 Tabella 67 - Limiti di attenzione per la protezione della popolazione dalle esposizioni generate a frequenze comprese fra 100 kHz e 300 GHz (D.P.C.M. 8 luglio 2003) Limiti di attenzione Intensità di campo elettrico E (V/m) 6 Intensità di campo magnetico (a/m) 0,016 Densità di potenza D(W/mq) 0,10 0,1 MHz < f ≤ 300 GHz (3 MHz – 300 GHz) Per esposizioni all’interno di edifici adibiti a permanenze non inferiori a 4 ore giornaliere e loro pertinenze esterne, che siano fruibili come ambienti abitativi quali balconi, terrazzi e cortili. Tabella 68 - Limiti di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni generate a frequenze comprese fra 100 kHz e 300 GHz (D.P.C.M. 8 luglio 2003) Limiti di qualità 0,1 MHz < f ≤ 300 GHz Intensità di campo elettrico E (V/m) 6 Intensità di campo magnetico (a/m) 0,016 Densità di potenza D(W/mq) 0,10 (3 MHz – 300 GHz) Tabella 69 - Limiti di esposizione per la protezione della popolazione dalle esposizioni ai campi elettrici e magnetici alla frequenza di rete (50Hz) generati dagli elettrodotti (D.P.C.M. 8 luglio 2003) Limiti di esposizione 50 Hz Campo elettrico 5 kV/m Induzione magnetica 100 µΤ Tabella 70 - Valori di attenzione per la protezione della popolazione dalle esposizioni ai campi elettrici e magnetici alla frequenza di rete (50Hz) generati dagli elettrodotti (D.P.C.M. 8 luglio 2003) Valori di attenzione Induzione magnetica 50 Hz 10 µΤ Da applicarsi nelle aree gioco per l’infanzia, in ambienti abitativi, scolastici e nei luoghi adibiti a permanenze non inferiori a 4 ore giornaliere Tabella 71 - Obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni ai campi elettrici e magnetici alla frequenza di rete (50Hz) generati dagli elettrodotti (D.P.C.M. 8 luglio 2003) Obiettivi di qualità Induzione magnetica 50 Hz 3 µΤ Da applicarsi nella progettazione di nuovi elettrodotti in corrispondenza di aree gioco per l’infanzia, di ambienti abitativi, ambienti scolastici e nei luoghi adibiti a permanenze non inferiori a 4 ore giornaliere per i nuovi insediamenti e delle aree in prossimità di installazioni elettriche già esistenti Secondo CSCS i rilievi effettuati presso i siti potenzialmente sensibili si sono mantenuti al di sotto dei limiti di legge, sia per quanto riguarda limiti di esposizione, attenzione e qualità. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 106 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 29- AREE SENSIBILI, EMERGENZE E CRITICITÀ DEL TERRITORIO Premessa Nei paragrafi seguenti vengono descritte le emergenze ambientali e le principali criticità come definite in base agli studi eseguiti e all’analisi dei dati reperiti presso i vari Enti pubblici e privati coinvolti; le valutazioni riguardano strettamente il territorio comunale e assumono un valore diverso se riferite alle problematiche strettamente legate alla conformazione dell’ambiente e se riferite agli aspetti infrastrutturali, la soluzione di queste ultime è infatti legata alle iniziative che matureranno all’interno delle Autorità di Ambito, degli Enti Gestori, lo stesso vale per le problematiche legate ai rifiuti, risolvibili solo a livello di Piano Provinciale di gestione. Scopo delle carte tematiche descriventi questi aspetti è quello di evidenziare le eventuali interferenze e sovrapposizioni con le previsioni del sistema insediativi. 29.1 Le emergenze ambientali e le risorse naturali Nella Carta delle Emergenze Ambientali e delle Risorse Naturali (Tavola 10 del progetto) sono descritti i principali elementi meritevoli di tutela e valorizzazione del territorio, fra i quali:o vigneti, gli oliveti, le aree boscate, le radure, i corsi d'acqua, il Parco Rospigliosi, il crinale di San Baronto, le sorgenti, le formazioni d'argine, di ripa e di golena, gli edifici agricoli di valore, i terrazzamenti, gli alberi monumentali, i Siti di Importanza Regionale (esterni al territorio comunale) e infine le aree marginali al Padule di Fucecchio. Quest'ultima area consiste in circa 3 ettari di territorio drenata dal Rio di Bagnolo e separata da una lieve collina dalla Paduletta di Ramone in comune di Larciano: l'uso del suolo è agricolo, in periodo umido è interessata da frequenti ristagni d'acqua, inevitabili data la quota media dei suoli intorno ai 15 m. sul livello del mare, non fa parte del cratere palustre ma ne è prossima; non ricade nelle Aree Protette ma è limitrofa al SIR – pSIC – ZPS n. 34 Padule di Fucecchio (Cod. Nat. 2000:IT5130007) e al SIR – pSIC – ZPS n. 44 Bosco di Chiusi e Paduletta di Ramone e Bosco di Poggioni (Cod. Nat. 2000:IT5140010). Per quanto riguarda il comune di Lamporecchio quest'area è del tutto marginale ed esclusa in passato da qualsiasi previsione diretta, cosa che viene confermata nel presente Piano. È meritevole di tutela in quanto limitrofa a importanti aree protette, per la sua collocazione morfologica; il corso d'acqua che la delimita a nord è il Rio di Bagnolo, che sversa direttamente nel Padule di Fucecchio. Il Rio di Bagnolo drena territori non molto urbanizzati ma è il recapito del depuratore di Ponte di Feroce, che, come si è visto nel capitolo dedicato alla depurazione, è in condizioni di forte sovrasfruttamento; inoltre riceve quanto derivante dagli scarichi dell'abitato di Puntoni, in comune dl Larciano. Anche non disponendo di dati di qualità delle acque è presumibile ipotizzare che nel corso d’acqua vengano immessi reflui non sufficientemente depurati. Solo nel tratto terminale il corso d’acqua è arginato, quindi per buona parte del suo corso riceve le acque basse che drenano l'area PIP di Cerbaia D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 107 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE e di Puntoni, ricevendone