QC Lamporecchio - Comune di Lamporecchio

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QC Lamporecchio - Comune di Lamporecchio
PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE
INTRODUZIONE
Questa relazione descrive le caratteristiche salienti del territorio di Lamporecchio dal
punto di vista geoambientale fornendo un quadro di base delle conoscenze utile e
necessario a soddisfare quanto richiesto dalle Leggi della Regione Toscana n. 5 del
1995 “Norme per i governo del territorio” e n. 1 del gennaio 2005 . La fase conoscitiva si
avvale dei contenuti e dei documenti cartografici del Piano Territoriale di
Coordinamento della Provincia di Pistoia (Delibera C. P. del 12 marzo 2002) con
particolare riferimento alle problematiche trattate nell’ambito della tutela dell’integrità
fisica del territorio.
Una particolare attenzione viene posta ai contenuti degli Studi Geologici di supporto alla
Pianificazione Urbanistica (Deliberazione Regionale n.94/1985) e al documento sintesi
da essi derivante Carta di Pericolosità in relazione ai fini insediativi, tramite il quale si
stabiliscono i limiti alla edificazione dei suoli.
Le indagini più a carattere ambientale tese e a individuare le criticità, le emergenze e le
risorse naturali presenti nel territorio definiscono, indicano gli elementi dei quali si deve
tener conto per le scelte strategiche di Piano, i risultati dei due principali filoni di studio
inseriti nella procedura di Valutazione degli Effetti Ambientali permettono la definizione
dei limiti, vincoli e prescrizioni alla Pianificazione.
STUDI E INDAGINI
OBIETTIVI SPECIFICI
Geologici (geotecnici, idrogeologici,
Limiti alla edificazione dei
geomorfologici,
rischio
idraulico,
suoli
pericolosità)
Ambientali
(faunistici,
infrastrutturali)
agronomici,
Tutela e valorizzazione delle
emergenze e delle risorse
Superamento delle criticità
OBIETTIVO FINALE
Supporto alla Pianificazione e
allo sviluppo sostenibile
Il lavoro è stato svolto da professionisti e specialisti nelle varie discipline facenti parte
dello staff interno di D.R.E.AM. Italia o coinvolti a livello di consulenza esterna.
PROFESSIONISTA
Leonardo Moretti
QUALIFICA
Geologo
Coordinatore generale
Roberto Giannini
Sandro Pagnini
Silvia Parini
Alessandro Vettori
Francesco Fontanive
Gioia Innocenti
Enrico Zarri
Sabina Arioni
Francesco Scaglione
Geologo
Agronomo
Agronomo
Forestale
Forestale
Geologo
Esperto Faunista
Biologo
Laureato Sc. Geologiche
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AMBITI DI STUDIO
Geomorfologia, geologia, Idrogeologia,
vulnerabilità falda
Pericolosità geomorfologica e rischio
idraulico
Uso del suolo, reti tecnologiche
Infrastrutture, criticità, emergenze
Pericolosità idraulica e morfologica
I coltivi e aspetti agro economici
I coltivi e l’uso del suolo
I boschi del Montalbano
Acclività dei versanti
Sistema Informativo Cartografico
Ecosistemi e fauna
Repertorio dati di sottosuolo
Rilevamento dati idrogeologici
Sistema Informativo Cartografico
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1- METODOLOGIA DI STUDIO
La relazione di quadro conoscitivo si sviluppa seguendo due filoni principali: da un lato
gli studi geologici e la zonazione di pericolosità, dall’altro gli studi ambientali e la
individuazione di emergenze, criticità e risorse.
I vari argomenti sono supportati da cartografie con temi spesso condivisi: pozzi e
sorgenti della carta idrogeologica sono raffigurati anche nella carta delle reti e in quella
dei vincoli, temi dell’uso attuale del suolo si ritrovano nella carta delle emergenze e dei
vincoli, alcune emergenze sono anche criticità.
In sintesi gli argomenti trattati sono i seguenti: geologici, idrogeologici, geomorfologici,
agronomici, faunistici, infrastrutturali, qualità delle acque, faunistici, vegetazionali, uso
del suolo, rifiuti. Le informazioni derivano da:
− repertorio di dati disponibili presso gli uffici comunali, Provincia di Pistoia, Società
di gestione dei servizi, Autorità d’Ambito, Autorità di Bacino del Fiume Arno,
Consorzio di Bonifica del Padule di Fucecchio;
− informazioni derivate da atti pianificatori sovracomunali: PTC, PIT, PAI;
− rilevamenti diretti in campagna, fotointerpretazione: geomorfologia e uso del
suolo;
− elaborazioni specialistiche: morfologia e acclività dei versanti.
Sono state redatte e informatizzate, utilizzando i GIS ArcView e MapInfo, le seguenti
cartografie:
Tabella 1 - Lista delle carte tematiche prodotte
ELABORATI CARTOGRAFICI
DEL QUADRO CONOSCITIVO
DEL PROGETTO
Carta geologica
Carta
geomorfologica
con
indicazioni
Carta di pericolosità per fattori
litotecniche
geomorfologici
Carta idrogeologica
Carta dell'acclività dei versanti (GIS MapInfo) Carta di pericolosità per fattori idraulici
Carta dei dati di base geologici
Carta delle criticità del territorio
Carta di vulnerabilità della falda
Carta delle emergenze ambientali e
delle risorse naturali
Carta dell’uso attuale del suolo
Carta delle reti tecnologiche
Carta dei vincoli sovraordinati
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2- STUDI GEOLOGICI DI SUPPORTO ALLA PIANIFICAZIONE URBANISTICA
Gli studi e le indagini a carattere geologico - tecnico hanno per obbiettivo la
individuazione dei limiti e condizionamenti prevedibili in relazione alle previste attività
del Piano Strutturale, con particolare riferimento alla edificazione dei suoli. Si fa
riferimento all’applicazione della Deliberazione Regionale n. 94 del 12 febbraio 1985:
"Indagini Geologico Tecniche di supporto alla pianificazione urbanistica".
2.1 Inquadramento Normativo
Nel presente studio si fa riferimento all’applicazione della Deliberazione Regionale n. 94
del 12 febbraio 1985: "Indagini Geologico Tecniche di supporto alla pianificazione
urbanistica". Tale Deliberazione detta le norme attuative della L.R. 17 aprile 1984, n.21:
"per la formazione e l'adeguamento degli strumenti urbanistici ai fini della prevenzione
del rischio sismico".
Attraverso l'applicazione della citata direttiva n. 94, trovano specifiche indicazioni
operative i criteri contenuti al punto H del D.M. 1981 n.6 circa la fattibilità geotecnica su
grandi aree, indicazioni riprese dal D.M. 11/03/1988: "Norme tecniche riguardanti le
indagini sui terreni e sulle rocce, la stabilità dei pendii naturali e della scarpate, i criteri
generali e le prescrizioni per la progettazione, l'esecuzione e il collaudo delle opere di
sostegno delle terre e delle opere di fondazione".
Si sono considerate inoltre le seguenti normative:
−
D.P.C.M. 05/11/1999 - Delibera n. 139 del 29/11/1999 dell’Autorità di Bacino del
Fiume Arno – Adozione delle misure di salvaguardia per le aree a pericolosità e a
rischio idraulico molto elevato individuate e perimetrate nel “Piano straordinario per
la rimozione delle situazioni a rischio idrogeologico più alto nel bacino del Fiume
Arno”.
−
Delibera n. 12 del 25/01/2000 (ex 230/94), Piano di Indirizzo Territoriale – PIT e
Circolare illustrativa “ Misure di salvaguardia del PIT. Indirizzi per l’applicazione
(art.11 L.R. 5/95). Del. Giunta Regionale n. 868 del 07/08/2000.
−
Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI), Autorità di Bacino del Fiume Arno,
maggio 2002 – novembre 2004.
−
D.C.P. n.317 del 19/12/2002, Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di
Pistoia.
−
Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20/03/2003 – Primi
elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio
nazionale e di normative tecniche per la costruzione in zona sismica.
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2.2 Metodologia di studio
L'obiettivo dello studio consiste nell'individuazione delle situazioni a maggior rischio, in
relazione agli aspetti edificatori per il grado di dissesto idrogeologico, considerando gli
aspetti geologici, morfologici, strutturali e di rischio idraulico come definito
dall’applicazione di modelli matematici e analisi di serie storiche di eventi documentati;
vengono fornite indicazioni sulla fattibilità edilizia degli interventi previsti; il risultato è
stato ottenuto attraverso la redazione di elaborati cartografici di base sovrapposti e
confrontati su livelli tematici distinti, portando, in fase di analisi, alla redazione delle
carte di sintesi, secondo lo schema descritto di seguito:
Tabella 2 - Elaborati cartografici delle componenti geologiche
ELABORATI DI BASE
ELABORATI DI SINTESI
Carta geologica
Carta di pericolosità per fattori
Carta idrogeologica
Carta geomorfologica con indicazioni litotecniche geomorfologici
Carta dei dati di base geologici
Carta di pericolosità per fattori
Carta di vulnerabilità dell’acquifero
idraulici
Carta della acclività dei versanti
I temi descriventi le aree allagate e gli ambiti di rischio idraulico, le aree di rispetto dei
principali impianti a uso acquedotto (pozzi e sorgenti) sono stati inseriti nelle carte dei
vincoli sovraordinati. Gli elaborati cartografici sono stati redatti in scala 1:10.000 eccetto
che la carta geomorfologia e le carte di pericolosità, alla scala 1:5.000.
Il lavoro consiste in fasi di rilievo diretto in campagna, fotointerpretazione geologica,
raccolta e integrazioni di dati provenienti da studi geologico - tecnici, prospezioni
geognostiche, perforazioni di pozzi.
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3- CARTA GEOLOGICA
Questo elaborato, in scala 1:10.000, descrive le caratteristiche dei terreni basandosi su
criteri litostratigrafici, cioè sulla distinzione dei corpi rocciosi in base alle caratteristiche
litologiche, paleontologiche, sedimentologiche, petrografiche, mineralogiche e
morfologiche, documentate in bibliografia, riconoscibili in superficie e in sottosuolo e
distinguibili da quelle adiacenti.
L'unità di base è la "formazione", che è stata cartografata con opportuna simbologia per
zone di effettivo affioramento e di ipotizzata estensione. In legenda sono state
accorpate sotto una stessa sigla, le formazioni geologiche aventi similari caratteristiche
litotecniche.
In base alle osservazioni granulometriche e litologiche di campagna, in base a quanto
generalmente noto per le stesse formazioni in aree diverse da quella in esame, nonchè
in base a dati di sottosuolo acquisti tramite il repertorio delle prospezioni geognostiche e
indagini geotecniche depositate presso l’Ufficio Tecnico comunale,
Alla redazione della carta si è giunti attraverso varie fasi, fra cui l'analisi stereoscopica
di fotografie aeree e il rilevamento di campagna, effettuato su tutto il territorio comunale.
Mg - Arenaria Macigno (Oligocene medio - superiore)
Qc - Conglomerati e ciottoli di macigno e sabbie (Villafranchiano)
Ql - Argille grigie, argille sabbiose e sabbie di ambiente lacustre (Villafranchiano)
at – Depositi fluvio lacustri terrazzati (Quaternario)
C – Depositi di conoide (Quaternario – attuale)
all - Depositi alluvionali recenti ed attuali (Quaternario – attuale)
dt - Detriti e terreni di copertura (Quaternario)
Con la fotointerpretazione sono state evidenziate le principali lineazioni, i caratteri
strutturali e morfologici, utili anche alla identificazione dei diversi tipi litologici; questi dati
sono stati integrati con il rilevamento di campagna, durante il quale sono stati individuati
e cartografati gli affioramenti effettivi delle singole formazioni rocciose e le giaciture
degli strati, ove distinte.
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4- CARTA IDROGEOLOGICA
Nella carta idrogeologica vengono riportate le medesime distinzioni litologiche già
descritte nella Carta Geologica e le indicazioni derivanti dalla campagna di censimento
di pozzi eseguita nel periodo aprile 2004 grazie alla quale si è ricostruita la superficie
della falda freatica di massima.
Nella carta si fornisce una stima qualitativa della permeabilità dei vari tipi litologici
distinguendo tre classi con coefficiente medio di permeabilità decrescente dalla classe I
alla classe III, più una classe che comprende le formazioni praticamente impermeabili.
Le tre classi corrispondono qualitativamente a permeabilità buona media e bassa
rispettivamente.
La permeabilità più alta è stata attribuita ai sedimenti alluvionali recenti (All) e terrazzati
(At) e ai depositi detritici (dt); questi depositi sono peraltro compresi in più di una classe,
in quanto composti da sedimenti a granulometria molto variabile.
Quanto esposto vale anche per le argille, argille sabbiose e sabbie (Ql) del
Villafranchiano, in quanto, anche in esse, la granulometria è variabile e la permeabilità
varia con il contenuto in percentuale di argilla rispetto alla sabbia.
I conglomerati e ciottoli di arenaria "Macigno" e sabbie del Villafranchiano (Qc),
presentano una permeabilità medio bassa, variabile a seconda del grado di
cementazione dei sedimenti.
Il macigno invece, è dotato di una certa permeabilità secondaria. Tale tipo di
permeabilità è conseguenza della fratturazione, che può permettere circolazione di
acqua in profondità anche in rocce prive di porosità. Essa è direttamente proporzionale
alla densità di fratturazione per cui si va da una permeabilità media alla quasi
impermeabilità.
Nella tabella seguente sono descritte le tre classi con coefficiente medio di permeabilità
decrescente dalla classe I alla classe III, più una classe che comprende le formazioni
praticamente impermeabili.
Tabella 3 - Gradi di permeabilità dei litotipi
all
dt
at
Ql
Qc
mg
I - ALTA
porosità
fratturazione
ALTA
ALTA
ALTA
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GRADI DI PERMEABILITÀ
II - MEDIA
porosità
fratturazione
III - BASSA
porosità
fratturazione
BASSA
MEDIA
MEDIA
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5- CARTA DELLA VULNERABILITÀ DELLA FALDA
La Carta di Vulnerabilità della falda riporta una zonazione di vulnerabilità intrinseca
all’inquinamento delle acque sotterranee elaborata «per Complessi e Situazioni
Idrogeologiche» (CIS). La carta presenta una distinzione fra la vulnerabilità delle aree di
pianura e quella delle aree collinari e montane.
Nelle aree di pianura le falde acquifere sono contenute nei depositi alluvionali e fluviolacustri permeabili per porosità, ed hanno per questo una notevole continuità laterale; in
queste condizioni la vulnerabilità è legata principalmente alla natura ed allo spessore
del terreno non saturo di copertura. Nelle aree collinari e montane le acque sotterranee
si trovano in una rete di fratture ad alta permeabilità con una disomogeneità molto
elevata; la vulnerabilità pertanto risulta molto variabile anche su brevi distanze.
Il metodo CIS si basa su valutazioni qualitative che tengono conto della permeabilità e
tipologia dell’acquifero e soprattutto dello spessore della sua copertura. In riferimento
alle situazioni idrogeologiche del territorio provinciale la tabella che segue riporta la
tipologia degli acquiferi con il relativo grado di vulnerabilità. Relazioni fra litotipi e grado
di vulnerabilità della falda:
1 - ESTREMAMENTE ELEVATA (Non presente sul territorio)
Acquiferi ad alta permeabilità con copertura ridotta o assente
Acquiferi in complessi carbonatici a frattura e a carsismo molto sviluppati
2 - MOLTO ALTA
Acquiferi a permeabilità media con copertura ridotta o assente
Acquiferi in complessi carbonatici con moderato carsismo e interstrati argillitici e/o marnosi
3 - ALTA
Acquiferi a permeabilità elevata con copertura a permeabilità molto bassa o nulla di spessore
compreso fra 1 e 5 m.
Acquiferi in arenarie molto fratturate
4 - MEDIA
Acquiferi a permeabilità media con coperture a permeabilità molto bassa o nulla con spessore
fra 5 e 10 m.
Complessi flyschoidi costituiti da alternanze di arenarie (mg) e/o calcari (alb) e/o marne
Acquiferi con coperture a permeabilità molto bassa o nulla con spessore fra 10 e 20 m.
5 - BASSA
Complessi prevalentemente argillitici con intercalazioni arenacee e/o carbonatiche in cui si
sviluppa una circolazione idrica sotterranea molto compartimentata
6 - MOLTO BASSA (Non presente sul territorio)
Acquiferi con coperture a permeabilità molto bassa o nulla con spessore maggiore di 20 m.
Complessi argillitici con circolazione idrica praticamente assente
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6- CARTA GEOMORFOLOGIA
Il rilevamento geomorfologico si è basato sull'analisi delle fotografie aeree in bianco e
nero in scala 1:13.000 circa volo 1988 della Compagnia Generale Riprese Aeree di
Parma già eseguito in occasione degli studi del 1993 e integrato con i più recenti
fotogrammi in scala 1:7.500 del 2000. A questo, ha fatto seguito il controllo in
campagna dei temi rilevati nel periodo maggio 2003 – giugno 2004.
La legenda è stata organizzata sulla base delle indicazioni fornite dall’Ordine dei
Geologi della Toscana e dall’Autorità di Bacino del Fiume Arno nell’ambito del
“Protocollo d'intesa per l'aggiornamento ad indirizzo geomorfologico dei Geologi, per la
raccolta, la condivisione dei dati e delle informazioni relative ai fenomeni morfologici di
versante. LEGENDA GEOMORFOLOGICA a supporto della Pianificazione Territoriale –
scala 1:10.000”.
6.1 I temi rilevati
Sono stati individuati e descritti i principali processi superficiali e semiprofondi, con
particolare riferimento alle cause che li hanno generati e alla loro evoluzione,
evidenziando in particolare i rapporti fra morfologia, struttura geologica e caratteristiche
litologiche dei terreni in affioramento, oltre alle forme causate e influenzate dall'attività
antropica.
Nella definizione dello stato di un processo (attivo o inattivo) ci si è basati sul principio
della presenza o assenza di evidenze morfologiche, o indicatori cinematici, che
manifestano l’esistenza di un dissesto in atto, rilevati dallo studio delle foto aeree e
dall’osservazione di campagna.
Lo stato “attivo” si identifica in forme riconosciute come unità morfologicamente
discrete, la cui superficie sia interessata in misura rilevante da evidenze morfologiche,
ovvero da indizi di movimenti che si sono verificati entro un intervallo di tempo tale per
cui i processi naturali o le attività antropiche ordinarie non ne hanno obliterato le
evidenze. Appartengono a questa classe gli stati di attività classificati nel “Dizionario
Internazionale delle Frane” come frane attive, riattivate e sospese.
Lo stato “inattivo” si identifica in forme riconosciute come unità morfologicamente
discrete, la cui superficie non sia interessata dalle evidenze dello stato attivo sopra
descritte. Si può trattare di frane totalmente stabilizzate o di corpi di frana relitti. Questa
classe coincide con l’analoga classe definita nel “Dizionario Internazionale delle Frane”
senza ulteriore distinzione nelle sottoclassi quiescenti, stabilizzate (naturalmente o
artificialmente) e relitte.
Con al definizione “area potenzialmente instabile” o “al limite dell’equilibrio”è possibile
rappresentare quelle aree che mostrano condizioni ed evidenze geomorfologiche tali da
indicare una possibile instabilità per cambiamenti, anche limitati, dei valori delle forze in
gioco.
Come indicatori di questa tipologia vanno considerati modesti sintomi gravitativi
localizzati o tali da non permettere la constatazione di uno stato di attività dell’intera
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forma. Vanno inoltre considerate le analogie con condizioni geologiche, morfologiche e
di uso del suolo che, nel medesimo ambiente, hanno coinciso con il verificarsi di un
dissesto. In conclusione quale definizione “oggettiva” generale si considera come “area
potenzialmente instabile” quella per cui si verificano valori del coefficiente di sicurezza
prossimi all’unità.
6.1.1 Forme di versante dovute alla gravità
Fa - Frana attiva
Accumulo detritico di frana in atto: si tratta delle zone di accumulo dei materiali di
movimenti gravitativi in corso di evoluzione, e/o materiali franati di recenti non ancora
stabilizzati. In genere risultano separati dalla zona di distacco da una zona di
scivolamento distinguibile sul terreno.
Ff - Frana relitta
Accumulo detritico di frana antica o di “paleofrana”: si tratta delle zone di accumulo, più
o meno stabilizzate, dei materiali franati in tempi remoti, all'interno delle quali spesso si
riscontrano elementi di ripresa dei movimenti. Le frane definibili come “relitte”, “antiche”
o “paleofrane”, sono rilevabili per la persistenza di elementi morfologici riconducibili a
condizioni geomorfologiche e climatiche sensibilmente diverse dalle attuali.
Fq - Frana inattiva (quiescente)
Le frane “quiescenti”, definite come tali in base all’assenza di un’attività certa per tutto il
corpo di frana e per la presenza di segni localizzati di dissesto, sono identificate come
corpo di frana inattivo al cui interno è possibile delimitare singole aree o punti
potenzialmente instabili. Questo tema descrive anche le porzioni di territorio, vallecole e
impluvi, a coltivo arborato, olivo, vite o altro, con particolare morfologia riconosciuta da
fotointerpretazione, per le quali si riscontra, in campo, la necessità di una continua
manutenzione del versante e una regimazione delle acque particolarmente accorta,
indicativa di aree instabili ma non riconosciuta di particolare gravità dal proprietario.
Dt - Accumuli detritici e terreni di copertura
Spessori variabili di detrito originatosi direttamente da processi di alterazione e
disfacimento del substrato roccioso e rimasto in loco (eluvium) oppure rideposto dopo
rimaneggiamento e breve trasporto ad opera delle acque di dilavamento (colluvium),
spesso caratterizzante, con modesti spessori (2-5 metri) la porzione inferiore dei
versanti e le incisioni torrentizie.
Nella Carta Geomorfologica non sono stati distinti gli accumuli instabili per acclività
(accumuli di detrito eluviale e colluviale, che mostrano segni di instabilità determinati da
condizioni di elevata acclività, localizzati principalmente presso la parte mediana dei
versanti); essendo questa carta direttamente funzionale alla Carta di pericolosità, nel
corso delle elaborazioni si è riscontrato che le aree instabili per acclività sarebbero state
inserite in classe 3 (altrimenti sarebbero state assimilate alle frane) e che la gran parte
della porzione collinare ricade in 3 per fattori legati alla acclività e alla disposizione degli
strati rocciosi del macigno, per cui risultava ininfluente eseguire una tale distinzione.
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Orlo di distacco di frana attiva
Corona di distacco, scarpata di frana in atto: con opportuna simbologia vengono
indicate le zone da cui si originano o si sono originati in un recente passato movimenti
franosi di varia entità tuttora attivi.
Orlo di distacco di frana inattiva, relitta o quiescente
Corona di distacco, scarpata di frana inattiva, quiescente o di paleofrana: le zone da cui
si sono originati in passato movimenti franosi di varia entità, presso i quali non si
riscontrano indizi di attività.
Fenomeno gravitativo indifferenziato non cartografabile fedelmente
Movimento franoso di lieve entità non cartografabile singolarmente: individua porzioni di
versante caratterizzate da concavità, scollamenti, crolli, spesso rilevabili in prossimità di
vecchi terrazzamenti antropici e delle paleofrane non cartografabili con certezza alla
scala del lavoro e indicativi di aree instabili ad evoluzione negativa.
Orlo di scarpata morfologica attiva
Scarpata morfologica attiva: indica una brusca rottura di pendio e una zona di arretramento del versante per una ripresa dell'attività erosiva; è spesso da correlare alla
espansione di un fenomeno già in atto oppure a netti passaggi litologici, oppure, se di
origine o modellamento antropico rappresenta una discontinuità del versante in
arretramento dovuto a crollo per abbandono.
Orlo di scarpata morfologica inattiva
Indica una brusca rottura di pendio è da correlare ad un fenomeno non più in atto
oppure a netti passaggi litologici, oppure, se di origine o modellamento antropico
rappresenta discontinuità del versante in arretramento dovuto a crollo per abbandono.
6.1.2 Forme fluviali e forme di versante dovute al dilavamento
Orlo di terrazzo di origine fluviale
Scarpate originate dalla incisione dei corsi d’acqua presso i sedimenti alluvionali antichi,
indicano una ripresa della fase erosiva, successiva al deposito dei sedimenti
fluviolacustri.
Movimenti di massa generalizzati (soliflusso)
Erosione diffusa per ruscellamento superficiale e/o rigagnoli: tale fenomeno si localizza
non solo sui versanti, ma anche in zone di crinale, caratterizzate dall'assenza di
copertura arborea, arbustiva o coltivi abbandonati e nelle quali si originano processi di
erosione superficiale del suolo; nella cartografia questo tema si rinviene presso i rilievi
delle siltiti, argille e dei conglomerati.
Tratto di corso d'acqua in marcata erosione di fondo
Indica i tratti di corso d'acqua per i quali prevalgono marcatamente le azioni di erosione
su quelle di deposito. Tale situazione è determinata dal tipo di bacino alimentatore, da
motivi litologici e dalla acclività nella zona.
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Area interessata da erosione laterale di sponda
Area soggetta ad erosione laterale di sponda: indica i tratti di corso d'acqua e la relativa
porzione di versante sotteso interessati dall'azione erosiva laterale del torrente. Tale
fenomeno si verifica usualmente a seguito di periodi di piena ad elevato trasporto solido
del torrente, in zone di discreta copertura detritica o caratterizzate da materiali
particolarmente erodibili.
C - Depositi di conoide
Depositi di ciottoli, ghiaie e sabbie, a forma di ventaglio, deposti dai corsi d’acqua allo
sbocco nelle valli principali.
Scarpata fluvio torrentizia
Indica una rottura di pendio e una zona di arretramento del versante riconducibile
direttamente all’azione per erosiva del corso d’acqua.
6.1.3 Forme e processi di origine antropica
Cav - Area di cava
Aree intensamente modificate dall’uomo, depressioni, cavità testimoni di escavazione di
materiali inerti.
Disc - Area di discarica
Aree di discarica controllata attiva o recuperata: aree intensamente modificate
dall’uomo, destinate ad accogliere, in maniera controllata, i rifiuti solidi.
Mod - Area morfologicamente modificata per consistenti movimenti terra
Area intensamente modellata dall'uomo: indicano quelle zone in cui l'uomo per lo sviluppo delle proprie attività (agricole edificatorie, di bonifica) ha modificato
profondamente la morfologia originaria del territorio, cave, grandi sbancamenti e riporti.
F - Corso d'acqua
Orlo di scarpata artificiale in degradazione
Indica una brusca rottura di pendio soggetta ad instabilità potenziale in condizioni di
abbandono; sono stati inseriti in questo tema anche i terrazzi che per geometria,
dimensioni o importanza nel tratto di versante considerato, possono rappresentare, se
non mantenuti adeguatamente, elementi di influenza sulla stabilità generale.
Area terrazzata a muretti o gradoni (da base topografica)
Porzioni di versante interessate da terrazzamenti, muretti a secco, ciglionamenti
realizzati dall’uomo per favorire la coltivazione dei versanti a olivo e vite.
L - Corpo d'acqua
Corpo d'acqua: laghetti, invasi di varia origine (ex cave) ed uso.
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UNITÀ LITOTECNICA – A - RESISTENZA ALLA COMPRESSIONE UNIASSIALE < 1 Mpa
f/Pf Accumuli detritici di frana e paleofrana (Quaternario)
dt Accumuli detritici e terreni di copertura (Quaternario)
all/C Depositi alluvionali, attuali, recenti e di conoide (Quaternario)
UNITÀ LITOTECNICA – B - RESISTENZA ALLA COMPRESSIONE UNIASSIALE 1 – 25 MPa
at Depositi fluvio lacustri antichi terrazzati (Quaternario)
Ql Argille, argille sabbiose e sabbie di ambiente lacustre (Villafranchiano)
UNITÀ LITOTECNICA – C - RESISTENZA ALLA COMPRESSIONE UNIASSIALE 25 - 100 MPa
Qc Conglomerati, ciottoli di arenaria Macigno e sabbie (Villafranchiano)
Mg Arenaria Macigno (Oligocene Medio superiore)
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7- CARTA DELL'ACCLIVITÀ DEI VERSANTI
La carta dell'acclività dei versanti è stata redatta sulla base di elaborazioni informatiche,
in automatico sul modello digitale del terreno alla scala 1:10.000, utilizzando il GIS
MapInfo. Essa descrive la distribuzione delle pendenze nel territorio indagato, risultando
sia un documento cartografico "finito", già utilizzabile cioè per vari studi (agricoli,
urbanistici, ecc.), sia un documento di passaggio per l'elaborazione di carte di sintesi.
Sono state scelte 6 classi di pendenza:
PENDENZE comprese fra:
0% e 5%
5% e 10%
10% e 15%
15% e 25%
25% e 35%
maggiori del
35%
8- CARTA DEI DATI DI BASE
La carta dei dati di base è stata realizzata analizzando le indagini geognostiche raccolte
presso l'Ufficio Tecnico Comunale nell’intervallo di tempo 1998 – aprile 2004.
Tutte le principali informazioni riguardo ai dati di base (numero attribuito, tipo di
indagine, stratigrafia schematica, tipologia opera, ditta esecutrice, proprietario, data di
rilievo, profondità della falda) sono descritte in Allegato 2, Repertorio dei dati di base
geologici, mentre i punti di prospezione sono leggibili sulla carta mediante una
adeguata simbologia.
Sondaggio geognostico
Prova penetrometrica statica (CPT)
Prova penetrometrica dinamica pesante (DPSH)
Prova penetrometrica dinamica leggera (DIM)
Saggio geognostico a mezzo escavatore
Indagine geofisica
Indagine geomorfologica
Studio geologico di fattibilità
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Sono state raccolte circa 180 campagne di studio, ritenute più significative fra quelle
presentate in comune negli ultimi cinque anni, a queste si sono aggiunte le ubicazioni
del censimento in campagna di oltre 100 pozzi.
La carta, è una buona base per programmare ogni futura campagna di indagine nel
territorio comunale. Si rende però necessario tenerla costantemente aggiornata e non
disperdere le informazioni che privati o enti pubblici acquisiranno nel futuro.
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8.1 Carta di PERICOLOSITÀ in relazione ai fini insediativi
PREMESSA
La carta della pericolosità è uno dei documenti indispensabili di supporto alla
pianificazione urbanistica espressamente richiesti dalla Deliberazione R. T. n. 94/1985
e dalla già citata Deliberazione n. 12 del 25/01/2000. È il principale documento
geologico del Piano Strutturale. La carta è il risultato della sovrapposizione ed
elaborazione delle carte di base descriventi i temi geomorfologici, geolitologici, delle
pendenze e del rischio idraulico. Si distinguono quattro principali classi di pericolosità
estese su tutto il territorio comunale e distinte per i due ambiti morfologici principali: la
pianura e la collina. Il modello di riferimento è quello indicato negli elaborati di PTC della
Provincia di Pistoia.
La carta di pericolosità è un documento essenziale del Quadro Conoscitivo, sul quale si
basano le scelte di Piano Strutturale, deriva da elaborazioni, indagini, misure eseguite
ad una scala di semi dettaglio, 5.000 e 10.000, sulla base delle informazioni disponibili
e di quanto evidente sul territorio con gli strumenti di investigazione disponibili; va quindi
considerato un documento “dinamico”, sempre aggiornabile e migliorabile, la cui validità
sarà verificata in sede dei necessari approfondimenti di Regolamento Urbanistico
(fattibilità geologica) e di redazione della Relazione Geologica e Geotecnica di supporto
agli attuativi.
8.2 Classi di pericolosità
PERICOLOSITÀ PER FATTORI GEOMORFOLOGICI
1 - PERICOLOSITÀ IRRILEVANTE - Aree collinari e montane in cui sono certamente
assenti limitazioni derivanti da caratteristiche geologico tecniche e geomorfologiche;
non è stata individuata nel territorio indagato.
2 - PERICOLOSITÀ BASSA - Aree collinari e montane caratterizzate da situazioni
geologico-tecniche apparentemente stabili, sulle quale permangono tuttavia dubbi che
saranno chiariti a livello di indagine geognostica di supporto alla progettazione edilizia.
3 - PERICOLOSITÀ MEDIA - Aree collinari e montane nelle quali non sono presenti
fenomeni attivi di instabilità, tuttavia le condizioni geologico-tecniche e morfologiche del
sito sono tali da far supporre che esso si trovi al limite dell’equilibrio e/o possa essere
interessato da fenomeni di amplificazione della sollecitazione sismica o di liquefazione.
Sono state inserite in questa classe le aree collinari adiacenti ad aree in dissesto,
scarpate instabili o altri elementi morfologici minori, le aree di frana relitta
apparentemente stabili, nonché tutte quelle zone apparentemente stabili con pendenze
maggiori del 25%. Nelle aree appartenenti a questa classe ogni intervento edilizio è
fortemente limitato e le indagini di approfondimento dovranno essere condotte a livello
di area nel suo complesso, sono inoltre da prevedersi interventi di bonifica e
miglioramento dei terreni e/o l’adozione di tecniche fondazionali di un certo impegno.
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3S - PERICOLOSITÀ MEDIA per fattori sismici- Aree collinari e montane
apparentemente stabili ma caratterizzate da situazioni geologico tecniche e
morfologiche del sito tali da far supporre che esso possa essere interessato da
fenomeni di amplificazione della sollecitazione sismica o di liquefazione. Nelle aree
appartenenti a questa classe le indagini di approfondimento dovranno essere condotte
a livello di area nel suo complesso, sono inoltre da prevedersi interventi di bonifica e
miglioramento dei terreni e/o l’adozione di tecniche fondazionali di un certo impegno.
3c- PERICOLOSITÀ MEDIA - Aree interessate da escavazione di inerti, colmamento di
cavità , modifica morfologica dei luoghi; in queste aree ogni eventuale intervento
edificatorio è fortemente limitato, ogni iniziativa che preveda un diverso utilizzo dei suoli
è subordinata alla bonifica integrale dell’area (Ex Fornace laterizi di Mastromarco,
inattiva)..
3l- PERICOLOSITÀ MEDIA – Aree escavate artificialmente per la realizzazione di corpi
d’acqua a fini prevalentemente irrigui, modifica morfologica dei luoghi; in queste aree
ogni eventuale intervento edificatorio è fortemente limitato, ogni iniziativa che preveda
un diverso utilizzo dei suoli è subordinata alla bonifica integrale dell’area.
3d- PERICOLOSITÀ MEDIA – Aree interessate dal deposito di rifiuti , in queste aree
ogni eventuale intervento edificatorio è fortemente limitato, ogni iniziativa che preveda
un diverso utilizzo dei suoli è subordinata alla bonifica integrale dell’area (discarica per
RSU di Cerbaia, inattiva).