gli scarichi delle acque chiare, inoltre quanto derivante dall’attività agricola. Le condizioni peggiorano sicuramente in periodo estivo, quando, come affermato nello studio "Valutazione sul bilancio idrologico del Padule di Fucecchio degli effetti a seguito della riorganizzazione della depurazione nella Valdinievole e interventi di tutela" - marzo 2004 (Provincia di Pistoia, Consorzio di Bonifica Padule di Fucecchio, Acque S.p.A. redatto da D. Settesoldi, Pietro Nardi, Luca Bracali, Roberto Battaglini), il Padule, se si esclude il Torrente Pescia, viene alimentato principalmente dagli scarichi dei depuratori della Valdinievole. Il lavoro di Settesoldi è una fase del più ampio Studio di area vasta per l'attuazione delle previsioni del piano di bacino del fiume Arno – Stralcio Rischio Idraulico (D.P.C.M. 5/1/99) – sul bacino dell'Usciana e per interventi di salvaguardia del sistema idrico afferente al Padule di Fucecchio. 29.2 Le criticità ambientali Il territorio di Lamporecchio è certamente caratterizzato da una qualità ambientale rilevante, tuttavia sono presenti elementi localizzati di degrado che potrebbero risultare un limite allo sviluppo e alla pianificazione. In cartografia sono descritti: le aree produttive inserite in un contesto residenziale, la discarica di Cerbaia in fase di post chiusura, tutti gli impianti di depurazione pubblici, La cava di Mastromarco, gli elettrodotti, i tratti di corso d’acqua inquinati, gli impianti per le telecomunicazioni, i siti sensibili come rilevati nei piani di risanamento acustico e riduzione dell’inquinamento elettromagnetico. Per le aree produttive a ridosso dell’abitato si rende necessario attivare processi di delocalizzazione; la destinazione dell’area della Ex Fornace di Mastromarco ad attività produttive o residenziali è marcatamente subordinata alla bonifica del sito; le criticità maggiori sono comunque legate alla inefficienza del sistema depurativo vero limite alla realizzazione degli insediamenti. Questa situazione si ripercuote chiaramente sulla qualità delle acque superficiali nei tratti di fondovalle posti a sud dell’abitato di Lamporecchio. L’altra fondamentale criticità, non raffigurata in cartografia per l’evidente impossibilità di raffigurarla è la carenza di risorsa idrica nel periodo estivo. 29.3 Limiti alla edificazione dei suoli nella porzione di pianura Gli studi e le indagini eseguite nell’arco di tempo marzo 2003 – dicembre 2004 hanno evidenziato problematiche relative a rischio idraulico per insufficienti sezioni idrauliche, nei fondovalle dei corsi d'acqua: Rio di Gerbamaggio (o di Bagnolo), Borro di Greppiano, Rio di Lamporecchio (o di Spicchio), Fosso Vinciarello, Torrente Vincio, Torrente Vincio d'Orbignano (o della Lecceta), Fosso di Varignano. Questi corsi d'acqua rientrano inoltre nell'elenco di cui all'elenco della Delibera n. 12 del 25/01/2000 (ex 230/94), per i quali quindi devono essere verificate le condizioni degli ambiti fluviali "A" e "B" prima con criteri geometrici quindi con i criteri rigorosi della ingegneria idraulica. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 108 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE La definizione delle aree allagabili per piene con tempi di ritorno di 200 anni (ambiti "B" verificati) supportata da studi idrologici e idraulici è demandata ai successivi approfondimenti da eseguirsi in sede di Regolamento Urbanistico; nell'ambito del Piano Strutturale si evidenziano le aree ricadenti negli ambiti "B" e si definiscono le salvaguardie per le iniziative edificatori e infrastrutturali proposte, si individuano inoltre le tipologie delle opere di bonifica necessarie a ridurre il rischio e rendere fattibili gli interventi. 29.4 Limiti alla edificazione dei suoli nella porzione di collina Per quanto riguarda il rischio geomorfologico (frana, erosione, instabilità diffusa dei suoli) si individuano limiti alla edificazione presso i versanti del Montalbano interessati da frane attive, quiescenti e situazioni al limite dell'equilibrio; le porzioni di crinale, sede dei principali insediamenti, appaiono generalmente indisturbate, d'altra parte, data la collocazione, si dovrà tenere conto dei fenomeni di amplificazione sismica; questo aspetto riguarda anche i fondovalle stretti con depositi alluvionali di spessore inferiore ai 20 metri. In sintesi la gran parte del territorio collinare è stato inserito in una classe di pericolosità 3, molto spesso derivante dalla forte acclività dei versanti. 29.5 Limiti infrastrutturali alla realizzazione di nuovi insediamenti In questo caso la problematica è da riferirsi al maggiore carico di abitanti equivalenti previsti. I problemi maggiori riguardano la depurazione delle acque e la disponibilità di risorsa idrica all’interno del territorio comunale. La gran parte degli impianti di depurazione sono oltre il limite delle potenzialità e non possono accogliere ulteriori carichi, si dovrà quindi prevederne il potenziamento e adeguamento. Per quanto riguarda l’approvvigionamento idrico il comune utilizza una risorsa proveniente in gran parte da fonti esterne (acquedotto del Pollino). Risulta meno della metà la risorsa resa disponibile all’interno del territorio comunale. Le crisi riguardano comunque esclusivamente il deficit estivo. I problemi principali riguardano in una certa misura la risorsa disponibile globalmente a livello di Ambito, ma sopratutto la difficoltà di distribuzione per perdite di carico, dovute alla vetustità delle tubazioni e inefficienza delle stazioni di sollevamento; in subordine per le diffuse perdite della rete, specie nella porzione di pianura, per risolvere la criticità si dovrà provvedere al ammodernamento della rete. Le preoccupazioni espresse ai punti precedenti riguardano anche la produzione dei rifiuti, pur essendo i quantitativi procapite in linea con le medie nazionali si rende necessario spingere ulteriormente la raccolta differenziata, potenziando la raccolta della frazione umida. Gli effetti ambientali prodotti dai nuovi insediamenti possono subire incrementi anche consistenti in senso negativo se localizzati in prossimità di aree sede di rilevanti risorse naturali (campi pozzi), aree boscate, corsi d’acqua e di aree critiche già di per sé stesse D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 109 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE impattanti; nel comune di Lamporecchio in sintesi si individuano le seguenti aree critiche: - tutti i depuratori, - la discarica per RSU di Cerbaia, - la cava di Mastromarco (sito da bonificare PT073), - la rete di distribuzione idrica, - gli elettrodotti. La soluzione delle problematiche riferite alle relazioni di interferenza fra iniziative di Piano (insediamenti, infrastrutture, ecc), risorse e criticità verranno affrontate in sede di Valutazione degli Effetti Ambientali. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 110 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE BIBLIOGRAFIA - - DPCM 29 settembre 1998 - Atto di indirizzo e coordinamento per l’individuazione dei criteri relativi agli adempimenti di cui all’art.1, commi1 e 2, DL 180\98; DGRT 94/1985 - Direttiva concernente le indagini geologico - tecniche di supporto alla pianificazione urbanistica; Autorità di Bacino del Fiume Arno e Università toscane (1999) - Individuazione e perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico per problemi di stabilità dei versanti, secondo quanto previsto dal DL 180/98; Servizio Geologico Nazionale, SGN (1994) – Linee guida per il rilevamento della Carta Geomorfologica d’Italia alla scala 1:50.000; International Geotechnical Socities UNESCO Working Party for World Landslide Inventory (1993) – Multilingual Glossary for Landslides (“Dizionario Internazionale delle Frane”); Autorità di Bacino del Fiume Arno e Dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Firenze (in corso) - Programma comune per l’integrazione e l’aggiornamento della cartografia del rischio da frana nel Piano di bacino; Servizio Geologico Nazionale (2002) – Progetto IFFI: Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia; Gruppo Nazionale per la Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche, GNDCI (2000) - Progetto SCAI: Atlante dei Centri Abitati Instabili della Toscana; Autorità di Bacino del Fiume Serchio (2000) – Carta della franosità del bacino del fiume Serchio; Gruppo Nazionale per la Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche e Autorità di Bacino del Fiume Arno (1992) – La dinamica fluviale dell’Arno. Ordine dei Geologi della Toscana – Autorità di Bacino del Fiume Arno - Protocollo d'intesa per l'aggiornamento ad indirizzo geomorfologico dei geologi, per la raccolta, la condivisione dei dati e delle informazioni relative ai fenomeni morfologici di versante. Legenda geomorfologica a supporto della pianificazione territoriale – scala 1:10.000 – 2003. AA.VV., 1980. Analisi faunistica in Piano dell'area del Montalbano. Risultanze delle analisi settoriali., IRPET, Firenze. Arrighi A., Bertogna A., Naef S. (a cura di), 1993. Montalbano. Geologia, flora, fauna, storia, arte., Tamari Montagna Edizioni, Padova. Petrini R. e Venturato E. (a cura di), 2002. Atti del Convegno Nazionale La gestione delle specie alloctone in Italia: il caso della nutria e del gambero rosso della Louisiana. Quaderni del Padule di Fucecchio n. 2. Centro di Ricerca, Documentazione e Promozione del Padule di Fucecchio. Tellini Florenzano G., Arcamone E., Baccetti N., Meschini E. e Sposimo P. (eds), 1997. Atlante degli uccelli nidificanti e svernanti in Toscana (1982-1992). Quad. Mus. Stor. Nat. Livorno - Monografie, 1. Venturato E. e Petrini R. (a cura di), 2001. Lungo le rotte migratorie. Progetti di ricerca sulla vegetazione, l'avifauna e le specie aliene. Quaderni del Padule di Fucecchio n. 1. Centro di Ricerca, Documentazione e Promozione del Padule di Fucecchio. Zarri E., 1999. La fauna vertebrata. In AAVV (a cura di F.R. Dani), Il Padule di Fucecchio e il Laghetto di Sibolla. Natura e Storia. Editori dell'Acero, Empoli. D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - 111 PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE INDICE INTRODUZIONE .........................................................................................................................................1 1- METODOLOGIA DI STUDIO..................................................................................................................2 2- STUDI GEOLOGICI DI SUPPORTO ALLA PIANIFICAZIONE URBANISTICA ...................................3 2.1 Inquadramento Normativo..................................................................................................................3 2.2 Metodologia di studio .........................................................................................................................4 3- CARTA GEOLOGICA.............................................................................................................................5 4- CARTA IDROGEOLOGICA....................................................................................................................6 5- CARTA DELLA VULNERABILITÀ DELLA FALDA ..............................................................................7 6- CARTA GEOMORFOLOGIA..................................................................................................................8 