4- PERICOLOSITÀ ELEVATA - Aree collinari e montane interessate da fenomeni di
dissesto attivi o quiescenti. Sono state inserite in questa classe zone in frana, zone
caratterizzate da forte erosione e ammassi detritici che presentano indizi di instabilità
diffusa direttamente collegabili con la acclività del versante e con gli aspetti litologici e
strutturali del substrato.
Nelle aree appartenenti alla classe 4m di pericolosità ogni intervento edilizio è
fortemente sconsigliato; ogni eventuale intervento è subordinato alla bonifica integrale
del versante.
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PERICOLOSITÀ PER FATTORI IDRAULICI
1 - PERICOLOSITÀ IDRAULICA IRRILEVANTE - Aree collinari e montane, limitrofe ai
corsi d’acqua, in cui sono certamente assenti limitazioni derivanti da fenomeni di rischio
idraulico. Relativamente a queste aree ricorrono le seguenti condizioni:
− non vi sono notizie storiche di precedenti inondazioni,
− si trovano in situazione favorevole di alto morfologico, di norma a quote altimetriche
superiori di 2 metri rispetto al piede esterno dell’argine o, in mancanza, rispetto al
ciglio di sponda.
In queste aree non sono necessarie prescrizioni per la riduzione del rischio idraulico.
2 - PERICOLOSITÀ IDRAULICA BASSA - Aree di fondovalle, apparentemente stabili,
per le quali ricorrono le seguenti condizioni:
− non vi sono notizie storiche di precedenti inondazioni,
− si trovano in situazione favorevole di alto morfologico, di norma a quote altimetriche
superiori di 2 metri rispetto al piede esterno dell’argine o, in mancanza, rispetto al
ciglio di sponda.
In queste aree eventuali opere o interventi saranno definiti nell’ambito
dell’approfondimento delle indagini.
3a- PERICOLOSITÀ IDRAULICA MEDIO BASSA - Aree di fondovalle protette o meno
da opere idrauliche per le quali ricorre una sola delle seguenti condizioni:
− vi sono notizie storiche di precedenti inondazioni,
− si trovano morfologicamente in situazione sfavorevole rispetto alla quota posta a 2
metri al di sopra del piede esterno dell’argine o, in mancanza, rispetto al ciglio di
sponda.
Nelle aree appartenenti alla classe 3a di pericolosità idraulica ogni intervento edilizio è
subordinato alla esecuzione di indagini che dovranno essere condotte a livello di area
nel suo complesso, al fine di escludere il verificarsi di fenomeni di ristagno delle acque,
sono inoltre da prevedersi interventi di bonifica e miglioramento dei terreni e/o
l’adozione di tecniche fondazionali di un certo impegno.
3b- PERICOLOSITÀ IDRAULICA MEDIO ALTA - Aree di fondovalle protette da opere
idrauliche per le quali ricorrono entrambe le seguenti condizioni:
− vi sono notizie storiche di precedenti inondazioni,
− si trovano morfologicamente in situazione sfavorevole rispetto alla quota posta a 2
metri sopra il piede esterno dell’argine o, in mancanza, rispetto al ciglio di sponda.
Nelle aree appartenenti alla classe 3b di pericolosità idraulica ogni intervento edilizio è
fortemente limitato e le indagini di approfondimento dovranno essere condotte a livello
di area nel suo complesso, al fine di escludere il verificarsi di fenomeni di
alluvionamento, sono inoltre da prevedersi interventi di bonifica e miglioramento dei
terreni e/o l’adozione di tecniche fondazionali di un certo impegno.
4 - PERICOLOSITÀ IDRAULICA ELEVATA – Aree di fondovalle non protette da opere
idrauliche per le quali ricorrono entrambe le seguenti condizioni:
− vi sono notizie storiche di precedenti inondazioni,
− si trovano morfologicamente in situazione sfavorevole rispetto alla quota posta a 2
metri sopra il piede esterno dell’argine o, in mancanza, rispetto al ciglio di sponda.
Nelle aree appartenenti alla classe 4i di pericolosità idraulica è escluso ogni intervento
edilizio. Questa classe è rappresentata nel territorio indagato presso più meridionale
contigua al cratere del Padule di Fucecchio.
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La perimetrazione egli ambiti di rispetto fluviale non fa parte della Carta di Pericolosità,
in quanto in questa fase di programmazione urbanistica del comune di Lamporecchio
non si propone alcuna variazione geometrica degli ambiti “B” come definiti dalla
D.C.R.T. n. 12/2000, rimandando la rigorosa verifica idrologica e idraulica di tale ambito
al successivo Regolamento Urbanistico. I perimetri geometrici vengono inseriti come
tema nella carta dei vincoli.
Gli AMBITI “B”- Aree interne agli ambiti “B”, verificate con criteri geometrici, prossime
ai principali corsi d’acqua, nelle quali sono vigenti le prescrizioni come definite dalla
Delibera Consiglio Regionale Toscano n. 12 del 25/01/2000, e limite delle aree di
fondovalle poste a quote inferiori rispetto alla quota posta a 2 metri sopra il piede
esterno dell’argine o, in mancanza, rispetto al ciglio di sponda.
Per quanto riguarda gli ambiti fluviali “A1” e “A2”, di diretta competenza del corso
d’acqua, data la scala di raffigurazione propria della Carta di Pericolosità, non vengono
raffigurati; valgono le prescrizioni ad essi attribuite.
8.3 Criteri di zonazione
Nella più volte citata Deliberazione Regionale n. 94 del 12/02/85, vengono indicati i
contenuti della carta di pericolosità. In questo studio la zonazione di pericolosità è stata
eseguita in aderenza alla normativa tenendo anche conto anche delle esperienze
personali maturate nel corso di oltre venti anni di lavoro e delle indicazioni derivanti da
studi e sperimentazioni condotte da altri Enti quali l’Autorità di Bacino del Fiume Arno.
8.3.1 Aree collinari
I parametri fondamentali su cui si è basata la zonazione delle aree collinari, caratterizzanti estesamente il Comune, sono stati:
1. la presenza di aree soggette a movimenti gravitativi e erosivi;
2. l'acclività dei versanti;
3. la dinamica fluvio - torrentizia;
4. le caratteristiche e le condizioni dei terreni che in caso di sisma potrebbero dar
luogo a fenomeni di amplificazione dei fenomeni sismici, liquefazione e instabilità
dinamica.
In condizioni non dissestate, la soglia del 25% di pendenza è quella che determina la
variazione dalla classe di pericolosità 2 alla 3. Si fa presente comunque che, in tali
situazioni, la delimitazione delle varie classi di pericolosità non è stata solo una
trasposizione automatica delle classi di acclività; spesso si è ritenuto opportuno
raggruppare in una stessa classe di pericolosità aree con pendenze minori.
In particolare si è talora compreso nella stessa classe di pericolosità 3 (pendenze.
maggiori del 25%), anche piccole porzioni di aree con pendenze inferiori al 25%. Ciò
per massima sicurezza, in quanto è ovvio che la stabilità di un'area dipende anche dalle
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caratteristiche di acclività delle aree contigue; secondariamente, anche per evitare una
poca significativa frammentazione nella zonazione di pericolosità, che avrebbe
ostacolato l'utilizzazione pratica dell'elaborato.
In alcune situazioni, caratterizzate da antica e consolidata edificazione, spesso con
presenza di opere di contenimento e consolidamento dei versanti importanti, si è
ritenuto opportuno utilizzare la zonazione 2, considerando che l'attività edificatoria in
quelle zone non potrà essere che di modesti ampliamenti e saturazione di piccoli lotti,
senza interazioni con le porzioni esterne di versante.
Sono state talvolta inserite in classe 3 aree intensamente boscate con pendenze inferiori al 25% e prive di evidenti indizi di instabilità, ritenendo probabile che interventi di
qualsiasi genere, coinvolgenti sbancamenti di terreni e conseguente perdita dei
soprassuoli forestali, possa mutare l'attuale consolidato assetto idrogeologico e
innescare fenomeni erosivi.
Le aree interessate da movimenti gravitativi sia quiescenti che recenti o attuali non
bonificati, da accumuli detritici al limite della stabilità e da movimenti superficiali diffusi,
sono state inserite, come ovvio, in classe 4, di massima pericolosità. Le aree di frana
relitta (e paleofrana) ormai stabilizzate, con spessori detritici esigui, sono state inserite
in classe 3.
Per quanto riguarda le integrazioni valide per i comuni a rischio sismico come quello in
esame, si è tenuto conto delle amplificazioni delle sollecitazioni sismiche possibili nelle
aree collinari caratterizzate da scarpate e terrazzi naturali, crinali, variazioni di pendenza, variazioni litologiche, dissesti, strutture geologiche, depositi alluvionali dei
fondovalle con substrato non profondo. Non si è invece tenuto conto della possibilità di
liquefazione in quanto la normativa Regionale (Tab. 1, capo 2 della Delibera Regionale
n. 94), non considera indispensabile, per la zona in esame, l'individuazione di tale
rischio.
Si fa comunque presente che eventuali verifiche del rischio di liquefazione da effettuarsi
in fase di progetto, riguarderanno le aree in cui la carta geomorfologica indica la presenza di sedimenti alluvionali recenti di fondo valle.
Pur non alterando il numero delle classi principali previste dalla normativa, sono state
proposte anche alcune sotto-classi. Con questo si è inteso facilitare l'uso della carta;
nelle varie sottoclassi sono infatti inserite quelle aree la cui pericolosità deriva da un
parametro ben preciso che si è ritenuto opportuno segnalare.
Nella Carta dei Vincoli sovraordinati, sono state individuate aree centrate sui principali
pozzi e sorgenti ad uso acquedotto comunale, comunque impianti di importanza locale.
L'estensione di queste aree sulla carta è determinata da un raggio di interferenza
sull'impianto di circa 200 m. Con questa ulteriore elaborazione intendiamo indicare che
nell'area evidenziata interventi di qualsiasi tipo, anche non edificatorio, saranno
subordinati alla verifica di non interferenza con gli impianti stessi. Indipendentemente
dagli aspetti geotecnici e cartografici, in fase di esecuzione della indagine geologico
tecnica, le reali relazioni fra intervento proposto e impianto dovranno essere verificate in
funzione delle caratteristiche idrogeologiche dell'area.
8.3.2 Aree di fondovalle
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Nelle aree di fondovalle la pericolosità è regolata essenzialmente dalla presenza o
meno di elementi di rischio idraulico. In particolare:
1. aree poste in condizioni morfologicamente sfavorevoli nei confronti del
corsi d’acqua principali;
2. aree interessate da fenomeni di alluvionamento eccezionali;
3. aree interessate da fenomeni di alluvionamento ricorrenti.
Il primo caso è descritto dalla classe di pericolosità idraulica 3a (medio bassa) come
definita nelle norme allegate al Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di
Pistoia (2002), aree di fondovalle protette o meno da opere idrauliche per le quali ricorre
una sola delle seguenti condizioni:
- vi sono notizie storiche di precedenti inondazioni,
- si trovano morfologicamente in situazione sfavorevole rispetto alla quota posta a 2
metri sopra il piede esterno dell’argine o, in mancanza, rispetto al ciglio di sponda.
I fenomeni verificatisi nel territorio nel corso delle alluvioni dei primi anni ’90 regolano la
classe di pericolosità idraulica 3b (medio alta), aree di fondovalle protette da opere
idrauliche per le quali ricorrono entrambe le seguenti condizioni:
- vi sono notizie storiche di precedenti inondazioni,
- si trovano morfologicamente in situazione sfavorevole rispetto alla quota posta a 2
metri sopra il piede esterno dell’argine o, in mancanza, rispetto al ciglio di sponda.
La classe 4 riguarda le aree soggette ad alluvionamenti ricorrenti, di difficile soluzione
nell’ambito della normale bonifica idraulica.
Le aree interessate dalle classi 3a e 3b corrispondono, nel territorio indagato, per lo più
agli ambiti “B”, di cui si parla al paragrafo successivo.
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8.4 Ambiti di tutela fluviale
Gli ambiti di tutela fluviale come definiti dalla Delibera n. 12 del 25/01/2000 (ex 230/94),
Piano di Indirizzo Territoriale – PIT e Circolare illustrativa “ Misure di salvaguardia del
PIT. Indirizzi per l’applicazione (art.11 L.R. 5/95). Del. Giunta Regionale n. 868 del
07/08/2000, individuano geometricamente aree all’interno delle quali l’attività edificatoria
è soggetta a prescrizioni e vincoli di natura idraulica.
Nell’ambito degli studi di Piano Strutturale non si procede alla verifica idrologica e
idraulica degli ambiti “A2” e “B”, rimandando questa importante fase al Regolamento
Urbanistico. Nella Carta dei vincoli quindi vengono descritti gli ambiti geometrici, di
maggiore tutela del territorio.
8.4.1 Ambito A1
Ambito denominato "A1", definito "di assoluta protezione del corso d’acqua", che
corrisponde agli alvei, alle golene, agli argini dei corsi d’acqua di cui al punto b del
comma 2 dell’art. 65 del PIT, nonché alle aree comprese nelle due fasce della
larghezza di ml. 10 adiacenti a tali corsi d’acqua, misurate a partire dal piede esterno
dell’argine o, in mancanza, dal ciglio di sponda.
8.4.2 Ambito A2
Ambito denominato "A2", verificato con criteri geometrici, di "tutela del corso d’acqua e
di possibile inondazione", riferito ai corsi d’acqua di cui all’elenco di Tabella 4 che hanno
tratti significativi, ai fini idraulici, larghezza superiore a ml. 10, misurata fra i piedi esterni
degli argini oppure, ove mancanti, fra i cigli di sponda.
Tale ambito geometrico corrisponde alle due fasce immediatamente esterne all’ambito
"A1" che hanno larghezza pari alla larghezza del corso d’acqua definita come sopra,
per un massimo di ml. 100.
8.4.3 Ambito B
L’ambito denominato "B" comprende le aree potenzialmente inondabili in prossimità dei
corsi d’acqua di cui all’elenco della tabella che possono essere necessarie per gli
eventuali interventi di regimazione idraulica tesi alla messa in sicurezza degli
insediamenti. Tale ambito corrisponde alle aree poste a quote altimetriche inferiori
rispetto alla quota posta a due metri sopra il piede esterno d’argine o, in mancanza,
sopra il ciglio di sponda.
Il limite esterno geometrico di tale ambito è determinato dai punti di incontro delle
perpendicolari all’asse del corso d’acqua con il terreno alla quota altimetrica come
sopra individuata e supera la distanza di metri lineari 300 dal piede esterno dell’argine o
dal ciglio di sponda.
Nell’elenco sono evidenziati i corsi d’acqua con ambito B, di particolare rilievo ai fini
idraulici.
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Tabella 4 - Elenco dei corsi d’acqua di cui agli allegati 4 e 5 della Delibera n. 12 del
25/01/2000 (PIT)
CORSO D’ACQUA
SIGLA AMBITO
BORRO DI BEBOLI
PT31
A
BORRO DI DOGLIO O DELLE CORGOLE
PT69
A
FORRA DI DORRIO
PT762
A
RIO DI GERBAMAGGIO O DI BAGNOLO O DI FEROCI
PT2148
AB
BORRO DI GREPPIANO
PT102
AB
RIO DI LAMPORECCHIO O DI SPICCHIO
PT2172
AB
BORRO DI VARIGNANO O DI BOTTACCIO
PT222
A
FOSSO VINCIARELLO
PT1928
AB
TORRENTE VINCIO
PT2949
AB
TORRENTE VINCIO D'ORBIGNANO O DELLA LECCETA
PT2956
AB
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8.5 FATTIBILITÀ geologica in relazione ai fini insediativi
La Carta di FATTIBILITÀ è il principale elaborato del Piano Regolatore Generale, deriva
dal confronto della carta della PERICOLOSITÀ e delle indicazioni del Regolamento
Urbanistico, non fa quindi parte degli elaborati del Piano Strutturale. Si ritiene
comunque significativo darne menzione in quanto rappresenta l’obbiettivo finale degli
studi geologico - tecnici in ambito di Pianificazione Urbanistica. Ogni singolo lotto o
comparto oggetto di edificazione vengono indicizzati in classi da 1 a 4 in relazione al
grado di interazione sul suolo e alla classe di pericolosità nella quale si trovano.
-
CLASSE 1- Fattibilità senza particolari limitazioni. Per le zone ricadenti in questa
classe la caratterizzazione geotecnica del terreno a livello progettuale può essere
ottenuta attraverso la raccolta di notizie e dati esistenti purché limitrofi all’area di
progetto. Non sono previsti calcoli geotecnici e di stabilità; la validità delle soluzioni
progettuali adottate deve comunque essere motivata mediante apposita relazione.
Gli interventi previsti dallo S.U. sono attuabili "senza particolari condizioni".
-
CLASSE 2- Fattibilità con normali vincoli da precisare a livello di progetto.
Concerne aree non sufficientemente note, ma ipotizzabili a "bassa pericolosità". Non
sono previste indagini dettagliate a livello di area nel suo complesso, tuttavia occorre
una relazione geologico - tecnica supportata da apposita indagine geognostica di
tipo standard. Gli interventi previsti dallo S.U. sono attuabili "senza particolari
condizioni".
-
CLASSE 3- Fattibilità condizionata. Corrisponde di norma alle classi 3 di pericolosità (con e senza indici), quindi ad un livello di rischio medio-alto anche per interventi di non grande impegno quali l'edilizia abitativa. Le indagini dovranno essere di
dettaglio, a livello di area complessiva, sia come supporto alla redazione di strumenti
urbanistici attuativi, sia nel caso di intervento diretto, di tipo edificatorio, di
consolidamento e bonifica. L'esecuzione di quanto previsto dai risultati di tali indagini
(interventi di bonifica, miglioramento dei terreni e tecniche fondazionali particolari),
costituiscono vincolo specifico per il rilascio della concessione edilizia. Gli interventi
previsti dallo S.U. sono attuabili solo "alle condizioni sopra descritte".
-
CLASSE 4- Fattibilità limitata. Concerne aree a rischio elevato, riscontrato ipotizzando qualsiasi utilizzazione, tranne che non sia puramente conservativa o di ripristino (nel qual caso ricadono in fattibilità 1 e 2). In queste aree si devono prevedere
anche a livello di strumento urbanistico generale, specifiche indagini geognostiche di
supporto alla relazione geologico - tecnica e tutto quanto necessario per precisare i
termini del problema. A seguito di tali studi sarà prodotto un progetto di
consolidamento e bonifica integrale, tecniche fondazionali particolari e un
programma di controlli e monitoraggio per valutare l'esito di tali interventi. Gli
interventi previsti dallo S.U. "sono attuabili solo alle condizioni e secondo le
limitazioni derivanti da quanto precisato sopra".
Il grado di approfondimento delle indagini geognostiche di supporto alla redazione della
relazione geologico tecnica viene quindi definito in funzione della classe di fattibilità in
cui l'intervento si colloca.
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9- INQUADRAMENTO GEOGRAFICO
Il territorio di Lamporecchio si colloca presso il margine sud orientale della provincia di
Pistoia, al confine con la provincia di Firenze, si estende per 22,17 kmq dalle pendici
occidentali del Monte Albano al Padule di Fucecchio.
Per la gran parte della sua estensione è collinare e va ad occupare una significativa
porzione del versante volto a sud ovest della dorsale del Monte Albano, sistemi di rilievi
collinari con caratteristiche morfologiche e paesaggistiche di particola rilevanza non
solo nel contesto toscano, che separa la valle di Firenze – Prato – Pistoia dalla Valle
della Nievole.
Il territorio non è solcato da corsi d’acqua di particolare rilevanza, in termini di portata, il
principale è il Torrente Vincio, a confine con il comune di Vinci (Firenze), tutti i corsi
d’acqua fanno parte del bacino dell’Arno. Essi scorrono in direzione nord est – sud
ovest, originando caratteristiche incisioni vallive sul cui fondo si sono deposti sedimenti
di natura alluvionale.
Le quote variano da 530 metri sul livello del mare del crinale di Monte Fiore ai 15 della
stretta striscia di pianura marginale al Padule di Fucecchio.
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10- CENNI STORICI SUL COMUNE DI LAMPORECCHIO
(Estratto e rielaborato dal sito
www.comune.lamporecchio.pt.it)
web
ufficiale
dell’Amministrazione
Comunale
–
2004
–
Il territorio di Lamporecchio, abitato fin dall'epoca romana, ebbe origine da un antico
feudo; esso venne incorporato nel 1774 alla comunità e podesteria di Serravalle,
staccandosene nel 1810 per unirsi alla frazione di Larciano. Ha raggiunto l'assetto
attuale nel 1897 allorché Larciano è divenuto comune autonomo.
Lamporecchio, che si sviluppò lungo il tracciato della strada che dal Valdarno Inferiore
raggiungeva Pistoia attraverso il Monte Albano, fu dall'XI al XIII secolo feudo dei
vescovi di Pistoia che videro confermati i loro privilegi dai diplomi imperiali di Federico I
(1155), Arrigo VI (1196) e Ottone IV (1209); ma già nel 1224, dopo vivaci dispute, ne fu
riconosciuta la giurisdizione politica al comune pistoiese.
Nel corso delle guerre tra Pistoia, Lucca e Firenze (1306-1328) Lamporecchio passò
alternativamente di mano, finché Firenze, dopo averlo concesso a Pistoia nel 1329, non
ne decise l'annessione definitiva al proprio distretto nel 1351. A Lamporecchio nacque il
poeta Francesco Berni (1497-1535).
Le maggiori risorse del territorio provenivano nel passato dall'agricoltura. I fertili terreni
permettevano la coltivazione della vite e dell'olivo in collina, del lino e della canapa nel
piano, mentre la parte più montuosa della comunità era a bosco e a pascoli.
Tradizionale elemento del suo paesaggio agrario erano le viti congiunte ai gelsi. Nel
Settecento, molto diffuse erano la filatura della lana e del lino a domicilio, per conto del
mercato pratese, e la produzione di cappelli di paglia e di strumenti agricoli in ferro. Alle
superstiti attività agricole (la coltivazione medio-intensiva della vite e dell'olivo, cui si
sono aggiunte quella dei piselli e l'avicoltura), Lamporecchio ha affiancato nell'ultimo
trentennio varie attività industriali e artigianali.
I settori più sviluppati sono quelli calzaturiero, seppure ora in difficoltà, alimentare,
quest'ultimo con una produzione dolciaria assai rinomata, e della plastica. Seguono
aziende di dimensioni meno rilevanti nel campo della lavorazione del vino, delle erbe
ornamentali secche e della produzione di mattonelle.
La popolazione totale del territorio comunale raggiunge le 6.512 unità nel 1991, con una
densità di 294 abitanti per kmq. Per quanto riguarda le età precedenti, l'intera comunità
contava 2.800 abitanti nel 1551, passati a 3.476 nel 1745; dall'Ottocento la popolazione
ha fatto registrare un notevole incremento: dalle 2.792 unità del 1830 è salita alle 4.385
del 1881, alle 6.105 del 1936; gli abitanti erano 6.195 nel 1951, 6.292 nel 1961, 6.354
nel 1971 e 6.524 nel 1981.
Stemma comunale - D'azzurro, alla fascia alternata di losanghe dello stesso nel campo
d'oro e d'oro nel campo d'azzurro, sormontata da una torre, di rosso aperta e finestrata
del campo e accompagnata in punta da un albero movente da una pianura, il tutto al
naturale. Il castello presente nello stemma testimonierebbe dell'esistenza di un'antica
struttura fortificata. L'olivo è certamente simbolo della fertilità di questa zona collinosa e
ne ricorda il pregiato prodotto. La fascia, alternata di losanghe azzurre nel campo d'oro
e d'oro nel campo azzurro, si riferisce allo stemma della nobile famiglia Rospigliosi,
originaria di questa comunità.
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11- CENNI STORICI SUL MONTALBANO
(Estratto e rielaborato dal sito web Moltalbano – 2004 – www.montalbano.toscana.it)
Il Monte Albano così viene descritto dal Repetti nel Dizionario geografico fisico storico
della Toscana del 1833:
"Dicesi Monte Albano la più elevata diramazione dell'Appennino che dalla foce di
Serravalle stendesi nella direzione di maestro a scirocco fra l'Ombrone pistojese e
l'Arno sino alla gola della Golfolina, dal 28° 29' al 28° 41' longitudine e dal 43° 44' al 43°
55' latitudine. Le sue principali cime denominate Pietramarina e S. Alluccio sono elevate
sopra il livello del mare, quella 984, e questa 929 braccia. Trovansi nel suo fianco
orientale le Comunità di Carmignano e di Tizzana, nel lato occidentale Monte Vettolini,
Lamporecchio, Vinci e Cerreto-Guidi, a settentrione maestro Serravalle, e a scirocco
Capraja. La natura del terreno partecipa nella massima parte di quello di sedimento
inferiore, coperto nella sua base orientale da sedimenti palustri, e nel suo fianco
occidentale da immensi depositi di ciottoli e ghiaje che ricuoprono una marna ricca di
fossili terrestri e marini. Alla parte australe di questa diramazione fu dato il nome di
monti del Barco Reale per un vasto parco vestito di selva fatto circondare di mura dal
Gran Duca Ferdinando II ad uso di caccia".
Il Montalbano é una splendida catena collinare che si estende dal giogo di Serravalle
pistoiese fino allo stretto della Gonfolina, dove di fatto il fiume Arno la separa dai Colli
del Chianti. La catena, mantenendosi sulla direttrice NO-SE, finisce per incunearsi tra
due pianure densamente popolate ed altamente industrializzate: quella pistoiese pratese e quella del Valdarno inferiore empolese. Il rilievo più alto della catena è, come
dice il nome stesso, la Cupola che raggiunge una quota di 633 m s.l.m.m. e segna i
confini amministrativi tra i comuni di Carmignano e di Vinci.
Il paesaggio dominante è quello collinare, con la vite che continua ad essere coltivata
vicino al piano od in alcuni terrazzamenti, gli olivi diffusi sui pendii più alti ed i boschi di
castagni, tipico esempio di vegetazione indotta, sulle sommità. Tra il XVI ed il XVII
secolo, circa 4.000 ettari furono destinati dai Medici alla realizzazione del Barco Reale
Mediceo, una vasta area adibita a riserva di caccia di cui oggi rimangono brevi tratti del
muro perimetrale che la circondava.
L’ossatura principale del Montalbano è costituita da banchi di arenaria macigno ai quali
si trovano alternati livelli sabbiosi e argille; sui rilievi inferiori affiorano in modo
discontinuo argille marnose, calcari, conglomerati e scisti marnosi detti in loco
“Galestri”. Da questi strati di copertura si originano suoli che limitano l’eccessiva
permeabilità e si arricchiscono continuamente di sostanze nutritizie. Si tratta quindi di
suoli adatti ad un tipo di vegetazione forestale e, dove il clima lo consente, a colture
legnose di ogni tipo come oliveti, vigneti frutteti. Le colture della vite e dell’olivo coprono
il 35% della superficie totale che è pari a 16.000 ettari, il 32% del territorio è riservato al
seminativo, il restante 33% al bosco.
L'area del Montalbano è particolarmente adatta per passeggiate ed escursioni, che si
possono effettuare grazie ad una estesa rete di percorsi pedonali e ciclabili che
raggiungono località collinari immerse nel verde, siti archeologici, boschi antichissimi
come il lecceto di Pietramarina.
L'insediamento umano è caratterizzato da signorili ville padronali, eleganti fattorie e
numerose case coloniche dislocate sui vari poderi; per questa zona, in considerazione
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del determinante intervento dell'uomo sull'ambiente, è stata recentemente utilizzata, a
più riprese, l'appropriata definizione di campagna-giardino, a sottolineare il grande
rilievo che ha avuto nel Montalbano l'azione dell'uomo-agricoltore, che ha reso ancora
più bella e produttiva questa zona mediante numerose opere, come i terrazzamenti, le
estensioni di vigneti ed oliveti disposti sui terreni collinari.
Oggi il Montalbano è area di turismo ecologico, grazie ad una utilizzazione diversa delle
case e dei terreni; si è sviluppata con successo una gestione agrituristica dell'area, in
una compenetrazione sinergica ed originale di attività agricole, sia tradizionali che
inconsuete (dalla produzione dell'olio e del vino a quella del miele, dei formaggi, delle
confetture, delle erbe officinali) con operazioni di valorizzazione delle bellezze naturali
della zona (attraverso la realizzazione di percorsi trekking. di punti attrezzati per la
sosta, l'istituzione di foresterie...).
11.1 Il Barco Reale Mediceo
Il Barco Reale fu costruito dai Medici nel 1626, era la loro estesa riserva di caccia
delimitata da una muraglia alta mediamente due metri che si estendeva per oltre 50 km.
e racchiudeva una riserva di quasi 4.000 ettari dove a disposizione delle cacce reali del
Granduca vi era la selvaggina più pregiata: fagiani, starne, lepri, daini bianchi, orsi, lupi,
volpi, cinghiali ecc. nella riserva vigeva anche una rigida salvaguardia dei boschi
(querce, castagni, cerri abeti, pini, lecci ecc.) ed arbusti (scopa, ginepro, mirto ecc.).
Dai primi decenni del XVII secolo le cacce subirono un declino ed anche il muro del
Barco subì lentamente l'abbandono e la decadenza; inoltre con il passaggio ai Lorena
nel 1736, la tenuta venne data in gestione agli affittuari i quali non la curarono più a
dovere. Con la salita al trono di Pietro Leopoldo nel 1765, causa gli alti costi di gestione,
iniziò la "sbandita" che portò ad una diversa destinazione di queste aree. Di questo
muro, oggi ne rimangono tracce e resti più o meno ben conservati per circa 30 km.
All’interno si ritrovano ancora una ricca vegetazione arborea oltre alla coltura di piante
esotiche che negli anni 30 furono introdotte dall'Istituto Agronomico d'Oltremare.
La muratura è in bozze irregolari di pietra arenaria e arenaria macigno, di dimensioni
molto grandi legati con calce. Il muro era intervallato da cancelli e chiuse a cateratte; i
cancelli sono scomparsi, mentre alcune cateratte esistono sempre. I resti del muro sono
un "bene culturale" da salvaguardare e valorizzare.
11.2 La vegetazione del Montalbano
Percorrendo il sentiero di crinale lungo circa 24 Km che da Artimino conduce a
Serravalle pistoiese si possono osservare diverse tipologie boschive. Queste tipologie
danno un’idea del grado di antropizzazione raggiunto dalla vegetazione naturale che
riveste il Montalbano.
Si passa da vecchi Castagneti da frutto convertiti a ceduo (eccetto alcuni lembi sparsi
qua e là) a boschi di Pino marittimo, nei quali si stanno reinserendo le Querce
caducifoglie, Roverella e Cerro; a boschi a prevalenza di Cipresso; a boschi a
prevalenza di Querce caducifoglie, dove il Cerro occupa le depressioni più umide e la
Roverella i punti più aridi e solatii; a boscaglie a dominanza del Leccio; a leccete vere e
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proprie come quella di Pietramarina; infine macchie e cespuglieti, che non sono altro
che forme di degradazione del bosco originario.
Tra gli arbusti predominano le eriche mediterranee, l’arborea e la scoparia, il
Corbezzolo, la Lentaggine, il Biancospino, il Sanguinello, il Prugnolo, la Rosa canina, il
Ginepro comune, etc... Le specie più spiccatamente xerotermofile, come la Ginestra
odorosa, il Cisto marino e quello rosso, si ritrovano sovente accantonate in zone aride e
assolate, dislocate in radure cacuminali e nei punti poveri di humus.
Sui versanti che guardano all’Arno le macchie ed i cespuglieti sono ampiamente diffusi,
insediandosi nelle aree agricole oramai in avanzata.fase di abbandono. In questi
ambienti transizionali dal punto di vista evolutivo si ritrova tutta una serie di specie
correlate con l’attività agricola che non rivestono un ruolo significativo nel processo
ecologico evolutivo, per contro in queste zone si ha un graduale reinsediamento delle
specie proprie delle formazioni forestali di questa fascia fitoclimatica (Leccio-RoverellaOrniello-Acere campestre).
Oltre alle specie appena menzionate si incontrano il Mirto, la Fillirea e la Rosa di S.
Giovanni che sono tipici rappresentanti della Macchia mediterranea, una forma di
vegetazione tipicamente termofila. Essa rappresenta gli ultimi termini del degrado
dell’antica foresta sempreverde mediterranea, costituita da lussurreggianti boschi di
Leccio. Insieme a questi si nota la presenza del Biancospino, del Prugnolo, della Rosa
canina e del Sanguinello che, invece, si accompagnano al bosco termofilo caducifoglio.
La presenza congiunta di elementi a diverse esigenze edafiche e climatiche prelude alla
ricostituzione di una formazione boschiva rappresentata con tutta probabilità un bosco
di latifoglie con prevalenza ora del Leccio ora della Roverella, a seconda delle
condizioni stazionali più o meno xerofile (dovute ad esposizione, giacitura od alla
caratteristiche fisico-chimiche del suolo).
Spostandosi sui versanti rivolti verso l’Ombrone, generalmente più freschi ed umidi dei
precedenti, la vegetazione boschiva presenta una ben diversa fisionomia. Si rinvengono
popolamenti misti di latifoglie od a prevalenza di Robinia, specie nord-americana
introdotta sul Montalbano per proteggere le pendici franose, con associati Cerro
Carpino nero.
La flora accompagnatrice di questi popolamenti vegetali è costituita dalla Felce aquilina
e da una serie di arbusti che esigono un clima più fresco e umido (specie
subatlantiche), come il Ginestrone, il Brugo, il Pungitopo. Nelle chiarie fanno la loro
comparsa l’Emero, il Biancospino, il Corniolo, l’Agrifoglio. Quest’ultima specie è
presente nel sottobosco della lecceta di Pietramarina con individui di rara bellezza ed
imponenza, meritevoli di adeguata protezione.
Su entrambi i versanti, sia nelle depressioni umide sia lungo i rii che scendono a valle,
si incontrano Salici, Pioppi e Ontani, piante caratteristiche delle formazioni ripariali.
A causa dell’elevato grado di antropizzazione che caratterizza il Montalbano la
vegetazione boschiva presente non rispetta il climax di quest’area che, come è noto, si
colloca in una zona di interferenza tra l’orizzonte delle sclerofille sempreverdi
mediterranee e l’orizzonte delle caducifoglie submontane.
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In altre parole la vegetazione naturale potenziale di quest’area dovrebbe essere
costituita da boschi di Leccio (essenza la cui area di spontaneità risale la valle dell’Arno
fino a Firenze), dislocati fino ad un’altezza di 300-400 m sui versanti rivolti verso l’Arno.
Per quanto riguarda la parte di crinale ed i versanti che si affacciano alla piana pistoiese
e pratese, la copertura vegetale naturale dovrebbe essere costituita da boschi a base di
Querce caducifoglie, intendendo boschi a Roverella ubicati nei punti occupati
attualmente dal Pino marittimo e dal Cipresso, Cerrete, dislocate nelle zone occupate
oggi dal Castagno.
Da questa breve sintesi emerge che attualmente le peculiarità vegetazionali del
Montalbano sono:
-
la Lecceta di Pietramarina che, con i suoi Lecci secolari ed il suo sottobosco
composto di esemplari arborei di Agrifoglio è da considerarsi un lembo originario
dell’antica foresta sempreverde mediterranea;
le annose Cerrete del bosco della Magia e del Bargo;
gli esemplari di Cerro-sughera presenti lungo il crinale;
un lembo di Macchia mediterranea posto ai limiti sud-orientali del Montalbano;
il bosco a Roverella delle pendici occidentali del monte Belvedere.
Per quanto riguarda la piccola flora, cioè le piante erbacee nel loro insieme, si sa con
certezza che nelle zone dove si compenetrano “mondi vegetali” a diverso ritmo
biologico (come nel caso del Montalbano) la piccola flora è quanto mai ricca ed
interessante. In questa sede non è possibile elencare tutte queste presenze, ci
limiteremo pertanto a segnalare la presenza di una ventina di specie di orchidee rilevate
sul Montalbano da Mauro Biagioli e Giovanni Gestri, esperti che fanno parte del
G.I.R.O.S. (Gruppo Italiano Ricerche Orchidee Spontanee) sezione di Prato.
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12- IL CLIMA
Premessa
L'inquadramento climatico può essere ricavato facendo riferimento ai dati termopluviometrici forniti dalla stazione di Castelmartini elaborati dal Gruppo di Valutazione
delle Risorse Ambientali della Regione Toscana nella pubblicazione “Regime idrico dei
suoli e tipi climatici della Toscana” (1984) relativamente ad un intervallo di 20 anni
(1955-1974).
I valori medi mensili delle temperature per le località prive di questi valori diretti,
possono essere derivati dalle stazioni termometriche più vicine sulla base del gradiente
termico di 0,6°C per ogni 100 metri di quota, ritenuto consono da vari autori per le zone
in esame. Combinando i dati termici con quelli udometrici e calcolando nuovi fattori
come l'evapotraspirazione potenziale si possono costruire numerosi tipi di diagrammi
che riassumono le componenti termo-pluviometriche delle stazioni considerate e nel
contempo forniscono alcune informazioni sul regime idrico dei suoli.
12.1 Metodologia utilizzata per la classificazione del clima
Per la classificazione del clima si è utilizzata la metodologia di Thornthwaite e Mather,
che partendo dai dati di temperatura e precipitazione e dal calcolo
dell’evapotraspirazione, classifica il clima facendo ricorso ad alcuni indici, condensati in
una “formula climatica” e ne sintetizza i risultati in un grafico riportante il Bilancio
idrico di un suolo secondo Thorntwaite. Tale elaborazione, rispetto al diagramma termopluviometrico di Walther e Lieth, si rivela più esaustiva in quanto tiene conto non solo
delle caratteristiche strettamente climatiche quali temperatura e precipitazioni e dei loro
valori massimi e minimi ma anche delle caratteristiche del suolo da un punto di vista
idrico, dato che riporta, oltre ai valori di precipitazione anche quelli di altri fattori quali
evapotraspirazione reale e potenziale utili per la determinazione dei periodi di surplus,
deficit e ricarica e utilizzazione di acqua per il suolo e per le piante.
Ricordiamo brevemente che per evapotraspirazione si intende la somma della quantità
d’acqua che dalla superficie del suolo viene ceduta all’atmosfera e quella che viene
traspirata dalle piante nella loro attività metabolica. E’ quindi la quantità di acqua totale
che viene restituita all’atmosfera.
Si può inoltre distinguere l’evapotraspirazione reale (AE) ossia la quantità di acqua
effettivamente evaporata dal suolo e che traspira dalle piante, dall’evapotraspirazione
potenziale (PE) cioè la quantità di acqua che evaporerebbe se le riserve idriche del
suolo fossero costantemente rinnovate, in condizioni quindi di costante umidità del
terreno.
L’evapotraspirazione reale è inferiore all’evapotraspirazione potenziale nei periodi in cui
la scarsità di umidità del suolo non permette alle piante di avere a disposizione tutta la
quantità di acqua che sarebbero in grado di traspirare. Quindi è necessario considerare
i valori di PE come i più rappresentativi del fabbisogno idrico della vegetazione.
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Thornthwaite classifica il clima di una regione in base al “bilancio” di un sistema che
riceve acqua principalmente da afflussi meteorici e la ricede sotto forma di
evapotraspirazione.
Per la stima del bilancio idrico si rivelano importanti anche altri parametri:
− il deficit idrico (D) cioè la differenza tra l’evapotrasp. potenziale e l’evapotrasp.
reale che consente di stimare la quantità di acqua necessaria per bilanciare le
perdite dovute all’evapotraspirazione potenziale;
− il surplus idrico (S) che indica la quantità di acqua che, una volta saturata la
riserva idrica del suolo, va ad alimentare le falde freatiche e il deflusso
superficiale;
− la precipitazione disponibile (PD) che rappresenta la precipitazione su cui è
possibile fare affidamento e che si verifica sicuramente nel 75% dei casi. Questo
dato viene preso in considerazione soltanto per i climi da semiumidi a semiaridi.
Determinati tali valori si possono ottenere gli indici che esprimono il grado di aridità e di
umidità di una zona; è appunto sulla base di tali indici che si determina la “formula
climatica”.
Inoltre, secondo Thornthwaite, l’entità del bilancio idrico ma soprattutto i valori che
questo assume durante l’arco dell’anno, sono importanti al fine di capire in quali
condizioni di disponibilità idrica, (o di deficit), vengono di volta in volta a trovarsi le
piante che su di esso vegetano.
Un altro importante fattore ai fini del calcolo del bilancio idrico é la quantità di acqua che
il suolo é capace di immagazzinare al suo interno (acqua utile o A.W.C.) e che può
essere utilizzabile per le piante. Questa dipende da vari fattori, tra cui la profondità del
suolo stesso, la quantità di scheletro ed il tenore di sostanza organica.
Nel nostro caso, il bilancio idrico é stato realizzato per un suolo con buona capacità di
ritenuta idrica (150 mm.) valore ritenuto rappresentativo per la Toscana, anche in
precedenti studi, dai tecnici della Regione stessa.
Naturalmente si deve tener conto del fatto che le informazioni sono riferite agli
osservatori; i parametri climatici variano col variare di alcuni fattori quali l'esposizione,
l'altitudine, la giacitura, l'andamento orografico. I dati riportati forniscono quindi una
indicazione di massima del clima che caratterizza le aree in esame.
Per meglio comprendere il significato e la logica seguita dal metodo proposto per la
determinazione del bilancio idrico, si rimanda la trattazione al testo cui si è accennato in
precedenza; nella presente esposizione si ritiene sufficiente riferire i risultati delle
elaborazioni.
La descrizione del clima dell'area in esame è stata elaborata sulla base dei dati termopluviometrici registrati dalle stazioni precedentemente citate, per il periodo 1955-1974.
Per ogni stazione verranno forniti:
1. quota rispetto al livello del mare e bacino di appartenenza;
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2. tabella riassuntiva riportante i valori medi mensili e annuali delle temperature (T)
e delle precipitazioni (P) nonché i valori dell’evapotraspirazione potenziale (AE) e
reale (PE);
3. diagramma di Bagnouls e Gaussen, e considerazioni relative al punto 1. Tale
diagramma è tra i più diffusi nelle elaborazioni forestali, nel quale le piovosità
vengono raffrontate con le temperature riportate con una scala doppia di quella
delle piovosità (P/T=2) e dove i periodi aridi sono quelli in cui la curva delle
precipitazioni si trova al di sotto di quella delle temperature;
4. diagramma del bilancio idrico secondo Thornthwaite per A.W.C (capacità di
acqua disponibile) pari a 150 mm e formula climatica;
5. tabella e diagramma riportante le Variazioni di riserva idrica, deficit idrico e
surplus.
Nelle tabelle e figure successive, sono riportati i valori delle precipitazioni medie mensili,
espresse in mm di pioggia o neve fusa, della precipitazione media annua, i dati mensili
ed annui delle temperature medie diurne, i valori dell’evapotraspirazione potenziale
(AE) e reale (PE); il diagramma di Bagnouls e Gaussen ed il diagramma del bilancio
idrico secondo Thornthwaite.
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Analisi Climatica della stazione di Castelmartini
(quota: 23 m.s.l.m. – bacino imbrifero: Arno – Usciana).
Tabella 5 - Tabella riassuntiva del regime climatico (medie mensili ed annuali)
G
F
M
A
M
G
L
A
S
O
N
D
Anno
T
6,0
7,2 10,1 13,6 17,3 21,1 23,7 23,4 20,4 15,7 10,9 7,0
P
103 102
83
76
70
49
33
48
85
111
129 110
999
PE
12
15
31
68
89
123
150
130
98
59
28
14
817
AE
12
15
31
68
88
102
76
63
88
59
28
14
644
14,7
Stazione di Castelmartini: distribuzione annuale delle piovosità.
Periodo 1955-1974
140
120
100
80
60
40
20
0
GEN
FEB
MAR
APR
MAG
GIU
LUG
AGO
SET
OTT
NOV
DIC
Piovosità medie mensili (mm)
12.1.1 Diagramma di Bagnouls e Gaussen
I valori medi di temperatura e precipitazioni sopra esposti possono essere meglio
visualizzati nel diagramma di Bagnouls e Gaussen. Per la stazione di Castelmartini si
ottiene il seguente risultato:
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Diagramma di Bagnouls e Gaussen
Stazione di Castelmartini
T (°C)
100
90
80
70
60
50
40
30
20
10
0
P (mm)
C.
DI
V.
NO
OT
T.
T.
SE
O.
AG
G.
LU
U.
GI
G.
MA
AP
R.
R.
MA
B.
aridità
FE
GE
N.
P (mm)
200
180
160
140
120
100
80
60
40
20
0
T (°C)
Figura 1 – Diagramma di Bagnouls e Gaussen (Stazione di Castelmartini)
Considerazioni sulle precipitazioni e sulle temperature medie mensili
Come evidenziato nella tabella e nel grafico la media delle precipitazioni annuali é
risultata pari a 999 mm e la distribuzione mensile delle piogge presenta un massimo
autunnale nel mese di Novembre (129 mm.) ed un minimo estivo nel mese di Luglio (33
mm).
Le precipitazioni iniziano a decrescere dal mese di febbraio verso il minimo estivo,
mentre la concentrazione autunnale delle precipitazioni é mediamente pari al 35 % delle
precipitazioni totali.
Nel trimestre giugno - luglio - agosto la somma delle precipitazioni medie ammonta a
130 mm., quindi inferiore ai 150 mm., indice di un’estate siccitosa di tipo mediterraneo,
secondo De Philippis. Il mese più caldo risulta essere luglio con 23,7 °C, il mese più
freddo gennaio con 6,0 °C.
La temperatura media annua é pari a 14,7 °C e comunque superiore ai 10°C per
almeno nove mesi, da marzo a novembre. L’escursione termica è pari a 17,7 °C.
L’estate è caratterizzata da un periodo di aridità, come meglio evidenziato dal
diagramma di Bagnouls e Gaussen e da quello seguente.
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12.1.2 Bilancio idrico secondo Thorntwaite di un suolo con A.W.C = 150 mm per la
stazione di Castelmartini
Bilancio idrico secondo Thorntwaite per la stazione di Castelmartini
160
140
120
100
Piovosità
in mm
deficit
80
60
surplus
40
Ricarica,
surplus
utilizzazione
20
0
GEN. FEB. MAR. APR. MAG. GIU.
LUG. AGO. SET. OTT. NOV. DIC.
mesi dell'anno
P = piovosità media men. in mm
AE= Evapotraspirazione reale mm
PE= Evapotraspirazione potenziale mm
Figura 2 - Diagramma di Bagnouls e Gaussen (Stazione di Castelmartini)
L'evapotraspirazione potenziale e la classificazione del clima secondo Thornthwaite
I dati precedenti, esaminati con la metodologia di Thornthwaite e Mather, definiscono
per la stazione di Pescia, la formula climatica B1B’2 s b’4.
Nella formula sopra esposta:
“B1” : classifica il tipo di clima come UMIDO in base all’indice di umidità globale, che nel
nostro caso vale 22,27;
“B’2” indica il tipo di varietà climatica in base al valore totale annuo
dell’evapotraspirazione potenziale; nel nostro caso è SECONDO MESOTERMICO;
“s” quantifica la variazione stagionale di umidità in funzione dell’indice “di aridità”
(rapporto percentuale tra deficit idrico ed evapotraspirazione potenziale che nel caso in
esame vale 21,18) indicando una moderata deficienza idrica nel periodo estivo.
“b’4” esprime la concentrazione estiva dell’efficienza termica, che é risultata compresa
fra il 48% ed il 51,9%.
L’evapotraspirazione potenziale (PE) totale annua assomma a 817 mm., con un
differenziale rispetto alle precipitazioni di - 182 mm. Dal mese di gennaio a luglio
l’evapotraspirazione potenziale aumenta gradatamente con l’aumentare delle
temperature.
Nel periodo invernale e primaverile le precipitazioni non solo compensano la perdita di
acqua dal suolo dovuta all’evapotraspirazione, ma essendo per alcuni mesi superiori a
quest’ultima ci veniamo a trovare in presenza di un surplus idrico nei mesi da gennaio
fino a aprile. In questo stesso periodo la riserva idrica del suolo risulta saturata. e quindi
la piovosità in eccesso ruscella o percola negli strati profondi.
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Da maggio l’evapotraspirazione sopravanza l’apporto dovuto alle precipitazioni, e quindi
questa é in parte a carico delle riserve del suolo. La curva dell’evapotraspirazione reale
posizionata sotto l’evapotraspirazione potenziale, nel periodo maggio – ottobre, indica
che le piante non hanno a disposizione tutta la quantità di acqua che potrebbero
traspirare.
Tabella 6 - Variazioni di "ST" (riserva idrica), "D" (deficit idrico) e "S" (surplus idrico) per
la stazione di Castelmartini
G
F
M
A
M
G
L
A
S
O
N
D Anno
ST (mm) 150
150 150 150 131
D (mm)
0
0
0
S (mm)
91
87 52
57
-60
0
0
52
101 150
-
0
1
21
74
67
10
0
0
0
173
8
0
0
0
0
0
0
21
96
355
Variazioni di "Storage", "Deficit" e "Surplus" per la stazione
di Castelmartini
200
150
mm
100
50
0
GEN. FEB. MAR. APR. MAG. GIU.
LUG. AGO. SET. OTT. NOV.
DIC.
-50
-100
mesi dell'anno
ST= variazioni della riserva idrica del terreno
D= deficit idrico
S=surplus idrico
Figura 3 - Variazioni di "ST" - "D" - "S" per la stazione di Castelmartini
Il valore più basso di "ST" (storage, riserva) si raggiunge nel mese di luglio. Dal mese di
settembre in poi le riserve del suolo vengono ricaricate fino a raggiunge la saturazione,
e già nel mese di dicembre siamo nuovamente in presenza di surplus idrico.
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12.2 Considerazioni generali sul clima dell’area
Dall'osservazione degli elaborati si evidenzia l'influenza dell'altimetria sull’intensità e
distribuzione delle precipitazioni, che registrano i valori minimi per le stazioni collocate
nella fascia altimetrica al di sotto dei 400 m.s.l.m.. La distribuzione mensile delle
precipitazioni risente dell'influenza mediterranea, presentando variazioni piuttosto
irregolari nel primo trimestre dell'anno: in genere si ha un massimo relativo nei mesi di
gennaio e febbraio, mantenendosi relativamente elevate nei mesi di marzo e aprile, per
iniziare a diminuire e toccare il valore minimo in luglio ed aumentare di nuovo con
regolarità fino al valore massimo in genere a novembre. Le piogge sono concentrate
prevalentemente nei periodi autunnale ed invernale, in primavera mantengono un buon
livello quantitativo mentre durante la stagione estiva risultano più modeste.
Per quanto riguarda la piovosità estiva, il valore medio dei mesi di giugno, luglio e
agosto sembrerebbe escludere siccità (secondo De Philippis il limite al di sotto del
quale l'estate è considerata siccitosa è di 150 mm.).
Si sono verificate diverse annate, nei periodi considerati, in cui nel trimestre si sono
registrati valori inferiori ai 150 mm e quindi la probabilità di estati siccitose è abbastanza
elevata in special modo alle quote inferiori, per cui il regime udometrico estivo risulta
alquanto irregolare, con alternanza tra estati secche ed estati relativamente umide.
Per quanto concerne le temperature dell'aria, confrontando la temperatura media diurna
delle coppie di mesi considerati simmetricamente rispetto a luglio (giugno-agosto;
maggio-settembre), si può constatare che tutti i mesi della seconda metà dell'anno sono
più caldi dei corrispondenti della prima metà. Questo tipico andamento del regime
termico è dovuto all'influenza del mare, che prolunga l'estate verso l'autunno,
compensando mediamente la cessione estiva di calore a masse d'aria transitanti verso
l'interno, la minor quantità di radiazione solare che giunge al suolo in autunno.
Altro indice di tale influenza mediterranea è la limitata escursione termica annua
(differenza tra la media diurna del mese più caldo e di quello più freddo), che, con il
valore medio di 17,7 °C è inferiore ai 20 °C considerati come soglia di passaggio tra
climi marittimi e climi continentali.
Riguardo ad altre classificazioni climatiche, secondo De Philippis, il clima può essere
classificato come un clima con inverno mite o temperato caldo (stazioni con almeno 9
mesi con temperatura media superiore a 10 °C), con estate calda e più o meno
siccitosa.
Secondo Koppen siamo in presenza di un clima temperato fresco umido (Cf) cioè di
stazione con 4-8 mesi con temperatura media superiore a 10 °C, eccetto le zone di
pianura, caratterizzate da estati molto calde, con temperatura media del mese più caldo
superiore a 22 gradi.
Dai dati disponibili e dalle osservazioni dirette in campagna, l'area in esame, dal punto
di vista fitoclimatico, secondo la classificazione Pavari-De Philippis, è compresa nella
zona fitoclimatica del Lauretum, 2° tipo con siccità estiva, tra sottozona media e
sottozona fredda.
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13- LA GEOLOGIA
13.1 Inquadramento geologico
Le caratteristiche geologiche del territorio di Lamporecchio sono descritte nella Carta
geologica in scala 1:10.000. Da questo punto di vista possono essere distinti due soli
domini: i sedimenti di origine marina e i depositi di origine continentale.
I primi caratterizzano tutta la parte montano - collinare del Territorio Comunale,
caratterizzata litologicamente dall'arenaria "Macigno", facente parte della Dorsale del
Monte Albano.
I secondi si rilevano alle quote inferiori, di collegamento con l’ampia pianura della
Valdinievole e con il cratere del padule di Fucecchio.
La geologia è quindi, dal punto di vista litologico e strutturale, piuttosto semplice.
L’area è stata ampiamente studiata nel corso degli anni passati in occasione degli studi
di supporto alla variante Generale al PRG (Argentèa – 1993).
13.2 Stratigrafia
Nel Territorio Comunale sono state distinte le seguenti formazioni geologiche, dal basso
verso l'alto:
Successione Toscana (Falda Toscana Autoctona)
Mg - Arenaria Macigno (Oligocene medio-sup.): si tratta di arenarie quarzosofeldspatiche di origine torbiditica, in banchi gradati di spessore variabile, intercalate a
sottili interstrati di argilliti e siltiti. Gli strati arenacei possono raggiungere anche spessori
di 10 m. Alla sommità della formazione si trovano spesso olistostromi di materiali
argilloscistosi (Olmg) facenti parte dei complessi alloctoni tosco-emiliani e livelli di
marne assimilabili alle marne di S. Polo di altre zone dell’Appennino Toscano.
La sedimentazione del Macigno è avvenuta in acque profonde, in un bacino con asse
orientato in direzione NO-SE; il materiale a composizione quarzoso-feldspatica delle
arenarie proveniva probabilmente dalla zona alpina e derivava dalla rapida erosione di
gneiss e graniti; gli olistostromi provenivano da ovest per scivolamento nel bacino di
materiali liguri coinvolti nel corrugamento appenninico.
Nell'area di Lamporecchio questa formazione affiora estesamente, costituendo una
dorsale ad anticlinale stretta, con strati spesso anche verticali verso Est. In gran parte la
formazione appare tettonizzata, e interessata da una fitta rete di fratture che rende
difficoltoso il riconoscimento della giacitura reale degli strati. Lo spessore degli strati
arenacei è generalmente potente, con spessori medi superiori al metro, mentre i livelli
siltosi risultano molto più ridotti con spessori medi dell'ordine del decimetro. L'età è
l'Oligocene Superiore.
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Terreni di copertura (di origine continentale)
Qc - Conglomerati e ciottoli di macigno e sabbie (Villafranchiano): si identificano in
una fascia a contatto diretto con le arenarie e sono caratteristici di un deposito
continentale (fluvio- lacustre) costituito da ciottoli e blocchi arrotondati di arenaria in
matrice sabbiosa, debolmente cementati. I ciottoli sono spesso alterati.
Ql - Argille grigie, argille sabbiose e sabbie di ambiente lacustre (Villafranchiano):
argille grigie di origine continentale, ricche spesso di resti vegetali, argille torbose scure,
argille sabbiose e sabbie. Al contatto con la formazione inferiore del Qc, i terreni
sabbiosi prevalgono sulle argille; sono presenti livelli di ciottoli ed elementi di macigno e
di calcari provenienti dalle formazioni di tipo toscano. L'età è il Villafranchiano.
Al tetto delle formazioni sopra elencate vi sono, in forma di coltri superficiali di spessore
variabile, quei depositi la cui origine può essere attribuita al Quaternario e così
suddivisibili:
at – Depositi fluvio lacustri terrazzati (Quaternario): si tratta di
dovuti ad una successione alterna di erosione e sedimentazione
d'acqua principali; si trovano generalmente sui fianchi delle valli o
tetto delle formazioni villafranchiane, in posizione elevata rispetto
corsi d'acqua.
depositi alluvionali,
ad opera dei corsi
sui deboli crinali al
al letto attuale dei
C – Depositi di conoide (Quaternario - attuale): depositi di ciottoli, ghiaie e sabbie, si
rilevano generalmente nei fondovalle allo sbocco dei corsi d’acqua secondari nei
principali.
all - Depositi alluvionali recenti ed attuali (Quaternario - attuale): si tratta di
alternanze di depositi ghiaiosi, sabbiosi, limosi e argillosi, ad andamento lenticolare, con
frequenti eteropie laterali, talora con stratificazione incrociata, costituenti i sedimenti più
recenti dei corsi d’acqua della Val di Nievole. Interessano strette fasce lungo le valli
principali ed hanno generalmente esiguo spessore. Nella zona limitrofa al Padule di
Fucecchio si hanno depositi fini di colmata.
dt - Detriti e terreni di copertura (Quaternario): sono coltri di materiale incoerente
prodotto dalla degradazione delle rocce sottostanti (eluvium), o dal lento accumulo di
materiale di disfacimento dilavato dagli agenti atmosferici (colluvium), oppure si tratta di
accumuli di frana o paleofrana.
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13.3 Assetto strutturale
Da un punto di vista geologico l’area in esame è inquadrabile nella storia evolutiva
dell’Appennino Settentrionale. Esso rappresenta una catena orogenica ed è costituito
da diverse unità tettoniche, venute in contatto fra loro in seguito all’orogenesi
appenninica.
La struttura e l’assetto attuale delle varie unità tettoniche sono il risultato di una
complessa storia deformativa iniziata nel Cretaceo superiore in seguito alla
convergenza dei margini dell’Oceano Ligure-piemontese. Si possono distinguere due
fasi:
−
una fase oceanica iniziata al limite tra Cretaceo inf. e Cretaceo sup. e terminata
nell’Eocene medio con la chiusura dell’Oceano Ligure-piemontese; durante questa
fase si ha la formazione di un prisma d’accrezione costituito dall’impilamento per
sottoscorrimento verso ovest delle coperture oceaniche e di parte del loro
basamento (Unità Liguri);
−
una fase intracontinentale (iniziata nell’Eocene medio-superiore) durante la quale
si ha lo sviluppo di una tettonica a thrust e falde con sottoscorrimento verso ovest
delle Unità Toscane sotto le unità precedentemente impilate (Unità Liguri). Durante
questa fase il fronte compressivo migra verso est, seguito a partire dal Miocene
medio da un fronte distensivo legato alla distensione crostale che ha portato alla
formazione dei bacini intermontani (depressioni tettoniche a semi-Graben) di età via
via più giovane proseguendo da ovest verso est.
Le varie unità tettoniche si sono sovrapposte, contraendo fra di loro rapporti di natura
tettonica; si ha così che durante la fase intracontinentale le Unità Liguri si sono
sovrapposte alle Unità Toscane. Un importante lineamento tettonico, che costituisce un
fronte di sovrascorrimento, è rappresentato dalla piega rovesciata che coinvolge la
Serie Toscana non metamorfica e ben seguibile dalla Val di Lima, a Marliana, al Colle di
Monsummano e a sud fino al Monte Cetona in Toscana meridionale.
In questo quadro evolutivo è possibile osservare che la dorsale del Monte Albano,
costituita prevalentemente da arenarie torbiditiche appartenenti alla formazione del
Macigno, rappresenta una zona di alto strutturale che delimita due depressioni
tettoniche: quella posta a nord rappresenta il bacino di Pistoia - Firenze, mentre quella
posta sud rappresenta il bacino dell’Elsa ed è l’area in oggetto.
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13.4 Lineamenti tettonici ed evoluzione paleogeografica
Tutta la parte montano - collinare del Territorio Comunale, caratterizzata litologicamente, dall'arenaria "Macigno", fa parte della Dorsale del Monte Albano, la cui struttura
è costituita da un'anticlinale asimmetrica vergente a Nord-Est, piuttosto stretta, con il
fianco Nord-Est più inclinato. Questa struttura della dorsale può essere giustificata dalla
presenza di nuclei mesozoici che ne hanno provocato il sollevamento, con spinte dal
basso verso l'alto, queste spinte hanno provocato sistemi di faglie longitudinali e
trasversali.
Un sistema di faglie trasversali, non localizzabili sul terreno, dovrebbe trovarsi in
corrispondenza della sella di S. Baronto, come è rilevato dalla topografia, dall’analisi
fotogeologica e dalla presenza di strati variamente dislocati nei pressi di questa località.
Al di sopra del "Macigno", in discordanza con questo, vi sono sedimenti depostisi
durante una fase regressiva verificatasi all'inizio del Quaternario, durante la quale si
formarono zone palustri con sedimentazione dei litotipi già descritti. Una successiva
fase di sollevamento, che provocò una inclinazione del bacino verso Sud-Ovest, causò
una ripresa dell'attività erosiva dei torrenti che scendevano dal Monte Albano, con un
orientamento prevalente di questi verso Sud Ovest, legato sempre al sollevamento.
L' azione erosiva ad opera dei torrenti provocò marcate incisioni nei depositi villafranchiani, dando a questi ultimi la morfologia di leggero rilievo con crinali debolmente
inclinati, che attualmente è visibile e caratteristica di questa porzione di Montalbano.
Una successiva fase di colmamento, dovuta alla chiusura del bacino da parte dell'Arno
a Ponte a Cappiano, ha comportato la messa in posto di sedimenti recentissimi in
senso geologico da parte degli attuali corsi d'acqua.
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13.5 Elementi di idrogeologia
Le caratteristiche della falda idrica sono descritte nella Carta Idrogeologica, Tavola 2
del Quadro delle conoscenze.
In dipendenza della situazione geolitologica caratterizzante l'area, dominata dai rilievi
della arenaria macigno, la limitatezza delle superfici di pianura e di depositi alluvionali
consistenti, le condizioni idrogeologiche risultano difficilmente prevedibili.
Si fornisce una stima qualitativa della permeabilità dei vari tipi litologici distinguendo tre
classi con coefficiente medio di permeabilità decrescente dalla classe I alla classe III,
più una classe che comprende le formazioni praticamente impermeabili. Le tre classi
corrispondono qualitativamente a permeabilità buona media e bassa rispettivamente.
La permeabilità più alta è stata attribuita ai sedimenti alluvionali recenti (All) e terrazzati
(At) e ai depositi detritici (dt); questi depositi sono peraltro compresi in più di una classe,
in quanto composti da sedimenti a granulometria molto variabile.
Quanto esposto vale anche per le argille, argille sabbiose e sabbie (Ql) del
Villafranchiano, in quanto, anche in esse, la granulometria è variabile e la permeabilità
varia con il contenuto in percentuale di argilla rispetto alla sabbia.
I conglomerati e ciottoli di arenaria "Macigno" e sabbie del Villafranchiano (Qc),
presentano una permeabilità medio bassa, variabile a seconda del grado di
cementazione dei sedimenti.
Il Macigno invece, è dotato di una certa permeabilità secondaria. Tale tipo di
permeabilità è conseguenza della fratturazione, che può permettere circolazione di
acqua in profondità anche in rocce prive di porosità. Essa è direttamente proporzionale
alla densità di fratturazione per cui si va da una permeabilità media alla quasi
impermeabilità.
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13.6 Inquadramento geomorfologico
Il territorio in esame può essere distinto in due unità morfologiche principali:
- Unità morfologica collinare
- Unità morfologica di raccordo fra collina e aperta pianura
Tale suddivisione è determinata dalle diverse litologie presenti nella zona, essendo
dirette, in questo territorio come in altri, le relazioni fra morfologia, struttura geologica e
tipo di rocce.
13.6.1 Unità morfologica collinare
All'interno di questa unità di paesaggio, i caratteri morfologici principali sono rappresentati dai rilievi montuosi della catena del Monte Albano con asse orientato NW-SE
e quote che vanno dai 350 agli oltre 500 metri sul livello del mare, e versanti degradanti
verso SW, con forme più dolci, sino ad una quota di circa 70 m. s.l.m.
Tale unità, dal punto di vista litologico, è caratterizzata dall'affioramento della formazione arenacea del Macigno, con prevalenza di soprassuolo boschivo (in genere
ceduo di latifoglie varie) alle quote più elevate, sostituito alle quote inferiori da oliveti e
subordinatamente vigneti con il tipico modellamento dei versanti a terrazzi.
La notevole fratturazione della roccia e la forte acclività dei versanti, creano situazioni di
instabilità piuttosto marcate, riguardanti prevalentemente i terreni coltivati, nelle porzioni
mediane dei versanti e nei fondovalle.
Questa porzione di territorio è caratterizzata dalle evidenze morfologiche delle
paleofrane, testimoni di eventi gravitativi originatisi ed evolutisi in condizioni climatiche
bene diverse dalle attuali.
Le morfologie relitte si individuano chiaramente presso i versanti di San Baronto,
determinando a tratti aree di instabilità o situazioni al limite dell’equilibrio. I rilievi in
campo comunque hanno evidenziato spessori detritici piuttosto esigui.
Oltre alle cause sopra elencate, a luoghi la stabilità dei versanti è complicata dalla
giacitura sfavorevole degli strati arenacei (immersione prevalente a Nord-Nord Est, in
accordo con l'andamento strutturale generale del Monte Albano), a franapoggio rispetto
al pendio.
Presso il versante Sud della dorsale, quello che guarda verso Lamporecchio e a quote
più basse, la situazione, dal punto di vista della stabilità, appare più tranquilla; queste
non mostrano evidenti segni di ripresa del movimento primitivo, ma si tratta pur sempre
di masse detritiche, fortemente rimodellate, potenzialmente instabili; in esse si rilevano
concavità e piccoli crolli soprattutto in prossimità di vecchi terrazzamenti antropici in
abbandono.
Non si sono rilevati nelle indagini situazioni di dissesto in atto presso i nuclei edificati
della collina, essi infatti si trovano prevalentemente localizzati in posizione di crinale e
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fondati su roccia affiorante, quindi in posizione di buona stabilità. Sono rari i casi in cui
edifici sparsi occupano le concavità delle vallecole.
Uno dei più significativi fenomeni di instabilità si trova presso la località Fornello, sulla
strada che collega San Baronto a Vinci, a monte della strada, presso gli edifici, si sono
realizzate di recente opere di consolidamento, a valle il terreno appare in lento
movimento come dimostrato dai segni presso la sede stradale.
In particolare a Nord di S. Baronto, presso il versante al di sotto del cimitero, vi è
un'area instabile, ora quiescente, che scendendo verso Nord a quote inferiori interessa
la sottostante Strada Provinciale. Qui, oltre alle cause sopra elencate, la situazione è
resa sensibile dalla giacitura sfavorevole degli strati arenacei (immersione prevalente a
Nord-Nord Est, in accordo con l'andamento strutturale generale del Monte Albano), a
franapoggio rispetto al pendio. Risalendo lungo la Strada Provinciale, verso S. Baronto,
si segnala una serie di altri movimenti franosi che interessano la coltre detritica
superficiale e che hanno provocato, negli anni passati, danni alla sede stradale.
Sul versante Sud della dorsale, quello che guarda verso Lamporecchio, la situazione,
dal punto di vista della stabilità, appare più tranquilla, anche se le paleofrane e frane
quiescenti, come si vede dalla carta, sono piuttosto frequenti; queste non mostrano
evidenti segni di ripresa del movimento primitivo, ma si tratta pur sempre di masse
detritiche, fortemente rimodellate, potenzialmente instabili; in esse si rilevano concavità
e piccoli crolli soprattutto in prossimità di vecchi terrazzamenti antropici in abbandono.
Da sottolineare gli accumuli tra S. Baronto e Giugnano nei pressi del quale, a valle di
Via di Giugnano, sono riscontrabili modesti movimenti attivi che interessano le colture
arboree ed aree soggette a erosione laterale di sponda da parte della Forra di Beboli.
Presso Alberghi, a valle della Strada Provinciale, si rilevano gli accumuli di due
paleofrane, potenzialmente instabili, data anche la forte acclività del versante.
Un'area soggetta a diffusi dissesti si riscontra nella vallecola del Rio Pozzarello, a SUDEST di San Baronto, e a SUD dell'abitato di Varazzano.
A Spicchio si rileva una paleofrana, fortemente rimodellata e stabilizzata. Ad Est di
questo nucleo abitato, sui due versanti della Forra Mulinsegni, altri piccoli movimenti
attivi interessano la coltre detritica superficiale; sono anche da segnalare le aree
soggette a scalzamento per l'azione erosiva del torrente nei detriti accumulati nel
fondovalle.