6.1 I temi rilevati.........................................................................................................................................8 6.1.1 Forme di versante dovute alla gravità............................................................................................9 6.1.2 Forme fluviali e forme di versante dovute al dilavamento ...........................................................10 6.1.3 Forme e processi di origine antropica..........................................................................................11 7- CARTA DELL'ACCLIVITÀ DEI VERSANTI.........................................................................................13 8- CARTA DEI DATI DI BASE..................................................................................................................13 8.1 Carta di PERICOLOSITÀ in relazione ai fini insediativi .................................................................15 PREMESSA ..............................................................................................................................................15 8.2 Classi di pericolosità ........................................................................................................................15 8.3 Criteri di zonazione ...........................................................................................................................18 8.3.1 Aree collinari ................................................................................................................................18 8.3.2 Aree di fondovalle ........................................................................................................................19 8.4 Ambiti di tutela fluviale .....................................................................................................................21 8.4.1 Ambito A1.....................................................................................................................................21 8.4.2 Ambito A2.....................................................................................................................................21 8.4.3 Ambito B.......................................................................................................................................21 8.5 FATTIBILITÀ geologica in relazione ai fini insediativi...................................................................23 9- INQUADRAMENTO GEOGRAFICO ....................................................................................................24 10- CENNI STORICI SUL COMUNE DI LAMPORECCHIO..................................................................... 25 11- CENNI STORICI SUL MONTALBANO ..............................................................................................26 11.1 Il Barco Reale Mediceo ...................................................................................................................27 11.2 La vegetazione del Montalbano .....................................................................................................27 12- IL CLIMA.............................................................................................................................................30 Premessa..................................................................................................................................................30 12.1 Metodologia utilizzata per la classificazione del clima ...............................................................30 12.1.1 Diagramma di Bagnouls e Gaussen ..........................................................................................33 12.1.2 Bilancio idrico secondo Thorntwaite di un suolo con A.W.C = 150 mm per la stazione di Castelmartini .........................................................................................................................................35 12.2 Considerazioni generali sul clima dell’area..................................................................................37 13- LA GEOLOGIA ...................................................................................................................................38 13.1 Inquadramento geologico ..............................................................................................................38 13.2 Stratigrafia........................................................................................................................................38 13.3 Assetto strutturale ..........................................................................................................................40 13.4 Lineamenti tettonici ed evoluzione paleogeografica...................................................................41 13.5 Elementi di idrogeologia.................................................................................................................42 13.6 Inquadramento geomorfologico ....................................................................................................43 13.6.1 Unità morfologica collinare.........................................................................................................43 13.6.2 Unità morfologica di raccordo fra collina a pianura ...................................................................45 14- I FIUMI.................................................................................................................................................46 14.1 Caratteri idrografici .........................................................................................................................46 14.2 Rischio