Un'altra paleofrana che attualmente non mostra instabilità, si segnala a Papiano. Nella
zona di Porciano si segnala un sistema di frane relitte a Sud e a Sud Ovest del paese,
attualmente non attive ma di scarsa stabilità, come confermato da alcuni segni di
ripresa all'interno e ai margini di esse.
La situazione sopra descritta individua una modesta relazione diretta fra strutture
edificate e movimenti gravitativi in atto; i nuclei abitati infatti si trovano prevalentemente
localizzati in posizione di crinale e fondati su roccia affiorante, quindi in posizione di
buona stabilità.
Le aree di espansione edificatoria passata, e anche l'attuale, modesta, in progetto,
seguono le stesse direttrici; i dissesti maggiori, come già accennato in precedenza si
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rilevano presso i versanti ad utilizzazione agricola, spesso corrispondono a impluvi e a
superfici invase da vegetazione infestante, ben individuabili da fotointerpretazione,
meno evidenti sul posto e non riconosciuti come tali dagli utilizzatori locali, che,
comunque di rado vanno a coltivare in quelle zone.
Situazioni di questo genere, anche estese, sono state classificate come "frane
quiescenti" risultano evidenziate nella cartografia, zone di: I Pianali, Bufignano,
Giugnano Sud, il Poderino, Papiano Sud-Ovest, Lampaggio Sud, Baghera, Al Ronco
Nord-Est e altre zone.
L'importanza di tali aree è dovuta principalmente alla limitroficità con le aree edificate
rurali e con la viabilità di accesso ai vari poderi; la loro presenza con l'acclività
contribuisce a conferire all'intero versante che le ospita un certo grado di pericolosità,
del quale si dovrà tenere conto in sede di realizzazione di opere viarie, di bonifica, reti
trasporto energia, pratiche agricole.
13.6.2 Unità morfologica di raccordo fra collina a pianura
Questa unità è rappresentativa di un'area di transizione fra l'ambiente montano collinare
e quello di pianura, e va dai 70 m. di quota, ove affiora ancora il macigno in giacitura
generalmente favorevole a traverpoggio o a reggipoggio, fino ai 20 m. s.l.m ai limiti sud
ovest del territorio comunale.
I caratteri morfologici principali sono i crinali di modesta altitudine, molto allungati verso
la pianura, costituiti dalle formazioni Villafranchiane, separati dalle incisioni dovute
all'attività erosiva delle aste fluviali, esauritasi nel Quaternario recente (circa 2.000 anni
fa). La zona risulta scarsamente interessata da fenomeni di dissesto in quanto i tratti
delle aste fluviali che vi si trovano sono in generale in equilibrio o in deposizione.
Si riscontrano alcune limitate forme di erosione superficiale nei pressi di Maestro Marco
e nei terreni del Parco di Svagher (o Parco Rospigliosi). Sono frequenti invece le
scarpate, in lieve arretramento, costituenti per lo più i bordi dei terrazzi o limiti di unità
litologiche. In questa zona sussistono invece modesti e localizzati problemi di ristagno
d'acqua; l'indagine eseguita ha permesso di individuare aree morfologicamente
depresse e di attribuire ognuna di esse ad una classe di pericolosità secondo i criteri
illustrati precedentemente.
Tali aree caratterizzano generalmente il fondo pianeggiante delle vallecole alluvionali,
nella maggior parte dei casi il ristagno è dovuto all'inefficienza del drenaggio superficiale, per fossi non puliti da erba e rifiuti (fossi principali o interpoderali che limitano o
impediscono lo smaltimento delle acque); così è per le zone vicino a Casuccia, presso
Beboli, a Nord di Fabbrichelle, a Cerbaia, vicino a Poggio alla Cavalla e lungo il Rio
Mozzo (Fosso di Mezzo). Talvolta ai bordi delle zone suddette esistono zone a limitato
rischio perchè più elevate topograficamente rispetto alle precedenti o per locali cambi di
litologia, o per attività antropica, con passaggio a situazioni di maggiore permeabilità e
migliore drenaggio.
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14- I FIUMI
14.1 Caratteri idrografici
Dal punto di vista idrografico non si individua nel territorio comunale un corso d'acqua di
particolare rilevanza e ordine; i confini amministrativi NORD ed EST coincidono
pressappoco con i limiti di un bacino idrografico caratterizzato dalla presenza di corsi
d'acqua a regime men che torrentizio; la toponomastica è ricca di terminologia quale
"forra"e "rio" bene indicativa di un regime idraulico di particolare discontinuità; i corsi
d'acqua che, originatisi presso il crinale NORD scendono verso SUD quali:
Lamporecchio, Beboli, Spicchio, ecc., sono tributari del Torrente Vincio di Cerreto Guidi
(fuori provincia), a sua volta tributario del Canale Maestro del Terzo, del Padule di
Fucecchio, quindi del Fiume Arno. Il limite OVEST del comune è segnato dal Rio
Bottaccio anch'esso confluente nel Canale del Terzo.
14.2 Rischio idraulico
Nel territorio indagato non vi sono tratti di corso d'acqua arginati, di particolare
importanza, che possano introdurre elementi di rischio da ricondursi a eventi di rotta o
tracimazione d'argine; opere di bonifica idraulica sono presenti diffusamente nella
porzione collinare ma sono di scarsa importanza quali briglie e difese laterali di sponda;
d'altra parte è da ricordarsi che la gran parte del drenaggio superficiale è impostato su
roccia.
Nel corso degli studi di PRG del 93 furono eseguite indagini per l'individuazione del
rischio idraulico dovuto al verificarsi di fenomeni di ristagno d'acqua, per
fotointerpretazione e controlli in campo durante i quali, avvalendosi anche di interviste ai
residenti nelle zone urbanizzate ed agricole, furono delimitate aree caratterizzate da
diversi tempi di ristagno e all'individuazione di tratti della rete drenante superficiale
dotati di scarsa funzionalità e soggetti a tracimazione in periodi di crisi.
I metodi di analisi furono quindi essenzialmente qualitativi e basati sull’esame di serie
storiche; la delibera 230/94 dettò i criteri rigorosi per la definizione del rischio tramite la
redazione di studi idrologici e idraulici, l’applicazione di modelli e simulazioni.
Nel ‘94 si verificarono diversi eventi alluvionali in Toscana, che si ripeterono anche negli
anni successivi, tali eventi e quelli precedenti più catastrofici del ’66 sono stati mappati
e fanno parte della carta Guida delle Aree Allagate dell’Autorità di Bacino del Fiume
Arno (1999). Tale carta pone vincoli alla edificazione dei suoli.
Il territorio di Lamporecchio è rappresentato in questa carta in due zone:
− la prima presso Bivio Tesi sulla via per Borgano, ha interessato un’area a
destinazione produttiva.
− la seconda presso Podere Mattonaia e documenta un episodio di alluvionamento
ad opera del Rio di Mezzo.
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15- I BOSCHI
Nel presente capitolo vengono sviluppate considerazioni al fine di dare una visione
d’insieme delle varie tipologie di vegetazione naturale presenti nell’area, oggetto di
studio.
Questo restringe, in maniera quasi esclusiva, il campo di indagine alla sola porzione
collinare del territorio dal momento che tutta la parte pianeggiante è occupata, oltre che
dagli insediamenti urbani, dalle colture agrarie.
L’area collinare presenta le seguenti tipologie forestali schematizzate nella seguente
tabella.
Tabella 7 - Tipologie Forestali
Boschi cedui
Boschi ad alto fusto
Formazione riparia
Macchia
15.1 Boschi cedui
A tale categoria appartiene la maggior parte dei boschi del comprensorio; questa forma
di governo è molto diffusa e pressoché tutti i boschi sono a regime (cioè sono sottoposti
a regolari tagli di utilizzazione seguendo la periodicità dei turni). All’interno di questa
generica categoria si sono evidenziate alcune tipologie in modo da esemplificare la
descrizione di questi soprassuoli.
Tabella 8 - Tipologie di boschi cedui
misti
di castagno
di robinia
di leccio
coniferati
15.2 Boschi cedui misti
Si tratta in genere di soprassuoli riconducibili ai querceti termo-xerofili a roverella con
varia mescolanza di orniello (Fraxinus ornus L.), leccio (Quercus ilex L.), carpino nero
(Ostrya carpinifolia Scop.); detti boschi si ritrovano localizzati sui versanti meridionali,
presenti nell’area, in genere nelle situazioni stazionali più sfavorevoli quali sono i dossi
e le aree di crinale.
Spesso questo tipo di bosco, proprio per il fatto di essere localizzato nelle situazioni
meno favorevoli, è rappresentato da soprassuoli a tratti degradati. In queste situazioni
di degrado alle specie arboree sopra menzionate, con particolare prevalenza della
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roverella (Quercus pubescens Wild.), si associa un nutrito corredo di specie arbustive
quali: corniolo (cornus sanguineua L.), ginestra odorosa (Spartium junceum L.),
prugnolo (Prunus spinosa L.), cisti (cisti spp.L.), rovi (rubus spp.L.), rosa canina (Rosa
canina L.) e raro alaterno (Rhamnus alaternus L.).
Come si può immaginare la mescolanza fra le varie essenze è quanto mai varia per cui
a fronte delle molte situazioni in cui la roverella emerge sopra le altre specie pur senza
raggiungere quella prevalenza che contraddistingue i soprassuoli puri (consistenza
della specie superiore al 70%). Si ritrovano, invece, localmente situazioni in cui è il
carpino nero a dar luogo a piccole porzioni di soprassuoli puri.
Nelle situazioni più favorevoli, dal punto di vista vegetazionale, la mescolanza di questi
boschi si arricchisce di specie più mesofile quali cerro (Quercus cerris L.) e castagno
(Castanea sativa Mill.).
Regolarmente utilizzati a raso, i soprassuoli presentano caratteristiche alquanto variabili
in relazione alle mutevoli condizioni stazionali: in corrispondenza di suoli acclivi e
superficiali, i cedui presentano limitati accrescimenti e copertura a tratti lacunosa; ove il
terreno diviene appena più profondo e la pendenza si attenua, le condizioni dei
soprassuoli migliorano sia in termini di vigorìa che di densità. La densità varia da
normale a scarsa, mentre la matricinatura, prevalentemente di cerro e roverella, appare
variabile sia per il numero di soggetti ad ettaro che per la distribuzione sul terreno;
normalmente si osservano un consistente numero di rilasci in corrispondenza dei
popolamenti più giovani.
15.3 Cedui di cerro
Presentano condizioni vegetative generalmente buone con densità, salvo nelle zone
peggiori, quasi ovunque regolare. La matricinatura varia fra 50-70 piante ad ettaro,
generalmente costituita da soggetti di 1-2 turni, raramente più adulte. Al cerro si
associano spesso latifoglie termofile quali castagno, carpino nero, roverella, orniello, più
raramente aceri e sorbi.
Nei tratti caratterizzati da una densità minore si è insediato un sottobosco arbustivo di
vario sviluppo costituito prevalentemente da ginepro e rosa canina.
15.4 Cedui di castagno
Questi soprassuoli, caratterizzati da un temperamento decisamente più mesofilo dei
precedenti, sono localizzati sui versanti nord dei rilievi.
I cedui di castagno presentano nel complesso buone condizioni vegetative ed un buon
sviluppo, tanto che sovente queste formazioni si stagliano su quelle precedentemente
trattate (boschi di roverella) per il loro sviluppo in altezza, tra l’altro il castagno sembra
godere di buona salute e si rilevano, ad esempio, pochi attacchi di cancro corticale. In
questi boschi la matricinatura è spesso costituita da soggetti di pino marittimo (Pinus
pinaster), e solo in alcune aree, di modesta estensione, si riscontrano soprassuoli puri
in cui anche le matricine sono costituite da castagno.
I cedui di castagno si rinvengono in corrispondenza di suoli caratterizzati da una
maggior profondità e freschezza rispetto ai primi. Al castagno si accompagnano carpino
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nero e cerro. Derivano in massima parte dalla ceduazione dei preesistenti castagneti da
frutto, di cui a volte permangono alcuni vecchi e seccaginosi soggetti da frutto, la cui
estensione si è progressivamente ridotta ad iniziare dalla seconda metà degli anni ’50
soprattutto per la diffusione del mal dell'inchiostro e del cancro corticale. I cedui di
castagno presentano attualmente uno stato vegetativo soddisfacente e gli stessi
attacchi di cancro appaiono in fase regressiva. La densità è quasi ovunque regolare,
con matricinatura in genere costituita da 60-70 piante ad ettaro.
15.5 Castagneti da frutto
Occupano nuclei di limitata estensione spesso dislocati in zone marginali, acclivi e
scarsamente servite da strade, pressoché tutti in abbandono, presentano strutture
irregolari a causa delle ceduazioni, caratterizzate da un rado piano dominante costituito
da vecchi soggetti da frutto con branche seccaginose o in via di seccagione a causa
degli attacchi di cancro corticale, sovrastante un piano ceduo di sviluppo variabile a cui
si intercalano piante da seme più giovani. Per i castagneti in esame si ritiene che il
grado di danneggiamento e mortalità raggiunto sia tale da scoraggiare qualsiasi
intervento di recupero, per cui si ipotizza il ricorso alla ceduazione con eventuali
verifiche da fare in relazione alla fauna presente, in modo particolare a quella
ornitologica.
15.6 Cedui di robinia
Si è ritenuto opportuno sottolineare, mediante una trattazione separata, la presenza dei
cedui di robinia (Robinia pseudoacacia L.).Questo tipo di bosco non ha una diffusione
molto ampia sul territorio, poiché la sua presenza, sempre di origine artificiale, è in
genere legata ad interventi sistematori di aree in dissesto; in effetti spesso la robinia
viene impiegata, in virtù delle caratteristiche del suo apparato radicale ed alla sua
capacità di generare numerosi polloni radicali, nel consolidamento di pendici in
dissesto.
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15.7 Cedui di leccio
Questo tipo di bosco è anch’esso poco diffuso nel comprensorio; questa essenza tipica
dell’ambito mediterraneo concorre spesso alla costituzione dei cedui misti , già trattati,
ed in talune situazioni particolari, ove le condizioni stazionali assumono caratteristiche
prettamente termofile, dà luogo a soprassuoli puri.
15.8 Cedui coniferati
Questo tipo di soprassuoli, cui abbiamo già avuto modo di accennare durante la
trattazione dei cedui di castagno, sono piuttosto diffusi in tutto l’ambito territoriale;
anche ad una ricognizione panoramica appare evidente la presenza di molti boschi
punteggiati di soggetti di pino marittimo.
Nel complesso questi boschi non sono caratterizzati da una composizione specifica
univocamente definita, il comune denominatore é dato dal pino marittimo, che con la
sua più o meno marcata presenza fa assumere a questi boschi ora l’aspetto di cedui
matricinati, nei quali solo una porzione delle matricine é costituita dal pino, fino ad
arrivare, attraverso tutta una serie di situazioni graduali, a soprassuoli configurabili
come cedui composti, in cui il pino marittimo costituisce un piano dominante continuo
sopra il ceduo.
15.9 Alto fusto di conifere
Questi soprassuoli sono essenzialmente rappresentati da fustaie di pino marittimo,
spesso presentano caratteristiche di sviluppo e portamento mediocri
Si tratta per lo più di perticaie e giovani fustaie originate, nella maggior parte dei casi dal
rimboschimento di ex-coltivi: in seguito agli incedi, si è diffuso spontaneamente. Questi
soprassuoli sono a densità eccessiva, in specie la maggior parte delle perticaie che è
tuttora a densità.
15.10 Formazione riparia
Si ritrova lungo i tratti inferiori dei principali torrenti, dove la vegetazione assume a tratti
le caratteristiche proprie della vegetazione riparia, in cui sono presenti specie
caratteristiche di questo ambito quali pioppo nero, ontano nero, salice, robinia. Questi
boschi, di distribuzione molto localizzata e di limitata estensione, presentano a volte
struttura irregolare spesso riconducibile al ceduo, poiché sovente vengono utilizzati
unitamente ai boschi adiacenti.
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15.11 Incendi boschivi
Fonte: Rapporto sullo Stato dell’Ambiente 2004 della Provincia di Pistoia
Gli incendi rappresentano una grave calamità per gli ecosistemi forestali. Nel Rapporto
sullo Stato dell’Ambiente 2004 della Provincia di Pistoia si fa riferimento ai dati del
periodo 1984 –2002, rilevati dai Comandi Stazione del Corpo Forestale dello Stato.
Nella Provincia di Pistoia sono stati registrati 1.355 incendi che hanno interessato una
superficie boscata pari a 3.135 ettari ed una superficie non boscata di 845 ettari.
All’interno del territorio provinciale i comuni che presentano la più alta percentuale di
superficie incendiata rispetto alla superficie comunale sono il comune di Pescia con il
18%, il comune di Montale con l’8% e i comuni di Lamporecchio e Uzzano con il 6%.
Valutando la superficie media percorsa dal fuoco per ogni incendio, la Provincia di
Pistoia mostra un valore molto più basso rispetto al valore regionale e nazionale.
Questo potrebbe essere attribuito a fattori di tipo climatico e geomorfologico, a
caratteristiche specifiche della foresta (tipologia di legno e sottobosco) e all’efficienza
del servizio antincendio.
Tabella 9 - Superficie (in ettari) percorsa da incendi per tipologia. Anni 1984-1998
Provincia
N°
Fustaia
Ceduo
Massa-Carrara
1.556
4.119
6.054
Lucca
1.999
5.222
7.540
Pistoia
1.223
646
2.260
Firenze
1.800
1.167
1.725
Livorno
840
1.355
945
Pisa
1.075
1.586
667
Arezzo
1.636
378
3.326
Siena
732
605
659
Grosseto
1.473
596
1.662
Prato
330
174
522
Totale
12.664
15.847
25.359
Fonte: Regione Toscana. Servizio antincendi boschivi
Macchia
mediter.
21
117
0
22
2.283
216
2
95
945
0
3.702
Totale
bosco
10.194
12.879
2.906
2.914
4.583
2.469
3.705
1.359
3.203
696
44.907
Non
boscato
4.251
5.328
818
1.828
4.072
2.438
2.206
2.521
4.742
430
24.634
Totale
14.445
18.207
3.724
4.742
8.655
4.906
5.911
3.880
7.945
1.126
73.541
Tabella 10 - Dati incendi medi per anno. Anni 1984 – 2002
Numero incendi Superficie totale
(ettari)
Superficie boscata
(ettari)
Pistoia
71
209
165
Toscana
747
4.171
2.575
Italia
11.063
118.413
51.999
Fonte: Corpo Forestale dello Stato, coordinamento provinciale di Pistoia
Superficie media per
incendio
Tot. ettari
Boscata ettari
2,9
2,3
5,6
3,4
10,7
4,7
Per quanto riguarda le cause di sviluppo degli incendi nel periodo considerato il 63%
degli eventi è stato attribuito alla volontarietà, il 19% alla involontarietà, il 18% a cause
dubbie e solo 5 incendi sono stati attribuiti a cause naturali (fulmini). I dati mettono in
evidenza quindi l’origine dolosa della maggior parte degli incendi boschivi.
L’elaborazione dei dati ha inoltre messo in evidenza che il fenomeno degli incendi non
si riscontra solo in estate, ma anche nei mesi invernali: nel primo trimestre dell’anno gli
incendi sono risultati pari al 33,2% del totale, nel secondo al 11,6%, nel terzo al 50,0%
e nel quarto al 5,2%.
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Nel Piano Operativo Antincendi Boschivi 1997-2000 la Regione Toscana ha assegnato
a ciascun comune un indice di rischio che esprime la potenzialità di un singolo territorio
ad essere interessato da incendi. Nella determinazione di questo indice sono stati presi
in considerazione per la superficie boscata parametri relativi al numero di incendi, alla
superficie media percorsa e alla superficie massima percorsa.
Nella tabella seguente si riportano gli indici di rischio determinati per i comuni della
provincia di Pistoia: undici comuni sono classificati nel livello di rischio massimo, fra cui
Lamporecchio, sei nel livello di rischio elevato, due moderato e tre vengono indicati
come non classificati in rapporto alla esigua od inesistente estensione delle superfici
forestali.
Tabella 11 - Ripartizione dei comuni della provincia di Pistoia in base all’indice di rischio
Comune
Superficie comunale
Superficie boscata
(in ettari)
(in ettari)
Abetone
3.126
2.100
Agliana
1.164
Buggiano
1.612
450
Chiesina Uzzanese
724
30
Cutigliano
4.382
2.850
Lamporecchio
2.217
400
Larciano
2.492
450
Marliana
4.299
3.600
Massa e Cozzile
1.601
800
Monsummano Terme
3.277
500
Montale
3.202
2.000
Montecatini Terme
1.766
500
Pescia
7.914
4.700
Pieve a Nievole
1.271
100
Pistoia
23.677
12.000
Piteglio
5.005
4.000
Ponte Buggianese
2.947
50
Quarrata
4.600
720
Sambuca Pistoiese
7.754
6.800
San Marcello Pistoiese
8.475
6.500
Serravalle Pistoiese
4.211
1.400
Uzzano
782
200
Provincia di Pistoia
96.498
50.150
Fonte: Corpo Forestale dello Stato, coordinamento provinciale di Pistoia
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Pericolosità incendi
Moderato
Non Classificato
Moderato
Non Classificato
Elevato
Massimo
Elevato
Massimo
Elevato
Massimo
Massimo
Elevato
Massimo
Elevato
Massimo
Massimo
Non Classificato
Massimo
Massimo
Massimo
Massimo
Elevato
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Tabella 12 - Superficie (in ettari) percorsa da incendi. Periodo 1984 - 2002
Comune
Superficie percorsa dal fuoco
% incendi
Non
sul tot.
Boscata
Totale
boscata
prov.
ST
Numero
incendi
Abetone
Buggiano
Cutigliano
Lamporecchio
Larciano
Marliana
Massa e Cozzile
Monsummano T.
Montale
Montecatini Terme
Pescia
3.126
1.612
4.382
2.217
2.492
4.299
1.601
3.277
3.202
1.766
7.914
5
9
16
46
31
88
24
45
97
32
236
0,4
0,7
1,2
3,4
2,3
6,5
1,8
3,3
7,2
2,4
17,4
Pieve a Nievole
Pistoia
Piteglio
Ponte Buggianese
Quarrata
Sambuca Pistoiese
San Marcello P.se
Serravalle Pistoiese
Uzzano
Provincia di Pistoia
1.271
23.677
5.005
2.947
4.600
7.754
8.475
4.211
782
96.498
10
371
44
2
79
35
71
87
27
1.355
0,7
27,4
3,2
0,1
5,8
2,6
5,2
6,4
2,0
100
6,6700
2,7000
18,3500
107,6900
85.2550
201,8100
38,6700
70,5890
248,1600
41,9150
1.299,825
0
26,1500
341,7155
161,8700
0,0000
62,1285
130,1100
140,8400
135,7710
14,4900
3.134,709
0
1,0800
0,5000
13,6500
21,2700
43,4600
10,6035
14,9350
33,0500
13,7360
14,8800
136,2650
7,8000
85,3635
1,1500
12,4000
14,9650
101,7100
261,7450
21,6510
34,7000
844,9140
% sup.
incendiata
/ ST
7,7500
3,2000
32,0000
128,9600
128,7150
212,4135
53,6050
103,6390
261,8960
56,7950
1.436,090
0
33,9500
427,0790
163,0200
12,4000
77,0935
231,8200
402,5850
157,4220
49,1900
3.979,623
0
0,2
0,2
0,7
5,8
5,2
4,9
3,3
3,2
8,2
3,2
18,1
2,7
1,8
3,3
0,4
1,7
3,0
4,7
3,7
6,3
4,1
Fonte: Corpo Forestale dello Stato, coordinamento provinciale di Pistoia
Tabella 13 - Incidenza sul territorio degli incendi
Numero eventi
Superfici
Superficie
Relazioni
ha
comune ha
%
46
128,96
5,8%
Superfici totali ha
128,96
2.218
100%
I dati di superficie sono stati ricavati da misure effettuate tramite GIS.
In circa 10 anni circa il 5,8% del territorio è stato percorso da incendi.
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16- LE COLTIVAZIONI
16.1 Aspetti agronomici
La superficie totale che nel territorio del comune di Lamporecchio è destinata
all’agricoltura, secondo il censimento ISTAT del 2000, è di 1.681,26 ettari per un
numero di aziende uguale a 745. Gli ettari effettivamente coltivati sono 1.205,81 che
rappresentano il 13% della Superficie Agraria Utilizzata di tutta la Valdinievole ed il
4,75% di quella provinciale.
Dal punto di vista morfologico il territorio è caratterizzato prevalentemente dalla
presenza di formazioni collinari con acclività assai leggere nella parte S-S/O dei confini
comunali (Borgano, Mastromarco, Cerbaia), ma in rapido aumento in prossimità di
Lamporecchio e di entità decisamente rilevante a nord (Giugnano, San Baronto), nord
est (Porciano) est (Greppiano, Fornello, Orbignano) sulle pendici del Montalbano.
L’altitudine varia su un asse sud ovest – nord est da circa 30 a 450 m.s.l.m. La
maggiore parte del territorio comunale si sviluppa quindi nella fascia collinare della
dorsale del Montalbano.
Il substrato pedogenetico è rappresentato da arenarie quarzose in facies torbiditiche
alternate a sottili interstrati di siltiti e di argilliti. Le pendici della dorsale del Montalbano
sono costituite dalla formazione del Macigno. Alle quote più basse sono presenti i
sedimenti lacustri di età Villafranchiana.
Le sistemazioni idraulico-agrarie vanno dalle semplici affossature perimetrali dei campi
lavorati a girapoggio o a rittochino, ai ciglionamenti, ai terrazzamenti con muri a secco
che costituiscono dei veri e propri sistemi di presidio contro l’erosione del suolo.
Il sistema idrologico superficiale è costituito da corsi d’acqua a carattere torrentizio che
dalla fascia sommitale del Montalbano, attraverso impluvi profondamente incisi,
raggiungono i centri urbanizzati e scorrono, fino ai principali tronchi della canalizzazione
di bonifica della Piana del Fucecchio. Lungo questi torrenti è possibile ancora ammirare
antiche regimazioni formate da briglie in pietra, tratti di sponde in muro a secco e
sbarramenti con derivazioni ad uso di mulini per la frangitura delle olive (es: Mulino
Minghetti) di memoria storica che, dal secolo scorso, fecero di Lamporecchio il comune
produttore dell’olio extravergine d’oliva per eccellenza.
L’approvvigionamento idrico ad usi agricoli nelle aree meno declivi o pianeggianti
avviene anche e soprattutto da pozzi privati che attingono alla falda freatica o da piccoli
laghi artificiali, mentre nella fascia collinare del Montalbano, le aziende agricole dotate
di pozzi o piccole sorgenti ne utilizzano l’acqua esclusivamente per uso domestico1.
Le coltivazioni non sono irrigue, essendo l’olivo la coltura assolutamente prevalente. In
genere, anche per le necessità relative all’irrigazione dell’orto e dei trattamenti
1
Negli usi domestici viene compresa la somministrazione di acqua agli orti “familiari” ed
agli animali domestici quali animali di bassa corte, conigli, cavalli o bovini per
autoconsumo o comunque che non costituiscano attività d’ “allevamento”
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antiparassitari, le aziende sono dotate di sistemi di recupero dell’acqua piovana in
“bozzi” o in cisterne sotterranee.
Attualmente la ripartizione colturale sulla S.A.U è la seguente:
Tabella 14 - Ripartizione della S.A.U.
Seminativi
Colture permanenti
Prati e pascoli
ha
315,55
838.26
52
(26,17% )
(69.52%)
(4.31%)
Nel contesto della Valdinievole, tra le permanenti la Vite e l’Olivo emergono quali
colture di maggiore rappresentatività in quanto ne costituiscono rispettivamente il 30,5%
ed il 21% della superficie vitata e della superficie olivetata. Nel contesto comunale
l’Olivo investe il 53.9% della S.A.U., la Vite il 13,8%.
Sono inoltre presenti superfici a vivaio di modesta entità, ma destinate ad espandersi.
Il bosco occupa il 20.5% della Superficie Totale. Infine, la S.A.U. è il 71.7% della
Superficie Totale. L’olivicoltura è, dunque, l’indirizzo colturale prevalente.
Dal confronto dei dati rilevati dall’ ISTAT nei censimenti dell’agricoltura del 1990 e del
2000
I tratti strutturali e le tendenze evolutive dell’agricoltura sono comuni al contesto nel
quale il comprensorio comunale è inserito, anche se con qualche peculiarità.
Conseguentemente all’abbandono del settore agricolo e all’esodo dalle campagne
protrattosi per quasi mezzo secolo a seguito dell’imponente espansione urbanistica e
produttiva del settore industriale e del terziario della piana di Empoli e di Pistoia, Prato e
Firenze, l’agricoltura ha perso il suo ruolo predominante.
Coerentemente a quanto avvenuto per la Valdinievole, si assiste:
-
-
alla diminuzione del numero di addetti agricoli,
all’aumento delle aziende part-time e delle attività complementari, quali
l’agriturismo.
alla frammentazione delle aziende di entità piccola (con superficie totale
compresa tra 5 e 10 ettari), che hanno dato origine all’aumento da un lato del
numero delle aziende di piccolissima dimensione (meno di 1 ettaro) e dall’altro
all’incremento dellai S.A.U.delle aziende medie (10 – 20 ettari) e medio-grandi
(20-50 ettari).
In controtendenza con la Valdinievole, è aumentato anche i numero delle
suddette aziende medie e medio-grandi.
È aumentato anche il grado di meccanizzazione delle aziende sia come dotazione di
mezzi propri sia come utilizzo di mezzi non di proprietà e di lavoro svolto in azienda da
contoterzisti.
Dagli anni novanta i rilievi censuari evidenziano un aumento della Superficie Totale e
della S.A.U, del numero delle aziende, della superficie a colture legnose agrarie e della
specializzazione delle colture stesse, ma anche dei prati permanenti e pascoli e del
bosco e una diminuzione della superficie non coltivabile all’interno delle aziende.
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Tabella 15 - S.A.U. numero delle aziende
• Superficie totale
• S.A.U.
• Numero di aziende
+4,47 %
+14,73 %
+21,93 %
L’interpretazione di questi dati deve tenere in conto dell’attuale maggiore precisione del
dato aziendale fornito dall’agricoltore rispetto ai decenni precedenti, fatto che ha reso
nota una realtà che forse in parte già esisteva.
Tabella 16 - Variazioni nell’utilizzazione della S.A.U. rispetto al 1990
Seminativi
-9,83 %
Coltivazioni legnose agrarie
+21,87 %
Prati permanenti e pascoli
+52 %
Tabella 17 - Variazioni dell’utilizzazione della superficie totale
Boschi
+18.25%
Altra superficie
-51,25%
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Variazione percentuale della ripartizione colturale sulla S.A.U.al 2000 rispetto al 1990
176
180
Lamporecchio
Percentuali di variazione
150
Valdinievole
120
90
52
60
37
22
30
0
0
-30
-10
-13
-16
-60
Se
m
in
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Co
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gn
o
Variazione percentuale della ripartizione colturale sulla S.A.U. al 2000 rispetto al 1990
16.2 Vocazione agronomica dei terreni
Nel territorio comunale sono identificabili due tipologie territoriali a diversa vocazione
agricola:
1. il sistema collinare - montano delle pendici del Montalbano.
2. il sistema delle colline pedemontane. che digradano da Lamporecchio verso la
Piana del Fucecchio.
16.2.1 Il sistema collinare - montano delle pendici del Montalbano
Il Montalbano pur non essendo classificabile come montagna per la limitata altezza,
possiede caratteristiche orografiche e morfologiche del tutto assimilabili a una
formazione montuosa. La vocazionalità agricola di quest’area è decisamente bassa: i
terreni sono poco fertili e poco profondi, malfermi su un substrato di tipo gelivo e friabile,
vulnerabili all’erosione ed a fenomeni franosi. Sono caratterizzati da giacitura
decisamente acclive (tra 20 e 40%), tessitura sciolta, composizione sabbiosa o
sabbiosa-limosa, scarsa sostanza organica. Le pendenze sono elevate e, quindi, anche
la possibilità di aumentare le capacità produttive aziendali anche tramite la
meccanizzazione sono assai scarse. Per questi motivi quest’area rientra nella
delimitazione delle “Zone Svantaggiate” ai sensi della Dir. CE 75/286.
Questi fattori condizionanti hanno fatto sì che prevalgano aziende di dimensione assai
ridotta, considerando anche l’onere di manodopera richiesta per mantenere le
sistemazioni idraulico – agrarie tipiche a terrazzamento su muro a secco e per svolgere
anche le più semplici operazioni colturali.
La coltivazione prevalente in modo quasi esclusivo è l’oliveta. Storicamente le colture
arboree erano sempre consociate con seminativi, cereali o leguminose, oppure tra di
loro: oliveto con vigneto. L’evoluzione dei mercati e la gestione agronomica più
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moderna hanno portato anche in queste terre alla specializzazione delle colture ed alla
qualificazione del prodotto con conseguente scomparsa delle consociazioni.
Il vigneto è presente in misura assai minore. I fattori climatici ed edafici infatti sono
ottimali per lo sviluppo di una olivicoltura dal prodotto assai pregiato. Le colture non
sono irrigue. Le fonti di approvvigionamento idrico sono essenzialmente pozzi di
profondità abbastanza elevata (50 – 100 metri) e/o l’acquedotto e le raccolte individuali
di acqua meteorica. I redditi sono ormai sotto i livelli di marginalità, ma la zona è stata
ampiamente rivalutata dal punto di vista paesaggistico e quindi turistico. Questa risorsa
ha dato e sta tuttora dando notevole impulso alla ristrutturazione di antichi edifici rurali
ed alla diffusione delle strutture aziendali atte all’offerta di ospitalità agrituristica e di
attività connesse. I prodotti sono destinati per la massima parte all’autoconsumo o alla
vendita diretta.
Le potenzialità di sviluppo nel settore dei prodotti di qualità e dell’agriturismo sono
buone.
16.2.2 Il sistema delle colline pedemontane
I terreni a maggiore vocazione agronomica sono quelli situati a Sud-S/O di
Lamporecchio compresi tra le località di Borgano, Maestromarco e Cerbaia.
Le pendici del Montalbano digradano verso l’empolese e la Piana di Fucecchio in modo
dolce e con morfologia ondulata formando una serie ininterrotta di leggerissimi rilievi
collinari.
I terreni sono più profondi, tendenzialmente più fertili, sabbiosi o limosi-sabbiosi, con a
volte affioramenti argillosi. Le sistemazioni idraulico – agrarie sono limitate alle
affossature perimetrali che confluiscono nella rete superficiale drenante. La disponibilità
di acque superficiali, anche da piccoli laghi artificiali, e sotterranee è maggiore. La
meccanizzazione con trattrici di dimensioni e potenza adeguate è sempre possibile. Le
colture praticate sono la viticoltura e l’olivicoltura, secondo i canoni agronomici ed
economici più moderni, ed i seminativi con prevalenza di mais in monosuccessione,
orzo, grano ed erba medica. I terreni sono adatti all’ orticoltura ed al vivaismo anche in
coltura protetta. Le aziende sono di dimensioni medie o medio – grandi ed il prodotto
viene destinato alla commercializzazione attraverso terzi (grossisti, consorzi agricoli).
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16.2.3 Il territorio urbanizzato
L’urbanizzazione del territorio è concentrata lungo le maggiori via di comunicazione. A
differenza di altri comuni limitrofi la crescita del patrimonio edilizio civile e produttivo,
non ha intaccato sostanzialmente in modo aggressivo le circostanti terre agricole
determinandone eccessiva frammentazione. Le attività industriali ed artigianali sono in
definitiva accorpate in aree ben definite.
16.3 Le coltivazioni
16.3.1 Oliveti
Gli ettari investiti ad oliveto sono 649,5 con un numero totale di piante dichiarate pari a
138.486.2 suddivisi per 671 aziende.
Sono diffusi su tutta l’area, ma in collina sono coltura quasi esclusiva. Qui concorrono a
formare il tipico paesaggio toscano in cui il sistema produttivo assume carattere di
“campagna – giardino. Qui l’olivo è coltivato su terrazzi sorretti da muri di pietra locale,
murati a secco, o su ciglioni. Le notevoli pendenze fanno sì che l’ampiezza di questi
terrazzi sia compresa mediamente tra 5 e 8 metri. Il sesto d’impianto generalmente e
ampio: 6 x 7 metri o 5 x 6 e quindi l’investimento di piante per ettaro è mediamente la
metà di un qualsiasi impianto moderno e razionale. Le tare, visto la pendenza, sono
estremamente più elevate che nella sottostante zona collinare. L’età degli olivi è intorno
al secolo. Dopo la gelata del 1985 poche sono le stazioni in cui sussistono gli individui
originari; perlopiù trattasi di polloni radicali riallevati a tre o quattro per ceppaia.
La forma di allevamento tipica è il “vaso” ed il “vaso cespugliato”; le piante non sono
mai lasciate crescere ad altezze superiori a 4,5 – 5 metri. Attualmente la tendenza è
quella di abbassare la chioma intorno ai 3,5 metri per facilitare le operazioni di raccolta
che devono essere fatte manualmente o con l’aiuto di bacchiatori meccanici o
pneumatici. Nonostante la politica comunitaria non sia favorevole all’ampliamento del
contingente olivicolo e non riconosca il premio di produzione per gli olivi piantati dopo il
1998, molte olivete sono state infittite, le fallanze sostituite e realizzati perfino nuovi
impianti.
Le varietà più diffuse sono: Leccio, Frantoio, Moraiolo, Pendolino (impollinatore), ma
sono ancora presenti alcune antiche varietà locali di particolare pregio per la qualità
dell’olio che se ne ottiene: Mignolo, Rossellino, Larcianese. Le rese in olio variano tra il
14% ed il 16%. La qualità del prodotto è particolarmente pregiata ed ha ottime
possibilità di essere adeguatamente valorizzata attraverso marchi di qualità.
2
Questo dato è probabilmente sottostimato in quanto ottenuto ai fini del conferimento del “premio di
produzione” dell’olio di oliva (….) che ammette il conteggio esclusivamente delle piante esistenti prima
del 1998.
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16.3.2 Vigneti
Il numero di aziende che ha dichiarato superfici a vite è di 264 per 165 ettari. In attesa
di dati del catasto viti/vinicolo.
16.3.3 Cereali, foraggere avvicendate, coltivazioni ortive, vivai
Sono tipicamente le colture del sistema collinare pedemontano.
Le aziende che coltivano cereali sono 100 su 300,65 ettari. La variazione del parametro
rispetto al 1990 è per il numero di aziende di -54,95%, per gli ettari di -30,85%. La
flessione più forte è data dal frumento. La coltura più diffusa è il mais da granella per
uso zootecnico, in monosuccessione.
Le aziende che praticano la coltivazione di foraggere avvicendate sono 75 su ha
111,28. Dal 1990 le aziende sono le medesime, ma la superficie coltivata è stata
maggiore del 311%. Parallelamente, infatti, è aumentato il numero di bovini allevati.
Anche il numero delle aziende che coltivano ortaggi è pari a 75 per una superficie di ha
28,68. Si evidenzia un trend negativo sia per le aziende, -22,68, sia per la superficie, 10.93. I vivai e le colture di piante fiorite sono di nuova introduzione e perciò di
consistenza esigua. L’estensione delle colture vivaistiche è di 2.12 ettari e quella di
piante ornamentali da fiore su 3.500 mq, il tutto è suddiviso in 5 aziende.
16.4 Zootecnia
L’allevamento si configura come un’attività di dimensione familiare. Le aziende che
detengono animali da reddito sono 149, circa il 52% rispetto al 1990; le specie sono
ripartite come segue:
Tabella 18 - Allevamenti
Bovini
Suini
Ovini e Caprini
Equini
Allevamenti avicoli
17
21
204
9
2030
+13,3%
-64,4%
-25,3%
-74,3%
-98%
16.5 Aziende agricole
In maggior numero di aziende cioè quelle dimensioni minori sono condotte da
imprenditori di fascia di età superiore, generalmente ritirati dal lavoro e che dedicano il
prodotto quasi esclusivamente all’autoconsumo e non apportano rinnovamento
tecnologico. La meccanizzazione è costituita da macchine operatrici di piccola potenza
e dimensioni, quali motozappe, motocoltivatori, decespugliatori e piccole trattrici. Le
aziende con S.A.U. tra i 10 e i 50 ettari hanno tendenza ad aumentare di dimensioni e
ad adottare soluzioni tecnologiche e gestionali più innovative. Spesso i conduttori hanno
età inferiore a 40 anni e sono imprenditori agricoli a titolo principale.
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17- ECOSISTEMI E FAUNA
Generalità
Il territorio del Comune di Lamporecchio presenta una notevole complessità di ambienti
naturali, dalla pianura ai limiti dell'area umida del Padule di Fucecchio fino al sistema
collinare del Montalbano, con rilievi di circa 500 metri s.l.m.
Partendo dalle quote altimetriche minori, troviamo seminativi e zone incolte ricche di
siepi ed alberature, che costituiscono un vero e proprio mosaico di ambienti diversi;
nella campagna coltivata sono inoltre presenti sia insediamenti rurali che piccole aree
urbane con orti, giardini e parchi storici che contribuiscono ad aumentare ulteriormente
la varietà degli ambienti disponibili per la fauna selvatica.
Salendo verso il Montalbano, uliveti e vigneti si alternano a vaste superfici di bosco
submontano (soprattutto castagneti e boschi misti con querce e Pini marittimi); in alcuni
casi troviamo anche boschi di conifere, nati da interventi di rimboschimento più o meno
recenti. Nonostante si tratti per lo più di boschi sottoposti a frequente ceduazione, la
notevole estensione del manto verde e la sopravvivenza di esemplari isolati di alberi di
notevoli dimensioni li rende comunque ricettivi per numerose specie di animali selvatici.
Inoltre, sui versanti più aridi e soleggiati, nonché nelle aree devastate dai frequenti
incendi, si sviluppano zone di macchia bassa o alberata che costituiscono habitat
potenziali per le specie tipiche della macchia mediterranea.
Infine, lungo i rii e nelle zone più umide dei fondovalle si sviluppano formazioni ripariali
con salici, pioppi ed ontani che arricchiscono ulteriormente l'offerta di habitat per la
fauna residente e migratoria.
Ad una tale complessità di ambienti corrisponde quindi una notevole varietà di specie
animali, che verrà tratteggiata nei prossimi paragrafi.
La presente relazione ha comunque un carattere introduttivo, in quanto non esistono
studi specifici in materia; si fa quindi riferimento alle osservazioni personali effettuate
nell'area in esame e, solo in parte, alla scarsissima bibliografia esistente.
Risulterà quindi evidente il prevalere di dati sui mammiferi e sugli uccelli, che
comprendono le specie più facilmente rilevabili sul territorio.
17.1 Il Montalbano
Spesso, parlando della fauna del Montalbano, si cita con nostalgia la ricchezza di
specie presenti nel Barco Reale Mediceo, antica Riserva di Caccia del Granducato; in
realtà, tale struttura era probabilmente più simile ad un serraglio zoologico che a un
parco naturale, come lo intenderemmo ai nostri giorni.
Tuttavia, e nonostante l'indubbia varietà di ambienti che caratterizzano le colline del
Montalbano ed in generale il territorio del Comune di Lamporecchio, la fauna attuale
risulta certamente impoverita rispetto alle potenzialità del territorio.
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Se l'abbandono di molte aree un tempo coltivate ha creato nuovi spazi per specie che
prediligono ambienti scarsamente antropizzati, in genere si è assistito, negli ultimi
decenni, ad un incremento di alcune gravi forme di degrado che condizionano le
presenze faunistiche sia da un punto di vista qualitativo che quantitativo.
Fra queste, sono senz'altro da citare gli incendi, che periodicamente distruggono vaste
superfici boscate, una eccessiva pressione venatoria ed il disturbo causato
dall'invadenza dei mezzi fuoristrada.
Nella trattazione del popolamento faunistico del Comune di Lamporecchio si
considerano, ove non diversamente indicato, tutti gli ambienti rappresentati: seminativi
ed incolti, vigneti ed oliveti, boschi, corsi d'acqua e formazioni arboree ripariali, centri
abitati.
17.2 Fauna minore
Non esistendo fonti bibliografiche specifiche, risulta assai difficile anche solo accennare
agli Invertebrati presenti sul territorio, ed impossibile individuare correttamente le
eventuali peculiarità dell'area.
Si ritiene opportuno, tuttavia, menzionare la relativa diffusione nei rii e nelle forre del
Montalbano del Granchio di fiume (Potamon fluviatile), l'unica specie di granchio
d'acqua dolce del nostro paese. Si tratta di un crostaceo decapode la cui presenza, di
solito difficilmente rilevabile a causa delle abitudini notturne ed elusive, costituisce un
indicatore della buona qualità delle acque, almeno nel tratto collinare.
La specie non è stata rilevata in tempi recenti nei rii e fossi che scorrono in pianura,
dove invece sta prendendo campo una specie alloctona, il Gambero rosso della
Louisiana (Procambarus clarkii).
Di seguito sono elencate le specie di anfibi e rettili sicuramente presenti sul
Montalbano.
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Anfibi
Salamandra pezzata Salamandra salamandra
Tritone crestato Triturus cristatus
Tritone punteggiato Triturus vulgaris
Rospo comune Bufo bufo
Raganella comune Hyla arborea
Rana agile Rana dalmatina
Rana italica Rana italica
Rana verde Rana esculenta complex
Rettili
Geco comune Tarentola mauritanica
Ramarro Lacerta viridis
Lucertola muraiola Podarcis muralis
Lucertola campestre Podarcis sicula
Luscengola Chalcides chalcides
Orbettino Anguis fragilis
Biacco Coluber viridiflavus
Colubro d'Esculapio o Saettone Elaphe longissima
Biscia dal collare Natrix natrix
Vipera comune Vipera aspis
Ulteriori e più approfondite ricerche potrebbero senz'altro far emergere presenze ancora
più rare ed interessanti, considerando che la fauna erpetologica è meno soggetta,
rispetto ai mammiferi ed uccelli, al disturbo diretto da parte dell'uomo.
La sopra citata presenza del Granchio di fiume testimonia infatti il sussistere di corsi
d'acqua relativamente integri, anche se gli eccessivi attingimenti possono talvolta
ridurne drasticamente la portata estiva, con notevoli problemi per la fauna acquatica.
17.3 Mammiferi
Nonostante alcuni tentativi di reintroduzione più o meno recenti, la grande fauna
ungulata che viveva sicuramente sulle pendici del Montalbano (cervi, daini e caprioli),
entro e fuori il perimetro del Barco Reale Mediceo, è scomparsa da tempo.
Negli ultimi anni sono però diventate sempre più frequenti le segnalazioni del Capriolo
(Capreolus capreolus). La specie, diffusa fino alla metà del 1700 in tutta l'Italia
continentale, ha subito nei secoli successivi una drammatica contrazione del proprio
areale a causa della pressione antropica (sviluppo delle attività agrosilvopastorali) e
della persecuzione diretta. A partire dagli anni '60, con l'abbandono delle campagne ed
anche grazie alla protezione accordata alla specie, il Capriolo ha iniziato a riconquistare
parte dell'antico areale. Dall'Appennino, che può vantare consistenti popolazioni di
Capriolo, alcuni esemplari sono arrivati così sul Montalbano, dove trovano facilmente gli
ambienti collinari con radure alternate a boschi di latifoglie che costituiscono l'optimum
ecologico per la specie; bracconaggio e randagismo canino costituiscono invece i
principali fattori limitanti per una stabile colonizzazione.
Anche per il Cinghiale (Sus scrofa) c'è stato un lungo periodo di assenza quasi totale,
dal secolo scorso fino agli anni '70 del secolo scorso; attualmente la specie è
abbastanza diffusa a causa dei numerosi ripopolamenti effettuati a scopo venatorio.
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PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE
L'abbandono delle pratiche selvicolturali ed i frequenti incendi hanno inoltre portato
negli ultimi decenni ad un incremento delle formazioni arbustive di sottobosco e della
macchia mediterranea, ambienti prediletti dal prolifico ungulato, con conseguente
aumento della sua popolazione e quindi anche dei danni di un certo rilievo alle colture.
Ultimamente si è assistito anche ad una ulteriore espansione del Cinghiale verso la
pianura e negli anni più siccitosi, come il 2003, molti esemplari si sono spinti in periodo
estivo fino al bacino del Padule di Fucecchio, passando attraverso i Boschi di Chiusi e
Brugnana.
Altre specie di interesse venatorio, come la Lepre comune (Lepus europaeus) sono
presenti solo in ambiti estremamente localizzati e per brevi periodi, non riuscendo a
formare popolazioni stabili. La Lepre comune, abbondante sul territorio fino agli anni
'50-'60, sembra aver subito negli ultimi decenni una forte rarefazione, sia a causa delle
modificazioni ambientali e della eccessiva pressione venatoria, sia per l'avvento di
zoopatologie portate anche dagli esemplari di ripopolamento provenienti da altri paesi.
Una ulteriore minaccia per la sopravvivenza della Lepre comune è data dalla recente
immissione sul territorio di un altro Lagomorfo, il Silvilago o Minilepre (Sylvilagus
floridanus).
Da rilevare invece una buona diffusione dell'Istrice (Hystrix cristata), un grande roditore
che ha fatto registrare negli ultimi anni una notevole espansione dell'areale verso nord,
arrivando ad occupare praticamente tutto il Montalbano.
In pianura, nelle aree ai margini del Padule di Fucecchio, è presente anche un altro
grande roditore, la Nutria (Myocastor coypus); come nel caso del Gambero rosso della
Louisiana e del Silvilago, si tratta di specie alloctone (vedi paragrafo dedicato).
Fra i Carnivori sono abbastanza diffusi la Volpe (Vulpes vulpes), la Donnola (Mustela
nivalis) e la Faina (Martes foina), che frequentano tutti gli ambienti disponibili,
spingendosi talvolta a ridosso dei centri abitati. Questi predatori, ed in particolare la
Volpe, vengono spesso favoriti dai ripopolamenti di selvaggina "pronta caccia", cioè di
lepri e fagiani assolutamente inadatti alla vita libera. Inoltre i ripopolamenti si
accompagnano spesso alla diffusione sul territorio di esche avvelenate per il controllo
dei predatori; questa pratica barbara ed illegale, che oltre tutto mette a rischio anche la
vita di cani ed altri animali domestici, è ancora ampiamente presente sul Montalbano.
Fra i Mustelidi, è stata rilevata anche la presenza del Tasso (Meles meles), che vive
negli ambienti boschivi del sistema collinare, e della non comune Puzzola (Mustela
putorius), più legata ad ambienti umidi quali rii e invasi artificiali dove caccia soprattutto
Anfibi (rane, rospi ecc.).
Mancano invece segnalazioni recenti della Martora (Martes martes), molto più sensibile
della Faina al disturbo antropico e alla frammentazione degli ambienti forestali maturi
che costituiscono il suo habitat preferenziale. Per favorire la presenza della Martora, ma
anche di altre specie (in particolare di Roditori e Uccelli), sarebbe opportuno ricostituire
ambienti forestali maturi anche attraverso la riconversione ad alto fusto di ampie
superfici di bosco.
Si riporta di seguito una lista sintetica delle specie di Mammiferi sicuramente presenti
nell’area; nell'elenco mancano quasi del tutto i micromammiferi (Insettivori, Chirotteri,
Roditori), difficili da rilevare senza una accurata campagna di studio.
Riccio Erinaceus europaeus
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Lepre comune Lepus europaeus
Silvilago Sylvilagus floridanus
Scoiattolo Sciurus vulgaris
Ghiro Glis glis
Istrice Hystrix cristata
Volpe Vulpes vulpes
Donnola Mustela nivalis
Puzzola Mustela putorius
Faina Martes foina
Tasso Meles meles
Cinghiale Sus scrofa
Capriolo Capreolus capreolus
17.4 Uccelli
Oltre a rappresentare un habitat importante per numerose specie ornitiche, sia
migratrici che sedentarie, il Montalbano costituisce un punto fondamentale di transito
per l'avifauna acquatica che si sposta fra i laghi artificiali della piana Firenze-PratoPistoia e le paludi di Fucecchio e Bientina. Non è quindi difficile osservare dalle colline,
specialmente durante le migrazioni, il passaggio di gru, cicogne o falchi di palude.
Gli ambienti più favorevoli per l'avifauna sono costituiti dai boschi misti con essenze
della macchia mediterranea e vecchi alberi che offrono le migliori opportunità sia per
l'alimentazione che per la nidificazione.
Per quel che riguarda gli elementi di criticità, vale in gran parte quanto già detto a
proposito dei mammiferi; la gestione selvicolturale a fini esclusivamente produttivi, il
disturbo antropico e la persecuzione diretta costituiscono fattori limitanti molto gravi per
la presenza delle specie più rare e sensibili.
Basti citare, a titolo di esempio, la scarsa presenza di specie forestali come il Picchio
rosso maggiore (Picoides major), il Picchio verde (Picus viridis) e lo Sparviere
(Accipiter nisus) rispetto alle ampie superfici boscate del territorio, o l'assenza di rapaci
come l'Astore (Accipiter gentilis) che frequenta solo ambienti forestali maturi e poco
antropizzati.
La progressiva rarefazione di alcuni rapaci notturni, ed in particolare dell'Assiolo (Otus
scops), è invece dovuta, oltre che a fattori climatici avversi e alla scomparsa di siti
idonei per la nidificazione (cavità nei tronchi e negli edifici), anche all'uso di pesticidi in
agricoltura che minaccia molte specie di uccelli insettivori.
Anche il fatto che da anni non venga più accertata in zona la nidificazione dell'Averla
capirossa (Lanius senator) costituisce un sintomo della trasformazione delle pratiche
agricole, sempre più indirizzate verso uno sfruttamento intensivo del territorio che non
tiene conto delle complesse esigenze ambientali; le siepi, gli arbusti e la vegetazione
marginale in genere vengono sempre più eliminati per lasciare spazio alle monocolture.
Da segnalare invece la colonizzazione recente del territorio di Lamporecchio da parte di
alcune coppie di Gruccione (Merops apiaster), un migratore estivo che costruisce il
proprio nido scavando lunghe gallerie nelle pareti sabbiose delle cave abbandonate o
nei cigli, dalla pianura fino al Montalbano. La specie, tipica degli ambienti mediterranei,
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PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE
ha dimostrato negli ultimi decenni una tendenza ad espandere il proprio areale verso
nord e verso le aree interne della Toscana.
Anche la Gazza (Pica pica), il cui areale fino a pochi anni fa si fermava in pratica con i
confini amministrativi del comune di Cerreto Guidi, ha avuto una lenta espansione verso
nord colonizzando, anche se con poche coppie nidificanti, il territorio pianeggiante dei
comuni di Lamporecchio e Larciano, con una certa preferenza per le aree coltivate
aperte delimitate da siepi o alberature.
Nella Tabella sono elencate le specie che hanno un maggiore "rapporto biologico" con il
territorio, frequentandone in diversi periodi dell'anno i vari ambienti per la sosta,
l'alimentazione e la nidificazione.
17.5 Le specie alloctone
L’importazione accidentale o voluta di specie alloctone e la conseguente diffusione di
alcune di queste specie è un fenomeno sempre più ricorrente, e le popolazioni di specie
particolarmente adattabili e scarsamente controllate dai predatori locali possono
arrivare a densità tali da alterare l’equilibrio degli ecosistemi che le ospitano.
Varie convenzioni internazionali riguardanti la protezione dell’ambiente e della fauna
selvatica, come la Direttiva Habitat della Comunità Europea o la Convenzione di Berna,
insistono sulla necessità di vietare l’introduzione di elementi alloctoni che creino danno
alla biodiversità indigena.
Nel caso delle specie già acclimatate può rendersi necessario intervenire attivamente
mediante l’adozione di contromisure ai danni apportati, il controllo delle popolazioni con
metodi selettivi, o addirittura l’eradicazione della specie alloctona.
Sul territorio del Comune di Lamporecchio, ed in particolare nella pianura ai margini
dell'area umida del Padule di Fucecchio, è stata rilevata negli ultimi anni la presenza di
tre specie aliene problematiche, alle quali deve essere prestata la massima attenzione.
La Nutria (Myocastor coypus), originaria delle regioni temperate dell'America
meridionale, è un roditore importato in Italia a partire dagli anni '30 come animale da
allevamento per la pelliccia. Approfittando degli straripamenti verificatisi in alcuni fiumi
sulle cui rive veniva allevata, in particolare durante l'alluvione del 1966, iniziò ben presto
a diffondersi lungo l'Arno, l'Ombrone ed altri corsi d'acqua italiani, creando colonie
sempre più numerose su vaste aree. Nel Padule di Fucecchio la Nutria ha fatto la sua
comparsa alla fine degli anni '80, provenendo dall'Arno, ed è attualmente comune in
tutto il cratere palustre, dove si rilevano ingenti danni alla vegetazione naturale
(soprattutto a carico delle carici, del canneto e dei lamineti) e agli argini (dovuti allo
scavo delle tane ed al passaggio continuato). Dal Padule, attraverso fossi e canali, la
Nutria si spinge nelle aree più esterne, anche se al di fuori del bacino palustre non
riesce probabilmente a raggiungere densità di popolazione critiche per l'ambiente
naturale e per le opere dell'uomo.
Il Gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii) ha fatto la sua comparsa nel
Padule di Fucecchio a partire dal 1997, probabilmente a causa di un tentativo di
allevamento da parte del proprietario di un laghetto di pesca sportiva. Dotato di alta
capacità di diffusione e molto adattabile ad ambienti diversificati, compresi quelli
asfittici, il Gambero della Louisiana è considerato un vero e proprio flagello per la fauna
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ittica, sia per la predazione diretta sulle uova di pesci ed anfibi, nonché sui girini di
questi ultimi, sia per la concorrenza sulle risorse alimentari (molluschi, insetti ed altri
invertebrati acquatici). Inoltre, dato che anche il Gambero si nutre spesso di piante
acquatiche, l’azione combinata del crostaceo e della Nutria possono avere un impatto
devastante sulla vegetazione acquatica. La specie appare dotata di alta capacità di
diffusione, di plasticità nel ciclo biologico, di adattabilità ad ambienti diversificati,
compresi quelli asfittici, e di superiorità competitiva su vertebrati e altri invertebrati,
inclusi i decapodi dulcacquicoli autoctoni, come il Granchio di fiume (Potamon fluviatile).
Inoltre, P. clarkii è portatore sano del fungo parassita Aphanomyces astaci, agente
eziologico della “peste del gambero”.
Sia la Nutria che il Gambero rosso della Louisiana sono ormai da anni oggetto di studio
da parte dei ricercatori del Centro di Ricerca, Documentazione e Promozione del
Padule di Fucecchio e del Dipartimento di Biologia Animale e Genetica dell'Università
degli Studi di Firenze; nel caso della Nutria è anche iniziato, nel 2003, un programma di
controllo della popolazione concentrato soprattutto nella Riserva Naturale del Padule di
Fucecchio.
Ultimo arrivato, il Silvilago o Minilepre (Sylvilagus floridanus), leggermente più piccolo
di un coniglio, è originario dell’America centro-settentrionale ed è stato introdotto per la
prima volta in Italia, a fini venatori, nel 1966. La facilità con cui le popolazioni introdotte
raggiungevano densità a volte molto elevate ha favorito un’ulteriore diffusione del
Silvilago in altre zone d’Italia, con il fine di ottenere un “surrogato” di specie cacciabili
classiche come la lepre che invece è in progressiva diminuzione. A causa di queste
introduzioni “artigianali”, assolutamente illegali, il Silvilago è stato rilevato anche ai
margini del Padule con sempre maggiore frequenza a partire dal 2001 e la sua
diffusione, per espansione naturale o intervento umano, sembra essere inarrestabile. In
situazione di elevata densità, il Silvilago può avere un impatto negativo a carico della
vegetazione palustre e di colture agricole come soia, frumento, mais e giovani piante di
pioppo e vite. Altrettanto preoccupanti sembrano essere i problemi di tipo sanitario ed
ecologico, dato che il Silvilago rappresenta un serbatoio per la mixomatosi, la RHDV
(Malattia emorragica virale del coniglio) e l’EBHS (Sindrome emorragica della lepre). Le
prime due costituiscono una patologia importante per il Coniglio (sia selvatico che
domestico) mentre l’ultima rappresenta una delle infezioni con maggior impatto negativo
sulle popolazioni di Lepre europea e italica.
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17.6 Le criticità del territorio in relazione alla fauna
L'area in esame presenta, per quel che riguarda il popolamento faunistico, una serie di
potenzialità che non riescono ad esprimersi pienamente a causa dei principali elementi
di criticità che vengono riassunti di seguito.
-
Gestione selvicolturale sfavorevole (frequente ceduazione).
Incendi che periodicamente distruggono vaste superfici boscate.
Frammentazione degli habitat.
Attingimenti abusivi che riducono la portata estiva dei rii.
Eccessiva pressione venatoria e bracconaggio.
Ripopolamenti di selvaggina pronta caccia.
Diffusione illegale di esche avvelenate per i predatori.
Disturbo causato dall'invadenza dei mezzi fuoristrada.
Immissione di specie alloctone.
Azioni concrete su questi elementi di criticità si potrebbero tradurre in un concreto
aumento quantitativo e qualitativo delle presenze faunistiche.
La modifica dell'assetto gestionale dei boschi del Montalbano comporta programmi e
investimenti di medio e lungo periodo ed il superamento delle difficoltà connesse con la
frammentazione delle proprietà privata, ma alcune misure risultano oggi decisamente
auspicabili. Fra queste si segnalano la progressiva sostituzione del Pino marittimo
(Pinus pinaster), soggetto all’attacco della cocciniglia Matzococcus feytaudi (nonché
facile esca del fuoco), con latifoglie autoctone; il rilascio della pianta di maggiori
dimensioni (da destinarsi ad “invecchiamento indefinito”) per ogni ettaro sottoposto a
taglio di ceduazione, come previsto dalla legge forestale regionale; l’avviamento all’alto
fusto, o l’intensa matricinatura, di alcune particelle di ceduo, a prevalenza di specie
quercine aventi superato abbondantemente il consueto turno di taglio. Questi ed altri
interventi di miglioramento del patrimonio boschivo avrebbero indubbiamente ricadute
positive sulle comunità animali del comprensorio.
Nelle aree coltivate di pianura e pedecollinari potrà risultare utile, soprattutto ai fini di
incrementare le popolazioni di piccoli mammiferi, anfibi, rettili ed invertebrati, la
ricostituzione di elementi di connessione fra “patch” di habitat frammentati. Fra di essi si
annoverano anche elementi tradizionali del paesaggio rurale, quali siepi ed alberature.
Localmente potrebbe rivelarsi molto importante la realizzazione di piccole opere
finalizzate all’attraversamento stradale degli anfibi in fase di spostamento stagionale
verso le aree di riproduzione.
Uccelli e mammiferi trarrebbero innegabili benefici da una più rigida regolamentazione
dell'attività venatoria e dal divieto totale di accesso ai mezzi fuoristrada su sentieri e
strade forestali.
Risulta di fondamentale importanza, inoltre, impedire su tutto il territorio immissioni di
specie o varietà non autoctone e ridurre o eliminare i ripopolamenti con selvaggina
"pronta caccia" (lepri e fagiani) che ottengono l'unico risultato di fornire una facile fonte
di alimentazione per le volpi ed altri carnivori, creando ulteriori squilibri.
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Si sottolinea, per concludere, che la presenza di una fauna ricca e variata costituisce
una notevole attrazione per gli amanti del birdwatching e del turismo naturalistico,
nonché uno stimolo alle attività di educazione ambientale che si possono svolgere sul
territorio.
L'esperienza di molte aree protette insegna che in tal modo si possono anche ottenere,
a medio e lungo termine, positive ricadute economiche per la popolazione locale.
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Tabella 19 - Uccelli presenti nell’area del comune di Lamporecchio
1. Airone cenerino Ardea cinerea
2. Falco pecchiaiolo Pernis apivorus
3. Falco di palude Circus aeruginosus
4. Albanella reale Circus cyaneus
5. Sparviere Accipiter nisus
6. Poiana Buteo buteo
7. Gheppio Falco tinnunculus
8. Lodolaio Falco subbuteo
9. Quaglia Coturnix coturnix
10. Fagiano comune Phasianus colchicus
11. Gallinella d’acqua Gallinula chloropus
12. Beccaccia Scolopax rusticola
13. Gabbiano reale med. Larus cachinnans
14. Colombo di città Columba livia
15. Colombaccio Columba palumbus
16. Tortora dal collare or. Streptopelia decaocto
17. Tortora Streptopelia turtur
18. Cuculo Cuculus canorus
19. Barbagianni Tyto alba
20. Assiolo Otus scops
21. Civetta Athene noctua
22. Allocco Strix aluco
23. Succiacapre Caprimulgus europaeus
24. Rondone Apus apus
25. Martin pescatore Alcedo atthis
26. Gruccione Merops apiaster
27. Upupa Upupa epops
28. Torcicollo Jynx torquilla
29. Picchio verde Picus viridis
30. Picchio rosso maggiore Picoides major
31. Cappellaccia Galerida cristata
32. Allodola Alauda arvensis
33. Rondine Hirundo rustica
34. Balestruccio Delichon urbica
35. Prispolone Anthus trivialis
36. Pispola Anthus pratensis
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Uccelli presenti nell’area del comune di Lamporecchio – continua
37. Spioncello Anthus spinoletta
38. Ballerina gialla Motacilla cinerea
39. Ballerina bianca Motacilla alba
40. Scricciolo Troglodytes troglodytes
41. Passera scopaiola Prunella modularis
42. Pettirosso Erithacus rubecula
43. Usignolo Luscinia megarhynchos
44. Codirosso spazzacamino Phoenicurus
45. Codirosso Phoenicurus phoenicurus
46. Saltimpalo Saxicola torquata
47. Culbianco Oenanthe oenanthe
48. Merlo Turdus merula
49. Cesena Turdus pilaris
50. Tordo bottaccio Turdus philomelos
51. Tordo sassello Turdus iliacus
52. Tordela Turdus viscivorus
53. Usignolo di fiume Cettia cetti
54. Beccamoschino Cisticola juncidis
55. Canapino Hippolais polyglotta
56. Occhiocotto Sylvia melanocephala
57. Sterpazzola Sylvia communis
58. Beccafico Sylvia borina
59. Capinera Sylvia atricapilla
60. Luì piccolo Phylloscopus collybita
61. Regolo Regulus regulus
62. Fiorrancino Regulus ignicapillus
63. Pigliamosche Muscicapa striata
64. Balia nera Ficedula hypoleuca
65. Codibugnolo Aegithalos caudatus
66. Cincia bigia Parus palustris
67. Cincia mora Parus ater
68. Cinciarella Parus caeruleus
69. Cinciallegra Parus major
70. Picchio muratore Sitta europaea
71. Rampichino Certhia brachydactyla
72. Rigogolo Oriolus oriolus
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Uccelli presenti nell’area del comune di Lamporecchio – continua
73. Averla piccola Lanius collurio
74. Ghiandaia Garrulus glandarius
75. Gazza Pica pica
76. Taccola Corvus monedula
77. Cornacchia grigia Corvus corone cornix
78. Storno Sturnus vulgaris
79. Passera d'Italia Passer italiae
80. Passera mattugia Passer montanus
81. Fringuello Fringilla coelebs
82. Peppola Fringilla montifringilla
83. Verzellino Serinus serinus
84. Verdone Carduelis chloris
85. Cardellino Carduelis carduelis
86. Lucarino Carduelis spinus
87. Fanello Carduelis cannabina
88. Ciuffolotto Pyrrhula pyrrhula
89. Frosone Coccothraustes coccothraustes
90. Zigolo nero Emberiza cirlus
91. Strillozzo Miliaria calandra
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18- QUALITÀ DELLE ACQUE SUPERFICIALI
Fonte: Rapporto sullo Stato dell’Ambiente 2004 della Provincia di Pistoia
Il monitoraggio dei molti corsi d’acqua in Provincia di Pistoia viene effettuato in
attuazione a diversi programmi di indagine. Nelle tabelle che seguono, sono
riportati i risultati relativi alla qualità delle acque superficiali controllate da ARPAT
nel corso del 2003. Essi si riferiscono a circa 70 postazioni scelte per garantire
rappresentatività ai diversi studi cui le stesse fanno riferimento. Ogni postazione
può essere stata utilizzata per più di uno studio, adeguando la scelta dei
parametri indagati, nei campioni da questa prelevati. I bacini indagati sono quelli
dell’Arno, del Reno, del Serchio e del Po.
Nel bacino dell’Arno, interessano il territorio pistoiese, il sottobacino dell’Ombrone ed il
sottobacino dell’Usciana. Nel primo sono monitorati 16 corsi d’acqua per complessivi 31
punti di prelievo.