idraulico..............................................................................................................................46 D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - I PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 15- I BOSCHI ............................................................................................................................................47 15.1 Boschi cedui ....................................................................................................................................47 15.2 Boschi cedui misti...........................................................................................................................47 15.3 Cedui di cerro ..................................................................................................................................48 15.4 Cedui di castagno ...........................................................................................................................48 15.5 Castagneti da frutto ........................................................................................................................49 15.6 Cedui di robinia ...............................................................................................................................49 15.7 Cedui di leccio .................................................................................................................................50 15.8 Cedui coniferati ...............................................................................................................................50 15.9 Alto fusto di conifere ......................................................................................................................50 15.10 Formazione riparia ........................................................................................................................50 15.11 Incendi boschivi ............................................................................................................................51 16- LE COLTIVAZIONI .............................................................................................................................54 16.1 Aspetti agronomici..........................................................................................................................54 16.2 Vocazione agronomica dei terreni.................................................................................................57 16.2.1 Il sistema collinare - montano delle pendici del Montalbano .....................................................57 16.2.2 Il sistema delle colline pedemontane.........................................................................................58 16.2.3 Il territorio urbanizzato ...............................................................................................................59 16.3 Le coltivazioni..................................................................................................................................59 16.3.1 Oliveti .........................................................................................................................................59 16.3.2 Vigneti ........................................................................................................................................60 16.3.3 Cereali, foraggere avvicendate, coltivazioni ortive, vivai ...........................................................60 16.4 Zootecnia..........................................................................................................................................60 16.5 Aziende agricole ..............................................................................................................................60 17- ECOSISTEMI E FAUNA .....................................................................................................................61 Generalità .................................................................................................................................................61 17.1 Il Montalbano ...................................................................................................................................61 17.2 Fauna minore ...................................................................................................................................62 17.3 Mammiferi.........................................................................................................................................63 17.4 Uccelli ...............................................................................................................................................65 17.5 Le specie alloctone .........................................................................................................................66 17.6 Le criticità del territorio in relazione alla fauna............................................................................68 18- QUALITÀ DELLE ACQUE SUPERFICIALI .......................................................................................73 19- QUALITÀ DELLE ACQUE PROFONDE............................................................................................75 20- PUBLISERVIZI....................................................................................................................................76 20.1 Publiambiente ..................................................................................................................................76 20.2 Toscana Gas S.p.A..........................................................................................................................76 