Tabella 20 - Stato ecologico dei corsi d’acqua bacino dell’Arno
Fonte: ARPAT – Dipartimento di Pistoia
CORSO D’ACQUA
COMUNE
PISTOIA
OMBRONE
BRANA
PUNTO DI PRELIEVO
Prombialla
PISTOIA
Selvascura
PISTOIA
Pontelungo
PISTOIA
Ponte alla Pergola
PISTOIA
Ponte al Castellare
PISTOIA
Ponte alla Caserana
PISTOIA
A valle captazione
PISTOIA
Presso i cimiteri comunali
PISTOIA
Via Nuova pratese
PISTOIA
Via Galcigliana
AGLIANA
La Ferruccia
AGLIANA
Ponte di Berlicche
BURE di Baggio
PISTOIA
A valle della captazione
BURE di Santomoro
PISTOIA
A monte della captazione
AGLIANA
Via Lischeto
AGLIANA
Ponte alla Catena
BULICATA
MONTALE
Alla captazione
AGNA degli acquiputoli
MONTALE
A valle della captazione
AGNA delle conche
MONTALE
Alla captazione
CALICE
AGLIANA
Ponte dei Bini
PISTOIA
Ponte di Cencino
BURE
STELLA
TAZZERA
QUARRATA
Pontassio
QUARRATA
Ponte alla Catena
PISTOIA
Alla captazione
PISTOIA
Via del Pillone
VINCIO di Brandeglio
PISTOIA
Alla captazione
VINCIO di Montagnana
PISTOIA
A monte della captazione
ACQUALUNGA
PISTOIA
Confine com.le Pistoia-Agliana
DOGAIA E QUADRELLI
QUARRATA
FOSSO SETTOLA
AGLIANA
Via Bineria
AGLIANA
Via C. Marx
LIM
8/I
7/II
IBE
4/I
SECA
I
11/IV
7/I
4/III
IV
11/V
7/II
/I
1/IV
V
10/IV
7/II
7/II
7/I
10/IV
2/III
IV
9/III
6/I
2/III
III
8/II
8/II
Pest.
1/I
5/I
4/I
4/I
4/V
9/V
1/I
4/III
3/IV
3V
4/V
9/V
1/I
1/I
4/III
8/IV
1/I
1/I
1/I
9/IV
4/V
4/V
4/V
4/I
4/V
4/I
7/I
4/V
4/V
Le analisi eseguite nel corso del 2003 confermano uno stato di qualità elevato o buono
per tutte le postazioni montane, mentre la qualità peggiora notevolmente nelle
postazioni di pianura nelle quali, lo stato di qualità risulta spesso scadente o pessimo,
sia in relazione ai parametri chimici di base, sia per la presenza di residui di
antiparassitari.
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Nel sottobacini dell’Usciana sono monitorati 11 corsi d’acqua oltre ad alcuni altri più
propriamente appartenenti al Padule di Fucecchio. Anche in questo caso i tratti montani
possiedono uno stato di qualità elevato o buono. Ritroviamo stato di qualità scadente
per quasi tutte le postazioni interne al Padule o comunque poste a valle di aree
intensamente urbanizzate.
Tabella 21 - Stato ecologico dei corsi d’acqua sottobacino dell’Usciana
Fonte: ARPAT – Dipartimento di Pistoia
CORSO D’ACQUA
PESCIA DI COLLODI
FOSSO DI MONTECARLO
COMUNE
PESCIA
PUNTO DI PRELIEVO
P.te BUGGIANESEFattoria Settepassi
IBE
SECA
10/III
4/IV
IV
FOSSO DEL CAPANNONE FUCECCHIO
9/IV
Ponte Salanova
PESCIA
PESCIA DI PONTITO
PESCIA
A monte di Ponte di Sorana
PESCIA
Ponte Europa
3/II
5/II
1/I
4/I
4/II
9/III
1/I
1/I
3/V
4/V
9/V
4/V
CHIESINA UZZ.SEPonte via Livornese
P.te BUGGIANESEPonte di Mingo
BORRA
MASSA E COZZIL Alla captazione
VOLATA
MASSA E COZZIL A valle della captazione
PESCIA MORTA
PESCIA
6/II
5/II
Ponte Loc. Pescia Morta
CHIESINA UZZ.SEPonte Molin Nuovo
PESCIA NUOVA
FOSSO SECCHIETI
NIEVOLE
Pest.
4/II
9/III
P.te BUGGIANESEIdrovora
RIO PESCIOLINE
PESCIA DI PESCIA
LIM
Veneri
P.te BUGGIANESEPonte via Ragnaia
UZZANO
Ponte loc. Molinaccio
MARLIANA
Alla captazione
MARLIANA
Loc. Forrabuia
MONSUMMANO T Ponte del Porto
FORRA BRACCHI
LAMPORECCHIO Loc. Greppiano
CANALE DEL TERZO
MONSUMMANO
Ponte Righetti
LARCIANO
Case Morette
PADULE DI FUCECCHIO
P.te BUGGIANESEA.P. Biagiotti
CANALE MAESTRO
FUCECCHIO
2/II
10/II
6/II
7/II
5/IV
4/I
2/III
II
III
2/!
5/I
3/I
9/III
2/I
Ponte di Cavallaia
Gli indici che sono stati utilizzati per la classificazione dei corsi d'acqua sottoposti a
monitoraggio sono quelli previsti dal D.Lgs 152/99 (allegati 1, 2B e 3). Tutti esprimono
la qualità attraverso un punteggio che viene articolato in cinque classi di qualità
decrescente dalla "1" alla "5". La seguente tabella riporta la definizione delle varie
classi.
1 ELEVATO Non si rilevano alterazioni dei valori di qualità in dipendenza degli impatti antropici, o
sono minime rispetto ai valori normali
2 BUONO I valori degli elementi della qualità biologica per quel tipo di corpo idrico mostrano bassi
livelli di alterazione derivanti dall'attività umana e si discostano solo leggermente da quelli normali.
3 SUFFICIENTE I valori degli elementi della qualità biologica si discostano moderatamente da quelli
propri di condizioni non disturbate. I valori mostrano segni di alterazione derivanti dall'attività umana.
4 SCADENTE Si rilevano alterazioni considerevoli dei valori che si discostano sostanzialmente da
quelli di norma associati al corpo idrico inalterato.
5 PESSIMO I valori degli elementi di qualità biologica del tipo di corpo idrico superficiale presentano
alterazioni gravi e mancano ampie porzioni delle comunità normalmente in un corpo idrico inalterato.
LIM (Livello di Inquinamento da Macrodescrittori) rappresenta l'indice sintetico derivato dai sette
parametri macrodescrittori chimici e microbiologici (Azoto nitrico, Azoto ammoniacale, Ossigeno
disciolto, BOD.5, COD, Fosforo totale, E. coli).
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Indice Biotico Esteso (IBE) si ottiene attraverso lo studio della comunità macrobentonica del corso
d'acqua. L'indice IBE si basa su due principi fondamentali delle comunità animali in presenza di
fattori di alterazione: scomparsa dei taxa più sensibili, calo della biodiversità.
Stato Ecologico del Corso d'Acqua (SECA) si ottiene incrociando i due precedenti indici e
considerando la classe di qualità più bassa fra quelle derivate dalle valutazioni di IBE e LIM
singolarmente.
Stato Chimico viene definito in base al superamento da parte di microinquinanti o sostanze chimiche
pericolose di valori soglia.
Stato Ambientale del corso d'acqua (SACA) deriva dall'incrocio dello stato ecologico con lo stato
chimico.
Per quanto riguarda Lamporecchio sono state effettuate analisi presso il fosso di
Greppiano, presumibilmente a valla dell’area produttiva del centro capoluogo. L’indice
LIM è risultato alto, si tratta quindi di acque superficiali molto scadenti.
Non si dispongono di dati di qualità relativi agli altri corsi d’acqua, si ha ragione di
ritenere che anche il Rio di Lamporecchio si trovi nelle condizioni del Rio di Greppiano,
drenando gli stessi territori. Non si dispongono di dati sul Fosso di Mezzo.
19- QUALITÀ DELLE ACQUE PROFONDE
Fonte: Rapporto sullo Stato dell’Ambiente 2004 della Provincia di Pistoia
Per quanto riguarda questo aspetto non si dispongono di dati analitici diretti sulla qualità
delle acque di falda; nei documenti raccolti non vi sono riferimenti ad episodi di
inquinamento presso pozzi ad uso pubblico o privato. Si ha comunque ragione di
ritenere che la falda idrica freatica localizzata presso i bacini dei corsi d’acqua che
drenano le aree soggette a maggiore pressione antropica (Rio di Lamporecchio,
Greppiano e di Mezzo) sia scadente. La maggiore parte degli attingimenti privati
significativi avviene a profondità maggiori dei 25 metri dalla superficie.
I campi pozzi ad uso acquedotto sfruttano falde profonde, strategiche e significative,
presumibilmente non sfruttate per tutta la loro potenzialità. Si hanno notizie non validate
di episodi di riduzione degli attingimenti presso i pozzi della Santona causati da impianti
privati.
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PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE
20- PUBLISERVIZI
Publiservizi è la prima holding multiutility costituitasi in Toscana, con l’obiettivo della
costruzione di un sistema industriale regionale dei servizi di pubblica utilità. In tale
prospettiva, contestualmente alla liberalizzazione del mercato, Publiservizi si propone
come uno dei principali catalizzatori delle partecipazioni pubbliche nelle società miste,
operanti nel settore delle utilities.
La holding Publiservizi è nata nel 2000 ed ha assunto la sua fisionomia attuale all'inizio
del 2002. Nell'arco di due anni si è realizzato un processo di ristrutturazione industriale
che, partendo dalle aziende pluriservizi locali di Pistoia ed Empoli, ha portato alla
costituzione di una holding di rilievo regionale (i cui soci sono 37 Comuni) e di una serie
di società mono-servizi ad essa collegate, operanti su bacini territoriali e di utenza ben
più ampi di quelli originari.
Le principali società collegate a Publiservizi sono attualmente Publiambiente S.p.A. che
opera nel settore della raccolta e smaltimento rifiuti, Toscana Gas, che opera nel
settore della distribuzione di gas metano, Acque S.p.A. e Publiacqua S.p.A., che
operano nel settore idrico.
20.1 Publiambiente
La società, operativa dal 1° luglio 2001, gestisce servizi in 28 Comuni toscani, compresi
nelle province di Firenze, Pistoia, Siena e Lucca. L'azienda è composta da 265 addetti e
180 mezzi operativi, ha un bacino d'utenza di 386.000 abitanti e produce un fatturato di
oltre 37 milioni di Euro, raccogliendo più di 230.000 tonnellate di rifiuti. La gestione dei
rifiuti è l'area principale di attività della società, che ha lo scopo specifico di affrontare
tutte le problematiche relative alla raccolta e al trattamento dei rifiuti solidi urbani.
FATTURATO
COMUNI GESTITI
ABITANTI SERVITI
ADDETTI
MEZZI OPERATIVI
RIFIUTI RACCOLTI
€ 37.189.830
28
386.000
265
180
tonn. 230.000
In partecipazione con altre tre aziende toscane (Quadrifoglio S.p.A. Firenze, Geofor
S.p.A. Pisa, SienAmbiente Siena) ha acquisito la maggioranza di Revet S.p.A., leader in
Toscana nella raccolta e trattamento delle frazioni secche e che dispone di un sistema
impiantistico d'avanguardia per la valorizzazione commerciale del vetro e delle plastiche
recuperate. Publiambiente ha costituito, insieme a partner privati la società Valcofert
S.r.l., per la commercializzazione di ammendanti (compost).
20.2 Toscana Gas S.p.A.
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Toscana Gas, nasce dalla fusione tra Ages S.p.A. (Pisa) e Publienergia S.p.A. (Pistoia Empoli), con 230.000 clienti ed un volume annuo di gas venduto di 430.000.000 di metri
cubi, è il secondo operatore del settore a livello regionale ed il settimo a livello
nazionale. La società è partecipata al 46,10% dal raggruppamento Partecipazioni
Industriali, costituito da Italgas e da Acea. Nella prospettiva di un'industria regionale del
gas è prevista l'integrazione tra Toscana Gas e Fiorentinagas, che è il primo operatore
del settore in Toscana, per numero di clienti e volumi erogati.
20.3 Fiorentina Gas S.p.A.
La società fu costituita giuridicamente il 23 dicembre 1972, l'effettiva assunzione della
gestione degli impianti avviene il 1° maggio 1973 con l'ingresso nel Consiglio di
Amministrazione della Società dei rappresentanti del Comune di Firenze, che fino ad
allora aveva preferito concedere il servizio a Società private. Fissato il Capitale Sociale
in 10 Miliardi, con lo statuto della nuova Società venne stabilita la seguente ripartizione
azionaria: 45% al Comune di Firenze, 45% alla Società Italiana per il Gas di Torino ed il
restante 10% alla SNAM.
CAPITALE SOCIALE 2003: a seguito della separazione societaria, in ottemperanza al
Decreto Letta, il capitale sociale al 1° gennaio, interamente sottoscritto e versato,
ammonta ad Euro 3.000.000 ed è costituito da 3.000.000 di azioni ordinarie da nominali
Euro 1 cadauna.
Composizione azionaria
al 31/12/02
AZIONISTI
N° Azioni
Totale Euro %
COMUNE
DI
1.445,685
1.445.000 48,1895
FIRENZE
ITALGAS S.p.A.
1.252.575
1.252.575 41,7525
ENI S.p.A.
278.355
278.355 9,2785
altri comuni azionisti
23.385
23.385 0,7795
TOTALE
3.000.000
3.000.000
100
I COMUNI SOCI: Bagno a Ripoli, Borgo S.Lorenzo, Campi Bisenzio, Castelfranco di
Sopra, Fiesole, Impruneta, Incisa Valdarno, Londa, Pergine Valdarno, Pian di Scò,
Pontassieve, Reggello, Rignano sull'Arno, Rufina, Scarperia, Vaglia e Vicchio.
UNITÀ OPERATIVA FIRENZE: Firenze.Fiesole,Sesto Fiorentino (frazione Pian di San
Bartolo), Campi Bisenzio (frazione San Donnino).
UNITÀ OPERATIVA EST: Bagno a Ripoli, Barberino di Mugello, Barberino Val d'Elsa,
Borgo San Lorenzo, Castelfranco di Sopra, Certaldo (Marcialla), Dicomano, Gaiole in
Chianti, Greve in Chianti, Impruneta, Incisa Valdarno, Laterina, Londa, Loro Ciuffenna,
Pelago, Pergine Val d'Arno, Pian di Scò, Pontassieve, Radda in Chianti, Reggello,
Rignano sull'Arno, Rufina, San Casciano Val di Pesa, San Casciano Val di Pesa, San
Godenzo, San Piero a Sieve, Scarperia, Tavarnelle Val di Pesa, Terranuova Bracciolini
(Montemarciano, Campogialli), Vaglia, Vicchio.
UNITÀ OPERATIVA OVEST: Barga, Buggiano, Capannori, Castelnuovo Garfagnana,
Chiesina Uzzanese, Lamporecchio, Larciano, Massa e Cozzile, Monsummano Terme,
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Montecatini Terme, Pescia, Pieve a Nievole, Pieve Fosciana, Ponte Buggianese,
Porcari, Uzzano, Vecchiano.
20.4 Publiacqua S.p.A.
Publiacqua è la società dedicata al ciclo delle acque, che ha ricevuto dall'Ambito
Territoriale Ottimale n. 3 (Medio Valdarno), l'affidamento del servizio, secondo quanto
previsto dalla legge 36/94 e dalla normativa regionale di attuazione.
Con oltre 700 addetti ed una rete di oltre 5.000 chilometri di acquedotto e oltre 3.000 di
fognatura, la società gestisce il servizio idrico integrato su un territorio di circa 3.000
Km/quadri delle Province di Firenze, Prato, Pistoia, e Arezzo per una popolazione di
circa 1.200.000 abitanti. La società vende circa 90 milioni di metri cubi di acqua,
sviluppando un fatturato di circa 120 milioni di euro
Publiacqua, è impegnata per i prossimi anni ad effettuare un grande piano di
investimenti, circa 750 milioni di Euro, per operare qual consolidamento e sviluppo del
servizio necessari a raggiungere i migliori standard europei per efficacia, efficienza e
tutela ambientale.
PUBLIACQUA S.p.a.
COMUNI SERVITI
ABITANTI
LUNGHEZZA RETI ACQUEDOTTO
LUNGHEZZA RETI FOGNARIE
ACQUA VENDUTA
FATTURATO
ADDETTI
UTENZE IDRICHE
49
1.214.852
5.631
3.402
90 milioni di metri cubi
120 milioni di €
714
331.384
20.5 Acque S.p.A.
Acque S.p.A. è sorta dalla concentrazione di Gea S.p.A. di Pisa (PI), Publiservizi S.p.A.
di Empoli (FI), Cerbaie S.p.A. di Pontedera (PI), Coad S.p.A. di Pescia (PT), Aquapur
S.p.A.di Capannori (LU).
Acque S.p.A. ha ricevuto dall'Autorità dell'Ambito Territoriale Ottimale – ATO 2 Basso
Valdarno l’affidamento, a partire dal 1 gennaio 2002, della gestione del servizio idrico
integrato del Basso Valdarno. Un territorio che interessa 5 Province, distribuito su 57
Comuni, su cui abitano oltre 720.000 abitanti.
Coerentemente agli impegni stabiliti nella convenzione di affidamento del servizio,
Acque S.p.A. ha espletato una gara ad evidenza pubblica a livello europeo per la
selezione di un partner privato, che si è conclusa con l'aggiudicazione del 45% del
capitale sociale al raggruppamento formato da Acea S.p.A., Suez Environnement S.A.,
MPS S.p.A., SILM S.p.A., Degrémont S.p.A., C.T.C. s.c.a r.l.
La Società è chiamata ad attuare un piano ventennale di investimenti di circa 651
milioni di Euro, volto a garantire standard qualitativi del servizio acquedotto sempre più
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PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE
elevati e a estendere in tutta l'area servita un efficiente sistema di fognatura e
depurazione, a tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini.
Fatturato
Investimenti previsti per 20 anni
Comuni serviti
Abitanti
Utenti
Dipendenti
Reti acqua
Reti fognarie
Impianti di depurazione
€ 72.168.994
€ 651.078.000
57
720.343
280.520
373
km 5.033
km 2.667
150
20.6 Publitrade
Publitrade è la società del Gruppo Toscana Gas che si occupa della fornitura di gas
metano e della vendita di prodotti e servizi energetici integrati nell'area di Pistoia e
dell'Empolese Valdelsa. Publitrade eredita dalle aziende locali di Pisa, Pistoia ed
Empoli, che sono confluite in Toscana Gas una consolidata esperienza tecnica e
gestionale ed una profonda conoscenza del territorio e delle esigenze dei consumatori
che in esso risiedono ed operano. La società ha la missione di fidelizzare la clientela
esistente e di conquistare nuovi clienti non allacciati.
20.7 Publinet
Publinet è la società del gruppo Publiservizi dedicata al cablaggio e alla realizzazione
delle infrastrutture di rete. Nata nel luglio 2001 dalla joint venture con Nodalis, operatore
nazionale di telecomunicazioni, ha l'obiettivo di implementare le tecnologie a "banda
larga", per offrire alle comunità locali e alle aree industriali del territorio servito, tutti i
benefici della trasmissione veloce di fonia e dati. Publinet è partecipata al 51% da
Publienergia, la società del gruppo Publiservizi, che opera principalmente nel settore
della distribuzione e vendita di gas metano e al 49% da Nodalis.
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21- SERVIZI IDRICI INTEGRATI – ACQUE S.P.A.
PREMESSA
Nei capitoli seguenti si riportano dati riferiti agli studi eseguiti di supporto alla
Pianificazione d’Ambito, al Piano d’Ambito stesso e ai documenti Ufficiali dell’ultimo
Piano Operativo Triennale del 2004. A integrazione di quanto ufficialmente reso
disponibile si riporta, inoltre, quanto descritto nella Proposta di Piano Operativo
Triennale (POT 2005/2007) Luglio 2005.
In questo documento, a livello complessivo di Ambito; si rilevano “criticità rilevanti,
peraltro comuni a tutti i Piani d’ambito della Toscana e del Paese, che riguardano
l’inadeguatezza del volume degli investimenti, generati dal sistema tariffario, rispetto a
quanto necessario per rispettare le leggi esistenti e garantire un servizio di qualità”.
Tale situazione si è verificata essenzialmente per i seguenti fattori:
1. una rilevante sottostima dei costi di manutenzione ordinaria e straordinaria sulle
dotazioni impiantistiche e infrastrutturali;
2. un aumento del valore dei nuovi investimenti rispetto a quanto definito nel Piano
d’Ambito.
Su quest’ultima voce, secondo gli estensori del documento, ha giocato un ruolo
rilevante la rivalutazione dei parametri di qualità imposti dalla normative nel frattempo
promulgate ed entrate in vigore: D.L. 31/01 (qualità delle acque potabili), D.Lgs. 152/99
e L.R. 64/01 (scadenze per la depurazione e fognatura per insediamenti superiori ed
inferiori ai 2000 ab. eq. al 31/12/2005).
In sostanza, operando proiezioni anche sui tre prossimi POT (II, III e IV sino al 2013) il
totale delle disponibilità (acquedotto e fognatura) pari a 58.678 mila euro è sufficiente
per fare fronte alle esigenze ad oggi note per estensioni, risanamenti e sostituzioni, pari
a 58.283 mila euro.
È evidente, secondo lo studio, che le ulteriori necessità, per estendimenti e/o
potenziamenti ad oggi non previsti, dovranno trovare copertura da parte delle
amministrazioni comunali tramite l’utilizzo degli oneri di urbanizzazione e/o altre risorse.
Per quanto riguarda la depurazione delle acque quanto prescritto dal D. Lgs. 152/99
(testo unico recante disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento) impone il
conseguimento di obiettivi di qualità in tempi rapidi, la scelta di soluzioni finalizzate a
tutelare, preservare e se possibile migliorare le attuali condizioni dei corsi d'acqua,
basate su un approccio quali – quantitativo di analisi.
Il progetto di Acque S.p.A. in fase di definizione prevede l'accorpamento dei processi
depurativi presso gli impianti civili e industriali presenti nell'area del cuoio con
conseguente riuso delle acque depurate. Il collettamento e il trattamento di depurazione
negli impianti della zona del cuoio riguarda la Valdinievole, la Valdera, l'Empolese.
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PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE
Sulla Valdinievole insiste un carico di 150.000 abitanti equivalenti, pari a circa
10.000.000 di mc/anno, l'intervento consentirebbe di evitare la realizzazione di due
nuovi impianti di depurazione, previsti a suo tempo, e la dismissione di un gran numero
di impianti esistenti non idonei a garantire il rispetto dei limiti di legge oltre a essere
antieconomici, inoltre si otterrebbe un efficace risanamento e regimazione idraulica del
Padule.
Tabella 22 - II POT – Elenco degli interventi (in migliaia di euro a valori costanti 2005)
II POT
2005
2006
2007 Somma 2008
Interventi generali
Servizio acquedotto
Servizio fognatura
Servizio depurazione
Elenco speciale
Estensioni
Totale investimenti in tariffa
3,896 4,957
11,556 11,070
7,837 7,504
7,163 6,172
0,105 1,396
0,578 1,090
31,135 32,189
3,022 11,875
15,020 37,646
14,536 29,877
15,068 28,403
1,997
3,498
1,280
2,948
50,923 114,247
2,672
14,210
4,746
26,583
--1,000
49,211
21.1 Depurazione delle acque
Le informazioni sulla depurazione delle acque (reti fognarie, impianti e servizi) derivano:
1. dagli elaborati di Piano d’Ambito, che riportano però dati del 1996, non
disaggregati per il comune di Lamporecchio, ma riferiti all’area servita sino al
2002 da PUBLISER;
2. dal POT dell’Ente Gestore ACQUE S.p.A. – 2003;
3. dall’indagine appositamente eseguita nell’ambito di questo Piano Strutturale nel
2003 e 2004.
Per quanto riguarda la descrizione generale delle problematiche d’Ambito si rimanda al
relativo capitolo contenuto nell’allegato alla presente relazione, nelle tabelle seguenti si
evidenziano le informazioni riferite al Comune di Lamporecchio e confrontate con i dati
totali.
21.1.1 Le reti fognarie
In tabella è riportato un dettaglio del numero di reti fognarie censite suddivise per
tipologia (reti miste, reti nere e collettori) e i relativi km di rete.
Tabella 23 - Le reti fognarie relative al Comune di Lamporecchio facevano parte del
sistema PUBLISER per cui la relazione d’Ambito non fornisce i dati disaggregati (fonte:
Piano d’Ambito - 1996)
Ente gestore
PUBLISER
Totale AMBITO
N. di reti Reti miste Reti nere
[Km]
[Km]
69
348,6
24,0
292
n.d.
648,5
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Collettori Totale
[Km]
reti [Km]
57,1
429,7
439,3
2243,2
Popol. ml per ab.
Servita
servito
156.496
2,7
619.297
n.d.
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A livello di Ambito sono stati censiti 2.256 Km di reti fognarie con un valore medio di
lunghezza pro-capite per abitante servito di 3,6 ml.
21.1.2 Gli impianti di depurazione
I principali comuni della Val di Nievole recapitano i reflui all’impianto di Pieve a Nievole
che presenta una potenzialità di 65.000 abitanti equivalenti.
La depurazione a livello dell’Ambito è affidata poi a160 impianti sparsi sul territorio, a
volte di dimensioni e funzionalità ridotte e bassa qualità nel servizio.
Nella tabella seguente sono riportati i dati tecnici relativi agli impianti di depurazione
riferiti al Comune di Lamporecchio come descritti nel Piano d’Ambito, espressi in termini
di potenzialità dell’impianto (vengono riportate sia la potenzialità di progetto, che quella
effettiva) e di Kg di COD rimosso giornalmente. L’ultima colonna (% carico industriale)
evidenzia la presenza di impianti che trattano prevalentemente scarichi di natura
industriale.
Tabella 24 - Impianti di depurazione nelle aree di interesse (fonte Piano d’Ambito 1996)
Denominazione
Depuratore Capoluogo
Depuratore Papone
Depuratore Alberghi
Depuratore S. Baronto
Depuratore Porciano
Depuratore Orbignano
Dep.Poggio Alla Cavalla
Depuratore Cerbaia Ovest
Depuratore Cerbaia Est
Comune
Lamporecchio
Lamporecchio
Lamporecchio
Lamporecchio
Lamporecchio
Lamporecchio
Lamporecchio
Lamporecchio
Lamporecchio
Potenz. di progetto Potenz. effettiva Kg COD/g % ind.
[ab_eq]
[ab_eq]
rimosso
4200
6000
780
150
100
13
100
50
6,5
500
450
58,5
200
150
19,5
250
150
19,5
150
100
13
1225
1826
237,38
1225
900
117
21.1.3 I servizi di fognatura e depurazione
Per il servizio fognatura, la rete di raccolta ha una buona copertura, ma lo stato di
conservazione è precario, migliore per quanto riguarda gli impianti di sollevamento e i
collettori. Per i depuratori la potenzialità degli impianti è appena sufficiente e frequenti
sono le interruzioni del servizio. Questa situazione è riscontrata anche nel Comune di
Lamporecchio.
Tabella 25 - Popolazione servita da rete fognante e impianti di depurazione per il
Comune di Lamporecchio (fonte Piano d’Ambito - 1996)
Comune
LAMPORECCHIO
Totale ATO
Popolazione
residente
6.622
6.622
Popolazione
servita
4.990
4.990
%
75
Il livello medio di copertura del servizio di depurazione dell’Ambito è pari al 63%, quindi
nel comune si riscontra una situazione molto più favorevole rispetto alla media d’Ambito
e ai valori di riferimento nazionali.
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PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE
Ad una copertura elevata e capillare non sempre corrisponde una provata efficienza
della depurazione: questo è dovuto al fatto che molti impianti risultano sottodimensionati o comunque troppo piccoli per essere in grado di fronteggiare situazioni di
crisi.
21.1.4 Problemi dell’attuale configurazione dell’offerta di servizio idrico
La relazione d’Ambito descrive una situazione ben strutturata in Valdinievole e
discretamente nel Comune di Lamporecchio, con buone percentuali di abitanti serviti.
Il servizio di depurazione è esteso a tutta la zona di pianura e a parte della porzione
collinare del comune, sono pochi i centri e nuclei non completamente serviti. Le case
sparse smaltiscono tramite fosse biologiche o settiche.
La tipologia di impianto prevalente è quella a fanghi attivi, con o senza nitrificazione:
complessivamente questi impianti costituiscono circa il 97% della potenzialità
disponibile nei depuratori a prevalente carico civile.
21.1.5 Potenzialità degli impianti di depurazione
Per quanto riguarda la potenzialità degli impianti l’analisi è stata effettuata valutando il
rapporto esistente tra il carico attuale in abitanti equivalenti e quello di progetto. Gli
impianti di depurazione lavorano spesso con carichi prossimi o superiori a quelli di
progetto, con probabili difficoltà di raggiungimento costante nel tempo dei limiti di legge.
Questa realtà riguarda non solo il comune di Lamporecchio ma è distribuita in maniera
uniforme sugli impianti a servizio dell’Ambito.
Il problema evidenziato permette di individuare quegli impianti che, essendo
sovrasfruttati, non possono avere un funzionamento adeguato al carico trattato e che,
con forti probabilità, scaricano a livelli più alti del consentito per i parametri indice.
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21.1.6 Servizio di depurazione
L' Ente impegnato nel servizio fognature, smaltimento e depurazione è la Società
ACQUE S.p.A. Servizi Idrici – Pisa.
Nella tabella seguente si riassumo le caratteristiche degli impianti presenti nel territorio
comunale come fornite nell’ambito dell’indagine eseguita di supporto al presente Piano
Strutturale.
Tabella 26 - Elenco e caratteristiche degli impianti di depurazione pubblici (fonte
ACQUE S.p.A. 2003)
N°
Denominazione
Potenzialità max
(mc/anno)
Abitanti equiv.
trattati attualmente
1
Via Volta
182.500
5.940
Portata
attuale
(mc/anno)
262.800
2
Ponte di Feroce
87.600
3.310
87.600
276
240/1.200
3
Via Amendola
87.600
1.200
87.600
100
240/1.200
4
San Baronto
36.500
720
36.500
144
100/500
5
Orbignano
18.250
720
36.500
288
50/250
6
Porciano
10.950
150
10.950
100
30/150
7
Alberghi
7.300
100
7.300
100
20/100
8
Poggio alla Cavalla
10.950
150
10.950
100
30/150
9
Papone
10.950
170
10.950
113
30/150
TOTALE
452.600
12.460
551.150
Grado
utilizzo
%
144
Portata max
abitanti eq.
525/4.200
Sin da una prima analisi delle informazioni si evince una particolare criticità in relazione
alle problematiche della depurazione. La totalità degli impianti infatti non soddisfa le
esigenze di una adeguata depurazione.
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21.1.7 Piano Operativo Triennale - ACQUE S.p.A. (29/07/2003)
Il 1° gennaio 2002 è stata affidata ad ACQUE S.p.A. la gestione del S.I.I. dei comuni
dell’Ambito n. 2 (Delibera n. 21 del 21/12/2001) ed è stato approvato il testo della
convenzione di gestione, composto dalla convenzione tipo e dai patti aggiunti, e dei
suoi allegati, tra cui il Disciplinare Tecnico.
Nella tabella seguente si descrivono gli interventi principali previsti nel Comune di
Lamporecchio.
Tabella 27 - Interventi previsti in Lamporecchio
Servizio Codice
F
61
F
94
D
123
D
133
D
310
Denominazione
Adeguamento quadri elettrici
Lamporecchio
Sostituzione
quadri
elettrici
risollevamenti fognari (Q.P.)
adeg. Centrifuga Via Volta
Lamporecchio
adeguamento
626
impianti
depurazione Lamporecchio
depuratore Ponte di Feroce
ottimizzazione
linea
fanghii
primari
Totale in Elenco
Anno Anno Anno
variabile
tariffa
Speciale
1
2
3
16,03
16,03
si
12 16,03 0,00 0,00
Importo
2,58
2,58
si
12
2,58
0,00
0,00
3,00
3,00
no
15
3,00
0,00
0,00
31,00
31,00
no
15
5,00 26,00
0,00
5,17
5,17
si
16
5,17
0,00
0,00
21.1.8 Proposta di Piano Operativo Triennale (POT 2005/2007)
Nella Proposta di Piano Operativo Triennale (POT 2005/2007) del luglio 2005, vengono
indicati i seguenti interventi.
Tabella 28 - Estensioni previste dal POT 2002/04 da realizzare nel POT 2005/07 o già
in corso
progetti
importo
servizio
Stato progettazione
Via Ceppetp
45.000
Fognatura
Da iniziare
Tabella 29 - Estensioni previste dal POT 2002/04 da realizzare nel POT 2008/13
progetti
importo
servizio
Stato progettazione
Via Borgano
163.000
Fognatura Progetto preliminare
Via Fardello
90.000
Fognatura
Da iniziare
Tabella 30 - Risanamenti e potenziamenti servizio fognatura aggiornato anno 2005
Tipo intervento
Risanamento rete Capoluogo V. di Vittorio
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categoria
MS - RS
opere
Risanamento condotta
importo
25.000,00
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21.2 Acquedotti – Risorse idriche
In allegato fuori testo sono descritti gli elementi essenziali del Piano Di Ambito e del
POT 2003; evidenziando gli interventi previsti nel territorio comunale di Lamporecchio.
In questo capitolo si cerca di riordinare le informazioni acquisite in modo da definire le
potenzialità del territorio e le disponibilità in relazione alle previste esigenze; gli orizzonti
di riferimento sono il 2010 e il 2020.
I dati relativi alla disponibilità e potenzialità delle risorsa idrica sono stati raccolti e
organizzati sulla base degli studi eseguiti e disponibili.
La caratterizzazione idrogeologica del territorio è stata eseguita nell’ambito degli studi di
supporto alla Pianificazione Urbanistica (D.R.E.AM. 2004), che, nella porzione di
pianura, si basa sul censimento di pozzi eseguito nella primavera del 2004.
Nella porzione di territorio collinare di Lamporecchio si ritiene che vi sia una rilevante
potenzialità di risorsa profonda e di buona qualità. Nella fascia dei terrazzi fluviali e delle
conoidi di raccordo con la pianura la potenzialità potrebbe essere di rilievo ma occorre
verificare la situazione.
Nell’ambito di questo lavoro si è condotta una indagine presso gli uffici comunali per
quanto riguarda le problematiche inerenti l’acquedotto, i dati reperiti riguardano un
periodo che termina nel dicembre 1996, da allora le competenze nella gestione degli
impianti e del servizio sono passate prima alla PUBLISER S.p.A. di Empoli, e dal 1
gennaio 2002 all’Ente Gestore ACQUE S.p.A.
In definitiva si sono utilizzate le informazioni provenienti dalle seguenti fonti:
− “Programma Straordinario di Potenziamento degli Acquedotti dei comuni
dell’area della Valdinievole” – PUBLISER - novembre 1997;
− “Programma di tutela e valorizzazione delle risorse idriche della provincia” - GTI Pranzini – 1996;
− Piano di ATO n. 2 Basso Valdarno – novembre 2001;
− Analisi del primo Piano Operativo Triennale presentato da ACQUE S.p.A. ai
sensi della convenzione di affidamento del servizio idrico integrato – luglio 2003;
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PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE
21.2.1 Dati Piano ATO 2 e POT 2002 - 2004
Tabella 31 - Il bilancio idrico dell’anno 1996 riferito al comune di Lamporecchio (Fonte:
Piano ATO2)
Ente gestore
PUBLISER
Acq. del Pollino
Totale AMBITO
Volumi
prodotti
[mc/anno]
Volumi
acquistati
[mc/anno]
Volumi
Volumi
venduti
erogati
[mc/anno] [mc/anno]
17.864.790
3.638.968
77.396.949
460.226
0
4,543,382
0
11.436.233 12.628.754
3.476.772
0
3.319.092
330,572 49.640.171 56.700.918
Volumi
Perdite
fatturati lorde [%]
[mc/anno]
38
4
37
Tabella 32 - Le dotazioni idriche nell’anno 1996 riferite al comune di Lamporecchio
(Fonte: Piano ATO2)
Ente gestore
Popolaz.
residente
Popolaz.
servita
Volumi
erogati
[mc/anno]
PUBLISER
Totale AMBITO
221.032
771.701
209.476
709.212
11.436.233
49.640.171
Volumi domestici Dot. idrica
fatturati
lorda
[mc/anno]
[l/ab/g]
n.d.
n.d.
Dot. idrica
domest.
[l/ab/g]
150
208
n.d.
n.d.
Tabella 33 - Composizione delle utenze 1996 riferita al comune di Lamporecchio
(Fonte: Piano ATO2)
Ente gestore
Publiser
Totale AMBITO
Utenze
domestiche
55.130
232.457
Utenze
Utenze
Altre
produttive agricole utenze
5.382
19.919
2.153
2.984
3.229
7.614
Totale
utenze
65.894
262.974
Tabella 34 - Principali dati sul servizio acquedottistico riferiti al comune di Lamporecchio
1996 (Fonte: Piano ATO2)
Comune
Lamporecchio
Totale AMBITO
Popolazion Popolazion
e residente e servita
1996
1996
6.622
763.693
D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006
6.382
699.837
Volume
Volume erogato
erogato
per usi domestici
totale
(m3/anno)
3
(m /anno)
274.967
234.119
48.975.469
38.827.635
Volume erogato per
usi non domestici
(m3/anno)
40.848
10.147.834
Pagina - 87
PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE
Tabella 35 - Evoluzione del volume erogato acquedottistico nel periodo
(Fonte: Piano ATO2)
Denominazione
Lamporecchio
Totale AMBITO
2002
299.358
301.360
2005
400.423
402.428
2010
407.059
409.069
2015
411.479
413.494
2002-2020
2020
415.899
417.919
21.2.2 Dati PUBLISER – GTI – Pranzini (1996)
Il lavoro della PUBLISER (1998) ha utilizzato anche i risultati di un lavoro redatto per
conto della Provincia di Pistoia: “Programma di tutela e valorizzazione delle risorse
idriche della provincia” - GTI - Pranzini - 1996. Per quanto riguarda l’area della
Valdinievole vengono riportati alcuni dati in forma disaggregata per comune e riferiti agli
anni 1994/1995, descritti nella tabella seguente.
Tabella 36 - Produzioni per acquedotto pubblico – 1994/1995 (Fonte: GTI - Pranzini)
Comune
Larciano
Buggiano
Massa Coz.
Uzzano
P.te Buggianese
Chiesina Uzzanese
Lamporecchio
Monsummano
Pieve a Nievole
Pescia
Montecatini
Totali
produzioni
[mc/anno]
372.000
389.939
500.000
415.000
520.000
323.170
364.285
1.671.408
626.000
2.289.645
4.257.000
11.728.477
fatturazioni
[mc/anno]
279.099
318.939
350.000
290.000
394.458
265.742
255.000
1.261.440
470.000
1.600.000
3.450.000
8.934.678
abitanti
6.113
7.896
6.880
4.100
7.300
4.050
6.462
19.000
8.879
18.040
20.568
109.288
abitanti
serviti
5.502
6.000
5.504
3.900
6.500
3.600
5.492
15.000
7.900
18.000
24.137
101.535
l/g/ab
serviti
139
146
174
204
166
202
127
230
163
243
390
241
Tabella 37 - Consumi per uso in Valdinievole 1995 (Fonte: GTI - Pranzini)
Tipologie Di Utilizzo
Usi irrigui da pozzi
Usi irrigui da derivazioni
Usi domestici e potabili privati
Usi industriali
Usi acquedottistici
Totali
mc/anno
4.207.538
662.462
633.494
176.000
11.728.477
17.407.971
Nel lavoro di Pranzini vengono fatte delle previsioni sui futuri fabbisogni, esse
riguardano un obiettivo del 2.010; i dati quantitativi sono riassunti di seguito.
−
−
−
−
−
−
Usi irrigui: incremento del 20%, da 4.870.000 mc/anno a 5.844.000 mc/anno;
Uso domestico: invariato;
Uso industriale: invariato;
Popolazione: incremento del 3%;
Presenze turistiche: incremento del 20%;
Perdite della rete: inalterate del 24%.
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Pagina - 88
PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE
21.2.3 Servizio Acquedotti
L’Ente Gestore impegnato nel servizio di acquedotti, approvvigionamento e
distribuzione è la Società ACQUE S.p.A. Servizi Idrici – Pisa.
Nella tabella seguente sono riportati i quantitativi di risorsa idrica distribuita per area di
provenienza riferiti al 2002 in mc/anno. Essi rappresentano quindi il dato più aggiornato
a disposizione.
Tabella 38 - Le dotazioni idriche nell’anno 2002 riferite al comune di Lamporecchio
(Fonte: ACQUE S.p.A.)
Numero abitanti: 6.808
Numero utenti: 2.780
Impianto/area di
Portate erogate 2002
Media anno
approvvigionamento
Mc
L/s
Integrazione
72.000,00
2,28
Acquedotto Pollino
172.923,00
5,48
Centrale Doccino
67.970,00
2,16
Centrale Greppiano
88.200,00
2,80
Acquedotto S. Baronto
112.800,00
3,58
Acquedotto Cavalle
34.400,00
1,09
Acquedotto Porciano
25.000,00
0,79
Acquedotto di Vinci
6.930,00
0,22
Totale erogazioni
436.223,00
13,83
Rapporto erogazioni l/ab/g
175,54
La tabella precedente riporta un volume erogato molto maggiore (436.223) di quello
indicato nella corrispondente tabella riportata nel Piano d’Ambito (299.358) il cui dato
deve essere errato, a meno che esso non sia depurato dei contributi derivanti
dall’Acquedotto del Pollino od altre fonti esterne. In ogni caso la previsione riportata
nella stessa tabella all’anno 2020 risulta ampiamente inferiore a quella attualmente
erogata, fatto che difficilmente può essere giustificato.
Il dato più rilevante che emerge è relativo alla produzione idrica dalle fonti situate entro
il comune, che ammonta a 328.370 mc. Il comune si approvvigiona da fonti esterne per
ben 251.853 mc. quindi per circa il 57%.
Lo studio di Pranzini prevedeva un incremento dei fabbisogni al 2010 dal 15% al 20%, il
Piano d’Ambito al 2020 un incremento del 15% circa, con questa ultima ipotesi al 2020 i
volumi di risorsa da erogarsi a Lamporecchio dovrebbero essere pari a 501.656 mc.
21.2.4 Acquedotto del Pollino
Questo sistema in realtà è composto dall’acquedotto del Pollino vero e proprio e
dall’acquedotto della Valdinievole; è alimentato da 5 pozzi nel territorio di Porcari,
l’acqua emunta viene portata all’impianto di Squarciabocconi (Pescia) e immessa
nell’acquedotto della Valdinievole, dall’impianto di Pescia una tubazione raggiunge il
deposito del Poggetto (Pieve a Nievole), questo primo tratto di condotta lungo 10.450
metri alimenta gli acquedotti di Uzzano, Buggiano, Massa e Cozzile, Pieve a Nievole,
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PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE
Ponte Buggianese, Montecatini; dal Poggetto si dirama il secondo tratto che alimenta
Monsummano Terme (3 prese), Larciano, Lamporecchio.
21.2.5 Aree di produzione interne
La risorsa idrica prodotta nel comune deriva da campi pozzi e sorgenti la cui
localizzazione è descritta nella Carta delle reti e nella Carta Idrogeologica; lo studio di
GTI – Pranzini del 1996 riporta la schedatura delle fonti allora attive, alcune di esse
sono state nel frattempo dismesse; si ritiene comunque utile riportarne la descrizione
sintetica in quanto rappresentano un importante elemento del territorio di cui è bene
mantenere la memoria.
Tabella 39 - Prese da corsi d’acqua
Num
7
Corso d’acqua
Rio di Greppiano
Bacino
Zona L
Vol. prel. Annuo mc Utilizzo
95.000
Continuo
Comune
Lamporecchio
Comune utilizzatore
Lamporecchio
Tabella 40 - Campi pozzi
Num.
33
34
35
36
37
38
39
39bis
Località o
den. opera
Santona
Santona
Casa Rossa
Dorrio
Doccino
Pezzano
Beboli
Borchi
profondità
80
90
54
65
24
24
Portata media
l/sec.
2,5
2,5
1,1
1
2
2
Utilizzo
Continuo
Continuo
Continuo
Continuo
Continuo
Continuo
Comune
produttore
Lamporecchio
Lamporecchio
Lamporecchio
Lamporecchio
Lamporecchio
Lamporecchio
Lamporecchio
Lamporecchio
Comune
utilizzatore
Lamporecchio
Lamporecchio
Lamporecchio
Lamporecchio
Lamporecchio
Lamporecchio
Lamporecchio
Lamporecchio
inquinamento
Tabella 41 - Sorgenti
Num.
558
559
560
561
Località o den.
opera
Montemagno
Doccelama
Capalle
Triangolo
Portata media
l/sec.
2,5
0,25
1,0
0,1
captazione
Si
Si
Si
Si
Comune
produttore
Quarrata
Lamporecchio
Lamporecchio
Lamporecchio
utilizzazione
Com. Lamporecchio
Com. Lamporecchio
Com. Lamporecchio
Com. Lamporecchio
21.3 Considerazioni in merito alle risorse idriche
Le informazioni acquisite presso l’Ufficio Ingegneria di Acque S.p.A. nel 2003 – 2004
permettono di individuare una situazione di particolare criticità nella rete di distribuzione,
principalmente per perdite di carico, subordinatamente per le perdite di rete valutate
intorno al 30%.
Le aree di maggiore “sofferenza” sono la porzione collinare: San Baronto e gli altri centri
collinari; nel capoluogo invece la situazione è di buona efficienza, discreta nelle frazioni
di pianura.
A livello di POT 2004 si prevede di collegare l’area collinare con la Valdinievole; al
momento non sono definite altre iniziative a livello locale.
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PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE
Un aspetto sintomatico della sensibilità dell’area collinare è rappresentato dalla
interazione dei pozzi a servizio del campeggio di San Baronto con i pozzi acquedotto
della Santona che servono l’abitato: dalla messa in opera dei pozzi privati i pozzi
pubblici, posti più a valle, hanno ridotto considerevolmente la loro efficienza.
Il documento descrivente il POT 2004 prevede con proiezione ai prossimi tre/quattro
anni i seguenti interventi:
Tabella 42 - Interventi acquedotto in Lamporecchio
Servizio Codice
A
A
A
2088
2008
474
Denominazione
Risanamento di tratti rete acquedotto
Potenziamento acquedotto Lamporecchio
Nuovo pozzo Doccino
Nella Proposta di Piano Operativo Triennale (POT 2005/2007) del luglio 2005, vengono
indicati i seguenti interventi.
Tabella 43 - Elenco risanamenti e potenziamenti servizio acquedotto aggiornato 2005
Tipo intervento
Risanamento idrico Via Orbignanese
Risanamento idrico Via Cerbaia
Risanamento idrico Via L. da Vinci
Risanamento idrico Via Palagina
Risanamento idrico Via G. di Vittorio
Risanamento idrico Via Greppiano
Risanamento idrico Via Montalbano
Risanamento idrico Via Gerbamaggio
Risanamento idrico Via Poggo Cavalla
Risanamento idrico Via Meucci
Risanamento idrico Via Ceppeto
Risanamento idrico Via S. Giorgio
Risanamento idrico Via del Quercione
Risanamento idrico Via Pianali
Risanamento idrico Via Giugnano
Risanamento idrico Via Volta
Risanamento idrico Via Petrarca
Risanamento idrico Via Pino
Potenziamento risorsa S. Baronto
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categoria
opere
perdite
Rete in proprietà privata
reti
perdite
Trasferimento risorsa
importo
90.000,00
34.000,00
34.000,00
60.000,00
46.000,00
30.000,00
60.000,00
25.000,00
40.000,00
24.000,00
76.000,00
20.000,00
18.000,00
20.000,00
34.000,00
17.000,00
30.000,00
42.000,00
300.000,00
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PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE
22- ENERGIA ELETTRICA
I dati sui consumi energetici elettrici derivano dalle relazioni sullo Stato dell’Ambiente
della provincia di Pistoia (1998 e 2004) e da indagini dirette presso gli uffici ENEL
effettuate nel 2003, 2004 e 2005.
Nella provincia di Pistoia la maggiore concentrazione di attività industriali coincide, in
parte, con la maggior concentrazione di abitanti (Pistoia, Quarrata, Montecatini Terme
Monsummano Terme, Pescia e Agliana), in parte interessa comuni meno densamente
abitati (Montale, Larciano, Massa e Cozzile, S. Marcello Pistoiese, Serravalle, Pieve a
Nievole, Lamporecchio e Ponte Buggianese). Presentano, ovviamente, consumi elettrici
industriali molto minori, che si traducono in implicazioni ambientali minime, i comuni
montani, come Piteglio, Marliana, Abetone, Cutigliano e Sambuca Pistoiese.
La tabella seguente, relativa ad una situazione del 1998, descrive i consumi energetici
distinti per i comuni della provincia.
Tabella 44 - Localizzazione utenze nei comuni della provincia di Pistoia (1998)
Comune
Totale
Pistoia
Pescia
Quarrata
Montecatini T.
Montale
Agliana
Monsummano T.
Larciano
Massa e Cozzile
San Marcello Ps.
Serravalle P.se
Pieve a Nievole
Lamporecchio
Ponte Buggianese
Buggiano
Piteglio
Uzzano
Chiesina Uzz.
Marliana
Abetone
Cutigliano
Sambuc
Totale
KWh
257.175.633
131.703.874
69.614.632
66.145.232
61.679.691
49.404.673
47.408.788
46.033.591
38.991.074
35.810.386
33.555.588
28.422.903
21.779.715
20.287.150
18.122.439
17.496.887
12.951.884
10.617.073
8.855.409
7.180.698
5.292.413
Pistoiese
992.792.732
Consumi elettrici
Piccoli Utenti
Medi Utenti
kWh
151.449.002
33.234.185
49.844.155
44.877.813
21.938.489
29.007.792
30.841.290
11.588.188
12.766.052
14.342.138
18.321.742
13.836.620
12.910.985
11.112.221
11.985.168
3.575.117
6.412.165
7.930.083
5.694.517
4.412.324
4.497.774
4.262.999
504.212.939
kWh
61.109.035
21.182.159
19.770.477
18.082.503
35.000.842
20.396.881
15.009.328
24.705.963
15.049.542
4.357.648
15.233.846
10.227.733
8.868.730
9.174.929
6.137.271
483.600
6.539.719
2.686.990
627.482
2.768.374
794.639
3.635.119
298.835.571
Grandi Utenti
kWh
44.617.596
77.287.530
0
3.184.916
4.740.360
0
1.558.170
9.739.440
11.175.480
17.110.600
0
4.358.550
0
0
0
13.438.170
0
0
2.533.410
0
0
627.880
189.744.222
Totali
N°
49.345
10.372
11.392
12.626
4.837
6.734
8.582
2.881
3.553
5.692
4.821
4.092
3.506
3.394
3.864
1.993
2.013
2.008
2.884
2.673
2.443
0
152.284
Numero utenti
Piccoli
Medi
Utenti
Utenti
N°
N°
49.067
267
10.302
64
11.272
120
12.526
99
4.727
109
6.662
72
8.504
77
2.819
60
3.513
37
5.660
30
4.762
59
4.034
57
3.464
42
3.361
33
3.838
26
1.989
2
1.996
17
1.992
16
2.877
6
2.654
19
2.429
14
2.579
2.576
151.024
1.229
Grandi
Utenti
N°
11
6
0
1
1
0
1
2
3
2
0
1
0
0
0
2
0
0
1
0
0
3
31
Fonte: Dati Enel per Relazione sullo Stato dell’Ambiente 1998
T_U VW_X(Y*Z_X_[-\_X!T.X0]2^3V_X([___`-aY<]2X_^cb>aY<aU d_a ^?X(Z[
\@a9e_efag[!^_^0XhW_X(^2b>X(Y<\@iE]3^cU_X_[_e_X
D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006
Pagina - 92
PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE
Tabella 45 - Densità energetica delle attività industriali (1998)
Comune
MWh/km2
MWh/Ab.
Agliana
2.364,2
Larciano
1.444,1
Montale
1.331,4
Massa e cozzile
1.288,9
Pescia
1.112,9
Uzzano
887,7
Pieve a Nievole
752,4
Quarrata
656,3
Monsummano Terme
542,8
Lamporecchio
406,7
Serravalle P.se
358,4
Chiesina Uzzanese
351,7
Buggiano
318,3
Ponte Buggianese
295,9
Pistoia
293,4
Piteglio
282,7
San Marcello P.se
242,1
Montecatini Terme
173,8
Marliana
79,6
Sambuca p.se
6,0
Cutigliano
5,5
Abetone
1,4
Medie
599,8
Fonte: Dati Enel per Relazione sullo Stato dell’Ambiente 1998
2,1
5,9
4,3
3,1
4,9
1,7
1,1
1,4
1,0
1,4
1,7
0,6
0,7
1,2
0,8
7,0
2,7
0,1
1,4
0,3
0,1
0,1
2,0
Nel Rapporto sulla Stato dell’Ambiente della Provincia di Pistoia 2004 si forniscono dati
sui consumi provinciali di energia elettrica.
Tabella 46 - Consumi di energia elettrica (mil kWh) per settore merceologico e consumi
procapite. Anni 1996-2003
Settore
Agricoltura
1996
1997
14,5
15,7
1998
16,3
1999
2000
2001
2002
2003
Var.%
17,4
17,0
17,5
18,2
20,2
+39,3
Industria
468,4
480,1
499,7
505,5
588,3
597,8
534,0
531,1
+13,4
Terziario
253,2
262,2
267,2
282,2
287,2
295,8
304,1
323,6
+27,8
Domestico
295,4
298,4
300,8
316,5
310,1
306,2
316,8
331,5
+12,2
1.217,5 1.173,1 1.206,4
+16,9
Totale provinciale
1.031,5 1.056,4 1.084,0 1.121,6 1.202,7
Tabella 47 - Consumi elettrici procapite (calcolati su 6.857 abitanti)
Consumi
elettrici
procapite (MWh/ab)
Provincia di Pistoia
Regione Toscana
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003 Var.%
3,9
4,0
4,0
4,2
4,4
4,5
4,3
4,4
+12,8
4,7
4,8
4,9
5,1
5,2
5,4
5,6
5,8
+23,4
Lamporecchio
3,288
Fonte: GRTN S.p.a. - Gestore Rete Trasmissione Nazionale e nostro riferimento al comune in esame
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PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE
Nella tabella seguente si descrivono le utenze e l’energia distribuita nel comune con
dati aggiornati al 2003, come forniti dall’ente gestore sulla base di una specifica
indagine. Rispetto al 1998 si verificato un incremento di energia distribuita pari a
770.442 KWh.
Tabella 48 - Dati aggiornati al 2003
COMUNE DI LAMPORECCHIO
USI DOMESTICI
ILLUMINAZIONE PUBBLICA
ALTRI USI
TOTALE
Energia Attiva
kwh
7.912.529
410.754
14.226.874
22.550.157
NUMERO
UTENZE
17.118
210
5.909
23.237
abitanti
6.857
23- GAS
La produzione e distribuzione è affidata a FIORENTINAGAS S.p.A. - Firenze
Tabella 49 - I dati economici essenziali riferiti alla attività complessiva dell'azienda
ANNO: 2004
FATTURATO TOTALE €
37.606.00
INVESTIMENTI TOTALI €
16.243.736
DIPENDENTI TOTALI DELL'AZIENDA N.
305
CLIENTI TOTALI N.
10
GAS TOTALE DISTRIBUITO MMC
560,60
ALTRI COMBUSTIBILI VENDUTI MC
NESSUNO
ESTENSIONE TOTALE DELLE RETI GAS KM
2.624
COMUNI SERVITI N.
51
PUNTI DI RICONSEGNA TOTALI
320.565
Tabella 50 - I dati economici essenziali riferiti al territorio di Lamporecchio
ANNO: 2004
FATTURATO €
INVESTIMENTI LOCALI €
GAS TOTALE DISTRIBUITO in Lamporecchio mc.
ESTENSIONE DELLA RETE GAS LOCALE KM
PUNTI DI RICONSEGNA TOTALI
2.930
86.212
5.930.000
21
1.454
Tabella 51 - Progetti e iniziative locali previste in comune di Lamporecchio
Tipo attività
Anno di attivazione
Estensione della rete
2005
D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006
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PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE
24- RACCOLTA E SMALTIMENTO RIFIUTI – PUBLIAMBIENTE S.P.A.
L’Ente impegnato nel servizio di raccolta e smaltimento è attualmente la Società
PUBLIAMBIENTE S.p.A.
Nella tabella seguente sono riportati i quantitativi di rifiuti RSU raccolti per aree di
provenienza riferiti agli ultimi 3 anni in kg.
Tabella 52 - Rifiuti RSU raccolti per aree di provenienza (fonte PUBLIAMBIENTE –
2003)
2000
Rifiuti raccolti
abitanti
3.230.310
6.678
rapporto
1,32 kg/g
2001
rapporto
2002
rapporto
Rifiuti raccolti
3.124.947
1,27 kg/g
abitanti
6.722
Rifiuti raccolti
3.035.205
1,22 kg/g
abitanti
6.808
Tabella 53 - Produzione di RSU Anno 2000 (Fonte Piano Provinciale 2003)
Comuni
Tot. Area Emp. V.d.E.
LAMPORECCHIO
Tot. Piana Prov. di Pistoia
Tot. Sub ATO Mont. P.se
Tot. Piana Prov. PT ed Area
Emp. V.d.E.
TOTALE ATO N° 5
Abitanti
159.591
6.722
236.550
34.214
395.141
Produzione
rifiuti T/anno
89.836
4.150
145.106
21.391
234.942
Produzione
rifiuti T/giorno
245,45
11,34
396,46
58,45
641,92
Variazione
%
3,33
2,62
4,32
3,97
3,94
Prod. Procapite
Kg/giorno
1,55
1,69
1,68
1,71
1,63
Variazione
%
1,97
1,81
3,70
3,64
3,16
429.355
256.333
700,36
3,94
1,63
2,51
Tabella 54 - Produzione di RSU Anno 2001(Fonte Piano Provinciale 2003)
Comuni
Tot. Area Emp. V.d.E.
LAMPORECCHIO
Tot. Piana Prov. di Pistoia
Tot. Sub ATO Mont. P.se
Tot. Piana Prov. PT ed Area
Emp. V.d.E.
TOTALE ATO N° 5
Abitanti
159.612
6.808
240.161
34.196
399.773
Produzione
rifiuti T/anno
91.020
4.167
150.905
22.185
241,925
Produzione
rifiuti T/giorno
249,37
11,42
413,44
60,78
662,81
Variazione
%
1,32
0,41
4,00
3,71
2,97
Prod. Procapite
Kg/giorno
1,56
1,68
1,72
1,78
1,63
Variazione
%
0,65
-0,59
2,38
4,09
0,00
433.969
264.110
723,59
3,94
1,67
2,45
D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006
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Tabella 55 - Produzione di RSU Anno 2002 (fonte ARRR rielaborata 2004)
Comuni
Tot. Area Emp. V.d.E.
LAMPORECCHIO
Tot. Prov. di Pistoia
TOTALE ATO N° 5
Abitanti Produzione rifiuti Produzione
Variazione % Prod. Procapite Variazione
T/anno
rifiuti T/giorno
Kg/giorno
%
161.039
94.876
259,94
4,24
1,61
3,31
6.857
4.162
11,40
-0,13
1,66
-0,84
275.651
178.758
489,75
18,46
1,78
3,21
436.690
273.635
749,68
3,61
1,72
2,96
I rifiuti prodotti giornalmente a persona rientrano nelle medie nazionali, si fa notare
come nell’ultimo anno siano diminuiti i rifiuti smaltiti, probabilemte grazie al
consolidamento delle raccolte differenziate.
I rifiuti, frazione indifferenziata, vengono conferiti all'impianto di trattamento di
Publiambiente in Montespertoli (compostaggio e discarica), i sovvalli "tornano" in
Lamporecchio e smaltiti.
Anche per le raccolte differenziate si dispone di dati provenienti dal Piano Provinciale,
ARRR e direttamente dal gestore. Nelle tabelle seguenti si riportano gli elementi
essenziali.
Tabella 56 - Sintesi dei dati sulla Raccolta differenziata 2001
Comuni
Abitanti
Totale Area Emp. V.d.E.
LAMPORECCHIO
Totale Piana Prov. di Pistoia
Totale Sub ATO Mont. P.se
Totale Piana Prov. PT ed Area
Emp. V.d.E.
TOTALE ATO N° 5
RSU T/anno
159.612
6.808
240.161
34.196
399.773
64.600,29
3.124,94
120.846,87
18.120,57
185.447,16
433.969
203.567,73
RD Totale
RSU Totale
T/anno
T/anno
26.452,60
91.052,89
1.042,58
4.167,52
30.058,86 150.905,73
4.065,69
22.186,26
56.511,46 241.958,62
60.577,15
% RD su RSU + RD
30,26
26,06
20,75
19,09
24,33
264.144,88
23,89
Tabella 57 - Sintesi dei dati sulla Raccolta differenziata 2002 (forniti da ARRR)
Comuni
Abitanti
Totale Area Emp. V.d.E.
LAMPORECCHIO
Totale Prov. PT
Totale Area Emp. V.d.E.
TOTALE ATO N° 5 Prov. PT, Area
Emp. V.d.E.
D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006
161.039
6.857
275.651
161.039
436.690
RSU T/anno
65.154,38
3.035,20
139.409,25
65.154,38
204.563,63
RD Totale
RSU Totale
T/anno
T/anno
29.721,95
94.876,33
1.126,40
4.161,60
39.349,16 178.758,40
29.721,95
94.876,33
69.071,11 273.634,74
% RD su RSU + RD
32,63
28,19
22,93
30,53
26,29
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PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE
Nella tabella seguente si descrive il sistema attuale di raccolta differenziata dei rifiuti in
kg (fonte PUBLIAMBIENTE – 2003) riferita al solo comune di Lamporecchio
Tabella 58 - Sistema attuale di raccolta differenziata dei rifiuti
tipologia rifiuti raccolti
2000
2001
1. carta
288.860
313.798
2. vetro
85.145
89.493
3. lettini
4.590
5.808
4. legno
26.250
43.949
5. pile
236
302
6. farmaci
248
290
7. ferro
85.370
99.229
8. batterie
921
1.024
9. CFC
6.520
6.850
10. plastica
20.005
26.539
11. verde
13.360
43.644
12. tessili
0
0
13. app. elettronici
140
2.091
14. forsu
387.756
409.846
Totale:
921.401
1.044.864
2002
322.100
85.145
7.519
46.429
298
282
97.310
1.240
8.192
38.353
32.261
10.768
1.844
441.043
1.094.786
Riferiti al 2002 le raccolte differenziate costituiscono circa il 26% dei rifiuti prodotti.
D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006
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PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE
25- FONTI POTENZIALI DI INQUINAMENTO
25.1 Siti inquinati da bonificare o potenzialmente inquinati
Il "Piano di gestione dei rifiuti - stralcio funzionale relativo ai rifiuti speciali anche
pericolosi del territorio della Provincia di Pistoia", correlato al corrispondente Piano
Regionale, è stato approvato con deliberazione del Consiglio Provinciale del 15 luglio
2004 n.190.
Le norme introdotte dal D.Lgs. 5.02.1997 (Decreto Ronchi) per la gestione dei rifiuti
stabiliscono che i piani per la bonifica delle aree inquinate costituiscono parte integrante
del piano di gestione dei rifiuti. La L.R. 18.05.1998, n. 25 in attuazione del Decreto
Ronchi detta norme per la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati.
La Regione Toscana ha provveduto ad approvare il Piano regionale di gestione
dei rifiuti nei suoi tre stralci funzionali e tematici: urbani (D.C.R. 7 aprile 1998, n.
88), bonifica aree inquinate (D.C.R. 21 dicembre 1999, n. 384), speciali anche
pericolosi (D.C.R. 21 dicembre 1999, n. 385).
Con l'entrata in vigore, nel luglio 2001, del D.P.G.R. n. 32/R, la Regione Toscana dà
attuazione a quanto previsto dalla L.R. 25/98, definendo specifiche direttive tecniche e
procedurali per l'esercizio delle funzioni di gestione e di controllo attribuite agli Enti
Locali in materia di bonifica e messa in sicurezza dei siti contaminati.
Di seguito si riportano le schede tecniche riferite ai siti ricadenti in comune di
Lamporecchio, come riportate in normativa.
Tabella 59 - Schede relative ai siti da bonificare censiti o catalogati in comune di
Lamporecchio, come descritti negli allegati al Piano Provinciale delle Bonifiche
Siti con necessità di bonifica o messa in sicurezza urgente
SIGLA
LOCALITÀ
DENOMINAZIONE
TIPO
STATO
CLASS. PRB
PT073 Mastromarco Ex Fornace laterizi
Area industriale Piano Caratterizzazione successivo
approvato ed eseguito
Siti oggetto di censimento (ex articolo 27, 28, 33 D. Lgs. 22/97)
Cod. id.
LOCALITÀ
DENOMINAZIONE
TIPO
1
Via Ceppeto
Azzurra più S.r.l.
Trattamento RS
15
Via Matteotti
Centro Servizi Imprese S.r.l.
21
Via Ceppeto
Autodemolizioni Leporatti Roberto
Siti oggetto di censimento (ex articolo 33 D. Lgs. 22/97)
Cod. id.
DENOMINAZIONE
5
Ambiente e vita S.r.l.
50
Edilsterri di Sabatini Giacomo
92
Impresa edile Martelli
105 Leporatti Roberto
113 Masi Silvio S.N.C.
131 P.C.L. Scavi di Cantini Luisa
143 Riplast di Neri Giancarlo
151 Vescovi Renzo S.p.A.
156 Tacchificio Montalbano S.N.C.
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PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE
In sostanza il sito significativo oggetto intervento è la sola Ex Fornace laterizi di
Mastromarco, per la quale si dovrà provvedere alla bonifica.
Nel capitolo relativo alla Stima dei fabbisogni sul territorio provinciale vengono fornite
indicazioni sommarie sulla tipologia di intervento prevista per la fornace di
Mastromarco.
Tabella 60 - Tipologia di intervento prevista Ex Fornace laterizi
COD.
PROV.
PT073
DENOMINAZIONE
EX FORNACE LATERIZI
ITER
PROCEDUR
ALE
P.I.
x
VOLUME MATRICE
CONTAMINATA
TIPOLOGIA MATRICE
CONTAMINATA
TECNOLOGIA
INTERVENTO
P.B.
mc. 500
TERRENO
CONTENENTE HC E
METALLI P
RIMOZIONE**
25.2 Siti potenzialmente inquinanti
Nel territorio di Lamporecchio vi sono attività autorizzate al trattamento e smaltimento di
Rifiuti Speciali Pericolosi e non Pericolosi. Per la tipologia di attività svolta sono da
considersi meritevoli di attenzione in relazione al potenziale rischio di inquinamento.
Nelle tabelle seguenti si riportano i dati dimensionali come descritti nel Piano
Provinciale dei Rifiuti Speciali.
Tabella 61 - Ditte autorizzate al recupero di materia da RSNP in procedura semplificata
ex art. 33 D.Lgs. n°22/97, al 31/12/2002 nel comune di Lamporecchio
Ditta
MASI LIVIO s.n.c.
P.C.L. SCAVI
RIPLAST
VESCOVI
S.P.A.
Comune sede
leg.
Lamporecchio
Lamporecchio
Lamporecchio
R. Lamporecchio
Comune
impianto
Lamporecchio
Attività
R5
Tipologia ex DM
05/02/1998
7
Lamporecchio
Lamporecchio
Lamporecchio
R5
R3
R5
7
vari
7
t/a
t/a
minime massime
2.900
2.900
2.999
1.500
3.000
2.999
1.500
3.000
Tabella 62 - Ditte autorizzate al riutilizzo di RNSP come combustibili o come altro
mezzo per produrre energia in procedura semplificata ex art. 33 D.Lgs. n. 22/97
Ditta
TACCHIFICO
MONTALBANO
Comune sede leg.
Lamporecchio
D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006
Comune
impianto
Lamporecchio
Attività
R1
Tipologia ex
DM
05/02/1998
4
t/a
minime
20
t/a
massime
20
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PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE
Tabella 63 - Ditte autorizzate all’esercizio di impianti di trattamento rifiuti ex art. 28
D.Lgs. 22/97 nel comune di Lamporecchio
Discarica
Ditta
Attività
Volumetri
a residua
(m3)
Autodemolizioni Leporatti autodemolizioni
R.
Azzurra più S.r.l.
D13, D14,D15
Masi A. e G. S.
Discarica RSU
Centro
S.r.l.
Servizi
Imprese D15
agricoli
Deposito prel. /Messa
in riserva
RS
RSNP
RSP
(t)
(t)
(t)
RS
(t/a)
325
55.800
37.000
Rifiuti
46.500
Trattamento
/Smalt./Rec.