20.3 Fiorentina Gas S.p.A. ......................................................................................................................77 20.4 Publiacqua S.p.A. ............................................................................................................................78 20.5 Acque S.p.A. ....................................................................................................................................78 20.6 Publitrade .........................................................................................................................................79 20.7 Publinet ............................................................................................................................................79 21- SERVIZI IDRICI INTEGRATI – ACQUE S.P.A. .................................................................................80 PREMESSA ..............................................................................................................................................80 21.1 Depurazione delle acque ................................................................................................................81 21.1.1 Le reti fognarie ...........................................................................................................................81 21.1.2 Gli impianti di depurazione.........................................................................................................82 21.1.3 I servizi di fognatura e depurazione...........................................................................................82 21.1.4 Problemi dell’attuale configurazione dell’offerta di servizio idrico .............................................83 21.1.5 Potenzialità degli impianti di depurazione..................................................................................83 21.1.6 Servizio di depurazione..............................................................................................................84 21.1.7 Piano Operativo Triennale - ACQUE S.p.A. (29/07/2003).........................................................85 21.1.8 Proposta di Piano Operativo Triennale (POT 2005/2007).........................................................85 D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - II PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE 21.2 Acquedotti – Risorse idriche..........................................................................................................86 21.2.1 Dati Piano ATO 2 e POT 2002 - 2004 .......................................................................................87 21.2.2 Dati PUBLISER – GTI – Pranzini (1996) ...................................................................................88 21.2.3 Servizio Acquedotti ....................................................................................................................89 21.2.4 Acquedotto del Pollino ...............................................................................................................89 21.2.5 Aree di produzione interne.........................................................................................................90 21.3 Considerazioni in merito alle risorse idriche ...............................................................................90 22- ENERGIA ELETTRICA.......................................................................................................................92 23- GAS.....................................................................................................................................................94 24- RACCOLTA E SMALTIMENTO RIFIUTI – PUBLIAMBIENTE S.P.A. .............................................. 95 25- FONTI POTENZIALI DI INQUINAMENTO .........................................................................................98 25.1 Siti inquinati da bonificare o potenzialmente inquinati...............................................................98 25.2 Siti potenzialmente inquinanti .......................................................................................................99 25.3 Siti oggetto di recupero ambientale ............................................................................................100 26- IMPIANTI RADIO COMUNICAZIONE.............................................................................................. 101 27- INQUINAMENTO ACUSTICO ..........................................................................................................103 28- INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO ......................................................................................105 29- AREE SENSIBILI, EMERGENZE E CRITICITÀ DEL TERRITORIO...............................................107 Premessa................................................................................................................................................107 29.1 Le emergenze ambientali e le risorse naturali ...........................................................................107 29.2 Le criticità ambientali....................................................................................................................108 29.3 Limiti alla edificazione dei suoli nella porzione di pianura.......................................................108 29.4 Limiti alla edificazione dei suoli nella porzione di collina ........................................................109 29.5 Limiti infrastrutturali alla realizzazione di nuovi insediamenti.................................................109 D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006 Pagina - III