RSNP
RSP
(t/a)
(t/a)
2.000
9.300
0
Tabella 64 - Ditte autorizzate ai sensi dell’art. 28 del D.Lgs. 22/97 ad effettuare attività
di demolizione di veicoli fuori uso
Discarica
Ditta
Autodemolizioni Leporatti R.
Attività
Volumetria
residua (m3)
autodemolizioni
Deposito prel.
/Messa in riserva
RS RSNP RSP
(t)
(t)
(t)
325
Trattamento
/Smalt./Rec.
RS RSNP RSP
(t/a)
(t/a)
(t/a)
2.00
0
25.3 Siti oggetto di recupero ambientale
In questa categoria ricade la sola Discarica per RSU di Cerbaia. La discarica ha servito
i comuni di Larciano e Lamporecchio per diversi anni, ora avviate le procedure di
chiusura definitiva si deve realizzare quanto previsto nel piano di recupero ambientale.
D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006
Pagina - 100
PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE
26- IMPIANTI RADIO COMUNICAZIONE
Nel 2004, (a livello provinciale) ha avuto inizio il censimento delle sorgenti di campo
elettromagnetico utilizzate a fini di radiocomunicazione e/o diffusione radio o TV. Ad
oggi sono disponibili i dati relativi alle stazioni radio base (SRB) per telefonia cellulare,
mentre non lo sono ancora quelli relativi alle emittenti di maggiore potenza installata
(radio, TV, alcune stazioni radioamatoriali, ecc.).
I grafici che seguono mostrano come il numero complessivo di SRB installate nei diversi
comuni sia fortemente correlato al numero di residenti: si tratta di un’ovvia conseguenza
del fatto che ciascuna SRB consente il collegamento telefonico ad un numero limitato di
utenti, a differenza delle emittenti per diffusione radio o TV che consentono la ricezione
del segnale ad un numero illimitato di utenti all’interno dell’area servita. Come si può
notare, la potenza installata complessiva di tutte le SRB rimane contenuta anche nel
comune capoluogo entro livelli paragonabili a quelli che caratterizzano la fornitura di
energia all’impianto elettrico di un singolo appartamento standard, e sufficienti al
funzionamento di due o tre forni a microonde, mentre nei comuni minori la potenza
installata scende di circa un ordine di grandezza, o anche più. Ove le emittenti per
diffusione radiotelevisiva irradiano inoltre un segnale di potenza tendenzialmente
stazionaria le SRB per telefonia cellulare aggiustano momento per momento i livelli di
irradiazione al minimo necessario per mantenere il collegamento con gli utenti, per cui
la potenza effettivamente irradiata da una SRB è normalmente inferiore – talora anche
di molto – a quella installata nominale. Gli indicatori relativi al numero e alla potenza
installata delle SRB non forniscono un quadro sull’effettivo impatto indotto, ma sarebbe
necessario conoscere il traffico telefonico direttamente incidente sull’attivazione della
potenza.
Telefonia Cellulare - Postazioni per gestore e comune
10
9
8
7
6
H3G S.p.A
TIM Telecom
5
Vodafone
4
Wind
3
2
1
0
Uzzano
Serravalle
San Marcello
Pistoiese
Sambuca
Pistoiese
Quarrata
Ponte Buggianese
Piteglio
Pistoia
Pieve a Nievole
Pescia
Montecatini
Monsummano
Terme
Massa e Cozzile
Marliana
Larciano
Lamporecchio
Cutigliano
Chiesina
Uzzanese
Agliana
Abetone
In assenza di dati riepilogativi sulla potenza installata a fini di diffusione di segnali radio
e TV, come pure per radiocomunicazioni di genere diverso dalla telefonia cellulare
(forze di polizia nazionali e locali, militari, vigilanza antincendio, protezione civile, pronto
intervento sanitario, radioamatori, ecc.) si ritiene che qualunque valutazione dei livelli di
campo elettromagnetico a radiofrequenza effettivamente presenti sul territorio sia per il
momento prematura.
D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006
Pagina - 101
PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE
Gli impianti di radio comunicazione al 2004 presentano un numero complessivo di 94
postazioni, localizzate sull’intero territorio, con punte di 29 a Pistoia e 11 a Montecatini
Terme, ove si registrano di conseguenza i maggiori valori di potenza installata.
Potenza installata complessiva impianti telefonia cellulare
3500
3000
2500
W
2000
1500
1000
D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006
Uzzano
Serravalle
San Marcello
Pistoiese
Sambuca Pistoiese
Quarrata
Ponte Buggianese
Piteglio
Pistoia
Pieve a Nievole
Pescia
Montecatini
Monsummano
Terme
Massa e Cozzile
Marliana
Larciano
Lamporecchio
Cutigliano
Chiesina Uzzanese
Abetone
0
Agliana
500
Pagina - 102
PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE
27- INQUINAMENTO ACUSTICO
Piano del Centro sicurezza “Cultura Sviluppo” – aprile 2005
Il Piano Comunale di Classificazione Acustica redatto dal CSCS nel 2005 individua:
1.
2.
3.
4.
5.
le classi di destinazione d’uso del territorio e i relativi valori limite di esposizione;
i ricettori sensibili e le zone industriali;
le strade di grande comunicazione;
le aree destinate a spettacolo temporaneo o mobile all’aperto;
i piani di risanamento.
Per classificare l’inquinamento acustico, il territorio comunale è stato diviso in zone
omogenee secondo i criteri di classificazione indicati nella tabella A del D.P.C.M.
14.11.1997 “determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore”
Tabella 65 - “Classificazione del territorio comunale”
CLASSE I – aree particolarmente protette: rientrano in questa classe le aree nelle quali la quiete
rappresenta un elemento di base per la loro utilizzazione: aree ospedaliere, scolastiche, aree destinate al
riposo ed allo svago, aree residenziali rurali, aree di particolare interesse urbanistico, parchi pubblici, ecc.
CLASSE II – aree destinate ad uso prevalentemente residenziale: rientrano in questa classe le aree
urbane interessate prevalentemente da traffico veicolare locale, con bassa densità di popolazione, con
limitata presenza di attività commerciali ed assenza di attività industriali e artigianali.
CLASSE III – aree di tipo misto: rientrano in questa classe le aree urbane interessate da traffico veicolare
locale o di attraversamento, con media densità di popolazione, con presenza di attività commerciali, uffici,
con limitata presenza di attività artigianali e con assenza di attività industriali, aree rurali interessate da
attività che impiegano macchine operatrici.
CLASSE IV – aree d intensa attività umana: rientrano in questa classe le aree urbane interessate da
intenso traffico veicolare, con alta densità di popolazione, con elevata presenza di attività commerciali e
uffici, con presenza di attività artigianali, le aree in prossimità di strade di grande comunicazione e di linee
ferroviarie, le aree portuali, le aree con limitata presenza di piccole industrie.
CLASSE V – aree prevalentemente industriali: rientrano in questa classe le aree interessate da
insediamenti industriali e con scarsità di abitazioni.
CLASSE VI – aree esclusivamente industriali: rientrano in questa classe le aree esclusivamente
interessate da attività industriali e prive di insediamenti abitativi.
Nel corso delle misure su determinati probabili bersagli sono stati individuati i seguenti
ricettori sensibili:
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
R.S.A. Ospedale Minghetti (Spicchio),
Scuola elementare G. dei (Lamporecchio),
Scuola media F. Berni (Lamporecchio),
Scuola materna di Borgano,
Scuola per l’infanzia di Mastromarco,
Asilo nido di Porciano,
Scuola Materna di San Baronto,
Nuova scuola materna di Mastromarco.
Le aree industriali (Classi V e VI):
−
−
−
−
Area industriale Lamporecchio
Area industriale artigianale Poggioni
Area industriale artigianale Cerbaia
Area industriale artigianale Mastromarco
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Le aree destinate alle attività all’aperto:
− Piazza Falcone (Lamporecchio),
− Via della Chiesa (Porciano),
− La Fraschetta (San Baronto).
Le principali strade fonte di emissione (C - extraurbana secondaria, Cb – fasce di
pertinenza acustica A = 100, B = 50):
−
−
−
−
−
S. P. n. 9 Montalbano
S. P. n. 9 San Baronto
S. P. n. 9 Lamporecchio - Vinci
S. P. n. 9 Cerbaia
S. P. n. 9 Lamporecchio - Mastromarco
In relazione ai risultati delle misure effettuate si rende necessario procedere al piano di
risanamento per i seguenti siti ricadenti attualmente in classe IV per rendere compatibili
almeno alcune delle aree interne con la classe II:
1. Scuola elementare G. dei (Lamporecchio)
2. Scuola media F. Berni (Lamporecchio)
Per i seguenti siti, pur ricadenti attualmente, in classe III, non si prevede di effettuare,
dato il contesto nel quale si trovano, alcun piano e realizzare opere di adeguamento:
1. R.S.A. Ospedale Minghetti
2. Asilo nido di Porciano
Per i seguenti siti, interessati dall’inquinamento acustico derivante dal traffico veicolare,
si dovranno realizzare opere di mitigazione alla sorgente, lungo la via di propagazione
del rumore e direttamente sul ricettore:
1. Scuola per l’infanzia di Mastromarco
2. Scuola materna di Borgano
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28- INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO
Piano del Centro sicurezza “Cultura Sviluppo” – settembre 2004
Lo studio relativo ai rilievi della distribuzione del campo elettromagnetico redatto dal
CSCS individua le seguenti sorgenti specifiche:
1.
2.
3.
4.
5.
6.
Traliccio porta antenne – Montefiore
Elettrodotto A
Elettrodotto B
Stazione radio – Borgano
Tralicci e centrale di trasformazione ENEL – Borgano
Stazione radio Albergo Antico Masetto - Lamporecchio
Nel corso delle indagini e misure sono state individuate le seguenti aree potenzialmente
sensibili:
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
R.S.A. Ospedale Minghetti (Spicchio),
Scuola elementare G. dei (Lamporecchio),
Scuola media F. Berni (Lamporecchio),
Scuola materna di Borgano,
Scuola per l’infanzia di Mastromarco,
Asilo nido di Porciano,
Scuola Materna di San Baronto,
Aree prevalentemente boscate del crinale del Montalbano,
Area Verde Giardinetti e Parco Rospigliosi.
Limiti di esposizione: valore di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico,
considerato come valore di immissione, definito ai fini della tutela della salute da effetti
acuti, che non deve essere superato in alcuna condizione di esposizione della
popolazione e dei lavoratori.
Valore di attenzione: valore di campo elettrico. Magnetico ed elettromagnetico,
considerato come valore di immissione, che non deve essere superato negli ambienti
abitativi, scolastici e nei luoghi adibiti a permanenze prolungate.
Obiettivi di qualità:
− i criteri localizzativi, gli standard urbanistici, le prescrizioni e le incentivazioni per
l’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili, indicati dalle leggi regionali secondo le
competenze definite dall’art. 8 L. 36/2001;
− i valori di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico definiti dallo stato secondo
le previsioni di cui all’art. 4 L. 36/2001 ai fini della progressiva miticizzazione della
esposizione ai campi medesimi.
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Tabella 66 - Limiti di esposizione per la protezione della popolazione dalle esposizioni
generate a frequenze comprese fra 100 kHz e 300 GHz (D.P.C.M. 8 luglio 2003)
Limiti di esposizione
0,1 < f ≤ 3 MHz
3 < f ≤ 3000 mHz
3 < f ≤ 300 GHz
Intensità di campo
elettrico E (V/m)
60
20
40
Intensità di campo
magnetico (a/m)
0,2
0,05
0,01
Densità di potenza
D(W/mq)
1
4
Tabella 67 - Limiti di attenzione per la protezione della popolazione dalle esposizioni
generate a frequenze comprese fra 100 kHz e 300 GHz (D.P.C.M. 8 luglio 2003)
Limiti di attenzione
Intensità di campo
elettrico E (V/m)
6
Intensità di campo
magnetico (a/m)
0,016
Densità di potenza
D(W/mq)
0,10
0,1 MHz < f ≤ 300 GHz
(3 MHz – 300 GHz)
Per esposizioni all’interno di edifici adibiti a permanenze non inferiori a 4 ore giornaliere e loro pertinenze
esterne, che siano fruibili come ambienti abitativi quali balconi, terrazzi e cortili.
Tabella 68 - Limiti di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni
generate a frequenze comprese fra 100 kHz e 300 GHz (D.P.C.M. 8 luglio 2003)
Limiti di qualità
0,1 MHz < f ≤ 300 GHz
Intensità di campo
elettrico E (V/m)
6
Intensità di campo
magnetico (a/m)
0,016
Densità di potenza
D(W/mq)
0,10
(3 MHz – 300 GHz)
Tabella 69 - Limiti di esposizione per la protezione della popolazione dalle esposizioni ai
campi elettrici e magnetici alla frequenza di rete (50Hz) generati dagli elettrodotti
(D.P.C.M. 8 luglio 2003)
Limiti di esposizione
50 Hz
Campo elettrico
5 kV/m
Induzione magnetica
100 µΤ
Tabella 70 - Valori di attenzione per la protezione della popolazione dalle esposizioni ai
campi elettrici e magnetici alla frequenza di rete (50Hz) generati dagli elettrodotti
(D.P.C.M. 8 luglio 2003)
Valori di attenzione
Induzione magnetica
50 Hz
10 µΤ
Da applicarsi nelle aree gioco per l’infanzia, in ambienti abitativi, scolastici e nei luoghi adibiti a
permanenze non inferiori a 4 ore giornaliere
Tabella 71 - Obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni ai
campi elettrici e magnetici alla frequenza di rete (50Hz) generati dagli elettrodotti
(D.P.C.M. 8 luglio 2003)
Obiettivi di qualità
Induzione magnetica
50 Hz
3 µΤ
Da applicarsi nella progettazione di nuovi elettrodotti in corrispondenza di aree gioco per l’infanzia, di
ambienti abitativi, ambienti scolastici e nei luoghi adibiti a permanenze non inferiori a 4 ore giornaliere per
i nuovi insediamenti e delle aree in prossimità di installazioni elettriche già esistenti
Secondo CSCS i rilievi effettuati presso i siti potenzialmente sensibili si sono mantenuti
al di sotto dei limiti di legge, sia per quanto riguarda limiti di esposizione, attenzione e
qualità.
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29- AREE SENSIBILI, EMERGENZE E CRITICITÀ DEL TERRITORIO
Premessa
Nei paragrafi seguenti vengono descritte le emergenze ambientali e le principali criticità
come definite in base agli studi eseguiti e all’analisi dei dati reperiti presso i vari Enti
pubblici e privati coinvolti; le valutazioni riguardano strettamente il territorio comunale e
assumono un valore diverso se riferite alle problematiche strettamente legate alla
conformazione dell’ambiente e se riferite agli aspetti infrastrutturali, la soluzione di
queste ultime è infatti legata alle iniziative che matureranno all’interno delle Autorità di
Ambito, degli Enti Gestori, lo stesso vale per le problematiche legate ai rifiuti, risolvibili
solo a livello di Piano Provinciale di gestione.
Scopo delle carte tematiche descriventi questi aspetti è quello di evidenziare le
eventuali interferenze e sovrapposizioni con le previsioni del sistema insediativi.
29.1 Le emergenze ambientali e le risorse naturali
Nella Carta delle Emergenze Ambientali e delle Risorse Naturali (Tavola 10 del
progetto) sono descritti i principali elementi meritevoli di tutela e valorizzazione del
territorio, fra i quali:o vigneti, gli oliveti, le aree boscate, le radure, i corsi d'acqua, il
Parco Rospigliosi, il crinale di San Baronto, le sorgenti, le formazioni d'argine, di ripa e
di golena, gli edifici agricoli di valore, i terrazzamenti, gli alberi monumentali, i Siti di
Importanza Regionale (esterni al territorio comunale) e infine le aree marginali al Padule
di Fucecchio.
Quest'ultima area consiste in circa 3 ettari di territorio drenata dal Rio di Bagnolo e
separata da una lieve collina dalla Paduletta di Ramone in comune di Larciano: l'uso del
suolo è agricolo, in periodo umido è interessata da frequenti ristagni d'acqua, inevitabili
data la quota media dei suoli intorno ai 15 m. sul livello del mare, non fa parte del
cratere palustre ma ne è prossima; non ricade nelle Aree Protette ma è limitrofa al SIR
– pSIC – ZPS n. 34 Padule di Fucecchio (Cod. Nat. 2000:IT5130007) e al SIR – pSIC –
ZPS n. 44 Bosco di Chiusi e Paduletta di Ramone e Bosco di Poggioni (Cod. Nat.
2000:IT5140010).
Per quanto riguarda il comune di Lamporecchio quest'area è del tutto marginale ed
esclusa in passato da qualsiasi previsione diretta, cosa che viene confermata nel
presente Piano. È meritevole di tutela in quanto limitrofa a importanti aree protette, per
la sua collocazione morfologica; il corso d'acqua che la delimita a nord è il Rio di
Bagnolo, che sversa direttamente nel Padule di Fucecchio.
Il Rio di Bagnolo drena territori non molto urbanizzati ma è il recapito del depuratore di
Ponte di Feroce, che, come si è visto nel capitolo dedicato alla depurazione, è in
condizioni di forte sovrasfruttamento; inoltre riceve quanto derivante dagli scarichi
dell'abitato di Puntoni, in comune dl Larciano. Anche non disponendo di dati di qualità
delle acque è presumibile ipotizzare che nel corso d’acqua vengano immessi reflui non
sufficientemente depurati. Solo nel tratto terminale il corso d’acqua è arginato, quindi
per buona parte del suo corso riceve le acque basse che drenano l'area PIP di Cerbaia
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PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE
e di Puntoni, ricevendone gli scarichi delle acque chiare, inoltre quanto derivante
dall’attività agricola.
Le condizioni peggiorano sicuramente in periodo estivo, quando, come affermato nello
studio "Valutazione sul bilancio idrologico del Padule di Fucecchio degli effetti a seguito
della riorganizzazione della depurazione nella Valdinievole e interventi di tutela" - marzo
2004 (Provincia di Pistoia, Consorzio di Bonifica Padule di Fucecchio, Acque S.p.A.
redatto da D. Settesoldi, Pietro Nardi, Luca Bracali, Roberto Battaglini), il Padule, se si
esclude il Torrente Pescia, viene alimentato principalmente dagli scarichi dei depuratori
della Valdinievole.
Il lavoro di Settesoldi è una fase del più ampio Studio di area vasta per l'attuazione delle
previsioni del piano di bacino del fiume Arno – Stralcio Rischio Idraulico (D.P.C.M.
5/1/99) – sul bacino dell'Usciana e per interventi di salvaguardia del sistema idrico
afferente al Padule di Fucecchio.
29.2 Le criticità ambientali
Il territorio di Lamporecchio è certamente caratterizzato da una qualità ambientale
rilevante, tuttavia sono presenti elementi localizzati di degrado che potrebbero risultare
un limite allo sviluppo e alla pianificazione.
In cartografia sono descritti: le aree produttive inserite in un contesto residenziale, la
discarica di Cerbaia in fase di post chiusura, tutti gli impianti di depurazione pubblici, La
cava di Mastromarco, gli elettrodotti, i tratti di corso d’acqua inquinati, gli impianti per le
telecomunicazioni, i siti sensibili come rilevati nei piani di risanamento acustico e
riduzione dell’inquinamento elettromagnetico.
Per le aree produttive a ridosso dell’abitato si rende necessario attivare processi di
delocalizzazione; la destinazione dell’area della Ex Fornace di Mastromarco ad attività
produttive o residenziali è marcatamente subordinata alla bonifica del sito; le criticità
maggiori sono comunque legate alla inefficienza del sistema depurativo vero limite alla
realizzazione degli insediamenti. Questa situazione si ripercuote chiaramente sulla
qualità delle acque superficiali nei tratti di fondovalle posti a sud dell’abitato di
Lamporecchio.
L’altra fondamentale criticità, non raffigurata in cartografia per l’evidente impossibilità di
raffigurarla è la carenza di risorsa idrica nel periodo estivo.
29.3 Limiti alla edificazione dei suoli nella porzione di pianura
Gli studi e le indagini eseguite nell’arco di tempo marzo 2003 – dicembre 2004 hanno
evidenziato problematiche relative a rischio idraulico per insufficienti sezioni idrauliche,
nei fondovalle dei corsi d'acqua: Rio di Gerbamaggio (o di Bagnolo), Borro di
Greppiano, Rio di Lamporecchio (o di Spicchio), Fosso Vinciarello, Torrente Vincio,
Torrente Vincio d'Orbignano (o della Lecceta), Fosso di Varignano. Questi corsi d'acqua
rientrano inoltre nell'elenco di cui all'elenco della Delibera n. 12 del 25/01/2000 (ex
230/94), per i quali quindi devono essere verificate le condizioni degli ambiti fluviali "A" e
"B" prima con criteri geometrici quindi con i criteri rigorosi della ingegneria idraulica.
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La definizione delle aree allagabili per piene con tempi di ritorno di 200 anni (ambiti "B"
verificati) supportata da studi idrologici e idraulici è demandata ai successivi
approfondimenti da eseguirsi in sede di Regolamento Urbanistico; nell'ambito del Piano
Strutturale si evidenziano le aree ricadenti negli ambiti "B" e si definiscono le
salvaguardie per le iniziative edificatori e infrastrutturali proposte, si individuano inoltre
le tipologie delle opere di bonifica necessarie a ridurre il rischio e rendere fattibili gli
interventi.
29.4 Limiti alla edificazione dei suoli nella porzione di collina
Per quanto riguarda il rischio geomorfologico (frana, erosione, instabilità diffusa dei
suoli) si individuano limiti alla edificazione presso i versanti del Montalbano interessati
da frane attive, quiescenti e situazioni al limite dell'equilibrio; le porzioni di crinale, sede
dei principali insediamenti, appaiono generalmente indisturbate, d'altra parte, data la
collocazione, si dovrà tenere conto dei fenomeni di amplificazione sismica; questo
aspetto riguarda anche i fondovalle stretti con depositi alluvionali di spessore inferiore ai
20 metri. In sintesi la gran parte del territorio collinare è stato inserito in una classe di
pericolosità 3, molto spesso derivante dalla forte acclività dei versanti.
29.5 Limiti infrastrutturali alla realizzazione di nuovi insediamenti
In questo caso la problematica è da riferirsi al maggiore carico di abitanti equivalenti
previsti. I problemi maggiori riguardano la depurazione delle acque e la disponibilità di
risorsa idrica all’interno del territorio comunale.
La gran parte degli impianti di depurazione sono oltre il limite delle potenzialità e non
possono accogliere ulteriori carichi, si dovrà quindi prevederne il potenziamento e
adeguamento.
Per quanto riguarda l’approvvigionamento idrico il comune utilizza una risorsa
proveniente in gran parte da fonti esterne (acquedotto del Pollino). Risulta meno della
metà la risorsa resa disponibile all’interno del territorio comunale. Le crisi riguardano
comunque esclusivamente il deficit estivo.
I problemi principali riguardano in una certa misura la risorsa disponibile globalmente a
livello di Ambito, ma sopratutto la difficoltà di distribuzione per perdite di carico, dovute
alla vetustità delle tubazioni e inefficienza delle stazioni di sollevamento; in subordine
per le diffuse perdite della rete, specie nella porzione di pianura, per risolvere la criticità
si dovrà provvedere al ammodernamento della rete.
Le preoccupazioni espresse ai punti precedenti riguardano anche la produzione dei
rifiuti, pur essendo i quantitativi procapite in linea con le medie nazionali si rende
necessario spingere ulteriormente la raccolta differenziata, potenziando la raccolta della
frazione umida.
Gli effetti ambientali prodotti dai nuovi insediamenti possono subire incrementi anche
consistenti in senso negativo se localizzati in prossimità di aree sede di rilevanti risorse
naturali (campi pozzi), aree boscate, corsi d’acqua e di aree critiche già di per sé stesse
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impattanti; nel comune di Lamporecchio in sintesi si individuano le seguenti aree
critiche:
-
tutti i depuratori,
-
la discarica per RSU di Cerbaia,
-
la cava di Mastromarco (sito da bonificare PT073),
-
la rete di distribuzione idrica,
-
gli elettrodotti.
La soluzione delle problematiche riferite alle relazioni di interferenza fra iniziative di
Piano (insediamenti, infrastrutture, ecc), risorse e criticità verranno affrontate in sede di
Valutazione degli Effetti Ambientali.
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BIBLIOGRAFIA
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-
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agli adempimenti di cui all’art.1, commi1 e 2, DL 180\98;
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urbanistica;
Autorità di Bacino del Fiume Arno e Università toscane (1999) - Individuazione e perimetrazione delle
aree a rischio idrogeologico per problemi di stabilità dei versanti, secondo quanto previsto dal DL
180/98;
Servizio Geologico Nazionale, SGN (1994) – Linee guida per il rilevamento della Carta
Geomorfologica d’Italia alla scala 1:50.000;
International Geotechnical Socities UNESCO Working Party for World Landslide Inventory (1993) –
Multilingual Glossary for Landslides (“Dizionario Internazionale delle Frane”);
Autorità di Bacino del Fiume Arno e Dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Firenze (in
corso) - Programma comune per l’integrazione e l’aggiornamento della cartografia del rischio da frana
nel Piano di bacino;
Servizio Geologico Nazionale (2002) – Progetto IFFI: Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia;
Gruppo Nazionale per la Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche, GNDCI (2000) - Progetto SCAI:
Atlante dei Centri Abitati Instabili della Toscana;
Autorità di Bacino del Fiume Serchio (2000) – Carta della franosità del bacino del fiume Serchio;
Gruppo Nazionale per la Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche e Autorità di Bacino del Fiume Arno
(1992) – La dinamica fluviale dell’Arno.
Ordine dei Geologi della Toscana – Autorità di Bacino del Fiume Arno - Protocollo d'intesa per
l'aggiornamento ad indirizzo geomorfologico dei geologi, per la raccolta, la condivisione dei dati e delle
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pianificazione territoriale – scala 1:10.000 – 2003.
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D.R.E.AM. Italia Soc. Coop. - 2006
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PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE
INDICE
INTRODUZIONE .........................................................................................................................................1
1- METODOLOGIA DI STUDIO..................................................................................................................2
2- STUDI GEOLOGICI DI SUPPORTO ALLA PIANIFICAZIONE URBANISTICA ...................................3
2.1 Inquadramento Normativo..................................................................................................................3
2.2 Metodologia di studio .........................................................................................................................4
3- CARTA GEOLOGICA.............................................................................................................................5
4- CARTA IDROGEOLOGICA....................................................................................................................6
5- CARTA DELLA VULNERABILITÀ DELLA FALDA ..............................................................................7
6- CARTA GEOMORFOLOGIA..................................................................................................................8
6.1 I temi rilevati.........................................................................................................................................8
6.1.1 Forme di versante dovute alla gravità............................................................................................9
6.1.2 Forme fluviali e forme di versante dovute al dilavamento ...........................................................10
6.1.3 Forme e processi di origine antropica..........................................................................................11
7- CARTA DELL'ACCLIVITÀ DEI VERSANTI.........................................................................................13
8- CARTA DEI DATI DI BASE..................................................................................................................13
8.1 Carta di PERICOLOSITÀ in relazione ai fini insediativi .................................................................15
PREMESSA ..............................................................................................................................................15
8.2 Classi di pericolosità ........................................................................................................................15
8.3 Criteri di zonazione ...........................................................................................................................18
8.3.1 Aree collinari ................................................................................................................................18
8.3.2 Aree di fondovalle ........................................................................................................................19
8.4 Ambiti di tutela fluviale .....................................................................................................................21
8.4.1 Ambito A1.....................................................................................................................................21
8.4.2 Ambito A2.....................................................................................................................................21
8.4.3 Ambito B.......................................................................................................................................21
8.5 FATTIBILITÀ geologica in relazione ai fini insediativi...................................................................23
9- INQUADRAMENTO GEOGRAFICO ....................................................................................................24
10- CENNI STORICI SUL COMUNE DI LAMPORECCHIO..................................................................... 25
11- CENNI STORICI SUL MONTALBANO ..............................................................................................26
11.1 Il Barco Reale Mediceo ...................................................................................................................27
11.2 La vegetazione del Montalbano .....................................................................................................27
12- IL CLIMA.............................................................................................................................................30
Premessa..................................................................................................................................................30
12.1 Metodologia utilizzata per la classificazione del clima ...............................................................30
12.1.1 Diagramma di Bagnouls e Gaussen ..........................................................................................33
12.1.2 Bilancio idrico secondo Thorntwaite di un suolo con A.W.C = 150 mm per la stazione di
Castelmartini .........................................................................................................................................35
12.2 Considerazioni generali sul clima dell’area..................................................................................37
13- LA GEOLOGIA ...................................................................................................................................38
13.1 Inquadramento geologico ..............................................................................................................38
13.2 Stratigrafia........................................................................................................................................38
13.3 Assetto strutturale ..........................................................................................................................40
13.4 Lineamenti tettonici ed evoluzione paleogeografica...................................................................41
13.5 Elementi di idrogeologia.................................................................................................................42
13.6 Inquadramento geomorfologico ....................................................................................................43
13.6.1 Unità morfologica collinare.........................................................................................................43
13.6.2 Unità morfologica di raccordo fra collina a pianura ...................................................................45
14- I FIUMI.................................................................................................................................................46
14.1 Caratteri idrografici .........................................................................................................................46
14.2 Rischio idraulico..............................................................................................................................46
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15- I BOSCHI ............................................................................................................................................47
15.1 Boschi cedui ....................................................................................................................................47
15.2 Boschi cedui misti...........................................................................................................................47
15.3 Cedui di cerro ..................................................................................................................................48
15.4 Cedui di castagno ...........................................................................................................................48
15.5 Castagneti da frutto ........................................................................................................................49
15.6 Cedui di robinia ...............................................................................................................................49
15.7 Cedui di leccio .................................................................................................................................50
15.8 Cedui coniferati ...............................................................................................................................50
15.9 Alto fusto di conifere ......................................................................................................................50
15.10 Formazione riparia ........................................................................................................................50
15.11 Incendi boschivi ............................................................................................................................51
16- LE COLTIVAZIONI .............................................................................................................................54
16.1 Aspetti agronomici..........................................................................................................................54
16.2 Vocazione agronomica dei terreni.................................................................................................57
16.2.1 Il sistema collinare - montano delle pendici del Montalbano .....................................................57
16.2.2 Il sistema delle colline pedemontane.........................................................................................58
16.2.3 Il territorio urbanizzato ...............................................................................................................59
16.3 Le coltivazioni..................................................................................................................................59
16.3.1 Oliveti .........................................................................................................................................59
16.3.2 Vigneti ........................................................................................................................................60
16.3.3 Cereali, foraggere avvicendate, coltivazioni ortive, vivai ...........................................................60
16.4 Zootecnia..........................................................................................................................................60
16.5 Aziende agricole ..............................................................................................................................60
17- ECOSISTEMI E FAUNA .....................................................................................................................61
Generalità .................................................................................................................................................61
17.1 Il Montalbano ...................................................................................................................................61
17.2 Fauna minore ...................................................................................................................................62
17.3 Mammiferi.........................................................................................................................................63
17.4 Uccelli ...............................................................................................................................................65
17.5 Le specie alloctone .........................................................................................................................66
17.6 Le criticità del territorio in relazione alla fauna............................................................................68
18- QUALITÀ DELLE ACQUE SUPERFICIALI .......................................................................................73
19- QUALITÀ DELLE ACQUE PROFONDE............................................................................................75
20- PUBLISERVIZI....................................................................................................................................76
20.1 Publiambiente ..................................................................................................................................76
20.2 Toscana Gas S.p.A..........................................................................................................................76
20.3 Fiorentina Gas S.p.A. ......................................................................................................................77
20.4 Publiacqua S.p.A. ............................................................................................................................78
20.5 Acque S.p.A. ....................................................................................................................................78
20.6 Publitrade .........................................................................................................................................79
20.7 Publinet ............................................................................................................................................79
21- SERVIZI IDRICI INTEGRATI – ACQUE S.P.A. .................................................................................80
PREMESSA ..............................................................................................................................................80
21.1 Depurazione delle acque ................................................................................................................81
21.1.1 Le reti fognarie ...........................................................................................................................81
21.1.2 Gli impianti di depurazione.........................................................................................................82
21.1.3 I servizi di fognatura e depurazione...........................................................................................82
21.1.4 Problemi dell’attuale configurazione dell’offerta di servizio idrico .............................................83
21.1.5 Potenzialità degli impianti di depurazione..................................................................................83
21.1.6 Servizio di depurazione..............................................................................................................84
21.1.7 Piano Operativo Triennale - ACQUE S.p.A. (29/07/2003).........................................................85
21.1.8 Proposta di Piano Operativo Triennale (POT 2005/2007).........................................................85
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PIANO STRUTTURALE DEL COMUNE DI LAMPORECCHIO – QUADRO DELLE CONOSCENZE
21.2 Acquedotti – Risorse idriche..........................................................................................................86
21.2.1 Dati Piano ATO 2 e POT 2002 - 2004 .......................................................................................87
21.2.2 Dati PUBLISER – GTI – Pranzini (1996) ...................................................................................88
21.2.3 Servizio Acquedotti ....................................................................................................................89
21.2.4 Acquedotto del Pollino ...............................................................................................................89
21.2.5 Aree di produzione interne.........................................................................................................90
21.3 Considerazioni in merito alle risorse idriche ...............................................................................90
22- ENERGIA ELETTRICA.......................................................................................................................92
23- GAS.....................................................................................................................................................94
24- RACCOLTA E SMALTIMENTO RIFIUTI – PUBLIAMBIENTE S.P.A. .............................................. 95
25- FONTI POTENZIALI DI INQUINAMENTO .........................................................................................98
25.1 Siti inquinati da bonificare o potenzialmente inquinati...............................................................98
25.2 Siti potenzialmente inquinanti .......................................................................................................99
25.3 Siti oggetto di recupero ambientale ............................................................................................100
26- IMPIANTI RADIO COMUNICAZIONE.............................................................................................. 101
27- INQUINAMENTO ACUSTICO ..........................................................................................................103
28- INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO ......................................................................................105
29- AREE SENSIBILI, EMERGENZE E CRITICITÀ DEL TERRITORIO...............................................107
Premessa................................................................................................................................................107
29.1 Le emergenze ambientali e le risorse naturali ...........................................................................107
29.2 Le criticità ambientali....................................................................................................................108
29.3 Limiti alla edificazione dei suoli nella porzione di pianura.......................................................108
29.4 Limiti alla edificazione dei suoli nella porzione di collina ........................................................109
29.5 Limiti infrastrutturali alla realizzazione di nuovi insediamenti.................................................109
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